La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema...

25
La scuola si organizza Matteo Cornacchia

Transcript of La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema...

Page 1: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuolasi organizza

Matteo Cornacchia

Page 2: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2384–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2009

Page 3: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

5

Indice Prefazione 7 Introduzione 13 Capitolo I La scuola si scopre “organizzazione” 1.1 Gli studi organizzativi applicati alle istituzioni scolastiche 17 1.2 Le ragioni di una nuova prospettiva sui sistemi di istruzione e formazione 20 1.3 L’organizzazione delle istituzioni scolastiche in Italia: a che punto siamo? 26 1.3.1 La difficile collocazione epistemologica della disciplina 26 1.3.2 L’evoluzione dell’approccio organizzativo alla scuola 31 Capitolo II Definire l’organizzazione 2.1 Quale organizzazione per la scuola? 39 2.2 Una prima rappresentazione 41 2.3 Alcuni limiti della rappresentazione a diamante 45 2.4 La definizione di organizzazione 48 2.5 La questione della cultura organizzativa 53 2.6 Fare ricerca nelle organizzazioni scolastiche 56 2.6.1 I paradigmi della ricerca organizzativa 57 2.6.2. I diversi approcci della ricerca organizzativa nelle scuole 60

Page 4: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

6

Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma Gentile 67 3.3 Il modello organizzativo burocratico 72 3.4 Dalla Costituzione alla “Scuola media unica” 78 3.5 Verso una nuova cultura organizzativa della scuola 82 3.6 Il tramonto della “razionalità assoluta” e la comparsa del fattore umano nelle teorie organizzative 87 Capitolo IV L’autonomia cambia l’organizzazione 4.1 Verso l’autonomia 93 4.2 Le forme dell’autonomia 96 4.3 Dopo l’autonomia 102 4.3.1 Dal Preside al Dirigente scolastico 102 4.3.2 Il dimensionamento delle scuole 105 4.3.3 Il Regolamento dell’autonomia 108 4.4 Teorie organizzative e autonomia 113 Capitolo V Gli attori organizzativi della scuola 5.1 L’organizzazione scuola e i suoi partecipanti 119 5.2 Il management della scuola 121 5.2.1 La questione della leadership 125 5.3 Insegnare in un’organizzazione scolastica 131 5.3.1 La competenza organizzativa nella professionalità docente 135 Bibliografia 139

Indice

Page 5: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

17

Capitolo I

La scuola si scopre “organizzazione” 1.1 Gli studi organizzativi applicati alle istituzioni scolastiche

Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di una singola-re partita di calcio: il campo ha forma circolare, le porte sono più di due e so-no sparse disordinatamente lungo i bordi del campo. I partecipanti possono entrare e uscire dal campo a piacere; possono dire “ho fatto goal” per quanto vogliono, in ogni momento, per quante volte vogliono. Tutta la partita si svolge su un terreno inclinato e viene giocata come se avesse senso. Ora, se sostituiamo nell’esempio l’arbitro con il preside, gli allenatori con gli inse-gnanti, i giocatori con gli studenti gli spettatori con i genitori e il calcio con l’attività scolastica, si ottiene una definizione altrettanto singolare delle orga-nizzazioni scolastiche. Era il 1976, e sul numero 21 della prestigiosa rivista Administrative

Science Quarterly compariva un articolo di Karl Weick intitolato E-ducational organizations as loosely coupled systems, ovvero “Le or-ganizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole”1. La rivista si occupava – e tuttora si occupa – di teorie organizzative, raccogliendo contributi interdisciplinari sullo studio delle organizzazioni, delle im-prese e della pubblica amministrazione. Ma fino ad allora nessun auto-re aveva mai proposto una lettura in chiave “organizzativa” della scuola. Weick fu il primo e per sottolineare le peculiarità delle istitu-zioni scolastiche scelse una metafora – quella della partita di calcio appunto – che non poteva passare inosservata. Da tempo lo studioso

1 L’articolo in questione è stato tradotto in italiano nel 1988 all’interno del volu-

me di Stefano Zan Logiche di azione organizzativa, edito da “il Mulino” di Bologna.

Page 6: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 18

americano stava lavorando sul concetto di “legame debole” nelle or-ganizzazioni, e in quel celebre articolo tentò di applicarlo ad un tipo di organizzazione – quella scolastica – fino ad allora praticamente igno-rata dagli studi di settore.

Convenzionalmente questo può essere considerato l’atto di nascita degli studi organizzativi riferiti alle istituzioni scolastiche, un filone di ricerca e approfondimento che dal punto di vista epistemologico è cer-tamente legato alla sociologia delle organizzazioni, ma che si avvale anche degli indispensabili apporti della legislazione scolastica e della storia della scuola nei singoli paesi.

Da quell’articolo in poi, specie in contesto anglosassone, l’interesse per una lettura organizzativa dei sistemi di istruzione e formazione è andato progressivamente crescendo, fino all’attuale istituzione di spe-cifici corsi universitari, gruppi di ricerca e dipartimenti2. Espressioni come School management o Educational management o, ancora, School administration sono ormai molto consuete in ambito accade-mico britannico e statunitense e traducono sul piano teorico-operativo la necessità di guardare alla scuola non soltanto dal punto di vista dei processi pedagogici e didattici (che rimangono un riferimento impre-scindibile), ma anche dal punto di vista della gestione delle risorse e del personale, dell’organizzazione delle attività, dell’individuazione di modelli e strategie di governo, delle relazioni con l’esterno.

In questa sede ci limitiamo a rilevare la ricchezza e l’intensità della produzione scientifica sull’argomento; tentare invece una sistematiz-zazione delle definizioni e dei significati di tali espressioni sarebbe un’impresa assai più ardua dal momento che, come ammette West-Burnham (1994), le ambiguità semantiche in questo campo sono anco-ra molte3.

2 Nel Regno Unito fra i centri più attivi si segnalano il Development Centre for

School Management and Training della Bristol University e il Management and De-velopment Centre dell’Institute of Education di Londra, da poco tramutato in Management and Leadership section della medesima università. Infine, presso la School of Education della Leicester University è attivo il gruppo di ricerca ELM (E-ducational Leadership and Management).

3 Secondo West-Burnham, in particolare, le differenti interpretazioni semantiche riguarderebbero soprattutto i concetti di leadership, management e administration:

Page 7: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 19

Oltre a questo problema, il rapido sviluppo conosciuto dall’ap-proccio organizzativo alle istituzioni scolastiche ha immediatamente posto anche una “questione epistemologica”, relativa soprattutto all’autonomia e al riconoscimento della costituenda disciplina, nonché all’accordo circa le sue specificità di ricerca, i suoi obiettivi, i suoi de-stinatari. Anche il rapporto con le altre scienze è inevitabilmente stato oggetto di ampio dibattito: sotto questo profilo, ad esempio, sembra particolarmente controversa proprio la relazione tra principi organiz-zativi e processi didattico-pedagogici.

In una prima fase gran parte della letteratura specializzata si è inter-rogata prevalentemente sulle caratteristiche che differenziano l’orga-nizzazione scolastica da altri tipi di organizzazione. Questa esigenza era già stata esplicitata proprio da Weick, secondo il quale la presenza di “legami deboli” sarebbe una peculiarità solo di alcune forme orga-nizzative, fra le quali la scuola sarebbe esempio paradigmatico. Gli studiosi si chiedevano inoltre quanto fosse lecito applicare alla scuola modelli di management e teorie organizzative già consolidate in altri contesti (impresa, pubblica amministrazione, sanità, ecc.). Una rasse-gna sufficientemente esaustiva delle diverse posizioni ci è offerta da Bush (1996), che ha distinto le diverse opinioni in tre categorie princi-pali: quella di chi non ravvisa particolari differenze fra il management generale ed il management scolastico (Handy, Haag, Walker, Squire); quella di chi, invece, sottolinea la specificità dell’organizzazione sco-lastica e dunque la non sovrapponibilità di modelli manageriali deriva-ti da altri contesti (Glatter, Taylor, Barrel, Al-Khalifa); ed infine quel-la di chi, senza assumere posizioni estremistiche, condidera il management scolastico come una “disciplina eclettica” che può accet-tare prestiti e contributi, ma che deve re-interpretarli e utilizzarli con molta attenzione (Everard e Morris, Osborne, Baldridge).

Oggi i gruppi di ricerca e i dipartimenti che si occupano di ma-nagement e di organizzazione delle istituzioni scolastiche e, di conse-

nell’opinione dello stesso autore la leadership riguarderebbe per lo più i valori, la “vision” e la mission della scuola; il management avrebbe a che vedere con gli a-spetti strettamente organizzativi, di pianificazione e di esecuzione, mentre l’ammi-nistrazione andrebbe riferita ai dettagli operativi.

Page 8: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 20

guenza, la produzione scientifica a loro collegata, sono stabilmente collocati all’interno delle Facoltà (o Istituti o, più genericamente, “scuole”) di Education, ovvero in quel settore degli studi universitari dedicati alla formazione degli insegnanti e dei capi di istituto. Dal punto di vista dell’articolazione dei curricula accademici è un dato ormai acquisito che la formazione dei futuri docenti debba contempla-re anche aspetti legati all’organizzazione e alla gestione della scuola, dal momento che gli insegnanti sono pienamente coinvolti nel contri-buire all’efficienza complessiva dell’istituto non soltanto con l’attività didattica, ma anche attraverso la consapevolezza e l’assunzione di re-sponsabilità circa il ruolo che svolgono in un sistema sociale comples-so qual è la scuola (Brundrett, 2003). Queste considerazioni, secondo Bush, valgono a maggior ragione per i dirigenti scolastici che, esatta-mente come avviene in Italia, vengono reclutati fra gli insegnanti sen-za tuttavia alcuna preparazione manageriale.

Considerata la tendenza della scuola in questi ultimi anni a diventare sempre più autonoma è cresciuta anche l’importanza di un management efficace con la conseguente necessità per presidi e direttori didattici di possedere precise competenze manageriali. L’istituto in sé è l’unità di base del sistema scola-stico e i capi di istituto hanno responsabilità fondamentali per quanto ri-guarda la gestione del personale, i finanziamenti e i rapporti con la comunità. Dalla loro capacità di soddisfare i bisogni dei clienti attuali e potenziali di-pende la vitalità e, forse, la sopravvivenza stessa di scuole e università [Bush, 1996, p. 17]. L’approccio organizzativo, dunque, ha ormai raggiunto una piena

maturità e un riconoscimento pressoché unanime da parte della comu-nità scientifica. Ma per quali ragioni la scuola ha conosciuto questo rapido sviluppo degli studi organizzativi nei suoi confronti?

1.2 Le ragioni di una nuova prospettiva sui sistemi di istruzione e

formazione

Nel rispondere a questa domanda è opportuno precisare che molte argomentazioni andrebbero contestualizzate alle politiche scolastiche e ai processi di riforma adottati dai singoli paesi. Ad ogni modo pos-

Page 9: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 21

sono essere individuati alcuni fenomeni “trasversali” che, in diversa misura, hanno coinvolto tutti i sistemi di istruzione e formazione eu-ropei e che hanno contribuito a riconsiderare la scuola come istituzio-ne sia dal punto di vista delle sue finalità, sia dal punto di vista della sua organizzazione interna.

Anzitutto una prima spiegazione dei cambiamenti organizzativi del-la scuola è riconducibile al più ampio mutamento sociale avvenuto ne-gli ultimi decenni e che è stato descritto attraverso il passaggio dalla modernità alla postmodernità, divenuta in breve – a ragione o a torto – un paradigma interpretativo del nostro tempo. Gli indicatori di tale pas-saggio, secondo Morrison (1998), sarebbero il declino dei sistemi di produzione su larga scala contrapposto all’aumento della produzione di piccoli beni di nicchia, l’allargamento dei mercati, l’esasperazione del principio della soddisfazione del cliente, l’avvento rivoluzionario della società dell’informazione. Le organizzazioni sociali, in tale scenario, hanno abbandonato i tradizionali modelli meccanicistici per aderire a forme organizzative “organicistiche” più flessibili e fluide, ovvero non più fondate sulle specializzazioni individuali, ma sulla costituzione di gruppi di lavoro “pluri-competenti” e dinamici, alimentati dalla cresci-ta e dalla realizzazione dei loro componenti.

Espressioni come “società dell’incertezza”, “società del rischio”, “frammentazione”, pur con le dovute distinzioni, ben rappresentano l’immagine che gli osservatori sociali hanno della postmodernità. La nota metafora della “liquidità” di Bauman, ad esempio, sottolinea il venir meno di certezze, punti di riferimento e solidi appigli che si li-quefanno, divenendo improvvisamente sfuggenti, inafferrabili, cedevo-li. Tutte queste letture rendono conto delle profonde trasformazioni av-venute negli ultimi anni all’interno di tutte le strutture sociali e non so-no circoscrivibili a singoli paesi e contesti.

La scuola, nella sua veste di istituzione sociale, rappresenta una componente importante del rinnovamento socioculturale ed economico del nostro tempo e non poteva certo sottrarsi a questi mutamenti: le ri-forme nel campo dell’istruzione sono state pertanto inevitabili e pro-fonde e hanno coinvolto le finalità, la struttura, i programmi e l’organizzazione delle scuole e delle altre istituzioni educative e forma-tive (Morrison, 1998).

Page 10: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 22

E’ anche per questa ragione, come testimonia la documentazione internazionale prodotta in questi anni dall’OCSE o dall’UNESCO, che gli interventi di politica scolastica hanno valicato i confini nazionali per assumere sempre più i connotati di un “adeguamento” ad un indi-rizzo europeo della formazione, in linea con il paradigma della globa-lizzazione. Se durante la prima parte del secolo i sistemi di istruzione avevano perseguito soprattutto l’obiettivo dell’alfabetizzazione e, in alcuni casi, contribuito alla costruzione di un’identità nazionale (è proprio il caso dell’Italia), dagli anni Ottanta in poi le parole d’ordine in tema di formazione sono diventate altre: competenze, formazione permanente, TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazio-ne), mobilità, cittadinanza, lotta all’esclusione, alternanza scuola lavo-ro, integrazione dei sistemi, personalizzazione dei percorsi e così via.

Durante il cammino che ha portato alla costituzione dell’Unione Europea fu subito evidente la necessità di un intervento strutturale sui sistemi scolastici dei singoli paesi: le indagini e i rapporti dell’OCSE dei primi anni Novanta4 denunciavano la scarsa qualità dei sistemi scolastici dei paesi più avanzati, auspicandone un ammodernamento in funzione delle nuove sfide per l’istruzione nella società della cono-scenza. Dall’analisi e dalla comparazione delle politiche governative in materia emergevano tre indirizzi principali di intervento (Semeraro, 1999). Il primo si riferiva alla necessità di accrescere il livello di i-struzione nella popolazione attiva, anche perché esistevano sensibili differenze fra gli stati membri nella regolamentazione dell’obbligo scolastico (proprio l’Italia, ad esempio, sotto questo profilo era in evi-dente ritardo). Il secondo aspetto riguardava l’aumento della qualità dell’istruzione, facendo leva soprattutto sull’autonomia degli istituti, sulla concorrenza tra scuole e riconsiderando il rapporto fra pubblico e privato. Il terzo aspetto, infine, si riferiva alla modernizzazione dei programmi di studio (anche in funzione di una loro “armonizzazione”, per favorire la mobilità) e delle strategie didattiche.

4 Per un approfondimento si considerino i seguenti documenti: Une éducation ed une formation de qualità pour tous (OCSE, 1992); Education at a glance. OECD indicators (OCSE, 1992); Curriculum reform: Policies, practices and plans for the future (OCSE 1993); “What Works” in innovation: School choice. School choice policies in practise (OCSE, 1993).

Page 11: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 23

Quest’ultimo punto, in particolare, trovava il consenso di numerosi studiosi e ricercatori che proprio in quegli anni lamentavano l’ina-deguatezza dell’apprendimento scolastico, considerato eccessivamente artificioso e decontestualizzato. Manifesto di questo movimento criti-co fu senz’altro l’articolo di Resnick Learning in school and out5, in cui vengono descritte una serie di caratteristiche del funzionamento cognitivo degli individui nei contesti di vita quotidiana contrapponen-dole ad altrettante caratteristiche dell’apprendimento a scuola. Anche Gardner, occupandosi delle rappresentazioni spontanee con cui i bam-bini in età prescolare forniscono spiegazioni su ciò che li circonda, de-scriveva l’apprendimento scolastico come un rituale in cui si svolgono compiti e si forniscono risposte, senza tuttavia garantire che dietro tali compiti vi sia una comprensione vera e profonda dei fenomeni o delle discipline che vengono insegnate (Zucchermaglio, 1998).

Se i rapporti dell’OCSE e le ricerche degli studiosi vanno giusta-mente annotati come altrettanti punti di vista sullo stato della scuola – pur nella loro autorevolezza – il trattato di Maastricht entrato in vigore nel 1993 rappresenta invece un impegno concreto e formale assunto dagli Stati membri dell’allora costituenda Unione Europea. L’art. 126 del trattato, infatti, indica chiaramente la necessità di intervenire sui sistemi scolastici, anche dal punto di vista della loro organizzazione, al fine di promuovere una dimensione europea della formazione, fon-data sul principio dell’educazione permanente, sull’incentivazione dell’istruzione a distanza, su programmi di mobilità sia per gli studen-ti, sia per gli stessi insegnanti. Con i due Libri Bianchi che seguirono, intitolati Crescita, competitività, occupazione: le sfide e le vie da per-correre per entrare nel XXI secolo (1993) e Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva (1995), la Commissione europea tracciò ulteriormente le linee programmatiche per il futuro dell’educazione scolastica in Europa. Nel secondo testo, in particolare, noto anche co-me Rapporto Cresson-Flynn, si denuncia l’eccessiva rigidità dei si-

5 L’articolo venne pubblicato nel 1987 nelle pagine della rivista Educational Re-

searcher (6/9, pp. 13-20). Una traduzione italiana dello stesso articolo è presente nel testo C. PONTECORVO, A.M. AJELLO, C. ZUCCHERMAGLIO (a cura di), I contesti so-ciali dell’apprendimento, LED, Milano 1995.

Page 12: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 24

stemi di istruzione e formazione, i quali troppo spesso hanno l’effetto di tracciare una volta per tutte il percorso professionale degli individui anche in virtù della netta divisione (ed incomunicabilità) fra sistemi di istruzione, formazione professionale, mondo del lavoro.

Nel corso del più recente vertice di Lisbona del 2000, che ha ispira-to il Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, l’Unione Europea ha auspicato un adeguamento dei sistemi di istru-zione e formazione alla società dei saperi, anche al fine di migliorare il livello e la qualità dell’occupazione. «Le scuole e i centri di forma-zione – si legge all’art. 26 del documento finale – dovrebbero essere trasformati in centri locali di apprendimenti plurifunzionali accessibili a tutti, ricorrendo ai mezzi più idonei per raggiungere un’ampia gam-ma di gruppi bersaglio; tra scuole, centri di formazione, imprese e strutture di ricerca dovrebbero essere istituiti partenariati di apprendi-mento a vantaggio di tutti i partecipanti».

Con i lavori di Lisbona, in pratica, si conferma ulteriormente la tendenza alla deregolamentazione e al decentramento, che già da qual-che tempo era stata intrapresa dai singoli paesi come la via maestra per riformare i sistemi scolastici e riorganizzarli alla luce della nuova domanda sociale. Nelle politiche formative europee degli anni Novan-ta la nuova parola d’ordine è stata autonomia, la quale si è operativa-mente tradotta in adeguamenti strutturali in alcune circostanze e in profonde trasformazioni culturali in altre. Anzi, sono stati proprio i processi autonomistici della scuola ad alimentare la riflessione teorica sull’organizzazione scolastica; non a caso laddove l’autonomia delle scuole ha già una sua storia si registra una più intesa produzione scien-tifica sul management scolastico nonché una sua stabile collocazione nei curricoli universitari destinati alla formazione degli insegnanti. Al contrario, nei paesi in cui l’autonomia è un processo recente o tuttora in corso, il dibattito scientifico sull’organizzazione delle istituzioni scolastiche si rivela ancora piuttosto circoscritto.

In un recente rapporto curato da Eurydice6, è stata presentata una comparazione fra sistemi scolastici dei singoli paesi da cui emerge un

6 Eurydice è la rete di informazione sull’istruzione in Europa, direttamente fi-

nanziata dalla Commissione Europea e dai rispettivi Ministeri degli Stati membri. Il

Page 13: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 25

panorama comunitario fortemente variegato sul fronte dell’autonomia scolastica perché condizionato da situazioni di partenza dei sistemi di istruzione e formazione a volte nettamente contrapposte. Ciò nono-stante la tendenza al decentramento delle competenze accomuna ormai la maggior parte dei paesi europei, ed il raffronto documentato nel Rapporto (al quale rimandiamo per un eventuale approfondimento7) mette in evidenza soprattutto tre macro indicatori di autonomia scola-stica: i livelli ai quali vengono prese le decisioni, gli ambiti di attività scolastica che presuppongono le decisioni da prendere, le modalità con cui queste vengono prese. Dalla lettura di tali indicatori è piuttosto facile individuare sistemi già fortemente decentralizzati (Regno Unito, Svezia, Olanda, Germania, Ungheria) e sistemi in cui l’autonomia del-le scuole è di più recente introduzione (Francia, Spagna, Grecia, Italia, Lussemburgo).

L’attenzione per l’istituto scolastico come entità autonoma e fonte di innovazione comporta, ovviamente, un forte interesse per il ruolo del dirigente scolastico: ecco perché, negli ultimi tempi, la sua fun-zione ha acquistato una maggiore visibilità e quindi anche una mag-giore esposizione all’analisi critica (Fischer e Masuelli, 2002). Tutto ciò, sul piano teorico, si è tradotto in un opportuno approfondimento degli stili di leadership, degli approcci organizzativi e delle strategie di management, derivando questi concetti da altri ambiti, ma anche cercando di precisarne le specificità in considerazione delle finalità della scuola e degli attori coinvolti, del tutto particolari.

Ma lungi dal rimanere circoscritto ai soli capi d’istituto, questo in-dirizzo di studio e ricerca si è presto allargato all’intero corpo docente, dal momento che la complessità raggiunta dalle istituzioni scolastiche è ormai tale da richiedere azioni di governo, gestione e progettazione

suo scopo è migliorare la conoscenza dei sistemi e delle politiche educative e di for-nire ai decisori politici adeguato supporto tecnico e scientifico per gli studi e le ri-cerche che vengono intraprese in ambito educativo. L’unità italiana di Eurydice col-labora in particolare con la Direzione per gli Affari Internazionali del Ministero dell’Istruzione ed i materiali prodotti sono pubblicati sul sito dell’INDIRE (www.indire.it/eurydice).

7 Eurydice, Key Data on Education in Europe 2005, Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali delle Comunità Europee, Bruxelles 2005.

Page 14: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 26

sempre più allargate e condivise, ricorrendo pertanto a equipe, staff o gruppi di coordinamento individuati fra gli insegnanti e a supporto della dirigenza.

Adeguate competenze organizzative appartengono sempre di più al patrimonio professionale del personale scolastico, a tutti i livelli. Ed è ormai un dato condiviso che la formazione iniziale e continua di do-centi e dirigenti non possa trascurare la dimensione organizzativa del-la scuola, che non è solamente il luogo dell’insegnare e dell’ap-prendere, ma è anche il luogo in cui si collabora con i colleghi, si ge-stiscono risorse e tempi, si intrecciano relazioni con l’esterno, si valu-tano i risultati ottenuti, si predispongono e si controllano le procedure.

1.3 L’organizzazione delle istituzioni scolastiche in Italia: a che punto siamo?

1.3.1 La difficile collocazione epistemologica della disciplina

Nel 1996, nell’introdurre la versione italiana del manuale di Bush8, Drago affermava perentoriamente che in Italia non esisteva una scien-za autonoma del management scolastico, intesa come l’insieme delle discipline utili a spiegare l’attività delle istituzioni scolastiche e i loro rapporti con l’ambiente esterno. Lo stesso autore individuava tre prin-cipali ragioni di quella grave carenza. La prima consiste nell’assenza del destinatario della disciplina, ovvero il manager scolastico, dal momento che nella scuola italiana il capo d’istituto è, alla resa dei conti, un burocrate esecutivo che sopperisce talvolta con un pizzico di personalità e intelligenza alle pesanti servitù imposte dal rullo com-pressore (ed asfissiante) di un sistema burocratico chiuso e privo di flessibilità. La seconda ragione è di natura strutturale e riguarda la “macchina burocratica” che gestisce le scuole: un sistema opaco e chiuso in sé stesso senza porte né finestre, in cui ogni rapporto esterno è mediato dallo Stato. La terza ed ultima ragione, infine, è di natura

8 Il titolo originale dell’opera è Theories of educational management, Paul Cha-

pman Publishing Ltd, London (UK) 1995.

Page 15: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 27

culturale: alla singola scuola è negata la natura di istituzione con ca-ratteri e funzioni distinti dal sistema burocratico che l’amministra; es-sa è considerata un’unità statistica o un semplice livello amministrati-vo, mettendo così in dubbio la capacità della scuola di incidere sui de-stini sociali della realtà che la circonda. Drago, poi, concludeva il suo ragionamento sottolineando come, a differenza di altri paesi europei, in Italia fosse mancata una decisione politica o amministrativa in gra-do di innescare processi di cambiamento di sistema tali da coinvolgere il mondo accademico e la ricerca, o da stimolare una domanda di sup-porto e consulenza finalizzata all’innovazione della gestione delle isti-tuzioni scolastiche (Drago, 1996).

A distanza di oltre dieci anni le cose sono cambiate, ma solo in par-te. Il terremoto dell’autonomia, che fra il 1997 e il 2000 ha scosso pro-fondamente il nostro sistema di istruzione e formazione, ha introdotto quei cambiamenti, a livello legislativo e amministrativo, che hanno imposto anche nel nostro Paese l’applicazione di adeguati modelli or-ganizzativi e di management. Il livello della riflessione, sia sul piano teorico sia sul piano applicativo, continua ad essere difficilmente pa-ragonabile a quello di altri contesti (Regno Unito, Svezia, Olanda, ecc.), ma uno spiraglio, anche per la ricerca, sembra definitivamente aperto nonostante il permanere di alcuni retaggi culturali molto simili a quelli richiamati dallo stesso Drago a metà anni Novanta.

Fra questi insiste ancora oggi la convinzione, diffusa fra molti in-segnanti e dirigenti, che l’approccio organizzativo alle istituzioni sco-lastiche abbia tradotto l’autonomia in un processo di “aziendalizzazio-ne” della scuola o, quantomeno, in un inesorabile cammino che ne a-vrebbe snaturato completamente la funzione e le finalità. A tale pro-posito qualche anno fa, quando in effetti nelle nostre scuole si è co-minciato a fare i conti con il decentramento delle responsabilità, ebbe un clamoroso successo di pubblico un libro9 scritto da un’insegnante che dipingeva in maniera impareggiabile il clima che si respirava (e a volte ancora di respira) in sala professori:

9 P. MASTROCOLA, La scuola raccontata al mio cane, Guanda Editore, Parma

2004.

Page 16: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 28

Tornai a scuola il primo settembre [dopo un congedo di tre anni per un dotto-rato di ricerca, n.d.s.], e mi chiesero in quale Commissione o Sottocommis-sione volevo stare. Siccome non capivo di che cosa stessero parlando, mi chiesero quale Progetto volessi seguire. Siccome ancora la mia faccia deno-tava sincero stupore nonché ottusità completa, mi dissero che c’era l’Autonomia. Chiesi cosa c’entrava la parola autonomia con tutto quel che mi avevano detto finora. Mi risposero di avere pazienza, che tra poco sarebbe stato redatto il Pof e avrei potuto leggermi il Pof, lì avrei capito tutto perché dentro al Pof c’era tutto. Poi passò una circolare interna che s’intitolava: I-struzioni per l’Accoglienza. Insomma, nel giro di quindici giorni, feci la co-noscenza di cinque parole nuove: Commissione, Progetto, Autonomia, Pof, Accoglienza. Erano entrate nella scuola a mia insaputa, ovvero durante il pe-riodo di distacco in cui io mi ero di nuovo assentata dal lavoro. Mai assentar-si dal lavoro… [pp. 20 – 21]. Era chiaro che, senza progetti, non avremmo ricevuto finanziamenti ministe-riali e quindi, qualsiasi metafora volessimo o meno usare, saremmo morti. Questa era il succo del discorso. Succo che penetrò profondamente nelle ra-dici della classe insegnante e ne imbevve ogni singola foglia, fin dalla sua punta. Insomma, il messaggio arrivò. In breve, era tutto un pullulare di pro-getti, progettini, progettucoli. Fu un’esplosione di entusiasmi e proposte, una nobile gara a chi riusciva a presentare più progetti, un vero e proprio torneo della Progettualità Totale [p. 27]. Non riesco a capire che cosa possa mai offrire di sconvolgentemente nuovo un insegnante di italiano, cosa può mai inventarsi, se non di insegnare bene la sua materia e cioè insegnare a leggere dei libri e capirne il senso nel profon-do; esprimere per iscritto il proprio pensiero, o un racconto, un ricorso, un ri-tratto; saper tenere un discorso avvincente, ben costruito, persuasivo. Che al-tro? Che cosa potrà mai offrire di diverso l’insegnante di italiano della scuola concorrente? Perché di colpo abbiamo dei concorrenti? Risposta facile: c’è l’autonomia. Ogni scuola, nell’era dell’autonomia, è libera di scegliere che cosa offrirti, cioè quali progetti presentarti. Per esempio un bel Corso di Chi-tarra o di Giardinaggio [p. 37].

Al di là dell’intento provocatorio dell’autrice, questo è esattamente

ciò che passò per la testa di molti insegnanti. E, quel che è peggio, le situazioni descritte rappresentano correttamente alcune “derive” as-sunte dagli istituti scolastici in nome dell’autonomia. La quale, evi-dentemente, è ben altra cosa, che non ha nulla a che vedere con il pre-sunto processo di colonizzazione culturale (Romei, 2005) che avrebbe trasformato le scuole in imprese, i presidi in manager, gli insegnanti in

Page 17: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 29

progettisti, gli alunni e le loro famiglie in clienti. Questa visione, di-ciamolo onestamente, è parziale, tendenziosa e ideologicamente pre-concetta. Contro di essa ha puntato il dito anche Benadusi (2000), se-condo il quale la scuola, come qualsiasi altra organizzazione, ivi com-prese quelle più “razionali” come la burocrazia weberiana e l’impresa tayloristica-fordista, non può essere esente da interpretazioni che ten-gano conto dell’esplosione della cosiddetta teoria organizzativa in una pluralità di paradigmi, teorie e metodologie di ricerca. Gli approcci e i modelli economico-aziendalistici sono ormai solo uno dei possibili punti di vista e ad essi si affiancano ora altre visioni delle organizza-zioni come culture, come arene micro-politiche, come menti colletti-ve, ecc. Questo pluralismo interpretativo, tuttavia, negli studi e nelle ricerche italiane sulle organizzazioni scolastiche non sembra ancora trovare spazio, probabilmente – secondo lo stesso Benadusi – a causa della pressione fin qui dominante degli approcci pedagogici e da quel-la emergente di taglio aziendalistico.

Una seconda ragione che ha ostacolato l’affermarsi di una teoria organizzativa della scuola è invece di natura accademica. Il problema, in questo caso, riguarda la collocazione della disciplina all’interno dei cosiddetti settori scientifico-disciplinari e rimanda, di conseguenza, ad una questione epistemologica. In altri termini, chi avrebbe titolo ad occuparsi di organizzazione delle istituzioni scolastiche? I teorici dell’organizzazione, cui vengono riconosciute conoscenza e compe-tenza circa i modelli organizzativi e la loro evoluzione, o i pedagogi-sti, da sempre impegnati sul fronte scolastico nello studio dei processi educativi che vi si realizzano?

I primi, nel corso degli ultimi anni, hanno allargato – e di molto – il loro campo di indagine, includendo nei loro studi forme organizzative diverse rispetto a quelle considerate in passato (come, ad esempio, la Pubblica Amministrazione, l’impresa, l’esercito, la Chiesa, ecc.). Ab-bandonato il paradigma della razionalità assoluta, l’approccio alle or-ganizzazioni si è fatto più qualitativo (anche dal punto di vista delle metodologie di indagine) ed eclettico, affiancando alle tradizionali tematiche della struttura, della gerarchia e del potere anche riferimenti alla complessità ambientale, alla coesistenza di legami rigidi e deboli, all’elasticità nell’affrontare cambiamenti, ai rapporti con gli stakehol-ders, ecc. Oggi il discorso sull’organizzazione si è arricchito, dando

Page 18: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 30

vita a specifiche discipline di studio, come la sociologia e la psicolo-gia dell’organizzazione, l’antropologia e l’economia organizzativa, la scienza dell’amministrazione e gli studi di direzione aziendale. Altri contributi significativi alle teorie dell’organizzazione, pur non trovan-do una collocazione precisa in suddette discipline, provengono poi dalla cibernetica, dalla filosofia morale e dall’estetica filosofica, dall’ingegneria e dall’informatica, dalla semiotica e dalla storia dell’arte (Strati, 2004).

A propria volta anche la pedagogia è stata impegnata a ridefinire il proprio statuto epistemologico. Come è stato ricordato da Conte (2003), da Casotti a Calò, da Aldo Agazzi a Bertin, passando per Vi-salberghi, Flores D’Arcais, Laeng, Catalfamo, Peretti, Granese, Men-carelli, Laporta, Bertolini, De Giacinto, Izzo, Acone, sino a Cambi, Massa, Genovesi, Gennari, Orlando e Xodo, e l’elenco potrebbe age-volmente proseguire, tutti i maggiori pedagogisti italiani del recente passato e del presente, pur muovendo da presupposti differenti, hanno tentato di indagare l’identità epistemica della pedagogia, la struttura del suo discorso, il suo peculiare modo d’essere dinnanzi all’educazione. Quest’ultima è divenuta fenomeno assai complesso, allargando i propri orizzonti sia sul piano del tempo (l’educazione or-mai non è più un fatto circoscritto ai soli soggetti in età evolutiva, ma abbraccia l’intero arco di vita), sia sul piano dello spazio (nel senso che oltre agli spazi e ai luoghi “tradizionali” dell’educazione – dalla scuola alla famiglia – se ne riconoscono oggi molti altri). In ragione di questi cambiamenti, all’interno della comunità scientifica si è progres-sivamente affermato il paradigma delle scienze dell’educazione, legit-timato anche a livello accademico dall’attivazione di nuove Facoltà e corsi di laurea e che ha collocato la pedagogia in una posizione di dia-logo e confronto con altri ambiti scientifici che le si sono affiancati nell’indagare i fenomeni educativi.

In sostanza, dunque, il percorso delle teorie organizzative da una parte e delle scienze dell’educazione dall’altra è piuttosto simile e se-gue una tendenza che vale anche per molti altri campi della scienza. Alessandrini (2005), riprendendo una fortunata espressione di Bau-man, ha chiarito come nell’attuale contesto i confini e le frontiere di-sciplinari stiano ormai cedendo facendo emergere, per contro, saperi “meticciati”, che si sovrappongono e si intrecciano generando nuovi

Page 19: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 31

saperi e competenze liquide, ovvero fluide, fluttuanti, difficili da rap-presentare come insiemi solidi di acquisizioni stabili.

L’organizzazione delle istituzioni scolastiche (OIS) in quanto di-sciplina necessita pertanto di un approccio multiprospettico, in grado di coniugare le questioni tipicamente organizzative – il management, la leadership, la struttura, le relazioni con l’ambiente, la cultura, ecc. – con le caratteristiche della scuola, che è certamente un’organiz-zazione, ma in cui i concetti di relazione, persona, crescita, cambia-mento, progetto, per l’importanza che in essa assumono, non possono prescindere da un orizzonte pedagogico.

Se da una parte può risultare ancora problematica una precisa col-locazione della disciplina all’interno dei settori scientifico-disciplinari che regolano l’insegnamento universitario, dall’altra emerge sempre più chiaramente la tendenza ad inserire l’OIS (sia pure con differenti modalità e denominazioni) all’interno dei curricoli accademici per la formazione iniziale degli insegnanti (corsi di laurea in scienze della formazione primaria, Scuole di specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria, corsi abilitanti, ecc.). La stessa tendenza, poi, è risultata ancora più accentuata nel recente corso-concorso per il re-clutamento dei nuovi dirigenti scolastici, dove i riferimenti alla ge-stione dell’organizzazione scolastica erano assai evidenti.

1.3.2 L’evoluzione dell’approccio organizzativo alla scuola

Fra le ragioni che in Italia hanno reso problematica la collocazione epistemologica dell’OIS vi è sicuramente la vicenda storica di tale di-sciplina. Se, come detto, la riforma dell’autonomia ha senz’altro rap-presentato un momento di svolta anche dal punto di vista della ricerca in ambito scolastico, va altresì precisato che qualche audace pioniere – non senza difficoltà – aveva già provato ad inoltrarsi nel campo dell’organizzazione scolastica ben prima del 1997.

In questo senso è opportuno risalire inizialmente alle ricerche con-dotte verso la metà degli Ottanta presso alcuni dipartimenti della Fa-

Page 20: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 32

coltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna10. Fu proprio in quel contesto, infatti, che Stefano Zan pubblicò per primo in Italia l’articolo di Karl Weick sulle organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole all’interno di un progetto che, tuttavia, non affrontava in maniera esplicita i temi della scuola e della sua organizzazione. Ta-le riferimento, invece, risultava ben più esplicito nella ricerca di un collega di Zan, ovvero Piero Romei, il quale già nel 1986 fece uscire un volume dal titolo evidentemente significativo: La scuola come or-ganizzazione. Dal suo punto di vista, vale a dire quello del teorico dell’organizzazione, Romei considerava la scuola un sottosistema del più ampio sistema sociale, con compiti e funzioni di mantenimento del sistema sociale stesso e di integrazione delle sue diverse componenti; le finalità, invece, riguardavano prevalentemente la trasmissione della cultura, la socializzazione, la maturazione critica e lo sviluppo della personalità nelle nuove generazioni. Le funzioni e le finalità istituzio-nali della scuola, così come risultavano definite da Romei, si perse-guivano grazie ad un apparato dotato di risorse, strumenti e modi d’agire propri che, assieme alle capacità d’azione, costituiva la dimen-sione organizzativa della scuola, conferendole tutte le caratteristiche di un sistema sociale complesso: unitarietà di fini rilevanti per il con-testo esterno e molteplicità di risorse fra loro interagenti secondo mo-dalità definite da una struttura (Romei, 1986).

Qualche anno più tardi, precisamente nel 1995, Romei diede alle stampe un nuovo lavoro, intitolato Autonomia e progettualità: la scuo-la come laboratorio di gestione della complessità sociale. Se nella prima fase dei suoi studi il focus della ricerca era stato posto sull’evoluzione della scuola da istituzione a organizzazione, a partire da questo nuovo scritto Romei iniziò a dedicarsi alla definizione di un modello organizzativo da applicare ai contesti scolastici. La tesi di fondo sostenuta in questa nuova pubblicazione era che la scuola ripro-duce al suo interno la complessità del più ampio sistema sociale, dive-nendo pertanto “laboratorio” per l’analisi, la riflessione e la sperimen-tazione di percorsi operativi diretti a migliorarne la governabilità. Nel-

10 In particolare il Dipartimento di Politica, Istituzioni e Storia e il Dipartimento

di Organizzazione e Sistema Politico, ora Dipartimento di Scienza Politica.

Page 21: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 33

lo specifico, la complessità della scuola è legata alla natura probabili-stica della relazione attorno alla quale ruotano tutte le attività e i pro-cessi che in essa si sviluppano.

Il nesso tra insegnamento e apprendimento – si legge nell’introduzione – può e deve essere progettato esplicitamente, e l’azione degli operatori scolastici va diretta alla realizzazione di risultati specifici. Ma questi, pur desiderati, auspicati, previsti, intenzionalmente perseguiti non possono mai essere de-terministicamente dati per scontati. E gran parte dei fenomeni che incidono su di essi avvengono secondo logiche proprie, e con dinamiche che sfuggono ai tentativi di controllo progettuale [p. XIV]. Sulla base di queste considerazioni, Romei giunge a proporre un

modello organizzativo che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto inne-scare un processo di revisione e ripensamento delle convinzioni e del-le prassi operative. Il modello in questione è quello della scuola come impresa, un concetto che erroneamente è stato fatto proprio dalla sola componente economica del sistema sociale e che viene riproposto da Romei nel suo significato originario di consapevolezza della difficoltà dei problemi da affrontare e di disponibilità ad accettare la sfida nel tentativo di avviarli a soluzione.

Nel sostenere l’idea di scuola come impresa Romei si rivela straor-dinario anticipatore degli eventi, avanzando la necessità di una riforma autonomistica degli istituti scolastici in un momento storico in cui tale prospettiva era ancora controverso oggetto del dibattito politico. L’autonomia delle unità scolastiche costituiva la condizione per con-sentire alla scuola di recuperare la fiducia degli utenti e dell’opinione pubblica, sulla base della capacità di offrire servizi affidabili, rendi-contabili, delle cui caratteristiche di qualità gli operatori (dirigenti e insegnanti) avrebbero potuto rispondere direttamente e per davvero. La necessità della riforma, tuttavia, rendeva Romei altrettanto consa-pevole delle difficoltà e delle resistenze che un simile progetto avreb-be comportato, dimostrandosi, anche in questo, precursore dei tempi. Ma la sua idea di impresa si concretizzava proprio nella possibilità di raccogliere una sfida che, se adeguatamente condotta, avrebbe com-portato una rivoluzione culturale senza precedenti per tutto il persona-le della scuola, come di fatto sarebbe accaduto pochi anni più tardi.

Page 22: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 34

Per qualche tempo ancora, tuttavia, le ricerche e i lavori di Romei continuarono a risultare piuttosto isolati: sembrava quasi che nessun altro si interessasse in maniera così esplicita dell’argomento, tantome-no i pedagogisti, impegnati su altri fronti e soprattutto abituati ad af-frontare i contesti scolastici da punti di vista ben diversi. Questo silen-zio, quando non chiara avversione, sorprendeva e, allo stesso tempo, sollecitava Romei, che non tardò ad esprimersi sia nel corso di conve-gni e pubblici dibattiti, sia, soprattutto, attraverso una nuova pubblica-zione dal titolo ancora una volta chiaramente evocativo: Guarire dal mal di scuola. In quello scritto, che probabilmente rimane ancora oggi il “manifesto” del suo pensiero, Romei provava a fornire alcune spie-gazioni alle resistenze di insegnanti e pedagogisti nei confronti di un approccio organizzativo alla scuola.

Una prima spiegazione è legata al fatto che i processi formativi so-no sempre stati considerati il regno dell’affettività, dei carismi perso-nali, della gestione creativa di ciò che accade hic et nunc tra le persone implicate, insegnanti e scolari. Ciò che ne consegue è una consolidata diffidenza culturale nei confronti di tutte quelle sovrastrutture formali che tendono a limitare con regole, procedure e controlli l’esercizio di una libertà d’azione intesa nella massima estensione concepibile (ed erroneamente confusa con il principio della libertà di insegnamento). Le regole che tengono assieme le scuole sul piano logistico – come orari, divisione in classi, uso degli spazi comuni, ecc. – sono respon-sabilmente accettate da tutti, insegnanti compresi; ma tali aspetti, che hanno a che fare con l’organizzazione, vengono considerati come qualcosa che va bene alla logistica e che nulla c’entrano con l’insegnamento e l’educazione. In altri termini le regole organizzative vengono immediatamente bollate come burocratiche e in nessun altro luogo, come nella scuola, la parola “burocrazia” è carica di significati così negativi (Romei, 1999).

Una seconda presa di posizione piuttosto netta riguarda poi ciò che Romei definisce “il mal di scuola”, ovvero ciò che più di ogni altra cosa impedirebbe un’autentica azione organizzata a scuola: l’individualismo degli insegnanti. «Quello che ogni insegnante fatica ad accettare – si legge nelle prime pagine del testo – è la dimensione collettiva dell’organizzazione. Le regole di gruppo, con il loro conte-nuto di vincolo indisponibile, gli sembrano inaccettabili non in sé, ma

Page 23: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 35

perché è il lavorare insieme agli altri che gli sembra non necessario. Se il lavoro dell’insegnante è un lavoro eminentemente individuale, non c’è bisogno di collaborare con gli altri; e allora perché sottostare a regole che “burocratizzano” il suo lavoro, appesantendolo con condi-zionamenti inutili?».

Ciò che premeva a Romei, pertanto, era mettere in evidenza come il rifiuto o quanto meno la resistenza degli insegnanti all’idea di orga-nizzazione dipendessero dalla mancata consapevolezza circa la neces-sità di collaborare, coniugando i momenti dell’individualità con quelli dell’azione collegialmente coordinata, sottolineando in questo modo come non sia possibile insegnare da soli. Se invece fosse passata que-sta idea, secondo Romei, sarebbe passata anche l’organizzazione come strumento del lavorare insieme e del miglioramento della qualità della vita di lavoro.

In seguito a queste considerazioni il dibattito si accese improvvi-samente soprattutto sulle pagine della rivista Dirigenti Scuola che, a cavallo del nuovo millennio, complice l’entrata in vigore della legge sull’autonomia, si dimostrò particolarmente attenta nell’avviare una ri-flessione sui cambiamenti organizzativi in atto nel mondo della scuola e a prendere in considerazione contributi, come quello di Romei, pro-venienti anche da contesti non pedagogici. Fu proprio Cesare Scurati, allora direttore della rivista e certamente uno fra i più noti pedagogisti italiani ad aprire uno spiraglio assai significativo sulla questione. In un suo editoriale11, nel recensire l’ultima fatica di Romei, precisò che le scuole, pur restando comunità morali, sono comunque organizzazioni di servizio pubbliche e a carattere professionale; ciò non significa ne-gare il ruolo dei valori, ma tradurli in regole comportamentali suffi-cientemente precise da assicurare un coordinamento effettivo dei pro-cessi; si tratta, in altri termini, di intendere l’attività scolastica come un compito unitario che richiede a tutti i professionisti un impegno collettivo e, appunto, organizzato. Nel concludere il proprio ragiona-mento Scurati considerava l’intreccio di etica, teoria dell’organiz-zazione, andragogia e pedagogia della scuola un passaggio inevitabile,

11 C. SCURATI, Leadreship: sentimenti e ragioni, in «Dirigenti Scuola», n. 1,

1999, pp. 4-7.

Page 24: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

Capitolo I 36

una “composizione creativa” e non soltanto compromissoria della di-versità indispensabile per percorsi di studio e ricerca su organizzazioni scolastiche sempre più complesse.

La replica di Romei giunse pochi mesi dopo sulle pagine della stes-sa rivista12, e fu di apprezzata sorpresa: a suo dire, infatti, era la prima volta che un pedagogista “di quelli che contano” riconosceva la perti-nenza di un approccio organizzativo alla scuola con una sua originalità ed autonomia analitica. Questo era il segnale che anche la pedagogia iniziava ad ammettere la possibilità di non essere l’unica disciplina au-torizzata ad occuparsi di scuola e a guardare con interesse, e non più con fastidio per l’irrispettosità dell’intrusione, ad altri apporti. Il pro-blema, insomma, non è tanto di delimitazione dei confini disciplinari, ma, piuttosto, di comprensione degli apporti.

Il senso della mia proposta – spiega in conclusione Romei – è di considerare l’approccio organizzativo come un contributo di metodo (il “come”) per af-frontare e gestire la complessità della scuola, cogliendone le peculiarità per rispettarle senza però farle diventare pretesto per l’affermazione di una diver-sità ed anzi unicità assoluta, che chiude in partenza ogni tentativo di applica-zione di paradigmi non prodotti dal di dentro, e impedisce la ricerca di utili confronti, collegamenti, analogie con altre esperienze. E soprattutto che non pretende affatto di sostituirsi a nessun’altra disciplina. La pedagogia deve co-struire gli orizzonti di senso dell’azione scolastica (il “cosa”, e il “perché”); deve certamente indicare gli oggetti rilevanti del percorso di crescita delle persone, definire modelli di riferimento, e le ipotesi circa le modalità di inse-gnamento e di apprendimento plausibilmente efficaci. L’approccio organizza-tivo – nei diversi contesti istituzionali e professionali – non dice quali sono le scelte da fare, né quali azioni concretamente mettere in atto per realizzarle; sollecita però a scegliere, per costruire trame che – definendo, delimitando, ordinando in priorità, collegando in sequenza, raccogliendo feedback, riag-giustando – ricostruiscono l’identità istituzionale, tracciano i profili profes-sionali, danno forma agli assetti strutturali, disegnano i percorsi operativi ne-cessari per tradurre in atto le finalità e i traguardi stabiliti. Questa è la chiave di lettura del mio lavoro organizzativo nella scuola, per chi fosse interessato a (ri)prenderlo in considerazione.

12 P. ROMEI, Organizzazione e pedagogia della scuola, in «Dirigenti Scuola», n.

2, 1999, pp. 31-35.

Page 25: La scuola si organizza - Aracne editrice · 6 Capitolo III Teorie organizzative e sistema scolastico a confronto 3.1 Alle origini del sistema scolastico italiano 63 3.2 La Riforma

La scuola si scopre “organizzazione” 37

Dopo i primi ed incerti passi, l’interesse per l’OIS si è progressi-vamente consolidato e dalle pagine di alcune riviste di nicchia – come accaduto per certi versi proprio con Dirigenti Scuola – si è diffuso an-che attraverso nuove pubblicazioni, alcune collane specializzate, l’attivazione di specifici corsi e cattedre universitarie. Il clima “post-autonomia” ha certamente favorito ed incentivato questo interesse e sempre più studiosi, anche fra i pedagogisti, hanno guardato alla scuo-la anche in prospettiva organizzativa. Da Di Nubila a Benadusi, da Margiotta ad Alessandrini, da Drago a Ribolzi, da Fischer a Castoldi (ed anche in questo caso l’elenco non è che approssimativo), i temi della leadership, della qualità, del management, della soddisfazione del cliente/utente, della relazione con l’ambiente esterno e con le altre agenzie educative, sono diventati, nel tempo, i capisaldi di un filone di ricerca ormai consolidato e sufficientemente maturo. L’obiettivo, at-traverso la riflessione teoretica e l’indagine sul campo, è di consegna-re alle scuole e ai loro operatori strumenti di analisi e operativi per condurre con maggiore consapevolezza il complesso lavoro di orga-nizzazione delle attività e delle risorse e dunque per servire al meglio le finalità ultime dell’istruire e dell’educare.