A PRAGA, A PRAGA! STORIA, LEGGENDE E MALCOSTUME DI UNA VICENDA ITALIANA

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Roberto Bartali •Luigi Carli • Marco Clementi • Luigi Carli • Richard Deake • Aldo Giannuli • Francesco Mazzola • Fernado Orlandi • Gabriele Paradisi • Vladimiro Satta • Salvatore Sechi Le vene aperte del delitto Moro

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Sulle vicende dei comunisti italiani che ripararono in Cecoslovacchia dopo la Seconda guerra mondiale e sulle voci che hanno circolato a proprosito dei legami fra i servizi segreti cecoslovacchi e il terrorismo italiano negli anni settanta-ottanta del Ventesimo secolo.

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Roberto Bartali •Luigi Carli • Marco Clementi• Luigi Carli • Richard Deake • Aldo Giannuli

• Francesco Mazzola • Fernado Orlandi• Gabriele Paradisi • Vladimiro Satta • Salvatore Sechi

Le vene apertedel delitto Moro

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© 2009 EDIZIONI POLISTAMPAVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 737871 (15 linee)[email protected] - www.polistampa.com

ISBN 978-88-564-0014-4

Salvatore Sechi, Introduzione pag. 7

Richard Drake, Il delitto Moro trent’anni dopo » 17

Marco Clementi, La memoria difensiva di Aldo Moro » 29

Luigi Carli, La colonna genovese delle Brigate rosse » 49

Roberto Bartali, Il Pci e le Brigate rosse » 75

Fernando Orlandi, A Praga, a Praga! » 119

Gabriele Paradisi, Quegli “… ottusi servitorelli…”Chi ha scritto i comunicati delle Br? » 161

Francesco Mazzola, Testimonianza dall’interno del Palazzo » 201

Aldo Giannuli, Noti servizi, malavita e reverendi padri » 215

Vladimiro Satta, La risposta dello Stato ai terrorismi » 253

Salvatore Sechi, Moro e la storiografia dell’“eversione atlantica” » 297

Indice dei nomi xxx

Nota bio-bibliografica degli autori » xxx

Acronimi » xxx

SOMMARIO

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Nel nostro paese si è radicata ed è cresciuta una scuola di pensieroricca di adepti, che indaga le vicende del passato attraverso il prisma deimisteri e dei complotti, comunemente indicata come “dietrologia”1.Le vicende del terrorismo italiano e in particolare l’affaireMoro so-

no state oggetto di numerose rivisitazioni che, a seconda dell’autore,puntano l’indice verso un composito panorama di burattinai, dai ser-vizi segreti nostrani più o meno deviati, a quelli di Mosca e Washing-ton, senza dimenticare un piccolo ruolo per Israele.I misteri affascinano il pubblico e pertanto queste pubblicazioni

godono di successo editoriale, che purtroppo non viaggia in paralleloalla ricerca della verità. Soprattutto, l’affannosa caccia di qualchenuovo mistero fa dimenticare le origini indigene del fenomeno briga-tista e più in generale del terrorismo italiano. La certezza del com-plotto occultato ha poi alimentato un metodo di raccolta dei materialibasato sull’uso parziale e selettivo delle fonti, evitando la consulta-zione e il riscontro con i documenti oramai da molti anni accessibilinei diversi archivi come, ad esempio, quelli della Repubblica ceca. Neicasi più gravi di uso scorretto della documentazione proveniente da-gli archivi di polizia o dei servizi di intelligence, il materiale viene uti-lizzato senza neppure tenere conto delle avvertenze degli estensori.Inoltre, in modo francamente discutibile si utilizzano informative

dei servizi segreti o provenienti da fonti di polizia, senza il minimotentativo di riscontro con le altre fonti archivistiche, scambiando co-sì la confidenza o la voce riferita in un appunto, ovvero una segnala-zione da verificare, in qualcosa di già acclarato. Molto correttamente

A PRAGA, A PRAGA!STORIA, LEGGENDE E MALCOSTUME

DI UNA VICENDA ITALIANA

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1 Al riguardo si vedano le osservazioni in S. SECHI, Il delitto Moro: un esempiodi “eversione atlantica”? Una discussione con Giuseppe De Lutiis, Centro studi sul-la storia dell’Europa orientale, Levico Terme 2008 (Csseo Working Paper n. 133).

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l’ammiraglio Fulvio Martini, già direttore del Sismi, nel corso dellasua audizione alla Commissione stragi precisò, riferendosi proprio al-l’utilizzo di questo genere di carte di archivio dei servizi:

Un’informativa di un centro Cs [Controspionaggio] non rappresenta as-solutamente niente perché deve essere almeno confermata da altredue fonti, altrimenti è un pezzo di carta di nessun valore. [...] Le carteche non sono confermate, che non diventano notizia ma sono la sof-fiata di un tizio qualsiasi, non rappresentano niente nella vita di unServizio. Questo è un aspetto da tenere presente2.

Nel caso della Cecoslovacchia, paese e partito (Ksc) con il quale icomunisti italiani (Pci) hanno avuto un rapporto decisamente parti-colare (correttamente, è stato affermato che Praga era la «città privi-legiata» dei comunisti italiani3), i dietrologi nostrani non si curano diconsultare la documentazione disponibile per verificare le notizie sul-le scuole di addestramento militare degli anni Cinquanta di cui a lun-go si è parlato e che per alcuni di loro hanno costituito il retroterra diun addestramento di terroristi negli anni Settanta.Chi scrive, negli anni 1990-1994, ha anche avuto la possibilità di in-

contrare dopo non poche peripezie e molte ritrosie alcuni comunistiitaliani che, dopo aver trovato riparo in quel paese, lì hanno poi rico-struito una propria esistenza, una seconda vita dietro il nome cospi-rativo assunto (e in qualche caso una nuova famiglia, a dispetto diquella lasciata in Italia). Per la maggior parte di queste persone le con-dizioni materiali di esistenza non sono state particolarmente fortu-nate, avendo condiviso, specialmente negli anni Cinquanta, la miseraesistenza dei cechi, nella campagne o in fabbrica, dispersi nel paese,lontano da Praga, in condizioni anche vicine all’indigenza, con una ali-mentazione, a volte, pressoché priva di frutta e verdura. Comunitàprettamente maschili, con problemi relazionali e di integrazione, do-vuti anche alla non conoscenza della lingua del paese ospitante. Incondizioni non dissimili si trovavano altri rifugiati, ad esempio quel-li provenienti dalla Grecia. Le persone con cui mi trovai a discutere al-

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2 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle causedella mancata individuazione dei responsabili delle stragi (CpS), 54º Resocontostenografico della seduta di mercoledì 6 ottobre 1999, p. 354.

3 K. BARTOŠEK, Zpráva o putování v komunistických archivech, Paseka, Praha-Litomyšl 2000, p. 117.

l’inizio degli anni Novanta chiesero la garanzia dell’anonimato, equindi non le ricorderò, sebbene mi siano servite per comprendere inmodo più approfondito quelle vicende. Oggi disponiamo invece al-l’Archivio statale di Praga (Súa) l’accesso alle carte che concernono irifugiati italiani, e le loro attività, compresa la scuola di partito e l’e-mittente radiofonica «Oggi in Italia». I materiali si trovano soprattut-to nel Fondo 100/3 (Ksc mezinárodní oddeleni) e nel Fondo 19/7.Nella documentazione, gli italiani sono indicati con i nomi cospi-

rativi assunti, ma in molti casi, grazie alla ricchezza delle carte, èpossibile scioglierli in quelli reali. Fra i materiali si trovano anche mol-ti file personali, rapporti, statistiche e anche materiale fotografico. Pa-radossalmente, ma forse ancora più significativamente, nessuno deidietrologi nostrani si è peritato di andare a consultare queste carte4.Non si tratta solo di questioni linguistiche, che comunque andrebbe-ro in ogni caso risolte, se si applicasse il rigoroso metodo scientificoche impone il riscontro di tutte le fonti accessibili, perché parte si-gnificativa di questi documenti è in italiano (alcuni sono redatti infrancese e la restante parte in ceco).Mentre mi trovavo a Praga assieme ad alcuni membri del Centro

studi sulla storia dell’Europa orientale nell’ambito di altra ricerca, nel-l’aprile 2006 ho potuto discutere con funzionari dello stato e dell’Úraddokumentace a vyšetrování zlocinu komunismu (Údvzk) della ques-tione Brigate rosse (Br)-Cecoslovacchia. Nel corso di uno di questi in-contri mi è stata offerta la possibilità di compulsare i faldoni contenentitutta la documentazione disponibile e non ancora declassificata. Perquanto ho potuto vedere, posso affermare che non esiste un solo file re-

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4 Ad oggi queste carte sono state utilizzate soltanto dallo storico Philip Cookeche ha pubblicato i seguenti lavori: From Partisan to Party Cadre: The Education ofItalian Political Emigrants in Czechoslovakia, «Italian Studies», vol. 61, n. 1 (Spring2006), 64-84; Da partigiano a quadro di partito: l’educazione degli emigrati politiciitaliani in Cecoslovacchia, «Ricerche storiche», a. 40, n. 101 (aprile 2006), pp. 9-38;Oggi in Italia: The Voice of Truth and Peace in Cold War Italy, «Modern Italy», vol.12, n. 2 (giugno 2007), pp. 251-265; Oggi in Italia: La voce della verità e della pacenell'Italia della guerra fredda, «L'Impegno», a. 27, n. 1 (giugno 2007), pp. 39-54; eL’emigrazione politica in Cecoslovacchia e Italian Political Emigration to Czecho-slovakia, entrambi in G. RANDO e J. HAGAN, a cura di, La diaspora italiana dopo laSeconda Guerra Mondiale. The Italian Diaspora after the Second World War, Inter-national AM Edizioni, Bivongi 2007, pp. 49-59 e 273-284.

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lativo ai primi anni Settanta (o ai Sessanta), quando invece un nutritogruppo di italiani, secondo una vulgata prevalente, sarebbe stato adde-strato in quel paese. Non solo, i file successivi sono stati aperti soprat-tutto su input provenienti dall’estero. Debbo anche confessare chequando ho goduto dell’opportunità di consultare i fascicoli sul terrori-smo italiano non pensavo affatto a scrivere un contributo su questa vi-cenda, ero mosso maggiormente dalla curiosità, da quel desiderio diconoscenza che aleggia in tutti coloro che si occupano di storia.

La scuola di Dobrichovice

I legami politici e organizzativi fra i comunisti italiani e il partito fra-tello della Cecoslovacchia negli anni Cinquanta sono stati particolar-mente stretti, molto più importanti di quelli, ad esempio, con icomunisti bulgari o polacchi, e si sono articolati su diversi piani. In ag-giunta ai normali rapporti fra partiti fratelli, dopo la rottura dei rap-porti fra Stalin e Tito, la Cecoslovacchia è divenuta una sorta diretrovia del comunismo italiano. Proprio come prima era particolar-mente agevole il passaggio illegale in Jugoslavia, allo stesso modo loera il trasferimento in Cecoslovacchia, controllando, fino al 1955, letruppe dell’Armata Rossa sovietica la parte orientale dell’Austria e for-nendo il Partito comunista austriaco tutto il suo sostegno. La Ceco-slovacchia subentrò così alla Jugoslavia quale territorio di rifugio,ospitando non solo comunisti italiani, ma anche greci e di altre na-zionalità, che dovevano sottrarsi alla giustizia dei propri paesi.Per quanto riguarda lo specifico della Cecoslovacchia, abbiamo

una iniziale emigrazione di italiani prima del “colpo di Praga” del feb-braio 1948; una emigrazione di tipo economico, nel contesto di un ac-cordo stipulato da Giuseppe Di Vittorio, che permetteva a un limitatonumero di operai di trovare una nuova occupazione in quel paese5.Seguì l’emigrazione, ben più significativa, di coloro che ripararono

illegalmente in Cecoslovacchia per sfuggire alla magistratura italiana,perseguiti per crimini commessi dopo la fine della guerra, ad esempiogli omicidi commessi dalla Volante rossa o i molti assassinii perpetratinel cosiddetto “triangolo della morte” emiliano. Si tratta di un consi-stente numero di militanti comunisti, spesso con un basso livello dieducazione politica e culturale, con anche alcuni casi di analfabeti-

5 P. COOKE, L’emigrazione politica in Cecoslovacchia, cit., p. 49.

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smo. Riparati in Cecoslovacchia vennero distribuiti in varie zone delpaese: assunsero nomi di copertura, rispettarono le regole cospirativee lavorarono, spesso in pessime condizioni, vuoi in fattorie agricole,vuoi in fabbriche e alcuni anche nelle miniere.Delle procedure cospirative utilizzate del Pci troviamo indicazione

anche in una testimonianza «fornita da un connazionale già espatriatoclandestinamente in Cecoslovacchia e rientrato nel 1952» di cui rife-risce un rapporto del novembre 1954 del maggiore Aldo Cappelli delCentro Cs di Bologna: gli apparati del Pci predisponevano con cura iti-nerari e accompagnatori, curando anche «l’invio alle rappresentanzedel Pci in Cecoslovacchia di una biografia dell’espatriando con tutte leinformazioni atte a ben lumeggiare la figura sotto ogni profilo»6.Attorno a questa emigrazione sono sorte diverse leggende, la prin-

cipale delle quali racconta che almeno una parte di questi uomini seguìparticolari corsi di addestramento militare alla guerriglia e al sabo-taggio. Numerose sono le informative provenienti da Questure e Ca-rabinieri come pure dai Centri Cs, dove si legge di «corsi per ilperfezionamento di sabotatori», di «corsi di addestramento alla guer-riglia, al sabotaggio, all’uso di armi automatiche», e di di «corsi diistruzione sulla guerriglia e sulla lotta partigiana». Nelle carte deposi-tate negli archivi italiani si rinvengono fitti scambi fra il Ministerodegli esteri, il Ministero dell’interno (in particolare la Divisione affaririservati), e il diplomatico Raniero Vanni d’Archirafi. Quest’ultimo,ad esempio, con una nota del 12 settembre 1950, comunica alla Far-nesina che da una fonte della «massima attendibilità» ha appreso chea Dobrichovice (qualche decina di km da Praga, a mezza strada fra lacapitale e il castello di Karlštejn), era stata istituita una «scuola di sa-botaggio e attentati», gestita congiuntamente da cechi e sovietici. Quat-trordici italiani avrebbero preso parte ai corsi7.

6 Sifar, Centro «Cs» di Bologna all’ufficio «D» di Roma, 29 novembre 1954, inArchivio della Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il «dossier Mi-trokhin» e l’attività d’intelligence italiana (ACM), Raccolta dei materiali per il pro-cedimento penale «Gladio Rossa».

7 Ministero degli affari esteri, Telespresso n. 16/18772 a Ministero dell’interno,13 settembre 1950. Oggetto: Scuola di sabotaggio in Cecoslovacchia. L’ambascia-ta si premura di segnalare: «Questa Legazione non ha il mezzo per compiere altriaccertamenti». Vedi anche Ministero degli affari esteri, Telespresso n. 16/20767 aMinistero dell’interno, 31 ottobre 1950. Oggetto: Italiani alla scuola di sabotaggio

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Con una certa regolarità negli anni successivi continuano a perve-nire da informatori notizie su scuole di addestramento8. Un rapportodel Sifar indica fra gli «insegnanti» di una di queste «scuole per ter-roristi e propagandisti» Francesco Moranino9. Viene altresì ripetuta-mente segnalata la presenza di Giulio Paggio, alias Tenente Alvaro,alias Antonio Boffi, il capo della Volante rossa10. Di tanto in tanto,queste notizie affiorano anche sulle pagine dei giornali11.

di Dobrichovice; Ministero degli affari esteri, Telespresso n. 219/[illeggibile] aMinistero dell’interno, 22 novembre 1950. Oggetto: Italiani alla scuola di sabo-taggio di Dobrichovice, tutti riprodotti in G. DONNO, La Gladio rossa del Pci (1945-1967), Rubbettino, Soveria Mannelli 2001, pp. 357-360.

8 Ad esempio Ufficio affari riservati, Documento 224/I-123, 19 maggio 1952.Oggetto: Scuole di sabotaggio in Cecoslovacchia, riprodotto in Idem, p. 360.

9 Sifar, Appunto [per la Presidenza del consiglio], 11 giugno 1952. Oggetto: Re-lazioni fra Pci e Cecoslovacchia, riprodotto in Idem, pp. 361-362. Moranino, con-dannato dal Tribunale speciale e comandante partigiano, nel 1946 fu eletto deputatoalla Costituente. Sottosegretario alla Difesa con delega per l’esercito nel terzo go-verno De Gasperi, fu rieletto deputato nel 1948. Nel 1951 riparò in Cecoslovacchia.Rieletto parlamentare nel 1953, poté rientrare in Italia, ma fuggì nuovamente in Ce-coslovacchia dopo che la Camera votò l’autorizzazione a procedere nei suoi con-fronti. Nel 1953 Moranino fu nominato rappresentante del Pci nella Segreteria delCominform e nella redazione della rivista «Per una pace stabile, per una democra-zia popolare!». Segreteria del Pci a Ufficio di informazione dei partiti comunisti eoperai, 23 marzo 1953, Fondazione Istituto Gramsci (FiG), Archivio del Partito co-munista italiano (Apci), fondo M, mf 245-246. Processato in contumacia nell’aprile1956, la Corte di assise di Firenze lo condannò all’ergastolo. La sua vicenda giudi-ziaria terminò nel 1964, con la grazia concessagli dall’allora presidente della Re-pubblica Giuseppe Saragat. Rientrato in Italia, nel 1968 Moranino fu eletto senatore.Sulla sua vicenda giudiziaria, si veda R. GREMMO, Il processo Moranino, Edizioni Sto-ria ribelle, Biella 2005. A Praga Moranino era conosciuto come Franco Moretti.

10 Ad esempio Questura di Milano a Ministro dell’interno e Direzione genera-le di P.S., 17 ottobre 1952. Archivio del Ministero dell’interno, Direzione generaledi pubblica sicurezza, Divisione affari riservati, fascicolo Z-20/E. Sulla Volante ros-sa vedi C. BERMANI, La Volante rossa (estate 1945-febbraio 1949), «Primo maggio»,n. 9-10, inverno 1977-1978, pp. 81-106; C. BERMANI, Storia e mito della Volante ros-sa, Nuove Edizioni Internazionali, Milano, 1996; C. GUERRIERO e F. RONDINELLI, LaVolante rossa, Datanews, Roma 1996; e M. RECCHIONI, Ultimi fuochi di resistenza:Storia di un combattente della Volante rossa, DeriveApprodi, Roma 2009.

11 Ad esempio A. VALCINI, Dove si insegna agli italiani come sabotare la demo-crazia, «Corriere della Sera», 9 luglio 1955.

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Le informative depositate negli archivi italiani fanno riferimento avarie scuole e corsi di addestramento militare, indicando sovente lagià citata località di Dobrichovice. Sono notizie che, con il passare deltempo, tendono a moltiplicarsi12. Arriverà persino l’informazione chegli allievi italiani colà addestrati si apprestano a rientrare in patria pertentare una sorta di golpe. Leggiamo, infatti, in un Telespresso:

L’informatore avrebbe saputo dalla moglie di uno di questi italiani, re-centemente giunti nella scuola di sabotaggio, che in essa vi sarebberomolti istruttori russi e che i cosiddetti allievi dovrebbero rientrare inItalia verso il prossimo mese di febbraio [1951] – per tentare – si diceuna specie di ‘putsch’ nel nostro paese.

Il documento conclude, avvertendo: «Quanto sopra riferisco, na-turalmente, con ogni riserva, non avendo per ora possibilità di con-trollo»13.Come tutti ben sappiamo non si tentò nessuna «specie di ‘put-

sch’» nel nostro paese. Quella riferita, peraltro con le dovute cauteledel caso, era una semplice voce raccolta. Questa «notizia», un docu-mento che per serietà non andrebbe neppure citato, a meno che nonsi voglia discutere dei boatos che necessariamente gli apparati delloStato si trovano a dovere recepire, viene accreditata in un recentevolume di Rocco Turi14. E poiché nulla accadde in quel febbraio 1951,in modo altrettanto disinvolto l’autore conclude, senza ovviamente in-dicare una fonte a sostegno dell’affermazione:

Il putsch programmato per il febbraio 1951 venne cancellato o rinvia-to a causa della scoperta, da parte dei vertici comunisti, della fuga diinformazioni, ma sia l’attività informativa, da parte italiana, che quel-la eversiva, da parte cecoslovacca, continuarono per anni15.

12 R. TURI, Gladio rossa. Una catena di complotti e delitti, dal dopoguerra al ca-so Moro, Marsilio, Venezia 2004, pp. 127-128 e i documenti citati.

13 Ambasciata italiana di Praga, Telespresso n. 2376/1438 a Ministero degli af-fari esteri, 31 ottobre 1950; e Ministero degli affari esteri, Telespresso n. 16/20767a Ministero dell’interno, 31 ottobre 1950. Oggetto: Italiani alla scuola di sabotag-gio di Dobrichovice, riprodotto in G. DONNO, La Gladio rossa, cit., p. 358.

14 R. TURI, Gladio rossa, cit., p. 125.15 Ivi, p. 127.

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Il tentativo di confermare una tesi fa sì che invece di ricostruire lavicenda dei comunisti italiani in Cecoslovacchia prevalgano le con-getture.Quello che il rigore metodologico imporrebbe è riscontrare le

informative dei nostri archivi con il database delle informazioni pub-bliche e le accessibili carte della sezione internazionale del Ksc che ri-guardano gli italiani.Per quanto riguarda date e tempi, è pacifico che la scuola di adde-

stramento a sabotaggi e attentati di Dobrichovice è la stessa di cui par-lano in dettaglio le carte di archivio di Praga. Ma la storia che questidocumenti ci raccontano con dovizia di particolari è ben diversa daquella riferita nelle non riscontrate informative già citate16.

La proposta di istituire una scuola politica per gli italiani venneavanzata dal partito fratello nel 194917. Trovò sede in una villetta diDobrichovice, e fu attiva per tre anni, dal 1950 al 1952. Le carte d’ar-chivio bene documentano la selezione degli allievi, a partire dalle det-tagliate «caratteristiche», ovvero le biografie. È interessante osservarecome le note fossero critiche, esprimendo riserve sui candidati, specieper quanto riguardava la «mentalità partigiana» e settaria18.Verso la fine di novembre 1949 Pietro Secchia scrive a Bedrich Ge-

minder, capo della Sezione internazionale della Segreteria del Ksc:l’obiettivo della scuola è formare dei quadri in grado di svolgere unadeguato lavoro politico fra gli esuli italiani. Il primo corso durerà unanno, i selezionati saranno cinquanta e il corso sarà modulato sulla ba-se di quelli organizzati in Italia dalla scuola centrale del Pci (quella del-le Frattocchie, l’Istituto di studi comunisti, inizialmente intitolato aAndrei Zhdanov e successivamente a Palmiro Togliatti)19. L’organiz-

16 I documenti sono stati studiati da Philip Cooke che ne ha dato conto in FromPartisan to Party Cadre, cit.; e Da partigiano a quadro di partito, cit.

17 Roberto Dotti alla dirigenza del Pci e del Pccs, Súa, Ksc, fond 100/3, sv. 56,a.j. 265, pp. 33-39.

18 Questo aspetto è stato opportunamente messo in evidenza da Philip Cookenei due lavori già citati. Vedi anche le osservazioni di Aroldo Tolomelli in L. TESTA,«La vita è lotta». Storia di un comunista emiliano, Diabasis, Reggio Emilia 2007,pp. 192-193.

19 Pietro Secchia a Bedrich Geminder, 21 novembre 1949, Súa, Ksc, fond 100/3,sv. 56, a.j. 265, p. 41.

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zazione del corso viene affidata a Silvio Bertona (alias Secondo Villa),già insegnante alla Frattocchie20. I corsi si tengono in italiano e a par-te viene insegnata un po’ di lingua ceca. Alcune lezioni sono tenute dainsegnanti cechi e russi, ma comunque in lingua italiana. Lo scopo del-la scuola, scrive nel gennaio 1951 Domenico Ciufoli (alias Paolo Belli),all’epoca suo direttore, responsabile dei fuoriusciti italiani e membrodel Comitato centrale (Cc) del Pci, a Bedrich Geminder, è fornire «ainostri compagni partigiani la preparazione ideologica che non hannoavuto o il tempo di avere in montagna»21.La scuola di Dobrichovice, insomma, altro non era che un clone di

quella delle Frattocchie e dal piano di studi, intenso e identico a quel-lo romano, non si evince alcuna attività militare o paramilitare. Cer-to, non si può escludere che vi siano stati casi di selezionati quadri delpartito avviati ad un addestramento militare o alle tecniche dellospionaggio. Ma questo non è stato il caso di Dobrichovice. Va inoltreosservato che di queste attività, come conosciamo dalla documenta-zione disponibile, si occupava direttamente il Kgb (Comitato per la si-curezza di stato) e gli addestramenti speciali per stranieri venivanogeneralmente effettuati in Unione sovietica. Dei corsi Vystrel di ad-destramento al combattimento e al sabotaggio e di quelli dove veni-vano insegnate le tecniche dello spionaggio, ci informa, ad esempio,un report originato da Vasilij Mitrokhin. Si tenevano a Solnechno-gorsk, una cittadina nell’Oblast’ di Mosca, a circa 65 km. dalla capi-tale22. Per quanto riguarda la Cecoslovacchia, sono circolate voci, masenza particolari elementi di riscontro, in relazione ad addestramen-ti per le radiotrasmissioni in cifra ad alta frequenza e a procedure del-lo spionaggio, corsi che si sarebbero tenuti in una struttura alledipendenze del Ministero dell’interno a Zastávka u Brna, località a po-

20 La sua relazione del 25 gennaio 1950 fornisce dettagli sull’organizzazionedella scuola. Súa, Ksc, fond 19/7, sv. 198, pp. 9-11.

21 Domenico Ciufoli a Bedcich Geminder, 31 gennaio 1951, Súa, Ksc, fond100/3, sv. 56, a.j. 265, p. 90.

22 Impedian Report n. 118, 6 ottobre 1995: Use of Illegals for Sabotage Opera-tions, paragrafi 72 e 73. Per la traduzione italiana del Rapporto Impedian, ossia“dossier Mitrokhin”, reso pubblico l’11 ottobre 1999 dall’Ufficio di presidenzadella Commissione Stragi, si veda Dossier KGB, rapporto Mitrokhin. Tutti i docu-menti dello spionaggio in Italia, a cura di A. Ruggieri, sapere 2000 edizioni multi-mediali, Roma (1999).

co più di 20 km a nord-ovest di Brno23. Di Zastávka u Brna troviamomenzione anche in alcuni documenti redatti dal Sisde nel 1990: in unappunto del luglio si legge che in quella località si trovava uno dei cam-pi di addestramento anche per terroristi italiani organizzati dal Kgb interritorio ceco24, e da una successiva nota dell’agosto 1990, si apprendeche lì esisteva un centro di addestramento per terroristi provenienti dalMedio oriente25.Per quanto riguarda il Pci, gli addestramenti speciali di quadri ef-

fettuati in Unione sovietica dal Kgb continuano ancora negli anniSettanta. Ad esempio, nella seduta del Politbyuro del Partito comuni-sta dell’Unione sovietica (Pcus) del 5 maggio 1974 si approva l’invio aMosca di un gruppo di diciannove italiani affinché siano addestratinelle scuole speciali del Kgb alle tecniche dell’organizzazione illegalee delle trasmissioni in cifra. Si approva pure la fornitura di 550 pas-saporti italiani falsi e altri 50 documenti d’identità svizzeri e francesistampati nei laboratori del Kgb. Sempre su richiesta del Pci, Moscaelabora programmi di comunicazione cifrata per consentire trasmis-sioni «coperte» di messaggi all’interno di una rete di centri regionali26.Un contemporaneo messaggio viene inviato al residente del Kgb a Ro-ma per comunicare a Armando Cossutta la deliberazione adottata27.

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23 Conversazione con un funzionario dell’Údvzk, 20 aprile 2006. Vedi anche Po-lizia della Repubblica ceca, Ufficio investigativo della Repubblica ceca, Verbale dideposizione del testimone Jan Frolík, Praga 29 luglio 1998, p. 13, all. 1 a Procuradella Repubblica di Roma a Commissione stragi, 6 aprile 1999, Archivio dellaCommissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause dellamancata individuazione dei responsabili delle stragi (ACS), fascicolo «Eversione disinistra», 9/3, p. 13.

24 Sisde, Appunto, 10 luglio 1990, p. 1, all. 5 a Idem.25 Sisde a Segreteria speciale del Gabinetto del Ministero dell’interno, 21 agosto

1990, cit. in R. BARTALI, L’ombra di Yalta sugli anni di piombo: Le origini del feno-meno brigatista nel contesto italiano ed internazionale, tesi di dottorato, Universitàdegli studi di Siena, Scuola di dottorato in scienze giuridiche, storiche e sociali, XXciclo, 2008, p. 277.

26 Estratto dal verbale n. 136 della seduta del Politbyuro del Cc del 5 maggio1974: Assistenza speciale al Pci, trad. in V. RIVA, Oro da Mosca, Mondadori, Mila-no 1999, p. 742; anche V. BUKOVSKIJ, Gli archivi segreti di Mosca, Spirali, Milano1999, pp. 47-48.

27 Allegato al punto 53 del verb. n. 136: Al residente del Kgb a Roma, 5 maggio1974, trad. in V. RIVA, Oro da Mosca, cit., p. 743.

Il 30 gennaio 1976 Boris Ponomarev informa il Politburo che UgoPecchioli, «su incarico della direzione del Pci» chiede che sette italia-ni effettuino un «corso di preparazione speciale» in Unione sovietica.Pecchioli chiede altresì cento documenti italiani falsi28. Pochi giornidopo la richiesta è accolta29. Uno dei sette, che per essere addestratoarriva in Unione sovietica via Bulgaria, è Domenico Dardi30. Nel gen-naio 1979 altri quindici comunisti vanno in Unione sovietica “per uncorso di addestramento speciale di tre mesi per ciascuno”31. Queste at-tività illegali proseguono almeno “fino al 1981”32. Alla fine del 1969 un“centro di trasmissione per i collegamenti radio clandestini del Pci”,gestito dal Kgb, era stato allestito a Sofia33. Ma dopo l’attentato a Pa-pa Giovanni Paolo II (13 maggio 1981) il Pci si preoccupa e per il tra-mite di Franco Paparelli, fidato collaboratore di Pecchioli, comunicaal Kgb la decisione “di smantellare e distruggere per ragioni di sicu-rezza tre stazioni radio ricetrasmittenti” clandestine che si trovano inItalia34. È assai probabile che lo smantellamento delle radio sia statodeciso, come ha osservato Francesco Bigazzi, per il timore che venis-se scoperto il collegamento con Sofia35.

“Oggi in Italia”

A Praga, per timori e motivi di sicurezza, il Pci trasferisce il suo archi-vio. A tale fine, il 22 gennaio 1952 Palmiro Togliatti scrive a KlementGottwald, e poi, per definire i dettagli invia nella capitale cecoslovacca

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A Praga, a Praga!

28 Al Cc del Pcus: Assistenza speciale al Pci, 30 gennaio 1976, trad. in Idem, pp.752-753.

29 Estratto dal verbale n. 203 della seduta del Politbyuro del Cc del 5 febbraio1976: Assistenza speciale al Pci, trad. in Idem, p. 753.

30 Alla Sezione amministrativa del Cc de Pcus, 5 maggio 1977, trad. in Idem,p. 763.

31 “Estratto dal verbale n. 143 § 8gs della Segreteria del Cc”, 17 gennaio 1979;e Delibera della Segreteria del Cc del Pcus sulla richiesta della Direzione del Pci, 17gennaio 1979; entrambi trad. in S. BERTELLI e F. BIGAZZI, Pci: la storia dimentata,Mondadori, Milano 2001 pp. 372-373.

32 F. BIGAZZI, Baffi finti e passaporti falsi, in Idem., p. 371.33 Al Cc del Pcus, trad. in Idem, pp. 366-367.34 V. A. Kryuchkov a B. N. Ponomarev, 22 giugno 1981, trad. in Idem, p. 371.35 F. BIGAZZI, Baffi finti e passaporti falsi, cit., p. 371.

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Luigi Amadesi, il suo segretario personale, che il 30 gennaio, accom-pagnato da Matteo Secchia, incontra Anna Baramová, responsabiledel Dipartimento internazionale del Ksc. Il giorno successivo Amadesisi incontra anche con Antonín Novotný, segretario del Cc e Bruno Köh-ler, capo della Sezione quadri del Ksc. L’accordo è subito raggiunto: gliarchivi del Pci saranno trasferiti nell’edificio del Cc del Ksc 36. Di lì a po-co inizia il trasferimento degli archivi, di cui si occupa Giulio Seniga,stretto collaboratore di Secchia nella potente e cruciale Commissioned’organizzazione e viceresponsabile dell’altrettanto importante Com-missione nazionale di vigilanza, assieme alla sua compagna, Anita Gal-liussi37. Da Praga, poco dopo, gli archivi saranno trasferiti a Mosca,sotto la supervisione di Rita Montagnana.Praga è importante anche per gli aiuti finanziari al Pci, che non ar-

rivano solo da Mosca e solo con trasferimenti diretti di denaro in diviseconvertibili38, ma anche con percentuali sugli accordi commerciali39. Èquesto un capitolo della storia del Pci ancora da scrivere. L’attivitàsembra avere preso il via all’inizio del 1948, quando Matteo Secchiasuggerì all’ambasciatore sovietico a Roma Mikhail Kostylev di colle-gare agli accordi commerciali, che imprenditori e società italiane sti-pulavano con l’Unione sovietica, dei finanziamenti al Pci. La stessapratica viene poi introdotta in tutti i paesi del blocco sovietico40. Perquanto concerne la Cecoslovacchia, nel giugno 1950 Eugenio Reale e

36 Colloquio, Anna Baranová con Luigi Amadesi e Matteo Secchia, 30 gennaio1952; e Colloquio, Antonín Novotný e Bruno Köhler con Luigi Amadesi, 31 gen-naio 1952, entrambi in Súa, Ksc, f. 100/24, sv. 71, a.j. 1117. Vedi anche K. BAR-TOŠEK, Zpráva o putování, cit., p. 117.

3 Archivio Pietro Secchia, «Annali» [Fondazione Giangiacomo Feltrinelli], a. 19(1978), Feltrinelli, Milano 1979, p. 437.

38 G. CERVETTI, L’oro di Mosca, Baldini & Castoldi, Milano 1993; V. ZASLAVSKY,I finanziamenti sovietici alle forze politiche italiane di sinistra, «Nuova storia con-temporanea», a. 3, n. 6 (novembre-dicembre 1999), pp. 29-54; M. TORTORELLA e F.BIGAZZI, Oro da Mosca: l’ultimo capitolo, in S. BERTELLI e F. BIGAZZI, Pci: la storia di-mentata, cit., pp. 383-391; e soprattutto V. RIVA, Oro da Mosca, cit.

39 Vedi Colloquio, Mikhail A. Kostylev con Matteo Secchia, 6 marzo 1948,Arkhiv Vneshnei Politiki Rossiiskoi Federatsii (AvpRf), fond 09, opis’ 31, delo 14,papka 179, pp. 170-171, cit. in E. AGA-ROSSI e V. ZASLAVSKY, Togliatti e Stalin, Il Mu-lino, Bologna 1997, p. 253.

40 K. BARTOŠEK, Zpráva o putování, cit., p. 123.

A Praga, a Praga!

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Durdo41, discutono e si lamentano con la Segreteria del Ksc delle so-cietà commerciali che rappresentano la Cecoslovacchia in Italia. So-stengono che sono nelle mani di «elementi ostili» (nepráttelskýchelementu) e per questo vanno rimpiazzate da altre, «molto più demo-cratiche» (daleko demokratictejší), vale a dire che aiutino economica-mente il Pci. Subito dopo, il 16 giugno Reale si incontra con unanutrita delegazione guidata dal vice ministro per il commercio esteroRudolf Margolius. Firmano un lungo accordo, il testo redatto in fran-cese, con il quale il Pci ottiene tutto ciò che desiderava42. Attorno a que-sti traffici commerciali si susseguono gli incontri fra dirigenti del Pci edel Ksc. Il 16-20 luglio 1951 è la volta di Giangiacomo Feltrinelli. Sipresenta con una lettera di Pietro Secchia, dove si assicura che godedella piena fiducia del Pci e viene per sistemare un affare di cui ha giàinformato Reale43.Poi ci sono i finanziamenti diretti. Ad esempio, il 2 agosto 1949 Eu-

genio Reale trasmette a Bedrich Geminder una «richiesta di Togliatti»(«prání s. Togliattiho») di 150.000 dollari. Ne otterrà immediatamente75.00044.

Sempre nella capitale cecoslovacca un piccolo numero di italianilavora in due emittenti radiofoniche: alcuni alle trasmissioni in linguaitaliana della statale «Radio Praga», altri in modo cospirativo all’e-mittente «Oggi in Italia».È il Partito comunista francese, alla riunione della Segreteria del

Cominform dell’aprile 1950, a sollevare la questione delle trasmissio-ni radiofoniche in Francia, Italia e Belgio. Su proposta del Ksc e delPartito operaio rumeno si decide di predisporre speciali apparecchitrasmittenti in onde medie e corte. Italiani e francesi avrebbero do-

41 Non sono stato in grado di identificarlo.42 Procès-verbal concernant les pourparlers sur les modifications de l’organi-

sation de représentation en Italie, 16 giugno 1952, Súa, Ksc, f. Rudolf Margolius,Z 18 4628, III. cást. Vedi anche, per dettagli e società coinvolte, K. BARTOŠEK, Zprá-va o putování, cit., pp. 123-125.

43 Súa, Ksc, f. 100/3, sv. 14, a.j. 49b. Vedi anche K. BARTOŠEK, Zpráva o pu-tování, cit., p. 125.

44 La richiesta è riassunta in una nota di Bedrich Geminder a Rudolf Slánský,12 agosto 1949, Súa, Ksc, fond 100/3, sv. 48, a.j. 221. Vedi anche K. BARTOŠEK,Zpráva o putování, cit., pp. 121-122.

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vuto fornire il personale. Alla riunione di novembre della Segreteria sifa il punto della situazione. Per il Pci, Luigi Amadesi prepara una no-ta in cui informa dell’accordo raggiunto con il Ksc in base al quale daPraga verranno effettuate speciali trasmissioni, in aggiunta a quelle uf-ficiali di «Radio Praga» in italiano. Una redazione di cinque personeè pronta ad operare45. Amadesi aggiunge che sarebbe opportuno ef-fettuare anche delle trasmissioni da Budapest. Gli italiani invierannomateriali per via aerea o a mezzo del telefono46. Il mese successivoprendono il via le trasmissioni di «Oggi in Italia»47, che risponde a unufficio di coordinamento del Pci, a Roma48.Le trasmissioni, inizialmente molto brevi, sembravano provenire

dall’Italia. Con il corso degli anni le emissioni si moltiplicarono. Adesempio, nel 1954 le trasmissioni erano otto al giorno, ognuna ditrenta minuti, parte in onde corte, parte in onde medie49, suscitandoanche alcune proteste diplomatiche dell’Italia.A metà degli anni Sessanta la contesa che oppone Mosca e Pechi-

no si riverbera in tutto il movimento comunista internazionale, dovesi serrano i ranghi. Al Ksc alcune delle posizioni assunte dal Pci suo-nano eterodosse, non in linea con quelle di Mosca, e «Oggi in Italia»,

45 Tutti riparati in Cecoslovacchia per per sottrarsii alla giustizia: FrancescoMoranino (Franco Moretti), Aroldo Tolomelli (Aldo Tognotti), Francesco Nulchis(Francesco Orsini), Bruno Montanari (Cesare Zerbini) e Vincenzo Guarisco (Gui-do Marinoni). Súa, Ks, fond 100/3, sv. 53, a.j. 261, p. 21.

4 Nota informativa di Amadesi sull’organizzazione di trasmissioni radiofonicheper l’Italia dai paesi di democrazia popolare, novembre 1950, in F. GORI e S.PONS, a cura di, Dagli archivi di Mosca, Carocci, Roma 1998, pp. 415-416. Vedi an-che n. 128, p. 438.

47 La vicenda di «Oggi in Italia» è assai poco studiata. Si vedano, di PhilipCooke, Oggi in Italia: The Voice of Truth and Peace in Cold War Italy, cit.; e Oggi inItalia: La voce della verità e della pace nell'Italia della guerra fredda, cit. Aroldo To-lomelli, che per molti anni diresse i programmi della radio, nel 1966 rientrò in Ita-lia, dove venne eletto senatore. Recentemente è stata pubblicata una sua biografiain forma di intervista, L. TESTA, «La vita è lotta», cit.

48 G. GOZZINI e R. MARTINELLI, Storia del Partito comunista italiano, vol. 7, Ei-naudi, Torino 1998, p. 153; e K. BARTOŠEK, Zpráva o putování, cit., p. 120. A svol-gere il ruolo di coordinatori a Roma si succederanno Carlo Farini, Mario Benoccie Alessandro Pecorari. Conversazione con Luciano Antonetti, 16 febbraio 2009.

49 «l’Unità» pubblicava con risalto frequenze e orari dei programmi.

A Praga, a Praga!

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proprio perché aveva sede a Praga e seguiva la linea politica dettata daBotteghe Oscure, alla fine del 1964 inizia a trovarsi in difficoltà, ri-schiando di divenire vittima della contesa ideologica. Alla fine di quel-l’anno, infatti, la dirigenza del Ksc valuta se chiudere la radio,trasferirla in un altro paese o unificare le trasmissioni con il servizioin lingua italiana di «Radio Praga». A Roma sono bene al corrente diquanto sta accadendo, e se ne preoccupano50. Viene così inviata in Ce-coslovacchia una delegazione guidata da Arturo Colombi, presidentedella Commissione centrale di controllo. Gli italiani si incontranocon Vladimír Koucký (anni dopo lo ritroveremo ambasciatore a Ro-ma), Oldrich Kaderka e altri esponenti del Ksc. L’accordo raggiuntoprevede l’ulteriore correzione dei toni polemici delle trasmissioni, masoprattutto:

Fare in modo che nei programmi di «Oggi in Italia» non vengano ripre-se notizie, o servizi, sui problemi del movimento operaio internaziona-le, che possano essere in qualche modo in contrasto con l’atteggiamentoche, verso di essi, viene osservato dal Partito cecoslovacco51.

Si dovrà anche cercare di coordinare i programmi con il servizioitaliano di «Radio Praga», al fine di evitare «una differenziazione trale posizioni del nostro Partito e quello cecoslovacco». Questi sforzi,tuttavia, «non hanno portato a risultati soddisfacenti e non sempreper colpa nostra»52. Nonostante ciò i problemi rimangono e alla finedel 1965 sembra «sia stata genericamente formulata anche la richiestadi una specie di fusione fra ‘Oggi in Italia’» e il servizio italiano di «Ra-dio Praga»53. La prospettiva era preoccupante anche sotto un altropunto di vista, perché Josef Skála, che grosso modo dal 1960 al 1968diresse il servizio italiano di «Radio Praga» aveva fama di essere stret-tamente legato alla sicurezza di Stato ceca.I rapporti cambiano decisamente con l’ascesa al potere di Alexander

Dubrek e il deciso sostegno degli italiani alla Primavera di Praga. Alla fi-

50 Conversazione con Aroldo Tolomelli, 16 febbraio 2009; e A. PECORARI, Pro-memoria sulle questioni di «Oggi in Italia», 11 novembre 1965, FiG, Apci, 0527,1972-1974.

51 Ivi, 0527, 1973.52 Ivi.53 Ivi, 0527, 1974.

ne di marzo, il segretario del Pci Luigi Longo afferma che quanto avvie-ne in Cecoslovacchia fornisce anche unmodello di rinnovamento dei re-gimi socialisti54. L’invasione e la successiva «normalizzazione» segnanoil declino e la fine della radio. Creata in modo cospirativo, l’ubicazionedell’emittente era nota a pochi, e la villetta da cui trasmetteva masche-rava bene il suo reale utilizzo (si trovava nella zona di Nusle, in Nad Nu-slemi). Quando i sovietici, subito dopo l’invasione, presero il controllodegli studi e degli impianti di trasmissione della radio e della televisionestatale cecoslovacca, proprio le strutture di «Oggi in Italia», di cui nonerano a conoscenza, assieme ad altri impianti di trasmissione55, venne-ro utilizzate per nove giorni per mettere in onda programmi dei du-brekiani. Fra l’altro vennero trasmessi anche i lavori del Quattordicesimocongresso straordinario del Ksc, tenuto clandestinamente all’interno diuna grande fabbrica di Vysocany56, L’emittente venne scoperta solo do-po l’arrivo a Praga di speciali apparecchiature e di tecnici del Kgb57.Compromessi agli occhi della nuova dirigenza che aveva preso il

potere per essersi schierati e avere collaborato anche dopo l’invasionecon i dubrekiani (in questo riflettendo la posizione del Pci, che avevamanifestato pubblicamente il «grave dissenso» per l’intervento mili-tare), per i redattori di «Oggi in Italia» fu l’inizio della fine.Le trasmissioni dell’emittente, infatti, cessarono dopo qualche me-

se, nella primavera del 1969, con lo smantellamento della redazione.Alcuni dei dipendenti andarono a lavorare al servizio in lingua italia-na di «Radio Praga», altri rientrarono in Italia e i restanti intraprese-ro attività commerciali58. Nell’estate del 1969, a dispetto dei tentativi

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54 L. LONGO, È ora di cambiare, «l’Unità», 28 marzo 1968.55 J. PELIKÁN, Il fuoco di Praga, Feltrinelli, Milano 1978, p. 201.56 Conversazione con Jirí Pelikán, 29 aprile 1988.57 Idem. Il Kgb, in una lunga relazione dell’ottobre sulle attività dell’under-

ground «controrivoluzionario», dedicherà spazio anche alle radio che hanno tra-smesso dopo l’invasione. Zapiska predsedatelya KGB Yu. V. Andropova v TsKKPSS o podgotovlennoi po pros’be «nemetskikh i pol’skikh druzei» informatsii odeyatel’nosti kontrrevolyutsionnogo podpol’ya v ChSSR, 13 ottobre 1968, RossiskiiGosudarstvennyi Arkhiv Noveishei Istorii (Rgani), fond 89, opis’ 61, delo 5, pp 1-60, riprodotto in S. KARNER, N. TOMILINA e A. TSCHUBARJAN, a cura di, Prager Früh-ling. Das internationale Krisenjahr 1968. Dokumente, Böhlau, Köln-Weimar-Wien2008, pp. 1004-1053.

58 Conversazione con Luciano Antonetti, 16 febbraio 2009.

di farlo reintegrare, venne licenziato Ignazio Salemi (andrà a lavora-re per conto del partito fra gli emigrati italiani in Australia), mentre irapporti fra Pci e Kcš diventarono sempre più tesi, fino alla pressochétotale interruzione del 197459. Nel marzo 1976 si chiuse definitiva-mente la vicenda, quando i cecoslovacchi licenziarono gli ultimi ottoitaliani (redattori e tecnici) per non aver rispettato un ordine del Kcšche imponeva a tutto il personale dell’ente radiotelevisivo di Stato disegnalare in triplice copia ogni contatto con cittadini stranieri, dalleconversazioni telefoniche a ogni genere di corrispondenza. Il Pci so-sterrà i licenziati, scegliendo anche di rendere pubblico l’accaduto60.Alcune di queste persone faranno rientro in Italia; Natale Burato,non avendo ancora risolto la posizione giudiziaria forse andrà in Ju-goslavia prima di poterlo fare; Giulio Paggio, invece, resterà a Praga,assunto come funzionario nella redazione della rivista internazionale«Problemi della pace e del socialismo»61.Nel suo libro Turi attribuisce in modo bizzarro il loro licenziamento

«agli esiti delle sessioni del 13 e 14 maggio 1976 del Comitato centrale edella Commissione centrale di controllo del Pci», in ragione della posi-zione assunta da Enrico Berlinguer «sulla partecipazione del Pci al go-verno e sulle relazioni internazionali dell’Italia»62. In realtà, quando sisvolse quell’assise del Pci, gli otto erano già stati licenziati da oltre duemesi. Turi sostiene inoltre, senza indicare una sola fonte, che all’epocaBerlinguer «venne definito ‘traditore senza appello’»63.

Legami con il terrorismo?

Non era più tollerabile nella Praga che stava imboccando il camminodella «normalizzazione» la presenza di una radio diretta da un partito

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A Praga, a Praga!

59 Al 1974 data l’interruzione «ufficiale» dei rapporti fra i due partiti. In realtài rapporti non si troncarono definitivamente, perché delegazioni ufficiali del Ks�continuarono ad arrivare in Italia, mentre italiani continuarono a recarsi a Pragain veste non ufficiale, quali «osservatori», oppure per missioni particolari, qualiquelle riservate effettuate da Salvatore Cacciapuoti di cui si riferisce nelle pagineche seguono.

60 «l’Unità», 12 marzo 1976.61 Conversazione con Luciano Antonetti, 16 febbraio 2009.62 R. TURI, Gladio rossa, cit., n. 9, p. 172.63 Ivi, p. 153.

che si era schierato con Dubrek e aveva preso le distanze dall’‘interven-to fraterno’» delle truppe del Patto di Varsavia64. La «colpa» dei redattoridi «Oggi in Italia», insomma, era anche quella di essersi schierati dallaparte del «nuovo corso», del «comunismo dal volto umano»65. Stupi-scono, quindi, soprattutto per il livello di sconoscenza dei fatti e delle di-namiche politiche le affermazioni di una certa letteratura che descrive laredazione di «Oggi in Italia» come un semplice covo di stalinisti66.È una tesi che, ad esempio, troviamo nel libro appena citato, come

pure nel recente dottorato di Roberto Bartali, che scrive:

In questo contesto Praga, e gli ambienti contigui alla radio italiana, fi-nirono per diventare al tempo stesso una sorta di ufficio raccolta per lastruttura ed una enclave stalinista. Fu proprio in questo ambito che sulfinire degli anni Sessanta inizierà ad arrivare (con fini di istruzione po-litica e militare) una nuova leva di comunisti rivoluzionari, la stessache formerà la spina dorsale delle future Br67.

Turi a sua volta sostiene che «molti giovani ‘extraparlamentari’, at-traverso la presentazione e la garanzia prestate dai vecchi ‘Padri parti-giani’, poterono recarsi in Cecoslovacchia per corsi di formazionerivoluzionaria»68. E ancora, senza indicare alcuna fonte a supporto del-l’affermazione:Per molti studiosi non esistono collegamenti operativi diretti fra

XXII Ottobre, i Gap e le Br. In realtà le tre strutture erano logicamentecementate [corsivo aggiunto] dai «grandi vecchi»: molti ex partigiani li-

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64 A. HÖBEL, Il Pci, il ’68 cecoslovacco e il rapporto col Pcus, «Studi storici», vol.42, n. 4 (2001), pp. 1145-1172; M. BRACKE,Which Socialism? Whose Detente? WestEuropean Communism and the Czechoslovak Crisis of 1968, Central EuropeanUniversity Press, Budapest 2007; A. HÖBEL, Il contrasto tra Pci e Pcus sull’interventosovietico in Cecoslovacchia. Nuove acquisizioni, «Studi storici», vol. 48, n. 2 (2007),pp. 523-550; e soprattutto V. ZASLAVSKY, La Primavera di Praga: resistenza e resa deicomunisti italiani, «Ventunesimo secolo», a. 7, n. 16 (giugno 2008), pp. 123-141.

65 V. RIVA, Oro da Mosca, cit., p. 385.66 Con questo non si vuole certo escludere che singole persone fossero ancora

animate da «sentimenti ortodossi». Ma era questione di singoli e non della struttu-ra, che era diretta dal Pci. Conversazione con Luciano Antonetti, 16 febbraio 2009.

67 R. BARTALI, L’ombra di Yalta, cit., p. 132.68 R. TURI, Gladio rossa, cit., p. 154.

guri, piemontesi, emiliani e lombardi più radicali, delusi e stanchi delnuovo Pci. Fra loro spiccavano i fuoriusciti ritornati a seguito della gra-zia presidenziale o dell’amnistia o dell’indulto ricevuto, che rimasero le-gati direttamente o indirettamente ai servizi segreti di Praga69.

Mario Moretti, addirittura, sarebbe stato «una pedina della politi-ca sovietica in Italia e sempre del tutto in mano alla ‘Direzione stra-tegica’ eterodiretta da Praga»70. La vicenda Moro avrebbe conosciutouna solida e precisa «regia cecoslovacco-sovietica»71.Un rapporto del Comitato esecutivo per i servizi di informazione e

sicurezza (Cesis), probabilmente redatto dopo il settembre 1979, af-ferma che «dai rilevamenti effettuati da varie fonti si calcola che al-meno 2000 cittadini italiani dal 1948 ad oggi abbiano frequentatocorsi riservati ad attivisti estremisti in Cecoslovacchia ed in altri Pae-si. Di questi sono noti al Sismi circa 600 nominativi». Riguardo allaCecoslovacchia, lo stesso documento precisa:

In particolare a Milano e a Roma risiedono elementi italiani del servi-zio segreto cecoslovacco di contatto con i vari gruppi terroristici. Essiprovvedono alla raccolta di un’accurata documentazione sui candida-ti (tutti volontari), che trasmettono all’ambasciata cecoslovacca, che lainoltra successivamente a Praga. A questo punto gli elementi ritenuti dimaggior spicco per fanatismo, aggressività e attitudine militare ven-gono avviati a veri e propri corsi paramilitari, in Cecoslovacchia o in al-tro Paese, muniti di passaporti falsificati nelle nazioni ospiti. Unavolta superato il ciclo addestrativo, i terroristi fanno ritorno in Italiacon un bagaglio notevole di nozioni teoriche e pratiche sulla guerrigliache possono, a loro volta, riversare sugli altri elementi delle organiz-zazioni di appartenenza72.

In relazione a questo rapporto del Cesis, è opportuno ricordare che ilsenatore Mario Valiante, presidente della Commissione Moro, attorno al

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A Praga, a Praga!

69 Ivi, p. 159.70 Ivi, p. 167.71 Ivi, p. 183.72 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Cesis, Studio del terrorismo in Italia,

in connessione con i punti di crisi e la situazione economica nella società nazio-nale, s.d., pp. 73-74, riprodotto in CpM, Allegato alla relazione. Documenti, Doc.XXIII, n. 5, vol. XXVIII (1988), pp. 663-664.

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febbraio 1982 chiese al Sismi se le affermazioni, «all’indicativo presen-te» di quel documento erano ancora valide. La risposta del Sismi è par-ticolarmente interessante, anche per la serietà metodologica che emerge.Dopo aver ricordato che «indizi formulati in modo identico», «prove-nienti da fonte estera», erano stati raccolti il 20 luglio 1977, prosegue:

– nel contesto delle pressanti esigenze conoscitive insorte al momentodella strage di via Fani e per quanto non si fosse riusciti – anche conl’aiuto di Servizi Collegati – a dar corpo ai citati indizi mediante il re-perimento di elementi probanti e non univoci, il 3 aprile 1978 l’esi-stenza degli stessi indizi (e con le opportune cautele in ordine allaloro affidabilità) fu partecipata informalmente sia al Ministro della Di-fesa e sia al Gabinetto della Presidenza del Consiglio, mediante la con-segna di semplici appunti;

– il 14 maggio 1979, in relazione al riaffacciarsi di notizie sul pre-sunto sostegno al terrorismo italiano da parte di paesi dell’Est ed inparticolare della Cecoslovacchia, il Cesis chiese ed ottenne dal Sismitutta la documentazione raccolta nel tempo sull’argomento (ivi com-presa copia dell’atto concernente gli indizi in argomento, nella loro ori-ginaria e mai provata formulazione). Nella circostanza, peraltro, venneribadito che, anche da ulteriori verifiche svolte sia direttamente e siacon la collaborazione dei Servizi Collegati, non erano emerse prove sul-la presenza di connazionali in campi di addestramento al terrorismo ealla guerriglia [...].

Alla luce di quanto sopra, si ritiene di poter conclusivamente af-fermare che dalla strage di via Fani ad oggi il Sismi non ha raccoltoelementi concordanti ed inconfutabili che possano confermare l’at-tuale validità delle notizie citate dall’On. Presidente73.

Che i cecoslovacchi avessero a che fare con le Br era convinzionecondivisa in molti ambienti governativi. Lo stesso Aldo Moro, pur nonavendone le prove, riteneva che il terrorismo italiano fosse sostenuto daalcuni stati del blocco sovietico, «con ogni probabilità attraverso la Ce-coslovacchia», come ebbe a dire all’ambasciatore statunitense Richard

73 Sisde a Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul se-questro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, 15 marzo 1982, all. 1,riprodotto in CpM, Allegato alla relazione. Documenti, Doc. XXIII, n. 5, vol. CVI(1995), pp. 114-115.

A Praga, a Praga!

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N. Gardner il 5 novembre 197774. Anche Enrico Berlinguer, a discapitodella sua nota riservatezza, parlando con Leonardo Sciascia e RenatoGuttuso il 6 maggio 1977, alla domanda del primo che gli chiedeva se ilpaese cui aveva fatto riferimento nella dichiarazione trasmessa dal te-legiornale la sera prima era la Cecoslovacchia, rispose affermativa-mente75. Sciascia ebbe poi a riferirne il 23 maggio 1980 in una riunionedella Commissione Moro, ottenendo smentite (la smentita di Guttuso,fatta per dovere di partito, portò anche alla rottura personale fra idue76). Berlinguer «temeva che quell’accenno, se confermato, avrebbeavuto conseguenze per il Pci in Italia e all’estero»77, e a dispetto del con-siglio opposto di Emanuele Macaluso querelò lo scrittore siciliano.

Recentemente Ferdinando Imposimato che, come giudice istrut-tore ha istruito alcuni tra i più importanti casi di terrorismo tra cui ilprocesso Moro e l’attentato al Papa, ha osservato a proposito della «pi-sta cecoslovacca»:

Nel corso del tempo queste notizie hanno trovato oggettivi elementi diriscontro nel ritrovamento sul territorio nazionale di tre pistole Skor-pion collaudate tra il 1970 e il 1979 al banco di prova di Praga; nonchédi altre cinque pistole Skorpion di fabbricazione cecoslovacca conmatricola abrasa. Tra queste c’era anche quella usata per l’assassinio diAldo Moro78.

Francamente, se la smoking gun è questa, è davvero pochino: sol-tanto alcune armi di fabbricazione cecoslovacca. Se per caso fosserostate delle Tokarev avrebbero forse confortato una «pista sovietica» odelle Browning una «pista americana»? Davvero poco se si pensa atutte le armi del terrorismo e degli infiniti modi con cui le organizza-zioni terroriste hanno cercato di costruire i loro arsenali.

74 R. N. GARDNER, Mission: Italy, Mondadori, Milano 2004, p. 169.75 Intervista di Leonardo Sciascia a «Il mattino», 28 maggio 1980, ripresa in

«Notizie radicali», 28 maggio 1980.76 B. CARUSO, Le giornate romane di Leonardo Sciascia, La Vita felice, Milano

1997; e V. VECELLIO, Saremo perduti senza la verità, La Vita felice, Milano 2003.77 E. MACALUSO, 50 anni nel PCI, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, p. 170.78 S. PROVVISIONATO e F. IMPOSIMATO, Doveva morire. Chi ha ucciso Aldo Moro. Il

giudice dell’inchiesta racconta, Chiarelettere, Milano 2008, p. 235.

È opportuno anche ricordare che la questione della provenienzadelle armi è stata ripetutamente sollevata e che già nella Relazione dimaggioranza della Commissione Moro, si osservava:

Si è tentato di trarre prove di eventuali collegamenti internazionali dal-l’esame delle armi rinvenute nei covi scoperti.Non è risultato possibile – come hanno riconosciuto i responsabili deinostri servizi di sicurezza – considerare significativa la provenienza diun’arma da uno Stato come indice della responsabilità di quello Statoo dei suoi servizi, giacché bisogna tener conto degli strani giri chequeste armi finiscono per fare79.

La questione, insomma, è quella dei rapporti fra il terrorismo ita-liano, le Br in particolare, e i paesi socialisti, la Cecoslovacchia nellospecifico.Renzo Rossellini, all’epoca direttore di una nota emittente roma-

na vicina all’estrema sinistra, Radio Città futura, rilasciò nell’ottobre1978 a un quotidiano francese una intervista che suscitò notevolescalpore. Rossellini infatti sostenne che un «partito sovietico» simuoveva per destabilizzare l’Italia e tenere il Pci «segregato all’op-posizione». Richiestogli quali fossero le prove dei legami fra Unionesovietica e Br, Rossellini fornì una risposta che non regge al riscontrostorico:

«Tutto è cominciato durante l’ultima guerra, quanto una frazione im-portante della Resistenza italiana passò sotto il controllo dell’ArmataRossa. Questa frazione dopo la guerra conservò le armi e divenne unabase logistica della strategia dei Servizi sovietici nel nostro paese. Il nu-cleo fu poi rivitalizzato alla fine degli anni Sessanta, quando in essoconfluirono tutti gli elementi pro-cubani legati alla Tricontinentale. Fucosì che questo fenomeno attraversò tutta la sinistra e l'estrema sini-stra: a partire dal Pci, in cui sussiste una forte minoranza pro-sovieti-ca, fino all'Autonomia, terreno di grande infiltrazione. È chiaro, io

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79 Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta strage di via Fani sul se-questro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, Doc. XXIII, n. 5, vol. I(1983), p. 139. Vedi ugualmente Sisde, Appunto, «Caso Moro»: i collegamenti in-ternazionali del terrorismo italiano, p. 12, riprodotto in CpM, Allegato alla rela-zione. Documenti, Doc. XXIII, n. 5, vol. XXVIII (1988), p. 26.

schematizzo, ma è questa in sintesi l’origine delle Br. Esse oggi hannoalle spalle l’apparato militare dei paesi dell’Est, di cui sono una delleemanazioni»80.

Rossellini ha peraltro smentito queste dichiarazioni81. Convocatodalla Commissione Moro disse che le sue dichiarazioni erano state av-ventate e che non possedeva prove o elementi di fatto e che quanto so-stenuto sull’Unione sovietica altro non era che la trasposizione inItalia di conoscenze maturate nel Terzo mondo82.Non era la prima volta che nel nostro paese si parlava di una «pista

sovietica» per il terrorismo italiano.Mario Sossi, il pubblico ministero nel processo alla XXII Ottobre,

sequestrato dalle Br a Genova il 18 aprile 1974, ha sostenuto: «È peròun fatto, in base ai dati in mio possesso, che le Br siano strettamentecollegate con i servizi dell’Est. Questa considerazione non è frutto didivagazioni più o meno dilettantesche di politica estera, ma si basa sudocumenti precisi, su fatti e circostanze sui quali mi è toccato di in-dagare per ragioni del mio ufficio». I fatti cui si riferisce Sossi sareb-bero: che Augusto Viel, della XXII Ottobre, subito dopo la rapina diGenova del 26 marzo 1971, alla quale aveva preso parte con MarioRossi e nel corso della quale venne assassinato Alessandro Floris,trovò rifugio a Milano dove poi venne catturato il 15 aprile 1972 as-sieme a Giuseppe Saba, uomo di fiducia di Giangiacomo Feltrinelli,dei Gruppi d’azione partigiana (Gap). Interrogato dal sostituto pro-curatore Guido Viola, Viel aveva dichiarato di essere stato mandato daFeltrinelli a Praga. Il secondo elemento addotto da Sossi viene dal fat-to che in quel periodo, a «Radio Praga» lavorava Fabrizio Pelli, ricer-cato in Italia per la sua partecipazione alle Br83.

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80 «Il y a en Italie un véritable parti soviétique’ nous déclare Renzo Rossellini»,«Le Matin», 4 ottobre 1978; l’intervista è stata subito tradotta in italiano come Èstato il partito sovietico in Italia a rapire Moro, «Lotta Continua», 5 ottobre 1978.

81 Sismi, Rapporto per l’inchiesta parlamentare sulla strage di via Fani sul se-questro e l’assassinio di Aldo Moro, s.d., pp. 74-75, riprodotto in CpM, Allegato al-la relazione. Documenti, Doc. XXIII, n. 5, vol. CVI (1995), pp. 78-79; e G. ZUPO e V.MARINI RECCHIA, Operazione Moro, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 56-64.

82 Audizione di Renzo Rossellini, 23 giugno 1981, in CpM, Allegato alla rela-zione. Documenti, Doc. XXIII, n. 5, vol. VIII (1985), p. 459.

83 M. SOSSI, Nella prigione delle Br, Editoriale Nuova, Milano, 1979, pp. 59-60.

Interrogato da Viola, Viel dichiarò:

Dopo la rapina a Genova mi nascosi in casa per quattro o cinque giorni.Quindi alcuni elementi di cui non conosco i nomi e che non conoscevoprima, dopo avermi fornito documenti falsi mi condussero in Cecoslo-vacchia, a Praga, in una strada che non conosco, in un villino, presso per-sone che non conosco. Ivi sono rimasto dall’aprile al dicembre 1971... Adicembre un signore [Feltrinelli] mi ha riportato in macchina in Italia.

Viel non aggiunge altro: «Non intendo dire nulla perché voglio es-sere leale verso i miei compagni»84.Ritroviamo l’episodio nella sentenza del processo «Gap-Feltrinelli-

Br»:La stessa scelta di Praga non appare in tal senso casuale, ma l’in-

serimento in un circuito ben determinato di preparazione ideologicae pratica per la rivoluzione. Si è pertanto discusso sul significato del-la permanenza di Viel proprio a Praga e non in Austria, in Francia, oin Belgio, o in Svizzera o in Germania, Paesi dove Feltrinelli aveva tut-te le possibilità per far rifugiare un latitante.

Si osserva, inoltre:

In tutte le discussioni e ipotesi fatte ci si è dimenticati di valutare una cir-costanza di fatto fondamentale. In tutti i Paesi europei come quelli cita-ti, alle diverse polizie i rifugiati possono anche sfuggire o, se identificati,venire sopportati. In un Paese come la Cecoslovacchia, invece, non esisteclandestinità, specialmente del cittadino straniero, la cui permanenzanon può sfuggire alla polizia. Se un Feltrinelli ve lo introduce e ve lo fapermanere per tempi non brevi, significa che Feltrinelli si è servito di ca-nali facenti capo alla stessa polizia, a cominciare da quella di frontiera eche qualcuno dell’apparato statale aveva dato il consenso85.

Se la memoria non trae in inganno chi scrive, l’unico riscontro al-la lunga permanenza di Viel a Praga (in una villetta con altre persone,straniere, ma che parlavano italiano) viene da una cartolina imbuca-

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84 G. BENSI, La pista sovietica, SugarCo, Milano 1983, pp. 37-38.85 ACS, Sentenza della Corte di assise di appello di Milano nel procedimento

penale «Gap-Feltrinelli-Br», 9 aprile 1981.

ta nella capitale cecoslovacca e indirizzata alla madre. Insomma, unespediente per rassicurare il genitore, oppure per depistare: potrebbeaverlo fatto chiunque, per primo lo stesso Feltrinelli, che a Praga sirecò varie volte. Nella biografia del padre scritta da Carlo Feltrinelli siavanza il dubbio86. E allora, proprio come ha fatto il figlio, ho parla-to con Augusto Viel. Questi mi ha detto che prima del suo arresto fulatitante, ma non a Praga né in Cecoslovacchia, bensì in Italia, e chequello della cartolina fu un escamotage per allentare le ricerche dellapolizia. Escamotage che peraltro si rivelò utilissimo anche dopo l’ar-resto, perché gli permise di evitare interrogatori sulla sua latitanza ita-liana87. Certo, si tratta di dichiarazioni dell’interessato, a loro voltaprive di riscontri. Ma una certa plausibilità l’hanno.Una plausibilità che trova conforto nelle carte che nell’aprile 2006,

assieme ad alcuni membri del Centro studi sulla storia dell’Europaorientale, potei compulsare in modo fiduciario a Praga. Fra queste c’e-ra anche il dossier intestato a Viel. Lo scarno fascicolo che lo riguar-da si apre con una richiesta di informazioni indirizzata alle autoritàceche dalla locale Ambasciata d’Italia, attivata dagli organi giudiziarie di polizia dopo il suo arresto. Gli italiani, trasmettono anche una suafotografia, assai utile nel caso fosse entrato nel paese sotto falso nome,perché all’epoca si dovevano compilare delle richieste di visto, su mo-duli a soffietto, su cui si doveva applicare anche la propria fotografia.Questi moduli venivano conservati dai servizi di sicurezza. Nel caso,poi, di una lunga permanenza, il visto andava regolarmente rinnova-to presso un apposito ufficio della milizia sito in un luogo disagevole,lontano dal centro della capitale. Ma ai cechi nulla risulta riguardouna sua permanenza a Praga. Le informazioni su Viel provengono dal-l’Ambasciata d’Italia o sono state successivamente raccolte in note cheriassumono articoli della stampa italiana.Anche le voci ripetutamente circolate su un impiego di Fabrizio Pel-

li a «Radio Praga» e addirittura al quotidiano del Cc del Ksc, il «Rudepravo», non hanno riscontri. A quanto pare, a certi informatori piaceattribuire questo genere di occupazione ai terroristi italiani. Un posto

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86 C. FELTRINELLI, Senior Service, Feltrinelli, Milano 1999, p. 403.87 Conversazione con Augusto Viel, 5 febbraio 2007. Viel mi informò dell’in-

tenzione di pubblicare un libro, una sorta di autobiografia, in cui avrebbe scrittoin dettaglio anche di questa vicenda. Ad oggi non mi risulta sia stato pubblicato.

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di lavoro, «nelle vesti di giornalista», a «Radio Praga» non sarebbe sta-to negato neppure a Mario Moretti. Da un appunto del Sisde infatti siapprende che i servizi italiani, «in un quadro di reciproca collabora-zione» avrebbero chiesto agli omologhi della Cecoslovacchia postco-munista il riscontro a questa informazione88.Tornando a Fabrizio Pelli, le prime informazioni sulla sua perma-

nenza in Cecoslovacchia le ritroviamo in appunti dell’Ufficio D del Sid,secondo cui Pelli, «durante la sua permanenza in territorio cecoslovac-co (dall’aprile 1973 al maggio 1974) avrebbe prestato la propria operanelle redazioni del giornale ‘Rude pravo’ e di ‘Radio Praga’»89. Un suc-cessivo rapporto del Centro Cs del Sid di Bologna del 30 settembre1974 riferisce dell’ospitalità offerta dalla Cecoslovacchia a membri del-le Br e riguardo a Pelli, annota: «quest’ultimo ancora a Praga»90. Nelgiro di poco tempo la notizia finisce sui giornali, che scriveranno del«latitante Fabrizio Pelli impiegato a ‘Radio Praga’»91.Per quanto riguarda Pelli, abbiamo una ulteriore testimonianza,

successiva, in apparenza più che autorevole: quella del generale JanŠejna, che defeziona all’inizio del 196892. Secondo quando dichiaraŠejna in una intervista del 1984, Pelli era stato istruito a Doupov,una base di addestramento dell’aviazione militare cecoslovacca, nel

88 Sisde a Sismi e Ministero dell’interno, Appunto, 31 maggio 1990, p. 1, cit.89 A. MANTICA e V. FRAGALÀ, La dimensione sovranazionale del fenomeno eversi-

vo in Italia, in CpS, Elaborati presentati dai commissari, Doc. XXIII, n. 64, vol. I,Tomo V, Parte seconda, Tipografia del Senato, Roma 2001, p. 38.

90 Appunto, 30 settembre 1974, riprodotto in R. BARTALI, L’ombra di Yalta,cit., p. 274.

91 «Il Tempo», 5 giugno 1975, cit. in Idem, p. 271.92 Per problemi di spazio, non ci si occupa qui del generale Jan Šejna (al quale, chi

scrive, ha intenzione di dedicare un articolo), della sua biografia, delle vicende che por-tarono alla sua defezione (ma forse sarebbe meglio dire «fuga-defezione», perché ri-parò in Occidente per evitare un arresto per crimini comuni), e della triste paraboladella sua vita quando, non più in grado di dare informazioni, per non perdere un ruo-lo da prima donna, iniziò ad inventarsele, da quelle sui prigionieri di guerra sottopo-sti a esperimenti medici, alla rivelazione del grande complotto moscovita perannichilire l’Occidente sommergendolo di stupefacenti raccontato in J. D. DOUGLASS,JR., Red Cocaine. The Drugging of America, Clarion House, Atlanta 1990 (Šejna lafonte principale). Anche le sue «rivelazioni» sull’addestramento di terroristi italiani inCecoslovacchia, appartengono a questo filone fantasioso. Invece di interrogarsi su per-

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biennio 1966-6793. La rivelazione di Šejna viene poi ripresa in un rap-porto del Sismi del marzo 198294.A questo punto ci troviamo dinanzi a un banale problema anagrafi-

co, che non sembra essere stato colto da chi si è occupato di queste vi-cende. Fabrizio Pelli è nato a Reggio Emilia l’11 luglio 1952. Nel 1966aveva 14 anni e 15 nel 1967. Dalle indagini degli organi di polizia, dalleinchieste delle magistratura e dalla pubblicistica disponibile conoscia-momolte cose della sua biografia. È forse il più giovane dei componentidel nucleo reggiano che poi darà vita alle Br. Precario, studente-lavora-tore (di sera nei ristoranti), proprio per la sua condizione personale fe-ce rapidamente la scelta della clandestinità95. Nel periodo in cui siasseriva la sua presenza a Praga è sempre stato in Italia, nelle grandicittà del nord, da Milano al Triveneto, in particolare a Marghera. Pe-raltro, non conosceva nessuna lingua straniera96. Presto latitante, il 17giugno del 1974 è tra i brigatisti che irrompono nella sede padovana delMsi di via Zabarella e uccidono i due attivisti presenti, Graziano Gira-lucci e Giuseppe Mazzola: sono i primi omicidi delle Br. Arrestato a Pa-via il 24 dicembre 1974, muore per leucemia l’8 agosto 1979.Per scrupolo, sulla eventuale presenza di Pelli o di altri brigatisti ho

interpellato varie persone che tra la fine degli anni Sessanta e i primi

ché i cecoslovacchi, ad esempio, avessero dovuto addestrare un quattordicenne (Fa-brizio Pelli), c’è chi ha collegato la mancata pubblicazione da parte dell’«Espresso» diuna intervista al generale che raccontava fesserie (in effetti, una questione di buon sen-so, anche per la congerie di persone messe assieme) a motivi assai meno nobili: «Lacosa non deve però sorprendere troppo, visto quanto riporta il Dossier Mitrokhin neireport n. 5 e n. 35: cospicui fondi al settimanale furono forniti, anche per la sua fon-dazione, proprio dall’Unione sovietica». R. BARTALI, L’ombra di Yalta, cit., n. 45, p. 289.

93 Intervista al generale Jan Šejna, ACS, fascicolo «Eversione di sinistra», 9/7;parzialmente ripubblicata in A. MANTICA e V. FRAGALÀ, La dimensione sovranazio-nale, cit., pp. 34-36.

94 Sismi, La Cecoslovacchia e il terrorismo internazionale, 30 marzo 1982; ri-pubblicato in A. MANTICA e V. FRAGALÀ, La dimensione sovranazionale, cit., pp. 36-38.

95 A partire dal maggio 1972, militanti delle Brigate rosse entrarono in clande-stinità per scelta dell’organizzazione e non per sfuggire a provvedimenti dell’autoritàgiudiziaria. A cura del Soccorso rosso Brigate rosse: che cosa hanno fatto, che cosahanno detto, che cosa se ne è detto, , Feltrinelli, Milano 1976, pp. 124-125.

96 Conversazione con Tonino Paroli, 18 febbraio 2009. Sul gruppo dei reggia-ni si veda soprattutto P. PERGOLIZZI, L’appartamento, Aliberti, Reggio Emilia 2006.

anni Settanta hanno lavorato a «Radio Praga» e al «Rude pravo».Tutti l’hanno categoricamente escluso, e fra questi Zdenek Horení, giàmembro della Segreteria del Kcš e direttore del quotidiano del Ccdel partito97.

Un falso e l’apprensione del Pci

Sulla «questione cecoslovacca» era indirizzata l’attenzione già attornoalla metà degli anni Settanta, dopo che nel settembre del 1974 il capi-tano dei carabinieri Gustavo Pignero del nucleo antiterrorismo delgenerale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che aveva appena arrestato a Pi-nerolo i brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini, «rivelava»nel corso di una conferenza stampa che «Franceschini era arrivatoqualche giorno prima da Praga». Non era vero, serviva a proteggerel’infiltrato Silvano Girotto (ovvero «Frate Mitra»). Non solo, «per ‘cop-rirlo’ viene inviato alla magistratura un falso rapporto con la ricostru-zione dei movimenti di Franceschini negli ultimi mesi», che «sisarebbe spostato con disinvoltura oltre che attraverso l’Italia, anche inun ‘paese europeo’», vale a dire la Cecoslovacchia98.La falsa indiscrezione messa in circolazione iniziò a vivere di vita

propria, trovando «riscontri» in confidenti di evidente dubbio valoree traducendosi in vari appunti del Sid, come quello già citato delCentro Cs di Bologna del 30 settembre 1974 o quello dell’Ufficio D delmarzo 1975, secondo cui Franceschini aveva soggiornato in Cecoslo-vacchia dal giugno 1973 al giugno 1974 lavorando nel campo di Lidi-ce99. Tutto questo non poteva non preoccupare la dirigenza del Pci,che aveva raccolto con attenzione e preoccupazione le voci iniziali.Anzi, fin da prima dell’arresto di Curcio e Franceschini a BottegheOscure erano state collazionate tutte le informazioni possibili. Già nelmaggio del 1973, nel corso di un battibecco al Senato fra Paolo Bufa-lini e l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti, quest’ultimoaveva fatto un cenno alla Cecoslovacchia100.

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97 Conversazione con Zdenek Horení, 6 maggio 1998.98 V. TESSANDORI, Br. Imputazione: banda armata, Garzanti, Milano 1977, p.

211.99 A. MANTICA e V. FRAGALÀ, La dimensione sovranazionale, cit., p. 38.100 Senato della Repubblica, VI legislatura. 156ª seduta pubblica. Resoconto

stenografico. Venerdì 15 maggio 1973, Tipografia del Senato, p. 7642.

Nel periodo successivo, quello che va dal 1973 al 1974, il Pci, per iltramite di Giancarlo Pajetta, si fa segretamente promotore di una ini-ziativa verso i brigatisti che provenivano dalle sue fila, promettendo«l’impunità, o almeno una forte indulgenza se si fossero costituiti al giu-dice ‘amico’ Ciro Di Vincenzo»101. Il Pci, peraltro non era affatto all’o-scuro di quanto era accaduto. Per chi doveva sapere, le Br non eranoaffatto «sedicenti». A Reggio Emilia il partito era bene informato, affer-ma Antonio Bernardi, ex parlamentare e segretario dal 1973 al 1978:«Certo che conoscevamo queste cose, altrimenti perché avremmo do-vuto cacciarli dal partito?»102. Conferma Peppino Catellani, uno dei dueresponsabili reggiani della Vigilanza del Pci: «Sì, eravamo a conoscenzadelle armi e delle rapine che facevano questi giovani»103.Le voci che iniziano a circolare sulla Cecoslovacchia generano una

certa apprensione. All’epoca le relazioni ufficiali fra Pci e Ksc eranopressoché congelate e i rapporti particolarmente difficili, segnati dapersistenti schermaglie104. Nel settembre 1971 «Giorni-Vie Nuove»pubblica una intervista a Josef Smrkovský105 alla quale replica il 25settembre «Rude pravo», accusandolo di «essere entrato al servizio diinteressi stranieri, al servizio dell’anticomunismo»106. Nel gennaio1972 viene arrestato Valerio Ochetto107; il mese successivo vede l’e-

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A Praga, a Praga!

101 G. FASANELLA e C. SESTIERI, con G. PELLEGRINO, Segreto di Stato, Einaudi, To-rino 2000, p. 129; P. PERGOLIZZI, L’appartamento, cit., pp. 100, 103 e 120; e l’audi-zione di Alberto Franceschini, CpS, stenografico 50ª seduta. Mercoledì 17 marzo1999,http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno50a.htm#50a. DiVincenzo nel 1975 fu denunciato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa conl’accusa di collusione con le Br, ma un anno dopo venne prosciolto.

102 Antonio Bernardi cit. in P. PERGOLIZZI, L’appartamento, cit., p. 59.103 Peppino Catellani, cit. in Idem, p. 83.104 Nel corso degli anni lo scontro pubblico fra Kcš e Pci viene seguito con at-

tenzione da una parte della dissidenza e dall’emigrazione ceca. Vedi, ad esempio,«Listy» Comments on Feud Between «L’Unità» and «Rude Pravo», in «Translationson Eastern Europe. Political, Sociological, and Military Affairs», n. 1344 (Jprs, 25gennaio 1977), pp. 32-35 (trad. da «Listy», n. 5, ottobre 1976, pp. 8-9).

105 Smrkovsky ci parla del socialismo in Cecoslovacchia e invita alla pacifica-zione, «Giorni-Vie Nuove», 22 settembre 1971. Vedi anche K. DEVLIN, Italian Com-munist’s Tribute to Smrkovsky, «Rfe Research», 16 gennaio 1974.

106 K. DEVLIN, The Czechoslovak Trials and CPCS Relations with Western Com-munist Parties, «Rfe Research», 14 settembre 1972, p. 15.

107 V. OCHETTO, No, signor referente, Sei, Torino 1972.

spulsione di Ferdinando Zidar, già corrispondente dell’”Unità» e se-gretario dell’Organizzazione internazionale dei giornalisti, accusato diavere avuto contatti con i sostenitori della Primavera di Praga108. I nu-merosi arresti (tra la fine del 1971 e l’inizio del 1972109) e i processi delluglio 1972 a trentadue esponenti del comunismo riformatore, accu-sati di «attività di sovversione della Repubblica» aggravano la tensio-ne fra i due partiti110, anche perché fra i condannati vi è Milan Hübl,che mantiene rapporti stretti con il Pci, inviando materiali alla sua di-rigenza (Zidar, emerge al processo, è uno dei corrieri)111. Nel dicem-bre 1973 viene respinto all’aeroporto di Praga un altro giornalistadell’«Unità», Silvano Goruppi, pur munito di regolare visto. Il 4 mag-gio 1974 «Práce» aveva attaccato personalmente Davide Lajolo, col-pevole di avere pubblicato su «Giorni-Vie Nuove», il settimanale chedirigeva, la lettera di Alexander Dubrek alla vedova di Josef Smrkov-ský (deceduto il 15 gennaio). In questo contesto, la direzione del Pcidecide di inviare a Praga una delegazione composta da EmanueleMacaluso, Gianni Cervetti e Salvatore Cacciapuoti112.Dal 1° al 5 luglio hanno luogo «numerosi e penosi» incontri113 con

Vasil Bilak e altri suoi colleghi, ma l’obiettivo della missione, quello di ot-tenere la riammissione nel Ksc dei comunisti epurati dopo la «norma-lizzazione» seguita all’invasione delle truppe del Patto di Varsavia eripristinare i rapporti fra i due partiti, non viene raggiunto114. A margi-

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108 Dello stesso periodo sono alcuni altri episodi che vedono coinvolti giornali-sti italiani. Demetrio Volcic, corrispondente da Praga della radiotelevisione italia-na, mentre si reca a Vienna con la moglie, viene a perquisito e subisce la confiscadi giornali, articoli e libri; mentre a tre dirigenti della Federazione nazionale dellastampa italiana, Luigi Barzini, Alessandro Curzi e Antonino Fava, viene rifiutato ilvisto di ingresso in Cecoslovacchia. «Corriere della Sera», 10 febbraio 1972.

109 F. S. LARRABEE, a cura di, Survey of East European Developments: April-Ju-ne 1972, «Rfe Research», 7 luglio 1972, p. 12.

110 K. DEVLIN, The Czechoslovak Trials and CPCS Relations, cit., pp. 6 e 8-9.111 R. W. Dean, Czechoslovak Trials: The Expanding Limits of Normalization,

«Rfe Research», 10 agosto 1972, pp. 6 e 11.112 K. DEVLIN, «Confrontation of Opinions» Between PCI Delegation and

Czechoslovak Leaders, «Rfe Research», 9 luglio 1974, p. 5.113 E. MACALUSO, 50 anni, cit., p. 169.114 G. CERVETTI, Il valore universale della democrazia e le relazioni internaziona-

li, 25 marzo 2004, http://www.dsonline.it/aree/form_politica/documenti/detta-glio.asp?id_doc=16983

ne di questi incontri ufficiali ve n’è anche uno informale e riservato diCacciapuoti (vicepresidente della Commissione centrale di controllodel Pci), che solleva con i cecoslovacchi la questione delle Br115.Subito dopo la conferenza stampa in cui i Carabinieri tirano in ballo

la Cecoslovacchia, Cacciapuoti viene nuovamente inviato in missionesegreta a Praga. Il 27 settembre 1974 ha un incontro con dirigenti del Ksc,nel corso del quale chiede che i cechi interrompano i rapporti con le Br.È una accusa che il Ksc trova inaccettabile. In una bozza di lettera da in-viare al Pci conservata negli archivi di Praga, Vasil Bilak, all’epoca se-gretario del Cc del Ksc per gli affari internazionali, ricorda che già nelsettembre è stato formalmente assicurato al rappresentante del Pci chemai gli organi della sicurezza di Stato della Cecoslovacchia, e quanto-meno il Ksc, hanno avuto contatti con le Br116.Un qualche esponente del governo o dei servizi di sicurezza italia-

ni, o forse degli Affari riservati117, o magari invece un collaboratore se-greto del Pci al Viminale, fornisce a Pecchioli informazioni su alcunidocumenti: forse riferisce proprio sulle informative del Sid cui si è fat-to cenno, forse vengono fatte vedere fotocopie di «parti di passaporti»,come ricorda Gianni Cervetti118.L’esistenza di questi documenti aumenta la preoccupazione al ver-

tice del Pci, e il timore di un coinvolgimento di Praga sarà persisten-te nel corso degli anni. Ad esempio, nella riunione della Direzione del22 dicembre 1976 Pecchioli afferma che «sono circolate notizie sullaCecoslovacchia per l’ospitalità data a brigatisti rossi: i fatti sono veri eil fatto è stato sollevato anche nella riunione tra i segretari dei partiticon Andreotti»119.

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A Praga, a Praga!

115 Conversazione con Gianni Cervetti, 3 febbraio 2007. Macaluso non ha me-moria di questo incontro di Cacciapuoti, «non posso confermare né smentire».Conversazione con Emanuele Macaluso, 15 febbraio 2007.

116 V. Bil ak, Návrh dopisu ústrednímu výboru Italské komunistické strany,s.d./ma subito dopo il 15 ottobre 1975, in all. 4 a Procura della Repubblica di Ro-ma a Commissione stragi, 6 aprile 1999, ACS, fascicolo «Eversione di sinistra», 9/3.

117 Emanuele Macaluso indica il Viminale quale fonte. E. MACALUSO, 50 anni,cit., p. 169.

118 T. MONTESANO, Gli 007 cecoslovacchi dietro le Br. E il Pci sapeva, «Libero»,26 ottobre 2004; e Conversazione con Gianni Cervetti, 3 febbraio 2007.

119 Riunione della Direzione del 22 dicembre 1976. Seduta antimeridiana,FiG, Apci, Direzione, Verbali, mf 0280, 300.

Dinanzi alle voci che si accumulano e soprattutto ai documenti con-segnati o forse solo fatti visionare a Pecchioli, la direzione del Pci deci-de di inviare nuovamente in missione segreta Cacciapuoti a Praga. Il 15ottobre 1975 si incontra con Antonín Vavruš, capo del Dipartimento in-ternazionale del Ksc. Dal verbale della riunione si comprende quantoduri siano stati i toni impiegati da entrambi. Cacciapuoti, sulla base del-le informazioni fornite a Pecchioli, parla di una base delle Br in Ceco-slovacchia e del fatto che hanno frequentato o vissuto nel paese RenatoCurcio, Alberto Franceschini, Fabrizio Pelli e tale Setti120, e che gli or-gani di Stato italiani possiedono delle «prove documentali» (doklady).Per il Pci si tratta di una «faccenda estremamente seria» (velmi važnouzáležitost), e per questo si chiede al Ksc di provvedere «affinché non siprosegua nella cooperazione con tali elementi, né si presti loro alcunaiuto» (aby nebylo pokracováno ve spolupráci s temito živly, ani jim po-skytována žádná podpora). Vavruš respinge seccamente gli addebiti e asua volta accusa gli italiani di «leggerezza», per il modo in cui hanno co-struito il loro ragionamento, non suffragato da alcun elemento di pro-va. Infatti, richiesto di consegnare della documentazione, l’inviato delPci ammette «di non averne». Nonostante ciò, Vavruš impegna gli or-gani della sicurezza di Stato ad effettuare le verifiche del caso121.Su questo incontro, Vasilij Mitrokhin ha raccolto delle informa-

zioni che poi sono state riversate in un report Impedian, cioè uno deifile basati sulle carte dell’ex archivista del Kgb che l’intelligence bri-tannica inviò agli omologhi italiani. Per un evidente errore122, l’in-

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120 Da informazioni ottenute, sembra trattarsi di Giuseppe Setti, rifugiato aOstrava (dove aveva assunto il nome di Marco Zotti) dal 1949 al 1955. Militante delPci, a Reggiolo, la città natale, è stato segretario della Camera del Lavoro, della se-zione del Pci «Dante Freddi» e ha anche ricoperto incarichi nella giunta comunale.Titolare di una ditta di import-export, in seguito si è sovente recato in Cecoslovac-chia per motivi di affari. Sembra essere stato in contatto con alcuni funzionari delPrimo direttorato del Ministero dell’Interno, fra cui gli illegali che hanno operatonell’ambasciata di Roma Josef cermák (ufficialmente Console) e Jaroslav Forst (uf-ficialmente funzionario dell’Ufficio visti). Conversazione con un funzionario delMinisterstvo vnitra, 20 aprile 2006; Conversazione con un funzionario dell’Údvzk, 21aprile 2006; e conversazione con Gianni Riccò, 19 febbraio 2009.

121 Záznam, 15 ottobre 1975, pp. 1-2, in all. 4 a Procura della Repubblica di Ro-ma a Commissione stragi, 6 aprile 1999, ACS, fascicolo «Eversione di sinistra», 9/3.

122 Conversazione con un dirigente dell’Údvzk, 21 aprile 2006.

contro Cacciapuoti-Vavruš viene datato 16 settembre 1975. Nel rap-porto 143 si legge che il ministro degli interni cecoslovacco JaromírObzina ha informato dell’incontro il rappresentante del Kgb a Praga,che pertanto trasmette un rapporto a Mosca. In ragione di ciò, nel di-cembre 1975 Jurij Andropov riferisce al Cc del Pcus che Cacciapuoti,su incarico della dirigenza del Pci, aveva informato i cechi che im-precisate agenzie italiane erano in possesso di alcuni documenti dacui si evinceva che in Cecoslovacchia era ubicata una delle basi delleBr e che le agenzie di sicurezza cecoslovacche fornivano loro coope-razione. Questo fatto avrebbe potuto essere utilizzato contro il Pci. Va-vruš aveva assicurato che il suo ministero non aveva contatti di nessungenere con i terroristi italiani. Nel corso di una successiva visita a Mo-sca, Obzina riferì che i cecoslovacchi avevano fornito una calma madecisa risposta al Pci123. Da questa documentazione si evince come icecoslovacchi prendano in seria considerazione quanto esposto dall’e-missario del Pci, pur non avendo fornito alcuna prova: fanno effet-tuare una seconda verifica dagli organi della sicurezza di Stato (dopoquella effettuata a seguito della prima visita di Cacciapuoti) e ricon-trollare i visti di ingresso rilasciati; istruiscono l’ambasciata di Romaaffinché segua con attenzione la questione124, e soprattutto informanoMosca al più alto livello, al capo del Kgb Andropov che a sua volta ri-ferisce al Politbyuro e al segretario generale Leonid Brezhnev. Va an-che ricordato che Vavruš si trova a Mosca alla fine di novembre 1975,quale membro di una delegazione ad altissimo livello del Ksc125.

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123 Impedian Report n. 143, 20 ottobre 1995: Italian ‘Red Brigade’ Contacts be-tween the Communist Parties of Czechoslovakia and Italy: 1975 and 1978. Vedi an-che C. ANDREW, V. MITROKHIN, The Sword and the Shield. The Mitrokhin Archive andthe Secret History of the Kgb, Basic Books, New York 1999, pp. 298-299.

124 Záznam, 15 ottobre 1975, cit., p. 2.125 Oltre a Vavruš, del gruppo facevano parte: segretario generale del Ksc e pre-

sidente della repubblica Gustáv Husák, il primoministro federale Lubomír Štrougal;il segretario del Cc per gli affari internazionali Vasil Bilák, il primo segretario delPartito comunista Slovacco Jozef Lenárt, il primo ministro ceco Josef Korcák, il vi-ce primo ministro federale e presidente della Commissione statale di pianificazioneVáclav Hula e il membro del Cc del Ksc e ambasciatore a Mosca Jan Havelka. VediHAJEK, NIZNANSKY, Top-Level Delegation in Moscow, «Rfe, Rad/Czechoslovak Unit»,1 dicembre 1975, F-78.

Ma a Botteghe Oscure la diffidenza verso i cechi non viene meno ele smentite dei dirigenti del Ksc non sono risolutive, non riescono aconvincere. Per questo Cacciapuoti viene inviato almeno un’altra vol-ta in missione riservata a Praga sulla questione delle Br, dove effettuaun altro incontro il 29 marzo 1976126. Le sdegnate smentite e le rassi-curazioni provenienti da Praga non sono sufficienti. Ancora due annidopo, il 4 maggio 1978 Giorgio Amendola, nel corso di una conversa-zione con l’ambasciatore di Praga in Italia Vladimír Koucký, invita icecoslovacchi ad essere prudenti riguardo alle Br. Un avvertimento si-mile era venuto anche da Arturo Colombi, presidente della Commis-sione di controllo del Pci, che aveva pure criticato la dirigenza del Kscper non aver dato risposta a specifiche domande in merito alle Br, in-soddisfatto del categorico rifiuto dell’esistenza di qualsivoglia contat-to127. Un atteggiamento non dissimile sembra averlo avuto anchel’ambasciatore sovietico a Roma Nikita Ryzhov128. Ugo Pecchioli ri-marrà convinto che a Praga qualcosa avessero combinato, visto cheFabrizio Pelli è «stato ospite in Cecoslovacchia»129.Questa vicenda forse ci dice di più a proposito di un tentativo di in-

tossicazione del Pci messo in atto da qualche funzionario o apparatodello Stato. Ma sarebbe un capitolo ancora da scrivere, e manca un ri-scontro documentario (le voci da sole non sono certamente sufficien-ti). E se non è stata una «polpetta avvelenata», allora probabilmente sitratta di un informatore del Pci, vuoi nei servizi, vuoi al Viminale, cheaveva accesso e aveva minuziosamente riferito delle informazioniraccolte e degli appunti fatti circolare dai servizi sulla presenza deibrigatisti in Cecoslovacchia. Resta infine una terza ipotesi: che la di-rigenza del Pci non fosse del tutto certa che i vecchi apparati militarifossero effettivamente stati smantellati del tutto e sostituiti dalla Vi-gilanza. Ma, per chi scrive, sembra la pista davvero più labile130.

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126 K. PACNER, Praha se nepodílela na vraždc Alda Mora, «Mf Dnes», 8 aprile2000 (questo articolo è stato ispirato da una agenzia della sicurezza di stato ceca);conversazione con un funzionario dell’Údvzk, 21 aprile 2006; e documentazionecui l’autore ha avuto accesso a Praga.

127 Impedian Report n. 143, cit.128 Ibidem.129 U. PECCHIOLI, Tra misteri e verità, Baldini & Castoldi, Milano 1995, p. 80.130 Per quanto riguarda lo scioglimento di particolari apparati di sicurezza del

Pci, debbo comunque ricordare che Renato Risaliti, per lunghi anni militante co-

Quel che è invece certo, è che la «pista cecoslovacca» nasce nel set-tembre 1974 per le false dichiarazioni alla stampa e il falso rapportoinviato all’autorità giudiziaria dal capitano dei carabinieri Gustavo Pi-gnero. Questa sorgente avvelenata è ben nota, sebbene pochi l’abbia-no presa nella dovuta considerazione. In qualche modo ha avvelenatogli stessi servizi di informazione: messa in circolazione la notizia dal-la stampa, è rientrata nelle «conferme» di alcuni «informatori». Ecosì ha iniziato a vivere di vita propria, in un meccanismo perverso diautoriproduzione. Per questo, ancora negli anni Ottanta i nostri ser-vizi di sicurezza continuano a puntare il dito verso la Cecoslovac-chia. L’attenzione verso la Cecoslovacchia era tale che nei giorni delrapimento di Aldo Moro si è giunti a valutare seriamente qualcosa chedovrebbe essere, tutto sommato, inconcepibile: l’allora commissarioAntonio Frattasio, audito dalla Commissione Stragi dichiarò che allaQuestura di Roma si era arrivati a pensare a un assalto militare del-l’ambasciata Cecoslovacca, e poco ci mancò che la sede diplomaticavenisse presa d’assalto131. Insomma, una dichiarazione di guerra a unpaese del Patto di Varsavia. In quei giorni convulsi, anche l’allora mi-nistro dell’interno Francesco Cossiga fu «sollecitato da ambienti vici-no alla famiglia Moro a mettere sotto controllo l’ambasciata dellaCecoslovacchia» («il che era una grande stupidaggine»)132.Le considerazioni fatte per le informative e gli appunti sulle perso-

ne valgono anche per le notizie raccolte sui campi di addestramento.Karlovy Vary, nei Sudeti, la Karsbad che conobbe grandi splen-

dori, diviene la località su cui si focalizza l’attenzione degli apparatidi intelligence. Una relazione dei servizi segreti italiani databile mar-zo-maggio del 1976 e che ha per oggetto le «attività eversive svilup-pate dalla sinistra extraparlamentare, unitamente alle connessioniche essa appare avere con il comunismo internazionale e con altri

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A Praga, a Praga!

munista, ha sostenuto che “la vera e completa liquidazione istituzionale dellaGladio rossa ci fu solo quando Enrico Berlinguer cominciò la politica della soli-darietà nazionale. Ossia negli anni compresi fra il 1972 e il 1975”. R. CANTORE, V.SCUTTI, L’armata nascosta, “L’Europeo”, 22 maggio 1991.

131 Audizione di Antonio Frattasio, CpS, 38ª seduta. Mercoledì 15 luglio 1998,http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno38b.htm#2; la notizia erastata anticipata da «Adn-Kronos», 17 giugno 1998.

132 Audizione di Francesco Cossiga, CpS, 27ª seduta. Giovedì 6 novembre1997, http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno27b.htm.

servizi informativi stranieri nell’area comunista» punta il dito verso«Karlos Vivary» [sic, Karlovy Vary], dove «si ritiene che le Br e pro-babilmente anche i Nap, abbiano la centrale operativa», una centra-le che «manovra non solo il terrorismo italiano, ma anche quelloche opera in altri paesi europei». Dalla Cecoslovacchia questi gruppiriceverebbero «istruzione, direttive e finanziamenti», ma non avreb-bero alcun contatto «con il personale dell’ambasciata ceca a Roma».Invece, «il coordinamento per il collegamento delle attività eversive inItalia, attuato dalle Br e dai Nap, verrebbe predisposto da Moscatramite l’ambasciata di Cuba a Roma, con il supporto delle altre rap-presentanze dei paesi oltre cortina in Italia, ivi compresa Cecoslo-vacchia. Le ambasciate, però, non mantengono nessun collegamentocon i citati movimenti estremisti». Infine, «tra le organizzazioni ter-roristiche italiane, militerebbero anche alcuni agenti russi»133. Kar-lovy Vary ritorna nel corso degli anni in diversi appunti einformativa. Ad esempio, in un appunto del Comando generale deiCarabinieri si legge che

A Karlovy Vary, nei pressi del fiume Ohre, esisterebbe un campo di ad-destramento di terroristi internazionali di «grosso calibro», mentrealtri campi militari, dove si addestrerebbero terroristi provenienti davari paesi, compresa l’Italia, sarebbero ubicati: nei pressi di Plzen, inuna gola tra i fiumi Urlava [sic, Úhlava] e Úslava; nei pressi della fron-tiera russa [sic, sovietica, oggi Ucraina], nella grande pianura di Mi-chalovce [oggi in Slovacchia] tra i fiumi Ondava e Loborec134.

Gli italiani cercarono, vanamente, riscontri. L’ammiraglio FulvioMartini, audito dalla Commissione stragi, ha infatti raccontato come,nella sua qualità di capo delle operazioni estere del Sid fece «un ten-tativo per accertare se nella zona di Karlovy Vary ci fossero campi diaddestramento delle Br, ma l’operazione fu un insuccesso»135.

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133 ACM, Relazione dei servizi segreti del maggio 1976, all. alla relazione pre-sentata da G. Donno a chiusura dei lavori della Commissione Mitrokhin, doc. 184.

134 Comando Generale dell’Arma dei carabinieri, II reparto – SM – UfficioOperazioni, 12 maggio 1981, ACM, cit. in R. BARTALI, L’ombra di Yalta, cit., p. 298.

135 CpS, 54º Resoconto stenografico della seduta di mercoledì 6 ottobre 1999,p. 342.

Anni prima il Sisde osservava: «Per quanto attiene alla ventilataesistenza di centri di addestramento per terristi a Karlovy Vary e aDoupov, non si hanno obiettivi elementi di riscontro»136.

La collaborazione dei nuovi servizi

Con la caduta dei regimi comunisti dell’Europa centro-orientale, la si-tuazione muta. Paesi e strutture statali che fino a quel momento cierano ostili cambiano radicalmente. Gli apparati della sicurezza diStato vengono epurati e ristrutturati e i nuovi governi fin da subito ini-ziano a manifestare la loro aspirazione ad accedere alle istituzioni co-munitarie e a quelle transatlantiche. Vogliono rientrare a far parte diquell’Europa da cui sono stati rapiti, sequestrati, per usare le parole diMilan Kundera, con la sovietizzazione del dopoguerra.È cambiato tutto e così mutano i rapporti fra gli apparati di sicu-

rezza. Laddove c’era ostilità ora si aprono nuovi canali di collabora-zione. Gli italiani si attivano e iniziano a chiedere informazioni sullospionaggio messo in atto nel passato e, nel caso della Cecoslovac-chia, anche sugli eventuali legami intrattenuti con organizzazioni ter-roristiche del nostro paese.Da un appunto del Sisde del 31 maggio 1990 si apprende che, «in

un quadro di reciproca collaborazione» i nostri servizi hanno chiestoagli omologhi della Cecoslovacchia postcomunista informazioni e ri-scontri137. Forse è proprio a questa iniziativa (e magari ad altre, ulte-riori richieste) che si riferisce l’ammiraglio Fulvio Martini, già direttoredel Sismi, nella già citata audizione alla Commissione stragi:

Quando divenni capo del servizio, alla caduta del muro, uno dei primirapporti che avemmo con i servizi minori di oltrecortina fu con il ser-vizio cecoslovacco da cui derivò poi il caso Orfei138. In quella occasione

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A Praga, a Praga!

136 Sisde, Appunto, «Caso Moro»: i collegamenti internazionali del terrorismoitaliano, p. 12, riprodotto in CpM, Allegato alla relazione. Documenti, Doc. XXIII,n. 5, vol. XXVIII (1988), p. 26.

137 Sisde a Sismi e Ministero dell’interno, Appunto, 31 maggio 1990, p. 1, cit.138 Accusato di essere stato reclutato dal servizio segreto cecoslovacco, il poli-

tologo Ruggero Orfei, consigliere diplomatico di Ciriaco De Mita negli anni Ot-tanta quando era presidente del consiglio, nel novembre 1991 venne scagionato dalpubblico ministero Michele Coiro.

sparsi la voce a Praga che ero disposto a pagare eventuali documentiche portassero all’individuazione dei veri rapporti tra il servizio ceco-slovacco e le Br, ma la risposta fu di non sapere niente delle Br, ma diquello che faceva la stazione cecoslovacca a Roma e da lì nacque il ca-so Orfei139.

Il Sismi ha certamente in più di una occasione cercato di avere dainuovi servizi dell’Europa centro-orientale informazioni e documen-tazione riguardanti i collegamenti fra gli apparati della sicurezza diStato dei precedenti regimi comunisti e le organizzazioni del terrori-smo italiano, in particolare le Br.Il paese a cui si è a lungo riferito per i presunti rapporti con le Br,

ovvero la Cecoslovacchia, rispose prontamente. Infatti, l’Úrad prozahranirní styky a informace (Úzsi), il servizio civile di intelligence perl’estero, manifestando totale collaborazione, inviò ai colleghi italianirelazioni e vasta documentazione140. Materiale il cui contenuto è ri-masto pressoché segreto nel nostro paese, al punto che quasi nessunone è a conoscenza, mentre prosegue la circolazione, sulla stampa e neilibri, di notizie che non trovano alcun conforto.Questa situazione ha infastidito non poco i praghesi, che dopo la

consegna della documentazione si aspettavano un qualche riscontropubblico nel nostro paese141. Così, diversi mesi dopo la trasmissionedelle carte, in qualche modo indispettiti, si attivarono affinché uno deiquotidiani più diffusi pubblicasse un lungo articolo, lanciato sullaprima pagina e che proseguiva per una intera pagina all’interno, che

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139 CpS, 54º Resoconto stenografico della seduta di mercoledì 6 ottobre 1999,p. 342. È opportuno ricordare che, audito in CommissioneMoro, il generale Carlo Al-berto Dalla Chiesa dichiarò: «Collegamenti internazionali. Sono portato ancora oggia pensare che se possono sussistere ipotesi destabilizzanti nei confronti del nostro Pae-se, non sono suffragate da elementi di fatto, non esistono dati di fatto». Audizione delgenerale Carlo Alberto Dalla Chiesa, 8 luglio 1980, in CpM, Allegato alla relazione. Do-cumenti, Doc. XXIII, n. 5, vol. IV (1984), p. 299. Allo stessomodo, la Relazione di mag-gioranza della Commissione Moro concludeva: «Poiché invece nessun rapporto èemerso per quanto riguarda le Br e Prima Linea, non trova riscontro l'ipotesi secon-do la quale la Cecoslovacchia abbia mantenuto […] rapporti con elementi del terro-rismo italiano».Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta strage di via Fanisul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, cit., p. 140.

140 Conversazione con un funzionario governativo ceco, 20 aprile 2006.141 Conversazione con un funzionario dell’Údvzk, 21 aprile 2006.

grosso modo riassumeva pubblicamente la parte principale delle no-tizie fatte arrivare a Roma142.Queste carte sono state successivamente inviate alla Commissione

Mitrokhin ma attualmente non sono aperte alla consultazione pub-blica. In passato sono state nella disponibilità dei commissari e deiconsulenti della stessa commissione. L’autore di questo articolo ha va-namente cercato di ottenerne copia, e allo stesso modo non è statopossibile visionare una, a quanto pare assai interessante e corposa, re-lazione del Reparto operativo speciale (Ros) dei Carabinieri, inviata al-la Procura della Repubblica di Roma il 15 luglio 2000.Non sono pertanto in grado di confrontare i materiali cui ho avuto

l’accesso con la documentazione trasmessa al Sismi e con il rapportodel Ros, e me ne rammarico. Poiché mi venne riferito a Praga da unfunzionario dell’Údvzk che si trattava degli stessi documenti, cercheròdi riferire sulle cose maggiormente rilevanti che ebbi l’occasione di ve-dere.Si tratta di documentazione proveniente dal Primo direttorato del

Ministero dell’interno143. La prima osservazione riguarda il fatto cheil materiale è raccolto a partire da certa data, ovvero che prima dellametà degli anni Settanta, grosso modo la fine del 1974, non era statoaperto alcun file. E i primi dossier raccolgono richieste provenientidall’Ambasciata d’Italia, che reagiva a indicazioni dell’autorità giudi-ziaria via Ministero di grazia e giustizia, ad esempio riguardo AugustoViel (di cui veniva fornita anche la fotografia, per meglio identificar-lo). Altri collazionano informazioni generaliste, provenienti da fontiaperte e da strutture dei servizi cechi, compresi gli agenti a Roma. Ilmateriale e la sua datazione collimano con quanto si legge nel verba-le del già citato incontro del 15 ottobre 1975 fra Salvatore Cacciapuoti

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A Praga, a Praga!

142 K. PACNER, Praha se nepodílela na vražde Alda Mora, «MF Dnes», 8 aprile 2000.143 Un diagramma della complicata struttura organizzativa del Ministero degli

interni in F. KOUDELKA e J. SUK, a cura di,Ministerstvo vnitra a bezpecnostní aparátv období Pražkého jara (leden-srpen 1968), Prameny k dejinám ceskoslovenské krize1967-1970, vol. 7/1, Úsd-Doplnek, Praha-Brno 1996, p. 321. Per una introduzioneagli apparati della sicurezza di stato della Cecoslovacchia, si veda M. CHURÁN& KO-LEKTIV, Encyclopedie špionáže. Ze zákulisí tajných služeb, zejména Státní bezpecnosti,Libri, Praha 2000; e P. BLAŽEK e P. ŽÁCEK, Czechoslovakia, in K. PERSAK e Ł. KA-MINSKI, a cura di, A Handbook of the Communist Security Apparatus in East CentralEurope, 1944-1989, Institute of National Remembrance, Warsaw 2005, pp. 87-161.

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e Antonín Vavruš144 e nella bozza di lettera da inviare al Pci a firma diVasil Bilák145.Infatti, i cechi a seguito delle sollecitazioni provenienti dal Pci ef-

fettuano un controllo su tutti i visti di ingresso rilasciati agli stranie-ri ed effettivamente trovano riscontro per alcuni dei nomi indicati daCacciapuoti, e quindi aprono dei fascicoli su di loro. Contempora-neamente segnalano che i loro apparati della sicurezza non hanno al-cun rapporto con Curcio, Franceschini e Pelli, ed è proprio questo cheVavruš ribadisce a Cacciapuoti. Nella dirigenza del Ksc la questioneviene affrontata con la massima serietà e ciò è anche testimoniato dal-la comunicazione rapidamente inoltrata a Mosca al capo del Kgb An-dropov, e di cui troviamo traccia nel report Impedian n. 143.A Praga ho potuto visionare il fascicolo intestato a Renato Curcio,

aperto sulla base di un visto di transito in Cecoslovacchia. Ma l’omoni-mo Renato Curcio era un avvocato calabrese, nato un decennio prima,nel 1931. Vengono registrati anche i visti di ingresso di un commercian-te toscano, tale Sergio (e non Alberto) Franceschini che a partire dallafine degli anni Sessanta si recò più volte in Cecoslovacchia, soggior-nando nella località di Karlovy Vary (la stessa nota località termaledei ripetutamente segnalati campi di addestramento)146.Nel corso degli anni ritornano alcune relazioni interne, in cui si pre-

cisa che non esiste alcun rapporto con le Br, né con gli agenti a Romané con il Primo direttorato (e in particolare la 42ª sezione, «Europa Na-to»). Altra documentazione riguarda le campagne anti-cecoslovacchemesse in atto dalla stampa italiana. Si tratta di fascicoli aperti nella se-conda metà degli anni Settanta a partire dalla pubblicazione di articoli,ad esempio del «Settimanale», di cui si fornisce la traduzione, cui se-guono commenti degli agenti a Roma e informative che giungerannofino alla dirigenza del Ksc.

144 Záznam, 15 ottobre 1975, cit., pp. 1-2.145 V. Bil’ak, Návrh dopisu ústrednímu výboru Italské komunistické strany, cit.,

pp. 1-2.146 Vedi anche P. DI NICOLA, BR addestrati in Cecoslovacchia? Erano solo omo-

nimi, «L’espresso», 27 maggio 2005. L’articolo si basa sulla relazione di NicolaBiondo per la Commissione Mitrokhin, che purtroppo non ho avuto modo diconsultare. La relazione di Biondo è comunque ampiamente citata in R. BARTALI,L’ombra di Yalta, cit.

A Praga, a Praga!

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Per completezza, debbo infine riferire l’informazione sulla distru-zione negli anni Ottanta di alcuni fascicoli riguardanti le Br e il ter-rorismo. Sembra, mi è stato parimenti detto, che non si trattasse dimateriale operativo, bensì di documentazione di natura informativa eanalitica e che la loro distruzione sia avvenuta nel quadro dell’ordi-naria eliminazione di dossier privi di alcun valore.La documentazione presente negli archivi cechi, le risultanze degli

accertamenti degli organi di sicurezza del nostro paese, le acquisizio-ni dell’autorità giudiziaria, nonché le stesse testimonianze degli inte-ressati147 e più in generale dei militanti delle Br interrogati dopo il loroarresto, univoche a prescindere dalle posizioni processualmente as-sunte (collaboratore di giustizia, dissociato o irriducibile), concordanonell’escludere che la Cecoslovacchia abbia fornito ospitalità e addestra-mento alle Br. Per questo il Ksc non poteva che rispondere sdegnato al-le accuse mosse dal Pci.Le autorità della Repubblica ceca hanno collaborato pienamente

con quelle italiane, fornendo documentazione che dovrebbe avereaiutato a chiarire la questione dell’eventuale aiuto della Cecoslovac-chia al terrorismo del nostro paese. Oggi sappiamo che l’accusa si ba-sava su notizie false e mai sottoposte a verifica. Come una fenice,continua invece a risorgere la «pista cecoslovacca». Nel nostro paese,forse, quando non si trova conforto alla propria interpretazione, o cisi lascia andare al sensazionalismo oppure ci si aggrappa all’inquie-tante teorema per cui se non si è trovato nulla, allora il mistero (o chealtro) è davvero grande. Ma un atteggiamento del genere non fa ono-re allo storico.

147 Alberto Franceschini, ad esempio ha ripetutamente smentito. Audizione diAlberto Franceschini, cit.