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  • Esercizi di comprensione di lettura

    Anton Cechov Uno scherzettoKatherine Mansfield Soffia il ventoHermann Hesse Sul ghiaccioMassimo Grillandi Un vero amico

    Unit 7Le inquietudinidellanima

  • 2N. Botta, Galeotto fu il libro Loescher Editore, 2010

    ANTON CECHOV

    Uno scherzetto

    Noto soprattutto per i drammi Il gabbiano, Zio Vanja, Le tre sorelle e Il giardino dei ciliegi, checostituiscono un importante punto di riferimento per la drammaturgia moderna, Anton PavlovicCechov (1860-1901) autore di racconti in cui la sostanziale povert di intreccio e scarsit dazio-ne lasciano spazio allinteresse dello scrittore russo nel tratteggiare esperienze psicologiche o statidanimo fatti di poco (un ricordo, un gesto, unatmosfera). Una visione pessimistica della realt,destinata a diventare sempre pi amara con il passare degli anni, traspare in questi racconti, popo-lati da uomini e donne qualunque, che potremmo incontrare ogni giorno, delusi e frustrati nei desi-deri pi intimi, incapaci di comunicare e di vivere con pienezza grandi sentimenti.Anche in Uno scherzetto possiamo ritrovare questi temi: dalla mancata realizzazione di s allamo-re vissuto come amaro e doloroso rimpianto, fino allimpossibilit di giungere a certezze definitive.La realt, anzi, sembra farsi sempre pi labile e sfuggente per i due personaggi: travolti dallo scor-rere del tempo e dallinafferrabilit della vita, n il narratore-protagonista n Nadja, sua compagnadi giochi in un pomeriggio invernale, riusciranno a realizzare pienamente se stessi, capaci solo difissare per sempre nella memoria lattimo di unavventura in slitta, contemplata con nostalgia comeunoccasione perduta.

    un sereno meriggio1 dinverno... Il gelo rigido, la neve scricchiola e a N-denka2, che mi ha preso per il braccio, si coprono di una brina argentea i ric-cioli sulle tempie e la lanugine3 sul labbro superiore. Siamo sulla cima di unamontagnola. Dai nostri piedi fino al piano si stende una superficie levigata4, incui il sole si mira come in uno specchio. Accanto a noi una piccola slitta fode-rata di panno vermiglio5. Andiamo gi, Nadezda Petrovna6! imploro io. Unasola volta! Vi assicuro, arriveremo sani e salvi.

    Ma Ndenka ha paura. Lo spazio che corre dalle sue piccole calosce7 fino aipiedi della montagnola di ghiaccio le sembra spaventoso, un abisso dinsonda-bile profondit. Quando guarda in gi, si sente morire e le si mozza il respiro,non appena le propongo di sedersi nella slitta: e che cosa accadr quando si arri-schier di volare in quellabisso! Morir, impazzir.

    Vi supplico! dico io. Non dovete aver paura! Non capite che debolezza,vilt?

    Finalmente Ndenka cede, e dal suo volto vedo che cede con la paura dirischiare la vita. Laiuto, pallida, tremante a sedersi nella slitta; le cingo con ilbraccio la vita, e con lei mi precipito nellabisso.

    La slitta vola come un proiettile. Laria tagliata frusta i nostri visi, ulula, fischianelle orecchie, tira, punge dolorosamente di rabbia, sembra voglia strappare latesta dalle spalle. La violenza del vento non d forza di respirare. Pare che ildiavolo stesso ci abbia afferrati con le sue zampe e urlando ci trascini allinfer-no. Gli oggetti intorno si confondono in una unica striscia lunga che corre ver-tiginosamente... Ecco, ecco, ancora un istante, e sar, sembra, la nostra rovina!

    Vi amo, Nadja! dico sottovoce.

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    1. meriggio: mezzogiorno.2. Ndenka: diminutivo di Nadja.3. lanugine: leggera peluria.4. levigata: piatta e liscia.5. vermiglio: rosso brillante.

    6. Petrovna: figlia di Pietro; in Russia, ognuno possiede tre nomi:il nome proprio, il patronimico (formato aggiungendo un suffissoal nome del padre) e il nome della famiglia.7. calosce: soprascarpe impermeabili.

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    . La slitta comincia a scivolare sempre pi lentamente, e lurlo del vento e ilronzio dei pattini8 non sono pi cos spaventosi, il respiro non pi mozzato, efinalmente, siamo arrivati in basso. Ndenka non n viva n morta. pallida,respira appena... Laiuto ad alzarsi.

    Per nulla al mondo ci tornerei unaltra volta dice guardandomi con occhisbarrati, pieni di terrore. Per nulla al mondo! Per poco non morivo. Poco tem-po dopo si rimessa e gi comincia a guardarmi negli occhi con una espressio-ne interrogativa, come volesse accertarsi, se ho detto quelle tre parole vera-mente, o se le sembrato soltanto di udirle nel frastuono del turbine. Ed io mene sto accanto a lei, fumo e osservo attentamente il mio guanto.

    Mi prende sottobraccio, e a lungo passeggiamo accanto alla montagnola.Lenigma, evidentemente, non le d requie9. Sono state pronunciate quelle paro-le, oppure no? S o no? S o no? una questione damor proprio, donore, di vita,di felicit, una questione molto importante, la pi importante del mondo. N-denka mi guarda in viso impaziente, triste, con uno sguardo scrutatore, nonrisponde a tono, aspetta che io mi metta a parlare. O come variano le espres-sioni su quel volto caro, come variano! Vedo che essa lotta con se stessa, che habisogno di dirmi qualcosa, di chiedermi qualcosa, ma non trova le parole, si sen-te impacciata, atterrita, la gioia la turba...

    Sapete che cosa? dice senza guardarmi in viso. Che cosa? domando io.Facciamolo ancora una volta... scendiamo in slitta.Ci arrampichiamo per la scala sulla vetta del pendio. Di nuovo aiuto N-

    denka pallida, tremante ad accomodarsi nella slitta, di nuovo voliamo nel ter-ribile abisso, di nuovo urla il vento e ronzano i pattini, e di nuovo quando la slit-ta ha raggiunto la sua massima velocit io dico sottovoce nel frastuono:

    Vi amo, Ndenka!Quando la slitta si ferma, Ndenka abbraccia con uno sguardo la montagno-

    la sul dorso della quale siamo or ora discesi, poi scruta a lungo il mio viso, ascol-ta la mia voce indifferente e spassionata10, e tutta, tutta, perfino il suo manicot-to e il cappuccio, tutta la sua figurina esprime una estrema perplessit. Sul suoviso sta scritto: Che succede? Chi ha pronunciato quelle parole? Lui, oppuremi parso soltanto sentirle?

    Questa incertezza la rende inquieta, la impazientisce. La povera fanciulla nonrisponde alle domande, si fa scura in viso. sul punto di scoppiare in lacrime.

    Dobbiamo forse tornare a casa? domando io.Ma, a me... a me piace questo scendere in slitta dice arrossendo. Non

    potremmo forse scendere unaltra volta?Le piace questo scendere, e tuttavia, mentre si siede nella slitta, pallida

    come le prime volte, respira appena dal terrore, trema.Facciamo la discesa una terza volta, e mi accorgo, come mi guarda in viso, fis-

    sa le mie labbra. Ma io accosto alle labbra un fazzoletto, tossisco e, quando rag-giungiamo la met della discesa, faccio in tempo a sussurrare: Vi amo, Nadja!

    Lenigma rimane tale! Ndenka tace, pensa a qualcosa... La riaccompagno acasa, essa cerca di camminare pi adagio, rallenta i passi e aspetta sempre che

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    8. pattini: lamine dacciaio che consentono alla slitta di scivola-re sulla neve e sul ghiaccio.

    9. requie: pace.10. spassionata: priva di emozioni.

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    le dica di nuovo quelle parole. E vedo, quanto soffre la sua anima, come stafacendo uno sforzo su se stessa, per non dire:

    Non pu essere che le abbia dette il vento! E non voglio che le abbia detteil vento!

    Il giorno dopo ricevo la mattina un biglietto: Se oggi andate alla pista delleslitte, passate a prendermi. N. E da quel giorno comincio ad andare quotidia-namente con Nadja alla pista e, mentre voliamo gi sulla slitta, pronuncio ognivolta sottovoce quelle stesse parole:

    Vi amo, Nadja!Ben presto Ndenka savvezza11 a questa frase, come ci si avvezza al vino o

    alla morfina12. Non pu pi vivere senza di essa. vero che le fa sempre moltapaura volar gi dalla cima della montagna, ma ormai il terrore e il pericolo con-feriscono un fascino speciale alle parole damore, alle parole che come primaformano un enigma e fanno languire13 lanima. Il sospetto cade sempre suglistessi due: su me e sul vento... Chi dei due le faccia la dichiarazione damore,essa non sa, ma ormai evidentemente per lei lo stesso; non importa da qualerecipiente si beva, basta che ci si inebrii14.

    Un pomeriggio mi recai da solo alla pista; mescolatomi con la folla, vedo cheNdenka si avvicina alla montagnola, che mi cerca con gli occhi... Poi timida-mente si arrampica su per la scaletta... terribile far la discesa da sola, oh comterribile. pallida come la neve, trema, cammina come se andasse al patibolo,ma cammina, cammina senza guardare indietro, decisamente. Ha deciso, si vede,di provare finalmente se sar possibile udire quelle parole dolci, stupefacenti,quando non ci sono io. Vedo come pallida, la bocca aperta per lo spavento, sisiede nella slitta, chiude gli occhi e, detto per sempre addio alla terra, si mettein moto... ssss... ronzano i pattini. Ode Ndenka quelle parole? Non lo so...Vedo soltanto come si alza debole, sfinita, dalla slitta. E dal suo volto si capisceche essa stessa non sa se abbia o no udito qualcosa. Il terrore, mentre scivola-va, le ha tolto la facolt di udire, di distinguere i suoni, di capire...

    Ma ecco che viene il mese primaverile di marzo... il sole si fa pi carezzevo-le15. La nostra montagnola di ghiaccio diventa pi scura, smette di luccicare efinalmente si scioglie. Smettiamo di andare in slitta. Per la povera Ndenka nonc pi possibilit di sentire quelle parole, eppoi chi le pu ormai pronunciare?Il vento non si ode pi e io mi accingo a partire per Pietroburgo, per lungo tem-po, probabilmente per sempre.

    Una volta, due o tre giorni prima della partenza, me ne sto seduto, al crepu-scolo16, nel giardino, che uno steccato alto sormontato da chiodi separa dal cor-tile, dove vive Ndenka... Fa ancora piuttosto freddo, sotto il concime c anco-ra la neve, gli alberi sono morti, ma c gi odor di primavera e, mentre si preparanoa dormire, le cornacchie gracchiano rumorosamente. Mi avvicino allo steccatoe guardo a lungo attraverso una fessura. Vedo Nadja che esce sulla soglia e vol-ge uno sguardo mesto, nostalgico al cielo... Il vento primaverile le soffia dirittonel viso pallido, abbattuto... Le ricorda quellaltro vento, che allora ci urlava inviso sulla montagna, quando udiva quelle parole, e il suo volto si fa triste, triste,

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    11. savvezza: si abitua.12. morfina: farmaco che, usato in piccole dosi, combatte il dolo-re; pu creare assuefazione e dipendenza.13. languire: sprofondare in uno stato di piacevole debolezza.

    14. ci si inebrii: ci si abbandoni a un senso di pienezza e piace-re.15. carezzevole: piacevole.16. crepuscolo: tramonto.

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    . e lungo la guancia scende lenta una lacrima... E la povera fanciulla protendetutte e due le braccia, come volesse pregare il vento di recarle ancora una vol-ta quelle parole. Ed io, dopo avere atteso che il vento soffi di nuovo, dico sot-tovoce: Vi amo, Nadja!

    Dio mio, che succede ora! Lancia un grido, sorride con tutto il viso e proten-de incontro al vento le braccia, beata, felice, cos bella.

    E io torno a far le valigie...Questo accaduto molto tempo fa. Ora Ndenka gi maritata; lhanno data

    in sposa, o s data lei stessa, non importa, al segretario della Camera di tutelanobiliare, e ormai ha gi tre bambini. Ma il ricordo di quando andavamo in slit-ta e il vento le recava le parole vi amo, Ndenka, non si spento; per lei ilricordo pi felice, pi commovente e splendido della sua vita...

    Mentre io ora che mi sono fatto pi vecchio, non riesco pi a capire perchdicessi quelle parole, a che scopo scherzassi...

    (A. Cechov, Racconti a teatro, trad. di G. Faccioli, Firenze, Sansoni, 1966)

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    1 Come viene caratterizzato il personaggio di Nadja? Quali azioni compie? Quali stati danimo e pensieri lesono attribuiti dal narratore?

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    2 Quale ti sembra essere il tema centrale di questo racconto?

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    3 In quale arco temporale si svolge la vicenda narrata? Vi sono nel testo indicazioni precise che possono aiu-tare il lettore a ricostruire il tempo reale degli avvenimenti?

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    4 Il racconto costituito da una macrosequenza, che costituisce il corpo principale, e da una breve sequen-za conclusiva. Rintraccia queste due parti e segnale nel testo.

    5 Ti sembra che si venga a creare una situazione di suspense? In quale punto e con quali elementi viene otte-nuta?

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    6 Che tipo di narratore presente nel racconto? Come viene caratterizzato?

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    7 Con quale tecnica vengono riportati i pensieri della ragazza?

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    8 Come descritto lo spazio in questo racconto?

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    9 Individua gli stacchi temporali che scandiscono, nel ricordo del protagonista, il passaggio dal passato alpresente.

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    . KATHERINE MANSFIELD

    Soffia il vento

    Scrittrice neozelandese, Katherine Mansfield (1888-1923), il cui vero nome era Kathleen Beau-champ, si trasfer giovanissima a Londra per motivi di studio. Nei suoi racconti migliori (Preludio,1918, Felicit e altri racconti, 1920, le raccolte La festa in giardino, 1922, e Il nido delle colom-be, 1923) rappresent, con grande capacit di penetrazione psicologica, intense figure femminili.Mor a soli trentaquattro anni.Situazioni semplici, intrecci che sembrano fatti di niente, si caricano in Katherine Mansfield di signi-ficati rivelatori attraverso i quali la scrittrice sa cogliere per rapide intuizioni il senso del continuomutare della vita, la labilit delle sensazioni, fugaci come lo scorrere stesso del tempo che trasfor-ma ogni cosa. Nei suoi racconti non vi sono sentimenti duraturi, ma impressioni fuggitive, succes-sioni di stati danimo ora di tristezza ora di rara felicit. Tutto cambia rapidamente: la gioia e lan-goscia sono instabili, mutevoli come lanimo umano.Anche questo racconto breve tutto incentrato sulla fugacit delle emozioni e sulla diversa perce-zione che, a seconda del momento psicologico, il personaggio ha della realt: cos il soffiare del ven-to che d inizio alla storia ne segna anche il ritmo narrativo, travolgendo con il suo impeto i perso-naggi stessi e diventando simbolo dei turbamenti e delle inquietudini della giovinezza. La figura diMatilda, la protagonista della vicenda, si costruisce attraverso le azioni che compie e i sentimentiche le accompagnano, ed il suo punto di vista a filtrare, attraverso un costante ricorso al monolo-go interiore e al discorso indiretto libero, pensieri, sentimenti e stati danimo nel momento del lorocontraddittorio manifestarsi.

    A un tratto, orribilmente, si sveglia. Che cosa successo? Qualcosa di orri-bile. No, non successo nulla. soltanto il vento che scuote la casa, fa trema-re le finestre, sbatte sul tetto, con violenza, un pezzo di lamiera e le fa vibrareil letto. Le foglie svolazzano davanti alla sua finestra, arrivano e ripartono; ginel viale un giornale completo oscilla nellaria come un aquilone sperduto e vaa infilzarsi su un pino. Fa freddo. Lestate finita autunno tutto orren-do. I carri passano con fracasso, traballando di qua e di l; due cinesi trotterel-lano sotto i loro gioghi1 di legno con le ceste sovraccariche di verdura codinie bluse azzurre si agitano al vento. Un cane bianco passa su tre zampe davantial cancello, guaendo. tutto finito! Che cosa? Oh, tutto! E lei comincia a farsile trecce con dita tremanti, senza osare di guardarsi allo specchio. La mammasta parlando con la nonna nellanticamera.

    Una idiota perfetta! Immagina un po, lasciare della roba stesa fuori con untempo simile!... Adesso la mia tovaglietta da t pi bella, quella di pizzo di Tene-rife, semplicemente a brandelli. Che cos questodore incredibile? il por-ridge2 che brucia. Oh cielo questo vento!

    Alle dieci ha lezione di musica. A questo pensiero il tempo in minore3 del pez-zo di Beethoven4 comincia a suonare nella sua testa, quei trilli lunghi e terribi-li come piccoli tamburi rullanti... Marie Swainson esce di corsa nel giardinoaccanto per cogliere i crisanti5 prima che si rovinino. La sottana le vola pi insu della vita; tenta di darle dei colpi per tenerla gi, di ficcarsela tra le gambe

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    1. gioghi: barre di legno appoggiate alle spalle per facilitare iltrasporto di carichi pesanti.2. porridge: zuppa di cereali, tipica della colazione anglosassone.3. il tempo in minore: il movimento la cui tonalit basata suuna scala minore.

    4. Beethoven: Ludwig van Beethoven, il celebre musicista tede-sco (1770-1827).5. crisanti: voce dialettale per crisantemi.

  • 8N. Botta, Galeotto fu il libro Loescher Editore, 2010

    mentre si china, ma tutto inutile eccola che vola di nuovo. Tutti gli alberi ecespugli le si agitano intorno. Coglie i fiori pi presto che pu, ma proprio fuo-ri di s. Non bada a quello che fa strappa le piante con le radici e le piega e leattorciglia pestando i piedi e imprecando.

    Per amor del cielo, tenete chiuso il portone! Passate dalla parte di dietrogrida qualcuno. E poi sente Bogey:

    Mamma, ti vogliono al telefono. Telefono, mamma! il macellaio.Come orrida la vita rivoltante, semplicemente rivoltante... E adesso lela-

    stico del cappello saltato. Naturale. Metter il vecchio tam-oshanter6 e sgat-taioler dalla porta di dietro. Ma la mamma ha visto.

    Matilda, Matilda! Torna indietro im-me-dia-tamente! Che cosa diavolo ti seimessa in testa? Sembra un copriteiera. E perch hai quella criniera di capellisulla fronte?

    Non posso tornare indietro, mamma. Far tardi alla lezione.Torna indietro immediatamente!Non torner indietro. Non torner indietro. Odia la mamma. Va al diavolo

    grida, correndo lungo la strada.A ondate, a nuvole, a grandi mulinelli rotondi, la polvere le viene addosso

    pungente, e con la polvere frammenti di paglia, di fieno e di letame. Dagli albe-ri dei giardini viene un gran frastuono, e dal fondo della strada, davanti al can-cello di Mr. Bullen, Matilda sente il mare singhiozzare: Ah!... Ah!... Ah-h! Mail salotto di Mr. Bullen silenzioso come una caverna. Le finestre sono chiuse,le persiane abbassate a met, e lei non in ritardo. La ragazza-prima-di-lei haappena cominciato a suonare A un iceberg di MacDowell. Mr. Bullen le lanciaunocchiata e un mezzo sorriso.

    Si sieda l, nellangolo del divano, signorinetta.Che uomo curioso. Non che rida veramente di te... ma c qualcosa... Oh,

    che pace, qui! Ama questa stanza. Odora di broccato e di fumo stantio7 e di cri-santemi ce n un grande vaso pieno sulla mensola del caminetto, dietro allafotografia impallidita di Rubinstein8... mon ami Robert Bullen9... Sopra il pia-noforte nero e luccicante appesa Solitudine una tragica donna bruna drap-peggiata di bianco, seduta su uno scoglio, le gambe accavallate, il mento nellemani.

    No, no! dice Mr. Bullen, e si china sullaltra ragazza, le passa le bracciasopra le spalle e le suona il brano. Quella stupida arrossisce! Che ridicolo!

    Adesso la ragazza-prima-di-lei se n andata; il portone sbatte. Mr. Bullenritorna e passeggia avanti e indietro, senza fare nessun rumore, aspettandola.Che cosa straordinaria. Le dita le tremano tanto che non riesce a sciogliere ilnodo della cartella di musica. il vento... E il cuore le batte cos forte che lepare debba sollevare su e gi la camicetta. Mr. Bullen non dice una parola. Illiso10 sedile rosso dinanzi al pianoforte abbastanza largo perch ci siedano duepersone fianco a fianco. Mr. Bullen si siede vicino a lei.

    Devo cominciare con le scale? domanda lei, premendosi le mani luna con-tro laltra. Avevo anche qualche arpeggio.

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    6. tam-oshanter: il berretto scozzese di forma piatta sormon-tato da una guarnizione in lana.7. stantio: sgradevole per il ristagno in un luogo chiuso.8. Rubinstein: Arthur Rubinstein, pianista polacco (1887-1982).

    9. mon ami Robert Bullen: in francese al mio amico RobertBullen.10. liso: consumato.

  • 9N. Botta, Galeotto fu il libro Loescher Editore, 2010

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    . Ma lui non risponde. Non crede nemmeno che senta e poi a un tratto lasua mano fresca con lanello si protende e apre Beethoven.

    Sentiamo un pochetto del vecchio maestro dice.Ma perch parla in un modo cos gentile cos tremendamente gentile come

    se si conoscessero da anni e anni e sapessero tutto luno dellaltra?Volta la pagina lentamente. Lei osserva la sua mano, una mano molto ben

    fatta e pare sempre appena lavata.Ecco qua dice Mr. Bullen.Oh, quella voce gentile Oh, quel tempo in minore. Ecco che arrivano i pic-

    coli tamburi...Devo fare il ritornello?S, cara bambina.La sua voce troppo, troppo gentile. Le semiminime e le crome11 danzano

    su e gi per il pentagramma come bambini negri su una staccionata. Perch mailui cos... Non vuol piangere non c ragione di piangere...

    Che c, cara bambina?Mr. Bullen le prende le mani. La sua spalla li proprio vicino alla sua testa.

    Lei si appoggia appena un pochino, la guancia contro lelastico tweed.La vita cos orribile mormora, ma non le sembra affatto che sia orribile.

    Lui dice qualcosa come aspettare e segnare il passo e quella cosa prezio-sa che una donna, ma lei non sente. Si sta cos comodi... in eterno...

    A un tratto la porta si apre ed ecco irrompere Marie Swainson, in anticipo diore e ore.

    Attacchi lallegretto 16 un po pi fretta dice Mr. Bullen, che si alza e simette di nuovo a passeggiare su e gi.

    Sieda nellangolo del divano, signorinetta dice a Marie.

    Il vento, il vento. Fa paura stare qui in camera da sola. Il letto, lo specchio,la brocca e la catinella bianche luccicano come il cielo di fuori. il letto che fapaura. Guardalo l, che dorme profondamente... La mamma simmagina forseper un momento che lei rammender tutte quelle calze attorcigliate come ungroviglio di serpi sopra limbottitura? Non lo far. No, mamma. Non vedo per-ch dovrei... Il vento il vento! C uno strano odore di fuliggine che soffia gidal camino. Nessuno ha scritto poesie per il vento? Porto fiori freschi alle fogliee piovaschi Che sciocchezze!

    Sei tu, Bogey?Vieni a fare una passeggiata sul lungomare, Matilda. Non resisto pi.Benone. Mi metto il cappotto. una giornata spaventosa! Il cappotto di

    Bogey identico al suo. Agganciandosi il colletto si guarda nello specchio. Hail viso bianco, hanno tutti e due gli stessi occhi eccitati e le stesse labbra calde.Ah, loro li conoscono bene quei due nello specchio. Arrivederci, cari; torniamopresto.

    Cos va meglio, eh?Aggnciati dice Bogey.Non riescono ad andare cos in fretta come vorrebbero. A testa bassa, con le

    gambe che si sfiorano, attraversano a grandi passi la citt come una sola perso-

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    11. Le semiminime e le crome: note che hanno una diversa durata.

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    na piena dardore, lungo lo zig-zag dasfalto dove cresce il finocchio selvatico egi fino al lungomare. buio sta diventando buio proprio ora. Il vento cosforte che devono lottare per fenderlo, barcollando come due vecchi ubriaconi.Tutte le povere piccole pahutukawa12 sul lungomare sono curve fino a terra.Avanti! Avanti! Avviciniamoci!

    Laggi, vicino al frangiflutti13, il mare molto grosso. Si tolgono il cappello,e a lei i capelli volano sulla bocca, sanno di sale. Il mare cos grosso che le ondenon si frangono affatto, sbattono contro lirta muraglia di pietra e risucchiano igradini algosi14 e grondanti. Spruzzi impalpabili volano da una parte allaltra dellungomare. I due sono coperti di gocce, dentro la bocca lei sente il gusto delbagnato e del gelo.

    Bogey sta cambiando la voce, quando parla corre su e gi dagli acuti al bas-so profondo. buffo fa ridere eppure sintona proprio a questa giornata. Ilvento porta le loro voci le frasi volano via come nastri sottili.

    Pi presto! Pi presto!Si sta facendo molto scuro. Nel porto le carboniere15 mostrano due luci, una

    in alto, sullalbero, e una a poppa.Guarda, Bogey, guarda laggi!Un grande piroscafo nero che si lascia dietro un lungo anello di fumo, con gli

    obl illuminati, con luci dappertutto, sta salpando verso il mare aperto. Il ven-to non lo ferma, e lui taglia le onde e si dirige verso il varco tra gli scogli appun-titi che conduce a... la luce che lo fa sembrare cos terribilmente bello e miste-rioso. Loro sono a bordo, appoggiati al parapetto, si tengono a braccetto.

    ... Chi sono?... Fratello e sorella.Guarda, Bogey, ecco la citt. Non sembra piccola? Ecco lorologio della posta

    che batte le ore per lultima volta. Ecco il lungomare dove abbiamo passeggia-to quel giorno di vento. Ti ricordi? Ho pianto durante la lezione di musica, quelgiorno quanti anni fa! Addio, isoletta, addio

    Ora il buio stende unala sullacqua agitata. Non li vedono pi quei due. Addio,addio. Non dimenticate... Ma la nave se n andata, ormai.

    Il vento il vento.(K. Mansfield, Sole e luna e altri racconti, Milano, Adelphi, 1997)

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    12. pahutukawa: alberi tipici della Nuova Zelanda.13. frangiflutti: sbarramento di protezione della costa.14. algosi: coperti di alghe.15. carboniere: navi che trasportano il carbone.

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    1 Come viene presentato il personaggio di Matilda?

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    2 Analizza lepisodio centrale del racconto: la lezione di pianoforte. Da chi vista la scena? Quali sensazioniprova Matilda? Perch, secondo te, si mette a piangere?

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    3 Analizza la conclusione del racconto: ti sembra che vi sia sintonia tra Bogey e Matilda?

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    4 Luso del discorso indiretto libero e del monologo interiore determinante in questo racconto: quali effet-ti produce sul lettore il ricorso a tali tecniche?

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    5 Che funzione ha il vento in questo racconto? Potremmo definirlo il vero protagonista del testo?

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    6 Ricostruisci le figure di Mr. Bullen e di Bogey attraverso i dettagli presenti nel testo.

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    7 Spiega con le tue parole questo passaggio del testo: La vita cos orribile mormora [Matilda], ma nonle sembra affatto che sia orribile.

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    HERMANN HESSE

    Sul ghiaccio

    In questo racconto dai toni autobiografici, lo scrittore tedesco Hermann Hesse (1877-1962), auto-re di romanzi importanti nella letteratura del Novecento, quali Siddharta (1922), Il lupo nella step-pa (1927), Narciso e Boccadoro (1930) e Il gioco delle perle di vetro (1943), rievoca il momen-to delladolescenza in cui ha sentito per la prima volta una viva attrazione per luniverso femminile.Un bacio non ottenuto il tema di una vicenda che come si conviene alla migliore tradizione delracconto psicologico risulta costituita di pochi eventi, interamente costruita sulle emozioni anco-ra confuse di un adolescente che si avvicina al mondo dei grandi e sulle sensazioni che, a distanzadi molti anni, il ricordo di quella stagione della vita riesce ancora a suscitare nel narratore.

    In quel tempo vedevo ancora il mondo con altri occhi. Avevo dodici anni emezzo ed ero ancora completamente preso nel mondo colorato e rigoglioso del-le gioie e fantasticherie fanciullesche. Fu allora che nel mio animo stupito spun-t per la prima volta, timido e avido, il tenue chiarore della giovinezza pi dol-ce e tenera.

    Era un inverno lungo, rigido, e il nostro bel fiume della Foresta Nera1 si gelper settimane. Non posso dimenticare la sensazione strana, di paura ed estasi2

    insieme, che mi colse quando nel primo mattino di gelo mi avventurai sul fiu-me: era profondo, e il ghiaccio era cos trasparente che si poteva vedere sottodi s, come attraverso un velo sottile, lacqua verde, il fondo di sabbia e ciotto-li, gli intrecci fantastici delle piante acquatiche e, di tanto in tanto, il dorso scu-ro di un pesce.

    Passavo pomeriggi interi sul ghiaccio con i miei compagni, le guance accal-date e le mani bluastre, il cuore inturgidito3 dai movimenti vigorosi e ritmati delpattinaggio, colmo della meravigliosa e spensierata capacit di godimento del-la fanciullezza. Ci esercitavamo nella corsa, nel salto in lungo, nel salto in alto,giocavamo ad acchiapparci, e quelli che ancora portavano legati agli stivali gliantiquati pattini di osso non correvano affatto peggio degli altri. Uno di noi tut-tavia, il figlio di un industriale, aveva un paio di Halifax, che erano fissati allascarpa senza legacci o cinghie e si potevano mettere e togliere in pochi attimi.Da allora la parola Halifax comparve per anni sulla lista dei regali che desidera-vo per Natale, ma inutilmente; e quando dodici anni pi tardi, volendo acqui-stare un paio di pattini veramente buoni, chiesi se in negozio avessero gli Hali-fax, con mio grande dolore vidi crollare un ideale e una certezza fanciullescaquando mi sentii assicurare con un sorriso che Halifax era un sistema antiqua-to, da tempo superato.

    Di preferenza pattinavo da solo, spesso fino allimbrunire. Correvo via velo-ce, imparavo a fermarmi e a voltare a qualsiasi velocit e in qualsiasi punto,mi libravo in ampie volute4, in equilibrio su una gamba, con la sensazione divolare. Molti dei miei compagni utilizzavano i pomeriggi sul ghiaccio per cor-rer dietro alle ragazze e corteggiarle. Per me le ragazze non esistevano. Men -tre altri compivano azioni cavalleresche, giravano intorno ad esse desiderosi

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    1. Foresta Nera: regione della Germania sud-occidentale.2. estasi: incanto, felicit quasi sovrumana.3. inturgidito: come gonfiato dalla maggior rapidit della circo-lazione del sangue.

    4. mi libravo in ampie volute: prendevo quasi il volo forman-do ampie spirali.

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    . e timidi oppure, audaci e disinvolti, le invitavano a pattinare in coppia, io gusta-vo solo il piacere incontrastato del guizzare via. Per quelli che conducevanole ragazzine non provavo che pena o scherno. Dalle confessioni di alcuni ami-ci credevo infatti di sapere quanto i loro piaceri galanti fossero in fondo rela-tivi.

    Un giorno, mentre linverno gi volgeva alla fine, mi giunse notizia di unanovit nel nostro ambiente di scuola: il nordista5, recentemente, aveva di nuo-vo baciato Emma Meier mentre si toglievano i pattini. Dimprovviso la notiziami fece montare il sangue alla testa. Baciato! Era ben altra cosa rispetto ai discor-si scipiti6 e alle timide strette di mano che di solito venivano esaltati come lemassime delizie del pattinare a coppie. Baciato! Era un suono che proveniva daun mondo estraneo, celato, immaginato con timore, aveva il profumo invitantedel frutto proibito, aveva un che di segreto, poetico, innominabile, faceva par-te di quellambito dolce-oscuro, paurosamente affascinante, da noi tutti passa-to sotto silenzio ma tuttavia presagito, illuminato a tratti dalle mitiche avventu-re amorose dei donnaioli che erano stati espulsi dalla scuola. Il nordista erauno scolaro quattordicenne di Amburgo capitato Dio sa come tra noi, che ioammiravo e la cui fama, che prosperava lontano dalla scuola, spesso non mi face-va dormire. E Emma Meier era certo la ragazza pi carina di Gerbersau, bion-da, agile, fiera e della mia stessa et.

    A partire da quel giorno cominciai a rimuginare progetti e problemi. Bacia-re una ragazza superava di gran lunga tutti i miei precedenti ideali, sia comecosa in s e sia perch senza dubbio era vietato e interdetto dalle regole dellascuola. Mi resi presto conto che il solenne servizio amoroso della pista ghiac-ciata era lunica buona occasione per farlo. Per prima cosa cercai quindi, perquanto possibile, di rendere il mio aspetto pi acconcio al corteggiamento. Dedi-cai tempo e cura ai miei capelli, controllai minuziosamente la pulizia dei mieivestiti, mi calcai con garbo il berretto di pelo sulla fronte e pregai le mie sorel-le di darmi il loro foulard di seta rosa. Nello stesso tempo sul ghiaccio, comin-ciai a salutare cortesemente le ragazze che potevano essere prese in conside-razione, e credetti di vedere che quellomaggio insolito veniva notato con sorpresama non senza piacere.

    Molto pi difficile fu il primo approccio, perch in vita mia non avevo maiinvitato al ballo una ragazza. Cercai di spiare i miei amici mentre eseguivanoquel solenne cerimoniale. Alcuni si limitavano a fare un inchino e a porgere lamano, altri balbettavano qualcosa di incomprensibile, i pi si servivano dellele-gante formula: Posso avere lonore? Questa formula mi impression molto emi esercitai a casa, in camera mia, facendo linchino davanti alla stufa e pronun-ciando le parole solenni.

    Era giunto il giorno del primo, difficile passo. Gi il giorno precedente ave-vo avuto intenzione di iniziare il corteggiamento, ma ero tornato a casa scorag-giato, senza avere osato niente. Quel giorno mi ero prefisso di fare immancabil-mente ci che temevo e insieme desideravo. Con il batticuore, angosciato amorte come un criminale, andai verso la pista di ghiaccio; credo mi tremasserole mani mentre mi mettevo i pattini. Poi mi gettai nella mischia con ampi movi-menti circolari, cercando di mantenere un po della mia abituale espressione di

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    5. il nordista: come si chiarir nelle righe seguenti, un ragaz-zo originario di Amburgo.

    6. scipiti: insulsi, banali.

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    sicurezza e naturalezza. Percorsi due volte la pista in tutta la sua lunghezza, almassimo della velocit, e laria frizzante e i movimenti vigorosi mi fecero bene.

    Dimprovviso, proprio sotto il ponte, mi scontrai in pieno con qualcuno e bar-collai per qualche passo, sgomento. Sul ghiaccio era seduta la bella Emma, cheevidentemente cercava di reprimere il dolore, e mi guardava piena di rimpro-vero. Il mondo, davanti ai miei occhi, girava vorticosamente.

    Aiutatemi a tirarmi su! disse alle sue amiche. Allora, con il viso in fiamme,mi tolsi il berretto, mi inginocchiai accanto a lei e la aiutai ad alzarsi.

    Rimanemmo uno di fronte allaltra, impauriti e sbalorditi, e nessuno di noiparl. La pelliccia, i capelli e il volto della bella ragazza, cos estranei e vicini,mi stordivano. Pensai invano a un modo per scusarmi, ancora con il berrettostretto in mano. E dimprovviso, mentre un velo mi offuscava la vista, feci mec-canicamente un profondo inchino e balbettai: Posso avere lonore?

    Lei non rispose, per prese le mie mani tra le sue dita sottili il cui calore riu-scii a sentire attraverso i guanti, e si avvi con me. Mi pareva di essere in unostrano sogno. Una sensazione di felicit, vergogna, calore, desiderio e imbaraz-zo quasi mi toglieva il fiato. Pattinammo per un buon quarto dora. Poi, in unapiazzola, liber piano le piccole mani, disse Grazie tante e prosegu da sola,mentre io mi toglievo troppo tardi il berretto di pelliccia e rimanevo l per unpo, immobile. Solo pi tardi mi resi conto che per tutto quel tempo non avevadetto una sola parola.

    Il ghiaccio si sciolse e io non potei ripetere il mio tentativo. Fu la mia primaavventura amorosa. Tuttavia passarono ancora diversi anni prima che il miosogno si avverasse e la mia bocca potesse sfiorare una rossa bocca di fanciulla.

    (H. Hesse, Racconti, trad. di M. Bistolfi, Milano, Mondadori, 1993)

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    1 Il testo si pu dividere in tre parti fondamentali. Rintracciale e, di ognuna, fornisci in tre righe una sintesi.

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    . 2 Scegli quale di queste definizioni , secondo te, pi adatta a indicare il tema del racconto: il racconto tratta di un evento che ha modificato profondamente latteggiamento del protagonista neiconfronti del mondo femminile. il racconto la ricostruzione psicologica dello stato danimo del protagonista. il racconto analizza un momento di maturazione del protagonista.

    Motiva la tua risposta.

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    3 Chi il protagonista del racconto?

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    4 Quali altri personaggi compaiono nella storia? Hanno un ruolo importante?

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    5 In quale luogo e in quale tempo si svolge il fatto?

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    6 Che tipo di narratore presente e con quale funzione?

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    7 Quale distanza separa il narratore dallesperienza narrata?

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    8 Chi presenta il protagonista del racconto?

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    9 Il protagonista un personaggio statico o dinamico? Perch?

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    10 Nel racconto sono dominanti le sequenze di tipo ..................................................................................................................................

    in quanto lattenzione del narratore volta soprattutto a delineare .......................................................................................

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    11 Nel racconto presente ununica breve sequenza descrittiva. Sottolineala e indicane la funzione.

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    12 Analizzando lo stile di questo racconto potrai notare che lautore ha fatto ricorso a unaggettivazione mol-to ricca e precisa. Sottolinea gli aggettivi presenti, spesso usati a coppia, e precisane la funzione.

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    . MASSIMO GRILLANDI

    Un vero amico

    In questo racconto dello scrittore Massimo Grillandi (1921-87) il protagonista ripercorre le tap-pe di unamicizia che lo ha condizionato tanto da condurlo a un punto di esasperazione senza ritor-no, che si potr concludere solo con leliminazione fisica dellamico stesso, la cui presenza dive-nuta cos tirannica da ostacolare la libera espressione della personalit. Con una tecnica precisa,il narratore registra i momenti di un conflitto che si acuisce in modo drammatico con il passare deltempo, fino alla decisione di sopprimere il compagno dinfanzia, diventato ormai unombra inquie-tante.

    Glauco sempre stato il migliore dei miei amici, e io sono un uomo che sen-te molto i vincoli dellamicizia. Cosa sarebbe la vita se alloccorrenza non si sapes-se a chi chiedere un consiglio, il conforto di un incontro che valga a dipanare leidee, a chiarirle? Lamore certo pi importante dellamicizia, ma su un altropiano. Dicevo proprio laltro giorno a Marcello: Vedi, con le donne ti puoi con-fidare, possono farti compagnia, servono a dare uno scopo alla vita. Ci voglionoe come se ci vogliono, per soltanto a un amico ti puoi appoggiare, perch unuomo come te, la pensa in gran parte a tuo modo, ha i tuoi stessi problemi. Sitrova insomma in una trincea dalla quale combattete un nemico comune. Enon che Marcello mi abbia dato torto, anzi ha rincarato la dose: Sono dac-cordo con te sullimportanza dellamicizia; essa uno dei fondamenti della socie-t e quando lamicizia vien meno tutte le altre virt, mi sembra che lo dica anchePlatone, scadono e decadono. La famiglia e la religione non sono altro che ami-cizie speciali: la prima a livello intimo, la seconda sul piano soprannaturale. Ilmio pensiero non andava cos avanti; ma insomma lidea centrale mi seducevae quindi, in nome dellamicizia, dovetti dar ragione a Marcello. Questo per direquanto sono devoto a certi sentimenti.

    Con Glauco per non so fino a che punto potr arrivare. Lho detto: sem-pre stato il mio pi caro amico, avrei dato lanima per lui; ma ora sono arrivatoa quello che i fisici chiamano punto di rottura, un altro grammo, una moleco-la ancora e poi succede lirreparabile. Conobbi Glauco alle elementari. Lui eraun paio di classi avanti a me e tutti sanno come, fra bambini, certe cose abbia-no importanza. Era pi alto, pi forte, sapeva cose che io nemmeno sognavo. Alui ricorrevo per i compiti, per farmi spiegare (con gli studi non sono mai anda-to forte) quelle nozioni che il maestro ci propinava con una velocit che a mesembrava vertiginosa. E Glauco paziente a illuminarmi, a darmi idee anche peri temi di italiano. Credo proprio che qualcuno me lo abbia addirittura svolto lui.Glauco era sempre pronto buono servizievole. Se qualche ragazzino della miaet cercava di attaccare briga, egli interveniva. Gli scapaccioni glieli dava lui. Lapovera mamma diceva sempre, quando le chiedevo qualcosa o volevo andare inqualche parte: Glauco ci va, lo fa anche lui questo? Se il mio amico era dellapartita, la risposta era sempre uguale: Vai, vai pure o Fai come lui. Non cerada sbagliare.

    Quando siamo cresciuti, tutto continuato alla stessa maniera. Sempre Glau-co per casa, pi e meglio di un fratello. A tavola nelle nostre famiglie, cera sem-pre un coperto in pi. Se lui o io volevamo rimanere a pranzo, e ci spessissi-mo accadeva, non dovevamo fare cerimonie. Bastava una telefonata. Alle superiori,

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    la stessa musica. Lui pi avanti di me, pi bravo in tutto e io a arrancargli die-tro. Il latino, tanto per dirne una, me lo ha insegnato lui. Aveva un metodo per-sonale, che adesso non ricordo, e in poco tempo traducevo a meraviglia. Per ilgreco, la medesima faccenda. A un certo punto, convenimmo che imparare lastoria era proprio un gioco, se uno pi che formulare domande, si mette a discu-tere di fatti, a compiere raffronti. Glauco era bravissimo anche in ci. Ti costrin-geva a intuire quello che non sapevi. Non te ne accorgevi e intanto imparavi. Unfenomeno era, non se ne trovava luguale.

    Poi Glauco aveva idee chiare su tutto. Dovevo frequentare chi voleva lui.Con Marco meglio che non facciamo comunella. manesco, e poi il padre...Un cattivo soggetto, ti assicuro; per non lo andare a dire, mi raccomando.Figurarsi, parola di Glauco per me era ancora Vangelo. Cos, ebbi gli amici chelui preferiva, scartai quelli che non gli andavano a genio. Come tutti i ragazzi,facevamo un poco di sport. Non tanto, giusto per compiere un filo di esercizio,per non sentirsi dare dei mollaccioni. Anche questa era unidea di Glauco. Pri-ma lo studio e poi il gioco. Nella vita, dovremo aprirci la strada col cervello,mica coi calci. Per io, a dirla con sincerit, avevo una gran voglia di fare il cal-ciatore. Conoscevo tutti quelli di serie A. Sognavo di diventare uno come loro,mi esaltavo al pensiero di giocare in un grande stadio, davanti a migliaia di per-sone che gridavano il mio nome. Ebbene, Glauco distrusse tutto ci. robache non va, devi pensare alle cose serie. Per giocare, giochiamo, ma solo perdivertimento. Del resto, che credi: su mille ne arriva uno, vuoi essere propriotu quel tale? E va bene, niente pi sogni di gloria calcistica. Quattro calci alpallone ogni tanto, cos per sgranchirsi, ma basta.

    Piuttosto, un poco di piscina. Il nuoto, era sempre Glauco a dirlo, fa svilup-pare in armonia lorganismo, mantiene sani. Anche Cicerone afferma... Non ricor-do bene cosa statuisse il buon Arpinate1: i classici poco li ho potuti digerire, maso che a prezzo di formidabili raffreddori, imparai a nuotare pur avendo, e lhotuttora, un sacro terrore dellacqua. Per il compleanno, anzich scarpe coi tac-chetti e maglia a strisce, costrinsi i miei a regalarmi un costume da bagno, unacuffia da nuotatore.

    Glauco si diplom prima di me e si iscrisse alluniversit; ma non che ci per-demmo di vista. Anzi, agli esami di maturit volle prepararmi lui. Mi prepar itemi svolti; io non volevo, intendevo sbrigarmela da solo, con le mie forze sta-volta, ma chi poteva resistere a Glauco? Mi sugger tutte le astuzie possibili perfar cadere le domande degli esaminatori sui punti che pi conoscevo. Vai sicu-ro, badava a dirmi. E fui bocciato. Cominciavo, chiaro, a essere saturo di tan-te premure, di unamicizia cos intensa, attiva direi. A ogni modo, lanno dopola spuntai. Glauco mi convinse a iscrivermi alla sua facolt. Legge, devi studia-re legge: il mondo degli avvocati. Io ero e sono portato per la matematica,potevo diventare un ottimo ingegnere. Volevo andare al Politecnico. Oggi sonoun avvocato fallito, quelli che in tribunale chiamano mozzorecchi, e i giudicifanno tacere seccati: Basta, avvocato, ho capito, e gi unocchiata al cliente,come per dire: Proprio tu ci dovevi capitare, si pu sapere che male hai fat-to? Ma Glauco insiste, dice che verr il mio momento. Tutto nelle mani degliavvocati. Gi, ma di quelli come lui, con una chiacchiera che non finisce mai euna immaginazione tale da trasformare un assassino in una vittima: Signori

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    1. il buon Arpinate: Cicerone, nato ad Arpino, nel Lazio.

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    . giudici, vero: il mio protetto ha ucciso il padre e la madre; abbiate piet di unpovero orfano! Se non cos poco ci manca. Fatto che vince tutte le cause.Io, nemmeno una, neanche per sbaglio.

    Solo il servizio militare ci separ e, devo confessarlo, respirai, ma per mododi dire. Dovunque venivo trasferito, mi inseguivano le sue lettere, zeppe di con-sigli, di ammonimenti. Ne ricordo una, ero al fronte, gelato fino al collo, sepol-to nella neve, a pancia vuota, con i soldati che mi guardavano inebetiti: Pensaal Natale dellanno scorso. Ricordi che bel calduccio, che pranzo ci prepar lamamma? vero, le nostre famiglie lo avevano fatto insieme quel Natale, maera opportuno ricordarmelo in quel momento? Glauco aveva aderenze, amici-zie forti, riusc a farmi trasferire nel suo reggimento. Continu cos a tiranneg-giarmi in nome dellamicizia, del mio bene e del grado superiore. Rimpiansi ilfronte, lo assicuro.

    Dopo congedati, come tutti i giovani, cominciammo a frequentare delle ragaz-ze. Ma era lui a sceglierle, lui a impormele. Erano tutte amiche delle fidanzateche, a mano a mano, egli veniva cambiando. In amore, Glauco era volubile. Civuole esperienza, diceva. E io che dovevo sempre rompere i fidanzamenti sulpi bello, per adeguarmi alle nuove situazioni che Glauco veniva creando. Io chemi affeziono cos facile. E poi le figure per niente simpatiche che dovevo farecon queste ragazze e con le loro famiglie. Glauco, oltretutto, nello scegliere ipretesti per le rotture non aveva la mano felice. Un paio di fratelli ce la fecerovedere brutta. Di uno ancora porto il segno; ma lui aveva la sua filosofia, e iodovevo farla mia. Fin che sposai la donna che Glauco, in pratica, aveva sceltoper me: Vedrai che Maria ti far felice. una buona ragazza. Proprio quella checi vuole per te.

    Dagli oggi e dagli domani, mi trovai allaltare. Poi fu linferno. Violenta attac-cabrighe spendacciona, mia moglie me ne ha combinate di ogni colore. Oggisono in corrispondenza con un collega di Monaco, per vedere se ci esce il divor-zio; ma ci vuole un fiume di soldi. La professione va male, lho detto. Tutto pos-so fare meno che lavvocato. Ho perfino intaccato quel po di roba che mi ave-va lasciato mio padre, sono sullorlo della rovina. Maria da tempo da sua madre.Molti ridono di me e io li capisco. Questa mattina Glauco mi ha telefonato, diceche ha un buon affare in vista e che lo riserva per me. Dovrei liquidare ogni cosae investire in certi titoli. Azioni sottocosto, puoi stare sicuro: parola di amico.In questo momento ho deciso. S, vendo tutto, per ci pago un sicario.

    M. Grillandi, in Racconti italiani contemporanei,a cura di L. Fenici Piazza, Milano, B. Mondadori, 1974

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    1 Nel racconto fabula e intreccio non sono coincidenti: sottolinea nel testo in blu i punti in cui puoi ritrovareparti prolettiche e in rosso quelle narrate in flashback.

    2 Scegli quale di queste definizioni , secondo te, pi adatta a indicare il tema del racconto: il racconto tratta di un rapporto di amicizia giunto al punto di rottura.il racconto la ricostruzione psicologica dello stato danimo del protagonista.il racconto analizza i sentimenti di odio del protagonista nei confronti di Glauco.

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