Una perla nel cassetgto

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1 Ho trovato una perla nel cassetto …… Viaggio intorno ad una perla

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ricerca storico-artistica sulla manifattura delle perle a Venezia

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Ho trovato una perla nel cassetto ……

Viaggio intorno ad una perla

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Il progetto Fai

• Quest’anno scolastico noi ragazzi di terza media sez.A,B,C, dell’Istituto Comprensivo Morosini di Venezia, abbiamo raccolto l’invito del FAI a riscoprire e valorizzare un fenomeno storico della nostra cultura delle Arti e dei Mestieri tradizionali del Veneto.

• Abbiamo deciso di analizzare e studiare le varie testimonianze nei secoli fino ad oggi, dell’arte del fare perle, tradizione tutt’ora viva nella nostra Venezia e di produrne anche noi.

• In questa nostra ricerca abbiamo incontrato un artigiano, un amico, Moulay, che non solo ci ha fatto entrare nel suo mondo, nella sua bottega zeppa di oggetti, arnesi e colori, ma ci ha aiutato a contestualizzare storicamente questa esperienza, rendendoci cosìconsapevoli che da sempre e in modo esemplare nella città di Venezia, l’uomo artifex contribuisce a portare avanti nel futuro la storia e la civiltà di tutti.

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Ho trovato una perla nel cassetto….

• Alzi la mano chi, rovistando nel cassetto del comò della nonna o mamma,ha trovato proprio nel fondo, una perla, magari piccola, colorata, dai mille riflessi, brillante ai raggi del sole, un piccolo tesoro da conservare per quell’aria di mistero che da lei proveniva?

• Siamo in tanti vero? Noi ragazzi abbiamo tentato di esplorare questo mistero…venite con noi.

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SOMMARIO

• La storia

• L’arte delle perle

• L’impiraresse

• Diffusione delle perle nei paesi extraeuropei

• Moulay

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Un po’ di storia• La produzione di perle è stata per

secoli una delle voci principali dell’economia veneziana, un settore importante del vetro su cui Venezia ha costruito il suo primato economico.

• Dal XIV sec. I maestri vetrai producevano perle colorate ad imitazione del cristallo di rocca, i paternostri, usati soprattutto per confezionare corone di rosario (donde il nome), largamente diffuse nel Medioevo. A queste si affiancarono più tardi le margarite, perle più piccole ottenute dalla canna forata.

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L’inizio• La produzione di perle di vetro

iniziò a Venezia nel XIV secolo nel tentativo di imitare le pietre preziose con cui venivano fabbricate le corone di rosari acquistate dai pellegrini cristiani che numerosi facevano tappa nella città lagunare sulla via di Gerusalemme.

• Nei mercati del Medio Oriente, attraverso un singolare processo di “secolarizzazione”, divennero poi oggetto di scambio destinato alle funzioni più diverse.

• Secondo un’eloquente leggenda elaborata all’inizio del secolo scorso, la lavorazione delle perle a Venezia sarebbe scaturita dal genio di due maestri vetrai muranesi ispirati dai racconti di Marco Polo.

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• La destinazione principale di questa merce preziosa travalicava largamente i confini degli Stati italici, dell’oriente e del sud del Mediterraneo verso i quali veleggiavano “le mude” e dove la Serenissima aveva proprie colonie o punti di smercio: Bisanzio, il Mar Nero, l’Egitto, la Spagna, il Portogallo.

• La scoperta del Nuovo Mondo da un nuovo decisivo impulso alla produzione.

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• Non tutte le perline di vetro sparse per il globo erano di produzione veneziana, pertanto il quadro qui proposto dev’essere considerato limitato solo alle merci in uscita da Venezia.

• Questa vennero spedite principalmente via mare, lungo due direzioni: verso i porti della Siria e dell’Egitto e in misura minore verso la costa africana; l’altra verso i porti della Spagna, del Portogallo, dell’Olanda e dell’Inghilterra.

• I mercati nord-africani e levantini continuarono a rappresentare uno sbocco essenziale per le manifatture vetrarie veneziane, in primo luogo per le conterie, vendute a peso o a mazzi.

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Produzione perle anni 800-900• Una grande quantità di perle di

ogni tipo e fattura raggiunge nell’Ottocento da Venezia i paesi extraeuropei, spesso attraverso il tramite di compagnie francesi, olandesi, inglesi.

• Le perline colorate scintillanti costituiscono un dono ed una merce di scambio particolarmente apprezzata dagli indigeni.

• La richiesta era in balia di una moda o di un uso che trovava spesso le proprie tendenze e che risultava condizionato dagli avvenimenti internazionali, dalle guerre, dalla stessa fortuna dei paesi coloniali, con esiti spesso imprevedibili.

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• È quanto avviene ad esempio nella Prima Guerra Mondiale, quando la richiesta di corone mortuarie fatte di fiori di perle (soprattutto da parte francese ) a lievitare improvvisamente la produzione.

La lunga crisi della produzione di conterie negli anni trenta, dopo decenni di grandi fortuna, è dagli stessi produttori messa i relazione al “rapido sviluppo della civilizzazione dei paesi africani e asiatici col conseguente fatale evolversi dei gusti degli indigeni anche perciò che concerne i loro ornamenti tradizionali”.

Spesso le industrie facevano stampare appositi cataloghi in piùlingue per pubblicizzare i loro prodotti.

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L'arte dei perleri• Nel 1524 il Senato Veneto aveva

riconosciuto l’Arte dei Perleri come corporazione autonoma e pochi decenni più tardi, agli inizi del Seicento, (1604) i Paternostri e i Margheriteri si riunirono in una distinta corporazione, con propria scuola a San Francesco della Vigna, nel sestiere di Castello, dove più diffusi erano i laboratori.

• Sempre nel XVI sec si affermava un nuovo tipo di lavorazione, quella delle “perle a lume”, ottenute dalla fusione del vetro alla fiamma della lucerna, che tanta fortuna avrà nei secoli successivi.

• Nel 1741, nella parrocchia di S.Ternitadi Castello – dove si concentravano queste attività – vennero condannate due donne che, su commissione di alcuni mercanti, cosegnavano loro “delle colane di contaria di due in tre milla nella settimana passata”lavorando per “minor prezzo di quello che fan li margariteri.

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Figure di lavoratrici• Si trattava di un lavoro

tradizionalmente femminile, praticato essenzialmente da donne di ogni età. Le perle a lume erano prodotte dalle cosiddette perlère che si riunivano generalmente in piccoli gruppi, in locali attigui all’abitazione Agli uomini la competenza della tiratura della canna forata, nelle fornaci di Murano; alle donne il lavoro di taglio, di cernita e soprattutto d’infilatura, che richiedeva una numerosa manodopera e che era eseguito prevalentemente a domicilio.

• Accanto alle perlere e alle impiraresse c’erano altre figure di lavoratrici:

• le donne che fabbricavano i fiori e le foglie addette alla produzione delle frange,

• quelle impegnate nella confezione di tutto gli accessori richiesti dalla moda.

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Infilatrice di perle-impiraressa

• . Migliaia e migliaia di donne dunque in tutta la città erano coinvolte in questa produzione, che interessa anche i conventi e le istituzione e che si estendeva anche nella terraferma.

• A fare da ostacolo erano proprio le caratteristiche del lavoro, svolto prevalentemente a domicilio, con fasi e ritmi diversi.

• La figura dell’infilatrice di perle (“impiraressa” ) viene sempre piùassunta a tipo della veneziana popolare, immagine e rappresentazione della donna del popolo, analogamente alla merlettaia per le isole dell’estuario.

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• Si trattava di un lavoro faticoso, monotono, che obbligava ad una sedentarietà prolungata; un lavoro gravato da un duro sfruttamento, ma che costituiva una risorsa preziosa in un’economia povera e di sussistenza, come quella che caratterizzava i ceti popolari Dell’Otto-Novecento. Era una parte importante della cultura materiale, tramandata di generazione in generazione lungo la linea femminile. Erano poche le scuole di apprendistato nei sestieri: imparavi incasa, dove la figura della madre si intrecciava a quella della maestra. <Mi gò lavorà prima de nasser, co giero co me mamadentro >, esordisce una testimone di Murano, ponendo l’inizio del suo lavoro in quella fusione corporea col corpo della madre,

• E un’altra racconta che da piccola, alla sera, si addormentava al rumore leggero delle perle, infilate fino a tardi dalla madre:

• “E mi me ricordo che el rumor dei aghi nela sessola g iera come una ninnananna”

• Un ricordo questo in cui il fruscio prodotto dalle mani tiene il posto della ninna-nanna, come “voce” e “canzone”della madre.

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Filastrocca de le impiraresseSemo tute impiraressesemo qua de vita pienetuto fògo ne le venecore sangue venexian.No xè gnente che ne tegnaquando furie diventèmo,semo done che impiremoe chi impira gà ragion.Anca le sessole pol dirloquante lagrime che femo,ogni perla che impiremoxè na giossa de suor.Anca le mistra che voravetuto quanto magnar loreco la sessola a’ ste sioresu desfemoghe el cocòn.Se se tase i ne maltratae se stufe se lagnemocome ladre se vedemoa cassar drento in preson.

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Diffusione delle perle nei paesi extraeuropei

• E’ facile oggi trovare in molti mercati, mostre e negozi di antiquari grandi quantità di perle di vetro, oltre che oggetti e collane di varie forme, che vengono definite spesso “africane”

• Effettivamente queste perle avevano trovato particolare successo nei mercati extraeuropei e venivano, e ancora vengono, prodotte nelle vetrerie di Murano per l’esportazione.

• La grande diffusione, specie tra i giovani, testimonia una curiosità e attrazione verso “altre” culture e anche un rifiuto di una troppo rigida divisione dei ruoli sessuali.

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• Gran parte delle perle di vetro che fino alla prima metà del nostro secolo venne spedita in tutto il mondo era di fattura veneziana, come nel caso citato in apertura delle margarite portate dagli spagnoli nei Caraibi e di lìrimesse in circolazione.

• In età medievale, nell’area europea le perline di vetro erano un prodotto di manifattura esclusivamente veneziana ed i loro mercati circoscritti in prevalenza al mediterraneo orientale.

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• La grande diffusione delle perle di Venezia, iniziata nel medioevo, poi fortemente aumentata nel periodo rinascimentale, ha raggiunto entità considerevoli nel Sette-Ottocento, quando, le perle costituivano un’elementodecisivo della produzione vetraria e delle esportazioni veneziane.

• L’importanza per la città degli scambi internazionali è presente nella stanza più grande dell’appartamento del Doge, affrescata con grandi mappe del mondo allora conosciuto al fine di dimostrare la potenza commerciale di Venezia e l’intrapendenza e il coraggio dei suoi viaggiatori.

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Alvise Da Mosto• Tra tanti famosi viaggiatori Alvise

Da Mosto è forse il primo veneziano a ad’avventurarsi fino alla costa occidentale africana e a risalire i fiumi Senegal e Gambia dopo aver avvistate le isole di Capoverde, ed è autore di una relazione in cui narra le vicende dei suoi viaggi.

• Come si può facilmente dedurre dalla relazione di da Mosto, l'interesse di Alvise per l'esplorazione dell'Africa, non era soltanto di carattere commerciale, ma aveva anche motivazioni politiche e religiose, in particolare la lunga guerra dei portoghesi contro i mori e la speranza di trovare alleati contro gli infedeli mussulmani nell'Africa sub-sahariana.

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• Egli le nomina come “cianfrusaglie”, chincaglierie”,”cose minime”…

• Infatti molto spesso nei racconti dei viaggiatori europei quando parlano di perle èper descrivere l’ingenuità di coloro che le accettano come pagamento di merci di ben più grande valore.

• Chi non sa ad esempio che i colonizzatori olandesi avrebbero acquistato l’isola di Manhattan per l’equivalente in perline di 24 dollari? E nell’immaginazione popolare questo sarebbe prova dell’arretratezza e ignoranza degli indigeni.

• Alvise Da Mosto nei suoi resoconti accenna a collane che avrebbe offerto come dono d’apertura in vista di altri scambi con gli indigeni del posto.

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• Lo scrittore Alberto Moravia esprime la sua indignazione a fronte di questa mentalità in un suo scritto:

• “…… ma gli africani non sapevano che le conterie non valevano niente e l’oro e le prietre preziose, moltissimo.

• La loro scala di valori era quella dell’immaginazione;quella degli europei invece, la scala dei valori del profitto. Poi nei due secoli seguenti sono venuti i mercanti di schiavi, vestiti di velluti, di sete, di broccati, in brache corte e calze, la spada al fianco;e di nuovo, contro cianfrusaglie e conterie, gli africani hanno fornito qualcosa di prezioso: i loro fratelli razziali, venduti in America come bestiame. Anche questa volta gli Africani ignoravano il valore inestimabile della merce umana che fornivano agli Europei in cambio delle conterie.

• Ma gli Europei questo valore lo conoscevano benissimo, il cristianesimo gliel’aveva insegnato per secoli ….”(1972:139)

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Simbolismo delle perle• Come possiamo spiegare una profonda

connessione tra donne e perle? E come spiegare il desiderio umano di adornare ed abbellire il corpo? Tra le popolazioni più primitive spesso si esercita con trasformazioni del corpo, in particolare della pelle, che è la nostra prima tela. Vi sono associati idee di attrazione fisica e azioni magico-religiose che mirano ad allontanare malattie e calamità.

• Appare da evidenze archeologiche che le perle, sono intimamente associate con idee riguardanti la fertilità, sia della terra sia del grembo femminile, cioè in linguaggio antropologico, con la produzione e la riproduzione.

• Era tipico per esempio il timore che il malocchio potesse causare l’impotenza o far perdere il latte alle madri. Amuleti che includono una perla riproducente la forma di un occhio, a volte unita a conchiglie, sono infatti ancora diffusi in alcune regioni del mediterraneo, del nord-africa e dell’Asia minore.

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• Nel loro uso come misure di valore, cioè come una forma di denaro primitivo,le perle si possono concepire come primi segni e strumenti di una progressione verso scambi commerciali sempre più distaccati dai contesti sociali in cui hanno luogo.

• Una attiva distribuzione di perle di vetro non hanno certo alterati il valore delle genuine perle e pietre minerali, al contrario possono averne fatto salire i prezzi, mettendo in rilievo il fatto che vecchie perle siano diventate oggetti di grande interesse per collezionisti e antiquari, poiché, grazie alla loro storia e alle loro migrazioni il valore ne è molto aumentato.

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• Per le popolazioni tribali, le perle come gli anten ati, sono associate con i fiumi con la magia bianca e con la purificazione e sono u sate per esorcizzare l’invasamento dai demoni.

• Tra gli Uduk del Sudan, una società matrilineare in c ui il dare alla luce una figlia od un figlio è visto come il coronamento del la raggiunta maturità, le perle figurano come elemento importante nelle cerimonie c he segnano l’incorporazione del bambino nella gruppo famigliar e.

• Le perle sono diventate simboli di identità per grup pi etnici e familiari. È molto diffusa la credenza che tali perle contribuiscano a mantenere la desiderata continuità dei gruppi familiari a cui appartengono.

• I Masai distinguono coloro che considerano veri past oralisti da gruppi semi stabili dal modo in cui confezionano e indossano gl i ornamenti di perle.

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L’incontro con Moulay• Il 9 gennaio di quest’anno la nostra

classe si è recata a visitare il laboratorio di perle gestito dal signor. Moulay (assieme alla sua assistente Veronica), un uomo senegalese che ci ha raccontato molti aneddoti interessanti.

• Moulay ci ha narrato della sua vita: lui, di padre francese e madre senegalese, doveva spesso fare da Parigi a Dakar con l’aereo.

• Ci ha spiegato che il Senegal è il primo stato, per grandezza, dell’Africa Nera che dà sul mare e che viene anche chiamato lo stato dei misti, perché tutti gli africani che vogliono emigrare dagli altri stati e raggiungere l’Europa o l’America passavano lì per potersi imbarcare.

• Ci ha detto che appartiene a una tribù chiamata Wolof, che ha delle tradizioni e una lingua sua.

Un’opera di Moulay esposta nella sua bottega

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I Wolof• Dopo aver parlato un po’ delle tradizioni

degli animisti (religione diffusa nella sua terra) ci ha spiegato la funzione delle perle in questa religione: gli animisti hanno un solo tipo di perla ( fatta di osso e nera).

• I componenti di ogni famiglia appendono al collo una perla sulla quale vengono praticati dei piccoli fori, tanti quanti sono i componenti della famiglia stessa.

• Con questo gesto simbolicamente, ognuno diventa il protettore di tutta la sua famiglia e contemporaneamente la famiglia protegge l’individuo. Ci ha raccontato brevemente della sua tribù, i Wolof ( anche la loro lingua viene chiamata così).

• Li le perle vengono usate principalmente dalle donne che le legano intorno alla vita per attirare i maschi. Infatti il movimento del bacino permette che le perle attaccate alla gonna creino un tintinnio. Moulay racconta

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Chi è Moulay• Moulay si era innamorato delle perle

quando, in gita con la scuola, qui a Venezia, aveva visto un uomo che le lavorava e da quel giorno si ripromise che avrebbe fatto quel mestiere. Infatti da adulto venne qui, a Venezia per frequentare la scuola del vetro di Murano. Purtroppo essa era privata e solo per gente Veneziana ( perché non si voleva la concorrenza da parte di persone straniere).

• Moulay allora dovette fare moltissimi lavori per guadagnarsi da vivere, e oltretutto lui era venuto qui convinto che gli italiani parlassero francese e quindi dovette anche imparare l’italiano!

• Finalmente, nel 2001, dopo 2 anni che Moulay era a Venezia, la scuola aprìanche alle persone che venivano da fuori Italia, e così egli poté finalmente frequentarla e imparare a fare le perle e il vetro e molte altre cose.

Lavoro di Moulay

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Cosa ha fatto per noi• Moulay ha fatto molto per noi dimostrandosi disponib ile e paziente: non solo ci

ha spiegato il suo lavoro e ci ha consentito di far gli una piccola intervista, ma ci ha mostrato anche altri lavori che realizza, pro mettendoci che sarebbe venuto a scuola per insegnarceli.

• Ha fatto una dimostrazione di come lavorava il vet ro con la fiamma e creava perle con diverse tonalità che poi ci ha regalato.

• Qualche giorno dopo Moulay ha mantenuto la sua prome ssa ed è venuto a trovarci a scuola, durante le ore delle prof. ssa Gi goli, che ci aveva avvertiti in precedenza sul materiale da portare:

• Stucco, un pezzo di legno (o un oggetto qualsiasi i n legno), un sacchetto di plastica, un sacchetto per le immondizie, degli stu zzicadenti, un barattolo di colla vinavil, una spatola e una bottiglia di plast ica. Per prima cosa abbiamo riempito d’acqua la bottiglia, poi nel sacchetto ab biamo messo stucco e acqua, e abbiamo lavorato la pasta così ottenuta per un po’ , finchè non raggiungeva una consistenza che Veronica approvava, poi si aggi ungeva colla vinavil e si lavorava ancora, dopo si forava un angolo in fondo al sacchetto e si versava sull’oggetto di legno da decorare, la pasta doveva venire poi spalmata con una spatola.

• In seguito si incideva un disegno con gli stuzzica denti e si attendeva finchénon si asciugava, quando era asciutto Moulay ci dava un barattolino di bitume ed un pennello, con il quale dipingevamo l’oggetto , infine si attendeva ancora che la pittura si asciugasse e l’oggetto era pronto , con questo sistema abbiamo realizzato oggetti decorati in stile africano.

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MOULAY PARLAi filmati del nostro incontro

Come si fa una perla 1

Come si fa una perla 2

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Le opere di Moulay

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Cosa abbiamo fatto noi

• E noi?• Anche noi in classe abbiamo voluto provare a fare le nostre collane

con perle ideate e modellate con le nostre mani.• Abbiamo comperato tavolette di Fimo di tanti colori e abbiamo

lasciato correre la nostra fantasia..con un po’ di pazienza, l’aiuto del forno della mamma, ed ecco qua esposte le nostre piccole opere che ci auguriamo siano di vostro gradimento.

• Le nostre collane, braccialetti, orecchini sono anche accompagnate da disegni che mostrano i passaggi che sono stati necessari per realizzare il tutto.

• E per finire l’opera abbiamo pensato di produrre questa presentazione che illustra il “ viaggio intorno ad una perla”, che trovata in un vecchio cassetto ci ha spinto a questa ricerca.

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Ringraziamenti

• Noi ragazzi ringraziamo:

• La dott.ssa Adriana Arban del FAI che ci ha dato l’opportunità di scoprire e studiare questo aspetto della nostra cultura e tradizione.

• La prof.ssa Nadia Filippini che ci ha concesso di attingere alle sue pubblicazioni sull’argomento per approfondire l’aspetto storico sociale .

• L’amico-artigiano Moulay che ci ha accolto nella sua bottega e ci ha svelato i segreti del mestiere.

• La prof.ssa Anna Gigoli che ci ha fatto sperimentare la creazione produzione delle perle

• Le nostre mamme che ci hanno aperto ….i forni.