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Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. 17º anno - n. 167 - gennaio 2008 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” segue a pagina 2 UN MALCOSTUME SEMPRE PIÙ DIFFUSO NELLA SANITÀ il privato come corsia di sorpasso di Bruno Bonafini UN “IMBARBARIMENTO” CHE PARTE DA LONTANO il lavoro e i suoi demiurghi di Tomaso Castelli Parlando del lavoro che «si imbarbarisce se l’uomo non conta nulla», L’Eco di Bergamo pubblica una bella intervista di Daniele Vaninetti al sociologo Luciano Gallino, al quale viene attribuito anche il seguente brano: «Il lavoro oggi è uno dei fattori della produzione che riceve meno attenzione. Se la persona venisse considerata alla pari di altre voci del bilancio aziendale, come il fatturato, le tragedie di Torino succederebbero in misura minore» ( L’Eco di Bergamo, 9 dicembre 2007). Negli stessi giorni, sotto l’abbagliante riverbero dell’acciaieria torinese, abbiamo scovato molte altre affermazioni degne di nota, e ne abbiamo scelte un paio: l’«affondo» di Veltroni, in pole- mica coi tassisti romani («Per operai che perdono il posto di lavoro, queste forme di lotta sarebbero impensabili. Se occupassero la città per un giorno sarebbero sbattuti in galera»), pubblicato dal Corriere dell’8 dicembre, e la vignetta di Ellekappa (Repubblica dell’8 dicembre): «Ci sono morti di serie A e di serie B... Poi ci sono gli operai». Sempre negli stessi giorni, la stampa nazionale e locale da ampio risalto alla firma dell’intesa tra Abi e sindacati per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei 330mila addetti al settore: «È di quasi 280 euro al mese l’aumento medio che i bancari potranno ottenere a regime dopo il rinnovo conflitto o coesione? Il sasso nello stagno l’ha gettato Giorgio Al- bertazzi, durante una recente trasmissione radiofonica (eh già, sommersi come siamo nel letamaio della Tv, tendiamo purtroppo ad ignorare l’esistenza della radio, che è tutta un’altra dimensione!) sull’insanabile conflitto tra il moralismo del Savonarola e il disinvolto... mercantilismo dei Medici. E poco importa se poi l’attore non ha esitato a prendere decisa- mente posizione per «l’estetica» dei Medici contro «l’etica» del Savonarola. È molto im- portante, invece, che il sasso nello stagno venga gettato, almeno ogni tanto, per non rischiare di essere inghiottiti dalla palude del perbenismo autoritario senza neppure sapere il perché. Perché può anche darsi che oggi, diversamente dalla Firenze del quindicesimo secolo, l’etica e l’estetica (il “bene” ed il “bello”, diremmo noi) possano tornare a convivere in modo non con- flittuale, come ai tempi del classicismo greco, ma non sarà tuttavia secondario conoscere (al- meno conoscere) chi ne determina i parametri, per non ritrovarci perennemente in mezzo al... guado, a dover scegliere (o a non poter scegliere affatto) tra un’etica i cui canoni vengono dettati da intramontabili Savonarola ed un’estetica fondata nei caveau delle banche. Solo dopo aver ben chiarito questo particolare tutt’altro che irrilevante, quindi, può diventare pleonastica perfino l’annosa diatriba tra il “conflitto” e la cosiddetta “coesione sociale”. L’interdizione è dubbia, quindi rinviata la sua prescrizione, o addirittura negata come in- fondata nella visita in struttura pubblica? Non c’è problema, facile il rimedio alla par- toriente che non non si sente di condurre avanti lavoro e gravidanza insieme, vuoi per fondate proccupazioni sulla possibilità di far convivere tranquillamente le due fatiche, vuoi per prudenza o altro. Il rimedio sta nella visita privata a pagamento, dove la stessa cosa negata nella struttura pub- blica trova improvvisamente fondamento e viene così concessa senza patemi, quasi a semplice richiesta, accompagnata in genere da una gentilezza e da tempi di visita di gran lun- ga più apprezzabili di quelli in ospedale. Talo- ra dallo stesso medico che qualche settimana prima l’aveva esclusa nel pubblico. Ma lo stesso miracolo non accade forse anche in altre circostanze? Chi si sente dire, dopo una visita nella struttura pubblica, che la sua operazione di cataratta, ad esempio, avverrà in tempi lunghi, più o meno dopo un anno d’attesa, perchè non dovrebbe approfittare della solerzia del medico, a volte lo stesso me- dico, che invece immancabilmente dopo la vi- sita nel suo studio privato constata l’urgenza, fa saltare la fila e ti opera dopo poche setti- mane nella stessa struttura pubblica in cui ti avevano messo in coda? Lo stesso soldo che si dice faccia cantare gli orbi, in questo caso riaggiusta la vista, in tempi corti e certi, a chi la sta perdendo. L’esemplificazione potrebbe continuare. Toc- cando casi, settori e patologie diverse, da quelli in cui la posta in gioco è la soluzione di qualche acciacco “minore” a quelli in cui sui tempi ( e a volte se ne vanno... (autori vari, pagg. 6 - 7) segue a pagina 2 buona Costituzione a tutti (Tullio Clementi, a pag. 8) Riformismo: «Ogni linea d’azione politica pratica che, valutando dannosi gli atteggia- menti del conservatorismo oltranzista come quelli del velleitarismo rivoluzionario, in- tende realizzare le più varie e profonde trasformazioni politiche, giuridiche, eco- nomiche e sociali favorendo il progresso civile e lo sviluppo attraverso l’attuazione di graduali e organiche riforme». dal dizionario “De Agostini” il 2007 in piccole dosi... (Redazione, a pag. 9) salute, ambiente e territorio (D. Ducoli e E. Facchini, pagg. 4 e 5)

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Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.

17º anno - n. 167 - gennaio 2008

“... incisioni eseguite con una punta su una superficiedura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”

segue a pagina 2

UN MALCOSTUME SEMPRE PIÙ DIFFUSO NELLA SANITÀ

il privato come corsia di sorpassodi Bruno Bonafini

UN “IMBARBARIMENTO” CHE PARTE DA LONTANO

il lavoro e i suoi demiurghidi Tomaso Castelli

Parlando del lavoro che «si imbarbarisce se l’uomo non conta nulla», L’Eco di Bergamo pubblicauna bella intervista di Daniele Vaninetti al sociologo Luciano Gallino, al quale viene attribuito ancheil seguente brano: «Il lavoro oggi è uno dei fattori della produzione che riceve meno attenzione. Sela persona venisse considerata alla pari di altre voci del bilancio aziendale, come il fatturato, letragedie di Torino succederebbero in misura minore» (L’Eco di Bergamo, 9 dicembre 2007).Negli stessi giorni, sotto l’abbagliante riverbero dell’acciaieria torinese, abbiamo scovato moltealtre affermazioni degne di nota, e ne abbiamo scelte un paio: l’«affondo» di Veltroni, in pole-mica coi tassisti romani («Per operai che perdono il posto di lavoro, queste forme di lottasarebbero impensabili. Se occupassero la città per un giorno sarebbero sbattuti in galera»),pubblicato dal Corriere dell’8 dicembre, e la vignetta di Ellekappa (Repubblica dell’8 dicembre):«Ci sono morti di serie A e di serie B... Poi ci sono gli operai».Sempre negli stessi giorni, la stampa nazionale e locale da ampio risalto alla firma dell’intesa tra Abie sindacati per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei 330mila addetti al settore: «È diquasi 280 euro al mese l’aumento medio che i bancari potranno ottenere a regime dopo il rinnovo

conflitto o coesione?Il sasso nello stagno l’ha gettato Giorgio Al-bertazzi, durante una recente trasmissioneradiofonica (eh già, sommersi come siamo nelletamaio della Tv, tendiamo purtroppo adignorare l’esistenza della radio, che è tuttaun’altra dimensione!) sull’insanabile conflittotra il moralismo del Savonarola e il disinvolto...mercantilismo dei Medici. E poco importa sepoi l’attore non ha esitato a prendere decisa-mente posizione per «l’estetica» dei Medicicontro «l’etica» del Savonarola. È molto im-portante, invece, che il sasso nello stagno vengagettato, almeno ogni tanto, per non rischiare diessere inghiottiti dalla palude del perbenismoautoritario senza neppure sapere il perché.Perché può anche darsi che oggi, diversamentedalla Firenze del quindicesimo secolo, l’etica el’estetica (il “bene” ed il “bello”, diremmo noi)possano tornare a convivere in modo non con-flittuale, come ai tempi del classicismo greco,ma non sarà tuttavia secondario conoscere (al-meno conoscere) chi ne determina i parametri,per non ritrovarci perennemente in mezzo al...guado, a dover scegliere (o a non poter scegliereaffatto) tra un’etica i cui canoni vengono dettatida intramontabili Savonarola ed un’esteticafondata nei caveau delle banche.Solo dopo aver ben chiarito questo particolaretutt’altro che irrilevante, quindi, può diventarepleonastica perfino l’annosa diatriba tra il“conflitto” e la cosiddetta “coesione sociale”.

L’interdizione è dubbia, quindi rinviata la suaprescrizione, o addirittura negata come in-fondata nella visita in struttura pubblica?Non c’è problema, facile il rimedio alla par-toriente che non non si sente di condurreavanti lavoro e gravidanza insieme, vuoi perfondate proccupazioni sulla possibilità di farconvivere tranquillamente le due fatiche, vuoiper prudenza o altro.Il rimedio sta nella visita privata a pagamento,dove la stessa cosa negata nella struttura pub-blica trova improvvisamente fondamento eviene così concessa senza patemi, quasi asemplice richiesta, accompagnata in genere dauna gentilezza e da tempi di visita di gran lun-ga più apprezzabili di quelli in ospedale. Talo-

ra dallo stesso medico che qualche settimanaprima l’aveva esclusa nel pubblico.Ma lo stesso miracolo non accade forse anchein altre circostanze? Chi si sente dire, dopouna visita nella struttura pubblica, che la suaoperazione di cataratta, ad esempio, avverràin tempi lunghi, più o meno dopo un annod’attesa, perchè non dovrebbe approfittaredella solerzia del medico, a volte lo stesso me-dico, che invece immancabilmente dopo la vi-sita nel suo studio privato constata l’urgenza,fa saltare la fila e ti opera dopo poche setti-mane nella stessa struttura pubblica in cui tiavevano messo in coda? Lo stesso soldo chesi dice faccia cantare gli orbi, in questo casoriaggiusta la vista, in tempi corti e certi, a chila sta perdendo.L’esemplificazione potrebbe continuare. Toc-cando casi, settori e patologie diverse, da quelliin cui la posta in gioco è la soluzione di qualcheacciacco “minore” a quelli in cui sui tempi ( e

a volte se ne vanno...(autori vari, pagg. 6 - 7)

segue a pagina 2

buona Costituzione a tutti(Tullio Clementi, a pag. 8)

Riformismo: «Ogni linea d’azione politicapratica che, valutando dannosi gli atteggia-menti del conservatorismo oltranzista comequelli del velleitarismo rivoluzionario, in-tende realizzare le più varie e profondetrasformazioni politiche, giuridiche, eco-nomiche e sociali favorendo il progressocivile e lo sviluppo attraverso l’attuazionedi graduali e organiche riforme».

dal dizionario “De Agostini”

il 2007 in piccole dosi...(Redazione, a pag. 9)

salute, ambiente e territorio(D. Ducoli e E. Facchini, pagg. 4 e 5)

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2 gennaio 2008 - graffiti

dalla prima pagina

il privato come...

ABBONAMENTO 2008:ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.Gli abbonati sostenitori riceveranno inomaggio un libro sulla Valcamonica.

Versare sul c.c.p.44667335 (intestatoall’Associazione cul-turale Graffiti), tramitel’allegato bollettino.

sui soldi per accorciarli) ci si gioca la vita. E in-teressa le realtà più diverse. La Valle Camoni-ca, da cui si possono trarre ad abundantiamcasi come quelli dell’esemplificazione fatta,ma anche altri territori. Un pedaggio iniquo,quello della visita privata a pagamento, a cui èdifficile sottrarsi – la salute prima di tutto... –anche in condizioni economiche difficili, comelo sono quelle di molti anziani o di tante fami-glie con prole. Viene in mente il brigante Ghi-no di Tacco, di infelice memoria, che impone-va il soldo a quanti volevano recarsi a Romasenza fare il lungo giro che evitava la strettoiain cui lui dominava e taglieggiava.L’accostamento può sembrare ingiurioso, mal’analogia è innegabile.Il medico è portatore di una laica sacralità.Può esercitare nel pubblico o nel privato, le-gittimamente, e sia da parte dello Stato che del“mercato” non manca certo il riconoscimentoeconomico del suo ruolo. Come non manca lastima sociale, quando “scienza e coscienza”ne contraddistinguono l’operato. Ma quandosi presidia il pubblico in funzione del proprioprivato, ci si assimila alle tante caste di questanostra Italia di furbi e di impuniti.Difficile valutare quanto possano le Asl afronte di un malcostume divenuto ormai cosìdiffuso e accettato (per gioco forza, accetta-to). Un malcostume che si fa beffe dei dirittidi chi la fila la rispetta, il paziente ignaro omeno abbiente, come del medico che onora ilsuo ruolo pubblico e ne rispetta le norme.I due problemi, quello dell’uso strumentaledel pubblico da parte di certi medici comequello, in gran parte conseguente, delle lungheliste d’attesa, richiedono certamente provve-dimenti che vanno al di là della portata localedi una singola Asl. Non guasterebbe, tuttavia,una vigilanza dal basso, un più stretto con-trollo sul come e perchè le liste d’attesa si for-mano e si modificano, un più stretto rapportotra popolazione e istituti e persone prepostialla tutela della correttezza amministrativa esanitaria, come il Tribunale del malato o l’Uf-ficio di pubblica tutela. Sollecitando segnala-zioni di casi come quelli indicati, favorendooccasioni e strumenti per farlo senza esporsipubblicamente. Per azione di elementare giu-stizia, oltre che per contribuire alla tenuta diuna sanità pubblica che non si lasci snaturareda logiche mercantili. (E di un mercato più ap-parente che reale, oltretutto, dove anche ildoppio gioco è concesso...).

del contratto di categoria [...], a cui si aggiungo-no comunque circa 1.600 euro a compensazio-ne degli arretrati per il biennio 2006-2007».Importi che, scrivono Abi e sindacati in unanota congiunta, «sono un riconoscimentoalla crescita della produttività del siste-ma». (Giornale di Brescia, 9 dicembre 2007).«Un buon contratto», per dirla con le paroledel segretario della Fiba Cisl, Giuseppe Gallo,raggiunto «senza un’ora di sciopero».Quasi tutti i quotidiani, poi, mettono in risaltole richieste relative alle vertenze per il rinnovodi molti altri contratti di lavoro (per oltre 7 mi-lioni di lavoratori): metalmeccanici, 117 euromensili; lavoratori delle ferrovie, 115 euro men-sili; dipendenti pubblici, 101 euro mensili; la-voratori del commercio, 78 euro mensili...E L’Unità parla dell’aumento di 103 euro men-sili ottenuto dai lavoratori chimici con la recen-te firma del contratto di lavoro, come di un«contenuto di tutto rispetto», e ne parla conbuona ragione, dovendo mettere in conto che siè «in tempi di emergenza salariale e di rinnovicontrattuali impantanati in combattute trattati-ve tra sindacati e datori di lavoro», e che, per-tanto, è da considerarsi già importante essereusciti «dal coro del muro contro muro...».Ma il lavoro viene poi ampiamente rivalutato

dalla prima pagina

il lavoro e i suoi demiurghiquando si tratta di apprezzarne il prodotto, esoprattutto gli “artefici”, come nel recenteesempio della passerella lamellare in bamburealizzata dalla bresciana Inder di Albertaniper il “Triennale design museum” di Milanoed inaugurata alla presenza di Napolitano,Moratti (Letizia), Penati, Formigoni, Pirelli,Tronchetti Provera, Sgarbi Elkann... o dei«“maestri” del legno premiati [da Regione,Unioncamere e Associazioni artigiane lombar-de]: Artigianato camuno del legno di Braone;Cantiere nautico di Archetti Ercole di Monti-sola; Sandrini Pietro di Pontedilegno...».(Giornale di Brescia, 9 dicembre 2007).Con la Regione Lombardia che stanzierà per il2008 quasi tre milioni di euro per «renderecompetitivi sul mercato globale l’artigianato ela piccola imprenditoria lombarda» e, quindi,per la formazione di manager specializzati nelleproblematiche legate ai mercati esteri» e alla«crescita culturale e gestionale delle singole fi-gure del processo produttivo». (Ibidem)...Dulcis in fundo, dopo aver citato le parole delfiglio di una delle tante vittime del lavoro («Èassurdo che si debba morire sul lavoro»),il presidente della Repubblica, GiorgioNapolitano, aggiunge: «E per salari bassi,talvolta indecenti». (L’Unità, 9.12.07)

«Ma che nessi ci sono tra la crisi della politi-ca e la strage sul lavoro? Beh, in una parolala vita e la morte di un lavoratore rimanda-no in primis al sindacato, alla teoria e allapratica dello stesso. Ci vorrebbe forse unforte impatto del sindacato, sulla politica, apartire dalle istituzioni. Ora che ci penso,abbiamo i presidenti di Camera e Senato, al-cuni ministri, moltissimi leader partitici conquesta estrazione. Forse qualcuno ciurla nelmanico. Non so bene cosa, ma c’è qualcosache non mi torna...». (Oliviero Beha)

gli “standard”C’è sembrata quantomeno improvvida la di-chiarazione – sul Tg nazionale – di quel tec-nico della Cma-Sistemi antincendio di Brenoa proposito dei sistemi di sicurezza all’inter-no dell’acciaieria torinese: «Gli impianti disicurezza erano in ordine», ha detto il tecni-co, parola più parola meno. Una dichiarazio-ne che fa il paio con quella dei dirigenti dellaThyssenKrupp: «Non c’è alcuna confermache all’origine dell’incendio avvenuto duran-te la notte del 6 dicembre scorso in una dellelinee di produzione del laminatoio a freddovi sia la violazione degli standard di sicurez-za» (L’Unità, 10 dicembre 2007). Dichiara-zione, quest’ultima, di un cinismo raggelante,soprattutto perché fondata su una logica in-confutabile: gli “standard” («Unità di misuraconvenzionalmente accettata», “Garzanti”).E quali sono? E chi li determina?Molto più umile, in questo senso la dichiara-zione del sindaco di Torino, Sergio Chiampa-rino: «... solo in alcuni casi la sicurezza e lepersone sono davvero una priorità. In moltialtri non lo sono affatto» (Corriere dellaSera, 10 dicembre 2007). Ed ancora più one-sta l’ammissione del delegato sindacale CiroArgentino: «... devo dire la verità: noi side-rurgici abbiamo barattato tante cose, adesempio l’orario di lavoro, in cambio di de-naro... La concertazione noi la conoscevamoprima che la inventasse il governo. E adessodico che è stato un errore» (Ibidem). t.c.

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graffiti - gennaio 2008 3

AMBIENTE & DINTORNI (di Guido Cenini)

rilevamento del’inquinamentoTorniamo a parlare di fumi, di gas nocivi, di inquinamento atmosferico. Dopo l’ultima notiziacirca un’indagine provinciale sulla presenza di manganese depositatosi negli anni passati, aseguito della lavorazione siderurgica diffusa in Valle, su gran parte del territorio da Forno alLago e dopo la constatazione della presenza di diossina nei campi e prati alla periferia di Bre-scia, si torna a parlare di controlli.Il problema è duplice: da una parte bisogna evitare di inquinare, dall’altra necessita ancor piùcontrollare le produzioni industriali ed artigianali per verificare il loro tasso di inquinamento. Equi, in particolare, si vedono i limiti della battaglia sullo stato di salute di cittadini e territorio.Recentemente è balzata alla cronaca la polemica tra Provincia ed Arpa sul funzionamento diquest’ultima. In Valle sono effettivamente troppo pochi sia i funzionari che i tecnici. I lororilevamenti sono effettuati quasi solo su richiesta e di fronte all’emergenza, altrimenti sononell’impossibilità a seguire tutti gli impianti presenti sul territorio.A questo punto ritengo necessario ed urgente il posizionamento di centraline di rilevamentodappertutto ove esiste un impianto che produce fumi ed esalazioni varie. Centraline controlla-te costantemente da un ente o agenzia che sia in grado di verificare esattamente, e senza in-fluenze esterne e politiche, quello che avviene sul territorio.Vorrei porre l’attenzione su un tipo di inquinamento che non verrà rilevato, se non si procede-rà a porre rimedi prima della fine lavori. Sto parlando della finestra della galleria Capo di Pon-te-Forno. La finestra è situata a monte ed a poca distanza dalla centrale a biomasse di Sellero.La finestra espellerà una quantità di gas di scarico da auto da far vanificare le emissioni attualidella TSN. Non ci saranno filtri, non camini, non sistemi di rilevazione, ma gli abitanti di Selle-ro e Novelle assorbiranno anidride carbonica, ossidi di azoto, benzene e quant’altro fuoriesceda migliaia di auto e camion che attraverseranno fra un paio di anni la galleria. Spero che enticomprensoriali ed amministratori locali si pongano il problema prima che sia troppo tardi.

LA CLASSE OPERAIA TRA RIMOZIONI, AUTOCRITICHE E BUONI PROPONIMENTI

“per esistere dovremmo scomparire”di Tullio Clementi

Adesso tutti, più o meno sinceramente, si di-chiarano “rammaricati” di aver rimosso laclasse operaia, rimasta «senza rappresentan-za e senza rappresentazione», per dirla conle parole di Marco Revelli.Dal presidente della Camera, Fausto Bertinot-ti (ex sindacalista della Cgil), che deplora «ladebolezza di chi ha perso un protagonismosociale e, con quello, un mondo di riferimen-to», al sociologo Bruno Manghi (Centro studidella Cisl), per il quale «la politica, a comin-ciare dalla sinistra, tende a non vedere ciò chenon le piace più», perché «gli operai non sonopiù di moda, non sono più un “nuovo sogget-to” che può cambiare il mondo» e, quindi, «ilrischio è che nessuno si occupi della loro infe-licità, dei loro problemi di ogni giorno».A cavallo di queste geremiadi (e della tragediadi Torino) giunge come un fulmine a ciel sere-no l’exploit (con implicita l’onestà dell’auto-critica) di Walter Veltroni, che propone unaconferenza operaia al fine di riprendere «a di-scutere della condizione umana di chi lavora infabbrica, a parlare con gli operai», con i quali«finora c’è stato un grande silenzio che va rot-to», perché «la fabbrica è diventata un luogochiuso agli sguardi della società e queste bar-riere vanno infrante».Bene! Nella misura in cui è possibile prenderein parola tanto le autocritiche quanto le buoneintenzioni, non ci pare affatto il caso di attar-

darci in vane recriminazioni, ma almeno un ac-cenno alla “storia minore” ci pare dovuto, so-prattutto perché si tratta di una storia opera-ia: la “storia” del camuno Luciano Togni, tra-piantato all’Om di Brescia fin dai primi anniSettanta, dopo un tirocinio di cinque anni alla“scuola allievi” della Fiat di Torino.Intervistato dal Giornale di Brescia (cheaveva dedicato un ampio e apprezzabilespazio alle “Storie di operai”) nel marzo del2001, Togni (che accingendosi al pensiona-mento non può liberarsi da una certa nostal-gia per la fabbrica e per la lunga militanzasindacale) dice, testualmente: ««Siamo statidimenticati, ma non dimentichiamo... Sonodeluso, la sinistra ha puntato sui ceti mediemergenti, sulla new economy, invece la ba-racca la teniamo in piedi ancora noi. Oggi,per esistere, lo dico sempre ai compagni dellafabbrica, dovremmo scomparire tutti insiemed’un colpo solo. Allora capirebbero che cisiamo. È ancora il lavoro il nucleo centraledella vita economica e sociale…».Verso la fine dell’intervista è fin troppo facileleggere, tra amarezze e rimpianti, il senso diorgogliosa appartenenza di classe, rilanciatonei mesi precedenti dal segretario della Fiomlombarda, Maurizio Zipponi, con il suo librosui metalmeccanici. «Ci siamo – ripete infattiLuciano Togni – certamente, siamo più di pri-ma in molti casi, ma non contiamo più».

rottamazioni«... La prima cosa da rottamare è l’ammini-strazione Bush. Bisognerà aspettare qual-che mese, fino a novembre, ma poibisognerebbe liberarsi dal presidio militarerepubblicano della Casa Bianca. Giriamo ilsuggerimento oltreoceano, confidando chegli eredi di Custer capiscano che non si puòfar fare al mondo la fine dei Sioux. Si apri-rebbe la possibilità di una rottamazione piùgrande, quella bellica, anche - semplicemen-te - con una lenta ma inesorabile dismissio-ne delle guerre. Forse se ne gioverebberopure i cittadini di Vicenza e persino il go-verno italiano che potrebbe avere un’evolu-zione semantica, imparando altre parole ol-tre a «signorsì».Nella nostra piccola Italia bisognerebbe rot-tamare Lamberto Dini. Che invece vorrebberottamare Romano Prodi. II senatore-rosposi crede onnipotente e proclama ultimatum.Non si capisce con quale forza e per farcosa - ambizioni personali a parte. Ma, for-se, il problema è che glielo permettono,trattandolo mica male, invece di buttarlo(politicamente) dalla finestra e sfidarlo allaprova del «controribaltone».Rottamazione urgente sarebbe quella dellasenatrice Binetti. Lo suggeriamo a Veltroni.Per almeno due ragioni. La prima è che così ilsuo Pd, in almeno una cosa - un po’ di laicità-, non sarebbe peggio della vecchia Dc. Laseconda è che la senatrice teodem non si fa-rebbe alcun male: il Dio con cui è spesso acolloquio magari stenderebbe la pietosamano, salvandola dall’impatto al suolo.Alla sinistra che vuol dar vita al nuovo sog-getto unitario e plurale suggeriamo di rotta-mare le incrostazioni burocratiche che bloc-cano i suoi attuali quattro partiti, di gettaredalla finestra i silenzi sulle sconfitte di que-sti mesi di governo e le paure verso lapossibilità di stare all’opposizione. E, so-prattutto, rottami la confusione program-matica e culturale: meglio poche cose su cuipuntare e giocarsi il futuro su quelle.Ci sarebbero poi da rottamare tantissime al-tre cose: dai Cpt alla legge Bossi-Fini, dal-l’omofobia alle fabbriche che inquinano eammazzano, dalle banche ormai onnipre-senti all’idea di cancellare il contratto nazio-nale di lavoro, fino alle lamentazioni suisalari troppo bassi non accompagnate danessun provvedimento per aumentarli chenon sia l’idea di agganciare tutto allaproduttività, cioè a una precaria fatica. Leelenchiamo come pro-memoria, verrannobuone anche dopo capodanno. Auguri.

Gabriele Polo (il manifesto)

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4 gennaio 2008 - graffiti

LE “NANOPATOLOGIE” NON SONO LE MALATTIE DEI NANI DI BIANCANEVE

rifiuti, discariche e “termovalorizzatori”di Daniele Ducoli

Succederà come per i cambiamenti climatici inatto: solo dopo un decennio che se ne parla alivello scientifico si ammetterà l’esistenza delfenomeno, quando gli effetti si manifestano inmodo inequivocabile. La stessa cosa sta suc-cedendo con le micropolveri (nanoparticelle oparticolato) nel momento in cui si riscontranoi danni alla salute.In natura sono sempre esistite polveri (pulvi-scolo atmosferico, ceneri vulcaniche o da in-cendio ecc.) che presentano però una granulo-metria media (sono grosse!). Il nostro appara-to respiratorio è in grado di limitarne l’inala-zione. Un discorso diverso va affrontatoquando si prendono in esame polveri come lePM10, particolato da inquinamento dannosoper la nostra salute. La cosa è ancora più criti-ca in presenza di PM2,5 - PM1 – PM0,1 par-ticelle invisibili (“grandi” fino ad un decimille-simo di millimetro, 0,1 micron) in quanto rie-scono a penetrare nei nostri tessuti raggiun-gendo il nucleo delle cellule.Ormai non esiste più alcun dubbio a livelloscientifico: le micro e nanoparticelle, comun-que prodotte, una volta che siano riuscite apenetrare nell’organismo innescano tutta unaserie di reazioni che possono tramutarsi inmalattie. Le nanopatologie, appunto.Se è vero che le manifestazioni patologichepiù comuni sono forme tumorali anche infan-tili, è altrettanto vero che malformazioni feta-li, malattie infiammatorie, allergiche e perfinoneurologiche sono tutt’altro che rare.Queste particelle sono inorganiche, non biode-gradabili e non biocompatibili.E l’ultimo aggettivo è sinonimo di patogenico.Il fatto, poi, che siano anche non biodegrada-bili, vale a dire che l’organismo non possiedameccanismi per trasformarle in qualcosa di eli-minabile, rende l’innesco per la malattia “eter-no”, dove l’aggettivo eterno va inteso secondola durata della vita umana.Tali patologie si sono manifestate per esem-pio in persone che sono state esposte allepolveri causate dal crollo delle Torri Gemelledi New York o che erano presenti sui campi dibattaglia delle guerre del Golfo o dei Balcani.Lo stesso pulviscolo si forma anche nei pro-cessi industriali in presenza di temperaturemolto elevate, per esempio all’interno degliinceneritori di rifiuti. Prima di dare alcuni datisugli inceneritori è bene parlare di una legge fi-sica: la Legge di Lavoisier. Tale legge dice chenell’universo nulla si crea e nulla si distrugge,ma tutto si trasforma; ne consegue che la mas-sa nell’universo è sempre la stessa.Ciò che avviene quando s’inceneriscono i ri-fiuti, dunque, altro non è se non la loro tra-sformazione in qualcosa d’altro, e questa tra-sformazione è ottenuta tramite l’applicazionedi energia sotto forma di calore.

I rifiuti visibili vengono trasformati in rifiutiinvisibili, ma rimangono pur sempre rifiuti,non scompaiono magicamente nel nulla!Tornando alla legge di Lavoisier, uno dei pro-blemi di cui tener conto nell’incenerimento deirifiuti è la quantità di residuo che si ottiene.Poiché nel processo d’incenerimento occorreaggiungere all’immondizia calce viva e una ri-levante quantità d’acqua, da una tonnellata dirifiuti bruciata escono una tonnellata di fumi,da 280 a 300 kg di ceneri solide, 30 kg di cene-ri volanti (la cui tossicità è enorme), 650 kg diacqua sporca (da depurare) e 25 kg di gesso. Ilche significa il doppio di quanto si è inteso“smaltire”, con l’aggravante di avere trasfor-mato il tutto in un prodotto altamente patoge-nico. E in questo breve scritto si tiene contosolo del particolato inorganico e non di tutto ilresto, dalle diossine (ridotte in quantità manon eliminate dall’alta temperatura), ai furani,agl’idrocarburi policiclici, agli acidi inorganici(cloridrico, fluoridrico, solforico, ecc.), all’os-sido di carbonio e quant’altro.Affermare, poi, che incenerire i rifiuti significanon ricorrere più alle discariche è un ulteriorefalso, dato che le ceneri vanno “smaltite” perlegge (decreto Ronchi) in discariche per rifiutitossici speciali di tipo B1.Si mediti, poi, anche sul fatto che l’inceneri-mento comporta il mancato riciclaggio di ma-teriali come plastiche, carta e legno. I “termo-valorizzatori” devono funzionare ad alta tem-peratura e, per questo, hanno bisogno di queimateriali che possiedono un’alta capacità ca-lorifica, vale a dire proprio le plastiche, la car-ta e il legno che potrebbero e dovrebbero esse-re oggetto di tutt’altro che difficile riciclaggio.La conclusione a cui qualsiasi scienziato arrivaè che incenerire i rifiuti è una pratica che nonsi regge su alcun razionale.Dal punto di vista economico, se non ci fosse-ro le tasse dei cittadini a sostenere questa for-ma di trattamento dei rifiuti, a nessuno ver-rebbe mai l’idea di costruire impianti così irra-zionali. Perciò, una pratica simile non può es-sere in alcun modo presa in considerazionecome alternativa per la soluzione del proble-ma legato allo smaltimento dei rifiuti, se nonaltro perché i rifiuti non vengono affatto smal-titi ma raddoppiati come massa e resi incom-parabilmente più nocivi.I nostri governi (di destra e di sinistra) hannospostato fondi destinati alle energie alternati-ve per finanziare la costruzione di nuovi ince-neritori, che solo in Italia si chiamano termo-valorizzatori!Molti obbietteranno che in qualche modo bi-sogna pur ridurre il volume dei rifiuti e perciònon esistono alternative agli inceneritori (oltrealle discariche).Adesso faccio una magia e vi dimostro l’esat-

to contrario in modo pratico. Abbiamo pro-prio la memoria corta, come sempre quando sitratta di buon senso…In un passato assai recente si producevanopochissimi rifiuti, segno che lo sviluppo eco-nomico si traduceva in sviluppo etico-sociale.Esempi pratici e soluzioni ragionevoli: i nego-zianti vendevano prodotti sfusi (detersivi, fa-rine, sale, ecc.) e gli acquirenti li mettevano inborse che poi riutilizzavano; chi acquistavadelle bevande doveva rendere il vuoto; si be-veva l’acqua del rubinetto che era potabilequanto oggi; chi voleva un vestito acquistavala stoffa e se lo faceva imbastire da una sarta;le scarpe venivano risuolate; gli scarti organici(frutta e verdura) finivano nell’orto (com-post); gli avanzi di cibo erano l’alimentazionedegli animali; gli imballaggi erano ridotti al mi-nimo indispensabile, solo se necessari; sugliscaffali dei negozi c’erano pochi prodotti, noncome adesso che ci vuole un intero scaffale diun supermercato solo per gli yogurt; la genteconsumava prodotti locali senza doverli im-portare con viaggi lunghi migliaia di chilometriin nave o aereo; si acquistava solo il necessa-rio per non avere il superfluo… ecc.Risultato semplice: rifiuti ridotti quasi a zeroe niente sprechi!Oggi invece viviamo in un mondo globalizzatodi libero mercato, schiavi del dio Denaro, incui si produce per consumare e si consumaper produrre, seguendo solo il principio delmassimo profitto. Io non credo in un mondomigliore per i nostri futuri nipoti, io credo inun mondo a misura d’uomo oggi!

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graffiti - gennaio 2008 5

A Lozio sopra Sucinva è situato l’incantevolepianoro delimitato dall’antica Chiesa di SanNazzaro, dal cimitero e dalla strada acciottola-ta che sale a Laveno. Al tempo della preceden-te Amministrazione Pizio si era costituito unComitato comprendente gli Amici della Natu-ra, l’opposizione comunale, Legambiente del-l’altopiano ed altri cittadini che - anche ricor-rendo al Tar, avevano bloccato il progetto diun villaggio di seconde case (il “Borgo”!) edaltri pesanti interventi nelle frazioni, aprendocosì la strada alla vittoria dell’attuale ammini-strazione nelle successive elezioni.La nuova amministrazione si dichiarò disponi-bile ad un compromesso con la società Edil-mora, titolare di numerose licenze rilasciatedall’ex-Sindaco Pizio, in modo da ridurre l’im-patto ambientale di San Nazaro ad un «nume-ro ridotto di villette» di fianco alla Chiesa edal Centro Anziani. Nessuno ebbe a ridire.Il mese di novembre 2006, curioso di vederel’inizio dei lavori, sono salito all’amena edappartata località ed alla vista dei manufattisono rimasto esterrefatto! e turlupinato!:non villette ben inserite nell’ambiente eranoin costruzione bensì condomini di notevolidimensioni accorpanti un insieme di villette(così che era salva anche la... forma!), cheaccerchiavano la Chiesa ed incombevano so-pra Sucinva, andando ad occupare parte del-la strada che sale a Laveno, in modo tale da

APPELLO PER UNO SVILUPPO URBANISTICO SOSTENIBILE NELLA VALLE DI LOZIO

com’era verde la nostra Valledi Ettore Facchini

scompaginare l’assetto urbanistico della lo-calità. Non c’era più niente da fare: cosafatta capo ha!Mi chiesi anche perché nell’Assemblea An-nuale e nelle precedenti riunioni degli Amicidella Natura di Lozio nessuno dei responsabiliavesse accennato al mastodontico interventoprogrammato, in modo da valutare le eventualipossibilità di ridurre il notevole impatto am-bientale. Successivamente, a Borno, ho parte-cipato alla riunione di Legambiente dell’Alto-piano del Sole, approfittandone per mostrarele fotografie che nel frattempo avevo fatto: lemostrai anche ai due responsabili degli Amicidella Natura di Lozio e di Malegno che conmia sorpresa non fecero alcun commento,come se si trattasse di un “fungo” spuntatomisteriosamente!A fine novembre 2006 uscì sul Giornale diBrescia (a seguito di una lettera al Direttore) ilservizio “San Nazaro assediata dal cemento”di Giuliana Mossoni nel quale venivano ripor-tate le argomentate giustificazioni del Sindaco,che tuttavia non si soffermava sul fatto che levillette previste erano diventate condominiche sconvolgevano irrimediabilmente il territo-rio. Poi il silenzio! Sarà anche per il fatto cheil villaggio è posto in posizione appartata (sipuò vedere solo salendo da Sucinva o dallastrada che dal bivio porta a Villa)...Da allora mi succede un fatto strano, vorrei

dire “kafkiano”: tanti cittadini, amici dellanatura e conoscenti che vivono o frequenta-no Lozio, quando li incontro mi salutano,anche calorosamente, ma quasi nessuno (senon specificamente interpellato), fa cennoal nuovo insediamento “il fungo” per cui misono chiesto: sarà il luogo appartato (occhionon vede, cuor non duole), sarà una rimo-zione inconscia di un “evento sgradevole”che non si vuol riconoscere come reale datoche era stato prospettato un intervento“dolce ed inserito nell’ambiente”, oppure ri-tengono in buona fede che le licenze di co-struzione non potevano più essere rimessein discussione? Se ci sono altre motivazionimi piacerebbe conoscerle, per evitare che lamia diventi una ossessione.Consiglio a chi non conosce la magnifica zonadi San Nazaro (raggiungibile anche in macchi-na) di farci una bella passeggiata: dieci minutidal bivio di Sucinva, con vista sulla valle, per-ché può darsi che fra alcuni anni oltre alla visi-ta delle Bellezze della Vallecamonica (graziead iniziative come “del Bene e del Bello”), na-sca l’idea di mostrare i siti dove si deturpa ilterritorio montano, in tal caso San Nazaro po-trebbe essere un caso emblematico.Perché non lo diventi tutta la Valle di Lozio,dato che a Camerata (all’ingresso della Valle) eda Villa sono in corso altri grossi interventi chesnaturano i vecchi borghi, si può sempre spera-re in una riflessione collettiva, ovvero che ilSindaco tenga fede alla promessa di cambiare ilpiano regolatore. Ma intanto in questi giorni allimite superiore di Villa fa bella mostra di sé unnuovo sbancamento di notevoli dimensioni chenon fa purtroppo ben sperare.Certo anche a Cerveno (chi l’avrebbe maidetto), all’ingresso dell’antico borgo, sono incorso due grosse costruzioni che fanno a pu-gni con le peculiari caratteristiche urbanisti-che del paese delle “Cappelle” (attualmente ilavori sembrano fermi), e qualcuno, maligna-mente, fa notare che in Valcamonica (e nonsolo) la disordinata e speculativa febbre edi-lizia alligna nei paesi governati sia dal centro-destra che dal centrosinistra. Che il “vil da-naro” sia il (massimo e minimo) comun deno-minatore? Ma allora, se così fosse, a cosaserve la politica, la partecipazione dei citta-dini e l’impegno delle associazioni?Agli Amici della Natura ed alle AssociazioniAmbientaliste auguro di impegnarsi per unosviluppo urbanistico sostenibile (anche per ilfuturo turistico) di Lozio: il silenzio/assensonon sembra produrre buoni risultati.

sorella acquaUn tempo i beni naturali erano di proprietà dell’universo, erano visti come beni esclusivi delladivinità, che li rimetteva al servizio dell’uomo. Così l’acqua era un dono di Dio, un bene comu-ne e universale... Ho l’impressione che le civiltà antiche come quelle babilonesi, assire, egizia-ne, greche e romane abbiano dimostrato un concetto di diritto superiore a quello attuale.Oggi si parla tanto di giustizia sociale, libertà religiosa e politica, di pace universale, e nello stessotempo mai come oggi ci sono guerre (sconosciute) in molte parti del mondo, mai come oggi assi-stiamo ad una sperequazione sociale disumana, mai come oggi la libertà è fortemente messa arischio da condizionamenti di mercato che gridano vendetta al cospetto di ogni diritto dell’uomo.Oggi ci si vuole appropriare di tutto, ad esempio l’aqua diventa una merce.Se l’acqua è un bene comune e universale, non solo non posso appropriarmene per farne unafonte di profitto, ma la società, tanto più se si riconosce “civile”, ha l’obbligo di dare a tutti,indistintamente, la possibilità di farne uso. Col minor costo possibile.L’acqua è pioggia. L’acqua in bottiglia è marketing. Ad ogni pubblicità di acqua minerale do-vrebbe seguire un invito a bere l’acqua del rubinetto. Pubblicità del buon senso.Imbottigliare la pioggia in un contenitore con un’etichetta e venderla con un lavaggio del cervello.Compri in bottiglia quello che esce dal rubinetto di casa. L’acqua non è più un diritto fondamentale?

Vogliono privatizzare l’acqua!Oggi si vuole privatizzare tutto in nome del dio Denaro e a danno dell’uomo e dell’ambiente.Alcuni diritti come il diritto all’acqua devono rimanere di proprietà e gestione pubblica!Succederà come per il problema energetico; così come il mercato del petrolio (e del gas) haportato guerre, anche il mercato dell’acqua avrà le sue ripercussioni a livello internazionale.È una specie di formula matematico-economica-globalizzante che risponde alla sola legge delprofitto. Il problema dell’acqua è una cosa serissima, da affrontare con franchezza e caparbietà.Durante le festività natalizie, tra un panettone e un regalo, chiediamoci a quale civiltà vogliamoappartenere oggi! L’acqua è un dono di Dio, qualsiasi sia il vostro Dio. (Daniele Ducoli)

«Materia dell’arte non è il bello o il nobile,tutto è materia d’arte. Tutto ciò che è vivo:solo il morto è fuori dell’arte».

Francesco De Sanctis

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6 gennaio 2008 - graffiti

il grembo ancora fecondodi Claudio Malonni

Ho trovato sulla prima pagina di una rivista questa poesia di Bertolt Brecht: «Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.Un giorno vennero a prendermi e non c’era rimasto nessuno a protestare…»Certo, quelli erano tempi diversi. Le coste italiane non erano un attracco sicuro per le carrette delmare che ogni giorno scaricano centinaia di vietnamiti, marocchini, cingalesi, sudanesi, ecc. ecc., chepoi regolarmente troviamo ai semafori nelle nostre città ad infastidirci come lavavetri impertinenti,oppure nei centri storici delle città d’arte a venderci sottocosto magliette o jeans contraffatti.Certo, Brecht scriveva in tempi molto lontani dai nostri, tempi in cui la “governabilità” – per usareun termine oggi di moda – non era un problema e l’obbedienza era sicuramente una virtù celebrata,tanto che, quando fu tutto finito, vi fu chi, richiesto del perché di tutti quei cadaveri, rispose cheaveva obbedito agli ordini e la dimostrazione stava nel fatto che li aveva conteggiati come un buonragioniere. Erano tempi in cui l’ordine regnava sovrano: quelli che comandavano comandavano dav-vero e quelli che ubbidivano lo facevano senza esitazioni e senza porsi tante domande. È per que-sto, dicono, che i treni partivano sempre in orario e in perfetto orario entravano nei lager.Oggi le cose sono cambiate o, quanto meno, sono cambiati i nomi delle cose: le guerre non sichiamano più guerre, ma “missioni di pace”, meglio ancora “guerre umanitarie”, dove l’aggettivouccide – tanto per rimanere sul campo di battaglia – il sostantivo; i “campi di concentramento” sichiamano “campi di prima accoglienza”, ma nessuno si chiede dove poi stia la seconda. Anche ilrazzismo è scomparso: oggi non si parla più di razze ma di culture, di etnie e soprattutto di“cittadini comunitari” ed “extracomunitari”, di “regolari” e di “clandestini”. Anche all’interno dei“cittadini comunitari” cominciano a profilarsi divisioni preoccupanti fra “garantiti” e “precari”,fra assunti “a tempo indeterminato” e assunti con “contratti a termine”, fra dipendenti che perora hanno ancora un posto di lavoro e altri che sono troppo “esuberanti”.Sarà perché, per antica abitudine, guardo all’eufemismo come alla forma peggiore dell’ipocrisia; saràperché da troppo tempo sento parlare di governabilità, sicurezza, legalità; sarà perché i sindaci,quando se la prendono con i lavavetri, gli zingari, i rumeni, sono – allo stesso modo della legalità odi come essi la giudicano – né di destra né di sinistra, ma autentici podestà, mi sembra giustoterminare ricordando l’Epilogo della Resistibile ascesa di Arturo Ui , sempre di Bertolt Brecht:E voi imparate che occorre vedere / e non guardare in aria, occorre agire / e non parlare.Questo mostro stava, / una volta, per governare il mondo! / I popoli lo spensero, ma ora /non cantiamo vittoria troppo presto: / il grembo da cui nacque è ancora fecondo.

LA VOCE DEL BADALISCH, DI ANDRISTA, MA NON SOLO...

Cesare Bazzanadi Tullio Clementi

«Grande nel vedervi è la gioia mia, perché dura è stata quest’anno trovare la via. Per i mieiviali della Tur e delle Gande non potevo passare per venire in paese a curiosare, perchéarrivato al bivio dei Ronc, dovevo fare dietro-front!», perché «Sotto un tetto, ben nasco-sta, una telecamera è disposta, per osservare ogni mossa di chi passa e di chi sosta» e,quindi, «sentendomi spiato, un altro viale ho cercato...».Così inizia, nel 1995, il “sermone” del Badalisch di Andrista, la cui voce nell’ultimo quartodi secolo è stata prevalentemente quella di Cesare Bazzana. “Sermoni” recitati in dialettovalsaviorese, naturalmente, con ironica e graffiante irriverenza e con spettacolari cenni diapprovazione da parte della storica maschera dalla mostruosa testa e dalla proverbiale sag-gezza, e con alto indice di gradimento degli spettatori, di quella “gente” alla quale si rivolgevaogni volta con l’immancabile approccio: «Vi saluto caramente, cara la mia gente...».Questo era il Cesare irriverente e burlone del Badalisch. Un uomo spigoloso e rude, cometutte le persone di limpida integrità morale, che però riusciva ad essere affabile e cordialecon tutti grazie al costante esercizio dell’ironia (e dell’autoironia).Poi abbiamo conosciuto il Cesare Bazzana del Consiglio di Fabbrica, all’Ucar di FornoAllione, un “piccolo diavolo”, che riproponiamo ai lettori di Graffiti (di cui era attentolettore) attraverso qualche brano di una sua “memoria” pubblicata sul libro della collana“Il tempo e la memoria”, Teofilo Bertoli. Forno Allione e dintorni: «Sai, allora il proble-ma era che essendo comunista eri il diavolo. E loro, l’azienda sapeva, sapevano chi erademocristiano, chi era socialista, chi comunista... E quindi un comunista, che oltretuttoricopriva anche una carica sindacale, era considerato satana, perdio, a quei tempi...».Un “piccolo diavolo” che si batterà per anni,con tutti i suoi compagni di “Forno”, per af-frontare i problemi della salute e dell’ambientedi lavoro in fabbrica, e non solo, perché, dice-va, «siamo stati un po’ la Stella cometa dellaValcamonica... andavamo anche nelle altre fab-briche...», e poi i problemi del territorio, inalta Valcamonica: «Ti ricordi la famosa mani-festazione a Breno, davanti alla Comunitàmontana? Lì abbiamo iniziato la storia per laviabilità, per la ferrovia e tutto il resto...».E ancora, quella conversazione, a margine dellatrattativa ufficiale sul futuro della fabbrica, aMilano, con un dirigente «che stranamente midisse: “Lei ha degli hobby oltre che il lavoro?”.“Perdio, ne ho degli hobby! Vado a pescare,vado in montagna...”. Sta attento a quello chemi ha detto: “Penso proprio che tra non moltopuò anche darsi che lei possa godere appieno isuoi hobby”. Pensa te. Praticamente mi ha det-to che noi andavamo in pensione...».Raccontava spesso di quando, dodicenne, videpassare da Andrista i miliziani della Repubblicasociale di Salò, di ritorno da Cevo ormai in fiam-me: «Brutti ceffi, armati e con addosso la robache avevano saccheggiato nelle case prima dibruciarle, orologi, sveglie, formaggelle, salami...».

A PAG. 11 UN RICORDO DI LUIGI MASTAGLIA

ciao CesareGrazie di essere stato con noi, tra di noi nei mo-menti di lotta e nei giorni della gioia. Ti ricordo aForno a battagliare per i diritti dei lavoratori, per lasalute di chi lavorava ad un impianto rivelatosi neltempo pericoloso, come già dicevi trenta anni fa.Eri forte e sanguigno. Le discussioni sulla politicaci vedevano assai vicini. La passione per la mon-tagna ci univa, tu grande esponente del Cai di Ce-degolo, amico di tutti, grandi e piccini che sonocresciuti con il tuo entusiasmo per la natura,l’ambiente montano, il nostro territorio. Ho vistocrescere i tuoi figli nella casa dei miei suoceri. Hovisto morire la tua Mara, carissima amica, hocondiviso con te e la Emma il dolore di perdereuna figlia ancora giovane, troppo giovane.Come non ricordare i tuoi racconti sul Basilisch, dicui eri un protagonista eccezionale. La tua fiaba pre-ferita. Mettevi entusiasmo e passione per tuttoquello che facevi. Mi dicevi sempre: leggo i tuoi ar-ticoli, leggo il vostro giornale. Non basteranno que-ste poche righe per ricordarti. Tu continua a seguircida lassù e noi continueremo a vederti accanto a noisoprattutto salendo sui sentieri più alti delle nostremontagne. Ciao Cesare. (Guido Cenini)

cena... alla memoriaIl Cai di Cedegolo organizza l’annuale cenasociale per sabato 26 gennaio. Momento cloudella serata, leggiamo sull’Isiga dello scorsodicembre, «sarà dedicato alla premiazione diCesare Bazzana, ex presidente del Cai Cede-golo, che coi i suoi 50 bollini festeggia mezzosecolo di passione per la montagna».Premiazione “alla memoria”, purtroppo.

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graffiti - gennaio 2008 7

recensionidi Pier Luigi Fanetti

Titolo: Un mio amico non vuole ricordareCuratori: Lorena Pasquini e Beppe PasiniEditore: Grafo

Dopo il viaggio nel gennaio 2005 del Tre-no per Auschwitz, “Associazione degli exdeportati” (Aned) e “Archivio storicodella Camera del lavoro di Brescia” hannoformato un gruppo di lavoro per racco-gliere testimonianze di prigionieri neicampi nazisti con l’intenzione di dare adesse il senso sia di una rievocazione sia diun incontro tra generazioni che, insieme,si prendono cura della memoria.Con la guida della responsabile dell’Archiviosindacale e dell’esperto in pedagogia dellamemoria, che hanno curato il progetto Testi-moni e il volume ora pubblicato nella collana“Culture della città” del Comune di Brescia,giovani e adulti hanno seguito prima un labo-ratorio formativo e poi un percorso di elabo-razione dei ricordi e della loro scrittura, pren-dendo a modello la vicenda di Antigone pro-totipo mitologico delle vittime della deporta-zione. Così, più di sessant’anni dopo, i so-pravvissuti si sono sforzati di ricordare e igiovani di capire perché il nazismo annullòl’identità e tolse la vita a milioni di persone.Non è un libro di storia, ma racconta espe-rienze che due donne e sette uomini, scam-pati al sistema concentrazionario, non vole-vano fare né descrivere, affinché la memorianon si perda o quegli avvenimenti non diven-tino insignificanti, come avverte nella prefa-zione Cesare Trebeschi, figlio di Andrea cui èintitolata la sezione bresciana dell’Aned.Le testimonianze sono composte seguendoun’identica struttura narrativa: la vita primadell’arresto o della partenza, il viaggio, lavita nel campo, la liberazione e il ritorno.Il testo dovrebbe arrivare nelle bibliotechebresciane per il 27 gennaio, il “Giorno dellamemoria” istituito nel 2000 in ricordo dellosterminio e delle persecuzioni del popoloebraico e dei deportati militari e politici.

Luce, perché un tedesco le disse un giorno: «Lo vedo dalla luce degli occhi, sei partigiana!».Conosciuta da tutti e da sempre presente come figura di chiaro riferimento non solo per il suopassato di staffetta e partigiana combattente ma come militante, sempre attiva e presente, tesse-rata fino all’ultimo alla Rifondazione Comunista.Luce che voleva che cantassimo “Bella Ciao” al suo funerale (ci hai sentite?), Luce che mi dicevaseria: «C’è una tal puzza di fascista in giro, state attenti perché stanno tornando e saranno malvagicome allora ma più mascherati, più furbi e più pericolosi». Luce che davanti alla morte siamo tuttiuguali ma davanti alla storia no. Luce con cui si poteva sempre commentare l’ultima uscita politica,il più recente fatto di cronaca, sempre informata, sempre militante, sempre sulla stessa barricata sucui salì nel settembre 1943 e da cui non ha mai abdicato.Luce che leggeva di tutto, che scriveva al mondo e che rimpiangeva di non aver studiato di più:«Cosa vuoi, ho la terza elementare… per di più fascista». Luce che l’ultima volta che ci siamoviste (e sono troppi mesi) era preoccupata per il duro attacco alla 194, che criticava aspramen-te l’atteggiamento filo cattolico e familista del governo. Luce che ricordava cosa volesse direessere donna e partigiana durante la resistenza, che conquistò il diritto di voto nell’immediatodopoguerra, che si impegnò nella battaglia a favore della legge sul divorzio e sull’aborto neglianni ‘70. Luce che con la sua rete di amicizie e di grande e generosa umanità prodigò e aiutònell’accoglienza di profughi e migranti. Luce antirazzista sempre, internazionalista istintivaprima che per provenienza politica, Luce conla bandiera della pace alla finestra. Luce chemi chiamò furente all’indomani dei fatti diGenova e del G8: «Son sempre fascisti, sonosempre gli stessi e fanno parlare solo i man-ganelli». Luce militante fino a ieri, militantesempre: forte, coraggiosa, arrabbiata; Luceche «sento puzza di fascismo». Luce, al se-colo Margherita Morandini, che ci ha lasciatoil 2 gennaio, ma ha gettato tanti semi che ve-dranno una primavera rigogliosa.

È SCOMPARSA RITA MORANDINI, PARTIGIANA

“Luce” si è... spentadi Valeria Damioli

RITRATTO (a cura di Tullio Clementi)

Marco FacchinettiSulla figura di Marco Facchinetti si è detto e scritto molto, nei giorni scorsi.Troppo, forse, per non alimentare quantomeno il sospetto che si sia volutoparlarne e scriverne una volta forever. Daremo comunque per ampiamentediffuso il ritratto ufficiale, limitandoci ad aggiungere un paio di brevi note “fuori sacco”.Nell’autunno del 2000, in una cornice di apparente calma, si apre il Congresso dei Democratici disinistra camuni, dopo la devastante vicenda dell’inciucio in Comunità montana e le conseguentidimissioni del segretario di zona (e di quanto restava in carica della segreteria). Una calma appa-rente o, se vogliamo dirla con un’autocitazione ormai datata, una «maschera di fair-play che cadecome un velo di cera al sole nel momento in cui il segretario uscente, avviandosi a concludere lasua relazione, si ricandida alla guida del partito», con l’autorevole benedizione della segreteriaprovinciale e l’alto indice di gradimento dei... governativi a prescindere.Si apre quindi un acceso dibattito, che Graffiti, in una breve nota non firmata, definirà «vivace masostanzialmente sereno», mentre Marco Facchinetti etichetterà come una «guerra per bande».Una “guerra per bande” nella quale, tuttavia, lo stesso Marco non si risparmierà affatto, anzi,dopo una breve consultazione con gli... ultimi moicani – per raccogliere le firme necessarie allacandidatura alternativa la presidenza concede lo spazio del primo intervento: dieci minuti –,metterà a disposizione la propria candidatura (come una vittima sacrificale, né più né meno),nel disperato intento di salvare almeno le apparenze di un processo democratico nel partito.Una cosa per certi versi analoga (anche se certamente meno avvelenata) la vedremo qualche annopiù tardi, durante i preliminari per la composizione della lista civica in quel di Darfo Boario Terme,quando Facchinetti si rimetterà in gioco (un gioco ormai blindato, e lui ne era ben consapevole,ovviamente), compiendo una «scelta di minoranza per difendere un principio», come dirà OlivieroValzelli, prima di aggiungere che «Marco non era accomodante, anzi, la sua alta carica morale loportava ad essere esigente con sé stesso e con gli alti...». Ecco, Marco Facchinetti era anche questo!Uno che «non disdegnava di poter vincere», per concludere questo breve ritratto con le paroledi Giorgio Cotti Cometti, «senza però doverlo fare a tutti i costi».

«La morte verrà all’improvvisoavrà le tue labbra e i tuoi occhiti coprirà di un velo biancoaddormentandosi al tuo fianconell’ozio, nel sonno, in battagliaverrà senza darti avvisagliala morte va a colpo sicuronon suona il corno né il tamburo».

Fabrizio De André

una persona specialeSono un’insegnante della scuola primariache ha partecipato a due viaggi all’esterocon Marco per il Progetto Comenius. Siamostati in Inghilterra e in Finlandia: due espe-rienze straordinarie! Marco era davvero unapersona speciale, dal cuore d’oro!Io sono credente e la fede mi aiuta ad af-frontare le difficoltà della vita...Per la prima volta partecipo ad una cerimo-nia funebre civile e vi voglio dire che miha veramente commosso per la ricchezza dicalore umano. Sono convinta che Gesù siapresente qui, adesso!

Anna Miorini, 3 gennaio 2007

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8 gennaio 2008 - graffiti

SESSANT’ANNI E... NON SENTIRLI

buona Costituzione a tuttia cura di Tullio Clementi

Dopo essersi associato ai ringraziamenti perFranca Ghitti e Grazia Milesi, autrici rispetti-vamente del monumento ai Tredici Martiri edel dossier sui fratelli Pellegrini, il presidenteregionale dell’Anpi, Antonio Pizzinato, ripartedal filo che tiene insieme la Resistenza e la Co-stituzione italiana, perché, dice, dopo la Libera-zione «libertà e democrazia avevano bisogno dialtro per affermarsi e consolidarsi nel Paese».Un filo lungo, esile e tuttavia tenace, che por-terà prima all’Assemblea Costituente, «elettacon il voto popolare, esteso per la prima voltaalle donne» e, quindi, alla Costituzione dellaRepubblica, che, «approvata il 23 dicembredel 1947, dopo diciotto mesi di intenso lavo-ro, quasi all’unanimità, entrerà in vigore il pri-mo gennaio del 1948».Una Carta costituzionale che «per dirla comeebbe a dire quattro anni fa, celebrando il ses-santesimo anniversario degli scioperi del1943, l’allora presidente della RepubblicaCarlo Azeglio Ciampi, a Sesto San Giovanni,implementava i valori degli strati più umili, apartire dal mondo del lavoro, che avevano fat-to vivere la lotta di liberazione».Pizzinato si sofferma poi su «alcuni principi evalori della lotta di liberazione che sono fissatinella Costituzione», enunciandoli brevemente:«l’articolo uno dice che la Repubblica italianaè fondata sul lavoro, e la sovranità appartieneal popolo. Al popolo appartiene la sovranità!;l’articolo due dice che la Repubblica riconoscee garantisce i diritti inviolabili dell’uomo,come singolo e nella sua composizione socialee solidarietà; all’articolo tre si stabilisce chetutti i cittadini, tutti i cittadini!, hanno egualidignità e diritti di fronte alle legge, senza di-stinzione di sesso (e l’abbiamo riconosciutodando finalmente il voto anche alle donne),senza distinzione di razza, senza distinzionedi lingue, di religione, di opinioni politiche e dicondizione sociale; l’articolo quattro stabilisceche il diritto al lavoro deve essere assicurato atutti, e che la Repubblica deve rimuovere gliostacoli che impediscono il realizzarsi di que-sto diritto; la Repubblica, si dice all’articolocinque, è indivisibile; all’articolo otto si stabi-lisce che tutte le confessioni religiose sonoegualmente libere; ed infine, consentitemi dicitare ancora un articolo, l’articolo undici,dove si dice che l’Italia ripudia la guerra, siacome strumento di offesa della libertà degli al-tri popoli, sia come mezzo per risolvere lecontroversie internazionali».E poi, fra tutti gli altri, l’articolo 21, aggiun-giamo noi, quello in base al quale «tuttihanno diritto di manifestare liberamente ilproprio pensiero con la parola, lo scritto eogni altro mezzo di diffusione» e, quindi,«la stampa non può essere soggetta adautorizzazioni o censure».

«... Se voi volete andare in pellegrinaggionel luogo dove è nata la nostra costituzione,andate nelle montagne dove caddero i parti-giani, nelle carceri dove furono imprigionati,nei campi dove furono impiccati. Dovunqueè morto un italiano per riscattare la libertà ela dignità, andate lì, o giovani, col pensieroperché lì è nata la nostra costituzione».

Piero Calamandrei

«Ho voluto richiamare questi principi – ri-prende Pizzinato –, perché furono sanzionaticome valori nella Costituzione dall’AssembleaCostituente, eletta dal popolo italiano. Ma ciabbiamo impiegato decine di anni, pur nelladiversità, nella pluralità di opinioni politiche,religiose, sociali, culturali per realizzarli, as-sieme si è operato giorno per giorno per ren-derli operativi. Consentitemi di richiamarnealcune. Spesso ci si dimentica che fino al1956, quando per la prima volta si conquistòla legge che vietava il licenziamento per mater-nità? E quando nel 1957 si conquistò la leggeche vietava il licenziamento per matrimonio?E che solo negli anni Sessanta si conquistòl’abolizione del licenziamento ad nutum!Quanti anni per conquistare un atto sancitonella Costituzione: il diritto allo studio! Solonegli anni Sessanta fu introdotta la scuola del-l’obbligo fino ai quattordici anni. E come di-menticare che la Costituzione entrò in fabbri-ca solo nel maggio del 1970, con lo Statuto deidiritti dei lavoratori? E poi, come dimenticareil principio che deve garantire la tutela dellasalute per tutti i cittadini, diritto che conqui-stammo solo nel 1978 con la legge che istitui-va il Servizio sanitario nazionale.Oggi, a sessant’anni dall’approvazione diquella legge, possiamo dirci che quei principidiventati realtà grazie all’impegno e alla mobi-litazione per interi decenni, sono ancora vali-di, a fronte del grande cambiamento economi-co e sociale subentrato nel Paese, in Europa enel mondo?Possiamo dirlo, ad esempio, in una regionecome la Lombardia, la regione più ricca e piùsviluppata, in cui vi sono oltre 900mila giova-ni, in maggioranza laureati o diplomati, chehanno un rapporto di lavoro non a tempo in-determinato, non hanno la tranquillità e la si-curezza necessarie per mettere insieme la fa-miglia, per potersi dare un futuro?Noi, che abbiamo alle spalle l’esperienza diaver attuato quei diritti, possiamo limitarci allasemplice constatazione che oggi vi è questa dif-ferenza? Possiamo dire che oggi le cose cheavevamo conquistato negli anni Sessanta e Set-tanta per garantire ai lavoratori una vecchiaiaserena... nel momento in cui, sempre per parla-re della Lombardia, su tre milioni di pensionatiun milione ha meno di cinquecento euro?...».

Falce e MartelloI due fratelli Florindo e Renato Pellegrini,rientrati in Italia dall’esilio in Francia, chiese-ro al Cln di arruolarsi come partigiani in unaformazione garibaldina. Furono assegnati alla53ª Brigata Garibaldi Tredici Martiri di Lo-vere... Erano semplici operai - saldatore ilprimo e meccanico il secondo - ma conosce-vano bene, per averne sentito la mancanza,l’importanza di una vita definita da libertà,uguaglianza, istruzione, fratellanza e soprat-tutto pace: l’avevano sperimentato di per-sona, dopo aver visto i genitori andare esulied esserlo stati per lunghi anni loro stessi.Le loro convinzioni venivano da lontano:certo erano maturate in famiglia agli insegna-menti del padre comunista e della madre pro-fondamente cristiana, ma poi si erano raffor-zate in Francia: qui risentirono delle sugge-stioni della rivoluzione del 1789 che avevasaputo abbattere l’assolutismo monarchicoin nome della libertà, della fraternità e del-l’uguaglianza; crebbero con la passione per ifatti della Comune di Parigi del 1870-71,quando - presente Garibaldi sulle barricate -gli operai si sollevarono per una società di li-beri e di uguali, dando vita per brevissimotempo ad una realtà, la Comune, che fu benpresto soffocata nel sangue.Ma fu la rivoluzione russa a costituire ilcentro ideale del loro pensiero: operai econtadini, miseri e sfruttati avevano saputooperare, a partire dal 1917, un cambiamentostraordinario, fermando - in base al princi-pio di autodecisione dei popoli - una guerradove i proletari erano solo carne da macelloe, finito lo zarismo, costituendo una societànon più fondata sul privilegio, bensì sullacertezza che ciascuno avrebbe dato secondole proprie possibilità e ricevuto secondo ipropri bisogni, all’interno di uno stato radi-calmente nuovo.Con queste idee Florindo e Renato si schie-rarono contro la dittatura fascista e, persottolineare la fede in ideali che indicavanoa tutti il sogno giusto di un possibile mondomigliore, in cui non ci fossero né sfruttati nésfruttatori, presero il nome di battaglia diFalce (Renato) e Martello (Florindo), facen-do sì che i simboli della lotta di classe dive-nissero, attraverso la loro scelta, carne, san-gue, intelligenza e amore.Si gettarono con convinzione nella lotta re-sistenziale su montagne che non erano leloro ma che sentirono come proprie, fron-teggiando con i compagni della 53ª - moder-ni Davide contro Golia - un nemico armatoed organizzato, presente sul territorio conformazioni diverse (SS, Wehrmacht, Gnr,Tagliamento, Macerata, ecc.).Catturati sull’altopiano di Bossico, nellazona di Covale/Camasone, il 19 novembre1944, furono fucilati all’esterno del cimiterodi Lovere il 2i dicembre. (Grazia Milesi)

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graffiti - gennaio 2008 9

il 2007 in piccole dosi... omeopaticheGENNAIO

tessile in crisi«Preoccupazione per i 70 dipendenti (compresi20 lavoratori a domicilio) della Cam di Gorzone.Preoccupazione che si somma ad altre delsettore, con le organizzazioni di categoriache «restano in attesa di conoscere, a breve,i piani industriali per la Olcese di Cogno edel gruppo Manifattura di Legnano, che do-vrebbe confermare, in provincia di Brescia,l’attività della Legnano Tinti di Cividate Ca-muno». (Bresciaoggi, 12 gennaio). Nel frat-tempo, dopo la cessione dell’immobile diCividate alcuni lavoratori del Gruppo Fran-zoni Filati «sono stati trasferiti nella sedecentrale di Esine. Per far fronte alle esigenzeproduttive di Cividate, però, spiega il sin-dacato, la proprietà ricorre all’utilizzo degliinterinali». (ibidem)

FEBBRAIOemergenza sanitariaSecondo il «Documento di programmazionee coordinamento dei servizi sanitari esociosanitari” dell’Asl camunosebina (edizio-ne 2007), la vera emergenza sociosanitariasarebbe il cancro. Gli indicatori, infatti, evi-denziano «una diminuzione della mortalitàper tutte le patologie; tranne che per quelletumorali. E sottolineano in particolare il con-siderevole aumento dei decessi per neoplasiedel colon retto sia nei maschi sia nelle fem-mine. Insieme al lieve incremento degli esitiinfausti dei carcinomi del fegato (sempre inentrambi i sessi)». (Bresciaoggi, 3 febbraio).

MARZOalla Valle non piace l’AtoL’Ato (“Abito territoriale ottimale” per la ge-stione del servizio idrico integrato), è «alla ri-balta delle cronache per i forti malumori chesta suscitando in Valcamonica e nelle zonelimitrofe», scrive Giuliana Mossoni sul Gior-nale di Brescia dell’11 marzo.E la ragione è presto detta: «L’alta Valle è con-traria poiché vede nel processo una forma di pri-vazione e ha chiesto di ottenere una gestione au-tonoma rispetto all’ambito provinciale, senza laquale continuerà a opporsi», aggiunge la Mosso-ni, mentre «nel medio corso dell’Oglio i Co-muni di Ceto, Ossimo, Cimbergo e Malegnohanno scritto al presidente Napolitano perchiedere un ulteriore intervento legislativo checonsenta ai territori montani di poter gestire inmodo autonomo il ciclo dell’acqua».

APRILEmorti sul lavoroCinque morti in un giorno, di cui due delll’areacamuno-sebina. «Il primo incidente mortale èstato a Capriolo, in un’azienda tessile nellazona industriale bresciana [la Niggeler &Kupfer]. Un operaio di 51 anni [Elia Riva] è

rimasto stritolato dentro la pressa che alimen-tava il meccanismo di un telaio. A Edolo, inval Camonica, un uomo di 61 anni [RosolinoFesta] è precipitato dal tetto del magazzinodella sua ditta edile, da un’altezza di sei metried è morto sul colpo». (L’Unità, 21 aprile).

MAGGIOancora morti sul lavoroA Como, «un’altra tragedia sul lavoro. Mortebianca che vira nella cronaca nera. Lo stillici-dio continua. Con un operaio bresciano cheperde la vita in una galleria in costruzionesulle sponde del lago di Como. Poche frazio-ni di secondo. La macchina operatrice si stamuovendo. L’uomo che la manovra non siavvede della presenza del compagno di lavo-ro. Lo urta e lo stringe contro la parete deltunnel. La morte lo ghermisce in un attimo.Nel freddo della galleria, rischiarata dalla luceartificiale, qualcuno grida. Vede lo scempiosul povero corpo che non ha più vita. Ognisperanza sfuma. Così è morto ieri mattinaGianpietro Fioletti, classe 1952, di CortenoGolgi». Giornale di Brescia, 8 maggio.E a Lovere, dove «in seguito a un incidenteavvenuto all’interno della Lucchini Sidermec-canica di Lovere, ha perso la vita VittorioBendotti, operaio di 50 anni che viveva con lamoglie e il figlio nel paese dell’alto Sebino lacui storia è legata da sempre all’acciaieria lo-verese». (L’Eco di Bergamo, 15 maggio).

GIUGNOTavernola: no alla sperimentazione«Una netta vittoria del no alla consultazione in-detta dall’amministrazione comunale sulla pos-sibilità, da parte del cementificio Lafarge Adria-sebina, di sperimentare per sei mesi l’utilizzodi combustibili alternativi. Dopo una giornatadi voto le urne hanno dato il loro responso: 933no (81%) contro 211 favorevoli (19%).Al seggio allestito alla scuola materna di viaRoma si sono recati 1.153 cittadini, pari al58% degli aventi diritto, per esprimere le loroconvinzioni. Un afflusso costante durante lagiornata: verso le 14 avevano votato circa 600persone. Alle 21, orario di chiusura del seggio,i votanti erano 1.153 su 1.983 aventi diritto.

LUGLIOfulmini a... ciel serenoPare che la «divinità scontrosa» che scagliafulmini sulla Valcamonica si chiami Terna, loscive il Corriere della Sera del 10 luglio: «Lascarica di venerdì, e quella del 20 giugno scor-so nei boschi di Pescarzo di Breno e quelladella notte fra l’1 e il 2 luglio tra le case di Sel-lero Novelle, sono arrivate tutte dalla linea adalta tensione che porta la corrente giù dallacentrale idroelettrica di Edolo». Ma l’azienda«parla di episodi scollegati tra loro. Un alberocresciuto troppo che avrebbe toccato i cavi

nel caso di Malonno, forse il pilota sbadato diun ultraleggero nel caso di Breno, qualcos’al-tro ancora a Sellero. Quindi, nessun “caso Val-camonica”, nessuna emergenza». (Ibidem)

SETTEMBREil trenino della Valcamonica«Abbiamo letto su un’edizione del Giornaledello scorso mese di agosto, che l’Amministra-zione provinciale di Brescia intenderebbepotenziare una serie di snodi di interscambioferroviario della provincia di Brescia, tra cui lestazioni ferroviarie di Breno e Pisogne, al finedi migliorare e modernizzare la mobilità provin-ciale», scrive Pietro Gambarino, del coordina-mento provinciale di Legambiente (Giornale diBrescia, 14 settembre), aggiungendo che sem-brea particolarmente rilevante la volontà, anchese non esplicitata, «di voler potenziare la ferro-via Brescia-Iseo-Edolo, per l’importanza chedetta linea assume nell’ambito del nostro vastoterritorio provinciale».

OTTOBREle Terme di Boario fanno... acquaEsplode la crisi alle Terme di Boario, che ac-cusano le istituzioni territoriali di non averfatto il necessario al fine di «trovare una viad’uscita da questa difficile situazione». Sono arischio i posti di lavoro per sette dipendenticon contratto a tempo indeterminato e unatrentina di stagionali.problemi alla CotonellaUn altro colpetto alla occupazione in altaValcamonica viene minacciato dalla Coto-nella, che «ha deciso di chiudere il repartotaglio di Malonno e di procedere alla mes-sa in mobilità dei 41 addetti». (Giornale diBrescia, 23 ottobre).

NOVEMBREaltri due morti sul lavoroIn un cantiere edile di Vezza d’Oglio il ventise-ienne Francesco Conforti, «è rimasto schiaccia-to sotto la ruota di una gru già smontata e trai-nata da un mezzo meccanico lungo la via SanSebastiano a Vezza d’Oglio». (Giornale diBrescia, 15 novembre).La seconda vittima alla Lucchini Sidermeccanicadi Lovere, dove Luciano Volpi «è morto nellostesso reparto in cui sei mesi fa, il 14 maggio,perse la vita Vittorio Bendotti, un operaio di Ca-stro». (L’Eco di Bergamo, 16 novembre).

DICEMBREcamuni in... trasfertaC’è anche un riflesso camuno nella tragediaalla ThissenKrupp di Torino, dove sono mortisette operai, perché «responsabile degliimpianti antincendio dello stabilimento è unaazienda di Breno, la CMA sistemi antincendioSrl, azienda che da venticinque anni opera nelsettore, curando installazione e manutenzionedi estintori e impianti antincendio in decine diaziende italiane, con filiali a Milano, Genova eTorino». (Bresciaoggi, 11 dicembre)

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10 gennaio 2008 - graffiti

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STRALCIO DELLA LETTERA AI SINDACI BRESCIANI

per la salvaguardia del territorio e la tutela delle aree agricoleCoordinamento provinciale di Legambiente

L’idea è quella di lanciare un messaggio sullaprogressiva occupazione delle aree agricole ine-dificate a disposizione dei territori comunali,occupandole con ogni tipo di opera, dalle nuo-ve strade, ai centri commerciali, a cave, discari-che e altri tipi di insediamento tra cui certamen-te quelli di tipo artigianale e industriale.Il punto base da cui è partito il nostro ragiona-mento è quello per cui le aree agricole all’inter-no del sistema degli strumenti urbanistici nonhanno alcun tipo di valore e costituiscono soloaree “di riserva” che attendono di essere tra-sformate in un qualcos’altro.Ecco perché le aree agricole costituisconoesclusivamente un serbatoio di riserva di suoliche i singoli comuni, nel tentativo di fare cassaper ristorare le spesso esauste finanze deglienti locali, destinano a scopi edificatori o a oc-cupazioni con costruzioni di vario genere, di-struggendo progressivamente quello che èl’ambiente naturale e cioè la campagna.Tuttavia, il progressivo consumo di questearee porterà quasi certamente al depaupera-

mento paesaggistico e naturale di tutto il terri-torio e la superficie disponibile per i Comuni,oltre naturalmente ad introdurre elementi didegrado territoriale.Per questi motivi, abbiamo ritenuto di rilanciarea tutti i Sindaci della provincia di Brescia unappello affinché nella scadenza del rinnovo de-gli strumenti urbanistici determinata dalla leggeregionale n. 12/2005 (redazione dei cosiddettiPGT), vengano inseriti, in particolare per ciò

che concerne il piano delle regole, dei rigidi cri-teri di limitazione dell’occupazione dei suoliinedificati, in maniera tale da realizzare il mas-simo risparmio possibile del territorio.Teniamo altresì che limitare il consumo disuolo; riqualificare i suoli non edificabili; dareprimato alla formazione di natura e paesaggioe alle compensazioni ecologiche preventive,possa promuovere una urbanizzazione soste-nibile e responsabile.

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«... Quando furono cacciati dal Paradiso,Adamo ed Eva si trasferirono in Africa, non aParigi. Qualche tempo dopo, quando ormai iloro figli si erano sparpagliati per le stradedel mondo, venne inventata la scrittura. InIraq, non in Texas...». (Eduardo Galeano)

«La differenza tra una democrazia e unadittatura è che in una democrazia primavoti e poi prendi ordini; in una dittaturanon devi perdere tempo a votare!»

Charles Bukowski

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graffiti - gennaio 2008 11

LA CLASSIFICA DEL MESE (a cura di Gastone)

mobilità valligiana: Alto Adige uber allesVoto 1 alla giunta regionale lombarda. Ha proclamato fino alla vigilia il principio del rinno-vamento e della giovane età anagrafica per la nomina dei nuovi direttori generali delle Asl edelle Aziende ospedaliere. Ma perché allora Foschini è stato riconfermato in Valle? Solitalottizzazione politica.Voto 2 ad Antonio Dalmiglio, direttore uscente dell’Arpa di Brescia. Continua a smentire l’al-larmismo di sindacati e centrosinistra sui mancati investimenti umani ed economici presso ildistretto di Darfo, ma la realtà gli dà palesemente torto. I tecnici della prevenzione non riescononemmeno a garantire la reperibilità.Voto 3 al sindaco di Artogne. Il Tar ha bocciato la gara di assegnazione della casa di riposocomunale ad una cooperativa locale, poiché la commissione che valutava le offerte non eracostituita adeguatamente. Che errore madornale, il bando è da rifare.Voto 4 alla giunta comunale di Edolo. Perde i pezzi sulla gestione del campo da calcio, maprobabilmente è solo tattica preelettorale in vista delle amministrative del prossimo anno.Nel contempo i cittadini hanno il diritto di sapere se il centrosinistra si presenterà tuttounito oppure no.Voto 5 alla Sovrintendenza archeologica di Milano. All’indomani dell’inaugurazione – comeper i Massi di Cemmo – il sito di Spinera di Breno chiude per carenza di personale. A quandoun accordo con Comune e volontari sul modello dell’anfiteatro di Cividate?Voto 6 all’Anas. Le rassicurazioni sulla ripresa dei lavori della ss 42 in primavera si susseguononumerose. Ma dopo i proclami è indispensabile rispettare i patti (e i tempi). Altrimenti vienevoglia davvero di dar ragione a Caparini.Voto 7 all’amministrazione comunale di Piancamuno. È all’insegna della bioedilizia e delrisparmio energetico il progetto per la creazione della nuova scuola materna.Voto 8 al Consorzio Bim. A Capo di Ponte la ristrutturazione del Centro Studi, di proprietàdell’ente comprensoriale, prosegue a gonfie vele. Prevista la sede dell’Ente gestore del SitoUnesco, una sala convegni ed una grande biblioteca finalmente aperta al pubblico.Voto 9 alle minoranze consiliari di Breno. Un’opposizione intransigente a Mensi su tutti ifronti, ma non si capisce perché – in vista delle amministrative del prossimo anno – non sicominci a pensare ad un ricompattamento all’insegna del rinnovamento.Voto 10 a Legambiente di Franciacorta. Le critiche alle Ferrovie Nord per la stato di degradodella tratta Brescia-Iseo-Edolo non sono fini a se stesse, ma sono corredate da un precisoprogetto di rinnovamento turistico sulla falsariga di quanto già realizzato con successo sullalinea Merano/Malles.

Commissario di Fabbrica, nei primi anni Ses-santa nella fabbrica di Elettrodi di Grafite arti-ficiale, con sede a Forno Allione. Eletto nellalista della Filcea Cgil, è stato riconfermatofino alla abolizione della Commissione Internanel 1972, sostituita dal Consiglio di Fabbricagià operante dalla primavera del 1970.Nel secondo rinnovo del Consiglio di Fabbrica(1972) è stato eletto con il massimo consenso(su scheda bianca, a scrutinio segreto) come de-legato del reparto Trafilatura. Ha fatto partedell’Esecutivo del CdF, del Consiglio Unitariodi Zona Cgil Cisl Uil e della Segreteria Provin-ciale della Filcea Cgil, fino alla costituzione delComprensorio Vallecamonica Sebino (1981).Ha continuato, l’attività nella neocostituitastruttura di Categoria dei Chimici della Cgilfino alla pensione (metà degli anni ’80).Ha vissuto da protagonista tutte le battagliesindacali, a partire da quella memorabile del1959 (sciopero e blocco della fabbrica per ol-tre un mese) per la conquista della 14ª men-

silità, distinguendosi come giovane “leader”carismatico. Da allora la sua vocazione dirappresentante dei lavoratori è iniziata e si èconsolidata negli anni successivi.Memorabili le lotte per il rinnovo del Contrat-to di Lavoro, terminate nella primavera del1964; quelle nel 1971 per il riconoscimentodel Consiglio di Fabbrica e per conquistare ildiritto all’indagine ambientale interna al luogodi lavoro, per la tutela della salute e la preven-zione degli infortuni. Nel 1975 lo troviamonuovamente impegnato nella vertenza, sfo-ciata in tre settimane di presidio, per respin-gere il ricorso alla Cassa Integrazione Guada-gni, chiesta strumentalmente dalla Direzione,e per la difesa dei posti di lavoro.Attivo protagonista nella stesura della Piatta-forma per il rilancio e la riqualificazione del-l’azienda nel 1977/’78, ed infine punto di rife-rimento e di direzione politico-sindacale, nellafase difficile di ridimensionamento della fab-brica, a seguito della grave crisi siderurgica, nei

primi anni Ottanta. Negli anni Settanta, luinella segreteria provinciale dei Chimici Cgil edio in quella Federchimici Cisl, abbiamo rap-presentato e seguito, per conto delle rispetti-ve Organizzazioni, i lavoratori iscritti dellefabbriche chimiche della Vallecamonica, antici-pando di fatto l’attività sindacale che si sareb-be consolidata con la nascita del Comprenso-rio Vallecamonica Sebino.Sindacalista attivo ed onesto, Cesare Bazzanaha saputo rifiutare allettanti proposte dellaDirezione, che intendeva così neutralizzare uninterlocutore tenace. Serio e leale con i compa-gni di strada. Limpido rappresentante degli in-teressi dei Lavoratori. Marito, papà e nonnoesemplare. Cofondatore del Cai di Cedegolo,Guida Alpina ed amante della montagna.Buon cammino Cesare, tra le Tue Montagne.Ti ricordo con stima e affetto, un abbraccio.

BLOCCO DEI CAMIONISTI

sciopero della non-classeQualcuno se ne è accorto, qualcuno forseno… già da domenica 9 dicembre c’erano ipicchetti degli autotrasportatori all’ingressodella galleria di Pisogne. Sciopero generale, chequando arriva in Valle dà subito il senso di es-sere duro e generalizzato. Ma chi sono? Checosa vogliono? Cosa hanno ottenuto? Cosa cihanno insegnato i camionisti in sciopero?Gli autotrasportatori sono il prodotto visibi-le di un modello economico e di sviluppo allimite della follia: quelle che un tempo eranofasi di una linea di produzione all’interno diuna fabbrica, oggi sono fabbriche collegatedalla strada, dalla ferrovia e dalla rotta marit-tima e aerea. La rete di comunicazioni è l’in-sieme di ciò che un tempo era fatto di nastritrasportatori su cui si muovevano i semila-vorati fino alla fase finale. Collegamenti oggigestiti da una non-classe, quella dei camioni-sti: padroncini stroncati dalla concorrenza edai debiti per ammortizzare gli investimenti,che controllano l’85% del trasporto merci.È bastata una settimana di blocco per far tre-mare il paese e il governo (che tanto quellotrema già di suo, basta un alito di vento…).Una settimana di blocco per rimettere in di-scussione le tradizionali forme di mobilitazio-ne sindacale, rivendicando modalità di sciope-ro che andassero veramente a toccare i ganglidi un sistema di produzione generalizzato epolverizzato sul territorio. Un modo di scio-perare nuovo, basato sul controllo dei puntinevralgici, prima fra tutto la mobilità, con ca-rattere territoriale. Quindi una non-classe, bol-lata di a-politicismo, che ha insegnato ai grandisindacati confederati come si organizza unosciopero moderno. (Valeria Damioli)

UNA VITA DI LAVORO E DI IMPEGNO SINDACALE ALL’ELETTROGRAFITE DI FORNO

Cesare, un compagno serio e onestoLuigi Mastaglia

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12 gennaio 2008 - graffiti

GRAFFITIvia Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)25040 DARFO BOARIO TERME

[email protected]://www.voli.bs.it/graffiti

VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti)

Fiamme Verdi (http:www.fiammeverdivallecamonica.it)

Uno sfondo verde e la fotografia della Brescia liberata fanno da cornice allahome page del sito internet delle Fiamme Verdi camune. Compare anche il

motto della divisione Tito Speri, ovvero “Libertà, Giustizia e Solidarietà”.Nella stessa pagina iniziale si trovano tutti i rimandi alle sezioni interne.Tre le macro aree in evidenza: “Organizzazione”, “Chi siamo e che cosavogliamo” e “Le attività”.Nella prima, la meglio curata, trova spazio parte della documentazione

storica più importante, come la descrizione delle pubblicazioni dell’epoca(“Brescia Libera”, “Il Ribelle”, “Valcamonica Libera”), i protagonisti (“Biografia e opere”, “Idecorati”) e i caduti.Nella seconda è descritta l’organizzazione della sezione locale, con “Chi siamo”, “I compo-nenti del Consiglio Direttivo” e “Come diventare soci”.Nella terza parte, invece, figurano le numerose attività svolte nelle scuole e le manifestazioni ed iconvegni organizzati.Una “tendina” con gli eventi aggiornati (titoli scorrevoli dall’alto verso il basso) è presente anche adestra, sempre sulla home page, quasi un taccuino/manifesto con gli appuntamenti “resistenti”.

in Redazione: Bruno Bonafini, GuidoCenini, Valeria Damioli, Valerio Moncini.hanno collaborato: Monica Andreucci,Tomaso Castelli, Daniele Ducoli, EttoreFacchini, Pier Luigi Fanetti, Gastone, NiniGiacomelli, Claudio Malonni, Luigi Ma-staglia, Grazia Milesi, Mario Salvetti.Direttore responsabile: Tullio Clementi.

Disegni e vignette di Staino, Ellekappa,Vauro, Vannini e altri sono tratte daiquotidiani: l’Unità, il Corriere della Sera, ilManifesto, la Repubblica, dal periodicoLinus e dalla Rivista del Manifesto

Tel. 030.45670Fax: 030.3771921Brescia - Via Luzzago, 2/bwww.radiondadurto.orgFREQUENZE:dal lago a Capodiponte: 100.100da Capodiponte a Edolo: 99.90da Edolo a Pontedilegno: 100.00

prossima trasmissione: MERCOLEDÌ 23 GENNAIO

dalle ore 18,30 alle ore 19,20

il Festival? Facciamolo insieme!Il botta e risposta mediatico non mi piace, ma il piccolo box Festival

d’esportazione che Graffiti di dicembre ha dedicato al Festival DalloSciamano allo Showman mi costringe a rompere il silenzio.

Quando ci venne l’idea del Festival come evento preposto a coniugare cultura eturismo, non pensammo ad un festival nostro, ma della Valle e per la Valle. L’accostamento tra losciamano e lo showman chiamava infatti in gioco forze diverse e potenzialmente complementari: losciamano, come simbolo della terra camuna, avrebbe potuto consentire a esperti e amministratori dipromuovere percorsi mirati alla valorizzazione del patrimonio delle incisioni rupestri, mentre loshowman era espressione di un ambito nel quale noi potevamo contare su preziose alleanze conpersonaggi di indubbio spessore culturale quali Sergio Bardotti e i dirigenti del Tenco.Presentammo l’idea del Festival alla Comunità Montana nel 2002. E fummo stupiti (GabrieleMarchesini, Bibi Bertelli ed io) di trovare una così immediata accoglienza da parte del Presidentedi allora, De Toni. Una porta aperta e un amministratore entusiasta ci parvero uno scoppio difuochi d’artificio, in una valle avara di entusiasmi culturali. Da venti anni ci occupiamo di teatro,e trovare fondi è sempre stato durissimo. Più tardi De Toni mi confessò che aveva stanziato ilcontributo nella convinzione che non saremmo mai stati capaci di fare il Festival.Agli inizi non potevamo chiedere agli Enti di fare propria la manifestazione senza che ne cono-scessero la portata. Il Festival, comunque, non doveva essere del Cctc, ma della Comunità Mon-tana, che doveva agire d’intesa con gli altri Enti e con le Imprese. Se è un Ente di tale calibro achiedere contributi alle Fondazioni e alle aziende, l’attenzione che ad esso si riserva è straordina-riamente superiore rispetto a quella che si rivolge ad una piccola Associazione Culturale come lanostra. Non è necessario avere studiato alla Bocconi per capire che le cose funzionano così. IlCctc avrebbe dovuto essere un semplice braccio operativo.Questo dissi quando si insediò Giancarlo Maculotti. Lo pensavo uomo di cultura, ma ho impara-to che la cultura, nella sfera politica, è cosa vaga. Molto vaga. Lui fu chiaro da subito. Ci disseche da anni aspettava di dar vita a progetti suoi e che il Festival, come qualsiasi manifestazione,dopo tre anni, doveva camminare da solo. Come se non ci fossero manifestazioni in Valle che dadecenni camminano con i soldi degli Enti! E poi, da quando in qua, eventi come il Festival posso-no sostenersi autonomamente? Si sa che nei bilanci certe voci “di prassi” (spese tipografiche,promozione, ospitalità e via dicendo) inglobano spesso eventi che magari a bilancio “non figura-no” neppure, o figurano solo per cifre irrisorie. Su Associazioni ed Enti e persino soggetti priva-ti, possono essere magicamente veicolate destinazioni di fondi di ogni natura, se funzionari edirettori si prestano. A bilancio, secondo quanto dichiarato dall’Assessore alla presentazione delnostro libro Vent’anni di moltitudine, figuriamo persino noi, con cifre che non abbiamo mai visto.Non so ancora che cosa gli Enti ci diranno per il Festival 2008, ma entro gennaio qualche rispostadovrà arrivare. Quello che so per certo è che quando, grazie al Festival, ho visto imporsi al pubbli-co con successo, su un palco romano, personaggi camuni come il cantautore Alessandro Ducoli o ilcuoco Mauro Taboni, il mio “amor patrio” era alle stelle. Continuo a credere che il Festival possaessere un volano turistico per la Valle. E che la disponibilità di personaggi di spessore culturale, glioltre 200 articoli in rassegna stampa e i servizi radiofonici e televisivi nazionali gratuiti non sianoinutile peso del suolo. Se la Valle lo desidera, il Festival è suo. Noi siamo qui.Perché il quadro sia più chiaro, ricordo inoltre che la nostra attività ventennale di teatro scuola,laboratori, allestimenti spettacoli che offriamoogni anno ai bambini e ai ragazzi della Valle siautofinanzia al 90% con contributi presi daEnti esterni alla Valle. Quindi, nei settori doveè possibile procedere con le nostre forze lofacciamo. L’abbiamo sempre fatto.Per quanto mi riguarda, non voglio affatto es-sere profeta in patria. Né mi importa appari-re. Mi pesa, anzi. Ma voglio continuare a de-dicarmi anima e corpo alla mia Valle. Con osenza Festival. Con o senza ridicoli embarghimediatici locali, maldicenze costruite ad hoc epruriti vari appoggiati da una politica di bas-sissimo rango. Continuerò a darmi da fare sinoal limite delle mie forze. Gli amici e le tantepersone che compongono oggi il Cctc sono laconferma che c’è molto da fare. Facciamolo.Se possibile, insieme. (Nini Giacomelli)

«Il cinema è l’unica forma d’arte nella qualele opere si muovono e lo spettatore rimaneimmobile». (Ennio Flaiano)