Uda Leggi Mendel

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2 Sommario Introduzione ......................................................................................................................................... 3 Unità di apprendimento ....................................................................................................................... 6 Fase 1 .............................................................................................................................................. 11 Fase 2 .............................................................................................................................................. 14 Fase 3 .............................................................................................................................................. 15 Fase 4 .............................................................................................................................................. 16 Fase 5 .............................................................................................................................................. 20 Fase 6 .............................................................................................................................................. 23 Fase 7 .............................................................................................................................................. 28 Verifica sommativa ..................................................................................................................... 28 Conclusioni.......................................................................................................................................... 28 Bibliografia .......................................................................................................................................... 29 Sitografia ............................................................................................................................................. 29 Allegato n.1 ......................................................................................................................................... 30

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Unità di apprendimento: le leggi di Mendel, Scuola Secondaria di Primo Grado

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Sommario Introduzione ......................................................................................................................................... 3

Unità di apprendimento ....................................................................................................................... 6

Fase 1 .............................................................................................................................................. 11

Fase 2 .............................................................................................................................................. 14

Fase 3 .............................................................................................................................................. 15

Fase 4 .............................................................................................................................................. 16

Fase 5 .............................................................................................................................................. 20

Fase 6 .............................................................................................................................................. 23

Fase 7 .............................................................................................................................................. 28

Verifica sommativa ..................................................................................................................... 28

Conclusioni .......................................................................................................................................... 28

Bibliografia .......................................................................................................................................... 29

Sitografia ............................................................................................................................................. 29

Allegato n.1 ......................................................................................................................................... 30

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Introduzione

In questa unità di apprendimento affronterò il tema delle leggi di Mendel cercando di operare una

storicizzazione che tenga conto di almeno due elementi:

· Il legame delle ricerche di Mendel con la domanda di innovazione proveniente dal mondo

economico della Moravia del tempo: all’inizio del 1800, Brno, era il centro dell’industria

tessile dell’impero austriaco. Un problema particolarmente vivo era quello di poter disporre

di varietà di pecore in grado di produrre lana di qualità e in grande quantità. Gli allevatori

erano quindi interessati a migliorare la qualità della lana prodotta attraverso l’ibridazione di

varietà diverse.

· La continuità degli studi di Mendel con le investigazioni sull’ereditarietà che erano già state

condotte dagli agronomi e dai botanici da una parte, e dagli studiosi della fisiologia della

fecondazione nonché dagli embriologi dall’altra.

Nella mia esperienza di tirocinio, durante la fase di osservazione, ho assistito alla trattazione delle

Leggi di Mendel in una classe terza di una scuola secondaria di primo grado: il tema ha costituito la

piattaforma ideale per introdurre alcuni argomenti di probabilità.

Mi ha molto colpito l’atteggiamento degli studenti che mostravano una certa sorpresa dinnanzi

all’irruzione della matematica e dei suoi schemi cognitivi all’interno del corpus di contenuti propri

della biologia.

Ho ritenuto che questa reazione fosse assolutamente legittima ed, in una qualche misura, naturale:

nel loro percorso di studi, per la prima volta, la dimensione quantitativa (misura, conteggio,

operazioni algebriche, elaborazione di statistiche) propria delle scienze dure faceva capolino tra le

pieghe del discorso della scienza della vita.

In effetti, l’indifferenza che accompagnò la pubblicazione del lavoro di Mendel potrebbe aver preso

le mosse anche dalla singolarità del metodo utilizzato.

L’impressione che ho tratto durante i vari momenti dell’osservazione è che si potesse sfruttare la

cornice di senso offerta dal modello mendeliano per introdurre e approfondire alcuni temi di

probabilità e di calcolo combinatorio.

Faccio riferimento sia a questioni di natura tecnica (ad esempio il calcolo della probabilità di eventi

indipendenti) sia a questioni più teoriche (differenze tra il metodo di indagine probabilista e quello

determinista).

Tutto ciò, tenendo conto naturalmente del livello scolastico dei discenti.

Ho provato, dunque, ad immaginare un percorso in cui fosse valorizzata maggiormente la natura

matematica di questa teoria.

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Troppo spesso, infatti, nella prassi didattica, alla probabilità si riserva uno spazio molto angusto

della programmazione; dedicando ad essa solamente i ritagli di tempo.

Ritengo, invece, che il valore formativo di questa branca della matematica sia rilevantissimo, basti

pensare all’inganno del gioco d’azzardo che viene messo a nudo dalla conoscenza dei principi di

base di probabilità.

Nella progettazione di questa unità di apprendimento ho focalizzato la mia attenzione su alcuni

aspetti che, a mio avviso, sono prioritari e costituiscono, anzi, la premessa necessaria perché si

possa sperare di conseguire un successo nell’insegnamento/apprendimento delle scienze, in

particolare in riferimento ad argomenti così complessi. Di seguito provo ad elencarne alcuni:

· creare curiosità

· far emergere interessi

· far scaturire autonomamente domande

Mi sono chiesto a lungo come fare emergere questi elementi nel percorso. Gli esiti di questa

riflessione sono rintracciabili nell’articolazione delle prime quattro fasi dell’unità dove ho puntato

molto su alcune strategie didattiche: domande stimolo poste dell’insegnante, discussione collettiva,

ricorso alla storia delle idee scientifiche, lettura di libri (1), problemi da risolvere.

L’ambizione è stata anche quella di fare affiorare progressivamente, nell’ambito dei temi trattati, gli

elementi affettivi, le esperienze personali e collettive e i concetti già posseduti.

Mi è sembrato che un approccio puramente costruttivista potesse costituire un ostacolo alla

comprensione per due motivi:

· disponibilità ridotta di tempo

· lo schema proposto da Mendel per spiegare il funzionamento dei meccanismi dell’eredità è

contro intuitivo: è più naturale, infatti, sposare il punto di vista del mescolamento delle

caratteristiche, che porta a ipotizzare che da i genitori di due colori (rosso e blu), si generi un

individuo di un altro colore (viola), così come (si pensi al caso della Mirabilis jalapa) da un

incrocio tra una pianta dal fiore rosso con un’altra dal fiore bianco, si ottenga una generazione

di figli dal fiore rosa.

Nei libri di testo che ho consultato, le leggi di Mendel sono inserite nel medesimo capitolo in cui si

affronta lo studio dei cromosomi, dei geni e della struttura del DNA.

Mi sembra una scelta abbastanza naturale che scaturisce dall’esigenza didattica di nominare e di

localizzare le entità discrete e materiali cui faceva riferimento Mendel nell’articolazione del suo

modello interpretativo.

Nel mio elaborato ho scelto di non includere la parte summenzionata

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Naturalmente , ad un certo punto della trattazione, tali fattori saranno nominati con il loro nome

attuale (geni) e saranno localizzati nei cromosomi (vedi fase 4); non entrerò, tuttavia, nel dettaglio

di descrizioni analitiche per evitare di appesantire un discorso che è già estremamente complesso.

La struttura del DNA e tutte le questioni relative al codice genetico, alla funzioni dei geni di

codifica per le proteine, a parer mio, devono essere affrontate in una fase successiva.

Nel proprio modello, Mendel non solo non parla di geni (termine coniato soltanto nel 1909 da

Johansen ) ma limita al massimo le sue ipotesi sul «supporto materiale» dell’eredità, tanto è vero

che rappresenta i caratteri con simboli senza preoccuparsi di precisare che cosa siano esattamente.

Mendel parla di tratti o caratteri, quando si riferisce alle espressioni visibili (oggi diremmo al

fenotipo), e di elementi o fattori, quando si riferisce agli enti fisici responsabili dei meccanismi

ereditari (ciò che oggi chiamiamo genotipo) , senza legarli esplicitamente ad alcuna struttura

biologica. Egli non si cura della «natura» degli elementi che determinano i caratteri.

Nella sezione seguente è esposta, nelle varie articolazioni, la mia proposta didattica (obiettivi,

tempi, strumenti, ecc.) e sono esplicitate le scelte metodologiche effettuate.

Nel paragrafo finale sono presentate le Conclusioni.

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Unità di apprendimento

L’unità di apprendimento è strutturata per una classe terza di una scuola secondaria di primo grado. Essa è stata pensata in un’ottica di

didattica inclusiva; laddove questo è possibile l’alunno deve quindi mobilitarsi per rendersi protagonista del processo di costruzione del proprio

sapere. L’ambito in cui si inserisce la proposta didattica è quello delle scienze biologiche con un coinvolgimento dell’area matematica (probabilità e

statistica) .

Prerequisiti Competenze di

cittadinanza Competenze disciplinari Obiettivi formativi Nucleo fondante Contenuti

Conoscenze Abilità · Acquisire Traguardi Indicatori Conoscenze Abilità Flussi di informazione Le leggi di

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· Riferisce la

differenza tra

riproduzione

sessuata e

asessuata

· Riferisce come

avvengono

mitosi e meiosi

· Conosce in

modo sommario

la dotazione

cromosomica

umana e le

differenze al

riguardo tra

maschio e

femmina

· Conosce il

concetto di

specie e di

varietà di una

specie

· Conosce il

concetto di

rapporto tra due

numeri

· Spiega la differenza

tra mitosi e meiosi

· Motiva l’importanza di

un corredo aploide per i

gameti

· Ricava informazioni

dall’osservazione di

un’immagine e/o di uno

schema

· E’ in grado di reperire,

se opportunamente

guidato, informazioni sul

web

· E’ in grado di passare

dal registro delle frazioni

numeriche a quello delle

percentuali

competenze

linguistiche

· Imparare a

interagire in

gruppo

· affrontare

situazioni

problematiche

individuando le

fonti e le

risorse

adeguate

· rappresentare

fenomeni e

concetti usando

diversi registri

mediante

supporti diversi

· sviluppa

atteggiamenti di

curiosità e modi

di guardare il

mondo che lo

stimolano a

cercare

spiegazioni di

quello che vede

succedere.

· Costruisce concetti

e li formula in modo

adeguato

· Scompone la

complessità del

sistema in elementi

e relazioni.

· Sviluppa semplici

schematizzazioni e

modellizzazioni di

fatti e fenomeni

ricorrendo, quando

è il

caso, a misure

appropriate e a

semplici

formalizzazioni (vedi Indicazioni nazionali (2))

· ricerca soluzioni ai

problemi, utilizzando

le conoscenze

acquisite (vedi Indicazioni nazionali (2))

· Comprende

la relazione tra

fenotipo e

genotipo di un

individuo.

· Coglie

l’analogia delle

leggi di Mendel

con la genetica,

applicando le

leggi generali

dell’ereditarietà

alla genetica

umana nei casi

più semplici

· Comprende

in che modo il

codice genetico

determina il

fenotipo di un

individuo.

· Riferisce le

principali tappe

degli studi di

Mendel e

l’enunciato delle

sue leggi

· Riporta esempi

di caratteri che si

trasmettono in

modo diverso da

quanto previsto

da Mendel

· Conosce le basi

biologiche della

trasmissione dei

caratteri ereditari

acquisendo le

prime

elementari

nozioni di

genetica.(vedi Indicazioni nazionali (2))

· Collega quanto

studiato a

esperienze

pratiche e/o

personali

· Utilizza schemi

per rappresentare

incroci e

commentarne i

risultati

· Interpreta le

leggi mendeliane

utilizzando il

linguaggio della

genetica

molecolare

Varietà/diversità Mendel e

la nascita

della

genetica

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TEMPI E MODALITÀ Tempo complessivo: 11 h

Fase 1 (lezione dialogata, lavoro a piccoli gruppi; durata: 1 h): Si da inizio al percorso, sottoponendo

all’attenzione degli alunni alcuni quesiti e/o problemi su cui riflettere per formulare delle ipotesi. Si faranno

osservare immagini riferite a ragazzi e ragazze provenienti da varie parti del mondo per far rilevare una serie

di caratteristiche fisiche differenti. L’intento è anche quello di stimolare la curiosità e l’interesse degli

studenti, nonché quello di rilevare le loro conoscenze pregresse. Le domande sono somministrate mediante

schede individuali da compilare lavorando per piccoli gruppi. Prima del termine della lezione il docente

assegna ad ogni gruppo il compito di intervistare i compagni di scuola utilizzando come supporto una tabella

opportunamente predisposta. Ogni gruppo avrà il compito di intervistare gli studenti appartenenti ad una

classe diversa. Si vogliono rilevare alcune caratteristiche fisiche (colore dei capelli, colore degli occhi) dei

ragazzi unitamente a quelle di genitori e nonni e costituire un piccolo archivio. Quest’ultima attività potrebbe

generare delle situazioni problematiche da gestire, basti pensare ai figli adottivi o, più in generale, agli

studenti con situazioni familiari complesse. Sarà il docente a valutare se proporre un’attività alternativa

(un’opzione potrebbe essere quella di dare agli studenti una tabella già compilata) che persegua le medesime

finalità.

Fase 2 (lezione dialogata, lavoro a piccoli gruppi; durata: 1 h): All’inizio della lezione si avvia il confronto

intorno alle domande sottoposte ai ragazzi. Il docente registra le indicazioni che arrivano dai ragazzi

VERIFICA E VALUTAZIONE 1. Verifica sommativa: risoluzione di problemi dove si rende necessaria la formulazione di ipotesi e

l’argomentazione delle scelte effettuate. E’ richiesta una rielaborazione personale dei contenuti ed

una capacità di integrarli in modo organico. In fondo al documento è presentata una proposta di

prova con la relativa griglia di valutazione (vedi Allegato n.1) .

METODOLOGIE DIDATTICHE

· Lezione dialogata

· Lezione frontale

· Lavoro a piccoli gruppi

MATERIALE E STRUMENTI · Libri di testo

· Postazione pc con accesso ad internet

· Lavagna multimediale per proiettare immagini e libri elettronici

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orientando la discussione. L’obiettivo in questa fase è, infatti, quello di tenere alto il livello della

motivazione e dell’interesse per la tematica affrontata. Si analizzano i risultati della raccolta dati e si riflette

su di essi.

Fase 3 (lezione frontale, lezione dialogata; durata: 1 h): Il docente offre, utilizzando anche il libro di

Novelli (1), una panoramica storica dell’epoca in cui visse Mendel e delle teorie sull’ereditarietà

allora prevalenti.

Fase 4 (lezione frontale, lavoro a piccoli gruppi, lezione dialogata; durata: 2 h): Dopo una

presentazione delle caratteristiche generali delle piante su cui Mendel condusse i suoi esperimenti e

dopo aver analizzato le ragioni che lo spinsero ad adoperare proprio Pisum sativum, gli studenti per

piccoli gruppi lavorano su un documento predisposto dall’insegnante (scheda n. 2). La scheda

contiene i dati e le riflessioni elaborate da Mendel durante le sue sperimentazioni. Gli alunni sono

invitati a ragionare intorno ad esse mobilitando tutte le proprie risorse cognitive, acquisiscono il

linguaggio specifico. Al termine della lezione sono istituzionalizzate le prime due leggi di Mendel.

Fase 5 (lavoro a piccoli gruppi, lezione dialogata; durata:2 h): Viene discussa la terza legge di

Mendel. A partire dalla domanda n.3 della scheda n. 2 (vedi fase 4) si introducono le definizioni di

probabilità classica e frequentista e si avvia una riflessione sulle differenze concettuali esistenti tra il

campo probabilistico e quello deterministico.

Fase 6 (lezione frontale, lezione dialogata, lavoro a piccoli gruppi; durata:3 h): La classe ripartita in

piccoli gruppi affronta una serie di problemi dove sono coinvolti, oltre a contenuti di biologia,

aspetti di probabilità e calcolo combinatorio. Attraverso la loro risoluzione si riflette ulteriormente

sul concetto di probabilità, si acquisiscono alcune tecniche di conteggio degli elementi di insiemi

finiti e si fa cenno ai fenomeni della codominanza e della poliallelia ( problema della

determinazione del gruppo sanguigno).

Fase 7 (1 h): Verifica sommativa.

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Schema degli argomenti proposti in cui sono evidenziati i rapporti con le altre discipline

Per lo svolgimento della fase 3 sarebbe auspicabile il coinvolgimento dell’insegnante di storia. Si ritiene importante potere offrire una

panoramica sulle condizioni sociali, culturali ed economiche dell’Europa di metà Ottocento. La lotta per l’egemonia tra le potenze europee

dell’epoca in che modo indirizzava o influenzava la ricerca scientifica? Quale era la condizione dei monasteri come luoghi di cultura nell’impero

austriaco? In che modo le tante rivoluzioni che attraversavano il continente in quella fase possono avere sostenuto il progresso nelle scienze?

D’altra parte, proprio le indicazioni nazionali (2) sembrano andare in questa direzione se nella sezione relativa ai traguardi per lo sviluppo delle

competenze di scienze, al termine della scuola secondaria di primo grado, è specificato: << ….collega lo sviluppo delle scienze allo sviluppo della

storia dell’uomo>>.

SCIENZE

Le leggi di Mendel

Le malattie genetiche

MATEMATICA

Calcolo combinatorio

Probabilità

STORIA

L’Europa nel tardo

Ottocento

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Fase 1 Il docente dà inizio al percorso mostrando ai ragazzi una serie di fotografie di uomini e

donne provenienti da diverse parti del mondo, invitandoli, anche, ad osservare le differenze che

caratterizzano gli elementi del gruppo-classe e proponendo di focalizzare la propria attenzione su

alcuni tratti specifici: colore dei capelli, colore dell’iride, colore della pelle, forma del naso, lobo

attaccato al viso, eccetera. In effetti le nostre classi costituiscono, oggi più di ieri, il palcoscenico

più adatto per rappresentare la diversità. L’obiettivo è quello di rilevare, in prima istanza, un fatto

noto a tutti: nella specie umana è presente un elevato tasso di variabilità.

Questa osservazione fornisce lo spunto per porre la questione di come tale variabilità sia conservata

attraverso la trasmissione dei caratteri dai genitori ai figli. Al fine di raccogliere in forma scritta le

idee che gli studenti possiedono già, la classe viene ripartita in piccoli gruppi, ad ogni alunno viene

distribuita la scheda 1.

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La consegna è quella di compilare la scheda dopo avere ampiamente discusso con i compagni di

gruppo. Al termine dell’attività il docente acquisisce gli elaborati dei ragazzi per poterli analizzare

approfonditamente ed orientare la discussione successiva sulla base degli spunti forniti dai ragazzi

stessi. L’insegnante dichiara che le risposte date saranno rilette costantemente alla luce delle

acquisizioni che via via si vanno facendo. Può essere molto motivante per i ragazzi, la

consapevolezza del fatto che, attraverso le attività svolte, si comprenderanno alcune questioni che in

modo ingenuo ci si è certamente posti.

A questo punto il docente assegna ad ogni gruppo il compito di intervistare una classe della scuola

utilizzando come supporto la tabella 1.

L’intervista diventa il luogo in cui le osservazioni generiche sull’ereditabilità delle caratteristiche

vengono in qualche modo “misurate” (ad un livello molto elementare) e possono essere oggetto di

analisi e riflessioni. Può capitare, ad esempio, che certi ragazzi ereditino gli occhi chiari dai nonni e

non dai genitori. O che alcuni ragazzi presentino delle caratteristiche che sono intermedie rispetto a

quelle dei genitori, o, ancora, che presentino chiaramente i tratti di uno soltanto dei due genitori.

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Tabella 1

Colore

Intervistato Padre Madre Nonno P Nonna P Nonno M Nonna M Fratello Sorella

Capelli Occhi Pelle

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Fase 2 Il docente chiede che ogni gruppo produca un riassunto dei dati raccolti nell’intervista.

Alcune domande guida da utilizzare per l’elaborazione dei dati potrebbero essere le seguenti:

· in quanti casi sono stati ereditati i tratti dai nonni?

· In quanti casi sono presenti dei tratti intermedi rispetto alle caratteristiche possedute dai

genitori?

· In quanti casi sono stati ereditati i tratti di uno solo dei due genitori?

· In quanti casi sono stati ereditati alcuni tratti da un genitore e altri tratti dall’altro genitore?

· In quanti casi i tratti sono stati ereditati dai nonni paterni?

· In quanti dai nonni materni?

· Ci sono dei casi in cui alcuni tratti sono stati ereditati dal nonno paterno (materno) e altri

dalla nonna paterna (materna)?

Completato questo passaggio si avvia l’attività di condivisione dei dati ricavati e degli

elaborati relativi alla scheda 1. Viene richiesta la produzione di una sintesi collettiva da registrare su

un cartellone che sarà tenuto in mostra per tutto il percorso. Durante la discussione, dunque, gli

allievi sono tenuti a prendere appunti.

Il docente richiama le risposte fornite dagli studenti alla domanda 6) della scheda 1 (è verosimile

che i ragazzi abbiano affermato che un padre e una madre aventi la pelle rispettivamente bianca e

nera generino un individuo dalla pelle bruna) per proporre un modello di trasmissione dei caratteri

in cui gli attributi dei genitori si mescolano dando origine ad un individuo che presenta tratti

intermedi; chiede, quindi, al gruppo se i dati raccolti confermano tale ipotesi. I discenti potrebbero

rigettare questo modello, dal momento che esso non spiega come sia possibile che da genitori con

capelli scuri discenda, talvolta, un individuo dai capelli chiari.

L’insegnante continua ad animare la discussione con domande del tipo: secondo voi è

possibile che due genitori con gli occhi chiari abbiano un figlio con gli occhi scuri? O proponendo

degli stimoli come il seguente (concepito dal docente con l’obiettivo di veicolare la consapevolezza

che i processi coinvolti nella trasmissione dei caratteri ereditari sono molto complessi): per tutta la

vita ho creduto di essere uguale a mia mamma, ma ultimamente mi sono resa conto di assomigliare

di più a mio papà, soprattutto quando rido; da lui ho ereditato la forma degli occhi, le guance e

quelle “simpatiche” zampe di gallina che mi si formano quando sorrido. Il sorriso, però, è tutto

della mamma, da cui ho preso anche il colore degli occhi e i capelli. Le ciglia folte e lunghe di cui

vado molto fiera sono tutte del nonno materno mentre la costituzione robusta è un “regalo” della

nonna paterna.

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In questa fase è possibile che i ragazzi producano delle argomentazioni che rimandino alla genetica:

da una parte, infatti, hanno già affrontato il tema della riproduzione sessuata, dall’altra sono

immersi in un contesto sociale in cui, inevitabilmente, hanno sentito parlare di geni ed ereditarietà.

Naturalmente l’ultima affermazione può non essere universalmente valida, basti pensare a quelle

situazioni di estremo disagio sociale in cui l’accesso alle informazioni è molto più problematico. In

tutti i casi si tratta certamente di cognizioni molto superficiali, compito dell’insegnante è cercare di

contenere la discussione entro un perimetro ben definito, coerentemente con gli obiettivi fissati al

momento della strutturazione dell’unità di apprendimento.

Fase 3 Le ambizioni delle attività iniziali sono state quelle di raccogliere le idee pregresse dei ragazzi e,

come sopra anticipato, di porre alla loro attenzione alcuni fenomeni legati alla trasmissione dei

caratteri. Il docente riprende le risposte fornite dagli studenti alla domanda n.7 della scheda 1. E’

probabile che alcuni allievi abbiano scritto dell’importanza di conoscere i meccanismi di

trasmissione dei caratteri per prevenire la diffusione delle malattie ereditarie. L’insegnante,

partendo dalle loro argomentazioni, farà scoprire ai ragazzi come nel corso della storia molti altri

uomini si siano posti la medesima questione giungendo di volta in volta a delle risposte diverse.

Dalla discussione farà emergere la figura di Mendel, presentato come uno dei personaggi

dell’Ottocento europeo che, allo studio delle problematiche connesse all’ereditarietà, dedicò buona

parte della sua esistenza.

Il docente, quindi, delinea una mappa del contesto sociale ed economico in cui visse Mendel,

focalizzandosi principalmente sulle ragioni che, in quella fase storica, rendevano gli studi

sull’ereditarietà particolarmente importanti. Fornisce, inoltre, alcuni elementi della biografia del

monaco-scienziato. In questo passaggio ci si avvale del libro di Novelli (1) leggendone dei brani.

Brno (la città dell’impero austro-ungarico in cui visse Mendel), all’inizio del XIX secolo, era

divenuta il centro dell’industria tessile dell’impero: un problema particolarmente significativo era

quello di poter disporre di varietà di pecore in grado di produrre lana di qualità e in grande quantità.

Gli allevatori erano interessati a migliorare la qualità della lana prodotta dalle varietà locali

incrociandole con quelle importate dalla Spagna. I risultati molto positivi ottenuti dagli allevatori

della Moravia, e i vantaggi economici che ne trassero, orientarono l’interesse degli agricoltori verso

l’applicazione della pratica dell’incrocio alle piante, al fine di produrre ibridi pregiati.

Inoltre, con il procedere incalzante della «rivoluzione industriale» si assistette a massici fenomeni

di migrazione dalle campagne verso la città, con l’aumento conseguente della domanda di prodotti

alimentari.

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Gli scienziati (tra di loro figurava Mendel) si andavano convincendo che, per migliorare la

selezione artificiale degli animali e delle piante, si sarebbe dovuto prima comprendere cosa viene

trasmesso e come viene trasmesso.

Fino ad allora non vi erano mai stati studi sistematici sull’ereditarietà: si riteneva che la

trasmissione dei caratteri avvenisse in modo casuale.

Il dibattito in ambito biologico verteva soprattutto sulle questioni legate alla formazione

dell’embrione e, solo indirettamente coinvolgeva il tema dell’ereditarietà.

Mendel, fin dall’adolescenza si trovò a stretto contatto con le tecniche d’ibridazione delle piante

grazie al padre, un agricoltore che s’interessava delle nuove varietà di alberi da frutta. Inoltre da

monaco dell’Abbazia di Brno ebbe modo di studiare matematica e fisica a Vienna dove fu allievo di

Doppler.

L’Abbazia, che era sede di un importante collegio teologico in cui venivano insegnate anche la

matematica e le scienze naturali, era un centro di vita intellettuale che accoglieva soprattutto

monaci con un’istruzione di livello superiore.

Figura 1 Gregor Johann Mendel (www.biography.com)

Fase 4 Lo spirito che anima le attività proposte in questa fase è quello di arrivare alla formulazione

delle leggi di Mendel attraverso l’analisi dei suoi esperimenti e l’interpretazione dei dati fornita

dallo scienziato. Tali interpretazioni saranno ricavate direttamente dalla lettura di brani della sua

monografia Saggi sugli ibridi vegetali pubblicata nel 1866. All’inizio della lezione, il docente

esplicita le caratteristiche delle piante selezionate da Mendel per condurre le sue ricerche sui

meccanismi dell’eredità. Tali piante, infatti, dovevano:

· essere facili da coltivare

· presentare diverse varietà con forme molto differenti nell’aspetto

· avere una crescita rapida

· essere ermafrodite

Introduce dunque, alcuni contenuti necessari per lo svolgimento delle attività:

· Cosa è una linea pura per una certa caratteristica?

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· Come si ottiene una linea pura?

· Cosa è un ibrido?

· Come si ottiene l’auto-fecondazione di un ibrido?

Per condurre gli studenti verso la comprensione dei concetti summenzionati li applica alle specie

Pisum sativum e Mirabilis jalapa: parla cioè di linee pure di Pisum sativum rispetto al colore del

fiore e di linee pure di Mirabilis jalapa rispetto alla medesima caratteristica, di ibridi di prima e

seconda generazione di Pisum sativum e di ibridi di prima e seconda generazione di Mirabilis

jalapa.

L’insegnante presenta gli esperimenti condotti da Mendel esplicitando le ragioni che lo hanno

spinto a lavorare su Pisum sativum piuttosto che su Mirabilis jalapa: all’epoca dell’abate ceco si

disponeva, infatti, di osservazioni dettagliate su entrambe le piante per quante concerne la

trasmissione delle caratteristiche alle generazioni successive. Con ogni probabilità Mendel sceglie

di condurre gli esperimenti sul Pisum sativum perché quest’ultima specie non presenta i casi

intermedi nella prima generazione di ibridi (vedi colore rosa del fiore di Mirabilis jalapa): egli

sceglie di isolare alcuni fenomeni (trasmissione delle caratteristiche senza situazioni mediane)

tralasciandone deliberatamente degli altri (intermediarità) nella determinazione di fornire

un’interpretazione soltanto dei primi fatti.

Il docente spiega le varie fasi degli esperimenti senza introdurre la formalizzazione proposta da

Mendel.

Esaurita la parte di lezione condotta con un approccio frontale, l’insegnate ripartisce la classe in

piccoli gruppi e propone la compilazione della scheda 2 mediante la quale gli allievi sono

progressivamente accompagnati nella conoscenza dell’opera di Mendel.

L’obiettivo della scheda 2 è quello di condurre gli studenti, attraverso le domande che

accompagnano il testo di Mendel, ad una formalizzazione che si avvicini a quella fornita dallo

scienziato ceco. In questa fase l’insegnante dichiara continuamente, soprattutto agli studenti che

palesano delle difficoltà, la propria disponibilità a sostenere i loro ragionamenti.

In queste attività il ruolo di mediazione dell’insegnante è di estrema importanza dal momento che

alcune richieste potrebbero risultare ostiche, in questi casi egli dovrebbe accompagnare con

gradualità l’allievo verso la comprensione del modello di Mendel, stando bene attento a non privare

lo stesso del tempo sufficiente per produrre delle argomentazioni. Al termine del percorso si

procede all’istituzionalizzazione delle prime due leggi di Mendel.

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Figura 2 I sette caratteri del Pisum sativum tratto da (3)

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Durante il momento di condivisione dei lavori svolti da ogni gruppo, il docente partendo dai

tentativi effettuati dagli allievi (in riferimento soprattutto alle domande n. 6, 7 e 8 della scheda) fa

emergere la formalizzazione utilizzata da Mendel e introduce il quadrato di Punnett come strumento

per prevedere le combinazioni di alleli risultanti da un incrocio. Al termine di questa fase il docente

produce alla lavagna una sintesi dei risultati cui si è pervenuti.

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Alla domanda n.3 è lecito aspettarsi che gli allievi rispondano che i dati non confermano il rapporto

3:1 ipotizzato da Mendel (i rapporti non sono esatti!); in questo caso il docente rilancia sostenendo

che, pur essendo vera tale affermazione, il fatto che tutti i rapporti si assestino su un valore

numerico vicino a 3 (chiede che gli allievi verifichino tale affermazione) probabilmente non è frutto

del caso. Tale questione viene lasciata aperta e sarà ridiscussa nella fase 5 quando si affronterà il

tema del calcolo probabilistico.

L’obiettivo della domanda n. 9 è quello di fare emergere il fatto che la caratteristica dominante può

essere ereditata sia dalla madre sia dal padre.

L’insegnante istituzionalizza la prime due leggi di Mendel (Legge della dominanza, legge della

segregazione):

Prima legge di Mendel: Se si incrociano linee pure di Pisum sativum per un dato carattere gli

individui ibridi della prima generazione manifestano solo una delle caratteristiche presenti

nella generazione parentale.

Seconda legge di Mendel: Quando un individuo produce gameti, i due fattori relativi al

medesimo carattere si separano, cosicché ciascun gamete riceve soltanto un fattore.

Sintesi finale elaborata al termine di questa fase

Mendel con i suoi esperimenti aveva messo in evidenza un fatto fondamentale: esiste una realtà

che appare, la quale deve essere distinta da una realtà che si mantiene nascosta. I semi gialli delle due piante sono apparentemente identici, ma considerato che quelli della prima pianta danno sempre origine a semi gialli e quelli dell' altra sia a semi gialli che a semi verdi, bisogna ammettere che in qualche cosa differiscono.

Il docente propone la traduzione dei termini utilizzati da Mendel nel linguaggio moderno della

genetica:

· la realtà che appare si chiama fenotipo, quella nascosta si chiama genotipo.

· i fattori di Mendel oggi si chiamano geni e la scienza che studia l'ereditarietà dei caratteri si

chiama genetica.

· le diverse varianti che un gene può assumere si chiamano alleli. Se i due alleli del genotipo

sono gli stessi l’individuo si dice omozigote, altrimenti è detto eterozigote.

Fase 5 In apertura di lezione il docente presenta l’esperimento costruito da Mendel per studiare il

meccanismo di trasmissione contemporanea di due caratteri, prendendo in considerazione, ad

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esempio, il colore del seme (giallo o verde) e l’aspetto della buccia del seme (liscia o rugosa).

Disegna alla lavagna il quadrato di Punnett relativo agli incroci tra due linee pure.

GL GL

gl GgLl GgLl

gl GgLl GgLl

Tabella 1 Generazione F1 nata dall'incrocio di varietà pure giallo-liscio e verde-rugoso

A questo punto chiede agli studenti di formulare delle ipotesi su quello che può accadere auto-

impollinando gli ibridi di prima generazione. Gli allievi sono invitati ad utilizzare il quadrato di

Punnett.

In questa fase il docente sostiene gli studenti che sono in difficoltà accompagnando ed orientando i

loro ragionamenti. E’ verosimile che gli alunni, nella formazione dei gameti degli ibridi di prima

generazione associno gli alleli dominanti tra di loro e alla stessa maniera facciano con gli alleli

recessivi. Il docente dovrebbe lasciare gli allievi liberi di esprimere le loro ipotesi.

Dopo avere raccolto i loro pareri in forma scritta, esplicita le osservazioni fatte da Mendel

relativamente ai quattro fenotipi diversi che si presentano nel rapporto 9:3:3:1: tale eventualità

esclude naturalmente l’ipotesi di una segregazione dipendente.

Nel caso in cui le idee dei discenti non collimino con le osservazioni fatte da Mendel, il docente li

guida verso la soluzione con domande del tipo:

Gli alleli dominanti L e G, entrambi presenti nell’ibrido di prima generazione, finiscono per forza

insieme in uno stesso gamete? Oppure è possibile ottenere gameti portatori di una combinazione

tra un allele dominante e uno recessivo (Gl oppure gL)?

Al termine di questa fase enuncia la terza legge di Mendel (legge dell’assortimento indipendente):

Durante la formazione dei gameti, fattori relativi a caratteri diversi si distribuiscono l’uno

indipendentemente dall’altro!

Il docente riprende la riflessione sulla domanda n.3 della scheda 2: propone alla classe il quadrato di

Punnett relativo all’incrocio tra ibridi di prima generazione di Pisum sativum, eterozigoti rispetto al

carattere colore del seme.

Nella tabella seguente G rappresenta l’allele dominante (colore giallo del seme) mentre v indica

l’allele recessivo (colore verde del seme):

G v

G GG Gv

v Gv vv

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Pone le seguenti domande alla classe:

1) Un individuo nato dall’incrocio di due ibridi, può manifestare la caratteristica recessiva?

Con quale probabilità?

2) Se si generano quattro individui dall’incrocio di due ibridi, possiamo con certezza affermare

che uno di essi presenterà la caratteristica recessiva?

Il primo quesito offre la possibilità all’insegnante di sottolineare la dimensione probabilistica delle

problematiche legate alla trasmissione dei caratteri (si può paragonare, infatti, l’esito di un incrocio

tra eterozigoti rispetto ad un carattere diallelico all’esperimento del lancio di due monete).

Verosimilmente i discenti sanno già risolvere semplici problemi di probabilità (perché hanno già

incontrato situazioni di questo tipo durante il percorso della scuola primaria) eseguendo il rapporto

tra i casi favorevoli e i casi possibili; ad ogni modo il docente può approfittarne per

istituzionalizzare la definizione almeno nel caso classico (questa definizione come è noto presenta

l’ambiguità della supposta equiprobabilità dei casi possibili, tuttavia si ritiene non opportuno

insistere più di tanto su tale questione almeno ad un livello iniziale). Alla prima domanda ci si può

attendere che rispondano correttamente .

La seconda questione è più problematica: è ragionevole aspettarsi che alcuni studenti rispondano

affermativamente!

Questo tipo di situazione rivela la presenza di un misconcetto diffuso che consiste nell’applicazione

di schemi cognitivi propri dell’ambito deterministico al campo concettuale della probabilità. Il

docente deve approfittare dell’occasione per riflettere con gli allievi sulla differenza di prospettiva

che implica l’approccio probabilistico. E’ il caso di insistere, citando degli esempi, sul fatto che la

probabilità si applica a tutti i casi in cui l’esito di un esperimento non è calcolabile

deterministicamente (anche se gli esiti possibili sono definiti e noti) e dà un misura della possibilità

di realizzazione di un evento. Tale stima, ha senso soltanto prima dell’esperimento e non a

posteriori. In realtà questo approccio riflette il punto di vista classico; è noto, invece, che nelle

scienze la corrente di pensiero dominante è quella frequentista in base alla quale non è possibile

stabilire ‘a priori’ la probabilità di un evento, ma occorre farlo ‘a posteriori’. Tuttavia si ritiene che,

dato il livello di scuola, è preferibile sorvolare su questi aspetti di natura epistemologica. Uno

sviluppo molto interessante potrebbe condurre all’analisi dei risultati del gioco del lotto: a priori la

probabilità che sia estratto un numero qualunque (il 13 ad esempio) tra i novanta è ma questo non

significa affatto che dopo novanta (o 180 o 1000) estrazioni siamo sicuri che il tredici sia stato tirato

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fuori! Diventa molto significativo sfruttare questo passaggio per sfatare il falso mito (estremamente

diffuso) dei cosiddetti numeri ritardatari.

A questo punto il docente, usando un software che simula l’estrazione dei novanta numeri del lotto

(lo si può realizzare attraverso il generatore di numeri casuali di Excel) può mostrare agli studenti

che aumentando progressivamente il numero delle estrazioni (prima 1000, poi 10000, e infine

100000) il rapporto tra il numero di volte in cui un numero qualunque è stato ottenuto e il numero

totale di estrazioni si avvicina a .

Tale osservazione, da un lato, chiarisce le ragioni di quel rapporto non proprio esatto che si evince

dall’analisi della tabella della scheda 2 (vedi fase 4), d’altra parte offre la possibilità all’insegnante

di fornire la definizione frequentista di probabilità.

Gli aspetti analizzati, inoltre, fotografano chiaramente (il docente deve rimarcare e discutere questo

aspetto con la classe) la natura essenzialmente matematica dell’interpretazione di Mendel.

Fase 6

Con l’obiettivo di potenziare e di consolidare l’apprendimento delle leggi di Mendel e di avviare

una discussione intorno ad alcune tecniche di calcolo combinatorio, l’insegnante ripartisce la classe

in cinque gruppi eterogenei per livelli di competenza e propone la seguente attività: presenta alla

classe cinque buste numerate (da 1 a 5), ognuna delle quali contiene un problema. I gruppi

dovranno cimentarsi nella risoluzione successiva dei cinque problemi procedendo simultaneamente:

si affrontano cioè gli stessi problemi nel medesimo istante.

Il tempo a disposizione per ogni quesito è di 15 minuti.

Al termine della fase di risoluzione di un problema e prima di passare al successivo, un

rappresentante di ogni gruppo (scelto preventivamente dal docente: è auspicabile, in tal senso, che il

rappresentante sia selezionato tra gli studenti più deboli al fine di responsabilizzarli ed evitare che

durante le attività deroghino dai loro impegni scaricando tutto su coloro che ritengono

maggiormente preparati) propone e condivide con il resto della classe i tentativi di soluzione offerti.

Per ogni problema viene invitato alla lavagna un gruppo diverso: da qui la scelta di proporre tanti

problemi quanti sono i gruppi.

Il docente orienta la discussione ed integra le riflessioni degli studenti chiedendo loro di registrare

sul quaderno tutte le osservazioni che via via vengono formulate e condivise.

Naturalmente l’insegnante non dice nulla a priori circa la successione dei gruppi che saranno

chiamati ad intervenire.

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Per aumentare la motivazione degli studenti si potrebbe pensare di proporre una sorta di classifica

delle migliori esposizioni.

Di seguito, viene presentata una lista di potenziali problemi corredata di un’analisi a priori dei

possibili ostacoli e di alcuni sviluppi di natura didattica che essi possono offrire al docente.

Problema 1

Il gene responsabile del gruppo sanguigno ha 3 alleli: A, B, 0. Secondo il modello di Mendel quanti

fenotipi diversi si possono presentare? E quanti genotipi?

E’ noto che i fenotipi osservati sono quattro. Come spiegheresti questo fenomeno?

Il problema 1 presenta, già nel testo, un elemento di novità per gli studenti: il caso della poliallelia.

Gli studenti sono chiamati ad utilizzare una tabella per visualizzare tutti i genotipi possibili: questa

richiesta sarà plausibilmente espletata correttamente (ci sono 6 possibilità). Alla domanda in cui si

chiede di contare i possibili fenotipi, verosimilmente gli allievi risponderanno che ne esistono tre!

Tra i genotipi eterozigoti, ragionando mendelianamente, a manifestarsi è sempre uno dei due alleli

infatti. Il docente, dopo avere attentamente ascoltato le ipotesi risolutive degli studenti, utilizzerà il

problema per accennare al caso della codominanza: i fenotipi, in questo caso sono 4 perché gli

alleli A e B se presenti simultaneamente sommano i loro effetti producendo un nuovo fenotipo.

Sono dominanti entrambi, invece, sull’allele 0.

Problema 2

Il pelo corto nei conigli è dovuto a un gene L dominante e il pelo lungo al suo allele recessivo l. Un

incrocio fra una femmina dal pelo corto e un maschio dal pelo lungo ha prodotto 1 coniglio dal pelo

lungo e 7 conigli dal pelo corto.

a. Quali sono i genotipi dei genitori?

b. Quale rapporto fenotipico era atteso nella generazione filiale?

c. Quanti degli otto conigli nati dovevano avere presumibilmente pelo lungo?

Il problema 2 richiede, in prima istanza, che gli allievi si rendano conto che essendo presente nella

prole un coniglio dal pelo lungo è necessario che la madre presenti un genotipo eterozigote del tipo

Ll. Nel caso in cui la madre avesse un genotipo LL, infatti, la prole presenterebbe soltanto il

fenotipo pelo corto. A questo punto dovrebbe essere chiaro che i genotipi dei genitori sono

rispettivamente Ll (madre) e ll (padre). Utilizzando il quadrato di Punnett i discenti dovrebbero

pervenire alle risposte dei primi due punti. Il rapporto fenotipico atteso è dunque 1:1. I valori

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osservati differiscono, invece, dalle attese: di nuovo si vuole che gli studenti riflettano sulla

differenza tra il calcolo probabilistico e quello deterministico.

Problema 3

Quanti genotipi sono possibili per un gene con sei alleli?

Il problema 3 richiede che gli studenti, che hanno già incontrato il caso della poliallelia nel

problema 1, utilizzino 6 simboli per identificare i sei alleli (si possono utilizzare le sei lettere

minuscole a, b, c, d, e, f). In fase di discussione il docente può osservare che si possono usare

indifferentemente lettere maiuscole o minuscole per indicarli (non viene richiesto nel problema di

riflettere sulla dominanza). Gli allievi devono ricordare che ogni genotipo presenta due

informazioni (una di derivazione paterna, l’altra di origine materna). Dovrebbe emergere dalle

operazioni di conteggio che gli allievi distinguono il caso del genotipo omozigote (facile: 6

possibilità) da quello eterozigote. E’ ragionevole aspettarsi che gli studenti nel contare tutti i

genotipi eterozigote procedano senza un’organizzazione effettiva e si limitino ad elencare tutte le

possibilità. Il docente pone all’attenzione della classe la necessità di darsi un’organizzazione

chiedendo: come fate ad essere sicuri di avere elencato tutte le possibilità? E se il gene avesse 7

alleli? E se fossero 10?

Una strategia percorribile è la seguente: consideriamo tutte le combinazioni eterozigote contenenti

l’allele a, quante sono? La risposta è evidentemente 5; quante sono le combinazioni che contengono

b (e non contengono a)? Sono 4. Procedendo, in modo analogo, si contano tutte le combinazioni

eterozigote essendo certi di non averne tralasciata alcuna (sono 15).

Problema 4

Quanti tipi di gameti, fenotipi e genotipi ci aspettiamo in un incrocio tra:

a) due individui eterozigoti per 2 geni (ES. AaBb x AaBb)

b) due individui eterozigoti per 3 geni (ES. AaBbCc x AaBbCc)

c) due individui eterozigoti per 4 geni (ES. AaBbCcDd x AaBbCcDd)

d) due individui eterozigoti per 5 geni (ES. AaBbCcDdEe x AaBbCcDdEe)

Il primo punto del problema 4 è in realtà un ripasso della terza legge di Mendel nella forma

affrontata in classe. I gameti sono tanti quanti i fenotipi (quattro), mentre i genotipi sono 9. Molto

più ostici sono i punti b), c) e d). E’ facile aspettarsi, infatti, che l’approccio dei ragazzi sia quello di

provare ad elencare tutte le combinazioni possibili, la qualcosa rende assai proibitivo il compito e

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rischia di generare frustrazione. In questo caso il docente deve assicurarsi che gli studenti non si

scoraggino fornendo gli stimoli giusti. Occupiamoci, ad esempio, di fornire una pista risolutiva del

punto b) ( in modo analogo si può procedere per gli altri due punti). Partiamo dal conteggio dei

gameti. L’insegnante richiama la terza legge di Mendel ed osserva quindi che l’allele A relativo al

primo gene può aggregarsi ad uno qualunque degli alleli del secondo gene (B o b), analogamente la

coppia AB, ad esempio, può unirsi ad uno qualunque degli alleli del terzo gene (C o c). La

situazione descritta diviene molto più chiara con l’ausilio di un diagramma ad albero:

In conclusione si hanno quattro combinazioni che vanno sommate alle altre quattro in cui è presente

l’allele a, per un totale di otto possibilità. A questo punto il docente approfondisce la riflessione

fornendo un ulteriore pista agli studenti: la legge di assortimento indipendente si traduce

aritmeticamente nell’adozione di una struttura moltiplicativa. Se ho, infatti, due possibili scelte sia

per il primo gene (A o a) sia per il secondo gene (B o b) , stante l’indipendenza mendeliana

nell’assortimento, per determinare tutte le coppie allele I gene – allele II gene devo calcolare il

prodotto . Se inserisco anche il terzo gene il calcolo da eseguire sarà, per quanto detto, .

Il diagramma ad albero consente di pervenire alla conclusione summenzionata.

Questo tipo di strategia facilita la risoluzione del problema della determinazione di tutti i genotipi:

si può, infatti, suggerire agli studenti di considerare il genotipo del punto b) come la

giustapposizione di tre blocchi indipendenti, ciascuno dei quali è a sua volta composto da due unità

(i due alleli dello stesso gene). E’ verosimile che a questo punto gli allievi siano in grado di

giungere autonomamente alla soluzione ( ) sulla scorta di quanto fatto prima e considerando che,

nel caso specifico, ogni blocchetto può presentare tre genotipi differenti (1 eterozigote e 2

omozigote).

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Problema 5

Dato un incrocio AaBbCc x AaBbCc calcolare:

a)la probabilità di avere genotipo AAbbCc

b)la probabilità di avere genotipo AABbCc

c)la probabilità di avere genotipo AabbCc

Questo problema può essere affrontato in due modi diversi. In un caso (ci si può aspettare che

questa sia la strategia prevalentemente adottata), gli allievi sostenuti dalle acquisizioni del quesito

precedente sanno già che i gameti prodotti da simili individui sono otto. A questo punto possono

utilizzare un quadrato di Punnett 8x8 e completare tutte le caselle (64 casi possibili) della tabella

effettuando gli incroci riga-colonna. Il problema si riduce ad un semplice calcolo casi favorevoli su

casi possibili. Assai più interessante è la seconda pista (nell’eventualità in cui nessun gruppo

dovesse esplicitarla, sarà il docente a sottoporla ai ragazzi): ancora una volta si sfrutta

l’indipendenza dell’assortimento che si traduce nell’adozione di una struttura moltiplicativa. La

terza legge di Mendel diventa il terreno adatto per introdurre il calcolo della probabilità di eventi

indipendenti. Si consideri come esempio la determinazione della probabilità di avere un genotipo

AABbCc.

Il problema viene scomposto in 3 sottoproblemi più semplici:

· Probabilità che il primo blocchetto sia del tipo AA à

· Probabilità che il secondo blocchetto sia del tipo Bb à

· Probabilità che il terzo blocchetto sia del tipo Cc à

Una volta ottenuti i tre valori si calcola il loro prodotto per giungere alla conclusione.

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Fase 7

Verifica sommativa

I problemi, considerati insieme, coinvolgono gli aspetti principali che sono stati affrontati

nell’unità di apprendimento.

Il problema 1, oltre a richiedere la capacità di integrare in modo organico e coerente i contenuti

affrontati, implica che lo studente sia in grado di operare delle scelte non banali ed esige

l’argomentazione di tali scelte. Presuppone pertanto che l’allievo abbia conseguito una serie di

competenze disciplinari e non.

Il problema 2, pur integrando le conoscenze e le abilità fondamentali alla costruzione delle quali si è

lavorato nelle varie tappe del percorso, non pone lo studente di fronte ad una situazione inedita.

Può essere, quindi, considerato come un interessante esercizio.

Per le ragioni sopra indicate la verifica consente, da un lato, di potere disporre di una fotografia

realistica e dettagliata del livello degli apprendimenti raggiunto dagli studenti, dall’altro di

valorizzare le eccellenze.

Conclusioni

Non ho avuto la possibilità di sperimentare l’unità di apprendimento in classe per cui mi

limito a fare alcune considerazioni di carattere generale:

· potrebbe essere importante nelle prime due fasi contenere la legittima curiosità degli studenti in

ordine alle svariate evidenze che si manifestano nella trasmissione dei caratteri ereditari, onde

evitare di condurre la discussione fuori dai binari individuati dal docente in fase di

programmazione. La complessità che soggiace a certi fenomeni legati all’ereditarietà va ben

aldilà del confine entro cui si muovono le leggi di Mendel.

· le numerose attività di gruppo possono costituire un punto di forza del percorso (confronto tra

pari, sostegno degli studenti più deboli, eccetera) a condizione che il gruppo sia abituato a

lavorare secondo questa modalità: nelle fasi 4 e 6, in particolare, l’effettiva capacità di ascolto

dell’altro e la capacità di integrare le proprie idee con quelle dei compagni costituiscono degli

elementi necessari per il buon esito delle attività. Si potrebbe optare, forse, per un maggiore

equilibrio tra attività individuali e lavori di gruppo.

· per una buona conduzione delle varie fasi è necessario che il docente orienti costantemente la

riflessione: in alcuni passaggi (fase 6) l’insegnante deve continuamente monitorare le reazioni

degli allievi ed evitare che si generino sentimenti di frustrazione come conseguenza di un

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eccessivo carico cognitivo. A tal proposito si potrebbero inserire delle domande intermedie per

guidare lo studente verso la soluzione dei problemi (fase 6), questo potrebbe comportare, in

corso d’opera, la ricalibrazione dei quesiti sottoposti ai discenti.

· alcune fasi (in particolare la 4, la 5 e la 6) potrebbero richiedere tempi più lunghi di quelli

programmati. Verosimilmente la discussione intorno ai temi che riguardano le differenze

concettuali tra modelli probabilistici e deterministici potrebbe reclamare ulteriori precisazioni e

chiarimenti.

Per quanto detto, le attività devono essere oggetto di un monitoraggio in itinere costante, in tal

senso uno strumento utile per il docente potrebbe essere la redazione di un diario di bordo nel quale

registrare fase per fase:

· l’atteggiamento degli studenti rispetto alle richieste del docente,

· le criticità riscontrate in ordine alla metodologia utilizzata (capacità di lavorare in gruppo,

approccio frontale, approccio deduttivo),

· le criticità riscontrate sui contenuti affrontati (problemi proposti, ..),

· i punti di forza del percorso

· la corrispondenza tra tempi programmati e tempi di lavoro effettivo.

Bibliografia 1. Novelli, Luca. Mendel e l'invasione degli OGM. s.l. : Editoriale Scienza, 2003.

2. Miur. Annali della pubblica istruzione, Indicazioni nazionali per il curriculo della scuola d’infanzia

e del primo ciclo di istruzione. s.l. : Le Monnier, 2012.

3. Zanoli, Rossana, Pini, Lorenza e Veronesi, Paola. Scopriamo la natura. s.l. : Zanichelli, 2014.

4. Mader, Sylvia. Immagini e concetti della biologia. s.l. : Zanichelli, 2012.

Sitografia

http://www.gene-abc.ch/it/

http://www.treccani.it/enciclopedia/l-ottocento-biologia-studi-sull-

ereditarieta_%28Storia_della_Scienza%29/

http://danielebaldissin.altervista.org/joomla/it/2012-09-05-18-48-31/2012-09-16-20-00-28

http://udel.edu/~mcdonald/mythintro.html

Page 29: Uda Leggi Mendel

30

http://www.kinalikedi.com/genetica/

http://pawpeds.com/pawacademy/genetics/genetics/index_it_print.html

http://www.clubnorvegesi.com/genetica-lunghezza-pelo/

http://www.luciopesce.net/zoologia/mendel.html

http://www.enzopennetta.it/2013/03/1-mendel-day-registrazione-e-commento/

www.biography.com

https://it.wikipedia.org/

http://www.sephko.com

Allegato n.1

1) Arturo ha letto una notizia sconcertante: in un reparto di maternità sono stati confusi due

bambini di cui però si è potuto determinare il gruppo sanguigno. Adele ha il gruppo 0 e

Martin il gruppo B. Il giornalista ha scritto nell’articolo che grazie alla determinazione

del gruppo sanguigno delle due possibili coppie di genitori i medici sono riusciti a

risolvere la delicata situazione. Arturo vuole saperne di più: aiutalo preparando una

presentazione in cui illustri la trasmissione ereditaria dei gruppi sanguigni. Formula le

tue ipotesi relative al possibile gruppo sanguigno dei genitori dei due bambini e

argomenta le tue scelte. (tratto dal volume Scopriamo la natura (3))

2) Nella razza di cane chihuahua, il carattere pelo corto è dominante rispetto al carattere

pelo lungo. Dall’incrocio tra due individui a pelo corto nascono 20 cani a pelo corto e 11

a pelo lungo. Come si può spiegare questo rapporto? È possibile ipotizzare un incrocio

per verificare la tua spiegazione? Motiva la tua risposta. (tratto dal volume Immagini e

concetti della biologia (4))

VALUTAZIONE DELLA VERIFICA DELLO STUDENTE:

1 2 3 4 Totale

Conoscenza dei contenuti

Lo studente mostra una conoscenza frammentaria dei contenuti.

Lo studente mostra una sufficiente conoscenza dei contenuti ed è in grado di rielaborarli solo parzialmente

Lo studente mostra una buona conoscenza dei contenuti ed è in grado di rielaborarli.

Lo studente mostra una ottima conoscenza dei contenuti ed è in grado di operare delle rielaborazioni personali.

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Formulazione di ipotesi ed argomentazione

Non ha formulato alcuna ipotesi

Le ipotesi formulate sono parzialmente corrette, manca l’argomentazione

Le ipotesi formulate sono corrette, organicamente integrate con i contenuti teorici studiati, l’argomentazione è parziale

Le ipotesi formulate sono corrette , organicamente integrate con i contenuti teorici studiati , l’argomentazione è chiara e completa.

Totale punti:

Conversione da punteggio grezzo a voto: 2 punti = voto 4 3 punti = voto 5 4 punti = voto 6 5 punti = voto 7 6 punti = voto 8 7 punti = voto 9 8 punti = voto 10