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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA Dottorato di ricerca in Neurobiologia XXIII CICLO RUOLO DEI RECETTORI DEL KAINATO NELLA PATOGENESI DELLA MALATTIA DI PARKINSON TUTORE: Prof. Riccardo FESCE CO-TUTORE: Prof. Vincenzo SILANI Tesi di Dottorato di: Chiara ASCARDI matricola N. 708049 Anno Accademico 2009-2010

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA

Dottorato di ricerca in Neurobiologia

XXIII CICLO

RUOLO DEI RECETTORI DEL KAINATO NELLA

PATOGENESI DELLA MALATTIA DI PARKINSON

TUTORE: Prof. Riccardo FESCE

CO-TUTORE: Prof. Vincenzo SILANI

Tesi di Dottorato di:

Chiara ASCARDI

matricola N. 708049

Anno Accademico 2009-2010

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO.1- LAMALATTIA DI PARKINSON Pagina 4

1.1 Generalità’ e manifestazioni cliniche Pagina 4

1.2 Patologia sporadica o ereditaria? Pagina 6

1.3 Malattia di parkinson: dalle forme monogeniche

ai fattori di suscettibilità genetica Pagina 6

CAPITOLO.2 PARKINA Pagina 11

2.1 Autosomal Recessive - Juvenile Parkinsonism (PARK2) Pagina 11

2.2 Cartteristiche strutturali e funzionali Pagina 13

2.3 Il sistema ubiquitina-proteasoma (UPS) e la parkina come enzima E3 Pagina 15

CAPITOLO.3 PARKINA E MALATTIA DI PARKINSON Pagina 17

3.1a Aggregazione proteica e neurodegenerazione Pagina 18

3.1b Substrati della parkina Pagina 19

3.2 Parkina e neuroprotezione Pagina 22

3.3 Parkina e funzione mitocondriale Pagina 24

3.4 La parkina nella plasticità sinaptica Pagina 25

SCOPO DEL LAVORO Pagina 27

MATERIALI E METODI Pagina 30

RISULTATI Pagina 38

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DISCUSSIONE Pagina 49

FIGURE Pagina 58

BIBLIOGRAFIA Pagina 71

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INTRODUZIONE

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1. LA MALATTIA DI PARKINSON 1.1 Generalità e manifestazioni cliniche La malattia di Parkinson (PD) è una frequente patologia neurodegenerativa dell’età adulta,

seconda in diffusione solo alla malattia di Alzheimer. È associata ad una progressiva e

selettiva perdita dei neuroni dopaminergici, i cui corpi cellulari risiedono nella substantia

nigra pars compacta (SNpc) del sistema nervoso centrale (SNC), mentre gli assoni ed i

terminali nervosi proiettano verso lo striato (Dauer and Przedborski, 2003), componente

centrale dei gangli della base e responsabile dell’inizio e del controllo del movimento.

Le statistiche epidemiologiche dichiarano che, ogni anno, la diagnosi di PD interessa 16-

19 persone su 100.000; la prevalenza della patologia è associata all’età: colpisce circa l’1%

della popolazione sessantacinquenne, mentre a 85 anni la percentuale sale al 4-5% (Fahn,

2003). L’età media di insorgenza è di 70 anni, anche se circa il 4% dei pazienti sviluppa

una forma precoce prima dei 50 (Van Den Eeden et al., 2003).

Tipicamente l’esordio della patologia è insidioso e si presenta in modo asimmetrico. Il

principale sintomo clinico è il parkinsonismo (caratteristico non solo del PD, ma anche

di altre forme neurodegenerative), ovvero un disordine del movimento caratterizzato da

tremore a riposo, bradicinesia (lentezza nel compimento dei movimenti volontari),

rigidità ed instabilità posturale (Fahn, 2003). Al parkinsonismo si aggiungono una

progressiva compromissione delle funzioni cognitive e disturbi psichiatrici (di solito

depressione).

Diverse sono le regioni del SNC coinvolte nel controllo motorio. I movimenti volontari

iniziano nella corteccia motoria che convoglia i segnali efferenti al tronco encefalo

(mesencefalo, ponte e midollo allungato) e al midollo spinale attraverso diverse regioni

sub-corticali, tra cui talamo, striato (insieme di caudato e putamen) e nuclei subtalamici.

Tali regioni sub-corticali insieme alla SNpc costituiscono i gangli della base.

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Figura A – Principali regioni del SNC coinvolte nella malattia di Parkinson.

I sintomi clinici, che caratterizzano il PD, risultano dalla deplezione di dopamina (DA)

nello striato (conseguente all’irreversibile e progressiva degenerazione dei neuroni che

producono tale neurotrasmettitore) e sono associati a scariche neuronali (“neuronal

firing”) aumentate e disordinate con perdita di sincronizzazione dei gangli della base. È

importante sottolineare che la degenerazione neuronale nel PD non si limita alla

substantia nigra o ai neuroni dopaminergici , ma tende ad estendersi man mano che la

patologia avanza, in contrasto con alcune forme di parkinsonismo (Farrer, 2001).

Probabilmente la diffusione del danno anche ad altri fenotipi neuronali è correlata a

meccanismi e vie cellulari comuni anche ad altre patologie neurodegenerative. Purtroppo

resta ancora da capire il processo alla base della perdita di specifiche sottopopolazioni

cellulari, caratteristicamente riscontrata nelle diverse malattie.

Non tutti i pazienti che manifestano parkinsonismo sono affetti da PD, infatti circa

l’80% di essi riceve diagnosi di “possibile o probabile” Parkinson. La classificazione

definitiva della patologia richiede evidenze post-mortem, quali perdita neuronale,

depigmentazione della substantia nigra (i neuroni dopaminergici contengono infatti

Midollo allungato

Mesencefalo

Talamo

Corteccia motoria

Caudato

PutamenStriato

Substantia nigra

Nucleo subtalamico

Globo pallido

Midollo allungato

Mesencefalo

Talamo

Corteccia motoria

Caudato

PutamenStriato

Substantia nigra

Nucleo subtalamico

Globo pallido

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neuromelanina) e presenza dei corpi di Lewy (aggregati proteici intracitoplasmatici)

(Hughes et al., 2002).

1.2 Patologia sporadica o ereditaria?

L’origine sporadica del PD è sempre stata considerata criterio fondamentale per la

classificazione della patologia, al punto che forme familiari di parkinsonismo venivano

escluse a priori dalla diagnosi di PD. Nonostante una base ereditaria sia stata

inizialmente considerata poco probabile, recenti studi hanno dimostrato l’implicazione di

geni causativi e di suscettibilità.

La precedente esclusione di un coinvolgimento genetico sembra essere dovuta alla

variabile penetranza riscontrata per taluni geni come estensivamente trattato da Farrer

(Farrer, 2006) e da Nagatsu (Nagatsu and Sawada, 2006).

Oggi le statistiche indicano che, nel 95% dei casi, la malattia non è correlata a cause

genetiche (PD sporadico o sPD); sembrano piuttosto essere coinvolti fattori di rischio

ambientali esogeni ed endogeni, come neurotossine e pesticidi, anche se non si può

escludere la suscettibilità genetica (Farrer, 2006). Nel rimanente 5% la patologia è

ereditaria (PD familiare o fPD) (Dauer and Przedborski, 2003).

1.3 Malattia di Parkinson: dalle forme monogeniche ai fattori di suscettibilità genetica Negli ultimi 10 anni la ricerca nella genetica della malattia di Parkinson è stata

estremamente prolifica. Più di 13 loci e 9 geni sono stati identificati, ma la loro

implicazione nella malattia non risulta sempre certa. I loci e i geni identificati vengono

associati sia con PD autosomico dominante (PARK1 E PARK4/α-synucleina;

PARK5/UCHL1; PARK8/LRRK2; PARK11/GIGYF2; PARK13/Omi/Htra2) che

autosomico recessivo (PARK2/Parkin; PARK6/PINK1; PARK7/DJ-

1;PARK9/ATP13A2).

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MUTAZIONI AUTOSOMICHE DOMINANTI a) PARK1- e PARK4-linked PD: α- Synucleina (SNCA) Gli studi genetici di PD iniziarono con la scoperta di mutazioni patogeniche missenso

nel gene SNCA che codifica per l’α-synucleina, una proteina che è espressa nel cervello

ed ha un potenziale ruolo nell’ apprendimento, nella plasticità sinaptica, nel trafficking

delle vescicole e nella sintesi di dopamina (Lotharius and Brundin 2002).

L’α-synucleina è composta da 140 aminoacidi, il cui N-terminale forma un dominio

anfipatico quando la proteina si associa ai lipidi. La proteina wild-type è un potente

inibitore della fosfolipasi D2, che assolve diverse funzioni nella trasduzione del segnale,

trasporto delle vescicole in membrana e prende parte alle dinamiche del citoscheletro. La

proteina inoltre è un inibitore competitivo della tirosina idrossilasi, l’enzima limitante nel

processo di biosintesi della L-DOPA a partire dalla tirosina.

Dall’identificazione delle mutazioni missenso, sono state scoperte duplicazioni

genomiche in famiglie con PD e in famiglie affette da parkinsonismo con demenza che si

manifesta come malattia a corpi di Lewy diffusi (DLBD) all’esame autoptico (Singleton et al.,

2003).

La scoperta delle mutazioni SNCA ha così contribuito alla chiarezza sulla controversia

qualora le malattie a corpi di Lewy come il PD, i parkinsonismi con demenza e la

demenza a corpi di Lewy rappresentassero un continuum o dovessero essere considerate

come malattie distinte. Farmacologicamente ci sono importanti differenze nelle strategie

di trattamento per i pazienti con PD e DLB (Poewe, W. 2005), ma la scoperta di

mautazioni SNCA suggerisce un’ipotesi unificante per l’eziologia di questi disordini.

b) PARK5-linked PD: Ubiquitin C-Terminal Hydrolase-L1 (UCH-L1) La mutazione dominante (I93M) è stata identificata in una famiglia con PD ereditario

(Leroy et al., 1998) nel gene che codifica per un enzima (UCH-L1) che catalizza l’idrolisi

del C-terminale ubiquitil estere e che si pensa possa giocare un ruolo nel reciclo

dell’ubiquitina legata alle proteine misfolded in seguito alla loro degradazione ad opera del

proteasoma. Sebbene la mutazione I93M diminuisce l’attività di questo enzima de-

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ubiquitinante, i topi privi di UCH-L1 non presentano neurodegenerazione

dopaminergica. Inoltre un polimorfismo (S18Y) di UCH-L1 sembra essere protettivo per

lo sviluppo di PD (Maraganore et al., 1999). Oltre alla sua funzione deubiquitinante,

UCH-L1 assume un’attività precedentemente riconosciuta di ubiquitin ligasi in seguito a

dimerizzazione (Liu et al., 2002). Sia la mutazione I93M che il polimorfismo S18Y

alterano l’attività ligasica in modo consistente con l’ipotesi che un’impedita attività del

sistema ubiquitina-proteasoma è critica per la patogenesi del PD: l’attività dell’ UCH-L1

ligasi è diminuita dalla mutazione patogenica I93M e aumentata dal polimorfismo

protettivo S18Y (Liu et al., 2002).

b) PARK8-linked PD: leucine-rich repeat kinase 2 (LRRK2) Il locus PARK8 è stato originariamente mappato come tratto autosomico dominante in

una famiglia giapponese con PD asimmetrico, L-DOPA responsivo ad esordio tardivo

(Funayama et al 2002).

Il trascritto LRRK2 codifica per una proteina di 2527 aminoacidi che contiene 5 domini

C-terminali conservati, che potrebbero essere coinvolti in multiple funzioni, incluso il

legame con il substrato, la fosforilazione delle proteine e l’interazione proteina-proteina.

La frequente mutazione Gly2019Ser e le adiacenti sostituzioni Ile2020Thr sembrano

provocare l’ aumento dell’attività catalitica del dominio MAPKKK (West et al 2005).

LRRK2 è espressa in molte regioni del cervello, incluse la substantia nigra, il nucleo

caudato e il putamen. Tuttavia al contrario dell’α-synucleina, l’immunocitochimica della

LRRK2 non presenta alcuna lesione neurodegenerativa specifica e non è chiaro come le

sostituzioni nucleotidiche siano in grado di provocare la neuropatologia. Infine si

ipotizza che LRRK2 sia un membro della famiglia delle RIP kinasi, essenziali sensori

dello stress cellulare (Meylan and Tschopp 2005). Queste proteine prendono parte a

diverse funzioni essenziali per l’avvio di specifiche risposte quali sopravvivenza cellulare,

infiammazione o programmi di morte cellulare che sono mediati dai pathways delle

proteine JNK, ERK, p38 e NF-kB. Tuttavia la relazione tra la patogenesi di LRRK2, il

parkinsonismo e la fase finale della malattia restano enigmatici e sono ipotizzabili molte

vie d’azione. Inoltre ulteriori studi funzionali e geneticici sono necessari per identificare i

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modificatori genetici e ambientali di LRRK2 che influenzano sia l’età d’insorgenza che le

disparate manifestazioni cliniche e patologiche.

c) PARK11-linked PD: GRB10-interacting GYF protein 2 (GIGYF2) Recentemente è stato proposto che la proteina GIGYF2, anche chiamata TNRC15

(Trinucleotide Repeat Containing 15) è mappata al locus PARK11, precedentemente

identificato da un’analisi di linkage in una popolazione di PD familiare (Pankratz et al.,

2002). In due popolazioni di PD familiare di cui una francese e una italiana, 10 mutazioni

in 16 pazienti non correlati sono state trovate nella forma più corta di GIGYF2 per una

frequenza mutazionale di 6.4 % (Lautier et al., 2008). GIGYF2 contiene il motivo GYF

che si lega ad una proteina adattatore ricca di prolina chiamata Grb10 e potenzialmente

regola le risposte cellulari all’insulina e al fattore di crescita simile all’insulina. Sono state

trovate mutazioni non causative di malattia in altre popolazioni Europee soprattutto in

casi di PD sporadico (Bras et al., 2009).

d) PARK 13-linked PD: Omi/Htra2 Omi/Htra2, una serin-proteasi localizzata nei mitocondri che viene rilasciata nel citosol

durante l’apoptosi, è stata implicata nella patogenesi del PD sulla base di evidenze

biologiche e genetiche (Strauss et al., 2005). Il topo Omi/Htra2 knock-out e quello

mutante presentano infatti un fenotipo neurodegenerativo parkinsoniano. La proteasi

inoltre presenta un residuo che può essere fosforilato dalla PINK1 e nei pazienti con

mutazioni di quest’ultima la fosforilazione è diminuita a livello cerebrale (Plun-Favreau

et al., 2007).

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MUTAZIONI AUTOSOMICHE RECESSIVE e) PARK6-linked PD: PTEN-induced kinase 1 Mutazioni recessive in omozigosi ed eterozigosi composte in PINK1 sono state

identificate nell’ 1-2 % della malattia ad esordio giovanile. PINK1 contiene 8 esoni che

occupano 1.8 kb e codificano per 581 aminoacidi. Il trascritto è espresso in maniera

ubiquitaria e codifica per una proteina che contiene un motivo di destinazione

mitocondriale e un dominio protein kinasico altamente conservato comune alla famiglia

Ca2+/calmodulina di chinasi serina-treonina. Mutazioni in PINK1 hanno effetti

differenziali sulla stabilità proteica, la localizzazione e l’attività chinasica (Petit et al.,

2005).

f)PARK7-linked PD: Oncogene DJ1 DJ1 contiene 8 esoni che occupano 24 kb ed è localizzato vicino a PINK1. Le delezioni

e le mutazioni missenso sono state identificate in studi di linkage su famiglie, ma sono

rare e causative di meno dell’ 1% del parkinsonismo ad esordio giovanile (Lockhart et

al.,2004). La proteina DJ1 è un membro della famiglia di chaperoni ThiJ/PfpI, che sono

indotti durante lo stress ossidativo e che esistono come dimero localizzato nei

mitocondri. Nel topo, DJ1 sembra avere un ruolo essenziale nella trasmissione

dopaminergica neuronale mediata dal recettore della dopamina D2 (Goldberg et

al.,2005). Nell’uomo i portatori di mutazione clinicamente non affetti sembrano normali

anche negli studi di neuroimaging, indicando che per la malattia è richiesta una completa

perdita di funzione della proteina (Dekker et al., 2004).

g) PARK9-linked PD: ATP13A2 ATP13A2 è il gene causativo nel locus PARK9, mappato in una famiglia Giordana e

Cilena con la sindrome di Kufor-Rakeb (KRS), un parkinsonismo recessivo ad esordio

giovanile con degenerazione piramidale e disfunzioni cognitive (Najim al-Din et al.,

1994). Questo presenta mutazioni in omozigosi (552LfsX788) ed eterozigosi composta

(c.1305 + 5G>A/1019GfsX1021) che causano la retenzione e la degradazione da parte

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del proteasoma di proteine tronche nel reticolo endoplasmatico invece che l’inserzione

nella membrana lisosomale (Ramirez et al.,2006). ATP13A2 codifica per una grossa

ATPasi di tipo P di 1180 aminoacidi e 10 domini transmembrana il cui cattivo

funzionamento è coinvolto anche nella malattia di Gaucher.

Figura B – Forme mendeliane di malattia di Parkinson.

2. PARKINA 2.1 Autosomal Recessive - Juvenile Parkinsonism (PARK2) Il parkinsonismo autosomico recessivo ad esordio giovanile con flutuazioni diurne (AR-

EPDF) rappresenta una clinica e genetica distinta entità che può essere classsificata in un

sottogruppo di malattia di Parkinson a trasmissione recessiva. AR-EPDF è caratterizzato

dall’esordio giovanile (di solito nei vent’anni), parkinsonismo responsivo alla dopamina

con la fluttuazione diurna dei sintomi, lieve distonia (soprattutto ai piedi) e tendenza allo

sviluppo di discinesia indotta da dopamina. Dal punto di vista patologico, la substantia

nigra pars compacta e il locus coeruleus sono sottoposti a severa degenerazione senza la

presenza dei corpi di Lewy. Questa unica entità è stata riportata per la prima volta da

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Yamamura et al. nel 1973 mentre Ishikawa e Tsuji indipendentemente hanno riportato

12 famiglie con essenzialmente le stesse caratteristiche cliniche di parkinsonismo

giovanile autosomico recessivo (AR-JP). Ma è solo nel 1999 che Kitada et al. riuscirono a

mappare il locus per AR-JP/AR-EPDF sul cromosoma 6q25.2-q27 attraverso analisi di

linkage e a clonare il gene causativo, codificante per una proteina chiamta parkina,

attraverso clonaggio posizionale da materiale genetico donato da famiglie Giapponesi

affette da queste forme di PD (Kitada et al., 1998).

E’ stato dimostrato che AR-JP ha una recessiva modalità di trasmissione cioè la

condizione necessaria per l’insorgenza della malattia è la presenza di mutazione su

entrambe gli alleli della parkina, della stessa mutazione o anche di mutazioni diverse (in

questo caso si parla di mutazione composta) (Mizuno et al., 1998). Fino ad ora circa 379

portatori di mutazione sono stati riportati in 42 diversi studi. Alcune mutazioni sono

ricorrenti tra di loro e tra i diversi gruppi etnici (Kitada et al., 1998; Periquet et al., 2003;

Periquet et al., 2001). Le mutazioni possono insorgere a partire da un “punto caldo” di

mutazione, in cui la frequenza di insorgenza è più alta che in altre zone, o potrebbero

rappresentare invece quello che è l’effetto di una mutazione “fondatore”. L’origine delle

mutazioni è stata anche studiata usando l’analisi aplotipica. Aplotipi divergenti ad un

marcatore nella regione PARK2 potrebbe suggerire mutazioni indipendenti (punti caldi

di mutazione), mentre aplotipi simili supportano l’ipotesi di un fondatore comune che ha

sviluppato la mutazione molte generazioni fa e le ha trasmesse ai suoi discendenti.

In totale 95 diverse mutazioni sono state identificate includendo: 40 riarrangiamenti

esonici (26 delezioni e 14 duplicazioni), 43 sostituzioni di singola base e 12 piccole

delezioni o inserzioni di una o diverse paia di base. Le mutazioni più comuni sono le

delezioni dell’esone 4 (n=28), le delezioni dell’esone 3 e dell’esone 4 (n=23), una

mutazione puntiforme nell’esone 7 (924C>T; n=38), e una delezione di singola paia di

basi nell’esone 2 (255/256delA; n=17). Queste cinque alterazioni rappresntano il 35 %

(133/379) di tutte le mutazioni della parkina. Considerando la distribuzione totale e la

frequenza delle mutazioni della parkina , i punti caldi per le piccole mutazioni sembrano

essere concentrati negli esoni 2 e 7, e i punti di rottura per i riarrangiamenti esonici sono

presenti più frequentemente negli introni 2 e 4 (Hedrich et al., 2004).

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Recentemente è stato visto che circa il 50 % delle famiglie europee affette da

Parkinsonismo autosomico recessivo hanno mutazioni nel gene della parkina (Abbas et

al., 1999; Kitada et al., 2000a; Lucking et al., 2000; Kahle et al., 2000).

Risulta particolare come nei casi di completa assenza della proteina l’ AR-JP avviene in

completa assenza dei corpi di Lewy (Hayashi et al., 2000; Mori et al., 1998).

Tuttavia, in alcuni casi di AR-JP sono presenti corpi di Lewy, per esempio quando un

allele ha una mutazione nulla e l’altro ha una mutazione (R275N) che mostra una

parziale attività catalitica della parkina (Farrer et al., 2001). E’ interessante come nelle

famiglie con PD autosomico dominante l’immunoreatività per la parkina è stata trovata

in oltre il 90 % dei corpi di Lewy. Tutte insieme queste osservazioni suggeriscono un

ruolo catalitico per l’attività della parkina nella formazione dei corpi di Lewy. Tuttavia se

un cambiamento nell’attività della parkina nei corpi di Lewy potrebbe essere anche un

fattore contributivo alle forme dominanti di PD non è ancora chiaro.

2.2 Cartteristiche strutturali e funzionali La proteina parkina appartiene ad una famiglia di proteine con domini conservati simili

all’ubiquitina (UBL) e motivi RING finger.

Il gene della parkina è uno dei più grandi nel genoma. La parkina umana ha 12 esoni,

codificanti per 465 aminoacidi e con un peso molecolare di ~ 52 kDa e con una struttura

intronica super espansa che occupa 1.3 Mb di DNA genomico (Kitada et al., 1998;

Shimura et al., 1999). Il locus della parkina (PRKN), adiacente al telomero 6q è

altamente ricombinabile ed è prossimo al locus FRA6E, il terzo più comune sito fragile

nei tessuti tumorali, sebbene il potenziale ruolo della parkina nel cancro deve essere

ancora determinato. Il 50 % dei pazienti che hanno un esordio di malattia al di sotto dei

25 anni presentano mutazioni nel locus PRKN.

La parkina contiene:

1. un ammino-terminale (residui 1-76) di omologia con l’ubiquitina (UHD) che ne

condivide il 62 % di omologia e potrebbe essere coinvolto nel riconoscimento del

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substrato (Shimura et al., 2000), nel controllo del livello di espressione del gene , e

lega la subunità Rpn10 del proteasoma 26S attraverso la proteina ARG42;

2. un dominio centrale (residui 145-232) a funzione sconosciuta, anche se la sua

parziale delezione (residui 58-178) risulta in una perdita di interazione con le

proteine UbcH7 e UbcH8 indicandone un possibile ruolo strutturale;

3. un carbossi terminale (ct) RING box (residui 237-449) coinvolto nel legame con

E2 e nel riconoscimento e legame con il substrato;

4. motivo di legame PDZ responsabile dell’interazione con proteine che contengono

domini PDZ.

La parkina, una E3 ubiquitin ligasi, è un componente del sistema ubiquitina/proteasoma

ed è coinvolta nella degradazione delle sue proteine substrato, che possono andare da

recettori legati alla membrana fino ad enzimi citosolici (Joazeiro and Weissman, 2000). Si

pensa la parkina possa agire da “stazione di cattura” mantenendo le proteine substrato

nella posizione giusta per la diretta ubiquitinazione da parte dell’enzima E2 Ubiquitina

coniugante. La parkina media l’ubiquitinazione dei suoi substrati portandoli alla

degradazione (Zhang et al., 2000; Imai et al., 2001). La parkina è una proteina

relativamente stabile così che gli inibitori del proteasoma non ne aumentano i livelli.

Inoltre è noto come la parkina sia in grado di catalizzare la sua autoubiquitinazione e

degradazione da parte del proteasoma in modo da poter regolare i suoi stessi livelli

cellulari (Choi et al., 2000; Shimura et al., 2000). Questo suggerisce che una perdita di

funzione (data dalla mutazione di entrambe gli alleli) porta all’accumulo tossico delle

proteine substrato o della proteina stessa. L’overespressione della parkina è stato visto

ridurre i livelli di proteine ubiquitinate (Huynh et al., 2002). D’altra parte,

l’overespressione di forme mutate della parkina causano stress ossidativo, eccessiva

produzione di NO e portano a morte cellulare, probabilmente attraverso l’inibizione del

proteasoma (Huynh et al., 2002). Inoltre è stato visto che i livelli di proteina sono ridotti

nell’ischemia cerebrale e questo spiega la risultante disfunzione del reticolo

endoplasmatico e aggragzione proteica. E’ stato suggerito anche che la parkina potrebbe

giocare un ruolo protettivo nella morte cellulare per apoptosi ritardando il rigonfiamento

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mitocondriale e riducendo il rilascio di citocromo c (Greene et al., 2003). Nelle

condizioni in cui le mutazioni della parkina ne riducono l’attività catalitica, l’aumento dei

suoi livelli bloccandone la sua degradazione (con l’inibizione del corrispondente enzima

E2) è in grado di aumentare la perdita di substrati parkina-mediati e prevenire la

degenerazione di neuroni dopaminergici. E’ importante la scoperta di nuovi substrati

della parkina associati con PD in quanto potrebbe servire alla scoperta di nuovi target

molecolari per il trattamento della malattia di parkinson e per lo studio dei meccanismi di

patogenesi.

Figura C – Struttura funzionale della parkina e principali mutazioni.

2.3 Il sistema ubiquitina-proteasoma (UPS) e la parkina come enzima E3 Il sistema ubiquitina-proteasoma (UPS) si ritiene sia un importante meccanismo di fine

regolazione e rapida degradazione responsabile del controllo di circa il 30 % delle

proteine di nuova sintesi presenti nella cellula (Schubert et al., 2000). L’ubiquitina è una

proteina di 76 aminoacidi prodotta da alcuni precursori proteici codificati nel genoma

umano. Viene covalentemente attaccata a residui di lisina delle proteine substrato in un

processo chiamato ubiquitinazione. Questo processo gioca un ruolo cruciale in diversi

eventi cellulari come il ciclo cellulare, la trasduzione del segnale, il metabolismo e la

risposta immunitaria (Pagano, 1997; Ben-Neriah, 2002). La poly-ubiquitinazione dei

substrati è l’ evento scatenante per la degradazione mediata dal proteasoma (Hershko

and Ciechanover, 1998). L’ubiquitinazione delle proteine è mediata da tre diversi sistemi

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enzimatici, in questo processo si ritiene che l’enzima E1 Ub-attivante e dipendente da

ATP sia in grado di formare un intermedio ubiquitinato ad alta energia. L’ubiquitina

attivata viene così accettata attraverso un legame tioestere da un enzima Ub-coniugante

E2 (UBC). A questo passaggio due sono le due possibili opzioni, che risultano entrambe

nell’attacco dell’ubiquitina al substrato attraverso un legame covalente:

1. L’ubiquitina viene trasferita ad un enzima Ub-protein ligasi E3 che interviene

nell’ubiquitinazione del suo substrato legato oppure

2. l’enzima E3 accetta entrambe i substrati e permette all’enzima E2 il trasferimento

diretto dell’ubiquitina dall’enzima E2 al substrato.

Infine il fattore di elongazione della catena di ubiquitina, altrimenti conosciuto con E4,

può catalizzare la multiubiquitinazione delle proteine legate ai complessi E2-E3.

Nelle cellule di mammifero si conosce un solo tipo di enzima E1, mentre ad oggi la

famiglia di enzimi E2 consiste di oltre 20 membri (Pickart, 2001). Centinaia di enzimi E3

si pensa siano presenti consentendo selettività al singolo pathway di ubiquitinazione. La

reazione di ubiquitinazione può terminare con l’attacco di una singola molecola di

ubiquitina, in un processo chiamato mono-ubiquitinazione, o con l’attacco di una

molecola di ubiquitina a diversi residui di lisina della proteina di destinazione (mono-

ubiquitinazione multipla). La parkina funziona come enzima ubiquitin E3 protein ligasi.

L’enzima E3 di solito conferisce specificità al substrato e agisce come supporto per

facilitare la richiesta stechiometrica dell’attacco covalente di ubiquitina. L’E3 protein

ligasi può anche promuovere l’attacco di molecole di ubiquitina a residui di lisina

presenti nelle molecole già attaccate ad un substrato inclusi i residui 48 e 63 per formare

una catena di molecole di ubiquitina. Una catena di minimo quattro lisine al residuo 48

agiscono come segnale per la degradazione da parte del proteasoma quindi una volta

poly-ubiquitinate, le proteine sono riconosciute come substrato per la degradazione

mediata dal proteasoma 26S. Il proteasoma 26S è un largo complesso multiproteico (2.5

Mda) che richiede ATP per la degradazione delle proteine (Voges et al., 1999). La mono-

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ubiquitinazione e le catene legate al residuo 63 di lisina tendono invece a funzionare in

un processo non degradativo. La parkina sembra agire sia nella monoubiquitinazione che

nella poliubiquitinazione con legame sia alla lisina 48 che alla lisina 63. La

monoubiquitinazione da parte della parkina potrebbe, sotto certe circostanze, essere

coinvolta nel turnover dei recettori (Fallon et al., 2006). Il legame mediato dalla parkina

alla lisina 48 è coinvolto nella degradazione delle proteine e quello mediato alla lisina 63

nell’inclusione delle proteine nelle vescicole. La funzione e il tipo di modificazione che la

parkina media è probabilmente largamente definita dal contesto cellulare e dal sistema

ubiquitinario di proteine che la parkina usa come adiuvanti. Ubiquitinazioni purificate in

vitro suggeriscono che la parkina media primariamente reazioni di monoubiquitinazione.

Tuttavia l’aggiunta di un’ubiquitin ligasi chaperone-dipendente detta CHIP e dell’aiuto di

fattori simili all’enzima E4 permettono alla parkina di poly-ubiquitinare. La parkina

quindi è una E3 ligasi multifunzionale che ha la capacità di partecipare ad una varietà di

reazioni di legame di ubiquitina e di funzioni cellulari.

3. PARKINA E MALATTIA DI PARKINSON

Le mutazioni nella parkina che causano la malattia spaziano da sostituzioni di singola

base a piccole delezioni, mutazioni nel sito di splicing e delezioni che arrivano fino a

centinaia di migliaia di nucleotidi (West et al., 2004). Il quadro generale è che il PD

correlato alla parkina deriva da tali meccanismi, in modo tale che le mutazioni della

parkina portano ad una perdita di funzione della stessa. I trascritti tronchi vengono

destabilizzati per nonsense-mediated decay e in questo modo viene impedita l’espressione

della proteina. Tuttavia c’è una piccola evidenza che la parkina tronca è espressa

ugualmente nei tessuti dei pazienti con delezioni esoniche. Molte mutazioni missenso

sembrano anche portare ad una perdita di funzione attraverso la diminuzione della sua

attività catalitica, una errata ubiquitinazione e l’impedimento della degradazione da parte

del proteasoma e/o destabilizzazione della parkina che porta ad insolubilità o rapida

degradazione proteasomale della sua forma mutante (Hampe et al., 2006; Matsuda et al.,

2006; Wang et al., 2005; Winklhofer et al., 2003). La parkina inoltre gioca un ruolo anche

nel PD sporadico attraverso mutazioni comuni e mutazioni frequenti. In aggiunta viene

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inattivata attraverso stress nitrosativo, stress dopaminergico e stress ossidativo che sono

processi patologici chiave nel PD sporadico. In questo modo la perdita dell’attività E3

ligasica gioca un ruolo non solo nell’insorgenza dell’ AR-JP, ma anche in quella del PD

sporadico.

3.1.a Aggregazione proteica e neurodegenerazione

Molti disordini neurodegenerativi sia sporadici che ereditari sono caratterizzati dalla

presenza di aggregati proteici insolubili. Questi aggregati sono essenzialmente composti

di elevati livelli di proteine multi-ubiquitinilate (Alves-Rodrigues et al., 1998). L’iniziale

aggregazione proteica può condurre all’accumulo di questi aggregati attraverso il

progressivo blocco della funzionalità del sistema ubiquitina-proteasoma, che è coinvolto

nella degradazione delle proteine. Inoltre è stato visto come le subunità del proteasoma

colocalizzano nei corpi di inclusione associati con diverse malattie neurodegenerative

(Cummings et al., 1998). Il fatto che la parkina sia una E3 ubiquitin-protein ligasi, o parte

di un sistema a più componenti con attività simile ad E3, può suggerire che le mutazioni

nella proteina stessa portano all’accumulo di una seconda proteina, o di alcune proteine,

che sono tossiche per le cellule del Sistema Nervoso. In alternativa le proteine substrato

potrebbero non essere direttamente tossiche , ma potrebbero essere una parte di molte

proteine la cui attività è regolata in larga parte dalla degradazione del proteasoma, come

le proteine del ciclo cellulare (Herchko and Ciechanover; 1998). Tuttavia un’altra

possibilità è che la perdita di funzione di parkina causa un impedimento generalizzato da

parte delle cellule di rimuovere proteine tossiche o dalla forma errata, e in questo modo

provocare tossicità in modo indiretto. Il legame dei geni responsabili del PD umano al

pathway dell’ubiquitina non è la sola linea d’evidenza secondo cui la degradazione delle

proteine è importante nel PD. I corpi di Lewy infatti, che vengono trovati nelle cellule

dopaminergiche superstiti nel PD sporadico, risultano positivi nella colorazione con

anticorpi anti-ubiquitina (Lennox et al., 1989). La funzione del proteasoma è diminuita

nei tessuti estratti dalla substantia nigra di pazienti PD ripetto ai pazienti controllo

(McNaught and Jenner, 2001). I neuroni catecolaminergici sono preferenzialmente

sensibili all’effetto tossico dell’inibizione del proteasoma in vitro (Petruccelli et al., 2002).

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Tuttavia, è estremamente difficile determinare se l’alterata degradazione proteica è la

causa della disfunzione e morte cellulare o se è un problema secondario che avviene

come conseguenza di altri eventi patologici.

3.1.b Substrati della parkina

Un grosso numero di substrati della parkina sono stati identificati tra cui il primo ad

essere individuato è stato CDCrel-1. Quest’ultimo appartiene alla famiglia di GTPasi

chiamate septine ed è fortemente espresso nel sistema nervoso dove si associa con le

vescicole sinaptiche (Zhang et al., 2000) ed è in grado di indurre neurodegenerazione.

Tuttavia, c’è una limitata evidenza che CDCrel-1 si accumula in assenza di parkina e che

questa ne modula i suoi livelli in vivo. Il recettore simile all’endotelina parkina-associato

(Pael-R) è un altro substrato putativo della parkina. Esso è una proteina transmembrana

accoppiata a proteine G con omologia al recettore dell’endotelina di tipo B (Imai et al.,

2001). Pael-R è primariamente espresso negli oligodendrociti, ma è presente anche nei

neuroni dopaminergici. L’overespressione di Pael-R induce la risposta allo stress da

proteine non foldate in cellule in coltura e ne provoca insolubilità. La parkina attenua la

formazione di Pael-R in forma insolubile e la conseguente tossicità presumibilemente

attraverso un meccanismo dipendente dall’ubiquitinazione. L’overespressione neuronale

di Pael-R umano in Drosophila causa degenerazione selettiva età dipendente dei neuroni

dopaminergici supportando l’idea della specificità neurodegenerativa (Yang., et al 2003).

Tuttavia evidenze limitate suggeriscono che la parkina è invece un nativo fattore

fisiologico responsabile per la regolazione di Pael-R. La proteina interattore con alpha-

synucleina, synphilina-1, interagisce con ed è ubiquitinata dalla parkina portando alla

formazione di aggregati proteici quando overespressi con l’alpha-synucleina in colture

cellulari (Chung et al., 2001). La parkina preferenzialmente media la formazione di catene

di poly-ubiquitina legate alla lisina 63 sopra la synphilina-1. Studi recenti suggeriscono

che l’ubiquitinazione lisina 63 mediata può partecipare alla degradazione delle inclusioni

servendosi come segnale per cargo autofagico quando il sistema ubiquitina-proteasoma è

disfunzionale. In questo modo la parkina gioca un ruolo specializzato nella formazione

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delle inclusioni e nella segnalazione delle proteine per lo smaltimento autofagico qualora

il sitema ubiquitina-proteasoma non sia funzionante.

Esperimenti di yeast-two hybrid seguiti da conferma con co-immunoprecipitazione ed

ubiquitinazione in vitro identificano una varietà di altri substrati della parkina. E’ stato

visto infatti come questa sia in grado di interagire con eterodimeridi di α-ß tubulina e

microtubuli agendo da stabilizzatore della formazione microtubulare potenzialmente in

modo ubiquitina-dipendente (Yang et al., 2005). In altri studi, è stato visto come la

parkina interagisce con la ciclina E nel contesto di un complesso proteico che include

hSel-10 e la Cullina-1 ed è in grado di prevenire l’accumulo di ciclina E in neuroni trattati

con il kainato (Staropoli et al., 2003). La parkina si lega anche alla proteina RanBP2 in

modelli cellulari di overespressione e apparentemente influenza l’abilità a valle di

RanBP2 esogeno di sumoilare altre proteine grazie all’ubiquitinazione attraverso la

parkina.

Un numero di altre funzioni è stato attribuito alla parkina, come monoubiquitinare

HSP70 anche se l’importanza di questa modificazione non è nota (Moore et al.,2008);

ridurre la tossicità dell’atassina-2 e ubiquitinare l’atassina-2 mutante. Inoltre sarebbe in

grado di partecipare al trafficking del recettore EGF e al funzionamento della kinasi PI(3)

attraverso l’interazione con la proteina Eps15.

L’estremo c-terminale della parkina contiene un motivo di legame PDZ di classe II (-

FDV) cosa che fornisce supporto all’idea che le proteine con domini PDZ (PSD-

95/discs large/ZO-1) vi possano interagire.

Parkina e CASK (calcium/calmodulin-dependent serine protein kinase) colocalizzano in

colture di neuroni corticali e a livello della densità post sinaptica e nei lipd rafts a livello

cerebrale (Fallon et al., 2002). CASK è l’omologo in mammifero della proteina Lin2 in

Caenorhabditis elegans ed è una guanilato kinasi associata a membrana (MAGUK) che

contiene molti motivi che mediano l’interazione proteina-proteina. Studi di co-

immunoprecipitazione usando tessuti da cervello di ratto hanno mostrato un’interazione

indiretta della parkina anche con la proteina PDZ PSD-95, con la subunità del recttore

NMDA NR2B, con la proteina kinasi II calcio/calmodulina dipendente e con la proteina

sinaptica Homer 1 a ma non con le proteine PDZ MUPP1 o con la neurabina. Diverse

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proteine PDZ, per esempio le proteine che interagiscono con i recettori del glutammato

PICK1, GRIP e la sintenina agiscono come proteina scheletro che ha il potenziale di

mantenere le proteine che vi interagiscono in stretta vicinanza tra di loro (Hirbec et al.,

2002). Dato il suo motivo di interazione PDZ, il legame della parkina con altre proteine

PDZ o con la stessa CASK la lega indirettamente ad altre proteine e la mantiene in

prossimità dei suoi substrati molecolari. La parkina infatti non è in grado di ubiquitinare

CASK e questo suggerisce che CASK possa essere coinvolta nei movimenti della parkina

a livello intracellulare. In che modo la perdita dell’interazione con CASK risulta

nell’accumulo di parkina in anomali siti a livello neuronale e/o previene il legame della

parkina con i suoi substrati non è ancora chiaro. E’ importante come la mancanza

selettiva degli ultimi 12 residui della parkina (che icludono il motivo PDZ, -FDV) è stata

legata a PD suggerendo come l’interazione CASK-parkina e la distribuzione di parkina

nel neurone possono essere funzionalmente importanti. Studi di blocco dell’interazione

CASK-parkina in neuroni o nell’animale non sono ancora stati effettuati anche se l’uso

di peptidi o di composti a piccolo peso molecolare (Daw et al., 2000) possono mostrare

un’alterazione nella distribuzione della parkina e/o delle sue proteine interattrici nei

neuroni e potrebbero fornire un nuovo modello animale per PD. La modulazione delle

interazioni tra i motivi PDZ e i domini PDZ forniscono potenzialmente un nuovo

approccio per lo sviluppo di una nuova classe terapie del PD e di altri disordini

neurodegenerativi.

La proteina PSD-95/Discs-large/Zona Occludens-1 (PDZ) PICK1 è stata identificata

come nuovo substarto della parkina (Joch et al., 2007). La parkina lega PICK1 attraverso

un’interazione PDZ-mediata, che promuove la monoubiquitinazione di PICK1 piuttosto

che la sua poly-ubiquitinazione. Consistente con la monoubiquitinazione ed i recenti

lavori che vedono la parkina implicata in pathways proteasoma-indipendenti , la parkina

non promuove la degradazione di PICK1. Tuttavia è in grado di regolare l’effetto di

PICK1 su uno dei suoi altri compagni PDZ, il canale ionico acido sensibile (ASIC).

L’overespressione della parkina wild-type, ma non quella della parkina difettiva per il

legame PDZ o dell’attività E3 ubiquitin-ligasica, abolisce il potenziamento PICK1

dipendente delle correnti ASIC2a in cellule non-neuronali indotto da proteina kinasi C.

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Contrariamente la perdita di parkina in neuroni ippocampali murini smascherano il

prominente potenziamento delle native correnti ASIC che sono normalmente soppresse

dalla parkina endogena in neuroni wild-type. I canali ASIC a livello centrale sono coinvolti

nella plasticità sinaptica (Wemmie et al., 2002) e mediano una significativa componente

di eccitotossicità calcio dipendente dopo insulto ischemico (Xiong et al., 2004). Così la

parkina endogena copre il potenziamento dei canali ASIC PICK-1 dipendente in neuroni

ippocampali suggerendo come potrebbe anche normalmente proteggere i neuroni da una

attività eccessiva dei canali che porta ad eccitotossicità. Dato che i canali ASIC sono stati

implicati nell’insulto dei neuroni dopaminergici (Pidoplichko and Dani, 2006),

l’incontrollato potenziamento della corrente ASIC nei neuroni privi di parkina possono

riflettere un’aumentata vulnerabilità di questi neuroni agli insulti in pazienti con

mutazioni della parkina PD-associate. Altri interattori e substrati putativi sono stati

identificati anche se in molti casi il loro ruolo nel PD mediato dalla parkina non è ancora

stato definito.

3.2 Parkina e neuroprotezione

La parkina agisce come agente protettivo quando overespressa in diverse condizioni di

stress. L’overespressione della parkina previene il rigonfiamento mitocondriale in cellule

PC-12 trattate con ceramide o soggette a deprivazione di siero (Darios et al., 2003).

L’eccitotossicità derivata da kainato viene attenuata dall’overespressione della parkina in

cellule neuronali (Staropoli et al., 2003). La morte cellulare indotta da manganese viene

ridotta dall’overespressione di parkina e quest’ultima protegge conro la tossicità

dopaminergica (Jiang et al., 2004). L’esatto meccanismo attraverso il quale

l’overespressione protegge contro una varietà di insulti tossici non è nota, ma sembra

essere dipendente dalla sua attività E3 ligasica. La morte cellulare dovuta a dopamina è

comparabile in topi privi di parkina rispetto a topi wild-type intossicati con MPTP o con

6-OHDA (Perez et al., 2005; Thomas et al., 2007). Inoltre l’espressione della parkina può

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fornire una protezione non fisiologica ad una varietà di agenti stressanti ma i livelli

endogeni di parkina non partecipano nella sopravvivenza neuronale a questi vari

stressanti. La tossicità dell’ α-synucleina in ratto, Drosophila e modelli cellulari viene

ridotta dall’overespressione di parkina, tuttavia la parkina e α-synucleina non

interagiscono e non sono in grado di legarsi l’una all’altra in diversi studi funzionali

(Chung et al., 2001), un solo lavoro propone come condizione per l’interazione

modificazioni post-traduzionali ma questo non è stato mai riconfermato (Shimura et al.,

2000). Tuttavia il modo in cui l’overespressione della parkina previene la tossicità dovuta

all’ α-synucleina non è chiaro e come per gli agenti stressanti esterni, la parkina potrebbe

proteggere la tossicità dovuta ad α-synucleina in maniera non specifica. La tossicità e il

fenotipo associato con α-synucleina mutante non sono influenzati dalla perdita di

parkina in un incrocio tra topi privi di parkina e topi overesprimenti α-synucleina.

Evidenze biochiniche suggeriscono che la perdita di espressione di parkina influenza la

tossicità dovuta ad α-synucleina in studi che usano il contesto inverso di overespressione

sia di parkina che di α-synucleina. L’implicazione è che la parkina potrebbe acquisire

nuovi, quanto non specifici, attributi quando viene espressa in concentrazioni non

fisiologiche. Studi addizionali riguardanti la parkina endogena sono richiesti per capire il

suo ruolo non definito nella protezione contro una varietà di stressanti inclusa l’ α-

synucleina. Più importante è porgere l’attenzione su come la parkina endogena funziona

e regola la sopravvivenza dei neuroni dopaminergici. I diversi studi sui substrati della

parkina e sulle sue proprietà neuroprotettive hanno supportato il consenso nel campo

della funzione fisiologica della parkina e nel suo ruolo patologico nel PD. La

maggioranza dei substrati sono conosciuti solo da un numero limitato di esperimenti

che, in generale, non riescono a determinare gli effetti di ubiquitinazione sulla funzione

di queste proteine e qualora l’interazione abbia rilevanza fisiologica. Nel modello murino

privo di parkina non è stato dimostrato l’aumento significativo di una particolare

proteina in studi di proteomica. E’ difficile ritovare un comune pathway biochimico tra i

substrati che interagiscono e non ci sono dati genetici o biochimici che possono elevare

un particolare substarato ad una condizione più importante con la possibile eccezione di

AIMP2 e FBP-1 che si accumulano in modelli in vivo di disfunzioni di parkina.

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3.3 Parkina e funzione mitocondriale

Indicazioni sul ruolo della parkina come determinante della patologia deriva da recenti

studi in Drosophila. L’assenza di parkina in Drosophila porta a patologia mitocondriale e a

degenerazione per apoptosi del muscolo e aumenta la possibilità che un simile blocco

mitocondriale possa far partire la selettiva perdita cellulare osservata nell’AR-JP (Greene

et al., 2003). A dispetto dei lievi deficit, i topi privi di parkina presentano disfunzioni

mitocondriali e danno ossidativo e gli stessi pazienti presentano una diminuita attività del

complesso I mitocondriale a livello dei linfociti (Muftuoglu et al., 2004) fornendo

ulteriori prove a sostegno del fatto che la mancanza di parkina è in grado di provocare

deficit mitocondriale. In che modo la parkina possa regolare la funzione mitocondriale

non è noto. Una piccola frazione della parkina risiede negli stessi mitocondri o nelle loro

vicinanze, suggerendo che la parkina può regolare una proteina mitocondriale che è

importante per la funzionalità di questi organelli. Tuttavia la possibilità per gli anticorpi

anti-parkina di detectare la proteina endogena ha reso la questione sulla sua

localizzazione mitocondriale più interessante (Pawlyk., et al 2003). La parkina sembra

anche aumentare la biogenesi mitocondriale attraverso un meccanismo ancora non

riconfermato (Kuroda et al., 2006). Altre indicazioni provengono da ulteriori studi in

Drosophila. La perdita di PINK1 in Drosophila porta anch’essa a deficit nella funzionalità

mitocondriale che risulta in sterilità maschile, degenerazione del muscolo per apoptosi e

perdita dei neuroni dopaminergici che rispecchiano il fenotipo provocato dalla perdita di

parkina (Park et al., 2006). Il fenotipo provocato dalla perdita di funzione di PINK1

viene revertito dall’overespressione di parkina, ma il fenotipo provocato dalla perdita di

funzione della parkina non è revertito da PINK1 suggerendo che PINK1 e la parkina,

almeno in parte, agiscono nello stesso pathway e che PINK1 funziona a monte (Tan et

al., 2006). E’ plausibile che la parkina regola il livello basale di una proteina critica per il

mantenimento della funzionalità mitocondriale. Questo putativo substrato della parkina

dovrebbe accumulersi in modelli di inattivazione della proteina stessa come modelli di

parkina knockout o di intossicazione da MPTP, AR-JP dovuto a mutazioni di parkina e

in PD sporadico. Tuttavia PINK1 potrebbe regolarne l’ interazione o ubiquitinazione da

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parte della parkina, studi futuri saranno necessari per identificare il legame mancante tra

le due proteine.

3.4 La parkina nella plasticità sinaptica

La risposta crescente al neurotrasmettirore eccitatorio glutammato e l’associata

eccitotossicità è stata implicata nella patogenesi del PD (Dawson and Dawson, 2003);

Beal, 1998; Rodriguez et al., 1998). Tuttavia, il meccanismo molecolare che lega i fattori

di rischio per PD all’alterata eccitabilità e vulnerabilità eccitotossica resta sconosciuto.

Tra i substrati della parkina diverse proteine sono implicate nella trasmissione sinaptica,

incluse CDCrel-1, α-synucleina glicosilata, synphilina, synaptotagmina XI, Eps 15 e

PICK1. La parkina si associa con le proteine scaffold PDZ nella densità post-sinaptica

(PSD) (Fallon et al., 2002) e protegge i neuroni post-mitotici dall’eccitotossicità mediata

dai recettori del glutammato (Staropoli et al., 2003; Moszczynska et al., 2007),

suggerendo un legame tra la parkina e la funzionalità sinaptica. Consistente con queste

premesse, i topi privi di parkina mostrano sia deficit motori che cognitivi e alterata

eccitabilità nell’ippocampo e nello striato (Goldberg et al., 2003; Itier et al., 2003). Un

recente lavoro ha quindi dimostrato come l’ubiquitin-ligasi parkina è in grado di regolare

la forza e l’abbondanza della sinapsi eccitatotia (Helton et al., 2008). Quando la parkina è

espressa a livello post sinaptico, la trasmissione eccitatoria sinaptica è smorzata e il

segnale glutamatergico è significativamente ridotto. Aquesto proposito, la parkina agiscec

come limitante dell’input sinaptico eccitatorio. Questa diminuzione nella trasmissione

sinaptica non avviene nel caso in cui vengono utilizzati dei mutanti di parkina legati a

malattia o in seguito a perdita di parkina endogena. Raffinando o contenendo i circuiti

sinaptici, la riduzione delle sinapsi glutamatergiche da parte della parkina fornisce un

meccanismo per controllare l’eccitazione. La riduzione delle sinapsi eccitatorie potrebbe

essere quindi un fenomeno di sviluppo o potrebbe riflettere una più fine regolazione che

continua durante la vita adulta visto che la parkina è espressa precocemente nello

sviluppo cerebrale e la sua espressione viene mantenuta durante la vita adulta (Wang et

al., 2001).

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SCOPO DEL LAVORO

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Mutazioni nel gene PARK2 causano la più comune forma recessiva di malattia di

Parkinson ) PD. Il prodotto del gene PARK2, chiamato parkina, è una E3 ubiquitin-ligasi

che interviene nel processo di ubiquitinazione di diverse proteine.

Diverse mutazioni nel gene PARK2 vengono associate alla malattia comprese

sostituzioni di singola base, delezioni o sostituzioni di poche paia di basi fino alla

delezione di interi esoni. La presenza di mutazioni in omozigosi o in eterozigosi

composta necessarie allo sviluppo della malattia suggeriscono come meccanismo

patogenetico una perdita di funzione della proteina stessa (West et al., 2004).

Tuttavia nonostante l’identificazione del gene malattia (Kitada et al., 1998) rimane

tutt’ora sconosciuta la ragione per cui una mutazione è in grado di provocare la

progressiva morte dei neuroni dopaminergici.

Crescenti evidenze indicano come causa di perdita neuronale il danno eccitotossico. I

neuroni del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sono altamente esposti alla stimolazione

glutamatergica, così che il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato è in grado di agire

sia come neurotossina che come neurotrasmettitore, candidandosi come fattore centrale

nella patogenesi del PD (Dawson et al., 2003; Beal et al., 1998; Rodriguez et al., 1998).

E’ noto come i neuroni della substantia nigra pars compacta (SNpc) ricevono segnali

glutamatergici da diverse aree del SN compresi la corteccia, il nucleo peduncolopontino

(Lavoie and Parent, 1994), il collicolo superiore (Comoli et al., 2003), il talamo e il nucleo

subtalamico (STN). Inoltre il STN presenta nel PD una continua attività anomala

derivante dalla mancanza di dopamina (Lozano et al., 2002) con conseguente rilascio

eccessivo di glutammato nel SNC (Rodriguez et al., 1998). In questo contesto è stato

suggerito che le mutazioni genetiche associate a PD possono aumentare il rischio di

sviluppo di PD rendendo i neuroni dopaminergici più vulnerabili alle concentrazioni

fisiologiche di glutammato.

Nel caso delle mutazioni PARK2, è stato visto che la parkina è in grado di legarsi a

proteine della densità post sinaptica (Fallon et al., 2002) e di proteggere i neuroni post

mitotici dall’eccitotossicità mediata dai recettori del glutammato (Staropoli et al., 2003;

Moszczynska et al., 2007).

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Infine un recente studio ha dimostrato come la parkina sia in grado di regolare la

funzionalità e la stabilità delle sinapsi eccitatorie aumentandone la vulnerabilità agli

stimoli eccitotossici in caso di mutazioni (Helton et al., 2008), fornedo in questo modo

prove a sostegno del possibile legame tra parkina e funzionalità sinaptica.

Date queste premesse è stato pensato che la perdita di funzione della parkina possa avere

un ruolo nella maggiore suscettibilità dei neuroni dopaminergici alla stimolazione da

glutammato. A tale proposito è stato pensato di studiare la risposta glutamatergica in un

modello neuronale privo di parkina, in modo da mimare i possibili effetti dello stimolo

tossico a livello molecolare e in modo da comprendere quale subunità recettoriale

glutamatergica subisca variazioni specifiche in seguito a perdita di funzione della parkina

sia a livello strutturale che funzionale.

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MATERIALI E METODI

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Colture cellulari

Cellule umane SH-SY5Y (ATCC-LGC) sono state cresciute e propagate in RPMI

contenente 10% siero fetale bovino decomplementato (Gibco BRL, Invitrogen), 50

l/mL penicillina e 50 lg/mL streptomicina (Invitrogen). Il modello di PD “in vitro” è

stato ottenuto trasfettando stabilmente le cellule SH-SY5Y con il plasmide codificante

per shRNA selettivo per la parkina umana. Tre diversi shRNA sono stati disegnati e

sono stati ottenuti i corrispondenti modelli cellulari identificati come cellule sh parkin. Le

sequenze dei primer sono:

sh-591 5’ GTACAGTGCAGCACCTGCAGGCAGG 3’

sh-183 5’ ATCAGCAGAGCATTGTTCACGAATGAACAATGCTCTGCTGATCC 3’

sh-229 5’ TCAAGAAATGAATGCAACTCGAAAGTTGCATTCATTTCTTGACC 3’

Come controllo negativo è stato usato un plasmide codificante un shRNA per l’mRNA

del LacZ batterico. Le cellule sono state piastrate su piastre a sei pozzetti e cresciute fino

al 60-80% di confluenza. Le cellule sono state transfettate usando Lipofectamine 2000

(Invitrogen).

Le cellule transfettate sono state mantenute in selezione per quattro-sei settimane con

G418 0.2 mg/mL fino alla selezione dei cloni resistenti. In seguito diversi cloni per ogni

shRNA sono stati raccolti insieme per evitare la selezione di singoli cloni che potevano

portare abberrazioni cromosomiche. L’integrazione stabile del plasmide esogeno nel

DNA genomico delle cellule SH-SY5Y è stata verificata attraverso PCR con primer in

grado di amplificare selettivamente il vettore pDEST.

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Sostanze chimiche utilizzate

Terreno RPMI, siero fetale di vitello inattivato al calore e peniciliina/streptomicina sono

stati acquistati dalla Gibco BRL e dall’ Invitrogen (Grand Island, NY). CNQX, NS-102,

IEM1460, Ciclotiazide, Concanavalina A e Glutammato sono stati acquistati dalla

SIGMA (St.Louis, MO). Fluo4NW kit dalla Molecular Probes e tutte le altre sostanze, se

non diversamente indicate, sono state acquistate dalla Sigma (St.Louis, MO).

Vitalità Cellulare

Per valutare l’effetto del glutammato sulle cellule prive di parkina e sulle cellule controllo,

è stata misurata la vitalità cellulare attraverso conta cellulare con Coulter Counter e

saggio MTS [3-(4,5-dimethylthiazol-2-yl)-5-(3-carboxymethoxyphenyl)-2-(4-sulfophenyl)-

2H-tetrazolium]. Per la conta cellulare con Coulter Counter, le cellule sono state piastrate

in piastre da sei pozzetti ad una densità di 300,000/pozzetto in tre piastre. Dopo il

trattamento e ai tempi indicati, le cellule sono state staccate mediante tripsina e raccolte

in 10 ml di soluzione isotonica e contate in triplicato usando una macchina Coulter

Counter (Z2 Coulter Counter, Beckman-Coulter, Fullerton CA). Per il saggio MTS, sono

state piastrate 10,0000 cellule per pozzetto in una piastra da 96 pozzetti, lasciate in

coltura per 24 ore in modo da permetterne l’adesione, incubate con le varie sostanze e

analizzate a 48, 72 e 120 ore con saggio di proliferazione cellulare Cell Titer 96AQueous

(Promega, Southampton, UK).

Misura del [Ca2+]c

Le cellule sono state registrate 24 ore dopo la piastratura. Il Ca2+ intracellulare è stato

monitorato con l’indicatore ad alta affinità per il Ca2+ Fluo4NW (EC50 = 22.6 nM)

utilizzando la microfluorimetria.

Le cellule sono state incubate a 37ºC per 60 minuti con Fluo4NW secondo il protocollo

indicato dal produttore. I dati presentati sono stati ottenuti con un emissione di

fluorescenza a 530 nm.

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Western blotting

Le cellule di neuroblastoma sono state raccolte in PBS freddo dopo centrifugazione,

sono state lisate in ghiaccio per 15 minuti in baffer contenente 20 mM TRIS pH 7.5, 150

mM NaCl, 1 mM EDTA, 1 mM EGTA, 1% Triton X-100 e inibitore delle proteasi

(Roche). I lisati sono stati brevemente sonicati e la concentrazione proteica è stata

determinata usando il reagente Bio-Rad Protein-Assay-Reagent (Bio-Rad Laboratory) e

BSA (Albumin from bovine serum ) come standard. Gli omogenati sono stati diluiti con

3X SDS sample buffer (180 mM Tris-HCl pH 6.8, 6% SDS, 30% glycerol, 300 mM DTT

and 0.02% blue di bromofenolo).

Le proteine sono state separate su gel di poliacrilammide al 7.5%. La corsa del gel

avviene in Running buffer 1x ( H2O deionizzata, 20 mM Glicina, 250 mM Tris, 1%

SDS). Al gel viene applicato un campo elettrico costante di 50 Volt fino al termine della

corsa.

COMPOSIZIONE DEL GEL (7.5%):

RUNNING 1 gel 2 gel

H20 2.9 ml 5.8 ml

Running Buffer 4X 1.5 ml 3 ml

Acrilamide 1.6 ml 3.2 ml

APS (10 %) 25 µl 50 µl

Temed 2.5 µl 5 µl

STACKING 1 gel 2 gel

H20 1.35ml 2.7 ml

Running Buffer 4X 0.56 ml 1.125 ml

Acrilamide 0.3 ml 0.6 ml

APS (10 %) 18.75 µl 37.5 µl

Temed 1.87 µl 3.75µl

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I campioni sono trasferiti elettroforeticamente dal gel di poliacrilamide ad una

membrana di nitrocellulosa in un tampone di Blotting 1x (Trizma Base 20mM, Glicina

150mM, 20% metanolo, 0.01% SDS, pH8.3) a 240 mA per 120 minuti.

Dopo il trasferimento le proteine sono state visualizzate con Red Ponceau 1x. Dopo

rimozione dell’eccesso di colorante i filtri di nitrocellulosa sono stati saturati in blocking

buffer (0.1% Tween 20, Tris 20mM, NaCl 150 mM, pH 7.5, latte in polvere al 5%) per

circa un’ora.

I fogli di nitrocellulosa sono stati incubati a temperatura ambiente per 3 ore, in

agitazione, con un anticorpo primario.

Gli anticorpi primari utilizzati e le relative diluizioni sono:

Gli anticorpi vengono diluiti in tampone TBS-Tween (0.1% Tween 20, Tris 20mM,

NaCl 150 mM, pH 7.5)/latte in polvere al 3%. Dopo tre lavaggi in TBS-Tween i

complessi antigene-anticorpo sono stati rilevati con anticorpi secondari anti IgG di

coniglio e topo (AMERSHAM), coniugati con perossidasi, diluiti 1:1000 in tampone

TBS-Tween 1%/latte al 3%.

Alla fine del periodo di incubazione con gli anticorpi secondari (1 ora) i filtri sono stati

lavati 3 volte in TBS Tween e visualizzati mediante reazione con Enhanced

ChemiLuminescence (Ge-healthcare, Piscataway, NJ).. Le relative immagini sono state

ottenute mediante sviluppo con lastre fotografiche e sviluppatrice (Kodak).

I pesi molecolari delle proteine sono stati calcolati in base alla migrazione elettroforetica

di pesi molecolari standard (SIGMA).

Gli anticorpi primari utilizzati e le relative diluizioni sono:

� anticorpo policlonale anti GRIK2 (GluR6) (ab28697 prodotto in coniglio, abCam

1:400)

� anticorpo policlonale anti GRIK2 (GluR6) (HPA014623 prodotto in coniglio,

SIGMA 1:1,000)

� anticorpo monoclonale anti Gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH)

(prodotto in coniglio, Biogenesis 1:20,000)

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� anticorpo monoclonale anti Parkin, clone PRK8 (prodotto in topo, SIGMA

1:5,000)

Co-immunoprecipitazione

Le cellule sono state lisate in un tampone contenente 20 mM TRIS pH 7.5, 150 mM

NaCl, 1 mM EDTA, 1 mM EGTA, 1% Triton X-100 e inibitori delle proteasi (Roche

Applied Sciences, Mannheim, Germany). Gli estratti proteici sono stati centrifugati a

14,000 X g per 30 minuti in modo da eliminare i detriti cellulari. Un passaggio di pre-

clearing è stato effettuato incubando 1 ml di ciascun estratto alla concentrazione di 2

µg/µl con 100 µl di proteina A/G-sepharosio/Tris-buffered saline slurry (Ge-

Healthcare) per 1 ora a 4 °C. Gli estratti proteici sono stati quindi incubati con 2 µg di

anticorpo anti parkina a 4 °C per tutta la notte. La soluzione è stata quindi incubata con

50 µl di di proteina A/G-sepharosio/Tris-buffered saline slurry per 1 ora a 4 °C, le

palline vengono così lavate per tre volte con tampone di lisi e le proteine legate vengono

eluite in seguito a bollitura per 10 minuti in sample buffer. I campioni sono stati

analizzati tramite Western Blot.

Elettrofisiologia

Le registrazioni di patch-clamp sono state effettuate in configurazione di whole-cell,

derivando così la corrente totale sviluppata in risposta al glutammato (6mM per 2-6

secondi).

La perfusione di una soluzione di controllo, di brevi impulsi di glutammato e del

bloccante del recettore kainato (NS-102, 150 µM) è stata ottenuta utilizzando una pipetta

multivia (BioLogic).

Soluzione extracellulare (mM): NaCl 145, KCl 5, CaCl2 2, MgCl2 2, HEPES 10, glucose

10 (pH 7.35).

Soluzione intrapipetta (mM): KCl 124, NaCl 4, CaCl2 0.02, MgCl2 2, EGTA 0.8, ATP-

Mg 3, GTP-Na 0.1, glucose 10, HEPES 10 (pH 7.2).

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PCR quantitativa (Real Time)

L’ RNA totale da colture cellulari è stato estratto usando TRIzol (Invitrogen) secondo il

protocollo indicato dal produttore. Tutto l’RNA estratto (1mg) è stato retrotrascritto

usando SuperScript II (Invitrogen). Una reazione di PCR quantitativa è stata usata per

quantizzare gli RNA messaggeri (mRNA) di GluR 5, 6, 7. Per ogni campione, 10 ng di

stampo è stato amplificato in duplicato in una reazione di PCR su una macchina ABI

PRISM 7700 usando un saggio Assay-on-Demand Gene Expression Products (Applied

Biosystems, Foster City, CA). Gli mRNA delle subunità KAR e il gene normalizzatore

(Actina) sono stati marcati con FAM. I dati sono stati analizzati con un software SDS

2.1. La relativa quantità di ciascun mRNA è stata normalizzata con la relativa quantità del

trascritto di Actina nello stesso cDNA e i dati sono stati espressi come 2-∆CT.

Transfezione cellulare

Cellule HEK293T sono state transfettate utilizzando Lipofectamine 2000 reagent

(Invitrogen), secondo il protocollo indicato dal produttore. Il plasmide codificante la

parkina umana è stato generato attraverso l’inserzione nel frame di lettura di un

frammento di DNA amplificato per PCR codificante la parkina umana nel vettore

pcDNA4-Myc-HIS (Invitrogen, CA).

Analisi statistica

L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando il programma SigmaStat 3.5 (Systat

Software, Inc., Chicago, IL ). I dati sono presentati come media ± SEM. La

significatività statistica è stata determinata comparando la media di diversi gruppi usando

il t test o l’ANOVA seguita dal Post Hoc Tukey test.

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RISULTATI

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E’ stato visto come mutazioni nel gene PARK2 causano una forma recessiva ereditaria di

PD (Kitada et al., 1998). Tale gene codifica per una proteina E3 ubiquitin ligasi chiamata

parkina la cui perdita di funzione in seguito a mutazioni è causa dell’ insorgenza di

malattia. Tuttavia nonostante i recenti progressi nel definire le proprietà molecolari e i

diversi substrati della parkina, poco è ancora conosciuto sul suo ruolo funzionale e sui

meccanismi patogenetici che sono alla base della patologia.

Inoltre tra i vari ruoli che la parkina sembra assumere a livello cellulare e che potrebbero

prendere parte nei meccanismi di malattia, tra cui neuroprotezione (Darios et al., 2003) e

funzionalità mitocondriale (Muftuoglu et al., 2004; Kuroda et al., 2006), l’ipotesi più

recente sembra suggerire per la parkina un ruolo di protezione tossicità mediata dal

glutammato grazie alla sua partecipazione nei meccanismi di rimaneggiamento sinaptico

(Helton et al., 2008).

A partire da queste considerazioni, e per capire in che modo la perdita di funzione della

parkina possa contribuire ai meccanismi che stanno alla base del PD, abbiamo utilizzato

una linea cellulare dopaminergica immortalizzata (SH-SY5Y) che esprime stabilmente un

shRNA selettivo per la parkina umana. Abbiamo utilizzato cellule SH-SY5Y in modo da

mimare il più possibile la condizione di perdita della parkina in un modello neuronale

dopaminergico che chiameremo sh-parkin per distinguerle dalla linea cellulare parentale.

Sono stati utilizzati tre diversi shRNA in modo da ottenere tre diverse linee stabili tutte

silenziate per la parkina ed ottimizzare in questo modo la percentuale di silenziamento.

Inoltre come linea cellulare di controllo, in modo da evitare che gli effetti ottenuti siano

causati dall’azione aspecifica dell’ shRNA, è stata utilizzata una linea cellulare SHSY5Y

silenziata per un gene non presente nell’ uomo che è il gene LacZ, che chiameremo

shLacZ. Prima di procedere con la creazione di un modello cellulare neuronale stabile

SHSY5Y, l’efficacia di interference delle sequenze scelte per l’shRNA è stata valutata

mediante espressione transiente in cellule SHSY5Y, tramite real-time PCR e western blot

per l’ mRNA e la proteina parkina. L’espressione di questi shRNA contro il messaggero

della parkina provoca una notevole riduzione dei livelli di parkina endogeni (FIG.1).

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L’obiettivo che ci si poneva era quello di valutare innanzitutto la risposta di queste cellule

ad uno stimolo eccitatorio glutamatergico in modo da valutare la possibile diversa

vulnerabilità delle cellule prive di parkina rispetto alle cellule controllo.

Il calcio intracellulare è stato monitorato con l’indicatore ad alta affinità Fluo4NW (EC50

= 22.6 nM) misurando, attraverso microfluorimetria, l’emissione di fluorescenza a 530

nm. Misure quantitative della concentrazione di calcio monitorato ad intervalli di 2

secondi, rivelano che la stimolazione con Glutammato (1-6 mM) provoca picchi della

concentrazione citoplasmatica di calcio [Ca2+]c dose dipendenti rapidi e transienti nelle

cellule sh-parkin rispetto ad un aumento impercettibile nelle cellule controllo (FIG.2A-

C).

Per indagare qualora questo particolare influsso di Calcio sia conseguenza di un entrata

di Calcio extracellulare o di un rilascio dalle riserve intracellulari, gli esperimenti

precedenti sono stati replicati aggiungendo al tampone extracellulare un chelante degli

ioni Calcio (Ca2+ ) chiamato EGTA. Si è così osservato che in seguito all’aggiunta di

EGTA i picchi progressivamente diminuivano in modo dose dipendente indicando che

l’aumento del [Ca2+]c viene sostenuto o comunque inizializzato da un influsso di Calcio

extracellulare (FIG.2D).

Tutte e tre i gruppi di recettori ionotropici del Glutammato possono permettere un

rapido influsso di Ca2+ in seguito a stimolazione glutamatergica (Dingledine et al., 1999).

Nel tentativo di individuare quale dei tre gruppi recettoriali fosse responsabile della

massiva entrata di ioni Calcio in seguito a stimolazione glutamatergica, la misurazione del

[Ca2+]c è stata effettuata in presenza di differenti concentrazioni di antagonisti selettivi

per il gruppo NMDA, per il gruppo AMPA e per quello KAINATO (KAR).

L’applicazione del D-AP5 (250-500 µM), un antagonista competitivo del recettore

NMDA (Watkins et al., 1990), non è in grado di antagonizzare l’effetto del Glutammato

(FIG.3A). Al contrario il CNQX, che è un antagonista competitivo sia del gruppo

recettoriale AMPA che di quello KAR (Sheardown et al., 1993), a concentrazioni che

vanno da 50 a 200 µM, è in grado di diminuire significativamente gli effetti del

Glutammato in modo dose dipendente (FIG.3B).

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A questo punto è stato utile utilizzare antagonisti specifici per il gruppo AMPA o per il

gruppo KAR per capire quale dei due gruppi, o se entrambi, era il responsabile della

diversa risposta al Glutammato osservata nelle sh-parkin rispetto alle cellule controllo.

Si è così osservato che l’antagonista NS-102 per il gruppo dei recettori del Kainato

(Johansen et al., 1993; Verdoorn et al., 1994), a concentrazioni da 50 a 150 µM, è in

grado di antagonizzare efficacemente l’effetto del Glutammato in maniera dose-

dipendente (FIG.3D). Invece l’antagonista IEM-1460, selettivo per il gruppo AMPA

(Schlesinger et al., 2005), utilizzato alle stesse concentrazioni dell’ NS-102, non è in

grado di inibire in modo efficace l’aumentata entrata di Ca2+ a livello citoplasmatico

(FIG.3E).

Per confermare il coinvolgimento del gruppo recettoriale KAR nell’ingresso di Calcio

nelle cellule sh-parkin, gli esperimenti di misura dei livelli di [Ca2+]c sono stati ripetuti in

presenza di Concanavalina A. La Concanavalina A è una lectina di derivazione naturale

che è in grado di inibire selettivamente e irreversibilmente la desensitizzazione dei

recettori del KAR (Wong et al., 1993).

L’applicazione di Glutammato, in presenza di Concanavalina A, rafforza i picchi di

[Ca2+]c dando ulteriore conferma del presunto ruolo dei recettori KAR nell’anomalo

aumento di [Ca2+]c nel modello sh-parkin rispetto al modello di controllo sh-LacZ in

seguito a stimolazione glutamatergica (FIG.3F).

Ad ulteriore conferma che l’aumento di [Ca2+]c nel modello sh-parkin deriva

dall’attivazione dei recettori KAR, è stata valutata la risposta elettrofisiologica di queste

cellule alla perfusione mediante registrazione patch-clamp. La risposta media risultante

dalle cellule sh-parkin e da quelle controllo (FIG.4) mostra come la corrente evocata dal

glutammato risulti più alta nelle cellule sh-parkin se paragonata a quella evocata nelle

cellule sh-LacZ (p<0.01). Inoltre l’antagonista NS-102, selettivo per i recettori KAR,

utilizzato nello stesso tipo di misurazioni è in grado di prevenire la corrente evocata dal

glutammato nel modello cellulare privo di parkina.

Come riportato in letteratura, i recettori KAR sono soggetti a rapida desensitizzazione in

risposta alla stimolazione con glutammato (Priel et al., 2006) e per tale ragione quando il

modello cellulare sh-parkin viene trattato con Glutammato ad una concentrazione di 6

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mM non mostra un elevato tasso di mortalità né questo viene visto nel modello cellulare

di controllo sh-LacZ.

Quindi è stata valutata la vitalità cellulare con saggio MTS a 48-72 e 120 ore dopo

trattamento con glutammato in presenza di Concanavalina A, che inibisce in modo

irreversibile la desensitizzazione e quindi l’endocitosi del recettore.

Il saggio MTS è basato sulla capacità delle cellule vitali di metabolizzare,grazie alla

succinato deidrogenasi mitocondriale, il sale giallo di tetrazolio79(MTS), in presenza di

fenazina metosulfonato (PMS) come accettore di elettroni, in formazano color porpora

direttamente solubile nel mezzo dicoltura. Tale capacità è stata misurata dall’assorbanza a

490 nm, che è proporzionale al numero di cellule vitali.

E’ interessante notare come la presenza del glutammato insieme con la Concanavalina A

siano in grado di indurre morte cellulare nelle cellule sh-parkin del 50-60 %, mentre nelle

cellule controllo il co-trattamento non è in grado di indurre una morte cellulare

significativa.

Ad ulteriore conferma del fatto che la tossicità da glutammato nelle cellule sh-parkin sia

mediata dai recettori KAR piuttosto che dal gruppo di recettori AMPA o NMDA, il

saggio di vitalità è stato effettuato in presenza di Ciclotiazide (CTZ). La Ciclotiazide che

è uno specifico inibitore della desensitizzazione del gruppo di recettori AMPA (Yamada

and Tang, 1993) è stato aggiunto alle cellule insieme al glutammato e al posto della

Concanavalina, e a dimostrazione del fatto che la mancata desensitizzazione di questi

recettori non è in grado di provocare tossicità, non vi è significativa morte cellulare né

nelle cellule sh-parkin né nelle cellule controllo (FIG.5).

Quando il trattamento di glutammato e Concanavalina A viene effettuato in presenza di

NS-102, che è un antagonista competitivo dei recettori KAR, si può vedere come il

blocco selettivo di questi recettori è in grado di diminuire la tossicità e di migliorare la

sopravvivenza delle cellule sh-parkin in modo dose-dipendente. Infatti la percentuale di

morte cellulare diminuisce significativamente (dal 65% al 35%) in presenza di NS-102 ad

una concentrazione di 100 µM. Al contrario l’esperimento di vitalità cellulare effettuato

in presenza di IEM-1460, l’antagonista per i recettori AMPA, non determina un

miglioramento della vitalità e quindi non sembra svolgere nessun effetto protettivo

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Questi dati rappresentano un’ulteriore prova a sostegno del supposto ruolo dei recettori

KAR nell’anomala sensibilità al glutammato nelle cellule sh-parkin.

I recettori KAR sono tetrameri formati da canali composti da diverse subunità: GluR5,

GluR6 e GluR7 formano recettori-canale omomerici attivati da Kainato e glutammato

quando espressi in un sistema eterologo (Bettler et al., 1990; Egebjerg et al., 1991;

Lomeli et al., 1992; Sommer et al., 1992) mentre KA1 e KA2 mostrano una certa affinità

di legame al Kainato ma non sono in grado di formare canali recettoriali omomerici

funzionali (Herb et al., 1992).

Quindi abbiamo analizzato i livelli delle diverse subunità sia per quanto riguarda

l’espressione proteica che per quanto riguarda quello che c’è a monte e cioè l’espressione

del loro RNA messaggero (mRNA). Per quanto riguarda i livelli di mRNA, analizzati

tramite RT-PCR utilizzando Actina come normalizzatore, è possibile vedere come nella

linea cellulare indifferenziata SH-SY5Y analizzata vengono espressi livelli significativi di

GluR6, livelli bassi dell’ mRNA di GluR7 e livelli impercettibili della subunità GluR5

(FIG.6A). Inoltre non vi è nessuna differenza statisticamente significativa

nell’espressione del messaggero di GluR6 e di GluR7 tra le cellule sh-parkin e le cellule

di controllo (p>0.05).

Per quanto riguarda invece i livelli di proteina, l’analisi effettuata partendo da lisati totali

sottoposti a Western Blot, con anticorpi specifici per le diverse subunità, mostra livelli

quasi inesistenti di GluR5, appena visibili di GluR7 nella linea cellulare parentale SH-

SY5Y e nelle due linee cellulari utilizzate nel nostro studio, paragonate ad un lisato totale

estratto da encefalo di topo usato come controllo positivo (FIG.6B). A questo punto per

valutare l’espressione di GluR6 nella linea cellulare di nostro interesse è stata effettuata

un’ analisi di Western Blot con un anticorpo specifico che ha rivelato la presenza di due

specie immunoreattive maggiormente presenti, una a maggior peso molecolare che

rappresenta la proteina intera ( ~116 kDa) e una banda a più basso peso molecolare (~

45 kDa) che risultava visibile solo nelle cellule sh-parkin ed era assente sia nelle cellule

parentali che nelle cellule di controllo (FIG.7A).

La banda a più basso peso molecolare, che supponiamo possa essere un frammento

proteolitico ottenuto dalla proteina full-lenght è stata osservata in entrambi i cloni cellulari

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ottenuti utilizzando due diversi shRNA per la parkina umana. E’ stata inoltre eseguita

l’analisi densitometrica con il programma Quantity-One dei livelli di proteina full-lenght,

del frammento proteolitico e dei livelli totali di GluR6, che derivano dalla somma delle

due diverse forme della proteina, in tutte le linee cellulari utilizzate: cellule parentali, sh-

LacZ e sh-parkin. In grafico è possibile vedere come i livelli della forma full-lenght sono

paragonabili nelle tre linee cellulari mentre il frammento proteolitico è presente a livelli

significativi solo nella linea sh-parkin. I livelli totali di proteina, ottenuti sommando la

forma full-lenght a quella proteolitica, risultano essere significativamente più elevati nella

linea cellulare sh-parkin rispetto alla linea cellulare di controllo e a quella parentale

(FIG.7B).

Questi dati suggeriscono una predominante presenza a livello cellulare della subunità

GluR6 fornendo l’ipotesi che la risposta al glutammato osservata nel modello sh-parkin

sia mediata da recettori KAR prevalentemente formati da subunità GluR6.

La specificità dell’anticorpo contro GluR6 è stata verificata trasfettando cellule

HEK293T con un plasmide codificante per GluR6, analizzando i lisati cellulari totali

mediante Western Blot; mentre cellule HEK293T non trasfettate sono state utilizzate

come controllo. I risultati mostrano come l’anticorpo è specifico per la forma full-lenght

della proteina ed è inoltre in grado di riconoscere anche le forme oligomeriche che

GluR6 è capace di formare. Dato che l’anticorpo GluR6 utilizzato riconosce un epitopo

che risiede tra gli aminoacidi 380-455 della proteina umana è possibile pensare che la

banda a 45 kDa possa corrispondere ad un frammento proteolitico N-terminale.

La proteolisi appare come un altro meccanismo cellulare per regolare la concentrazione e

la funzione delle proteine. In particolare è stato visto come la proteolisi parziale

contribuisce alla regolazione altamente specifica dell’espressione e della funzione per

diverse subunità dei recettori del Glutammato. Precisamente la proteolisi limitata può

rivelare domini proteici che alterano la funzione del recettore e sono in grado di

modulare la mobilità del recettore nella cellula (Meyer et al., 2003). Per esempio la

subunità GluR1 è suscettibile alla proteolisi da parte della caspasi 8 simile a proteasi

(Meyer et al., 2002), la subunità GluR3 è suscettibile al taglio da parte delle serin proteasi

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(referenza), del Granzima B (Gahring et al., 2001) e al clivaggio da parte della γ-secretasi

(Meyer et al., 2003).

Per dimostrare che la banda a 45 kDa sia effettivamente un frammento derivante dalla

proteolisi della forma full-lenght di GluR6 abbiamo investigato da quale possibile clivaggio

enzimatico il frammento potrebbe derivare.

Le cellule sono state quindi trattate con vari inibitori delle proteasi aggiunti al medium di

coltura delle cellule a varie concentrazioni e a vari tempi indicati in letteratura .

Per valutare il possibile ruolo della degradazione lisosomale nella produzione del

frammento, le cellule sono state trattate con ammonio cloruro e clorochina (inibitori

delle proteasi lisosomali), a concentrazioni rispettivamente di 50 mM e 50 µM per 8 e 24

ore, e i lisati cellulari sono stati sottoposti ad analisi di Western Blot e colorati con un

anticorpo specifico per GluR6. Tuttavia i risultati non sembrano mostrare variazioni nei

livelli del frammento proteolitico di GluR6 all’interno del modello sh-parkin escludendo

quindi il coinvolgimento di queste proteasi nella produzione di quest’ ultimo (FIG.8A).

E’ stato ottenuto lo stesso risultato utilizzando un inibitore delle metalloproteinasi ad

ampio spettro (GM6001) a tre diverse concentrazioni 10-16-18 µM rispettivamente per 8

e 24 ore (FIG.8B), l’inibitore per la calpaina (ZVAD-FMK) e con uno ad ampio spettro

delle caspasi (ALLM) utilizzati alle concentrazioni di 50 e 100 µM per 24 ore (FIG.8C).

Infine abbiamo utilizzato due inibitori, uno per la ß e uno per la γ-secretasi,

rispettivamente alle concentrazioni di 50 µM e 25-50-100 µM per 24 ore. I lisati totali

cellulari analizzati nuovamente per Western Blot con anticorpo specifico per GluR6

hanno mostrato risultati diversi; per quanto riguarda le cellule trattate con l’inibitore della

ß-secretasi II non si osserva alcuna variazione dei livelli di frammento proteolitico

(FIG.9A). Al contrario le cellule trattate con inibitore della γ-secretasi VI mostrano una

diminuzione significativa dei livelli del frammento proteolitico alla massima

concentrazione utilizzata (100 µM) indicando come in mancanza di questo enzima non è

possibile il taglio proteolitico che genera il frammento (FIG.9B).

Nel modello cellulare sh-parkin quindi vi è un’alterata risposta al Glutammato mediata

da un accumulo di recettori KAR composti da subunità GluR6 che mostrano un’alterato

pattern rispetto alle cellule controllo. Tuttavia il modello cellulare immortalizzato

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46

presenta i limiti di non rappresentare un modello fisiologico perfetto. A sostegno quindi

dei risultati mostrati abbiamo voluto analizzare il pattern di GluR6 in tessuti cerebrali

provenienti da pazienti mutati per la parkina e affetti da AR-JP. Abbiamo preparato

quindi lisati proteici di corteccia cerebrale da due pazienti PD e da due controlli

comparati per età. L’analisi di Western Blot dei lisati cerebrali con l’anticorpo specifico

per GluR6 mostra aumentati livelli della proteina GluR6 nei tessuti di encefalo dei

pazienti PARK2 mutati (FIG.10A) rispetto ai tessuti dei controlli e una serie di

frammenti proteolitici a peso molecolare minore confermando quindi l’aumento dei

livelli di GluR6 che avevamo visto precedentemente nel modello cellulare.

Infine abbiamo voluto cercare ulteriore conferma del nostro dato in tessuti provenienti

da topo privo di parkina. Corteccia, cervelletto, striato estratti da topi privi di parkina,

lisati e sottoposti ad analisi di Western Blot, non mostrano nessuna differenza

significativa nel pattern di GluR6 rispetto agli stessi lisati ottenuti da topi wild-type

(FIG.10B).

L’estremo C-terminale della parkina contiene un motivo di legame PDZ per cui le

proteine con domini PDZ (PSD-95/discs large/ZO-1) sono in grado di interagire con

essa. Infatti la parkina è in grado di interagire fra le altre con varie proteine PDZ tra cui

la PSD 95 (referenza), la proteina PICK1 (Joch et al., 2007) e la proteina CASK (Fallon

et al.,2002) tutte situate a livello della densità post sinaptica. D’altra parte anche i

recettori del kainato contengono al loro C-terminale un motivo di legame PDZ che è in

grado di legare le proteine già citate per la parkina che sono in grado di regolarne la

funzionalità e la stabilità sinaptica. A tale proposito abbiamo ipotizzato che tra le due

proteine prese in esame ci possa essere un coinvolgimento diretto e un’interazione che

viene quindi a mancare nel momento in cui c’è il silenziamento della parkina.

Per verificare la presenza di un’effettiva interazione tra la parkina e GluR6 a livello del

SNC è stata effettuata una co-immunoprecipitazione con un anticorpo specifico per la

parkina partendo da lisati totali di encefalo di topo e usando un lisato ottenuto da topo

wild-type come controllo negativo. I campioni ottenuti dall’immunoprecipitazione sono

stati analizzati tramite Western Blot con anticorpi specifici per GluR6 e per la parkina

per verificare la specificità dell’immunoprecipitazione. I dati ottenuti mostrano come la

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parkina e GluR6 sono in grado di co-immunoprecipitare tra di loro e di non interagire

nel caso in cui la parkina viene a mancare (nel lisato ottenuto da topo privo di parkina)

(FIG.11A).

A conferma dell’interazione tra le due proteine e per verificare che l’interazione sia

diretta abbiamo utilizzato un sistema eterologo quale le cellule HEK293T in cui la

parkina è espressa a livelli molto bassi e secondo la letteratura non sembrano esprimere

GluR6 endogeno (Motazacker et al., 2007). Sono state quindi trasfettate queste cellule

solo con un plasmide codificante per la parkina o solo per GluR6 per evitare segnali

aspecifici o con entrambe per verificare l’interazione e i lisati cellulari sono stati co-

immunoprecipitati con un anticorpo per la parkina. L’analisi in Western Blot e la

colorazione con un anticorpo contro GluR6 ha dimostrato come esiste un’interazione

diretta tra le due proteine anche in un sistema eterologo quale le HEK293T, mentre la

colorazione con un anticorpo contro la parkina dimostra la specificità della co-

immunoprecipitazione (FIG.11B).

Infine a dimostrazione del fatto che GluR6 possa essere un possibile substrato della

parkina e che possa essere ubiquitinato da quest’ultima abbiamo effettuato una co-

immunoprecipitazione in lisati di brain umano controllo e PARK2 con un anticorpo

specifico per l’ubiquitina. I campioni ottenuti sono stati analizzati mediante Western Blot

con anticorpi specifici per GluR6 e per l’ubiquitina per verificare la specificità

dell’immunoprecipitazione. I risultati ottenuti mostrano come l’anticorpo anti-ubiquitina

è in grado di immunoprecipitare GluR6 a dimostrazione del fatto che GluR6 può essere

ubiquitinato, inoltre nel lisato ottenuto da soggetto controllo è presente una quantità

maggiore di GluR6 a peso molecolare maggiore (~ 118 kDa) rispetto a quello ottenuto

da soggetto PARK2 a dimostrazione del possibile ruolo della parkina

nell’ubiquitinazione di GluR6 e più in particolare nell’attacco di una sola molecola di

ubiquitina.

Quindi trattando le cellule parentali, sh-LacZ e sh-parkin con MG132, l’inibitore del

proteasoma alla concentrazione di 5 µM fino a 4 ore, per verificare se in seguito ad

ubiquitinazione si ha l’accumulo di GluR6 e analizzando i lisati mediante Western Blot

con anticorpo contro GluR6, possiamo vedere come i livelli di GluR6 dopo trattamento

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non risultano statisticamente diversi; quindi, come indicato anche dai dati precedenti, si

può ipotizzare che GluR6 non viene poli-ubiquitinato dalla parkina e che quindi la sua

ubiquitinazione non è destinata alla degradazione da parte del proteasoma ma piuttosto

alla regolazione di altre funzioni, come ad esempio il trafficking.

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DISCUSSIONE

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La malattia di Parkinson (PD) è uno dei più comuni disordini neurodegenerativi,

caratterizzato dalla progressiva e selettiva perdita di neuroni dopaminergici nella

substantia nigra pars compacta (SNpc) e dalla presenza di inclusioni intracellulari, chiamate

corpi di Lewy (Dawson and Dawson, 2003). La perdita di tali neuroni causa il

progressivo blocco motorio, che include tremore, rigidità, e bradicinesia. Sebbene la

maggioranza dei casi di PD sia sporadica, l’identificazione di mutazioni familiari legate a

PD ha fornito un grosso aiuto nello studio della patogenesi della malattia (Cookson,

2005). Tra le mutazioni ereditarie scoperte quelle nel gene della parkina sembrano essere

prevalenti e rendono conto di circa il 50 % dei casi di PD familiare (von Coelln et al.,

2004a). La parkina è una E3 ligasi responsabile dell’aggiunta di catene di ubiquitina su

specifici substrati che vengono così targettati per la degradazione da parte del

proteasoma rappresentando in questo modo un importante legame tra l’aggregazione

proteica ed il sistema ubiquitina-proteasoma (UPS) nella patogenesi del PD (Shimura et

al., 2000; Zhang et al., 2000). Mutazioni nella parkina sono responsabili dell’insorgenza

di parkinsonismo giovanile autosomico recessivo (AR-JP), forma giovanile di PD con

caratteristiche patogenetiche peculiari e ben precise, in cui la parkina perde la sua attività

ubiquitin ligasica e non riesce ad ubiquitinare i suoi substrati portando al loro accumulo

(Cookson, 2003). L’accumulo di uno o più dei presunti substrati della parkina potrebbe

risultare tossico per i neuroni catecolaminergici (Dong et al., 2003).

Nonostante i diversi substrati identificati e/o attribuiti alla parkina il meccanismo per cui

mutazioni della parkina, che ne provocano la perdita di funzione, sono in grado di

provocare la selettiva perdita dei neuroni dopaminergici alla base di AR-JP rimane

tutt’ora sconosciuto.

E’ stato dimostrato come il danno citotossico è una delle cause di neurodegenerazione

implicate nella patogenesi del PD. I neuroni dopaminergici del SNc sono ricchi in

recettori del glutammato e ricevono estensiva innervazione glutamatergica dalla corteccia

e dal nucleo subtalamico (STN) e mostrano dei picchi di attività in risposta alla

somministrazione esterna di glutammato (Rothstein et al., 1994; Johnson e al., 1992).

Lesioni a questo livello disinibiscono il STN ed aumentano la frequenza d’attività di

questi neuroni eccitatori (De Long 1990). Inoltre una riduzione nel metabolismo

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energetico dovuta a difetti nella funzione mitocondriale è in grado di provocare la

perdita del blocco di Mg2+ nei recettori NMDA che permette al glutammato di mediare

un repentino influsso di calcio nella cellula.

Infine è stato dimostrato come la parkina sia in grado di proteggere i neuroni post

mitotici dall’eccitotossicità mediata dai recettori del glutammato (Staropoli et al., 2003;

Moszczynska et al., 2007) e in un recente studio è stato visto come la parkina sia in grado

di regolare la funzionalità e la stabilità delle sinapsi eccitatorie aumentandone la

vulnerabilità agli stimoli eccitotossici in caso di mutazioni (Helton et al., 2008). A tale

proposito è ipotizzabile un ruolo protettivo della parkina, mediato dal suo

coinvolgimento nel rimaneggiamento della sinapsi, nei confronti della tossicità neuronale

mediata da glutammato che potrebbe essere alla base dell’insorgenza di AR-JP.

A sostegno di tale ipotesi e per meglio indagare il ruolo della parkina nell’insorgenza di

questa patologia abbiamo creato un modello neuronale privo di parkina sfruttando la

tecnica dell’RNA interference e abbiamo analizzato la risposta di questa linea cellulare (sh-

parkin) alla somministrazione di glutammato proveniente dall’ambiente extracellulare.

Sono stati disegnati tre diversi interference per la parkina tutti e tre efficaci nel down-

regolare l’espressione della proteina e abbiamo così creato una linea cellulare stabile a

livelli impercettibili di parkina e una linea di controllo silenziata per un gene non

presente nell’uomo, LacZ (sh-LacZ).

Per analizzare quindi la possibile aumentata vulnerabilità delle cellule prive di parkina ad

uno stimolo eccitatorio esterno abbiamo analizzato la variazione di calcio intracellulare

con un indicatore ad alta affinità Fluo4NW che ha mostrato come nella linea cellulare

priva di parkina è presente un aumento rapido, transitorio e dose dipendente della

concentrazione di calcio intracellulare rispetto alle cellule controllo. Inoltre gli stessi

esperimenti effettuati in presenza di un chelante per gli ioni calcio (EGTA) aggiunto al

buffer extracellulare hanno dimostrato come questo aumento derivi dall’entrata di calcio

extracellulare e non dal rilascio dagli accumuli intracellulari, in quanto l’aggiunta del

chelante è in grado di diminuire la concentrazione di calcio intracellulare.

I recettori del glutammato vengono divisi in due grandi sottogruppi a seconda del loro

meccanismo d’azione in recettori metabotropici che agiscono tramite la regolazione di

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proteine segnale e di secondi messaggeri all’interno della cellula e ionotropici che

permettono il rapido passaggio di ioni nella cellula in seguito alla loro attivazione. A loro

volta i recettori ionotropici si dividono in tre sottogruppi a seconda dell’agonista che è in

grado di attivarli in: AMPA (α-amino-3-hydroxy-5-methylisoxazole-4-propionic acid),

KAINATO ed NMDA (N-methyl-D-aspartate). Escludendo quindi i recettori

metabotropici e concentrando la nostra attenzione sui recettori ionotropici abbiamo

pensato di studiare più nel dettaglio la classe recettoriale responsabile di questo alterato

ingresso intracellulare di calcio nelle cellule sh-parkin. A tale proposito gli esperimenti di

misurazione del calcio intracellulare sono stati condotti in presenza di antagonisti per le

diverse classi recettoriali e i risultati ottenuti hanno mostrato come solo la presenza di un

antagonista selettivo per i recettori del KAINATO (KAR) è in grado di provocare la

diminuzione del repentino ingresso di calcio intracellulare dopo trattamento con

glutammato, indicando in tal modo questo tipo recettoriale come responsabile. Inoltre

l’aggiunta di un desensitizzante di questi canali (Concanavalina A) è in grado di

aumentare e rafforzare i picchi intracellulari di calcio ad ulteriore conferma del

coinvolgimento di questa classe recettoriale nell’ingresso massivo di calcio nel nostro

modello cellulare.

A conferma di questi dati è stata effettuata l’analisi elettrofisiologica dei due modelli

cellulari in risposta alla perfusione con glutammato. Le registrazioni patch-clamp hanno

evidenziato come le cellule sh-parkin presentano una corrente in risposta al glutammato

più alta in maniera statisticamente significativa rispetto alle cellule sh-LacZ. Inoltre

l’antagonista selettivo dei KAR è in grado di diminuire selettivamente questa corrente

nel modello cellulare sh-parkin.

Per testare gli effetti del silenziamento della parkina sulla tossicità indotta dal

glutammato, è stata effettuata l’analisi di vitalità cellulare tramite saggio MTS.

I risultati dimostrano come in presenza di glutammato e Concanavalina A, aggiunta per

evitare la rapida desensitizzazione recettoriale, ci sia una massiva morte cellulare nelle

cellule sh-parkin mentre nelle cellule controllo il trattamento con glutammato non

sembra avere effetto sulla vitalità cellulare.

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A questo punto è stato utile analizzare l’espressione delle diverse subunità dei recettori

KAR in modo da poter identificare quale sia la subunità maggiormente espressa a livello

di questo tipo cellulare e quale possa essere quella responsabile di questa alterata risposta

al glutammato.

I recettori del KAINATO sono recettori ionotropici del glutammato composti dalla

diversa combinazione di cinque subunità chiamate GluR5, GluR6, GluR7, che formano

recettori omomerici funzionali e KA1 e KA2 che possono formre solo parte di un

recettore funzionale quando si assemblano con almeno una delle subunità GluR5-GluR7

(Chittajallu et al., 1999; Lerma et al., 2001). Queste formano canali ionici che permettono

il passaggio di Ca2+ in seguito all’ editing dell’mRNA di una Glutammina nella regione

del poro del canale. A differenza dei canali AMPA ed NMDA, che operano

prevalentemente a livello postsinaptico e sono gli agenti chiave della trasmissione

sinaptica glutamatergica rapida, i recettori del kainato hanno diverse funzioni che

dipendono dalla loro localizzazione subcellulare. A livello del terminale presinaptico

possono modulare sia la trasmissione eccitatoria che quella inibitoria (Chittajallu et al.,

1999; Lerma et al., 2001). A livello postsinaptico mediano una componente lenta della

trasmissione sinaptica e sono coinvolti nei meccanismi di plasticità (Lerma, 2003).

In seguito all’analisi dei livelli di messaggero delle varie subunità del glutammato sia nella

linea cellulare parentale che nelle due linee silenziate con l’shRNA per la parkina e quello

controllo, abbiamo potuto vedere come GluR6 sia la subunità prevalentemente espressa

a dispetto di una bassissima espressione della subunità GluR7 e impercettibile di GluR5.

Questi risultati sono stati confermati dall’analisi dei livelli di espressione proteica

mediante Western Blot con anticorpi specifici contro le diverse forme delle diverse

subunità. Non sono state analizzate le subunità KA1 e KA2 in quanto come detto in

precedenza non sono in grado di formare recettori omomerici funzionali. Tali risultati ci

portano a concludere che a livello della nostra linea cellulare utilizzata SH-SY5Y e

conseguentemente nelle due linee cellulari silenziate vi si trovano recettori KAR

prevalentemente formati da subunità GluR6 e che i recettori coinvolti nell’alterata

risposta al glutammato osservata nelle cellule sh-parkin possa essere mediata da recettori

così composti.

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In seguito all’analisi dei livelli di proteina GluR6 nella linea cellulare sh-parkin e nella

linea di controllo sh-LacZ, abbiamo potuto vedere come nelle cellule silenziate vi sia un

diverso pattern della proteina in analisi, in quanto oltre alla specie reattiva a più alto peso

molecolare presente anche nelle cellule controllo vi è un’altra banda a peso molecolare

più basso. Inoltre dall’analisi con diversi inibitori per i più comuni sistemi di proteolisi è

emerso come questo frammento proteolitico viene ad essere prodotto in seguito

all’azione della γ-secretasi. Già in precedenza dati di letteratura hanno riportato la

possibilità di più bande immunoreattive di GluR6 all’analisi in Western Blot che in quel

caso rappresentavano forme glicosilate della subunità recettoriale (Wenthold et al., 1994).

Inoltre è stata vista la possibilità per la subunità GluR3 di essere regolata mediante

proteolisi limitata, in seguito al clivaggio in due distinti siti da parte della γ-secretasi, che

porta alla formazione di forme più corte che vengono glicosilate e trovate in

associazione con altre subunità full-lenght dei GluR sia in cervello di topo che in colture

primarie neuronali (Meyer et al., 2003). Quindi la subunità GluR6 potrebbe subire un

particolare tipo di regolazione grazie alla proteolisi che, assieme ad altri tipi di

modificazione quali la glicosilazione o la fosforilazione, può aumentare la fine

regolazione alla quale devono sottostare le diverse subunità recettoriali del glutammato

per rispondere ai meccanismi di plasticità sinaptica. Non è stato visto esattamente

quando e dove il clivaggio viene effettuato, tuttavia in seguito alla separazione tra le

proteine di membrana e quelle citoplasmatiche si identifica la presenza della specie

clivata quasi unicamente in membrana suggerendo che il taglio proteolitico possa

avvenire per lo più a livello del complesso recettoriale maturo e quindi funzionale; e

questo potrebbe essere importante per l’attività di rimodellamento o di re-distribuzione

dei recettori in compartimenti come i dentriti o le spine. Inoltre la sua presenza nella

frazione arricchita anche nelle cellule controllo ci porta a pensare che questo clivaggio sia

un meccanismo di regolazione fisiologico che viene però ad essere esasperato in assenza

di parkina portando ad un aumento dei livelli di recettore funzionante e quindi ad

un’aumentata attività di questi recettori con conseguente effetto citotossico intracellulare.

A sostegno dell’aumentata presenza di GluR6 a livello delle cellule sh-parkin abbiamo

pensato di verificarne l’espressione a livello del SNC umano utilizzando lisati di brain

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ottenuti da due pazienti AR-JP e da due soggetti sani utilizzati come controllo. Il

risultato ha confermato ulteriormente l’aumento dell’espressione di GluR6 e la presenza

di frammenti proteolitici della stessa a dimostrazione che quanto visto nella linea

cellulare non sia un artefatto dovuto al modello in vitro.

Tuttavia la stessa analisi in cervelletto, nigra, striato e corteccia provenienti da topo privo

di parkina non mostrano significative differenze rispetto ai lisati ottenuti da topi wild-type.

Questo tuttavia può essere spiegato facilmente dal fatto che il topo privo di parkina

disponibile commercialmente non è considerato un buon modello (Perez et al., 2004) in

quanto presenta deficit nigrostriatali visibili all’esame elettrofisiologico ma non presenta

perdita di neuroni dopaminergici e soprattutto non ha nessuna manifestazione fenotipica

di malattia neanche nell’età adulta (Goldberg et al.,2003).

Infine visti i dati di letteratura che dimostrano la presenza della parkina in sinapsi dove è

in grado di legare numerose proteine con domini PDZ (Fallon et al., 2002) ed il suo

ruolo nel regolare la funzionalità e la stabilità della sinapsi glutamatergica (Helton., 2008),

abbiamo verificato la possibile interazione diretta tra la parkina e GluR6 mediante co-

immunoprecipitazione dimostrando come le due proteine sono in grado di interagire sia

in a livello del SNC (brain di topo) che in un sistema eterologo quale le HEK293.

Inoltre a dimostrazione del fatto che la parkina potrebbe ubiquitinare GluR6 abbiamo

effettuato una immunoprecipitazione di tutte le proteine ubiquitinate a livello di brain

ottenuto da un soggetto sano e da un soggetto PARK2 verificando come nel soggetto

sano e quindi solo in presenza di parkina vi è un’aumentato livello di GluR6 ubiquitinato

e quindi immunoprecipitato. Al contrario in assenza di parkina vi è una maggiore

presenza di GluR6 nel surnatante a sostegno dell’ipotesi che in mancanza di parkina una

parte di GluR6 non venga ubiquitinata e quindi co-immunoprecipitata dall’ubiquitina.

Inoltre la forma ubiquitinata sembra presentare uno shift di peso di pochi kDa rispetto

alla forma originale portando a pensare che il GluR6 possa subire solo l’attacco di una o

comunque di poche molecole di ubiquitina. Infine il trattamento delle cellule sh-parkin e

delle cellule controllo con l’inibitore del proteasoma MG132 non portano all’accumulo

di GluR6 né nella sua forma full-lenght né nella sua forma clivata portando a pensare

che l’ubiquitinazione di GluR6 non sia deputata alla sua degradazione quanto piuttosto

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alla regolazione del suo trafficking e della sua messa in membrana in seguito all’aumentata

suscettibilità del GluR6 per eventuali modificazioni post-traduzionali che ne regolano la

stabilità.

La parkina è una E3 ubiquitin ligasi in grado di ubiquitinare molte proteine substrato.

Tuttavia l’ubiquitinazione può avere diverse conseguenze fisiologiche che dipendono dal

modo in cui l’ubiquitina viene legata ad una data proteina substrato, la conseguenza più

comune è la poly-ubiquitinazione che porta alla degradazione della proteina da parte

della subunità 26 S del proteasoma. In altri casi la monoubiquitinazione può regolare la

degradazione indipendente dal proteasoma (Moore et al., 2008) oppure regolare la

funzionalità di una data proteina su sue proteine partner (Joch et al., 2007), regolarne i

livelli (Dehvari et al.,. 2008) o il suo trafficking in membrana (Fallon et al., 2006).

La maggior parte delle mutazioni associate a malattia sono considerate perdita di

funzione in quanto impediscono l’interazione della parkina con E2, con cofattori o con

le proteine substrato alterandone la localizzazione cellulare, l’attività catalitica o

semplicemente la sua espressione (Doss-Pepe et al., 2005; Sriram et al., 2005., Hampe et

al., 2006; Matsuda et al., 2006). In questo modo la perdità di funzione porta ad una

mancata ubiquitinazione dei suoi substrati con conseguente accumulo di questi ultimi

(Cookson, 2003). Inoltre l’accumulo di uno o più di questi substrati si pensa possa essere

tossico per i neuroni catecolaminergici (Dong et al., 2003).

E’ già stato visto in precedenza come GluR6 può essere ubiquitinato e come questo

contribuisca alla sua corretta regolazione in superficie (Salinas et al., 2006).

I risultati ottenuti possono quindi indicare che la parkina potrebbe ubiquitinare GluR6 o

più in particolare una sua forma clivata, contribuendo al trafficking del recettore

funzionante in membrana piuttosto che alla sua degradazione. La mancanza della parkin

porterebbe ad un alterato sorting e quindi ad un accumulo del recettore che provoca

un’aumentata attività e una massiva entrata di calcio che risulta quindi tossica per la

cellula e ne provoca la morte. I neuroni dopaminergici ne risulterebbero i più colpiti in

quanto maggiormente suscettibili a danno eccitotossico da glutammato.

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Tutto questo ci porta a candidare GluR6 come substrato per la parkina e ad attribuirgli

un ruolo importante nella perdita dei neuroni dopaminergici che è alla base

dell’insorgenza di AR-JP.

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FIGURA.1 A)Analisi Western Blot dei livelli di parkina in lisati cellulari SH-SY5Y silenziate con sh-RNA specifico, come controllo sono state utilizzate cellule parentali e cellule silenziate con sh-LacZ. B)Vettore di espressione pBLOCK-iT-DEST.

A B

Figura.1

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59

Figura.2

FIGURA.2 I grafici rappresentano i risultati dell’analisi di cellule sottoposte a trattamento con glutammato 1-6 mM con Fluo-4NW (A-B-C) e in presenza e assenza di EGTA (D). Le intensità di fluorescenza sono state normalizzate con la fluorescenza media registratata durante i 10 minuti che precedono l’aggiunta dell’agonista. Questi risultati sono rappresentativi di 6 esperimenti condotti in identiche condizioni. L’analisi statistica è stata effettuata attraverso test One Way ANOVA.

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Figura.3

FIGURA.3 I grafici rappresentano i livelli di [Ca2+]c in cellule sh-parkin trattate con glutammato 6mM in presenza di antagonisti dei recettori ionotropici del glutammato. Le cellule sono state trattate alternativamente con AP-5 (250-500 µM) (A), CNQX (50-200 µM), (B) NS-102 (50-150 µM) (C) o IEM-1460 (50-500 µM) (D), concanavalin A (200-300 µg/mL) (E)per 30 minuti prima dell’aggiunta di glutammato. I risultati sono rappresentativi di 6 esperimenti condotti in identiche condizioni. L’analisi statistica è stata effettuata attraverso test One Way ANOVA.

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Figura.4

FIGURA.4 Il grafico in figura (A) mostra la risposta media al glutammato 6 mM in cellule sh-LacZ, a sinistra, ed sh-parkin, a destra. In figura (B) viene mostrato lo stesso esperimento condotto in perfusione dell’antagonista NS-102 (150 µM). Il grafico riporta la media ± il valore SEM per 10 cellule registrate; p<0.01 tra le cellule sh-parkin e le cellule controllo.

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Figura.5 FIGURA.5 A) La vitalità cellulare è stata valutata con Coulter Counter assay 24 ore dopo trattamento con glutammato 6 mM o glutammato 6mM + concanavalina A (200 µg/mL) o glutammato 6mM + cyclothiazide 100µM. I dati sono stati normalizzati sul numero di cellule prima dei trattamenti e presentati come media ± SEM derivante da tre esperimenti indipendenti (* p<0.01 cellule non trattate rispetto a cellule sh-parkin). B) La vitalità cellulare è stata valutata con Coulter Counter assay 24 ore dopo trattamento con glutammato 6 mM + concanavalina A (200 µg/mL) in presenza di NS-102 (50-100 µM) o IEM1460 (150-300 µM) I dati sono presentati come media ± SEM derivanti da tre esperimenti condotti in identiche condizioni (* p < 0.01 cellule non trattate rispetto a cellule trattate con glutammato + concanavalina A).

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Figura.6

FIGURA.6 A) Analisi Real Time PCR per mRNA di GluR6 e GluR7. Il templato di cDNA utilizzato era uguale per ogni reazione di PCR condotta con TaqMan Gene Expression Assay validata per assicurare una uguale efficienza di amplificazione. Nelle condizioni sperimentali utilizzate, il ciclo soglia era <28 per GluR6 in tutti i campioni e >30 per GluR7. B)Analisi di Western Blot per le subunità GluR5 e GluR7 in lisati di cellule parentali ed sh-parkin, come controllo positivo è stato utilizzato un lisato ottenuto da brain di topo. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina.

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Figura.7 FIGURA.7 Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 in lisati ottenuti da cellule parentali e cellule sh-parkin. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina. B) Analisi densitometrica della proteina full-lenght, del suo frammento proteolitico e dei livelli totali della subunità GluR6. L’immagine è rappresentativa di tre esperimenti indipendenti.

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Figura.8

FIGURA.8 Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 in lisati ottenuti da cellule parentali e cellule sh-parkin trattate con diversi inibitori a tempi e concentrazioni indicate in figura. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina.

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Figura.9 FIGURA.9 Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 in lisati ottenuti da cellule parentali e cellule sh-parkin trattate con ß-secretasi inhibitor II e γ-secretasi inhibitor VI a tempi e concentrazioni indicate in figura. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina.

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Figura.10 FIGURA.10 A)Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 e la proteina parkina su lisati ottenuti da lisato totale di brain umano di due soggetti controllo e due soggetti PARK2. B) Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 su lisati ottenuti da corteccia, striato e cervelletto di topo wild-type e privo di parkina. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina.

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Figura.11

Figura.11 A) Gli estratti di brain murino wild-type e privo di parkina, sono stati sottoposti a saggio di co-immunoprecipitazione con un anticorpo specifico per la parkina sono stati analizzati in Western Blot con un anticorpo specifico per GluR6 e con l’anticorpo per la parkina per verificare la specificità dell’immunoprecipitazione. B) Gli estratti ottenuti da cellule HEK293T transfettate con un plasmide codificante la subunità GluR6 e la proteina parkina sono stati sottoposti a saggio di co-immunoprecipitazione con anticorpo specifico per la parkina e analizzati in Western Blot con un anticorpo specifico per GluR6 e con l’anticorpo per la parkina per verificare la specificità dell’immunoprecipitazione.

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Figura.12 Figura.12 Gli estratti di brain umano ottenuto da soggetto controllo e PARK2, sono stati sottoposti a saggio di co-immunoprecipitazione con un anticorpo specifico per l’ubiquitina e analizzati in Western Blot con un anticorpo specifico per GluR6 e con l’anticorpo per l’ubiquitina per verificare la specificità dell’immunoprecipitazione.

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LacZ MG132 5 µM

85

90

95

100

105

110

115

LacZ NT LacZ 1h LacZ 2h LacZ 4h

aum

ento

%

sh 591 full-lenght MG132 5 µM

85

90

95

100

105

110

115

591 fl NT 591 fl 1h 591 fl 2h 591 fl 4h

aum

ento

%

sh 591 frammento MG132 5 µM

85

90

95

100

105

110

115

591 fr NT 591 fr 1h 591 fr 2h 591 fr 4h

aum

ento

%

Figura.13

FIGURA.9 Analisi in Western Blot per la subunità GluR6 in lisati ottenuti da cellule sh-parkin e cellule controllo trattate con inibitore del proteasoma MG132 a tempi e concentrazioni indicate in figura. L’uguale caricamento delle proteine è stato verificato strippando la membrana e reincubandola con un anticorpo specifico per la ß-actina.

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