VicenzaABC n 2 - 26 marzo 2004

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Il lasciapassare per parlare con il sindaco che Hüllweck distribuiva generosamente in campagna elettorale. Ma la realtà è ben diversa: anche dieci mesi di attesa Esportiamo sempre meno oro, moda, pelli e meccanica. Ma ci possiamo consolare. Tempo un mese e potremmo forse raccon- tare di essere riusciti a esportare qualcosa di molto più prezioso: la pace. In tempi in cui qualcuno preten- de di esportare la democrazia, parlare di export della pace sembra un’enormità. Ma l’a- zienda vicentina Said, sede a Isola Vicentina, va decisa per la sua strada. Proverà a favorire il processo di pace tra Israele e Palestina con la prima joint ven- ture tra arabi, ebrei e italiani. Obiettivo, realizzare a Gerico il primo insediamento agricolo senza bisogno di terra. Un pomodoro che cresce senza humus non si era mai visto. Ma dobbiamo abituarci: “Siamo i primi al mondo a puntare su questo tipo di coltura – raccon- ta Giancarlo Costa, responsabi- le del progetto – Si chiama aero- ponia e permette di coltivare in serra senza l’uso della terra. Suona strano ma è perfettamen- te realizzabile e soprattutto ha vantaggi precisi: si ottengono enormi incrementi della produ- zione con pochissima manodo- pera, una percentuale minima di fertilizzanti e una drastica ridu- zione del consumo d’acqua.” Un esempio, per chiarire: per produrre un chilo di pomodori su terra occorrono, in Italia, 200 litri di acqua. Con questo sistema bastano dai 6 ai 10 litri. Un vantaggio incolmabile per i Paesi dove la siccità è una costante. “Per il momento – concludono in azienda – siamo riusciti a ridurre i trattamenti antiparassi- tari di circa il 75% ma stimia- mo, entro un paio d’anni, di arrivare al prodotto biologica- mente puro.” Immaginare delle piante che crescono senza terra è difficile, ma alla Said è cosa normale: i fusti sono piantati su delle basi in polistirolo e le radici traggo- no i sali minerali necessari alla crescita da una miscela liquida. “La cosa più difficile è stata coniugare la scientifica con l'or- ganizzazione aziendale - dicono in azienda – per ottenere il giu- sto equilibrio costi-benefici. Diversamente, l'aeroponia sarebbe rimasta confinata eter- namente nel limbo della pura dialettica scientifica”. Oggi nello stesso impianto si possono produrre il maggior numero possibile di specie ridu- cendo drasticamente l'uso di pesticidi, modernizzando l'orga- nizzazione del lavoro agricolo e aumentando la salvaguardia ambientale. Ma il punto forte rimane il risparmio di energia, manodopera e soprattutto acqua: 80-90% rispetto alle tra- dizionali coltivazioni. Anche la qualità di vita dell'o- peratore agricolo è migliore: si opera in un ambiente salubre, pulito e dignitoso. L’ ideale per riavvicinare i giovani all'agricol- tura. Ma la speranza, nella terra di Israele e Palestina, è quella di riavvicinare palestinesi ed ebrei alla pace. Se è vero che il primo nemico da sconfiggere, per vin- cere le guerre, è la miseria, pro- curare cibo per tutti a costi abbordabili sarebbe un vantag- gio senza pari. “Alla joint venture – racconta Costa - partecipano sia il Migal, il prestigioso istituto di biotec- nologie israeliano, che il Narc, il corrispondente palestinese del nostro Cnr. Ci siamo messi attorno a un tavolo e abbiamo deciso di lavorare assieme. Tra un mese la firma ufficiale e l’av- vio del progetto.” m.r. Anche per l’economia del Nord Est è giunta l’ora del tramonto? Gli ultimi dati congiunturali su produzione indu- striale e export stanno soffiando come un vento gelido sulle aspettative di una rapida ripresa. Del resto, un modello di sviluppo che è stato a lungo identifica- to con la forza degli indicatori statistici piuttosto che attraverso una consape- vole riflessione sul proprio passato e la chiarezza di idee per il proprio destino, non può che sentirsi vulnerabile di fron- te al cambiamento dello scenario com- petitivo. Perché di questo si tratta: il mondo nel quale l’economia vicentina è cresciuta a ritmi sostenuti negli ultimi trent’anni non c’è più. Non c’è più quel mondo diviso in blocchi che escludeva intere aree geoeconomiche, come l’Europa dell’Est e la Cina, dalla divi- sione internazionale del lavoro. Non c’è più la moneta nazionale che consentiva, attraverso ricorrenti svalutazioni, di recuperare i margini di competitività erosi dalle inefficienze del sistema paese. Non c’è più uno Stato che pote- va giocare con allegri deficit di bilancio e ridotta pressione fiscale. Non c’è più nemmeno quell’abbondanza locale di risorse di lavoro, imprenditorialità e ambiente che poteva alimentare a basso costo il meccanismo di accumulazione. Non c’è più, soprattutto, un quadro tecnologico stabile, che valorizza i sape- ri applicativi e favorisce forme di inno- vazione incrementale. Tutto questo è finito da un pezzo. Per un po’ di tempo abbiamo tuttavia potu- to contare sulla capacità di adattamen- to all’interno di una congiuntura mon- diale tutto sommato favorevole. Ma adesso, quando anche Germania, Francia e Usa – che insieme fanno oltre la metà del nostro export – stanno tirando i remi in barca, cosa resta da fare? Eppure, se sappiamo guardare oltre la congiuntura, Vicenza e il Nord Est pos- sono mettere in campo ancora elevati potenziali di crescita. Possiamo infatti contare su un nucleo di medie imprese di valore mondiale, su un tessuto di pic- cole aziende industriali e artigiane in grado di organizzarsi in reti innovative e flessibili, su una radicata cultura del lavoro che rimane una risorsa decisiva per lo sviluppo. Ma affinché queste risorse possano competere nel nuovo scenario dell’economia globale è neces- sario che anche le istituzioni locali fac- ciano la loro parte, aiutando società ed economia ad investire di più nelle risor- se fondamentali per il futuro: conoscen- za, creatività e innovazione. Certo, si potrà dire che Vicenza da sola può far poco. Ma quel poco può essere impor- tante. Pensiamo all’Università, alle politiche culturali, ai servizi di acco- glienza che possono favorire la parteci- pazione attiva della città ai circuiti internazionali del sapere. Circuiti che non sono formati solo da tecnologie ma anche da persone intelligenti e creative, che scelgono di vivere e investire in una città perché sa offrire servizi efficienti, un ambiente di qualità, una cultura ori- ginale, aperta al nuovo e tollerante nei confronti della diversità. Ma è questo, oggi, Vicenza? Giancarlo Corò economista Il lavoro ha fatto crac Dal crollo dell’export a quello delle idee: persi migliaia di posti in un anno Viaggio tra i numeri, le prospettive e gli umori settore per settore Nostra inchiesta. Il modello vicentino cede su tutti i fronti: oro, tessile, terziario Le stime del sindacato parlano di quasi diecimila posti di lavo- ro persi solo nel corso del 2003. E il peggio deve ancora arrivare, considerando il bollet- tino giornaliero delle situazioni critiche. Abbiamo raccolto le voci del- l’industria vicentina in molti dei suoi settori trainanti. Dall’oro al tessile, dalla meccanica al terziario è un pianto continuo: calano gli ordini, calano le pro- spettive, salgono le possibilità di perdere, ogni giorno, dozzine di posti di lavoro. Ma quello che più stupisce è la rassegnazione della maggior parte delle imprese. Che pro- pongono, è vero, qualche timi- da soluzione per uscire dalla crisi. Ma che appaiono, nello stesso tempo, sfiduciate e quasi rassegnate. Forse è vero che una crisi così vasta non si era mai vista. Ma come gli stessi protagonisti spiegano, bisogna trovare la forza di uscirne con proposte coraggiose e investimenti che coinvolgano la politica e, non ultimi, i lavoratori. Nel mare della crisi, ci sono anche i buoni esempi: il com- parto alimentare ad esempio, si mantiene nel suo complesso, ma le aziende appaiono floride grazie a scelte innovative e strategiche. Quelle che è lecito aspettarsi anche dai settori attualmente in fondo al bara- tro. Lo ammettono gli stessi protagonisti: le idee ci sono - magari a lungo termine - ma ci sono. Tutto sta a crederci. A pagina 4-5 Un anno per parlare col sindaco Hüllweck più prezioso di una Tac. Unica possibilità, telefonate brevi Quasi un anno per vedere il Sindaco. È que- sta l’incredibile storia di alcuni cittadini che hanno tentato, ripetutamente, di contattare il primo cittadino di Vicenza. A denunciare la situazione una sconsolata Giovanna Dalla Pozza, presidente della sezione vicentina di Italia Nostra: “La mia prima richiesta all’uf- ficio risale a gennaio del 2000. Ho richiesto un incontro con Hüllweck, appena insedia- to a Palazzo Trissino, sperando nella sua disponibilità, ma ho atteso ben dieci mesi inutilmente. Alla fine mi sono sfo- gata con l’architetto Bressanello che ha provveduto, bontà sua, ad accele- rare i tempi. Così ho potuto incontrare il Sindaco ‘solo’ un mese e mezzo più tardi. In totale undici mesi e mezzo di attesa.” Quello della presidente di Italia Nostra è certamente un caso limite ma sono altri i cittadini che, privatamente o a nome di associazioni ed enti, lamentano attese ben più lunghe di quelle, proverbiali, necessarie per una tac o una visita specialistica. Eppure Hüllweck sul contatto con i suoi cit- tadini aveva puntato la sua prima campa- gna elettorale. Il documento che riportiamo qui a fianco parlava chiaro: distribuito a go go, prometteva di spalancare le porte di Palazzo Trissino. Purtroppo si trattava uni- camente di una trovata pubblicitaria: dopo l’insediamento a palazzo, delle promesse indicate sul lasciapassare non è rimasta traccia. Lo confermano alla segreteria del Sindaco, l’ufficio dove si può fissare un appunta- mento con Hüllweck. In molte città italiane i sindaci riservano parte del proprio tempo per un contatto diretto con i cittadini: inizia- tive edificanti, che tastano direttamente il polso della città e aiutano, decisamente più di ogni studio o statistica, a capire le neces- sità degli abitanti. E a Vicenza? Non c’è nemmeno un giorno o un orario fisso dedi- cato all’incontro con i cittadini. Di volta in volta - spiegano in Comune - il primo cittadi- no ‘dispensa’ il suo tempo alla cittadinanza compatibilmente con i suoi impegni pubblici e privati. Eventualmente, per ridurre le atte- se, si può optare per un breve colloquio telefonico. “I tempi d’attesa sono minori - spiegano - ma se si vuole un incontro faccia a faccia bisogna saper aspettare”. È la legge della domanda e dell’offerta: se il tempo concesso è minore delle richieste la fila si allunga. Al momento, per fortuna, bastano otto mesi d’attesa. Ilario Toniello vicenza abc la città a chiare lettere SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO Euro 0,80 venerdì 26 marzo 2004, numero 2, anno III Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DCVicenza Redazione: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] www.vicenzaabc.it questa settimana 2 3 6 7 8 politica Assalto alla Fiera: c’è un business da milioni di euro cronaca Da targhe alterne a targhe... eterne ritratti vicentini Birne, l’uomo che volle restare ragazzo economia Borsa addio investo in paradiso cultura Renato Cevese “Vicenza, il mio grande fallimento” Dal tramonto all’alba Se l’oro non va più esportiamo la pace Strategie contro la crisi. Da Vicenza la prima joint venture che unisce israeliani e palestinesi: un’azienda darà le tecnologie per coltivare senza bisogno... della terra Via Piazzon 82/28 - 36051 Olmo di Creazzo (VI) Tel. 0444 349611 - Fax 0444 349510 www.svec.it - email: [email protected] Via Piazzon 82/28 - 36051 Olmo di Creazzo (VI) Tel. 0444 349611 - Fax 0444 349510 www.svec.it - email: [email protected]

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La serie completa, pubblicata quotidianamente, del settimanale vicentino diretto da Matteo Rinaldi dal marzo 2004 al gennaio 2006.

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Il lasciapassareper parlarecon il sindacoche Hüllweckdistribuivagenerosamentein campagnaelettorale. Ma la realtàè ben diversa: anchedieci mesi di attesa

Esportiamo sempre meno oro,moda, pelli e meccanica. Ma cipossiamo consolare. Tempo unmese e potremmo forse raccon-tare di essere riusciti a esportarequalcosa di molto più prezioso:la pace.In tempi in cui qualcuno preten-de di esportare la democrazia,parlare di export della pacesembra un’enormità. Ma l’a-zienda vicentina Said, sede aIsola Vicentina, va decisa per lasua strada. Proverà a favorire ilprocesso di pace tra Israele ePalestina con la prima joint ven-ture tra arabi, ebrei e italiani.Obiettivo, realizzare a Gerico ilprimo insediamento agricolosenza bisogno di terra.Un pomodoro che cresce senzahumus non si era mai visto. Madobbiamo abituarci: “Siamo iprimi al mondo a puntare suquesto tipo di coltura – raccon-ta Giancarlo Costa, responsabi-le del progetto – Si chiama aero-ponia e permette di coltivare inserra senza l’uso della terra.Suona strano ma è perfettamen-te realizzabile e soprattutto havantaggi precisi: si ottengonoenormi incrementi della produ-zione con pochissima manodo-pera, una percentuale minima di

fertilizzanti e una drastica ridu-zione del consumo d’acqua.”Un esempio, per chiarire: perprodurre un chilo di pomodorisu terra occorrono, in Italia,200 litri di acqua. Con questosistema bastano dai 6 ai 10 litri.Un vantaggio incolmabile per iPaesi dove la siccità è unacostante.“Per il momento – concludonoin azienda – siamo riusciti aridurre i trattamenti antiparassi-tari di circa il 75% ma stimia-mo, entro un paio d’anni, diarrivare al prodotto biologica-mente puro.”Immaginare delle piante che

crescono senza terra è difficile,ma alla Said è cosa normale: ifusti sono piantati su delle basiin polistirolo e le radici traggo-no i sali minerali necessari allacrescita da una miscela liquida.“La cosa più difficile è stataconiugare la scientifica con l'or-ganizzazione aziendale - diconoin azienda – per ottenere il giu-sto equilibrio costi-benefici.Diversamente, l'aeroponiasarebbe rimasta confinata eter-namente nel limbo della puradialettica scientifica”.Oggi nello stesso impianto sipossono produrre il maggiornumero possibile di specie ridu-

cendo drasticamente l'uso dipesticidi, modernizzando l'orga-nizzazione del lavoro agricolo eaumentando la salvaguardiaambientale. Ma il punto forterimane il risparmio di energia,manodopera e soprattuttoacqua: 80-90% rispetto alle tra-dizionali coltivazioni.Anche la qualità di vita dell'o-peratore agricolo è migliore: siopera in un ambiente salubre,pulito e dignitoso. L’ ideale perriavvicinare i giovani all'agricol-tura. Ma la speranza, nella terra diIsraele e Palestina, è quella diriavvicinare palestinesi ed ebrei

alla pace. Se è vero che il primonemico da sconfiggere, per vin-cere le guerre, è la miseria, pro-curare cibo per tutti a costiabbordabili sarebbe un vantag-gio senza pari.“Alla joint venture – raccontaCosta - partecipano sia il Migal,il prestigioso istituto di biotec-nologie israeliano, che il Narc, ilcorrispondente palestinese delnostro Cnr. Ci siamo messiattorno a un tavolo e abbiamodeciso di lavorare assieme. Traun mese la firma ufficiale e l’av-vio del progetto.”

m.r.

Anche per l’economia del Nord Est ègiunta l’ora del tramonto? Gli ultimidati congiunturali su produzione indu-striale e export stanno soffiando comeun vento gelido sulle aspettative di unarapida ripresa. Del resto, un modello disviluppo che è stato a lungo identifica-to con la forza degli indicatori statisticipiuttosto che attraverso una consape-vole riflessione sul proprio passato e lachiarezza di idee per il proprio destino,non può che sentirsi vulnerabile di fron-te al cambiamento dello scenario com-petitivo. Perché di questo si tratta: ilmondo nel quale l’economia vicentina ècresciuta a ritmi sostenuti negli ultimitrent’anni non c’è più. Non c’è più quelmondo diviso in blocchi che escludevaintere aree geoeconomiche, comel’Europa dell’Est e la Cina, dalla divi-sione internazionale del lavoro. Non c’èpiù la moneta nazionale che consentiva,attraverso ricorrenti svalutazioni, direcuperare i margini di competitivitàerosi dalle inefficienze del sistemapaese. Non c’è più uno Stato che pote-va giocare con allegri deficit di bilancioe ridotta pressione fiscale. Non c’è piùnemmeno quell’abbondanza locale dirisorse di lavoro, imprenditorialità eambiente che poteva alimentare a bassocosto il meccanismo di accumulazione.Non c’è più, soprattutto, un quadrotecnologico stabile, che valorizza i sape-ri applicativi e favorisce forme di inno-vazione incrementale.Tutto questo è finito da un pezzo. Perun po’ di tempo abbiamo tuttavia potu-to contare sulla capacità di adattamen-to all’interno di una congiuntura mon-diale tutto sommato favorevole. Maadesso, quando anche Germania,Francia e Usa – che insieme fanno oltrela metà del nostro export – stannotirando i remi in barca, cosa resta dafare?Eppure, se sappiamo guardare oltre lacongiuntura, Vicenza e il Nord Est pos-sono mettere in campo ancora elevatipotenziali di crescita. Possiamo infatticontare su un nucleo di medie impresedi valore mondiale, su un tessuto di pic-cole aziende industriali e artigiane ingrado di organizzarsi in reti innovativee flessibili, su una radicata cultura dellavoro che rimane una risorsa decisivaper lo sviluppo. Ma affinché questerisorse possano competere nel nuovoscenario dell’economia globale è neces-sario che anche le istituzioni locali fac-ciano la loro parte, aiutando società edeconomia ad investire di più nelle risor-se fondamentali per il futuro: conoscen-za, creatività e innovazione. Certo, sipotrà dire che Vicenza da sola può farpoco. Ma quel poco può essere impor-tante. Pensiamo all’Università, allepolitiche culturali, ai servizi di acco-glienza che possono favorire la parteci-pazione attiva della città ai circuitiinternazionali del sapere. Circuiti chenon sono formati solo da tecnologie maanche da persone intelligenti e creative,che scelgono di vivere e investire in unacittà perché sa offrire servizi efficienti,un ambiente di qualità, una cultura ori-ginale, aperta al nuovo e tollerante neiconfronti della diversità. Ma è questo,oggi, Vicenza?

Giancarlo Coròeconomista

Il lavoro ha fatto cracDal crollo dell’export a quello delle idee: persi migliaia di posti in un annoViaggio tra i numeri, le prospettive e gli umori settore per settore

Nostra inchiesta. Il modello vicentino cede su tutti i fronti: oro, tessile, terziario

Le stime del sindacato parlanodi quasi diecimila posti di lavo-ro persi solo nel corso del2003. E il peggio deve ancoraarrivare, considerando il bollet-tino giornaliero delle situazionicritiche.Abbiamo raccolto le voci del-l’industria vicentina in molti deisuoi settori trainanti. Dall’oroal tessile, dalla meccanica alterziario è un pianto continuo:calano gli ordini, calano le pro-spettive, salgono le possibilitàdi perdere, ogni giorno, dozzinedi posti di lavoro.Ma quello che più stupisce è larassegnazione della maggiorparte delle imprese. Che pro-pongono, è vero, qualche timi-da soluzione per uscire dallacrisi. Ma che appaiono, nellostesso tempo, sfiduciate equasi rassegnate.Forse è vero che una crisi cosìvasta non si era mai vista. Macome gli stessi protagonistispiegano, bisogna trovare laforza di uscirne con propostecoraggiose e investimenti checoinvolgano la politica e, nonultimi, i lavoratori.Nel mare della crisi, ci sonoanche i buoni esempi: il com-parto alimentare ad esempio,si mantiene nel suo complesso,ma le aziende appaiono floridegrazie a scelte innovative estrategiche. Quelle che è lecitoaspettarsi anche dai settoriattualmente in fondo al bara-tro. Lo ammettono gli stessiprotagonisti: le idee ci sono -magari a lungo termine - ma cisono. Tutto sta a crederci.

A pagina 4-5

Un anno per parlare col sindacoHüllweck più prezioso di una Tac. Unica possibilità, telefonate breviQuasi un anno per vedere il Sindaco. È que-sta l’incredibile storia di alcuni cittadini chehanno tentato, ripetutamente, di contattareil primo cittadino di Vicenza. A denunciare lasituazione una sconsolata Giovanna DallaPozza, presidente della sezione vicentina diItalia Nostra: “La mia prima richiesta all’uf-ficio risale a gennaio del 2000. Ho richiestoun incontro con Hüllweck, appena insedia-to a Palazzo Trissino, sperando nella suadisponibilità, ma ho atteso ben diecimesi inutilmente. Alla fine mi sono sfo-gata con l’architetto Bressanello cheha provveduto, bontà sua, ad accele-

rare i tempi. Così ho potuto incontrare ilSindaco ‘solo’ un mese e mezzo più tardi.In totale undici mesi e mezzo di attesa.”Quello della presidente di Italia Nostra ècertamente un caso limite ma sono altri icittadini che, privatamente o a nome di

associazioni ed enti, lamentano attese benpiù lunghe di quelle, proverbiali, necessarieper una tac o una visita specialistica.Eppure Hüllweck sul contatto con i suoi cit-tadini aveva puntato la sua prima campa-gna elettorale. Il documento che riportiamoqui a fianco parlava chiaro: distribuito a gogo, prometteva di spalancare le porte diPalazzo Trissino. Purtroppo si trattava uni-camente di una trovata pubblicitaria: dopol’insediamento a palazzo, delle promesseindicate sul lasciapassare non è rimastatraccia.Lo confermano alla segreteria del Sindaco,l’ufficio dove si può fissare un appunta-mento con Hüllweck. In molte città italiane isindaci riservano parte del proprio tempoper un contatto diretto con i cittadini: inizia-tive edificanti, che tastano direttamente ilpolso della città e aiutano, decisamente più

di ogni studio o statistica, a capire le neces-sità degli abitanti. E a Vicenza? Non c’ènemmeno un giorno o un orario fisso dedi-cato all’incontro con i cittadini. Di volta involta - spiegano in Comune - il primo cittadi-no ‘dispensa’ il suo tempo alla cittadinanzacompatibilmente con i suoi impegni pubblicie privati. Eventualmente, per ridurre le atte-se, si può optare per un breve colloquiotelefonico. “I tempi d’attesa sono minori -spiegano - ma se si vuole un incontro facciaa faccia bisogna saper aspettare”. È lalegge della domanda e dell’offerta: se iltempo concesso è minore delle richieste lafila si allunga. Al momento, per fortuna,bastano otto mesi d’attesa.

Ilario Toniello

vicenzaabcla città a chiare lettere

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO

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venerdì 26 marzo 2004, numero 2, anno III

Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DC VicenzaRReeddaazziioonnee:: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] wwwwww..vviicceennzzaaaabbcc..iitt

questa settimana

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politicaAssalto alla Fiera:c’è un businessda milioni di euro

cronacaDa targhe alternea targhe... eterne

ritratti vicentiniBirne, l’uomoche vollerestare ragazzo

economiaBorsa addioinvesto in paradiso

culturaRenato Cevese“Vicenza, il miogrande fallimento”

Dal tramontoall’alba

Se l’oro non va piùesportiamo la pace

Strategie contro la crisi. Da Vicenza la prima joint venture che unisce israelianie palestinesi: un’azienda darà le tecnologie per coltivare senza bisogno... della terra

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Manovre di corridoio, schiera-menti trasversali che si disfanoe si ricompongono nel volgeredi un minuto, patti segreti. Disolito sono queste le indiscre-zioni che escono da palazzoTrissino, anche se di tanto intanto gli scenari sono più case-recci.

Giovedì 18 il consiglio dovevachiudersi prima del previsto.Molti lo prevedevano a causadella difficoltà di parte dellaCdl a votare la delibera peraumentare l'importo della tarif-fa sui rifiuti. Ma il consiglionon è saltato solo per questomotivo.Pare che il capogruppo leghista

Manuela Dal Lago, moltoattaccata ai colori del Vicenza,avesse intenzione di chiudereentro le 20,15. Giusto in tempoper sedersi in tribuna ad assiste-re alla partita serale al Menti.

Ma che la presidente della pro-vincia sia persona che sa eserci-

tarte il potere lo si è capitoanche quando, dopo anni diprassi consolidata, ha de facto obbligato il consiglio ariunirsi di giovedì e non più dimartedì. Colpa del Vicenza?No, il motivo stavolta è serio:martedì è anche giorno di con-siglio provinciale.

A palazzo Trissino hanno mor-morato: nessuno obbliga la pre-sidente ad essere sempre inmunicipio. Perché il primo cit-tadino ha dovuto piegarsi allavolontà della sua dirimpettaiadi palazzo Nievo?

m.m.

Quale sarà il destino della Fiera di Vicenza? Comeandrà privatizzata? Sarà ancora incardinata al com-parto orafo o vanno trovati nuovi sbocchi? Gli inve-stimenti devono puntare sulla espansione edilizia osul know-how e le risorse umane?Sono questi gli interrogativi sul futuro dell'expò beri-co presenti sul tavolo della politica vicentina dopoche l'argomento è finito negli ultimi giorni nell'agen-da del consiglio comunale e di quello provinciale. E laquestione è politica in primis perché l'ente di viadell'Oreficeria è una struttura particolare, che simuove seguendo logiche di mercato ma che è per dueterzi in mano a soggetti pubblici (un terzo al comune,un terzo alla provincia, il rimanente alla camera dicommercio).

Soldi vicentinipotere Veneto?La definizione degli assetti proprietari di viadell'Oreficeria da un anno sono diventati oggetto diun contenzioso complesso. Da una parte c'è la presi-dente della provincia e della fiera Manuela Dal Lagola quale fa un ragionamento semplice: la struttura èper due terzi pubblica, in quanto rispecchia ancora gliassetti costituiti subito dopo la Seconda Guerra mon-diale. Una eventuale trasformazione in spa dovrebbeavere la naturale conseguenza di conferire le quote informa eguale agli attuali fondatori, ovvero un terzociascuno.Le categorie economiche però non ci stanno; non ci

stanno perché negli anni il fatturato della fiera è statogarantito dagli affitti che gli espositori pagavano allafiera stessa per potere esporre i prodotti durante leesibizioni. Una condizione che ha assicurato introiticospicui e costanti, sino a poco tempo fa eranogarantiti per tre quarti dal settore orafo.E l'altra grande questione riguarda la possibilità cheVicenza finisca nel circuito fieristico veneto. Come siottimizzano le strategie comuni senza essere schiaccia-ti da Padova o da Verona? Detto in termini brutali, è

pensabile che si affidino alla sfera politica regionale lechiavi di una struttura pagata con soldi vicentini?

La crisi dell’ororiapre i giochiDurante gli ultimi diciotto mesi poi è arrivata la crisidel comparto orafo e non solo. I produttori locali,soprattutto vicentini, hanno cominciato a sentire ilfiato sul collo della concorrenza orientale. Hannocominciato a chiedere interventi più decisi e soprat-tutto un maggiore supporto promozionale da partedell'ente. Si è cominciato a parlare di investimenti perrilanciare il settore, investimenti che dovrebberoammontare a una cinquantina di milioni di euro.Non è ancora stabilito se si tratterà di interventimirati alla semplice espansione degli spazi espositivi(di recente l'Immobiliare fiera ha acquisito il terrenoconfinante della Baggio spedizioni) o di interventi chepuntino pure su un potenziamento del marketing. Mail pacchetto degli investimenti futuri ha cominciato adestare l'interesse dei politici e delle categorie econo-miche.

Cento miliardidi buoni motiviUna fiera trasformata in spa e con cento miliardi divecchie lire da spendere ha posto sul tappeto la que-stione della privatizzazione, perché il controllo sullafutura assemblea dei soci significa la possibilità dicontrollare il futuro cda, il che equivarrebbe a poterdecidere chi far sedere sulle poltrone di un ipoteticoconsiglio di amministrazione. E controllare il cdasignificherebbe anche decidere come investire il picco-lo tesoro della fiera. A chi assegnare gli appalti, comeimpostare le strategie, a chi affidare le consulenze.L'altro aspetto però riguarda la presenza degli stra-

nieri. Se è vero il ragionamento sostenuto dagli indu-striali (in soldoni, in Fiera deve contare chi ha pagatoe può continuare a pagare per gli affitti degli stand),

allora i vertici dell'ente dovranno capire come com-portarsi con gli stranieri. Aprire massicciamente aloro (sempre che siano ancora interessati alla fieraberica) e garantire gli incassi dell'ente o limitarne l'ac-cesso col rischio di impoverire le entrate? Ma c'è unaltro interrogativo che riguarda la natura della Fiera.Questa deve rimanere la kermesse per antonomasiadel gioiello o va inventata un'altra formula (unMotorshow come quello bolognese, per fare un bana-le esempio)? In altre parole la fiera deve rimanere unavetrina per la promozione del made in Vicenza qual-siasi esso sia o deve trasformarsi in un efficiente con-tenitore in grado di promuovere qualsiasi evento chegeneri profitti? E soprattutto Vicenza esprime ancoraun terreno economico e produttivo vitale, tale da ren-dere necessaria una grande kermesse? Su questo ver-sante sia i politici (comune in primis) sia gli imprendi-tori non si sono espressi; o se lo hanno fatto, non sisono espressi con la chiarezza dovuta.

Marco Milioni

sette giorni di politica

50 milioni di euro da investirecosì la Fiera diventa un business

Si aprono i giochi in via dell’Oreficeria: da una parte la presidente della Provincia Dal Lago, dall’altra gli industriali.Obiettivo, gestire i ricchi finanziamenti per il rilancio dell’ente. Che intanto affonda, tra crisi dell’oro e mancanza di idee

E mentre si discute di privatizzazione cresce il rischio di restare schiacciati tra i colossi Verona e Padova

Il fedelissimo di Hüllweck. Che un giorno lo tradiràA Palazzo Trissino qualcunogià lo dipinge come l'erede diEnrico Hüllweck per lapoltronissima di primo cittadi-no, presto o tardi che sivotasse. Lui l'assessore all'ur-banistica Maurizio Franzina faspallucce, sorride. Dice di«volere far squadra col restodella giunta». Dice che c'èbisogno «di lavorare concostanza», ma l'ipotesi nonl'ha mai smentita.

Effettivamente Franzina inumeri ce li ha. È l'unico chein giunta tratta alla pari colsindaco. È l'unico che a palaz-zo degli Uffici tratta alla paricon la potentissima direttricedel territorio, LorellaBressanello, la moglie di

Hüllweck. I suoi sostenitorisostengono che la cosadipende dal peso specifico epolitico acquisito in giunta enell'amministrazione: dai gal-loni acquisiti sul campo,insomma. I suoi detrattorisostengono invece che è solograzie alla delega all'urbanisti-ca - e l’accesso a tutte le suecarte - che ha ottenuto il privi-legio di trattare alla pari conla first lady di palazzo.

I vantaggidella scuola Dc

Franzina, a differenza diHüllweck viene dalla vecchiascuola della Dc. E la differen-za si vede; l'assessore sembranon litigare con nessuno, parla

con tutti; è sempre cordiale,ma non lo è a volte con i suoicompagni di maggioranza incircoscrizione, quando senzaandare per il sottile bypassa ipresidenti e scandisce senza see senza ma il diktat della giun-ta. A differenza di Hüllwecknon parla mai di innominati,di complotti orditi da fan-tomatici nemici della città.

Sotto al saiodi fra ‘Nzina

Rispetto al sindaco ha unospiccato sense of humor, allevolte un po' annacquato daquell'aria seminariale checaratterizza tanti ex Dc. Qualcuno, nei corridoi dipalazzo, lo chiama per questo

fra' Nzina.In Forza Italia si muove come

una sorta di battitore liberoben sapendo che nemici eamici si creano a seconda dellecircostanze. È uno che i votise li è guadagnati sul campo(oltre cinquecento; il primonelle liste, un ottimo risultatoper uno che non appartiene adalcuna corrente). Frutto delleduemila mani strette a ridossodelle elezioni presentando ilBando degli interessi diffusi,sostengono maligni i detrat-tori.

Franzina, che fa parte dellaschiera dei quarantenni ram-panti di Fi, appare come unicoopponibile alla eventuale can-didatura di Manuela Dal Lago

come primo cittadino qualoraquest'ultima fallisca l'appunta-mento con le europee e leregionali (proprio la presi-dente della provincia verrebbedata in avvicinamento dallaLega a Fi).

Ma Franzina, assessore edingegnere elettronico, è anchel'uomo dai mille risvolti. Allafine degli anni Novanta comepresidente della zona 6 emembro del comitato cittadi-no contro gli abusi edilizimenava fendenti contro lagiunta di centrosinistra,scagliandosi contro i re e reuc-ci locali del mattone. Altritempi: di questa furia oggi si èpersa ogni traccia.

m.m.

Identikit del potere. Maurizio Franzina, assessore all’urbanistica, è tra i pochi azzurri con le carte in regola per studiare da sindaco

ACQUE MOSSE IN LAGUNALABIRINTI DI PALAZZO

Il Vicenza cancella la tassa sui rifiutiLa presidente della Provincia stoppa il consiglio comunale: deve andare alla partita

Ci sono voluti quasi tre anni per cominciare, ma già dopopochi mesi è chiaro che sarà molto difficile portare a ter-mine il lavoro. Ci riferiamo al nuovo Statuto regionale. Ilavori avrebbero dovuto partire subito, già da inizio legis-latura (anno 2000 d.c.). Invece la commissione prepostaè rimasta paralizzata perché la maggioranza non riuscivaa mettersi d’accordo sul nome del Presidente. Sciolto fati-cosamente questo primo nodo con l’investitura diTessarin - doroteo di lungo corso approdato a Forza Italia,la corsa ad ostacoli non si è affatto conclusa. Il primo ametterla giù dura è stato il Presidente del Consiglio, illeghista Cavaliere, che, senza mezzi termini, ha dichiara-to che si può pure mettere in soffitta l’elezione diretta delPresidente della Giunta: il compito di nominare il capo del-l’esecutivo sarà dell’Assemblea eletta. E addioGovernatore. A Galan - che di quel potere si è abbondan-temente servito - deve essere venuta l’ulcera. Ma il nododella nomina non è l’unica carta che la Lega pare avere inserbo. Innanzitutto c’è il problema della definizione di“popolo veneto” che Cavaliere insiste sia precisata dalloStatuto. Apparente dettaglio simbolico che cela un confronto poli-tico: l’opposizione di centrosinistra vorrebbe in qualchemodo ufficializzare la presenza massiccia di extracomuni-

tari in Veneto. Apriti cielo, per la Lega: “Non se ne parlaneppure”. Non di soli padani, però, soffre il parto statu-tario. Dalla Provincia di Belluno, calano in laguna anche imontanari. Oggetto di un documento firmato dalle localiforze politiche (tutte), le associazioni - guardiacaccia, mae-stri di sci e guide alpine comprese: riconoscere statuta-riamente alla provincia una buona dose di autonomia.Non proprio come Trento e Bolzano, ma siamo lì. Ipotesia cui hanno risposto più che tiepidamente i consiglieri(almeno quelli della bassa) di Forza Italia. Il timore è chedando un dito ad uno, ben presto tutti vogliano un braccio(da anni, sul tema, morde il freno tutto il Veneto orienta-le). Lo Statuto non è questione popolarissima: non si puòdire che nei bar - da Rovigo a Belluno - sia tra gli argomentipiù dibattuti. Tuttavia è fondamentale per il futuro dellanostra regione. Così come una “carta costituzionale”della regione ha senso solo se approvata all’unanimità.Le regole del gioco, se non condivise da tutti, valgonopoco. Per questo Variati (vicepresidente della commissio-ne e rappresentante dell’opposizione) ha dichiarato: “ Seentro fine mese non si trovano intese significative, megliolasciar perdere. Concludere i nostri lavori con la bruttacopia dell’esistente, non rientra minimamente nei nostriinteressi”.

Anche i montanari stoppano GalanDalla Regione. Il nuovo Statuto fa litigare tutti. E resta ancora al palo

Le faraoniche fieredell’oro paiono destinatea tramontare.Largo a nuove iniziativee a investimentimilionari.Ma in attesa di decidere,si scatenano i giochidi potere

Il chi è della Fiera: numeri che fanno golaChi la controlla1/3 il Comune di Vicenza, 1/3 la Provincia, 1/3 la Cameradi Commercio

Cosa faNel 2003 ha organizzato 19 manifestazioni e ne ha ospita-te 6. I visitatori sono stati circa 169.000.

Chi investeGli operatori italiani sono stati 41.500. Gli stranieri oltre 20mila.

Quanto incassaIl fatturato del 2003 è stato di oltre 25 milioni di euro.

Gli spaziL'area del quartiere fieristico è di 62.500 mq: 52.000 in viadell'oreficeria, 7.500 mq a fianco del casello autostradaledi Vicenza Ovest e 3.000 mq di fronte all'ingresso Ovest delquartiere.

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Targhe eterneFallito l’esperimento targhe alterne, si torna a respirare (veleno) come sempre.Al palo le idee per combattere lo smog, crescono solo le contravvenzioni

“Manca il coraggio di cambiare”Enrico Rossi, 63 anni, è stato

comandante della PoliziaMunicipale di Vicenza dal 1990 al1997. Chiamato a guidare il presti-gioso corpo di Bologna, si è fattoapprezzare da due amministrazioni:quella di centrosinistra di Vitali e laprima, storica, di centrodestra diGuazzaloca.Nel 2000 ha rifiutato la riconferma

e ha scelto di andare in pensione.È tornato a vivere a Vicenza, dov’èun attento osservatore della realtà,non senza quegli spunti polemiciche lo hanno sempre caratterizza-to. Con lui una chiacchierata sullasituazione attuale: la querelle vigili-amministrazione, il problema viabi-lità, l’inquinamento, lo svilupposostenibile della città.

Comandante Rossi, permette unpaio di domande?“La prima la faccio io. Lo sa quale

dovrebbe essere l’obiettivo dei vigi-li urbani?”Tolleranza zero, comandante

Rossi?“Sbagliato. Contravvenzioni zero.”Qualcosa non quadra.

L’amministrazione ha messo inbilancio un bel po’ di euro dai ver-bali del 2004. Anzi, parecchi in piùrispetto all’anno precedente. C’èda rimboccarsi le maniche.“Filosofia sbagliata. I vigili non

possono ragionare con questa logi-ca. Al contrario: il nostro obiettivodovrebbe essere quello di svolgere

un servizio preventivo affinché, undomani, non ci sia nemmeno un’in-frazione.”Perdoni comandante, ma il bilan-

cio parla chiaro: dai vigili ci aspet-tiamo migliaia di euro.Dovessimo dare l’impressione di

spingere gli agenti a fare contrav-venzioni avremmo grossi problemie non solo d’immagine.”D’altra parte il Comune ragiona

secondo proiezioni precise. E iltrend dice chiaramente che lemulte aumentano anno dopo anno.“Ma i vigili non sono esattori. La

logica dovrebbe essere diversa. Secon i soldi incassati dalle contrav-venzioni si riescono a coprire deibuchi tanto meglio. Ma non puòdiventare un’abitudine.”Tanto più che poi vi lasciano soli.“In che senso?”La nostra impressione è che l’am-

ministrazione abbia una posizioneequivoca. Pretende di difendere aspada tratta gli interessi degliautomobilisti, ma chiede ai vigili dimultare senza pietà.“Il fatto si commenta da solo.”La nostra impressione è che i vigi-

li si siano un po’ stancati e non nepossano più di stare in mezzoall’incudine. “L’impressione è quella. D’altra

parte è molto più facile gratificarela maggioranza delle persone cheuna percentuale minima. E la mac-china la adoperiamo tutti. Qui poisiamo abituati ad accompagnare il

bambino a scuola in auto anche sedista trecento metri. E pretendiamodi parcheggiare a mezzo metro dalbanco.”Ma perché è così difficile fare un

salto di qualità nella viabilità diVicenza?“Fare una pista ciclabile sembra

facile. Ma poi bisogna risolvere pro-blemi enormi per garantire la sicu-rezza di tutti, a partire dalle bicistesse. Basta pensare agli incroci”Le piacciono le rotatorie?“Di certo creano meno inquina-

mento rispetto a un semaforo. Suquesto non ho dubbi. Ma Vicenza èuna città difficile: quando venniassunto in Polizia Municipale, nel1966, la prima cosa che mi chieseil comandante Danchielli fu uno stu-dio sulla circolazione tra i dueestremi della città. Questo per direche il problema è sempre esistito.”Per cominciare a cambiare le

cose ci vorrebbe molto coraggio.“Penso a quando chiudemmo al

traffico Corso Palladio. Fu una bat-taglia, con grandissime opposizio-ni. Ma oggi nessuno tornerebbeindietro”.Lei è stato in Emilia Romagna.

Percorsi ciclabili, abbattimentodell’inquinamento, spazi verde,mezzi pubblici efficienti…“C’è una sensibilità maggiore. Ma

hanno anche avuto più fortuna.Avevano strade concepite in modopiù lungimirante negli anni passati:noi abbiamo perso fior di occasioni

ogni volta che ne abbiamo avuto lapossibilità. Ferrara ha privilegiatocirconvallazioni e tangenziali, noino. Ma attenzione: non hannoun’industria sviluppata come noi.Nel bene e nel male, è questo chefa la differenza”.Un consiglio all’amministrazione

per il migliorare la viabilità.“Impossibile. È un problema trop-

po complesso perché possa risol-verlo un’amministrazione, pur contutta la sua buona volontà. Deveessere affrontato dall’alto.L’impressione è che nessunovoglia farsene carico. ” Torniamo ai suoi ex uomini.

Costretti a fare fatturato, da oggianche di notte.“Abbiamo una città a misura d’uo-

mo, che non dovrebbe avere biso-gno di servizio notturno. D’altraparte c’è un esigenza percepita disicurezza che chiede risposte.”Percepita?“Porto Bologna come esempio.

Non vi rendete conto di quale para-diso sia Vicenza rispetto a Bolognae molte altre città italiane, dovebisogna fronteggiare gare notturnedi velocità con scommesse clande-stine, una criminalità che prende inostaggio interi quartieri e tanti altriproblemi che qui neanche ci imma-giniamo… Qui al massimo c’è l’in-cidente stradale.Eppure sono d’accordo con l’am-

ministrazione quando vuole il servi-zio notturno. Ci sono molti servizi

notturni - a cominciare proprio dal-l’incidente stradale - che la PoliziaMunicipale potrebbe svolgere libe-rando le forze dell’ordine per altricompiti.”Ma I vigili non vogliono saperne.“A Bologna lo stesso problema si

era posto negli anni Novanta. Èstato risolto subito”E com’è stato risolto?Con la logica: più lavoro, più soldi.Il Siulp dice che I vigili non sono

preparati per il servizio notturno.“Sono preparatissimi per tutto. Ci

sarà bisogno di corsi di specializ-zazione, ma la Polizia Municipalesa il fatto suo.E poi sono convinto che il servizio

notturno rappresenta un salto diqualità e di immagine. Certo non sipuò pretendere questo sforzo incambio di niente.” Le piacerebbe riprendere il

comando oggi?“Non scherziamo. Dall’Aglio è bra-

vissimo, oltre che un amico. Uncomandante che sa fare anche ilmanager, come vogliono I tempi. Ioper me tornerei a Bologna: quandoGuazzaloca mi chiese di restare,dissi di no perché avevo 61 annicompiuti e 40 di servizio. Mi sem-bravano un’eternità. Ma adessoche ne ho 63 mi mangio un po’ lemani: sento che potrei ancora direla mia.”

Matteo Rinaldi

L’ex comandante dei vigili Enrico Rossi analizza la situazione: ma com’è difficile Vicenza

Le misure antismog, da gennaioad oggi, hanno portato nellecasse dell’amministrazione comu-nale la ragguardevole somma di72 mila euro.Tolte le spese di organizzazione

(posizionamento e aggiornamentodella cartellonistica stradale infor-mativa riguardo le targhe alterne)che ammontano a circa 12 milaeuro, il guadagno netto rimanecomunque considerevole.Dal primo gennaio 2004 ad oggisono stati 1308 gli automobilisticolti in fallo e multati a seguitodelle misure antismog.Il totale e’ la somma di tre adden-di: mancanza del bollino blu, nonrispetto dell’ ordinanza sostitutiva1127 (le targhe alterne) e violazio-ne dell’articolo 80, che obbligaalla revisione periodica del veico-lo.Conseguente “condanna” al paga-mento di 68,25 euro nel casodelle targhe alterne, 137 euro eritiro della carta di circolazione nelcaso di violazione dell’articolo 80.Altalenante la curva disegnata dalparziale settimanale dei verbalidelle targhe alterne: raggiunge lavetta di 100 contravvenzioni l’ot-to gennaio, giorno dell’entrata invigore dell’ordinanza, scende a 41il 6 febbraio, risale a 139 il 12febbraio.Viceversa, in costante aumentosono le contravvenzioni tradiziona-li: l’ufficio contravvenzioni delComando ha elaborato nel 1999un totale di 44.040 infrazioni alCodice della Strada, aiRegolamenti Comunali ed allealtre varie disposizioni normative.46.803 l’anno successivo,49.740 nel 2001 e, incredibileexploit, ben 61.541 nel 2002. Untrend in costante ascesa. Ma ilComune ha già messo in bilancioche nel 2004 vuole molto di più.

Anna Manente

Quandola multariempiele casse

Il blocchetto dei vigiliai raggi X

Vicenza dà l’addio alle targhealterne e si prepara a tornare allanormalità: migliaia di auto nellestrade, polveri sottili sempre piùconcentrate, salute sempre più arischio.L’amministrazione ha deciso che lelimitazioni del traffico non servo-no. “Hanno creato moltissimi di-sagi e portato a risultati scarsi onulli” ha detto Valerio Sorrentino,vicesindaco e assessore all’ecologia.Quello che Sorrentino non spiega èil motivo del fallimento. Non puòfarlo perché dovrebbe chiamare incausa se stesso e la sua ammini-strazione. Come si evince chiara-mente dai servizi di questa pagina,le targhe alterne hanno dato scarsirisultati principalmente perché ilgoverno della città non solo non ciha mai creduto (comprensibile) ma

ha remato contro il provvedimento.Nel frattempo, altrove, si agisce. AVerona, dove la situazione dell’ariaè malata come da noi, gli scarsirisultati delle targhe alterne nonsono state solo un pretesto per alza-re le mani. Al contrario, Verona hagià messo in atto misure antismog,a cominciare dallo speciale lavag-gio delle strade che elimina le pol-veri depositate sul terreno, per arri-vare all’uso di furgoni elettrici cheforniscono di merci i commerciantidel centro città. Così, invece dicento furgoni mezzi vuoti e inqui-nanti, ne circolano meno dellametà, pieni e a emissioni zero.Restiamo in attesa che ancheVicenza, bocciate le targhe alterne,faccia al più presto scelte che altrihanno già sperimentato con succes-so.

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Anche Enrico Rossi, critico sualcune

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la nostra inchiesta

Il lavoro ha fatto crac:La situazione del Vicentino dal crollo dell’export alla crisi del mercato interno.

Migliaia di posti persi nell’ultimo anno ma è il futuro chespaventa. Malissimo il tessile e l’orafo, male concia e meccanica, resiste l’agricoltura. “C’è troppa rassegnazione”

Ricette. L’economista punta sull’Unione per il rilancio

Un contributo alla soluzione della crisi prova a darla ancheVicenza Riformista, l'associazione di cultura politica nata percostruire un'area riformista a Vicenza, che la scorsa setti-mana si è presentata ai vicentini parlando proprio di econo-mia. Per fare politica, insomma, cominciamo dal pil: e comin-ciamo ragionando sull’Europa, perché non esiste futuro dellanostra economia finché non impariamo a guardare con gliocchi di un grande continente.Ne hanno discusso l'economista Innocenzo Cipolletta (pre-sidente dell'Ubs e già della Marzotto, oltre che con signifi-cativi precedenti in campo economico e industriale) e ildocente di economia all'Università di Roma SalvatoreBiasco, a suo tempo presidente della commissione bicame-rale per la riforma fiscale.Cipolletta e Biasco hanno celebrato i funerali del Patto diStabilità - l'accordo che impegna i Paesi dell'Europa Unita acontenere l'indebitamento pubblico entro il 3 per cento delPil – senza rimpianti e nostalgie: “Tanto più che nella sostan-za è stato rispettato da ben pochi Paesi, mentre la maggio-ranza ha fatto ricorso a stratagemmi e sotterfugi - ha dettoCipolletta - Siamo un'area del mondo che ha tutti gli elementiper una crescita autonoma, più della stessa America, mache è rimasta invece sempre al traino. Questo perché nonabbiamo costruito una vera Europa unita. Questo è il grossosforzo da fare”.Più valore all’economia europea darà molto più valore all’e-

conomia di casa nostra. Ma quando si potrà arrivare ad uneffettivo governo europeo dell'economia? “Domanda diffici-lissima – spiega Biasco - anzitutto perché il disegno diCostituzione europea postula ancora un'Europa non federa-tiva, senza una vera a propria cessione di sovranità ed auto-nomia dei singoli Stati. Al di fuori della Banca Centrale man-cano gli organismi decisionali.” “L'Italia - ha concluso Cipolletta – è fondamentale in Europa.Se l'esigenza di questo Governo è dare risposte immediatesenza ragionare in prospettiva, dev’essere chiaro che unaautonomia della finanza pubblica oggi è improponibile senzauscire dalla moneta unica. Intanto abbandoniamo senzaripianti il Patto di stabilità”.Biasco: c'è una parte della sinistra italiana culturalmenteadeguata, un'altra parte troppo realistica e prudente; e c'èuna parte nostalgica della vecchia Europa dei padri fondato-ri, che aveva ideato una costruzione pezzo per pezzo di unaEuropa che oggi non c'è più. Oggi c'è una battaglia da com-battere anche a livello internazionale per dare all'Europa unaposizione e un ruolo anche militare. "E' bene che il centro-sinistra prenda atto che lo scenario è nuovo - è il pensiero diBiasco - e che non si presenti all'elettorato con una posizio-ne nostalgica, ma con una idea per il futuro dell'Unione euna elaborazione delle opzioni ideali e degli interessi nazio-nali ancorati in qualcuno degli esiti possibili".

Cipolletta: l’Europa ci salverà

C’era il lavoro. Oggi quel lavoro,anche nel mitico vicentino, nonc’é più. Almeno come prima.Morale: la locomotiva economi-ca del nord est non tira più.Lentamente, tra una crisi azien-dale e l’altra, sta viaggiandoverso il capolinea.Dati alla mano, nel giro di un

anno, nel Vicentino si sonopersi per strada – le stime sonoquelle del sindacato – quasi die-cimila posti di lavoro. E il peg-gio deve ancora arrivare, consi-derando il bollettino giornalierodelle situazioni di crisi. La pro-vincia più industriale del Venetosembra con le spalle al muro: in

molti stanno studiando la ricet-ta toccasana. Quella ricettache, al di là di tanti convegniaccademici, ancora non c’é.La crisi è vasta e investe quei

settori che hanno sempre fattoda traino all’economia vicenti-na. A partire dal tessile dovetra cassa integrazione ordina-ria, straordinaria e mobilità,sono circa un migliaio i posti arischio o definitivamente persi.Decine le ditte che hanno chiu-so i battenti o che hannodichiarato fallimento. Questobollettino grigio va a braccettocon quello del comparto metal-meccanico-orafo. Nel 2003 la

riduzione del personale è statadi quattromila unità nel metal-meccanico e oltre seimila nel-l’orafo. E sono in bilico altriduecento posti a breve termi-ne. Il terziario é al momentoattuale il comparto che pareassorbire meglio la crisi, maanche qui si comincia a risenti-re della situazione. Il problemaprincipale é quello del rinnovodei contratti. Ma è lecito chie-dersi da dove sia partita talecrisi e, soprattutto, come siastato possibile arrivare allasituazione attuale. Il segretarioprovinciale della Cisl GiuseppeBenetti avanza l’ipotesi di un

grave ritardo nell’innovazionedell’economia nazionale. A suoavviso i sindacati, CISL com-presa, hanno perso tempo pre-zioso sull’Articolo 18. Per laCgil le cause vanno ricercatenell’irrigidimento di Governo eimprese. Ma tutti sono d’accor-do su una cosa: è il mercato,soprattutto, a punire una men-talità scarsamente innovativache sta mostrando la corda. Laflorida industria vicentina non sié mossa, credendo improbabileil crollo del proprio impero. Ilrisultato, nelle tabelle di questainchiesta.

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ORAFO

Un marchio vicentino docper poter rivedere la luce“Turchia e Cina ci stanno schiacciando, ma il peccato originalesta nella poca lungimiranza: vende la novità, non la tradizione”

La situazione del vicentino èquella nazionale dove la gran-di fabbriche fanno fatica arimanere a galla. Con la diffe-renza sostanziale che ilVicentino, “respira” oro comenessun altro. La crisi colpi-sce tutti, grandi e piccoli. AdArezzo, polo orafo simile aquello di Vicenza, è in difficol-tà Unoaerre, il gigante del set-tore. Figuratevi le aziende tipi-che del nostro territorio: pic-cole, piccolissime realtà, cherealizzano spesso pezzi insubappalto, si trovano senzalavoro.Solo il vero lusso tiene sem-pre, mentre il problema mag-giore è la concorrenza delleaziende cinesi e turche chepresentano prodotti di quali-tà accettabile e di grandeappeal nelle fasce di prezzomedio dove non viene ricerca-ta la firma prestigiosa o la

tanto rinomata qualità italia-na. Per di più, anche il mercato ciha messo lo zampino, orien-tandosi non più sull’oro puro,vanto vicentino, ma su gioiellimisti, dove al metallo e allepietre preziose si mescolanoil caucciù, i minerali menonobili, l’etnico. Qui la maggiorparte delle realtà di Vicenzanon hanno visto al di là delproprio naso e ora ne paganole conseguenze.Uscire dalla crisi non saràfacile. Secondo molti leimprese dovrebbero unirsi,creare un consorzio e unmarchio di qualità vicentino,non scannarsi tra di loro. Civuole un vero dialogo traaziende e parti sociali. Intempi bui si devono unire leforze. Questo non sta succe-dendo.

Vince la nicchia

È dif ficile affermare consicurezza quello che accadein un settore variopintocome quello orafo - diceMirco Franzin, responsabileFiom settore industria - Quisi trovano aziende di tutti itipi.Il presidente della Federorafiha tranquilizzato gli animiaffermando che il mondodell’oro vicentino è in lieveripresa. Purtroppo si trattadi un segnale debole, vissu-to da quelle poche impreseche hanno visto lontano eprevenuto la crisi grazie aduna clientela fedele, un pro-dotto di nicchia e una inno-vazione rapida.Non a caso, all’ultima Fierahanno venduto solo aziendecapaci di proporre proposteinnovative

TESSILE

Dai griffati alle bancarellesi salva solo chi innova“Se l’euro non smette di correre, l’export non ha speranzeLe soluzioni esistono, ma sarà un processo lungo e faticoso”

Dall’abbigliamento griffato allabiancheria più economica: étutto il settore a risentire dell’aria di crisi. Se infatti la cosid-detta “moda giovane” riesceancora a reggere, poiché dittecome Diesel, Gas o DallaRovere si inseriscono nel mer-cato con prodotti competitivie innovativi, quello artigianalee tessile non trova sbocchi. Ilsistema dei comparti, chesembrava destinato a reggere,non funziona più e sono idipendenti a farne le spese.Un impero come quelloMarzotto è stato costretto amettere in cassa integrazioneduecento impiegati a Maglio,mentre a Schio la situazione èla stessa per un centinaio didipendenti. Nella Filati perMaglieria circa settanta per-sone subiscono una cassaintegrazione straordinaria e

gran parte di esse sono donne,il cui reinserimento nel mondodel lavoro è certamente piùcomplicato. Hanno chiuso ibattenti la Fara Manifatturedel gruppo Coin e la Filatura diIsola e ad esse si aggiungono– come evidenziano i sindacati- la dichiarazione di fallimentodella Binofil di Zugliano, oltrealla crisi del Gruppo Raumer diValli del Pasubio. Ad affossaregran parte delle imprese localié la concorrenza che arrivadall’Oriente che, quotidiana-mente, dà uno schiaffo all’atti-vità di tante piccole impreseartigiane. Il tessile non é nuovoa crisi di tale portata, ma sta-volta la situazione é più graverispetto agli anni passati, datol’affermarsi di un super euro ela conseguente difficoltà nell’e-sportazione.

Prospettive nere

Se la situazione non é rosea,ancor meno tranquillizzantisono le possibili soluzioni.“Appare chiaro che non si vaincontro ad un anno meno dif-ficile. Anzi. Se l’euro non rien-trerà, sempre minore sarà lapossibilità di esportare”. Cosìparla il Segretario dellaFEMCA CISL, Mario Siviero.“L’unica prospettiva utile équella di un progetto di rinno-vamento del settore. Non sitratta di nulla di immediato,ma di un percorso laboriosoche miri al ripensamento delsettore stesso. E’ necessarioil massimo impegno per il rag-giungimento di un prodotto diqualità, da cui non si può pre-scindere se si vuol competerecon gli emergenti mercatiorientali.”

“È il modello nord-est a essere incrisi. Per rilanciare non solo leaziende vicentine ma tutte quelledella nostra area, è necessario tro-vare una nuova strada. Sarà unastrada in salita, lunga e difficile,non meno di cinque, dieci anniper approdare ad una soluzione.E l’unico vero punto dove bisognafare perno è l’innovazione.Bisogna lavorarci tutti insieme.Non c’è più il tempo per sterililotte interne tra le istituzioni poli-tiche, i sindacati, gli imprendito-ri”Giorgio Santini di Schio, espone-nente della segreteria nazionaledella Cisl, non ha dubbi in propo-sito mentre fa a fette il “fareveneto” durante il direttivo pro-vinciale dei comparti industriali alteatro Arena di Sandrigo. “Bisogna governare un processodi transizione, abbiamo una otti-ma manifattura, ma bisogna gesti-re meglio il know how, l’innova-zione. In pratica bisogna procede-

re ad una terziarizzazione dell’in-dustria. Il modello Veneto hadebolezze che vengono da lonta-no. Anche in una provincia vir-tuosa e dinamica dal punto divista imprenditoriale come quellavicentina, sta emergendo semprepiù forte la questione occupazio-nale. L’anno scorso si sono persicirca 4 mila posti di lavoro e ilfuturo preannuncia altri proble-mi.”Insomma, bisogna cambiare com-pletamante il modello di sviluppo.E tra i punti che non vanno c’èanche la frammentazione dei sin-dacati: “ La Cgil, soprattutto conla stagione Cofferati, ha operatopiù come struttura politica chesindacale. Bisogna finalmenteistaurare un dialogo trasparentecon le associazioni imprenditorialiper mettere in moto nuove lineeguida di crescita, a partire anchedal superamento delle attuali con-traddizioni economiche.” Tra ipunti di maggior contrasto, secon-

do Santini, la tigre cinese:“L’entrata di Pechino nel Wto èavvenuta violentemente, senza chealle autorità cinesi fosse impostodi sottoscrivere il rispetto di clau-sole sociali quali quelle relative allavoro minorile. La verità è cheora ci si deve confrontare con unaCina emergente e prepotente, checerto non ci aiuta a stare tranquil-li. Ma la scommessa del Nordest– ha aggiunto – deve passare perun nostro disegno: le capacità e lerisorse non mancano. Anche ilsegretario provinciale GiuseppeBenetti, a fronte della difficilesituazione occupazionale “chetocca principalmete il settoreorafo e tessile- abbigliamento, mache a convolge anche altri com-parti dell’economia di casa nostracome il metalmeccanico”, harilanciato la proposta di un tavo-lo allargato “per mettere nero subianco strategie di rilancio”.

Augusto Dapò

“Non esiste futuro finché non guarderemo con gli occhi del continente”

Santini: solo un sindacato unitariopotrà incidere sulle scelte che contano“Il Nord Est ha capacità e mezzi per rimettersi presto in pista”

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la nostra inchiesta

: ecco cosa ci aspettaSettore per settore, problemi e prospettive a breve e lungo termine

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METALMECCANICO

Dalla Fiamm alle piccoleè una crisi di ordini e idee“La causa di tutto è il disinteresse diomostrato verso l’evolversidel mercato. La soluzione è una soltanto: prodotti innovativi”

Sono oltre settemila tra metal-meccanici e orafi ad essererimasti “ a piedi”. E questo sol-tanto nel 2003. L’ottimismoverso l’imminente futuro parepoi azzardato quando, in questiprimi mesi del 2004, è la ver-tenza Fiamm a tenere banco. Inessa si annuncia la chiusura diuno stabilimento che causerà laperdita di altri duecento posti dilavoro. E questa é solo la puntadell’iceberg.

Il settore, in generale, soffre diuna situazione di scarsa visibilitàsul versante “portafoglio ordini”:si vive alla giornata con carichidi lavoro sempre più scarsi. Silavora su ordini che non arrivanopiù con la frequenza di pochimesi fa. Cullati dalle proprie cer-tezze, non si é riusciti a capireper tempo il cambiamento delmercato.

La situazione economica delcomparto è grave quindi nonsolo per le piccole e medie azien-de che hanno meno margini dimanovra ma anche per quelle

grandi realtà che hanno fattoforti investimenti negli ultimianni. L’attuale situazione diFiamm e Salvagnini sono solo icasi più emblematici.L’attuale crisi è dovuta solo inparte alla situazione del merca-to. In realtà le cause vanno ricer-cate nel rapporto troppo strettocon le banche.L’eccessiva sottocapitalizzazio-ne strozza le imprese, in baliadelle decisioni degli istituti di cre-dito.

Un altro grave problema è ladimensione media - piccoladella maggior parte delle azien-de che non permette di investirein innovazione. Il settore nonriesce a creare reti e sinergie ingrado di focalizzare gli investi-menti.L’attuale struttura del mondometalmeccanico è un gigante daipiedi d’argilla che è crollato allaprima crisi importante. Una crisianomala, che si protrae neltempo e che sarà sicuramentecaratterizzata da una ripresalenta e difficile.

Politica, aiuto!

Come reagire? È difficile dirlo- spiega Gianpaolo Zanni, sin-dacalista Cgil - Sicuramentecon un controllo dei costi eristrutturazioni ma è il siste-ma generale che è in crisi.Bisogna che le parti politichenazionali e locali si assumanola loro responsabilità. Noisiamo aperti al dialogo. Mache sia un vero confrontodelle parti sociali, non la soli-ta misura d’emergenza.“Si deve cambiare veloce-mente marcia.” é il suggeri-mento del Segretario dellaFIM CISL Gianni Castellan.“Ciò che ci ha portato allasituazione attuale é stato ildisinteresse verso l’evoluzio-ne del mercato. Ora é neces-sario il massimo impegno daparte di una politica industria-le che dovrà accompagnare ilmetalmeccanico vicentinoverso prodotti innovativi.Altrimenti sarà un tracollo dicui nessuno osa davvero deli-neare i contorni”

TERZIARIO

Tutti pronti a impattarel’onda lunga della crisi“I problemi ci sono ma le aziende sono troppo rinunciatarieI primi a mollare sono le imprese a basso contenuto di qualità”

CONCIA

Ahi, tempodi mobilità

FARMACEUTICA

Si resistenella paura

AGROALIMENTARE

Ci salvala qualità

L’unico comparto che ancoranon è nel pieno dell’uragano è ilterziario che, per ora, è solo insentore di crisi. Il segretariogenerale della FISASCATCostantino Vaidanis dichiarache le cose vanno meglio rispet-to ad altri settori. Ma non c’é dastare tranquilli. Il terziario riesceancora ad assorbire, ma il futu-ro è grigio se non si provvederàad una vera politica dei redditi. A Vicenza non vi sono ancoragrossi contraccolpi anche seesistono gravi problemi con icontratti, a partire da quello delcommercio, scaduto da tredicimesi, per il rinnovo del quale ilsindacato ha indetto uno scio-pero di otto ore. Altra grandequestione è il contratto UNEBAsulle case di riposo. Sono gli appalti pubblici a pati-re maggiormente la situazione,uniti alla vigilanza privata e aicontratti di pulizia. C’è bisognodi un cambiamento immediatopoiché anche il terziario ben pre-sto risentirà della crisi a livellonazionale e provinciale

Germano Cattelan, già presi-dente INPS, dirige attualmenteun’azienda di fornitura di servi-zi alle imprese che si occupa disicurezza ambientale e sullavoro.“Come terziario – spiega –lavoriamo se le aziende di pro-duzione sono in salute. Questoperché i,l tipo di servizi che noioffriamo è considerato damolti, erroneamente, soloaccessorio. Dal mio osservato-rio (ma molti altri colleghi loconfermano), posso dire che lacrisi c’é eccome. Nel settoredella concia ad esempio, hoperso di recente cinque clienti.Non sono andati da altri:hanno chiuso. Il dato é che iprimi a cedere sono le impre-se a basso contenuto qualita-tivo. Non ce la fanno più. Lelamentazioni sono le stesseper tutti: ‘mancano riferimenticoncreti, siamo stati lasciati

soli, non c’é sostegno pubblicoall’impresa. L’unica cosa certaé quello che dobbiamo paga-re’. Crisi congiunturali ce nesono sempre state, ma apreoccuparmi moltissimo é larassegnazione che si percepi-sce in maniera evidente neipiccoli imprenditori. La sensa-zione é quella di una crisi disistema, non semplicementeuna fase negativa momenta-nea. E quel che é peggio, adassumere questo atteggiamen-to rinunciatario, sono per lo piùi giovani. Davvero un bruttosegnale per il futuro”.

La voce delle aziende: quanta rassegnazioneDov’è finita la nostra grande imprenditoria?

La crisi è latente - dice MirkoLucio Balsemin, vicedirettoredel settore di Assindustria - Ilmercato si ridimensiona e conlui lo sviluppo del settore.Spuntano le prime mobilità ele prime casseintegrazioni masiamo solo all’inizio. Inflazione, tasso di cambiosfavorevole col dollaro, mone-ta unica: i problemi sono tantie non solo per il nostro setto-re in particolare. Per la con-cia, però, c’è un peso in più:tutti gli investimenti in qualitàdel lavoro e qualità ambienta-le effettuati negli ultimi annivengono penalizzati dall’aper-tura del mercato a paesi in via

di sviluppo che non rispettanogli stessi parametri si sicurez-za e limiti delle emissioniinquinati a cui noi siamo lega-ti. I provvedimenti protezioni-stici non servono. Il tempo èl’unica medicina. Anche loro siassesteranno su sistemi cheinglobano, tra i costi di lavora-zione, anche quelli relativi aquesti parametri.È necessario un interventopolitico in tutto il sistema pro-duttivo. Essere competitivinei costi non basta più e nem-meno puntare sulla qualità.Se limiamo anche sull’innova-zione rimangono ben pochesperanze.

“Per noi che operiamo nelladistribuzione del prodotto far-maceutico la crisi pare lontana– spiega l’amministratoredelegato del LaboratorioChimico Sella di Schio,Roberto Salviato – abbiamoper ora addirittura un piccoloincremento dei profitti rispet-to al 2003. Il nostro settore éassimilabile a quello alimenta-re, non é toccato dalla crisiche tocca la maggior parte deibeni di consumo. I posti dilavoro non mancano.”D’altro canto, è anche veroche una terzo della forza lavo-ro della Zambon - ieri intera-mente dipendente - oggi è

composta da interinali.Ma il settore resiste - diceFabrizio Nicoletti, sindacalistaCGIL - anche se naviga un po’a vista procedendo con le nor-mali misure di ammortizza-mento e qualche episodio dicassaintegrazione.Non pensiamo, però, che que-sto sia dovuto ad una nostramaggior organizzazione: lacrisi procede più lenta unica-mente grazie alla scarsa con-correnza nel settore. Nonsiamo concorrenziari rispettoai paesi in via di sviluppo,mentre altri costi, come quellodell’energia, continuano apesare sempre di più.

Sarebbe inprorio parlare dicrisi” ci dice il presidente pro-vinciale della Coldiretti DiegoMeggiolaro, “piuttosto lo defi-nirei un momento di attesa.Siamo perfettamente consape-voli delle sfide che ci arrivanodal mercato globale: prodotti abasso costo provenienti dapaesi con una produzione indu-striale molto estesa.Per difenderci e rilanciare, pun-tiamo sulla tipicità e la qualitàdei nostri prodotti. Dopo idanni derivati da vicende comela mucca pazza (si pensi che ilTriveneto copre il 50% dell’inte-ra produzione nazionale dicarne) é necessario rinnovare

il patto con i consumatori.Offrire totali garanzie sul valoreassoluto della nostra offerta él’unica strada percorribile.Abbiamo però bisogno di unaiuto dalla politica. Nel sensoche chiediamo con forza rego-le certe, ma soprattutto, chequeste regole vengano appli-cate. Cosa che non sempreavviene, vedi l’esempio dellatte.L’agricoltore vicentino é ormaiun imprenditore. Certo i margi-ni di guadagno sono troppobassi. Ma il nostro settore hala piena volontà di rialzare latesta e competere nel sistemaglobale”

Servizi a cura diSara SandorfiAugusto DapòDavide LombardiIlario Toniello

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idee e persone

RITRATTI VICENTINI

Sull’inquinamento e sul traffico Hüllveck sta sbagliando tutto. Maallora fuori le proposte alternative, purché serie e praticabili.

Altrimenti ci teniamo lo smog e la smettiamo di criticare.lettera al giornale, 22 Marzo 2004“

Il pedone dà scacco allo smogLa proposta radicale. “Basta solo un po’ di coraggio per rinunciare all’auto”

Valentina Dovigo, consigliere comu-nale dei DS. Una soluzione possibile efacilmente praticabile al problemadello smog esiste?

“Esiste e sarebbe praticabile fin dasubito. Cominciamo coll’estendere learee pedonalizzate, aumentiamo emigliorariamo la viabilità ciclo-pedo-nale, disincentiviamo in modo intelli-gente l’uso dell’auto privata. Tutto ciònon può che avere benefici effetti siaai fini della riduzione del pesanteinquinamento atmosferico che staattanagliando la città, sia ai fini di unrecupero e di una riqualificazione dinumerosi spazi urbani, che verrebbe-ro in qualche modo sottratti al predo-minio delle auto e restituiti alla godi-bilità di tutti i cittadini.”

Facile a dirsi. Molto meno a farsi.“A Vicenza si continua a premiare epreferire il “modello italiano” basatoquasi esclusivamente sulla motorizza-zione privata, modello che sta giàdimostrando tutta la sua drammatici-tà: dalla sempre più grave emergenzasmog che grava come un macignosulla città e su tutta l’area padana,alla crescente congestione delle nostrestrade sia urbane che extraurbane allimite del collasso, dalla crescita del-l’inquinamento acustico all’aumentodegli incidenti stradali.Non c’è scelta, bisogna avere il corag-gio di cambiare.”

Com’è la situazione vicentina rispettoal resto d’Italia?In città risultano pedonalizzati pocopiù di 16 mila metri quadrati disuperficie (fonte: Ecosistema Urbano2004 di Legambiente, dati deiComuni del 2002), vale a dire pocopiù della metà della media nazionale.Se riteniamo che la realtà italiana non

presenti dati confortanti, rispetto all’Europa, Vicenza è quasi al fondo delfondo. Ma ciò che appare più grave èche non sembrano esistere affattosegni che preludano a qualche cam-biamento di direzione.”

Dare maggior spazio alle aree pedo-nali, anche a scapito della viabilità deimezzi privati. È questa la soluzione?“Non è che la pedonalizzazione possarisolvere automaticamente tutti inostri mali. Questo va subito chiarito.È uno degli elementi da integrare conaltri per arrivare a progettare unadiversa fase della mobilità urbana.Per uscire dalla morsa del crescenteinquinamento è necessario sperimen-tare e mettere insieme tutta una seriedi iniziative: interventi di moderazio-ne del traffico, estensione delle areepedonali e creazione di aree ZTL,regolazione della sosta, limitazionedegli accessi, ottimizzazione dell’usodell’auto (car pooling, car sharing),potenziamento delle reti di trasportopubblico e della mobilità ciclopedo-nale. Non è una singola misura, mal’insieme delle diverse possibilità, dainserire in contesti diversi e da condi-videre insieme fra più soggetti deciso-ri. Il mondo del lavoro e del commer-cio devono sapersi avvicinare a questitemi con le loro esigenze e le loro pro-poste, puntando a realizzare quellaserie di servizi aggiuntivi che permet-tano alle loro attività di “esserci”anche all’interno di ambiti diversi dimobilità.”

Perché Vicenza non vuol saperne dicambiare?“A Vicenza probabilmente i progettinon si fanno non perché manchino ifinanziamenti o i canali appropriati,ma perché non riusciamo nemmenoad immaginarli, manca cioè alla cul-

tura politica che ci governa la capaci-tà di prefigurare un sistema integratodi mobilità urbana, di prevedere unoscenario diverso per quanto articolatoe complesso, e da ciò l’impossibilità diimpostare un progetto funzionale ecredibile, di investire sul mezzo pub-blico e su tutti i servizi ad esso colle-gati.”

Esistono esempi concreti di città chehanno lavorato in questa direzione?“La città di Ferrara si segnala per l’at-tuazione in tempi rapidi di una delleZone a Traffico Limitato più ampied’Europa. Dal 2002 al 2003 il centroè stato frazionato in più quartieri, convincoli alla circolazione ed alla sosta,con regole più restrittive per la zonaDuomo e con agevolazioni per i resi-denti nelle ZTL stesse. Sono statiintrodotti sensi unici e variazioni delsenso di marcia, creati posti auto gra-tuiti per i residenti, aumentati i servi-zi di collegamento con bus navettafra i parcheggi esterni ed il centro cit-tadino, ottimizzate le frequenze dellecorse e i costi del biglietto.Il successo di tale operazione è statogarantito dalla sua genesi: che è avve-nuta infatti dal confronto aperto fraAmministrazione comunale ed asso-ciazioni di artigiani e commercianti,dalla sperimentazione progressiva.Tutto ciò ha determinato un cambia-mento nelle abitudini dei cittadini,sollecitati a rispettare le nuove regolerispetto al parcheggio ed all’uso del-l’auto nelle zone centrali, hanno scel-to di adeguarsi alle norme grazie aglievidenti miglioramenti in termini diqualità dell’aria, di vivibilità dellacittà, di minori livelli di rumore, mag-giore sicurezza e grazie al coinvolgi-mento continuo della cittadinanzanelle varie sperimentazioni. Perchéqui no?”

Mai provato col parcheggio pertinente?L’alternativa morbida. Niente più soste lungo le strade del centro ci daràtraffico più snello, un incentivo alle passeggiate e molto meno smogStefano Soprana, consigliere comuna-le di Vicenza Capoluogo. La situazio-ne sembra sempre più diffice da soste-nere per le famiglie e i commercianti.Chiudere al traffico il centro oppureno?

Sembra che il problema sia risolvibilesolo attraverso una di queste dueopzioni. Ma io dico che è sbagliatovedere tutto in bianco o in nero: c’èuna terza via.

Cioè?

Lo sviluppo del centro storico diVicenza è possibile se si svilupperà ilturismo e la residenza. Lo sviluppoturistico richiede nuove strutturericettive in centro, una estensionedella zona ZTL , la realizzazione dipiazza Matteotti (centro turisticod’eccellenza per la presenzadell’Olimpico e del museo Chiericati)cerniera per lo sviluppo dei quartieristorici S. Lucia e S.Pietro. La residen-za necessita per il suo sviluppo l’au-mento degli standard dove nel centrostorico oltre al deficit accumulato neltempo si sommano le nuove esigenze.I giardini e i cortili sono diventatiposteggi, le piazzette sono occupatedalle auto e i negozi vengono sottrat-ti al commercio per far spazio a gara-ge.Anche il recupero dei sottotetti dà svi-luppo alla residenza ma aumenta ildeficit di standard in quanto vienesolo monetizzato.

Come si può attuare questo cambia-mento in termini di modifica dellaviabilità?

Non potrà avvenire con lo sviluppodel mezzo privato, che ha già mostra-to la sua saturazione, ma con lo svi-luppo della mobilità con nuovi mezzipubblici e sviluppando la mobilitàciclabile.Troppi posti auto lungo le strade nonpermettono la mobilità dei mezzipubblici nel centro storico e la realiz-zazione di corsie ciclabili. Per questoservono nuove strutture, nuovi par-cheggi, capaci di attrarre i mezzi pri-vati localizzati in modo da non grava-re sulla viabilità, in posizioni strategi-che e con un basso impatto ambienta-le.Interdire completamente l’area delcentro storico è un errore, significacondannare il centro ad una lentaagonia. Molti affermano che la cittàstorica si sta trasformando in unavetrina, un centro commerciale all’a-perto. Ma la realtà è opposta. Esclusocorso Palladio, il commercio nel cen-tro si riduce ogni giorno sempre dipiù.Allo stesso modo le aree di sosta auto-rizzata all’interno delle strette vie delcentro strozzano la circolazione. Manon pensiamo solo all’area storica diVicenza. Provate a percorrere le zonelimitrofe al centro nel mattino e poiverso sera, quando negozi e ufficisono chiusi. Capirete quanto è dram-matica la situazione.La costruzione di parcheggi nella peri-

feria della città, anche se collegati consistemi di trasporto pubblico, nonsono una soluzione per residenti ealbergatori. L’equazione è semplice:comodità è uguale a maggior residen-za e flusso al centro, la scomodità lariduce.

Sì al traffico in centro. No ai parcheg-gi in strada, tanto meno nei “park”periferici. Dove mettiamo le auto?

La soluzione sono i parcheggi perti-nenziali diffusi. Solo costruendoli sipuò operare una politica verso i resi-denti e seguire una linea di nonposteggio sulle strade. Le strade,finalmente libere, favorirebbero ilpassaggio dei cittadini e dei turisti.Basterebbero una dozzina di posteggimeccanici automatici usufruibilianche dai non residenti per ottenere i5000 posti auto attualmente spalmatiper le strade del centro. Il turismo sicrea anche sviluppando e sistemandole aree della città.Un piccolo aiuto alla città è stata lapresentazione della mozione per rea-lizzare un posteggio auto sotto l’areadei campi da tennis (ex GIL). Unascelta che è stata approvata, attraver-so la firma della mozione, da quasitutti i rappresentanti della maggioran-za. Questo avrebbe anche contribuitoa spostare i campi da tennis realizzan-do nuove e più moderne strutture perquesta attività sportiva. Purtroppo,finora gli amministratori non hannofatto seguito alla mozione.

abc

L’attuale situazione in Corso SS Felice e Fortunato L’ipotesi di Vicenwa Capoluogo. Con le auto neiparcheggi, più spazio per pedoni e bici

Con affetto era Birne per i compagni dellemitiche squadre canicolari degli anni sessantae settanta, quando il luogo delle sfide era losterrato sassoso del Patronato Leone XIII o icampetti, rigorosamente dietro la chiesa, diOspedaletto o di Anconetta.

Con apprensione era Birne per gli avversariche temevano quell'attaccante dalle movenzelegnose ma dall’incredibile potenza fisica e daldevastante colpo di testa.

Con semplicità è Birne anche oggi per I ragaz-zini che frequentano il campo sportivo diSant’Andrea, dove il nostro è un tuttofare gene-roso e disponibile: custode, amico, consiglierenonché arbitro per i pulcini che hanno l’età disuo nipote Giovannino.

La chiacchierata non può che aver luogo pro-prio qui, negli spogliatoi del campo sportivoseminascosto lungo Strada di Bertesina, dona-to dalla famiglia Pasin e sede per anni dellamitica Juventina di Bortolo Brogliato.

Strani scherzi del destino: colui che untempo sfondava le reti oggi le ricuce con pazien-za. Tutto è cambiato, a parte questo singolaresoprannome ideato nella notte dei tempi da untifoso di canicola. Neanche il nostro ricorda ilperché: “Ma ancora oggi, a sessantasette annisuonati, rimango Birne per tutti”.

Operaio orafo e per molti anni infermiereausiliario (“Allora si entrava in ospedale senzafrequentare scuole di specializzazione, soprat-tutto per le mansioni più umili a diretto contat-to con gli ammalati”) Birne ha giocato cosìtante partite da far impallidire i tanto decantati

record dei professionisti. Ogni momento erabuono per organizzare gli amici (i mitici fratelliMarchioretto, i Manfrini, i Morsoletto, i Beria) ecorrere a iscriversi alla canicola del momento.

E che momenti: attorno ai campetti di perife-ria si ritrovavano famiglie intere a gustare ungelato e osservare divertiti le gesta calcistichedi giovanotti ruspanti o di attempati ex calciato-ri, impegnati soprattutto nell’impresa di entrarein pantaloncini e magliette sempre più strette.Birne era l’idolo, il cannoniere principe, il proto-

tipo del calciatore generoso ed inarrestabile. “Al Patronato si contavano anche millecin-

quecento spettatori in una serata - ricorda - Econ gli incassi, ogni anno veniva costruito unnuovo stabile, una nuova ala della scuola”.Perfino la celebre piscina deve molto alle gestadei ragazzi di allora.

I tempi oggi sono cambiati, e non solo perchè1500 spettatori fatica a metterli assieme ancheil Menti. Solo il suo entusiasmo è rimasto quel-lo di sempre: “Dopo aver giocato per tanti anni,

anche in Prima categoria con la Ronzani diGalvanin, Merlin, Pasqualin e Chiovati, hoattaccato le scarpe al chiodo”. Le scarpe, nonla passione.

Così Birne inizia a svolgere le mansioni piùumili, come sempre: custode al CampoFederale, poi a Sant’Andrea, pronto a dare unamano, o anche solo un consiglio, ai giovaniBirne di questi anni. Forse, spiega, nel tentati-vo di far capire loro lo spirito del gioco più bellodel mondo.

“Arrivo al campo alle sette e mezza, puliscogli spogliatoi, passo il campo con il rastrello,riporto la sabbia nelle buche. Al pomeriggiotorno per arbirare le partitelle dei ragazzi.”

Da poco ha iniziato una nuova avventura congli amici del Centro sportivo Italiano. Con lorova a portare il calcio fra le mura del carcere:“Con Mastella, Dalle Ave ed altri amici abbiamoaperto questa strada: organizziamo partite coni detenuti. Un raggio di sole nella vita di questepersone”. Lui, neanche dirlo, fa l’arbitro, il guar-dalinee, il massaggiatore.

Nella vita dell’eterno ragazzo un solo momen-to fuori dal seminato: quando va al centro anzia-ni della Rondine di San Pio X. “A fare due chiac-chiere e una partita a carte” dice lui. E forse sisente solo un ragazzo gentile che va a trovare inonni del quartiere.

Federico Formisano

Birne, l’uomo che scelse di restare ragazzoDa esuberante cannoniere nelle roventi canicole degli anni Settanta a mite custode dei campi di periferia.

Sempre attaccato all’eterno sogno di un pallone

Vicenza contro Ferrara:le mappe storiche del centrodelle due cittadine a confronto.La città emiliana ha risolto moltidei suoi problemi con coraggioma favorita anche da una viabilità menocomplicata

Birne accende-va la fantasiadei tifosi: allo-ra i tornei esti-vi raccoglieva-no anche 1500persone infesta. Con gliincassi nacquela piscina delPatronato

Fisico da JohnCharles e la

stessa signori-lità: ecco Birne

mentre riceveuno dei tantipremi comecapo canno-

niere di untorneo

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economia e società

Clamoroso exploit dell’istituto di credito no profit: più 84% in un solo anno

Dalle speculazioni in borsaall’investimento etico il passo èbreve. Disillusi dalla serie di scan-dali finanziari che scuotono ilpaese (Cirio e Parmalat su tutti),dall’aumento delle spese dei servizibancari, dalla scarsa trasparenzadel sistema creditizio (più voltesotto accusa) nel rapporto con laclientela, i vicentini investonosulla finanza etica. Che registra unclamoroso più 84 percento tra isuoi correntisti nell’ultimo anno.Attratti da costi di gestione com-petitivi ma anche, e forse soprat-tutto, dall’idea di investire in qual-cosa di socialmente utile.

Non si spiegano altrimenti i 446mila euro raccolti sino ad ora dallacampagna, partita nel dicembrescorso dalla Cooperativa Insieme(www.insiemesociale.it) per lacostruzione della nuova sede chesorgerà in Via Dalla Scola. Di que-sti, 60 mila vengono da BancaEtica (www.bancaetica.com),attraverso 'Certificati di Depositodedicati al Fondo Investinsieme'con i quali i clienti della bancahanno scelto di destinare a questoprogetto gli interessi maturati dailoro conti.

Ad onor del vero, tanta solleci-tudine a sostegno di iniziativesociali non è affatto nuova perVicenza e provincia. A dimostrar-lo, proprio la presenza della sedelocale di Banca Etica, aperta nel2001, terza in Italia dopo Padovae Milano. Insomma, al di là deglieventi contingenti, a Vicenza lafinanza etica è sempre piaciuta.Quando nel 1997 rappresentantidel terzo settore, semplici cittadini,persone in cerca di un’alternativaal sistema creditizio tradizionale,cominciarono a raccogliere 12,5

miliardi di vecchie lire (alloranecessarie per mettere in piedi unnuovo istituto bancario), Vicenzafu la città italiana in cui, percen-tualmente, si raccolsero più soldi.

“I vostri soldisempre a fin di bene”Istituto bancario a tutti gli effet-

ti, Banca Etica differenzia la suaproposta creditizia con una serie divarianti che definire qualificanti èpoco. Innanzitutto, l’assoluta tra-sparenza rispetto alle condizioniofferte all’utenza. In secondoluogo, la garanzia d’impiego eticodel denaro investito dall’istituto. Inpratica, un cliente sa esattamenteper cosa e come vengono utilizzatii suoi soldi, ne condivide la desti-nazione d’uso, può persino sce-glierla (come nel caso dellaCooperativa Insieme). Ovviamente

i settori d’investimento hanno sem-pre valenza sociale: progettiambientali e culturali, cooperazio-ne sociale e internazionale, sonotra i destinatari dei finanziamentietici. “Al momento - ci spiega ildirettore della sede di Corso SanFelice e Fortunato, Ippolito Rigoni- i clienti che hanno aperto unconto corrente o un libretto dirisparmio presso di noi sono circa1400. A questi vanno aggiunti i1300 sottoscrittori del capitalesociale. Ottimo anche il trend dicrescita, l’anno scorso, l’84 percento in più rispetto al 2002. Aparte il codice etico – del resto pernoi irrinunciabile – credo che unulteriore elemento qualificante diBanca Etica sia il fatto che propo-niamo identiche condizioni a tutti.Non si privilegiano i grandi depo-siti. Anche il pensionato che apreun libretto di risparmio con pochi

euro fruisce delle stesse condizionidi tutti gli altri. Lo stesso dicasi deiprogetti che decidiamo di finanzia-re. Non importa se partono daVicenza o dal Brasile. Ciò checonta è il loro valore sociale e laloro attuabilità”. Ma, riconosciutigli indubbi meriti propri di un’eti-ca della finanza, può Banca Eticaporsi in maniera realmente concor-renziale – dal punto di vista pura-mente finanziario - rispetto alsistema creditizio tradizionale?Secondo una ricerca del luglio2003 dell’Adusbef (AssociazioneDifesa Utenti Servizi Bancari -www.adusbef.it) sembrerebbe di sì:un conto corrente presso BancaEtica costa due terzi in menorispetto a quelli (non convenziona-ti) delle altre banche.

“Competitivi?Non ancora, però...”“La nostra presenza sul mercato

creditizio? Credo che la propostadi BE sia in anticipo sui tempi.Precorriamo ciò che dovrà diven-tare la finanza. Anche gli altridovranno, prima o poi, adeguarsia criteri di trasparenza non solorispetto alle condizioni di credito,ma anche sull’uso che viene fattodel risparmio”. “Alcune banche,ad esempio il Credito Cooperativoo la Popolare di Milano, hannosottoscritto con Banca Etica unprotocollo d’intesa che accoglie inostri criteri etici. - ci spiega AldoPrestipino, coordinatore provincia-le dei soci - Altre invece, si sonorifiutate. Il nodo era l’impegno anon finanziare la produzione e ilcommercio di armi. A riguardo,purtroppo, non tutti hanno lacoscienza a posto”.

Borse all’inferno? Investiamo in paradisoBanca Etica conquista i vicentini: “Vince la nostra trasparenza”

La rivoluzione non russa. PedalaTuttinbici vuole raccogliere 11 nila firme per una Vicenza finalmente ciclabile: “Il futuro siamo noi”

Associazioni d’idee è una rubrica che presenta,volta per volta, le associazioni vicentine. Un viaggionel ricchissimo mondo dell’associazionismo cittadi-no che inizia da Tuttinbici, storico gruppo che daanni lavora per favorire l’uso della bici per unamigliore qualità della vita.

Stanchi di sentirvi in colpa ogni volta che, saliti inmacchina, la radio trasmette il quotidiano bolletti-no di guerra sul tasso d’inquinamento in città?Preoccupati per il pessimo stato di salute della terradi cui vi sentite, sia pur in piccola parte, correspon-sabili? Stufi di immaginarvi parenti stretti delle sar-dine – rinchiusi nella vostra scatoletta di latta – incoda lungo Viale San Felice? Se avete risposto posi-tivamente a tutte queste domande, un modo permigliorare la vostra autostima (pericolosamentelegata alla salita o discesa del livello di polveri sotti-li) c’è. A proporlo è Tuttinbici, associazione localeaffiliata alla FIAB (Federazione Italiana Amici dellaBicicletta), che da dieci anni – contro il logoriodella vita moderna – predica (e pratica) l’uso siste-matico delle due ruote. Avviso al centauro, furbac-chione di turno, pronto a scantonare: le uniche dueruote di cui Tuttinbici fa uso, sono quelle a trazionemuscolare. Non è gradito l’ausilio di bielle, pistonie miscela.

Come ci spiega la presidente Annamaria Virgili, lastrada scelta dall’associazione per favorire l’usodella bicicletta è assolutamento propositivo. Di quile molte manifestazioni collettive (uscite “fuoriporta” alla domenica, organizzazione di una gior-nata-evento dedicata ai bambini denominata“Bimbimbici, accoppiate treno più bici per gite inaltre città, convegni), ma anche progetti e petizioniconsegnate all’amministrazione perché le faccia pro-prie. “Siamo un gruppo apolitico” prosegue Virgili“il nostro intento è quello di cercare la collabora-zione con le istituzioni per realizzare, ad esempio,più piste ciclabili. Non siamo ‘contro’ qualcuno,siamo sempre ‘per’. E vogliamo dialogare con tutti:del resto, la bicicletta non è né di destra, né di sini-stra, ma un bene di tutti. Almeno, noi lavoriamoperché torni ad esserlo...”.

Nulla a che fare, insomma, con movimenti di prote-sta tipo Reclaim the streets (www.reclaimthe-streets.net/) o Critical mass (www.critical-mass.org)– quest’ultima presente anche in Italia - che impie-gano le biciclette come armi di liberazione delle

strade invase dalle automobili. Attraverso improvvi-si raduni di ciclisti in grandi arterie cittadine (cla-morose alcune azioni compiute a Londra e Milano),gli attivisti mandano in tilt – solo con la loro pre-senza missiccia – il traffico. Obiettivo: “reclamarestrade a misura d'umanità, per gridare che l'auto-mobile non è l'unico mezzo di trasposto, ma sol-tanto il più dannoso”. Finalità in parte condivisibilida Tuttinbici, per il resto lontanissima dall’utilizzodi mezzi di protesta così vistosi. Il movimentovicentino pare più preoccupato di accedere a sem-pre maggiori spazi per pedalare, piuttosto che“urlare”.

Diretta conseguenza di questa logica tanto poco gri-data quanto pragmatica, anche la recente inziativadi raccogliere firme per sollecitare l’attuazione del"Piano dei Percorsi Ciclabili per la Città diVicenza". Tra gli oltre novemila firmatari finoraraggiunti (“ma la quota a cui vogliamo arrivare è11.000, un decimo dell’intera popolazione”), ècerta la presenza di nomi illustri, anche se la presi-dente non si sbottona, rinviando la sorpresa aobiettivo raggiunto. Ma tra le firme quasi certe –

aggiungiamo noi – si può includere l’ex campionedel mondo di ciclismo Marino Basso. Se non altro,per curarsi il dente di sicuro avvelenato con l’auto-mobilista che, circa un mese fa, l’ha investito (perfortuna senza gravi conseguenze) mentre pedalavatranquillo in campagna. “Al di là dei vip” – conclude la presidente “la verasfida è far tornare la bicicletta al centro del mododi spostarsi di tutti i vicentini. Non solo uno stru-mento buono, al più, come svago domenicale, mamezzo di trasporto normale e quotidiano. Solo inquesto modo potremo aumentare la qualità dellavita nelle nostre città soffocate ed inquinate da untraffico automobilistico ormai insopportabile”.Insomma, tutti in bici o barbarie? “Detta così è unpo’ forte. Ma certo, cambiare si può e si deve.Purché lo si faccia in bicicletta...”

d.l.Sede: piano superiore della Basilica Palladiana,presso la sede della GEV (Giovani EscursionistiVicentini)Sito Internet: http://digilander.libero.it/tuttinbici/Telefono: 0444-504776

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ASSOCIAZIONI D’IDEE

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E Assindustria applaude:un segnale per la finanza

“Ma non saranno mai una vera alternativa”

Dottor Nardi, come responsabile finanziario di Assindustria,ritiene che Banca Etica possa essere competitiva, se nonalternativa, col sistema creditizio tradizionale?“Credo proprio di no. Sia chiaro, ne penso tutto il bene pos-sibile, anche perchè riporta al centro il problema dell’eticadegli affari. Tema che non dovrebbe mai essere fuori moda,visti anche i recenti crac finanziari. Ma se parliamo di sistemimacroeconomici, non credo possa essere competitiva. C’èpoco da fare: l’economia di mercato si fonda sulla massimiz-zazione del profitto. Di qui non si esce. Banca Etica ha biso-gno di finanziatori/risparmiatori che aderiscano pienamenteal progetto, ad esempio, accettando dei tassi d’interesseridotti in nome dell’obiettivo comune. Attenzione però: allafine, i conti li devono fare anche loro”.

Quindi, difficile pensare ad una collocazione credibile della“finanza etica” nel mercato?“Al contrario. Banca Etica è un’ottima idea per i risparmia-tori “etici” o per il settore no-profit, ma ripeto, in generalepuò essere al più complementare al resto del sistema crediti-zio. Ecco, può ritagliarsi un suo spazio costituendosi comestimolo utile agli altri protagonisti finanziari. Già lo fa.”

Eppure le banche vivono oggi una grave crisi di fiducia. Dauna recente indagine Demos-Eurisko è emerso che i cittadinisi sentono sempre più indifesi nella protezione dei propririsparmi. Addirittura l’80 per cento ritiene le banche corre-sponsabili dei recenti crac. Insomma, la diffidenza è tanta. Ilcittadino medio pensa che invece di tutelare i suoi interessi,le banche facciano esclusivamente i propri. Lei che ne pensa?“Mi creda, non solo i singoli cittadini, anche noi come azien-de abbiamo diversi appunti da fare alle banche. Il sistemabancario italiano ha compiuto diversi errori. Il più grave: lamancanza di trasparenza. In fondo la banca promuove unprodotto, vende denaro, e io cittadino voglio sapere esatta-mente quanto mi costa. Come aziende, ad esempio, non si saquanto costa un’operazione di leasing. Il tasso non è maiprecisato. Bisogna calcolarselo. E ancora: in questi anni lebanche hanno pressato parecchio per collocare presso i con-sumatori prodotti inadeguati. Per intenderci, roba ad altorischio. Hanno applicato una logica esclusivamente commer-ciale piuttosto che comportarsi da consulenti finanziari perl’utenza. Ma cosa vuole che capisca di certo linguaggio tecni-co il cittadino medio? Il risultato è stato la perdita di fidu-cia”.

Page 8: VicenzaABC n 2 - 26 marzo 2004

“Tornato da un breve viaggio a New York lasciaitutti di stucco. È una città bellissima, dissi. Mi guar-darono come fossi un matto” ride il Professor RenatoCevese nel raccontare l’aneddoto: “Pensavano iofossi un dogmatico. Uno incapace di vedere oltre ilBello classico. Invece, la mia sola religione è l’armo-nia. E New York, nella sua impressionante dimensio-ne verticale, ne è piena. E’ dominata da un’intimacoerenza. Dappertutto, dalla periferia al centro. “Ah- sospira - beati loro…” Storico dell’arte appassio-nato di urbanistica e architettura, il Professore è unodei padri nobili della cultura vicentina. Coautore, trai vari volumi, di una famosa guida della città alla cuinuova edizione sta lavorando. Mi riceve nel grandesalone della sua casa in Contrà delle Catene, viuzzastorica dietro Piazza dei Signori. Di fronte, l’impo-nente Domus Comestabilis.

Si definisce un liberale della scuola di Luigi Einaudi.“Per questo” dice “non posso essere berlusconiano.Il suo è un liberismo selvaggio. Ha frantumato quel-la disciplina cui ogni cittadino deve sentirsi obbe-diente: il bene comune. Un individualista sfrenatonella patria degli individualisti. Un disastro.”.Professore, non sono qui per parlare di politica. “E dicosa mai, allora?”. Sono qui perché Cevese mi rac-conti di questa città, di come è entrata nel nuovo mil-lennio, del centro storico, della periferia, del traffico.Non il passato glorioso ma le complicazioni del pre-sente. E ancora: il Veneto, “terra gioiosa e stupendamartoriata dalle sue stesse genti” come la definirà luiin seguito.

Nominare Vicenza al Professore è come aprire il vasodi Pandora. Ce n’è per tutti. Nessuno è risparmiatodalla sua lingua antica nella forma, quanto taglientee attuale nei contenuti. Questa città è il suo grandeamore. E la sua pena. “Dopo la guerra fu chiamatol’architetto Mario Coppa. Aveva il compito di stu-diare uno sviluppo possibile per la città che voleva

crescere. Peccato di urbanisti-ca non capisse nulla. Dopo iguasti architettonici del ven-tennio, si proseguì nella stessadirezione. Ahimè, l’urbanisti-ca è una della arti più compli-cate: pretende un religiosorispetto per l’esistente antico;prevede un intervallo verde tracentro storico e nuove perife-rie ma, soprattutto, richiedeuna capacità intuitiva oltre iltempo. Si costruisce oggi, maciò che abbiamo realizzatosarà la nostra carta d’identitànel futuro. Che cosa stiamocostruendo per le generazioniche verranno? Prenda VialeMilano. Uno degli orrori piùincredibili che io abbia mai visto. Non si è pensatoche l’area verde intorno al Foro Boario era l’interval-lo provvidenziale tra il centro e la proiezione dellacittà verso occidente. Ed ecco il bel risultato…”.

“Stramaledettii gusti del Duce”

Si indigna l’anziano professore scorrendo mental-mente le brutture che hanno devastato l’armoniadella città di Palladio. “Altro esempio. Di questodobbiamo ringraziare il duce: il Palazzo delle Poste,uno scempio, sia stramaledetto. Lo scriva, propriocosì: stramaledetto! Ma santo cielo, si vuol capire ono che una città è destinata a vivere nei secoli? Unedificio, qualsiasi edificio, non è un pezzo di plasticada produrre in catena di montaggio. Le case nonsono funghi liberi di crescere laddove trovano terre-no. Tutto ciò che viene realizzato deve essere conte-stualizzato nel suo tessuto, urbano o rurale. Per que-sto l’edilizia dovrebbe indurre, sempre, a profonde

riflessioni. Soprattutto daparte dei gestori della cosapubblica, Ministero deiBeni Culturali in testa. E,veda un po’, Berlusconi chici ha messo? Urbani. Bravapersona, per carità, maassolutamente incompeten-te e incapace di capire que-ste cose”.

Ma gli strali del ProfessorCevese non mirano soltan-to così lontano, troppo faci-le il gioco di scaricare ogniresponsabilità su Roma. “Iprincipali responsabili deldisastro urbanistico? I varisindaci che si sono succedu-

ti negli anni. Nessuno escluso. Anche i migliori eranodegli ignoranti in materia. Letteralmente: la ignora-vano. In passato, come oggi Hüllweck. Ha presente ilpalazzo dietro la chiesa di San Felice?

Quando seppi del progetto, andai dal sindaco di allo-ra, Dal Sasso, e gli dissi: ‘Bepi, ma cosa stai facendo?’E lui: Ormai è deciso, che posso fare? Licenziare glioperai?’ ‘No’, gli risposi, ‘mantienili per tre mesi chepoi trovano un altro lavoro. Loro andranno altrove,quell’orrore resterà’. Ovviamente non mi diede ascol-to” sospira Cevese “anche se bisogna ammettere chequegli anni, era il ’55, non potevano darci niente dimeglio”. L’assedio del traffico? Contrariamente a quel che ci sipotrebbe aspettare, il Professore è molto realista inmateria. “Che vuole: un male necessario. Il centrostorico non può diventare un museo a cielo aperto, difatto abbandonato dai cittadini. Capisco ci debbaessere anche uno sviluppo economico: negozi e bot-teghe ci sono sempre stati nel centrocittà. Semmai,

oggi, un pugno allo stomaco lo danno i vari super-mercati e centri commerciali in periferia... Il trafficoè un problema enorme, ci vorrebbero politiche ocu-late. Ad esempio sui parcheggi. Quindici anni fa neavevo proposto uno nei pressi di Viale Eretenio. Perfare da polmone al centro storico. Come al solito,non mi hanno dato retta. Poi certo, chiuderei alleautomobili, oltre a Corso Palladio, altre zone del cen-tro storico. Ma, in generale, ho poche speranze: lastoria, ciò che abbiamo realizzato e siamo stati, è lanostra memoria, le nostre radici, la nostra essenza.Lo abbiamo dimenticato in troppi. Che vuol mai siriesca a risolvere, noi, progenie bastarda (dice pro-prio così) di Palladio? Lasciamo perdere, che èmeglio”.

E il Veneto? Cevese si lascia consolare dalla poesiadelle parole: “Ha perso ogni sua caratteristica diterra amabile traversata da una geometria di stradesegnate da alberi protesi verso l’alto. Un tempo, unmiracolo di armonia tra cielo e terra”. Immagini con-segnate ormai al passato: “Campagne e città hannoceduto all’offensiva dell’edilizia minore che oggidomina sovrana. Non c’è più nulla da fare. Solo cer-care di non guastarlo oltre. Come se non avessimogià superato ogni limite….”. Un attimo di scoramen-to: il Professore si alza e guarda fuori dalla finestra ilpalazzone grigio che, di fronte alla Domus, scompo-ne e violenta Piazza dei Bissari. “Ho fallito, ho falli-to in tutto nella mia vita” sussurra appena percettibi-le, abbracciando con lo sguardo l’amata che, invano,ha cercato di proteggere con tutte le sue forze.

Davide Lombardi

Storico dell’arte, Renato Cevese è il fondatore del CentroStudi di Architettura Andrea Palladio. Ottuagenario, è

una memoria storica della città. Ha speso una vita acombattere contro gli scempi edilizi e il degrado urbani-

stico di Vicenza

cultura

Il testamento del grande censoreGrandi temi per grandi vicentini Renato Cevese. “Ho fallito in tutto, ma Vicenza è comunque da amare”

Dove vanno di notteBandini e Albanese?

Il poeta e il designer raccontano a radio Rai laloro Palladio by night: “Meglio stare a casa”

Metti una sera a cena con Fernando Bandini, Vitaliano Trevisan e FlavioAlbanese. Ma soprattutto il dopocena: l’ha organizzato Radio Tre Suite, tra-smissione serale del terzo canale radiofonico, che ha chiesto ai tre di raccon-tare all’Italia la Vicenza di notte: cosa c’è da amare, cosa da dimenticare.Forte della sua esperienza di portiere notturno, lo scrittore Vitaliano Trevisanha dato poca scelta: qualche bar, molte discoteche ma soprattutto la stataleVicenza–Verona, descritta come “boulevard dell’amore multietnico”.Il designer Flavio Albanese ha dato la colpa alla cupa incombenza delle archi-tetture palladiane “che di notte incutono la loro massima soggezione”. Ilpoeta e docente universitario Fernando Bandini ha ricordato le sue passeggia-te serali nella Vicenza deserta di tanti anni fa, occasione di brevi incontri conlo scrittore Goffredo Parise, e le piccole osterie nascoste, poco frequentate eora completamente sparite. Ci si consola soltanto con un cineforum di alto livello e un buon programmadi concerti classici, che non a caso vengono spesso trasmessi proprio daRadioTre.Già così la vita notturna della nostra città non dava una gran bella immaginedi sé, ma le dolenti note non erano finite: a una domanda sulle offerte cultu-rali della città Vitaliano Trevisan ha prontamente risposto: “Ottime, se avetela macchina: vi basta andare altrove. Quel poco che c’era, ad esempio il cine-ma all’aperto, è stato prontamente eliminato”.Fortuna che Albanese ha proposto la sua alternativa: “La mia casa è sempreaperta per chi vuole mangiar bene e stare in compagnia”. Però nei toni e modi usati dagli interlocutori si avvertiva verso la città un affet-to sincero, che risultava difficile da comprendere ai non-vicentini, comincian-do dal povero conduttore Zaccagnini. Quando ha proposto dei versi critici diFogazzaro, che supponeva descrivessero la nostra città, è stato prontamentecorretto da Bandini: “Quelle righe, fra l’altro brutte, Fogazzaro le scrisse dauna residenza estiva che si affaccia sul lago di Como”. Alla fine tutti d’accor-do su un happening cultural-culinario a casa di Albanese.

Pietro Ferrer

BUONASERAil localemai banale

sorpresedietro l’angolo

La vera pizza napoletana val bene una Smorfia Baeza e Morandini, le nuove strade dell’architettura

Se volete gustare l’unica vera pizzanapoletana della città ecco il localeche fa per voi.

La pasta è alta, morbida, profu-mata; la mozzarella è vera mozza-rella e non quell’oscena materiafila e fondi con cui potreste stende-re i panni da una parte all’altradella strada.

Dopo i primi bocconi vi accorge-rete di masticare e mugolare,masticare e mugolare. Un po’ perla pizza, un po’ per le gomitate chevi arrivano da ogni dove. Il fatto èche il locale è strettissimo eVittorio ha una concezione tuttasua degli spazi: in un tavolino dacoppietta innamorata pretende disistemare una squadra di rugby. Epazienza se poi loro sistemano lui.

Il locale si fa apprezzare anche perla capacità di andare controcorren-te. In barba ai moderni listini da300 pizze (dalla maionese-mangoalla broccoli -smarties), qui trovatecapricciose e margherite, quattro

stagioni e marinare.

Curioso l’arredamento: le sediesono spaiate, i tavoli pure, enormiposter di Totò vi guardano benevo-li dalle pareti. Malevolo appareinvece lo sguardo della signora chevi attende in cassa: al suo cospettoMargaret Thatcher era una velina.Ma è gentilissima e, dopo il contotutt’altro che salato, vi offre pure illimoncello.

NB: non chiedete mai a Vittorio seè un vero napoletano: vi reciteràtutta la Smorfia, dall’inizio allafine, e guai a voi se non la ripeteteparola per parola.

Osvaldo Derocco

Pizzeria da VittorioBorgo Berga 52(di fronte all’ex Cotorossi)telefono 0444.525059cucina 8/10servizio 10/10prezzo 8/10

Un suggestivo allestimento che siavvale di teche luminose e schermicon proiezioni, illustra, nel salonedella Basilica Palladiana, l’architet-tura dello spagnolo AlbertoCampo Baeza, nuovo appunta-mento sul tema organizzato daAbacoarchitettura in collaborazio-ne con il Ministerio de Fomento eil Ministerio de Cultura spagnoli, ilDARC (Direzione perl’Architettura e l’Arte del Ministerodei Beni Culturali) il Comune diVicenza, l’Istituto Universitario diArchitettura di Venezia.La mostra riassume l’intera espe-rienza professionale di CampoBaeza che, nato a Valladolid nel1946, è oggi considerato uno deipiù creativi progettisti che operanoattualmente in Spagna e in Europae che, già a partire dagli anniSettanta si imponeva all’attenzioneinternazionale per l’uso minimali-sta e tuttavia raffinato dei mezziespressivi. La rassegna presenta unpercorso dalle prime opere, comela scuola di San Fermìn di Madriddel 1985 fino alle realizzazioni più

mature come il recente progettoper il museo Mercedes Benz in cuiil suo linguaggio intensifica la com-plessità e i riferimenti storici (daMies van der Rohe a LeCorbusier). La mostra rimarràaperta fino al 2 maggio, tutti igiorni escluso lunedì dalle 10 alle19. Altra esposizione da segnalare è inContra’ Porta S. Croce, allo studiod’arte Valmore che espone fino al12 giugno 2004 “Archigeometrie”di Marcello Morandini. Artista edesigner di fama internazionale,Morandini (Mantova, 1940) iniziala sua attività espositiva nel 1963.esperienza artistica molto partico-lare. Essa, infatti, sintetizza arte,architettura e design e li accomunacon un linguaggio matematico-geo-metrico, in curiose prospettive neo-optical, forzando i limiti dello spa-zio attraverso un uso ricercato delbianco e del nero.Gli orari di visita sono da martedìa sabato dalle 16 alle 19,30 o suappuntamento a 0444-322557

Tazio Cirri

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