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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO DIPARTIMENTO DI ECONOMIA DEI SISTEMI AGRO FORESTALI DISPENSA PER IL CORSO DI MARKETING AGROALIMENTARE Appunti dalle lezioni della Prof.ssa Simona Bacarella

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA DEI SISTEMI AGRO FORESTALI

DISPENSA PER IL CORSO DI

MARKETING AGROALIMENTARE

Appunti dalle lezioni della Prof.ssa Simona Bacarella

I

Sommario

1. Il MARKETING ..................................................................................................... 1 1.1 Introduzione ....................................................................................................... 1 1.2 Origine ed evoluzione del concetto e delle attività di marketing nell’impresa 2 1.3 Definizione di marketing .................................................................................. 8 1.4 Marketing Agroalimentare .............................................................................. 12

2 PIANO MARKETING .......................................................................................... 18 3. MERCATO AL CONSUMO E CONSUMATORE ............................................. 23

3.1 Introduzione .................................................................................................... 23 3.2 Il comportamento del consumatore ................................................................. 25

3.2.1 Fattori culturali ........................................................................................ 31 3.2.2 Fattori sociali ........................................................................................... 32 3.2.3 Fattori personali ....................................................................................... 35 3.2.4 I fattori psicologici ................................................................................... 43

3.3 Il processo di acquisto ..................................................................................... 47 3.4 I modelli interpretativi dell’agire di consumo ................................................ 56

3.5 Misurazione e previsione della domanda ........................................................ 59

3.6 La stima della domanda attuale ...................................................................... 63 4 SEGMENTAZIONE DEL MERCATO ................................................................ 65

4.1 Definizione del mercato obiettivo ................................................................... 71 4.2 Posizionamento del prodotto .......................................................................... 72

5 MARKETING MIX ............................................................................................... 76 5.1 Premessa .......................................................................................................... 76 5.2 Prodotto ........................................................................................................... 78 5.3 Prezzo .............................................................................................................. 80 5.4 Pubblicità e promozione ................................................................................. 82 5.5 Distribuzione ................................................................................................... 83

6 IL PRODOTTO ..................................................................................................... 85 6.1 Concetto definizione e classificazione dei prodotti ........................................ 85

6.2 Classificazione dei beni di consumo ............................................................... 87

6.3 Le strategie di prodotto ................................................................................... 89 6.3.1 Decisioni relative alla combinazione (o assortimento) di prodotti. ......... 89

6.3.2 Decisioni relative al singolo prodotto ...................................................... 93

7 IL CICLO DELLA VITA DEL PRODOTTO ....................................................... 99

7.1 Il concetto ........................................................................................................ 99 7.2 Le stategie di marketing ................................................................................ 105 7.3 Ciclo di vita del prodotto e Portafoglio prodotti ........................................... 114

7.4 Evoluzione del mercato ................................................................................ 117 8 I PREZZI .............................................................................................................. 119

8.1 Rilevanza economica e competitiva ............................................................. 119

8.3 La determinazione del prezzo ....................................................................... 121 8.4 Obiettivi della determinazione del prezzo .................................................... 123

8.4.1 Analisi dei fattori ................................................................................... 124 8.4.2 La determinazione del prezzo base (o di listino) ................................... 126

8.4.3 Scelta del prezzo definitivo o prezzo finale ........................................... 138

8.4.4 Politiche di prezzo ................................................................................. 138

II

9 LA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE .......................................................... 142

9.1 Le funzioni di commercializzazione ............................................................. 142

9.2 Le forme distributive .................................................................................... 145 9.3 La distribuzione fisica (o logistica di marketing) ......................................... 156

9.4 I canali di distribuzione (o di marketing) ...................................................... 158

10 PROMOZIONE E PUBBLICITÀ. .................................................................... 168

10.1 Comunicazione ........................................................................................... 168 10.2 Pubblicità e vendita personale .................................................................... 176 10.3 Promozione delle vendite e propaganda ..................................................... 185

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1. Il MARKETING

1.1 Introduzione

Mercato: è il luogo economico di incontro fra chi possiede (ed offre) merci e chi richiede

(e compra, possedendo il denaro) tali merci. E' dunque il luogo economico di incontro fra

l'offerente (il produttore, l'impresa, la produzione, l'offerta) ed il richiedente (il consumatore, il

consumo, la domanda).

L'incontro fra offerente e richiedente non sempre avviene o comunque non sempre

avviene facilmente. Tanto più ampio è il mercato tanto più difficile diventa tale incontro, in

special modo quando trattasi di una merce (bene, prodotto) nuova, o comunque di una merce

poco o non conosciuta dal richiedente. Il Marketing serve a stimolare e realizzare l'incontro.

Marketing : dall'inglese to market (commercializzare, mettere sul mercato). E' l'insieme

dei processi (e/o delle funzioni) mediante i quali la domanda di beni e servizi (i bisogni dei

consumatori) viene prevista e valutata (con le ricerche), stimolata e soddisfatta con l'ideazione,

la distribuzione fisica e lo scambio degli stessi beni e servizi.

Il marketing dunque coordina le risorse della produzione e della distribuzione dei beni e

servizi, stabilisce ed impone il tipo e le dimensioni dell'impegno totale per vendere con profitto

all'utilizzatore finale (il consumatore).

Il marketing, in altri termini ancora, consiste nell'elaborare e realizzare una strategia che,

agendo sulle variabili che possono modificare la domanda, trasforma l'acquirente potenziale in

acquirente effettivo. E pertanto al centro dell'attenzione è l'acquirente potenziale, con i suoi

bisogni, le sue preferenze, le sue motivazioni, i suoi comportamenti.

In definitiva il marketing consiste nello scoprire che cosa desidera il consumatore (il

mercato) e fornirglielo (marketing oriented). Il marketing è la funzione creativa del management

(dirigenti che prendono decisioni sulle attività, coordinate nei modi e nei tempi, mirato al

conseguimento di determinati obiettivi).

L'incontro fra l'impresa (le risorse umane, finanziarie e fisiche organizzate) e le esigenze

del mercato (il consumo, i consumatori) avviene sempre in uno scenario ambientale dinamico

(ambiente esterno), i cui elementi (fattori esterni) sono: la concorrenza, la tecnologia, la

disponibilità di materie prime e di manodopera, l'ambiente finanziario ed economico, la

legislazione.

Marketing è un concetto complesso e come tale difficile da definirsi perché flessibile e dinamico.

2

I consumatori esprimono esigenze derivanti dai bisogni. I bisogni del consumatore

generalmente restano costanti, ma cambiano i modi per soddisfarli. Ed ogni consumatore ha un

differente modo di soddisfare le proprie esigenze. Comunque sia il consumatore quando deve

soddisfare le proprie esigenze, avendo la possibilità di scegliere, decide per il prodotto che,

secondo il suo convincimento, offre i maggiori vantaggi al prezzo più interessante

(conveniente).

Per l'impresa dunque non vale produrre un bene che nessuno compra, né vale produrre al

più basso costo se nessuno è disposto a spendere per acquistare quel bene.

L'impresa per vendere deve produrre ciò che il consumatore desidera.

E' il mercato dunque a dettare all'impresa cosa produrre perché possa essere venduto.

1.2 Origine ed evoluzione del concetto e delle attività di marketing nell’impresa

Il marketing ha origine in U.S.A nella metà del 1800.

Un imprenditore1 (mietitrici meccaniche) individuò chiaramente il ruolo del marketing,

come funzione fondamentale dell’impresa, e la creazione del cliente e inventò gli strumenti del

marketing odierno: ricerca, analisi del mercato, politiche di prezzo, posizionamento nel mercato,

organizzazione dei servizi alla clientela, la vendita a rate.

Nel 1905, presso l’Università della Pennsylvania, si tenne per la prima volta un corso

intitolato: Il marketing dei prodotti (diventa così una disciplina accademica).

Nel 1910 presso l’Università del Wisconsin si tenne il corso: Metodi di marketing.

In Europa, nel dopoguerra, sono state le multinazionali ad applicare ed evolvere il

concetto di marketing: Unilever, Palmolive, Nestlè, Plasmon ecc..

In Italia successivamente Barilla, Ferrero, Star, Procter&Gamble, Gillette, ecc.

In Italia l’insegnamento del marketing viene introdotto dalla facoltà di Economia e

Commercio, e soprattutto nei corsi di specializzazione post-universitaria (come ad esempio la

Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi di Milano) durante gli anni ’80.

1 Cyrus H. Mc Cormick (1809-1884)

3

Nelle Facoltà di Agraria in questi ultimi anni vi sono ricerche e lavori di marketing

agroalimentare, ma non vi sono ancora testi specifici.

In Europa l’evoluzione può essere distinta in tre periodi:

1° periodo (1940-1960), Marketing iniziale.

Con rilievo nel periodo postbellico, quando la ricostruzione provoca una forte espansione

della domanda, la disponibilità dei prodotti e dei servizi da limitata diventa sufficiente per

l’espansione dei volumi di vendita, ma vi è scarsità di servizi e di servizi sofisticati aggiuntivi.

Nel marketing iniziale si possono osservare due aspetti:

• il primo considera beni e servizi prodotti come dato di fatto e si occupa dell’aspetto

distributivo (vendita) [vendere ciò che si produce] [azienda orientata alle vendite];

• il secondo considera il consumatore ancora come “oggetto dell’attività di marketing”.

2° periodo (1960-1975), Marketing classico.

Il consumatore diventa il soggetto dell’attività commerciale, le imprese “ruotano” attorno

al consumatore e non viceversa.

Il nuovo concetto sostituisce il principio dell’azienda orientata alle vendite, con quello

dell’azienda orientata al mercato: riuscire a fabbricare ciò che si può vendere e non ciò che si

produce.

Diventa elemento centrale: l’analisi del consumatore.

Si diffonde ampiamente il sistema di meccanizzazione e di automazione.

Si sviluppa il concetto di marketing sociale, in un periodo di differenziamento

ambientale, di crescita della popolazione e di servizi sociali degradati.

Il cliente diventa il centro dell’attività aziendale.

La disponibilità di prodotti diventa da sufficiente ad abbondante e si perfeziona

l’organizzazione dei servizi.

3° periodo (1975 ad oggi), Marketing concorrenziale.

II sistema agroalimentare, qualunque possa essere l'ambito territoriale di riferimento, è

soggetto, determinato e modulato dagli effetti di grandi fenomeni, che solo apparentemente

possono essere interpretati agenti in modo autonomo, mentre nella realtà sono strettamente

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interconnessi ed intercorrelati sia negli aspetti territoriali, che in quelli sociali, ed ancora, in

quelli politici.

Limitando il richiamo alla sola denominazione, tali grandi fenomeni possono così

indicarsi:

� politiche internazionali che hanno liberalizzato i commerci globalizzando così i

mercati (Uruguay Round ed oggi Millennium Round);

� ampliamento ulteriore della Unione Europea: con l'adesione dei paesi dell'Europa

centro orientale (PECO) e con la realizzazione dell'area di libero scambio entro il 2010 con i

paesi terzi mediterranei (PTM);

� riforma della PAC e dei fondi strutturali;

� intensificazione del progresso tecnologico e principalmente biotecnologico,

nell'ambito del quale una forte spinta deriva dall'ingegneria genetica;

� internazionalizzazione dell'industria alimentare;

� internazionalizzazione della moderna distribuzione agroalimentare e sotto certi versi

della ristorazione alimentare;

� emergenza della questione ambientale per effetto dei grandi cambiamenti climatici e

dell'uso urbano, industriale, agricolo del territorio;

� modificazioni strutturali ed economico-sociali delle popolazioni, sia nei paesi

industrializzati che in quelli poveri ed in via di sviluppo, per effetto anche delle conseguenti

massicce correnti migratorie;

� evoluzione della domanda alimentare, conseguente ai nuovi comportamenti dei

consumatori nei paesi industrializzati ed ai bisogni di una popolazione in forte crescita nei paesi

poveri ed in via di sviluppo.

I fenomeni indicati sollecitano la globalizzazione delle economie e dei mercati

evolvendosi in un crescente intreccio di legami ed interdipendenze tra imprese, tra territori, tra

paesi ed imponendo alle istituzioni, ai sistemi produttivi, alle imprese sempre nuove strategie e

continui riposizionamenti, al fine di adeguatamente fronteggiare la progressiva crescita della

competitività dei mercati.

Un altro aspetto da evidenziare riguarda la società civile, economica e sociale nel suo

assetto ormai post-industriale (old economy) e fortemente pervaso dalla new economy, che

inaspettatamente, ma con forte valenza di razionalità, è fortemente interessata all'agricoltura

avendo i suoi soggetti i seguenti interessi:

5

- il consumatore, per un'agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nella

produzione di alimenti salutistici e di qualità;

- il cittadino, per una agricoltura impegnata a difendere, tutelare e valorizzare il

territorio e l'ambiente;

- il contribuente, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati a

produrre reddito e ricchezza economica;

- il lavoratore, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nel

mantenimento, nella crescita, nella evoluzione professionale della occupazione.

Gli interessi della società moderna per l'agricoltura sono pertanto diffusi ed intercorrelati,

poiché essa è chiamata a svolgere ormai ruoli complessi, che così si possono indicare:

- produrre alimenti sani e con tecniche eticamente accettabili;

- tutelare e valorizzare l'ambiente ed il territorio per l'attuale popolazione e per le future

generazioni;

- conservare e difendere la biodiversità quale patrimonio dell'umanità;

- fornire beni e servizi di ordine collettivo;

- integrarsi con l'industria agroalimentare e la distribuzione alimentare.

In questo contesto l'agricoltura oltre a continuare la sua funzione produttivistica, con

valenza specifica e irrinunciabile alla qualità ed alla salubrità dei prodotti e dei fattori della

produzione, ha assunto il ruolo della multifunzionalità, provocando così effetti indotti su altre

attività produttive (turismo, agriturismo, turismo rurale, artigianato, beni culturali, ecc.) o effetti

esterni alla produzione (valorizzazione e tutela ambientale e paesaggistica, riduzione del

degrado delle risorse naturali, mantenimento degli insediamenti rurali, ecc.). In definitiva

l'agricoltura ha così assunto ruoli, strutture, organizzazione multifunzionali ed approcci

multisettoriali ed integrati nella economia e nei sistemi territoriali: distretti rurali, distretti

agroalimentari di qualità.

Gli aspetti qui evidenziati hanno indotto e continuamente inducono i paesi avanzati,

europei ed extraeuropei, a reagire alla sfida della competitività nei mercati agroalimentari ed

alle crescenti richieste dei cittadini (come peraltro sta avvenendo nel tempo che stiamo vivendo

in ambito Unione Europea e Millenium Round) di salvaguardia e di tutela della salute umana e

dell'ambiente nel mondo globalizzato, con politiche mirate alla promozione di attività a maggior

valore aggiunto, al miglioramento qualitativo dei prodotti e dei processi, alla diversificazione

6

delle attività produttive, in modo tale che la competizione si sposti dal rapporto prezzo-quantità,

al rapporto prezzo-qualità.

Pur senza entrare nel merito dei documenti programmatori, delle riforme e dei

regolamenti prodotti dalla Unione Europea, con la politica di mercato, con la politica strutturale,

con la politica sullo sviluppo rurale, con la politica ambientale, ed adottati ed applicati dai paesi

membri e dalle regioni anche nei Piani di sviluppo e nei Programmi Operativi Regionali, le

linee di politica agraria mirano alla diminuzione dei sostegni di mercato ai prodotti agricoli, alla

eliminazione delle barriere alla concorrenza, alla affermazione della impresa o più

complessivamente del sistema produttivo territoriale marketing oriented.

Nel periodo che stiamo vivendo cresce smisuratamente la concorrenza (globalizzazione,

Wto, UE, area di libero scambio euromediterranea), per cui si hanno crisi economiche, rapidi

mutamenti dei mercati (prodotti fortemente in declino), disoccupazione, aumento della

produttività aziendale dovuta a spinta tecnologica.

Si rafforza ulteriormente il ruolo del consumatore, si afferma il principio della qualità

totale.

Nel passato la qualità costituiva strumento di successo per l'impresa, oggi è condizione

essenziale anche nel sistema agroalimentare.

Il concetto di qualità, può essere considerato sotto diversi aspetti:

� per l'impresa è l'assenza di difetti e la rispondenza a norme e procedure di verifica

(Qualità totale);

� per il consumatore è la soddisfazione dei bisogni e delle attese (Qualità percepita);

� per la società sono i valori condivisi sul prodotto e sul processo produttivo (Qualità

integrale);

� per le imprese concorrenti è il confronto con il prodotto delle e con le imprese rivali

(Qualità differenziale);

� per il prodotto è il possesso di determinate caratteristiche (Qualità tecnologica).

Definizione univoca accettata a livello internazionale (Norma UNI EN 28402):

la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio

che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite.

Con riguardo alla qualità dei prodotti agroalimentari, oggi il consumatore ed il mercato

considerano tra le:

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- esigenze implicite (sicurezza e salubrità), la sanità (assenza di sostanze nocive) e la

genuinità (mantenimento delle caratteristiche fìsicochimiche, organolettiche, nutrizionali);

- esigenze espresse (soddisfazione e servizio), la qualità biologica (caratteristiche

nutrizionali, organolettiche, edonistiche), la qualità di servizio (conservabilità, comodità d'uso,

diffusione), la qualità di sviluppo (differenziazione, innovazione, standardizzazione).

Ci si può chiedere, nei tempi in cui viviamo se il prodotto tipico è anche un prodotto di

qualità?

Se prodotto tipico è la risultanza di una concomitanza di fattori legati al contesto socio-

culturale ed ambientale dell’area geografica di origine che conferiscono al prodotto

caratteristiche di specificità elevata e diversificanti rispetto alle produzioni industriali ed a

produzioni locali similari.

Tipicità: è concetto relativo e complesso, con valori immateriali, legati alla memoria ed

agli odori, e con valori materiali, fattori che marcano la diversità, dimostrabili.

Le nuove tecnologie, derivanti dalla acquisizione di igienicità, attenuano la tipicità perché

determinano cambiamenti che portano il prodotto ad ottenere la variabilità delle componenti

fino all'appiattimento ed alla perdita della tipicità.

Ne deriva che non tutti i prodotti locali sono tipici e che un prodotto è tanto più tipico

quanto più conserva inalterati i caratteri originari.

La tipicità da sola dunque non garantisce la qualità.

Il concetto di prodotto tipico, come in precedenza espresso, però contiene gli aspetti

fondamentali della qualità, seppur una qualità specifica e diversa, percepiti (impliciti) e richiesti

(espressi) dal consumatore, che proprio per questo è disposto a pagare un plus rispetto al

prodotto di massa convenzionale o industriale.

Il prodotto tipico è dunque un prodotto di qualità in quanto soddisfa le "esigenze espresse

o implicite" del consumatore in fatto di aspetti edonistici, salutistici, dietetici, sanitari, ecologici.

La domanda alimentare differenziata e di qualità del consumatore ha sollecitato nel

tempo, orientativamente negli ultimi venti anni, e per alcuni aspetti fin dagli anni '50, normative

adeguate sul sistema qualità alle istituzioni pubbliche internazionali europee e nazionali.

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Il mercato infatti richiede nei prodotti non solo qualità, ma anche l'assicurazione della

qualità.

Sistema Qualità Aziendale: viene certificato da organismi terzi (Organismi di

certificazione) sulla base di norme universalmente accettate ed elaborate da organismi

internazionale, europeo e nazionale.

Norme sul Sistema Qualità Aziendale Organismo

Internazionali: Norme ISO serie 9000 ISO (Organizzazione Internazionale

per la Standardizzazione)

Europee: Norme EN ISO serie 9000 CEN (Comitato Europeo di Normazione)

Italiane: Norme UNI EN ISO serie 9000 UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione)

Per le aziende agroalimentari le norme in Italia sono quelle indicate nella serie UNI EN

ISO 9001/9002/9003; l'Ente di certificazione è il CSQA (Certificazione di Sistemi di Qualità

delle Aziende Agroalimentari) che opera a mezzo di enti accreditati.

Le norme del Sistema Qualità Aziendale sono continuamente aggiornate.

La certificazione è un atto privatistico e volontario da parte delle imprese, ma rappresenta

un fattore strategico per l'effetto immagine dell'impresa sul mercato e per la facilitazione degli

scambi commerciali a livello europeo ed internazionale.

Nel contesto economico moderno, evoluto dei paesi ricchi del mondo industrializzato si

ha: alta concorrenza, efficienza e qualità dei prodotti, ricerca di eccellenza, programmazione

strategica nel perseguire la soddisfazione del consumatore, forte sviluppo dei servizi per creare

competitività con la concorrenza.

La disponibilità dei prodotti e servizi in questo contesto diventa da abbondante ad

eccedente: per cui si ha saturazione del mercato (paniere alimentare saturo) ed ampio sviluppo

dei servizi (vedi telefonini, e-commerce, ecc.).

1.3 Definizione di marketing

Le più significative definizioni:

• Il marketing è un processo sociale mediante il quale una persona o un gruppo di

persone ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri creando e scambiando

prodotti e valori con altri (Ph. Kotler).

• Il marketing rappresenta la funzione di mercato e di interscambio tra l’azienda ed il

mercato (J. Santori, R. Varaldo).

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• Il marketing è l’intera impresa osservata dal punto di vista del suo risultato finale, cioè

dal punto di vista della clientela (P. Drucker).

• Il marketing consiste nel mettere a disposizione dei consumatori i prodotti giusti, nel

luogo e nel momento giusti, al giusto prezzo e con un adeguato supporto pubblicitario e

promozionale (C. A. Molzer).

Dunque il marketing può essere considerato: qualsiasi attività osservata con ottica

strategica per la soddisfazione dei bisogni, dei desideri, per effettuare scambi e transazioni,

attraverso l’analisi particolareggiata del mercato e di ciò che ci sta di fronte.

Nell’ambito aziendale “fare marketing” significa far coincidere gli obiettivi aziendali con

i bisogni dei consumatori per realizzare da parte di entrambi il massimo risultato e

soddisfazione.

Marketing vuol dire comunque e soprattutto “comunicare ed interagire” con gli altri,

ancor prima di agire e sviluppare azioni, se pur concertate, in azienda e nel mercato.

Ogni definizione, seppur con terminologia diversa riconduce ai concetti fondamentali:

� Bisogno – domanda, che comporta l’analisi della domanda e la comprensione dei

bisogni dei consumatori.

� Prodotto, che significa fare un prodotto che soddisfi quella domanda, compresi tutti i

servizi aggiunti: prodotto confezionato; pubblicizzato; promosso (promozione).

� Soddisfazione del consumatore per appagare il suo bisogno.

� Scambio, ogni prodotto immesso sul mercato ha un valore di scambio (prezzo). Il

prezzo che il consumatore è disposto a pagare per soddisfare il suo bisogno.

� Mercato, sono i concorrenti (competitors) con le loro strategie, le loro quote di

mercato (per prodotti e beni che soddisfano le stesse funzioni d’uso: es. pasta come

primo piatto, olio d’oliva per condimento, dadi per brodo per insaporire), le loro forze

e debolezze; sono altresì le altre forze in gioco: istituzioni, leggi, ambientalisti, gruppi

di opinione, ecc.

� Azienda. Struttura organizzata (impresa artigianale, negozio, grande industria, ecc.).

L’azienda è un sistema aperto che riceve input, elabora e fa uscire output.

Bisogni e desideri del consumatore

Domanda di prodotti e servizi

Valore e soddisfazione

Mercati e imprese

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Questi elementi interagendo fra loro formano il marketing.

Dunque: “fare marketing” significa studiare i bisogni della domanda (del consumatore),

nel mercato di riferimento, in modo da realizzare prodotti soddisfacenti per il consumatore e

profittevoli per l’azienda.

In questo caso si ha: Azienda marketing oriented (Azienda orientata al marketing).

Vi sono ad operare nel processo produttivo e nel mercato altri tipi di orientamento, che

rappresentano diverse fasi evolutive fino ad arrivare all’azienda (impresa) marketing oriented.

- Azienda orientata al prodotto: la funzione produttiva è prevalente (cosa, come,

quando, quanto produrre); alla funzione commerciale non resta che vendere ciò che è

disponibile in magazzino (raccolta degli ordini e rapporti con clienti). Si vende ciò che si

produce.

Questo tipo di orientamento può essere giustificato solo in un mercato monopolistico,

dove mancando la concorrenza è possibile trascurare i bisogni della domanda.

- Azienda orientata alle vendite: obiettivo primario dell’impresa è la vendita delle

quantità prefissate per la realizzazione del profitto. Si produce ciò che si può vendere.

Si riscontra nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare (es. panificio) dove il

profitto è il principale obiettivo e l’incremento delle vendite è lo strumento più idoneo per

raggiungere il risultato tangibile.

Si riscontra nelle grandi aziende nei momenti di crisi; lo strumento utilizzato è il prezzo

(sconti prezzo, sconti quantità, tecniche 3x2, ecc.)

Questa politica però dura poco perché porta inevitabilmente al fenomeno

dell’overstocking (scorte di magazzino superiori al fisiologico) del cliente, il cui smaltimento

richiede campagne pubblicitarie e promozionali sul consumatore.

- Azienda orientata al mercato: concentra i suoi sforzi sull’adeguamento della

produzione alla evoluzione del mercato, è dunque ispirata a criteri di massima flessibilità. È

vicina al concetto di marketing, la differenza consiste nel fatto che l’azienda e le sue strutture

produttive vengono considerate poco, nel senso che: si produce ciò che si è già venduto con le

prenotazioni (con la raccolta degli ordini di acquisto). La struttura commerciale è al centro

dell’impresa, perché fornisce input alla produzione e costringe la struttura organizzativa ad

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adeguarsi al mutare delle richieste del mercato. Si verifica nel tessile, in pelletteria,

nell’arredamento della casa (mobilio), dove è prevalente la “moda”.

Benetton è il caso classico: fa la produzione dopo la raccolta degli ordini (dopo avere

destagionalizzato l’idea produttiva, presenta il campionario e raccoglie gli ordini) ed affida, con

il decentramento produttivo, ad imprese terze la produzione (così ha raggiunto la massima

flessibilità produttiva).

- Azienda marketing oriented: produce un prodotto soddisfacente per il mercato

(consumatore), profittevole per l’azienda e coerente con i mezzi, le strutture e l’organizzazione

dell’impresa in un’ottica di lungo periodo.

L’azienda marketing oriented ha una visione d’insieme dell’impresa e del mercato:

produttività e profittabilità dei prodotti, tendenze future (opera nel lungo periodo), cura del

presente con iniziative che portino ad aumentare le vendite e quindi gli introiti commerciali.

Riassumendo

L’azienda marketing oriented si differenzia dalle aziende orientate al prodotto, alle

vendite, al mercato per attitudine gestionale, in quanto ha una visione globale e a lungo termine

di tutto il business aziendale (non solo come affare, ma come area di interesse in termini di

soddisfazione delle esigenze del mercato e di profittabilità dell’impresa).

L’azienda marketing oriented migliora gli aspetti produttivi per meglio soddisfare le

esigenze del mercato e per aumentare le vendite compatibilmente con i vincoli strutturali

dell’azienda stessa.

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1.4 Marketing Agroalimentare

L’evoluzione concettuale ed operativa del marketing è dovuta alla attività delle imprese

multinazionali nel settore dei beni di largo consumo e nel settore dei beni strumentali (in Italia

ad es. Unilever, Palmolive, Nestlè, Plasmon, IBM, ecc.); dagli anni settanta in poi, il marketing

è stato applicato anche da imprese italiane operanti specificamente nel settore dell’industria

alimentare (ad es. Barilla, Ferrero, Star, ecc.) ed in anni più recenti da imprese agro-alimentari a

medio e medio-grande dimensione operanti nei comparti delle carni lavorate, caseario,

enologico, ecc. Il marketing agroalimentare, occupandosi di prodotti cosiddetti “di massa o di

largo consumo”, deve tenere conto della realtà poliedrica del settore agroalimentare e quindi di

tutte le possibili interdipendenze collegate al settore stesso: l’agricoltura che produce, l’industria

che trasforma, la distribuzione commerciale ed il consumo. Inoltre, se Marketing significa

“collocare sul mercato”, il marketing agroalimentare rappresenta: l’insieme delle operazioni

che consentono ad una azienda agroalimentare di collocare il suo prodotto sul mercato

raggiungendo gli obiettivi prestabiliti ed avvalendosi di tutti i mezzi a sua disposizione

(Foglio, 1997), quali: ricerca di marketing, segmentazione di mercato, posizionamento del

prodotto, marketing mix, strategie e politiche di prodotto, prezzo, distribuzione, vendita,

comunicazione e promozione.

Il marketing agroalimentare deve tenere conto di tutto quello che l’individuo consuma in

funzione delle sue molteplici esigenze. Esso è dunque, studio, iniziativa, reazione agli stimoli

esterni, commercializzazione del giusto prodotto, nel giusto segmento di mercato, al giusto

momento e con redditività. La sua finalità è ,quindi, quella di aiutare l’azienda agroalimentare a

muoversi nel mercato agroalimentare in modo da operare, produrre e vendere rispondendo alle

richieste del mercato ed alle specifiche esigenze dei consumatori. Per quanto riguarda il mercato

agroalimentare, tenuto conto delle interdipendenze fra gli elementi che lo compongono, si

possono focalizzare tre momenti di intervento di marketing, e sono:

• produzione: serve per ottimizzare l’uso dei fattori produttivi in modo da migliorarne

la redditività e rendere più efficace il suo collegamento con la distribuzione ed il

consumo;

• mercato: serve ad ottimizzare la distribuzione dei prodotti ed il raggiungimento dei

consumatori;

• consumo: serve per indirizzare i consumatori a soddisfare i loro bisogni nel rispetto

del giusto prodotto e del giusto prezzo.

In effetti, l’approccio, proposto da Foglio, è coincidente con quello del marketing

management (ricerca di marketing, segmentazione del mercato, posizionamento del prodotto,

marketing mix, …); da questo punto di vista, il marketing agroalimentare assume una funzione

di tipo informativo (conoscere), prima, e di tipo operativo dopo (agire); tutte le azioni di

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marketing sono conseguenza delle informazioni raccolte su mercato, prodotto, consumatore,

concorrenza, distribuzione, ecc. In quest’ottica, dunque, il marketing è conoscere per agire.

Un’altra funzione è legata alla valutazione obiettiva dei rischi connessi alle scelte

effettuate, la riduzione degli stessi e l’orientamento verso la scelta più efficace; per cui, la

ragione d’essere del marketing è la continua ricerca dell’adeguamento dell’azienda al mercato

tenendo conto delle priorità della domanda rispetto all’offerta aziendale.

Di fronte ad uno scenario di mercato sempre più complesso ed in continua evoluzione,

l’importanza del marketing agroalimentare e delle sue funzioni è essenzialmente quella di

gestire il cambiamento senza doverlo subire. Infatti, il marketing individua e realizza una serie

di funzioni che si possono definire come:

• analisi e ricerca: tramite la ricerca e la segmentazione di mercato si individuano dati e

informazioni relative al mercato, ai segmenti di mercato, al consumatore, alla concorrenza, al

giusto prodotto, al giusto prezzo, alla domanda e all’offerta, alla possibilità di comunicazione e

di promozione, ecc.;

• animazione e promozione: uso del marketing mix e delle relative 4P per creare e

stimolare la domanda;

• pianificazione: sviluppo del marketing in un contesto di pianificazione che tiene conto

del piano globale aziendale oltre che di quello specifico di marketing;

• organizzazione: il marketing contribuisce ad organizzare e ad armonizzare tutti gli

interventi dell’azienda;

• controllo: verifica per eventuali spostamenti dagli obiettivi pianificati ed eventuali

aggiustamenti.

La ragion d’essere del marketing agroalimentare è quella di soddisfare il consumatore,

quindi con le sue funzioni il marketing è in grado di rispondere all’evoluzione de gusti e delle

richieste del consumatore.

Il marketing tuttavia nel sistema agroalimentare, caratterizzato dalla prevalente presenza

di imprese di piccola, medio-piccola e media dimensione economica e strutturale nei settori che

lo compongono (agricoltura, industria di trasformazione, distribuzione) stenta ad essere

funzione creativa del management d’impresa, anche se l’adozione di strategie di marketing è

divenuta ormai essenziale sia nel caso di distribuzione di prodotti agro-alimentari di largo

consumo o di massa (con domanda a basso grado di elasticità: derivati dei cereali, carni fresche,

ecc.), sia nel caso della distribuzione di prodotti agroalimentari di qualità, tipici, a

denominazione di origine (con domanda ad elevato grado di elasticità: formaggi, vini, olio,

frutta, ecc.).

14

Le ragioni che limitano l’adozione del marketing anche nella piccola e media impresa

operante nel sistema agroalimentare, oltre che nella dimensione economica (ma non sempre),

sono da ricercare nella struttura tipologica del prodotto (riguardo alla selezione, alla qualità, alla

certificazione, al confezionamento, ecc.), nella organizzazione delle imprese (il modello più

diffuso è stato quello della organizzazione associativa delle imprese nei diversi stadi della

filiera, sia in orizzontale che in verticale, la quale spesso pur realizzando una dimensione

economica più o meno di rilievo, non è stata in grado di accompagnare l’evoluzione della

dimensione economica con l’evoluzione delle strategie d’impresa richieste dal mercato,

moderno ed ampio), nella cultura professionale del management d’impresa (spesso inadeguata a

comprendere il passaggio dalla struttura produttiva ed organizzativa product-oriented a quella

marketing-oriented), ed infine nelle istituzioni pubbliche sia amministrative che formative e

scientifiche (spesso non adeguatamente operanti nel dare supporto alla necessaria evoluzione

culturale, tecnologica, organizzativa delle imprese, in modo particolare nelle aree svantaggiate

e/o meno sviluppate: in Italia quelle del meridione).

La complessità e l’ampiezza del mercato, conseguenti alle politiche sul commercio

internazionale, alla stessa internazionalizzazione delle imprese, alla evoluzione tecnologica e

biotecnologica, alla evoluzione economica e demografica, alle continue mutazioni nel

comportamento del consumatore, alla sempre più spinta segmentazione della domanda

alimentare, richiedono ormai l’adozione da parte delle imprese operanti nel sistema

agroalimentare di politiche, di strategie, di operatività di marketing. Finora il marketing è stato

adottato da imprese dell’industria agroalimentare e della grande distribuzione aventi dimensioni

economiche di un certo rilievo, più raramente ha coinvolto l’impresa agricola o comunque e più

in generale la piccola e media impresa.

La situazione esistente oggi in Italia si può definire caratterizzata da dualismo in quanto,

in tutte le filiere di prodotto che compongono il sistema agroalimentare, si riscontra insieme una

elevata presenza di imprese definibili product-oriented (il cui processo d’impresa è basato

dapprima sulla realizzazione del prodotto e solo successivamente sulla sua vendita) ed un

numero piuttosto modesto di imprese marketing-oriented (il cui processo d’impresa è basato

dapprima sui desideri, sui bisogni, sulle preferenze del consumatore e successivamente sul

modo di soddisfare tali esigenze realizzando, logicamente, risultati economici: l’impresa per

vendere deve produrre ciò che il consumatore desidera).

Azienda agroalimentare marketing-oriented: è un’azienda che nell’attuazione della sua

strategia aziendale privilegia le richieste del mercato e del consumatore; ossia produce ciò che

può vendere sul mercato. Tuttavia, alcuni autori (Ritson, 1997) affermano che il marketing

agricolo non può essere considerato come un’applicazione del marketing management ai

15

prodotti agricoli, ma esso rappresenta una branca dell’economia agraria che abbraccia tutte

quelle tematiche riguardanti il mercato dei prodotti agricoli, l’andamento dei prezzi, il sistema

distributivo, ecc.

La particolarità dell’agro-alimentare risiede nel fatto che in questo contesto prodotto,

imprese e territorio sono fra loro interdipendenti; da qui la necessità di affrontare il marketing

agro-alimentare secondo un approccio multidimensionale. Infatti, le analisi di marketing nel

caso del sistema agroalimentare diventa il sistema stesso. Il SAA (Ghersi, Bencharif, 1995) è

l’insieme degli agenti in interazione dinamica che intervengono nella produzione e nel

trasferimento dei prodotti alimentari al fine di assicurare l’alimentazione di una determinata

popolazione; includendo in questa definizione tutte le attività a monte e a valle del processo

produttivo agricolo, oltre che le istituzioni, le leggi e l’ambiente socio-culturale.

E’ la peculiarità stessa del SAA a sollecitare la ricerca di un modello di marketing

rispondente alle caratteristiche del Sistema.

Tuttavia, è molto difficile analizzare il SAA nel suo insieme, si preferisce quindi

analizzarne una parte di esso caratterizzato da una serie di fattori comuni (prodotto, obiettivi,

fasi economiche, istituzioni, leggi, ambiente socio-culturale, …) nel passaggio dalla produzione

al consumo finale.

II sistema agroalimentare, qualunque possa essere l'ambito territoriale di riferimento, è

soggetto, determinato e modulato dagli effetti di grandi fenomeni, che solo apparentemente

possono essere interpretati agenti in modo autonomo, mentre nella realtà sono strettamente

interconnessi ed intercorrelati sia negli aspetti territoriali, che in quelli sociali, ed ancora, in

quelli politici.

I fenomeni indicati sollecitano la globalizzazione delle economie e dei mercati

evolvendosi in un crescente intreccio di legami ed interdipendenze tra imprese, tra territori, tra

paesi ed imponendo alle istituzioni, ai sistemi produttivi, alle imprese sempre nuove strategie e

continui riposizionamenti, al fine di adeguatamente fronteggiare la progressiva crescita della

competitività dei mercati.

Un altro aspetto da evidenziare riguarda la società civile, economica e sociale nel suo

assetto ormai post-industriale (old economy) e fortemente pervaso dalla new economy, che

inaspettatamente, ma con forte valenza di razionalità, è fortemente interessata all'agricoltura

avendo i suoi soggetti i seguenti interessi:

- il consumatore, per un'agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nella

produzione di alimenti salutistici e di qualità;

- il cittadino, per una agricoltura impegnata a difendere, tutelare e valorizzare il

territorio e l'ambiente;

16

- il contribuente, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati a

produrre reddito e ricchezza economica;

- il lavoratore, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nel

mantenimento, nella crescita, nella evoluzione professionale della occupazione.

Gli interessi della società moderna per l’agricoltura sono pertanto diffusi ed intercorrelati,

poiché essa è chiamata a svolgere ormai ruoli complessi, che così si possono indicare:

- produrre alimenti sani e con tecniche eticamente accettabili;

- tutelare e valorizzare l'ambiente ed il territorio per l'attuale popolazione e per le future

generazioni;

- conservare e difendere la biodiversità quale patrimonio dell'umanità;

- fornire beni e servizi di ordine collettivo;

- integrarsi con l'industria agroalimentare e la distribuzione alimentare.

In questo contesto l’agricoltura oltre a continuare la sua funzione produttivistica, con

valenza specifica e irrinunciabile alla qualità ed alla salubrità dei prodotti e dei fattori della

produzione, ha assunto il ruolo della multifunzionalità, provocando così effetti indotti su altre

attività produttive (turismo, agriturismo, turismo rurale, artigianato, beni culturali, ecc.) o effetti

esterni alla produzione (valorizzazione e tutela ambientale e paesaggistica, riduzione del

degrado delle risorse naturali, mantenimento degli insediamenti rurali, ecc.). In definitiva

l'agricoltura ha così assunto ruoli, strutture, organizzazione multifunzionali ed approcci

multisettoriali ed integrati nella economia e nei sistemi territoriali: distretti rurali, distretti

agroalimentari di qualità.

Gli aspetti qui evidenziati hanno indotto e continuamente inducono i paesi avanzati,

europei ed extraeuropei, a reagire alla sfida della competitività nei mercati agroalimentari ed

alle crescenti richieste dei cittadini (come peraltro sta avvenendo nel tempo che stiamo vivendo

in ambito Unione Europea e Millenium Round) di salvaguardia e di tutela della salute umana e

dell'ambiente nel mondo globalizzato, con politiche mirate alla promozione di attività a maggior

valore aggiunto, al miglioramento qualitativo dei prodotti e dei processi, alla diversificazione

delle attività produttive, in modo tale che la competizione si sposti dal rapporto prezzo-quantità,

al rapporto prezzo-qualità.

Tutto ciò non significa, però, che per le imprese agro-alimentari di dimensione piccola o

medio-piccola non si possa pianificare un intervento di marketing; allora, il piano marketing per

le imprese agricole o alimentari (piccole o medio-piccole) sarà preparato in maniera più

semplice rispetto a quello delle grandi imprese industriali. Molte informazioni verranno raccolte

dall’impresa nell’ambito ed in relazione ai rapporti che questa ha con tutti gli “attori”

17

partecipanti (direttamente e/o indirettamente) al processo produttivo. Lo sforzo di

pianificazione, in questo caso sarà maggiore e andrà valutata la sua fattibilità.

Dato che, l’offerta del sistema agroalimentare è quella di un bene complesso che

comprende: prodotto, marca, territorio, ambiente, alimentazione, sicurezza, ecc.; gli strumenti

utilizzati nel marketing agroalimentare, che coinvolge l’intero sistema agroalimentare, sono

quelli che vogliono rispondere al meglio alle nuove esigenze dei consumatori (che si presentano

più esigenti, critici, selettivi; mirano ad affermare la propria personalità e prestano sempre

maggiore attenzione alla qualità, alla genuinità, alla sanità, alla freschezza dei prodotti, ed infine

alla varietà e diversificazione dei tempi, modi, luoghi e beni di consumo) e richiedono una

gestione efficace del sistema stesso (gestione che garantisca ed assicuri fra le altre cose anche e

soprattutto la qualità del prodotto, la quale in passato costituiva uno strumento di successo per

l’impresa, mentre oggi è anche diventata condizione essenziale anche nel sistema

agroalimentare). Quindi, per la differenziazione dei prodotti (da cui si trae il vantaggio

competitivo) si ricorre all’uso dei marchi, delle denominazioni d’origine ( IGP, DOP, STG,

IGT, DOC, ecc.), alla certificazione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente e/o delle

caratteristiche del prodotto (es. biologico), ecc.

Il Marketing agro-alimentare è, in definitiva, volto a creare e gestire il valore del prodotto

per il cliente all’interno del sistema agroalimentare, cosicché tutti i soggetti coinvolti possano

essere soddisfatti fino al punto in cui il soggetto strategico del marketing diventa il sistema

stesso.

In questo contesto la risoluzione delle problematiche conseguenti all’adozione del

marketing nel sistema agroalimentare richiede impegno strutturale ed organizzativo non solo

all’impresa in quanto soggetto operante nel mercato, ma anche al complesso istituzionale

pubblico e politico, poiché dal grado di presenza e di efficienza concorrenziale delle imprese sul

mercato dipende in definitiva il tasso di sviluppo del sistema economico di un’area o di un

paese.

18

2 PIANO MARKETING

Il marketing elabora e realizza strategie: che, agendo sulle variabili (determinanti) che

possono modificare la domanda, trasforma l’acquirente potenziale in acquirente effettivo. Per

fare ciò utilizza uno strumento, indispensabile per una efficace politica di marketing, che è il

Piano di marketing: “Strumento analitico attraverso il quale, con un lavoro di elaborazione e

realizzazione, l’impresa fissa i suoi obiettivi di sviluppo, predetermina il suo marketing mix e li

realizza con piani di produzione, vendita, informazione,ed ogni altro strumento operativo che

ritiene necessario” ossia uno schema di realizzazione a breve, medio e lungo termine degli

obiettivi di mercato che l’azienda vuole raggiungere. Sempre tenendo conto dei: Fattori esterni

all’impresa (concorrenza, tecnologia, disponibilità di materie prime e di manodopera, ambiente

finanziario ed economico, legislazione. I suddetti fattori rendono l’ambiente dinamico e sempre

in movimento); e del consumatore (che esprime esigenze derivanti dai suoi bisogni (costanti);

per soddisfare i quali, sceglie (potendo farlo) il prodotto più conveniente, cioè quello che a suo

avviso offre i maggiori vantaggi al prezzo più interessante. Il marketing tramite l’elaborazione e

la realizzazione di una strategia, agisce sulle variabili che possono modificare la domanda e

trasforma l’acquirente da potenziale in effettivo.

Le componenti del piano di marketing dunque coinvolgono tutte le risorse dell’impresa, i

segmenti di mercato, l’ambiente esterno, il marketing mix.

All’inizio del processo di pianificazione bisogna innanzi tutto evidenziare:

• Che cosa si sta vendendo?

• A chi?

• Che tipo di attività si sta svolgendo?

Prodotto, mercato e azienda (impresa), dunque, interagendo fra loro danno vita al

marketing.

La prima fase della pianificazione delle azioni di marketing richiede la iniziale

puntualizzazione e scelta degli obiettivi da realizzare; segue la fase dell’applicazione e del

compimento da parte dell’organizzazione di marketing delle operazioni previste dal programma

di marketing; infine la fase della valutazione serve a dare continuità al processo amministrativo,

stabilendo un legame tra ciò che è stato fatto e ciò che dovrà essere fatto, ossia il management

valuterà quanto è stato fatto per avere un’idea della performance dell’azione di marketing

tenendo conto degli obiettivi fissati. I suggerimenti che emergono dalla valutazione dell’azione

compiuta vengono poi usati nel determinare i nuovi obiettivi e nella formulazione dei piani per

il futuro.

19

Schema del processo di pianificazione

La pianificazione delle azioni di marketing richiede: 1) la iniziale puntualizzazione e

scelta degli obiettivi da realizzare (NB: il Profitto). La realizzazione del profitto viene

perseguita con obiettivi aziendali espressi in termini finanziari (fatturato, utile netto, ROI –

return on investment: profitto d’investimento-, ecc.) che permettono una pianificazione

temporale diversa da impresa ad impresa. Nella realizzazione di un piano aziendale i fattori da

tenere in conto sono: Aspettative, Concorrenza, Punti di forza e di debolezza dell’azienda,

Risorse disponibili, ecc.

Spesso è importante che gli obiettivi siano fissati per iscritto, in modo da minimizzare a)

il rischio di essere fraintesi; b) il rischio che le decisioni e le attività amministrative non siano

coerenti con il raggiungimento di tali obiettivi. Per essere rispondenti gli obiettivi dovrebbero

essere anche fissati nella maniera più specifica possibile e non in termini vaghi. Un obiettivo è

ciò che vogliamo raggiungere, una strategia è come pianificare per raggiungerlo.

Definiti gli obiettivi occorre ideare le strategie, cioè le vie ed i mezzi per la realizzazione

degli obiettivi, che riguardano, le componenti del marketing mix: il prodotto, il prezzo, la

distribuzione e la promozione. L’ultimo passaggio del piano marketing è la definizione di un

programma (programmazione), che consiste nel suddividere i principali obiettivi e strategie del

marketing in sotto-obiettivi, ognuno con la sua singola (passaggi e costi).

Per la realizzazione degli obiettivi prefissati nei piani un’impresa mette in atto

determinate strategie che costituiscono le sue fondamentali vie di azione. Per quanto concerne il

marketing, la relazione tra obiettivi e strategie può essere così illustrata: (Figura).

20

Due aziende possono avere lo stesso obiettivo, ma usare differenti strategie per

raggiungerlo (Es. 1 A-1B, 2 A-2B). In generale, la strategia comporta scelte che hanno una

validità temporale di medio-lungo periodo.

Quando si parla di obiettivi, strategie e tattiche (strumento operativo attraverso cui una

strategia può essere attivata e messa in pratica – durata di breve periodo es. fare pubblicità

mirata al target prescelto) è importante identificare il livello organizzativo al quale ci si intende

riferire; infatti ciò che è un obiettivo per chi opera ad un certo livello può essere una strategia

per chi opera ad un livello organizzativo superiore: Obiettivo dell’azienda vs strategia

dell’azienda (e obiettivo del marketing) vs strategia di marketing (e obiettivo della forza

vendita).

Relazione tra obiettivi e strategie di un’impresa

Tutte le imprese ben gestite dispongono di qualche tipo di piano per indirizzare e

coordinare le attività che si svolgono al loro interno. Tuttavia il grado di formalizzazione del

processo di pianificazione tende a differire da un’impresa all’altra. Così, se nelle grandi e

grandissime imprese si fa riferimento a strutture e processi di pianificazione definiti e codificati

in particolari procedure, nelle piccole imprese spesso non si dispone di un piano scritto e

documentato. Il che non implica che anche in quest’ultimo tipo di imprese non sussista

l’esigenza che, almeno nella mente dell’imprenditore, esista un’idea di cosa fare e come farlo.

L’essenza della pianificazione consiste nello studio del passato per decidere oggi cosa

fare in futuro. Si può altresì dire che la pianificazione strategica coinvolge l’azienda nella sua

21

globalità e consiste nel processo manageriale con cui si realizza l’accoppiamento delle risorse

disponibili con le opportunità di marketing, in una prospettiva di lungo periodo.

Il processo di pianificazione strategica consiste in: a) definizione della missione

dell’azienda; b) fissazione di obiettivi organizzativi da raggiungere; c) selezione delle strategie

idonee per il raggiungimento di tali obiettivi.

Definire la missione significa identificare il ruolo dell’azienda nel mercato e

nell’ambiente in una prospettiva di sviluppo della sua attività. La missione non è riconducibile

semplicemente ai prodotti che l’azienda fabbrica ed alle tecnologie che impiega, ma è piuttosto

da collegare alle esigenze ed ai bisogni che tali prodotti soddisfano.

Una volta che sia stata impostata la pianificazione strategica per l’azienda nel suo

complesso e, se il caso, per ogni singola unità strategica, la direzione deve impostare la

pianificazione per il marketing, per la produzione e per le altre principali aree funzionali

dell’azienda.

E’ ovvio che la pianificazione strategica di marketing deve essere integrata con quella che

si riferisce all’azienda nel suo complesso; come si è accennato, gli obiettivi e le strategie a

livello del marketing sono strettamente collegati con quelli a livello aziendale. Così una

strategia a livello aziendale si traduce spesso in un obiettivo a livello della direzione marketing.

Il processo di pianificazione strategica del marketing si svolge attraverso le seguenti fasi

successive:

1) Analisi della situazione, (SWOT Analysis) consiste nell’esaminare attentamente la

situazione in cui si trova attualmente l’azienda (i suoi mercati, la concorrenza, i prodotti, i

sistemi di distribuzione, i programmi promozionali, ecc.); si deve inoltre tener conto delle future

opportunità e dei rischi di mercato dell’azienda che sono influenzate dai fattori ambientali

esterni e da quelli interni che si riferiscono alle altre aree aziendali (extra- marketing).

2) Fissazione degli obiettivi dell’azione di marketing.

3) Scelta del mercato- obiettivo e sua analisi.

4) Progettazione e sviluppo del marketing mix di tipo strategico che consenta all’azienda

di soddisfare i propri mercati- obiettivo e di perseguire gli obiettivi fissati a livello di direzione

di marketing.

Alla definizione degli obiettivi seguono le analisi: informative preventive sulle singole

aree funzionali (produzione, finanza, personale, distribuzione, marketing) dell’impresa che

devono suggerire obiettivi e strategie per singola area e per verificare se con le risorse

disponibili ed i mercati attuali si possono realizzare gli obiettivi; analisi esterne, riguardanti

l’ambiente esterno (concorrenza, dimensioni del mercato, legislazione, disponibilità di materie

prime e di manodopera, ecc.). Le analisi esterne riguardano: la conoscenza dei fattori esterni,

che in qualche modo possono influenzare il raggiungimento di tali obiettivi (Ambiente esterno:

22

concorrenza, tecnologia, disponibilità di materie prime e di manodopera, ambiente finanziario

ed economico, legislazione). Le analisi interne, riguardano le caratteristiche interne

dell’impresa: forza lavoro o forza vendita, impianti e macchinari, prodotto, ecc..

Una volta che nel mercato si sono individuati i segmenti di mercato ed una volta

effettuate le analisi le cui procedure di valutazione devono essere standardizzate, occorre

mettere a punto obiettivi e strategie di marketing dell’impresa; quindi, utilizzando le

informazioni acquisite, le analisi servono ad evidenziare gli obiettivi e le strategie dell’impresa.

Per far ciò occorre procedere con l’analisi dei punti di forza (caratteristiche interne controllabili

dall’impresa) e di debolezza dell’impresa, delle opportunità e dei rischi (collegati a fattori

esterni, non controllabili dall’impresa) del mercato. Questa analisi prende il nome di: Analisi

SWOT.

Dopo l’analisi SWOT occorre formulare ipotesi su fattori esterni che influenzano

l’andamento dell’impresa ma sui cui essa non ha controllo. Le ipotesi devono essere il meno

possibile e pertinenti. Sulla base di tali ipotesi possono essere formulati gli obiettivi (il fine) di

marketing e le strategie (il mezzo) coerenti con questi obiettivi. Un obiettivo è ciò che vogliamo

raggiungere, una strategia è come pianificare per raggiungerlo. Obiettivi di marketing sono:

Prodotti (esistenti, nuovi); Mercati (esistenti, nuovi); 4 combinazioni dei primi due, diverse in

termini di volume, di valore e di quote di mercato.

Definiti gli obiettivi occorre ideare le strategie, cioè le vie ed i mezzi per la realizzazione

degli obiettivi, che riguardano, le componenti del marketing mix: il prodotto, il prezzo, la

distribuzione e la promozione. L’ultimo passaggio del piano marketing è la definizione di un

programma (programmazione), che consiste nel suddividere i principali obiettivi e strategie del

marketing in sotto-obiettivi, ognuno con la sua singola (passaggi e costi).

esistenti nuovi

MERCATI

esistenti

nuovi

P R O D O T T I

23

3. MERCATO AL CONSUMO E CONSUMATORE

3.1 Introduzione

Il marketing è comunicazione ed interazione tra Offerta (Impresa) e Domanda

(Consumatore). Il marketing concept sottolinea, infatti, il fatto che una profittevole attività di

marketing consiste innanzi tutto nell’individuazione e nella comprensione dei bisogni del

consumatore per poi sviluppare, su questa base, un marketing mix finalizzato al soddisfacimento di

tali bisogni.

Tra bisogno, consumo e domanda esiste infatti un legame logico inscindibile: come il

bisogno genera (nei limiti delle possibilità economiche dell’individuo o dell’azienda) il consumo,

così quest’ultimo genera la domanda. E’ evidente che consumo e domanda rappresentano momenti

distinti dell’azione svolta a soddisfare un bisogno. Mentre la domanda è costituita da una serie di

intenzioni e di azioni tese ad assicurare la disponibilità del bene o servizio (quindi comporta, e si

conclude con un rapporto di scambio), il consumo è espressione di utilità, ricerca di soddisfazione e

di piacere dal prodotto prima acquistato.

Il richiamo ai bisogni è dunque il punto di avvio tanto dell’analisi dei consumi quanto

dell’analisi della domanda. Dal punto di vista del marketing tale riferimento è fondamentale in

quanto il marketing è finalizzato, tra l’altro, all’ottenimento e al mantenimento della massima

soddisfazione possibile dei bisogni dei consumatori.

Pertanto una piena comprensione del consumatore, dei suoi bisogni e dei suoi comportamenti

di acquisto costituisce la condizione di partenza per un marketing di successo.

I bisogni vengono distinti in: bisogni innati, quali quelli fisiologici o primari (mangiare, bere,

vestirsi …), e bisogni acquisiti, sono tutti quelli che hanno origine dall’interazione con la cultura o

l’ambiente circostante (sicurezza, prestigio, affetto …), sono in genere psicologici e vengono

definiti come bisogni secondari.

24

La maggior parte di questi bisogni restano latenti fino a quando non interviene uno stimolo

(fisiologico, psicologico, emotivo, ambientale, …) ad attivare lo stato di tensione che caratterizza il

bisogno insoddisfatto. Tale stato, tuttavia, si trasforma in comportamento di acquisto solo quando

la tensione così generata non raggiunge un determinato livello.

Numerosi studiosi a partire dai primi del 1900 hanno cercato di classificare i bisogni umani, i

più importanti sono ancora oggi Murray, Maslow e Mc Guire. I primi due hanno fatto un’analisi

strettamente psicologica che difficilmente permette di applicare le loro classificazioni ad un’analisi

del comportamento del consumatore, il terzo ha invece svolto un’analisi strettamente legata alla

materia in oggetto.

Intorno al 1943 il dottor Abraham Maslow, anch’egli psicologo, sviluppò una gerarchia dei

bisogni umani, il suo lavoro parte dalla domanda “perché una persona spende più tempo ed energia

per la sicurezza personale ed un’altra nel guadagnare la stima degli altri?”; e si basa su quattro

premesse:

• tutti gli esseri umani acquisiscono tutta una serie di bisogni simili attraverso l’ereditarietà

genetica e l’interazione sociale;

• alcuni bisogni sono più importanti di altri;

• i bisogni primari devono essere soddisfatti ad un certo livello (minimo) prima che gli altri

bisogni vengano attivati;

• una volta soddisfatti i bisogni primari, vengono soddisfatti anche gli altri bisogni

seguendo sempre un ordine gerarchico.

Secondo la teoria di Maslow, quindi, esistono cinque livelli di bisogni umani, classificati in

ordine d’importanza: da quelli primari (fisiologici e biologici) a quelli secondari (psicologici);

innanzi tutto vengono soddisfatti i bisogni primari per poi salire lungo la classifica, poiché una

volta soddisfatto un bisogno ne emerge un altro di livello superiore (Figura).

Il contributo di Maslow è importante per questo ordinamento gerarchico dei bisogni che fa

comprendere come il consumatore man mano che passa alla soddisfazione di bisogni superiori

compie anche uno sviluppo dal punto di vista psicologico; la carenza di questo contributo risiede,

invece, nel fatto che l’analisi del comportamento che si può effettuare a partire da tale

classificazione è piuttosto generica e non si adatta a comportamenti specifici, né è adatta ai fini

previsionali per la poca dinamicità da cui è caratterizzata tale struttura gerarchica.

25

3.2 Il comportamento del consumatore

Lo studio del comportamento del consumatore è relativamente recente. I primi approcci alla

teoria del consumatore compaiono negli USA intorno agli anni ’60 quando si inizia a parlare di

consumer behaviour; tale teoria, fin dalla sua origine si accompagna al marketing con il fine di

sviluppare teorie e modelli di gestione compatibili con i comportamenti e le attese dei consumatori.

Infatti, all’inizio degli anni ’60, con Howard (1963) ed altri a seguire, si comincia a guardare al

consumatore con una maggiore attenzione e matura così una diversa visione sul suo essere ed una

nuova disciplina che ben presto si rende autonoma dal marketing. E’ la teoria del consumer

behaviour che sviluppa modelli e teorie spesso di supporto al marketing stesso ma non

necessariamente ad esso diretti.

Inizialmente, gli studiosi di marketing volevano conoscere le specifiche cause del

comportamento del consumatore, sapere come gli individui recepivano, immagazzinavano ed

utilizzavano le informazioni riguardanti il consumo, per sviluppare a partire da queste conoscenze

strategie che potessero influenzare le relative decisioni.

Le strategie di marketing erano e sono strettamente rivolte alle imprese che hanno come

principale obiettivo quello di indurre il consumatore a comprare; lo scopo del marketing è quello di

26

capire perché il consumatore compra, quali bisogni cerca di soddisfare e quali sono i fattori che

possono influenzare la scelta del prodotto da acquistare, così da poter applicare un’appropriata

strategia. In questi studi vengono presi in considerazione le caratteristiche personali dell’individuo,

le caratteristiche del prodotto e la situazione (il contesto generale) presente al momento del

consumo (Fig.1). Dagli studi di marketing è subito emerso che il consumatore è un individuo

complesso con una propria fisionomia, un proprio carattere, propri valori e gusti, un individuo che

interagisce con l’ambiente e la società che lo circonda e da cui riceve stimoli di varia natura

(elemento dell’ambiente). Ogni individuo è unico, un universo a se stante e l’impresa attraverso gli

studi di marketing cerca di conoscerlo più in dettaglio per meglio comprendere tutti quei

meccanismi che lo portano fino alla decisione dell’acquisto (decisore).

Tuttavia, anche se il consumatore era considerato un elemento molto importante nella

elaborazione delle strategie di marketing ancora il suo ruolo era considerato in maniera piuttosto

generica.

In definitiva, l’importanza del marketing consiste nell’aver rappresentato il punto di avvio

alle ricerche riguardanti il comportamento del consumatore, infatti, nonostante la teoria del

consumer behaviour sia nata cinquant’anni dopo il marketing, quando quest’ultimo era al massimo

del suo sviluppo, le due discipline risultano strettamente collegate. Da quanto detto risulta, dunque,

evidente la stretta relazione che c’è tra il marketing e lo studio del comportamento del

consumatore.

Figura - Il Consumer behaviour dal punto di vista del marketing

Esistono diverse definizioni di consumer behaviour forniteci dai diversi autori che si sono

occupati della materia. A titolo d’esempio possiamo citare alcune di queste definizioni:

il comportamento che i consumatori tengono nel cercare, nell’acquistare, nell’utilizzare, nel

valutare e nell’eliminare prodotti e servizi che essi suppongono possano soddisfare i loro bisogni;

Consumer behaviour

Caratteristiche personali

Situazione

Caratteristiche del prodotto

Strategie

di marketing

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il processo decisionale e le attività che gli individui mettono in atto quando valutano,

acquistano, utilizzano o eliminano beni e servizi.

Tuttavia, fra tutte le definizioni si tende a fare maggiormente riferimento a quella supportata

dall’American Marketing Association (AMA) secondo la quale il comportamento del consumatore

è visto come “l’interazione dinamica di affetto e cognizione, comportamento ed ambiente, da cui

gli esseri umani traggono le funzioni di scambio per le loro vite”.

Da un diverso punto di vista il consumer behaviour può essere considerato come una parte

dell’intero comportamento umano, infatti tutti quei fattori che quotidianamente influenzano gli

individui nei loro comportamenti, influenzano egualmente le loro attività di acquisto.

In effetti, spesso il comportamento del consumatore viene utilizzato per approfondire lo

studio di altri tipi di comportamento, tanto che a volte risulta difficile distinguere nettamente il

confine fra il comportamento del consumatore ed altri aspetti del comportamento umano. Diverse

discipline, dette “behavioural sciences”, hanno come oggetto del loro studio il comportamento

umano e possono essere utili per approfondire quello del consumatore. E’ per questo motivo che si

attribuisce al consumer behaviour una natura multidisciplinare.

Le scienze comportamentali che, insieme al marketing, hanno dato il loro contributo nello

studio del consumer behavoir sono: la psicologia, la sociologia e l’antropologia.

La psicologia, è – com’è noto - la scienza che studia l’individuo e quindi ne studia anche le

motivazioni, le percezioni, le attitudini, la personalità e l’apprendimento. Tutto ciò ci aiuta a capire

i differenti bisogni di consumo degli individui, le loro azioni e le loro reazioni di fronte a differenti

prodotti, ed infine il modo in cui la loro personalità e le esperienze precedenti possono influenzare

la scelta del prodotto.

La sociologia, è – com’è noto - la scienza che studia il comportamento dei gruppi. Descrive

le azioni degli individui all’interno del gruppo e spiega le differenze fra queste e le azioni

dell’individuo da solo. Spiega le influenze che i membri del gruppo, la famiglia e la classe sociale

di appartenenza possono avere sul singolo individuo.

L’antropologia, è la scienza che studia l’individuo nella società, in rapporto alla sua cultura.

Traccia lo sviluppo delle credenze, dei valori e dei costumi tramandati agli individui dai loro

parenti e dai loro antenati ed influenzanti il comportamento d’acquisto e di consumo dell’individuo

stesso. Inoltre fa le comparazioni fra culture diverse con diversi usi e costumi.

Ma è stata la scienza economica, insieme alle scienze comportamentali, a dare i maggiori

contributi alla teoria del comportamento del consumatore con lo studio della produzione, degli

scambi e del consumo di beni e servizi.

28

Studiare il comportamento del consumatore può essere un’operazione molto complessa

poiché numerose variabili sono coinvolte nell’esplicazione di tale comportamento, le quali

oltretutto interagiscono fra di loro, si influenzano a vicenda e possono continuamente mutare.

Da qui, la difficoltà a sviluppare un unico modello di studio del consumer behaviour. Infatti,

nel tempo si sono affermati diversi tipi di approccio alla materia, diversi punti di vista, che spesso

hanno generato una certa confusione.

L’analisi del comportamento nelle sue parti costituenti (affetto e cognizione, comportamento

e ambiente) avviene, in genere, ponendo l’attenzione o alle scelte di acquisto o all’intero processo

di consumo; il consumatore è studiato come individuo, decisore ed elemento dell’ambiente. Gli

approcci tradizionali si occupano essenzialmente della fase di acquisto ed è’ solo a partire dagli

anni ’80 che si è spostata l’attenzione sull’intero processo di consumo.

L’approccio più diffuso è quello che si basa sul principio che l’individuo raccoglie tutti gli

stimoli provenienti dall’esterno per poi analizzarli ed elaborarli e quindi scegliere tra le diverse

alternative che gli si propongono (approccio cognitivista). L’individuo è quindi un soggetto attivo

che assume comportamenti diversi a seconda dell’interpretazione data alle informazioni raccolte. I

suoi comportamenti di acquisto sono una conseguenza di questo processo di elaborazione.

Diversi sono gli autori (Howard, Nicosia, Engel et al. …) che affrontando l’argomento hanno

dato origine a dei modelli di analisi basati sullo studio dei comportamenti di acquisto del

consumatore, detti modelli stimolo-risposta (S-R).

In generale, secondo i modelli stimolo-risposta (S-R) il consumatore riceve dall’esterno

stimoli che sono in effetti l’insieme di tutte le informazioni raccolte attraverso la pubblicità, le

opinioni dei conoscenti, ecc.; questi stimoli per dare luogo ad una risposta devono essere percepiti,

compresi (internalizzati) ed elaborati dall’individuo che in questo modo avvia un processo

decisionale fino ad arrivare alla “risposta” agli stimoli stessi: la scelta di acquisto o a volte la

necessità di acquisire ulteriori informazioni prima di arrivare alla scelta. Ogni individuo effettua

questo processo in maniera del tutto soggettiva, diversa da quella di tutti gli altri individui. Da qui

il motivo e la necessità di analizzare questi processi di scelta dal punto di vista del singolo

consumatore e non in maniera generalizzata.

In base a questi modelli il processo decisionale, processo cognitivo, è semplicemente il

tramite fra gli stimoli e la risposta; il consumatore è un soggetto attivo, diverso dagli altri individui,

che cambia nel tempo ed insieme a lui cambia anche il suo processo decisionale. Tutto questo

conduce alla soggettività del processo decisionale, il quale viene inoltre visto secondo un’ottica

evolutiva in cui l’individuo si trova ad assorbire sempre nuovi stimoli, a prendere sempre nuove

decisioni e ad acquisire sempre nuove informazioni. In base a ciò, si suppone che il consumatore

possieda una certa capacità di apprendimento e quindi nel tempo la capacità di gestire sempre

meglio i suoi processi decisionali e di migliorare le sue scelte d’acquisto.

29

Stimolo esterno

Risposta (scelta)

Struttura di base dei modelli cognitivi di tipo S-R

Ci sono casi in cui il percorso decisionale seguito dall’individuo non è così lineare e

razionale come la teoria cognitivista afferma; a creare una distorsione nella elaborazione delle

informazioni e nel processo decisionale interviene la componente affettiva del consumatore, con

cui si intendono le emozioni o le sensazioni (sia positive che negative) del consumatore stesso di

fronte ad un oggetto.

Alla domanda “quali sono i fattori che influenzano le preferenze e le scelte al momento

dell’acquisto?” numerosi studi hanno cercato di rispondere. Tutti sono arrivati alla conclusione che

l’atto di acquisto è il risultato di una combinazione di fattori individuali e di stimoli esterni.

Comprendere il comportamento del consumatore significa comprendere come e perché il

consumatore acquista beni e servizi, ricordando però che il comportamento di acquisto e di

consumo possono variare da un bene all’altro o per lo stesso bene a seconda del momento o

dell’uso che se ne fa. Quali sono, allora, le variabili che influenzano tali comportamenti?

Distinguiamo: fattori interni, fattori esterni e processo decisionale. Queste variabili sono facilmente

ricollegabili ai tre aspetti che assume il consumatore secondo la teoria cognitivista. Egli viene,

infatti, visto come individuo, come decisore e come elemento dell’ambiente.

I principali fattori che determinano il comportamento del consumatore sono i seguenti:

Fattori culturali: Cultura; Subcultura; Classe sociale.

Fattori sociali: Gruppi di riferimento; Famiglia; Ruolo e status.

Fattori personali: Età e stato del ciclo di vita; Occupazione e condizioni economiche; Stile di

vita; Personalità e concetto di se.

Fattori psicologici: Motivazione; Percezione; Apprendimento; Credenze e abitudini.

Questi fattori possono anche essere suddivisi come: fattori esterni e fattori interni.

I fattori interni sono quelli che influiscono sul “come” il consumatore procede nel suo

processo decisionale per quanto riguarda beni e servizi. Tali fattori hanno una grande influenza sul

Stimolo internalizzato

Processo decisionale

Ricerca

30

processo decisionale; il consumatore, infatti, subisce gli stimoli esterni che però non influiscono

direttamente sul suo comportamento, ma vengono modificati dai fattori interni come ad esempio la

personalità, l’apprendimento, l’atteggiamento o le motivazioni.

I principali fattori esterni che intervengono nell’influenzare il comportamento del

consumatore sono elementi economici, tecnologici, politici e culturali (demografici, situazione,

cultura, classe sociale, gruppo sociale di riferimento e famiglia); e, insieme a questi, gli elementi

che fanno parte del marketing mix (prodotto, prezzo, punto vendita, promozione).

Infine, i principali stimoli interni sono quelli legati alle caratteristiche del consumatore

(personalità e concetto di sé, motivazione e coinvolgimento, processo informativo, apprendimento

ed infine atteggiamento).

Il processo decisionale è il “mezzo” che il consumatore adotta per effettuare la scelta di un

bene o di un servizio, e si conclude con l’atto di acquisto.

Riassumendo il modello di analisi per conoscere il comportamento del consumatore è,

dunque, il modello “stimolo-risposta”:

Stimoli esterni Scatola nera dell’acquirente Reazioni dell’acquirente

Marketing (mix)

Altri (principali)

Caratteristiche dell’acquirente

Processo di decisione dell’acquirente

Scelta del prodotto Scelta della marca Scelta del rivenditore Tempo di acquisto Ammontare dell’acquisto

Prodotto Economici Prezzo Tecnologici Punto vendita Politici Promozione Culturali

Mentre i fattori fondamentali che determinano il comportamento del consumatore sono

numerosi, compresi nel seguente schema di massima:

Fattori culturali Fattori sociali Fattori personali Fattori psicologici Cultura Subcultura Classe sociale

Gruppi di riferimento Famiglia Ruolo e status

Età e stato del ciclo di vita Occupazione Condizioni economiche Stile di vita Personalità e concetto di se stessi

Motivazione Percezione Apprendimento Credenze e abitudini (opinioni ed atteggiamenti)

31

3.2.1 Fattori culturali

Cultura

In un’ottica di comportamento del consumatore, la cultura viene definita come l’insieme

delle convinzioni, dei valori e dei costumi che servono a dare una guida al comportamento dei

consumatori come membri di una particolare società. Infatti, oltre ad influire sulla natura e

sull’intensità dei bisogni che si manifestano, la cultura influisce anche sul modo in cui tali bisogni

vengono soddisfatti.

Diversamente dalle caratteristiche biologiche la cultura non è né innata né istintiva, ma è una

caratteristica appresa dagli individui fin da piccoli tramite i contatti con il contesto sociale in cui

sono inseriti.2

Una volta appresa la cultura non resta inalterata ma si evolve continuamente, movendo da

vecchie idee verso nuove idee ed integrando le une con le altre, come in un sistema dinamico. Per

acquisire una cultura comune i membri di una società devono comunicare fra loro con un

linguaggio comune, senza il quale non può esistere la condivisione della cultura stessa.

I confini dettati dalla cultura a proposito dei vari tipi di comportamenti, leciti o illeciti, sono

le norme di una società; la violazione di una norma fa incorrere in una penalità, tuttavia in genere

gli individui tendono ad obbedire alle norme dettategli dalla loro cultura senza rifletterci sopra,

semplicemente perché in quanto membri di una data società con una data cultura, qualsiasi altro

modo gli sembrerebbe innaturale.

La cultura è, anche, il complesso di simboli e realizzazioni prodotte da una determinata

società. I simboli si suddividono in intangibili (abitudini, convinzione, valori, linguaggi, religioni) e

tangibili (strumenti, abitazioni, prodotti, …). I cambiamenti più significativi della cultura implicano

il marketing (qualità della vita, mutamenti del ruolo della donna, del modo di vivere, nel lavoro e

nel divertimento, time-saving, acquisti d’impulso e desideri di comodità).

Subcultura

Può riguardare un gruppo di individui all’interno di una società e si distingue per comuni

significati culturali. Rappresenta, cioè, un segmento all’interno di una più larga e complessa società

multiculturale. In genere, per distinguere i vari segmenti subculturali si utilizzano la religione, il

sesso, l’età ed anche l’identità etnica o razziale. Quest’ultima forma di distinzione, oggi nelle

società multietniche, assume un’importanza sempre più rilevante; infatti, anche nel nostro paese,

2 Perché una particolare convinzione o un valore possano essere considerati delle caratteristiche culturali è necessario che siano condivisi da una significativa porzione della società; infatti, la cultura può anche essere vista come un fenomeno di gruppo, dove l’unità più piccola è costituita dalla famiglia, che è il nucleo di partenza da cui vengono trasmessi ad un nuovo membro della società i valori, le convinzioni e tutto ciò che forma la cultura di quella data società.

32

con il crescente fenomeno dell’immigrazione, si cominciano a sentire gli effetti, dal punto di vista

sociale, dell’accostamento di diverse subculture legate all’etnia.

Questi fattori contribuiscono a definire gusti, preferenze, tendenze, valori, modi di vivere,

stili e atteggiamenti, modi di vestire, di divertirsi, aspirazioni, …

Classe sociale

In ogni società si distinguono più classi sociali, nelle quali vengono suddivisi gli individui

appartenenti a quella data società.

Per classe sociale si intende l’insieme di individui che occupano la stessa posizione in

relazione ai rapporti di potere che sottostanno alla divisione sociale del lavoro e alle connesse

disuguaglianze relazionali e distributive.3

Quindi la classe sociale è una forma di stratificazione della società in più gruppi omogenei di

individui che si distinguono per modi di comportamento e per stile di vita; viene, in genere,

utilizzata per misurare la situazione finanziaria degli individui.

Le classi sociali sono divise secondo un ordine gerarchico e, generalmente, gli individui

appartenenti ad una stessa classe mostrano comportamenti fra loro omogenei, con atteggiamenti,

attività e interessi fra loro simili. Inoltre, gli individui tendono a scegliere nelle loro relazioni

sociali soggetti appartenenti alla loro stessa classe.

Infine, bisogna sottolineare il fatto che questo sistema di stratificazione sociale è un sistema

aperto e dinamico poiché gli individui nel corso della loro vita possono avere l’opportunità di salire

nella gerarchia delle classi sociali, o al contrario può anche accadere che per vari motivi

regrediscano dalla loro posizione.

Si distinguono in: ricchissimi, nuovi ricchi, professionisti, colletti bianchi, operai, meno

abbienti.

Nel 1986, in Italia della popolazione attiva totale: borghesia 3,3%, classi medie 46,4%,

coltivatori diretti 7,6%, classe operaia 42,7% (Sylos Labini).

Sono stratificazioni sociali presenti in tutte le società; sono suddivisioni relativamente

omogenee e stabili, gerarchicamente ordinate i cui membri condividono valori, interessi,

comportamenti e preferenze. Con il processo di terziarizzazione le percentuali delle categorie

professionali si sono modificate.

3.2.2 Fattori sociali • Gruppo di riferimento

Un gruppo può essere definito come l’insieme di due o più persone che interagiscono fra loro

per realizzare un obiettivo individuale o comune.

3 P. Ceri et al. Manuale di sociologia, 1997

33

Fra questi gruppi, ve ne sono alcuni che possono diventare gruppi di riferimento. Con gruppo

di riferimento si intende l’insieme di una o più persone che assumono importanza per l’individuo

nella formazione di valori generali o specifici, nella formazione degli atteggiamenti e per la scelta

del comportamento.

Questo concetto serve per aiutare a capire l’impatto che le altre persone possono avere sulle

convinzioni, gli atteggiamenti ed il comportamento di un individuo anche al momento del

consumo.

Si distinguono da un lato i gruppi primari o anche informali caratterizzati da una struttura

libera senza ruoli definiti. A questa categoria appartengono gruppi come la famiglia, gli amici, i

colleghi di lavoro, ecc., per i quali i rapporti interpersonali si svolgono faccia a faccia, con una

certa frequenza ed un certo livello di intimità; dall’altro lato ci sono invece i gruppi secondari, con

rapporti fra i diversi membri impersonali e formali e con strutture definite (es. un presidente, un

vicepresidente, ecc.). A questa seconda categoria appartengono i partiti politici, il circolo sportivo,

le associazioni personali, ecc..

I gruppi di riferimento hanno fondamentalmente due tipi di funzione, una è quella normativa

attraverso la quale influisce sui valori e sui comportamenti dell’individuo al pari della famiglia,

tramite le relazioni sociali l’individuo si costruisce una serie di valori di base a partire dai quali

affronta le sue scelte; l’altra funzione è quella comparativa, in base alla quale l’individuo si

identifica con un gruppo che diventa allora fonte di riferimento e di imitazione.

Ogni gruppo ha un opinion leader.

• Famiglia

La famiglia è l’elemento che più di ogni altro influisce sul comportamento dei suoi membri.

La famiglia è sia un gruppo primario, caratterizzato da rapporti informali, sia un gruppo di

riferimento, con i singoli membri che fanno riferimento ad alcuni valori, norme o atteggiamenti

della famiglia nei loro comportamenti.

Tradizionalmente la famiglia è definita come l’insieme di due o più persone che hanno

legami di sangue, di matrimonio o di adozione e che risiedono insieme.4

Il nucleo familiare è la più grossa unità di consumo, e viene dunque trattato come un

soggetto collettivo di acquisti e di consumi. Tuttavia, il processo decisionale all’interno della

famiglia non può essere considerato unico ed omogeneo poiché non sempre partecipano tutti i suoi

componenti e comunque ognuno di essi ha ruoli e scopi diversi.

Peter e Olson hanno identificato sei ruoli fondamentali all’interno della famiglia:

4 Tuttavia, nella società moderna il concetto tradizionale di famiglia è stato messo in crisi con la comparsa di nuove forme di coabitazione (es. coppie non sposate), per cui è emersa la necessità di ampliare in qualche modo il concetto e lo si è fatto tramite il termine di nucleo familiare (houseold) che comprende la famiglia tradizionale e le nuove forme di famiglia. Pertanto, si definisce come nucleo familiare l’unità di abitazione effettivamente occupata a prescindere dalle relazioni che intercorrono fra i soggetti che vi risiedono.

34

� Influenzatore, è colui che mette a disposizione degli altri componenti tutte le

informazioni riguardanti un prodotto o un servizio;

� gatekeeper (portiere, guardiano), è colui che controlla il flusso delle informazioni

all’interno della famiglia;

� decisore, è colui che ha il potere di decidere se effettuare o meno un acquisto;

� acquirente, è colui che effettua materialmente l’acquisto;

� utilizzatore, è colui che utilizza effettivamente il bene acquistato;

� eliminatore, è colui che si occupa dell’eliminazione fisica del prodotto una volta finito o

delle confezioni dello stesso.

Naturalmente, all’interno della famiglia una stessa persona si può ritrovare a ricoprire più

ruoli contemporaneamente, per cui per capire a fondo le caratteristiche del processo di consumo di

una famiglia, è necessario analizzarne la struttura e la divisione dei ruoli con specifico riferimento

ad un determinato bene.

• Ruolo

E’ esercitato dall’individuo nell’appartenenza ai diversi gruppi della società (famiglia, club,

organizzazione).

Ruolo: di figlio, di marito, di manager, ….

• Status

E’ il livello e le caratteristiche di stima che, in genere, si accorda al ruolo nella società. Es. di

status: il ruolo di prof. Universitario rappresenta uno status più elevato di quello di Prof. di scuola

media superiore. Giudice corte suprema/ manager di impresa, ……

35

I condizionamenti dell’ambiente sociale (1996)

3.2.3 Fattori personali

Età e ciclo di vita: beni e servizi acquistati mutano nel corso della vita: nell’alimentazione

(es. prodotti dell’infanzia per bambini; prodotti vari per gli adulti; specialità dietetiche nella

vecchiaia), nell’abbigliamento, nel tempo libero, ecc.

Le caratterizzazioni dei consumi sono anche legate al ciclo di vita della famiglia; in funzione

della situazione finanziaria si sono individuate 9 fasi di comportamento d’acquisto (schema).

Nella popolazione età e ciclo della vita della famiglia individuano i tipi di mercato: - mercato dei neonati (meno di 5 anni)

- mercato dei bambini (5-13 anni)

- mercato degli adolescenti (teen agers 13-20 anni)

- mercato dei giovani (20-39 anni)

- mercato degli adulti (40-65 anni)

- mercato degli anziani (oltre 65 anni)

Cultura

Subcultura

Classe Sociale

Istituzioni Gruppi di riferimento

Famiglia Media

Consumatore

36

Ciclo di vita della famiglia e comportamento d’acquisto

Esistono oggi due mercati in rapida crescita che riflettono i mutati stili di vita:

1. mercato delle persone che vivono sole (single), perché cresce il numero di donne che

lavorano, le persone si sposano più tardi, tendenza a non vivere con parenti, crescente numero di

separazioni e divorzi;

2. mercato dei conviventi (coppie non sposate che vivono insieme: 18-34 anni): sono più

ricchi, più mutabili, meno convenzionali, danno importanza alla moda e all’aspetto estetico, attivi

negli svaghi, più sensibili allo stato sociale.

• Occupazione: i modelli di consumo sono influenzati dall’occupazione (es. operaio,

professionista, dirigente d’azienda, ecc.)

• Condizione economica: fa riferimento al reddito del consumatore ed alla sua

distribuzione (livello, stabilità, andamento nel tempo).

Si distingue:

Stadio del ciclo di vita Modelli di comportamento d’acquisto I- Celibato: giovani non

sposati che vivono fuori casa Pochi mezzi a disposizione. Seguono il leader

d’opinione nell’abbigliamento. Voglia di divertirsi.

II- Giovani coppie, senza figli Situazione finanziaria migliore: massimo livello

di acquisto di beni durevoli.

III- Nido pieno 1: giovani con figlio minore di sei anni

Acquisti per casa al massimo livello; bassa disponibilità finanziaria, apprezzano prodotti reclamizzati, hanno interesse per le novità.

IV- Nido pieno 2: giovani con figlio superiore a sei anni

Posizione economica migliore, alcune mogli lavorano. Meno influenzati dalla pubblicità. Acquistano confezioni maggiori e offerte speciali anche di alimenti.

V- Nido pieno 3: coppie mature con figli a carico

Posizione economica ancora migliore, molte mogli lavorano. Alti acquisti di beni durevoli; difficilmente influenzabili dalla pubblicità.

VI- Nido vuoto 1: coppie mature senza figli

Proprietà della casa (di norma), soddisfazione economica, interesse per viaggi; divertimenti; aggiornamenti; fanno doni e beneficenza, non interessati alle novità.

VII- Nido vuoto 2: coppie anziane senza figli e capofamiglia in pensione

Drastica riduzione delle entrate, tendenza a stare a casa. Acquistano prodotti per la salute, per il sonno , per la digestione.

VIII- Sopravvissuti soli, ancora in condizione di lavorare

Reddito ancora discreto.

IX- Sopravissuti soli in pensione

Reddito drasticamente ridotto. Hanno particolare bisogno d’attenzione, affetto, sicurezza.

37

- il reddito personale (totale): è l’insieme di tutti i proventi (salari, stipendi, dividendi, rendite

varie, interessi, profitti d’attività professionali o economiche) al lordo di imposte.

- il reddito disponibile: il primo meno imposte e tasse, che si destina agli acquisti (spese) ed

al risparmio.

- Il reddito discrezionale: il precedente meno le spese di prima necessità (generi alimentari

essenziali, vestiario, affitto casa, interessi per debiti e mutui, assicurazione sulla vita, ecc.)

Si distingue inoltre:

- il reddito monetario, somme di denaro ricevute a diverso titolo;

- il reddito reale, l’insieme di beni e servizi acquistati con il reddito monetario, cioè il

potere di acquisto;

- il reddito psichico, è intangibile ma molto importante nel determinare il comportamento

del consumatore. In esso sono inclusi elementi come ambiente accogliente, clima confortevole,

soddisfazione per il lavoro che si fa, ecc.

La situazione economica di un individuo influenza in modo determinante le scelte di

consumo.

• Stile di vita

Stile di vita (di una persona): è il modello secondo cui l’individuo si muove nel mondo e che

si manifesta nell’insieme di attività, interessi, opinioni espressi e scelti dallo stesso.

Oggi lo style of life (stile di vita) viene definito: il modo di vivere dell’individuo, come si

esprime nelle attività d’acquisto e consumo e nell’importanza che attribuisce a determinati aspetti

della propria esistenza (Harrell, 1986).

È un ritratto dell’individuo e della sua interazione con l’ambiente. È un modello di

interazione con il mondo.

Le persone, pur provenendo dalla stessa subcultura, classe sociale o occupazione possono

avere stili di vita differenti: tranquillo o di successo.

La classificazione degli stili di vita è basata su misurazioni (variabili) di tipo psicologico.

Nel prospetto che segue si indicano le dimensioni principali utilizzate per misurare le

variabili AIO (Attività, Interessi, Opinioni) insieme con le variabili demografiche.

La serie di tipologie di stili di vita omogenei si distinguono dalla combinazione delle

variabili, ottenuta dalla elaborazione di questionari appositamente approntati, rilevati ed elaborati

con computer.

38

Altro tipo di classificazione è quella basata su variabili VALS (valori e stili di vita), basata

sull’ipotesi che gli individui attraversano diversi stadi di sviluppo. VALS: ogni stadio di sviluppo

influenza atteggiamenti e bisogni psicologici.

Il modello di classificazione VALS (Values and Lifestyles) della SRI Consulting, classifica

le persone in base la modo di investire il proprio tempo e denaro e divide i consumatori in otto

gruppi secondo due dimensioni principali: la motivazione primaria e le risorse disponibili. Nella

motivazione primaria rientrano gli ideali di un individuo, l’autorealizzazione e l’espressione di se. I

consumatori motivati principalmente da ideali sono guidati da conoscenza e principi; i consumatori

guidati principalmente dall’autorealizzazione invece ricercano prodotti e servizi che esprimano

successo agli occhi dei loro pari; infine, i consumatori motivati prevalentemente dall’espressione di

se aspirano ad attività sociale o fisica, alla varietà e al rischio.

Ciascuna tipologia di soggetti è ulteriormente divisa in base alle risorse di cui dispongono,

ossia in base al livello di reddito, istruzione, ricchezza, sicurezza di se, energia ed altri fattori. I

consumatori con un livello di risorse molto elevato o molto basso rientrano in una categoria unica,

rispettivamente quella degli Innovatori e dei Sopravvissuti indipendentemente dalle motivazioni

primarie. Gli innovatori sono consumatori che dispongono di un’abbondanza di risorse tale da

racchiudere tutte le motivazioni primarie, seppure in diversa misura. Per contro, i sopravvissuti

possiedono risorse così limitate da non consentire alcuna motivazione primaria forte. Questa

categoria deve concentrarsi sul soddisfacimento dei bisogni e non può permettersi la realizzazione

dei desideri.

Classificazione basata su variabili AIO (Attività, Interessi, Opinioni) e variabili demografiche

Attività Interessi Opinioni Variabili demografiche

-Lavoro -Famiglia -Opinione di se -Età -Hobby -Abitazione -Interessi sociali -Istruzione -Vita sociale -Lavoro -Politica -Reddito -Vacanze -Comunità -Affari -Occupazione -Divertimenti -Divertimenti -Economia -Dimensioni della famiglia -Appartenenza ad associazioni -Impegni di comunità -Attività d’acquisto Sport

-Moda -Alimentazione -Media usati -Fini perseguiti

-Istruzione -Prodotti -Futuro -Cultura

-Abitazione -Area geografica di residenza -Grandezza del centro di residenza -Stadio nel ciclo di vita

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Classificazione degli Stili di vita VALS

La classificazione basata su variabili VALS (Valori e Stili di Vita) sul mercato americano,

con un questionario di oltre 800 domande, ha individuato sulla popolazione americana adulta i

seguenti 9 gruppi, con relativo peso percentuale:

1. i sopravvissuti 4%, persone in situazioni svantaggiate (poveri);

2. gli emergenti 7%, persone in situazioni svantaggiate che vogliono con determinazione

uscire dalla povertà;

3. i dipendenti 35%, persone convenzionali, conservatrici, nostalgiche, aliene da novità;

4. gli emulatori 10%, persone ambiziose, attenti ai problemi di status;

5. i realizzatori 21%, persone che operano come leader, innovatori, apprezzano i valori della

vita;

6. gli individualisti 5%, persone giovani, piene di se e di fantasia;

40

7. gli sperimentatori 7%, persone con ricca vita interiore e vogliose di sperimentare

direttamente ciò che la vita offre;

8. i socialmente impegnati 9%, persone con elevato senso di responsabilità e vogliono

migliorare la società;

9. gli integrati 2%, persone mature a livello psicologico, in cui richieste individuali ed

esigenze sociali sono perfettamente integrate.

La classificazione si basa sulla ipotesi che gli individui attraversino stati di sviluppo, ognuno

dei quali influenza atteggiamenti e bisogni psicologici.

• Personalità e concetto di se stessi

Personalità

Fra tutti gli elementi che guidano e determinano il comportamento dei consumatori la

personalità è uno di quelli che più influenza le decisioni dell’individuo.

In generale possiamo definire come personalità: l’insieme delle caratteristiche psicologiche

interne che determinano e riflettono come un individuo risponda all’ambiente circostante.

Ogni individuo possiede caratteristiche interne che differiscono a loro volta da persona a

persona. Infatti, la combinazione di tali caratteristiche è unica per ogni individuo per cui è

impossibile trovare due persone con la stessa identica personalità ma potremo invece trovare due o

più persone con personalità simili, cioè esistono alcuni individui che hanno in comune dei tratti

della loro personalità ed è proprio quest’aspetto che viene utilizzato nello studio del

comportamento del consumatore per suddividere i consumatori in gruppi a seconda della categoria

di appartenenza.

La personalità è una caratteristica dell’individuo stabile e duratura che non può essere

cambiata con delle strategie di marketing, al massimo è possibile studiare quali fra le sue

caratteristiche possano determinare un certo comportamento di consumo e tramite le strategie di

marketing evidenziare quegli aspetti del prodotto che soddisfino le caratteristiche studiate. Per uno

stesso individuo la personalità non rimane immutata nel tempo ma cambia in concomitanza con

tutti quegli eventi della vita che determinano la “crescita” della persona, il suo processo di

maturazione.

Le principali teorie che si occupano della personalità sono quella psicoanalitica (Freud),

quella sociale (style of life) e la teoria dei tratti5, le prime due tendono a spiegare la personalità

5 La teoria dei tratti può essere considerata come un importante punto di partenza nello studio della personalità per poi approdare alle teorie sopra descritte, infatti mentre la teoria psicoanalitica e quella sociale affrontano il problema da un punto di vista qualitativo, la teoria dei tratti lo affronta da un punto di vista quantitativo poiché lo studio della personalità viene fatto misurando determinate caratteristiche psicologiche interne degli individui. Secondo la teoria dei tratti gli individui in una stessa situazione si comportano diversamente a seconda della combinazione di “tratti” in essi presente. Tale teoria non cerca di fornire un

41

studiandone lo sviluppo al di là della vita dell’individuo, mentre l’ultima pone l’attenzione sulle

caratteristiche psicologiche e fisiche correnti dell’individuo per spiegarne quindi la personalità.

Questi differenti approcci vengono comunque considerati complementari poiché insieme sono in

grado di dare una visione completa della personalità.

Mentre le prime due teorie studiano lo sviluppo della personalità al di là della vita

dell’individuo, la teoria dei tratti pone l’attenzione sulle caratteristiche psicologiche e fisiche

correnti dell’individuo per spiegarne la personalità, cioè gli individui in una stessa situazione si

comportano in modo diverso asseconda della combinazione di “tratti” in essi presente. Tratti della

personalità: autostima, dominanza, autonomia, deferenza, capacità di socializzare, capacità di

difesa, adattabilità, ….

Concetto di se

Concetto di se: è vicino a quello della personalità, ma è l’immagine di se, cioè come si vede

l’individuo stesso.

Lo studio del concetto di sé può essere considerato come una parte della personalità o come

una branca a sé stante. Molte teorie della personalità focalizzano l’attenzione sulla valutazione di

quello che siamo mentre il “concetto di sé” fornisce una visione molto più soggettiva della persona.

Il “concetto di sé” può essere definito come la percezione che una persona ha di se stesso,

sia dal punto di vista fisico che considerando altre caratteristiche come la forza, l’onestà o in

relazione con le altre persone.

Ad un osservatore esterno, a volte, il comportamento di un individuo può sembrare

irrazionale ed immotivato, ma non è più così se invece si conosce il punto di vista personale

dell’individuo. Infatti, ognuno di noi ha una specifica immagine di sé stesso che spesso influisce

sui comportamenti di consumo molto di più di quanto non faccia, a volte, la personalità stessa.

Infatti, dal concetto di sé dipende l’opinione dell’individuo sui prodotti o servizi presenti sul

mercato poiché egli li valuta in base all’immagine che ha di sé stesso, questi verranno valutati

positivamente se l’immagine che danno risulta coincidere con quella che il consumatore ha di sé e

che vuole comunicare agli altri, altrimenti la valutazione sarà negativa ed il prodotto verrà

considerato inaccettabile. A volte però, può capitare che il consumatore valuti alcuni beni e servizi

positivamente non perché coincidano con il loro concetto di sé, ma perché rappresentano piuttosto

l’immagine che di sé l’individuo vorrebbe dare all’esterno.

Per molto tempo si è pensato che il consumatore avesse un “singolo sé stesso” e che cercasse

prodotti e servizi per soddisfare questo “singolo se stesso”, tuttavia ci si è resi conto che

l’immagine che il consumatore ha di sé stesso cambia a seconda delle persone con cui interagisce

ed a seconda delle situazioni, tanto da poter considerare che egli pensa a sé stesso come ad una

singolo modello per ogni tipo di personalità, ma fornisce delle informazioni riguardo ad un certo numero di tratti della personalità che combinati fra loro costituiscono la personalità dell’individuo.

42

“molteplicità di sé stesso”. Tutto ciò acquista importanza nella teoria del consumer behaviour

poiché se si pensa al consumatore come ad un individuo che ha una molteplicità di immagini di sé

stesso allora si possono immettere sul mercato determinati prodotti e servizi all’interno del contesto

di un data immagine di sé.

Si può dire che il “sé stesso” abbia due componenti generali, quella pubblica e quella privata.

La prima è il modo in cui gli altri ci percepiscono, la seconda è il modo in cui noi percepiamo noi

stessi. La componente privata del concetto di sé può essere suddivisa in cinque parti:

- sé reale: corrisponde al modo in cui il consumatore vede sé stesso;

- sé ideale: corrisponde al modo in cui il consumatore vorrebbe apparire agli altri,

l’immagine di sé che vorrebbe dare agli altri;

- sé sociale: corrisponde all’immagine di noi stessi che pensiamo abbiano gli altri;

- sé sociale ideale: corrisponde all’immagine di noi che vorremmo che gli altri

percepissero;

- sé espressivo: il sé ideale o sociale, a seconda delle situazioni o dei fattori sociali che

intervengono.

In diversi contesti, il consumatore può essere condizionato da diverse immagini di sé nei suoi

comportamenti. Quindi, lo studio del concetto di sé, così come quello della personalità, rappresenta

un elemento importante nello studio e nella comprensione del comportamento del consumatore.

Concetto

di sé

Immagine

percepita del

prodotto

Comparazione

Prodotto

scelto

Prodotto

scartato

La scelta del prodotto secondo il concetto di se

43

3.2.4 I fattori psicologici

• Motivazione

Motivazione : l’individuo ha molteplicità di bisogni:

- d’origine biologica, che nascono da stati di tensione fisiologica (fame, sete, disagi)

- d’origine psicologica, che nascono da stati di tensione psichica (bisogno di

riconoscimento, di stima, d’appartenenza).

Il bisogno diventa motivo quando ha raggiunto un certo livello d’intensità (tensione), e

spinge l’individuo al soddisfacimento del bisogno stesso. Le teorie più popolari delle motivazioni

sono tre, di: Sigmund Freud, Abraham Maslow, Frederick Herzberg, che naturalmente non

trattiamo.

La conoscenza delle motivazioni che stanno alla base delle scelte dell’individuo è molto

importante per i ricercatori che vogliono capire e prevedere il comportamento umano di fronte

all’acquisto. Infatti, secondo gli psicologi e gli studiosi del comportamento del consumatore la

maggior parte delle persone possiede gli stessi bisogni e motivazioni che però vengono espressi in

maniera diversa. La motivazione è alla base del consumo, è la forza che guida il consumo, ne è la

ragione. Può essere definita come la forza che attiva il consumo e fornisce lo scopo e la direzione

per questo consumo. Questa forza ha origine da uno stato di tensione (conscio o inconscio) interno

all’individuo che è il risultato di un bisogno insoddisfatto, l’individuo allora tende a ridurre la

tensione che avverte mettendo in pratica un processo decisionale fino ad arrivare al consumo.6 La

motivazione è la forza che guida il consumo, ne è la ragione. Può essere scomposta in due

componenti: da un lato l’energia che genera tensione per la spinta al comportamento, in questa

energia si possono riconoscere i bisogni insoddisfatti; e dall’altro lato una forza che fornisce la

direzione al consumo (il motivo) che viene appunto orientato verso precisi obiettivi. In pratica, la

motivazione ha origine dal bisogno ma ad esso aggiunge dei nuovi elementi quali lo stato fisico o

emotivo, l’intensità del bisogno, la situazione dell’ambiente circostante, ecc.. Attraverso essa

l’individuo cerca di trovare la giusta spinta per realizzare i propri obiettivi che normalmente si

trovano nell’ambiente circostante.

Uno stesso bisogno può essere soddisfatto in diversi modi, cioè possono intervenire diverse

motivazioni a spingere l’individuo ad agire per la soddisfazione di quel bisogno. Quando ciò

6 La motivazione può, quindi, essere scomposta in due componenti: da un lato l’energia che genera tensione per la spinta al comportamento, in questa energia si possono riconoscere i bisogni insoddisfatti; e dall’altro lato una forza che fornisce la direzione al consumo (il motivo) che viene appunto orientato verso precisi obiettivi.

44

avviene non è raro che sorga un conflitto motivazionale, il consumatore è spinto ad agire in

direzioni contrastanti e questo fa sorgere in lui un senso di frustrazione che fa perdere di efficacia

al processo decisionale. Il conflitto motivazionale può essere di tre tipi:

� positivo-positivo: si ha quando il consumatore si trova a dover scegliere fra due

alternative egualmente attrattive. Ad esempio quando ci si trova a scegliere fra due diversi tipi di

vacanza. L’indecisione di solito è temporanea, difficilmente se ne presentano di permanenti, poiché

possono facilmente intervenire nuovi elementi (una promozione, una informazione più

approfondita, …) che aiutano a superare l’indecisione;

� negativo-negativo: si ha quando il consumatore si trova costretto a scegliere fra due

alternative entrambe negative. Ad esempio quando non trovando il prodotto della marca preferita il

consumatore si vede costretto a scegliere fra l’acquisto di un’altra marca da lui considerata

inferiore ed il rimandare l’acquisto. In questo caso la frustrazione è dovuta al fatto che il

consumatore non sente soddisfatto il proprio bisogno;

� positivo-negativo: si ha quando il consumatore nell’acquisto di un particolare prodotto si

trova di fronte ad entrambe le conseguenze (positiva e negativa). E’, ad esempio, il caso di un

consumatore a cui piace la birra ma che si trova in regime dietetico; oppure l’acquisto di

un’automobile di una marca importante presenta limitazioni per questioni di prezzo.

Come conseguenza alla possibilità dell’insorgenza di conflitti motivazionali gli studiosi di

marketing tendono ad elaborare strategie tali da incoraggiare il consumatore nel prendere la

decisione. Nonostante tutti gli studi effettuati sulle motivazioni oggi l’attenzione è stata spostata

maggiormente ad altri aspetti del processo cognitivo proprio per la difficoltà che si incontra nel

condizionare alcuni tipi di motivazioni la cui conoscenza, di conseguenza, non può essere sfruttata

dalle strategie di marketing.

• Coinvolgimento

Il coinvolgimento consiste nell’importanza che il consumatore attribuisce ad un prodotto. Di

fronte ai diversi tipi di prodotti i consumatori mostrano in genere un differente interesse.

Il coinvolgimento incorpora il grado di spinta e la direzione dell’influenza. Quanto più

“coinvolto” si senta il consumatore dal prodotto o dalla situazione verso cui è diretta la spinta, tanto

più elevata è la forza (motivazione) che genera tale spinta.

Numerose variabili o condizioni possono influenzare il coinvolgimento:

� gli antecedenti: sono considerati come l’esperienza che diventa una fonte di

coinvolgimento e dell’intensità dello stesso;

� la persona: intesa nel suo insieme con i bisogni, i valori, gli interessi e le esperienze;

� stimolo/oggetto: i prodotti o gli stimoli che il consumatore percepisce possono essere

strettamente correlati con i suoi bisogni, valori o interessi e per questo possono

determinare un alto livello di coinvolgimento.

45

� situazione: il tipo di situazione di consumo può influenzare il grado di coinvolgimento.

• Percezione

(influenza la modalità di azione dell’individuo): è il processo attraverso il quale un individuo

seleziona, organizza e interpreta le informazioni per ottenere una visione del mondo dotata di

senso.

• Apprendimento:

descrive i mutamenti che l’esperienza provoca nel comportamento dell’individuo. La

massima parte del comportamento umano è appresa. L’apprendimento è uno dei passaggi più

importanti nello studio del comportamento del consumatore, è un processo in continua evoluzione e

cambiamento come risultato delle conoscenze acquisite o grazie a nuove esperienze. In questo

modo la nuova conoscenza formatasi serve da base di partenza per comportamenti futuri in

situazioni simili. Il ruolo dell’esperienza è fondamentale ma questo non significa che tutte le forme

di apprendimento siano intenzionali, risultato di un’attenta ricerca di informazioni, ma una buona

parte di esse sono acquisite casualmente o con poco sforzo. In genere si parla di apprendimento

diretto da parte dei consumatori, legato cioè all’esperienza diretta e personale degli individui, ma

esiste anche una forma di apprendimento indiretto basata sull’osservazione ed in un certo senso

sull’imitazione degli altri. In quest’ultimo caso lo spunto per il cambiamento viene

dall’osservazione di modelli come gli amici, i colleghi o anche i personaggi dello spettacolo che il

consumatore può decidere di imitare.

• Credenze e abitudini: Rappresentano le opinioni e gli atteggiamenti.

Opinioni ed atteggiamenti: si acquisiscono attraverso l’azione e l’apprendimento, ed

influenzano il comportamento di acquisto.

a) Opinione: è il pensiero che una persona ha in mente su qualcosa.

b) Atteggiamento: è una valutazione cognitiva durevole, favorevole o sfavorevole,

delle sensazioni emotive e delle tendenze all’azione su un oggetto o su un’idea (religione, politica,

abbigliamento, musica, alimentazione, ecc.)

Quando si parla di atteggiamento, in termini di marketing, non si fa certamente riferimento al

modo di proporsi o di atteggiarsi nella vita, quanto piuttosto alla disposizione di una persona nei

confronti di un oggetto. Più esattamente, in un contesto di comportamento del consumatore un

atteggiamento è una disposizione, basata sull’esperienza, a comportarsi in un modo coerentemente

positivo o negativo in rapporto ad un determinato oggetto.

46

• Memoria

La memoria è la parte dell’individuo in cui viene immagazzinata tutta l’esperienza acquisita

nel tempo e rimangono lì pronte ad essere riprese ed utilizzate per nuove scelte d’acquisto e di

consumo.

Memoria

sensoriale

Memoria

a breve

termine

Memoria

a lungo

termine

Informazioni

Inform azioni dimenticate

Ripetizione

elaborativa

Ripetizione di mantenimento

47

3.3 Il processo di acquisto

Riepilogando il comportamento del consumatore è determinato da:

Fattori (forze) sociali e culturali (cultura, subcultura, classe sociale; gruppi di riferimento, famiglia, ruolo e status)

Fattori (forze) personali e psicologici (età e stadio del ciclo di vita, occupazione, condizioni economiche, stile di vita, personalità e concetto di se stessi; motivazioni, percezione, apprendimento, credenze ed abitudini (opinioni ed atteggiamenti)

Formazione della percezione (selezione, organizzazione, interpretazione delle

informazioni per ottenere una visione del mondo dotata di senso)

che influenza

Comportamento d’acquisto del consumatore

Processo decisionale d’acquisto

nel

che portano alla

48

Processo decisionale L’ultimo passaggio nella conoscenza del comportamento del consumatore è la comprensione

del processo decisionale. Quotidianamente gli individui si ritrovano a prendere delle decisioni per

l’acquisto di vari prodotti; per l’analisi del processo decisionale la letteratura ha, generalmente,

affrontato il tema considerando il consumatore come un individuo razionale che raccoglie le

informazioni per poi fare la sua scelta fra le diverse alternative secondo l’approccio del problem

solving, il più utilizzato in questo studio, inteso come una sequenza coerente e consapevole di

azioni volte a risolvere la tensione indotta dalla mancata soddisfazione di un bisogno.

Secondo il concetto del problem solving il consumatore, tramite l’apprendimento, riesce a

passare da decisioni più complesse, che richiedono molto tempo e l’influenza di numerosi fattori, a

decisioni più semplici e rapide. Le decisioni del consumatore sono, in genere, influenzate dal suo

grado di coinvolgimento nei confronti del prodotto, dall’esperienza accumulata (a cui è legata la

frequenza d’acquisto), dal rischio percepito nell’acquisto del prodotto e dal valore unitario del bene

(più elevato è il prezzo maggiore sarà il tempo impiegato per la presa di decisione). Tuttavia, non

tutti gli acquisti sono frutto di un processo razionale, ma una parte di essi è frutto delle emozioni,

delle sensazioni e delle immagini che i vari prodotti riescono ad evocare: è questo il caso in cui il

consumatore cerca la varietà anche all’interno di una data classe di prodotto, quello degli acquisti

d’impulso o anche quello degli acquisti abituali, già frutto di esperienza.

Il problema della scelta si presenta quando il consumatore percepisce uno stato di

insoddisfazione dovuto al fatto che un obiettivo non è stato raggiunto, in seguito al quale

l’individuo decide quale comportamento adottare per superarlo, cioè per risolvere il problema. Il

processo decisionale viene, dunque, visto come un processo di risoluzione dei problemi orientato in

termini di obiettivi e viene suddiviso in cinque fasi, fra le quali le ultime due vengono,

generalmente, trattate insieme:

• Percezione del problema;

• Ricerca delle informazioni;

• Valutazione e scelta delle alternative;

• Esperienza di consumo;

• Comportamento post-acquisto.

1. Percezione del problema: Quello della ricognizione del problema è il primo stadio del

processo decisionale e consiste nella percezione, da parte del consumatore, di una differenza fra lo

stato attuale e quello desiderato ed è generata da cambiamenti nello stato attuale e/o in quello

desiderato; la sola percezione di una discrepanza basta per attivare il processo decisionale.

Tuttavia, condizione necessaria perché il processo decisionale venga attivato è che tale differenza

percepita sia di una entità rilevante e che il problema stesso sia percepito di una certa importanza.

La differenza può essere frutto di un grande numero di fattori che intervengono ad influenzare il

49

consumatore, spesso questi possono anche essere provocati dalle azioni di marketing delle stesse

aziende che vogliono vendere i propri prodotti. Per quanto riguarda lo stato attuale, le principali

cause di cambiamento sono:

� l’esaurimento o l’inadeguatezza delle scorte di beni; più tecnicamente definito come

insufficienza di assortimento, è la situazione che si presenta più comunemente. E’ legato

al fatto che per effetto del consumo le scorte disponibili di beni si vanno esaurendo e

devono essere ricostituite perché l’individuo possa soddisfare i propri bisogni, è questo il

caso dei beni alimentari;

� l’insoddisfazione causata dai prodotti posseduti. E’ legato al fatto che alcuni beni già

posseduti dal consumatore risultino insufficienti per la soddisfazione di un bisogno, per

cui questo conduce alla ricognizione del problema;

� il cambiamento della situazione finanziaria. E’ legato al fatto che un cambiamento in

positivo o in negativo della situazione economica del consumatore può fare insorgere in

lui nuovi problemi.

Per quanto riguarda, invece, lo stato desiderato, le principali cause di cambiamento sono: il

cambiamento nei bisogni e nei desideri. E’ legato a cambiamenti nella vita degli individui che

possono comportare anche cambiamenti nello stato desiderato;

� i gruppi di riferimento. Sono anch’essi causa di un cambiamento nello stato desiderato

poiché l’individuo può desiderare di mutare il proprio stato quando riceve segnali di

cambiamento dai propri gruppi di riferimento;

� la disponibilità di nuove informazioni. Questa non sempre causa il cambiamento dello

stato desiderato ma rende il consumatore più consapevole dell’esistenza di nuove

alternative di scelta per la soddisfazione dei bisogni esistenti;

� l’esistenza o l’acquisto di nuovi prodotti. Talvolta il consumatore può semplicemente

desiderare di provare un nuovo prodotto, o anche l’acquisto di un nuovo prodotto può

generare il desiderio di acquistare gli accessori legati a questo.

A cavallo fra il cambiamento dello stato attuale e di quello desiderato si ritrovano le azioni di

marketing, ma anche i cambiamenti nello stato della famiglia (es. matrimonio, nascita di figli …).

2. La ricerca delle informazioni comprende un’attività sia fisica che mentale da parte del

consumatore, il quale spende tempo, energia ed anche denaro nello svolgimento di questa ricerca.

Inoltre, l’attività di ricerca può essere pre-acquisto, è quella normalmente associata alla

decisione di acquisto, o continuativa, che non è direttamente correlata con un bisogno o una

decisione ma viene effettuata dal consumatore semplicemente perché è interessato ad una

determinato tipo di prodotto. In questo contesto l’attenzione sarà rivolta alla sola ricerca pre-

acquisto. La ricerca è volta essenzialmente a trovare le informazioni relative ai criteri di

50

valutazione appropriati così da poter individuare le caratteristiche che il bene dovrebbe possedere,

le alternative disponibili ed, infine, le informazioni riguardanti le caratteristiche di ogni alternativa.

L’attività di ricerca può essere interna o esterna. La prima si attiva immediatamente dopo la

ricognizione del problema ed è un processo mentale attraverso il quale si recuperano dalla memoria

a lungo termine tutte le informazioni relative al processo decisionale appena attivato. L’attività di

ricerca interna, in effetti, è semplicemente un primo gradino prima di attivare la più esaustiva

ricerca esterna. L’attività di ricerca esterna non è altro che l’acquisizione di ulteriori informazioni

dall’ambiente, in aggiunta a quelle recuperate dalla memoria.

Le fonti d’informazione alle quali il consumatore può attingere durante il processo di ricerca

esterna sono:

� informazioni ottenute tramite i contatti interpersonali, sono quelle fornite dagli amici e

dai conoscenti;

� informazioni fornite dal produttore (marketer-generated information), sono quelle

acquisite tramite brochure, pubblicità, etichette informative presenti sui prodotti o anche

articoli;

� informazioni fornite dal rivenditore, sono generalmente indicazioni e consigli dati dal

personale di vendita;

� informazioni ottenute tramite esperienza diretta, sono quelle conseguite con l’ispezione o

la prova del prodotto;

� informazioni fornite da organizzazioni indipendenti, sono quelle diffuse solitamente da

agenzie specializzate o fonti pubbliche, riviste (Altroconsumo, Gambero Rosso, …) o

anche programmi televisivi e radiofonici.

3. Valutazione e scelta delle alternative: Al terzo gradino del processo decisionale del

consumatore, quindi, ritroviamo la valutazione o giudizio delle alternative e la selezione o scelta di

una di esse.

In generale, gli economisti affrontano il problema della comprensione del processo di

valutazione del consumatore secondo la prospettiva dell’economia classica, cioè considerano il

consumatore come un individuo razionale che si aspetta di poter massimizzare la propria utilità

tramite le proprie scelte, mentre fra tutte le alternative il consumatore spesso si trova a scegliere

non quella ideale, ma quella che ottimizza la propria scelta. Nelle molteplici situazioni in cui il

consumatore si ritrova a dover esprimere un giudizio può: o seguire precise e complesse procedure

di soluzione che lo portano alla risposta corretta (approccio algoritmico), oppure seguire proprie

logiche decisionali per raggiungere la risposta ottimale (approccio euristico). Solitamente, gli

individui per una questione di semplicità tendono ad utilizzare l’approccio euristico.

I criteri di valutazione sono le varie caratteristiche o attributi di un prodotto che un

consumatore guarda per avere la risposta ad un particolare problema (es. prezzo, marca, garanzia,

51

…). Infatti, i consumatori utilizzano gli attributi di ogni alternativa ed i benefici associati ad ogni

attributo come criteri di valutazione fra le varie alternative di prodotti.

I criteri di valutazione possono differire per tipo, numero ed importanza; possono essere

oggettivi (es. il consumo di benzina in una macchina) o soggettivi (es. la percezione di un

particolare status, associata al possesso di una certa macchina), naturalmente, ogni consumatore

possiede il proprio set di criteri di valutazione per ogni particolare decisione. Il numero di criteri

utilizzati dal consumatore di volta in volta dipende dal prodotto, dal consumatore stesso e dalla

situazione; nel caso di un prodotto di uso comune (es. dentifricio) il numero di criteri di valutazione

utilizzato è basso, viceversa per prodotti più importanti. Si distinguono, infine, criteri di

valutazione salienti, cioè importanti, da quelli determinanti i quali sono talmente importanti per il

consumatore da essere percepiti come una differenza significativa fra le diverse alternative.

Una volta che il consumatore ha espresso la propria valutazione sugli attributi rilevanti di

varie alternative si ritrova a dover effettuare una scelta. Questa può avvenire o secondo l’approccio

classico, quando il consumatore sceglie l’alternativa che gli permette di massimizzare la sua utilità,

oppure secondo l’approccio descrittivo, per il quale il consumatore utilizza pratiche decisionali di

diversa natura e spesso strettamente legate alle caratteristiche del contesto in cui viene collocata la

scelta. In realtà, il consumatore si comporta a volte seguendo la teoria classica, a volte utilizzando

regole che egli stesso si è costruito ed ha conservato in memoria, regole che non gli permettono di

ottimizzare la sua situazione, ma che sono al contempo più flessibili e semplici da applicare (es.

regola della preferenza della marca).

4. Esperienza di consumo e comportamento post-acquisto: acquisto e valutazione del

prodotto: soddisfazione (riacquisto), insoddisfazione (reclamo, non ritorno all’acquisto).

Una volta scelti il negozio e la marca del prodotto, il consumatore può completare

l’operazione attraverso l’acquisto dello stesso. In questo contesto, l’attenzione degli studiosi è stata

in particolare rivolta all’entità, alla frequenza ed alla varietà d’uso del prodotto.

L’entità di consumo sembra essere influenzata dalla quantità di prodotto a disposizione del

consumatore oltre che dalla dimensione stessa della confezione.

La frequenza di consumo è riferita al tempo d’uso (quanto spesso viene usato) del prodotto,

mentre la varietà d’uso è riferita al numero di situazioni diverse in cui il prodotto viene utilizzato.

La frequenza dipende dalle esigenze del consumatore, la varietà dipende dalle caratteristiche del

prodotto.

Il prodotto, in genere, viene scelto perché considerato la migliore alternativa fra tutte quelle

disponibili. Il consumatore sceglie, quindi, un determinato prodotto perché pensa che sia quello che

possa assicurare le migliori performance. In questo modo le aspettative che il consumatore ha verso

il prodotto, le quali possono essere sia basse che alte, possono influenzare enormemente il livello di

52

percezione delle performance stesse; di solito si tende, comunque, a percepire le performance del

prodotto in linea con le aspettative che erano state precedentemente poste su di esso.

Ma queste aspettative come si formano e da cosa sono influenzate? Innanzi tutto si formano

quotidianamente e sono influenzate sia da fattori esterni che da fattori interni. Fra i primi ricadono

le caratteristiche del prodotto (prezzo, marca, punto vendita, …), le promozioni e le informazioni

ricevute; fra i secondi, invece, ricadono le esperienze precedenti del consumatore e le informazioni

già presenti nella sua memoria. Tuttavia, è solo dopo l’uso che il consumatore si può rendere conto

se effettivamente le performance del prodotto rispecchiano le sue aspettative; in caso positivo, l’uso

genererà un sentimento di soddisfazione o in caso contrario di insoddisfazione.

La soddisfazione, nella valutazione del comportamento post-acquisto del consumatore, è un

elemento importante ed è definita come uno stato di benessere in una situazione d’acquisto per il

sacrificio affrontato o più semplicemente come uno stato di appagamento del consumatore (Oliver,

1997). La soddisfazione, naturalmente, induce a ripetere l’acquisto del prodotto. L’insoddisfazione

nelle aspettative durante l’esperienza d’acquisto è, in genere, alla base dei comportamenti di

reclamo. In questo caso la risposta del consumatore può essere di tre tipi: risposta vocale, risposta

nei confronti di terzi e risposta privata.

Nel caso della risposta vocale, il consumatore esprime il proprio disappunto ed è diretta ad

altri soggetti o istituzioni direttamente coinvolte nello scambio. La risposta nei confronti di terzi

comprende anch’essa soggetti esterni ma non direttamente coinvolti nello scambio (riviste,

istituzioni pubbliche a difesa del consumatore, …). La risposta privata è invece rivolta a soggetti

non direttamente coinvolti nello scambio ma vicini al consumatore (amici, familiari, …), i quali a

loro volta possono essere influenzati dal parere negativo espresso dal consumatore stesso (Fig.).

Insoddisfazione

Risposta vocale

Risposta verso terzi

Risposta privata

Comportamento in caso di insoddisfazione

53

Alla valutazione post-acquisto, per completare tutte le tappe del processo decisionale, segue

l’eliminazione del prodotto; infatti, il consumatore dopo avere utilizzato il prodotto può tenerlo,

cederlo temporaneamente o cederlo definitivamente. La scelta del metodo di eliminazione del

prodotto dipende oltre che dai fattori intrinseci dello stesso (stile, valore, durata, …), anche dalle

caratteristiche psicologiche dell’individuo (personalità, atteggiamenti, classe sociale, …) ed, infine,

dai fattori situazionali intrinseci al prodotto (urgenza, possibili usi, spazio disponibile per

conservarlo, …).

Acquisto

Dissonanza post-acquisto

Uso Valutazione Riacquisto

Reclami del consumatore

Eliminazione del prodotto

Comportamento post-acquisto

Riassumendo:

� Stadi del processo d’acquisto sono:

1) Percezione (individuazione) del problema: esistenza di un bisogno

2) Ricerca di informazione; le fonti:

- personali (familiari, amici, vicini, conoscenti)

- commerciali (pubblicità, venditori, negozianti, confezioni, esposizioni, punti vendita)

- pubbliche (media, organizzazioni di consumatori)

- empiriche (osservazione e prova del prodotto)

3) Valutazioni alternative, riguardanti: le caratteristiche del prodotto

le opinioni sul prodotto

le opinioni sulla marca

54

(perché non si può essere assolutamente certi della scelta fatta)

le opinioni sulla funzione di utilità

4) Decisione d’acquisto

3) 4) attraverso il seguente schema:

3) intenzione d’acquisto, che può essere influenzata da:

attitudini (atteggiamenti) degli altri

fattori imprevisti (rischio)

5) Comportamento del dopo acquisto: le sensazioni (sperimentazioni) di soddisfazione o

insoddisfazione avranno conseguenza sul comportamento successivo.

� Tipi di comportamento d’acquisto

Le caratteristiche del processo di acquisto variano notevolmente a seconda del tipo di

decisione che il consumatore assume; si possono indicare 4 tipi di comportamento d’acquisto

rispetto alle differenze del prodotto ed al coinvolgimento nel comportamento.

Coinvolgimento Alto Basso

Diff

eren

ze fr

a pr

odot

ti

Significative

Comportamento complesso (bene costoso, acquisto di rado, significato importante per l’acquirente. Alto rischio) ,es. computer

Comportamento volto alla ricerca della varietà, es. biscotti

Poche

Comportamento volto alla riduzione della dissonanza (bene costoso, acquisto saltuario e difficile) es. tappeto: acquisto deciso in base alla convenienza (prezzo), al tempo disponibile, alla localizzazione del negozio.

Comportamento abituale, es. sale

� Nuovi prodotti: diffusione ed adozione

La diffusione dell’innovazione è il processo mediante il quale l’innovazione è portata alla

conoscenza del sistema sociale nel corso del tempo.

Decisione d’acquisto

55

Un nuovo prodotto è un bene, un servizio o un’idea percepito da alcuni potenziali clienti

come nuovo. Talvolta può essere sul mercato già da tempo ma ciò che interessa alle imprese è il

modo in cui i consumatori vengono a conoscenza del prodotto per la prima volta e come decidono

se adottarlo o meno. Per processo di adozione si intende il processo mentale attraverso il quale un

individuo passa dalla conoscenza di un innovazione alla sua adozione finale e l’adozione è la

decisione dell’individuo di diventare un utilizzatore del prodotto.

Il processo di decisione che porta alla adozione passa attraverso 6 stadi.

Stadio Attività Consapevo

lezza

Il soggetto è esposto all’innovazione, diviene un cliente potenziale.

Interesse Il cliente potenziale è interessato e cura l’informazione (saperne di

più).

Valutazion

e

Il cliente potenziale valuta i meriti del prodotto.

Prova Il soggetto adotta l’innovazione su base limitata (acquisto di un

campione).

Adozione Il cliente potenziale decide di adottare (ed adotta) l’innovazione su

scala integrale.

Conferma

dopo l’adozione

L’innovazione e adottata e l’utilizzatore cerca l’assicurazione di

aver preso la giusta direzione.

I soggetti partecipi al processo di adozione si distinguono nel modo seguente:

56

Caratteristiche dei consumatori che adottano l’adozione

Adozione Subito Più tardi

Caratteristiche chiave (vantaggi relativi, compatibilità

rispetto alle esigenze, complessità, collaudabilità,

verifiche, osservabilità)

Innovatori, pionieri, adottanti d’avanguardia,

prudenti.

Adottanti successivi, scettici-pigri, tradizionalisti

Altre caratteristiche Età più giovani più vecchi Istruzione ben istruiti meno istruiti Reddito più elevato più basso

Relazioni sociali innovatori: cosmopolite

altri soggetti: ampie soltanto locali

Status sociale più elevato più basso

Fonti informative ampia varietà, numerosi

media

limitata esposizione ai media, riferimento a gruppi locali di pari

livello

3.4 I modelli interpretativi dell’agire di consumo

I maggiori modelli in ordine sociologico sono 3:

• Modello di Veblen (strettamente sociologico) o della “classe agiata” (ceto

economicamente e politicamente egemone)

Lo sviluppo storico delle classi sociali per Veblen è il seguente:

- 1° fase, selvaggia: non esistono distinzioni di classe, perché non esiste la divisione del

lavoro. Le comunità sono piccole, altamente integrate, dai costumi pacifici e organizzate

sull’autoconsumo.

- 2° fase, barbarica: inizia la divisione delle occupazioni e quindi la differenziazione in

classi sociali; la classe dominante non è coinvolta nelle attività industriose e produttive, ad essa

competono impieghi onorifici (militari, religiosi, ecc.). L’economia è di tipo signorile, dove il

surplus è destinato al Signore ed alla sua corte: nel tempo così si affermano i valori tipicamente

predatori (per venire in possesso della ricchezza).

- 3° fase, economia borghese o emulazione finanziaria: caratterizzata dalla etica del

risparmio e dell’accumulazione. Non è più importante l’azione che si compie per venire in possesso

della ricchezza (gesta), ma la ricchezza in se, fino a considerare più onorifica la ricchezza ereditata

che non quella ottenuta con il lavoro (nobiltà rispetto agli imprenditori borghesi).

57

La ricchezza posseduta viene mostrata, per testimoniare il proprio status agli altri, in due

modi:

1. agiatezza vistosa (spreco di tempo): può definirsi come consumo improduttivo del

tempo (attività non produttive, ma onorifiche); non si svolge sotto gli occhi di tutti (e questo è un

inconveniente) e dunque si provvede con le buone maniere e l’educazione raffinata, che richiede

per l’apprendimento larga disponibilità di tempo.

2. consumo (sciupio) vistoso (spreco di beni): è lo spreco dimostrativo dei beni per

acquisire rispettabilità finanziaria, non solo ricorrendo al consumo di merci costose, ma soprattutto

nel consumarle in modo appariscente.

Il criterio che regola le spese è dunque altamente competitivo: ciascuno aspira ad un livello

di consumo che si colloca oltre la propria disponibilità di reddito.

La ragione di questo comportamento è appunto l’emulazione finanziaria.

Ciò significa che il criterio d’onorificità e di prestigio in fatto di spese è stabilito da coloro

che sono immediatamente superiori per rispettabilità (su questo assunto Duesenberry costruisce la

sua teoria dell’effetto dimostrazione).

L’emulazione riduce l’agire di consumo a strumento di confronto antagonistico e fa mutare il

concetto di utilità secondaria consistente nella capacità di spesa dell’individuo (rispetto alla utilità

del bene rappresentata dalla sua efficienza per uno sviluppo più intenso della vita umana).

Nasce così il principio che: il consumo dei beni costosi è meritorio, per cui “i beni che

contengono un elemento di costo notevolmente superiore a ciò che loro conferisce l’utilità per il

loro evidente scopo meccanico, sono onorifici (beni onorifici)”.

Per Veblen, nella civiltà industriale si sarebbe raggiunto un tale grado di convinzione delle

cose a buon mercato per cui si dà ormai per scontato l’abbinamento cheap and nastry (brutto e a

buon mercato). Le critiche di Veblen alla nuova civiltà finanziaria sono aspre.

L’emulazione finanziaria, la legge dello sciupio vistoso, il cheap and nastry sono appropriate

regole di non violenza in un sistema altamente competitivo (fra classi sociali) e dunque conflittuale.

Al vertice della scala dei valori c’è la ricchezza (non il successo, come nel modello

Duesenberry).

Veblen dice una cosa semplice: i poveri imitano i ricchi, e questi modificano continuamente i

loro simboli distintivi per non lasciarsi raggiungere.

• Modello Duesenberry

Sfruttando una intuizione di Veblen (il criterio di onorificità e di prestigio in fatto di spese è

stabilito da quelli che sono immediatamente superiori per rispettabilità) formula una teoria del

consumatore che si basa sul postulato della interdipendenza delle scelte del consumatore, cioè: la

58

soddisfazione che un individuo ricava dal consumo non dipende solo dall’atto del consumo in

quanto tale, ma anche dalla comparazione del suo consumo con quello degli altri, con i quali si

trova a contatto.

La soddisfazione aumenterà o diminuirà nella misura in cui aumenta o diminuisce il

consumo dei suoi vicini, cioè indipendentemente dalle variazioni del proprio consumo. Quando il

consumo degli altri aumenta – e quindi diminuisce la propria soddisfazione – l’individuo tenderà ad

aumentare le proprie spese di consumo, e tale aumento sarà indipendente dalle variazioni del

proprio reddito. La tendenza si esercita anche verso i beni di qualità superiore.

Duesenberry dunque parte da premesse strettamente economiche e perviene ad una

interpretazione sociologica del consumo.

Per Veblen le basi della buona reputazione, della rispettabilità e dell’onorificità sono il

consumo vistoso e l’agiatezza vistosa.

Per Duesenberry è il valore del successo individuale che garantisce l’integrità del

meccanismo consumistico.

• La teoria dei gruppi di riferimento

Il concetto di gruppo di riferimento è di natura psicologica: una persona orienta il suo

comportamento sulla base dei criteri di gruppi a cui non appartiene (schemi di riferimento per la

valutazione che l’individuo fa di se stesso e per la formazione dei suoi atteggiamenti).

Si distinguono due principali gruppi di riferimento: - gruppo di tipo normativo, che stabilisce criteri standard;

- gruppo di tipo comparativo, che offre criteri di confronto per l’autovalutazione e per il

giudizio sugli altri. Le spese sono influenzate da ciascun gruppo di riferimento, distinguendosi in 4 tipi

corrispondenti a diverse configurazioni dei ruoli familiari:

- spese per il pacco standard dei beni (per consumo normale e necessario per la famiglia,

che testimoniano l’appartenenza ad un determinato tipo di società): sono i beni di sempre, di tipo

primario (es. abitazione in città, abiti confezionati, feste, quotidiani, l’utilitaria, ecc.).

Il gruppo di riferimento per queste spese è la collettività, come gruppo di appartenenza

attuale.

- spese per la continuità fisica e culturale della famiglia (spese per l’educazione, per la cura

della persona, mediche, per l’assicurazione, il risparmio).

Il gruppo di riferimento per queste è il gruppo di appartenenza diretta (gruppo primario).

59

- spese di status: sono le spese effettuate prendendo a riferimento il gruppo sociale di

appartenenza o al quale si desidera appartenere o dal quale ci si vuole distinguere. Sono dunque le

spese influenzate da gruppi esterni. Queste spese soddisfano due esigenze (bisogni) distinte:

� testimoniare la propria posizione sociale (bisogno di relazione);

� facilitare l’inserimento in strati sociali più elevati (bisogno di potere). Questa distinzione corrisponde a quella di Veblen fra consumo vistoso (spreco di beni) e

agiatezza vistosa (spreco di tempo); la prevalenza dell’uno o dell’altro bisogno dipende dal livello

dello sviluppo economico.

- spese per l’integrazione interna della famiglia e per il controllo delle tensioni (regali,

vacanze e divertimenti e tutto ciò che è fuori dal pacco standard).

Il gruppo di riferimento considera il ruolo dei singoli componenti della famiglia e quindi sarà

la categoria sociale ad orientare le spese.

Riepilogando lo schema di riferimento è il seguente:

Spese per il pacco standard di beni

Spese per la continuità fisica e culturale della famiglia

Spese di status

Spese per l’integrazione interna della famiglia

Gruppo di appartenenza attuale: collettività

X

Gruppo di appartenenza diretta (gruppo primario)

X

Gruppo esterno X

Categorie sociali X

3.5 Misurazione e previsione della domanda

L’impresa deve definire con esattezza la sua domanda di mercato, perché vi possono essere

90 diversi tipi di domanda; la domanda infatti può essere misurata a:

60

6 livelli di prodotto 5 livelli spaziali 3 livelli temporali

Inoltre deve definire il mercato (totale); cioè l’insieme di tutti gli acquirenti reali e potenziali

di un prodotto; la sua dimensione (mercato potenziale), cioè il numero di acquirenti che potrebbero

esistere per una particolare offerta del mercato; e l’acquirente: che deve presentare le caratteristiche

di interesse, reddito, accesso.

L’impresa ancora deve definire quale mercato misurare, per cui si distingue:

� Mercato potenziale: insieme dei consumatori che hanno un qualche interesse ad una

offerta di mercato definita [es. la popolazione per l’università, esclusa la parte non interessata

(anziani), che insieme costituiscono la popolazione totale].

� Mercato disponibile: insieme dei consumatori che hanno interesse, reddito ed accesso ad

una particolare offerta di mercato (es. la parte di popolazione con età, risorse economiche e

decisione culturale per accedere all’università).

� Mercato disponibile qualificato: insieme dei consumatori che hanno interesse, reddito,

accesso e requisiti per una particolare offerta di mercato, (es. parte di popolazione anche con

adeguato titolo di studio per accedere all’università).

� Mercato servito: parte del mercato disponibile per determinati gruppi di persone (o

segmenti) (es. quella parte di popolazione che può anche pagare elevate tasse per accedere

all’università oppure per corsi serali per lavoratori).

� Mercato penetrato: insieme dei consumatori che effettivamente acquistano il prodotto

(es. parte della popolazione che si è iscritta all’università)

- singolo prodotto - gruppo di prodotti - linea di prodotti - vendite aziendali - vendite di settore - vendite nazionali

- cliente - zona - regione - stato - mondo

- breve periodo - medio periodo - lungo periodo

61

Rappresentazione dei diversi tipi di mercato Mercato totale Mercato potenziale Popolazione totale 100 Mercato potenziale………….…100

Mercato potenziale 10 Mercato disponibile ……………40

Mercato disponibile qualificato...20

Mercato servito…………………10

Mercato penetrato ……………….5

Definito il mercato, l’impresa per valutare le opportunità di marketing deve stimare la

domanda totale di mercato.

La domanda totale del mercato di un prodotto: è il volume totale che verrebbe acquistato da

un determinato gruppo di acquirenti in un’area geografica ed in un periodo di tempo definiti, in un

determinato ambiente di marketing e nell’ambito di un determinato programma di marketing.

Non si tratta di un concetto semplice, in quanto nella definizione ricorrono 8 elementi che

devono essere determinati per la misurazione (stima) della domanda:

1) Prodotto: occorre definire la classe di prodotto (gruppo di prodotto con coerenza

funzionale) per definire il mercato;

2) Volume totale: in termini fisici, monetari, percentuali;

3) Acquistato: occorre definire se volume ordinato, spedito, pagato, ricevuto o consumato;

4) Gruppo di acquirenti: intero mercato o singoli segmenti;

5) Area geografia: definire i confini geografici;

6) Periodo di tempo: definire il periodo di tempo;

7) Ambiente di marketing: sono i fattori incontrollabili (ambiente demografico, economico,

tecnologico, politico, culturale);

8) Programma di marketing: sono i fattori controllabili (elasticità rispetto al prezzo,

promozione, miglioramento del prodotto, sforzo distributivo ed altri elementi che entrano

nei programmi marketing delle imprese).

Ricordarsi inoltre che la domanda totale del mercato non è un numero fisso, ma una

funzione: funzione di domanda del mercato, o funzione di risposta del mercato (D=f(p1,p2,----,

pn,P,R,G).

Per l’impresa, la sua domanda è la quota della domanda del mercato coperta dalle sue

vendite.

62

Funzione di domanda dell’impresa o funzione di risposta dell’impresa Qi = Si Q dove Qi = domanda dell’impresa Si = quota di mercato dell’impresa Q = domanda totale di mercato

Cosa influenza Si quota di mercato dell’impresa?

Teoria più diffusa: le quote di mercato dei vari concorrenti sono proporzionali alle quote del

loro sforzo di marketing, da cui il “teorema fondamentale per la determinazione della quota di

mercato”

i

ii M

MS∑

=

dove Mi = sforzo di marketing dell’impresa (spese o investimenti)

ΣM i = sforzo di marketing di tutte le imprese

La previsione di vendita dell’impresa è il risultato atteso delle vendite aziendali in funzione

di un determinato piano di marketing e tenuto conto di una data situazione del mercato.

Domanda di mercato come funzione delle spese di marketing del settore

(presuppone una particolare situazione di marketing):

In questo ambito occorre fissare:

• La quota di vendita: è l’obiettivo di vendita per l’impresa, per una linea di prodotto o per

un agente di vendita. Si fissa principalmente per definire e stimolare gli sforzi di vendita.

63

• Il budget di vendita: è una stima del volume atteso delle vendite ed è utilizzato per

assumere decisioni riguardanti gli acquisti, la produzione, il cash flow.

• Il potenziale di vendita dell’impresa: è il limite a cui tende la domanda per l’impresa

all’aumentare del rapporto fra investimento di marketing dell’impresa e investimenti di marketing

delle imprese concorrenti.

Il limite assoluto della domanda per l’impresa è il potenziale di mercato (che viene raggiunto

solo in condizioni di monopolio d’impresa).

Domanda di mercato come funzione delle spese di marketing del settore

(presuppone due diverse situazioni ambientali)

3.6 La stima della domanda attuale

Il potenziale totale del mercato è il volume massimo delle vendite (in quantità o valore)

disponibile per tutte le imprese di un settore in un dato periodo di tempo, ad un dato livello dello

sforzo di marketing del settore sotto determinate condizioni ambientali. La stima si può fare nel

modo seguente:

Q = n q p

Dove Q = potenziale totale di mercato

n = numero di acquirenti

q = (consumo procapite) quantità acquistata da un acquirente medio

p = prezzo unitario medio

64

Si può stimare inoltre con metodi statistici da parte di istituti di ricerca di marketing (es. A.C.

Nielsen).

• Il potenziale di mercato di un’area (di maggiore interesse) • Le vendite e le quote di mercato nel settore dei concorrenti • La domanda futura

- analisi delle serie storiche Y = f(t, c, s, e) dove Y = vendite passate del prodotto

t = trend della popolazione, del processo di accumulazione del capitale (reddito),

dell’evoluzione tecnologica

c = ciclo, movimento oscillatorio delle vendite

s = stagionalità, vendite durante l’anno

e = eventi accidentali (scioperi, maltempo, mode, tumulti, incendi, BSE, minacce di

guerra, ecc. ) - analisi statistica della domanda

Q = f(x1, x2,…….., xn)

dove Q = quantità venduta o vendite

xi = variabili, come reddito, popolazione, attività promozionali, ecc.

Qi = ni qi pi

iii M

MS∑

=

65

4 SEGMENTAZIONE DEL MERCATO Il rapporto tra impresa e mercato può assumere tre diverse tipologie:

o Marketing di massa o globale o indifferenziato: la produzione è di massa, la

promozione è rivolta a tutti gli acquirenti del mercato (es. Coca Cola con un solo prodotto). [L’impresa opera in un mercato con un prodotto.]

o Marketing differenziato: l’impresa produce due o più tipologie del prodotto (o più prodotti nello stesso settore), con caratteristiche, stile, qualità, dimensioni particolari (es. Coca Cola con bibite diverse); la varietà è finalizzata ad offrire alternative di scelta alla clientela, piuttosto che a distinguere segmenti di mercato. [L’impresa opera su diversi segmenti di mercato con più tipologie di prodotti per soddisfare le scelte della clientela.]

o Marketing concentrato: si hanno numerosi segmenti di mercato distinti, l’impresa ne sceglie uno o più e sviluppa prodotti e marketing mix corrispondenti alle caratteristiche dei segmenti prescelti (es. Coca Cola che ha creato una bibita ipocalorica per i dietisti). [Più mercati per più prodotti. L’impresa opera su un segmento con prodotto corrispondente]

Alcune premesse:

� Mercato al consumo (o globale): tutte le persone e le famiglie che acquistano

direttamente beni e servizi per il proprio consumo.

� Mercato obiettivo (o target, o segmento di mercato): è un gruppo di consumatori ai

quali l’impresa, in maniera specifica, indirizza le proprie strategie di marketing.

La pianificazione delle azioni di marketing richiede la iniziale puntualizzazione e scelta

degli obiettivi da realizzare, a tale scopo, poiché i consumatori variano notevolmente per età,

reddito, cultura, gusti, mobilità (es. consumatori anziani, giovani, donne, di razza latina,

asiatica, nera, ecc.) e quindi il mercato che ne deriva è troppo vario ed eterogeneo perché si

possa considerare come entità unica e uniforme, occorre suddividere il mercato globale di un

certo prodotto in segmenti (mercati obiettivo), ognuno dei quali comprendente consumatori

omogenei per taluni aspetti significativi, che indurranno a comportamenti omogenei nel

processo d’acquisto (ragioni per cui viene effettuato un acquisto).

Per definire i mercati obiettivi occorre effettuare ricerche in modo da conoscere per un

certo prodotto: chi acquista, quanto acquista, dove acquista, quando acquista, come acquista,

perché acquista; cioè occorre conoscere il comportamento del consumatore, le abitudini di

66

acquisto, affinché l’impresa possa prevedere come risponderanno i consumatori ai diversi

stimoli di marketing che metterà in atto.

Il mercato oggi è in continua evoluzione e sta subendo un processo di demassificazione

rispetto ai modelli di consumo tradizionali, (anche nel settore dell’agroalimentare).

I segmenti di consumo sono sempre più numerosi e diversi e pertanto richiedono un

particolare e preliminare esame al fine di ordinare e comprendere i diversi gruppi di

consumatori presenti nel mercato e di impostare da parte delle imprese valide ed efficaci

strategie di marketing.

In questo contesto le imprese adottano sempre più il criterio del mercato obiettivo, per

meglio identificare le opportunità di marketing: prodotti corrispondenti alle esigenze di ogni

gruppo di consumatori, coordinamento delle politiche di prezzo, commerciali, promozionali,

concentrazione dello sforzo di marketing sugli acquirenti che hanno il massimo interesse

all’acquisto.

Il criterio del mercato obiettivo si sviluppa in tre fasi principali:

• segmentazione del mercato (dal lato della domanda)

• definizione del mercato obiettivo (scelta del/i segmento/i)

• posizionamento del prodotto (dal lato dell’offerta)

Segmentazione del mercato

I consumatori sono diversi per molteplici aspetti: per desideri o bisogni che esprimono,

per le risorse economiche di cui dispongono, per la localizzazione geografica, per gli

atteggiamenti e le abitudini di acquisto, ecc.

La segmentazione dunque non si riferisce inizialmente alla identificazione delle

potenzialità di un prodotto nel mercato, ma alla identificazione delle diverse esigenze ed

interessi del consumatore, che possono essere raggruppati in insiemi di individui

commercialmente omogenei.

67

Segmentare il mercato, infatti, significa aggregare o suddividere i potenziali consumatori

in gruppi aventi medesime caratteristiche; il gruppo o segmento risultante è costituito dalla

somma di caratteristiche di tanti individui aventi elementi di omogeneità.

La segmentazione è dunque ricerca ed individuazione di bisogni, comparazione

d’opportunità, classificazione dei consumatori, omogeneità di obiettivi, sintesi, aspetti tutti

finalizzati a meglio adattare i prodotti per la soddisfazione del consumatore.

L’impresa per definire la sua domanda di mercato ha la necessità di valutare la

consistenza ed il tipo di segmento al fine di conoscere il comportamento d’acquisto e le

motivazioni di consumo dei consumatori.

Non esiste un unico modo di segmentare il mercato, ma bisogna provare diverse variabili

e combinarle al fine di individuare per l’impresa la prospettiva più significativa della struttura di

mercato.

La segmentazione pertanto può essere considerata una teoria di indagine (perché permette

di identificare e conoscere i consumatori attuali e potenziali del prodotto) ed una strategia di

marketing (perché consente di formulare le operazioni più consone per penetrare il segmento

prescelto).

Le principali variabili utilizzate nella segmentazione dei mercati di consumo sono le

seguenti:

- Variabili geografiche: il mercato è suddiviso in diverse ripartizioni e concentrazioni

(aree) geografiche: nazione, stato, regione, provincia, città, quartieri, dimensione demografica,

densità urbanistica, assetto economico-culturale, ecc.

- Variabili socio-economiche: il mercato è suddiviso in base a criteri demografici (età,

sesso, dimensione della famiglia, stadio del ciclo di vita della famiglia), economiche (livello di

reddito, professione, occupazione), sociali (cultura, istruzione, religione, razza, nazionalità,

ecc.). Le variabili socio-economiche sono la base maggiormente e diffusamente utilizzata per

effettuare distinzioni fra gruppi di consumatori sia perché bisogni, preferenze, abitudini di

consumo sono realmente correlate in modo stretto a queste variabili, sia perché sono facilmente

misurabili almeno rispetto ad altre variabili.

- Variabili psicografiche: i consumatori sono suddivisi in base alla classe sociale di

appartenenza, allo stile di vita adottato, alle caratteristiche di personalità che presentano.

- Variabile di comportamento: i consumatori sono suddivisi sulla base della

conoscenza del prodotto, del comportamento di consumo e di acquisto, dell’uso che ne fanno;

gli aspetti che si considerano sono:

� le occasioni di consumo: in cui si manifestano i bisogni del bene, ne dettano l’acquisto

e l’utilizzo. Le occasioni di consumo sono regolari o saltuari. Es. colazione per succo di frutta,

68

festività per regali (della mamma, del papà, San Valentino,ecc.), per consumo di determinati

alimenti (Natale, Pasqua, sagre, ecc.), pasti principali, pasti fuori casa. � i vantaggi ricercati (qualità, servizio, economia): benefici o vantaggi che ci si aspetta di

ottenere dal consumo di un certo bene. In questo caso bisogna definire gli aspetti del bene

graditi dal consumatore, il tipo di persone interessate, le principali marche che sono in grado di

soddisfare le esigenze del consumatore (es. dentifrici). � status dell’utilizzatore (o situazione d’uso): individuare i non utilizzatori, gli ex

utilizzatori, utilizzatori potenziali, nuovi utilizzatori, utilizzatori abituali dei beni. Ognuno è

richiede approcci di marketing diversi. � intensità d’uso: il bene può avere consumo limitato, medio o forte utilizzazione

(segmentazione per volume), per cui i volumi di consumo sono elevati se c’è forte utilizzazione

anche da parte di poche persone (vino, olio, birra, ecc.). � la fedeltà di marca o al punto vendita: si distinguono i fedelissimi, fedeli tiepidi, fedeli

mutevoli, incostanti alla marca (grado qualitativo, confezione, formato, biologico, Dop, ecc.) e

al punto vendita ( luoghi di acquisto: supermercato, negozio, latteria , ecc.) � lo stadio di disponibilità (consapevolezza) all’acquisto: alcuni non sono a conoscenza

del prodotto, altri conoscono la sua esistenza ma: o sono semplicemente informati, o sono

effettivamente interessati, altri ancora pensano di acquistarlo. Ciò comporta differenti

programmi di marketing. � l’atteggiamento: cioè l’interesse che gli individui mostrano per il prodotto: entusiasti,

positivi, indifferenti, contrari e decisamente ostili.

Le variabili descritte sono importanti anche se difficili da valutare e quantificare, ma il

punto di riferimento per realizzare una efficace segmentazione è il comportamento del

consumatore.

Nel settore agroalimentare i criteri di segmentazione spaziano su più variabili in quanto

legati ad un consumatore dal comportamento meno razionale, sollecitato da fattori emotivi e

psicologici e quindi sfuggevoli a valutazioni standardizzate (es. BSE, metanolo, degrado

ambientale).

Metodologicamente la segmentazione distingue due fasi:

- disaggregazione dei consumatori sulla base delle loro caratteristiche di natura

demografica, socioeconomica, psicologica, di reddito, di comportamento d’acquisto;

69

- riaggregazione in segmenti stabili sulla base delle reazioni riguardanti gli attributi e le

caratteristiche del prodotto.

Per segmentare validamente il mercato è necessario che un segmento rispetti le seguenti

condizioni: • quantificabilità, i segmenti devono essere espressi in termini quantitativi, anche se non

tutte le caratteristiche tipiche di un segmento sono quantificabili o facilmente

misurabili (es. caratteristiche tipiche della personalità dell’individuo, ecc.).

• raggiungibilità, il segmento deve essere accessibile ed ottimale alla penetrazione o al

consolidamento del mercato.

• redditività, le dimensioni economiche del segmento (disponibilità finanziaria, potere

di acquisto, ecc.) devono essere tali da rendere redditizio l’investimento in marketing.

• difendibilità, dagli attacchi della concorrenza con interventi di marketing.

• controllabilità, il segmento deve essere controllabile in modo che nel caso di

scostamenti o imprevisti si possono mettere in atto correttivi ed interventi di marketing

al momento e nel modo giusto.

Qualunque mercato si consideri, vale la Legge di Pareto (legge empirica sulla

distribuzione dei redditi) (1897): la frequenza dei percettori di redditi di molto superiori alla

media non corrisponde a quella della distribuzione normale, ma è più elevata. Altrimenti detto:

qualunque mercato si consideri esiste un 20% di consumatori che rappresenta l’80% delle

vendite. I restanti 4/5 di consumatori non vanno trascurati perché rappresentano i potenziali

consumatori. I consumatori possono assumere diversi tipi di comportamenti: alcuni acquistano

più degli altri, alcuni vogliono la qualità, altri cercano il prezzo più basso, ecc.; MA tutti

obbediscono alla legge di Pareto e possono essere raggruppati in segmenti di mercato.

Individuato il segmento di mercato, si possono creare prodotti che soddisfino i bisogni dei

consumatori e venderli al prezzo adeguato (che non è necessariamente il più basso). Per cui,

l’impresa deve esaminare il mercato in termini di segmenti per potersi concentrare nella

produzione di ciò in cui è più valida.

70

PRINCIPALI VARIABILI DI SEGMENTAZIONE DEL MERCATO DI CONSUMO NEGLI STATI UNITI variabili suddivisioni tipiche Variabili geografiche Regione Regioni sul Pacifico, Regioni Montane, Centro Nord Occidentale, Centro

Sud Occidentale, Centro Nord Orientale; Sud Atlantico, Centro Atlantico; New England

Dimensione della Contea

A, B, C, D

Grandezza di centro Fino a 5.000; 5.000-20.000; 20.000-50.000; 50.000-100.000; 100.000-250.000; 250.000-500.000; 500.000-1.000.000; 1.000.000-4.000.000; sopra i 4.000.000

Densità urbane; suburbana; rurale Clima settentrionale; meridionale Variabili demografiche e socio economiche Età (anni) sotto i 6; 6-11; 12-19; 20-34; 34-59; 50-64; 65 o più Sesso maschile, femminile Numero dei membri della famiglia

1-2; 3-4; 5 o più

Ciclo di vita della famiglia

giovani, soli; coppie giovani senza figli; coppie giovani con figlio più piccolo sotto i 6 anni; coppie giovani con figlio più piccolo sopra i 6 anni; coppie mature con figli; coppie mature senza figli sotto i 18 anni; anziani, soli; altri.

Occupazione imprenditori e liberi professionisti; dirigenti, funzionari e proprietari, impiegati e commercianti; artigiani e operai specializzati; operai comuni e agricoltori; pensionati; studenti; casalinghe; disoccupati.

Istruzione scuola dell’obbligo; frequenza scuola media superiore; diploma di scuola media superiore; frequenza università; laurea.

Religione cattolica, protestante, ebrea o altro. Razza bianca, nera, orientale. Nazionalità americana, inglese, francese, tedesca, scandinava, italiana, latino-americana,

asiatica, giapponese.

Variabili psicografiche

Classe sociale inferiore-inferiore; inferiore-superiore; media-inferiore; media –superiore; superiore-inferiore; superiore-superiore.

Stile di vita conservatore, liberale, radicale

Personalità coercitiva, passiva, autoritaria, ambiziosa.

Variabili di comportamento Occasioni d’uso regolare, saltuario Vantaggi ricercati qualità, servizio, economia

Situazioni d’uso non utilizzatore, ex utilizzatore, potenziale utilizzatore, nuovo utilizzatore, utilizzatore abituale

Intensità d’uso utilizzo scarso, medio, elevato Fedeltà di marca nessuna, debole, forte, assoluta Stadio di consapevolezza

non a conoscenza del prodotto, a conoscenza, informato, interessato, attento, intenzionato all’acquisto

Atteggiamento verso il prodotto

entusiastico, positivo, indifferente, negativo, ostile

Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI, 1991

71

4.1 Definizione del mercato obiettivo

La segmentazione del mercato individua le opportunità per l’impresa; questa deve però

procedere alla valutazione ed alla scelta dei segmenti da servire, attraverso:

� la valutazione dei segmenti di mercato: cioè valutare il profitto che può derivare da ogni

segmento.

� decisione delle possibili strategie di copertura del mercato, ossia il numero dei segmenti

da servire, attraverso tre strategie:

• Marketing indifferenziato (o di massa o globale): l’impresa non tiene conto dei segmenti

e si presenta un'unica offerta sul mercato, con un certo tipo di prodotto e per attirare il

maggior numero possibile di consumatori; opera nei canali di distribuzione di massa e

con messaggi pubblicitari generali (es. Coca Cola all’inizio si presentò con una sola

bottiglia per formato e unico gusto). Obiettivo creare per il prodotto una immagine

elevata nella mente dei consumatori potenziali. I vantaggi sono le economie di costo (di

produzione, di gestione delle scorte, di trasporto, di promozione, di ricerca di mercato e di

pianificazione).

• Marketing differenziato: l’impresa opera su diversi segmenti di mercato, ma con prodotti

particolari su ciascuno di essi (es. Coca Cola con bibite diverse). L’obiettivo è di avere un

volume di vendita totale maggiore rispetto al marketing indifferenziato.

Inconvenienti: aumento dei costi per modificare il prodotto (ricerca e sviluppo,

progettazione, modifica degli impianti e delle strutture), per diversificare la produzione

(ma con quantità per tipologia minore per ciascuno), per l’amministrazione (ricerche di

mercato, previsioni, analisi delle vendite, di promozione, di pianificazione e gestione dei

canali distributivi), per le scorte (gestione di numerosi magazzini), per promozione (per

campagne diverse).

• Marketing concentrato: l’impresa con risorse limitate invece di orientarsi verso una quota

limitata di un grande mercato, mira ad ottenere una quota elevata di un piccolo mercato

(es. olio di qualità per le piccole imprese, o vino di qualità, o Coca Cola con bibita

ipocalorica). Vantaggi: economie di scala per specializzazione nella produzione, nella

promozione, nella distribuzione; l’impresa conosce bene le caratteristiche dei

consumatori e acquisisce una positiva e solida immagine. Si possono avere tassi elevati di

rendimento degli investimenti; però anche i rischi sono elevati, perché se il segmento si

dissolve l’impresa resta senza mercato.

72

� la scelta della strategia di copertura del mercato: nella scelta delle tre strategie sopra

riportate si devono considerare i seguenti elementi:

� le risorse dell’impresa (se limitate, marketing concentrato)

� omogeneità del prodotto (marketing indifferenziato)

� stadio del ciclo di vita del prodotto (marketing indifferenziato o concentrato)

� omogeneità del mercato (marketing indifferenziato)

� strategie di marketing della concorrenza; se la concorrenza pratica una attiva

segmentazione: marketing differenziato o concentrato, se la concorrenza fa strategia

indifferenziata: marketing differenziato o concentrato. È possibile creare sinergie operando su segmenti diversi.

4.2 Posizionamento del prodotto

Per ogni segmento individuato e scelto l’impresa deve sviluppare una strategia di

posizionamento del prodotto. Posizionamento di prodotto e segmentazione di mercato sono due

strategie complementari determinanti per la formulazione di una valida ed efficace strategia di

marketing.

Posizionamento: insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto

dell’impresa e ad impostare il marketing mix più adatto per attribuire una certa posizione al

prodotto nella mente del consumatore.

Lo studio del posizionamento in genere e dei posizionamenti concorrenziali permette

all’impresa di verificare se esistono spazi di domanda non ancora soddisfatti e dunque nicchie

entro cui collocare il prodotto.

Il posizionamento del prodotto analizza il mercato dalla parte dell’offerta ed ha come

oggetto il prodotto, la segmentazione analizza il mercato dalla parte della domanda.

Il posizionamento è una ricerca ed un intervento di valorizzazione del prodotto, nel

confronto con i prodotti della concorrenza e nel rispetto delle necessità della clientela.

Con il posizionamento si abbandona la mera imitazione della concorrenza e si cerca quel

“plus” in grado di apportare al consumatore una vera e propria personalizzazione di un prodotto

e così differenziare lo spazio del prodotto sul mercato (segmento).

Il posizionamento del prodotto dipende dalle specifiche intrinseche caratteristiche del

prodotto (qualità, peso, formato, presentazione, nome, immagine, gamma, competenza tecnica),

e dalle caratteristiche esterne collegate con il prodotto (distribuzione, personal selling,

promozione, pubblicità, ecc.).

73

Il posizionamento del prodotto nel mercato è una metodologia di classificazione

dell’offerta secondo specifici caratteri del comportamento del consumatore o di taluni gruppi di

consumatori, basata sugli aspetti qualitativi, sui plus che il prodotto è in grado di offrire.

La metodologia di posizionamento per il prodotto alimentare implica la scelta di uno o

più segmenti di mercato e la evidenziazione degli aspetti che indicano: che cosa è il prodotto, a

che serve, chi sono i destinatari.

Le variabili di cui tenere conto sono: ► il prodotto: è l’unico elemento che dipende dall’impresa alimentare e su cui è

possibile intervenire direttamente. È su di esso che si concentrano gli sforzi di

personalizzazione, di differenziazione per individuare lo spazio da occupare, di confrontarsi con

i prodotti della concorrenza e di formulare una politica rispondente alla posizione, al segmento,

al mercato. ► la concorrenza: i concorrenti hanno propri posizionamenti, la cui conoscenza serve ad

evidenziare le caratteristiche più qualificanti per il prodotto, a valutare meglio le possibilità

operative, a formulare strategie di posizionamento alternativo; i dati da conoscere sono i punti

forti e vincenti della concorrenza, cioè: efficienza organizzativa, immagine del prodotto,

strategie in atto, ciclo di vita del prodotto, canali distributivi, politica di prezzo, quote di

mercato, marketing mix, promozione, mezzi di comunicazione impiegati, ecc. ► il consumatore: l’identificazione e la valutazione delle attese del consumatore serve ad

identificare il suo grado di soddisfazione o insoddisfazione suscitato da un prodotto in uno o più

segmenti, e porvi rimedio.

I criteri che sono alla base della strategia di posizionamento da comunicare più o meno

direttamente al consumatore sono:

• posizionamento sulla base delle caratteristiche specifiche e differenziatrici del prodotto

(qualità, prezzo, competenza tecnologica, ecc.).

• posizionamento sulla capacità di soddisfare i bisogni, i benefici attesi, di risolvere i problemi

del consumatore (confezione, conservazione, sicurezza e semplicità di consumo, modernità,

ecc.).

• posizionamento su specifiche occasioni di consumo (dipendono dal mercato, dal tipo di

impresa, dal tipo di prodotto, dal ciclo di vita del prodotto, ecc.).

• posizionamento in contrapposizione ad un altro prodotto (rilevazione delle differenze con i

prodotti nella concorrenza).

74

La metodologia di impostazione del posizionamento si articola nei seguenti passaggi:

Consumatore ► individuazione delle necessità e delle attese che il prodotto alimentare vuole soddisfare.

Gruppi di consumatori

► definizione del segmento di mercato nel quale ci si vuole posizionare.

Prodotto ►

formulazione delle caratteristiche e degli attributi del prodotto che possono soddisfare le necessità e le attese individuate nel segmento di mercato prescelto.

Concorrenza ►

definizione della mappa di posizionamento evidenziando le marche presenti sul mercato correlate con le caratteristiche più rappresentative del segmento prescelto.

Posizionamento ►

individuazione della zona di posizionamento nella mappa di posizionamento, confronto tra posizionamento dell’azienda e posizionamento del consumatore di quel segmento e posizionamento dei prodotti concorrenti.

Verifica e riposizionamento

► verifica dei risultati ed eventualmente prendere azioni di riposizionamento per rilanciare il prodotto.

La decisione fondamentale dell’impresa è la scelta dei segmenti di mercato; e dunque la

definizione dei consumatori e delle imprese concorrenti. La decisione di posizionamento del

prodotto contribuisce a precisare meglio le caratteristiche dei consumatori e della concorrenza

(dei concorrenti).

75

A questo punto l’impresa è pronta per procedere alla pianificazione del marketing mix.

IL CONCETTO DI POSIZIONAMENTO SECONDO RIES E TROUT II termine posizionamento (positioning) è divenuto di uso comune dopo che due

pubblicitari, Al Ries e Jack Trout, lo utilizzarono in una serie di articoli comparsi su Advertising Age con il titolo "The Positioning Era". Successivamente, gli stessi autori hanno pubblicato un libro sull'argomento, Positioning: The Battle for Your Mind. Ries e Trout considerano il posizionamento come un esercizio di creatività applicato ad un prodotto esistente. La definizione che forniscono è:

II posizionamento nasce assieme al prodotto, sia esso un bene, un servizio, un'impresa, un'istituzione o anche un individuo ... Ma il posizionamento non ha nulla a che vedere con l'intervento sul prodotto, bensì riguarda l'intervento da effettuarsi sulla mente del possibile acquirente. Il posizionamento, cioè, riguarda il modo in cui un prodotto trova collocazione nella mente del potenziale consumatore.

Successivamente gli autori affermano che il processo di posizionamento può portare a modificare il nome del prodotto, il prezzo e la confezione. Questi tuttavia: vanno visti come «interventi di cosmesi finalizzati a consolidare l'immagine del prodotto .nella mente del consumatore».

Per questo Ries e Trout sono interessati al posizionamento psicologico o riposizionamento di un prodotto già esistente, piuttosto che al posizionamento di prodotti ancora allo studio. In quest'ultima situazione, infatti, l'operatore di marketing deve sviluppare tutte le variabili del marketing-mix, in modo che le caratteristiche del bene prodotto corrispondano esattamente al mercato obiettivo prescelto.

Il problema del posizionamento, invece, riguarda sia gli interventi materiali da prevedere sul prodotto, si agli interventi da provocare nella mente del consumatore. A proposito del posizionamento psicologico Ries e Trout insistono utilmente su diversi aspetti. Prima di tutto osservano che numerosi mercati sono formati da prodotti simili, senza alcuna differenza agli occhi dei consumatori. In una società caratterizzata da eccesso di comunicazione, il problema del marketing è proprio quello di creare la differenza tra i prodotti. L’idea chiave è che i consumatori classificano mentalmente le caratteristiche dei prodotti sulla base di una o più dimensioni. Così i consumatori mettono la Hertz al primo posto, la Avis al secondo e la National al terzo quando pensano al parco macchine di cui le diverse organizzazioni di autonoleggio dispongono. Compito dell'operatore di marketing è allora quello di fare in modo che il prodotto venga ritenuto primo in relazione a una dimensione particolarmente importante, dato che è proprio chi risulta essere al primo posto che ha la maggior probabilità di essere ricordato. Tutti sanno che Lindbergh è stato il primo che ha sorvolato l'Atlantico, ma pochi sanno chi è stato il secondo. Anche per le scelte di consumo avviene lo stesso.

Se in un mercato sono presenti molti prodotti con l’immagine di "numerò uno” è possibile tentare qualcosa di diverso. Un alternativa può essere di affermare, per esempio, di essere ancora più bravi del primo, come ha fatto l'Avis nella campagna ormai classica che diceva «Siamo il numero due. Per questo ci impegnarne di più». Oppure è possibile individuare un'altra caratteristica per la quale il prodotto possa risultare primo. L'operatore di marketing, in questo caso, ricerca uno spazio vuoto nella mente del consumatore non ancora occupato da nessuno. Quando la Seven-Up si fece pubblicità come la “non coca-cola”, puntò sul fatto che il suo nome venisse per primo in mente al consumatore non appena decideva di bere qualcosa di diverso dalla Coca.

Fonte: Si veda Al Ries e Jack Trout, Positioning: The Battle for Your Mimi, Warner Books, New York1982 (trad. it.: Positioning. La. conquista della posizione vincente, McGraw-Hill, Amburgo 1984).

Fonte: Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI, 1991.

76

5 MARKETING MIX

5.1 Premessa

Il marketing mix è la strategia generale messa in atto per vendere un prodotto attraverso

le vie migliori per raggiungere gli obiettivi prefissati.

"Il marketing mix è la combinazione delle variabili controllabili di marketing che

l'impresa impiega al fine di conseguire gli obiettivi predefiniti nel mercato obiettivo" (P.

Kotler).

È strettamente collegato alla pianificazione globale dell’azienda ed in particolare al piano

marketing. "Un buon prodotto, dal giusto prezzo, ben pubblicizzato e distribuito capillarmente

sul territorio ha molte probabilità di incontrare le preferenze dell'acquirente“ (P. Kotler)

Attuare un programma (strategia) di marketing mix significa far agire positivamente e

coordinativamente sul mercato i suoi componenti, che sono: le 4P (ritenute le più importanti per

la gestione di un prodotto, P iniziali dall’inglese)

- Product (prodotto)

- Price (prezzo)

- Promotion – Pubblicity (promozione – pubblicità)

- Point of sale o place (distribuzione o punto vendita) cioè, è necessario che: - il prodotto con le sue caratteristiche corrisponda alle esigenze dei consumatori

- il prezzo sia giudicato accessibile

- la pubblicità susciti l’acquisto (comunicando il suo messaggio)

- la promozione faccia superare i pregiudizi all’acquisto

- la distribuzione sia efficiente e puntuale

Il marketing mix ha un obiettivo generale da realizzare e non obiettivi particolari di

settore, il programma è personalizzato per l’impresa e per il prodotto.

Il programma di marketing mix passa attraverso 4 fasi: - analisi situazione attuale, su: mercato del prodotto, prodotto, prezzi dei prodotti della

concorrenza, distribuzione, pubblicità e promozione, vendita;

- definizione degli obiettivi a breve, medio, lungo termine, su: prodotto, equilibrio costi-

ricavi, distribuzione, pubblicità e promozione, personal selling, marca, consegna;

- formulazione delle strategie e delle politiche, su: prodotto, prezzo, distribuzione,

pubblicità e promozione, varie ;

77

- scelta e combinazione degli obiettivi, su: prodotto, prezzo, distribuzione, pubblicità e

promozione, varie;

Alcuni osservatori ritengono che il modello delle 4P ometta o sopravvaluti alcune attività

importanti, quali ad esempio i servizi o la confezione. A queste obiezioni si può rispondere

dicendo che anche i servizi sono da ritenersi dei prodotti mentre il confezionamento è una delle

tante decisioni relative al prodotto. Il punto non è aumentare il numero delle categorie, ma

piuttosto avvalersi di uno schema utile ai fini della progettazione dei programmi di marketing.

Tuttavia può essere utile, ai fini della progettazione, accostare alle 4P anche le 2R:

� Relazioni istituzionali, in grado di influenzare il mercato (es. tabacco o ambiente);

� Relazioni pubbliche, atteggiamenti pubblici in caso di eventi eccezionali.

Esiste, inoltre, un’altra obiezione che presenta una sua validità. Il modello delle 4P

assume la prospettiva di mercato del venditore, non dell’acquirente. Dal punto di vista del

cliente, in questa era caratterizzata da forti relazioni e interazioni, le 4P potrebbero tramutarsi in

4C:

� Cliente (bisogni e desideri del),

� Costi per il cliente

� Convenienza (del punto vendita)

� Comunicazione (promozione del prodotto).

Pertanto, mentre le imprese si riconoscono quali venditori del prodotto, i clienti si

percepiscono come acquirenti di valore e soluzioni in grado di risolvere i loro problemi. I clienti

non sono interessati solo al prezzo, si preoccupano anche dei costi complessivi per l’acquisto,

dell’utilizzo e dell’eliminazione del prodotto; richiedono prodotti e servizi ottenibili nel modo

più semplice e comodo e aspirano ad una comunicazione bilaterale. Le imprese dovrebbero

quindi prima prendere in considerazione le 4C e su queste premesse costruire le 4P.

L’applicazione completa del mix trova attuazione nel piano marketing (risorse impresa,

marketing mix, segmento di mercato, ambiente esterno ), che è la concentrazione delle diverse

politiche di intervento che compongono il marketing mix: politiche di prodotto, politica di

prezzo, politica di distribuzione e vendita, politica di pubblicità e promozione, il cui insieme

viene integrato nella strategia di marketing. Il marketing mix del prodotto alimentare oltre alle 4

P ha altri fattori che lo possono perfezionare: immagine, marca, personal selling, trasporto,

servizio, ecc.

78

5.2 Prodotto

È il fulcro attorno al quale ruota l’attività di impresa.

Nel marketing mix è l’elemento sul quale si basano prezzo, distribuzione e pubblicità e

promozione, perché deve rispondere nel miglior dei modi alle esigenze del consumatore e del

mercato. Il prodotto deve essere elemento chiaro e preciso in modo che sia identificabile per il

nome, per le caratteristiche fisiche, tecniche, di prestazione, di qualità, di affidabilità, di

presentazione, di ruolo all’interno di una gamma di prodotti.

Esso riguarderà la domanda e l’offerta ed in particolare il consumatore, i canali di

distribuzione, la politica di prezzo, le tecniche promozionali e di comunicazione, le azioni di

vendita.

Il prodotto così non è statico, ma dinamico e come tale negli aspetti che lo formano e lo

caratterizzano coerente nei cambiamenti del mercato e dell’ambiente generale.

I requisiti o le caratteristiche del prodotto alimentare devono rispondere alle esigenze del

mercato, del consumatore, del prodotto in se stesso: - esigenze prodotto-mercato. Il prodotto deve rispettare le leggi ed i regolamenti e deve

corrispondere alle esigenze del mercato. - esigenze prodotto-consumatore. Il prodotto non è ciò che vende l’impresa, ma ciò che

desidera comprare il consumatore: deve essere considerato portatore di soddisfazione, di una

risposta, di una attesa, di un servizio al consumatore. - esigenze di prodotto. Comprende la progettazione, la scelta del prodotto da vendere

(qualità, confezione, destinatario: come, quando, dove, quanto consuma), il programma di

ricerca sul prodotto nel mercato. Il prodotto deve avere una sua personalizzazione, deve cioè avere caratteristiche tipiche,

esclusive, non ripetibili dalla concorrenza e deve essere considerato in tutti gli aspetti che lo

compongono: interni (formato, peso, qualità, gusto, competenza tecnica) ed esterni (nome,

presentazione, politica di prodotto, rapporto-prezzo, rapporto-distribuzione, ecc.)

Le caratteristiche che definiscono un prodotto sono:

o la funzione: a cosa serve? Fornisce una adeguata risposta ai bisogni dei consumatori?

o la qualità, le cui componenti e aspetti sono:

• merceologica, valutata con analisi tecniche e di laboratorio

• commerciale, valutata in rapporto alle aspettative del mercato

• percepita dal mercato, misurata testando il prodotto direttamente sul consumatore

• il plus, qualcosa di più rispetto alla concorrenza: sono le caratteristiche che rendono

diverso il prodotto dagli altri, lo contraddistinguono e gli forniscono un’immagine

79

identificabile. Il plus può essere un servizio collegato al prodotto: garanzia,

conservabilità, funzionalità, logistica, ecc.. Il prodotto di successo ha un forte plus

competitivo che comprende :

� la differenziazione del prodotto, a difesa della concorrenza e da potenziali

nuove entrate nel settore;

� la possibilità di applicare prezzi più elevati;

� la maggiore fedeltà dei consumatori;

� il maggiore potere contrattuale anche nei confronti della distribuzione;

• il brand name (nome della marca, o marche). Spesso è definito con un nome proprio (es.

Nutella) e con un cognome (es. Ferrero). Nella scelta del nome di un prodotto è

importante che:

� richiami e suggerisca al consumatore alcune peculiarità del prodotto (es.

Nutella � cioccolato da spalmare);

� sia di facile pronuncia, lettura, ricordo;

� sia facilmente distinguibile dalle marche concorrenti;

� sia facilmente estensibile ad altri prodotti da introdurre successivamente.

Nel campo alimentare qualità è sinonimo di buon prodotto (naturale, genuino, ben fatto,

affidabile, invitante) e di valorizzazione (naturalezza del prodotto, validità delle materie prime,

origine, processo di fabbricazione, disciplinare di produzione).

La qualità deve essere il perno su cui si fonda la strategia di marketing per divenire un

obiettivo della produzione (attraverso i fattori interni all’impresa che la realizzano: ideazione,

produzione, materie prime, ed i fattori esterni che la presentano: richiesta del mercato, dei

consumatori, della segmentazione, del posizionamento).

Il prodotto alimentare qualitativamente deve rispondere in maniera assoluta al gusto del

consumatore.

o Il packaging, la confezione (package), la presentazione: il prodotto alimentare, anche nel

suo aspetto esteriore, deve riscontrare apprezzamento utilitaristico per il suo formato ed estetico

per la sua confezione: estetica associata alla praticità (utilitarismo), nel rispetto delle esigenze

del mercato e delle possibilità dell’impresa.

Considerando specialmente il fatto che nel supermercato nella vendita selfservice, non vi

è nessuna commessa che guidi l’acquisto.

Altro aspetto da non sottovalutare è la presentazione, che è il primo elemento che

differenzia il prodotto dalla concorrenza ed è il principale mezzo di contatto con il consumatore,

riuscendo a richiamare l’attenzione.

La presentazione di un prodotto è il cosiddetto venditore muto.

80

Il packaging, la confezione deve (essere):

� accattivante, per invogliare il consumatore almeno a prendere in mano il

prodotto;

� descrittiva, come fonte di notizie (es. calorie, conservanti, data di scadenza,

ecc.);

� codice colore, deve rispondere ai canoni consolidati (es. per l’igiene e la

pulizia il colore blu);

� facilitare l’uso del prodotto;

� valorizzare il prodotto;

� razionalizzare lo spazio;

� essere riutilizzabile, per usi diversi se possibile;

� essere veicolo promozionale per altri prodotti dell’impresa;

� essere possibilmente in materiale non inquinante e riciclabile

o il design: è lo stile particolare del prodotto, la sua personalizzazione che lo rende diverso

dagli altri prodotti delle altre imprese e lo rende immediatamente riconoscibile dal consumatore.

Sono soprattutto i beni cosiddetti di marca ad essere caratterizzati da un ben determinato

design.

o la gamma: il prodotto può essere un elemento di linea, studiarlo può significare analizzare

le potenzialità in termini di extension line (estensione della linea, cioè possibilità di creare

prodotti con tutte le caratteristiche del prodotto iniziale, ma con particolarità che li rendono

idonei a soddisfare esigenze diverse).

o il servizio: è dato da tutti gli accessori che si aggiungono alla prestazione di base (es.

consegna a domicilio, telefono verde.) La quantità e la qualità dei servizi diventano sempre più

un’arma di marketing.

5.3 Prezzo

Gli elementi del marketing mix devono essere strettamente collegati al prezzo. Il prezzo

caratterizza il prodotto e risponde alla domanda del consumatore, è in grado nello stesso tempo

di selezionare il segmento che più gli si addice (il prezzo è elemento di discriminazione

all’interno della domanda, in quanto per taluni beni alimentari evidenzia il livello di vita dei

consumatori). Il prezzo, contribuisce ad individuare un certo tipo di prodotto ed a favorire

l’immagine del prodotto.

81

Il prezzo è l’incontro della domanda e dell’offerta, ma deve rispondere al tipo di clientela

collocata nei segmenti prescelti, al posizionamento del prodotto, agli interventi di

comunicazione e di promozione.

Il prezzo è l’elemento meglio e immediatamente percepito dal consumatore, ma per

l’impresa è l’elemento più difficile da determinare, perché è fortemente condizionato da fattori

che sfuggono al suo controllo, quali l’andamento della domanda ed il comportamento delle

imprese concorrenti.

La variabile prezzo è decisiva per le imprese, perché:

- influenza il posizionamento competitivo del prodotto (il prezzo non solo ha rilevanza

economica per il consumatore, ma contribuisce ad attribuire al prodotto caratteristiche

qualitative: il prezzo fa la qualità del prodotto);

- influenza la quota di mercato in termini di fatturato;

- influenza il fatturato ed il profitto d’impresa.

Le caratteristiche fondamentali del prezzo sono:

- il prezzo è una variabile di facile manovra, ma di difficile gestione (può comportare facili

o insanabili squilibri);

- il prezzo è una variabile priva di connotati qualitativi, nel senso che tutte le aziende

possono usare tale leva senza avere particolari capacità gestionali o di marketing;

- il prezzo è una variabile facilmente imitabile dalla concorrenza ed è la manovra più

praticata (strategia price-competition: strategia basata esclusivamente sul prezzo; ha un

grosso potere destabilizzante per tutto il mercato perché abbassa i livelli di profitto delle

imprese e perché una volta innescata è difficile da abbandonare).

82

5.4 Pubblicità e promozione Insieme concorrono a definire la strategia di comunicazione del prodotto, anche se spesso

sono erroneamente assimilati.

Le componenti della pubblicità sono:

- messaggio pubblicitario: idea che si vuol fare arrivare al consumatore, cioè cosa deve

comunicare e su quale aspetto del prodotto far convergere l’attenzione del consumatore

(consumatore con determinate caratteristiche: target);

- (scelta dei) media, da cui dipende l’ammontare dell’investimento pubblicitario

(rapporto costo-contatto medio: costo che l’impresa spende per contattare un utente);

- marketing diretto (direct marketing): gli strumenti sono il mailing (invio per posta di

materiali, brochure-depliant, messaggi pubblicitari) e il tele marketing (contatto telefonico) con

il target di riferimento.

Le tipologie o gli strumenti della promozione sono:

- i collezionamenti (collecting): con l’acquisto di un prodotto si riceve un certo numero di

punti con premio quando si raggiunge un ammontare determinato di punti;

- minicollecting: forme di confezionamento brevi, per non stancare il consumatore;

- gift on/in pack (regalo sopra o dentro la confezione);

- cancella e vinci (scratch off), usata nelle vendite per corrispondenza

- concorsi ad estrazione (legata a qualche manifestazione);

- altre promozioni: puzzle (combaciamento di una scheda con la scheda madre), ricorrenze,

iniziative benefiche, ecc.

La divulgazione di un messaggio che richiami l’attenzione dei

consumatori su un determinato prodotto attraverso l’uso dei

media (mezzi di comunicazione).

Attività di breve periodo volta ad incentivare l’acquisto di un

prodotto o di un servizio.

Pubblicità

Promozione

83

La pubblicità e la promozione devono sempre tenere in conto la tipologia di prodotto

alimentare, la situazione del mercato, la concorrenza, il comportamento del consumatore,

devono presentare il prodotto e sostenerlo presso il consumatore ed il mercato (trade, forza

vendita, consumatore).

La pubblicità e la promozione devono assolutamente complementarsi con la distribuzione

e la vendita del prodotto, perché solo in questo modo diventano validi strumenti per ottenere nel

breve e nel medio termine volumi di vendita.

La pubblicità dovrà pertanto identificare il prodotto, la marca, l’azienda e comunicarli al

consumatore.

La promozione dovrà informare, convincere e ricordare al consumatore l’utilità e

l’esigenza di un prodotto.

5.5 Distribuzione

La distribuzione trasferisce il prodotto dalla fonte della produzione fino al cliente finale,

attraverso percorsi definiti canali di distribuzione.

La scelta della distribuzione e della vendita più efficace è il momento concreto della

realizzazione di tutta la politica di marketing ed in particolare del programma del marketing

mix.

Canale di distribuzione � è la modalità con cui il prodotto arriva al consumatore finale.

I principali canali di distribuzione sono:

- canale diretto: dal produttore al consumatore.

- canale corto: tra produttore e consumatore si interpone un rivenditore (negozio o catena

di supermercati), in questo caso l’azienda produttrice deve avere una rete di vendita.

- canale lungo: tra produttore e consumatore si interpongono almeno due operatori:

grossista e rivenditore.

Punto vendita � struttura immobiliare aperta al pubblico, fissa e con libero accesso dal

piano stradale. Dunque non sono punti vendita i banchetti degli ambulanti o le abitazioni

private.

La giusta distribuzione dipenderà soprattutto dal prodotto, dal settore merceologico

alimentare, dalla dimensione dell’impresa, dagli obiettivi aziendali che sono alla base della

politica di marketing.

84

Gli obiettivi specifici della politica di distribuzione e vendita sono: volumi e quote di

vendita, tecniche di distribuzione, numero di punti vendita, personale di vendita con cui

intervenire, ecc.

TABELLA RIEPILOGATIVA

Cos’è il marketing mix

Strategia generale legata alle politiche della qualità, del prezzo, dei canali distributivi, dei servizi e della comunicazione pubblicitaria

La politica del prodotto può riguardare

� il miglioramento dei prodotti � l’aggiunta di nuove linee di prodotti � l’eliminazione di prodotti in declino � l’offerta di nuovi servizi ecc.

La politica per i servizi alla clientela prende in considerazione

� il miglioramento dei rapporti di comunicazione � la riduzione di lamentele e reclami � lo sviluppo di nuovi servizi ecc.

La politica dei canali distributivi riguarda

� il miglioramento della qualità della rete distributiva � l’aumento dei canali a cui far riferimento � il miglioramento della qualità e del numero dei servizi

La politica della comunicazione ha come oggetto

� la promozione � la pubblicità � la propaganda

La politica dei prezzi riguarda

� la valutazione del comportamento dei clienti alla variazione del prezzo � la reazione alla concorrenza � la differenziazione dei prezzi fra segmenti di mercato � la differenziazione tra vecchi e nuovi prodotti

La politica di vendita del personale ha come obiettivo

� la preparazione professionale � la programmazione e organizzazione del proprio lavoro � la gestione diretta dei reclami e dei rapporti con la clientela ecc.

Fonte: M. Lepore, Ma cos’è il Marketing? E come usarlo?. Demetra, 1999.

85

6 IL PRODOTTO

6.1 Concetto definizione e classificazione dei prodotti

Prodotto, è un concetto complesso: può consistere in oggetti fisici e tangibili, servizi,

persone, località, istituzioni, idee, immagini, simboli.

È possibile scomporre il prodotto (totale) in concetti o livelli:

• Prodotto essenziale o atteso o prodotto utilità: è la base del prodotto ed esprime o

identifica il vantaggio che il consumatore ricava o si attende dal consumo del prodotto;

• Prodotto fisico, o tangibile, o sostanziale, o generico: è l’oggetto con le sue peculiarità, le

sue modalità costruttive, i suoi connotati, i suoi materiali incorporati, contraddistinti da:

qualità, design, colore, confezione, dimensione, specifiche caratteristiche;

• Prodotto ampliato: è costituito dalle opportunità, dai vantaggi, dai servizi che

accompagnano l’offerta (certificazione, garanzia, assistenza, servizi, tipo di punto

vendita, ecc.);

• Prodotto potenziale: ulteriori aspetti che potenzialmente possono interessare o attrarre i

consumatori (prestigio del produttore, del negozio, ecc.).

La scomposizione del prodotto (totale) consente ulteriormente di differenziare i suoi

connotati fisici e tangibili (differenziazione sostanziale) dai connotati immateriali ed

immaginifici (differenziazione simbolica); quest’ultima addirittura può indurre il consumatore a

ritenere che esistano anche differenze nel prodotto fisico o tangibile, come modifiche anche

poco rilevanti nelle connotazioni fisiche possono dar vita ad un prodotto nuovo da immettere in

nuovi mercati.

L’impresa dunque deve vendere benefici, capaci di soddisfare bisogni e desideri, più che

semplici prodotti, cioè deve vendere simboli più che prodotti, perché “la gente non compra cose

per quello che servono, ma per quello che significano” (Levy 1959).

Definizione: prodotto è tutto ciò che può essere offerto ad un mercato, a fini di attenzione,

acquisizione, uso o consumo, in grado di soddisfare un desiderio o bisogno.

86

Tre livelli di prodotto:

Fonte: Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI,1991.

Ogni aspetto del prodotto è legato gerarchicamente ad altri aspetti dello stesso, che dal

bisogno di base arriva allo specifico oggetto capace di soddisfare tale bisogno. Si distinguono:

1. Famiglia dei bisogni: il bisogno fondamentale o di base origina la

famiglia di prodotto;

2. Famiglia di prodotto: è costituita da tutte le classi di prodotto in grado di

soddisfare il bisogno fondamentale o di base;

3. Classe di prodotto: gruppo di prodotti che presentano coerenza

funzionale;

4. Linea di prodotto: gruppo di prodotti strettamente correlati all’interno di

una classe che presentano similarità o omogeneità tecnico-produttiva, ed

operano in modo simile, in quanto: soddisfano una medesima fascia di

bisogni, o sono complementari nell’uso, o sono offerti attraverso lo stesso

tipo di canali, o appartengono ad una stessa fascia di prezzo.

Fame

Alimenti

Ortofrutta, cereali, carne.

Pane, pasta, o prodotti da forno, o frutta o ortaggi

87

5. Tipo di prodotto: gli articoli di una stessa linea di prodotto, o categoria di

prodotto che hanno in comune una delle diverse forme che il prodotto

può assumere;

6. Marca: il nome associato ad uno o più articoli di una linea, che serve per

identificare l’impresa o le caratteristiche del prodotto;

7. Articolo: un’unità distinta nell’ambito di una marca o di una linea di

prodotto, riconoscibile per l’aspetto, la dimensione, il prezzo o altro.

L’insieme dei prodotti offerti sul mercato da un’impresa costituisce il suo portafoglio

prodotti (product mix), o anche assortimento, che può essere più o meno ampio in funzione del

numero di linee di prodotto offerte.

I prodotti si classificano in base alle caratteristiche in:

• Beni non durevoli, prodotti tangibili consumati in una sola volta o in poche volte. Si

consumano rapidamente e vengono acquistati frequentemente;

• Beni durevoli, prodotti tangibili utilizzati molte volte, acquistati in lunghi intervalli di

tempo;

• Servizi, sono prestazioni, vantaggi o soddisfazioni offerti in vendita. Sono intangibili,

inseparabili, variabili, deperibili.

6.2 Classificazione dei beni di consumo

I prodotti si suddividono in beni di consumo e beni industriali; di questi ultimi non ci

occupiamo perché fattori destinati all’impiego in attività economiche.

I beni di consumo sono prodotti destinati ad essere usati dai consumatori finali, nella loro

forma attuale.

I beni di consumo si possono suddividere sulla base delle abitudini d’acquisto dei

consumatori in tre classi:

1. convenience goods, sono prodotti

• conosciuti perfettamente dai consumatori

• facilmente reperibili ed acquistabili

Hanno normalmente basso prezzo, non sono voluminosi, non sono influenzati

dalla moda, non c’è presenza di marca particolare.

Mele, pane

Melinda

Varietà di mele: imperatore; tipo di pane:

Alimentari, detersivi, articoli dell’igiene ecc. Vino

88

2. shopping goods, sono prodotti acquistati meno frequentemente dei primi,

ma su cui il consumatore effettua confronti di qualità, di peso, di stile, e sono

disponibili in parecchi negozi. Costano di più dei convenience goods (vestiti da

donna, casalinghi, calzature, mobili, ecc.).

3. speciality goods, sono prodotti per i quali i consumatori hanno forte

preferenza di marca, impiegano tempo per acquistarli e sono disposti a pagare

prezzi alti. Il consumatore sa cosa vuole (es. abiti di alta moda, automobili, certi

tipi di elettrodomestici, ecc.).

Uno schema sulle caratteristiche delle diverse classi di beni di consumo e sulle

considerazioni di marketing è il seguente (Stanton):

Caratteristiche dei prodotti Tipo di bene Convenience Shopping Speciality

Tempi e sforzi di acquisto Molto ridotti Considerevoli Non si può generalizzare

Tempo speso per pianificare l’acquisto Molto ridotti Considerevoli Considerevoli

Confronto di prezzo e qualità No Si No

Frequenza di acquisto Frequente Non frequente Non frequente

Importanza del prodotto Non importante

Spesso molto importante

Non si può generalizzare

Considerazioni di marketing

Lunghezza del canale lungo corto corto o diretto

Importanza del dettagliante non importante importante molto importante

Numeri di sbocchi di mercato massimo limitato limitato, spesso uno soltanto

Tasso di rotazione delle scorte alto basso basso

Margine lordo basso alto alto

Responsabile della pubblicità produttore dettagliante congiuntamente

Importanza dell’esposizione del prodotto nel punto vendita

molto importante meno importante meno importante

Carattere della affezione alla marca o al negozio

marca negozio entrambi

Importanza della confezione molto importante meno importante meno importante

La classificazione dei beni di consumo è, inoltre, basata sulle abitudini di acquisto dei

consumatori. Si distinguono in:

• beni di convenienza. Acquistati frequentemente con minimo sforzo di acquisto e di

comparazione. Possono suddividersi in:

- beni ad acquisto corrente, o regolarmente (es. cibi);

Vino di qualità

Vino Brunello di Montalcino

89

- beni ad acquisto d’impulso, acquistati senza sforzo di ricerca o di programmazione.

Normalmente non si cercano (es. fiori);

- beni di emergenza. Si acquistano in caso di bisogno urgente (es. ombrelli in caso di

pioggia);

• beni ad acquisto saltuario o ponderato. Beni che durante il processo di acquisto il

consumatore confronta abitualmente con altri su: qualità, rispondenza al bisogno, prezzo, stile

(es. abbigliamento). Si distinguono in:

- omogenei, simili per qualità, ma con prezzi diversi (es. camicia di marca)

- eterogenei, importanti per le caratteristiche, meno per i prezzi (es. orologi da polso);

• beni speciali. Beni con caratteristiche uniche o identificazione di marca (es. certi beni

voluttuari o la Ferrari). Un certo consumatore è disposto a fare un particolare sforzo d’acquisto.

Per questi beni non si fa comparazione;

• beni non previsti. Beni non conosciuti dal consumatore o che non gli sollecitano interesse

(sono i non prodotti, fino a che non vengono con la pubblicità portati alla conoscenza).

6.3 Le strategie di prodotto

Le strategie di prodotto comportano decisioni relative alla combinazione di prodotti e al

singolo prodotto.

6.3.1 Decisioni relative alla combinazione (o assortimento) di prodotti.

Combinazione o assortimento di prodotti è l’insieme dei prodotti offerti da un’impresa

(portafoglio prodotti o product mix).

La combinazione di prodotti di un’impresa è caratterizzata da 4 dimensioni:

1) ampiezza, numero di linee di prodotto (es. pasta, prodotti da forno, ecc.);

2) lunghezza, numero di prodotti di una linea, o di tutte le linee;

3) profondità, numero di varianti (articoli) di ogni prodotto della linea (diversi formati,

diversi colori, combinazione formato per colore, ecc.)

4) coerenza (fra tecnologie e strumenti di marketing), nesso logico-funzionale fra le

varie linee di produzione, cioè correlazione fra le varie linee di prodotto riguardo al loro uso

finale, alle caratteristiche del processo produttivo, ai canali di distribuzione, ad altri aspetti

ancora.

Si può avere:

• coincidenza per tutte le linee di tecnologia e di strumenti di marketing (es. industria

del mobile);

90

• coincidenza di tecnologie e diversità di strumenti di strumenti di marketing (es.

articoli per famiglie e articoli per comunità);

• coincidenza di strumenti di marketing e diversità di tecnologie (es. prodotti dolciari e

da forno);

• non coincidenza di entrambi gli aspetti (nel caso di sviluppo diversificato

dell’impresa).

Nelle decisioni sull’assortimento (combinazione, portafoglio), occorre tenere conto che la

numerosità dei prodotti reca vantaggi e svantaggi.

Vantaggi:

- migliora lo sfruttamento dei costi fissi delle strutture produttive;

- consente di soddisfare più segmenti di mercato;

- razionalizza e migliora la capacità commerciale;

- regolarizza gli andamenti periodici delle vendite;

- consente di completare gli assortimenti;

- migliora lo sfruttamento della pubblicità per le famiglie di marche;

- comporta minore rischi d’obsolescenza dei prodotti;

Svantaggi:

- comporta produzioni limitate per ogni tipo di prodotto e quindi costi unitari più

elevati;

- produce difficoltà nell’organizzazione amministrativa;

- riduce la velocità di rotazione delle scorte;

- rende necessaria la conservazione degli assortimenti, anche di prodotti poco

convenienti;

- disperde gli sforzi promozionali;

- può produrre fenomeni di cannibalizzazione, cioè un prodotto sottrae fatturato

ad altro prodotto.

91

Le strategie connesse con le decisioni sull’assortimento possono essere:

1) Strategie di variazione del portafoglio prodotti: aumento o riduzione delle linee di

prodotto e/o la lunghezza e/o la profondità all’interno di una di esse.

2) Strategie di posizionamento del prodotto sul mercato. È una decisione chiave della

politica di prodotto.

Posizionamento: collocazione del prodotto nel sistema di percezione del consumatore,

fa riferimento all’immagine del prodotto rispetto ai prodotti concorrenti ed agli stessi prodotti

dell’impresa.

Il posizionamento può essere effettuato rispetto ad un prodotto concorrente (confronto,

scontro):

• in funzione degli attributi del prodotto (durata, confort, gusto, prestazioni,

convenienza, ecc..);

• in funzione del rapporto prezzo/qualità, utilizzato per prodotti che comportano elevate

implicazioni di status sociale (es. capi d’abbigliamento nelle diverse tipologie di punti vendita);

• in funzione delle modalità d’uso del prodotto, che consiste nell’associare al prodotto

uno specifico uso o consumo o applicazione (es. bevanda dietetica come sostitutivo del pasto o

come prodotto integrativo per atleti);

• in funzione del mercato obiettivo, segmento di mercato o tipo di consumatore che

utilizza il prodotto, (es. distinzione fra shampoo per adulti e per bambini determinata dalla

diminuzione delle nascite);

• in funzione del confronto con la concorrenza o rispetto ad una categoria di prodotti.

Identificazione delle caratteristiche di un prodotto (marca) per differenza rispetto ad un prodotto

concorrente (cioè dissociazione). Tale dissociazione può essere generica (es. “siamo i migliori”,

“il più venduto”) o specifica (es. “rispetto alla marca X la nostra ha tali caratteristiche”: Seven-

up posizionata come unCola, bibita anti Cola, in maniera da distinguerla da altre bevande a base

di cola.

Il fenomeno del posizionamento è attivamente in essere nel mercato agroalimentare, con

il crescente numero di informazioni date sulla confezione del prodotto e sulle capacità

nutrizionali.

3) Strategia di espansione dell’assortimento con prodotti appartenenti ad una diversa

fascia di prezzo: prodotti a fascia di prezzo più alta, per innalzare l’immagine (strategia del

trading-up), prodotti a fascia di prezzo più bassa, per abbassare l’immagine (strategia del

trading-down).

92

4) Strategie di differenziazione del prodotto e di segmentazione del mercato. Sono

collegate con politiche della “non price competition” in mercati caratterizzati da concorrenza

imperfetta o monopolistica.

a) La differenziazione ritiene che sul mercato esista una sola curva di domanda, per

cui la strategia è di penetrare in ampiezza per assicurarsi uno strato della torta di

mercato (in senso orizzontale). L’impresa in questo contesto cerca di rendere il

proprio prodotto differente (migliore) da quelli delle imprese concorrenti,

sottraendosi alla competizione di prezzo, modificando il design, la confezione,

creando una marca, ecc.

b) La segmentazione presuppone che il mercato globale sia eterogeneo, ma formato

da segmenti omogenei (per desideri, motivazioni e caratteristiche peculiari, cioè

non esiste una sola curva di domanda, ma una serie di curve di domanda a cui

offrire una pluralità di prodotti ognuno dei quali rivolto ad un particolare segmento

(con prezzi diversi). La strategia di segmentazione presuppone dunque la

penetrazione in profondità in mercati limitati, per assicurarsi una o più fette della

torta di mercato (in senso verticale).

5) Strategie riguardanti l’obsolescenza pianificata ed il fenomeno della moda. Si basa

sulla ricerca del nuovo (ma non troppo nuovo) del consumatore, cioè sulla novità (nei prodotti,

negli stili, nei colori, ecc.). Si distinguono le seguenti modalità strategiche:

a) obsolescenza tecnologica o funzionale (miglioramenti di natura tecnica);

b) obsolescenza ritardata (il miglioramento tecnologico viene ritardato fino a che non

si verifica una flessione per l’attuale prodotto sul mercato);

c) obsolescenza nello stile (è di tipo psicologico o dovuto alla moda: si ottiene

modificando alcune caratteristiche superficiali del prodotto).

Stile: è un modo specifico di costruire o presentare qualcosa nei campi dell’arte, dei

prodotti, del comportamento umano;

Moda (legata alla novità e all’eleganza): ogni stile accettato e acquistato da gruppi

successivi di consumatori in un periodo ragionevolmente lungo. Non tutti gli stili

diventano moda, perché non sempre sono largamente accettati, né hanno lunga

durata (in questo caso si parla di capriccio, es. gli orologi Swatch).

Gli stili fondamentali non cambiano mai, mentre la moda è in continua evoluzione.

93

6.3.2 Decisioni relative al singolo prodotto

Il consumatore quando sceglie i prodotti dà rilevanza sia alle caratteristiche intrinseche,

sia ad una serie di elementi che attengono al modo o alle modalità di identificazione,

confezionamento, presentazione e assistenza sul mercato (marca, colore, disegno, garanzia, tipo

di confezionamento ecc.). Il secondo aspetto è strettamente intercorrelato con le principali

funzioni aziendali, influenzandole fortemente.

Nelle decisioni (o nelle politiche) relative al singolo prodotto le variabili da considerare

sono: attributi del prodotto, marca, confezione, etichetta, servizio alla clientela.

1 - Attributi del prodotto , cioè aspetti tangibili (qualità, caratteristiche, stile):

• qualità, rappresenta la capacità del prodotto a svolgere le sue funzioni e comprende:

durata, affidabilità, precisione, facilità d’uso e di riparazioni, ed altri, dei quali alcuni

misurabili.

Dagli anni ’80 il tema della qualità suscita un grande interesse fra i consumatori e per

conseguenza fra le imprese: crescente è l’interesse per i cibi freschi, e nutrienti, da

buongustai e naturali.

La qualità è uno dei più importanti strumenti di posizionamento.

• caratteristiche del prodotto, partendo da un modello base il prodotto può avere diverse

caratteristiche; servono a differenziare il prodotto dell’impresa da quelli delle imprese

concorrenti e pertanto sono un forte strumento competitivo.

• stile (o design), dà personalità al prodotto, lo differenzia, lo rende facilmente

identificabile, ne aumenta l’attrattiva, la funzionalità e il prestigio; può comunicare valore

al consumatore, rendere più semplice la scelta.

2 - Marca (politica di). Aggiunge valore ad un prodotto e pertanto costituisce un aspetto

intrinseco della strategia di prodotto.

Il termine “marca” è ampio, ma include anche significati circoscritti:

• Marca (in senso stretto) (brand) fa riferimento ad un nome, termine, simbolo, disegno (o

una combinazione) che ha lo scopo di identificare i prodotti o i servizi di un’impresa, un

gruppo di imprese, per differenziarli da quelli dei concorrenti;

• Nome di marca (brand name), sono le parole, lettere e/o numeri che possono essere

vocalizzati o pronunciati (letti);

• Marchio (brand mark), è l’effige di marca, che assume la forma di un simbolo, di un

disegno, di un colore o di un tipo di iscrizione o di rappresentazione caratteristico, non

pronunciabile, ma di immediato riconoscimento con lo sguardo;

94

• Marchio di fabbrica (trademark), è una marca (o una sua parte) protetta legalmente in

quanto ne afferma la proprietà esclusiva di un’impresa;

• Copyright, è il diritto legale esclusivo di riprodurre pubblicare e vendere la sostanza e la

forma di un’opera letteraria, musicale o artistica.

Le origini della marca risalgono alle corporazioni medievali. In campo artistico

praticamente è sempre esistito, con la firma dell’artista. In USA l’uso della marca risale alla

Guerra Civile per le produzioni medicinali e soprattutto a dopo questa guerra per il crescere del

mercato con l’ampliamento della nazione (Stati Uniti). Alcune di quelle esistono tutt’oggi: “latte

condensato Borden”, “Quaker Oats”, “Vaseline”, “Ivory Soap”.

Lo sviluppo della marca è tale che oggi non vi è prodotto che ne sia privo. La marca è

uno strumento di identificazione del prodotto che può essere reclamizzato con la pubblicità,

assicura il riconoscimento immediato del prodotto sul punto vendita, riduce la possibilità di fare

confronti di prezzo, può conferire un certo prestigio a prodotti comuni, che altrimenti

potrebbero apparire “banali” (es. banane Cichita, arance Riberella, pompelmi Jaffa, mele

Melinda, pasta Barilla o DeCecco), costituisce pertanto un mezzo per accrescere la vendibilità

dei prodotti.

Addirittura oggi sono ricomparsi prodotti di consumo fondamentali privi di marca, con

confezioni semplici ed inserzioni meno costose (es. spaghetti, tovaglioli di carta, pesche in

scatola, ecc.). Il minore prezzo è reso possibile da ingredienti di qualità inferiore, da minori

costi di confezionamento, da pubblicità ridotta al minimo (come per i prodotti alimentari

generici, che costituiscono minaccia per le marche di prezzo elevato).

Si distinguono le:

► marche industriali , che si distinguono ulteriormente in: o Marca del produttore, prodotti messi in vendita con il nome dell’impresa;

o Marca del licenziante, prodotti messi in vendita con il nome di un’altra impresa

(licenziante) sulla base di licenze ottenute (nella affiliazione o franchising);

o Marca terzista, prodotti messi in vendita da un’impresa manifatturiera, ma realizzati

da una o più imprese esterne non controllate, (pasta Barilla prodotta da Poiatti);

► marche commerciali, le imprese commerciali pongono in vendita con il proprio nome

prodotti realizzati da imprese manifatturiere fornitrici.

95

La marca consente di conseguire molteplici vantaggi:

• all’impresa produttrice : esemplificazioni del processo di evasione degli ordini,

protezione per certe caratteristiche di unicità del prodotto, possibilità di attirare un fedele e

redditizio gruppo di clienti (fedeltà alla marca offre una certa protezione dalla concorrenza),

facilita la segmentazione del mercato, consolida e sviluppa la propria immagine complessiva.

• all’impresa commerciale: di aumentare il controllo del mercato (il consumatore trova

solo in quei punti vendita il prodotto con quella marca); di vendere i propri prodotti di marca a

prezzi inferiori a quelli dei corrispondenti prodotti industriali (per le quantità approvvigionate a

prezzi vantaggiosi, per minori costi di pubblicità e distribuzione, ecc.).

Nei confronti delle marche industriali l’impresa commerciale ha preferenza perché la

marca è un mezzo per accrescere la vendibilità dei prodotti, per identificare i fornitori, per

mantenere stabile il livello qualitativo della produzione, per sviluppare le preferenze dei

consumatori.

I consumatori preferiscono le marche perché consentono di identificare le differenze di

qualità e di acquistare in modo più efficiente.

Le aziende che vendono una pluralità di prodotti possono distinguere quattro strategie di

prodotto:

� usare una stessa marca (denominazione dell’impresa, marca di famiglia) per tutti i

prodotti (es. Kodak);

� usare marche differenti (marche individuali) per ciascun prodotto (es. la Procter e

Gamble per Dash e Aci);

� usare marche separate (denominazioni diverse) per varie linee o gruppi di prodotti che

costituiscono il product-mix dell’impresa (es. Barilla, con Mulino bianco e Pasta Barilla);

� usare insieme in combinazione la denominazione (nome) dell’impresa e la

denominazione individuale (nome specifico di marca) del prodotto (es. Ferrero: Nutella;

Ferrero: Mon chèri).

La denominazione deve costituire parte integrante del prodotto; serve per lanciare

prodotti modificati o nuovi e per introdurre nuove dimensioni, nuove confezioni, nuovi gusti o

modelli, ecc. (estensione della marca), riduce i costi della promozione, determina una risposta

immediata al prodotto.

Dopo un certo numero di anni alcune marche acquistano notorietà e diffusione tali che il

nome della marca viene usato in sostituzione del nome generico di quel particolare prodotto. I

consumatori così associano il nome al prodotto (es. Nutella e non cioccolata da spalmare) e non

al produttore che ha applicato la marca.

96

Vi sono molti esempi di nomi di marca che si sono trasformati in nomi generici e

vengono usati in senso merceologico (aspirina, linoleum, Kerosene, nylon, kleenex, hag, ecc.).

Tali nomi di marca in origine legalmente protetti, oggi hanno perso capacità di distinzione e

vengono usati da tutte le aziende, anche perché è scaduto il periodo di protezione.

La trasformazione in nome generico non è un fatto positivo per l’impresa, per cui per

evitare inconvenienti si usa il nome di marca con il nome dell’azienda (es. Nutella Ferrero, Bel

Paese Galbani) oppure il nome di marca con il nome generico (es. Bitter analcolico San

Pellegrino).

Per quanto una marca possa essere ben posizionata su un mercato, dopo un certo tempo

può rendersi necessario un riposizionamento (è il caso di Seven-Up).

3 - Confezione. La confezione (Package) per l’importanza che riflette nella

commercializzazione è stata definita la quinta P del marketing mix, ma anche un “venditore

silenzioso”, in quanto sul punto di vendita nella tecnica di libero servizio è un fattore

convincente.

Il confezionamento (Packaging) è l’insieme delle attività di progettazione, di design e di

produzione dei contenitori (o degli involucri) per mettere in commercio i prodotti.

La confezione serve a proteggere il prodotto e la sua funzionalità dal momento che esce

dalla fabbrica fino all’acquisto del consumatore e oltre (cioè fino al suo utilizzo), ed inoltre

serve ad identificare il prodotto, a differenziarlo rispetto a quelli concorrenti, a ridurre i costi ed

aumentare le vendite al dettaglio.

La confezione (o contenitore) comprende tre livelli:

• confezione primaria per il prodotto posto in vendita, è il contenitore vero e proprio (es.

la bottiglia);

• confezione secondaria, è la scatola di cartone che contiene la bottiglia;

• imballaggio, comprende i materiali per il magazzinaggio, per l’identificazione e per il

trasporto.

Diverse ragioni hanno contribuito all’utilizzo della confezione come strumento di

marketing:

• libero servizio, dove la confezione deve svolgere molte funzioni di vendita: attirare

l’attenzione, descrivere le caratteristiche del prodotto, ispirare fiducia, dare

un’impressione favorevole;

• benessere (vantaggi) del consumatore, che richiede nella confezione comodità,

aspetto, affidabilità, prestigio;

97

• immagine di marca, serve a riconoscere immediatamente una marca o un’impresa;

• opportunità innovative, una confezione innovativa può portare vantaggi al

consumatore e profitti per il produttore (es. migliora la consumabilità del prodotto o il

suo uso: lattine con apertura a strappo, tetrabrik per il vino).

Le decisioni riguardanti la confezione sono:

• concetto di confezione, cioè cosa deve essere o fare per il prodotto (protezione,

distribuzione, suggerimenti per la qualità, ecc.);

• dimensioni;

• forma (design), che spesso costituisce l’unica differenziazione del prodotto ed è un

forte impulso promozionale di vendita;

• materiale;

• colore, rappresenta spesso l’elemento decisivo nel determinare l’accettazione o il

rifiuto del prodotto da parte del consumatore;

• testo e marchio di fabbrica: etichetta.

4 - Etichetta. L’etichetta, è quella parte della confezione che riporta scritte le

informazioni sull’articolo, sul prodotto e sul produttore; può essere costituita da un grafico che

fa parte della confezione o da un semplice cartellino applicato al prodotto (collarino, bollino,

ecc.).

Svolge diverse funzioni:

• identificazione del prodotto o della marca (fondamentale);

• classificazione per categoria;

• descrizione delle caratteristiche del prodotto (fonte, luogo ed epoca di produzione,

contenuto, destinazione, scadenza, norme di sicurezza ecc.);

• promozione del prodotto, con la grafica accattivante;

e pertanto si distinguono in:

• etichette di identificazione

• etichette di classificazione

• etichette descrittive

• etichette promozionali

Esiste una stretta relazione dunque fra confezione, etichetta, marca.

98

5 - Servizio alla clientela. L’offerta di un prodotto nel mercato include servizi, che

possono variare da prodotto a prodotto.

Le offerte si distinguono:

• puro bene tangibile (es. sapone, sale): nessun servizio;

• bene tangibile associato a servizi per aumentare l’attrattiva del prodotto. Quanto più il

prodotto è tecnologicamente sofisticato tanto più le vendite dipendono dalla

disponibilità dei servizi (servizi di assistenza, riparazione, ecc.);

• servizio fondamentale con associati beni (tangibili) e servizi di secondaria importanza

(es. volo aereo con assicurato cibo e bevande, riviste, ecc.);

• puro servizio (es. psicoterapia).

Servizio è un’attività o vantaggio la cui natura è essenzialmente intangibile e non implica

la proprietà di alcunché.

La sua produzione può essere legata più o meno ad un prodotto fisico. I servizi hanno

quattro caratteristiche:

• intangibilità

• inseparabilità

• variabilità

• deperibilità

Si classificano in: • servizi basati sulle persone (es. portineria);

• servizi basati sulle attrezzature (es. autolavaggio);

• servizi che richiedono la presenza del cliente (es. visita medica);

• servizi che non richiedono la presenza del cliente (es. riparazione auto);

• servizi che soddisfano bisogni personali (es. visita medica privata);

• servizi che soddisfano bisogni professionali (es. convenzione medica fra imprese e

medici per i dipendenti).

99

7 IL CICLO DELLA VITA DEL PRODOTTO

7.1 Il concetto

Il ciclo di vita di un prodotto (o servizio) esprime l’andamento nel tempo delle vendite e

della redditività, ciò significa che:

� i prodotti hanno vita limitata;

� le vendite attraversano fasi distinte;

� i profitti aumentano o diminuiscono durante queste fasi;

� le strategie di marketing, finanziarie, di produzione, di acquisti e di personale variano

nelle diverse fasi.

L’esistenza e la durata del ciclo dipende da una serie di fattori:

� settore merceologico (natura, categoria, tipo, ecc. del prodotto);

� concorrenza;

� progresso tecnologico;

� comportamento del consumatore;

� situazione del mercato.

La conoscenza delle diverse fasi del ciclo di vita consente di controllare l’andamento

delle vendite, assumere una determinata politica di vendita, individuare il momento in cui

intervenire per prolungare la durata del ciclo (creando nuovi canali di distribuzione, acquisendo

nuovi consumatori, modificando le caratteristiche del prodotto) o per estinguere il ciclo (del

prodotto).

Il ciclo di vita dei prodotti alimentari è variabile in relazione al successo conseguito: un

prodotto di successo ha un ciclo di vita non inferiore ai cinque anni, e può essere indefinito, non

di successo esaurisce il ciclo in due anni circa.

La storia delle vendite di un prodotto generalmente si presenta a forma di esse.

Il ciclo di vita del prodotto si sviluppa attraverso 4 fasi o stadi:

100

► introduzione o lancio: periodo di crescita delle vendite lento. Il prodotto è nuovo ed

inizia i primi contatti con il mercato. I costi sono sostenuti perché il lancio richiede investimenti

nei settori distributivo e promozionale per far conoscere il prodotto ai potenziali consumatori.

Anche i costi di produzione sono elevati per le modeste quantità prodotte. Il fattore prezzo è

determinante nel caratterizzare l’andamento delle vendite, tenuto conto della concorrenza di altri

prodotti già sul mercato. La redditività è negativa per conseguenza.

► crescita (o sviluppo, o espansione): periodo di rapida accettazione del prodotto da

parte del mercato. Le vendite sono in aumento progressivo per effetto della pubblicità e

dell’informazione, per le migliorate tecnologie di produzione, per la più ampia presenza nella

distribuzione. I costi unitari sono in diminuzione. I profitti sono in crescita. In questa fase sono

in piena azione tutte le attività di produzione, di marketing, di commercializzazione; è la fase

della conquista del segmento mercato o della nicchia prescelta. La concorrenza incomincia ad

ostacolare la crescita utilizzando lo strumento del prezzo, unico espediente che può frenarne

l’andamento.

► maturità: il tasso di crescita rallenta, il prodotto è conosciuto e collocato sul mercato.

La redditività continua ad aumentare, ma a ritmi inferiori ai precedenti. I costi promozionali e

pubblicitari diminuiscono perché si è creata la domanda. I prezzi si sono stabilizzati. La

concorrenza si fa agguerrita ed inizia la guerra dei prezzi.

► declino: le vendite diminuiscono per effetto della concorrenza, per obsolescenza del

prodotto, per il progresso tecnologico, per il variare del comportamento del consumatore. I

prezzi diminuiscono velocemente, i costi di produzione aumentano, i profitti diminuiscono fino

ad annullarsi. L’impresa esce dal mercato.

A queste fasi fondamentali si possono aggiungere altre due fasi distinte:

• la pre-fase di studio o di sviluppo del prodotto: è la fase o stadio di ideazione, studio,

ricerca, creazione, sperimentazione, messa a punto di un prodotto innovativo o nuovo ed è la

fase dello studio del mercato, della concorrenza, del consumatore.

Comporta investimenti più o meno notevoli.

• fase di saturazione: è la fase successiva alla maturità e precedente al declino. Le

vendite sono stazionarie, il prodotto incomincia ad essere superato. La redditività diminuisce

per i maggiori costi promozionali per mantenere viva la domanda e per difendersi dalla

concorrenza.

101

Il ciclo di vita del prodotto pertanto può così rappresentarsi:

102

Non tutti i prodotti evidenziano un ciclo di vita ad S; una forma è lo schema ciclo-riciclo,

dove il riciclo ha ampiezza e durata inferiore al ciclo primario, perché dovuto ad una spinta

promozionale durante la fase di declino:

Un altro schema è a balzi, dovuti a nuove caratteristiche di prodotto, nuovi usi, altri

utilizzatori:

Non è facile determinare l’inizio e la fine di una fase e comunque l’intensificarsi della

concorrenza contrae la lunghezza del ciclo.

Il concetto del ciclo di vita può essere utilizzato per analizzare una categoria di prodotti

(es. pane), una forma di prodotto (es. rosetta), una marca (es. Granpane, della Coop. Valle del

Dittanio).

Le categorie di prodotto alimentare hanno cicli di vita lunghi, specialmente nella fase di

maturità essendo correlati con la popolazione (es. pane)

103

La forma di prodotto tende ad assumere l’andamento standard, mentre le marche hanno

cicli più corti.

Si distinguono inoltre cicli di vita differenti in relazione a:

• Stile, (design, modo specifico di costruire o presentare un prodotto), dopo che è

inventato può durare a lungo (per generazioni), tornando e uscendo di moda (vari periodi di

interesse); es. abbigliamento: formale, casuale, ecc.; es. yogurt: naturale, alla frutta.

• Moda (legata alla novità ed alla eleganza), è uno stile comunemente accettato o

popolare, che attraversa 4 fasi: � distinzione [usato da pochi (personaggi leader), e da una impresa];

� emulazione (molti imitano i personaggi leader, altre imprese iniziano a produrre);

� massa (usato da molti, è diventato popolare, molte imprese lo producono);

� declino (i consumatori abbandonano, perché attirati da altre mode), Es. jeans; frutta

esotica.

104

• Entusiasmo passeggero: sono mode rapidamente adottate, ma altrettanto rapidamente

abbandonate (capricci che non rispondono a bisogni).

Es. orologi swatch. L’applicazione del concetto di ciclo di vita è utile per:

� le previsioni di vendita di nuovi prodotti;

� la determinazione di politiche distributive, promozionali, di prezzo;

� la pianificazione a medio termine della politica dei prodotti.

Nel ciclo di vita dei prodotti alimentari la durata delle fasi varia in relazione al tipo

(categoria) di prodotto, al settore merceologico, alla reazione delle aziende alle nuove situazioni

di mercato.

I fattori che influenzano la lunghezza di ciascuna fase sono:

• per il tempo di sviluppo o studio del prodotto: la tecnologia. È più breve e meno

costoso per prodotti a bassa tecnologia o di routine (es. nuove merendine), e viceversa per i

prodotti ad alta tecnologia;

• per il tempo di introduzione e crescita: la distribuzione, i servizi, l’accettazione dei

consumatori. È breve se non si richiedono nuovi canali, servizi, trasporti e comunicazione, e se i

consumatori sono interessati;

105

• per il tempo di maturità: tecnologia, gusti dei consumatori, leadership dell’impresa

sul mercato. È lungo se la tecnologia ed i gusti dei consumatori sono stabili e l’impresa

mantiene la leadership sul mercato.

• per il tempo di declino: tecnologia, gusti dei consumatori, velocità di uscita delle

imprese dal mercato. È lungo se la tecnologia ed i gusti dei consumatori cambiano lentamente, e

le imprese escono difficilmente dal mercato [per gli investimenti fatti o per aiuti pubblici (es.

imprese vitivinicole (cantine sociali con il ripianamento delle passività onerose), agrumarie)].

7.2 Le stategie di marketing

Il prodotto alimentare non è statico, la sua dinamicità dipende dalla politica di prodotto e

dal marketing mix, per cui il suo ciclo di vita dipende dalla evoluzione del mercato e del

consumatore.

Le strategie di marketing nel ciclo di vita del prodotto devono avere riguardo alle diverse

fasi:

1 Introduzione o lancio. Inizia quando un nuovo prodotto entra nella distribuzione. La

crescita delle vendita è lenta (in specie per i prodotti alimentari) per:

• ritardi nell’espansione della produzione;

• problemi tecnici (eliminazione di difetti) nel prodotto e nella produzione;

• ritardi nell’organizzazione della distribuzione al dettaglio;

• riluttanza del consumatore a modificare i suoi schemi di comportamento;

• per numero limitato di acquirenti (nel caso di alti prezzi).

In questa fase si ha un basso volume di vendite ed alti costi di distribuzione e di

promozione per fare conoscere il prodotto al consumatore e per indurlo a comprare e per

assicurarne la distribuzione al dettaglio.

I profitti sono negativi o comunque bassi, anche se i prezzi tendono ad essere molto alti

(per i costi di produzione alti : per la produzione limitata, per problemi tecnologici e per i costi

di promozione alti).

Un esempio è il vino per le cantine sociali: non fanno vino imbottigliato perché

dovrebbero imporre un prezzo elevato, ma così non fanno strategia di impresa (produzione) e di

marketing.

106

Le strategie di marketing devono avere riguardo al :

• prodotto, è l’elemento fondamentale per le sue caratteristiche di qualità, affidabilità,

presentazione, igiene ecc. È da queste che dipende l’immagine di prodotto ed a questa è legato il

successo;

• prezzo, la politica di prezzo deve essere aderente al mercato;

• distribuzione, si tratta di scegliere i canali distributivi più attivi e più appropriati al

tipo di prodotto;

• pubblicità e promozione, sono gli unici mezzi a disposizione per far conoscere il

prodotto al consumatore ed al sistema distributivo.

Ad esempio si considerino prezzo e promozione. Le strategie possibili sono 4:

PROMOZIONE ALTA

(prodotto non conosciuto) BASSA

(prodotto conosciuto)

PR

EZ

ZO

ALTO Scrematura rapida Scrematura lenta

mercato con dimensioni ridotte, alto prezzo, poca concorrenza

BASSO Penetrazione rapida Penetrazione lenta mercato vasto, basso prezzo, concorrenza alta

• scrematura rapida (prezzo e promozione alti). Il prezzo alto serve a recuperare il

massimo profitto unitario lordo possibile e si può fissare quando chi è disposto all’acquisto è

ansioso di acquistarlo e può pagarlo.

Le spese di promozione elevate servono a convincere il mercato, accelerandone la

conoscenza (penetrazione), e per combattere la concorrenza costruendo una preferenza di marca

(politica di marca).

• scrematura lenta (prezzo alto e promozione bassa). Si può adottare quando il

prodotto è conosciuto, il mercato ha dimensioni limitate, i consumatori sono disposti a pagare il

prezzo elevato, non vi è ancora concorrenza significativa. Lo scopo è di realizzare alti profitti.

• penetrazione rapida (prezzo basso, promozione alta). Si segue quando il mercato è

vasto (medio-grande dimensione), il consumatore non conosce il prodotto ed è sensibile al

prezzo, esiste una forte concorrenza potenziale; all’aumentare delle quantità prodotte

diminuiscono i costi unitari (economie di scala) anche per effetto dell’esperienza accumulata. Si

attua per realizzare una rapida affermazione sul mercato e per acquisire una elevata quota di

mercato.

107

• penetrazione lenta (prezzo e promozione bassi). Si può adottare quando il mercato è

vasto, il consumatore conosce il prodotto ed è sensibile al prezzo, esiste una forte concorrenza

potenziale. La domanda deve avere una elevata elasticità rispetto al prezzo ed una bassa

elasticità rispetto alla promozione. Lo scopo è di accelerare l’accettazione del prodotto da parte

del consumatore senza sviluppare il livello promozionale, realizzando così un controllo dei costi

ed un conseguente aumento del profitto.

2 Crescita ( o sviluppo, o espansione). È caratterizzata da un rapido aumento delle

vendite perché i primi consumatori apprezzano il prodotto e sono seguiti da molti altri, e perché

molte imprese commerciali entrano nel mercato attratte dalle opportunità di profitto. I punti

vendita per conseguenza aumentano. I prezzi rimangono stabili o diminuiscono perché la

domanda aumenta rapidamente, i costi della promozione rimangono stabili, ma il rapporto costi

promozione/vendite diminuisce. I profitti crescono poiché i costi unitari di produzione e di

promozione diminuiscono più velocemente dei prezzi, anche per l’effetto della curva di

esperienza.

Le strategie di marketing devono avere riguardo al:

� prodotto, deve mantenere migliorate le caratteristiche iniziali;

� prezzo, deve mantenere il livello iniziale o per politiche promozionali

momentaneamente diminuire;

� distribuzione, deve essere massima;

� pubblicità e promozione, devono sostenere il prodotto.

Per mantenere il più a lungo possibile la crescita del mercato le strategie devono:

o migliorare le qualità del prodotto, aggiungere nuove caratteristiche e nuovi modelli

(innovazioni tecnologiche);

o entrare in nuovi segmenti di mercato;

o migliorare la rete distributiva ed entrare in nuovi canali;

o esplicare nuove attività promozionali per convincere all’acquisto (e dunque non solo

per la diffusione della notorietà);

o abbassare i prezzi per richiamare la clientela più sensibile ai prezzi.

108

Gli effetti possono essere i seguenti:

3 Maturità. Il tasso di crescita delle vendite diminuisce e la durata è più lunga delle fasi

precedenti. Questa fase si può scindere in 3 periodi:

• maturità della crescita, il tasso di crescita diminuisce per la saturazione della

distribuzione;

• maturità stabile, le vendite procapite sono stabili ed il mercato saturo. Le vendite

dipendono dall’aumento della popolazione e dalla domanda di sostituzione.

• maturità di decadimento, le vendite diminuiscono perché i consumatori

diminuiscono gli acquisti; la concorrenza si inasprisce per sovrapproduzione delle imprese (con

sconti e prezzi fuori listino, aumento della pubblicità, offerte speciali, aumenti delle spese per

ricerche e sviluppo sul prodotto). I profitti diminuiscono e le imprese deboli incominciano ad

uscire dal mercato.

Le strategie di marketing devono avere riguardo a :

• prodotto, il livello qualitativo è livellato per cui occorre caratterizzarne gli attributi

qualitativi; la concorrenza è ormai presente ed agguerrita;

109

• prezzo, propensione a diminuirlo, salvaguardando però il livello qualitativo per

rafforzare l’immagine dell’impresa;

• distribuzione, qualificare i punti vendita profittevoli ed eliminare quelli non

economici;

• pubblicità e promozione, fare campagne pubblicitarie ben mirate per differenziarsi

dalla concorrenza (interventi promozionali:sconti, premi, omaggi, concorsi, ecc.).

Le strategie di marketing che possono attuarsi riguardano:

• le modifiche di mercato: sviluppare il mercato della marca operando sui due fattori

che determinano il volume di vendita: volume = n q n = numero dei consumatori

q = consumo medio procapite

n si può aumentare conquistando nuovi consumatori nello stesso segmento

(sottraendoli alla concorrenza), entrando in nuovi segmenti di mercato.

q si può aumentare attraverso l’uso più frequente (es. bere succo di arancia durante il

giorno e non solo a colazione), maggiore uso nelle occasioni di consumo, usi nuovi e più vari

(in cucina, nella gastronomia, nelle ricette, con informazioni sulle etichette).

• le modifiche di prodotto, per attrarre nuovi clienti o per aumentare le occasioni d’uso,

attraverso:

o miglioramento della qualità (durata, affidabilità, sapori, richiamo: come più grande,

più forte, migliore). È il cosiddetto lancio “plus” del prodotto alimentare;

o miglioramento delle caratteristiche (dimensioni, peso, materiali, additivi, accessori,

sicurezza), per render più confortevole e sicuro l’utilizzo;

o miglioramento di stile (linea, design, colore) per rendere più attraente l’aspetto

estetico del prodotto, come nel caso dei cibi confezionati.

• le modifiche di marketing mix : riguardano le politiche di prezzo, l’espansione nei

punti vendita, le politiche promozionali e pubblicitarie, il personale di vendita, l’assistenza ai

clienti, ecc.

4 Declino. Tutti i prodotti declinano nei tipi, nelle marche; è più lento per i prodotti alimentari

e più rapido per i prodotti ad alta tecnologia. Le vendite diminuiscono per varie ragioni:

progressi tecnologici, mutamenti nei gusti dei consumatori, aumento della concorrenza.

110

Diminuiscono le vendite, i profitti e le imprese escono dal mercato.

Le strategie devono avere riguardo a :

• prodotto, che va sostenuto qualitativamente anche per assicurare il lancio di un nuovo

prodotto e conservare l’immagine dell’azienda;

• prezzo, evitare la svendita, anche se diminuisce;

• distribuzione, rifornisce i punti vendita dove la domanda continua ad essere

sostenuta;

• pubblicità e promozione, evitare interventi di pubblicità ed effettuare quelli

promozionali per smaltire gli stocks rimasti.

Le strategie di marketing devono identificare i prodotti (punti) deboli e poi decidere il da

farsi (interventi finanziari, aspettare cambiamenti del mercato, realizzare liquidità, eliminare il

prodotto).

La teoria del ciclo di vita ha molti critici perché gli schemi sono troppo variabili, le fasi

non hanno durata prevedibile, il ciclo di vita è il risultato non la causa delle strategie di

marketing dell’impresa.

LE DIVERSE STRATEGIE NELLE FASI DEL CICLO DI VITA D EL PRODOTTO INTRODUZIONE CRESCITA MATURITA’ DECLINO

• rapida scrematura • bassa scrematura • rapida penetrazione • lenta penetrazione

• migliorare la qualità • sfruttare altri segmenti di mercato • sfruttare nuovi canali distributivi • ridurre il prezzo in particolari momenti • introdurre nuove tecniche di convincimento all’acquisto

• modificare il prodotto • modificare il mercato • modificare il marketing mix

• identificare i punti deboli per eventuali interventi finanziari • mantenere invariati gli investimenti in attesa di eventuali cambiamenti di mercato • sfruttare gli investimenti per realizzare liquidità • eliminare il prodotto

Esistono delle Azioni correttive per prolungare il ciclo di vita di un prodotto: Poco prima

della saturazione, apportando delle modifiche, si può aumentare il raggio d’azione del prodotto

e quindi stimolare un nuovo periodo di crescita della curva.

Quando la curva comincia a scendere si può sviluppare un nuovo mercato per il prodotto

in modo da prolungare il suo ciclo di vita (fase di rivitalizzazzione).

Inoltre Attraverso il perfezionamento del prodotto, l’ampliamento delle versioni del

prodotto, lo sviluppo del mercato, ecc. si possono stimolare periodi di crescita (prolungano il

ciclo prima dello stadio di maturità) del prodotto stesso.

Fonte: M. Lepore, Ma cos’è il marketing, Demetra, 1999.

111

Interventi e politiche di marketing nel ciclo di vita del prodotto

Studio Lancio Espansione Maturità Saturazione/ declino

Predisposizione impianti

Politica di distribuzione

Piano di marketing Piano di marketing

Politica di prezzo

Studio prodotto Politica di prodotto

Potenziamento impianti produttivi

Politica di prezzo

Politica di promozione

Ricerca di marketing

Politica di prezzo

Politica di distribuzione

Politica di promozione

Test di mercato Politica di comunicazione

Politica di comunicazione

Controllo

Politica di prodotto

Politica di promozione

Politica di promozione

Politica di vendita

Piano di marketing

Controllo

Piano di marketing

Controllo

Controllo

Ciclo di vita di un prodotto e lancio del prodotto alternativo

Fonte: A. Foglio, Il marketing agroalimentare. Franco Angeli;1997.

Fonte: A. Foglio, Il marketing agroalimentare. Franco Angeli;1997.

112

Fonte Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI

Strategie di marketing nelle varie fasi del ciclo di vita dei prodotti alimentari

113

Ciclo di vita del prodotto

Caratteristiche Introduzione Crescita Maturità Declino Vendite Vendite scarse Vendite rapidamente

crescenti Picco delle vendite Vendite in declino

Costi Alto costo per cliente

Costo medio per cliente

Basso costo per cliente

Basso costo per cliente

Profitti Negativi Crescenti Alti Declinanti

Clienti Innovatori Adottanti iniziali Maggioranza Ritardatari

Concorrenti Pochi In numero crescente Numero stabile che inizia a ridursi

In riduzione

Obiettivi di marketing Creare la

conoscenza del prodotto e la propensione alla prova dello stesso

Massimizzare la quota di mercato

Massimizzare il profitto, difendendo la quota di mercato

Ridurre le spese e “mungere” il prodotto

Strategie

Prodotto Offrire un prodotto base

Offrire estensioni del prodotto, servizi garanzia

Diversificare marche e modelli

Eliminare i prodotti deboli

Prezzo Prezzo determinato sulla base del “cost-plus”

Prezzo per penetrare nel mercato

Prezzo per pareggiare o battere la concorrenza

Tagliare i prezzi

Distribuzione Realizzare una distribuzione selettiva

Realizzare una distribuzione intensiva

Realizzare una distribuzione più intensiva

Essere selettivi:eliminare i punti di vendita non redditizi

Pubblicità

Realizzare la conoscenza del prodotto fra gli adottanti iniziali e i rivenditori

Realizzare consapevolezza e interesse nel mercato di massa

Sottolineare le differenze e i vantaggi della marca

Ridurre al livello di mantenimento dei clienti ultra fedeli

Promozione vendite

Usare un’intensa promozione vendite per spingere alla prova del prodotto

Ridurre per approfittare dell’elevata domanda

Aumentare per incoraggiare la conversione di marca

Ridurre a un livello minimo

Fonte Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI

114

7.3 Ciclo di vita del prodotto e Portafoglio prodotti

Nel ciclo di vita di un portafoglio prodotti si evidenzia un momento (P), per ogni

impresa, in cui: un prodotto è in fase di declino, un altro è in fase di maturità, uno nella

fase di saturazione, uno nella fase d’introduzione.

Nel lungo periodo, un’impresa dovrebbe mirare ad un tasso di crescita degli utili

(profitti) continuo, introducendo nuovi prodotti con una giusta sequenza temporale.

Poiché : Scopo del portafoglio prodotti: bilanciare le fasi di crescita; il cash flow (flusso

di cassa) – usato per indicare la differenza tra incassi e pagamenti (flusso di cassa

netto); i rischi dell’impresa.

Al crescere o al contrarsi dei mercati i singoli prodotti attraverseranno una fase di

progresso o di declino, questo comporta il continuo cambiamento della composizione

del portafoglio prodotti. Revisione continua del portafoglio prodotti.

Le decisioni sulla strategia prodotto/mercato devono essere prese all’interno del

portafoglio prodotti, così da ottenere un equilibrio tra prodotti nella fase di crescita,

prodotti nella fase di maturità e prodotti in declino.

Il concetto del CVP può essere adottato dalle imprese come un utile strumento per

la descrizione del funzionamento dei prodotti e dei mercati. L’adozione di tale concetto

ai fini della previsione delle prestazioni del prodotto o per lo sviluppo delle strategie di

marketing presenta alcuni problemi di ordine pratico. Individuare lo stadio in cui si

trova un prodotto o localizzare con precisione il passaggio da uno stadio al successivo

può risultare tutt’altro che semplice.

Le decisioni sulla strategia prodotto/mercato devono essere prese all’interno del

portafoglio prodotti, così da ottenere un equilibrio tra prodotti nella fase di crescita,

prodotti nella fase di maturità e prodotti in declino.

In quest’ottica, nell’ambito della pianificazione strategica, l’attività principale è

l’analisi del portafoglio di attività, nella quale i dirigenti effettuano una valutazione dei

115

prodotti e delle attività attuali dell’impresa. L’obiettivo è di destinare risorse consistenti

alle attività più redditizie e ridimensionare o tagliare le attività più deboli.

Il primo passo è l’individuazione dei settori di attività principali, definiti strategic

business units (SBU) o aree strategiche d’affari. Una SBU è un’unità operativa

dell’impresa con una missione e obiettivi specifici, la cui attività può essere pianificata

indipendentemente dagli altri settori. Le SBU possono essere divisioni aziendali, linee

di prodotto all’interno di una divisione o anche singole marche o prodotti. Lo stadio

successivo dell’analisi del portafoglio consiste nella valutazione delle potenzialità di

ciascuna SBU e nella ripartizione delle risorse. Lo scopo della pianificazione strategica

è scoprire come sfruttare al meglio i propri punti di forza per cogliere le opportunità

dell’ambiente esterno. La maggior parte dei metodi di analisi del portafoglio attengono

a due parametri fondamentali: l’attrattività del mercato o del settore della SBU e la

stabilità della sua posizione in quel mercato o settore. Il metodo più conosciuto per la

pianificazione del portafoglio di attività è stato elaborato dal Boston Consulting Group

(BCG).

Quota di mercato: è la fetta di mercato posseduta dall’impresa in rapporto all’area

geografica e/o al periodo temporale. Indica la percentuale delle vendite di un’impresa

sul totale delle vendite di un prodotto o settore.

Crescita di mercato: rappresenta l’incremento delle vendite di tutte le imprese

operanti sul mercato.

Matrice di Boston

alta bassa

QUOTA

alta

bassa

C R E S C I T A

Star Wildcat

Cash Cow Dog

In particolare, La crescita di mercato di un’impresa misura il tasso medio annuale

di crescita di tutti i mercati in cui l’impresa è presente. Rappresenta l’incremento delle

vendite del suo prodotto.

116

I tassi di crescita possono essere differenti ed indicare la performance

dell’impresa. La “Matrice di Boston” (costruita dal Boston Consulting Group) misura la

performance dell’impresa, riflette la quota e la crescita relativa di un’impresa sul

mercato. L’asse della crescita di mercato rappresenta il tasso medio annuale di crescita

di tutti i mercati in cui l’impresa è presente. La quota di mercato rappresenta la misura

del dominio di una impresa rispetto a quelle concorrenti.

• Prodotto “Star” (stella): ha raggiunto una quota di mercato alta e genera

grossi profitti. Mercato in forte crescita, forte impiego di risorse finanziarie.

• Prodotto “Wildcat” (rischioso) o “question mark” (punto interrogativo): non

ha mai ottenuto o ha ormai perso una posizione dominante sul mercato. In

un mercato in forte crescita per mantenere la posizione di mercato l’impresa

deve sostenere forti investimenti finanziari.

• Prodotto “Cash Cow” (mucca da soldi): è un leader nei mercati a lento

sviluppo, come i mercati maturi, genera notevoli risorse finanziarie e

rappresenta la più vantaggiosa fonte di entrate per un’impresa. Per

mantenere la posizione di mercato, l’imprese deve fare solo delle piccole

correzioni nelle strategie.

• Prodotto “Dog” (cane): rappresenta una perdita finanziaria per l’impresa sia

perché la crescita del mercato è bassa o inesistente, sia perché i costi della

concorrenza sono più bassi. Sono prodotti con poche possibilità di futuro. E’

un prodotto destinato al ritiro, tranne nel caso in cui è essenziale per

sostenere la vendita di altre imprese.

Riguardo il Flusso finanziario: prodotti “star”: flusso finanziario zero, sono in

grado di autofinanziarsi; prodotti “wildcat”: non sono ancora in grado di generare utili,

rappresentano una perdita di cassa; prodotti “cash cow”: producono profitti per

l’impresa; prodotti “dog”: non generano flussi, non rappresentano né un utile, né una

perdita. I prodotti dovrebbero essere in grado di trasformarsi da wildcat in star per poi

diventare delle cash cow, rappresentando così la nuova fonte delle risorse finanziarie.

La Matrice di Boston può essere usata per un’intera gamma o per un portafoglio

di prodotti.

117

La Matrice di Boston può illustrare le previsioni dell’impresa sulla posizione

futura di un prodotto sul mercato, se le politiche dell’azienda non mutano nel tempo.

Da quanto detto si deduce che i due fattori chiave del marketing riguardanti

l’analisi del prodotto sono: la quota e la crescita di mercato.

alta bassa

QUOTA

alta

bassa

C R E S C I T A

Star Wildcat

Cash Cow Dog

o

o

-

+

7.4 Evoluzione del mercato

Il ciclo di vita del prodotto fa riferimento alle vicende di un prodotto o di una marca,

mentre nessun riferimento dedica al mercato complessivo. Pertanto risulta più orientato al

prodotto che al mercato. Quindi anche per il mercato si può distinguere un andamento.

L’evoluzione del mercato attraversa cinque situazioni o fasi:

• Fase di cristallizzazione del mercato. Si ha quando il mercato è latente, potenziale

(consumatori con bisogni o desideri latenti, ma non espressi e soddisfatti), e dunque non esiste

ancora.

L’impresa in quella situazione deve ideare e progettare il prodotto ottimale e

pertanto ha tre possibilità:

o strategia di nicchia singola: un nuovo prodotto per soddisfare le

preferenze di un segmento limitato del mercato;

o strategia di nicchia multipla: due o più prodotti per soddisfare due o più

segmenti del mercato;

o strategia di mercato di massa: un nuovo prodotto medio per soddisfare

tutti i consumatori del mercato.

La scelta dipenderà dalle dimensioni dell’impresa: l’impresa piccola opererà sulla nicchia

di mercato, la grande impresa opererà sul mercato di massa.

stud

io e

svi

lupp

o

118

Quando il prodotto è lanciato e le vendite dell’impresa incominciano a salire ha inizio la

fase di cristallizzazione.

• Fase di espansione del mercato. Si ha quando entra nel mercato una seconda impresa,

la quale ha tre possibili strategie da seguire:

� strategia di nicchia singola: collocare la marca in uno specifico segmento del mercato

(diverso dalla prima);

� strategia di nicchia multipla: collocare due o più prodotti in segmenti non occupati

dalla prima;

� strategia di mercato di massa: collocare la marca vicino a quella della prima impresa

(ha inizio la concorrenza) su tutto il mercato.

• Fase di frammentazione del mercato. Si ha quando le imprese che entrano nel mercato

si collocano su posizioni vicine ai concorrenti o su segmenti ancora non coperti. Alla fine tutti i

segmenti del mercato saranno coperti e le imprese invaderanno segmenti già serviti; i profitti di

tutte le imprese, per la concorrenza, si riducono. Il mercato così si frammenta in segmenti

sempre più piccoli. Il mercato raggiunge la maturità anche perché pochi nuovi prodotti possono

essere ideati.

• Fase di riconsolidamento del mercato. Si ha quando il prodotto emerge con una nuova

e forte caratteristica, tale da attirare il mercato. Tale caratteristica sarà copiata da altre imprese

ed il mercato si frammenta di nuovo, per cui i mercati oscillano fra frammentazione e

riconsolidamento. La frammentazione è dovuta alla concorrenza, il riconsolidamento

all’innovazione.

• Fase di estinzione del mercato. Si ha quando il mercato è distrutto da una innovazione

radicale, che forma un nuovo mercato, ricominciando il ciclo.

La concorrenza stimola continuamente l’innovazione di prodotto, poiché un attributo

innovativo crea un vantaggio differenziale per l’impresa (profitti e quote di mercato) rispetto

alla media. Nell’impresa leader il processo innovativo è sistemico.

I consumatori da altro canto sono spinti a valutare o rivalutare gli attributi del prodotto da

fenomeni come inflazione, scarsità, ecologia, consumismo, stili di vita, ecc.

119

8 I PREZZI

8.1 Rilevanza economica e competitiva

Oggi le imprese devono affrontare un ambiente di prezzo molto competitivo ed in rapida

evoluzione, e molte sono state messe alle strette. “Le imprese dovrebbero vendere valore e

convincere il pubblico che la propria marca vale un prezzo più alto perché offre un valore

maggiore” (P. Kotler). La sfida consiste nel trovare un prezzo che generi profitto riscuotendo il

valore creato per il cliente; la riduzione dei prezzi spesso non è la tattica migliore poiché porta a

inutili perdite di profitti e a guerre dannose, oltre a suggerire ai clienti che il prezzo conta più

della marca.

In senso stretto il prezzo è l’importo di denaro richiesto per un determinato prodotto o

servizio. In senso più ampio, è la somma di tutti i valori che i consumatori scambiano con i

benefici derivanti dal possesso o dall’utilizzo di un prodotto o servizio. In un quadro storico, il

prezzo è da sempre il principale fattore che influenza la scelta dell’acquirente. In tempi più

recenti però altri fattori hanno assunto una maggiore influenza sul comportamento di scelta

dell’acquirente.

In passato di solito i prezzi erano il risultato di una trattativa fra acquirenti e venditori. La

politica del prezzo fisso, ossia di un unico prezzo valido per tutti gli acquirenti è un’idea

relativamente moderna, nata con lo sviluppo della vendita al dettaglio su larga scala alla fine del

XIX secolo. Oggi i prezzi sono per la maggior parte fissi, ma alcune imprese stanno invertendo

questa regola ed adottano una strategia di determinazione dinamica del prezzo, in base alla

quale richiedono prezzi diversi a seconda del cliente e della situazione di acquisto. La diffusione

di internet ha inciso molto su questo cambiamento.

Fra le variabili del marketing mix il prezzo si distingue per il fatto che nella sua

determinazione i fattori esogeni (struttura del mercato, ovverosia situazione competitiva del

mercato, e condizioni della concorrenza, ovverosia comportamento delle altre imprese) pesano

in modo più rilevante rispetto alle politiche ed alle scelte riguardanti il prodotto, la distribuzione

e la promozione.

Nel sistema economico il prezzo svolge il ruolo fondamentale di elemento regolatore del

lavoro (livello dei salari), del capitale (tasso di interesse), della terra (rendita),

dell’imprenditoria (profitto), vale a dire dei fattori della produzione, ma è anche l’elemento

determinante delle scelte dei consumatori, in special modo nei sistemi economici poveri ed in

via di sviluppo, tra i gruppi socio-economici meno abbienti e per i prodotti altamente

differenziati.

120

La situazione del sistema economico, infatti, è molto rilevante nell’attribuzione della

importanza da parte delle imprese alle politiche commerciali: nelle situazioni di benessere il

prezzo riveste un rilievo minore per le imprese e per i consumatori rispetto ad altri fattori quali:

pianificazione e sviluppo di nuovi prodotti, attività promozionali per le imprese, qualità e servizi

per i consumatori; nelle situazioni di recessione ed inflazione i consumatori sono molto sensibili

ai prezzi, per cui per l’impresa diventano strumenti fondamentali le politiche di prezzo.

Durante la storia umana i prezzi sono stati determinati dalla negoziazione tra venditori ed

acquirenti, solamente nei tempi recenti (diciannovesimo secolo) e nei paesi sviluppati il prezzo

unico (fisso) è diventato l’elemento fondamentale, in special modo con la espansione della

Grande Distribuzione [elevato numero degli articoli trattati ed assenza del personale dipendente

(self service)].

Nonostante negli ultimi decenni, rispetto al prezzo, altri fattori siano determinanti del

comportamento dei consumatori, il prezzo resta comunque uno degli elementi più importanti per

la determinazione della quota di mercato e del livello di profitto dell’impresa, in specie nelle

condizioni di mutabilità delle condizioni ambientali e competitive.

Per l’impresa il problema della determinazione del prezzo è oggi maggiormente flessibile

ed è connesso alla struttura del mercato in cui si trova ad operare, con specifico riferimento a:

numero e dimensioni delle imprese concorrenti, grado di specializzazione produttiva delle

imprese, grado di integrazione verticale delle imprese concorrenti, facilità all’entrata nel

mercato di nuove imprese, ecc.

Nella realtà economica esiste una vasta varietà di tipi di mercato; ad esempio

considerando: natura del prodotto e numero di imprese, si ha la seguente classificazione:

Natura del prodotto

Numero di imprese

Una Poche Molte

Prodotto omogeneo

Monopolio

Oligopolio omogeneo Concorrenza pura o perfetta

Prodotto differenziato

Oligopolio differenziato

Concorrenza monopolistica

Omogeneità ���� i prodotti sono intercambiabili, sono identici

Differenziazione ���� i prodotti non sono identici, sia nel loro contenuto intrinseco che

nelle tecniche di produzione e finissaggio (differenziazione intrinseca o oggettiva), o per altre

ragioni dell’acquirente (differenziazione estrinseca o soggettiva: es. immagine esterna,

reputazione dell’azienda, ubicazione del venditore, servizi pre e post vendita, ecc.) Elemento

121

caratteristico della differenziazione è la possibilità di aumentare il prezzo entro certi limiti senza

che ci sia perdita di clienti.

La differenziazione oggi costituisce una connotazione tipica di molti prodotti, anche se è

difficile definire il confine fra omogeneità e differenziazione per un prodotto.

Il prezzo serve a determinare per l’impresa l’offerta (quanto si dovrà produrre), per il

consumatore la domanda (quanto dovrà acquistare).

Nelle politiche di marketing il prezzo contribuisce a determinare il successo di mercato di

un prodotto e di un’impresa.

Il prezzo tra gli elementi del marketing mix è l’unico che produce ricavo, gli altri

comportano solo costi.

8.3 La determinazione del prezzo

La determinazione del prezzo diventa problema per un prodotto nuovo, per un prodotto

esistente da introdurre in un nuovo canale di distribuzione o in una nuova area geografica, nella

partecipazione ad una gara d’appalto.

La strategia di determinazione del prezzo comporta la definizione degli obiettivi, l’analisi

dei fattori, la determinazione del prezzo, la modifica del prezzo.

Fattori interni

Obiettivi di marketing

Strategia del marketing mix

Costi

Struttura organizzativa per la definizione del prezzo

Decisioni di prezzo

Fattori esterni

Natura del mercato e della domanda

Concorrenza

Altri fattori ambientali

(economia, rivenditori, Stato)

Il prezzo del prodotto deve essere collegato al raggiungimento degli obiettivi aziendali e

di marketing.

Le decisioni di prezzo dell’impresa sono influenzate da fattori interni ed esterni. Fattori

interni: obiettivi di marketing, strategie di marketing mix, costi e struttura organizzativa. Fattori

esterni: Natura del mercato e della domanda, concorrenza, altri fattori ambientali (economia,

rivenditori, Stato).

Obiettivi di marketing: Prima di determinare il prezzo, l’impresa deve stabilire la strategia

per il prodotto. Se il mercato obiettivo ed il posizionamento desiderato sono stati accuratamente

individuati, la strategia relativa al marketing mix, compreso il prezzo, risulterà più semplice. La

strategia di prezzo dipende in buona misura dalle decisioni relative al posizionamento del

prodotto. Allo stesso tempo l’impresa può perseguire ulteriori obiettivi generali o specifici (es.

massimizzazione dei profitti, quota di mercato, …).

122

Il prezzo è solo una delle leve del marketing mix per il raggiungimento degli obiettivi di

marketing, perciò le decisioni relative al prezzo devono essere coordinate con quelle inerenti la

progettazione, la distribuzione, e la promozione del prodotto, allo scopo di creare un programma

di marketing coerente ed efficace. Anche le decisioni relative alle altre variabili del marketing

mix possono influenzare le decisioni di prezzo: la scelta di impostare il posizionamento su

un’elevata qualità delle prestazioni, per esempio, impone al venditore di fissare prezzi più alti,

che permettano di coprire costi più sostenuti; inoltre nel prezzo i produttori dovranno calcolare

anche maggiori margini di profitto per i rivenditori che sostengono e promuovono il prodotto.

I costi rappresentano la base per il prezzo del prodotto. Il prezzo deve coprire tutti i costi

di produzione, distribuzione e vendita e offrire un discreto tasso di rendimento per gli sforzi e i

rischi sostenuti dall’impresa.

I costi si distinguono in costi fissi (indipendenti dal volume di produzione o di vendite) e

costi variabili (direttamente correlati al volume di produzione). I costi totali sono il risultato

della somma dei costi fissi e variabili per ogni livello di produzione. Per ciascun prodotto, la

direzione dell’impresa deve fissare un prezzo che consenta almeno di coprire i costi totali per il

livello di produzione prefissato.

Inoltre, per poter elaborare una corretta strategia di prezzo l’impresa deve sapere in che

modo variano i costi al variare del volume di produzione (il costo unitario medio di produzione

si riduce all’aumentare delle unità prodotte e con l’aumento dell’esperienza).

Infine, la direzione deve stabilire a chi competa, all’interno dell’impresa la definizione

dei prezzi dei prodotti. Nelle piccole imprese spesso i prezzi sono fissati dall’alta direzione, non

dalle funzioni marketing o vendite.

La visone del pricing è differente a seconda che la si veda dal punto di vista dei

responsabili amministrativi o quelli di marketing. I responsabili amministrativi e quelli di

marketing hanno in genere una visione diversa nella politica di determinazione del prezzo.

Responsabili amministrativi:

tendono a fissare i prezzi su basi predeterminate, costo del prodotto più una certa

percentuale; operano nel breve periodo tenendo conto dei risultati finanziari dell’impresa; le

azioni intraprese si basano sulla struttura esistente e non su uno sviluppo pianificato.

Responsabili del marketing: tendono a fissare i prezzi avendo come fine la conquista di

una quota di mercato, così da stabilire un controllo di lungo periodo nel mercato. Sanno che c’è

domanda fino ad una certa soglia di prezzo, oltre no.

123

8.4 Obiettivi della determinazione del prezzo

Si possono avere:

► obiettivi orientati al profitto

o realizzare un determinato tasso di ritorno degli investimenti (ROI) (imprese

industriali) o sulle vendite (imprese commerciali). Si stabilisce un carico percentuale

sulle vendite per coprire i costi fissi di gestione e per realizzare una certa percentuale

di profitto (in termini relativi e unitari rimane costante, varia in termini assoluti in

relazione alle unità vendute);

o massimizzare i profitti, nel lungo periodo: solo imprese efficienti (per massimizzare i

profitti nel breve periodo: vedere riquadro).

► obiettivi orientati alle vendite

o incremento delle vendite, in un certo periodo di tempo, in %.

o mantenimento o incremento delle quote di mercato.

La quota di mercato viene considerata come indicatore dello “stato di salute”

dell’impresa, e pertanto assume importanza fondamentale rispetto alla concorrenza.

► obiettivi orientati al mantenimento dello status quo o alla sopravvivenza.

o stabilizzazione dei prezzi, quando si hanno fluttuazioni nella domanda e si vuole

evitare guerre di prezzo con altre imprese;

o fronteggiamento della concorrenza, attenendosi ai prezzi di mercato.

Modello di: Determinazione del prezzo che massimizza i profitti correnti.

Funzione di domanda (equazione della retta)

Q = a – bP Q = quantità domandata P = prezzo

C = costo totale F = costo fisso totale c = costo variabile unitario

Funzione di costo C = F + cQ Ricavo totale R = PQ R = ricavo totale Profitto totale Z = R – C R = ricavo totale

allora

Z = R – C Z = PQ – C Z = PQ – (F + cQ) Z = P(a – bP) – F – c(a – bP)

Z = aP – bP2 – F – ac + bcP

Z = – ac – F + (a + bc)P – bP2 Questa funzione di 2° grado del prezzo è una parabola che ha il prezzo massimo nel vertice.

124

8.4.1 Analisi dei fattori Nella determinazione del prezzo occorre tenere conto di diversi elementi quali:

Tipo di prodotto finale, intermedio

Tipo di concorrenza

perfetta, oligopolistica, monopolistica

Età del prodotto nuovo, esistente

Natura della produzione

singola, congiunta, multipla, integrata verticalmente

Variazione della capacità

utilizzazione della capacità esistente, ampliamento della capacità

I fattori che incidono direttamente sulla determinazione del prezzo sono:

- La domanda di mercato prevista per il prodotto dell’impresa.

Si tratta di stimare la domanda dell’impresa a differenti livelli di prezzo e dunque stimare

il prezzo atteso (sottoponendo il prodotto all’esame dei distributori, osservando i prezzi dei

prodotti concorrenti, facendo ricerche sui potenziali consumatori).

Si hanno maggiori libertà per un prodotto nuovo, perché i consumatori non hanno termini

di confronto, e nel caso di mercato di tipo monopolistico perché la curva di domanda

dell’impresa coincide con la curva di domanda del mercato.

- La quota di mercato che si vuole ottenere.

È influenzata dalla capacità produttiva (degli impianti) dell’impresa e dalla facilità di

entrata nel mercato da parte delle altre imprese. Il livello di prezzo si adegua a tali aspetti.

- Le prevedibili reazioni delle imprese concorrenti.

La domanda del mercato determina il prezzo massimo, i costi determinano il prezzo

minimo per l’impresa; i prezzi e le possibili reazioni delle imprese concorrenti consentono

all’impresa di stabilire il livello del prezzo del prodotto. Pertanto l’impresa deve essere a

conoscenza dei prezzi e dell’offerta (prodotto) dei concorrenti, considerando che i prodotti

125

possono essere identici, o similari, o merceologicamente differenti (ma sostitutivi del prodotto),

o non collegati, ma in competizione.

- Prezzi di penetrazione e prezzi di scrematura del mercato (scelta)

o Prezzi di scrematura. La politica consiste nel praticare un prezzo elevato; si attua

quando: si è nelle prime fasi del ciclo di vita; è possibile segmentare il mercato sulla

base del reddito dei consumatori; per creare una valvola di sicurezza contro gli errori

nella fissazione del prezzo (riducendolo); per mantenere la domanda entro i limiti di

capacità produttiva dell’impresa.

o Prezzi di penetrazione. La politica consiste nel praticare prezzi bassi per raggiungere

immediatamente volumi di vendita elevati fin dalle prime fasi del ciclo di vita o anche

per salvare l’impresa dalla morte o dal prematuro invecchiamento. Si adotta quando: il

prodotto è molto sensibile al prezzo (domanda elastica); il grande volume di vendita

consente economie di scala nella produzione (espansione della produzione per effetto

anche della curva di esperienza che aumenta la produttività dell’impianto)7 riducendo i

costi unitari e di marketing; per fronteggiare la concorrenza; il segmento di mercato ad

alto reddito non è sufficientemente ampio per giustificare la politica di scrematura.

- Altre componenti del marketing mix:

o Prodotto. Per i prodotti alimentari di consumo corrente l’impresa praticherà prezzi più

bassi se venduti con marca commerciale, più alti se venduti con marca industriale (che

richiede maggiori costi per pubblicità e promozione, ecc.)

o Canali di distribuzione. Il prezzo praticato ai grossisti è più basso di quello praticato ai

dettaglianti per le minori attività e funzioni svolte dall’impresa (es. magazzinaggio,

consegne, credito, ecc.)

o Metodi promozionali. Dipende da chi effettua le campagne promozionali, se l’impresa

o i dettaglianti.

- Costo di produzione e/o commercializzazione

È il fattore principale per la differenziazione del livello di prezzo

7

Con lo stesso impianto, l’esperienza consente di rivedere i tempi di produzione , i costi di approvvigionamento ecc. per cui aumentano le unità prodotte e si riducono i costi unitari di produzione.

126

8.4.2 La determinazione del prezzo base (o di listino) L’impresa può stabilire il prezzo se conosce la curva di domanda, la funzione del costo, i

prezzi dei concorrenti; esso sarà compreso tra un prezzo troppo basso per produrre profitti ed un

prezzo troppo alto per stimolare la domanda.

Prezzo (troppo) basso

Costo del prodotto

Prezzi dei concorrenti e dei prodotti

sostitutivi

Elementi di unicità del prodotto

Prezzo (troppo) alto

Area di fissazione del prezzo Non è

conseguibile profitto

Prezzo minimo

Prezzo massimo

Non esiste la domanda

Il costo del prodotto indica il prezzo minimo.

Le caratteristiche di unicità (differenziazione) del prodotto indicano il prezzo massimo.

I prezzi dei concorrenti e dei prodotti sostitutivi sono gli elementi da considerare per la

determinazione del prezzo.

I metodi per la determinazione del prezzo base (o di listino) (pricing) sono riferiti:

- ai costi totali, aumentati di una percentuale di profitto;

- al bilanciamento tra stima della domanda e stima della offerta;

- alle condizioni della concorrenza del mercato o dei prezzi correnti;

- al valore percepito dal consumatore;

- nelle gare di appalto, alle offerte in busta chiusa;

A) Metodo del costo totale (cost-plus pricing)

Consiste nel determinare il prezzo del prodotto sommando al costo totale unitario (o

medio) una percentuale (o una quota) di profitto (sperato). Questo metodo semplice e di facile applicazione non tiene però conto che esistono vari

tipi di costo (vedi riquadro), ovverosia che il costo totale unitario del prodotto è formato da

varie componenti di costo, che reagiscono in maniera diversa alle variazioni delle quantità

prodotte.

127

33,00

10,00

8,00

6,00

7,00

10,00

16,00

25,00

38,00

53,00

Cf� Costo fisso; è rappresentato da spese, quali l’affitto dei locali, gli stipendi al personale direttivo, le imposte sulla proprietà, che rimangono costanti indipendentemente dal numero di articoli che vengono prodotti. Questo tipo di costo esiste anche se la produzione viene sospesa completamente; si chiama costo fisso proprio perché è molto difficile da modificare nel breve periodo (mentre può essere cambiato nel lungo periodo, nel corso di parecchi anni); Cft=Σ Cfi� Costo fisso totale; è la somma di tutti i costi fissi;

Q

CfCf t

m= � Costo fisso medio; è rappresentato dal costo fisso totale diviso per il numero di

unità prodotte. Rappresenta quella parte del costo fisso totale che può essere imputata a ciascuna delle unità prodotte; Cv� Costo variabile; è rappresentato da spese, come quelle per il pagamento della manodopera o per l’acquisto delle materie prime, che sono in relazione diretta con le quantità prodotte. I costi variabili possono essere controllati nel breve periodo semplicemente cambiando il livello di produzione. Quando la produzione si ferma tutti i costi variabili si annullano; Cvt=Σ Cvi� Costo variabile totale; è la somma di tutti i costi variabili; questo costo è tanto più elevato quanto maggiore è il numero delle unità prodotte;

Q

CC t

m

vv = � Costo variabile medio; è rappresentato dal costo variabile totale diviso per il

numero di unità prodotte. Il costo variabile medio è normalmente elevato per le prime unità prodotte. Diminuisce poi all’aumentare della quantità prodotta a causa di elementi quali sconti di quantità sulle materie prime acquistate ed un più efficiente uso del fattore lavoro. Al di là di una certa quantità “ottima” di produzione, esso aumenta a causa della congestione che si viene a creare nei processi produttivi, a causa del pagamento di salari per lavoro straordinario, ecc. Ct=Cft+Cvt �Costo totale; è la somma del costo fisso totale e del costo variabile totale (per una determinata quantità prodotta);

Q

CC

m

tt = � Costo totale medio; è costituito dal costo totale diviso per il numero di unità

prodotte; CM = Ctm(n) – Ctm(n-1)� Costo marginale; è il costo necessario per produrre e vendere un’unità addizionale di prodotto; rappresenta cioè il costo dell’ultima unità prodotta. Normalmente il costo marginale coincide con il costo variabile.

I costi di una azienda (in euro)

(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) Quantità prodotta (n. unità)

Costi fissi totali

Costi variabili

totali

Costi totali

Costo marginale unitario

Costo fisso

medio

Costo variabile medio

costo medio

unitario (2)+(3)

(2):(1) (3):(1) (4):(1) 0 132,00 0,00 132,00 ∞ 0 ∞ 1 132,00 33,00 165,00 132,00 33,00 165,00 2 132,00 43,00 175,00 66,00 21,50 87,50 3 132,00 51,00 183,00 44,00 17,00 61,00 4 132,00 57,00 189,00 33,00 14,25 47,25 5 132,00 64,00 196,00 26,40 12,80 39,20 6 132,00 74,00 206,00 22,00 12,33 34,33 7 132,00 90,00 222,00 18,86 12,86 31,71 8 132,00 115,00 247,00 16,50 14,38 30,88 9 132,00 153,00 285,00 14,67 17,00 31,67 10 132,00 206,00 338,00 13,20 20,60 33,80

128

Costing: componenti dei costi diretti (di un prodotto o di una impresa)

Produzione Distribuzione

Materie prime Personale di vendita

Materie da confezione Oneri di vendita

Manodopera diretta Trasporti

Servizi ausiliari

• Costi variabili

Magazzinaggio prodotti finiti Pubblicità, concorsi, ricerche Costi di sedi e di filiali

• Costi variabili

Costi fissi del reparto Costi generali di produzione

• Costi fissi • Costi fissi

• Costo industriale

(costi variabili + costi fissi)

• Costo di distribuzione

(costi variabili + costi fissi) Costo totale = costo industriale + costo di distribuzione Ricavo totale – costo totale = margine di contribuzione dell’impresa

Prezzo – costo unitario = margine unitario di contribuzione

Curve dei costi totali per una impresa

129

Il margine di contribuzione di un prodotto indica la capacità che ha un prodotto di

contribuire all’assorbimento dei costi indiretti dell’impresa. Il margine unitario di contribuzione indica quale sia per ogni unità venduta il contributo

alla copertura dei costi unitari indiretti dell’impresa.

Interrelazione tra i vari costi medi unitari

- La curva del costo fisso medio diminuisce all’aumentare della quantità prodotta

- La curva del costo variabile medio ha forma di U perché il costo dapprima diminuisce per

effetto di condizioni di produzione più efficienti (curva di esperienza) e poi aumenta per

effetto di inefficienza o congestionamento dovuto ad eccesso di attività produttiva (es.

costo dello straordinario)

- La curva del costo totale medio si ottiene sommando le due curve precedenti

- La curva del costo marginale ha forma di U. La curva del costo totale medio diminuisce finché il costo marginale è inferiore al costo totale

medio, poi aumenta; la curva del costo marginale e curva del costo totale medio si incrociano in

corrispondenza del punto minimo di quest’ultima.

Curve dei costi unitari per un’impresa

130

Questo metodo è largamente impiegato dalle imprese distributive (ricarico, o mark-up, al

costo di acquisto per coprire le spese di gestione e lasciare un certo margine di profitto, in

genere espresso in percentuale), perché dispongono di dati di costo accurati e della relazione tra

costi e quantità acquistate e vendute.

B) Metodo dell’analisi del punto di equilibrio (o punto di pareggio)(break-even point)

Utilizza la domanda di mercato come base per determinare il prezzo tenendo conto dei

costi aziendali.

Il punto di equilibrio (o punto di pareggio) (break- even point) è individuato dalla

quantità di produzione in corrispondenza della quale i ricavi totali di vendita eguagliano i costi

totali, dato un certo prezzo di vendita.

Calcolo del punto di equilibrio:

(1) (2) (3) (4) (5) Prezzo unitario

Costi variabili unitari

Margine di contribuzione

(1) – (2)

Costi fissi totali

Punto di equilibrio (Break-even point)

(4) / (3) 30,00 € 15,00 15,00 125,00 8,3 unità 40,00 15,00 25,00 125,00 5,0 unità 50,00 15,00 35,00 125,00 3,6 unità 75,00 15,00 60,00 125,00 2,1 unità

Determinazione del punto di equilibrio con un prezzo di € 40,00

131

Grafico del punto di equilibrio in relazione a 4 differenti prezzi di vendita

Relazione tra analisi del punto di equilibrio, ricavi totali relativi alla domanda di mercato, e profitto:

(1) (2) (3) (4) (5) (6)

Prezzo

unitario

Domanda di mercato

ai vari prezzi,

espressi in unità

Ricavo

totale

(1) x

(2)

Break-even

point

Costo totale

delle unità

vendute

Profitto

totale

(3) – (5)

30,00 € 7 210,00 8,3 230,00 -20,00

40,00 6 240,00 5,0 215,00 25,00

50,00 5 250,00 3,6 200,00 50,00

75,00 2 150,00 2,1 155,00 5,00

132

Relazione fra costo totale, ricavo totale e punti di equilibrio

Nell’analisi del break-even point si ipotizzano, per semplicità, costanti i costi variabili

unitari. Il break-even point si calcola con la seguente formula

Break-even point

costi fissi totali costi fissi totali margine unitario di contribuzione

prezzo di vendita – costo variabile unitario

È un’analisi di breve periodo, perché si ritengono costanti i costi fissi.

Questa analisi ignora la domanda di mercato in corrispondenza dei vari prezzi praticati, e

dunque per la determinazione del prezzo si basa sul costo aziendale.

Il grafico o la formula dicono quale deve essere la quantità venduta ad un dato prezzo per

raggiungere il break-even point, ma non dice se sia veramente possibile vendere quella quantità.

Questa limitazione del metodo si supera stimando la domanda che si manifesterà in

corrispondenza dei vari possibili prezzi di vendita e sovrapponendo la curva di domanda alle

curve dei costi e dei ricavi del break-even.

La curva DD rappresenta il ricavo totale (o anche la domanda) che l’impresa può

realizzare ai vari livelli di prezzo praticati sul mercato.

133

La massimizzazione del profitto si ha nel punto sulla domanda in cui è massima la

differenza verticale fra ricavo totale e costo totale (punto b nel grafico), cioè al prezzo di

vendita corrispondente alla curva dei ricavi totali che interseca la curva DD di domanda nel

punto di maggiore differenza tra quest’ultima e la curva dei costi totali.

C) Metodo del bilanciamento tra domanda ed offerta.

Viene utilizzato per massimizzare il profitto.

Si fa riferimento, non alla domanda dell’impresa, ma alla domanda del mercato. Nella

concorrenza perfetta la domanda dell’impresa è una linea parallela all’asse delle ascisse, in

quanto non può influenzare il prezzo di mercato, mentre nella realtà operando in condizioni di

concorrenza imperfetta o monopolistica (per prodotti differenziati e concorrenza operante su

elementi di marketing diversi dal prezzo) la curva di domanda dell’impresa è inclinata

negativamente, come la domanda di mercato. La determinazione del prezzo individua la migliore combinazione prezzo-quantità in

funzione del livello e della variazione dei costi aziendali (al variare delle quantità).

Questo modello comporta la ricerca della combinazione prezzo-quantità che massimizza

il ricavo totale e la ricerca del prezzo ottimo, mettendo a confronto gli andamenti di costi e

ricavi al variare delle quantità prodotte e vendute. Scheda di domanda per la singola impresa

Unità

vendute

Prezzo unitario

(ricavo medio)

Ricavo

totale

Ricavo

marginale

1 40,00 40,00

2 37,50 75,00 35,00

3 36,00 108,00 33,00

4 34,00 136,00 28,00

5 32,50 162,50 26,50

6 30,00 180,00 17,50

7 25,00 175,00 -5,00

8 20,00 160,00 -15,00

134

Curva dei ricavi totali

Rapporti tra ricavo totale (RT) ed elasticità della domanda

Variazione del prezzo

Domanda inelastica

Elasticità eguale a uno

Domanda elastica

riducendo il prezzo RT diminuisce

RT immutato

RT aumenta

aumentando il prezzo RT aumenta

RT immutato

RT diminuisce

Curva di domanda ad elasticità variabile

135

Determinazione del prezzo e massimizzazione del profitto mediante l’analisi

marginalistica.

Gli elementi per la determinazione del prezzo sono:

costo medio e costo marginale

ricavo medio e ricavo marginale

In una curva lineare di domanda la funzione o l’equazione di domanda è

bPaQ +⋅=

Il ricavo totale è dato da:

bPPaQPR 2 ⋅+⋅=⋅=

R massimo si ha per un valore di P che annulla la derivata prima di R, cioè:

a2

bP

−=

in questo punto l’elasticità della domanda al prezzo è (in valore assoluto):

12b

a2b

aε =−⋅=

(offerta)

(domanda)

dove Q = quantità P = prezzo a, b = coefficienti

136

La combinazione prezzo-quantità più conveniente per l’impresa non è quella che

massimizza il ricavo totale, ma quella che massimizza la differenza fra ricavo totale e costo

totale.

Il prezzo di vendita ottimo scaturisce dal confronto delle due relazioni prezzo-quantità e

costo-quantità. Cioè dal bilanciamento tra domanda e offerta, cioè nel punto in cui il ricavo

marginale è uguale al costo marginale.

Tale punto è individuato dalla quantità Q.

In questo punto si individua anche il prezzo unitario sulla curva del ricavo medio (curva

della domanda) (punto C) a cui corrisponde il prezzo B, ed il costo medio sulla curva del costo

medio (curva dell’offerta) (punto B) a cui corrisponde il costo A, [cioè considerando la curva

dei costi totali medi, la produzione Q ha un costo totale medio (o unitario) di A (nel punto B)].

Il profitto unitario è dato dal tratto AB (differenza fra prezzo e costo totale medio), il

profitto totale è dato dall’area ABCD ( cioè Q x AB).

Profitto unitario Tu = P - Cm

Profitto Totale Tt = R – C

=⋅=⋅= OBOQPQR area =⋅= CQBC area OBCQ

areaDQADOAOQCQC m =⋅=⋅=⋅= OADQ

areaTt = OBCQ – area OADQ

Determinazione del prezzo OB sulla curva di domanda (ricavo medio). Determinazione del costo medio OA sulla curva di offerta (costo medio). Max profitto unitario = OB – OA Max profitto totale = OBCQ – OADQ

Questo metodo finora ha avuto applicazioni pratiche limitate per la difficoltà di costruire

(stimare) le curve di domanda ed offerta; le conoscenze tuttavia si vanno approfondendo e

perfezionando utilizzando per l’elaborazione gli strumenti informatici.

137

D) Metodo delle condizioni di mercato o dei prezzi correnti

Si basa sui prezzi praticati dai concorrenti, prestando attenzione ai suoi costi ed alla sua

domanda.

Il prezzo è corrispondente a quello delle imprese concorrenti nelle situazioni di

concorrenza perfetta o quasi (mercati dei prodotti agricoli).

Il prezzo è inferiore a quello delle imprese rivali: è diffuso nel commercio al dettaglio (es.

discount).

Il prezzo è superiore nel caso di politica di scrematura perché il prodotto è molto

caratterizzato e differenziato ed il produttore ha acquisito una certa immagine ed un certo

prestigio. Questo metodo dei prezzi correnti è piuttosto diffuso, specialmente nelle situazioni in cui

i costi sono difficili da misurare e la risposta della concorrenza è molto incerta.

Il prezzo corrente rappresenta una operazione collettiva del mercato capace di realizzare

un giusto rendimento senza disturbare l’armonia dello stesso.

E) Metodo del valore percepito dal consumatore Si determina usando i fattori del marketing mix non legati a prezzo. Il prezzo viene

fissato in modo da corrispondere al valore percepito dal consumatore. Questo metodo si adatta

bene alla politica di posizionamento del prodotto (un prodotto per un certo mercato obiettivo

con un dato prezzo ed un dato livello di qualità). Si stima il volume di vendita a quel prezzo; il volume di vendita fornisce indicazioni sulla

capacità produttiva dell’impresa, sugli investimenti, sui costi di produzione, sui profitti. Il fattore chiave dunque è di individuare il valore che il mercato attribuisce all’offerta di

quel prodotto, attraverso ricerche di mercato.

F) Metodo dell’offerta in busta chiusa La concorrenza sui prezzi domina nelle gare per l’acquisizione degli appalti. L’impresa

basa la sua offerta sul prezzo che presume adottino i concorrenti, piuttosto che su una rigida

relazione tra costi e domanda.

L’impresa per vincere l’appalto deve offrire un prezzo più basso delle concorrenti, ma

non più basso dei suoi costi, né troppo al di sopra perché rischia di superare i prezzi dei

concorrenti.

Il criterio logico dovrebbe essere quello di proporre un prezzo capace di massimizzare il

profitto atteso sul lungo periodo.

138

8.4.3 Scelta del prezzo definitivo o prezzo finale

Nella scelta del prezzo definitivo (prezzo finale) l’impresa deve tenere conto di alcuni

aspetti che determinano e condizionano l’attuazione di una politica (strategia) di prezzo, cioè:

- Aspetti psicologici o psicologia del prezzo.

Al prezzo sono legati oltre agli aspetti economici, anche gli aspetti psicologici. Molti

consumatori infatti considerano il prezzo come un indicatore di qualità (prestige pricing) o sono

psicologicamente formati a riconoscere in un prodotto un prezzo massimo e minimo, al di sotto

del quale (percezione di bassa qualità) ed al di sopra del quale (non glielo consente il reddito)

non sono disposti a pagare. Inoltre si ritiene (da parte dei venditori) che i prezzi debbano

terminare (prezzi psicologici – prezzi limite) con un numero dispari perché il consumatore

percepisce la fascia bassa e non quella alta del prezzo ( es. 1,99€ è percepito come 1,00€ e non

2,00€).

- Aspetti di immagine dell’impresa.

Vi deve essere armonia fra immagine (marca) che si vuole fornire attraverso il prezzo e la

politica degli sconti, riguarda la filosofia di comportamento dei commercianti nei confronti dei

prezzi.

- Aspetti degli effetti del prezzo sugli altri soggetti della filiera.

Occorre considerare il giudizio della forza vendita dell’impresa (distributori e venditori)

sul prezzo e la reazione dei concorrenti.

- Aspetti riguardanti le norme e le leggi in materia di prezzi.

Occorre rispettare le norme in materia di prezzi per evitare interventi delle autorità (ad es.

durante le campagne promozionali o di sconti).

- Aspetti riguardanti la situazione economica congiunturale del mercato e lo stato

dell’economia.

8.4.4 Politiche di prezzo

Le imprese non determinano un unico prezzo, ma stabiliscono una struttura di prezzi

seguendo strategie di modifiche del prezzo:

- Politica di differenziazione geografica del prezzo

Si attua nei confronti dei clienti situati in zone geografiche diverse, rispetto alla

collocazione degli stabilimenti, per coprire le maggiori spese di spedizione o per la diversa

capacità competitiva dell’impresa nelle varie zone di mercato.

Gli strumenti:

139

• Prezzi d’origine FOB (free on board); i prezzi si riferiscono ai prodotti sistemati

(caricati) a bordo di un veicolo (corriere) che deve trasportarli (clausola FOB). L’impresa non

sostiene costi di trasporto e di assicurazione, ma solo il costo del caricamento sul veicolo. La

proprietà e la responsabilità è del cliente appena la merce è caricata sul veicolo. In questo caso

si venderà meno nelle zone più lontane.

• Prezzi di consegna uniformi (uniformità dei prezzi). È il prezzo CIF (cost insurance

freight) costo e rischio del trasporto e dell’assicurazione fino ad una determinata località. È il

contrario dei prezzi FOB. L’impresa fa pagare lo stesso sovrapprezzo di trasporto

indipendentemente dalla zona di destinazione e lo stesso prezzo d’origine. Il costo del trasporto

è quello medio. Questa politica si attua quando i costi sono parte minima rispetto al totale costi

del venditore. Questo metodo è detto anche “criterio della affrancatura postale”, perché come la

spedizione della lettera implica lo stesso prezzo in tutto il territorio nazionale. Questo metodo

presenta il vantaggio di reclamizzare un unico prezzo su scala nazionale e di facilitare

l’amministrazione.

• Prezzi differenziati per zona. Si distingue il mercato in zone e si differenziano i

prezzi in relazione alla distanza, lasciando lo stesso prezzo nella zona. Questo metodo può

indicarsi anche come “criterio della tariffa telefonica”.

• Prezzo del punto base. Si fa pagare il costo del trasporto rispetto ad un punto base o

di riferimento, e non dal luogo in cui ha origine la spedizione. Questo metodo però è

penalizzante (prezzo maggiore per un “onere fantasma”) per i clienti vicini alla fabbrica e

premiante per quelli più lontani.

• Prezzo di assorbimento (di accollo) delle spese di trasporto.

Si tratta di non far pagare tutto o parte del trasporto alle zone più lontane per aumentare le

vendite, per una maggiore penetrazione nel mercato, per mantenere sul mercato posizioni

competitive.

- Politica degli sconti o degli abbuoni

Si effettua per compensare i clienti per determinati comportamenti:

• Sconti di quantità. Sono riduzioni di prezzo per quantità acquistate rilevanti, perché

consentono minori spese di vendita, di stoccaggio, di trasporto. Possono essere per singolo

ordine (non cumulativi) o per gli acquisti effettuati in un certo periodo di tempo (cumulativi) e

sono espressi in unità o peso o per fatturato. Questi sconti inducono i clienti ad acquisti regolari

e dallo stesso venditore.

• Sconti di cassa. Sono riduzioni di prezzo per pagamenti delle fatture entro un breve

tempo (pagamento cash), perché aumenta la liquidità del venditore e riduce i costi della

riscossione dei crediti.

140

• Sconti commerciali o funzionali. Sono riduzioni di prezzo agli intermediari

distributori per lo svolgimento di talune attività di commercializzazione (vendita, trasporto,

contabilità).

• Sconti stagionali, per acquisti fuori stagione (prima e dopo). Permettono al

produttore di regolarizzare la produzione durante l’anno e di smaltire le scorte.

• Altri sconti: abbuoni di permuta (riduzioni di prezzo con la consegna del vecchio

prodotto all’acquisto del nuovo); sconti promozionali (pagamenti o riduzioni di prezzo ai

rivenditori che partecipano alle campagne pubblicitarie o ai programmi promozionali di

vendita); post-datazione delle fatture (pagamenti differenti, che però consentono di regolarizzare

la produzione nell’anno).

- Politica di discriminazione dei prezzi.

Si attua applicando allo stesso prodotto prezzi differenti che non rispecchiano differenze

dei costi:

• In base alla clientela. Es. studenti ed anziani pagano prezzi ridotti nei musei.

• In base alla versione del prodotto, ma non giustificati da variazioni di costo della

diversità.

• In base alla ubicazione. Es. in teatro si pagano prezzi differenti.

• In base al tempo, prezzi modificati stagionalmente, per fasce orarie (mezzi pubblici di

trasposto), giornalmente (feriali e festivi).

- Politica dei prezzi promozionali.

Sono prezzi fissati al di sotto del prezzo di listino e talvolta al di sotto del costo:

• Prezzi dei prodotti civetta (politica del loss-leader, loss = perdita, leader = marca

nota), per attirare clienti e vendere anche altri prodotti (si attua nella grande distribuzione).

• Prezzi speciali, in occasione di particolari avvenimenti per attirare maggiore clientela

stanca di spendere e per smaltire le scorte (es. fiera del bianco, dopo natale).

• Rimborsi ai clienti, che acquistano il prodotto entro un certo tempo. Consentono di

ridurre le scorte senza variare il prezzo di listino.

• Sconti psicologici, quando si segna un prezzo artificialmente alto per poi offrire uno

sconto elevato.

• Prezzi psicologici (o prezzi limite), quando si segna un prezzo con cifra dispari: 1999

invece 2000, 19.900 invece di 20.000.

• Prezzi promozionali: 3x2, 2x1

141

La politica di prezzo può avere obiettivi specifici diversi e si distingue in:

- Politica di prezzo di attacco, quando è condotta contro la concorrenza, per penetrare il

mercato, che sarà costretta a difendersi; è realizzata anche con prezzi non remunerativi.

- Politica di prezzo di difesa, se è un’altra impresa a fare la politica di prezzo di attacco.

- Politica di prezzo orientata alla segmentazione del mercato, consiste nel posizionare il

prodotto su segmenti prescelti con prezzi alti. Si attua con una politica di qualità e di immagine

prestigiosa dell’impresa.

- Politica di prezzo basso, quando si vuole raggiungere un elevato numero di

consumatori.

- Politica di prezzo decrescente, quando si vuole conquistare segmenti di mercato

inferiori per allargare il numero dei consumatori.

Comunque il principale obiettivo della politica di prezzo è di massimizzare il profitto.

142

9 LA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE Il valore di un prodotto è funzione oltre che delle sue caratteristiche intrinseche ed

estrinseche anche dei tempi, dei luoghi e dei modi secondo cui viene reso disponibile ai

consumatori. Nelle società industriali tale compito viene assolto da una fitta rete di istituzioni e

di imprese specializzate nelle diverse attività (vendita dettaglio, distribuzione,

magazzinaggio,…) che sono necessarie per svolgere tale compito. Ogni impresa industriale ha

di fronte una serie di alternative (Canali di marketing o di distribuzione) e si trova di fronte al

problema di dover scegliere le vie distributive da seguire. Canale di marketing: è composto da

una serie di organizzazioni interdipendenti, coinvolte nel processo che consente di rendere il

prodotto o servizio disponibile e utilizzabile per il consumatore finale , sia esso un privato o

un’impresa.

I partner del canale di marketing (grossisti e dettaglianti) rappresentano un anello

fondamentale fra l’impresa ed i clienti.

Le decisioni relative al canale influenzano direttamente ogni altra decisione di marketing

dell’impresa: la determinazione del prezzo, la comunicazione ed anche lo sviluppo di nuovi

prodotti possono dipendere dalla capacità degli operatori del canale.

Spesso le imprese non prestano sufficiente attenzione ai canali di distribuzione e i risultati

possono nuocere all’attività. In molti casi invece si osservano sistemi di distribuzione creativi

che rappresentano un vantaggio competitivo per l’impresa.

9.1 Le funzioni di commercializzazione

La distribuzione commerciale si occupa del trasferimento fisico ed economico (del titolo

di proprietà) dei beni dalla produzione al consumo (o utilizzo) finale ed intermedio.

Nel processo di trasferimento vengono coinvolte le imprese commerciali (soggetti che a

diverso titolo svolgono attività di intermediazione commerciale), le imprese di produzione, i

consumatori o gli utilizzatori finali, che svolgono le funzioni di commercializzazione.

Le funzioni di commercializzazione possono essere raggruppate nelle seguenti classi:

1) Funzioni fisico merceologiche

- Trasporto, che rende i prodotti disponibili nello spazio;

- Raggruppamento o frazionamento di prodotti omogenei. Raggruppamento, consiste

nella costituzione di lotti economici (offerta più consistente) quando la produzione è

polverizzata (è funzione tipica del commercio all’ingrosso alla produzione: es. ortofrutta).

- Frazionamento, è funzione opposta, consiste nella costituzione di lotti inferiori, meglio

adatti alle richieste degli acquirenti (è funzione tipica del commercio all’ingrosso al consumo:

es. ortofrutta).

143

- Assortimento e gamma o separazione di beni eterogenei (merceologicamente o

commercialmente). Assortimento è la combinazione di prodotti merceologicamente differenti

(es. vino e olio, vino e formaggi, ecc.); viene fatto a livello ingrosso per soddisfare esigenze

diverse al dettaglio per i consumatori. Gamma è la combinazione di prodotti commercialmente

differenti (per marca, misure, prestazione, colori, capacità, ecc.) di prodotti di una stessa

categoria merceologica. Separazione è funzione inversa all’assortimento ed alla gamma, cioè

un assortimento (o gamma) più ristretto (es. grossista di alimentari che rifornisce un negozio di

bottiglieria).

- Condizionamento (selezione, dosaggio, confezionamento, imballaggio). È funzione

tipicamente commerciale svolta all’ingrosso, al dettaglio; e oggi tale funzione è sempre più

trasferita alla produzione.

- Deposito, è l’immagazzinamento (conservazione) commerciale (anche in frigoriferi),

che consente di essere presenti nel mercato con qualità tipo e quantità di prodotto nel momento

delle richieste del consumatore o del cliente. Riduce gli inconvenienti dell’approvvigionamento

che si verificano nei periodi di basso ed alto consumo ed è necessario per consentire il trasporto

di prodotti in lotti più economici.

2) Funzioni commerciali o di scambio

- Collegamento e intermediazione commerciale, vengono effettuati per collegare il

fornitore dei prodotti (dal produttore in poi) con il richiedente i prodotti (fino al consumatore o

utilizzatore finale, i quali non hanno possibilità o convenienza di incontrarsi direttamente per

effettuare lo scambio (es. produttore siciliano di agrumi e consumatore di Milano).

- Acquisto, insieme alla vendita è la funzione base della commercializzazione ed è

componente indispensabile per lo scambio. È la contropartita alla vendita. Questa funzione

identifica il bisogno o il desiderio da soddisfare (per se o per altri), seleziona la fonte di

approvvigionamento, negozia il prezzo e le altre condizioni e modalità di acquisto

(trasferimento di proprietà).

- Vendita, insieme all’acquisto è la funzione base della commercializzazione ed è

componente indispensabile per lo scambio. È la contropartita all’acquisto. Questa funzione

identifica il possibile acquirente, prende contatti con lui, negozia il prezzo e le altre condizioni e

modalità di vendita (trasferimento di proprietà).

- Assistenza e consulenza (merceologica e di marketing), viene effettuata dai fornitori

alla clientela. L’assistenza tecnico-merceologica riguarda il prodotto, l’assistenza e consulenza

aziendale riguarda la clientela (arredamento del negozio, allestimento della vetrina, azioni

promozionali, contabilità, ecc.).

- Assunzione del rischio commerciale; riguarda la senescenza fisica del prodotto,

l’invecchiamento tecnologico, economico, (obsolescenza), formale, psicologico (es. nella

144

moda), la rotazione degli stock, la perdita di prodotto (furti, incendi, ecc.), l’esazione di crediti, i

mutamenti (strutturali e congiunturali) nella domanda, ecc.

- Garanzia commerciale. È l’elemento fiduciario dell’impresa per la clientela. La

garanzia è sulla qualità; la garanzia industriale si dà con il marchio di fabbrica, la marca

industriale o la notorietà di provenienza (DOC, DOP, made in, ecc.), la garanzia commerciale è

data dall’impresa di intermediazione con attestazione formale di qualità (o di corrispondenza o

di mantenimento del prodotto nell’assortimento) ed oggi anche con la marca commerciale.

3) Funzioni economico-finanziarie

- Determinazione del prezzo. Un tempo era l’operatore di mercato più vicino alla

domanda della clientela finale ad avere maggior potere contrattuale nella formazione del prezzo

(massimizzazione del divario tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita), oggi con il progresso

nella comunicazione, con le maggiori dimensioni economiche delle imprese, con la più facile

mobilità degli operatori, la manovrabilità sul prezzo da parte delle imprese commerciali è

diminuita, è diminuita dunque la sua funzione speculativa (massimizzazione del divario tra

prezzo di acquisto e prezzo di vendita) ed aumentata la funzione distributivo-commerciale

(remunerata dal margine commerciale), cioè l’adeguamento del flusso dei prodotti alle necessità

del produttore e del consumatore.

- Finanziamento degli investimenti (depositi, mezzi di trasporto, ecc.), delle spese di

gestione corrente e delle spese commerciali (costi dell’immobilizzo di prodotti, cali, scarti ecc.).

Si distingue il finanziamento diretto alle imprese e il finanziamento commerciale o indiretto

(dilazioni di pagamento effettuate dai fornitori, anticipazioni dei pagamenti effettuati dalla

clientela).

4) Funzioni di comunicazione

- Informazione, dai fornitori ai clienti e viceversa; è sempre più vasta ed importante

nella complessità e vastità del mercato (globalizzazione);

- Promozione delle vendite (pubblicità, promozione vendite, vendita personale), che

interessa e coinvolge fornitori e clienti.

5) Funzioni psico-sociologiche

- Ambiente commerciale; ha azione psicologica sulla clientela la gradevolezza, il

bello, il razionale, l’adeguato ambiente del locale, del negozio, ecc;

- Rapporti umani; costituiscono punti di forza nel dettaglio tradizionale e sono in

contrapposizione alla tendenza alla spersonalizzazione dei rapporti sociali e commerciali (es.

internet);

145

- Socializzazione; nelle aree o zone commerciali al dettaglio consistono in servizi,

attività di tempo libero, culturali, ecc.

- Le funzioni richiamate non sempre sono ben definite, né sono uniche, né devono

essere sempre espletate; possono riscontrarsi a diversi livelli di commercializzazione, hanno

rilievo e intensità differenti, cambiano con le tipologie dei prodotti, con le situazioni ambientali

e di mercato, variano nel tempo e nella combinazioni.

9.2 Le forme distributive

Le funzioni di commercializzazione combinandosi danno luogo alle strutture di

commercializzazione; le attività che realizzano le funzioni di commercializzazione vengono

svolte dalle imprese commerciali, che così costituiscono le istituzioni delle strutture di

commercializzazione.

Le strutture di commercializzazione distinguono due grandi campi (o categorie) di attività

di distribuzione:

� la distribuzione al dettaglio;

� la distribuzione all’ingrosso.

- La distribuzione al dettaglio

Il dettaglio svolge le attività relative alla vendita diretta al consumatore di prodotti per

suo uso personale. Dettagliante o punto vendita al dettaglio individua una impresa commerciale (al dettaglio

o al minuto, cioè in vendita minuta di quantità) che acquista dal produttore o altra impresa

commerciale e che rivende al consumatore.

Le imprese al dettaglio possono essere classificate:

� Per tipo di impresa

1) Piccolo dettaglio

� Dettaglio indipendente

- Negozi tradizionali con vendita a banco e/o con self-service

- Minimercati (superettes)

Le funzioni più rilevanti della distribuzione al dettaglio sono: frazionamento

di prodotti omogenei, assortimento e gamma di prodotti eterogenei, deposito,

assunzione del rischio commerciale, garanzia commerciale, determinazione

del prezzo, informazione, promozione delle vendite, ambiente commerciale,

rapporti umani, socializzazione.

146

- Negozi di comodità (convenience stores o di prossimità): negozi ad assortimento � Dettaglio associato

- Gruppi di acquisto tra dettaglianti

- Unioni volontarie tra grossisti e dettaglianti

- Cooperative di consumo (aperte ai soli soci o anche al pubblico)

- Franchising (o affiliazione commerciale)

Dettaglio associato Secondo la definizione accolta nel nostro Paese, le unioni volontarie «sono costituite dall'associazione di un grossista con un certo numero di dettaglianti i quali organizzano in comune gli acquisti dei prodotti, allo scopo di realizzare la riduzione dei costi, impegnandosi inoltre a seguire una politica comune di sviluppo delle vendite e di miglioramento dei servizi resi al consumatore». I gruppi di acquisto «sono formati dall'associazione volontaria di un certo numero di commercianti (al dettaglio, ambulanti, pubblici esercizi, mercati rionali, ecc.) i quali concentrano, attraverso la società, le loro capacita di acquisto al fine di ottenere migliori condizioni di prezzi nell'approvvigionamento delle merci ed altri vantaggi». Si tratta di forme consortili che, pur mantenendo l'indipendenza dei punti di vendita, consentono agli associati di presentarsi ai fornitori con una forza contrattuale ed una organizzazione d'acquisto spesso per nulla inferiore rispetto a quelle proprie della grande distribuzione. In seguito, i gruppi d'acquisto e le unioni volontarie possono svilupparsi con una ulteriore associazione di più unioni o di più gruppi, dando così vita alle associazioni di II grado. Tali consorzi espandono la loro attività a livello nazionale e non assistono i loro soci esclusivamente nella funzione di acquisto, ma ampliano notevolmente i loro servizi. È infatti usuale la creazione di un marchio comune, una pubblicità nazionale, la fornitura di servizi di assistenza tecnica e di consulenza manageriale e finanziaria alle singole imprese. Nell'ultimo stadio dello sviluppo l'associazione di II grado può addirittura comportarsi come la singola impresa, aprendo cioè dei nuovi punti di vendita: in tale fase il consorzio non opera più come semplice organismo di supporto agli associati, ma diviene (sotto il profilo economico, non giuridico) istituzione distinta dai singoli soci ed in grado, per certi versi, di perseguire proprie finalità. Il franchising è un contratto tra un concedente (franchisor) ed un concessionario (franchisee), mediante il quale il primo accorda al se-condo il diritto di utilizzare un insieme di tecniche collaudate per lo svolgimento di un certo tipo di attività, con la sua assistenza nell'organizzazione, nell'addestramento del personale, nei problemi commerciali e nella direzione, in contropartita di determinati compensi. In pratica l'ipotesi più frequente riguarda un piccolo commerciante che, grazie a questo tipo di accordi, può beneficiare del nome di una grande azienda, dei prodotti e dei servizi che quest'ultima vende e dei suoi metodi organizzativi e commerciali. A carico del piccolo negoziante è, oltre ad un certo investimento iniziale per attrezzare il punto di vendita, un compenso in parte fisso e in parte variabile, da corrispondere al concedente. La pratica in esame ha avuto già ampia diffusione negli U.S.A.; ma ha da qualche tempo applicazioni significative in Europa, in Giappone ed altrove. È stato sottolineato che elementi essenziali affinché un rapporto di franchising possa aver successo sono: — l'esistenza di un «prodotto» o «servizio» valido e ampiamente riconosciuto; — una marca ed un'insegna dotate di vasta notorietà; — un efficace e collaudato metodo di vendita del «prodotto» o «servizio » in questione. Gli impegni del franchisee consistono: a) nell'effettuazione degli investimenti necessari per costituire il punto di vendita, secondo le indicazioni tecniche ricevute dal franchisor e nel luogo con lui concordato (questo anche allo

147

scopo di formare punti di vendita omogenei, atti ad originare una ben definita « immagine » del prodotto; si hanno anche casi nel quale l'immobile è dato in locazione dal franchisor); b) nell'accettare le direttive di gestione stabilite dal franchisor (orari di apertura, servizi resi ai clienti, stile del personale, ecc.); c) nell'accettare che l'assortimento posto in vendita sia stabilito dal franchisor, che ne è anche il fornitore totale o più impor-tante; d) nell'accettare che le vendite avvengano a prezzi prestabiliti o consigliati dal franchisor; e) il franchisee è inoltre tenuto a redigere ed a trasmettere periodicamente al franchisor una certa documentazione contabile, e se del caso deve sottoporsi a visite e controlli amministrativi. A parte ciò, il franchisee è tenuto a versare al franchisor un diritto d'entrata fisso, sia pure di dimensione assai variabile in funzione dell'attrattività del programma; ed una royalty proporzionale al giro d'affari realizzato, versata su base periodica (mensile, o trimestrale, o annuale, ecc.). Un esempio interessante di franchising è stato, nel nostro Paese, l'af-filiazione Standa, riguardante operatori commerciali che desiderano operare con impianti del tipo «grandi magazzini »; o integrare propri supermercati, superettes o negozi alimentari qualificati con l'assortimento non food. La Standa richiede all'affiliato la disponibilità di un locale di almeno 300 mq. destinato alla vendita ( oltre agli accessori) ed un'autorizzazione di vendita che consenta di operare nella maggior parte dei settori merceologici dei quali essa si occupa (abbigliamento, filato, teleria, merceria tappezzeria, calzature, pelletteria, occhiali, profumeria e cosmetica, cancelleria, giocattoli, articolo regalo, casalinghi e arredamento, dischi, ferramenta ed elettricità). Se questi requisiti sussistono, la Standa analizza le caratteristiche di ubicazione del punto di vendita proposto, stimandone la potenzialità di mercato, giungendo infine a stimare una presunta cifra d'affari e, per confronto coi costi, una possibile dimensione di risultato economico. Superata questa fase preliminare, si passa alla definizione del contratto. Questo, della durata di 9 anni, consente all'affiliato: 1) il godimento del marchio «Standa» e la presenza in esclusiva su una definita area di mercato; 2) la vendita esclusiva per il settore non food delle merci fornite dalla Standa; 3) la consulenza in fase di apertura, o di ristrutturazione, al fine di realizzare un allestimento, un lay-out ed una cartellonistica simile a quella delle filiali Standa; 4) l'addestramento del titolare o del preposto e del personale in fase di apertura, con aggiornamenti periodici; 5) l'accesso alle tecniche Standa; 6) assistenza amministrativa, legale e fiscale. In contropartita la Standa richiede : 1) una percentuale sulle merci (variabile e calcolata in modo che per l'affiliato risultino remunerativi anche gli articoli a basso ricarico); 2) il rispetto dei prezzi stabiliti dalla Standa; 3) l'adeguamento ad una comune politica di vendita; 4) il mantenimento dell'immagine Standa. L'affiliato mantiene ovviamente la proprietà del punto di vendita, e conserva — nei limiti segnalati — libertà d'iniziativa e di comportamento.

Si distinguono 3 forme:

- franchising al dettaglio, promosso dal produttore (es. Ford – concessionari);

- franchising all’ingrosso, promosso dal produttore (es. Coca Cola – imbottigliatori);

- franchising al dettaglio, promosso da una impresa di servizi (es. McDonald’s).

Fonte: L. Guatri S. Vicari, Il Marketing,Giuffrè

148

2) Grande dettaglio

� Grandi punti vendita

- Grandi magazzini a reparto (departement stores)

- Magazzini popolari (magazzini a prezzo unico) (variety stores)

- Supermercati

- Magazzini sconto (discount houses, discount departement stores)

- Maxi mercati (super stores)

- Ipermercati

- Centri commerciali (shopping centers)

- Altri (garden centers, centri di arredamento, ecc.)

� Grandi imprese

- Catene di negozi

- Cooperative di consumo a spacci multipli

- Case di vendita per corrispondenza e su catalogo

- Organizzazione di vendita automatiche

- Imprese conglomerate di tipo commerciale8

Tipologia di alcune forme distributive:

GRANDE MAGAZZINO Trattasi di un ampio esercizio al dettaglio di superficie superiore ai 400 mq., organizzato a reparti (da cui la denominazione inglese di department store). L'assortimento si caratterizza per l'offerta di un grandissimo numero di prodotti (quasi sempre oltre le 100.000 referenze) appartenenti a settori merceologici diversi ed in massima parte di consumo corrente, ad esclusione dei prodotti alimentari. I prodotti offerti, che comprendono beni di consumo durevole, shopping goods e speciality goods, sono di qualità prevalentemente medio-alta più adatti a segmenti di domanda di condizione socioeconomica superiore. I grandi magazzini sono ubicati nelle aree del centro cittadino in edifici di prestigio e sono strutturati su più piani. Tale forma distributiva si è inizialmente sviluppata in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti ed è stata introdotta in Italia dai fratelli Bocconi e dal Senatore Borletti, rispettivamente con la RINASCENTE e la STANDA. Attualmente i grandi magazzini si trovano nella fase di maturità e deten-gono, in quasi tutti i paesi industrializzati, quote di mercato esigue e in lieve ma costante diminuzione.

MAGAZZINO A PREZZO UNICO Si definisce magazzino a prezzo unico un esercizio al dettaglio operante nel comparto non alimentare, che dispone di una superficie di vendita superiore a 400 mq. e di almeno cinque distinti reparti. Spesso è presente un reparto destinato alla vendita di prodotti alimentari organizzato a libero servizio con pagamento alle casse in uscita. L'originale formula di vendita di tutti i prodotti ad un unico prezzo (dalla quale deriva il nome) non è più utilizzata essendosi trasformata in vendita tramite categorie omogenee

8 Strutture di vendita diversificate in una molteplicità di attività al dettaglio comunque in grado di utilizzare funzioni integrate di management e distribuzione.

149

di prezzi. I magazzini a prezzo unico si distinguono dai grandi magazzini per l'ubicazione in aree ed edifici meno prestigiosi e per rivolgersi ad una clientela più «popolare». La tecnica di vendita utilizzata prevede la libera scelta con pagamento al personale di reparto che svolge normalmente anche funzioni di cassa; tendenzialmente va sempre più diffondendosi, anche per i reparti non alimentari, il libero servizio integrale con pagamento alle casse in uscita. Questa forma distributiva presenta attualmente elementi di crescente obso-lescenza; all'estero, particolarmente in Gran Bretagna, si è individuata una via di rivitalizzazione nella trasformazione in discount.

SUPERMERCATO II supermercato è un esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare (autonomo o reparto di grande magazzino) organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all'uscita, che dispone di una superficie di vendita compresa fra i 400 e 2.500 mq. e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo, in massima parte preconfezionati nonché, eventualmente, di alcuni articoli non alimentari di uso domestico corrente. Il numero delle referenze varia tra le 3.000 e le 4.000; per alcuni prodotti (prevalentemente alimentari freschi) va sempre più diffondendosi l'introduzione della vendita assistita da personale specializzato. I supermercati sono generalmente ubicati nelle zone periferiche dei centri urbani, o in prossimità delle grandi arterie viarie interne, in costruzioni ad un solo piano e in aree dotate di parcheggi.

IPERMERCATO Si tratta di un esercizio di vendita al dettaglio, organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all'uscita. L'esercizio, concepito e realizzato in una struttura edilizia destinata esclusivamente ad uso commerciale, offre, su una superficie di vendita di almeno 2.500 mq., disposta su un unico piano, un vasto assortimento di prodotti alimen-tari e non alimentari. L'esercizio è ubicato generalmente in zone periferiche o extra-urbane nei pressi di arterie stradali di grande viabilità e dispone di ampie aree di parcheggio. L'assortimento consta generalmente di 20/25.000 referenze. Questa forma distributiva, ideata all'inizio degli anni '60 in Francia, dove operano attualmente oltre 500 ipermercati, è stata introdotta in Italia circa dieci anni dopo.

SUPERETTE Le superettes sono negozi con specifiche di vendita compresa fra i 200 ed i 400 mq. il cui assortimento è costituito da prodotti di largo e generale consumo, prevalentemente alimentari, venduti con la tecnica di libero servizio e, parzialmente (prodotti freschi), con il sistema della vendita assistita. Il numero delle referenze varia fra le 1.500 e le 1.700 unità. La localizzazione va dai piccoli centri urbani ai quartieri centro/periferici dei grossi agglomerati urbani. Il personale è costituito da 3 addetti in media, il che consente una conduzione di tipo familiare. L'area di attrazione della superette è quantificabile in un raggio di 500 mt. c/a da punto di vendita o in un percorso (a piedi) di circa 5/10 minuti, che conferma la caratterizzazione della superette quale punto di vendita di vicinato. La superette svolge un'importante funzione di riconversione del negozio di alimentari tradizionale nell'ambito dei processi di modernizzazione di tale comparto. DISCOUNT II termine discount non caratterizza una particolare forma distributiva, bensì una politica di prezzo aggressiva. Sono state definite alcune categorie di discount:

150

— il discount di servizio, che individua una sostanziale riduzione dei servizi commerciali offerti; — il discount di efficienza che individua un notevole aumento della forza di attrazione e quindi una maggiore concentrazione degli acquisti rispetto alla «distribuzione normale»; — il discount di qualità che riguarda una riduzione della qualità delle merci vendute.Mentre le precedenti analizzano il lato dell'offerta, se si considera la do-manda è opportuno distinguere tra: — discount congiunturale che trova realizzazione nelle fasi di recessione nelle quali il consumatore tende a ridurre l'acquisto di servizi commerciali per mantenere inalterato il consumo di beni; — discount interstiziale che si rivolge a segmenti di domanda con potere di acquisto limitato (ad esempio: disoccupati, pensionati ecc.); — e infine discount strutturale che rappresenta una componente stabile dell'offerta commerciale. Tuttavia, lo sviluppo ed il successo nel corso degli anni Sessanta di una particolare tipologia di negozio (ideato in Germania dalla catena ALDI) ha trasformato tale modello in sinonimo di forma distributiva. Il discount tipo Aldi è un esercizio al dettaglio di superficie compresa tra i 100 e gli 800 mq. il cui assortimento ristretto e poco profondo (dalle 400 alle 600 referenze) esclude i beni alimentari deperibili. Nel discount tipo Aldi viene impiegato il libero servizio integrale e quindi totalmente eliminato il servizio di assistenza del personale. I costi del personale risultano quindi particolarmente ridotti anche in ragione della flessibilità nelle mansioni svolte. La politica di prezzo particolarmente aggressiva è consentita dalla struttura dei costi, dall'arredamento spartano, dalla ristrettezza dell'assorbimento e dall’elevato tasso di rotazione delle scorte. CASH & CARRY II cash & carry è un punto di vendita all'ingrosso a libero servizio con superficie di vendita superiore ai 400 mq. La clientela, costituita da commercianti al minuto ed utilizzatori professionali provvede al pagamento in contanti ed al trasporto diretto della merce acquistata. L'assortimento è particolarmente ampio e profondo (circa 7.000 referenze in media) e può raggiungere le 30.000 referenze. II cash & carry è una innovazione di prodotto nell’ ambito del commercio all'ingrosso tesa a recuperare parte della clientela persa nell'ambito dei fenomeni di innovazione organizzative (nascita delle Unioni Volontarie). Secondo il LUGLI il cash & carry possiede degli elementi di impoverimento del prodotto (riduzione del coefficiente di servizio, costi di trasporto sostenuti dal cliente, pagamento in contanti) e degli elementi di arricchimento (maggiore ampiezza e profondità dell'assortimento, azzeramento dei tempi fra conferimento degli ordini e ricevimento della merce, possibilità di acquistare quantità limitate in una fascia orario estesa) rispetto al prodotto offerto dall'ingresso tradizionale.

� In funzione del servizio al cliente

Fonte: L. Guatri S. Vicari, Il Marketing,Giuffrè

151

CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE AL DETTAGLIO IN FUNZIONE DEL SERVIZIO AL CLIENTE Meno servizio Più servizio

Libero servizio Libera scelta Servizio limitato Servizio completo

CA

RA

TT

ER

IST

ICH

E Solo servizi

essenziali Numero ristretto

di servizi Modesta varietà di

servizi Ampia varietà di

servizi

Prezzi convenienti

Prezzi convenienti

Prodotti di largo e generale consumo

Prodotti di largo e generale consumo

Prodotti ad acquisto ponderato

Prodotti di lusso e alla moda

ES

EM

PI

Supermercati Punti vendita

discount Vendita a domicilio

Punti di vendita specializzati

Ipermercati Magazzini a prezzo unico

Grandi magazzini Grandi magazzini

Punti vendita discount

Vendita per corrispondenza

Vendita telefonica

Vendita per corrispondenza

Magazzini a prezzo unico

Vendita automatica

Schemi di classificazione dei tipi di dettaglianti

MARGINE ELEVATO LINEA DIRETTA

Bas

sa R

otaz

ione

gioielleria supermercato Alta Rotazione

P

icco

lo p

unto

di v

end

ita Negozio specializzato

Mostra d’arredamento

Gran

de pu

nto

di vend

ita

“disastro” discount Bazar Grande

magazzino

Margine basso Linea ampia

(a) Rapporto margine-rotazione

(b) Rapporto ampiezza dell’assortimento-dimensioni del

punto vendita

� Secondo le linee di prodotto vendute.

Si basa sulla natura dei prodotti, sulla loro estensione e profondità dell’assortimento.

� Secondo il ruolo determinante del prezzo

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

152

� Secondo la struttura del servizio di vendita � Secondo la localizzazione dei punti vendita

Vari criteri di classificazione dei punti di vendita al dettaglio

Linee di prodotto vendute

Ruolo determinante

del prezzo

Struttura del servizio di

vendita

Tipologia delle imprese al dettaglio

Localizzazione dei punti di

vendita

Punti di vendita specializzati

Magazzini di sconto

(discount)

Vendita postale e telefonica

Dettaglio indipendente Centro

commerciale

Grandi magazzini o magazzini

Maximagazzini e ipermercati

Vendita automatica

Catene di negozi

Centro commerciale

regionale

Supermercati

Magazzini di prossimità

Magazzini di esposizione

(showrooms) e di vendita su

catalogo

Vendite convenzionate

Gruppi di acquisto e cooperative di

dettaglianti

Centro commerciale di

comunità

Ipermercati e maxi magazzini

Cooperative di

consumo

Centro commerciale di

quartiere

Punti di vendita di servizi (agenzie di viaggio, sportelli

bancari, lavanderie, ecc.)

Organizzazioni di francising

Imprese conglomerate di tipo commerciale

I principali punti di vendita nella distribuzione alimentare secondo l’assortimento di

prodotto e secondo il livello di prezzo sono:

Prezzo

Ass

ortim

ento

di

prod

otto

Alto Medio Basso

Ristretto Negozi

tradizionali

“Box” stores

Grande Supermercati Discount

Vasto Combination

stores Ipermercati

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

153

- La distribuzione all’ingrosso

La distribuzione all’ingrosso svolge le attività relative alla vendita ai dettaglianti o ad

altre imprese intermediarie commerciali, ad imprese di produzione, alle collettività, ad enti,

istituti ecc.

Grossista o commerciante grossista individua una impresa commerciale (all’ingrosso,

cioè con transazioni di vendita di dimensioni consistenti), che acquista dal produttore o altra

impresa intermediaria per rivendere a imprese commerciali al dettaglio ed altri.

Le funzioni più rilevanti della distribuzione all’ingrosso sono: raggruppamento o

frazionamento di prodotti omogenei, assortimento e gamma o separazioni di prodotti eterogenei,

deposito, collegamento e intermediazione commerciale, finanziamento, trasposto, assunzione

del rischio, informazione di mercato, consulenza e servizi di management.

Le funzioni più rilevanti della distribuzione all’ingrosso sono:

- vendita e promozione o collegamento e intermediazione commerciale, i grossisti aiutano

i produttori a raggiungere molti piccoli clienti a costi contenuti. Il grossista intrattiene più

contatti e spesso gode di maggiore fiducia dell’acquirente in quanto è più vicino rispetto al

produttore;

- raggruppamento o frazionamento di prodotti omogenei, i grossisti offrono ai clienti la

possibilità di risparmiare acquistando le merci in grande quantità, successivamente divise in lotti

di dimensioni più contenute;

- assortimento e gamma o separazioni di prodotti eterogenei, i grossisti possono

selezionare gli articoli e creare gli assortimenti necessari ai clienti, sollevando i consumatori da

un compito oneroso;

- deposito, i grossisti si occupano della gestione delle scorte, riducendo i costi di

giacenza e i rischi rispetto ai produttori;

- finanziamento, i grossisti finanziano sia i propri clienti, facendo loro credito

all’acquisto della merce, sia i fornitori, ordinando la merce in anticipo e pagando a consegna

avvenuta;

- trasposto, un grossista può offrire tempi di consegna più brevi in quanto risulta più

vicino rispetto ai produttori;

- assunzione del rischio, i grossisti si assumono il rischio in quanto acquisiscono il titolo

di proprietà per le merci trattate e si assumono quindi gli eventuali costi di furto, danno,

smarrimento e obsolescenza della merce;

- informazione di mercato, i grossisti procurano informazioni a fornitori e clienti sulla

concorrenza, sui nuovi prodotti e sull’andamento dei prezzi;

154

- consulenza e servizi di management, i grossisti spesso offrono assistenza ai dettaglianti

per quanto riguarda la formazione degli addetti alle vendite, lo stoccaggio delle merci e

l’esposizione nei punti vendita e, infine, l’adozione di sistemi di contabilità e controllo delle

scorte.

L’impresa commerciale all’ingrosso riduce il numero dei rapporti di scambio fra

produttore e dettagliante, come si evince dal seguente prospetto.

L’impresa commerciale all’ingrosso tradizionale attraversa un periodo di crisi di

imprenditorialità (ma non di funzioni, che si trasformano ed ammodernano: assistenza e

consulenza, garanzia commerciale, informazione, promozione delle vendite, ecc.) determinata:

dal lato dell’offerta, dalle maggiori dimensioni economiche delle imprese industriali ed agricole

e dalla loro organizzazione d’impresa che gradualmente passa dall’orientamento al prodotto,

all’orientamento alla vendita, al mercato, al marketing; dal lato della domanda, dalle maggiori

dimensioni economiche delle imprese commerciali al dettaglio, dalle più agevoli possibilità di

rapporti commerciali con le imprese di produzione in conseguenza dello sviluppo delle

comunicazioni e della mobilità degli operatori economici ai diversi livelli di

commercializzazione, dalla crisi delle imprese commerciali al dettaglio tradizionale.

Il commercio all’ingrosso pertanto attraversa una fase di rivitalizzazione con funzioni

nuove e con l’assunzione delle funzioni del grossista da parte del produttore o del dettagliante o

con l’assunzione delle funzioni del produttore o del dettagliante da parte del grossista.

Le condizioni fra la specializzazione funzionale dell’impresa grossista e l’integrazione

funzionale dell’impresa da monte a valle dipendono dalle situazioni di mercato e delle economie

realizzabili dalle imprese nella filiera.

18 transazioni 9 transazioni

155

Prima Dopo Oppure Ancora Inoltre Infine

Produttore P P (P) P P P

� �

Grossista G (G) G (G) G (G)

Dettagliante D D D D (D) (D)

Consumatore C C C C C C

Le imprese all’ingrosso possono classificarsi per tipologia in:

- Imprese grossiste indipendenti: acquisiscono il titolo di proprietà dei prodotti e

possono essere distinte secondo le tipologie merceologiche. Si distinguono: a) imprese grossiste a servizio completo (svolgono tutte le funzioni proprie

dell’ingrosso), si suddividono in:

• grossisti di beni di consumo (vendono ai dettaglianti), trattano una vasta gamma di

linee di prodotto (ingrosso despecializzato) o una o due linee di prodotto con rilevante

profondità di assortimento (ingrosso specializzato per settore), o specifici prodotti (ingrosso

specializzato per prodotto);

• distributori industriali, che trattano prodotti per imprese manifatturiere.

b) imprese grossiste a servizio limitato (svolgono alcune delle funzioni proprie

dell’ingrosso), si suddividono in:

• libero servizio all’ingrosso (cash and carry wholesale) trattano un numero ridotto di

prodotti standardizzati, ma ad alta vendibilità, con vendita ai dettaglianti;

• ingrosso con consegna al punto vendita (per merci deperibili: latte, carni, pane, ecc.),

sono attrezzate con parco automezzi;

• distributori di ordini (deop shipper), raccoglie ordini dai clienti e li trasmette ai

produttori assumendo il titolo di proprietà dei prodotti ed i rischi connessi;

• ingrosso senza deposito (rack jobber), nel campo non alimentare, rifornisce gli scaffali

dei dettaglianti e fattura i prodotti dopo la loro vendita;

• cooperative di produzione, fra imprese agricole che commercializzano;

• ingrosso per corrispondenza, vendono su catalogo ai dettaglianti, alle istituzioni ecc.

(prodotti della gastronomia, cosmetici, gioielli, ecc.)

156

- Broker ed agenti: non assumono il titolo di proprietà dei prodotti e svolgono solo

alcune delle funzioni dell’ingrosso, la loro funzione principale è di facilitare le operazioni di

compravendita, con compenso della commissione percentuale sul prezzo di vendita. Sono

specializzati per linea di prodotto o per clientela servita. a) broker: assiste venditori ed acquirenti sulla negoziazione; il compenso è a carico di chi

ne richiede il servizio. Non sostiene onere, né assume rischi. Sono presenti nei settori

alimentari, assicurativo, finanziario, immobiliare,ecc. b) agenti: rappresentano il venditore o l’acquirente e si distinguono in: • agenti del produttore (rappresentanti), rappresenta uno o più produttori di linee di

prodotti complementari. Le aree di attività possono essere: le politiche di prezzo, le procedure di

inoltro degli ordini, i servizi e le garanzie dei clienti. Sono rappresentanti generali quelli che

hanno l’incarico di vendere l’intera produzione dell’impresa;

• agenti di acquisto (buyer), organizzano gli acquisti di prodotti artigianali o di piccole

imprese di settori specifici, generalmente per conto di imprese estere della grande distribuzione;

• commissionari, acquisiscono il possesso fisico dei prodotti, ma non la proprietà, e

procedono alla negoziazione delle vendite. I settori di operatività sono quelli connessi

all’agricoltura.

- Operazioni all’ingrosso delle imprese manifatturiere e del dettaglio. Questa forma di

commercio all’ingrosso è svolta direttamente dalle imprese industriali e dai dettaglianti. Si

distinguono due tipi di modalità operative:

a) filiali ed uffici vendita da parte delle imprese industriali;

b) uffici acquisti da parte delle imprese al dettaglio.

- Imprese grossiste varie. Sono forme particolari: a) distributori di prodotti petroliferi;

b) case d’asta (tabacco, bestiame ed altri numerosi prodotti fra cui anche alcuni prodotti

agricoli: vino)

c) grossisti di prodotti agricoli, raccolgono i prodotti presso le aziende agricole e

rivendono all’industria alimentare, alle catene di supermercati, alle istituzioni pubbliche ecc.

9.3 La distribuzione fisica (o logistica di marketing)

La distribuzione fisica comprende le funzioni di pianificazione, gestione e controllo del

movimento dei prodotti dai punti della produzione ai punti dell’impiego ed ha l’obiettivo di

mettere a disposizione i prodotti giusti nel posto giusto, al tempo giusto ed al minor costo

possibile, al fine di soddisfare con profitto le esigenze dei consumatori.

157

Nella gestione della distribuzione fisica le attività svolte comprendono: l’evasione degli

ordini di acquisto da parte del cliente, il magazzinaggio delle merci destinate alla vendita

(località di deposito), il livello delle scorte per consentire l’evasione immediata delle richieste

della clientela, il trasporto (la scelta dei vettori influenza il prezzo dei prodotti, i tempi di

consegna e lo stato dei prodotti).

Ogni possibile sistema di distribuzione fisica implica un costo totale così calcolabile:

Principali attività di distribuzione fisica

D= costo totale della distribuzione fisica; T= costo del trasporto; FM= costo fisso totale del magazzino; VM= costo variabile totale di magazzino, incluse le scorte; S= costo totale delle mancate vendite in relazione al tempo medio di consegna.

SVMFMTD +++=

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

158

9.4 I canali di distribuzione (o di marketing)

Nel sistema distributivo operano numerose figure di intermediari commerciali che

svolgono numerose funzioni; esse possono così essere distinte:

- Commercianti, sono i grossisti ed i dettaglianti che assumono nell’acquisto e vendita il

diritto di proprietà sul prodotto;

- Intermediari, sono i mediatori, i rappresentanti, gli agenti di vendita, buyer che

negoziano la compravendita del prodotto per conto dei produttori o degli acquirenti, ma non

acquisiscono il diritto di proprietà del prodotto;

- Ausiliari, sono tutte le altre figure come imprese di trasporti, magazzini di deposito,

banche, agenzie pubblicitarie, ecc. che contribuiscono allo svolgersi della distribuzione, ma non

acquisiscono alcun diritto di proprietà sul prodotto, né interagiscono nella negoziazione di

compravendita dello stesso. La maggior parte dei produttori per vendere i propri prodotti sul mercato al consumo si

servono degli intermediari commerciali; questi costituiscono un canale di distribuzione o

commerciale o di marketing.

Il canale di distribuzione, secondo la definizione di Bucklin9, è costituito da un insieme di

istituzioni che svolgono il complesso di attività (funzioni) necessarie per trasferire un prodotto

ed il relativo titolo di proprietà dal produttore al consumatore.

Per canale o circuito di distribuzione si può intendere anche il percorso – riferito ai

passaggi di proprietà del prodotto – seguito da un prodotto nel trasferimento dal produttore al

consumatore.

Le funzioni dei canale di distribuzione o di marketing sono:

• ricerca: raccolta d’informazione al fine di pianificare e facilitare lo scambio;

• promozione: realizzazione e diffusione di messaggi persuasivi sull’offerta;

• contatto: comunicazione con i potenziali acquirenti;

• adattamento commerciale del prodotto (alle richieste degli acquirenti): comprende le

attività di produzione, selezione, assemblaggio ed imballaggio del prodotto;

• negoziazione: formazione del prezzo e accordo su altri aspetti contrattuali;

• distribuzione fisica: trasporto e deposito dei prodotti;

• finanziamento: risorse finanziarie necessarie per sostenere i costi;

• rischio: assunzione del rischio nello svolgimento delle attività.

9 Louis P. Bucklin, A Theory of Distribution Channel Structure, Istitute of Business and Economic Research University of California, Berkeley 1966.

159

Le prime 5 funzioni consentono lo svolgimento delle transazioni, le ultime 3 né

determinano la conclusione.

I principali tipi o stadi di canale sono:

- Canale diretto: produttore – consumatore. Si riscontra nella distribuzione di beni

strumentali, mentre assume peso modesto nella distribuzione dei beni di consumo.

Si effettua da parte del produttore

• con negozi propri;

• con vendita a domicilio;

• con vendita su catalogo (o opuscoli o depliants);

• con macchine distributrici automatiche;

• con accordo di collaborazione (Joint-venture).

- Canale corto o breve: fra produttore e consumatore si interpone come intermediario il

dettagliante.

- Canale lungo: fra produttore e consumatore si interpongono due o più intermediari

commerciali.

Esempi dei diversi stadi nel canale

Canale diretto (P-C)

Produttore

Consumatore

Canale con uno stadio intermedio (P-D-C)

Produttore

Dettagliante

Consumatore

Canale a due stadi (P-G-D-C)

Produttore Grossista

Dettagliante

Consumatore

Canale a tre stadi (P-G-A-D-C)

Produttore Grossista Agente Dettagliante

Consumatore

Nel canale si distinguono diverse tipologie di flussi:

• flusso fisico, riguarda il movimento fisico dei prodotti;

• flusso di titolo, riguarda i passaggi di proprietà;

• flusso di pagamenti, riguarda i passaggi dei pagamenti;

• flusso di informazioni, riguarda la trasmissione delle informazioni;

• flusso promozionale, riguarda le varie forme di comunicazione.

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

160

I canali di distribuzione sono percorsi dinamici e recentemente sono sorti nuovi sistemi,

per cui né deriva la distinzione fra:

- Canale distribuzione convenzionale, dove produttore, grossista, dettagliante sono

operatori (o imprese) indipendenti (o insieme separato di attività) con lo scopo di massimizzare

i propri profitti; nessun componente del canale ha il controllo sostanziale sugli altri;

- Sistema verticale di marketing, costituito da produttore, uno o più grossisti, uno o più

dettaglianti che agiscono in modo unificato; uno di essi ottiene la cooperazione degli altri

membri mediante l’acquisizione del controllo, l’affiliazione o altre manifestazioni di gestione

del mercato. Tale sistema ha origine dalla necessità di controllare il canale di distribuzione e di

eliminare il conflitto fra gli operatori economici che pur avendo il medesimo obiettivo generale,

operano indipendentemente per il raggiungimento di obiettivi aziendali propri. Questo sistema

realizza economie di scala in relazione alla dimensione realizzata, ai maggiori poteri contrattuali

acquisiti, alla eliminazione di duplicazione di servizi.

Si riscontrano i seguenti tipi di sistema verticale di marketing: o aziendale, riunisce nella stessa impresa (proprietà) lo stadio produttivo e

distributivo;

Cinque diversi flussi nel canale di marketing dei carrelli trasportatori

Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI

161

o amministrativo, considera gli stadi della produzione e distribuzione attraverso la

dimensione ed il potere di una delle parti (marca dominante) che si assicura la cooperazione

commerciale dei rivenditori;

o contrattuale, imprese indipendenti di produzione e distribuzione integrano i loro

programmi con contratti al fine di realizzare maggiori economie e maggiori vendite. Tra questi

sistemi si hanno: le unioni volontarie (aggregazioni di dettaglianti promosse da grossisti), gruppi

di acquisto (cooperative) fra dettaglianti, organizzazioni di franchising (o affiliazione). I sistemi verticali di marketing costituiscono la nuova concorrenza, che non si svolge più

fra singole imprese, ma fra interi sistemi centralmente programmati per conseguire elevate

economie di costo ed una maggiore risposta del consumatore.

Altri aspetti evolutivi nei canali di distribuzione sono rappresentati dalle combinazioni di

due o più imprese per sfruttare le opportunità emergenti, con accordi temporanei o permanenti

(es. le joint venture), o dalla distribuzione multicanale per raggiungere lo stesso o differenti

mercati (es. i conglomerati commerciali).

La scelta del canale (politica di canale) comporta l’analisi: • delle caratteristiche del prodotto (deperibilità, valore unitario, grado di necessità,

voluminosità, ecc.);

• della struttura della produzione (dimensioni delle imprese concorrenti, grado di

concentrazione dell’industria, localizzazione della produzione, ampiezza delle gamme

qualitative e della produzione, ecc.);

• delle caratteristiche degli intermediari (agenti, rappresentanti, ecc.) al fine di motivarli

(con incentivi) e valutare il loro impegno e frequenza;

• delle caratteristiche della clientela (numerosità), abitudini di acquisto, concentrazione,

ecc.);

• della struttura del commercio al dettaglio (numero e tipologia dei negozi che vendono

il prodotto, dalle dimensioni delle imprese di dettaglio, ubicazione dei punti vendita rispetto alla

produzione ed ai consumatori, ecc.);

• delle caratteristiche ambientali (condizioni economiche, leggi e norme, piani

urbanistici e commerciali, ecc.).

e la determinazione degli obiettivi:

- determinazione volumi di vendita;

- stabilità delle quote di mercato;

162

- massimizzazione della differenza tra prezzi di vendita e costi unitari complessivi dei

prodotti;

- contenimento dei rischi e degli investimenti. Il volume di vendita di un prodotto è legato al grado di penetrazione e al grado di

copertura nei negozi al dettaglio.

Il grado di penetrazione di un prodotto esprime il rapporto tra le vendite effettuate alla

clientela servita (negozi serviti) e gli acquisti totali di quest’ultima per il prodotto.

Il grado di copertura ponderata della clientela (negozi) esprime il rapporto tra gli acquisti

totali del prodotto da parte della clientela servita (negozi serviti) e le vendite totali del prodotto

nel settore (negozi totali).

La penetrazione esprime dunque la quota di mercato dell’impresa per un prodotto (o

gruppo di prodotti), considerando il mercato costituito dai clienti serviti (negozi serviti).

La copertura ponderata esprime dunque la quota di vendite potenziali che la clientela

servita (negozi serviti) rappresenta sulle vendite totali del prodotto (o gruppo di prodotti)

(negozi totali).

La quota di mercato esprime il peso delle vendite dell’azienda di un prodotto (o gruppo

di prodotti) sulle vendite totali, cioè:

Vt

VAQM = dove

poiché ACS

VAGP= dove

e Vt

ACSGC= dove

la QM può esprimersi come:

VtACS

ACSVA

QM ⋅=

QM= quota di mercato dell’azienda VA= vendite dell’azienda Vt= vendite totali del mercato (o dimensione del mercato)

GP= grado di penetrazione dell’azienda (nei negozi serviti) ACS= acquisti totali della clientela servita (negozi serviti)

GC= grado di copertura ponderata della clientela (negozi serviti sui negozi totali)

cioè la quota di mercato dell’azienda è il risultato della

moltiplicazione del grado di penetrazione del prodotto

per il grado di copertura della clientela.

163

oppure La copertura ponderata della clientela si può scomporre:

802016 ⋅=

100

0202

ACS

VA ==

125

10080

Vt

ACS ==

125

2016=

208016 ⋅=

100

0808

ACS

VA ==

500

10002

Vt

ACS ==

500

8016=

=⋅

⋅==

NVt

N

nACS

n

Vt

ACSGC

Vt

N

n

ACS

N

nGC ⋅⋅=

Esempio:

%16QM = ; 20%ACS

VA = e 0%8Vt

ACS = oppure 80%ACS

VA = e 20%Vt

ACS = .

dove: n = numero di clienti serviti (negozi serviti); N = numero di clienti totali (negozi totali);

n

ACS

= acquisto medio della clientela servita (per negozio servito);

N

Vt

= acquisto medio della clientela totale (per negozio totale);

svolgendo

dove:

N

n = grado di copertura della clientela (negozi serviti su negozi totali);

n

ACS = peso medio (o acquisto medio) della propria clientela;

Vt

N = grado di dispersione della clientela totale (o potenziale) (totale negozi), cioè

numerosità della clientela totale (negozi totali) in rapporto alla dimensione del mercato;

164

N

n e

n

ACS sono l’effetto (delle scelte) della politica distributiva dell’impresa;

Vt

N non è controllabile dall’impresa, riguarda l’ambiente esterno e dunque è un vincolo.

L’indice (o grado) di concentrazione delle vendite rispetto alla clientela indica la

percentuale delle vendite effettuata dalla percentuale delle imprese. Serve per la scelta dei

clienti (negozi) da servire in modo tale da aumentare il grado di copertura: se n aumenta, perché

aumenti nACS deve aumentare anche ACS, per conseguenza l’aumento può avvenire se i

negozi di nuova acquisizione hanno un indice di concentrazione delle vendite elevato.

Le politiche della distribuzione pertanto riguardano la scelta di aumentare il grado di

penetrazione, cioè le vendite medie per negozio servito, aumentando la fedeltà dei dettaglianti,

oppure aumentare il grado di copertura acquisendo altri negozi da servire, scelti fra quelli che

permettono aumenti nelle vendite del prodotto, o ancora contemporaneamente aumentare il

grado di penetrazione ed il grado di copertura al fine di ottenere l’aumento della quota di

mercato.

La stabilità ed il controllo della quota di mercato dipendono dalle scelte sulla rete

distributiva (intermediari o una propria rete di vendita) ed in contemporanea sugli altri strumenti

di marketing, in specie sulla pubblicità.

La massimizzazione dei divari fra prezzi di vendita e costi richiede il calcolo della

convenienza dei diversi canali fondandosi su: i prezzi medi del canale, i costi variabili per

canale, i costi fissi per canale, i costi non imputabili secondo il seguente schema:

Indice di concentrazione % cumulativa dei

negozi % cumulativa delle vendite

10 33 20 51 30 65 40 75 50 84 60 89 70 93 80 97 90 99 100 100

165

Si sceglierà il canale con il maggiore margine netto. Il contenimento degli investimenti e dei rischi deve tenere conto dei costi relativi a:

immobilizzazioni tecniche (per formazione di filiali, depositi, uffici periferici, potenziamento

uffici centrali, potenziamento delle attrezzature, ecc.), scorte di prodotti finiti (per formazione di

scorte centrali e periferiche, per fronteggiare le punte stagionali, ecc.), crediti concessi alla

clientela (pagamenti differiti), beni immateriali (costi per la ricerca, per l’addestramento dei

venditori, per la pubblicità alla marca, ecc.).

Si sceglierà il canale con costi di investimento e rischi più bassi.

Nella scelta dei canali però c’è una stretta relazione tra lunghezza del canale e dimensioni

aziendali: le maggiori dimensioni aziendali favoriscono l’adozione di canali corti.

Canale 1 Canale 2

Ricavo lordo P1 P2

Sconti vari S1 S2

Ricavo netto Pn1 Pn2

Provvigioni a1 a2

Promozioni b1 b2

Costi variabili di scorta c1 c2

Costi del trasporto d1 d2

Altri costi di vendita e1 e2

Costi variabili di canale Cv1 Cv2

1° margine di contribuzione 111 CvPnM I −= 222 CvPnM I −=

Costi di magazzini periferici f1 f2

Costi di pubblicità al canale g1 g2

Ammortamento attrezzature di vendita h1 h2

Costi fissi di canale Cf1 Cf2

2° margine di contribuzione 1111CfCvPnM II −−=

2222 CfCvPnM II −−=

Costi della sede di controllo i Costi del personale annuo di vendita l Costi del magazzino centrale m Ammortamento attrezzature di trasporto n Costi comuni del personale di vendita o Costi comuni di vendita Cc

Margine netto CcCfCvPnMn −−−= 1111 CcCfCvPnM n −−−= 2222

CONTO ECONOMICO RELATIVO AI CANALI

166

L’impresa definito il suo mercato obiettivo ed il posizionamento del prodotto e scelto il

canale dovrà identificare i vari tipi di sbocchi (o sub-canali) o alternative di canale.

L’alternativa di canale è definita da tre elementi:

- Tipi di intermediari

- Numero di intermediari

- Responsabilità dei membri partecipanti al canale

Tipi di intermediari, cioè identificazione dei tipi di intermediari disponibili a svolgere il

ruolo nel canale (es. forza vendita dell’impresa, agenti esclusivi e non esclusivi, rivenditori,

distributori, vendite per corrispondenza, ecc.).

Numero degli intermediari, riguarda le decisioni sul numero di intermediari da utilizzare

ad ogni stadio del canale distributivo. Le strategie sono tre:

• Distribuzione intensiva, basata sul mantenere costantemente rifornito il maggior

numero di punti vendita;

• Distribuzione esclusiva, basata su un numero di venditori che detiene i diritti di

distribuzione dei prodotti dell’impresa in diverse zone. Rafforza l’immagine del prodotto e

permette alti ricavi di ricarichi;

• Distribuzione selettiva, basata sull’impiego di più intermediari commerciali ma in

numero inferiore a quelli disposti a trattare il prodotto. Riesce a dare una buona copertura di

mercato, ma con costi inferiori alla distribuzione intensiva.

Responsabilità dei membri del canale, cioè determinare le condizioni operative e le

responsabilità dei vari componenti del canale: politiche di prezzo (listino e sconti), condizioni di

vendita (termini di pagamento e garanzia), diritti di zona (per l’esclusiva di vendita), specifici

servizi da svolgere (assistenza, promozionale amministrativa, formazione, ecc.).

La valutazione delle alternative di canale va fatta sulla base di criteri economici, poiché

ogni alternativa produrrà un differente livello di vendite e di costi, come mostrato dal grafico

seguente:

167

Il punto A è il punto di indifferenza: se le vendite sono inferiori ad A è conveniente

impiegare la rete di agenti, se superiori ad A la forza vendita dell’impresa.

168

10 PROMOZIONE E PUBBLICITÀ.

10.1 Comunicazione

Comunicazione è attività di informazione e persuasione che l’impresa rivolge ai

consumatori per fargli intravvedere l’entità dell’acquisto di un prodotto e la rispondenza alle sue

esigenze (o far conoscere l’esistenza del prodotto e le sue prerogative ai potenziali acquirenti).

L’informazione deve avere particolare riferimento a:

� prodotto: caratteristiche, composizione, consumo, aspetti nutrizionali ed organolettici;

� rapporto qualità-prezzo;

� tecniche di produzione, conservazione, trasporto;

� finalità del prodotto nell’alimentazione.

L’informazione orienta il consumatore nelle scelte che deve operare quotidianamente

nell’alimentazione; tali scelte, in una economia di abbondanza, non riguardano tanto la necessità

di soddisfare i bisogni fisiologici elementari, quanto il desiderio di soddisfare i bisogni più

complessi e sofisticati. I consumatori per conseguenza sono più selettivi nelle loro scelte, per

cui per le imprese diventa fondamentale informarli per orientare le loro scelte.

L’impresa con la (politica di) comunicazione stimola e spinge i consumatori verso il

prodotto pubblicizzato (o reso noto, divulgato con l’informazione).

Nell’ambiente economico attuale e moderno l’impresa si trova a gestire un sistema di

comunicazione di marketing complesso; infatti: la comunicazione deve essere rivolta agli

intermediari, ai consumatori, ai diversi tipi di pubblico (soggetti istituzionali e non). Gli

intermediari comunicano con i consumatori e con i diversi tipi di pubblico. I consumatori

sviluppano una fitta rete di comunicazioni orali ed informali fra loro e con altri gruppi. Ogni

gruppo a sua volta fornisce comunicazioni a tutti gli altri (passa parola).

L’impresa con la (politica di) comunicazione ha come obiettivo principale generale

l’incremento delle vendite sul mercato e come obiettivi collaterali o specifici: la ricerca di nuovi

segmenti di mercato, la crescita della domanda attuale, il recupero di parte della domanda

potenziale, il rafforzamento dell’immagine di una marca e di un prodotto, la conoscenza degli

elementi qualitativi del prodotto, la presentazione di un nuovo prodotto, il supporto nel lancio di

un nuovo prodotto, ecc.

La base della politica di comunicazione è la ricerca di marketing (dati, notizie, decisioni)

su: tipo di prodotto, situazione del mercato, concorrenza presente, comportamento del

169

consumatore, realtà aziendale, prodotto oggetto di comunicazione, destinatari del messaggio,

tipo di messaggio comunicativo, ecc.

Obiettivo della comunicazione è la conoscenza del consumatore sul prodotto e la sua

immagine e sull’impresa e la sua immagine, e dunque la determinazione del posizionamento del

prodotto sul mercato e del consumatore che deve raggiungere ed in quale modo raggiungerlo.

Gli obiettivi della comunicazione devono essere chiari, materialmente raggiungibili,

definiti nel tempo, nello spazio, nello specifico contenuto, affinché si possano individuare

metodi, strumenti, percorsi di comunicazione; in altre parole si tratta di individuare gli obiettivi

(affidabilità, qualità, prezzo) del prodotto, le vie distributive, i mezzi di comunicazione.

Le componenti fondamentali della comunicazione di marketing (communication mix, o

mix della comunicazione, o mix promozionale) sono:

• Pubblicità: qualsiasi forma di presentazione e promozione (comunicazione di un

messaggio) non personale attraverso i media di un prodotto, un servizio,

un’organizzazione, un’idea, con lo scopo di promuovere le vendite e di creare

l’immagine dell’impresa e del prodotto.

• Promozione delle vendite: Attività e tecniche volte ad incentivare nel breve periodo

gli acquisti o le vendite di prodotti e servizi.

• Pubbliche relazioni: attività finalizzate a ottenere una propaganda favorevole, creare

un’immagine positiva dell’impresa e gestire o sviare voci, storie ed eventi

sfavorevoli al fine di instaurare rapporti positivi con i vari tipi di pubblico

dell’impresa.

• Vendita (forza vendita) personale (personal selling): azione di vendita, costituita

dalla presentazione orale da parte di agenti o rappresentanti ad uno o più acquirenti

potenziali di un prodotto o servizio.

170

Strumenti promozionali: alcuni esempi.

Pubblicità Promozione vendite

Pubbliche Relazioni

Vendita personale

Marketing diretto

Annunci stampa e radiotelevisivi Elementi esterni della confezione Elementi interni della confezione Pubblicità postale Cataloghi Film pubblicitari Riviste aziendali Opuscoli e pieghevoli Manifesti e locandine Annuari Riproduzione di manifesti pubblicitari Affissioni stradali Materiale espositivo Audiovisivi Simboli e immagini

Concorsi a premi, lotterie, gare di vendita Offerte e vendite speciali Campioni gratuiti Fiere, mostre ed esposizioni Dimostrazioni Buoni sconto Buoni premio Liquidazioni Agevolazioni di pagamento Sopravvalutazione dell’usato Raccolta di punti e figurine Spettacoli

Rassegne stampa Conferenze Seminari e convegni Relazioni di bilancio Contributi per opere assistenziali e di pubblico interesse Propaganda

Presentazioni di vendita Riunioni e convegni di vendita Telemarketing Programmi di incentivi Campionari ed altro materiale per i venditori

Cataloghi Contatti telefonici Chioschi informativi Siti web Posta elettronica

Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI.

Il cambiamento delle comunicazioni di marketing è da imputare innanzitutto al fatto che,

con la frammentazione dei mercati di massa, gli operatori di marketing si stanno allontanando

dal marketing di massa e sempre più spesso sviluppano programmi di marketing focalizzati, allo

scopo di instaurare rapporti più profondi con una clientela che rientra in micro mercati più

specifici. In secondo luogo, i grandi progressi delle tecnologie dell’informazione accelerano la

tendenza al marketing segmentato. In questo nuovo ambiente di comunicazione le imprese

171

devono reimpostare il ruolo dei singoli media e strumenti del mix promozionale, ponendo

attenzione ad integrare bene i vari canali di comunicazione al fine di evitare un disordine

comunicativo che si riversa sul consumatore e che rischia di essere controproducente per

l’impresa stessa. Può succedere che la pubblicità diffusa dai mass media comunichi un

messaggio, la campagna di prezzi un altro e il materiale promozionale e di supporto alla vendita

e l’etichetta un altro ancora.

Il problema è che queste comunicazioni spesso vengono da fonti diverse all’interno

dell’impresa. Per superare questo problema, oggi molte imprese adottano il concetto di

comunicazione integrata di marketing (CIM) in base al quale ci si dedica a un’attenta

integrazione e coordinazione dei numerosi canali di comunicazione allo scopo di trasmettere un

messaggio chiaro, coerente e convincente sulla propria organizzazione e le relative marche. La

CIM genera maggiore coerenza comunicativa e incide maggiormente sulle vendite; il compito

viene affidato ad un unico responsabile che agisce con lo scopo di sviluppare una strategia di

comunicazione globale per l’azienda.

Mix di strumenti promozionali integrati

Messaggi coerenti, chiari e

convincenti sull’impresa e i

suoi prodotti

Elementi del processo di comunicazione:

� Fondamentali:

- comunicatore (o fonte, o emittente), chi emette il messaggio;

- ricevente (o audience, o destinatario), chi riceve il messaggio.

172

� Strumenti:

- messaggio, insieme di simboli ed informazioni che il comunicatore

trasmette;

- mezzo (o media), individua i mezzi di comunicazione di massa (canali di

comunicazione), attraverso i quali il messaggio viene diffuso.

� Funzioni:

- codifica, trasformazione del pensiero, dell’idea in forma simbolica (simboli)

in messaggio da parte del comunicatore;

- decodifica, trasformazione del messaggio o simboli in significati da parte

del ricevente;

- risposta, la reazione del ricevente dopo aver ricevuto e decodificato i

simboli o il messaggio;

- retroazione (o feedback), è la risposta del ricevente al comunicatore .

� Sistema (o ambiente):

- rumore, distorsioni che si verificano nel processo di comunicazione, per cui

al ricevente può arrivare persino un messaggio diverso da quello inviato dal

comunicatore.

- (Oggi, ogni persona è sottoposta a circa 1500 annunci pubblicitari al giorno,

oltre a dover dare attenzione ad altri aspetti della vita, per cui è facile che il

messaggio non arrivi se non espresso e comunicato nel modo corretto).

Il messaggio, perché sia efficace ad attirare l’attenzione, nell’ambiente di distrazione in

cui vive il ricevitore, deve rispettare le condizioni di:

- comprensione, deve essere chiaro e semplice;

- identificazione, identificare esattamente il prodotto;

- interesse,per attirare l’attenzione del consumatore verso il prodotto, anche se non ancora

verso il suo acquisto;

- suggestività, deve avere significati simbolici per provocare nel consumatore

predisposizione verso il consumo e poi verso l’acquisto;

- ripetitività, deve essere possibile la ripetizione più volte.

La composizione del mix (pubblicità, promozione delle vendite, propaganda e vendita

personale) della comunicazione deve tener conto o è condizionata da:

173

- i fondi disponibili: le risorse finanziarie disponibili comportano attività diverse in

relazione al loro ammontare (dipendono sotto certi versi dalla dimensione d’impresa).

- natura del mercato: ampiezza geografica, tipo di clienti (consumatori finali,

intermediari, industria), concentrazione del mercato (o numerosità degli acquirenti), ecc.

comportano attività di comunicazione diverse.

- natura del prodotto: la tipologia di prodotto (convenience goods, shopping goods e

speciality goods) richiedono attività di comunicazione diverse.

- stadio del ciclo di vita del prodotto: vedere scheda sui rapporti tra politica della

comunicazione e ciclo di vita del prodotto.

Fasi dello sviluppo del programma di comunicazione :

- Identificazione dei destinatari (pubblico obiettivo, audience): il contenuto, il modo, il

momento, il luogo, lo strumento della comunicazione variano in relazione ai soggetti destinatari

(audience: acquirenti potenziali, utilizzatori e consumatori attuali, decisori e influenti

dell’acquisto, costituiti da individui, gruppi, pubblico particolare, pubblico di massa).

- Determinazione degli obiettivi della comunicazione: determinare la risposta che ci si

aspetta dal pubblico obiettivo, che alla fine consiste nell’acquisto del prodotto.

- Definizione del messaggio: il messaggio deve concentrarsi sui plus competitive del

prodotto e dunque deve essere tale da attirare l’Attenzione, mantenere Interesse, sollecitare

Desiderio, indurre all’Azione (modello AIDA) il consumatore. La formulazione del messaggio

comporta: � cosa dire (contenuto del messaggio) all’audience obiettivo cioè l’idea, il richiamo,

l’appeal, il tema;

� come esprimerlo (cioè struttura del messaggio) in modo logico cioè l’argomentazione;

� come confermarlo a livello simbolico (formato del messaggio): titolo, testo,

illustrazioni, colore, formato, dimensione, movimento;

� chi dovrebbe dirlo (fonte del messaggio), cioè personaggi che abbiano competenza,

attendibilità, simpatia, ecc.

- Scelta dei canali di comunicazione: vi sono due tipologie:

174

• canali personali, con due o più persone che comunicano fra loro direttamente: faccia a

faccia (anche con il pubblico), per via telefonica, a mezzo televisione, per corrispondenza,

con personale di vendita (canale di parte), con esperti (canale degli esperti), con soggetti

sociali (vicini, amici, colleghi, familiari) (canale sociale, con influenza orale);

• canali non personali, senza alcun contatto personale, con mezzi che trasmettono i messaggi:

mass media (mezzi di massa): stampa (quotidiani, riviste, direct mail), mezzi elettronici

(televisione, radio), mezzi espositivi (cartelloni stradali, insegne, manifesti) rivolti ad un

pubblico ampio e non differenziato; o mezzi selettivi rivolti a pubblico specialistico o

selezionato.

- Definizione dello stanziamento promozionale totale: come somma da spendere in

totale o come percentuale sulle vendite o in altro modo in funzione degli obiettivi da conseguire

(fare concorrenza, quota di mercato da acquisire, percentuale dei soggetti da raggiungere, ecc.)

- Definizione del mix promozionale: suddivisione dell’investimento totale fra i 4

strumenti principali (pubblicità, promozione vendite, propaganda, forza vendita o vendita

personale) tenendo conto della tipologia del mercato (es. mercato al consumo), della strategia di

vendita (di impulso o di attrazione), della disponibilità dell’acquirente, dello stadio del ciclo di

vita del prodotto.

- Misurazione dei risultati della promozione, cioè dell’impatto sul pubblico obiettivo

(con indagini ed inchieste).

- Gestione e coordinamento del processo di comunicazione di marketing, cioè i

messaggi vanno lanciati in contemporanea con la disponibilità del prodotto sul mercato,

altrimenti sono inutili o scarsamente remunerativi o addirittura negativi per perdita di

credibilità.

175

Scheda sui rapporti tra politica della comunicazione e ciclo di vita del prodotto.

Situazione del mercato Politica della comunicazione

Fase di introduzione

I clienti non si rendono ancora conto di desiderare il prodotto e non sanno quali benefici ne potranno trarre

Informare ed educare i potenziali clienti. Comunicare loro che il prodotto esiste, in che modo può essere usato e quali tipi di esigenze può soddisfare. In questo stadio il venditore deve tendere a stimolare la domanda primaria (cioè la domanda per quel particolare tipo di prodotto) e non ancora la domanda selettiva (cioè la domanda per una particolare marca del prodotto). Normalmente è necessario puntare molto sulla vendita personale; anche la partecipazione a mostre o fiere rappresenta una componente importante del mix della comunicazione perché consente di entrare in contatto con un gran numero di potenziali compratori senza dover compiere uno sforzo personale di vendita nei confronti di ognuno di essi. I produttori rivolgono notevoli sforzi di vendita personale anche nei confronti degli intermediari commerciali, per indurli a tenere il prodotto in assortimento.

Fase di crescita

I consumatori sono consapevoli dei benefici che possono trarre dal prodotto. Il prodotto vende bene ed i distributori lo vogliono avere in assortimento.

Stimolare una domanda selettiva (di marca). Aumentare l’importanza data alla pubblicità nel mix. I distributori partecipano al raggiungimento degli obiettivi promozionali dell’azienda, spesso dividendo anche i costi con il produttore.

Fase di maturità

La concorrenza aumenta e le vendite tendono a stabilizzarsi

La pubblicità non viene più usata solo come strumento di informazione, ma soprattutto come strumento di persuasione. La concorrenza molto intensa costringe le imprese a investire grosse somme di denaro in pubblicità, e ciò contribuisce a far diminuire sensibilmente i profitti.

Fase di declino delle vendite

Le vendite ed i profitti diminuiscono. Prodotti nuovi e migliorati vengono introdotti sul mercato e sostituiscono gli articoli precedenti.

L’intero sforzo di comunicazione deve essere considerevolmente ridimensionato, a meno che questo non venga finalizzato ad una rivitalizzazione e ad un rilancio del prodotto.

Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino

176

10.2 Pubblicità e vendita personale

La vendita personale (tramite dipendenti o agenti) e la pubblicità (tramite l’impiego di

mezzi di comunicazione di massa) sono due tra i principali mezzi per trasmettere comunicazioni

persuasive ai clienti ed ai diversi tipi di pubblico obiettivo.

La vendita personale (personal selling) realizza una comunicazione di tipo personale ed

individuale, concentrata sulla clientela attuale e potenziale.

La pubblicità consiste in forme non personali di comunicazione, si avvale di mezzi di

massa a pagamento, è rivolta in modo generale al mercato nel suo insieme ed è patrocinata da

un soggetto ben individuato. Altrimenti detto è la divulgazione di un messaggio che richiami

l’attenzione dei consumatori su un determinato prodotto attraverso l’uso dei media.

L’uno o l’altro mezzo di comunicazione, o entrambi, dipendono da diversi fattori

d’influenza.

Fattori d’influenza dell’impiego della vendita con personale o della pubblicità

Fattori di influenza Vendita con personale Pubblicità

Mezzi finanziari dell’impresa limitati elevati Ampiezza geografica del mercato limitata elevata Numero clienti pochi molti Prevalenti motivazioni all’acquisto del prodotto razionali emotive Valore unitario prodotto elevato basso Possibilità di differenziazione del prodotto limitata elevata Servizio assistenza pre e post vendita essenziale non essenziale Tipo di prodotto specifico standardizzato

Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino

Le imprese che fanno ricorso maggiormente alla pubblicità sono quelle che operano su

mercati vasti di beni di consumo (alimentari e non alimentari) e che impiegano la politica di

marca.

Tipi di pubblicità in funzione degli obiettivi da raggiungere:

1. Pubblicità istituzionale: per lo sviluppo dell’immagine dell’impresa nel lungo periodo,

senza promuovere in via immediata e diretta la vendita del prodotto.

177

2. Pubblicità al prodotto: per informare e stimolare il mercato al fine di favorire le

vendite del prodotto.

3. Pubblicità di marca: per sostenere una marca nel lungo periodo (Coca Cola).

4. Pubblicità classificata: per la diffusione di informazioni su una particolare offerta di

vendita (Frette, fiera del bianco).

5. Pubblicità di saldo: per l’annuncio di una vendita a saldo.

6. Pubblicità dei produttori: per sviluppare la domanda dei loro prodotti (birra).

7. Pubblicità dei distributori: per sviluppare le vendite dei negozi o gli acquisti nel

negozio, indipendentemente dai prodotti e dalle marche.

Tipi di pubblicità in funzione dei destinatari o del tipo di mercato obiettivo:

1. Pubblicità al consumatore.

2. Pubblicità al distributore.

3. Pubblicità all’utilizzatore industriale.

Pubblicità, Campagna pubblicitaria (o programma pubblicitario) consiste in una serie

coordinata di sforzi promozionali (insieme delle operazioni attuate dall’impresa) volta al

raggiungimento di un obiettivo specifico nell’ambito dell’attività di comunicazione

dell’impresa. Le fasi sono:

1. Determinazione degli obiettivi della pubblicità che può essere in funzione della

specificità:

� pubblicità informativa, quando si deve creare una domanda primaria;

� pubblicità persuasiva, quando la concorrenza è vivace e occorre creare una

domanda selettiva;

� pubblicità comparativa, quando si deve affermare la superiorità di una marca su

altre concorrenti;

� pubblicità di ricordo, per ricordare nella fase di maturità del ciclo di vita il

prodotto al mercato.

178

Obiettivi della pubblicità

Informare

Portare a conoscenza del mercato un nuovo prodotto

Descrivere i servizi disponibili

Suggerire nuovi usi per un prodotto

Correggere impressioni errate

Informare il mercato di una variazione di prezzo

Ridurre le ansie dei consumatori

Spiegare come funziona il prodotto

Sviluppare l’immagine di un’impresa

Persuadere

Creare la preferenza di marca

Persuadere il consumatore all’acquisto immediato

Incoraggiare il cambiamento di marca

Predisporre il consumatore all’acquisto immediato

Modificare la percezione dei consumatori su determinate caratteristiche del prodotto (rispetto ad altri)

Ricordare

Ricordare al consumatore che può aver bisogno del prodotto nell’immediato futuro

Mantenere vivo il ricordo fuori stagione

Ricordare dove è possibile acquistarlo

Mantenere la consapevolezza del prodotto al massimo livello di intensità

Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI.

2. Stanziamento pubblicitario, cioè stabilire l’investimento pubblicitario correlato agli

obiettivi di vendita previsti.

3. Definizione e valutazione del messaggio, sulla base della desiderabilità, della esclusività,

della credibilità, della distinzione del prodotto.

4. Selezione dei mezzi pubblicitari, sulla base del

� grado di copertura o di penetrazione: numero di persone o famiglie esposte

all’annuncio in un certo periodo di tempo;

� grado di frequenza: numero medio di volte in cui una persona o famiglia è esposta al

messaggio in un certo periodo di tempo;

� grado di impatto o di ricezione: valore qualitativo della accettazione dell’intervento

da parte del consumatore (per i prodotti alimentari è l’appetizing appeal, grado di

apprezzamento culinario o gustativo);

� grado di diffusione: misura la rapidità, la costanza, la profondità dell’annuncio;

� grado di ripetizione: il messaggio ripetuto ha maggiore presa e induce più facilmente

alla convinzione rispetto al messaggio fatto una sola volta.

179

I mezzi di comunicazione

La scelta dei mezzi di comunicazione è in stretta relazione con gli obiettivi da

raggiungere e deve essere fatta in funzione del prodotto (politica di prezzo, di prodotto,

commerciale), del segmento di mercato (tipo di segmento, livello di reddito, potenzialità di

consumo), del consumatore (motivazioni e scelte di consumo di un determinato prodotto). La scelta dei mezzi di comunicazione condiziona il livello dell’investimento

pubblicitario, cioè il rapporto costo-contatto medio (cioè il costo che l’impresa sostiene per

contattare ogni singolo cliente o consumatore: se il conto è 1000 ed i clienti sono 100, il costo

per contatto è 10). • I mezzi pubblicitari sono:

- stampa: uno dei mezzi più efficaci per raggiungere il maggiore numero possibile di

consumatori e per dare notizie di richiamo sulla qualità di un prodotto o sul suo prezzo;

- televisione, radio, cinema: sono mezzi che inviano il messaggio pubblicitario al

consumatore in un momento di distrazione;

- pubblicità esterna, affissioni murali e manifesti: sono molto flessibili, se affidati a

mezzi di trasporto, in zone geografiche di specifico interesse;

- catalogo: elemento di presentazione dell’azienda e della sua produzione.

Scheda sulle caratteristiche dei principali mezzi pubblicitari I giornali quotidiani. Come strumento pubblicitario sono flessibili e tempestivi. Gli annunci possono essere inseriti per alcuni giorni o in una sola edizione. I quotidiani possono essere usati per coprire una città o una provincia, assicurando una intensa copertura del mercato, visto che la loro lettura è in genere molto diffusa. Quando si tratta di un giornale locale o dell'edizione locale di un quotidiano nazionale, è possibile anche adattare l'annuncio pubblicitario alle condizioni socio-economiche della zona alla quale il messaggio e destinato. I costi di diffusione del messaggio sono bassi in relazione al numero di potenziali acquirenti che vengono raggiunti. D'altro lato, però, la “vita” di un annuncio pubblicato su un quotidiano è decisamente molto breve. Le riviste ed i periodici. Sono un eccellente mezzo pubblicitario quando si desidera che la stampa dell'annuncio sia qualitativamente valida ed è importante che siano evidenziati i colori. Le riviste ed i periodici si prestano a coprire il mercato nazionale ad un costo assai contenuto in relazione al numero di potenziali compratori contattati. Quando vengono poi utilizzate riviste specializzate o settoriali, chi fa la pubblicità ha la possibilità di raggiungere un gruppo di lettori selezionato con una minima dispersione degli sforzi pubblicitari. Le riviste ed i periodici presentano la caratteristica di essere in genere letti durante il tempo libero, al contrario dei quotidiani, che vengono sovente sfogliati in fretta. Questa caratteristica è di particolare rilievo per chi vuole fare pubblicità usando dei messaggi la cui lettura richiede un certo periodo di tempo. Fra le caratteristiche meno favorevoli delle riviste e dei periodici possiamo ricordare la loro scarsa flessibilità e il fatto che i messaggi in essi pubblicati raggiungono il mercato in maniera discontinua, rispetto ad altri mezzi pubblicitari. L'invio di materiale per posta. Fra tutti i mezzi pubblicitari, l'invio di materiale per posta (direct mail) è probabilmente il più personale e selettivo. Visto che in questo caso si raggiunge solo il

180

segmento di popolazione (target group) potenzialmente interessato al prodotto o servizio reclamizzato, si riduce al minimo la dispersione e la perdita di risorse di comunicazione. Il costo per ogni potenziale acquirente contattato è relativamente più elevato rispetto ad altri tipi di mezzi pubblicitari, si deve tener conto però che con il direct mail i costi “sciupati” risultano mediamente inferiori. Un grosso limite alla possibilità di utilizzare il mezzo pubblicitario postale è rappresentato dalla capacità di predisporre e mantenere aggiornata una valida lista di nominativi e di indirizzi di potenziali acquirenti. Vi è pure il rischio che il materiale pubblicitario spedito per posta venga considerato dal destinatario come “posta di scarto” e non sia dunque nemmeno preso in considerazione. La radio. La radio sta sperimentando oggi una fase di rinascita come mezzo culturale e pubblicitario. Quando fu introdotta la televisione negli anni Sessanta, la radio ebbe un periodo di grave declino e molti avevano previsto una sua imminente fine. Oggi invece l'interesse per la radio è decisamente in ascesa e lo dimostra, tra l'altro, il numero molto cospicuo di emittenti locali sorte in questi ultimi anni. Come mezzo pubblicitario, la radio presenta il vantaggio fondamentale di avere un costo assai contenuto; con la radio è possibile raggiungere tutto il mercato ed inoltre, inserendo gli annunci nel contesto di programmi di tipo particolare, è possibile rivolgersi in maniera efficace anche a segmenti di mercato molto specifici. D'altro lato, la radio può trasmettere solo suoni, per cui diventa un mezzo pubblicitario inutile quando è necessario l’impatto visivo di un certo messaggio. Inoltre, la vita utile di un annuncio pubblicitario radiofonico è estremamente breve; ancora, l’attenzione che gli ascoltatori prestano a ciò che la radio dice è sovente piuttosto modesta, specie quando la radio viene utilizzata per creare un sottofondo in un ambiente di lavoro, di studio, o dove si compie qualche altro tipo di attività. La televisione. Tra i principali mezzi pubblicitari, la televisione è quello che si è sviluppato più rapidamente e che risulta maggiormente versatile. Gli appelli pubblicitari diffusi dalla televisione si prestano sia ad essere visti che ad essere ascoltati, per cui i prodotti possono insieme essere mostrati ed illustrati. Il recente forte sviluppo delle televisioni private e locali ha esteso enormemente l'impiego di questo mezzo, in considerazione soprattutto del loro maggiore livello di flessibilità (in termini di mercato geografico coperto, di tempi di diffusione e di costi) rispetto alla televisione pubblica nazionale. Le reti televisive a diffusione locale hanno così consentito l'accesso a questo mezzo di tutta una serie di nuovi utenti (piccole e medie imprese industriali, grossisti, dettaglianti, ecc.) ed hanno allargato il suo impiego da parte di utenti tradizionali per azioni pubblicitarie più articolate e territorialmente circoscritte. D’altro lato, la televisione è un mezzo pubblicitario estremamente costoso. Esso non consente di diffondere messaggi particolarmente lunghi od elaborati e non è in grado di mostrare i colori in maniera altrettanto efficace di quanto accade per gli annunci stampati sulle riviste o sui periodici. Affissioni. Si tratta di strumenti pubblicitari molto flessibili e di basso costo. Essendo in grado virtualmente di raggiungere l'intera popolazione, questo tipo di strumento ben si adatta ai prodotti di largo consumo, che per essere pubblicizzati non hanno bisogno di annunci particolarmente elaborati o sofisticati. È uno strumento eccellente da utilizzare per la pubblicità che tende a “ricordare” ai consumatori l’esistenza di un prodotto, e può fare affidamento sull’impatto che deriva dal colore e dalle grandi dimensioni del cartellone o del manifesto. La flessibilità è notevole, sia per quanto concerne la copertura geografica del mercato, sia per quanto si riferisce all'intensità di copertura del mercato di una determinata area. Comunque, a meno che non si tratti di reclamizzare un prodotto molto noto e di largo consumo, questo mezzo comporta di solito una notevole dispersione degli sforzi. Anche se il costo per raggiungere un singolo potenziale acquirente (costo contatto) è modesto, il costo complessivo di una campagna pubblicitaria svolta con questo strumento è piuttosto rilevante. Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino

181

PROFILO DEI PRINCIPALI MEZZI

Mezzo (1)

Volume in

miliardi di $

(1980) (2)

% (1980)

(3)

Esempi di costi (1981)

(4)

Vantaggi (5)

Limiti (6)

Quotidiani

15,6

28,5

$ 11,728 per una pagina del Chicago Tribune, in un giorno infrasettimanale.

Flessibilità; tempestività; buona copertura del mercato locale; vasto consenso; alta credibilità.

Vita brevissima; scarsa qualità della riproduzione; basso numero di lettori per copia.

Televisione

11,3 20,7 $ 2.000 per 30 secondi di trasmissione nelle ore di punta a Chicago.

Unisce aspetti visivi, sonori e di movimento; piacevole ai sensi; elevato livello di attenzione e di copertura.

Costo assoluto molto elevato; eccessiva concentrazione di messaggi; esposizione transitoria; scarsa selettività dell’audience.

Direct mail 7,7 14,0 $ 1.190 per i nomi e gli indirizzi di 34.000 veterinari.

Selettività dell’audience; flessibilità; assenza di concor-renza nello stesso mezzo.

Costo relativamente elevato; immagine di “circolare inviata per posta”

Radio 3,7 6,7 $ 400 per un minuto di trasmissione nelle ore di punta a Chicago.

Uso di massa; alta selettività geografica e demografica; costi contenuti.

Presentazione esclusivamente audio; minore capacità di attirare l’attenzione rispetto alla TV; strutture tariffarie non standardizzate; esposizione transitoria.

Riviste 3,2 5,9 $ 57.780 per una pagina a quattro colonne su Newsweek.

Alta selettività geogra-fica e demografica; credibilità e prestigio; elevato livello qualita-tivo delle riproduzioni; vita lunga; discreto nu-mero di lettori per copia.

Elevato anticipo per l’acquisto dello spazio; un certo spreco nella diffusione; nessuna garanzia per la posizione del messaggio nella rivista.

Pubblicità esterna

0,6 1,1 $ 8.000 per l'affitto di un cartellone in una strada centrale di Chicago per un mese.

Flessibilità; alto grado di ripetizione dell’esposizione; bassi costi; scarsa concorrenza.

Nessuna flessibilità di selezionare l’audience; limiti alla creatività del messaggio.

Altri mezzi 12,6 23,1 --- ---

---

TOTALI $ 54,7 100,0 Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI.

182

• Direct marketing (o marketing diretto, o pubblicità diretta) è una tecnica di

comunicazione (mezzo pubblicitario) molto usata dalle imprese di beni alimentari di largo

consumo. E’ un messaggio pubblicitario personalizzato diretto al consumatore già acquisito o

potenziale con determinate caratteristiche (target group: età, sesso, reddito, istruzione, ecc.),

localizzato (regione, città, quartiere), concreto. Gli strumenti o i mezzi (media) della pubblicità

diretta sono:

� mailing o pubblicità epistolare (invio per posta di messaggi pubblicitari:

materiali, brochure)

� telemarketing, contatto telefonico con i potenziali consumatori

� pubblicità e vendita porta a porta

� depliant illustrativo (distribuzione di opuscoli illustrati)

� annuncio pubblicitario (attraverso giornali o periodici)

• Sponsorizzazioni: attività indirizzate in prevalenza al sostegno di iniziative e

manifestazioni sportive (la televisione è lo strumento più importante perché da visibilità al

marchio dello sponsor)

• La pubblicità sul punto vendita, comprende le azioni pubblicitarie svolte sul punto

vendita e rivolte al consumatore ed al negoziante per ottenere cooperazione. I messaggi possono

essere sonori, visivi (cartelli, immagini) o pubblicitari (slogan); i mezzi sono locandine,

pannelli, cartelli, insegne luminose, mobili sospesi, display (schermo televisivo o bacheca

pubblicitaria o un’inserzione stampa in posizione di evidenza; le azioni sono: ascolto di

messaggi sonori, distribuzione di materiale pubblicitario, ecc.).

Valutazione dell’efficacia della pubblicità, consiste nella verifica della recettività del

messaggio (se e come raggiunge il destinatario: conoscenza, comprensione, preferenza), del

grado di efficacia commerciale (penetrazione nel segmento di mercato e incremento delle

vendite), del grado di accettabilità (effetto psicologico relativo alla credibilità del prodotto e del

messaggio, alla sua capacità di convinzione per la predisposizione verso il prodotto), ecc.

La campagna pubblicitaria per l’impresa alimentare è essenzialmente un mezzo per

raggiungere nel breve e nel lungo termine i seguenti obiettivi: far conoscere e lanciare un

prodotto, influire sulle abitudini del consumatore, aumentare le vendite ed accelerare la

rotazione degli stock, rafforzare il prestigio di una marca, rilanciare il prodotto in determinati

periodi, rinforzare la collaborazione con la forza vendita e con tutto il sistema distributivo, ecc.

La campagna pubblicitaria per avere successo, oltre che studiata e programmata,

comporta il coordinamento nello spazio e nel tempo di tutti gli aspetti che il messaggio deve

raggiungere: il prodotto, il consumatore, la forza vendita, i canali distributivi, gli argomenti da

trattare, gli obiettivi da raggiungere, le esigenze, i limiti e le norme da rispettare.

183

Proposta per una campagna pubblicitaria per un prodotto da forno (panettone) A. Mercato 1. Mercato totale: si stima ammonti a circa 30 milioni di kg per circa 240 miliardi di vecchie lire (prezzo medio fra le vendite ai consumatori, a ditte o enti), abbia un incremento di circa 2-3% annuo, abbia circa 250 produttori. 2. Consumi: presentano una stagionalità fortissima (concentrazione massima nei giorni immediatamente precedenti il Natale), una diffusione molto alta (80 delle famiglie lo consumano), una leggera prevalenza dei consumatori al nord e al centro, nei comuni grandi, una struttura d'acquisto anomala in quanto 2/5 del totale è acquistato dal privato per consumare, 1/5 del totale acquistato dal privato per regalare, 2/5 del totale è acquistato dalle aziende per i dipendenti. 3. Distribuzione: si stima, nel periodo natalizio, di circa 150/200 mila punti di vendita. 4. Formati: vanno dal 1/2 kg, 1 kg, a 1,5 kg. 5. Prezzo: quello medio al consumo per kg è di circa Lit. 8.000. B. Prodotto 1. Aspetto merceologico: il panettone è una pasta lievitata a fermentazione naturale particolarmente soffice; gli ingredienti del panettone sono: farina di frumento, uva sultanina, burro, zucchero, tuorlo d'uovo, frutta candita; il panettone Miramare ha un elevato standard qualitativo. 2. Immagine del panettone: è più di simbolo, di consumo rituale che di prodotto alimentare, ne discende come conseguenza una forte importanza della marca come garante della tradizione. 3. Immagine del panettone Miramare: è strettamente legata all'immagine della società per cui la caratterizza e ne viene caratterizzata; la società è vista come azienda che da sicurezza, fiducia, serietà, prestigio; il panettone Miramare è visto positivamente dalle classi di età media che ricordano il loro vecchio Natale, mentre per i giovani che tendono a disconoscere il significato del rituale natalizio il panettone va perdendo significato. C. Obiettivi e strategia di marketing 1. Obiettivo generale di marketing: consiste nel sostenere e incremen-tare la quota di mercato del panettone Miramare in un mercato alquanto statico, nonostante l'aumento di prezzo e i tentativi della concorrenza. 2. Strategia di marketing: prevedere di sollecitare l'acquisto per consumo diretto, l'acquisto per regalo, battendo la concorrenza delle altre marche che operano con prezzi più vantaggiosi. D. Ruolo della pubblicità 1. Pubblicità: deve contribuire a esaltare il differenziale di immagine del prodotto rispetto alle altre marche allo scopo di rendere il panet-tone Miramare non fungibile anche a parità di prezzo nominale, a superare l'ostacolo della diversità di prezzo reale, a diversificare la posizione del prodotto Miramare rispetto alla concorrenza offrendo sul piano pubblicitario dei precisi plus. E. Risultati della ricerca Le informazioni ottenute hanno costituito la premessa per un lavoro di ricerca di tipo squisitamente creativo. Il primo dato raggiunto è stato l'assoluta identificazione fra panettone e Natale. Cioè si è verificato che il panettone non vive al di fuori del contesto natalizio e che quindi alimentarmente parlando è pressoché impossibile trovarne occasioni di consumo che non siano il periodo natalizio stesso. Ciò sottolinea il valore ampiamente simbolico del prodotto. A questo punto il problema si sposta dal panettone al Natale: con la logica conseguenza che se si fosse riusciti a riscoprire il Natale si sarebbe trovato il modo adatto di proporre il panettone. Parlando della riscoperta del Natale ci si riferisce fondamentalmente alla ricerca delle esigenze psicologiche individuali che il Natale soddisfa: evidentemente l'analisi di queste esigenze

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permette di poter scindere gli aspetti formali della festività (e cioè che possono modificarsi) da quelli sostanziali (che evidentemente rispondono a esigenze fondamentali e che sono immutabili). Ne scaturisce la convinzione che la novità del Natale da proporre consista nel ritrovamento della sua essenza che, appartenendo alla sfera intima e profonda dell'individuo, soddisfa istanze sempre attuali. L'aspetto religioso-liturgico del Natale risulta fare parte degli aspetti formali della festività. Si è deciso di prendere in esame il problema del Natale seguendo lo schema dell’analisi psicologica di fondo e si è ricostruito l'approccio iniziale dell’individuo con il Natale: si è cioè partiti dall'analisi del comportamento infantile. Ricostruendo la dinamica che del Natale si vive nell'infanzia: il bambino vive una situazione altamente gratificante, nella quale prende coscienza o viene riassicurato della sua appartenenza al gruppo familiare, e nella quale ha la misura della benevolenza del gruppo nei suoi riguardi. Tale dinamica è risultata ampiamente convalidata dall’esame delle dichiarazioni delle persone intervistate, e quindi ha portato a trovare in questa esigenza che vorremmo definire oltre che psicologica anche umana. Il Natale può essere definito come il momento riassicurativo dell'individuo della propria accettazione da parte del gruppo e nel quale si ha la misura della benevolenza del gruppo nei propri riguardi. A luce di questi fatti è evidente che la parte del Natale che perde valore è legata alla perdita di valore a priori di alcuni elementi che lo compongono: per esempio il Natale familiare è in crisi nella misura in cui è crisi un certo tipo di struttura familiare. Quindi finisce il valore del Natale come momento celebrativo di una società chiusa di tipo autoritario-paternalistico ma resta il valore del Natale come momento celebrativo individuale, collegato al contesto più riassicurativo possibile di gruppo. Il momento collettivo della celebrazione non può mancare comunque; la mancanza di tale momento contrasta con l'essenza della festa, contrasta cioè con una istanza fondamentale di sicurezza dalla quale l'individuo non può prescindere. In questo contesto il panettone si pone come simbolo non ancora alternativo della celebrazione collettiva: non vi è senso per il prodotto in sé (anche se non vanno sottovalutate le caratteristiche gratificanti del dolce), ma per la simbologia premiante: è proprio da ciò che il prodotto può trarre la sua validità e la sua vitalità. F. Piattaforma creativa 1. I prodotti della ricerca sono stati basilari, essi hanno fornito la piattaforma concettuale da cui partire per la fase creativa. È stato possibile riscontrare quanto sia forte e vivo il filo che lega Miramare al consumatore attraverso il binomio panettone-Natale. Per cui, è ben vero che il briefing Miramare è tendenzialmente quello di dissociare l'immagine Miramare dal prodotto e dall'istituto natalizio che perde sempre più significato, nel quadro di un rilancio globale dell'immagine d'azienda in direzioni nuove. Questo rilancio deve iniziare proprio dal Natale e dal panettone attraverso due diverse possibilità: o arrivare alla proposta di un Natale nuovo, soprattutto in senso formale che costituisca un modello di riferimento per tutti i consumatori che sentono maggiormente la perdita di significato del rituale natalizio di oggi, oppure arrivare ancora più in fondo, e stimolare in questi stessi consumatori proprio l'esigenza stessa del Natale. In altre parole: o prospettare un Natale di moda, che si allinei e continui il Natale consumistico in un nuovo tentativo di surrogare il Natale patriarca- religioso che ha perso il suo significato oggi, oppure fare leva direttamente sulle necessità psicologiche che portano alla celebrazione di questa festa. 2. Esame della prima possibilità: individuazione di un modello natalizio in grado di interpretare le esigenze di fondo dei consumatori. Se Natale risponde al bisogno dell'individuo di sentirsi riassicurato all'interno del suo gruppo; se è il gruppo chiuso, la famiglia patriarcale, che vanno trasformandosi e fanno sentire vuota e fredda la corrispondente interpretazione del Natale è ovvia la ricerca di un modello nuovo di riferimento come un Natale legato a un gruppo al pieno del suo valore. Quindi un gruppo non già imposto dalla struttura della vecchia famiglia ma liberamente scelto e recuperato. Un gruppo che partendo anche dalla famiglia stessa si apra e si allarghi fino a comprendere gli amici accettati attorno al tavolo di Natale e al suo simbolo. Il Natale non più come festa da subire stancamente quasi fosse un

185

dovere ma da liberamente organizzare: cioè liberamente costruire attorno al panettone, come un gioco, un gioco bello e aperto. Per questo la prima proposta creativa non vuole tanto proporre un nuovo Natale come il Natale di gruppo. Ma vuole evidenziare proprio la meccanica di costruzione del gruppo stesso. Esiste un gioco vero, il puzzle, ed è questo gioco il vero motivo della campagna i quanto riesce a drammatizzare attraverso la progressività della costruzione il libero graduale organizzarsi della festa come Natale aperto attorno al panettone. 3. Esame della seconda possibilità: stimolare nei destinatari del messaggio il bisogno psicologico profondo del Natale. I destinatari naturalmente restano ancora quelli che sentono di più il peso del Natale religioso-patriarcale e l'amarezza dell'inutile surrogato del Natale consumistico. I consumatori cioè che più lamentano il Natale perduto e si aspettano il Natale più bello, quello che gli adulti ricordano o raccontano di aver vissuto da bambini: il Natale nel quale si proietta tutto ciò che si vorrebbe che il Natale fosse o fosse stato. Parlare del profondo del Natale è evidentemente parlare dei momenti di approccio al Natale stesso, parlare del Natale dell'infanzia perché gli stimoli psicologici ai quali il Natale risponde sono di tipo infantile-regressivo. In pratica questa seconda campagna consiste nella ricerca di tutti i temi più tipici del Natale dell'infanzia così come può utilizzarlo in privato l'adulto di oggi. G. Scelta decisionale II messaggio del nuovo Natale Miramare ha bisogno di spazio per non finire confuso nella massa. E lo spazio glielo darà una giusta scelta dei tempi. La Miramare deve riprodurre, far ritrovare il Natale perduto a cominciare subito quando l'autunno è finito, proprio quando il Natale non è ancora nell'aria ma è già nei conti del ragazzo che aspetta il regalo, dello scolaro che aspetta le vacanze, di tutti quelli che sentono il peso del lungo inverno. Bisogna che quando gli altri Natali esplodono nei loro soliti modi, il Natale Miramare abbia già avuto la possibilità di decollare, cogliendo di sorpresa, non solo la concorrenza, quanto piuttosto il consumatore stesso. Al decollo di questo Natale Miramare un mezzo è indispensabile oltre a quelli di massa: sono i negozi che la Miramare ha nei punti chiave di città grandi e medie. In sincronia con i mezzi di massa questi negozi devono trasformarsi nei centri di diffusione del nuovo Natale: là dove il Natale diventa cosa concreta, da toccare. La proposta è nuova e clamorosa proprio nella rinuncia a proporre nuovi Natali e nel recupero del Natale così com'è dentro di noi: bello, valido, caldo, immutabile. Non si tratta di inventare un nuovo modello di Natale, ma perfezionare il linguaggio per arrivare al nuovo posizionamento del panettone Miramare simbolo di Natale. Questo atteggiamento della Miramare di totale dedizione alla festa è cioè totale partecipazione dell'azienda alle emozioni dei suoi consumatori potrebbe essere la filosofia della nuova immagine di azienda: un'azienda disposta a muoversi con nuovi prodotti e con nuovi approcci sui prodotti esistenti, per vivere tutte le stagioni emotive dei suoi consumatori.

10.3 Promozione delle vendite e propaganda

Promozione delle vendite è l’insieme dei mezzi e delle tecniche messe in atto per

migliorare la comunicazione del prodotto sul mercato, per penetrare nuovi segmenti di mercato,

per creare nuovi sbocchi, per fare conoscere un prodotto o l’impresa, per mobilitare la forza

vendita, il trade (intermediari commerciali), il consumatore, per aumentare le vendite, per

raggiungere maggiore redditività (incremento della produzione conseguente all’incremento

delle vendite).

Le promozioni di vendita hanno avuto grande sviluppo, in particolare nelle iniziative

rivolte ai consumatori, perché l’impresa le considera sempre più strumenti di vendita a tutti gli

effetti (fattori interni), perché aumentano le marche presenti sul mercato, per le situazioni di

Fonte: A. Foglio. Il marketing Agroalimentare; mercato e strategie di commercializzazione. FrancoAngeli

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inflazione e di recessione, per il continuo lievitare dei costi della pubblicità, per le restrizioni

normative e legislative, ecc. (fattori esterni).

La promozione viene considerato uno strumento volto a superare la fedeltà delle marche

concorrenti, mentre la pubblicità mira ad aumentare la fedeltà alla propria marca.

Il mix ottimale di efficacia si ha quando promozione delle vendite e pubblicità sono

utilizzate contemporaneamente.

Le promozioni hanno obiettivi a breve termine rispetto alla pubblicità e consistono

essenzialmente nell’incremento delle vendite.

La campagna di promozione delle vendite prevede diverse fasi:

1. Definizione degli obiettivi promozionali, derivano dagli obiettivi più generali della

comunicazione, che a loro volta sono collegati agli obiettivi generali di marketing. Variano in

funzione del mercato obiettivo individuato:

a. consumatore, obiettivi: utilizzo maggiore del prodotto, acquisto di confezioni di

grande formato o multipack (confezioni di più pacchi del prodotto), invito alla

prova per chi non l’ha mai provato o che acquista prodotti di marche concorrenti;

b. dettagliante, obiettivi: trattare nuovi prodotti o maggiori quantità del prodotto

abituale, aumentare gli acquisti fuori stagione e le giacenze dei prodotti, contrastare

le iniziative promozionali di prodotti concorrenti, acquistare fedeltà, entrare in

nuovi punti vendita;

c. forza vendita, obiettivi: aumentare il supporto ad un nuovo prodotto o una sua

nuova versione, incoraggiare il primo acquisto, stimolare le vendite fuori stagione.

Possono essere usati sotto diversi aspetti:

• obiettivi aziendali: volumi di vendita e quote di mercato maggiori, difendersi o

ostacolare la concorrenza, ottenere maggiore redditività, eliminare o ridurre gli

stock eccessivi, ecc.

• obiettivi di mercato: aumentare il consumo del prodotto, introdurre nuovi

prodotti, recuperare segmenti di mercato, ecc.

• obiettivi di distribuzione: supportare la forza vendita, diffondere la

distribuzione, coprire maggiormente il mercato, migliorare l’immagine

dell’impresa e la marca, essere presenti in più vendite, aumentare la rotazione

degli stock nei punti vendita, ecc.

2. Selezione degli strumenti, si distinguono in relazione ai mercati obiettivi:

187

a. promozione verso il consumatore: campioni per prova gratuita (mezzo costoso,

ma efficace), buoni sconto (diritto di sconto sul prezzo) prima o dopo l’acquisto,

confezioni speciali (o offerte scontate): confezioni a prezzo ridotto (2x1, 3x2) o

confezioni unite (2 prodotti diversi, fra loro connessi: dentifricio e spazzolino),

omaggi (anche diversi dal prodotto) offerti a prezzo ridotto o gratuiti, bollini

premio (o punti regalo) per ottenere articoli da scegliere o specificati, concorsi

all’acquisto, giochi, lotterie, esposizione e dimostrazione sul punto vendita,

iniziative benefiche, ecc;

b. promozione verso i rivenditori: sconti all’atto dell’acquisto in alcuni periodi,

confezioni gratuite, sconti in merci, contributi in pubblicità, in materiale

promozionale, premi di vendita, concorsi di vendita, viaggi, ecc;

c. promozioni verso la forza vendita: gratifiche e premi, concorsi e gare di vendita,

viaggi, ecc.

3. Realizzazione e controllo del programma promozionale, richiede decisioni su:

a. misura dell’incentivo (quanto offrire d’incentivo),

b. condizioni per la partecipazione (a tutti i gruppi di clienti),

c. veicoli promozionali da utilizzare (la stessa confezione o la spedizione per posta

o allegato all’inserto pubblicitario, ecc.),

d. durata della promozione,

e. periodo della promozione,

f. budget totale della promozione: costi amministrativi (stampa, spedizione,

promozione dell’offerta), costi di lancio (costo del premio, valore dello sconto, ecc.

4. Valutazione dei risultati del programma: il metodo più comune è quello di valutare i

risultati di vendita (quote di mercato) prima, durante e dopo la promozione.

Gli interventi promozionali e le tecniche promozionali conseguenti sono diversi in

relazione alle fasi del ciclo di vita di un prodotto sul mercato.

Interventi promozionali nel ciclo di vita:

a. Fase di lancio: diffusione di messaggi pubblicitari accompagnati con la

distribuzione di campioni, con le tecniche del merchandising (fornitura a

dettaglianti di materiale pubblicitario, campagne pubblicitarie e varie attività

promozionali, oltre che informare il dettagliante sui piani promozionali del

prodotto per indurlo ad ordinare ed immagazzinare quantità per far fronte alla

domanda che sarà creata con la pubblicità), con prezzi accessibili e di richiamo per

188

far conoscere, per attirare l’interesse, per far provare, per creare la disponibilità

all’acquisto.

b. Fase di espansione: campagna pubblicitaria, sconti di prezzo, incentivi

(premi) al consumatore per una maggiore presa di contatto fra prodotto e

consumatore.

c. Fase di maturità: offerte speciali, premi, concorsi speciali, vendite abbinate

con altri prodotti per mantenere le quote acquisite.

d. Fase di saturazione: le tecniche promozionali non devono essere

eccessivamente costose perché il prodotto è in fase di stanca o in calo.

e. Fase di declino: interventi promozionali quasi inesistenti.

Tecniche promozionali, si distinguono in:

a) Tecniche informative: campagna di informazione utilizzando i media, la

comunicazione diretta al consumatore, ecc.

b) Tecniche di prodotto: la promozione dovrà esaltare uno o più elementi caratteristici

del prodotto (qualità, packaging, composizione, formato, conservabilità, ecc.) per

orientare il consumatore, la distribuzione, la forza vendita.

c) Tecniche di stimolo: le azioni di stimolo a carattere formativo (seminari, conferenze,

colloqui) e informativo (pubblicazioni aziendali, note informative, presentazioni di

campagne), a sostegno della vendita (materiale di vendita, cataloghi, campioni,

sconti, regali, concorsi), sono dirette e coinvolgono il trade e la forza vendita.

d) Tecniche sul punto vendita: promozione sotto forma di presentazione, informazione,

prova, contatto con il prodotto e tecniche del merchandising.

e) Fiere e saloni specializzati: sono manifestazioni a cui si partecipa per farsi conoscere e

per verificare il comportamento dei concorrenti, dei clienti e dei consumatori. Ma di

contro si è anche sotto l’attenzione della concorrenza, dei clienti abituali, di quelli

potenziali, per cui la presenza, lo stand, il design, la esposizione dei prodotti deve

essere accurata ed inappuntabile.

La partecipazione deve essere programmata, preparata, comunicata alla stampa

generica e specializzata evidenziando le novità per suscitare interesse e curiosità nelle

persone destinatarie ed in quelle che visiteranno lo stand per stimolare contatti.

Gli Strumenti della promozione sono:

1. Promozione sulla distribuzione (trade), per sostenere ed accelerare le vendite del

prodotto può assumere i seguenti ruoli :

189

- ruolo formativo, colloqui, panel, stage, meeting, viaggi formativi, visite in azienda,

ecc.

- ruolo informativo, a mezzo stampa, per via epistolare, fogli informativi, ecc.

- ruolo di stimolo, a mezzo di pubbliche relazioni, condizioni di vendita interessanti,

premi, concorsi, supporti alla vendita con materiali vari, ecc.

gli obiettivi specifici sono :

- incrementi nelle vendite,

- aumento dei punti vendita,

- maggiori ordini da parte della clientela,

- fedeltà dei punti vendita all’azienda,

- ricerca di nuovi canali di vendita.

Le tecniche promozionali sono:

- incentivazioni agli acquisti proporzionali ai risultati raggiunti (in denaro, oggetti,

regali, viaggi, premi, ecc.),

- condizioni speciali (prodotti a prezzi scontati in periodi particolari: di lancio,

campagne pubblicitarie, ecc.),

- sconti (al raggiungimento di certo fatturato o all’atto dell’ordine di certi quantitativi:

sconti-fatturato, sconti-quantità),

- concorsi (vincita di premi in denaro, in merce, o viaggi),

- materiale promozionale (divulgativo, speciali contenitori, display, ecc.: monodosi di

prodotto, vetrofanie, poster murali, insegne luminose, oggetti di allestimento, ecc.),

- manifestazioni (incontri con clientela e forza vendita per presentare la campagna

pubblicitaria o promozionale, per lancio di un nuovo prodotto, o visita all’azienda,

comunicare informazioni, ecc),

- fiere e mostre esposizioni di prodotti (partecipazione per incontrare i responsabili del

trade alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi fornitori).

2. Promozione sulla forza vendita, per vivacizzare e stimolare l’organizzazione

operante sul mercato o su qualche specifica area per sostenere la vendita del prodotto

ruoli:

- ruolo formativo: conferenze, seminari, colloqui, visite in azienda, animazione di

gruppo, ecc;

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- ruolo informativo: lettere personali, circolari, fogli informativi, presentazioni di

campagne pubblicitarie e promozionali, ecc;

- ruolo di stimolo: premi, incentivazioni, regali, concorsi, ecc;

- ruolo di supporto alla vendita: materiale promozionale, materiale di vendita

(cataloghi, brochure, campioni, materiale, illustrativo, supporti audio-visivi, ecc).

Le tecniche promozionali al raggiungimento di taluni traguardi di vendita sono:

- incentivazioni (premi in denaro o in oggetti),

- concorsi (con estrazione di premi in denaro, oggetti, viaggi),

- manifestazioni o convention (incontri in aziende o presso alberghi per presentare la

campagna pubblicitaria, un nuovo prodotto, informazioni su vari argomenti, sulla

politica di vendita, ecc.),

- meeting di studio (per affrontare argomenti di marketing, di vendita) con specialisti,

- animazione di gruppo (conversazioni con psicologi specializzati nella formazione),

- materiale informativo (cataloghi, manuali divulgativi, ecc).

3. Promozione al consumatore (consumer oriented). La più importante, la più costosa,

la più efficace. Deve stimolare il comportamento d’acquisto.

obiettivi:

- attirare l’attenzione, creare simpatia verso il prodotto o la marca, capire e rispondere

al bisogno, suscitare il desiderio d’acquisto tecniche:

- invio di messaggi proposta (mail promotion);

- sconti in speciali occasioni (campagna pubblicitaria o promozionale, lancio di un

nuovo prodotto, in particolari periodi dell’anno, ecc.);

- buoni sconto (inviati per posta o riportati su giornali o periodici);

- offerte speciali (possono riguardare il prezzo, essere collegate ad altro prodotto o

oggetto in regalo);

- concorsi;

- campioni omaggio (door to door, per posta, sul punto vendita);

- materiale promozionale (depliant illustrativi del prodotto);

- premi (all’acquisto o posticipati, premi fedeltà con raccolta di tagliandi);

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- azioni di merchandising;

- settimane speciali;

- fiere, mostre, esposizioni di prodotti (rassegne commerciali che rafforzano l’immagine

aziendale); Merchandising (promozione sul punto vendita) promuove il consumo del prodotto

influenzando la scelta del consumatore attraverso una maggiore conoscenza del prodotto, una

dimostrazione diretta di consumo, una maggiore diffusione sul mercato. Rappresenta il

momento d’incontro tra prodotto e consumatore. E’ fatto con personale specializzato con lo

scopo di presentare, offrire in prova, distribuire campioni del prodotto. Il successo dell’intervento di merchandising nel punto vendita per un prodotto alimentare

dipende:

- dall’ambiente fisico in cui viene esposto il prodotto ed il consumatore l’acquista,

- dallo spazio di vendita (scaffalature che attirano l’attenzione),

- dall’assortimento (per attirare l’attenzione e presentare l’immagine dell’azienda),

- dalla presentazione e dalla confezione (per essere facilmente identificato),

- dall’animazione (con tecniche decorative, dimostrative con personale, spettacolari con

azioni di distribuzione).

Propaganda

Definisce le iniziative che l’impresa può prendere per assicurarsi gratuitamente spazio

editoriale (diverso da quello della pubblicità) allo scopo di contribuire al raggiungimento degli

obiettivi di vendita, affrontando problemi d’interesse generale e senza perseguire fini

strettamente commerciali o di lucro.

La propaganda è parte di un concetto più vasto: quello delle pubbliche relazioni (P.R.),

che ha come obiettivo di ottenere una propaganda favorevole, il creare un’immagine

socialmente avanzata, ostacolare opinioni tendenziose e poco favorevoli, far conoscere l’attività

e le nuove iniziative dell’impresa. Pubbliche relazioni sono:

- rapporti con la stampa e con le istituzioni,

- relazioni industriali,

- rapporti con le forze politiche,

- propaganda di un prodotto,

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- comunicazioni aziendali,

- lobbying (gruppi di pressione) che mirano a coinvolgere il settore legislativo e le

pubbliche autorità,

- sensibilizzazione (attività di promozione e aggiornamento del management sulle

tematiche d’interesse pubblico o sulle posizioni dell’impresa e sulla sua immagine). I mezzi della propaganda sono:

- avvenimenti: convegni, conferenze, seminari su temi innovativi o con oratori di fama,

- celebrazione di anniversari,

- mostre ed esposizioni,

- serate di beneficenza,

- tombole,

- vendite di libri,

- gare sportive,

- balli,

- cene,

- sfilate di moda,

- gite,

- articoli di giornale.