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Università degli Studi di Verona – Facoltà di Giurisprudenza” Master di I° livello in Direzione delle Aziende Pubbliche Modulo I Le teorie organizzative Dott. S. Scarcella Prandstraller CORSO DI SOCIOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE 10 novembre 2006

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Università degli Studi di Verona – Facoltà di Giurisprudenza”Master di I° livello in Direzione delle Aziende Pubbliche

Modulo I Le teorie organizzative

Dott. S. Scarcella Prandstraller

CORSO DI SOCIOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE10 novembre 2006

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IL CONCETTO DI ORGANIZZAZIONE“E’ l’artefatto umano finalizzato al raggiungimento

di uno o più obiettivi” (A. Strati)“E’ la divisione del lavoro tra persone i cui sforzi

debbono essere coordinati per il raggiungimento di specifici obiettivi”. (Barns, Fogg e Stephens)

“E’ fondata sui seguenti presupposti:a) l’esistenza di uno scopo (mission);b) la razionalità cosciente (vision);c) la complessità dei compiti (complexity);d) la dimensione (dimension)”. (P. Carducci)“Si ravvisa nei principi di divisione e integrazione” (G. Capano)

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IL CONCETTO DI ORGANIZZAZIONE“E’ una modalità del comportamento umano

connaturata all’agire di fronte alla complessità. E’ insieme trama, artificio e scommessa” (P. Romei)

Trama= osservazione della realtà, rappresentazione percettiva di una selezione delle sue variabili e loro collegamento in una sequenza dotata di senso

Artificio= costruzione sociale della realtà in schemi cognitivi e percorsi logici e temporali che colleghino i vari elementi e riescano ad orientare l’azione

Scommessa= scelta di una particolare combinazione di risorse umane, finanziarie, strumentali, cognitive e tecnologiche, di vincoli e di opportunità, di tempi e di strategie realizzative per conseguire un dato risultato

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LA SOCIOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE“E’ la disciplina che ha lo scopo di comprendere, cioè

di rendere evidente il senso, e di spiegare, e cioè di trovare le cause dell’agire sociale all’interno delle organizzazioni, in modo da pervenire a conclusioni il più possibile generalizzate, comprovate e condivisibili”

“E’ la disciplina che ha come oggetto di studio la società dentro e fuori le singole organizzazioni ed è contraddistinta dal guardare alle relazioni sociali cui le collettività danno vita in esse e al di fuori di esse” (A. Strati)

I contribuiti della sociologia dell’organizzazione possono essere prescrittivi (che discutono e propongono particolari modelli ritenuti ottimali) o interpretativi (che esaminano le dinamiche sociali osservabili nelle organizzazioni, anche in rapporto a dati modelli)

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IL MANAGEMENT SCIENTIFICOAutore: Frederick Wilson TaylorContesto: Rivoluzione industriale avanzata. La grande

fabbrica di inizio novecento. La produzione di massa. Insufficienza del modello tradizionale dei foremen, basato su empiria, arbitrio, abuso e improvvisazione.

Paradigmi culturali: positivismo, metodo deduttivo, teoria economica neoclassica degli sbocchi, razionalità assoluta, modello deterministico. La scienza che assume il controllo dei fenomeni e risolve qualunque problema.

Obiettivi: aumentare l’efficienza produttiva sotto il profilo quantitativo. Minimizzare i costi e massimizzare i risultati. Trasformare il lavoro nella fabbrica in un flusso totale assoggettato a rigorose norme di funzionamento.

Metafora: l’organizzazione come una macchina.

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IL MANAGEMENT SCIENTIFICOProposte: 1) studio e progettazione dell’organizzazione del lavoro da

parte di esperti con metodo scientifico. 2) Ricerca della one best way con metodo deduttivo per

risolvere qualunque situazione o problema organizzativo.

3) Concentrazione del potere decisionale nel management.

4) Organizzazione scientifica e divisione parcellizzata dal lavoro per filiere e catene di montaggio.

5) Struttura gerarchica e rigida eterodeterminazione dei ruoli.

6) Scelta dell’ uomo giusto al posto giusto.7) Certezza e rigidità di regole e procedure.8) Incentivazione solo economica del personale e in

relazione all’aumento della produttività conseguito.

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IL MANAGEMENT SCIENTIFICOI PRINCIPI

• Studio scientifico dei metodi di lavoro:• Rigida separazione tra progettazione

ed esecuzione del lavoro• Misurazione di tempi e metodi

(scomposizione del lavoro umano nelle singole operazioni di base e sua ricostruzione secondo criteri oggettivi di efficienza)

• Task management (determinazione a priori del carico giornaliero di lavoro degli operai, con il risultato di consentire prestazioni standardizzate e con una resa prevedibile)

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IL MANAGEMENT SCIENTIFICOI PRINCIPI

B) Selezione e addestramento scientifico della manodopera

• Scelta del più adatto a ciascun tipo di lavoro e collocazione dell’uomo giusto al posto giusto (colloqui e test psicofisici)

C) Cooperazione tra direzione e manodopera• Vigenza di procedure certe e rigide ed esercizio

dell’autorità formale per far eseguire il lavoro secondo le regole stabilite

D) Distinzione dei compiti e distribuzione delle responsabilità• Certezza e chiara definizione di mansioni e responsabilità

di lavoratori, quadri e management (di tipo funzionale)E) Incentivazione pecuniaria• La minore gratificazione derivante dalla banalità e

ripetitività dei compiti è compensata da aumenti salariali

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IL MODELLO BUROCRATICOAutore: Max WeberContesto: La pubblica amministrazione degli stati liberali

del primo novecento. Spiegazione delle ragioni dell’affermarsi della burocrazia come prevalente modalità di organizzazione del lavoro amministrativo nella società moderna.

Paradigmi culturali: Divisione dei poteri. Stato di diritto. Avvento della democrazia di massa. Potere legale-razionale: supremazia della legge, legalità e neutralità dell’azione amministrativa. Tipicità e formalità dell’atto come garanzia.

Obiettivi: massima uniformità, rispondenza alla legge e prevedibilità dell’azione amministrativa. Parità di trattamento tra tutti i cittadini. Impersonalità dell’agire burocratico.

Metafora: l’organizzazione come piramide.

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IL MODELLO BUROCRATICOPRINCIPI

• 1) competenza di autorità definite per le diverse materie, disciplinata da leggi e regolamenti amministrativi;

• 2) gerarchia degli uffici, in un rigido sistema di sovraordinazione e subordinazione di organi ed autorità;

• 3) segreto di ufficio, con la conservazione nella sfera esclusiva dell’organizzazione di tutti gli atti relativi al funzionamento dei suoi apparati, sfera rigidamente separata e distinta da quella della vita privata dei funzionari;

• 4) preparazione specializzata dei funzionari, che li pone in una posizione di primato, se non di monopolio cognitivo rispetto ai cittadini;

• 5) carattere di professione a tempo pieno del lavoro dei funzionari e degli impiegati.

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IL MODELLO BUROCRATICO IL PUBBLICO IMPIEGO

• A) L’ufficio è una professione che richiede:• un titolo o un corso di studi predeterminato;• il superamento di prove di qualificazione concorsuale;• il dovere di fedeltà all’ufficio (lealtà ad uno scopo oggettivo

e impersonale e obbedienza ai ruoli superiori).• B) Il funzionario non possiede gli strumenti del suo lavoro,

ma questi gli sono forniti dall’organizzazione.• C) La carica ha durata vitalizia e si configura in una carriera.• D) La carica è ricompensata da uno stipendio fisso.• E) La carica si accompagna di solito ad un prestigio di ceto.

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IL MODELLO BUROCRATICO• Ogni potere decisionale nel merito è riservato al

vertice politico, che si identifica con il potere legislativo e con il governo (i ministri al vertice della piramide).

• La burocrazia funziona in modo impersonale e paragiurisdizionale. Come il potere giudiziario:

• deve limitarsi ad applicare la legge in modo uniforme e imparziale ed avere procedure rigide e formali;

• non deve prendere iniziative d’ufficio, ma intervenire solo a seguito di istanze scritte dei cittadini;

• deve assicurare più livelli gerarchicamente ordinati di valutazione e decisione dell’istanza.

3) Quando la legge si presta a più interpretazioni, si deve valere delle circolari, della prassi e del precedente.

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IL MODELLO BUROCRATICO4) l’organizzazione è gerarchico-piramidale: la decisione di

una pratica deve passare attraverso diversi livelli di supervisione e giungere alla decisione finale del vertice;

5) i saperi legittimi sono quelli di tipo giuridico perché ad ogni livello si verifica la conformità della decisione alla legge;

6) la capacità professionale del funzionario cresce attraverso l’esperienza nell’aver affrontato un maggior numero di casi e l’interiorizzazione di norme, circolari, prassi e precedenti; si eleva quindi dalla base al vertice della piramide, secondo il principio dell’ onniscenza gerarchica;

7) I funzionari al medesimo livello gerarchico sono fungibili e sostituibili indifferentemente tra loro negli incarichi;

8) si recluta per prove di concorso su materie giuridiche e le carriere procedono essenzialmente per anzianità:

“L’anzianità rappresenta un fattore oggettivo di garanzia e trasparenza in una procedura concorsuale interna”

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IL MODELLO BUROCRATICOLE AMBIVALENZE

1) Se la burocrazia è funzionale alla democrazia passiva, permettendo di estendere la sfera di effettività di diritti e doveri, contiene in sé elementi che ostacolano la democrazia attiva, intesa come effettiva partecipazione alle decisioni.

2) La burocrazia, grazie alla sua posizione e monopolio cognitivo, tende ad acquisire un potere ed un’autonomia propri, che difende da interferenze esterne e dalla stessa autorità politica, in nome di suoi interessi e logiche di conservazione.

3) La burocrazia è tanto più perfetta, quanto più si “disumanizza” e rende i rapporti impersonali e anonimi, ma il burocrate acquisisce a tal fine un habitus mentale di tecnicismo, linguaggio settoriale, legalismo, deformazione professionale, accettazione indiscussa della gerarchia e remissione della responsabilità di ogni decisione sui livelli superiori.

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LE HUMAN RELATIONSAutori: Elton Mayo, Fritz Roethlisberger Contesto: Le ricerche sperimentali presso gli stabilimenti

Hawthorne della Western Electric (1927-1932) su:1. I fattori che favoriscono il rendimento lavorativo; 2. i motivi di lamentela e soddisfazione dei lavoratori; 3. i fattori di solidarietà o di antagonismo informale.Paradigmi culturali: le scienze sociali integrano con il

proprio apporto il modello del “management scientifico”. Il metodo induttivo affianca quello deduttivo: si parte dall’osservazione dei fenomeni con la metodologia della ricerca sociale per trarne delle ipotesi. Si passa dalla lettura deterministica a quella probabilistica dei comportamenti.

Obiettivi: migliorare il livello di performance migliorando le relazioni umane nel gruppo di lavoro ed instaurando un clima positivo ed una supervisione amichevole.

Metafora: l’organizzazione come insieme di gruppi.

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LE HUMAN RELATIONSLE SCOPERTE

1) Ad incidere sulla produttività non sono solo l’organizzazione e l’ambiente fisico di lavoro, ma anche il “fattore umano”.

2) Le persone dimostrano una diversa capacità di impegno sul lavoro a seconda delle relazioni interpersonali esistenti all’interno dei gruppi.

3) L’organizzazione formale, con norme e ruoli, non può predeterminare completamente i comportamenti umani.

4) Accanto ad una organizzazione formale, ne esiste anche una informale, che deriva dallo spontaneo riconoscimento di competenze di natura tecnica e/o socio-affettiva.

5) l’incentivo economico non basta a superare l’alienazione: si deve agire sul miglioramento dell’ambiente di lavoro.

6) I piccoli gruppi sono a loro volta sistemi sociali dotati di norme e regole ed hanno un ruolo determinante nel coinvolgimento delle risorse umane negli obiettivi dell’organizzazione.

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IL FUNZIONALISMOAutori:Talcott Parsons, Robert Merton, Alvin Gouldner,

Philip SelznickContesto: Anni 30-60. Studi di antropologia sociale e

sociologia. Le funzioni intese come i contributi delle varie istituzioni per soddisfare i bisogni dell’uomo e mantenere le condizioni di esistenza della vita sociale del gruppo.

Paradigmi culturali: teoria della società onnicomprensiva, consensuale ed armonica. La società è un sistema unitario composto di parti interdipendenti. La convivenza sociale si basa sull’esistenza di un modello prevalente di valori. Ogni istituzione contribuisce a garantire l’equilibrio e la riproduzione adattativa e dinamica del sistema.

Obiettivi: comprendere e spiegare le dinamiche della società e delle organizzazioni.

Metafora: l’organizzazione come sistema sociale.

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IL FUNZIONALISMOLE SCOPERTE DI PARSONS

1) La società è un sistema generale costituito da più sistemi che interagiscono tra loro, al cui interno operano ulteriori sottosistemi, con scambi di input e output.

2) Le organizzazioni sono a loro volta sistemi, contraddistinti da gerarchie e ruoli formali e da un orientamento prevalentemente strumentale ad un fine specifico.

3) Ogni organizzazione ha un proprio output, che è insieme scopo dell’organizzazione e funzione per il sistema sociale.

4) I sistemi di qualunque livello sono legittimati a funzionare solo se e in quanto accettano il modello di valori fornito dal livello sistemico superiore e perseguono scopi ad esso conformi.

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IL FUNZIONALISMOLE SCOPERTE DI PARSONS

5) Qualunque organizzazione o sistema sociale, per garantire la propria sopravvivenza, deve:

• Reperire e adattare le risorse necessarie a raggiungere i suoi fini istituzionali (funzione economica);

• Determinare tali fini e perseguirli in modo coerente (funzione strategica);

• Mantenere dei modelli culturali di riferimento, stabilizzare le tensioni interne e motivare i propri appartenenti a rimanere nel sistema e ad operare nel modo richiesto (funzione di latenza);

• Mantenere un adeguato livello di integrazione interna con la socializzazione e la condivisione di valori e regole di cooperazione (funzione di integrazione).

Tuttavia …

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IL FUNZIONALISMOLE SCOPERTE DI MERTON

A) Può esserci una differenza tra il significato che i soggetti agenti attribuiscono alle proprie azioni e le funzioni sistemiche che quelle azioni possono esercitare.

B) Le stesse funzioni possono essere svolte da più istituzioni.C) La stessa istituzione può svolgere diverse funzioni.D) Queste funzioni non sono sempre quelle previste ed

auspicate. Si può infatti distinguere tra:E) Funzioni manifeste = quelle conseguenze oggettive,

volute e ammesse dai soggetti agenti, per produrre le quali l’organizzazione esiste e che contribuiscono a rendere efficiente e adeguato il sistema.

F) Funzioni latenti = quelle conseguenze oggettive che non sono volute, né ammesse dai soggetti agenti, producono conseguenze inattese e possono dare origine a disfunzioni nell’organizzazione e/o nel sistema.

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IL FUNZIONALISMOLA BUROCRAZIA SECONDO MERTON

Funzioni manifeste:1) Offrire ai cittadini un trattamento equo ed

imparziale, perseguendo con efficienza, prevedibilità e riservatezza gli scopi istituzionali dell’organizzazione.

2) Prevenire possibili occasioni di conflitto tra i funzionari, dando loro regole e riferimenti certi e favorendo la loro massima identificazione con gli scopi istituzionali.

Funzioni latenti (trasposizione delle mete):1) Incapacità addestrata2) Ritualismo burocratico 3) Ultraconformismo

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IL FUNZIONALISMOLA BUROCRAZIA SECONDO MERTONCome operano le funzioni manifeste?

• I funzionari sono invitati ad attenersi scrupolosamente alle norme e nei casi dubbi la struttura emana delle “circolari” per dare l’interpretazione corretta e ufficiale.

• I funzionari devono addestrarsi nelle procedure che l’esperienza ha indicato come le più adatte, i “precedenti”.

• Le procedure, quando non sono formalmente disciplinate, vengono costruite sui “precedenti” e sono standardizzate in “prassi” con modalità ripetute in modo costante e uniforme nel tempo, per evitare il rischio di trattamenti differenziati in casi analoghi.

Tutto questo va bene se la realtà sociale, i problemi e gli obiettivi dell’organizzazione rimangano invariati nel tempo.

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IL FUNZIONALISMOLA BUROCRAZIA SECONDO MERTON

Come si manifestano le funzioni latenti?Se invece la realtà sociale muta, si pongono problemi inediti o

cambiano gli obiettivi o le priorità dell’organizzazione? • Tutto l’apparato di tecniche, abitudini e riferimenti a

procedure e prassi consolidate viene messo in crisi.• L’esperienza accumulata dai più anziani in anni di

applicazione del precedente perde qualunque valore e diviene fuorviante.

• Un addestramento ad attenersi scrupolosamente alla circolare, alla prassi ed al precedente si traduce in mancanza di flessibilità nell’applicazione delle norme alla realtà e in mancato adattamento alle esigenze concrete e attuali del sistema.

- Si manifesta la funzione latente della “incapacità addestrata” di adattamento al nuovo.

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IL FUNZIONALISMO• Il porre le regole al primo posto nella scala dei valori fa

perdere di vista i fini reali dell’organizzazione.• Le condizioni che normalmente portano all’efficienza

producono invece in concreto inefficienza.• Le regole diventano simboliche anziché finalizzate.- Si manifesta la funzione latente del “ritualismo

burocratico”• L’efficace funzionamento di una organizzazione dipende

dalla capacità di infondere nei suoi membri i sentimenti e gli atteggiamenti più appropriati in relazione ai suoi obiettivi.

• Nelle burocrazie può accadere che questi sentimenti siano più intensi di quanto tecnicamente necessario.

• L’adesione alle regole, ala forma, ai modelli ed alla gerarchia, concepiti in origine come mezzi, diventa fine a sé stessa.

- Si manifesta la funzione latente dell’ “ultraconformismo”

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IL FUNZIONALISMOLA BUROCRAZIA SECONDO MERTON

I problemi nuovi ed i casi dubbi o anomali, invece di essere risolti con un intervento più elastico e meno orientato alla lettera della legge, producono nel burocrate:

1) Il timore di comportarsi in maniera difforme dalla norma.2) Una spasmodica e infruttuosa ricerca del precedente.3) Ansia e frustrazione.4) Paralisi.5) Un ingigantimento sproporzionato delle difficoltà.6) Il tentativo di riversare la responsabilità della decisione

sui livelli superiori (es. il “quesito”).7) Il rallentamento indefinito della soluzione della pratica.

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IL FUNZIONALISMOIL CONFLITTO TRA BUROCRATE E UTENTE PER MERTON• Vi è un irriducibile contrasto tra il modo di procedere del

burocrate e le aspettative dell’utente.• Il ruolo del burocrate ruota intorno al valore

dell’impersonalità ed al dovere di categorizzare in una fattispecie giuridica precostituita i problemi degli utenti.

• Il cittadino-utente si sforza invece di mettere in evidenza quelli che gli sembrano gli aspetti particolari e unici del suo problema e si scontra inevitabilmente con il comportamento stereotipato del burocrate, che riduce il suo caso ad una pratica da trattare come tutte le altre secondo regole e prassi consolidate, che tendono a mantenersi inalterate nel tempo, anche a dispetto dei cambiamenti sociali e delle esigenze concrete.

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IL FUNZIONALISMOLA BUROCRAZIA SECONDO GOULDNER

La burocrazia è un modello minato alla base da una contraddizione insanabile tra i principi di disciplina e di competenza, e dalla forzata compresenza di due tipi di autorità basati su presupposti diversi:

A) l’autorità legale, fondata sulle norme, sulle procedure e sul principio della disciplina gerarchica, che porta le persone alla decisione sulla base di schemi precostituiti, alla negazione della discrezionalità ed alla dipendenza;

B) l’autorità razionale, fondata su di un’elevata competenza professionale, che porta le persone ad operare con l’autonomia derivante dalla padronanza delle conoscenze necessarie per disimpegnare il compito assegnato e quindi, con un alto grado di discrezionalità.

Si tratta in realtà di due distinti modelli, il primo più congeniale alle attività più ripetitive e povere di variabili e contenuti professionali e il secondo a quelle più ricche di entrambi.

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IL FUNZIONALISMOL’ORGANIZZAZIONE BUROCRATICA SECONDO SELZNICK

• Esistono dei meccanismi impersonali inerenti il funzionamento delle organizzazioni che impongono scelte orientate alla tutela della struttura, piuttosto che al perseguimento degli scopi per cui la struttura è stata istituita. Ciò può dare luogo a processi degenerativi provocati dalla tirannia dei mezzi sui fini.

• La costituzione di unità organizzative e la stessa divisione per funzioni all’interno dell’organizzazione burocratica creano i presupposti per il generarsi di obiettivi divergenti e contrastanti

• Vi sono forze tangenziali che interferiscono nella linea di azione dell’organizzazione, condizionandone strategie e fini.

• L’organizzazione deve giungere a compromessi con l’insieme diversificato dei centri di potere dell’ambiente esterno per riuscire a sopravvivere e continuare ad operare.

• L’organizzazione è a sua volta in grado di alterare i rapporti di forza esistenti nel proprio contesto di riferimento, modificando anche sensibilmente l’ambiente esterno e i suoi equilibri.

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LA TEORIA DELLE DECISIONIAutori: Chester Barnard, Herbert SimonContesto: Anni 50-70. Studi di economia e

management aziendale. Paradigmi culturali: Homo Oeconomicus. La

complessità come molteplicità di variabili. Razionalità limitata. Logica probabilistica nelle decisioni. Elementi di fatto e di valore. Le economie cognitive. Il “teorema della margherita”.

Obiettivi: comprendere le dinamiche organizzative osservando come e sulla base di quali elementi i singoli ed i gruppi prendono le decisioni e risolvono concretamente i problemi.

Metafora: l’organizzazione come “sistema cooperativo” (Barnard) e come “dilemma tra spinte conservative e innovative” (Simon).

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LA TEORIA DELLE DECISIONI

LE SCOPERTE DI BARNARD• Ogni volta che si vogliano raggiungere obiettivi che

superano le capacità dei singoli individui, occorre costituire un sistema cooperativo che per funzionare esige:

• il consenso di tutti gli individui che ne fanno parte;• la divisione funzionale del lavoro.• Il fine dell’organizzazione non è mai riconducibile alla

somma dei moventi individuali e non ha di per sé alcun significato per l’individuo.

• Ciò che ha significato per il singolo è la relazione che ha con l’organizzazione, i sacrifici che questa gli impone ed i benefici che gli assicura.

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LA TEORIA DELLE DECISIONILE SCOPERTE DI BARNARD

• Con il personale di tutti i livelli si crea un rapporto di transazione tra i contributi attesi e gli incentivi promessi.

• E’ solo l’instaurazione di una cooperazione efficace che permette di moltiplicare il valore dei contributi individuali.

• La pretesa dell’organizzazione di ottenere dagli individui una completa identificazione con i suoi fini è irrealistica e inconsistente.

• Gli individui hanno spazi privati e lealtà molteplici, che si sottraggono al dominio di una sola organizzazione.

• Il management deve quindi porsi l’unico traguardo concretamente praticabile: gestire il rapporto tra contributi e incentivi in modo tale che i dipendenti aumentino il più possibile la sfera della propria disponibilità a venire incontro alle esigenze dell’organizzazione, dedicandovi il massimo dell’impegno e delle energie.

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LA TEORIA DELLE DECISIONILE SCOPERTE DI SIMON

• Consegue il premio Nobel per l’economia nel 1978 per le sue ricerche sui processi di decisione nelle organizzazioni

• La teoria economica classica presupponeva che il decisore fosse un soggetto perfettamente razionale, operante in base a criteri di ottimizzazione dei risultati, e che quindi:

• conoscesse perfettamente tutte le possibili alternative di azione in una data situazione;

• potesse prevedere senza errori tutte le conseguenze della scelta di una determinata alternativa;

• avesse un sistema completo e coerente di preferenze.• Simon, con le sue ricerche empiriche nelle organizzazioni

economiche, riesce a smentire tali affermazioni

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LA TEORIA DELLE DECISIONILE SCOPERTE DI SIMON

• Per studiare il comportamento umano nelle organizzazioni è necessario partire non dall’organizzazione, considerata come una struttura che prescrive dei ruoli, ma dagli uomini che agiscono al suo interno e dalle loro decisioni.

• L’uomo non dispone di una razionalità assoluta, ma piuttosto di una razionalità limitata, a causa dei limiti oggettivi della conoscenza, dell’impossibilità di disporre di tutte le informazioni utili, di considerare contemporaneamente troppe variabili e di prevedere tutte le possibili conseguenze.

• L’uomo non decide sempre in base a criteri di ottimizzazione dei risultati da conseguire per l’incertezza interna ad ogni gerarchia di preferenze, il peso di convinzioni culturali e condizionamenti sociali e la disposizione mentale di quel particolare momento.

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LA TEORIA DELLE DECISIONILE SCOPERTE DI SIMON

• Le decisioni non sono prese secondo il criterio astratto della razionalità assoluta e della massima efficienza, ma secondo quello più concreto della ragionevolezza;

• Non si possono voler considerare tutte le possibili variabili (delirio di onnipotenza), né rinunciare del tutto ad esaminarne (affidamento in balia del caso), ma si devono saper di volta in volta selezionare gli elementi più significativi.

• Non occorre trovare la “one best way”, ma la prima soluzione che permette di risolvere il problema in modo soddisfacente.

• Le persone decidono non solo in base a elementi di “fatto”, e cioè di effettiva ottimizzazione dei risultati della scelta, ma anche di elementi di “valore”, che derivano dalle loro preferenze personali e in generale da motivazioni di carattere psicologico, affettivo, sociale e culturale.

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LA TEORIA DELLE DECISIONILE SCOPERTE DI SIMON

• Non esistono principi e regole universalmente valide, dotate di razionalità assoluta, ma solo certezze provvisorie e successive, che si determinano tramite la formulazione di ipotesi e la loro verifica con l’esperienza.

• Le organizzazioni devono poter disporre di un repertorio di soluzioni che abbiano dato una buona prova in determinate circostanze, anche se devono tener ben presente che in circostanze diverse potrebbero non avere successo.

• L’organizzazione è la risultante nel tempo di un albero di decisioni tutte limitatamente razionali.

• L’organizzazione vive fisiologicamente nel dilemma tra spinte conservative e adattative: le routines e le prassi le consentono importanti economie cognitive, ma per evitare gli inconvenienti della ”incapacità addestrata” deve imparare ad evolversi e ad apprendere dai propri errori.

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INCREMENTALISMO Autori: Lindblom, Wildawsky, Allison, AxelrodContesto: Anni 50-70. Studi politologici e sulle politiche

pubbliche. Paradigmi culturali: Razionalità plurima ed ex post.

Esistono non una, ma molte razionalità, tanti quanti sono i codecisori. La decisione è il frutto della negoziazione e del compromesso tra interessi divergenti o contrastanti, e non risponde pienamente a nessuno degli orientamenti iniziali. La sua razionalità in termini unitari può essere ricostruita fittiziamente soltanto ex post. Il paradosso dell’intelligenza della democrazia: il negoziato molto spesso consente di giungere a soluzioni più soddisfacenti e meno rischiose.

Obiettivi: comprendere come vengono formulate le decisioni organizzative e le politiche pubbliche.

Metafora: l’organizzazione come ”mutual partisan adjustment” o come luogo e conseguenza del negoziato.

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INDETERMINISMOAutori: March, Olsen, CyertContesto: Anni 50-70. Studi politologici e sulle politiche

pubbliche. Paradigmi culturali: Razionalità inesistente ed ex

post. La maggior parte delle decisioni viene presa in modo del tutto casuale o emozionale, per far vedere che si è comunque fatto qualcosa per un certo problema o nell’intento di perseguire obiettivi ben diversi da quelli dichiarati. Sono spesso le soluzioni già esistenti sul mercato a trovare i problemi da risolvere e non viceversa. La razionalità delle decisioni viene ricostruita fittiziamente soltanto ex post.

Obiettivi: comprendere come vengono formulate le decisioni organizzative e le politiche pubbliche.

Metafora: L’organizzazione come “arena” o come “risorsa” oggetto di spartizioni. Il “garbage can” o cestino dei rifiuti.

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TEORIE DELLA MOTIVAZIONEAutori: F. Herzberg, A. Maslow, D. Mc. Gregor, C. ArgyrisContesto: Anni 50-80. Studi e consulenze aziendali di

psicologia del lavoro. Paradigmi culturali: Il fattore umano come portatore di

complessità. La soggettività lavorativa. Cultura di coppia, di gruppo e di collettivo. Il clima organizzativo. La ricerca psico-sociale. Interventi di empowerment e sviluppo organizzativo: le organizzazioni possono crescere e migliorare solo nella misura in cui riescono a motivare, sviluppare e valorizzare le proprie risorse umane. Le scelte organizzative per avere successo devono coinvolgere le persone ai vari livelli.

Obiettivi: rendere conciliabili i bisogni materiali e psicologici dell’uomo con le esigenze dell’organizzazione.

Metafora: L’organizzazione come luogo dell’autorealizzazione e del pensiero duale (della coesistenza non conflittuale della dimensione oggettiva con quella soggettiva).

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TEORIE DELLA MOTIVAZIONELA SCALA DEI BISOGNI DI MASLOW

1) Bisogni di autorealizzazione alto

2) Bisogni di autonomia e di stima a) considerazione di sé (autonomia e affermazione) b) riconoscimento degli altri (status)3) Bisogni di socialità e di appartenenza4) Bisogni di sicurezza (personale, di impiego, ecc.)5) Bisogni fisiologici (connessi alla sopravvivenza)

basso• Non si può passare alla soddisfazione di un bisogno

superiore se non si è prima appagato quello al gradino precedente più in basso nella scala e una volta che ciò è avvenuto il nuovo bisogno sostituisce il precedente.

• Passare da un gradino della scala ad uno più in alto costituisce sviluppo ed è di per sé premiante.

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TEORIE DELLA MOTIVAZIONEI FATTORI IGIENICI E I FATTORI MOTIVANTI DI HERZBERG• I fattori che producono soddisfazione sul lavoro e quindi

motvazione sono separati e distinti da i fattori che causano l’insoddisfazione e quindi tali sensazioni non sono opposte

• Si può quindi distinguere tra fattori igienici, che segnano l’area tra l’insoddisfazione e la non soddisfazione e fattori motivanti che stanno tra questa e la soddisfazione.

• Nelle organizzazioni i primi si identificano con le condizioni e le caratteristiche dell’ambiente di lavoro e la retribuzione, mentre i secondi nel contenuto del lavoro in sé e nella sua capacità di procurare una crescita psicologica della personalità.

• Per ottenere motivazione si deve puntare su un contenuto del lavoro che consenta successo e sviluppo personale attraverso l’arricchimento dei compiti assegnati, l’affidamento del ciclo completo, più autonomia, la possibilità di specializzarsi e la supervisione non sulla prestazione, ma sul risultato finale.

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TEORIE DELLA MOTIVAZIONELA TEORIA “Y” DI MC. GREGOR

Ci sono due diverse teorie nella gestione delle risorse umane:

• La teoria “X”, fondata sulla sfiducia nelle persone, che considera il lavoro come una imposizione ed è sottesa alla prassi dominante ed al comportamento più diffuso e radicato, che si esprime in una gestione improntata sulla gerarchia e il controllo direttivo sui comportamenti.

• La teoria “Y”, fondata sulla fiducia, che considera l’impiego di energie fisiche e mentali nel lavoro come naturale come lo svago o il riposo, in cui il singolo esercita l’autodisciplina e l’autocontrollo, impara ad assumersi la responsabilità dei risultati, è incoraggiato a fare uso di creatività ed inventiva ed ha il suo spazio e il diritto a far valere le sue aspirazioni.

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TEORIE DELLA MOTIVAZIONEORGANIZZAZIONE E PERSONALITA’ DI ARGYRIS

Il processo di crescita psicologica dell’individuo consiste nel passaggio dallo stato di infanzia a quello di maturità, con alcune trasformazioni fondamentali:

1) da uno stato di passività ad uno di attività e ricerca;2) da uno stato di dipendenza e irresponsabilità ad uno di

relativa indipendenza e responsabilità delle proprie azioni;

3) da pochi e rituali modi di comportamento a più modi;4) da prospettive a breve termine a prospettive più lunghe;5) da una mancanza di consapevolezza all’autocoscienza;6) da una posizione subordinata ad una di uguaglianza.Non è però affatto scontato che lo stato adulto venga

sempre e pienamente realizzato. Spesso sono proprio le organizzazioni di tipo gerarchico e formale a impedire lo sviluppo delle caratteristiche dell’età adulta ed a condannare le persone a rimanere indefinitamente in uno stato regredito ed infantile.

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LE TEORIE SISTEMICHEAutori: J.W. Forrester, E.L. Tist, K.W. Bamforth, J. Woodward, C.

Perrow, J. Thompson, H. MintzbergContesto: Anni 60-80. Studi di cibernetica e teoria generale

dei sistemi. Il M.I.T. di Boston e il Tavistock Inst. di Londra.Paradigmi culturali: Il pensiero sistemico. Le organizzazioni

sono concepite come sistemi sociali e tecnologici aperti inseriti in un contesto più ampio, l’ambiente, cui sono legate da rapporti e scambi in entrata (input) e in uscita (output) e reciproche retroazioni (feedback). Ciascuna organizzazione è a sua volta costituita da un insieme di sottosistemi aggregati e interconnessi tra loro in modo non casuale. La “ricerca-intervento” come strumento per trovare l’assetto più adatto.

Obiettivi: comprendere i rapporti tra il sistema organizzazione e il suo ambiente, tra il sistema e i sottosistemi organizzativi, gli aspetti dinamici e di controllo del sistema (circuiti di retroazione o feedback), la causalità e funzionalità nel sistema (il pensiero circolare sostituisce il pensiero lineare).

Metafora: L’organizzazione come sistema sociale complesso.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’APPROCCIO SOCIO-TECNICO

• L’organizzazione è un sistema che integra due diversi sottosistemi: quello tecnologico e quello sociale.

• Ci sono quindi variabili tecniche (impianti e tecnologie, sistema informativo, know how professionale) e variabili sociali (organizzazione formale e informale, norme e ruoli, relazioni interpersonali e di gruppo, clima organizzativo).

• L’equilibrio del sistema va ricercato negli interscambi con il contesto, per cui hanno particolare importanza gli elementi con funzione di interfaccia con l’ambiente esterno.

• Non è vero che la tecnologia impiegata imponga necessariamente un certo modello organizzativo; è invece possibile scegliere il modello più adatto per conciliare le esigenze tecniche con le esigenze sociali del sistema.

• Più l’ambiente è turbolento, più le attività autoregolate e flessibli devono sostituire quelle semplici e ripetitive.

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LE TEORIE SISTEMICHELA TEORIA DELLE CONTINGENZE

• Le decisioni organizzative non vanno affrontate con schemi rigidi, ma richiedono di volta in volta la scelta della soluzione più adatta alle esigenze correnti attraverso un’analisi situazionale che consideri:

• le variabili interne: tecnologie e dimensioni• le variabili esterne: caratteristiche dell’ambiente.• La tecnologia influenza l’organizzazione, ma ne

condiziona interamente la struttura solo se questa è piccola.

• La tecnologia ha un’influenza limitata sulle grandi organizzazioni, perché in esse ci sono vasti settori che non hanno alcuna connessione diretta con la produzione.

• Le strutture sono determinate dalle interazioni richieste per il funzionamento di una data tecnologia e dalle eccezioni richieste per lo svolgimento dei compiti connessi, che richiedono l’impiego di una tecnologia differente.

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LE TEORIE SISTEMICHEI LIVELLI DELL’ORGANIZZAZIONE SECONDO J. THOMPSON

• L’ambiente esterno è la principale fonte di incertezza che le organizzazioni cercano di fronteggiare con tecnologie diverse.

• All’interno delle organizzazioni esistono delle disomogeneità dovute alla differente esposizione delle varie componenti alle incertezze e turbolenze dell’ambiente.

• In ogni organizzazione esiste un “nucleo duro” preposto alle operazioni più consolidate, che si sottrae il più possibile alle incertezze ambientali, opera secondo il principio della “razionalità tecnica”, della conservazione e della routine e funziona in base ad alcune variabili conosciute e controllate.

• Al confine esterno dell’organizzazione opera il “livello istituzionale”, che si confronta con le sfide dell’ambiente e deve sviluppare strategie di sopravvivenza e innovazione.

• Tra i due si colloca il “livello manageriale”, con una funzione di mediazione, che seleziona gli inputs del “livello istituzionale” e preme sul “nucleo duro” per ottenere le modifiche ritenute effettivamente necessarie per farvi fronte.

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LE TEORIE SISTEMICHEI TIPI DI TECNOLOGIA SECONDO J.THOMPSON

a) Le tecnologie a collegamento lineare (long linked), che comportano una sequenza di operazioni connesse in modo seriale, come nei reparti di produzione delle imprese.

b) Le tecnologie di mediazione (mediating), che consistono nell’estensione di una rete di utenza secondo modalità standardizzate, e sono tipiche delle grandi burocrazie.

c) Le tecnologie intensive (intensive), che comportano delle interazioni dirette tra il cliente-utente e chi usa la tecnologia. Il cliente-utente entra a far parte del processo dell’organizzazione, al cui esito deve egli stesso collaborare con il proprio comportamento. Vi rientrano tutti i servizi alle persone o alle imprese. Sono le tecnologie meno standardizzate e ripetitive.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’ANALISI ORGANIZZATIVA DI H. MINTZBERG

• La struttura organizzativa varia in funzione del variare di una serie di fattori (tecnologia, dimensioni, ambiente, ecc.).

• Una progettazione organizzativa ottimale ha luogo solo riconoscendo alcune “contingenze” come strategiche.

• L’acquisizione della conoscenza di questi elementi costituisce l’oggetto dell’analisi organizzativa, che si articola nell’analisi delle variabili dell’ambiente interno (prodotti, processi di lavoro, tecnologie, persone, strutture) e di quelle dell’ambiente esterno (grado d stabilità e prevedibilità dell’ambiente, vincoli, opportunità, minacce).

• La progettazione non deve essere quindi mai casuale o arbitraria, ma fondata sulla conoscenza delle variabili più rilevanti ed obbedire ad una logica sistematica e rigorosa.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’ANALISI ORGANIZZATIVA DI H. MINTZBERG

1) Le “configurazioni organizzative” sono modelli complessi e completi di funzionamento costituiti da un insieme coerente ed organico di “caratteristiche” o “parametri”, corrispondenti agli specifici “fattori situazionali” da affrontare.

2) Esistono 5 tipi puri di “configurazione organizzative” :3) La struttura semplice:si basa sul meccanismo della

supervisione diretta e sull’accentramento nel vertice delle varie funzioni; è adatta alle organizzazioni piccole, appena costituite, temporanee, emergenziali o carismatiche.

4) La burocrazia meccanica: si basa sulla standardizzazione dei prodotti e dei processi di lavoro; è adatta quando le dimensioni dell’organizzazione rendono la supervisione diretta non più sufficiente.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’ANALISI ORGANIZZATIVA DI H. MINTZBERG

• Nella burocrazia meccanica la “tecnostruttura”, l’insieme dei tecnici, definisce i modi di lavorare (programmazione, processi, tempi, metodi, sistema informativo), mentre la parte più consistente del “nucleo operativo”, che fornisce le prestazioni fondamentali dell’organizzazione, è formata da addetti a mansioni ripetitive e senza discrezionalità.

3) La burocrazia professionale:il meccanismo di coordinamento non si esercita sulla standardizzazione delle procedure di lavoro, ma delle competenze professionali dei dipendenti, che applicano “tecnologie intensive”. Il “nucleo operativo” è costituito da professionisti dipendenti, che operano con ampi margini di discrezionalità ed iniziativa personale e sono valutati dagli utenti più che dalla stessa organizzazione. Richiede un adeguato “staff di supporto”, che garantisca la continua disponibilità di risorse e provveda ai servizi ed alle necessità del “nucleo operativo”.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’ANALISI ORGANIZZATIVA DI H. MINTZBERG

4) La soluzione divisionale: consiste nella standardizzazione non dei processi di lavoro, né delle competenze, ma dei risultati (output). A risponderne è la “linea intermedia”, costituita dai dirigenti del livello operativo, che ricevono degli obiettivi ed hanno un’ampia autonomia sulle modalità per il loro raggiungimento (MBO o “gestione per obiettivi”).

5) La soluzione adhocratica: il coordinamento si esercita mediante un adattamento reciproco, con un meccanismo non gerarchico, immediato e informale. L’organizzazione è strutturata secondo modelli “per progetti” o “a matrice”, con gruppi di lavoro molto affiatati di specialisti che operano su obiettivi specifici, con assenza quasi totale di gerarchia e pronunciata attitudine alle innovazioni ed all’esplorazione di soluzioni nuove e non predefinite.

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LE TEORIE SISTEMICHEL’ANALISI ORGANIZZATIVA DI H. MINTZBERG

1. Le cinque tipologie di “configurazione organizzative” seguono un ordine progressivo di aumento dei margini di iniziativa individuale nell’esecuzione del lavoro:

2. Controllo personale e continuo;3. Controllo burocratico sulle modalità standard di

esecuzione;4. Controllo sulle capacità professionali;5. Controllo sulla corrispondenza tra obiettivi e risultati;6. Controllo interiorizzato nei componenti del team.Ciascuna delle configurazioni, secondo l’approccio

“contingency” di Mintzberg, è una risposta coerente dell’organizzazione alle contingenze situazionali in cui opera.

• La burocrazia meccanica, pur essendo destinata a ridursi nel tempo a vantaggio di quella professionale, resta la modalità più adatta in tutte le situazioni in cui vi sia l’esigenza di realizzare prodotti e servizi standardizzati.

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L’ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONEAutori: Oliver E. Williamson, William Ouchi

Contesto: Anni 70-80. Studi di macroeconomia.Paradigmi culturali: Le organizzazioni sono concepite

come strutture di governance, il cui problema fondamentale è quello di stipulare transazioni affidabili ed efficienti. La transazione come trasferimento di un bene o di un servizio che comporta uno scambio di “valore” tra le parti.

Obiettivi: comprendere l’assetto dell’organizzazione come definito dall’insieme delle transazioni che stipula e delle conseguenti strutture di governo per controllarne l’esecuzione. Comprendere i meccanismi di funzionamento e il grado di efficienza di un’organizzazione sulla base della valutazione dei costi di transazione e delle reti transazionali che si stabiliscono su di un dato territorio.

Metafora: L’organizzazione come “rete”. Essa non è più limitata alla sua struttura, ma include qualsiasi modello tendenzialmente stabile di transazione con l’ambiente.

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L’ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONEIL MODELLO DI WILLIAMSON

• L’organizzazione si compone di due distinti elementi:• La struttura formale, definita “burocrazia” o

“gerarchia”;• I rapporti di natura transazionale, chiamati “mercato”.• “Gerarchia” e “mercato” vengono intesi come gli

estremi di un continuum: nel mercato sono i prezzi a governare le transazioni, mentre con la “gerarchia” alcune transazioni vengono “internalizzate”.

• Nelle forme più pure, la “gerarchia è un ordine sociale basato sulla totale intenzionalità delle azioni, mentre il “mercato” è un ordine probabilistico basato sull’equilibrio naturale tra la domanda e l’offerta.

• Nei concreti rapporti sociali, il “mercato” ha bisogno di un minimo di organizzazione, e all’interno di ogni organizzazione esiste almeno un minimo di mercato.

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L’ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONEIL MODELLO DI WILLIAMSON

• Esistono quindi organizzazioni che sono dei “quasi mercati” e dei mercati che sono delle “quasi- organizzazioni”.

• Le organizzazioni, per realizzare i beni e i servizi necessari al perseguimento dei propri fini, hanno l’alternativa tra il ricorso alla burocrazia ed al lavoro dipendente e il ricorso al mercato, con la stipula di transazioni (“make or buy”).

• La realizzazione in proprio del bene o servizio, finale o strumentale, ha un “costo di produzione”, che comprende l’internalizzazione di know how, risorse umane, tecnologiche e strumentali e il loro mantenimento nel tempo.

• L’acquisto sul mercato ha un “costo di transazione”, che include, oltre al corrispettivo, il conflitto di interessi tra le parti, la difficoltà nel reperire informazioni e l’incertezza del futuro.

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L’ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONEIL MODELLO DI WILLIAMSON

• Al posto dell’organizzazione di tipo tradizionale con una gerarchia rigida, regole certe e confini netti, si afferma un’organizzazione flessibile e multiforme, dai confini ambigui e mutevoli, l’”organizzazione-rete”, che è a sua volta “rete di organizzazioni”, con obiettivi sui quali si crea condivisione attraverso lo scambio di risorse materiali e simboliche

• La tecnologia non determina necessariamente la struttura, perché può essere importata ed esportata attraverso internalizzazione o esternalizzazione (“outsourcing”).

• Le risorse umane devono essere indotte ad assumere un grado di specializzazione sempre maggiore in funzione delle particolari esigenze della propria organizzazione.

• Occorre una politica di sviluppo delle risorse umane diretta a creare un mercato interno del lavoro, ove la mobilità interna e l’acquisizione di conoscenze e competenze professionali permettano di aspirare a nuove posizioni.

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L’ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONEIL MODELLO DI OUCHI

Le organizzazioni sono strutture di governo delle transazioni che possono operare attraverso tre diversi meccanismi:

1) Il “mercato”, la forma più semplice, che riguarda una sola prestazione e per funzionare richiede la reciprocità e l’informazione sui prezzi.

2) La “burocrazia”, una forma più complessa , che riguarda un insieme concatenato di prestazioni e richiede non solo reciprocità, ma anche l’applicazione di regole e procedure e l’accettazione di una gerarchia.

3) Il “clan”, la forma più complessa, che richiede, oltre a reciprocità, regole e procedure e accettazione di una gerarchia, la condivisione di valori, credenze e tradizioni e lo sviluppo di un forte senso di identità e appartenenza. Permette di governare transazioni di lungo periodo, perché favorisce quella fiducia reciproca nel fatto che le transazioni che nel breve periodo sono obiettivamente squilibrate da una parte, possano essere riequilibrate in circostanze successive.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVAAutori: J. Child, E. Schein, C.Argyris, L. SmircichContesto: Anni 80-90. Studi di antropologia sociale,

psicologia sociale e sociologia.Paradigmi culturali: L’azione umana è azione situata

in un contesto caratterizzato da credenze, convinzioni, norme e valori condivisi, artefatti, simboli, rappresentazioni sociali, narrazioni, rituali, miti, eroi e modelli di comportamento. Le organizzazioni sono concepite come gruppi sociali dotati di una propria cultura, con una componente cognitiva ed una normativa, al pari di civiltà, popolazioni e gruppi tribali.

Obiettivi: comprendere le caratteristiche e le differenze tra le organizzazioni attraverso elementi che sfuggono a rilevazioni di tipo statistico, quali il sistema culturale, il clima relazionale e l’atmosfera interna.

Metafora: L’organizzazione come “cultura”.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVAIL CONCETTO DI CULTURA

In antropologia, sociologia e psicologia sociale ci sono 157 definizioni diverse del concetto di cultura. Eccone alcune:

“Le norme che si sviluppano nei gruppi” (Homans 1950).“I comportamenti usati regolarmente quando le persone

interagiscono” (Goffman 1956).“L’atmosfera che l’organizzazione comunica tramite l’aspetto e

le modalità di interazione interne ed esterne” (Litwin 1968).“La filosofia dietro le politiche dell’organizzazione”(Ouchi 1981).“I valori dominanti di un’organizzazione” (Deal e Kennedy 1982).“Le regole del gioco per sopravvivere all’interno di

un’organizzazione e i trucchi che i nuovi arrivati devono apprendere per esservi accettati” (Ritti e Funkhouser 1982).

“”L’insieme dei valori, delle conoscenze, delle competenze e degli atteggiamenti che, integrati tra loro, determinano i comportamenti nell’organizzazione in relazione a obiettivi ed esperienza” (E. Borgonovi 1991).

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LA CULTURA ORGANIZZATIVALA CULTURA SECONDO E. SCHEIN

• La cultura è l’elemento più importante di ogni organizzazione.

• La cultura organizzativa è una realtà profonda, complessa e difficile da capire, ma ha una natura pervasiva, che permea ogni aspetto dei rapporti umani.

• Si può definire come “l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo sociale ha inventato, scoperto e sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVAI LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN

L’analisi di una cultura organizzativa deve essere condotta a tre diversi livelli di profondità:

1) Gli artefatti, ovvero le sue creazioni, che ne sono il livello più visibile e superficiale e caratterizzano l’ambiente fisico e sociale: il lay-out di uffici, sale e corridoi, gli oggetti ed i simboli, le tecnologie e i saperi tecnici, il linguaggio scritto e parlato, l’abbigliamento, i rituali quotidiani, le cerimonie, ecc. Gli artefatti sono sempre visibili ed osservabili, ma talora non immediatamente decifrabili, come il modo di comunicare agli altri il proprio status nell’organizzazione.

2) I valori espliciti, che si possono evincere da discorsi, ideologie, miti ed eroi. Si è nella sfera dei discorsi manifesti, che riflettono valori attraverso messaggi su obiettivi da raggiungere e opinioni su come dovrebbero stare le cose rispetto a come effettivamente stanno.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVAI LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN

• I discorsi sono elaborazioni simboliche aventi lo scopo di suscitare adesione e consenso a idee e programmi, creare senso di appartenenenza e di solidarietà, chiarire e legittimare scelte, azioni e decisioni, individuare pericoli e nemici, cementare alleanze o introdurre cambiamenti.

• Le ideologie sono sistemi di discorsi con cui si cerca di attribuire determinati significati all’agire sociale.

• I miti sono quelle convinzioni socialmente approvate e richiamate, ma non suffragate da prove empiriche.

• Gli eroi sono quegli individui, spesso citati nei discorsi come esempio, cui vengono attribuiti meriti particolari o imprese eccezionali nella vita dell’organizzazione.

• I valori si trovano ad un livello di coscienza e consapevolezza, ma sono verificabili nell’ambiente fisico dell’organizzazione solo attraverso il consenso sociale.

• I valori che, sperimentati nella realtà organizzativa, portano al successo iniziano un processo di trasformazione cognitiva prima in convinzioni e poi in assunti impliciti.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVAI LIVELLI DELLA CULTURA SECONDO E. SCHEIN

3) Gli assunti impliciti o di base, che riflettono convinzioni profonde e inespresse, che operano al di sotto della soglia della coscienza e sono date talmente per scontate da non permettere grandi variazioni e far sì che le persone trovino inconcepibile agire in base a presupposti diversi.

• Riguardano la concezione della natura umana, del lavoro, delle relazioni interpersonali, dell’identità individuale e collettiva, dell’appartenenza, del dovere, della lealtà, del potere e di altre basilari dimensioni esistenziali.

• “Determinano gli atteggiamenti ed il comportamento, indicando ai membri dell’organizzazione come la realtà vada percepita, pensata e sentita” (C.Argyris, “Theories in use”).

• Essendo invisibili ed inconsapevoli, non si prestano né al paragone, né alla discussione e sono difficili da individuare anche con colloqui e interviste in profondità.

• Gli assunti si combinano variamente tra loro e danno luogo a sistemi di convinzioni articolati e complessi.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVALE FUNZIONI DELLA CULTURA

1) Risolvere i problemi di sopravvivenza e legittimazione dell’organizzazione nell’ambiente esterno, assicurando consenso su obiettivi, strategie, scelta dei mezzi per metterle in atto e valutazione delle prestazioni, senza il quale nessun gruppo potrebbe operare nel lungo periodo.

2) Risolvere i problemi di integrazione al suo interno, assicurando una certa soglia di coesione e capacità interna di operare come gruppo e consenso sul linguaggio, gli schemi cognitivi, i criteri di inclusione ed esclusione nel gruppo, i criteri di allocazione del potere e dello status sociale, il sistema premiante e l’ideologia.

3) Ridurre l’ansia in ogni condizione innovativa o instabile, indicando un sistema per selezionare i segnali cui dare attenzione, come gestire il proprio lavoro, come comunicare e come rapportarsi con gli altri e consentendo quella necessaria continuità di valori e convinzioni quando cambiano obiettivi, strutture ed altri punti di riferimento.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVA• Ogni organizzazione ha una propria cultura, che si è formata

e si evolve gradualmente nel tempo.• All’interno di un’organizzazione possono esistere più sistemi e

quindi anche più “subculture” differenziate. • La cultura di oggi è il risultato finale di un continuo processo

di verifica e di ripetuti rinforzi derivati da episodi di successo.• In ogni cultura vi possono essere aspetti funzionali tanto agli

obiettivi di oggi, che di ieri, ed altri funzionali esclusivamente alle esigenze e al quadro di riferimento del passato.

• Ogni cultura può quindi essere funzionale a determinati obiettivi e non ad altri e, a seconda dei casi, può fare da freno o da incentivo rispetto all’efficienza dell’organizzazione.

• La cultura permette di comprendere molti fenomeni apparentemente inspiegabili o irrazionali nell’organizzazione.

• Non è possibile cambiare la struttura di un’organizzazione senza cambiare gli assunti di base della sua cultura.

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LA CULTURA ORGANIZZATIVACULTURA E CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

• Tra i vari elementi dell’organizzazione la cultura è il più resiliente e capace di sopravvivere al cambiamento.

Per introdurre una nuova cultura non basta proporre nuovi valori, ma occorre una strategia più complessa:

1) Lanciare in una prima fase segnali forti in termini di valori e di artefatti, mettendo in discussione strutture, regole, procedure, abitudini, linguaggio e punti di riferimento.

2) Creare consenso intorno ai nuovi valori con riunioni di gruppo e iniziative formative su nuove priorità e nuovi modi di lavorare, di apprendere e di comunicare.

3) Favorire il processo di trasformazione cognitiva dei nuovi valori in nuovi assunti impliciti attraverso la loro sperimentazione con successo. E’ infatti solo la concreta percezione di vantaggi in termini di qualità della vita, del lavoro e delle relazioni sociali a rendere accettabili le innovazioni ed a far superare l’ansia. La dimensione ideale nella quale lavorare sulla cultura è il piccolo gruppo.

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I PRINCIPI DELLA NUOVA LOGICAAutori: Michel CrozierContesto: Anni 80-90. Studi di sociologia.Paradigmi culturali: Le sfide della società post-industriale

e della postmodernità. La complessità. L’affermazione delle Information and Communication Technologies. L’avvento del terziario avanzato. La diversificazione di aspettative ed esigenze. Il cambiamento come condizione fisiologica e permanente dell’ambiente sociale. La centralità del “fattore umano” per la sopravvivenza, il successo e la legittimazione delle organizzazioni.

Obiettivi: valorizzare il potenziale e la capacità di risposta delle risorse umane all’interno delle organizzazioni, di cui costituiscono la “risorsa critica” e “strutturante”, in quanto la sola in grado, se adeguatamente formata e motivata, di prendere delle decisioni e rispondere in modo efficace e differenziato alle sfide della complessità.

Metafora: L’organizzazione da “arte di fare grandi cose con uomini mediocri” ad “arte di rendere gli uomini non mediocri”.

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I PRINCIPI DELLA NUOVA LOGICALe caratteristiche delle organizzazioni post-moderne:1) Cambiamento della qualità dell’occupazione: non

serve più una manodopera indifferenziata e di massa, ma un numero minore e qualificato di persone con competenza, know-how, iniziativa, capacità di cooperazione e innovazione.

2) Alta tecnologia dei servizi: il vero valore aggiunto non è più nella realizzazione dei servizi, ma nella loro ideazione e integrazione.

3) Esternalizzazione: si tende al trasferimento all’esterno di un numero sempre maggiore di funzioni ausiliarie, per concentrarsi sul core business, da gestire al meglio.

4) Attenzione al bisogno: si deve essere preparati alla sfida di un ambiente complesso e diversificato, imparando ad ascoltarne e ad interpretarne per tempo i segnali ed a sviluppare in modo interattivo soluzioni originali e non standardizzate a quanto concretamente richiede.

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I PRINCIPI DELLA NUOVA LOGICA• La riflessione sull’organizzazione si sposta dal modo

razionale e scientifico di organizzare il lavoro al problema sociologico di suscitare una cooperazione efficace tra le persone nell’ambito di sistemi più complessi.

• La capacità di innovare il prodotto, il servizio e la relazione con l’utente assume un ruolo primario rispetto a quella di razionalizzare; una struttura organizzativa di tipo gerarchico comprime la capacità di risposta e di iniziativa.

• Il rapporto quantità-qualità si capovolge in favore della seconda e questa passa per l’innovazione.

• L’importanza centrale è assunta della risorsa umana, che deve avere iniziativa, capacità di risposta, di innovazione e di apprendimento individuale e collettivo.

• La capacità di innovare dipende non più tanto dagli investimenti materiali, in mezzi, impianti e tecnologie, quanto da quelli immateriali, nelle persone, nelle relazioni e nella cultura organizzativa.

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I PRINCIPI DELLA NUOVA LOGICAI NUOVI PRINCIPI ORGANIZZATIVI SECONDO CROZIER

1) Il principio di semplicità. La migliore risposta alla complessità dell’ambiente esterno e dei rapporti umani all’interno dell’organizzazione è la semplicità della struttura organizzativa, con la riduzione dei livelli gerarchici, e la semplificazione di norme e regole.

2) Il principio di autonomia. Per fare in modo che sia l’operatore a rispondere al problema, bisogna che questo abbia la libertà e la responsabilità di agire. “Uno dei modi migliori per ridurre la complessità consiste nel dare libertà totale di decisione a unità operative forti”, che siano vicine all’utente e ne conoscano le reali esigenze.

3) Il principio della direzione attraverso la cultura. Un’organizzazione semplificata, fondata sull’autonomia delle persone e delle unità di livello operativo non può essere governata da norme, procedure e gerarchie che tendono a negare l’autonomia delle persone. I vincoli indispensabili al coordinamento devono essere assicurati da una cultura organizzativa forte e condivisa.

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IL NEOISTITUZIONALISMOAutori: W. Powell, P. Di MaggioContesto: Anni 90-2000. Studi di sociologia.Paradigmi culturali: Attenzione al “contesto”. L’ordine

sociale come effetto dell’azione svolta dalle “istituzioni”, le organizzazioni pubbliche o private che, per la particolare legittimazione sociale loro riconosciuta, sono percepite come “strutture oggettive e resistenti”, rivestono un ruolo privilegiato di formazione e trasmissione di norme e valori e di allocazione di risorse materiali e simboliche e di fonti di significato per le azioni individuali e collettive.

I “campi organizzativi” come aree riconosciute di vita istituzionale che svolgono un’azione di normazione e controllo sull’attività di altre organizzazioni.

Obiettivi: Ricostruzione del contesto e delle sue prescrizioni e verifica dei modi in cui ciascuna organizzazione recepisce gli standard prescritti. Studio delle dinamiche di adattamento e sopravvivenza delle organizzazioni.

Metafora: L’organizzazione come “creatrice di senso”.

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IL NEOISTITUZIONALISMOL’ISOMORFISMO

• E’ l’effetto complessivo della competizione e dei processi di selezione naturale in cui in ciascuna nicchia ambientale sopravvivono soltanto i più adatti, che finiranno inevitabilmente per assomigliarsi (Stinchcombe, Hannan e Freeman, “L’ecologia delle popolazioni organizzative”, 1977). Si può distinguere:

A) L’ isomorfismo naturale, generato dalla competizione per la conquista di spazi, mercati e risorse;

B) L’ isomorfismo istituzionale, che a sua volta può essere:

1) coercitivo, quando l’organizzazione è costretta a conformarsi in modo vincolante a determinate disposizioni;

2) mimetico, quando le organizzazioni, di fronte all’incertezza dell’ambiente, danno luogo spontaneamente a processi imitativi;

3) normativo, che nasce dall’apprendimento, in centri e reti specializzate, dell’esistenza o della convenienza di nuovi modelli di gestione o di nuove tecnologie.

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IL COGNITIVISMOAutori: Karl Weick, L. SmircichContesto: Anni 80-2000. Studi di psicologia sociale e

sociologia.Paradigmi culturali: Attenzione ai “processi cognitivi”

attraverso i quali i soggetti danno senso ai loro flussi di esperienza. La realtà fenomenica non ha un suo senso intrinseco, ma ha sempre e soltanto il senso che le attribuiscono le persone.

Obiettivi: ricostruire gli schemi ed i processi cognitivi con i quali viene dato senso alla realtà ed all’agire sociale nelle organizzazioni e quindi la realtà sociale viene costruita e condivisa. Il governo delle organizzazioni si attua non con ordini, regole o strutture, ma attraverso il presidio delle “mappe cognitive”, gli schemi mentali con cui le persone reagiscono ai fenomeni e attribuiscono significato alla realtà e all’esperienza e danno un senso al proprio agire sociale.

Metafora: L’organizzazione come “creazione di senso”. Uguaglianza tra “sensemaking” e “organizing”.

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IL COGNITIVISMOLE MAPPE COGNITIVE

1) La mente umana da ordine e forma all’esperienza della realtà fenomenica attraverso i processi cognitivi.

2) Attraverso tali processi, la mente sviluppa una serie di deduzioni, che vengono via via sistemate in delle mappe causali, le “mappe cognitive”, che sono costruzioni dotate di senso e di ordine logico che permettono di attribuire significato alla successsiva esperienza.

3) Le “mappe cognitive” costituiscono gli schemi di lettura e interpretazione dei fenomeni delle persone, ne orientano il comportamento presente e ne predispongono quello futuro secondo criteri di più o meno intensa prevedibilità.

4) I processi di creazione di senso hanno luogo in tre fasi:5) Attivazione di un ambiente;6) Selezione;7) Ritenzione.

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L’ETNOMETODOLOGIAAutori: H. Garfinkel, L. Zucker, P. TolbertContesto: Anni 70-2000. Analisi microsociologiche.Paradigmi culturali: gli oggetti dell’esperienza non

sono indipendenti dai metodi con cui vengono osservati e compresi. Impossibilità di conoscere una regola indipendentemente dalle pratiche considerate come la sua applicazione.

Obiettivi: conoscere come l’ordine sociale si mantiene mettendosi dal punto di vista dei soggetti ed esaminare le circostanze, i comportamenti, i discorsi, i rituali, le dinamiche ed i contesti quotidiani in cui le regole vengono percepite e trasmesse. Mettere in evidenza come i significati attribuiti ai fenomeni sono oggetto di frequenti incomprensioni, scontri e negoziazioni, tanto tra le “istituzioni” che tra gli individui, con evidenti differenziazioni nell’attribuzione di significato a vari aspetti della realtà e di senso al proprio agire sociale.

Metafora: L’organizzazione come “costruzione sociale”.