UCID Letter n°3/2007

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3/2007 LETTER Umanizzare, competere, innovare, dialogare EDITORIALE Per un impegno rinnovato e creativo MEMORIA E IDENTITÀ Fedeli alle radici cristiane 60 ANNI DI STORIA Responsabilità e creatività CONGRESSO UCID 2007

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UCID Letter n°3/2007

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3/2007

L E T T E R

Umanizzare, competere, innovare, dialogare

EDITORIALE

Per un impegno rinnovato e creativoMEMORIA E IDENTITÀ

Fedeli alle radici cristiane60 ANNI DI STORIA

Responsabilità e creativitàCONGRESSO UCID 2007

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Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Anno X, 3/2007

Autorizzazione del Tribunale di Roma

N. 437/05 del 4/8/2005

L E T T E R

UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, èun’Associazione privata, nata nel 1947, che impe-gna i propri Soci alla realizzazione del Bene Comu-ne mediante comportamenti coerenti con lo spiritoevangelico e con gli indirizzi della Dottrina Socile del-la Chiesa Cattolica.Con questo impegno l’UCID pone al servizio dellacomunità civile le esperienze e le conoscenze che de-rivano ai propri Soci dalle loro attività imprendito-riali e professionali.I fondamentali princípi etici ispiratori e di riferimen-to che l’UCID ha adottato e che propone a tutti i pro-pri soci sono:• la centralità della persona, accolta e valorizza-ta nella sua globalità;• l’equilibrato utilizzo dei beni del Creato, nelpieno rispetto dell’ambiente, sia per le presenti cheper le future generazioni;• il sano e corretto esercizio dell’impresa e del-la professione come obbligo verso la società e co-me opportunità per moltiplicare i talenti ricevuti abeneficio di tutti;• la conoscenza e la diffusione del Vangelo,ap-plicando le indicazioni ideali e pratiche della Dottri-na Sociale della Chiesa;• un’efficace ed equa collaborazione fra i soggettidell’impresa, promuovendo la solidarietà e svilup-pando la sussidiarietà.Da queste linee ideali e di impegno deriva una or-ganizzazione composta, a livello nazionale, di circa4.000 soci. UCID Nazionale è articolata a livello ter-ritoriale in 17 Gruppi Regionali e 75 Sezioni Provincialie Diocesane. L’UCID Nazionale fa parte dell’UNIA-PAC,“International Christian Union of Business Exe-cutives”.

U C I D

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3/2007UCID LETTER

ATTIVITA’

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via Di Trasone 56 - 00199 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno X 3/2007

Autorizzazione del Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003(conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto grafico e impaginazioneGermano Bertin

TipografiaNuova Grafotecnica,Via L. da Vinci 835020 Casalserugo - PadovaTel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

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SOMMARIO

Parte Prima

Editoriale /Umanizzare, competere, innovare, dialogare 5

Parte Seconda

Congresso UCID - Torino 2007Chiamati a responsabilità e creatività

del Card. Tarcisio Bertone 8

60 anni di storiaFedeli alle radici cristiane

di Aldo Tognana 14

Memoria e identitàPer un impegno rinnovato e creativo

a cura di Giovanni Scanagatta 22

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EDITORIALEATTIVITA’EDITORIALE

UMANIZZARE, COMPETERE, INNOVARE, DIALOGARE

Su questi quattro capisaldi l’UCID da 60 anni coinvolgee impegna il mondoimprenditoriale.Da Torino 2007un impegno preciso:rinsaldare il legametra imprenditorialitàe radici cristiane

Il lavoro - ha richiamatoil Cardinale Bertone

nella prolusione al Convegno di Torino - va inteso come mezzo

di santificazione e di animazione

delle realtà terrene, improntato a una

«cultura dell’offerta» che deve abbracciare

e guidare l’intera esistenza del cristiano.

L’etica deve andareoltre la semplice

deontologiaprofessionale

Il numero 3 di UCID Letter è dedicato alla pubblicazione dellaprima parte degli Atti del Congresso di Torino del 5-6 ottobre2007 per la celebrazione del sessantesimo anniversario della no-

stra associazione (1947-2007). È un numero speciale dedicato a unpassaggio storico indimenticabile dell’UCID, per l’alta qualità de-gli interventi e per la grande partecipazione di soci e amici.

In questa prima parte degli Atti pubblichiamo l’appassionata pro-lusione al Congresso del Cardinale Tarcisio Bertone. In essa si sot-tolinea in modo efficace la grande intuizione del Cardinale Giu-seppe Siri, per molti anni consulente ecclesiastico dell’UCID, nelvolere creare un’associazione di imprenditori e dirigenti cristianiper dare un ordine morale alla ricostruzione e allo sviluppo del no-stro Paese, all’indomani delle grandi distruzioni della seconda guer-ra mondiale. Per aiutare i lavoratori bisognava partire dagli im-prenditori, perché sono loro che possono creare ricchezza da diffon-dere per il bene di tutti.

Segue l’applauditissimo intervento del socio emerito Aldo To-gnana sui sessant’anni di storia dell’UCID, pronunciato con gran-de passione e vigore per dare sostanza alla nostra memoria attra-verso gli alterni avvenimenti della storia e per riaffermare l’iden-tità e le nostre radici cristiane. Presentiamo, infine, una versionesintetica della monografia storica dell’UCID, curata dal SegretarioGenerale Giovanni Scanagatta, che offre una chiave di lettura deisessant’anni della nostra associazione inseriti nell’economia e nel-la società del nostro Paese e nei grandi cambiamenti dell’Europa ea livello mondiale. La monografia presenta il primo periodo dellanascita e dell’impulso dell’UCID che va dal 1947 al 1967. Sonogli anni della ricostruzione e dello sviluppo dell’Italia in cui si po-teva osservare un cammino condiviso di economia e valori mora-li. Seguono gli anni difficili della contestazione e della crisi dei va-lori: 1968-1990. La grande enciclica sociale di Giovanni Paolo II,la Centesimus Annus del 1991, apre i nuovi scenari dell’economiaglobale e dell’accelerazione del progresso scientifico e tecnico, in-vestendo tutti gli anni Novanta. Si passa quindi al terzo millennio,proiettati verso la società dell’informazione che interpella la re-sponsabilità degli imprenditori cristiani per la costruzione del be-ne comune. Nell’ultimo capitolo vengono tracciate le linee dellefuture sfide della nostra associazione, alla luce degli insegnamen-ti del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa.

Dalla prolusione del Cardinal Bertone emerge chiaramente l’im-portanza del lavoro inteso come mezzo di santificazione e anima-zione delle realtà terrene, improntato a una «cultura dell’offerta»che deve abbracciare e guidare l’intera esistenza del cristiano. E lamente corre subito all’evento straordinario per tutti noi ucidini del-l’udienza del Santo Padre Benedetto XVI del 4 marzo 2006, con 9mila persone in Aula Paolo VI. Il Papa ci ha esortato a tendere ver-so un’etica che vada oltre la semplice deontologia professionale,

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Come imprenditori, dirigenti e professionisti cristiani dobbiamo coniugare efficienza e rigore morale, immersi come siamo nelle sfide della globalizzazione e della crescente concorrenza. Abbiamo bisogno di “buone pratiche”,perché la fede senza le opere non serve a nulla

anche se questa sarebbe già un risultato. Come imprenditori, diri-genti e professionisti cristiani dobbiamo coniugare efficienza e ri-gore morale, immersi come siamo nelle sfide della globalizzazio-ne e della crescente concorrenza. Abbiamo bisogno di “buone pra-tiche”, come si dice oggi, perché, ci ricorda S. Giacomo, la fedesenza le opere non serve a nulla. Ci riferiamo alla decina di casiaziendali presentati nel Rapporto UCID 2007 sulla coscienza im-prenditoriale nella costruzione del bene comune, che dimostranocome sia possibile coniugare valori economici e valori cristiani inuna visione di lungo periodo della responsabilità e della solidarietàdell’impresa per lo sviluppo del territorio.

Gli imprenditori cristiani sono convinti, grazie alle virtú della fe-de e della speranza, che nel lungo periodo il comportamento eticoha effetti positivi anche sul piano economico e sul valore dell’im-presa. Valori economici e valori etici devono convergere nel lungoperiodo per il futuro positivo di qualsiasi società. Si tratta senz’al-tro di minoranze creative ma, come ci ha insegnato Benedetto XVIquando ancora era Cardinale, il destino di ogni società dipende sem-pre da minoranze creative.

Noi dell’UCID, imprenditori, dirigenti e professionisti cristiani,siamo questa minoranza creativa per la costruzione del bene co-mune. Dobbiamo essere lievito e sale della terra che sviluppano edanno senso all’umana esistenza, per un mondo migliore soprat-tutto per il futuro delle giovani generazioni. In una politica senzaprincípi, in una società che conduce affari senza seguire una lineadi moralità, il Cardinal Bertone ha sottolineato come i successi del-la ricerca, le conquiste dell’ingegno umano debbano considerarsiil frutto di una misteriosa e proficua collaborazione tra Dio, che ope-ra sempre nella sua onnipotenza, e l’uomo che si pone come col-laboratore e continuatore della creazione.

La celebrazione del sessantesimo dell’UCID ha suscitato gran-de attenzione su tutti gli organi di stampa e sui media. Apriamo con“Il Sole 24 Ore” che ben coglie, nel suo titolo, l’anima della nostraassociazione, definendola “Un laboratorio di Etica”. Prosegue conl’intervento del Segretario Generale del CENSIS, Giuseppe De Ri-ta, che esorta gli imprenditori dell’UCID ad affiancarsi con corag-gio all’imprenditoria aggressiva e senz’anima, innervando l’attivitàeconomica con i valori dell’etica cristiana che ha dato le radici al-la nostra Europa. Un progetto che, come si legge nella sezione “IlSole 24 Ore - Nord-Ovest”, interessa in modo particolare quest’a-rea di antica industrializzazione in cui l’UCID è sempre stato pre-sente fin dalla sua nascita, soprattutto attraverso il giornale socia-le per capi d’azienda “Responsabilità” il cui primo numero è usci-to nel maggio del 1949. Ecco alcuni passi dell’Editoriale del pri-mo numero: «Questo foglio con cui l’UCID Piemonte si presentaagli imprenditori piemontesi, vuole essere un mezzo di collegamentoper aprire delle discussioni, comunicare delle esperienze, cercare

ATTIVITA’EDITORIALE

Noi dell’UCIDsiamo questa minoranza creativa per la costruzione del bene comune. Dobbiamo essere lievitoe sale della terra che sviluppano e danno senso all’umana esistenza, per un mondo migliore soprattutto per il futuro delle giovani generazioni

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delle soluzioni. Ma è anche, e soprattutto, l’affermazione della vo-lontà degli Imprenditori di essere all’altezza della loro tradizionedi iniziativa e di senso di responsabilità. È ora che, anche nel cam-po dei problemi sociali, gli Imprenditori da trascinati diventino tra-scinatori, che non si lascino piú guidare da chi sempre e soltantochiede, ma siano essi stessi a guidare e precedere il corso dell’e-voluzione che preme alla porta e condanna chi non si adegua: e con-tribuiscano cosí alla rivalutazione della loro figura, da troppo tem-po svalutata, e spesso calunniata e odiata».

Il giornale “Avvenire” sottolinea cosí la celebrazione a Torino delsessantesimo dell’UCID: “Percorrere saldi nei valori il camminodel cambiamento”. Viene evidenziato l’appassionato intervento delCardinale Bertone nel ricordare la figura e l’insegnamento di Giu-seppe Siri. Occorre portare avanti e sviluppare la sua preziosa e pro-fetica eredità, dimostrando un forte e costante impegno nella co-struzione della vita collettiva e nella ricerca del bene comune. Dob-biamo sempre porre la persona al centro di ogni dinamica econo-mica e sociale, con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità ecreatività. L’ampio spazio dedicato dal quotidiano cattolico al con-vegno prosegue con l’attenzione riservata al workshop organizza-to dal “Movimento Nazionale Giovani” dell’UCID nel pomerig-gio del 5 ottobre, dal titolo: “Alla ricerca di convergenza genera-zionale nell’era della longevità”. La longevità è una grande risor-sa che oggi viene in larga parte dispersa con notevoli costi per lacollettività. La sua valorizzazione consente la creazione di nuovaricchezza per tutti, in modo particolare per le giovani generazioninello spirito di un’autentica solidarietà intergenerazionale.

Il “Corriere della Sera”, in sintonia con la “Stampa”, dedica am-pio spazio all’intervento del Cardinale Bertone, sottolineando in par-ticolare i passaggi di condanna «dell’egoismo delle categorie» infavore della solidarietà fra queste, con un accenno all’opportunitàdell’impegno dei lavoratori nella consultazione sul welfare.

“Industria e Finanza” dedica un’intera pagina agli stimolanti in-terventi della tavola rotonda del workshop organizzato dal GruppoGiovani: Merloni, Salamon, Sartorio, Vitale, Zandano, Abete, chehanno tutti ricordato con passione i primi passi della loro avventu-ra nel mondo del lavoro e della vita d’impresa.

La grande visibilità offerta dai media alla celebrazione di Tori-no, si completa con una larghissima evidenza data dai siti internet,a conferma dell’interesse della nostra associazione per lo sviluppodel territorio alla luce dei princípi della Dottrina Sociale della Chie-sa per la costruzione del bene comune. Ci piace chiudere con le pa-role che abbiamo trovato su un sito: «Umanizzare, competere, in-novare e dialogare. Sono i quattro capisaldi di quanti aderisconoall’UCID, che si ritrovano a Torino con un impegno preciso: rin-saldare il legame tra l’imprenditorialità e le radici cristiane».

Gli amici della Presidenza Nazionale

« … È ora che, anche nel campo

dei problemi sociali, gli imprenditori

da trascinati diventino trascinatori,che non si lascino piúguidare da chi sempre

e soltanto chiede, ma siano essi stessi

a guidare e a precedere il corso dell’evoluzione

che preme alla porta …»

EDITORIALE

ATTIVITA’

Ci piace chiudere con le parole che abbiamo trovato

in un sito: «Umanizzare,

competere, innovare

e dialogare. Sono i quattro capisaldi

di quanti aderiscono all’UCID …

con un impegno preciso:rinsaldare il legame

tra l’imprenditorialità e le radici cristiane»

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CHIAMATI A

RESPONSABILITÀ

E CREATIVITÀ

Per avviarea soluzione la questione sociale bisogna indurre la classe dirigente a ragionare in termini cristiani e morali

Non è la prima volta cheho contatto con voi, ca-ri amici dell’UCID. Co-

nosco bene le vostre attività evi sono grato per quest’invito,che ho accolto molto volentie-ri, a offrire un contributo allariflessione di questo Congres-so, che affronta una tematica diurgente attualità.

Grazie per la vostra cordialeaccoglienza e permettete in-nanzitutto che vi saluti tutti conaffetto. In primo luogo salutol’Arcivescovo di questa Cittàche ci ospita, il Cardinale Se-verino Poletto e l’Arcivescovodi Firenze, il Cardinale EnnioAntonelli, Consulente Eccle-siastico dell’UCID. Il mio sa-luto si estende alle Autorità ealle Personalità presenti, ai pro-motori e agli organizzatori delConvegno, al Presidente e aimembri della vostra attivaUnione Cristiana di Imprendi-tori e Dirigenti, la quale a 60 an-ni dalla sua fondazione si in-terroga su come rendere il pro-prio impegno ancor piú profi-cuo e la sua testimonianza evan-gelica sempre coerente e pro-fetica.

“Responsabilità e creativitàcome impegno del cristiano;l’insegnamento della DottrinaSociale della Chiesa; l’intui-zione del Cardinale Siri nellacostituzione dell’UCID”. Que-sto il tema che mi avete affidatoe cercherò di svilupparlo av-valendomi anche di ricordi edesperienze personali legati aprecedenti incontri che ho avu-to con voi quando ero Arcive-scovo di Genova, città che eb-be come pastore l’indimenti-

cabile Cardinale Siri. Avrò mo-do di ritornare in seguito suquesta grande figura della Chie-sa e della società italiana, chefu guida coraggiosa e illuminatadel Popolo di Dio, e gran par-te ebbe nella fondazione dellavostra Associazione.

IL SALUTO DEL SANTO PADRE

Mi preme a questo punto far-mi portavoce del saluto che SuaSantità Benedetto XVI invia atutti voi, come pure del suo in-coraggiamento a proseguirenell’attività che da 60 anni svol-ge l’UCID nel vasto e com-plesso panorama imprendito-riale italiano. Come ebbe a fa-re in occasione dell’udienza avoi concessa il 4 marzo delloscorso anno, Egli vi invita an-che ora a «tendere a un’eticache vada oltre la semplice deon-tologia professionale».

Ed è proprio da quest’esor-tazione del Sommo Ponteficeche prende avvio la mia prolu-sione conclusiva, traendo ispi-razione anche dalle seguentiparole contenute nel primo pun-to della premessa del Rappor-to UCID 2007: «La “culturadell’offerta” rappresenta la di-mensione espressiva di chi, co-me cristiano, risponde alla chia-mata di Dio («sono Io che hoscelto Voi perché portiate frut-ti», Gv 15,16) per testimonia-re nella vita la Fede».

Parole che manifestano lapercezione e l’immagine chevoi avete del vostro lavoro: lavostra attività imprenditorialeè cioè un servizio, che pur se-guendo la logica e le leggi delmercato, le regole del profitto

La vostra attività imprenditoriale è un servizio, che pur seguendo la logica e le leggi del mercato, le regole del profitto e degli affari, intende connotarsi anzitutto come risposta alla“chiamata” di Cristo a seguirlo, a essere suoi veri discepoli, cooperando, secondo le vostre specifiche modalità, all’opera creatrice e redentrice di Dio

ATTIVITA’CONGRESSO UCIDTORINO 2007

del Card. Tarcisio BertoneSegretario di Stato,

Città del Vaticano

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I successi della ricerca, i progressi della tecnica,

le conquiste dell’ingegnoumano sono considerati,

come si dovrebbe, il frutto di una

misteriosa e quanto maiproficua cooperazione

tra Dio, che opera sempre, e l’uomo docile suo fedele

collaboratore

e degli affari, intende connotarsianzitutto come risposta alla“chiamata” di Cristo a seguir-lo, a essere suoi veri discepo-li, cooperando, secondo le vo-stre specifiche modalità, all’o-pera creatrice e redentrice diDio. Ciò comporta da parte vo-stra che coltiviate un acuto sen-so di responsabilità e un pro-fetico spirito creativo.

RESPONSABILITÀ

E CREATIVITÀ

La “cultura dell’offerta” è unorientamento di fondo che do-vrebbe abbracciare e guidarel’intera esistenza del cristiano.

Se viene assunto con consa-pevole maturità umana e spiri-tuale, questo orientamento spin-ge i credenti a collaborare conil Creatore nel rispondere alleattese e ai bisogni degli altri, inmodo responsabile e creativo,mediante strutture e interventiadeguati alle varie necessità.«Il Padre mio opera sempre eanch’io opero» (Gv 5,1-17), di-ce Gesú nel Vangelo rispon-dendo ai Giudei che lo critica-vano per i prodigi compiuti ingiorno di sabato.

Seguendo l’esempio di Cri-sto, ogni cristiano nel suo agi-re mantiene costante la consa-pevolezza di essere chiamato acooperare con il suo lavoro al-la realizzazione del progetto diDio nel mondo. Ognuno di noiè parte vitale di un organismovivo, che si alimenta di quel-l’amore che ha spinto il Padrea sacrificare sulla Croce il suoFiglio Unigenito perché anchenoi, a nostra volta, realizziamonoi stessi nell’amore, che è do-

no totale di noi stessi a Lui eservizio generoso al prossimo.

Questa attitudine evangeli-ca, che dovrebbe illuminarel’intera esistenza del cristiano,si traduce in scelte operativenei diversi campi dell’attivitàumana. I successi della ricerca,i progressi della tecnica, le con-quiste dell’ingegno umano so-no considerati allora, come sidovrebbe, il frutto di una mi-steriosa e quanto mai proficuacooperazione tra Dio, che ope-ra sempre, e l’uomo docile suofedele collaboratore.

La fede ci aiuta a crescere inquesta consapevolezza; ci ren-de sensibili ai bisogni degli al-tri, responsabili e creativi nelvenire loro incontro. Afferma,a tale proposito, il Concilio Va-ticano II nella Gaudium et Spes:«i cristiani, dunque, non solonon pensano di contrapporre leconquiste dell’ingegno e dellapotenza dell’uomo alla poten-za di Dio, quasi che la creatu-ra razionale sia rivale del Crea-tore; ma, al contrario, essi piut-tosto sono persuasi che le vit-torie dell’umanità sono segnodella grandezza di Dio e fruttodel suo ineffabile disegno. Equanto piú cresce la potenzadegli uomini, tanto piú si esten-de e si allarga la loro respon-sabilità individuale e colletti-va». E continua ancora il testoconciliare: «Il messaggio cri-stiano, lungi dal distogliere gliuomini dal compito di edifica-re il mondo, lungi dall’incitar-li a disinteressarsi del bene deipropri simili, li impegna piut-tosto a tutto ciò con un obbli-go ancora piú pressante» (1).

L’INSEGNAMENTO

DELLA DOTTRINA SOCIALE

La Chiesa, nel suo insegna-mento, ha sempre sottolineatoche l’uomo, con il proprio la-voro, partecipa non soltanto al-l’opera della creazione, ma an-che alla redenzione del mondo.

In tale prospettiva, il lavoroda vivere e considerare comemezzo di santificazione e dianimazione delle realtà terrene(2), diventa espressione dellapiena umanità dell’uomo. Conla sua azione libera e respon-sabile, l’uomo rende visibile laprofonda relazione che lo legaal Creatore. Questa visione an-

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Cambiano le forme storiche in cui si esprimeil lavoro umano, ma non possono cambiare le sue esigenzepermanenti, che si riassumono nel rispetto dei dirittiinalienabili dell’uomo al lavoro, e dell’uomo che lavora

la nostra epoca contempora-nea, pongono in evidenza laconsapevolezza della missio-ne propria della Chiesa, che «èin Cristo come sacramento, cioèsegno e strumento dell’intimaunione con Dio e dell’unità ditutto il genere umano» (3).

L’evidente precarietà e ognilimite quotidiano dell’esisterenon esonerano l’uomo dal-l’impegno costante del lavoro,poiché il lavoro è parte essen-ziale della sua condizione ter-rena. E la Scrittura piú voltetorna a ricordare che il cristia-no, appartenendo a una comu-nità fraterna che ha come suacaratteristica la somma regoladella carità, non può sentirsi indiritto di non lavorare e di vi-vere a spese degli altri (2 Ts3,6-12). Ognuno invece è esor-tato a farsi un punto di onore eun obbligo morale nel guada-gnarsi il giusto sostentamentolavorando con le proprie mani,come ricorda l’apostolo Paoloai Tessalonicesi (1 Ts 4,11-12),praticando una solidarietà an-che materiale con chi è privo delnecessario e si trova in grave ne-cessità.

I Padri della Chiesa hannosempre affermato che attraver-so il lavoro l’uomo collaboracon Dio nel governare il mon-do; ricordano al tempo stessoquanto l’attività umana giovial corpo e allo spirito e quantoinvece l’ozio pregiudichi l’es-sere stesso dell’uomo. Ogni es-sere umano è allora chiamatoa lavorare non solo per procu-rarsi il cibo, ma anche per ren-dersi sollecito verso le neces-sità dei poveri.

«Ciascun lavoratore - affer-ma Sant’Ambrogio - è la ma-no di Cristo che continua a crea-re e a fare del bene» (4).

Cambiano le forme storichein cui si esprime il lavoro uma-no, ma non possono cambiarele sue esigenze permanenti, chesi riassumono nel rispetto deidiritti inalienabili dell’uomo allavoro, e dell’uomo che lavo-ra. Quanto piú profondi sono icambiamenti, tanto piú decisodeve essere l’impegno dell’in-telligenza e della volontà per tu-telare il diritto al lavoro, so-prattutto dei giovani (si veda-no le recenti statistiche in me-rito) e la dignità del lavoro,rafforzando, ai diversi livelli, leistituzioni interessate.

IMPEGNI URGENTI

E QUALIFICANTI

Da parte di ogni comunitàcristiana occorre oggi una re-sponsabile assunzione di alcu-ni impegni.

In primo luogo, la matura-zione di un’adeguata presa dicoscienza, delle conseguenzeconnesse ai cambiamenti so-ciali, economici, politici e cul-turali in atto. Il periodo di dif-ficoltà e di incertezza che at-traversa anche l’Italia, da que-sto punto di vista, può diven-tare per i cattolici occasione dinuovo slancio, se attrezzando-si maggiormente sul piano cul-turale, essi sapranno valoriz-zare il patrimonio della Dottri-na Sociale della Chiesa nel con-testo sia nazionale che locale.

Si rende poi quanto mai ne-cessaria un’elaborazione cul-turale sostenuta da un’adegua-

tropologica, proposta dalla Dot-trina Sociale della Chiesa, apreun nuovo orizzonte di senso,costruito su una comprensionedell’intera verità dell’uomo. Ècioè l’antropologia della crea-tura amata da Dio, Creatore ePadre.

Proprio per questo la Chiesanon può tacere quando le vi-sioni massificanti e riduttivedell’uomo e i comportamenti,che a esse si ispirano, offusca-no e configgono con la veritàsull’uomo, che la Chiesa cu-stodisce come un tesoro pre-zioso affidatole da Cristo stes-so. Gli insegnamenti della Dot-trina Sociale della Chiesa, nel-

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Ogni singolo cristianoimpegnato nella vita

civile ed economica hail dovere di adempiere

la propria missioneevangelica, concorrendo

attivamente con l’aiutodella grazia di Dioall’affermazione,

nel contesto sociale,economico e politico,

dei fondamentali valoridella solidarietà,

della responsabilità, della gratuità

ta capacità critica, condizioneessenziale per dare respiro al-l’opera educativa e formativa,che da sempre caratterizza laChiesa italiana nelle sue espres-sioni e di cui si avverte, in que-sto tempo, tutta l’urgenza.

In terzo luogo, emerge sem-pre piú l’utilità di acquisirecompetenza e professionalitàcompetitive sul mercato da par-te del volontariato cattolico e ilsostegno comunitario, varia-mente esprimibile, delle nostreimprese no-profit. L’azione,unita e coerente, dei cattolici sulpiano politico, nella prospetti-va della crescita dell’etica del-la responsabilità e del ricupe-ro della moralità sociale, rap-presenta una delle condizioniessenziali per rinsaldare l’i-dentità nazionale e alimentarenel nostro Paese uno sviluppoeconomico globale e perciò si-gnificativo e importante nelcontesto europeo e mondiale(5).

Di fronte alle società indu-striali che talvolta vanificano odimenticano i valori morali,senza essere in grado di sosti-tuirli, pur avendone bisognoper la loro stessa sopravviven-za, la Chiesa non può tacere.

E, da parte sua, ogni singo-lo cristiano impegnato nella vi-ta civile ed economica ha il do-vere di adempiere la propriamissione evangelica, concor-rendo attivamente con l’aiutodella grazia di Dio all’affer-mazione, nel contesto sociale,economico e politico, dei fon-damentali valori della solida-rietà, della responsabilità, del-la gratuità.

L’INTUIZIONE DEL CARD. SIRI

NELLA COSTITUZIONE DELL’UCID

A questo punto non possia-mo non soffermarci a delinea-re alcuni tratti della figura edell’opera di colui che è statol’iniziatore dell’importanteesperienza che ha dato vita al-l’UCID: mi riferisco al Cardi-nale Giuseppe Siri, mio insi-gne predecessore nella guidadell’Arcidiocesi di Genova.

Il magistero sociale di que-sto illustre porporato occupadue grossi volumi dell’edizio-ne completa delle sue Opere. Inessi spiccano fra l’altro tre let-tere pastorali, dodici prolusio-ni ai Congressi Nazionali UCIDe sedici conferenze su temati-che sociali. La sua attenzionepastorale per i problemi socia-li era costantemente tesa allarealizzazione di un obiettivo alquale subordinò tutti gli altri:evangelizzare, cioè con la ca-techesi, il mondo del lavoro.

Questa finalità divenne pri-maria negli anni sociali 1978-79 e 1979-80 il cui piano pa-storale diocesano fu appunto:La catechesi per il mondo dellavoro, delineato dalla letterapastorale che portava lo stessotitolo (6) e dove il porporatodefiniva il mondo del lavorocome «l’insieme dei lavorato-ri, nonché di mentalità, di rea-zioni, di modi nel percepire evalutare tutto, che gli si formaintorno» (7). Nello stesso do-cumento presentava il lavora-tore come «colui che operati-vamente impiega le sue ener-gie fisiche e intellettuali perprovvedere alle esigenze dellasua vita e della sua eventuale

famiglia» (8).Il Card. Siri assegnò alla di-

mensione formativa nel mon-do del lavoro cosí tanta impor-tanza che egli stesso, in primapersona, si impegnò per la fon-dazione a Genova e la consu-lenza nazionale dell’UCID. Èperciò doveroso, in questo at-to commemorativo per il 60° difondazione, ripercorrerne gliinizi.

L’idea di questa benemeritaassociazione nacque ancor pri-ma che l’ultima guerra finissee maturò progressivamente conla constatazione degli orroriche la fine del secondo con-flitto mondiale avrebbe porta-

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Per il giovane VescovoSiri era chiaro che «senza creare una coscienza socialesolida - e tale penso sia inutile sperarla fuoridi un’illuminazione cristiana - non trascurando affatto il resto, non ci si poteva non occupare degli imprenditori»

che li guidavano. Io avevo sem-pre davanti l’esempio di Sci-pione, il piú grande generaledella storia. Per liberare Roma,mentre Annibale era alle por-te, lui asseriva che bisognavaportare il teatro delle opera-zioni a Cartagine. L’arditezzaconfinava con la inverosimi-glianza, ma il grande romanoattuò il piano e chiuse per sem-pre la questione cartaginese».Per il giovane Vescovo Siri erachiaro che «senza creare unacoscienza sociale solida - e ta-le penso sia inutile sperarla fuo-ri di un’illuminazione cristiana- non trascurando affatto il re-sto, non ci si poteva non occu-pare degli imprenditori». «L’a-ver promosso l’UCID - scri-verà in seguito - mi ha procu-rato infiniti guai, calunnie, de-trazioni, disprezzo, qualifica dinemico dei lavoratori; non misono mai mosso, mai difeso …La verità era che ci aveva mos-si l’amore per coloro che, nel-la piú ristretta e insicura con-dizione di vita, soffrivano e at-tendevano. Non la demagogia,ma la realtà» (9).

Il Card. Siri voleva che que-sta associazione apparisse «dichiaro e netto indirizzo cristia-no, di sicura dottrina cristianaanche in campo sociale» (10).E in seguito ebbe a costatare chefu merito dell’UCID «se a po-co a poco diventò comune eaccettato un discorso sociale, ri-condotto nella luce di un idea-le cristiano e di morale cristia-na». Per quest’illuminato Ser-vitore di Cristo e della Chiesa,l’UCID doveva «creare unospirito, una mentalità, una fe-

de» e dopo trent’anni dalla suaistituzione, nel 1977, annotava:«Molte difficoltà si sono dis-solte quasi naturalmente, l’a-ria è rimasta piú limpida spon-taneamente: era il semplice fat-to della presenza dell’UCID»(11) e ancora «testimone comesono della vita cittadina da qua-si un trentennio, durante il qua-le l’autorità ecclesiastica non hamai avuto alcun contrasto coni legittimi costituiti poteri e hamantenuto pertanto quell’at-mosfera di serena intesa, hosentito benissimo tra le causedi questo aspetto, per me leti-ficante, la presenza dell’UCID»(12).

Nel pensiero e nella visionedelle realtà sociali del Card. Si-ri non ci sono dubbi: nella scel-ta tra l’uomo e le cose - egli no-tava - occorre salvare l’uomo.Per questo analizzava i com-plessi problemi sociali ed eco-nomici del suo tempo con l’in-tento sempre fisso a coglierein essi le ragioni positive e quel-le contraddittorie dell’agireumano, per orientare il veroprogresso civile, l’impegno pro-duttivo e i criteri distributivisecondo chiari principi etici emorali.

Ponendo al centro della suaattenzione l’uomo e i suoi di-ritti, egli anticipò un tema ca-ro al pensiero e alla predica-zione del Servo di Dio Gio-vanni Paolo II, già fin dalla suaprima Enciclica “Redemptorhominis”: «Su questa via checonduce da Cristo all’uomo -scriverà Papa Woityla -, laChiesa non può essere ferma-ta da nessuno» (13).

to con sé. Incaricato dal Card.Boetto, fin dal 1943, di prepa-rare il clero genovese a questaimminente emergenza, l’alloraMons. Siri fu nominato Vesco-vo nel maggio del 1944 e giànel 1945 iniziò a raccogliere inuna associazione alcuni im-prenditori, spinto dalla persua-sione che «per avviare a solu-zione ed equilibrare giusta-mente la questione sociale bi-sognava indurre la classe diri-gente a ragionare in termini cri-stiani e morali». «Sapevamobene - egli osservava - che perrendere piú facile la vita ai la-voratori bisognava, tra l’altro,far riflettere seriamente quelli

ATTIVITA’CONGRESSO UCID TORINO 2007

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Lo studio della DottrinaSociale della Chiesa,

l’attenzione ai mutamentiche segnano la vita sociale, politica ed

economica di oggi e, soprattutto, la fedeltà

a Cristo sono il bagaglioirrinunciabile per poteraffrontare anche le sfide

della nostra epoca

CONCLUSIONI

Vi è una pagina, fra gli scrit-ti del Card. Siri, che credo pos-sa essere la sintesi e la conclu-sione di quanto finora siamoandati riflettendo e di questostesso vostro incontro. «La Dot-trina Sociale cristiana - egliscrive - per avere come puntoimmediato di partenza il ri-spetto della persona, redentadal sangue dell’Uomo Dio, re-sta essenzialmente umana. Que-sta è la sua viva attenzione. Sache l’uomo non ha bisogno disolo pane e pertanto non può sa-crificargli cose maggiori delpane, perchè abbia solo quello:la libertà e la dignità e la pos-sibilità di agire e produrre in-definitamente in tutti i piani gliè preziosa, non meno del panee forse piú del pane.

L’errore di altre concezioni èdi avere soluzioni non umane,perché dimenticano qualcosache nell’uomo bisogna assolu-tamente salvare. Si sa perfetta-mente che a ridurre tutti a unsistema di allineamento militaresi produrrà di piú e per qualchemomento si risolveranno piúprontamente gravi problemi.Ma in tale sistema l’uomo ri-mane violentato, poi avvilito,poi inerte, poi improduttivo, efinalmente spaventosamentereattivo. Arrivato a quel puntoè come se non avesse fatto nul-la e avesse perduto il suo tem-po».

«L’essere umano - concludeil Cardinal Siri -, l’avere il vol-to del padre e della madre, del-la famiglia, della saggezza edell’onestà procura alla Dot-

trina cristiana sociale presso ta-luni l’impressione che sia piúlenta. Certo si fa piú presto aportare con sé in viaggio diecifotografie che non dieci figli.Ma, se si pretendesse di portarsidietro dieci figli con la stessadisinvoltura con cui si portanodieci cartoncini, si sa bene co-sa succederebbe dei figli equanti ne finirebbero sotto leruote dei treni. La differenzasta qui: ad andare umanamen-te si arriva; ad andare in modoinumano, mentre si crede diavanzare, si torna indietro»(14).

Il ricordo e gli scritti del Car-dinale Siri continuino, cari ami-ci, a essere per voi un chiaro ecostante punto di riferimento.Da parte mia, auspico che l’U-CID prosegua la sua missionenella Chiesa e nella società conquell’entusiasmo e quel corag-gio con cui ha mosso i primipassi.

Lo studio della Dottrina So-ciale della Chiesa, l’attenzioneai mutamenti che segnano lavita sociale, politica ed econo-mica dell’Italia e del mondo, esoprattutto la fedeltà a Cristo eal suo perenne messaggio diverità e di amore costituisconoil bagaglio irrinunciabile perpoter affrontare anche le sfidedella nostra epoca. La celebra-zione dell’Eucaristia, che trapoco ci riunirà in Cattedrale,sarà momento privilegiato perpresentare al Signore i vostriprogetti per il futuro e chie-derGli la luce e l’aiuto per por-tarli a felice compimento. Conl’aiuto di Dio nulla è impossi-bile all’uomo!

1) N. 34.2) Giovanni Paolo II, Lett. enc.Laborem exercens, 27, in: AAS 73(1981) 644-647. 3) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lu-men gentium, 1.4) Sant’Ambrogio, De abitu Va-lentiniani consolatio, 62: PL 16,1438.5) Cfr. Atti della XLII SettimanaSociale dei Cattolici Italiani su“identità nazionale, democrazia ebene comune”, 28 sett.-2 ott. 1993.6) La catechesi per il mondo dellavoro, 25 settembre 1978, 230-2357) Ibid., 230.8) Ibid.9) La strada passa per Cristo, I,236.10) Ibid., 327.11) Ibid., 329-330.12) Ibid., 330.13) N. 31.14) La strada passa per Cristo, I,72-73.

CONGRESSO UCID TORINO 2007

ATTIVITA’

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FEDELI

ALLE RADICI

CRISTIANE

Sono tanti, ma ben riconoscibili, i volti, i nomi, i fatti che sostanziano la memoria di unaAssociazione checompie i suoi primisessant’anni

agli amici rimasti e fondò quel-l’Associazione Volontari dellaLibertà, di ispirazione cristia-na, brigate bianche a fianco diquelle rosse comuniste, distin-guendo sin d’allora il laico del-la nostra fede religiosa dal lai-co infervorato di fede politicache divenne poi di Partito.

Difendemmo allora la nostraterra, demmo aiuto a chi ave-va perso tutto, facemmo salta-re ponti e binari ferroviari perfermare i treni che portavano inGermania i nostri soldati ab-bandonati nelle caserme dopol’8 settembre, subimmo pesantie spesso inutili bombardamen-ti da quelli che dovevano di-venire nostri alleati, perdem-mo nostri amici, valorosi quan-to sfortunati, in rastrellamenti,imboscate, scontri a fuoco, ealla fine tutto finí nel pianto enella gioia e il giorno dopo co-minciammo l’opera di rico-struzione. Nel gennaio del1946, sebbene già laureato, par-tecipai con i fucini al Congressoindetto per noi a Roma.

Impiegammo 24 ore per rag-giungere la meta, zigzagandoper l’Italia del nord e del cen-tro, in vagoni freddi, privi diqualche vetro, al fine di supe-rare i fiumi ove i ponti erano ri-masti.

L’entusiasmo era alle stelle,la Fuci aveva come PresidenteNazionale Aldo Moro e VicePresidente Giulio Andreotti, inostri assistenti ecclesiasticinazionali erano Montini e Tar-dini, divenuti poi l’uno Ponte-fice e l’altro Segretario di Sta-to.

Mi sono rimaste impresse le

I miei ricordi superano di gran lunga i 60 anni!… a me è rimasto il privilegio … di esternarli perché credo che la formazionecristiana della prima giovinezza, dei tempi discuola, dell’apprendistatoal lavoro, della conoscenzadella società nella qualeviviamo, siano tutti legatida un filo mai interrottoche ci ha portati, attraverso mille esperienze, sino ad oggi

ATTIVITA’60 ANNIDI STORIA

di Aldo Tognana

Ringrazio il nostro Pre-sidente di avermi datol’opportunità di rievo-

care la storia dell’UCID dopola sua costituzione del primodopoguerra. Oltre 60 anni, lun-ghi, talvolta tumultuosi, spes-so ricchi di successi. Comun-que fedeli ai princípi cristiani,cattolici, senza un cambia-mento, senza un incrinamento,senza mai derogare dai princí-pi della Dottrina Sociale dellaChiesa.

Ma i miei ricordi superano digran lunga i 60 anni e a pochi,purtroppo, è rimasto il privile-gio, come è dato a me, di ester-narli perché credo che la for-mazione cristiana della primagiovinezza, dei tempi di scuo-la, dell’apprendistato al lavoro,della conoscenza della societànella quale viviamo, siano tut-ti legati da un filo mai interrottoche ci ha portati, attraverso mil-le esperienze, sino ad oggi. Lamia è una breve rievocazionea ricordo di tanti amici perdu-ti.

Pochi, tra voi, hanno avutol’iscrizione all’Azione Catto-lica ai tempi del fascismo, poi,da universitari diventati fucini(Federazione Universitaria Cat-tolici Italiani), spesso conside-rati avversari, se non nemicidei governanti d’allora, che cicondussero in una guerra spie-tata e distruttiva di città, fami-glie, persone inermi.

Molti di noi, caddero, dopoinenarrabili sofferenze, neicampi di battaglia e nei campidi concentramento. Chi sfuggía questa sorte per un destinoche al momento lo baciò, si uní

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… la nascita di UCID…per me è la dimostrazione piú chiara e netta che néle dittature, né le guerre,

né le situazioni piú disperate possono togliere o attutire

quei valori che la nostra fede,

la fede dei nostri padri e dei nostri avi

ha inculcato nei nostri cuori

bellissime considerazioni sulPadre Nostro dell’insigne av-vocato prof. Carnelutti e le pa-role del Pontefice Pio XII al-l’udienza concessaci in Vati-cano.

Se da queste esperienze, cheio ho oggi la fortuna di pre-sentarvi, è nata l’UCID di To-rino, Milano, Genova e di al-tre città, un motivo ci sarà purstato e per me è la dimostra-zione piú chiara e netta che néle dittature, né le guerre, né lesituazioni piú disperate posso-no togliere o attutire quei va-lori che la nostra fede, la fededei nostri padri e dei nostri aviha inculcato nei nostri cuori.

A questo personale raccontodi vita, vissuta in una trava-gliata giovinezza, e chiedo scu-sa se ho abusato della vostraattenzione, passo ora al temache mi è stato assegnato: sto-ria dell’UCID e dei suoi 60 an-ni.

Il clima del primo dopoguerraera intriso piú di speranza chedi rassegnazione. Eravamo ri-masti tutti poveri, con le taschevuote ma con la mente rivoltaal futuro e con lo spirito riccodi progetti e di coraggio. Sa-pevamo che la nostra forza eranon la solitudine ma l’unionedi uomini con programmi daformulare insieme, e chi eraricco di esperienze passate, diformazione culturale elevata eaperto alla collaborazione erapronto a dare tutto per rico-struire il nostro Paese.

Noi, cattolici, eravamo pre-parati a entrare sia nell’agoneeconomico sia in quello politi-co perché dalla Chiesa aveva-

mo ricevuto l’insegnamentodella solidarietà verso il pros-simo e del rispetto per la per-sona umana.

Nell’ottobre del 1946 la set-timana sociale, vecchia tradi-zione cattolica, fu l’occasioneper riunire, a Venezia, i Grup-pi Lombardo, Ligure e Pie-montese che sottoscrissero unamozione per la nascita dell’U-CID nazionale.

È significativo e istruttivo ri-leggere alcuni articoli di que-sta mozione: «preso atto diquanto gli imprenditori e i di-rigenti d’impresa della Lom-bardia hanno realizzato con lacostituzione di un Gruppo che,in un anno di attività, ha datomolteplici prove di iniziativefeconde per quel rinnovamen-to dei rapporti tra capitale e la-voro da tutti oggi augurato, in-dicano quali urgenti obiettividi sociale armonia:

1) la elevazione del lavora-tore nell’ambito della propriaazienda;

2) l’impegno di tutte le for-ze personali responsabili dellaproduzione, di riconoscere, co-me dovere di giustizia, la pre-stazione di un contributo effi-cace a migliorare le condizio-ni di esistenza nell’ordine mo-rale e materiale, invitano gliimprenditori e i dirigenti d’im-presa, cattolici coscienti dellapropria responsabilità moraleper la realizzazione di un ordi-ne veramente cristiano a costi-tuire, tenuto conto delle carat-teristiche economiche regio-nali, altri Gruppi auspicandoche, in breve tempo, si possagiungere a un “Movimento Na-

zionale degli Imprenditori e di-rigenti d’Impresa cattolici» di-retto all’attuazione, nell’ambi-to dell’impresa, di una genui-na “societas christiana”.

Dobbiamo oggi, tutti insieme,applaudire i nostri amici Lom-bardi che, sin dal lontano 1946,fondavano idealmente la no-stra UCID con alte finalità diordine morale per la ricostru-zione e lo sviluppo economicodel nostro Paese.

Grandi nomi, persone che ri-marranno celebri e indimenti-cabili, nella lunga storia dellanostra UCID. Sono stati gli ispi-ratori delle nostre iniziative,hanno avvicinato imprenditori

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E si interrogano, già allora, i piú grandiesperti di economia perascoltare i loro parerisui consigli di gestione,azionariato operaio,partecipazione agli utiliin un’ottica globale alfine di costruire una società i cui cittadini lavorino, insieme, per il bene comune… meta per la quale ancora oggi dibattiamo

te dei lavoratori nell’ambitodell’impresa alla luce degli in-segnamenti della Dottrina So-ciale della Chiesa.

E si interrogano, già allora, ipiú grandi esperti di economiaper ascoltare i loro pareri suiconsigli di gestione, azionaria-to operaio, partecipazione agliutili in un’ottica globale al fi-ne di costruire una società i cuicittadini lavorino, insieme, peril bene comune.

E ancora oggi il bene comu-ne è la meta agognata per laquale discutiamo, dibattiamo,proponiamo soluzioni per rag-giungerla.

Significativo fu il discorsodi Sua Santità Pio XII al Con-siglio Nazionale UCID del 31gennaio 1952 che incitava im-prenditori e dirigenti a ben ope-rare, con giustizia e con il ri-spetto dovuto verso la personaumana. Aggiungendo una for-te critica a chi voleva sovver-tire la struttura dell’impresacon iniziative pericolose e fuo-ri tempo.

Colpisce oggi la lettura ditanti scritti e documenti con-gressuali dei nostri primivent’anni. Sono attuali, pre-sentano problemi di vita civi-le, di rapporti umani, di po-vertà, di disoccupazione allaricerca di soluzioni. E a questisi aggiungono quelli derivantidalle mutazioni radicali in am-bito europeo: dall’adesione alMercato Comune alla conver-tibilità della lira, all’aperturaagli scambi industriali, alla cri-si della nostra moneta, alle par-tecipazioni statali, all’avventodei governi di centrosinistra, ai

consumi sempre piú qualifica-ti delle nostre famiglie.

Contadini che diventano ope-rai, operai che si qualificano ediventano artigiani. Questi, conil boom economico crescono,costruiscono il loro capannonesotto il campanile, assumonooperai. Il sud povero emigraverso il nord per migliorare ilproprio tenore di vita.

L’UCID è sempre presentecon le sue sollecitazioni, i suoiconsigli, con la sua innata mo-derazione nelle proposte.

Dal 1° Congresso di Veneziadel 1948 fanno seguito i con-gressi annuali di Rapallo, Ro-ma, Genova, Torino che si ri-petono nelle stesse località ag-giungendo Napoli e Assisi. Pre-sidente, dal 1947 al 1968 è Lo-renzo Valerio Bona e segreta-rio Vittorio Vaccari. L’UCID èuna realtà, un’organizzazioneche raduna uomini di valoreche si fanno ascoltare, che pro-pongono, che sono vicini a Sta-to e Chiesa per trovare sincro-nia tra le leggi dello Stato e idettami della Chiesa.

Lo sviluppo dell’economia èseguito con attenzione, vieneanalizzato e studiato al fine dimantenerlo nei confini della le-galità, le nostre riviste “Re-sponsabilità”, “Operare”,“Quaderni UCID” raccolgonopensieri, suggerimenti, propo-ste di operatori economici dal-le diverse tendenze. La cultu-ra industriale si forma, cresce,si analizza l’interesse pubblicoe quello privato sí da distin-guerli ma nello stesso tempointegrarli per il benessere ditutti.

e dirigenti suggerendo com-portamenti e mediazioni nelrapporto capitale-lavoro, speciequando lotte sociali hanno mes-so in difficoltà la gestione del-le aziende.

Voglio qui ricordarli ai vec-chi e ai giovani: il CardinaleSchuster, arcivescovo di Mila-no, il Card. Siri, arcivescovodi Genova e nostro assistentespirituale per 30 anni, VittorioVaccari, prima segretario e poi,per 20 anni, Presidente Nazio-nale, Giuseppe Palladino, Ana-cleto Benedetti e Pio Bondioliche nella rivista “Operare” e nei“Quaderni UCID” indicavanole vie per l’elevazione della sor-

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«Mentre i nevrastenicidissertano sulle

rivoluzioni e le invocano- scrive il Card. Siri a

difesa dei nuovi operatorieconomici che con mille

sacrifici cercano la loro affermazione -,esiste una rivoluzione

naturale e benefica: i contadini e i salariati

si trasformano in imprenditori»

Ma a turbare gli animi e amettere in difficoltà tutta la no-stra gente in tutte le classi so-ciali sopraggiunge il 1968, l’an-no della contestazione giovanileche parte da Parigi e si diffon-de in maniera rapida nei prin-cipali centri universitari di tut-ta Europa.

La prima conseguenza saràl’autunno caldo del 1969 conepisodi di violenza che si esten-dono dalle fabbriche alle asso-ciazioni di ispirazione cattoli-ca. Gli anni che seguono peg-gioreranno la situazione. Infattinel gennaio 1973 viene aggre-dita la sede sociale dell’UCIDLombardo e nel 1974 Ezio Ta-rantelli farà la fine che neglianni recenti colpí GiuseppeD’Antona e Marco Biagi.

L’UCID, specie il Lombardoe il Piemontese reagirono, conferma determinazione, alla sfi-da delle Brigate rosse.

Lorenzo Rossi di Montelerasulla rivista “Responsabilità”scrive un forte articolo: “Né re-pressione né violenza” e ri-volgendosi alle stesse Acli chesi oppongono ai provvedimen-ti presi da alcune aziende con-tro i violenti si esprime cosí: «sesi vuole distruggere l’apparatoproduttivo si abbia la coeren-za di dirlo con chiarezza, ci sidica anche attraverso quale al-ternativa si intende dare l’in-dispensabile benessere econo-mico alla popolazione».

Intervengono il Pontefice conl’enciclica “Octogesimo Adve-niens”, il Cardinale MichelePellegrino con i Vescovi delPiemonte. Vittorio Ferrero conun articolo su “Responsabilità”

dal titolo “Il ruolo dell’UCID”fa un pressante invito ai giovaniper un apporto di idee rinno-vatrici. Invito subito accolto enel 1973 si costituisce il Grup-po giovani del Piemonte chelancia un manifesto con de-nuncia e critiche verso chi cer-ca di sovvertire l’ordine pub-blico e con proposte per un nuo-vo umanesimo, nuovi modellid’impresa, nuovi programmid’azione per l’UCID interes-sando gruppi di studio, Uni-versità, sociologi d’impresa.

Avversione allo statalismo eal dirigismo programmatorioche sacrificano la centralità del-l’uomo nei processi di svilup-po con i suoi valori di libertà,responsabilità, dignità e crea-tività, difesa dell’iniziativa pri-vata, delle piccole e medieaziende che stanno sorgendo amigliaia, esame attento dellalegge 675 sulla ristrutturazio-ne e riconversione industrialebasata sui piani di settore, delsistema monetario Europeo,delle crisi petrolifere, del ral-lentamento dell’economia, lanascita dei distretti industriali,fenomeno che susciterà grandeinteresse non solo in Italia.

Voglio qui ricordare una so-la frase del nostro Card. Siriche prende la difesa dei nuovioperatori economici che conmille sacrifici cercano la loroaffermazione: «mentre i ne-vrastenici dissertano sulle ri-voluzioni e le invocano, esisteuna rivoluzione naturale e be-nefica: i contadini e i salariatisi trasformano in imprenditori».

I giovani della Confindustriapresentano le loro proposte che

sono sostanzialmente coinci-denti con quelle del gruppo gio-vani UCID. Occorre ap-profondirle per dare un ulte-riore e originale contributo aldibattito e per trasmetterle nel-le sedi politiche.

Pietro Giustina e CornelioValetto dell’UCID del Piemontesi esprimono, nelle loro rela-zioni, con chiarezza e moder-nità di concetti per orientare leimprese e guidare la società. Siunisce l’UCID di Novara chein un seminario discute sullepartecipazioni degli operai al-le gestioni delle aziende e alleresponsabilità che devono as-sumersi.

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Dal 15° Congresso Nazionale di Udine vengono lezioni esaustivee ancora attuali per unbuon ucidino: parlano di lavoro, di solidarietàsociale, di famiglia, di scuola e di sistemaproduttivo, di economiainternazionale, dell’uomoche ha creato il boomeconomico degli anniSessanta e che si trovapoi vuoto di valori emancante di virtú

preghiera.I Pontefici seguono con la

massima attenzione questi fe-nomeni e faranno sentire i lo-ro alti insegnamenti con le en-cicliche Redemptor Hominis,cui seguiranno Laborem exer-cens, Sollicitudo rei socialis eCentesimus Annus.

Trascorrono le due presi-denze, dal 1968 al 1975 di Ar-mando Ballerini e VincenzoCazzaniga, sostenute con spi-rito di collaborazione totale daVittorio Vaccari, eletto Presi-dente dal 1975 all1988 che conla passione sempre giovane daràl’impronta definitiva all’UCIDprecisando finalità, indirizzi,progetti.

Fu il padre della nostra Unio-ne e come tale resterà impres-so nei nostri ricordi.

Organizza, sempre Vaccari, il15° Congresso Nazionale aUdine e dà l’oneroso incaricoad Anacleto Benedetti, diretto-re (e lo fu per 30 anni) del-l’Ufficio Studi. Sarà un Con-gresso che, sull’esperienza direcenti e tristi passati, rispon-de a quanti si attendevano unapresa di posizione ferma e co-raggiosa dell’UCID cattolica,che non deroga dai suoi princí-pi e dai suoi valori.

Invito gli amici a documen-tarsi su questo Congresso e aleggere le alte e pregnanti re-lazioni del Card. Siri, di Mons.Battisti, arcivescovo di Udine,di mons. Belloli, rettore del Se-minario Lombardo di Roma, diVittorio Vaccari, di Angelo Fer-ro, di Giovanni Panati, di Atti-lio Viziano. Sono lezioni esau-stive per un buon ucidino per-

ché parlano di lavoro, di soli-darietà sociale, di famiglia, discuola e di sistema produttivo,di economia internazionale,dell’uomo che ha creato il boomeconomico degli anni sessantae che si trova poi vuoto di va-lori e mancante di virtú.

Il Congresso si chiude conl’intervento del Presidente diConfindustria Vittorio Merlo-ni che fa il punto della situa-zione economica, difficile e pe-sante, conseguenza purtroppodi un lungo periodo di lotte sin-dacali e di una politica mal con-dotta che dimentica spesso gliobblighi di mantenere in equi-librio anzitutto il bilancio sta-tale. Perché tale non fu e nonsarà anche negli anni successi-vi se il debito pubblico dal 1976al 1985 passa dal 64,4% al99,6% del P.I.L. e, in partico-lare, di 29 punti dal 1981 al1985. Ancor oggi, come bensappiamo, ne stiamo pagandole conseguenze.

E siamo agli anni Novanta.L’UCID dovrà vivere un diffi-cile decennio sul piano econo-mico, politico e sociale per ilnostro Paese e per l’Europa.Dovremo subire una pesantis-sima manovra di riequilibrioper frenare i passivi di bilanciostatale e per rendere meno one-rosa la svalutazione della lira.Assisteremo alla caduta di par-titi storici e alla nascita di par-titi nuovi e inattesi.

Le nostre aziende riescono ainserirsi nei mercati mondiali ea raggiungere buoni risultati sulpiano della redditività operati-va. La terza rivoluzione indu-striale con le nuove tecnologie

Gli anni duri non sono fini-ti: l’accordo Agnelli-Lama sul-la scala mobile che gli im-prenditori, non tutti per fortu-na, avevano interpretato comeriappacificazione e sospensio-ne degli scioperi, porterà inve-ce a una inflazione del 20%.

L’assassinio di Aldo Moronel 1978, i rapimenti di alcuniimprenditori, le manifestazio-ni di piazza creeranno un cli-ma di tensione che investiràtutto il mondo del lavoro. Le pa-role di Siri e Vaccari, piene diumanità e di apprensioneprofonda saranno il confortoper tutti quelli che nella fede siaffidano e trovano forza nella

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L’UCID, sempre attentaai problemi sociali

e morali e alla difesa della persona, troverà

nell’enciclica “Centesi-mus Annus” ricchi spunti

di approfondimento per la formazione intellettuale e per

il lavoro quotidiano. … sottolinea il ruolo

dell’imprenditore per lacreazione di un autentico

sviluppo incentrato sull’integrità dell’uomo

dell’informazione e della co-municazione porterà all’avviodi nuove occupazioni e la ri-cerca scientifica darà piú im-pulso all’economia.

L’UCID, sempre attenta aiproblemi sociali e morali e al-la difesa della persona, troverànell’enciclica Centesimus An-nus ricchi spunti di discussio-ne, di approfondimento per lanostra formazione intellettualee per il nostro lavoro quotidia-no.

Stimolanti gli articoli su“Operare” di Marco Vitale edi Emilio Iaboni.

Vitale sottolinea il valore eti-co d’impresa e del ruolo del-l’imprenditore per la creazionedi un autentico sviluppo in-centrato sull’integrità dell’uo-mo e quindi sulla diffusione delbene comune a livello univer-sale.

E continua distinguendo ilcapitalista dall’imprenditore,economia di mercato da svi-luppo certo, organizzazione del-la società e agire dell’uomo re-sponsabile. Concetti di grandeinteresse per la nostra forma-zione culturale.

La grande emozione per lacaduta del muro di Berlino e lasconfitta del comunismo so-vietico è stata però da noi ap-pannata dalla crisi di Tangen-topoli che ha messo in diffi-coltà l’UCID, dal 1991 al 1994con Presidente Giuseppe Gioiae segretario Nino Valentino.

L’UCID però conserverà laserenità e l’efficienza necessa-rie per evitare contraccolpi piúgravi e nel 1994 l’associazio-ne si arricchirà della presiden-

za di Giuseppe De Rita cui se-guiranno la presidenza di Fran-cesco Merloni e di Angelo Fer-ro con i Consulenti EcclesiasticiCardinali Michele Giordano edEnnio Antonelli.

De Rita rilancia l’UCID dalpunto di vista culturale attra-verso la pubblicazione di “Pas-saggi UCID” che affronta i te-mi piú rilevanti del momentointerrogando imprenditori egiornalisti. Nel 1995 il CENSIScon il presidente della Basili-cata Ciuffi realizza un’indagi-ne sul prestito d’onore ai gio-vani. Il 7 marzo 1997 l’UCIDfesteggia a Roma il suo 50° eil tema scelto per la celebra-zione è “La responsabilità deicristiani nel mondo dell’im-presa”. Alle riflessioni delCard. Giordano e di De Rita faseguito una tavola rotonda cuipartecipano: il Card. Ruini, DeRita, Luigi Abete, FrancescoGiacomin, Alberto Falck, Mar-co Vitale e il Card. Giordano.L’incontro si chiude con l’u-dienza del Santo Padre Paolo II.

Mutazione genetica dell’U-CID nel corso dei suoi 50 an-ni, il peso dei professionisti neiservizi, la riduzione del nume-ro di imprenditori e dirigentid’azienda, questo è il presenteche continuerà nel futuro, que-ste le previsioni di De Rita e ilCard. Ruini auspica un proget-to culturale UCID orientato insenso cristiano. Alla culturad’impresa dobbiamo coniuga-re la visione cristiana dell’uo-mo, l’etica cristiana.

Ruolo difficile, ma una sfi-da per noi.

Il nostro indimenticabile Al-

berto Falck ci intrattiene suigrandi problemi dell’efficien-za dell’impresa impegnata avincere la concorrenza che nondà tregua. Asia e Cina sarannoi nostri piú grandi avversari maapriranno nuovi mercati ancheper noi.

Francesco Merloni e Giu-seppe Accorinti saranno il Pre-sidente e il Segretario Genera-le dal 1998 al 2004. Il tema as-segnato all’UCID per questoperiodo che poi si prolungheràsino ai giorni nostri con la pre-sidenza Ferro è: “Verso la so-cietà della conoscenza e la re-sponsabilità imprenditorialeper la costruzione del bene co-

60 ANNI DI STORIAATTIVITA’

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… si stringono rapportisempre piú stretti conl’UCID internazionale,l’UNIAPAC, presente nel mondo con migliaia di associatie che dal 1933 al 2006ha tenuto 26 congressiin Europa e sud America.… si organizza a Roma,nell’ottobre 1998 un grande Convegno con l’UNIAPAC

Nervi col Papa Giovanni Pao-lo II.

Si provvede alla stesura delnostro Statuto e si lavora in-tensamente per allargare la ba-se sociale.

In occasione del Giubileo del2000, e di un’udienza conces-sa dal Pontefice, l’UCID offreal Santo Padre un consistentecontributo per la costruzionedi un complesso parrocchialenel quartiere romano Bocca.

Nel marzo 2002 l’UCID par-tecipa con 25 soci al Congres-so mondiale dell’UNIAPAC aBuenos Aires, dove il prof. Fer-ro tiene una apprezzata rela-zione sul dumping sociale e sulcommercio equo e solidale.

Nasce “UCID letter” per con-sentire un contatto diretto contutti i soci e si intensificano levisite alle sezioni provincialicon grandi consensi che pre-miano i sacrifici personali delPresidente e del Segretario ge-nerale.

Si organizza un Convegnonazionale a Torino a fine gen-naio 2003 tema: “UCID: unapresenza cristiana sul territo-rio”. L’intervento di Merloniviene molto apprezzato.

Altro Convegno a Bolognanel giugno 2000: Tema: “In-contro di riflessione dell’U-CID”. Il Gruppo giovani dellasezione di Torino, il piú anzia-no e il piú attivo tra i gruppi gio-vani presenta un documentoche si dovrebbe leggere e me-ditare perché contiene consi-derazioni, proposte, previsio-ni sul nostro futuro.

Terza iniziativa della Presi-denza è un Convegno organiz-

zato il 17 ottobre 2003 a Romapresso il Palazzo della Cancel-leria.

Chi non fu presente perseun’occasione forse unica di sen-tire opinioni su “Etica ed eco-nomia, norme, comportamen-ti e valori” dai piú bei nomidell’intellighenzia italiana: Bal-dassarre, Casavola, Amato, DeRita, Ferro e l’ospite FrançoisMichelin.

Mons. Betori e mons. Schia-von aprono i lavori con paroledi alta spiritualità e rara intel-ligenza.

Nel 2004 Merloni passa lapresidenza ad Angelo Ferro elascia un ricordo di grande im-prenditore, di fervente cattoli-co, di uomo impegnato a rea-lizzare il programma che si èproposto. Quello di rendere for-te l’UCID perché portatore divalori cristiani indispensabiliper il miglioramento etico del-la nostra gente.

Ferro inizia nominando vicepresidente un giovane impren-ditore che si impegnerà subitoad organizzare tre riunioni aBrescia, Loreto e Palermo.

Dà incarico a Gianni Loca-telli di assumere la direzione di“UCID Letter” che viene spe-dita ai soci (con scadenza qua-drimestrale) insieme alla rivi-sta “Etica per le professioni -Questioni di etica applicata”.

Poi vengono costituiti Grup-pi di lavoro per il Microcredi-to e la Microfinanza. E qui vo-glio elogiare l’opera del presi-dente regionale Veneto Raf-faele Bono per quanto ha saputoottenere nel merito con la col-laborazione volontaria di esper-

mune”.La nuova Presidenza stringe

rapporti sempre piú stretti conl’UCID internazionale, l’U-NIAPAC, presente nel mondocon migliaia di associati e chedal 1933 al 2006 ha tenuto 26congressi in Europa e sud Ame-rica.

Merloni, con l’alta regia diAccorinti, organizza a Roma,nell’ottobre 1998 un grandeConvegno con l’UNIAPAC cheregistra una straordinaria par-tecipazione di soci, familiari esimpatizzanti (800 persone dicui la metà proveniente da 20Paesi di tutto il mondo) con in-contri in Quirinale e in Aula

ATTIVITA’60 ANNI DI STORIA

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Oggi, le nostre sezionicoprono tutta Italia

e l’UCID cresce, è apprezzata,

dà molto per migliorareuna società oggi

in confusione profondadi idee, anche le piú assurde,

che si trasferiscono poi in politica

danneggiandola seriamente

ti: esempio ucidino per tutti noi.Ciuffi, Sorrentino e Perone

lavoreranno intensamente per larealizzazione di queste inizia-tive nel Sud.

Nasce il sito UCID in inter-net. Strumento utilissimo perconoscerci e farci conoscere.

I tre presidenti De Rita, Mer-loni e Ferro pubblicano nel2005 un appello, che avrà ri-sonanza nazionale, per una nuo-va “cultura dell’offerta”.

Il 4 marzo 2006 Ferro sarà,con Lupi, Scanagatta e tanti al-tri collaboratori, l’artefice delnostro piú grande evento: l’u-dienza concessa dal Santo Pa-dre Benedetto XVI nell’aulaNervi. 9.000 ucidini, familiarie simpatizzanti poterono assi-stere a una eccezionale mani-festazione di devozione versoil Pontefice che ci ricambiò conparole affettuose e riconoscen-ti per l’opera che svolgiamonella nostra società. Altre 4.000persone che non potranno ave-re accesso all’aula dovrannoattendere una seconda udienza.

La giornata si conclude, nelpomeriggio, con il convegnoorganizzato dal Gruppo giova-ni e con la partecipazione dipersone di spicco del mondobancario, industriale e dellosport. Chiude l’incontro De Ri-ta con la sua impareggiabilemaestria.

A Milano il 16 giugno 2007viene presentato il nostro Rap-porto sulla “Coscienza im-prenditoriale nella costruzio-ne del bene comune”.

L’attività frenetica e travol-gente di Ferro che investe an-che i suoi collaboratori porta en-

tusiasmo per realizzare tantiprogetti e iniziative già in cor-so.

L’elenco sarebbe lungo maquesti momenti li vivete e liconoscete.

Le nostre sezioni coprono oratutta Italia e l’UCID cresce, èapprezzata, dà molto per mi-gliorare una società oggi in con-fusione profonda di idee, anchele piú assurde, che si trasferi-scono poi in politica danneg-giandola seriamente.

E a chiusura di questo rac-conto per me e spero per tuttivoi esaltante, credo si debba ri-volgere un grandissimo graziea quanti hanno lavorato e la-vorano per l’UCID e per i va-lori che vuole divulgare.

E permettete che, come miopersonale contributo, aggiungala lettura dei pensieri di coluiche dedicò tutta la vita per lalibertà della sua India, pensie-ri che possono essere i dogmidella nostra Associazione:«L’uomo si distrugge con lapolitica senza princípi, con laricchezza senza lavoro, con l’in-telligenza senza sapienza, congli affari senza morale, con lascienza senza umanità, con lareligione senza fede, con l’a-more senza sacrificio».

«L’uomo si distrugge con la politica senza princípi,

con la ricchezza senza lavoro,

con l’intelligenza senza sapienza,

con gli affari senza morale,con la scienza

senza umanità,con la religione

senza fede,con l’amore

senza sacrificio»

60 ANNI DI STORIAATTIVITA’

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PER UN IMPEGNO

RINNOVATO

E CREATIVO

Questa è la nostraidentità e missione:testimoniare con le opere nella vita economica e sociale i valori cristiani

suti sul finire degli anni Ses-santa con la contestazione e lacrisi dei valori; gli anni criticiattraversati dalla nostra asso-ciazione negli anni Novanta ela voglia di rinascita che ne èseguita nei primi anni del nuo-vo millennio; sino ad arrivareai giorni nostri in cui tutti sia-mo impegnati per la costruzio-ne di una nuova coscienza im-prenditoriale cristiana per larealizzazione del bene comune.

“Memoria” e “identità” del-l’UCID sono come due ali checi devono far volare piú in al-to rispetto alla normale deon-tologia professionale, puntan-do verso il bene comune chetrova fondamento nell’amoredi Dio verso l’uomo fatto a suaimmagine e somiglianza.

“Memoria e identità” è il ti-tolo di un bellissimo libro checi ha lasciato Giovanni PaoloII, Maestro di Dottrina Socia-le Cristiana.

Il grande Pontefice evidenziala grave frattura che si è venu-ta a determinare, negli anni del-l’illuminismo e dell’etica utili-taristica, tra il bene giusto e ilbene utile. Nell’etica utilitari-stica, il perseguimento del pro-prio interesse porta come con-seguenza alla realizzazione delbenessere generale. Nell’eticaaristotelico-tomistica, invece,il bene giusto precede il beneutile e il perseguimento del pri-mo porta al raggiungimento delsecondo.

L’etica aristotelica conside-

“Memoria” e “identità” dell’UCID sono comedue ali che ci devono far volare piú in alto rispetto alla normaledeontologiaprofessionale, puntando verso il bene comune che trova fondamentonell’amore di Dio verso l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza

ATTIVITA’MEMORIA E IDENTITÀ

a cura di Giovanni ScanagattaSegretario Generale dell’UCID

La celebrazione del ses-santesimo della nostraassociazione costituisce

un’occasione propizia per ri-scoprire attraverso la memoriala nostra identità, ripercorren-do il lungo cammino che ab-biamo compiuto dal dopo-guerra ad oggi.

INTRODUZIONE

Il primo passo ufficiale perla costituzione dell’UCID na-zionale è stato compiuto nel-l’ottobre del 1946 in occasio-ne della settimana sociale deicattolici italiani a Venezia, conuna mozione sottoscritta daiGruppi Lombardo, Ligure ePiemontese. Quest’anno, nelmese di ottobre, abbiamo ce-lebrato a Pisa e a Pistoia il cen-tenario della nascita delle set-timane sociali dei cattolici ita-liani, evento nato da una pro-fetica intuizione di GiuseppeToniolo.

Il tema scelto per la cele-brazione è il “Bene comune”,un impegno che viene da lon-tano, quindi in sintonia con ilRapporto UCID 2007 “La co-scienza imprenditoriale nellacostruzione del bene comune”,presentato a Milano il 16 giu-gno scorso.

Momenti di grande entusia-smo hanno caratterizzato i pri-mi anni di vita dell’UCID perdare un ordine morale alla ri-costruzione e allo sviluppo eco-nomico del nostro Paese. Ri-cordiamo i periodi difficili vis-

Questa monografia è stata curata dal Segretario Generale, Giovanni Scana-gatta, con la collaborazione di Giovanni Manili e Riccarda Zucca cui vannoi piú sentiti ringraziamenti. Un grazie particolare va a Guiscardo Lupi per l’aiu-to assicurato nella ricerca delle fonti su cui si basa la presente monografia.

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I due timoni della responsabilità sociale e

dell’efficienza economicadevono intrecciarsi ecamminare insieme.

L’imprenditore, «deve saperli governare

entrambi in sincronia -sosteneva il Segretario

Generale dell’UCID, Vittorio Vaccari, nel 1950

- per mantenere una giusta direzione di rotta,

e non tenere uno soltantoe lasciare dell’altro

ad altri il governo …»

rava altresí il popolo come unacomunità di persone che con-divideva due princípi fonda-mentali: il diritto e il desideriodel bene comune.

Primaria responsabilità del-l’imprenditore, e in particola-re dell’imprenditore cristianoiscritto all’UCID, è superare lafrattura tra economia effettivae bene comune, che tante vol-te si è prodotta nella storia e cheviviamo, in forma acuta ai no-stri giorni, con il riduzionismoeconomico e con il relativismoetico di cui parla BenedettoXVI.

Si è affievolito l’amore per ilbene comune e gli imprendito-ri cristiani devono costituire laminoranza creativa da cui di-pende il futuro di ogni società.

I due timoni della responsa-bilità sociale e dell’efficienzaeconomica devono intrecciar-si e camminare insieme, comeviene molto ben evidenziatonel terzo Congresso Naziona-le dell’UCID che si è svolto aRoma nel 1950. Il logo sceltoper quel Congresso raffigura idue timoni intrecciati del so-ciale e dell’economico che sem-pre devono legarsi in ogni im-presa.

Come si legge nella Rela-zione del Segretario Generaledell’UCID, Vittorio Vaccari(piú tardi diventato lo “storico”Presidente nazionale dell’U-CID per oltre vent’anni) unbuon pilota, cioè l’imprendito-re, «deve saperli governare en-trambi in sincronia per mante-nere una giusta direzione di rot-ta, e non tenere uno soltanto elasciare dell’altro ad altri il go-

verno. Un buon imprenditoredeve mettere ogni impegno perottenere questa armonia dina-mica e questo equilibrio per ga-rantire la stabilità dell’ordina-mento economico-sociale» (1).

Come è emerso nel Rappor-to UCID 2007, presentato a Mi-lano nel mese di giugno scor-so, il valore economico del-l’impresa eticamente respon-sabile può superare, nel lungoperiodo, quello dell’impresache persegue unicamente l’o-biettivo del profitto, grazie alrisultato di una comunità di per-sone che lavorano per un me-desimo obiettivo guidate dal-l’imprenditore, in particolarel’imprenditore cristiano, cheesprime la sua autorità comeservizio, con coscienza e ca-rità.

I primi anni di vita dell’UCIDsono caratterizzati da un gran-de fervore di iniziative, di pub-blicazioni, di dibattiti, di pun-ti di vista dell’associazione suidiversi provvedimenti di natu-ra economica, legislativa e so-ciale.

Si tratta di iniziative dell’U-CID nazionale e dei Gruppi Re-gionali formatisi nel dopo-guerra, dopo la nascita delGruppo Lombardo di Dirigen-ti d’Impresa Cattolici avvenu-ta nel maggio del 1945, appe-na qualche settimana dopo la fi-ne della guerra in Italia, con laliberazione del Nord, su im-pulso dell’allora Arcivescovo diMilano Card. Schuster.

Tra le pubblicazioni, ricor-diamo:

• il servizio quindicinale didocumentazione sociale invia-

to ai membri dell’Unione;• il giornale sociale per ca-

pi d’azienda pubblicato men-silmente dal Gruppo Piemon-tese dell’UCID e inviato ad ol-tre cinquemila industriali del-la Regione;

• i “Quaderni UCID” cura-ti dall’Ufficio Studi nazionale,sotto la direzione ultratrenten-nale del Prof. Anacleto Bene-detti;

• la Rivista “Operare”, or-gano ufficiale dell’associazio-ne, curata dal Gruppo Lom-bardo;

• la Rivista “PassaggiUCID” della Presidenza na-zionale (De Rita);

MEMORIA E IDENTITÀ ATTIVITA’

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«… la volontà degli imprenditori cristiani di essere all’altezza della loro tradizione di iniziativa e di responsabilità … Tutto questo … è preoccupazione di stabilire un metodo, di creare una coscienza, di far nascere uno stile da industriale moderno e lungimirante»

Si tratta dei Congressi mon-diali a cui l’UCID partecipasempre in maniera attiva e del-le pubblicazioni curate dall’U-NIAPAC, come il Bulletin ilcui primo numero è stato pub-blicato a Bruxelles nel mese digennaio del 1961. In tale Bol-lettino appaiono: i messaggi in-dirizzati dai Papi all’UNIA-PAC in occasione dei Congressimondiali e delle periodicheudienze a Roma, gli interventidel Cardinale Siri (Consulentemorale dell’UCID nazionale),del Segretario Nazionale Vit-torio Vaccari, dei rappresen-tanti dei Gruppi Regionali (3).

Abbiamo celebrato il nostrosessantesimo a Torino e ci sem-bra per questo significativo vol-gere la nostra memoria al Gior-nale sociale per i capi d’a-zienda, curato mensilmente dalGruppo Piemontese dell’UCID.Il suo titolo è “Responsabilità”e il primo numero viene pub-blicato nel maggio del 1949.Ci piacerebbe che questa ini-ziativa venisse ripresa dal Grup-po Piemontese, sia pure in for-me e modalità diverse.

La premessa che apre il pri-mo numero di “Responsabi-lità” ha il carattere di appelloed è interessante ricordarne ipunti salienti.

«Questo foglio, - si legge -,che si presenta agli imprendi-tori piemontesi, vuole essereun mezzo di collegamento peraprire delle discussioni, comu-nicare delle esperienze, cerca-re delle soluzioni. Ma è anche,e soprattutto, l’affermazionedella volontà degli imprenditoricristiani di essere all’altezza

della loro tradizione di inizia-tiva e di responsabilità. È orache anche nel campo dei pro-blemi sociali, gli Imprenditorida trascinati diventino trasci-natori, che non si lascino piúguidare da chi sempre e sol-tanto chiede, ma siano essi stes-si a guidare e precedere il cor-so dell’evoluzione che premealla porta e condanna chi nonsi adegua: e contribuiscano co-sí alla rivalutazione della lorofigura, da troppo tempo svalu-tata, e spesso calunniata e odia-ta. Tutto questo non è politica,non è sindacalismo. È preoc-cupazione di stabilire un me-todo, di creare una coscienza,di far nascere uno stile da in-dustriale moderno e lungimi-rante».

Il Giornale del Gruppo Pie-montese, fin dall’inizio, pren-de posizione sulle diverse que-stioni economiche e sociali delPaese, come il diritto di scio-pero e di serrata, la partecipa-zione agli utili da parte dei di-pendenti, l’azionariato ope-raio, i consigli di gestione, l’e-dilizia per i lavoratori, la lottacontro gli infortuni sul lavoro,i modelli di previdenza, la que-stione agraria, la responsabi-lità sociale dell’impresa.

Su tali temi vengono svoltisondaggi di opinione presso gliindustriali di Torino e del Pie-monte, i cui risultati vengonopresentati e commentati nelGiornale.

È interessante soffermarcibrevemente sul sondaggio diopinione lanciato dal Giornalenel numero di settembre del1949 sul tema della responsa-

• il Notiziario “Presenza”del Gruppo Regionale Roma-no-Laziale;

• schede per incontri tra im-prenditori, dirigenti e liberi pro-fessionisti dell’Ufficio Nazio-nale per i Problemi Sociali e ilLavoro della Conferenza Epi-scopale Italiana (2).

A questa intensa attività in-terna dell’UCID, si affiancaquella relativa alla partecipa-zione alle attività dell’UnionInternationale des AssociationsPatronales Catholiques(UNIAPAC), nata nel 1931, lostesso anno della pubblicazio-ne dell’enciclica sociale di PioXI, “Quadragesimo Anno”.

ATTIVITA’MEMORIA E IDENTITÀ

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La contrapposizione tra capitale e lavoro lascia il posto, nellaconcezione cristiana

dell’economia, a una visione integrata

dalla presenza dell’imprenditore come

persona responsabileche mira alla costruzione

del bene comune attraverso lo sviluppo

e la solidarietà

bilità sociale degli imprendito-ri, un tema particolarmente sen-sibile in quegli anni in cui si do-vevano affrontare grandi pro-blemi di cambiamento del Pae-se.

Si tratta di un questionarioformato da tredici domande ri-guardanti:

• il ruolo del livello dei sa-lari nella determinazione delclima sociale nelle aziende;

• il rapporto di collabora-zione tra imprenditore e di-pendenti contrapposto a quel-lo di natura esclusivamente eco-nomica e gerarchica;

• i modelli di assistenza ai di-pendenti ritenuti piú adeguati;

• i modelli di partecipazio-ne dei dipendenti alla vita e al-le scelte dell’impresa;

• le cause di malcontento deilavoratori in azienda;

• la graduatoria dei proble-mi da risolvere che interessa-no di piú i dipendenti (sicurez-za nella vecchiaia, sicurezzadell’impiego, assegni familia-ri, riqualificazione del perso-nale, consigli di gestione, caseper i lavoratori, salario ad in-centivo, partecipazione agli uti-li, azionariato operaio);

• il ruolo dello Stato e delleimprese nell’affrontare i pro-blemi sociali dei lavoratori;

• costi e rendimenti per leimprese delle iniziative di na-tura sociale.

I risultati dell’indagine svol-ta presso i lettori di “Respon-sabilità” sono illustrati nel nu-mero di dicembre 1949 delGiornale.

La Dottrina Sociale dellaChiesa, come si legge nel pri-

mo numero della Rivista “Ope-rare” di dicembre 1945, nonha modelli economici da pro-porre ma si preoccupa che le co-struzioni umane siano rispet-tose della centralità dell’uomorispetto all’economia, dei suoivalori di libertà, di responsabi-lità e di dignità.

La Chiesa indica soltanto iprincípi morali di un’economiacristiana, lasciando ai laici, e nelnostro caso agli imprenditoricristiani, la ricerca e l’attua-zione delle soluzioni tecnichedei problemi nel rispetto di queiprincípi. Si tratta di una visio-ne veramente anticipatrice chetroverà successivamente largaconsacrazione nel ConcilioEcumenico Vaticano II (LumenGentium) tenutosi nei primi an-ni Sessanta.

Le questioni di etica cristia-na applicata devono essere re-sponsabilmente risolte dai lai-ci nel rispetto di tre princípifondamentali, come si leggenel primo numero di “Opera-re” del 1945: a) l’economia de-ve essere al servizio dell’uo-mo e non l’uomo al serviziodell’economia; b) assicurare lafunzione sociale della proprietàprivata; c) considerare il capi-tale e il lavoro non come anta-gonisti ma come cooperatorinella costruzione del bene co-mune.

La contrapposizione tra ca-pitale e lavoro, generatrice nelcorso della prima rivoluzioneindustriale di tante lotte e con-flitti, rispetto ai quali l’encicli-ca Rerum Novarum del 1891 diLeone XIII aveva levato la suavoce ispirata ai perenni valori

del Vangelo, lascia il posto, nel-la concezione cristiana dell’e-conomia, a una visione inte-grata dalla presenza dell’im-prenditore come persona re-sponsabile che mira alla co-struzione del bene comune at-traverso lo sviluppo e la soli-darietà.

Si sposta l’attenzione dal-l’impresa come istituzione al-l’imprenditore come personache ha un rapporto con Dio chelo ha scelto, attribuendogli an-che i talenti necessari, e a cuidà la sua risposta positiva.

Capitalista e imprenditorenon vengono piú accomunati,come nella visione materialista

MEMORIA E IDENTITÀ ATTIVITA’

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L’imprenditore cristianonon si limita a guardarealla creazione di valoreaggiunto contabile per la propria azienda, ma tiene in considerazioneanche il valore economicoe sociale creato grazieall’attenzione verso i collaboratori, la comunità locale, le istituzioni, i clienti e i fornitori, gli azionisti

L’imprenditore cristiano:• coltiva il valore della con-

divisione piuttosto che il me-todo della concertazione;

• ha lo sguardo sul lungo ter-mine piuttosto che sul breve;

• piú che alla delocalizza-zione produttiva tout court pun-ta alla internazionalizzazionedella sua impresa per la co-struzione del bene comune uni-versale;

• non si limita a guardare al-la creazione di valore aggiun-to contabile per la propria azien-da, ma tiene in considerazioneanche il valore economico esociale creato grazie all’atten-zione verso i collaboratori, lacomunità locale, le istituzioni,i clienti e i fornitori, gli azio-nisti.

La presente monografia su“memoria e identità dell’U-CID” - nella celebrazione delsessantesimo di costituzione -si muove nella linea della con-tinuità rispetto alle pubblica-zioni che in passato sono statepreparate ad ogni decennio dicostituzione dell’UCID Na-zionale, a partire dal 1946.

Si ha oggi il vantaggio diguardare un periodo piú lungodella nostra vita associativa,con la possibilità di mettere inutile confronto i periodi buonie quelli difficili dell’UCID, nel-l’ambito delle alterne vicendeeconomiche e sociali del no-stro Paese che si sono succedutedopo la seconda guerra mon-diale, nello scenario europeo emondiale.

Da questa memoria dobbia-mo trarre i motivi per il raffor-zamento della nostra identità e

della nostra missione negli an-ni a venire, fedeli ai princípiche troviamo nella costituzio-ne della nostra associazione: laformazione ai valori cristiani,la diffusione e la testimonian-za con le opere nella vita eco-nomica e sociale.

NASCITA E IMPULSO

DELL’UCID: 1947-1967Gli anni della ricostruzione e dello sviluppo dell’Italia: il cammino condiviso di economia e morale

La nascita dell’UCID il 31gennaio del 1947 trae originedal Gruppo Lombardo Diri-genti di Impresa Cattolici, sor-to nel 1945, e dai Gruppi Li-gure, Piemontese ed Emilianoavviati nello stesso anno o po-co tempo dopo.

La mozione che preannun-cia la costituzione dell’UCIDcome movimento nazionale de-gli imprenditori e dei dirigen-ti cristiani d’impresa avviene inoccasione della ventesima Set-timana Sociale dei Cattolici Ita-liani svoltasi a Venezia nel me-se di ottobre del 1946. Il testodella mozione, assieme al re-soconto della riunione del 6 di-cembre 1946 a Milano chepreannuncia la costituzione delComitato promotore dell’U-CID e all’atto costitutivo dellanostra associazione approvatoa Milano il 31 gennaio 1947,vengono riproposti con altri do-cumenti storici a testimonian-za dell’attività dell’UCID neiprimi vent’anni di vita.

Ci piace ricordare con le pa-role del Cardinale Giuseppe Si-ri, grande protagonista insie-

della storia e della lotta di clas-se, ma distinti, facendo emer-gere il ruolo dell’uomo im-prenditore come artefice dellosviluppo grazie ai suoi valori dilibertà, responsabilità e creati-vità che sono un riflesso del-l’immagine di Dio che lo hafatto a sua immagine e somi-glianza.

La visione cristiana distin-gue non solo tra impresa e im-prenditore come persona, maanche su altri piani come èemerso nel corso del dibattitosul Rapporto UCID 2007 sul-la coscienza imprenditorialenella costruzione del bene co-mune.

ATTIVITA’MEMORIA E IDENTITÀ

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3/2007 • UCID Letter

«Ci si rendeva conto - scriveva il Card. Siri -

che per rendere piú facilela vita ai lavoratori

bisognava, tra l’altro, far riflettere seriamentequelli che li guidavano.

Abbiamo detto: vogliamo aiutare la

posizione dei lavoratori? Andiamo a ragionare di verità e di giustizia

con quelli che li governano»

me al Cardinale Ildefonso Schu-ster di Milano della nascita del-l’UCID in anni difficili del no-stro Paese, nei quali procla-marsi pubblicamente impren-ditori cristiani comportava an-che una manifestazione pub-blica di coraggio civile. Il Car-dinale Siri è stato poi per oltretrent’anni assistente spiritualedell’UCID, partecipando atti-vamente alle sue diverse atti-vità.

Ricordiamo in proposito lesue parole: «Nei primi mesi del1945 si ebbe la prima idea diraccogliere in una associazio-ne gli imprenditori che fosse-ro convinti dell’azione da in-traprendere. Per avviare a so-luzione ed equilibrare giusta-mente la questione sociale bi-sogna che la classe dirigentepossa ragionare in termini cri-stiani e morali. Ci si rendevaconto che per rendere piú faci-le la vita ai lavoratori bisogna-va, tra l’altro, far riflettere se-riamente quelli che li guidava-no. Abbiamo detto: vogliamoaiutare la posizione dei lavo-ratori? Andiamo a ragionare diverità e di giustizia con quelliche li governano» (4).

La nascita del nostro movi-mento si inquadrava nella ne-cessità generale di dare un or-dine morale alla ricostruzionee allo sviluppo del nostro Pae-se, dopo le grandi distruzioni elacerazioni prodotte dalla guer-ra. Possiamo dire che in questoperiodo, ricostruzione e svi-luppo economico hanno cam-minato insieme alla morale, inun rapporto di condivisione percostruire il bene comune.

Abbiamo posto i confini diquesto primo periodo dal 1947,anno di nascita della nostra as-sociazione, al 1967 in cui è sta-ta pubblicata l’enciclica socia-le di Paolo VI, Populorum Pro-gressio.

All’interno di questo perio-do, vengono individuate quat-tro fasi diverse che distinguo-no:

a) i primi anni di vita asso-ciativa fino alla fine degli an-ni Quaranta;

b) gli anni Cinquanta con legrandi scelte di apertura del-l’economia del nostro Paeseagli scambi internazionali conl’adesione al Mercato ComuneEuropeo e la convertibilità del-la lira;

c) il periodo del boom eco-nomico dei primi anni Sessan-ta con una progressiva apertu-ra dell’economia italiana agliscambi internazionali e con unsalto di qualità dei modelli diconsumo delle famiglie italia-ne;

d) la crisi della lira del 1964,il suo superamento e la cresci-ta successiva all’intervento del-lo Stato in economia sia diret-tamente che indirettamente, at-traverso il sistema delle parte-cipazioni statali, in coinciden-za con l’avvento dei governi dicentro sinistra nei primi anniSessanta.

I primi anni di vita associativa fino alla fine degli anni Quaranta

I primi tempi di vita dell’as-sociazione, fino alla fine deglianni Quaranta, appaiono ca-ratterizzati dalla forte preoc-

cupazione per la conciliazionedei conflitti tra capitale e lavo-ro, alla luce degli insegnamen-ti della Rerum novarum del1891 di Leone XIII.

Ne abbiamo puntuale evi-denza nei primi numeri dellaRivista “Operare” diretta daPio Bondioli, dedicati alle vieper l’elevazione della sorte deilavoratori nell’ambito dell’im-presa, sul piano dell’economianazionale, nei rapporti econo-mici internazionali.

In questa direzione si muo-vono gli articoli di FrancescoVito dedicati all’atteggiamen-to del datore di lavoro di fron-te al problema sociale; di Amin-

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L’UCID, già dagli inizi,richiama l’attenzionedei responsabili dell’economia sul valore e sulle esigenze della persona umana nel mondo del lavoro. Il rispetto di queste esigenze insostituibili è il fondamento del bene comune e aquesta istanza etica ogni altra considerazioneva subordinata

tale e lavoro, come i consigli digestione, l’azionariato operaio,la partecipazione agli utili. Sitratta di temi molto delicati econtroversi su cui i dirigentid’impresa cattolici decidono diadottare una importante mo-zione.

Dopo la costituzione dell’U-CID nazionale nel 1947, la Ri-vista “Operare” diventa l’or-gano ufficiale dell’associazio-ne ed essa offre pregevoli ana-lisi della situazione e dei pro-blemi economici, finanziari esociali del nostro Paese, assie-me a contributi sui compiti e laresponsabilità degli imprendi-tori e dei dirigenti cristiani al-la luce del Vangelo e della Dot-trina Sociale della Chiesa. Gliarticoli piú significativi dellaRivista “Operare” vengono ri-proposti nella collana di “Qua-derni UCID”, diretta da Ana-cleto Benedetti, per oltretrent’anni direttore dell’Uffi-cio studi della nostra associa-zione. Buona parte di questicontributi è curata dal CardinaleGiuseppe Siri, dal SegretarioGenerale Vittorio Vaccari, daAnacleto Benedetti e dal col-laboratore dell’Ufficio studiGiuseppe Palladino (5).

Nell’ottobre del 1948 si tie-ne a Venezia il primo Conve-gno nazionale dell’UCID sultema “L’uomo nel mondo del la-voro”. Come si legge nell’In-troduzione degli Atti del Con-vegno, l’UCID già dagli inizivuole richiamare l’attenzionedei responsabili dell’economiasul valore e sulle esigenze del-la persona umana nel mondodel lavoro. Il rispetto di queste

esigenze insostituibili è il fon-damento del bene comune e aquesta istanza etica ogni altraconsiderazione va subordina-ta. Essa impegna l’imprendi-tore, nei suoi doveri di respon-sabilità, di iniziativa e di ri-schio, a esprimere, nel mondodella produzione e dello scam-bio, forme di collaborazionetecnicamente efficaci e validea restituire un volto umano almondo del lavoro.

La relazione di apertura vie-ne svolta da Lorenzo ValerioBona, Presidente dell’UCIDnazionale, sul tema “Respon-sabilità sociali nel mondo del-la produzione”. Segue la co-municazione di SalvatoreChiaudano dell’UCID di Tori-no sulla funzione etica del-l’impresa. I lavori del Conve-gno si svolgono su due sezio-ni separate dedicate ai settoridell’industria e dell’agricoltu-ra.

Al termine della prima gior-nata, S.E. Mons. Giovanni Ur-bani tiene una meditazione sulpensiero evangelico.

La seconda giornata iniziacon la presentazione riassunti-va dei risultati delle due com-missioni su industria e agri-coltura e prosegue con la Re-lazione organizzativa presen-tata dal Segretario Generaledell’UCID, Vittorio Vaccari.Vengono infine illustrate e ap-provate delle mozioni.

Gli anni Cinquanta

Negli anni Cinquanta, conl’uscita del nostro Paese daldifficile periodo dell’immediatodopoguerra, vengono fatte le

tore Fanfani sulla rivoluzionedemocratica, che affronta inun’ottica storica e alla luce de-gli insegnamenti del Vangelo ilproblema dei soggetti (Stato,gruppi sociali, imprenditori, di-rigenti, cittadini) responsabilinella costruzione del bene co-mune; di Innocenzo Gasparinisulle discussioni passate e pre-senti sui consigli di gestione; diFranco Feroldi sulla politicaeconomica e la pacificazionedelle aziende.

In questo periodo molti arti-coli della Rivista “Operare”sono dedicati alla presentazio-ne di casi concreti per il supe-ramento dei conflitti tra capi-

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«Accomunando le produzioni di base

- scrive Jean Monnet nel suo memorandum del

1950 - e istituendo una nuova Alta Autorità, le

cui decisioni vincolerannola Francia, la Germania

e i Paesi che vi aderiranno, questa proposta getterà

le prime fondamenta concrete di una

federazione europea indispensabile

per preservare la pace»

scelte politiche fondamentali eposte le fondamenta delle gran-di trasformazioni strutturali cheporteranno al boom economi-co dei primi anni Sessanta e al-l’attribuzione alla lira dell’o-scar della stabilità.

Si tratta dell’adesione del no-stro Paese a una serie di ac-cordi che porteranno alla con-vertibilità della lira e alla fis-sazione della nuova parità del-la nostra moneta: l’Unione Eu-ropea dei Pagamenti (UEP),l’Accordo Monetario Europeo(AME), la fissazione del nuo-vo tasso di cambio della lira ri-spetto al dollaro in sede di Fon-do Monetario Internazionale(FMI).

In tale campo, Guido Carli,divenuto in seguito, prima Mi-nistro del Commercio con l’E-stero e successivamente Go-vernatore della Banca d’Italia,dopo Donato Menichella, hasvolto per l’Italia un lavoromolto apprezzato in campo in-ternazionale.

La scelta politica fondamen-tale riguarda l’adesione dell’I-talia al Mercato Comune Eu-ropeo con la firma dei Trattatidi Roma del 1957.

Essa segue l’adesione delnostro Paese alla Comunità Eu-ropea del Carbone e dell’Ac-ciaio (Ceca) e agli accordi perl’energia atomica (Euratom).

Nel 1958 nasce la Banca Eu-ropea degli Investimenti (Bei)(6) per assicurare un sostegnofinanziario al processo di ac-cumulazione necessario per larealizzazione del mercato co-mune. È il disegno dei grandipadri fondatori dell’Europa, il

cui pensiero era sostenuto dauna grande fede nei valori delcristianesimo (7), unita a unforte pragmatismo e a una gran-de capacità decisionale. Em-blematiche appaiono a questoriguardo le parole di Jean Mon-net nel suo memorandum del1950: «Accomunando le pro-duzioni di base e istituendo unanuova Alta Autorità, le cui de-cisioni vincoleranno la Fran-cia, la Germania e i Paesi chevi aderiranno, questa propostagetterà le prime fondamentaconcrete di una federazione eu-ropea indispensabile per pre-servare la pace». Cosí nascenel 1952 la Ceca (ComunitàEuropea del Carbone e del-l’Acciaio), sulla base dell’ac-cordo con Schuman, Adenauere De Gasperi. Jean Monnet saràil primo Presidente della Ceca.

Questa visione dei padri fon-datori dell’Europa, fondata sul-le radici cristiane, trova mani-festazione concreta nell’eco-nomia sociale di mercato par-ticolarmente presente in Ger-mania negli anni Cinquanta del-la ricostruzione e negli anniSessanta dello sviluppo. L’e-conomia sociale di mercato pro-pugnata da Ludwig Erhard ga-rantisce al Paese stabilità mo-netaria e un quadro giuridico incui le imprese possono cresce-re liberamente.

Negli anni Cinquanta e Ses-santa la crescita del prodottointerno lordo è del 6-7%, quan-do nello stesso periodo la cre-scita della Gran Bretagna eradel 2,5% (8).

In questo modo si pongonole basi economiche e moneta-

rie per l’inserimento dell’eco-nomia italiana nel grande pro-cesso dell’integrazione euro-pea e degli scambi internazio-nali.

La nostra economia riceveràda queste scelte benefici fon-damentali in termini di svilup-po e di occupazione, favoritadalla struttura bassa del costodel lavoro rispetto agli altri Pae-si Europei e dall’abbondanzadella manodopera soprattuttonel Mezzogiorno. Il prodottointerno lordo in termini realicresce a ritmi intorno al 6% al-l’anno e la produzione indu-striale al 10%. Questo grandeimpulso è frutto di una cresci-

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Mentre molti ritenevanoche il futuro economico e sociale del nostro Paesesarebbe dipeso dallagrande impresa, altri, invece, sottolineavanol’importanza della nascitae dello sviluppo di un sistema di piccole e medie imprese, legate alle specificità del territorio e alle comunitàlocali, diretta espressionedelle grandi potenzialitàdella famiglia

no monetario”, pubblicato nelnumero 13 dei “QuaderniUCID”. In tale contributo fi-gura anche un interessantespaccato di figure di grande ca-risma e responsabilità socialecome Luigi Sturzo e DonatoMenichella. Altri contributi sti-molanti di Giuseppe Palladinosui problemi economici e so-ciali nazionali e internazionalidel periodo a cavallo tra la fi-ne degli anni Cinquanta e i pri-mi anni Sessanta vengono pub-blicati sul “Quaderno UCID”n. 3 (Estratto dalla Rivista“Operare” n. 2 di marzo-apri-le 1958) dedicato alla reces-sione economica americana esul “Quaderno UCID” n. 22(Estratto dalla Rivista “Opera-re” n. 1 di gennaio febbraio1962) dedicato a Luigi Einau-di economista dell’ordine na-turale.

Nel “Quaderno UCID” n. 3,Palladino compie una interes-sante analisi della recessioneeconomica americana utiliz-zando le equazioni fondamen-tali di Keynes del Trattato sul-la moneta del 1930, estenden-do il loro significato al bilan-cio dello Stato e alla bilancia deipagamenti in un’economiaaperta.

Nel “Quaderno UCID” n.22 si parla dei rapporti tra Lui-gi Einaudi e don Luigi Sturzo,uomini di grande levatura mo-rale che credevano fermamen-te nei princípi della libera ini-ziativa e della responsabilitàsociale per la costruzione delbene comune.

Sul piano dell’accumulazio-ne e dello sviluppo del nostro

Paese negli anni Cinquanta, ap-pare interessante ricordare unintenso dibattito avvenuto agliinizi di quel decennio sul ruo-lo da attribuire, per il futurodell’Italia, alle grandi impreserispetto alle piccole e medieimprese.

Molti erano del parere che ilfuturo economico e sociale delnostro Paese sarebbe dipesodalla grande impresa, sia pub-blica che privata, con un ruolopoco significativo delle impre-se di piccole e medie dimen-sioni e delle imprese artigiane.

Altri invece erano di visioneopposta, sottolineando l’im-portanza per il futuro del nostroPaese della nascita e dello svi-luppo di un sistema di piccolee medie imprese, legate allespecificità del territorio e allecomunità locali, diretta espres-sione delle grandi potenzialitàdella famiglia.

Questo dibattito portò alla fi-ne al varo della legge 949/1952,con la costituzione dell’”IstitutoCentrale per il Credito a MedioTermine alle Piccole e MedieImprese (Mediocredito Cen-trale)” e all’”Artigiancassa peril credito alle imprese artigia-ne”.

Il Mediocredito Centrale, ilcui primo Presidente è statoGuido Carli, diede origine alsistema dei mediocrediti re-gionali che grande parte hannoavuto nel finanziamento degliinvestimenti di tante piccole emedie imprese e delle esporta-zioni di beni capitali a paga-mento differito.

Un ruolo analogo ha svoltol’Artigiancassa sostenendo la

ta spettacolare degli investi-menti e delle esportazioni. Piútardi, agli inizi degli anni Ses-santa, si assisterà a una grandeespansione dei consumi pub-blici e privati che porterà allacrisi della lira del 1964.

Su queste grandi trasforma-zioni strutturali del nostro Pae-se negli anni Cinquanta, l’U-CID Nazionale offre delle pre-gevoli analisi pubblicate nellaRivista “Operare”, nei “Qua-derni UCID” e nel Giornale“Responsabilità” del GruppoPiemontese. In questa direzio-ne, appare molto significativoil contributo di Giuseppe Pal-ladino, “Dodici anni di gover-

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Durante il Terzo Congresso nazionale

(Roma 1950) si decide di costituire nell’UCID

un comitato permanentedi studio per le questioni

economiche, con lo scopodi formulare quesiti e di proporre soluzioni

per il progresso tecnico dell’economia, da

scambiare a livello internazionale e per

mutare effettivamente lesorti del mondo del lavoro

grande propensione alla mi-croimprenditorialità diffusa sulterritorio nel nostro Paese, sem-pre molto legata alla famiglia.

Il Terzo Congresso Nazionale dell’UCID (Roma, novembre 1950)

Rispetto a questo dibattito ea queste scelte di politica eco-nomica, è interessante ricorda-re il contributo dell’UCID, co-me risulta dagli Atti del TerzoCongresso nazionale tenutosia Roma nel mese di novembredel 1950, nello spirito del Ma-gistero della Chiesa in camposociale (i primi due CongressiNazionali si erano tenuti a Ve-nezia nel 1948 e a Rapallo nel1949).

Dagli Atti del Congresso na-zionale del 1950 risulta lo sti-molante intervento di MarioBaronci del Gruppo Romanosul tema “L’imprenditore e iproblemi generali dell’econo-mia”. Baronci sottolinea conefficacia l’insufficienza nel no-stro Paese del credito a medioe lungo termine per il finan-ziamento degli investimenti,soprattutto delle piccole e me-die imprese e delle imprese ar-tigiane: «Per tali investimentile difficoltà si presentano an-cora grandissime e quasi in-sormontabili. La perfezioneraggiunta del commercio a con-tanti e da quello a credito contermine breve consiste nell’at-trezzatura tecnico-giuridica, in-centrata nel congegno bancarioe in alcuni tipi di contratto, me-diante la quale si ottengono laliquidità, la rapidità e una cer-ta somma di garanzie che sono

necessarie a questi tipi di com-mercio. Particolarmente gio-vevoli riescono la mobilità deldenaro e dei suoi simboli, lacommerciabilità dei titoli dicredito, il frazionamento del ri-schio. Nulla o quasi nulla ditutto questo si verifica per ilcommercio a credito a lungascadenza: difficile è l’accerta-mento di qualità dei titoli dicredito, imperfetto e insidiosoil funzionamento delle borse-valori, grave il rischio di per-dita parziale o totale, grave ilrischio di immobilizzazione,grave il rischio di svalutazionein relazione alla durata del cre-dito. Questo settore del credi-to a lunga scadenza è rimastoa un grado di sviluppo tecnicoe organizzativo arretrato e as-solutamente insufficiente: lacommerciabilità dei titoli è li-mitatissima, mancando quasidel tutto una organizzazionetecnico-giuridica corrispon-dente a quella di cui si avvan-taggiano gli altri due tipi dicommercio» (9).

Baronci, nell’auspicare un si-stema finanziario piú efficien-te e articolato in termini di ope-ratori, mercati e strumenti fi-nanziari, sottolinea la necessitàdi «una efficace organizzazio-ne razionale del credito a lun-ga scadenza: organizzazioneche dovrebbe essere ampliata,perfezionata e trasferita sul pia-no scientifico, cioè universale,realizzando in tal modo l’uni-ficazione del contratto di capi-talizzazione e l’assicurazionedel risparmio» (10).

L’intervento si chiude con laproposta di creare «in seno al-

la UCID un comitato perma-nente di studio per le questio-ni economiche, con lo scopo diformulare quesiti e proporresoluzioni interessanti il pro-gresso tecnico dell’economia,da scambiare con le consorel-le delle altre nazioni e con ilproposito di arrivare a scio-gliere le questioni generali piúimportanti per il mondo del la-voro, mutandone profonda-mente ed effettivamente le sor-ti» (11).

Notiamo qui la capacità del-l’UCID di saper leggere in an-ticipo il corso della vita eco-nomica e sociale del Paese, conparticolare riguardo al ruolo

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Famiglia e impresa sonoentità che si alimentanoa vicenda sul territorio,sulla base di valori morali condivisi. «La famiglia - afferma il Card. Antonelli - non è solamente un fattoprivato. È lo snodo trala persona e la società.In questo modo, la qualità della famigliacondiziona sia la qualitàdella persona sia la qualità della società»

lizzazione dell’energia elettri-ca del 1962 (12).

Infatti, il corso effettivo del-la storia segnerà, a partire da-gli anni Cinquanta, un dinami-co sviluppo delle aree agrico-le del Paese verso l’industria-lizzazione diffusa fondata sul-le piccole e medie imprese esulle imprese artigiane.

È l’economia dei distretti del-le aree del Nord-Est-Centro(Nec) che caratterizza lo svi-luppo del nostro Paese, con unruolo del sostegno finanziarioai processi di accumulazioneda parte dei Mediocrediti Re-gionali sorti in seguito alla leg-ge 949/1952.

I distretti sono formati pre-valentemente da piccole e me-die imprese e da imprese arti-giane in cui elementi di con-correnza e di cooperazione ab-bassano i costi di transazione edesaltano le economie esternemarshalliane di localizzazione.Diminuisce in questo contesto,diverso rispetto a quello ipo-tizzato dai sostenitori dellagrande impresa pubblica e pri-vata, il ruolo predominante deisindacati in favore di un rap-porto diretto e di fiducia tra im-prenditori e dipendenti, ce-mentato dai valori condivisidella famiglia.

Famiglia e impresa sono dueentità che si alimentano a vi-cenda sul territorio, sulla basedi valori morali condivisi. Inquesto senso, come ha affer-mato recentemente il nostroConsulente Ecclesiastico Na-zionale, Cardinale Ennio An-tonelli (Arcivescovo di Firen-ze), «la famiglia non è sola-

mente un fatto privato. È losnodo tra la persona e la so-cietà. In questo modo, la qua-lità della famiglia condizionasia la qualità della persona siala qualità della società».

Il corso diverso della storiaal quale abbiamo accennato,fondato sul ruolo decisivo nel-lo sviluppo del Paese delle pic-cole e medie imprese e delleimprese artigiane, è ben docu-mentato negli Atti del XV Con-gresso nazionale dell’UCID chesi è svolto a Udine nel 1981 sultema “Uomo e società in Italiaall’inizio degli anni Ottanta”(13).

È il modello delle piccole im-prese e grandi reti, prima infor-mali all’interno del distretto sulterritorio e poi sistematiche,grazie alle potenti applicazio-ni delle tecnologie dell’infor-mazione e della comunicazio-ne degli anni Novanta e deglianni del nuovo millennio nel-lo scenario della globalizza-zione (14).

Il modello alternativo è quel-lo delle grandi imprese inte-grate, con effetti significativima diversi delle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione sull’organizzazionedelle imprese.

Le nuove tecnologie con-sentono l’integrazione delle di-verse funzioni aziendali e del-le imprese con i mercati globali.L’applicazione delle forme piúelevate rivoluziona letteral-mente i modelli organizzativiaziendali, con profili diversi ri-chiesti al capitale umano, e conforti aumenti di produttività edi competitività. I due model-

del sistema bancario e del mer-cato finanziario nel sostegnodei processi di accumulazionee sviluppo fondati sulle impre-se.

C’è qui la visione anticipa-trice del ruolo che avranno inquesti processi le piccole e me-die imprese e le imprese arti-giane, rispetto alla grandi im-prese pubbliche e private che in-vece favoriscono la nascita e losviluppo dei grandi movimen-ti sindacali dei lavoratori.

La storia avrà un corso di-verso da quello immaginato neiprimi anni Sessanta con l’av-vento dei primi governi di cen-tro-sinistra e con la naziona-

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I due modelli “piccoleimprese e grandi reti”

e “grandi imprese integrate” non sono

alternativi ma complementari, come

mostra sul piano generale la caduta delgrado di integrazione

verticale delle impresenello scenario

della globalizzazione(valore aggiunto

sul fatturato)

li, “piccole imprese e grandireti” e “grandi imprese inte-grate” non sono alternativi macomplementari, come mostrasul piano generale la caduta delgrado di integrazione vertica-le delle imprese nello scenariodella globalizzazione (valoreaggiunto sul fatturato). In ef-fetti, contrariamente alle pre-visioni, il valore aggiunto sulfatturato tende a diminuire intutte le imprese, soprattutto inquelle di grandi dimensioni.Quindi grandi fatturati con bas-si valori aggiunti e importanzacrescente delle relazioni di mer-cato, sostenute dalle tecnolo-gie dell’informazione e dellacomunicazione.

Cresce le responsabilità di-retta delle persone nel rag-giungimento degli obiettivi cuisono correlate sempre di piú leremunerazioni: è sostanziale ladifferenza con le imprese go-vernate da una logica di tipogerarchico nelle quali prevaleuna visione per mansioni, conuna marcata esecutività di or-dini provenienti dall’alto (15).

Questa modificazione strut-turale della natura dell’impre-sa ha conseguenze forti sulgrande tema della responsabi-lità sociale e dell’attenzioneagli stakeholders interni edesterni per la costruzione del be-ne comune che assume conno-tati universali (16).

Un sistema sano e robusto èquindi formato da grandi im-prese e da piccole e medie im-prese, con forti rapporti di in-terdipendenza e possibilità dicollaborazione. È un tema trat-tato dal periodico sociale per ca-

pi d’azienda del Gruppo Pie-montese “Responsabilità” findai primi numeri, come risultadall’articolo pubblicato nel me-se di novembre 1954.

Il passaggio dagli anni Cin-quanta agli anni Sessanta, è ca-ratterizzato dal miglioramentodelle condizioni di vita dei la-voratori grazie a una dinamicasalariale piú sostenuta in rela-zione agli aumenti di produtti-vità e alla disponibilità di nuo-vi beni tipici di modelli di con-sumo piú evoluti.

I temi trattati nelle pubblica-zioni dell’UCID (Rivista “Ope-rare”, “Quaderni UCID”, “Re-sponsabilità”, ecc.) subisconoanaloga trasformazione, pas-sando da quelli tipici del supe-ramento dei conflitti tra il ca-pitale e il lavoro, nello spiritodell’Enciclica Rerum Novarumdi Leone XII (Consigli di ge-stione, azionariato operai, par-tecipazione agli utili, ecc.), a te-mi di ampio respiro come: lacentralità della persona umananell’economia, il ruolo del-l’impresa nei processi di svi-luppo per la costruzione del be-ne comune, la costruzione delmercato comune europeo, larelazione tra etica e progressoscientifico e tecnico, la dimen-sione internazionale dello svi-luppo, i rapporti tra Paesi svi-luppati e Paesi in via di svi-luppo, il ruolo della program-mazione come strumento di go-verno dell’economia.

L’interesse per quest’ultimotema si collega all’avvento delcentro sinistra agli inizi deglianni Sessanta, alla politica del-le nazionalizzazioni e al ruolo

delle grandi imprese control-late attraverso il sistema dellepartecipazioni statali.

La posizione dell’UCID ri-spetto ai nuovi corsi è piutto-sto critica, come risulta dai nu-merosi contributi apparsi sui“Quaderni UCID” a cura diVittorio Vaccari, del Cardina-le Siri e di Giuseppe Palladino.Evidenza puntuale della posi-zione critica dell’UCID sullaprogrammazione, o meglio sul-la sua applicazione, la trovia-mo già con forza anticipatricenel numero di “Responsabilità”del Gruppo Piemontese, deimesi di febbraio 1957 e di no-vembre 1958.

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Il Cardinale Siridistingue tra bene comunee bene collettivo, con un ruolo centrale nel primo caso della persona umana rispettoalla visione delle masse e delle classi tipica del collettivismo; tra bene comune e bene individuale; tra economia effettiva e bene comune

guardo l’amara esperienza un-gherese del 1956: «Le doloro-se vicende ungheresi avrebbe-ro dovuto insegnare qualcosa:anche in tema di consapevo-lezza operaia riguardo alla sta-bilità economica. I termini direazione e di capitalismo nonsi addicono a una rivoluzioneche insorge in una comunitàdominata da dieci anni dal co-munismo. Il nocciolo della que-stione è un altro, sta nella rea-zione della persona alla espe-rienza di un sistema sociale edeconomico di miseria e di sfrut-tamento».

Il Segretario nazionale, Vit-torio Vaccari, nella relazionedel Consiglio Direttivo del 15novembre 1958, sottolinea l’op-posizione dell’UCID al “sini-strismo sociale”, in spirito di an-ticipazione dei tempi della di-rigenza cristiana, della logica disocialità e di quella di fazione,del potere politico e del potereeconomico, della responsabi-lità dirigenziale, della visioneinternazionale del mondo im-prenditoriale cristiano.

Il tema verrà poi ripreso nelnumero di gennaio 1964 delperiodico “Responsabilità” conun’analisi basata su esperienzeconcrete dell’economia pro-grammata e della responsabilitàdei dirigenti. Si metterà in guar-dia dal grave pericolo del diri-gismo e dello statalismo senzaprogrammi. Si parlerà anche di“programmazione indicativa”per una efficiente armonizza-zione dell’economia (17).

Nello spirito del “nuovo cor-so”, ricordiamo qui gli stimo-lanti contributi del Cardinale

Siri su “Logica del bene co-mune”, apparso sul numero 10dei “Quaderni UCID” (Estrat-to dalla Rivista “Operare” n. 1gennaio-febbraio 1960); del Se-gretario Generale, Vittorio Vac-cari, su “Non rinunciare al be-ne comune”, apparso sul nu-mero 27 dei “Quaderni UCID”(Estratto dalla Rivista “Opera-re” n. 4 luglio-agosto 1962; diGiuseppe Palladino su “Origi-ne, natura e limiti della pro-grammazione”, pubblicato sulnumero 34 dei “QuaderniUCID” (Estratto dalla Rivista“Operare” n.1 e n. 2 gennaio-febbraio, marzo aprile 1963).

Nel bellissimo contributo delCardinale Siri, il Consulentespirituale dell’UCID naziona-le distingue tra bene comune ebene collettivo, con un ruolocentrale nel primo caso dellapersona umana rispetto alla vi-sione delle masse e delle clas-si tipica del collettivismo; trabene comune e bene indivi-duale; tra economia effettiva ebene comune. Il Cardinale Si-ri sottolinea poi l’importanzadella possibilità della costru-zione del bene comune da par-te delle minoranze.

Sui primi tredici anni della vi-ta dell’UCID (1947-1959) (18)appare interessante ricordare ilcontributo del Segretario Ge-nerale, Vittorio Vaccari, pub-blicato nel n. 6 dei “QuaderniUCID” (Estratto dalla Rivista“Operare” n. 1 gennaio-feb-braio 1959)

Vaccari ricorda i padri fon-datori dell’UCID nazionale e iprincípi dottrinali che devonoilluminare la dirigenza econo-

Nel numero di febbraio 1957,in occasione del decimo anni-versario della fondazione del-l’UCID nazionale, il Segreta-rio Vittorio Vaccari mette inevidenza il pericolo del dirigi-smo di Stato per la economicitàdella produzione. Cosí affer-ma Vaccari: «Facciamo questonella convinzione che al nostroPaese si debbano evitare espe-rimenti che in altri Paesi signi-ficherebbero insuccesso eco-nomico, ma che nel nostro por-terebbero, con il disastro eco-nomico, non controllabili con-seguenze sociali e politiche e lairrimediabile scivolatura al co-munismo». E si ricorda al ri-

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Con l’enciclica “Materet Magistra” la Chiesasi mette in modo deciso

a fianco dei cristiani impegnati nell’azione

quotidiana per aiutarli a discernere i valori

fondamentali cui occorre ispirarsi.

Si afferma il principioche il mondo economico

è finalizzato alla costruzione

del bene comune

mica:• l’importanza della compo-

nente internazionale sulla vitadell’UCID;

• la relazione tra sviluppotecnologico, morale cristiana eresponsabilità imprenditoriale;

• le convergenze necessariee quelle impossibili riguardan-ti le ideologie;

• le scelte politiche ed eco-nomiche nel quadro europeo;

• la distinzione fondamen-tale tra socialità cristiana e so-cialità socialista;

• il futuro dell’UCID in unasocietà libera e responsabileper la costruzione del bene co-mune.

A chiusura dell’analisi dellastoria dell’UCID negli anniCinquanta, è utile ricordare l’in-tensa attività formativa e di ag-giornamento in campo azien-dale offerta dai Gruppi Pie-montese, Lombardo e Ligure.

Di tale attività troviamo am-pia documentazione nel perio-dico “Responsabilità”, come ilcorso di aggiornamento su pro-blemi di direzione aziendaleorganizzato nel 1954 dal Grup-po Lombardo e il primo corsodi formazione per capi mae-stranza promosso dall’UCIDPiemonte nel 1955. Analoghicorsi organizzano negli stessianni i Gruppi Ligure e Tosca-no.

Il periodo del boom economico dei primi anni Sessanta

Nel 1959 il Patriarca di Ve-nezia, Angelo Roncalli, diven-ta Papa con il nome di Gio-vanni XXIII. Il “Papa buono”inaugura una nuova stagione

della Chiesa con l’apertura delConcilio Ecumenico VaticanoII, che verrà chiuso nel 1965 dalsuo successore Paolo VI.

Giovanni XXIII caratterizzail suo pontificato per una forteattenzione ai problemi econo-mici e sociali, come testimo-niano le Encicliche Mater etMagistra (1961) e la successi-va Pacem in Terris (1963).

Sia la Rivista “Operare” cheil “Periodico sociale per i ca-pi d’azienda” dell’UCID Pie-monte dedicano ampie analisialle due encicliche, anche conl’organizzazione di cicli di stu-dio come quello organizzato aTorino nel 1962 sulle realizza-zioni dell’enciclica Mater etMagistra.

L’Enciclica “Mater et Magistra”

Il suo contenuto è attuale econcreto e si riferisce ai fatti checaratterizzano il mondo agliinizi degli anni Sessanta in tut-ti i settori della vita economi-ca e sociale. La Chiesa si met-te in modo deciso a fianco deicristiani impegnati nell’azionequotidiana per aiutarli a di-scernere i valori fondamentalicui occorre ispirarsi.

Vengono trattate tutte le areeche riguardano lo sviluppo del-la vita sociale:

• il ruolo dello Stato in eco-nomia;

• la partecipazione dei lavo-ratori alle responsabilità eco-nomiche e il loro giusto sala-rio;

• il fenomeno della socia-lizzazione da collocare nel suocontesto di verità;

• la destinazione universaledei beni e la funzione socialedella proprietà privata;

• il sottosviluppo del setto-re agricolo;

• le esigenze di giustizia nel-le relazioni tra i Paesi con di-versi livelli di sviluppo;

• le possibilità enormi che ilprogresso della tecnologia of-fre per la soluzione dei proble-mi dello sviluppo.

L’Enciclica giovannea af-ferma il principio che deve es-sere a tutti chiaro che il mon-do economico è frutto dell’ini-ziativa personale degli indivi-dui, o delle loro libere asso-ciazioni, per la costruzione del

MEMORIA E IDENTITÀ ATTIVITA’

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La “Mater et Magistra”affronta questioni che interessano imprenditorie dirigenti cristiani: a) la nuova concezionedei rapporti di lavoro;b) la concezione di unosviluppo economico equilibrato sul piano deisingoli sistemi e nel rapporto tra i diversi sistemi; c) la prospettivadi collaborazione traclasse dirigente politica eclasse dirigente economica

stiani d’impresa sono invitati al-l’azione per promuovere attra-verso lo sviluppo il bene co-mune.

L’ordine economico e socia-le deve sempre essere rispetto-so dell’ordine naturale all’in-terno dei fatti storici concretidella società umana.

Si coglie, nel pensiero di Gio-vanni XXIII, la volontà di esal-tare la dimensione temporaledella Dottrina Sociale dellaChiesa, rispetto a quella tra-scendente (verticale) e immu-tabile di tipo teologico basatasul rapporto tra Dio e l’uomo,fatto a sua immagine e somi-glianza.

Questa attenzione forte al po-polo di Dio e al ruolo dei laicitrova attuazione nelle riformedella liturgia introdotte dal Con-cilio Ecumenico Vaticano II.All’Enciclica Mater et Magi-stra, come alla Pacem in Ter-ris, la Rivista “Operare”, i“Quaderni UCID” e il perio-dico “Responsabilità” delGruppo Piemontese, dedicanoampi approfondimenti.

Citiamo qui ancora una vol-ta il contributo del SegretarioGenerale, Vittorio Vaccari, ap-parso su “Quaderni UCID” n.23 (19): «L’uomo ha bisogno diuna filosofia economica, di unafilosofia sociale. Ma non saràla filosofia dell’impresa priva-ta né la filosofia della provvi-denza collettivista che potran-no rispondere a questo suo bi-sogno perché il problema nonè solo quello della comunica-zione del benessere, è quellodi una comunicazione di be-nessere a livello dell’uomo, che

è materia, ma che è anche spi-rito, che ha una vita terrena mache ha un destino ultraterreno.L’umanità ha bisogno di unadottrina sociale. Non vi è so-cialità senza sacrificio indivi-duale. Non vi è bene comunesenza rispetto del prossimo, nonvi è vera uguaglianza senza li-bera cooperazione».

Vaccari indica tre problemiaffrontati nella Mater et Magi-stra che interessano partico-larmente gli imprenditori e idirigenti cristiani: a) la nuovaconcezione dei rapporti di la-voro; b) la concezione di unosviluppo economico equilibra-to sul piano dei singoli sistemie nel rapporto tra i diversi si-stemi;c) la prospettiva di col-laborazione tra classe dirigen-te politica e classe dirigenteeconomica.

Un discorso analogo vale perla Pacem in Terris dell’11 apri-le 1963, con un’acuta analisidel Cardinale Siri apparsa nelnumero di maggio dello stessoanno del periodico “Responsa-bilità”. Egli sottolinea i puntisalienti dell’Enciclica sociale:il rivolgersi a tutti gli uomini dibuona volontà, il futuro delmondo deve fondarsi sull’or-dine morale, tutti i popoli de-vono con giustizia poter acce-dere allo sviluppo per la co-struzione della pace.

Nel 1963 muore GiovanniXXIII e gli succede il Cardinaledi Milano, Giovanni BattistaMontini, con il nome di PaoloVI. L’attenzione di Papa Mon-tini alla Dottrina Sociale dellaChiesa sarà molto forte, comemostreranno le sue grandi en-

bene comune: lo Stato ha, quin-di, il dovere di promuovere que-sto obiettivo ed elenca le pos-sibilità di azione efficace of-ferte dallo sviluppo della scien-za e della tecnica.

Conseguentemente i poteripubblici non possono mancaredi sentirsi impegnati a eserci-tare in campo economico mol-teplici azioni, piú vaste, piúprofonde, piú organiche.

I riferimenti continui alle si-tuazioni e ai fatti concreti con-feriscono alla Mater et Magi-stra un carattere umano parti-colarmente forte.

Il Papa invita a conoscere,valutare e agire. I dirigenti cri-

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Paolo VI sottolinea nella“Populorum Progressio” la differenza tra progresso e sviluppo, sottolineandola valenza antropologica

del secondo perché nei processi di sviluppo

l’uomo deve rimanere alcentro con i suoi valori di

libertà e responsabilità,di dignità e creatività

per la creazione del bene comune universale

cicliche sociali, e fonda le sueradici nella tradizione ambro-siana a noi cara nel ricordo delCardinale Schuster del quale cipiace ricordare la lettera indi-rizzata al Gruppo Lombardodei Dirigenti d’Impresa Catto-lici, pubblicata sul numero digennaio-febbraio 1946 dellaRivista “Operare”: «Piace ilconsiderare il lavoro, siccomeun specie di sacrificio di espia-zione, che l’Umanità offre aDio a continuazione dell’ope-ra sua creativa. Codesto sacri-ficio ha carattere d’unità, men-tre i lavoratori e i datori di la-voro fanno insieme converge-re i propri sforzi per produrreun medesimo effetto: il benecomune. Collaborando insie-me nello spirito del S.Vangelo,le due categorie di lavoratori edi datori di lavoro ubbidisconoa una legge di Dio che c’impone“Migliorare” il divino capola-voro».

Il programma del nuovo Pon-tefice viene innanzi tutto dedi-cato alla continuazione del Con-cilio Ecumenico Vaticano II, alquale sono fissi gli occhi di tut-ti gli uomini di buona volontà.In questa luce, come affermaPaolo VI, si colloca il lavoro perla revisione del Codice di Di-ritto Canonico, la prosecuzio-ne degli sforzi sulla linea del-le grandi Encicliche sociali deiPredecessori, per il consolida-mento della giustizia nella vi-ta civile, sociale e internazio-nale, nella verità e nella libertà,e nel rispetto dei reciproci do-veri e diritti.

L’ordine inequivocabile del-l’amore del prossimo, banco di

prova dell’amore di Dio, esigeda tutti gli uomini una piú equasoluzione dei problemi socia-li; richiede provvidenze e cureai Paesi sottosviluppati, nei qua-li il livello di vita non è spessodegno di persone umane; im-pone uno studio volonteroso suscala universale per il miglio-ramento delle condizioni di vi-ta.

Questo discorso program-matico di Papa Montini troveràpuntuale applicazione nelle en-cicliche sociali Populorum Pro-gressio (1967) e Octuagesimaadveniens (1971).

La Populorum Progressio, dicui ricorre quest’anno il qua-rantesimo anniversario, antici-pa in forma profetica l’avven-to della globalizzazione cheavrà un grande impulso a par-tire dagli anni novanta.

Paolo VI sottolinea nell’En-ciclica la differenza tra pro-gresso e sviluppo, sottolinean-do la valenza antropologica delsecondo perché nei processi disviluppo l’uomo deve rimane-re al centro con i suoi valori dilibertà e responsabilità, di di-gnità e creatività per la crea-zione del bene comune uni-versale. Questo concetto sarà ri-preso e sviluppato da Giovan-ni Paolo II nell’Enciclica Sol-licitudo Rei Socialis (1987),Nella quale è ben messa in evi-denza la grande valenza teolo-gica della Dottrina sociale del-la Chiesa.

Come si vedrà in seguito,Giovanni Paolo II, Maestro diDottrina in campo sociale, nonsi stancherà mai di sottolinea-re la centralità dell’uomo nei

processi di sviluppo con l’eco-nomia a servizio dell’uomo ri-fuggendo i rischi dell’econo-micismo che vede, al contrario,l’uomo oggetto e non sogget-to dell’economia. in sintoniacon la Populorum Progessioche vede nello sviluppo uni-versale di tutti i popoli il nuo-vo nome della pace.

«Globalizzare la solidarietàper la costruzione del bene co-mune»: è questo l’imperativoprioritario per Giovanni Paolo II!

La crisi della lira del 1964 e il suo superamento

Sul piano economico, gran-de attenzione riceve nelle pub-

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Il periodo della storiadell’UCID di questo capitolo inizia nel 1968: i germi della contestazionegiovanile, partita dalleuniversità, si diffondonopoi al mondo del lavoro,inasprendo fortemente i rapporti all’interno delle fabbriche portando a episodi di grave violenza. È cosí che si arriva all’autunno caldo

cativamente superiori al 5%,trascinate dallo spettacolare au-mento degli investimenti e del-le esportazioni (20).

Palladino mette in evidenzanel suo articolo la difficile ere-dità che riceve il 1964, le peri-colose zone d’ombra, la situa-zione bancaria. Si osserva cheil processo di sviluppo econo-mico ha subito nel 1963 un ral-lentamento, con il tasso di svi-luppo industriale che scendedal 10,5% all’8,5%. Il tasso disviluppo del reddito in terminireali (5%) viene ampiamentesuperato nel 1963 dalla dina-mica dei consumi pubblici eprivati pari all’8%, rispetto al6,4% dell’anno precedente. Alcontrario, l’aumento degli in-vestimenti lordi scende dal7,7% del 1962 al 6,9 del 1963.L’aumento del costo della vitanel 1963 è pari all’8,1%, conforti pressioni inflazionistichee difficoltà della tenuta del va-lore esterno della nostra mo-neta.

La bilancia commerciale sichiude nel 1963 con un deficitdi circa 1.600 miliardi di lire.Questo quadro inflazionisticoda domanda e da costi, fa sug-gerire a Palladino la necessitàdi provvedere al grave squili-brio valutario che il 1963 halasciato in eredità al 1964. Pal-ladino illustra infine la situa-zione bancaria, mettendo in evi-denza che nel 1963 i depositibancari sono cresciuti piú del14%, rispetto a una dinamicadegli impieghi pari al 26%.

Questo squilibrio ha rotto illimite della normale liquiditàbancaria, con una forte cresci-

ta del rapporto tra impieghi edepositi che deve ritornare a li-velli tali da restituire un mini-mo di elasticità al governo del-la moneta e del credito.

Per quanto riguarda il rap-porti con l’estero, Palladino sot-tolinea il forte aumento del-l’indebitamento delle bancheitaliane rispetto a quelle estereche si accompagna a una cre-scita consistente della creazio-ne di base monetaria da partedell’Istituto di emissione attra-verso il canale bancario e quel-lo del Tesoro.

GLI ANNI DIFFICILI DELLA

CONTESTAZIONE E DELLA CRISI

DEI VALORI: 1968-1990

Il Sessantotto e gli anni Set-tanta: dall’autunno caldo al-la “rivoluzione naturale e be-nefica” del NEC : il tema del-le relazioni industriali e dellapartecipazione dei lavoratorialla vita dell’impresa attra-verso le grandi crisi: energe-tiche, valutarie e sociali

Il periodo della storia del-l’UCID di questo capitolo ini-zia nel 1968: l’anno della con-testazione giovanile che parteda Parigi e si diffonde poi inmaniera rapida nei principalicentri universitari di tutta Eu-ropa.

I germi della contestazionegiovanile, partita dalle univer-sità, si diffondono poi al mon-do del lavoro, inasprendo for-temente i rapporti all’internodelle fabbriche portando a epi-sodi di grave violenza. È cosíche si arriva all’autunno caldodel 1969 con episodi di vio-

blicazioni dell’UCID la crisidel 1964, dopo il boom della fi-ne degli anni Cinquanta e deiprimi anni Sessanta. Ricordia-mo qui i contributi sempre mol-to puntuali di Giuseppe Palla-dino, come quello apparso sulperiodico “Responsabilità” nelmese di gennaio 1964.

L’Italia, negli anni del boomeconomico, aveva svolto per ilmercato comune europeo, na-to dal Trattato di Roma del1957, una funzione per certiversi simile a quella che svol-gono oggi Paesi come la Cinae l’India per il mondo globale,con dinamiche di crescita delprodotto interno lordo signifi-

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L’Enciclica di Paolo VI“Octogesima Adveniens”

del 1971 richiama dueprincípi: a) occorre ricreare uno spirito

di fraternità cristiana fra tutte le

componenti sociali; b) va riconosciuto che

la difficile situazione che si sta vivendo è effetto

di errori commessi datutte le classi sociali

lenza che si estendono dallefabbriche alle associazioni diispirazione cattolica.

È quello che succede all’U-CID Lombardo nel gennaio del1973, con un’aggressione allasede sociale di Milano.

La grave situazione venuta-si a creare nel Paese sul pianosociale viene puntualmente do-cumentata dalle pubblicazionidell’UCID e, in particolare, dalperiodico “Responsabilità” delGruppo Piemontese.

Interessante, su questo piano,è l’intervento del SegretarioUCID del Piemonte, LorenzoRossi di Montelera, apparso sulnumero di gennaio 1973 con iltitolo “Né repressione, né vio-lenza”.

Lo spunto dell’interventoparte dalla comunicazione dif-fusa dalle Acli di Torino in cuisi rendono noti i provvedimentidisciplinari presi dalle impre-se metalmeccaniche in quei me-si. In sostanza si trattava di 5denunce, 21 licenziamenti e ol-tre 1.000 tra sospensioni, am-monizioni e multe, con nume-rosi riferimenti a rappresentantisindacali.

Il comunicato delle Acli de-finisce ingiustificati i provve-dimenti e tende a sottolinearnele intenzioni repressive.

Il Segretario del Gruppo Pie-monte prende posizione affer-mando in modo chiaro che gliimprenditori e i dirigenti cri-stiani sono contrari a ogni for-ma di violenza. Se si vuole di-struggere l’apparato produttivosi abbia la coerenza di dirlo conchiarezza, ci si dica anche peròattraverso quale alternativa si

intende dare l’indispensabilebenessere economico alla po-polazione.

Per migliorare, per cambia-re senza violenza, viene chie-sto che si dia piú spazio al-l’uomo rispetto alle ideologie.

La strada è obbligata: l’avviodi una partecipazione dei la-voratori alla vita dell’azienda,diffusa alla base, leale per tut-te le parti interessate, rivolta acostruire il bene comune e nona distruggere.

La gravità della situazioneinduce i Vescovi del Piemon-te, sotto la presidenza del Car-dinale Michele Pellegrino, adiffondere un comunicato uffi-ciale sulla preoccupazione perla crisi economica che colpiscenumerose aziende e invita allamassima solidarietà cristianatra le varie categorie sociali.

L’appello è molto accoratocon riferimento alle esigenzedell’occupazione.

Le soluzioni tecniche, chespettano agli imprenditori e ailavoratori, devono essere ri-cercate con competenza, coe-renza e capacità inventiva nelrispetto degli insegnamenti del-la Chiesa in campo sociale e, inparticolare, della recente Enci-clica di Paolo VI, OctogesimaAdveniens, del 1971 diffusa aottant’anni della Rerum nova-rum di Leone XIII.

Due i princípi richiamati:• ricreare uno spirito di fra-

ternità cristiana fra tutte le com-ponenti sociali;

• riconoscere che l’attualedifficile situazione è l’effettodi errori commessi da tutte leclassi sociali: nessuno può esi-

mersi dall’esaminare il propriocomportamento per vedere seè o meno compatibile con lacostruzione del bene comune.

Parole alte e illuminate sul-la delicata situazione e sul mo-do di uscirne, vengono pro-nunciate da Vittorio Ferrero inun interessantissimo interven-to (Il ruolo della UCID) ap-parso sul numero di febbraio1973 del periodico “Respon-sabilità” (21). Ferrero sottoli-nea che nel clima difficile del-le relazioni industriali che si èvenuto a creare dopo l’autun-no caldo, il sindacato degli in-dustriali cerca affannosamentedi affrancarsi dall’immobili-

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Unico mezzo per migliorare questo mondoè la fiducia ai giovani che deve essere data da coloro che detengonoil potere e che devono fare il primo passo.I giovani non riescono,non possono e, forse, non devono abituarsi allo spettacolo del compromesso per il potere, del vendersi al piú forte, della mancanza di ideali

il rinnovamento dell’UCID vie-ne attribuita molta importanzaai giovani, fondamento di unmondo migliore.

Ferrero mette in evidenza chenei tormentati momenti che sistanno vivendo esiste una dif-ficoltà fondamentale: si teme ilmomento della testimonianza inun mondo di dubbiosi e di dub-bi.

Unico mezzo per migliorarequesto mondo è la fiducia aigiovani che deve essere datada coloro che detengono il po-tere e che devono fare il primopasso.

I giovani non riescono, nonpossono e, forse, non devonoabituarsi allo spettacolo delcompromesso per il potere, delvendersi al piú forte, della man-canza di ideali: ruolo dell’U-CID, secondo Ferrero, facendocadere illusori obiettivi mira-colistici, potrà, molto piú rea-listicamente e pragmaticamen-te, essere quello di mantenerein vita gruppi che possano fa-vorire il dibattito di nuove idee,di nuovi temi, di nuove solu-zioni.

Questo appello di Ferrero tro-va rapida risposta nel Gruppogiovani UCID del Piemonte,come risulta dal “Manifesto”pubblicato nel periodico “Re-sponsabilità” di marzo 1973.

Il “Manifesto”, contiene unadenuncia e un credo di fondo,la critica della situazione che sistava vivendo, la definizionedi un nuovo umanesimo, nuo-vi modelli di impresa, un ap-pello alla collaborazione e unaserie di proposte concrete.

Esse riguardano i seguenti

punti:a) gli incontri di imprendito-

ri fra loro e con ricercatori e stu-denti, allo scopo di attuare esperimentare gli sviluppi dellescienze socio-economiche me-diante lo scambio di informa-zioni e conoscenze, con l’o-biettivo di cercare nuove formedi collaborazione tra universitàe impresa;

b) la promozione con mezzivalidi, come premi di laurea,pubblicazioni, monografie, del-lo studio scientifico dei modellidi impresa e di contributi allostudio di modelli nazionali osopranazionali di sistemi so-cio-economici;

c) la costituzione di gruppi distudio, espressione di tutte leforze sociali interessate al mon-do del lavoro, con lo scopo del-l’attiva collaborazione degliuomini di scienza al fine di ri-cercare una definizione, alla lu-ce della morale cristiana e deiprincípi della dottrina socialedella Chiesa, dei termini fon-damentali come profitto, capi-tale di rischio, investimenti ecosí via;

d) la divulgazione dei con-cetti sopra indicati tra tutti i la-voratori (operai, impiegati, di-rigenti) mediante opuscoli egruppi di studio con esempli-ficazioni sui problemi delle sin-gole aziende;

e) l’istituzione di nuove ba-si di corsi a livello universita-rio di sociologia d’impresa edi socio-economia;

f) la creazione di un centro didocumentazione e di un ufficiostampa per la raccolta e la dif-fusione di tutto quello che verrà

smo, mentre quello dei lavora-tori vuole consolidare, senzabadare troppo ai mezzi, il suopotere conquistato nel 1969.

La Chiesa, d’altra parte, è al-la ricerca di nuove forme per unVangelo al quale si fa dire aogni epoca cose differenti: ècombattuta tra leaders e pove-ri, tra cristiano fermento e giu-stizialismo.

Ferrero in questa valutazio-ne fa riferimento a un certo cli-ma di disorientamento seguitoalle aperture sociali del Conci-lio ecumenico Vaticano II, pre-sente sia nel clero che nei lai-ci.

Nell’intervento di Ferrero per

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… umiltà e molta concretezza unita a

realismo, potrebbero essere gli elementi

trascinanti di una nuovaUCID nella quale

gli antichi ideali sianoportati avanti da giovani

ai quali vanno chiestiaggressività, ideali concreti, umiltà nel

condurre, per costruireinsieme ai piú poveri, un

mondo in cui la “C” dell’UCID possa

divenire realtà

discusso e approvato in comu-ne, in spirito di condivisione.

Ferrero conclude affermandoche in questa situazione un po’di umiltà e molta concretezzaunita a realismo, potrebbero es-sere gli elementi trascinanti diuna nuova UCID nella qualegli antichi ideali siano portatiavanti da giovani ai quali va-dano chiesti aggressività (manon contestazione), ideali con-creti, umiltà nel condurre, percostruire insieme ai piú pove-ri, ai piú infelici, un mondo incui la “C” dell’UCID possa di-venire realtà.

Queste le indicazioni pro-grammatiche di Ferrero trove-ranno in seguito attuazione, conuna nuova spinta che parte dal-le difficoltà ambientali di tiposociale in cui si sono trovatead operare le aziende dopo l’au-tunno caldo del 1969.

Le realizzazioni troverannopuntuale documentazione nelperiodico sociale per i capi diazienda del Gruppo UCID delPiemonte. Si tratta, a titolo diesempio, di:

• interventi sulla natura delprofitto e sulla sua funzionemorale a favore dei processi diaccumulazione e sviluppo perla costruzione del bene comu-ne;

• approfondimenti sul pen-siero economico dei classici edei neoclassici sulla centralitàdell’uomo nei processi di svi-luppo (22);

• definizione del ruolo del-le forze associative intermedieai fini della rappresentanza po-litica per la costruzione diun’autentica democrazia;

• indagini sul nuovo inte-resse per le forme di parteci-pazione dei lavoratori alla vitadell’impresa (comitati di ge-stione, partecipazione agli uti-li, azionariato operaio, ecc.).

Quest’ultimo tema, come siè evidenziato nel primo capi-tolo, era molto presente nei pri-mi numeri della Rivista “Ope-rare” per l’elevazione dellecondizioni del lavoratore, allaluce dei princípi dell’enciclicaleonina Rerum novarum (si ri-cordano in questa direzione gliarticoli di Francesco Vito e diAmintore Fanfani).

L’interesse venne meno conl’avvento del miracolo econo-mico e con la conseguente ele-vazione dei livelli di vita dei la-voratori. L’attenzione per il te-ma della partecipazione dei la-voratori alla vita dell’impresaritorna con le difficili situazio-ni di conflitto tra imprenditori,operai e altre forze sociali conl’autunno caldo del 1969.

Riemerge anche l’interesseper il tema della programma-zione, con la riconferma del-l’avversione allo statalismo e aldirigismo programmatorio chesacrifica la centralità dell’uomonei processi di sviluppo, con isuoi valori di libertà, respon-sabilità, dignità e creatività.

Il decorso storico seguirà in-vece, negli anni Settanta e neiprimi anni Ottanta strade di-verse, con una programmazio-ne che sfocia nei piani quin-quennali alla luce del forte spo-stamento a sinistra dell’indi-rizzo politico dei governi.

Tali indirizzi troveranno lamassima attuazione con la leg-

ge 675/1977 sulla ristruttura-zione e riconversione indu-striale con i famosi piani di set-tore dei quali si parlerà piúavanti.

L’autunno caldo del 1969porta con sé i germi della suc-cessiva crisi economica che col-pisce in modo particolare la sta-bilità della nostra moneta. Lacrisi si svolge sostanzialmentein tre atti: il primo con la re-cessione del 1970; il secondocon il ristagno del 1971; il ter-zo atto con l’inflazione del 1972collegata con la prima gravecrisi petrolifera degli anni Set-tanta sia in termini di prezzidel greggio che in termini di

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L’Europa si difende neidifficili anni Settanta conl’istituzione del SistemaMonetario Europeo (Sme)che obbliga gli Stati aderenti a fluttuazioni limitate intorno alle paritàdei tassi di cambio. Crisi della bilancia deipagamenti e del mercatodei cambi costringono di volta in volta i Paesiaderenti a uscire dal sistema per poi rientrare sulla base di parità aggiustate

sce quella del dollaro con lasospensione della convertibi-lità in oro della moneta ameri-cana del 15 agosto 1971.

La crisi del dollaro non haavuto forti ripercussioni sulla li-ra perché le due monete si muo-vevano nella stessa direzionesvalutativa. Si apre il problemadel sistema monetario interna-zionale e dei regimi di tasso dicambio.

Un nuovo sistema diventa ur-gente dopo le due svalutazionidel dollaro a breve distanza: il18 dicembre 1971 e il 13 feb-braio 1973.

L’Europa si difende nei dif-ficili anni Settanta con l’istitu-zione del Sistema MonetarioEuropeo (Sme) che obbliga gliStati aderenti a fluttuazioni li-mitate intorno alle parità deitassi di cambio. Crisi della bi-lancia dei pagamenti e del mer-cato dei cambi costringono divolta in volta i Paesi aderenti auscire dal sistema per poi rien-trare sulla base di parità ag-giustate.

Questo succede con una cer-ta frequenza alla nostra mone-ta per ristabilire la competitivitàdi prezzo sui mercati interna-zionali. L’inflazione da costidiventa una caratteristica en-demica della nostra economiain relazione all’azione svoltada un sindacato dei lavoratoridivenuto molto forte nel nostroPaese dopo l’autunno caldo del1969.

Si aggiungono poi due crisipetrolifere, nella prima e nellaseconda metà egli anni Settan-ta, che dopo le svalutazione deldollaro riportano le ragioni di

scambio tra prezzi del petrolioe prezzi dei beni industriali suvalori di maggiore equilibrio afavore dei Paesi produttori dipetrolio greggio. Questo fattorallenta, per converso, in mo-do significativo la domanda deiPaesi europei e il loro contri-buto al tasso di crescita dell’e-conomia mondiale.

Asoffrirne di piú sono i Pae-si in via di sviluppo produtto-ri di materie prime agrarie chesubiscono riduzioni delle ra-gioni di scambio tra i prezzidei loro prodotti e quelli deiPaesi industrializzati, peggio-rando la loro capacità di rim-borso del debito estero.

In seguito alle due crisi pe-trolifere e all’aggiustamentodelle ragioni di scambio si for-mano presso i produttori in-genti surplus in dollari che ven-gono collocati sul mercato eu-ropeo ampliando fortemente ilmercato dell’eurodollaro.

Tale mercato sosterrà la for-te espansione dei prestiti a me-dio e lungo termine in dollarie del mercato delle euro-ob-bligazioni che andranno a fi-nanziare le esportazioni a pa-gamento differito di impianti ela realizzazione di lavori deiPaesi europei nei Paesi pro-duttori di petrolio (23).

Sul piano politico interno, siregistra nel nostro Paese un ul-teriore spostamento a sinistradei governi che si sono succe-duti negli anni Settanta (versouna sorta di compromesso sto-rico), con una spinta di tipoprogrammatorio sul lato dellapolitica economica, e in parti-colare di quella industriale, che

disponibilità di prodotti per ilmercato italiano, giudicato dal-le compagnie internazionali ne-gativo rispetto agli altri mercatieuropei del tutto profittevoli.

A questi tre atti segue la cri-si del tasso di cambio della li-ra nel 1973. Questo periododifficile della nostra monetaviene puntualmente analizzatonel periodico “Responsabilità”,soprattutto nel numero di apri-le 1973.

Le misure prese nel 1973 ri-guardano prima il doppio mer-cato dei cambi e poi la fluttua-zione della lira. Nella crisi del-la nostra moneta, per cause emi-nentemente interne, si inseri-

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3/2007 • UCID Letter

Esiste una rivoluzionenaturale e benefica:

i contadini e i salariatisi trasformano in

imprenditori - ricorda il cardinal Siri in un suo

famoso intervento -: fondamentale, poi,

è il ruolo della famiglianel nuovo modello

di sviluppo delle piccolee medie imprese

dell’area Nec rispettoalle aree di piú antica

industrializzazione

troverà la massima espressio-ne nella legge 675/1977 sullaristrutturazione e riconversio-ne industriale basata sui pianidi settore.

Vengono elaborati piú di unadecina di piani settore riguar-danti, tra l’altro, l’industria dibase, il sistema moda, il setto-re aeronautico.

L’eccessivo impianto pro-grammatorio della legge 675farà tardare di alcuni anni lasua attuazione che inizierà neiprimi anni Ottanta.

Su questi temi troviamo ana-lisi approfondite e posizionicritiche nelle diverse pubbli-cazioni dell’UCID: Rivista“Operare”, “Quaderni UCID”,gli Atti dei vari Congressi na-zionali, il periodico sociale peri capi d’azienda “Responsabi-lità” del Gruppo Piemontese.

La posizione dell’UCID ècritica con riferimento sia allapolitica di programmazione,soprattutto nella versione rigi-da del piano, sia al peso cheviene dato negli interventi dipolitica economica e di politi-ca industriale alla grande im-presa pubblica e privata in cuiè forte e coeso il ruolo del sin-dacato.

Sul ruolo della piccola e me-dia impresa rispetto alla gran-de, sia pubblica che privata, esulle trasformazioni economi-che e sociali in atto nel nostroPaese, occorre ricordare il pro-fetico intervento del Cardina-le Giuseppe Siri in occasionedell’inaugurazione dell’annosociale dell’UCID Ligure nel1973.

Ne troviamo puntuale sinte-

si nel numero di gennaio 1973del periodico “Responsabilità”.Eccone un passaggio chiave:«mentre i nevrastenici disser-tano sulle rivoluzioni e le in-vocano, esiste una rivoluzionenaturale e benefica: i contadi-ni e i salariati si trasformano inimprenditori».

Si tratta di una rivoluzionenaturale in atto nel Nord Est enel Centro del Paese, con pro-paggini al Sud, con le cosiddettearee Nec (Nord Est Centro) disviluppo da cui nasce il feno-meno dei distretti industrialisuccessivamente molto analiz-zato (24) e portato ad esempioanche da grandi economie co-me quella degli Stati Uniti d’A-merica.

La rivoluzione naturale be-nefica di cui parla il CardinaleSiri si intreccia fortemente conil ruolo della famiglia nel nuo-vo modello di sviluppo dellepiccole e medie imprese del-l’area Nec rispetto alle aree dipiú antica industrializzazionedel famoso triangolo industrialeTorino-Genova-Milano.

Si tratta di un tema che verràripreso e approfondito in oc-casione del XV Congresso Na-zionale UCID di Udine del1981, su “Uomo e società inItalia all’inizio degli anni Ot-tanta” di cui si parlerà in se-guito.

Guidano queste posizioni del-l’UCID i princípi della Dottri-na sociale della Chiesa che in-dicano nell’iniziativa privatadei singoli e delle loro libere as-sociazioni le forze fondamen-tali di uno sviluppo economi-co sano e solidale.

In questo quadro, è da sotto-lineare la convergenza di vedutedell’appello dei Gruppo Gio-vani UCID del Piemonte di cuisi è parlato in precedenza e del-le indicazioni contenute nel do-cumento del Comitato Centra-le del Gruppo Giovani Indu-striali aderente alla Confindu-stria che si è riunito a Roma il26-27 gennaio 1973. Ecco insintesi i punti qualificanti deldocumento dei Giovani di Con-findustria illustrati nel numerodi maggio 1973 del periodico“Responsabilità”:

1) il ruolo dell’efficienzanella produzione di beni e ser-vizi, valutando anche i costi

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Gli imprenditori che hanno resistito a lunghianni di crisi e di conflittualità, che riprendono a investire, che umanizzano i metodi di produzione, sono non solo degni di rispetto, ma devono altresí essere al centro dell’interesse della collettività affinché venga incentivato il loroinsostituibile senso del rischio e dell’iniziativa coraggiosa

ro peso economico-sociale nel-l’economia complessiva delPaese.

Il periodico del GruppoUCID del Piemonte concludeaffermando che dal confrontofra i due programmi risulta evi-dente come le reciproche posi-zioni dei due Gruppi Giovani(UCID e Confindustria) sianosostanzialmente coincidenti eciascuno si possa riconoscerenelle affermazioni dell’altro.

Risulta pertanto indispensa-bile un approfondimento di ta-li tematiche per dare un ulte-riore autonomo e originale con-tributo al dibattito e, insieme,ottenerne la concreta applica-zione in sede politica.

Nella difficile situazione del-la prima metà degli anni Set-tanta, è utile segnalare la Re-lazione all’Assemblea dei so-ci dell’UCID Piemonte di Pie-tro Giustina, Vice Presidentedel Gruppo, sul tema “Una co-scienza economica per orien-tare le imprese e guidare la so-cietà” (cfr. “Responsabilità”luglio 1973).

Giustina, dopo avere ricor-dato la difficile situazione eco-nomica del Paese che porta l’I-talia ad avere il piú alto tassodi inflazione dei Paesi indu-strializzati dell’OCSE (vicinoal 10%), afferma che non è suf-ficiente la critica sterile almarxismo e del capitalismo.

Gli imprenditori cristiani de-vono proporre soluzioni di ef-fettivo avanzamento sociale chenon può essere disgiunto dallosviluppo economico, e che nonpuò ignorare assolutamente leesigenze delle imprese perché

l’impresa è il fenomeno centraledi ogni società progredita.

Gli imprenditori che hannoresistito a lunghi anni di crisi edi conflittualità, che riprendo-no a investire, che umanizzanoi metodi di produzione, sononon solo degni di rispetto, madevono altresí essere al centrodell’interesse della collettivitàaffinché venga incentivato illoro insostituibile senso del ri-schio e dell’iniziativa corag-giosa.

Questo spirito della respon-sabilità sociale dell’imprendi-tore viene ribadito nell’edito-riale di Cornelio Valetto, Pre-sidente UCID del Piemonte,(cfr. “Responsabilità”, settem-bre 1973).

Prendendo spunto da un’in-tervista rilasciata al “Corrieredella Sera” dell’8 agosto 1973dall’allora Presidente del Con-siglio Mariano Rumor (25), Va-letto afferma che non è piú pos-sibile indugiare nel riascoltarel’eco delle parole che ritornaagli imprenditori nel chiuso del-le imprese.

Il mondo del lavoro è partemolto importante della vita del-l’imprenditore di ogni giorno edè compito dell’imprenditorecristiano di operare per la co-struzione del bene comune.

È continua l’attenzione delperiodico “Responsabilità” peri temi della partecipazione, su-scitata dalle difficili relazioni in-dustriali degli anni settanta. Siricorda il seminario organizza-to dalla Sezione UCID di No-vara sul tema “Partecipazionenelle aziende”, di cui si parla nelnumero di febbraio 1974.

umani e sociali;2) le relazioni industriali,

nella convinzione che, in am-bito aziendale, esistono le con-dizioni per miglioramenti delclima di lavoro e dei rapportiinterpersonali;

3) la politica del creditosecondo criteri di semplifica-zione e trasparenza del sistemadi finanziamento delle impre-se, senza penalizzazioni nel-l’accesso al credito delle piccolee medie imprese in termini dicosto e di disponibilità;

4) il ruolo delle piccole emedie imprese industriali da ri-valutare per adeguare il ruolopolitico (rappresentanza) al lo-

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La partecipazione può considerarsi un’originale idea

cristiana per risolvere molti dei problemi e deiconflitti che travagliano

il mondo del lavoro:la partecipazione

non è solo economicama di responsabilità

con lo scopo di orientarel’azienda all’uomo

Nel seminario, i relatori of-frono vivaci spunti di discus-sione citando al riguardo leesperienze francesi, tedesche el’esperimento riuscito di Mon-dragon in Spagna. Le lineeemerse dal seminario possonoessere riassunte in due punti:

a) la partecipazione puòconsiderarsi un’originale ideacristiana per risolvere molti deiproblemi e dei conflitti che tra-vagliano il mondo del lavoro;

b) la partecipazione non èsolo economica ma di respon-sabilità con lo scopo di orien-tare l’azienda all’uomo (26).

Il 4 febbraio 1974 si riuniscea Torino per la prima volta ilComitato di ricerca per la par-tecipazione nelle imprese crea-to dal Gruppo UCID Piemon-te. Lo scopo del Comitato è distudiare le difficoltà struttura-li e legali che possono opporsialla trasformazione delle strut-ture aziendali attuali per ispi-rare la partecipazione e diffon-dere una maggiore coinvolgi-mento delle forze di lavoro nel-le imprese.

Anche per favorire un mag-gior interesse del mondo acca-demico, l’UCID Piemonte isti-tuisce un premio di 500.000 li-re per una tesi di laurea pressola Facoltà di Scienze Econo-miche dell’Università di Tori-no sulle tematiche della parte-cipazione nell’impresa (mag-gio 1974).

Il periodico “Responsabilità”continua a prestare particolareattenzione ai temi economicidel Paese e all’andamento del-la congiuntura.

È il caso della scala mobile:

automatismo pericoloso cheamplifica le spinte inflazioni-stiche e tende ad appiattire idifferenziali salariali in rela-zione alle differenze di pro-duttività.

Esso raggiunge la sua mas-sima espressione con l’unifi-cazione del punto di contin-genza, avvenuta durante la Pre-sidenza Agnelli della Confin-dustria.

Al di là degli automatismi,sono proprio i concetti di fon-do che stanno alla base del mec-canismo che devono essere rie-saminati, come si afferma inun articolo di “Responsabilità”del maggio 1974.

Il meccanismo verrà poi sop-presso negli anni Ottanta dopoche l’inflazione avrà superatoi livelli di guardia del 20%, sul-la scia degli studi di FrancoModigliani e di Ezio Tarantel-li. Quest’ultimo, come avverràsuccessivamente per GiuseppeD’Antona e Marco Biagi, cadràpoi sotto i colpi delle BrigateRosse: la strada per assicurareuna maggiore flessibilità almercato del lavoro in relazio-ne alle esigenze di competiti-vità di un’economia sempre piúaperta ai mercati esteri e alle sfi-de della globalizzazione, è ir-ta di difficoltà e si apre con ilsacrificio dei “martiri”.

Il tema delle relazioni indu-striali e della partecipazionedei lavoratori alla vita dell’im-presa rimane il filo conduttoredegli anni Settanta delle anali-si del periodico “Responsabi-lità”, come mostra l’ampio in-tervento apparso sul numero diluglio 1974 di Piero Giachetti,

Delegato regionale per il Pie-monte della Pastorale del La-voro.

L’intervento affronta il temadell’impresa in una visione che,oggi, si definirebbe multidi-sciplinare: ne analizza i pro-blemi ma ne pone anche l’ac-cento sulla sua dimensione mo-rale come comunità di personee non come mero luogo doveesse esercitano la loro presta-zione lavorativa, e, soprattutto,sottolinea l’esigenza della par-tecipazione dei lavoratori allavita dell’azienda.

Con riferimento a quest’ulti-mo tema, viene citata la Materet Magistra di Giovanni XXIII:

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«Riteniamo - affermaGiovanni XXIII nell’enciclica “Mater et Magistra” - che sia legittima nei lavoratoril’aspirazione a partecipare attivamente alla vita delle imprese nelle qualisono inseriti e operano.Non è possibile predeterminare i modi e i gradi di tale partecipazione essendo essi in rapporto con la situazione concreta chepresenta ogni impresa»

anche appartenenti all’UCID, eassume il suo apice con l’as-sassinio di Aldo Moro nel 1978.Lo stesso Paolo VI farà un ac-corato intervento rivolto «agliuomini delle Brigate Rosse»per salvare la vita di Aldo Mo-ro, ma non servirà purtroppoall’esponente della DemocraziaCristiana.

Nel 1977 diventa Presidentedell’UCID nazionale VittorioVaccari, dopo tanti anni svolticome Segretario Generale del-la nostra associazione fin dal-la sua costituzione nel 1947.

Continua il fecondo e profe-tico cammino come consulen-te morale dell’UCID naziona-le del Cardinale di Genova,Giuseppe Siri. Siri e Vaccarisono gli uomini carismatici del-l’UCID per piú di quarant’an-ni, dando un’impronta indele-bile a tutta la nostra associa-zione.

Il passaggio di testimone se-gnerà un momento difficile perl’UCID per una serie complessadi cause di cui si parlerà nelprossimo capitolo.

Nel Congresso nazionale diNapoli di febbraio 1977, Vac-cari come Presidente dell’U-CID (27) si preoccupa nella suarelazione introduttiva di porrein evidenza il momento vissu-to della crisi economica italia-na che si identifica con la cri-si dell’impresa (28).

Gli anni Ottanta - Il papato di Giovanni Paolo II e le grandi trasformazioni in Italia e in Europa

Nell’ottobre del 1978 diven-ta Papa Karol Józef Wojtyla

dopo trentratrè giorni di papa-to di Albino Luciani con il no-me di Giovanni Paolo I.

Il lungo papato di GiovanniPaolo II dal 1978 al 2005 se-gnerà la storia di tutta la Chie-sa e del mondo intero degli uo-mini di buona volontà, con unimpegno fortissimo sui vastifronti per la creazione di un au-tentico umanesimo cristiano alivello universale. Sarà un gran-de Maestro di Dottrina Socia-le con tre fondamentali enci-cliche: la Laborem exercens del1981, la Sollicitudo rei socia-lis del 1987, la Centesimus an-nus del 1991, a cento anni dal-la Rerum novarum di LeoneXIII.

Su desiderio di GiovanniPaolo II, nascerà il Compen-dio di Dottrina sociale dellaChiesa che, dopo una lunga ela-borazione, vedrà la luce nel2004.

Si tratta di un sussidio fon-damentale per comprendere ivalori cardine della Dottrinasociale della Chiesa: sviluppo,solidarietà, bene comune, de-stinazione universale dei benie funzione sociale della pro-prietà privata, sussidiarietà.

Lo scenario del Compendioviene collocato nelle tre gran-di sfide a cui si trova di frontel’umanità all’inizio del terzomillennio:

• la sfida dell’essere uomocon i suoi valori inalienabili dilibertà, responsabilità, dignitàe creatività;

• la gestione delle differen-ze tra i popoli sul piano dellastoria, della cultura e del cre-do religioso;

«Riteniamo, afferma il Papa,che sia legittima nei lavorato-ri l’aspirazione a partecipareattivamente alla vita delle im-prese nelle quali sono inseritie operano. Non è possibile pre-determinare i modi e i gradi ditale partecipazione essendo es-si in rapporto con la situazio-ne concreta che presenta ogniimpresa, situazione che può va-riare da impresa a impresa enell’interno di ogni impresa èsoggetta a cambiamenti spessorapidi e sostanziali».

Il clima conflittuale non ac-cenna tuttavia a diminuire nelcorso degli anni Settanta, conrapimenti di industriali, taluni

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Uno dei punti nodali della missione dell’UCID

è formare una classe imprenditoriale che pensi

e agisca veramente in modo cristiano agendo

su elementi fondanti: la coscienza, la libertà,

la carità. Perché la coscienza sia attiva civuole la presenza di Dio,

l’unico che entra nelprofondo degli uomini,

l’unico che può portare a una

responsabilità interiore

• la globalizzazione che hasignificati non solo economicima molto piú ampi concernen-ti il destino stesso del genereumano.

Il primo discorso di Giovan-ni Paolo II all’UCID naziona-le porta la data del 24 novem-bre 1979. Il Papa nel suo in-tervento ricorda il contenutodell’Enciclica “Redemptor ho-minis”: «con quale animo, conquali strumenti si può portareavanti un discorso impegnato afar conoscere, accettare e ap-plicare, da parte degli operato-ri economici, gli orientamentidella Dottrina Sociale dellaChiesa nelle imprese e a trovarein essa le ragioni capaci di giu-stificare, anzi di promuoverequell’ordine nuovo della so-cietà, fondato sul rispetto del-la persona umana e sulla pro-mozione, armoniosa e fattivadel bene comune, che rispon-de alle esigenze del Vangelo, alquale anelano i popoli delusi datante promesse e da tante espe-rienze aliene o contrarie alleaspirazioni di fede» (29). E ilSanto Padre prosegue affer-mando in modo profetico che«si ha l’impressione di una pre-valenza dell’economia sullamorale, di una prevalenza del-la temporalità sulla spiritua-lità» (30).

È opportuno anche ricorda-re che il rapporto di questo gran-de Papa e l’UCID fu certamentefacilitato dal fatto che Vaccari,nella sua qualità di Vice Presi-dente di Alitalia, era presente,in rappresentanza della com-pagnia di bandiera, durante tut-ti i viaggi papali.

XV Congresso nazionale dell’UCID (marzo 1981)

Nel marzo del 1981 si svol-ge a Udine il XV Congressonazionale dell’UCID sul tema“Uomo e società in Italia al-l’inizio degli anni Ottanta”(31).

Come si legge negli Atti delCongresso, il Presidente Vac-cari dedica il lavoro ad Ana-cleto Benedetti, per piú di 30anni direttore dell’Ufficio stu-di dell’UCID a cui ha lasciatouna preziosa eredità di pensie-ro sulla filosofia dell’impresamoderna e sugli imprenditoricristiani chiamati a realizzarla(32).

L’importante Congresso vie-ne aperto dal Cardinale Siri,Consulente ecclesiastico del-l’UCID nazionale, sul tema del-la responsabilità, punto noda-le nella realizzazione della se-conda parte della missione del-l’UCID: formare una classe im-prenditoriale che pensi e agiscaveramente in modo cristiano.

Gli elementi fondanti sonola coscienza, la libertà, la carità.

Perché la coscienza sia atti-va ci vuole la presenza di Dio,l’unico che entra nel profondodegli uomini, l’unico che puòportare a una responsabilità in-teriore, cosa che nessuna forzaesterna può fare.

Senza la libertà non è possi-bile vivere in modo umano emorale perché quando è con-culcata dall’esterno, la libertàsi vendica creando immoralitàe tutto un mondo sotterraneoche non cessa di agitarsi e cheprepara i successivi grandi ri-volgimenti non piú nascosti.

Non è facile esercitare la ca-rità quando ci si muove in unmondo ostile, ma il precettodell’amore verso il prossimo èlo specchio dell’amore di Dioverso l’uomo, fatto a sua im-magine e somiglianza.

Segue la riflessione di Mons.Alfredo Battisti, Arcivescovo diUdine e Presidente della Com-missione della CEI per i pro-blemi sociali e la pastorale dellavoro, che, partendo dalla pa-rabola del “Figliol prodigo”,chiamata parabola del Padremisericordioso, descrive la si-tuazione dell’uomo contempo-raneo che pretende una assolutaautonomia da Dio, dai criteri

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Occorre superare - afferma mons. Battisti - una visione minimalistadella fede e della religioneche vede il Vangelo comecostrizione e non comeautentica liberazione: il Vangelo «scompigliagli orizzonti delle nostresicurezze e dà la forza innovatrice, ardita, creatrice, richiesta dalla presente situazionedel mondo»

to” per cui conta piú l’avereche l’essere: stare con la Chie-sa pensando di salvaguardaremeglio gli interessi personali.

c) il rifiuto verso il fratel-lo che è andato fuori casa, ma-gari attratto da ideologie o dasistemi che negano la libertàdell’uomo e la sua sete per laverità.

Occorre, sostiene Mons. Bat-tisti, penetrare il senso profon-do dell’Enciclica sociale di Pao-lo VI, Octuagesima Adveniens(1971), che afferma che il Van-gelo «scompiglia gli orizzontidelle nostre sicurezze e dà laforza innovatrice, ardita, crea-trice, richiesta dalla presentesituazione del mondo».

Dense di significato appaio-no le relazioni del PresidenteVittorio Vaccari, su “Morale etecnologia nella società mo-derna”, e di Mons. Luigi Bel-loli, Rettore del Pontificio Se-minario Lombardo di Roma,su “Famiglia, scuola e sistemaproduttivo”.

Vaccari pone in luce il diffi-cile rapporto tra l’uomo e lacrescente perfezione della tec-nologia, da cui deriva la ne-cessità di un impegno dell’im-prenditore cristiano per conci-liare la vocazione irresistibiledella morale con le promesseluminose della scienza e dellatecnica.

Mons. Belloli focalizza la suarelazione sul rapporto famiglia-sistema produttivo e sul rap-porto scuola-sistema produtti-vo.

Ci sono tre momenti che han-no comportato tre modi diver-si di concepire il rapporto tra fa-

miglia e sistema produttivo.Il primo è quello della fami-

glia per il sistema produttivo.In uno schema storico della fa-miglia occidentale nell’epocapre-industriale possiamo ve-dere la famiglia come unitàchiusa di produzione e di con-sumo. Questo vale soprattuttoper il modello di famiglia con-tadina.

Ma il rapporto famiglia-pro-duzione si spacca quando allaciviltà pre-industriale subentraquella industriale. Qui non èpiú la famiglia il centro della vi-ta sociale, ma la fabbrica, l’im-presa. Mons. Belloli definiscequesto secondo passaggio co-me sistema produttivo indiffe-rente alla famiglia.

Il terzo passaggio è quellodel sistema produttivo per lafamiglia. In questa linea emer-ge la necessità di un sistemaproduttivo impostato in ma-niera tale da rendere un realeservizio per la crescita della fa-miglia e per lo sviluppo inte-grale di ogni persona che in es-sa vive.

In questa visione, la famigliadiventa lo snodo tra la personae la società e ciò che è bene perla famiglia è bene per la so-cietà e per l’impresa (33).

Mons. Belloli passa quindiad analizzare il rapporto trascuola e sistema produttivo.Nella misura in cui la societàsi sviluppa, sotto l’impulso delprogresso scientifico e tecni-co, la scuola assume un ruolosempre piú importante ed esi-ge continui adeguamenti (34).

Secondo Mons. Belloli, conriferimento anche all’acuto con-

etici e morali.È l’uomo che ha creato il

boom economico degli anniSessanta e che ora si trova conil vuoto dei valori e con la man-canza delle virtú.

Mette quindi in guardia con-tro tre concezioni sbagliate:

a) la visione minimalistadella fede e della religione chevede il Vangelo come costri-zione e non come autentica li-berazione: la logica dell’amo-re cristiano non è minimalistama massimalista e la fede vavissuta in rapporto al Vangeloall’interno della casa di Dio Pa-dre.

b) il pensiero “interessa-

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Educare - affermaMons. Belloli - significatirare fuori dal soggettotutte le potenzialità che

compongono la sua ricchezza interiore.L’uomo non è solo

custode dell’universoma attivo collaboratore

e concreatore di unmondo destinato

a diventare sempre piú umano.

Il lavoro è compimentodella creazione

tributo di Anacleto Benedetti,direttore dell’Ufficio studi del-l’UCID nazionale, contenutonel volume “Educazione e Svi-luppo Economico” (Ed. Ar-mando, Roma 1977), la scuo-la dovrebbe muoversi secondole seguenti direttrici:

a) universalizzazione del-l’educazione di base;

b) equilibrio tra domandae offerta di qualificazione;

c) corretta ripartizione delprestigio tra scuola umanisticae scuola tecnica.

Per quanto riguarda l’equili-brio tra domanda e offerta diqualificazione, si afferma chela scuola deve seguire e con-temporaneamente orientare letrasformazioni strutturali pre-senti nel mondo della produ-zione e dell’occupazione e, ingenerale, nella società.

Per coniugare positivamen-te il progresso scientifico e tec-nico con lo sviluppo occorrepertanto investire molto nel ca-pitale umano in tutte le fasi del-la vita dell’individuo: nell’etàprescolare, in quella scolare,nella formazione universitariae in quella relativa a tutto il pe-riodo dell’attività lavorativa.Decisiva è la formazione nel-l’età prescolare e risulta per-tanto cruciale il ruolo della fa-miglia come nucleo naturalefondante della società. La suastabilità influenza enormementeil ruolo di snodo tra la personae il mondo della produzione edel lavoro e, in generale, di tut-ta la società.

Educare, afferma Mons. Bel-loli, significa tirare fuori dalsoggetto tutte le potenzialità

che compongono la sua ric-chezza interiore. Tra questegrandeggia la creatività, espres-sione dell’intelligenza e delladignità dell’uomo che diventain questo modo non solo cu-stode dell’universo ma attivocollaboratore e, quasi, con-creatore di un mondo destina-to a diventare sempre piú uma-no.

Il lavoro non è semplice-mente fatica che abbrutisce, macompimento della creazione epartecipazione all’opera di Dio.In questo modo il lavoro di-venta un dono di Dio che ha fat-to l’uomo a sua immagine e so-miglianza.

Dopo la relazione conclusi-va del Congresso di Gianfran-co Galletti, Segretario Genera-le dell’UCID nazionale, gli At-ti presentano i risultati dellequattro Commissioni di studiosui seguenti temi:

1) nuove concezioni del la-voro ed etica cristiana;

2) famiglia, scuola e siste-ma produttivo;

3) solidarietà sociale di-nanzi all’imprevisto;

4) l’Italia e l’Europa nel-l’economia internazionale.

Per ogni tema vengono indi-cati sia valori generali cui ispi-rarsi alla luce del Vangelo edella Dottrina Sociale e dellaChiesa, sia indicazioni opera-tive per l’UCID nazionale e perle sue diverse articolazioni ter-ritoriali.

Per quanto riguarda l’Euro-pa, le conclusioni della relati-va commissione indicano la ne-cessità di collegamento con lediocesi locali perché queste so-

no presenti come testimoni au-torevoli e coscienti in terra dimissione. Occorre avvicinarel’UCID alle istituzioni dioce-sane che operano nel terzo mon-do e in particolare in Africa.L’azione concreta dell’UCIDpuò riguardare anche i micro-progetti nell’ambito dell’aiutoallo sviluppo della ComunitàEuropea e dell’Italia.

Seguono, sui vari temi delleCommissioni, sedici comuni-cazioni di soci e responsabili deiGruppi e delle Sezioni.

Ci sembra significativo ri-cordare alcuni di questi inter-venti:

1) Il Gruppo Piemonte ri-

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È evidente che lo sviluppotecnologico ha modificatola struttura organizzativadel lavoro nell’impresa.In questa trasformazioneoccorre preservare l’integrità e la dignitàdell’uomo, che deve rimanere soggetto e nonoggetto dell’economia. Il progresso scientifico etecnico crea la necessità di una formazione di basee professionale sempre piú elevata

immaginato con la program-mazione e con il ruolo dellagrande impresa pubblica cheprivata. All’inizio degli anniOttanta, si può constatare co-me la conclusione di questo di-segno non sia stata conforme al-le previsioni e agli indirizzi po-litici che lo avevano preordi-nato, ma quasi opposta. La vi-talità del sistema non è venutada questo schema, ma da un di-verso modello fondato sulla na-scita e lo sviluppo di piccole emedie imprese legate al terri-torio. Si tratta della grande vo-cazione imprenditoriale che ca-ratterizza soprattutto le aree delNord Est e in particolare delVeneto, con rapporti tra popo-lazione e numero di impresetra i piú elevati a livello euro-peo e mondiale. È la rivolu-zione naturale di cui parla ilCardinale Siri, in precedenzaricordata, con gli operai e i con-tadini che si trasformano in im-prenditori. Le trasformazionisi manifestano anche sul lato deiconsumi che diventano piú di-versificati e variabili. La cellulavitale di questo sistema vieneidentificata nella famiglia, co-me pilastro generante e forma-tivo di tutta la società.

3) Emilio Iaboni, Presi-dente della Sezione UCID diFrosinone e Provincia, inter-viene su uomo e tecnologia;soffermandosi sul rapporto traetica e progresso scientifico etecnico e mettendo in eviden-za che lo sviluppo tecnologicomodifica la struttura organiz-zativa del lavoro nell’impresa.

In questa trasformazione oc-corre preservare l’integrità e la

dignità dell’uomo, che deve ri-manere sempre soggetto e nonoggetto dell’economia. Il pro-gresso scientifico e tecnico creala necessità di una formazionedi base e professionale semprepiú elevata, in grado di rispon-dere in modo flessibile alle mu-tevoli esigenze sul piano pro-duttivo, settoriale e territoria-le.

La scuola italiana è in ritar-do su questo importante terre-no e occorre richiamarsi aiprincípi enunciati dal Cardina-le Siri sulla flessibilità dellestrutture di formazione in rela-zione alle trasformazioni strut-turali dell’economia e della so-cietà determinate dal progres-so tecnico.

Bisogna fare scuola d’im-presa all’interno di questa.

4) Giovanni Panati ri-sponde a stimolanti interroga-tivi in tema di teologia del-l’imprenditorialità, in partico-lare sul rapporto tra cultura emercato che sarà l’oggetto di uninteressante Convegno orga-nizzato dal Gruppo Lombardodell’UCID per celebrare il ses-santesimo anniversario dellafondazione di cui si parlerà nelcapitolo finale (“Quando cul-tura e mercato si incontrano?”,Milano 19 dicembre 2005, Uni-versità Cattolica del Sacro Cuo-re, Sala Pio XI). Tra le varie ri-sposte che si possono dare aquesto fondamentale interro-gativo, Panati sceglie quella diMichael Novak sulla teologiadell’impresa. Essa si differen-zia da quella che vede nella ma-no invisibile del mercato l’in-capacità di garantire uno svi-

corda il costante impegno nelcampo della partecipazione deilavoratori alla vita dell’impre-sa nel corso dei vari anni, siain termini di analisi generaleche di esperienze concrete a li-vello nazionale e internaziona-le, puntualmente documentatenel periodico sociale per capid’azienda del Gruppo

2) Angelo Ferro pone l’at-tenzione su famiglia e sistemaproduttivo con una stimolanteanalisi delle trasformazioni del-l’economia italiana dal boomeconomico degli anni Sessan-ta sottolineando il diverso cor-so dell’economia sul piano rea-le, rispetto al disegno che si era

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L’impresa deve essereconsiderata come una

comunità di persone in cui l’autorità

dell’imprenditore vieneesercitata non come

potere ma come servizio,con carità, per la

costruzione del bene comune. È necessario

considerare il fondamento storico e

teologico dell’autoritàdell’imprenditore

e del dirigente

luppo senza ingiustizie. Ne de-riva la necessità della politicae della programmazione, nellevarie forme, dalle piú blande al-le piú rigide (piani quinquen-nali delle economie collettivi-stiche), per prevenire i falli-menti del mercato. Esponentedi spicco di questo pensiero èAmintore Fanfani, che vienepresentato nel suo saggio gio-vanile del 1934 su cattolicesi-mo e protestantesimo, nella for-mazione storica del capitali-smo. L’altro pensiero è quelloliberale portato avanti soprat-tutto da Hayek che sostiene laneutralità del mercato rispettoai valori e pertanto non ha sen-so parlare di mercato morale oimmorale, salvo il caso di com-portamenti delittuosi (35).

L’impostazione di MichaelNovak, seguita da Panati, ci di-ce che per stare sul mercato oc-corre sviluppare una serie didoti e di valori morali, riguar-danti soprattutto l’autorità e laresponsabilità dell’imprendi-tore come persona. Sarà, nellasostanza, l’impostazione del-l’enciclica sociale del 1991 diGiovanni Paolo II, Centesimusannus di cui si parlerà nei ca-pitoli successivi. L’impresa vie-ne considerata come una co-munità di persone in cui l’au-torità dell’imprenditore vieneesercitata non come potere macome servizio, con carità, perla costruzione del bene comu-ne. Panati insiste sulla neces-sità di considerare il fonda-mento storico-teologico del-l’autorità dell’imprenditore edel dirigente. Occorre riflette-re piú a fondo sulla concezio-

ne cristiana di direzione (auto-rità) come servizio e come cre-scita, propria e altrui. Auctori-tas est augere: Autorità è farcrescere. Quando l’attività di-rigenziale esprime un’autoritàche cessa di far crescere (l’in-dividuo, la collettività, il be-nessere), allora diventa meropotere, autoritarismo, burocra-tismo.

5) Attilio Viziano investi-ga sulla casa come luogo di cre-scita dei valori morali.

Egli sottolinea, in modopreoccupato, il fatto che ancheai nostri giorni la mancanza diuna adeguata disponibilità diabitazioni provoca preoccupa-zioni in ogni famiglia, ed è an-che fonte di tensioni sociali digravità paragonabile o forse su-periore alla stessa mancanza dilavoro. Rientra nei doveri del-la coscienza cristiana di chiun-que porti la responsabilità del-la dirigenza politica ed econo-mica della comunità umana,farsi carico di questo assillan-te problema e adoperarsi in ognimodo affinché si allontani dal-la comunità familiare lo spet-tro della coabitazione coatta,affinché la casa possa vera-mente tornare a essere non unbene di consumo, non una mac-china per abitare, ma un luogodi crescita dei valori morali, diformazione delle future gene-razioni.

Prima della chiusura del Con-gresso di Udine da parte delPresidente nazionale, VittorioVaccari, interviene il Presidentedi Confindustria, Vittorio Mer-loni, che parla dei cambiamentiimposti per l’avvenire econo-

mico dell’Italia.Merloni afferma che il 1980

è stato un anno a due facce: difronte ad alcuni punti positivi,c’è stata un’inflazione altissi-ma, del 21%, che ha portatouna serie di conseguenze ne-gative tra cui, la piú grande ditutte, la perdita di competiti-vità delle nostre esportazioni.Critica la programmazione persettori, su cui si fonda la legge675/1977 con i piani di setto-re, a favore della programma-zione per fattori della produ-zione.

I fattori importanti per lo svi-luppo dell’industria sono l’e-nergia, le materie prime, i mez-

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Il salario ha una componente immediata che è la busta paga, una parte capitalizzatache è il trattamento di fine rapporto, una parte differita che è quella della pensione. Tutto questo insieme concorre a determinare il costo del lavoro per unità di prodotto e deve essere affrontatocontemporaneamente

di fine rapporto, una parte dif-ferita che è quella della pen-sione. Tutto questo insiemeconcorre a determinare il costodel lavoro per unità di prodot-to e deve quindi essere affron-tato contemporaneamente. L’al-tra parte del costo del lavoro perunità di prodotto riguarda laproduttività che dipende dallerelazioni industriali, dalle nor-me e dai comportamenti. Nor-me che non permettono la mo-bilità, l’aggiustamento all’in-terno della stessa azienda, con-sentono la possibilità di spo-stamento tra un’azienda e l’al-tra solo entro un raggio ristret-to di chilometri. Comporta-menti come l’assenteismo, gliscioperi non regolamentati chedanneggiano non soltanto l’a-zienda ma l’intero sistema pro-duttivo.

Nel 1981 viene pubblicata laprima enciclica sociale di Gio-vanni Paolo II, Laborem Exer-cens. L’enciclica si fonda, se-condo le parole del CardinaleBallestrero, come riportato nelnumero di luglio-settembre del-la Rivista “Operare”, su unariflessione di fede intorno al-l’umanità del lavoro secondo ilprogetto di Dio sull’uomo.

È l’uomo soggetto del lavo-ro: parlare dell’umanità del la-voro, nell’insegnamento di que-sta enciclica, non significa so-lo sentire l’esigenza che il la-voro non sia disumano ma uma-no.

L’unica creatura voluta daDio per lavorare è l’uomo, mal’uomo lavorando crea, co-struendo una realtà feconda incontinuo progresso ed espan-

sione. L’uomo resterà sempreuna realtà prioritaria rispetto alcapitale e non dovrà mai esse-re strumentalizzato. È la di-mensione soggettiva del lavo-ro che colloca l’uomo al di so-pra dell’economia per evitare igrandi rischi del riduzionismoeconomico e del relativismoetico che affievoliscono l’a-more per il bene comune.

Il lavoro in senso oggettivofa invece riferimento alla tec-nica che assume pure una gran-de rilevanza come motore del-lo sviluppo economico e so-ciale, ma mai esso deve preva-ricare la centralità dell’uomocon i suoi valori di libertà, re-sponsabilità, dignità e creati-vità.

L’enciclica di Giovanni Pao-lo II si colloca all’inizio deglianni Ottanta, anni che vedran-no grandi trasformazioni sulpiano economico, politico e so-ciale dell’Italia e, sul piano in-ternazionale, si chiuderannocon la caduta del muro di Ber-lino nel novembre del 1989 ela successiva riunificazione del-le due Germanie.

Sul piano politico, all’iniziodegli anni Ottanta l’Italia ab-bandona la strada del compro-messo storico con il tragico epi-logo della morte di Aldo Mo-ro per mano delle Brigate Ros-se. L’asse dei Governi si spo-sta piú al centro, con il coin-volgimento delle forze libera-li e repubblicane e con la cesuradel legame dei socialisti dalpartito comunista. Nascono iGoverni Spadolini e Craxi, conun riequilibrio significativo afavore delle capacità di gover-

zi finanziari, le esternalità. Leesternalità sono i servizi, le co-municazioni, l’efficienza dellapubblica amministrazione cen-trale e locale.

Il sistema non funziona: re-sistono fattori ideologici e de-magogici per cui la scala mo-bile non si tocca. Merloni ri-corda che Confindustria ha or-ganizzato a Roma un conve-gno sulla struttura del salario,che ha suscitato molte polemi-che e ha fatto parlare di falchidella Confindustria. Il salario vavisto nel suo insieme, perché hauna componente immediata cheè la busta paga, una parte ca-pitalizzata che è il trattamento

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Giovanni Agnelli indicaquattro Europe da

realizzare: l’Europa dellamoneta; l’Europa degli

standards che superi le differenti normative

tecniche e regoli con unitàla produzione; l’Europa

dell’istruzione che riconosca per tutto il

territorio i titoli di studiodi ogni Paese; l’Europa

delle procedure per uniformare i

procedimenti amministrativi

no del Paese rispetto agli altridue poteri: legislativo e giudi-ziario. La Presidenza del Con-siglio dei Ministri (36) si raffor-za notevolmente negli strumentiche consentono azioni piú in-cisive di politica economica edi politica industriale.

I Governi Spadolini dei pri-mi anni Ottanta si impegnanoal massimo per ridurre gli ele-vatissimi tassi di inflazione e diinteresse, per riportare l’eco-nomia su basi strutturali piú so-lide da cui ripartire per un sa-no sviluppo. La grande indu-stria pubblica e privata attra-versa nei primi anni Ottantauna crisi profonda e in questoclima nasce una legge di poli-tica industriale molto impor-tante, dopo la stagione rigida-mente programmatoria della675. È la legge 46/1982 che ri-struttura il vecchio fondo per laricerca applicata e istituisce ilnuovo fondo speciale rotativoper l’innovazione tecnologica.

È un salto notevole della po-litica industriale per sostenerela competitività del nostro si-stema produttivo con innova-zioni di processo, di prodottoe organizzative.

Nascono anche leggi di tiposettoriale come la 63/1982 perl’elettronica di consumo e laconnessa componentistica.

Ametà degli Ottanta entra incrisi un settore molto impor-tante per la nostra economia, so-prattutto per l’aumento degliscambi con l’estero. Si trattadel settore degli elettrodome-stici con la grave crisi del 1984del principale gruppo privatoitaliano (37).

In questo clima di difficileeredità degli anni Settanta, sitiene a Milano il 2 e il 3 mar-zo 1984 un importante conve-gno di Confindustria sul tema“Incontro sul futuro”.

Lo scopo è di ricercare i mo-di e le forme affinchè negli an-ni 1990 l’Italia faccia ancoraparte del gruppo dei grandi Pae-si industriali avanzati.

Il primo punto che emergein modo prepotente riguarda ilcambiamento vorticoso, nonsolo dell’industria, della tec-nologia, dell’economia, ma deicostumi, dei valori del nostrotempo e delle stesse basi delpotere. Si comincia a intrave-dere la terza rivoluzione indu-striale delle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione: si va verso la societàdella conoscenza.

L’analisi di Giovanni Agnel-li sul pericolo che l’Europa ri-sulti emarginata, tra le aree svi-luppate del mondo, inizia conlo studio delle innovazioni tec-nologiche da un punto di vistastorico, condizionate da spintepolitico-istituzionali.

Agnelli indica quattro Euro-pe da realizzare: l’Europa del-la moneta; l’Europa degli stan-dards che superi le differentinormative tecniche e regoli conunità la produzione; l’Europadell’istruzione che riconoscaper tutto il territorio i titoli distudio di ogni Paese; l’Europadelle procedure per uniforma-re i procedimenti amministra-tivi (38).

L’UCID segue con attenzio-ne l’importante dibattito aper-to da Confindustria con nume-

rosi articoli e interventi appar-si soprattutto nella Rivista“Operare”.

Tra le iniziative dell’UCIDnazionale di questo periodo,appare opportuno segnalarel’insediamento il 21 dicembre1984, presso il Pontificio Se-minario Lombardo di Roma,della Commissione UCID peri rapporti con il Parlamento.Questo importante organismo,presieduto dal Prof. ClaudioSchwarzenberg, ha il compitodi fornire agli organi legislati-vi i punti di vista dell’associa-zione su varie tematiche eco-nomico-sociali di comune in-teresse. Tra le varie problema-

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Sul piano economico interno, si registra nei primi anni Novanta la spaventosa crisi di finanza pubblica e cherichiederà una pesantissimamanovra di riequilibrio ela svalutazione della lira,dopo una strenua difesada parte della nostraBanca Centrale. In seguito a questo eventoil nostro sistema economico si riprenderàmolto rapidamente

Durante gli anni Ottanta as-sistiamo a un preoccupante de-terioramento della finanza pub-blica poiché in essa si scaricagran parte degli squilibri delsistema economico e socialeitaliano, aggravati da sceltetroppo illuministiche della po-litica monetaria (41).

L’epilogo si avrà nei primianni Novanta con la spavento-sa crisi della finanza pubblicache porta (Governo Amato) auna pesantissima manovra diaggiustamento dei conti pub-blici e alla svalutazione dellanostra moneta dopo una inuti-le difesa della parità del tassodi cambio con perdite molto ri-levanti delle riserve valutarie.

Solo qualche dato. Il fabbisogno del settore pub-

blico sale dall’11,3% del pro-dotto interno lordo del 1976 al17,5% del 1985. Parallelamentesi assiste a un forte incremen-to del debito pubblico, la cui in-cidenza sul prodotto internolordo passa dal 64,4% del 1976al 99,6% del 1985. L’accelera-zione maggiore si verifica nelperiodo 1981-1985, con un bal-zo di 29 punti percentuali, ri-spetto a un aumento di 5 pun-ti percentuali nel periodo 1976-1981. Nel periodo 1976-1985l’incidenza della spesa per in-teressi sul debito pubblico pas-sa dal 4,7% del prodotto inter-no lordo al 9,6% (42).

Tutti questi importanti avve-nimenti economici e sociali de-gli anni Ottanta vengono ana-lizzati dall’UCID soprattuttonella Rivista “Operare”, conautori esterni di grande presti-gio sia sul piano politico che

del prestigio accademico. Sitratta del “nuovo corso” (43)della Rivista, dopo gli anni ini-ziali in cui essa veniva princi-palmente sostenuta da analisicondotte da persone dell’UCIDnazionale. Ne è un esempio l’an-nata 1987 con contributi di Giu-lio Andreotti, Carlo AzeglioCiampi, Clelio Darida, Peter F.Drucker, Giovanni Paolo II, Ro-mano Prodi, Rolando Valiani.

La “Centesimus Annus” e i nuovi scenari dell’economia globale: 1991-1997

Gli anni Novanta non sonoanni semplici per la vita del-l’UCID e si inquadrano in undifficile decennio sul piano eco-nomico, politico e sociale nelnostro Paese e anche in Euro-pa.

Sul piano economico interno,si registra nei primi anni No-vanta la spaventosa crisi di fi-nanza pubblica, cui si è accen-nato nel capitolo precedente, eche richiederà una pesantissi-ma manovra di riequilibrio e lasvalutazione della lira, dopouna strenua difesa da parte del-la nostra Banca Centrale. In se-guito a questo evento il nostrosistema economico si ripren-derà molto rapidamente, supe-rando le preoccupate previsio-ni di chi vedeva nella svaluta-zione il pericolo di un innescodel circolo vizioso svalutazio-ne-inflazione. Le nostre im-prese, invece, soprattutto quel-le di piccole e medie dimen-sioni, utilizzarono i vantaggidella svalutazione non per am-pliare i margini di profitto maper allargare le quote sui mer-

tiche di cui si è occupata laCommissione ricordiamo: lacapacità contributiva e la rifor-ma fiscale; il patto Iri-sindaca-ti per assorbire le tensioni azien-dali; la riforma delle pensionie il pluralismo previdenziale(39).

Tra queste, è opportuno se-gnalare il tema affrontato dal-la Commissione UCID “Rap-porti con il Parlamento” in unatavola rotonda presso l’Abi il19 aprile 1985. Il tema “Fiscoe Morale” posto nel dibattito hariguardato la giustizia fiscaleitaliana e la gestione del fiscoalla luce dei princípi della Dot-trina Sociale della Chiesa (40).

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Nei primi anni Novanta si registrano grandi rivoluzioni

a livello mondiale: la globalizzazione, con

la forte mobilità non solodei beni ma di tutti

i fattori della produzione;l’avvento della terza

rivoluzione industrialecon le nuove tecnologie

dell’informazione e della comunicazione,

le biotecnologie, i nuovi materiali, le nanotecnologie

cati esteri. L’evidenza empiri-ca indica infatti che i risultatiraggiunti sono stati diversi trapiccole e medie imprese, chehanno destinato una quota ele-vata della propria produzione aimercati esteri, e quelle che in-vece hanno prodotto prevalen-temente per il mercato interno.

Le piccole e medie impresepiú integrate con i mercati del-l’Unione europea e con il mer-cato mondiale hanno raggiun-to migliori risultati sul pianodella redditività operativa, for-zando tuttavia il vincolo fi-nanziario per finanziare la cre-scita del fatturato. Il riequilibriofinanziario è avvenuto succes-sivamente, grazie ai piú eleva-ti livelli di autofinanziamento(44) raggiunti.

Sul piano politico assistiamoalla caduta di importanti parti-ti storici, compreso quello diispirazione cristiana, sotto i col-pi di una capillare azione del-la magistratura che presenteràall’opinione pubblica i legamiperversi tra economia, finanzae partiti politici (45).

Sul piano della Dottrina So-ciale della Chiesa si assiste in-vece a un passaggio storico conla grande enciclica sociale diGiovani Paolo II, la Centesi-mus Annus del 1991, dopo la ca-duta del muro di Berlino delnovembre del 1989 e la disso-luzione dell’impero sovieticodue anni dopo.

Tale periodo coincide conl’avvio di grandi rivoluzioni alivello mondiale: la globaliz-zazione (46), con la forte mo-bilità non solo dei beni ma ditutti i fattori della produzione;

l’avvento della terza rivolu-zione industriale con le nuovetecnologie dell’informazione edella comunicazione, le bio-tecnologie, i nuovi materiali,le nanotecnologie. Si affaccia-no sulla scena competitivamondiale grandi Paesi in via disviluppo, esprimendo tassi dicrescita elevatissimi come laCina e l’India (47).

Nei difficili anni Novanta,nell’UCID avvengono diversiavvicendamenti negli uominichiamati a condurre la nostra as-sociazione.

A Vittorio Vaccari, per tantianni Segretario Generale findal 1946 e Presidente fino al1988, succedono GiuseppeGioia, Giuseppe De Rita e Fran-cesco Merloni (48) fino al 2004.

All’inizio del periodo ogget-to di analisi nel presente capi-tolo, cioè l’anno 1991, Presi-dente dell’UCID Nazionale èGiuseppe Gioia, Vice Presi-denti Alberto Falck e FrancoNobili, Tesoriere Rodolfo Ri-naldi, Segretario Generale Ni-no Valentino. Vittorio Vaccariè Presidente onorario.

La Presidenza Gioia e la Se-greteria Valentino si svolgononegli anni difficili per la poli-tica e anche per l’imprendito-ria italiana in conseguenza diquella “tangentopoli” che, a uncerto punto, tocca anche qual-che dirigente UCID. Ma poitutto si risolve positivamentein sede giudiziale: comunquesono anni difficili nei quali l’U-CID nazionale conserva la se-renità e l’efficienza necessarieper evitare contraccolpi piú gra-vi sull’associazione.

Le grandi Encicliche di PapaGiovanni Paolo II

Si tratta di fenomeni che ven-gono analizzati con grande acu-me e senso profetico nella Cen-tesimus Annus di Giovanni Pao-lo II, di cui si parlerà diffusa-mente piú avanti.

La Centesimus Annus si muo-ve sulla scia dell’alto magiste-ro della Chiesa in campo so-ciale, a partire dalla Rerum no-varum del 1891 di Leone XIII.Ma la consonanza maggioredella Centesimus Annus si hacertamente con la grande, pro-fetica enciclica sociale di Pao-lo VI, Populorum Progressio

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La Dottrina Sociale della Chiesa non è unaterza via tra capitalismoliberista e collettivismomarxista: essa costituisceuna categoria a sé. È l’accurata formulazionedei risultati di un’attentariflessione sulle complesserealtà dell’esistenza dell’uomo, nella società enel contesto internazionale,alla luce della fede e della tradizione ecclesiale

lorum Progressio, afferma Pao-lo VI, è costituito dal fatto cheognuno deve prendere co-scienza della dimensione mon-diale acquistata dalla questio-ne sociale. Lo sviluppo diven-ta il nuovo paradigma della pa-ce per costruire il bene comu-ne universale la cui base è lagiustizia.

La Sollicitudo Rei Socialisdi Giovanni Paolo II dedica ilsecondo capitolo (50) alle no-vità prospettate dall’enciclicaPopulorum Progressio e in es-so si afferma che la decisionedi Paolo VI di pubblicare taleenciclica nel 1967 invita a con-siderare il documento in stret-ta relazione con il Concilio Ecu-menico Vaticano II conclusosil’8 dicembre 1965.

In tale scelta è riscontrabilequalcosa di piú di una sempli-ce vicinanza cronologica. Lasuddetta Enciclica, nelle paro-le di Giovanni Paolo II, si po-ne infatti quale documento diapplicazione degli insegna-menti del Concilio. E ciò nontanto perché essa fa continuiriferimenti ai testi conciliari,quanto perché scaturisce dallapreoccupazione della Chiesa inmerito al suo insegnamento so-ciale, che ispirò tutto il lavoroconciliare in particolar modola Costituzione pastorale Gau-dium et Spes.

Nel capitolo “Alcuni orien-tamenti particolari”, GiovanniPaolo II afferma che la Chiesanon ha soluzioni tecniche daoffrire al problema del sotto-sviluppo in quanto tale. Essa,infatti, non propone sistemi oprogrammi economici e politi-

ci, né manifesta preferenze pergli uni o per gli altri (si ricor-da, al riguardo, l’analoga posi-zione dell’UCID già alla finedegli anni Quaranta), purché ladignità dell’uomo sia debita-mente rispettata e promossa ealla Chiesa stessa sia lasciato lospazio necessario per esercita-re il suo ministero nel mondo.Ecco perché questa, prosegueGiovanni Paolo II, ha una pa-rola da dire oggi, come venti an-ni fa, e anche in futuro, intor-no alla natura, alle condizioni,alle esigenze e alle finalità del-l’autentico sviluppo e agli osta-coli, altresí, che vi si oppon-gono. Quale strumento per rag-giungere lo scopo, la Chiesaadopera la sua Dottrina Socia-le.

Pertanto la Dottrina Socialedella Chiesa non è una terzavia tra capitalismo liberista ecollettivismo marxista, e nep-pure una possibile alternativaper altre soluzioni meno radi-calmente contrapposte: essa co-stituisce una categoria a sé. Nonè neppure un’ideologia, mal’accurata formulazione dei ri-sultati di un’attenta riflessionesulle complesse realtà dell’esi-stenza dell’uomo, nella societàe nel contesto internazionale, al-la luce della fede e della tradi-zione ecclesiale.

Suo scopo principale è di in-terpretare tali realtà, esami-nandone la conformità o diffor-mità con le linee dell’insegna-mento del Vangelo sull’uomoe sulla sua vocazione terrena einsieme trascendente; per orien-tare quindi il comportamentocristiano. Essa appartiene, per-

del 1967 (49), di cui ricorrequest’anno il quarantesimo an-niversario.

L’Enciclica vede con gran-de anticipo il fenomeno dellaglobalizzazione e colloca inquesto ambito la questione so-ciale e la questione morale.

Forte è il legame tra la Po-pulorum Progressio di PaoloVI e le tre grandi encicliche diGiovanni Paolo II: la LaboremExercens del 1981, la Sollici-tuto Rei Socialis del 1987, pub-blicata nel ventesimo anniver-sario della Populorum Pro-gressio, la Centesimus Annusdel 1991.

Il punto saliente della Popu-

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Lo sviluppo è la condizione per

il raggiungimento della pace. Lo sviluppo

di tutto l’uomo e di tutti gli uomini è questione anche religiosa: la piena

attuazione dello sviluppo e della pace dipende dalla fedeltà alla nostra vocazione di uomini e di donne

credenti e quindi da Dio

ciò, al campo della teologia mo-rale

Giovanni Paolo II nella Con-clusione della Sollicitudo ReiSocialis si rivolge a coloro checondividono con noi l’ereditàdi Abramo nostro padre nellafede, e la tradizione dell’Anti-co Testamento, ossia gli Ebrei,e a coloro che, come noi, cre-dono in un Dio giusto e mise-ricordioso, ossia i Mussulma-ni. L’appello si estende a tuttii seguaci delle grandi religionidel mondo e a tutti gli uominidi buona volontà. Viene ricor-dato l’incontro di Assisi, la cittàdi san Francesco, del 27 otto-bre 1986, per pregare e impe-gnarci per la pace ognuno infedeltà alla propria professio-ne religiosa. Lo sviluppo è lacondizione per il raggiungi-mento della pace. Lo sviluppodi tutto l’uomo e di tutti gli uo-mini è questione anche reli-giosa: la piena attuazione del-lo sviluppo e della pace dipen-de dalla fedeltà alla nostra vo-cazione di uomini e di donnecredenti e quindi da Dio.

Particolarmente significati-vo è il numero di “Operare” diluglio-settembre 1991 dedica-to a tre grandi temi: in primisla pubblicazione dell’enciclicaCentesimus Annus di Giovan-ni Paolo II (51); quindi la ca-duta dell’impero sovietico e ildibattito sulle riforme istitu-zionali nel nostro Paese.

Il numero si apre con la pub-blicazione del messaggio ri-volto da Giovanni Paolo II aipartecipanti al III CongressoInternazionale della Società In-ternazionale Tommaso d’A-

quino che si è tenuta a Roma il28 settembre 1991 sul tema“Etica e società contempora-nea”.

Nel suo messaggio il Papaafferma che dopo la caduta diquasi tutti i regimi totalitari eoppressivi, fondati su una ina-deguata antropologia, siamo in-vitati alla ricostruzione di “unacasa comune” dove Oriente eOccidente, sulla scia dei valo-ri cristiani, possano coesisteree collaborare.

Il Concilio Vaticano II hascrutato i segni dei tempi e havisto la nostra società oscillantetra speranza e dolore. La crisietica del nostro tempo ha radi-ci profonde. Il Concilio ha in-dicato l’ateismo fra i fenome-ni piú gravi del nostro tempo(Gaudium et Spes, n. 19).

L’uomo moderno, fiero del-la propria ragione e fiduciosodelle proprie forze, ha accetta-to di vivere da solo, secolariz-zando la propria esistenza. IlPapa conclude affermando che,se il discorso sull’etica nellasocietà odierna vuol essere coe-rente, deve portare alla prassi.È questo un campo dove nonbasta la conoscenza e la con-templazione della realtà, ma sirichiede la creazione della nuo-va realtà sociale consona alleesigenze dell’etica umana e cri-stiana.

L’Enciclica “Centesimus Annus”

Sulla Centesimun Annus ap-paiono stimolanti i contributi,pubblicati nel numero di lu-glio-settembre 1991 della rivi-sta “Operare”, di Marco Vita-

le su “Slancio e conferma diuna dottrina” e di Emilio Iabonisu “Riflessioni intorno ad unaenciclica”.

L’articolo di Vitale evidenziala grande novità dell’Enciclicaperché costituisce un discrimi-ne nel pensiero sociale dellaChiesa, sottolineando il valoreetico dell’economia d’impresae del ruolo dell’imprenditoreper la creazione di un autenti-co sviluppo incentrato sull’in-tegrità dell’uomo e quindi sul-la diffusione del bene comunea livello universale.

I punti chiave dell’analisi diVitale sono:

a) la dignità della persona

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La “Centesimus Annus”afferma: quando il profittoè positivo significa che i fattori della produzionesono stati impiegati in modo efficiente. Il profitto non è moralmenteaccettabile quando divental’unico obiettivo dell’impresa e viene massimizzato a scapito di altri importanti obiettivi,mettendo in secondo pianola centralità della persona

marxiana, fonte di molte de-viazioni, tra capitalista e im-prenditore.

In un’economia di mercatoche risponda ai canoni della de-mocrazia e a decisioni decen-trate, il capitalista e l’impren-ditore non sono la stessa cosa.L’imprenditore è colui che hal’idea imprenditoriale (53) e,pur essendo povero di capitalio non possedendoli in manie-ra sufficiente, può ricorrere al-le banche e al mercato finan-ziario per reperire i mezzi dicui ha bisogno per realizzarla.

Nasce naturalmente in que-sto modo il problema dell’ef-ficienza allocativa e tecnico-operativa degli intermediari edei mercati finanziari a soste-gno dello sviluppo, ma la di-stinzione è fondamentale. Sul-la distinzione tra economia delcapitale ed economia impren-ditoriale, Vitale riporta il pen-siero dell’enciclica:«La rispo-sta è ovviamente complessa.Se con capitalismo si indica unsistema economico che rico-nosce il ruolo fondamentale epositivo dell’impresa, del mer-cato, della proprietà privata edella conseguente responsabi-lità dei mezzi di produzione,della libera creatività umananel settore dell’economia, la ri-sposta è certamente positiva,anche se forse sarebbe piú ap-propriato parlare di economiad’impresa, di economia di mer-cato e, semplicemente, di eco-nomia libera».

Un discorso analogo vale perla posizione della CentesimusAnnus nei confronti del profit-to sul piano etico. L’enciclica

afferma che quando il profittoè positivo significa che i fatto-ri della produzione sono statiimpiegati in modo efficiente,senza sprechi.

Su questo piano il profitto ri-spetta i canoni della morale.

Non è moralmente accetta-bile quando il profitto divental’unico obiettivo dell’impresa,che viene massimizzato a sca-pito di altri importanti obietti-vi, mettendo in secondo pianola centralità della persona uma-na nei processi di sviluppo coni suoi valori di dignità, creati-vità e responsabilità.

In questo senso diventa fon-damentale il circuito virtuoso dilungo periodo che lega insiemeil profitto, l’accumulazione elo sviluppo per la costruzionedel bene comune.

La falsa, pretesa centralitàdel problema distributivo per larealizzazione della giustizia so-ciale, cede il passo al valoreetico della creazione di ric-chezza per la diffusione del be-ne comune attraverso la giustamisura del profitto (54).

Nell’articolo di Marco Vita-le sulla Centesimus Annus ven-gono messi in evidenza due ca-tegorie fondamentali che ca-ratterizzano il “nuovo corso”della Dottrina Sociale dellaChiesa inaugurato da Giovan-ni Paolo II.

Si tratta dell’economia dimercato e dello sviluppo.

La domanda fondamentaleche occorre porsi è la seguen-te: è l’economia di mercato,vale a dire l’economia a deci-sioni decentrate, la costruzio-ne piú efficace per lo sviluppo

umana,b) il rifiuto dell’economi-

cismo (52), c) il passaggio da un’eco-

nomia del capitale a un’eco-nomia imprenditoriale,

d) i princípi della DottrinaSociale della Chiesa,

e) l’impresa come sogget-to storico,

f) il mercato, g) lo sviluppo, h) il ruolo dello Stato. Particolarmente stimolante

ci sembra il passaggio, sottoli-neato da Vitale, da un’econo-mia del capitale a un’econo-mia imprenditoriale, perché sisupera la mancata distinzione

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«Sembra che tanto a livello di singole Nazioni

quanto a quello dei rapporti internazionali, - si legge ancora nella“Cenetsimus Annus” -

il libero mercato sia lo strumento piú efficaceper allocare le risorse e

rispondere efficacementeai bisogni … ci sono dei beni che, in base

alla loro natura, non sipossono e non si debbono

vendere e comprare»

dei popoli e per la realizzazio-ne del bene comune?

La risposta che la Populo-rum Progressio di Paolo VIaveva dato a questa domandaè diversa da quella fornita dal-la Centesimus Annus.

Si legge infatti nell’encicli-ca di Giovanni Paolo II: «Sem-bra che tanto a livello di singoleNazioni quanto a quello deirapporti internazionali, il libe-ro mercato sia lo strumento piúefficace per allocare le risorsee rispondere efficacemente aibisogni». Questo non vuol di-re che il mercato esaurisca tut-ti i rapporti sociali, perché, co-me sottolinea l’enciclica, «cisono dei beni che, in base allaloro natura, non si possono enon si debbono vendere e com-prare».

Come afferma Vitale, «Ilmercato non è un feticcio, nonè un fine, è uno strumento, il mi-gliore che lo sviluppo socialeabbia saputo elaborare, nei se-coli, per allocare le risorse eper unire le attività umane at-traverso un meraviglioso siste-ma di comunicazione. Ma nonesaurisce l’organizzazione del-la società umana e l’agire del-l’uomo responsabile» (55).

Naturalmente nei sistemieconomici a decisioni decen-trate assumono un ruolo cru-ciale le comunicazioni e le tec-nologie dell’informazione e del-la comunicazione.

La terza rivoluzione indu-striale della società della co-noscenza, che ha registrato unforte avvio agli inizi degli an-ni Novanta, ha esaltato in mo-do spettacolare l’efficienza e

l’efficacia dei sistemi econo-mici a decisioni decentrate, ac-crescendo in modo esponen-ziale il peso delle transazioni dimercato rispetto alle relazionidi tipo gerarchico, proprie del-le grandi aggregazioni in cuiprevale la mansione rispetto al-la responsabilità diretta del sog-getto che persegue dei precisiobiettivi (56).

In questo senso, la Centesi-mus Annus preferisce parlaredi economia d’impresa piutto-sto che di economia di merca-to, sottolineando il ruolo del-l’impresa come soggetto stori-co.

E veniamo allo sviluppo, cioèa una categoria fondamentaledella Dottrina Sociale dellaChiesa assieme alla solidarietàe al bene comune (57).

Alcuni hanno sottolineato chel’Enciclica non approfondiscein modo sufficiente il tema del-lo sviluppo dei popoli poveri delmondo.

Vitale smentisce in modo ca-tegorico questa valutazione emette in evidenza i seguentipunti che caratterizzano la Cen-tesimus Annus su tale tema digrande rilevanza:

a) il concetto di interdi-pendenza sempre riaffermatofin dalla Quadragesimo Annodi Pio XI;

b) l’interdipendenza chia-ma i Paesi sviluppati, per la co-struzione del bene comune uni-versale, a collaborare in spiri-to di solidarietà con i Paesi po-veri del mondo per inserirli neiprocessi di sviluppo («l’altronome della pace è lo svilup-po», Populorum Progressio);

c) i popoli, compresi quel-li dell’Est, «devono essere i pri-mi artefici del loro sviluppo»(58);

d) il significato universaledegli avvenimenti del 1989 conla caduta del muro di Berlinoe la successiva dissoluzionedell’impero sovietico (59) (av-venimenti «importanti ancheper i Paesi del Terzo Mondoche sono alla ricerca della viadel loro sviluppo, come lo so-no stati per quelli dell’Europacentrale e orientale») (60).

L’articolo di Iaboni sulla Cen-tesimus Annus presenta un uti-le excursus sul pensiero socia-le di Giovanni Paolo II che, con

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Nel nostro Paese circa le migliori riformeistituzionali da varare, vi sono parecchie proposte non soltantodiverse, ma molto divergenti, che appare difficile mettere insieme in un progetto unitario. Il pericolo è che alla fine si facciano delle mezze riforme non capaci di andare alla radice dei mali di cui soffre la politica

neli (“Unione sovietica: il ‘gol-pe interrotto’”) per la profon-dità dell’analisi e per la capa-cità di lettura degli scenari fu-turi.

Il numero di “Operare” diluglio-settembre 1991 (61) con-tiene infine un utile contributodi Antonio Trincheri con il ti-tolo “Tentazione di riforme isti-tuzionali”. L’autore mette inevidenza che regna molta con-fusione nel nostro Paese circale migliori riforme istituziona-li da varare. Vi sono, affermaTrincheri, parecchie propostenon soltanto diverse, ma mol-to divergenti, che appare diffi-cile mettere insieme in un pro-getto unitario. Il pericolo è chealla fine si facciano delle mez-ze riforme non capaci di anda-re alla radice dei mali di cuisoffre la politica.

Sono passati piú di quindicianni da questa analisi, ma essaconserva una preoccupante at-tualità.

Sul piano delle relazioni in-dustriali, gli anni Novanta se-gnano un’importante svolta. Difronte al franare di molte partidella storia del nostro Paesesotto gli scandali della corru-zione tra politica e affari, nel-le parti sociali finisce per pre-valere la ricerca dell’interessegenerale e ognuna compie scel-te necessarie anche se impo-polari presso i propri sosteni-tori. Sotto il Governo di Giu-liano Amato, il sindacato ac-cetta la fine della scala mobilee si arriva a disegnare un nuo-vo sistema di relazioni indu-striali con la presidenza delConsiglio dei Ministri dei Mi-

nistri di Carlo Azeglio Ciampi.

La presidenza De Rita

Nel 1994 la Presidenza na-zionale viene assunta dal Prof.Giuseppe De Rita che proseguel’opera di deciso rilancio dellapresenza UCID nel mondo del-l’impresa e in quello della Chie-sa italiana. Un rilancio anchedal punto di vista culturale at-traverso la pubblicazione, dinotevole successo con caden-za quadrimestrale, intitolata“Passaggi UCID” che affron-ta i temi piú rilevanti del mo-mento e che registra - per fa-vorire la pluralità di voci e diposizioni - anche il pensiero diimprenditori non appartenentiall’UCID oltrechè di giornali-sti, in particolare di quelli so-cio-economici.

Il primo numero di “PassaggiUCID” è del 1995, con contri-buti di

- Giuseppe De Rita su “cre-scita economica e consenso eti-co”;

- Luca Diotallevi su Il “quar-to tempo vivere con franchez-za una nuova stagione”;

- Gabriele De Rosa su “L’in-sufficienza della devozione e ilrischio del moralismo”;

- Renato Moro su “L’intel-ligenza di una contingenza”;

- Pietro Scoppola su “L’ete-rogenesi dei fini e la necessitàdi essere di nuovo all’opposi-zione di se stessi”.

Nel 1995 viene realizzata unainteressante indagine, a curadel Censis, con la collabora-zione del Presidente del Grup-po Regionale UCID della Ba-silicata, Filippo Ciuffi, sul pre-

le sue tre grandi encicliche, haimpresso una svolta alla posi-zione della Chiesa nel campodella teologia morale. Iabonitraccia i tratti caratteristici del-la Centesimus Annus, eviden-zia le res novae soprattutto al-la luce degli eventi del 1989con la caduta del muro di Ber-lino e la successiva dissolu-zione dell’impero sovietico, ladestinazione universale dei be-ni e la funzione sociale dellaproprietà privata, l’essere e l’a-vere, il lavoro, lo Stato, la cul-tura.

Sulla caduta dell’impero so-vietico appare molto stimolan-te l’articolo di Alessandro Cor-

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Il Cardinale Ruini afferma che l’azione

presente e futura dell’UCID va inquadrata nel “progetto culturale”

orientato in senso cristiano (un nuovo umanesimo

cristiano) che la Chiesaitaliana sta portando

avanti, in mezzo a nonpoche difficoltà, e che

riguarda il come pensaree proporre il cristianesimo

nella società di oggi

stito d’onore ai giovani. L’in-dagine di tipo campionario hacomportato la somministrazio-ne di oltre 3 mila questionariagli studenti delle scuole su-periori di tutta Italia.

Cinquantesimo della fondazione dell’UCID nazionale (Roma, 7 marzo 1997)

Nel decennio Novanta cadel’anniversario del cinquantesi-mo della fondazione dell’U-CID nazionale, che si celebraa Roma il 7 marzo 1997 a con-clusione della Presidenza diGiuseppe De Rita. Il tema scel-to per la celebrazione del cin-quantesimo anniversario è: “Laresponsabilità dei cristiani nelmondo dell’impresa”.

Come risulta dagli Atti (62)la celebrazione comprende dueriflessioni iniziali rispettiva-mente del Consulente eccle-siastico nazionale, CardinaleMichele Giordano, e del Presi-dente Giuseppe De Rita. Se-gue una tavola rotonda a cuipartecipano il Cardinale Ca-millo Ruini, Giuseppe De Ri-ta, Luigi Abete, Francesco Gia-comin, Alberto Falck, MarcoVitale, il Cardinale MicheleGiordano. In occasione dell’e-vento, Giovanni Paolo II con-cede un’udienza speciale airappresentanti dell’UCID na-zionale.

Il Presidente De Rita mette inevidenza nella sua riflessione,dati alla mano, la mutazionegenetica dell’UCID nel corsodei suoi cinquant’anni di vita.Pesano sempre di piú i profes-sionisti che operano nel vastocampo dei servizi e si riduce

l’incidenza degli imprenditorie dei dirigenti d’azienda. Lamutazione riflette quello che èavvenuto nel Paese dopo la se-conda guerra mondiale, con lospostamento delle attività eco-nomiche prima dall’agricoltu-ra all’industria e poi dall’indu-stria ai servizi. Il peso dei ser-vizi sul reddito nazionale si ac-cinge a superare il 70%, se-guendo quello che avviene neiprincipali Paesi industrializza-ti. Siamo ormai entrati nell’e-ra post-industriale e di questobisogna tenere conto nel pen-sare alle sfide del futuro peruna nuova UCID nello scena-rio dell’economia globale.

Nella tavola rotonda che se-gue, come si legge negli attidella celebrazione del cin-quantesimo anniversario, il Car-dinale Camillo Ruini sottoli-nea l’interesse e l’attenzionedei Vescovi italiani verso l’U-CID e il ruolo che può avere infuturo nel nostro Paese.

Questo interesse e questa at-tenzione sono testimoniati dalfatto che l’UCID ha come con-sulente ecclesiastico nazionaleun Cardinale nominato dallaConferenza Episcopale Italia-na, differentemente da tutti glialtri movimenti e associazioniecclesiali.

Il Cardinale Ruini nel suo in-tervento afferma che l’azionepresente e futura dell’UCID vainquadrata nel “progetto cultu-rale” orientato in senso cristia-no (un nuovo umanesimo cri-stiano) che la Chiesa italiana staportando avanti, in mezzo a nonpoche difficoltà, e che riguar-da il come pensare e proporre

il cristianesimo nella società dioggi.

In questo quadro, anche l’U-CID è chiamata a uno sforzo dielaborazione culturale e pro-gettuale, oltre che di vita asso-ciativa e di impegno nel quoti-diano. Bisogna cercare di su-perare una visione dicotomicaper cui da una parte ci sono lacultura economica, la culturaindustriale e l’impegno perso-nale dell’impresa, e dall’altra lafede e la visione cristiana del-l’uomo.

Occorre coniugare l’etica cri-stiana con la cultura di impre-sa e col lavoro che quotidiana-mente l’imprenditore svolge.

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Dal 1947 moltissime cosesono cambiate, moltissimesono cresciute, alcune sono anche peggiorate;comunque, tutto il Paesesi è mosso e i cattolici ingenere hanno avuto, nelbene e nel male, un ruolomolto importante. In ognicaso, bisogna guardarein avanti cercando di mantenere il proprioruolo: solo cosí si puòcostruire una società chesia piú autenticamenteumana e giusta

zione, soprattutto se si pensaal periodo compreso tra il 1947e il 1997.

In questo mezzo secolo l’I-talia è cambiata molto.

Il ricordo dell’Italia del 1947è molto chiaro e, pensando aicinquant’anni trascorsi, si ve-de che moltissime cose sonocambiate, moltissime sono cre-sciute, alcune sono anche cer-tamente peggiorate, comunquetutto il Paese si è mosso e i cat-tolici in genere hanno avuto,nel bene e nel male, un ruolomolto importante.

Oggi sembra che ne abbianodi meno, per certi aspetti, maforse questa è un’impressioneun po’ superficiale o che si li-mita soltanto a un determinatoprofilo.

In ogni caso, bisogna guar-dare in avanti cercando di man-tenere il proprio ruolo, non tan-to per un’affermazione di po-tere o di presenza quanto, piut-tosto, perché soltanto avendo unruolo si può cercare di costrui-re una società che sia piú au-tenticamente umana e giusta.

L’intervento di Luigi Abetesi sofferma prima di tutto sul-la globalizzazione che si sta vi-vendo, in cui la competizioneche viene dall’Asia è duplice.È una competizione verso l’Eu-ropa che è un continente piústatico, piú statalizzato, piú im-mobile, ma è anche una com-petizione che dall’Asia va ver-so altre parti del continente asia-tico o altre parti del globo co-me l’America e l’Africa.

I dati storici successivi con-fermeranno l’analisi di LuigiAbete con lo spostamento del-

la produzione di nuova ric-chezza dal vecchio continentea quello asiatico. Infatti, nel pe-riodo 1990-2005, il peso delprodotto interno lordo del-l’Europa scenderà dal 41,1%al 29% di quello mondiale. Ilpeso dell’Asia invece salirà nel-lo stesso periodo dal 15,8% al28,2% del prodotto mondiale.Le Americhe cresceranno di unpunto: dal 28,1% al 29,1%. Ca-lerà invece l’incidenza del pro-dotto interno lordo del Giap-pone sul reddito mondiale, pas-sando dall’8,4% al 6,7%. Segnipositivi registrerà l’Africa, an-che se su livelli estremamentebassi. Il peso del continenteafricano sul reddito mondialesalirà nel periodo suddetto dal5,5% al 5,8%.

In questo scenario di sposta-mento della produzione del red-dito a livello mondiale, la nuo-va dimensione dei mercati asia-tici costituisce sí un grande pe-ricolo per l’Europa ma ancheuna grande opportunità in quan-to le imprese del vecchio con-tinente possono offrire beni eservizi di profilo qualitativoelevato a popoli i cui modellidi consumo sono destinati aelevarsi con il crescere del red-dito pro-capite (63).

L’altro aspetto messo in evi-denza da Luigi Abete nel suointervento riguarda i ceti medi.Tutti vogliono rappresentare iceti medi ma nessuno si accor-ge che i ceti medi stanno scom-parendo, con una polarizza-zione dei redditi verso l’alto everso il basso. Rispetto a ven-ti-trenta anni fa, in questa so-cietà globale, che tende a espor-

Qui l’UCID ha un suo ruoloimportante da portare avanti.Un ruolo da esercitare con pa-zienza, senza pretendere checon la bacchetta magica si pos-sano modificare immediata-mente radicati atteggiamentimentali.

Il Cardinale Ruini ritiene chel’UCID possa dare un forte con-tributo a un migliore approccioai problemi economico-socia-li da parte della Chiesa tuttacon particolare riferimento alclero ed alle parrocchie.

La celebrazione del cin-quantenario, afferma il Cardi-nale Ruini, è una data impor-tante nella vita di un’associa-

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Nel progredire della globalizzazione giocheràun ruolo sempre piú fortela finanza, favorita dalla

intensa e massiccia applicazione delle

tecnologie della comunicazione. Si accresce enormemente la mobilità

dei capitali a livello mondiale e il risparmio

che si è formato in qualche parte del globo può essereinvestita in un’altra parte

molto lontana nei piúsvariati settori

tare lo sviluppo e far implode-re i problemi, sta cambiando latendenza ad andare verso il cen-tro, identificante una fascia dibenessere economico-cultura-le di livello medio, inteso nonsul piano politico, ma sul pia-no della omogeneità degli in-teressi economici: un’area “cen-trale” i cui appartenenti riusci-vano a distinguersi sia da quel-li che stavano molto bene cheda quelli che stavano molto ma-le.

La trasformazione in atto sta,di fatto “prosciugando” il cetomedio. Infatti, c’è una parte chesi sposta verso l’alto miglio-rando decisamente, ma un’al-tra parte, che viene spinta ver-so il basso a causa delle diffi-coltà crescenti peggiorando leposizioni del livello di vita con-quistate in passato.

Il superamento dei totalitari-smi di destra e di sinistra aprealla Chiesa e ai cristiani ungrande spazio per il futuro. Inquesto scenario di opportunità,gli imprenditori e i dirigenticristiani dell’UCID devonocompiere un’opera incisiva disensibilizzazione non tanto ver-so il mondo interno all’asso-ciazione ma rispetto al mondoesterno, sulle problematiche delmondo complesso che stiamovivendo, perché la sfida o sivince tutti insieme o tutti in-sieme si perde.

Denso di significato profeti-co è l’intervento di AlbertoFalck.

Gli imprenditori si muovonoin uno scenario nuovo caratte-rizzato dall’accelerazione delprogresso scientifico e tecni-

co, dalla globalizzazione deimercati e dalla crescente con-correnza a livello mondiale.Quello che avviene sul merca-to domestico, con le varie pro-tezioni, difficilmente accade suquello mondiale dove la forzadei concorrenti non dà treguae restringe fortemente gli spa-zi di manovra per la compen-sazione delle inefficienze do-vute sia all’impresa sia al si-stema Paese. «Ho vissuto pe-santemente - afferma Falck -questa esperienza nel settoredell’acciaio che ha determina-to l’uscita di molte aziende,compresa la mia, dal settore».

Nel progredire della globa-lizzazione giocherà un ruolosempre piú forte la finanza, fa-vorita dalla intensa e massicciaapplicazione delle tecnologiedell’informazione e della co-municazione.

Si accresce enormemente lamobilità dei capitali a livellomondiale e il risparmio che siè formato in qualche parte sper-duta del globo può essere in-vestita in un’altra parte moltolontana nei piú svariati settori(abbattimento delle barriere dispazio e di tempo).

L’interdipendenza aumentae si accrescono i rischi di con-tagio in caso di crisi, con diffi-coltà di controllo dalla stabilitàmonetaria da parte delle banchecentrali. La ricerca del profit-to elevato e immediato diven-ta spasmodica e può spingerele imprese che operano nel set-tore reale dell’economia a im-piegare pratiche moralmentenon corrette per influenzare ilvalore delle proprie azioni quo-

tate nelle borse mondiali sem-pre piú interconnesse.

Le previsioni di crescita del-l’Asia e in particolare della Ci-na sono impressionanti, conuno spostamento dell’asse eco-nomico a livello mondiale. Il ri-sultato è che, in questo scena-rio, Londra potrebbe trovarsipiú lontana dal centro econo-mico e finanziario del pianetadi quanto oggi lo sia Sydney.

Il capitalismo internaziona-le esige pertanto regole e nonanarchia, pena disordine e caos,come si è visto nelle recenticrisi valutarie nostrane (1992 e1995), messicane e di altri Pae-si. Di fronte a questa situazio-

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Gli imprenditori cristiani devono dimostrare proprio nel cambiamento di saper indicare la meta a cui tendere. La nostra associazione deve affrontaresempre di piú questi temi,convincendo l’UNIAPACa seguire la stessa strada,anzi a precederci. Dobbiamo diventare gli osservatori avanzatidel cambiamento, anzi l’avamposto

convincendo l’UNIAPAC a se-guire la stessa strada, anzi aprecederci. Dobbiamo diven-tare gli osservatori avanzati delcambiamento, anzi l’avampo-sto, come ha suggerito nell’u-dienza il Santo Padre.

Nelle sue considerazioni con-clusive, il Cardinale MicheleGiordano afferma che nelle re-lazioni tra mondo imprendito-riale e magistero della Chiesabisogna stare attenti a non ri-durre la Chiesa al clero, perchéanche i laici sono Chiesa e po-polo di Dio in cammino perrealizzare la giustizia e la pa-ce. Forse, il magistero gerar-chico è stato carente per l’im-presa, ma è stata carente, so-prattutto, l’elaborazione cultu-rale da parte dei cristiani. E sel’UCID non fa questo, c’è il ri-schio di ripetere sempre deibuoni princípi validi, accettatie accettabili da tutti, senza ve-ramente poi entrare nel cuoredei problemi.

Occorre, come è stato detto,non dissociare la fede dal vis-suto di ogni giorno. Bisognaconiugare con responsabilità ilnostro essere imprenditori conil nostro essere cristiani per lacostruzione del bene comune.

VERSO LA SOCIETÀ

DELLA CONOSCENZA E LA

RESPONSABILITÀ IMPRENDITORIALE

PER LA COSTRUZIONE DEL BENE

COMUNE (64): 1998-2007

La presidenza Merloni

Nel 1997 diventa Presidentenazionale dell’UCID France-sco Merloni e Giuseppe Acco-rinti è il nuovo Segretario Ge-

nerale. La nuova Presidenza,che, in regime di prorogatio,rimarrà in carica fino al 2004,imprime un nuovo impulso al-la vita dell’associazione, pri-vilegiando fortemente la suaproiezione internazionale gra-zie al rafforzamento dei rap-porti con l’UNIAPAC.

L’UCID partecipa attiva-mente ai Congressi mondialidell’UNIAPAC e coinvolgenelle sue manifestazioni na-zionali imprenditori di spiccodelle associazioni degli altriPaesi sia europei che extraeu-ropei. In questa visione apertaal mondo, la Presidenza Mer-loni organizza a Roma nel me-se di ottobre del 1998 un gran-de Convegno con l’UNIAPACche registra una straordinariapartecipazione di soci, fami-liari e simpatizzanti (circa 800persone, di cui la metà prove-niente da oltre 20 Paesi di tut-to il mondo). Nell’occasione sisvolgono incontri con il Presi-dente della Repubblica in Qui-rinale e con il Papa GiovanniPaolo II in Aula Nervi.

Sul piano interno, viene av-viato e portato a temine un la-voro molto impegnativo per lastesura dello statuto dell’UCIDnazionale, in collegamento conla Sezione Giuridica della Con-ferenza Episcopale Italiana e,successivamente, a caduta, congli statuti dei Gruppi e delleSezioni: si procede inoltre aun’opera di sviluppo con un in-cremento del numero delle Se-zioni provinciali dell’UCID edei soci.

In occasione dell’udienzaconcessa da Giovanni Paolo II

ne, alcuni propongono regoleche in qualche modo ricondu-cano il capitalismo selvaggio acapitalismo temperato.

Un altro aspetto sottolineatoda Falck riguarda il passaggiogenerazionale nelle imprese acontrollo familiare. Questo pas-saggio è rischioso sia per la fa-miglia che per l’azienda perché,come è noto, la curva della mor-talità societaria subisce una for-te impennata.

Gli imprenditori cristiani de-vono dimostrare proprio nelcambiamento di saper indica-re la meta a cui tendere. La no-stra associazione deve affron-tare sempre di piú questi temi,

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Il magistero gerarchico,forse, è stato carente per

l’impresa, ma è stata carente, soprattutto,

l’elaborazione culturaleda parte dei cristiani.

Se l’UCID non fa questo,c’è il rischio di ripetere

sempre dei buoni princípivalidi, accettati e

accettabili da tutti, senza veramente poi

entrare nel cuore dei problemi

per la celebrazione del Giubi-leo del 2000, con la partecipa-zione di oltre 500 soci UCID,il Presidente Merloni offre alSanto Padre un cospicuo con-tributo UCID per la costruzio-ne del complesso parrocchialedi Santa Maria alla Presenta-zione nel quartiere romano diBoccea.

Nel marzo del 2002 l’UCIDpartecipa con una delegazionedi 25 soci al Congresso mon-diale dell’UNIAPAC che si tie-ne a Buenos Aires in Argenti-na. Il Presidente Merloni tieneuna relazione molto apprezza-ta all’Assemblea generale deidelegati. L’allora Presidente delGruppo interregionale Veneto,Angelo Ferro, svolge una inte-ressante relazione sul dumpingsociale e sul commercio equoe solidale.

La scelta della sede del Con-gresso UNIAPAC a Buenos Ai-res riveste un particolare si-gnificato di solidarietà agli im-prenditori e dirigenti cristianiargentini in quello che era al-lora un momento molto diffi-cile della vita del Paese latino-americano.

La Presidenza Merloni av-via subito una nuova pubbli-cazione, denominata “UCIDLetter”, per consentire un con-tatto diretto con tutti i soci. Es-sa viene inviata a tutti i soci, aiconsulenti ecclesiastici del-l’UCID, alla CEI e a enti e isti-tuzioni italiani.

Il periodico contiene utiliinformazioni sulle attività svol-te a livello locale dai Gruppi edalle Sezioni (65), sull’attivitàinternazionale dell’UCID e di

partecipazione alla vita del-l’UNIAPAC.

Intensa è la partecipazionepersonale del Presidente e delSegretario Generale alle ini-ziative organizzate dai Gruppie dalle Sezioni, su temi di gran-de attualità sul piano della po-litica economica e della politi-ca industriale.

Tre importanti iniziative

Sul piano nazionale, deside-riamo segnalare, tra le altre, treimportanti iniziative della Pre-sidenza Merloni.

1) La prima riguarda ilConvegno nazionale che si èsvolto a Torino dal 31 gennaioal 1° febbraio 2003 sul tema:“UCID: una presenza cristia-na sul territorio” (66). Moltostimolante è il documento dibase presentato dal PresidenteMerloni con approfondimentisu delocalizzazione, coesioneterritoriale e sociale, reti, capi-tale umano, poteri locali, Chie-se locali.

2) La seconda che si èsvolta a Bologna il 2-3 giugno2000 intitolata “Incontro di ri-flessione dell’UCID”, che havisto la partecipazione dell’al-lora Ministro dell’Industria, En-rico Letta.

L’incontro è stato organizza-to in tre Gruppi di approfondi-mento, coordinati da Gavazzi,Ciuffi e Bertani. In questa se-de, è utile ricordare il docu-mento presentato dal GruppoGiovani della Sezione di Tori-no, a cura di Annamaria Gimi-gliano (67).

La terza iniziativa riguarda ilConvegno organizzato il 17 ot-

tobre 2003 a Roma, presso ilPalazzo della Cancelleria. Il te-ma del Convegno nazionale“Etica ed economia, norme,comportamenti e valori” ha vi-sto la partecipazione di Giu-liano Amato, Vice Presidentedella Commissione per la co-stituzione europea, AntonioBaldassarre e Francesco PaoloCasavola, Presidenti emeritidella Corte costituzionale, Giu-seppe De Rita, Segretario ge-nerale del Censis e Presidenteonorario dell’UCID, AngeloFerro, Presidente del GruppoUCID del Triveneto, FrancoisMichelin, Presidente della Mi-chelin, Francia.

MEMORIA E IDENTITÀ ATTIVITA’

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«La globalizzazione - afferma il Presidente di IBM, S. J. Palmisano - è il nuovo terreno di gioco,l’arena in cui d’ora inpoi si svolgerà la partitacompetitiva, che si guardiall’economia, alla tecnologia, alla politica o alla cultura. E l’innovazione è l’unico modo per vincere in tale arena»

nei parametri di Maastricht checompie il nostro Paese sononotevoli, sia sul piano della fi-nanza pubblica che su quellomonetario.

Si riduce notevolmente il de-ficit del settore pubblico sulprodotto interno lordo, graziea un significativo avanzo pri-mario e a una graduale ridu-zione dei tassi d’interesse sul-la nostra moneta che porta al-la chiusura del differenziale ri-spetto al marco tedesco. Per-mane invece elevato il peso deldebito pubblico sul prodottointerno lordo.

Sul piano mondiale entra nelpieno il processo di globaliz-zazione dell’economia in pre-senza di una forte accelerazio-ne del progresso scientifico etecnico. Questa accelerazioneinteressa diversi campi: le tec-nologie dell’informazione e del-la comunicazione, i nuovi ma-teriali, le biotecnologie, le na-notecnologie. Tra tutte questearee inizia un processo di inte-grazione e convergenza i cuiesiti non sono ancora del tuttocompresi nei rivoluzionari ef-fetti. Il mercato converge ver-so il mondo di internet, che di-venta il grande banditore diwalrasiana memoria in un mon-do a decisioni decentrate.

Come afferma il Presidentedi IBM, Samuel J. Palmisano,la globalizzazione e l’innova-zione non sono separati. «Laglobalizzazione è il nuovo ter-reno di gioco, l’arena in cuid’ora in poi si svolgerà la par-tita competitiva, che si guardiall’economia, alla tecnologia,alla politica o alla cultura. E

l’innovazione è l’unico modoper vincere in tale arena. Puòsembrare una riflessione sem-plice. Ma molte persone nelmondo fraintendono il signifi-cato della globalizzazione pro-prio perché non colgono que-sta stretta interconnessione trainnovazione e globalizzazio-ne» (68).

Alla fine degli anni Novan-ta e nei primi anni del nuovomillennio, si assiste a un in-tenso dibattito sulla natura e glieffetti delle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione.

Due le teorie in campo: quel-la anglosassone che attribuiscegrande importanza a queste tec-nologie per la crescita della pro-duttività e quella europea mol-to piú agnostica.

Sta di fatto che nelle secon-da metà degli anni Novanta, inpresenza di una forte diffusio-ne delle tecnologie dell’infor-mazione nelle diverse forme,l’economia cresce a tassi me-di annui intorno al 5% e la pro-duttività totale dei fattori dellaproduzione aumenta di oltre il3%. Si tratta di aumenti chenon hanno paragoni con le pre-cedenti rivoluzioni industriali.

Assai deboli risultano inve-ce le performance delle eco-nomie dei Paesi europei nellostesso periodo, in presenza diun diffusione insoddisfacentedelle tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione.

Per quanto riguarda il nostroPaese, i dati mettono in evi-denza che alla fine degli anniNovanta e nei primi anni Due-mila le imprese manifatturiere

In apertura del Convegno,Mons. Paolo Schiavon, Vesco-vo ausiliare di Roma, ha lettoun messaggio del SegretarioGenerale della Cei, Mons. Giu-seppe Betori.

Il periodo 1998-2003 / L’ingresso nella moneta unica e la globalizzazione dell’economia

Il periodo che va dal 1998 al2003 è molto importante per ilnostro Paese perché compren-de la preparazione all’ingressonella moneta unica europea e ilsuo avvio come circolazioneeffettiva a partire dal 1° gennaio2002. Gli sforzi per rientrare

ATTIVITA’MEMORIA E IDENTITÀ

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L’applicazione delle forme piú elevate

delle tecnologie dell’informazione

e della comunicazioneconsente delle vere

e proprie rivoluzioni dei modelli organizzativiaziendali, l’integrazione

delle varie funzioniaziendali e l’integrazione

delle imprese con le altre imprese e

con il mercato mondiale

con cospicui investimenti nel-le tecnologie dell’informazio-ne e della comunicazione ri-spetto agli investimenti tradi-zionali in impianti, macchina-ri e attrezzature sono meno del10%.

Questa minoranza di impre-se si differenzia in modo si-gnificativo dalle altre impresecon bassa propensione all’in-vestimento in tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione per un maggior di-namismo dei modelli organiz-zativi aziendali, per una mag-giore attenzione alla qualità deiprocessi produttivi e dei pro-dotti, per una piú elevata pro-pensione all’innovazione, peruna quota dei laureati sul tota-le dei dipendenti piú elevata, perun tasso di internazionalizza-zione piú alto, per una supe-riore crescita della produttivitàdel lavoro.

L’applicazione delle formepiú elevate delle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione consente delle vere eproprie rivoluzioni dei model-li organizzativi aziendali, l’in-tegrazione delle varie funzioniaziendali e l’integrazione del-le imprese con le altre impre-se e con il mercato mondiale.Nuove tecnologie e globaliz-zazione si sposano in pieno dan-do origine a due modelli fon-damentali: il primo delle pic-cole imprese e delle grandi re-ti, il secondo delle grandi im-prese disintegrate.

Si accresce enormemente ilnumero delle transazioni dimercato, favorito dalle tecno-logie dell’informazione e del-

la comunicazione e dal forteabbassamento dei costi medidi transazione.

Le relazioni tra piccole im-prese fortemente specializzatesul piano tecnologico e le gran-di imprese danno origine a ungrande sistema globalizzato.

La società della conoscenza: investire sul “capitale umano”

Prende forma il capitalismodelle reti e in questo sistemacambia la natura della respon-sabilità sociale dell’impresa.La caduta tendenziale del gra-do di integrazione verticale (va-lore aggiunto su fatturato) e lariduzione dell’occupazione del-le grandi imprese trasformanocompletamente i canoni dellagestione aziendale perché si de-vono governare grandi fattura-ti con bassi valori aggiunti (69).

Questa caduta tendenzialedel grado di integrazione ver-ticale interessa soprattutto ilsettore manifatturiero, moltoesposto agli effetti della glo-balizzazione e dell’accelera-zione del progresso scientificoe tecnico.

Ma anche all’interno del ma-nifatturiero ci sono delle diffe-renze che riguardano i settoriche si rifanno al nostro glorio-so passato creativo e contem-poraneamente al forte moder-no potenziale innovativo, dacui “specificità produttive” le-gate a vocazioni storico-terri-toriali o a talenti creativi, co-stituenti “nicchie” di mercatosenza confini.

Facciamo riferimento al si-stema moda, ma anche, al si-stema casa e alle varie “eccel-

lenze” del “Made in Italy”. Sitratta di settori fortemente ca-ratterizzati per il gusto del bel-lo, della raffinatezza, della di-stinzione, che va oltre il con-tenuto della sola materia, rag-giungendo il loro obiettivo conprodotti originali di qualità au-tentiche, il cui prezzo incorpo-ra arte e unicità per costi nonsolo specifici ma legati anchea investimenti culturali e so-ciali.

Anche in questi settori si è as-sistito a una caduta del gradodi integrazione verticale, siapure in maniera minore, ma peruna motivazione dettata da fat-tori connessi a una migliore ra-

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È questa la società dellaconoscenza, in cui, perconiugare positivamentele enormi possibilità offerte dal progressoscientifico e tecnico conlo sviluppo economico,bisogna investire in capitale umano.Diventa cruciale la qualità della formazione nelle diversefasi di vita dell’uomo, soprattutto durantel’arco lavorativo

penetrato per la riconosciutaaltissima qualità offerta, di be-ni e servizi frutto di cultura edi stile di vita.

Meno intensa e possibile ri-sulta, cosí, la sostituzione tra ca-pitale e lavoro, pena la cadutadi qualità e mercato, e il rap-porto tra i due fattori della pro-duzione rimane, è, talvolta, inmaniera forte, spostato verso ilfattore lavoro. Naturalmente,tutte queste differenze, da nonconfondere con le obsolescen-ze di settore, hanno effetti im-portanti sulla responsabilità so-ciale dell’impresa, ponendo idipendenti decisamente in cimaalla graduatoria degli stakehol-ders (70).

Il bilancio economico tradi-zionale che mostra come si di-stribuisce il valore aggiuntocreato tra gli stakeholders in-terni su base locale (lavoratorie azionisti) diminuisce di si-gnificato mentre si accrescequello riguardante gli stakehol-ders esterni su base globale(fornitori, clienti, comunità lo-cali, istituzioni).

In questo scenario si accre-sce l’importanza del bilancioetico-sociale come strumentodi misurazione della responsa-bilità sociale dell’impresa perla costruzione del bene comu-ne.

È questa la società della co-noscenza, in cui, per coniuga-re positivamente le enormi pos-sibilità offerte dal progressoscientifico e tecnico con lo svi-luppo economico, bisogna in-vestire in capitale umano.

Diventa cruciale la qualitàdella formazione nelle diverse

fasi di vita dell’uomo: presco-lare, scolare, universitaria, for-mativa durante tutto l’arco delperiodo lavorativo. Il periodoprescolare è quello piú impor-tante e delicato diventa e per-tanto cruciale il ruolo della fa-miglia come snodo tra la per-sona e la società.

In questo scenario, le oppor-tunità del nostro Paese fonda-to sulle piccole e medie im-prese sono molto significative,ma occorre favorire la diffu-sione massiccia e capillare del-le varie forme delle tecnologiedell’informazione e della co-municazione, soprattutto diquelle di tipo strategico (71).Ma occorrono anche grandi im-prese, il nostro Paese purtrop-po ne ha sempre si meno, for-temente integrate grazie allereti con la miriade di piccole emedie imprese. Le grandi im-prese si devono internaziona-lizzare al massimo, per cui di-venta importante non tanto laloro quota di esportazioni sulmercato mondiale, ma la quo-ta del mercato mondiale cheviene controllata, indipenden-temente dal luogo dove av-vengono le produzioni in rela-zione ai vantaggi comparati.

La Presidenza Ferro

Nel 2004 diventa Presidentedell’UCID nazionale il Profes-sor Angelo Ferro, docente uni-versitario, industriale nel settoredella meccanica alimentare consignificativa presenza all’este-ro, imprenditore fortemente in-novativo nel campo dell’assi-stenza agli anziani non auto-sufficienti e dei disabili.

zionalizzazione dei processiproduttivi, delle lavorazionimanuali e a innovativa gestio-ne e valorizzazione delle ri-sorse umane, piuttosto che al-l’avvenuta sostituzione tra ca-pitale e lavoro dovuta al pro-gresso tecnico.

Il fattore umano conserva lasua forte supremazia, pertantoil successo di questi settori èmolto legato alle capacità for-mative del proprio specificopersonale produttivo e al suogrado di coinvolgimento crea-tivo e umano, che deve porta-re il prodotto a caratteristichee riconoscibilità tali da creareun proprio superiore mercato,

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Il bilancio economicotradizionale che mostra

come si distribuisceil valore aggiunto creatotra gli stakeholders interni su base locale diminuisce

di significato, mentre siaccresce quello degli

stakeholders esterni subase globale. In questo

scenario si accresce l’importanza del bilancioetico-sociale, misura della

responsabilità socialedell’impresa

Per allargare la base di con-senso attorno all’UCID, vienesubito costituito un Comitatoscientifico con compiti di in-dirizzo e di coordinamento stra-tegico. Durante la PresidenzaFerro, la Cei, avendo raggiun-to il Consulente ecclesiasticonazionale Cardinale MicheleGiordano, Arcivescovo di Na-poli, l’età prevista per l’ab-bandono delle funzioni opera-tive, nomina un nuovo Consu-lente ecclesiastico nazionaledell’UCID nella persona delCardinale Ennio Antonelli, Ar-civescovo di Firenze.

La Presidenza Ferro fissa inun programma le azioni delmandato triennale, che in par-te rappresenta la continuazio-ne di quello della PresidenzaMerloni e in parte propone nuo-ve iniziative.

Il “gruppo Giovani”

Tra queste ultime, primeg-gia quella riguardante il “Grup-po Giovani”, perché dai gio-vani dipende il futuro dell’U-CID. L’età media dei soci UCIDè infatti piuttosto elevata e oc-corre sviluppare l’area giova-ni secondo princípi di solida-rietà inter-generazionale ma an-che inter-territoriale tra Norde Sud.

Da questa iniziativa è natoin tempi brevi un Gruppo dicirca 200 giovani, pari al 7%circa di tutti i soci iscritti al-l’UCID. La composizione delGruppo giovani indica una buo-na presenza femminile, moltopiú elevata rispetto a quella re-lativa a tutti i soci.

Viene nominato Vice Presi-

dente nazionale Alberto Carpi-netti, un giovane imprenditorecon meno di 40 anni. Le primetre iniziative organizzate daiGiovani UCID si svolgono aBrescia, per il Nord, sulla for-mazione dei valori, a Loreto,per il Centro, sulla diffusionedei valori e a Palermo, per ilSud, sulla testimonianza deivalori.

Il potenziamento della Rivista “UCID Letter”

La seconda iniziativa riguar-da “UCID Letter”, già avviatadalla Presidenza Merloni nel1998. UCID Letter viene ri-strutturata, dando molto spa-zio alla parte dei contributi ditutti i soci dell’UCID sui varitemi dell’economia e della so-cietà in rapporto alla DottrinasSociale della Chiesa. La sua di-stribuzione con cadenza qua-drimestrale viene abbinata al-la Rivista “Etica per le profes-sioni - Questioni di etica ap-plicata” curata dalla Fonda-zione Lanza. Finora sono statidistribuiti 12 numeri e nel cor-so del tempo si registra una par-tecipazione crescente alla vitadella Rivista da parte dei Grup-pi e delle Sezioni. La presenzafemminile nella collaborazionealla Rivista è molto significa-tiva.

I Gruppi di lavoro

Vengono costituiti dei Grup-pi di lavoro per l’approfondi-mento di determinati temi:

a) Microcredito e Micro-finanza nella società della co-noscenza;

b) Responsabilità sociale

degli imprenditori nella co-struzione del bene comune;

c) Lavoro come dono; d) sito internet.Su alcuni di tali temi vengo-

no preparate delle pubblica-zioni come nel caso del micro-credito e della microfinanza.Si tratta di due pubblicazioni:la prima presentata il 23 giugno2006 a Roma su “Microcredi-to, origini e prospettive tra so-lidarietà e sussidiarietà”; la se-conda su “Microfinanza e gio-vani imprenditori nel Mezzo-giorno” per la creazione di duemicroimprese in Basilicata nelsettore della conoscenza se-condo il modello del senior

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Il sito internet è un potente strumento per la conoscenza dei Gruppi e delle Sezioni e delle rispettive attività,a partire dall’inserimentodi tutte le coordinate riguardanti i soci. È un lavoro che è in corso e richiedeun grosso sforzo da parte di tutti per il suo completamento, soprattutto con riferimento agli statuti

ne dell’UCID nella società del-la conoscenza. Esso consta didue parti: la prima di tipo tra-dizionale; la seconda riguar-dante un portale multimedialeinterattivo e-learning per l’of-ferta di strumenti formativi so-prattutto nel campo della Dot-trina Sociale della Chiesa.

Questa seconda parte com-prende le domande e le rispo-ste piú frequenti (Faq) nel cam-po della Dottrina Sociale dellaChiesa, forum di discussione esondaggi di opinione. Nel sitosono stati inseriti videoclip mul-timediali curati dal Presidentesulle linee programmatiche del-l’UCID nazionale, dal Segre-tario Generale sul sito internet,dal responsabile del Gruppo“Lavoro come dono”. Altri vi-deoclip multimediali riguarda-no i progetti di cui abbiamoparlato sul microcredito e lamicrofinanza, in versione siaitaliana che inglese.

È importante sottolineare chesi segue il principio di lasciarela scelta ai singoli Gruppi e Se-zioni tra la fruizione diretta delsito mediante referenti tecnicie il possesso di propri siti da col-legare a quello nazionale (link),in ossequio ai princípi di sus-sidiarietà.

Sul piano organizzativo, ilsito è un potente strumento perla conoscenza dei Gruppi e del-le Sezioni e delle rispettive at-tività, a partire dall’inserimen-to di tutte le coordinate riguar-danti i soci. È un lavoro che èin corso e richiede un grossosforzo da parte di tutti per ilsuo completamento, soprattut-to con riferimento agli statuti.

Una nuova offerta formativa

La nuova Presidenza si è im-pegnata anche sul piano del-l’offerta formativa ai soci conriferimento alla Dottrina So-ciale della Chiesa.

Si ricordano due iniziative.La prima con la pubblicazionedei “Temi di dottrina socialedella Chiesa, questioni di eti-ca cristiana applicata”, a curadel Segretario Generale; la se-conda sui princípi teologici e fi-losofici della Dottrina Socialedella Chiesa, a cura di Mons.Pompeo Piva, Consulente ec-clesiastico della Sezione UCIDdi Mantova.

La prima pubblicazione rap-presenta anche un contributodell’UCID al Convegno eccle-siale di Verona dell’ottobre del2007. La preparazione di que-ste due contributi si è avvalsadi due importanti pubblicazio-ni avvenute nel 2004 e nel 2005:Il Compendio della Dottrinasociale della Chiesa a cura delPontificio Consiglio della Giu-stizia e della Pace e il Dizio-nario di Dottrina sociale del-la Chiesa.

Le iniziative esterne

Per quanto riguarda le ini-ziative esterne, si ricordano treeventi.

a) La pubblicazione del-l’appello, sottoscritto dal Pre-sidente Ferro e dai Past Presi-dent Merloni e De Rita, degliimprenditori cristiani pubbli-cato sui principali organi distampa nazionale in settembredel 2005 per una nuova cultu-ra dell’offerta.

partner. Per la realizzazione di tale

progetto è stata costituita la On-lus “Le Valli del Sapere” con lapartecipazione della Confe-renza Episcopale della Basili-cata. Tutto questo ampio “fron-te” di attività molto innovativafa capo al Gruppo UCID dellaBasilicata e in particolare a Fi-lippo Ciuffi, Tommaso Sor-rentino, Michele Perone.

Il sito Internet

Un notevole sforzo di inve-stimento viene effettuato con lacreazione del nuovo sito inter-net, strumento fondamentaleper le relazioni interne ed ester-

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Rimane nella memoriadell’UCID, l’udienzaconcessa alla nostra

associazione dal SantoPadre Benedetto XVI

il 4 marzo 2006 nell’aulaPaolo VI in Vaticano,

alla presenza di 9 milaucidini, familiari e

simpatizzanti. In realtà lerichieste furono oltre 13

mila persone, che poterono partecipare a due

successivi incontri con ilSanto Padre in San Pietro

b) Rimarrà sempre vivanella memoria dell’UCID, l’u-dienza concessa alla nostra as-sociazione dal Santo Padre Be-nedetto XVI il 4 marzo 2006nell’aula Paolo VI in Vaticano,alla presenza di 9 mila ucidini,familiari e simpatizzanti. Inrealtà le richieste furono benmaggiori, fino a raggiungere ilnumero di 13 mila persone: co-loro che non poterono parteci-pare intervennero però a duesuccessivi incontri con il San-to Padre in San Pietro, di cuiuno in occasione della cele-brazione della festività diS.Giuseppe,

Sempre il 4 marzo, dopo l’u-dienza in Vaticano, si è svoltoun importante convegno orga-nizzato dal Gruppo Giovani conuna tavola rotonda a cui hannopartecipato rappresentanti dispicco del mondo bancario, in-dustriale e dello sport.

c) La presentazione a Mi-lano, il 16 giugno 2007, delRapporto UCID sulla coscien-za imprenditoriale nella co-struzione del bene comune. Do-po la presentazione è seguitaun’interessante tavola rotondasui risultati del Rapporto a cuihanno partecipato i rappresen-tanti dei principali organi distampa nazionali.

Sul piano esterno, l’UCIDnazionale ha continuato la suapresenza alle iniziative dell’U-NIAPAC riguardanti sia la par-tecipazione ai vari board sia lapartecipazione ai Congressimondiali biennali. Per assicu-rare un collegamento struttu-rato con l’UNIAPAC, viene no-minato un Vice Presidente in-

caricato per le relazioni inter-nazionali.

Sul piano della collabora-zione operativa, l’UCID aderi-sce all’iniziativa dell’UNIA-PAC dello scambio di tutte lepubblicazioni tra le diverse as-sociazioni aderenti. Gli argo-menti delle Riviste delle asso-ciazioni aderenti all’ucidinoverranno comunicati in via pre-ventiva e, su richiesta, sarannoinviati i testi (72).

Si è iniziato un lavoro del-l’UCID nazionale per pro-muovere i valori cristiani nelmondo. Viene fatto con spiritodi servizio per costruire il be-ne comune universale di cuiparla il Compendio della dot-trina sociale della Chiesa delPontificio Consiglio della Giu-stizia e della Pace (2004). Ci simuove in questo campo nel ri-spetto di due vincoli:

a) la competenza istitu-zionale in questo campo del-l’UNIAPAC;

b) gli indirizzi della Con-ferenza Episcopale Italiana.

Si tratta di occasioni impor-tanti per diffondere lo spiritocristiano e testimoniare la no-stra responsabilità di impren-ditori in una visione ecumeni-ca dello sviluppo, dell’unità deicristiani e del dialogo interre-ligioso.

L’UCID ha inoltre parteci-pato alle varie riunioni, pressola CEI, dell’Ufficio nazionaleper i problemi sociali e il lavoro,della Consulta dei movimentie delle associazioni ecclesiali,e al Family Day del 12 maggio2007 in Piazza S.Giovanni aRoma, sottoscrivendo il Mani-

festo pubblicato sui principaliorgani di stampa nazionali.

L’UCID ha presenziato atti-vamente alle Settimane socia-li dei cattolici italiani, con re-lazioni dei Presidenti Merlonie Ferro rispettivamente a Na-poli e a Bologna.

Le borse di studio

Si ricorda l’istituzione delleborse di studio dedicate a per-sone che in passato hanno ono-rato con la loro testimonianzala vita dell’UCID, sia laici chereligiosi.

Si sono finora svolte due edi-zioni con sei borse di studio as-segnate a studenti del Collegio

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Il passaggio generazionaleesige di ritornare all’identità dei valoriche fondano la culturadello sviluppo per la costruzione del bene comune. Se i valori sono deboli il mercatodarà delle risposte deboliai nostri problemi. Dobbiamo alzare la qualità della nostracultura attraverso i valori, per accrescere la qualità del mercato

mo, le tre borse di studio sonodedicate a tre imprenditori cri-stiani che hanno onorato con laloro testimonianza la vita del-l’UCID, con umiltà e grandefede: Francesco Porcari, cheidealmente rappresenta il Suddel nostro Paese, Pierluigi Gal-lotti per il Centro e GiuseppeGemmani per il Nord.

Infine, un notevole sforzo èstato fatto per lo sviluppo del-l’associazione sul territorio, av-viando nuovi gruppi e sezionio ricostituendo quelli che neglianni erano venuti meno. Traquesti, è opportuno ricordare ilGruppo UCID della Puglia, ter-ra di antiche tradizioni cristia-ne e dotata di una buona pre-senza industriale e di signifi-cativi distretti soprattutto nelcampo del sistema moda e ar-redo della casa.

LE SFIDE DEL FUTURO: LA COSTRUZIONE

DEL BENE COMUNE

Un buon punto di partenza diquest’ultimo capitolo, per ce-lebrare il sessantesimo anni-versario dell’UCID guardandoal futuro, ci sembra il Conve-gno che si è svolto a Milano al-l’Università Cattolica del SacroCuore nella Sala Pio XI in di-cembre del 2005, a 60 anni dal-la nascita del Gruppo Lombar-do Dirigenti d’Impresa Catto-lici.

Il Convegno di Milano (dicembre 2005)

Il tema del Convegno è mol-to significativo: “Quando cul-tura e mercato si incontrano?”.Dopo l’indirizzo di saluto di

Renzo Bozzetti, PresidenteUCID del Gruppo Lombardo,e di Angelo Ferro, PresidenteUCID nazionale, hanno pre-sentato le loro relazioni Mar-cello Pera, Presidente del Se-nato della Repubblica, e Lo-renzo Ornaghi, Magnifico Ret-tore dell’Università Cattolicadel Sacro Cuore.

Lorenzo Ornaghi parte dalsignificato del titolo del Con-vegno sostenendo che culturae mercato si devono incontra-re. Ciò è imposto dall’attuale si-tuazione che stiamo vivendo incui gli imprenditori sono in bi-lico tra l’affievolimento del-l’amore per il rischio e lo svi-luppo e la conservazione diquello che hanno accumulato inpassato.

Il passaggio generazionale sipone nel mezzo di questo di-lemma e dobbiamo ritornareall’identità dei valori che fon-dano la cultura dello sviluppoper la costruzione del bene co-mune.

Se i valori sono deboli il mer-cato darà delle risposte deboliai nostri problemi. Dobbiamoalzare la qualità della nostracultura attraverso i valori, peraccrescere la qualità del mer-cato, rispondendo in modo ef-ficace ai bisogni degli uomini.

Molto stimolante la relazio-ne del Presidente Marcello Pe-ra. Il Presidente del Senato fauna premessa sul significatodei valori. Una categoria di cuinon parla né la filosofia grecané la teologia cristiana, perchéil termine impiegato è virtú. Lacategoria del valore si collegainvece al mercato e allo scam-

Universitario don Nicola Maz-za di Roma, dove ha sede l’U-CID nazionale, che si sono di-stinti per l’impegno delle fa-coltà scelte e per i risultati rag-giunti.

Le prime tre borse sono sta-te dedicate a dirigenti UCIDche ci hanno lasciato: VittorioVaccari, Alberto Falck, Rug-gero Menato.

Le seconde tre a Cardinali ingrandi rapporti con l’UCID: ilCardinale di Milano IldefonsoSchuster, il Cardinale di Ge-nova Giuseppe Siri, il CardinaleAgostino Casaroli.

Quest’anno, in occasione del-la celebrazione del sessantesi-

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Il Presidente Pera ricorda che è stato Nietzsche a

introdurre il termine “valore”, sostituendoquello di “virtú”. Ma

questa sostituzione recideil legame fondamentalecon Dio, con le virtú e

quindi con la giustizia. Ilbene utile prende il posto

del bene giusto secondola filosofia aristotelico-

tomistica. Si tende cosí a perseguire

la filosofia utilitaristica

bio di beni e servizi che gene-ra i prezzi. I prezzi, frutto del-la domanda e dell’offerta, espri-mono valori.

Pera ci ricorda che è statoNietzsche a introdurre il ter-mine valore, sostituendo quel-lo di virtú. Ma questa sostitu-zione recide il legame fonda-mentale con Dio, con le virtú equindi con la giustizia. Il beneutile prende il posto del benegiusto secondo la filosofia ari-stotelico-tomistica. Si tende aperseguire la filosofia utilitari-stica in cui il perseguimento delproprio interesse porta comeconseguenza il raggiungimen-to dell’interesse generale.

Il mercato è fatto da indivi-dui che mirano al profitto co-me imprenditori e alla propriautilità personale come consu-matori. Esso è pertanto anima-to da valori negativi, cioè da va-lori fondati sull’egoismo, chegenerano l’ingiustizia e la ne-gazione del bene giusto cheproviene dal rapporto con Dio(73).

La morte di Dio determina lascomparsa dei valori assoluti eimmutabili (le virtú) e il mon-do precipita nel relativismo eti-co e nell’affievolimento del-l’amore per il bene comune.Viene distrutta la dimensioneverticale dell’etica che guardaal rapporto immutabile tra Dioe l’uomo, fatto a sua immagi-ne e somiglianza, e rimane quel-la orizzontale dei fatti storiciche possono essere interpreta-ti secondo molteplici verità.

Le ingiustizie create dal mer-cato richiedono l’intervento del-la politica per porre rimedio ai

fallimenti (programmazione,piano, economia a decisioni ac-centrate). È questa la tesi, ci ri-corda il Presidente Pera, soste-nuta da Amintore Fanfani in unfamoso articolo del 1934.

C’è poi la tesi liberale chesostiene la neutralità dei valo-ri rispetto al mercato, sulla sciadel pensiero di Hayek. Il mer-cato non può essere né moralené immorale e pertanto tuttoquello che accade in esso, sal-vo i reati, è ammesso. Ma gliindividui, sottolinea Hayek, so-no anche esseri sociali e ten-dono quindi ad associarsi nel-la famiglia, nelle associazionie in una miriade di corpi inter-medi.

Questo fa sorgere il proble-ma della rappresentanza poli-tica dei corpi intermedi. Comeafferma Giuseppe Maranini inun interessante documento(pubblicato nel gennaio del1973 sul periodico sociale percapi d’azienda del GruppoUCID del Piemonte) «… il pro-blema della utilizzazione del-le forze associative intermedieai fini della rappresentanza na-zionale è forse il piú impor-tante ai fini della costruzione diuna democrazia efficiente e diun solido collegamento del Pae-se reale con il Paese legale»(74).

Sul rapporto tra valori e mer-cato, il Presidente Pera ricordauna terza tesi legata alla cor-rente di pensiero di MichaelNovak.

Il mercato non è neutro ri-spetto ai valori perché altri-menti non potrebbe funziona-re, sopraffatto dai valori nega-

tivi dell’egoismo. L’esempiofondamentale è quello dell’e-conomia di mercato, o meglio,economia d’impresa a decisio-ni decentrate, come preferiscedefinirla Giovanni Paolo II nel-la Centesimus Annus.

Come afferma il PresidentePera, «per fare impresa, ancheper ottenere utili d’impresa, bi-sogna che gli imprenditori siaffidino a una serie di valoricome quelli della fiducia, del-la rettitudine, della legalità, del-la responsabilità» (75).

L’impresa è una comunità dipersone dove l’autorità vieneesercitata come servizio per lacostruzione del bene comune,

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Il bene comune è moltodi piú dell’“ottimo paretiano” di cui si parlanei testi di economia.L’“ottimo paretiano” si raggiunge quando isoggetti migliorano la loro posizione senza checi sia un peggioramentodegli altri. Il fondamentoè in questo caso di tipo“additivo”. Il fondamentodel bene comune, invece, è di tipo “moltiplicativo”

raggiunge quando i soggetti mi-gliorano la loro posizione sen-za che ci sia un peggioramen-to degli altri. Il fondamento èin questo caso di tipo “additi-vo” e si differenzia profonda-mente dal fondamento del be-ne comune che è di tipo “mol-tiplicativo”.

Se alcuni soggetti, e al limi-te anche uno solo, non hannonulla, il miglioramento dellaposizione economica di tutti glialtri rende nullo il risultato. Tut-ti devono migliorare insieme atutti gli altri per costruire il be-ne comune, moltiplicando i di-versi talenti che ognuno ha ri-cevuto.

La natura dell’impresa Il radicamento localisticosi salda con il percorso ecclesiale

Come ci ha esortato il SantoPadre Benedetto XVI in occa-sione dell’udienza del 4 marzo2006, gli imprenditori cristia-ni devono mirare piú in altodella semplice deontologia pro-fessionale, anche se questo sa-rebbe già un risultato Possiamotrovare fondamento di questopensiero in un passo del Van-gelo di Luca in cui si affermache a chi è stato “dato” saràchiesto molto, ma a chi è stato“affidato” sarà chiesto moltodi piú. L’affidare implica unrapporto personale tra Dio el’uomo, fatto a sua immaginee somiglianza. L’uomo vienescelto da Dio per la realizza-zione di una missione sulla ter-ra e questo riguarda in modoparticolare l’imprenditore cri-stiano per costruire, attraverso

l’impresa come comunità dipersone, il bene comune.

La natura dell’impresa è cam-biata molto nel corso di questiultimi anni con la globalizza-zione e con la forte accelera-zione del progresso scientificoe tecnico. Sono grandementeaumentate le transazioni di mer-cato in cui prevalgono la fidu-cia e la responsabilità, tipichedi un sistema in cui hanno ungrande peso le piccole e medieimprese, rispetto ai rapporti ditipo gerarchico tipici delle gran-di imprese in cui prevale lamansione.

In questo scenario, l’Italia hanotevoli opportunità fondandoil suo futuro sviluppo su una mi-riade di piccole e medie im-prese fortemente specializzatee internazionalizzate, integra-te con un numero sufficientedi grandi imprese leggere gra-zie alle enormi potenzialità del-le tecnologie dell’informazio-ne e della comunicazione (ca-pitalismo delle reti e nuovi sce-nari della responsabilità socia-le dell’impresa).

La responsabilità sociale del-l’impresa, o meglio dell’im-prenditore, va inquadrata inquesto scenario, consapevoliche, nel lungo periodo, il valo-re economico dell’impresa eti-camente responsabile non so-lo può essere non inferiore aquello delle altre imprese masuperiore, grazie al patrimoniodi reputazione che si può ac-cumulare sul mercato che nonmancherà di riconoscere e pre-miare.

L’imprenditore cristiano en-tra in pieno in questo scenario

con carità e in verità (cfr. Cen-tesimus Annus).

Il compito della costruzionedel bene comune non spettaunicamente allo Stato attraver-so la politica fiscale, ma in mi-sura altrettanto importante al-le imprese, alle famiglie, allebanche, alle fondazioni banca-rie e alle altre fondazioni, allelibere aggregazioni dei cittadi-ni. Non dobbiamo pertanto par-lare solo di Welfare State ma diWelfare Society.

Ma che cos’è il bene comu-ne? Il bene comune è molto dipiú dell’“ottimo paretiano” dicui si parla nei testi di econo-mia. L’“ottimo paretiano” si

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Come ci esorta BenedettoXVI, gli imprenditori

cristiani devono essere la minoranza creativa

che trasforma come lievito tutta la società.

Questo vale in modoparticolare nell’ottica

dell’Europa e degli imprenditori cristiani

europei, che devono riscoprire le proprie radici

e la propria identità nello scenario

dell’economia globale

perché quelli che contano dipiú sono i valori di libertà, ve-rità, dignità e creatività del-l’uomo: i valori fondanti delCristianesimo per la costruzio-ne del bene comune che supe-ra l’“ottimo paretiano” di naturaesclusivamente economicisti-ca.

Come ci esorta BenedettoXVI, gli imprenditori cristianidevono essere la minoranzacreativa che trasforma comelievito tutta la società. Questovale in modo particolare nel-l’ottica dell’Europa e degli im-prenditori cristiani europei, chedevono riscoprire le proprie ra-dici e la propria identità nelloscenario dell’economia globa-le.

C’è un progressivo impegnodi maturazione anche “d’ani-ma” dei soggetti che hanno cer-to faticato per loro stessi, mahanno anche progressivamen-te espresso alcuni tratti di unacoscienza imprenditoriale nonchiusa in se stessa. Basta pen-sare a quanto siano andate ma-turando in questi decenni:

• il senso della dimensionecomunitaria dello sviluppo, so-lo che si pensi a quanto abbiagiocato la partecipazione degliimprenditori alla crescita deilocalismi, al formarsi dei di-stretti, al formarsi di una piú for-te coesione sociale a livello lo-cale;

• il senso della complessitàdei processi economici e so-ciali, visto che sono stati pro-prio gli imprenditori a supera-re concezioni semplificate del-l’evoluzione dei processi di svi-luppo e a mostrare a tutti come

tale evoluzione è fatta di con-traddittorietà, di ambiguità e,quindi, di complessità;

• il senso della visione dilungo periodo, come conse-guenza della consapevolezzache la complessità va gestitasulle lunghe derive storiche,che bisogna capire per inter-pretarla e utilizzarne la dina-mica.

La crescente coscienza co-munitaria degli imprenditori siè andata saldando con la valo-rizzazione della dimensione lo-cale e comunitaria della Chie-sa avviata dal Concilio Ecu-menico Vaticano II. Proprio ilpercorso di policentrismo del-l’organizzazione ecclesiale, ar-rivando alle singole comunitàlocali, doveva incontrare il tra-dizionale radicamento locali-stico dei nostri imprenditori.Questi, quindi, si trovano coin-volti non solo nel destino socio-economico delle singole co-munità ma anche e special-mente nella loro qualità della vi-ta, nella loro coesione sociale,nella loro capacità di integra-zione (dei giovani come degliimmigrati), nel valore della re-lazione con gli altri, nella stes-sa concezione di cosa è l’altro.Anche qui, in forma addirittu-ra piú esplicita delle altre sal-dature, imprenditori e vita ec-clesiale diventano compagni diuna stessa avventura storica edesistenziale.

Il lungo periodo percorso del-l’esperienza imprenditoriale ita-liana si è significativamente in-trecciato con una piú consape-vole coscienza dell’imprendi-tore, con una crescita dell’i-

spirazione spirituale del lavo-ro d’impresa, e via via con unaprogressiva saldatura con la di-mensione religiosa, per comeessa è vissuta sia in azienda chenella società.

Questo, però, non vuol direche il piú sia stato fatto: è sta-ta operata una saldatura fra duedimensioni - quella imprendi-toriale e quella spirituale e re-ligiosa - che erano lontanissi-me e si consideravano operan-ti su livelli diversi.

Ma il percorso di questa con-vergenza è appena agli inizi:occorrerà esprimere ancoramaggiore impegno nel futuro.

È qui, come è quasi rituale di-

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L’imprenditore, quelloucidino in specie, deveessere corresponsabilee testimone di un dono: il dono del creare. Se vuole, l’imprenditorepuò coniugarlo nel suolavoro, nel suo modo dicreare impresa, prodotti,offerta, innovazione, occupazione. Ma occorre che sappia dentro di sé - e che sappia testimoniarlo in pubblico - che quel dono viene dall’alto

re può coniugarlo nel propriolavoro come creare impresa,creare prodotti, creare offerta,creare innovazione, creare oc-cupazione. Ma sappia dentrodi sé, e sappia testimoniarlo inpubblico, che il dono del crea-re non viene da lui stesso, mada una piú alta opera divinadella creazione.

La realtà dell’UCID favori-sce questa presa di coscienza,tende a radicarla.

Dobbiamo compiere un in-gente sforzo organizzativo perdelineare un assetto struttura-le di cristiani imprenditori, di-rigenti e professionisti adeguatoalle sfide della globalizzazione.Occorre far crescere la nostracoscienza di costruttori di svi-luppo, o meglio, di bene co-mune.

«Il destino di una società di-pende sempre da minoranzecreative: i cristiani credenti do-vrebbero concepire sé stessi co-me una tale minoranza», affer-ma Papa Ratzinger.

Questa è proprio la logicacon cui applicare la nostra na-tura di innovatori:

• innovatori continui, per-ché convinti che la società mo-derna pone sfide che si posso-no vincere soltanto trasfor-mando quotidianamente pro-dotti, servizi, strategie e orga-nizzazioni:

• innovatori responsabili,perché riteniamo che nel no-stro “mestiere” occorre restarelontani da quegli atteggiamen-ti di interesse personale e diprofitto fini a sé stessi, che al-la nostra categoria vengonospesso contestati.

In tale modo, la nostra ade-sione, lo spaccato imprendito-riale del nostro essere UCIDi-ni, viene ad assumere la “re-sponsabilità dei primi”. Dio ciha dato tanti talenti: tra questianche quello di realizzare qual-cosa che non c’è, ma che for-se riusciremo a costruire se im-pieghiamo l’ingegno, le cono-scenze, il coraggio, la passio-ne, le aspirazioni di giustizia ecarità.

Dobbiamo essere consape-voli che per questo quid in piú,per questo quantum in piú, ab-biamo una responsabilità mag-giore:

• l’abbiamo in primo luogocome cristiani, fedeli al mes-saggio di Cristo; non sono ve-nuto ad abolire la legge, ma adandare oltre;

• l’abbiamo come operatorieconomici qualificati per la ca-pacità di produrre output conmaggior valore rispetto agli in-put;

• l’abbiamo come soggettifatti di anima e corpo, di spiri-to e di materia, con lo stimolodi trovare la sintesi piú appro-priata di fronte alla frammen-tazione, una direzione di sen-so unitario e organico nellacomplessità.

Il che vuol dire che:• non possiamo fermarci a

ribadire in termini piú o menoretorici l’esigenza collettiva diperseguire uno sviluppo condosi crescenti di solidarietà ecoesione sociale;

• che non possiamo e nondobbiamo essere puri “sogget-ti di domanda” di politiche digoverno orientate agli interes-

re, che occorre un supplemen-to d’anima, e piú precisamen-te, un supplemento di ispira-zione cristiana.

Imprenditori che credevanosolo nella propria soggettivitàsi sono progressivamente av-vicinati alla dimensione reli-giosa. Una spinta ulteriore puòvenire solo se ci si applica in-sieme a capire quale sensoprofondo di spiritualità l’im-prenditore può e deve ancoramaturare.

Qui viene in mente, senzatroppi percorsi, un solo obiet-tivo: essere corresponsabili etestimoni di un dono: il dono delcreare. Se vuole, l’imprendito-

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si dell’impresa;• che possiamo e dobbiamo

essere portatori di offerta ingrado di far fruttare meglio i ta-lenti propri e altrui.

Un’offerta, anche nelle pic-cole soluzioni, di elaborazio-ni, di sperimentazione di fron-te ai complessi problemi delmondo del lavoro e dell’eco-nomia.

Un’offerta diffusiva di spe-ranza su cui impegnarsi:

• come imprenditori, con ilrischio, con la determinazione,con l’intuito creativo;

• come dirigenti, nel sapersempre indirizzare risorse e ri-sultati verso traguardi semprepiú avanzati;

• come professionisti, nel-l’essere capaci di proporre sug-gerimenti, consigli, affianca-mento.

Con il Rapporto UCID 2007,“La coscienza imprenditorialenella costruzione del bene co-mune”, che abbiamo presenta-to a Milano il 16 giugno scor-so, vogliamo mettere insiemespazi, situazioni, problemi sucui abbiamo cercato di impe-gnarci. Uno spaccato non esau-stivo né autoreferente delle no-stre capacità, singole e asso-ciate, ma vitale, ancorché li-mitata espressione di offertanella costruzione del bene co-mune.

Abbiamo aperto un cammi-no per il futuro che dobbiamopercorrere insieme con re-sponsabilità e spirito di servi-zio per la costruzione del benecomune.

La qualità dello sviluppo di-pende dal tasso di coscienza di

innovatori responsabili e par-tecipi ad un disegno universa-le.

Con il primo Rapporto UCID2007, testimoniamo le espe-rienze e le aspirazioni di cri-stiani imprenditori, dirigenti,professionisti, impegnandociad andare oltre.

Le sfide del futuro. I nostri obiettivi

Perseguiamo un obiettivo:quello della cultura dell’offer-ta, non già della domanda. Ef-fettuando una scelta di campo:il lavoro quale sfera primariaove l’uomo realizza tutte le po-tenzialità che ha ricevuto daDio creatore. Praticando un co-stume: quello della “responsa-bilità dei primi” nell’assumeremaggiori doveri.

Metodo, scelta, costume, in-dirizzano la coscienza alla re-lazione con Dio attraverso gliuomini, operando per il benecomune. In ricerca, sempre conla tensione a migliorare, senzaaccampare scusanti per cadutee disattese, segno di umana fra-gilità.

Fare emergere lo slancio diintraprendenza di un’azioneformativa continua verso sce-nari in cui la correttezza deicomportamenti soggettivi siapre a prospettive piú alte, piúcomplete, piú partecipate di in-novatori di sviluppo, partendodal basso, con piccoli passi, ta-lora incerti, spesso sperimentali,nella speranza di trovare altricompagni di viaggio che vo-gliono condividere la nostra fe-de e la nostra carità.

Ecco quindi le linee guida

per la realizzazione delle ope-re (76) i cui frutti testimonia-no la nostra appartenenza a Cri-sto e al suo Vangelo:

a) diffondere e testimo-niare i valori cristiani nel mon-do in spirito di dialogo con lealtre religioni e con le altre vi-sioni etiche;

b) forte impegno per la co-struzione dell’Europa dei valoriaccanto a quella economica emonetaria;

c) promozione della cen-tralità dell’uomo nei Paesi in viadi sviluppo, alimentando pro-cessi di internazionalizzazione edi sviluppo fondati sulla re-sponsabilità e sui valori morali;

MEMORIA E IDENTITÀ ATTIVITA’

Perseguiamo un obiettivo:quello della cultura

dell’offerta, non già delladomanda. Effettuando

una scelta di campo: il lavoro quale sfera primaria ove l’uomo

realizza tutte le potenzialità che ha

ricevuto da Dio creatore.Praticando un costume:

la “responsabilità dei primi” nell’assumere

maggiori doveri

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ficare il debole indebolendo il for-te; 3) Voi non potete aiutare i pic-coli mortificando i grandi; 4) Voinon potete aiutare il povero di-struggendo il ricco; 5) Voi non po-tete elevare la condizione del sala-riato facendo pressione su chi pa-ga il salario; 6) Voi non potete ri-solvere i vostri problemi distri-buendo più di quello che avete pro-dotto; 7) Voi non potete promuoverela fraternità umana ammettendo eincoraggiando la lotta di classe; 8)Voi non potete garantire una sicu-rezza adeguata basata sul denaroprestato; 9) Voi non potete svilup-pare il suo carattere e il suo corag-gio togliendo all’uomo l’iniziativae l’indipendenza; 10) Voi non po-tete aiutare gli uomini realizzandoper essi quello che essi stessi pos-sono e devono fare da soli. 4) G. Siri, La UCID da ieri al-l’oggi e al domani, Rivista “Ope-rare”, 1973.5) La limitata collaborazione al-la vita e alle analisi della Rivista“Operare” da parte dei soci ha su-scitato un intenso dibattito intornoalla metà degli anni Cinquanta. Neabbiamo chiara evidenza in un ar-ticolo, pubblicato nel mese di feb-braio 1956 sul Giornale sociale peri capi d’azienda “Responsabilità”,curato dal Gruppo Piemontese del-l’UCID, a firma di Giuseppe Mo-lino. Nei cinquanta Quaderni UCID,che dal 1957 al 1964 raccolgono gliarticoli piú significativi pubblicatinello stesso periodo sulla Rivista“Operare”, quelli curati dal Segre-tario Generale, Vittorio Vaccari, so-no diciannove, pari al 38%.6) Alla Bei, segue nel 1994 la co-stituzione del Fondo Europeo per gliInvestimenti (Bei). 7) Stimolante è, a questo riguar-

do, il libro appena uscito di Mau-rizio De Bortoli, “Libertà per l’Eu-ropa. Robert Schuman”, EdizioniAres, Milano 2007, pp. 184. La pre-fazione al libro è di Marcello Pera,Presidente d’onore della Fonda-zione Magna Carta e già Presiden-te del Senato. Si legge nella illu-minante prefazione di Marcello Pe-ra: «Il 19 marzo 1958, di fronte alParlamento Europeo, Schuman dis-se: “Tutti i Paesi dell’Europa sonopermeati dalla civiltà cristiana. Es-sa è l’anima dell’Europa che oc-corre ridarle”. E prosegue con sueparole il Prof. Pera: “Lo stesso ave-vano detto De Gasperi e Adenauer.Erano tre credenti cristiani cattoli-ci. Ed erano, come si dice con la piùambigua delle espressioni in usosolo in Francia e in Italia, tre laici”.Il Prof. Pera riporta nella parte fi-nale della prefazione al libro diMaurizio De Bortoli questa affer-mazione profetica di Schuman. “Bi-sogna che ci rendiamo conto chel’Europa non può limitarsi, alla lun-ga, a una struttura meramente eco-nomica. Occorre che essa diventi an-che una salvaguardia per tutto ciòche rende grande la nostra civiltà cri-stiana”».8) Il sistema bancario costituisceuno dei pilastri fondamentali delmodello dell’economia sociale dimercato, in una visione piú schum-peteriana che keynesiana. Grandeinterprete di questo modello è ilPresidente della Deutsche Bank,Alfred Herrhausen, ucciso da uncommando terrorista nel 1989 do-po il crollo del muro di Berlino.Herrhausen appartiene a quellaschiera di grandi banchieri che han-no fatto il successo della Germanianell’ultimo mezzo secolo, e può es-sere accostato a grandi imprenditori

d) impegno personale e as-sociativo per la costruzione delbene comune attraverso il la-voro (lavoro come dono);

e) abitare l’economia el’impresa con sguardo di Fede.

Sono queste le sfide del futu-ro: sta in noi saperle affrontarein spirito di umiltà, responsabi-lità e creatività per la costru-zione del bene comune.

1) Atti del terzo congresso na-zionale dell’Unione Cristiana Im-prenditori Dirigenti, Roma, 11-13novembre 1950.2) Ci riferiamo, in particolare, aln. 1 di gennaio 2000, anno IV, deiQuaderni della Segreteria Genera-le Cei. Il Quaderno contiene un in-teressante approfondimento su“Chiesa e imprenditoria: dalle in-comprensioni al dialogo. Per unasocietà del lavoro libero, dell’im-presa e della partecipazione». 3) I Bollettini e gli Atti dei Con-gressi mondiali dell’UNIAPAC so-no disponibili presso l’UCID na-zionale. Di particolare interesse è ilXIII Congresso che si è svolto aBruxelles dal 2 al 5 ottobre 1968 sultema “Il ruolo dell’imprenditore edell’impresa nel mondo di oggi”. In-teressanti sono anche “I dieci co-mandamenti economici” pubblica-ti nel Bollettino n. 5 di giugno1961: 1) Voi non potete creare laproprietà scoraggiando l’iniziativadei singoli; 2) Voi non potete forti-

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tedeschi come Alfred Krupp, Wer-ner von Siemens, Emil e Walter Ra-tenau, Hugo Stinnes, Hermann Jo-sef Abs. Aveva capito molto primadi altri che la globalizzazione del-l’economia era dietro l’angolo eche per un istituto di credito era in-dispensabile il banking around theglobe. Fu tra i primi banchieri almondo a introdurre piani strategi-ci e obiettivi numerici che andas-sero oltre l’esclusiva massimizza-zione dei profitti. La strategia eradi trasformare Deutsche Bank inun grande gruppo multinazionaledi servizi finanziari. Negli anni Ot-tanta i dirigenti di Deutsche Banksedevano in oltre 400 consigli di sor-veglianza in tutta la Germania. Eser-citava la sua attività non come po-tere ma come servizio, attentocom’era alla responsabilità socialedella Deutsche Bank. 9) M. Baronci, Atti del III Con-gresso nazionale dell’Unione Cri-stiana Imprenditori Dirigenti, Ro-ma, 11-13 novembre 1950, p. 31.10) M. Baronci, Atti del III Con-gresso nazionale dell’Unione Cri-stiana Imprenditori Dirigenti, op.cit., p. 32. 11) M. Baronci, Atti del III Con-gresso nazionale dell’Unione Cri-stiana Imprenditori Dirigenti, op.cit., p. 33.12) Sul tema delle nazionalizza-zioni è interessante ricordare il ma-gistero sociale di Pio XII che il 10luglio 1946 ha indirizzato al Pro-fessor Carlo Flory, Presidente del-le Settimane sociali della Francia,una lettera sulla nazionalizzazionedelle imprese. Tale lettera è pub-blicata nel numero di maggio-ago-sto 1946 della Rivista “Operare”.La posizione della Chiesa viene ri-badita da Pio XII nel mese di giu-

gno del 1949, in occasione dell’in-contro con il Santo Padre dell’UnionInternationale des Association Pa-tronales Catholiques (UNIAPAC).Le parole del Papa sono riportatenell’Editoriale del Giornale Socia-le per i Capi d’Azienda “Respon-sabilità”, a cura del Gruppo Pie-montese dell’UCID, nel numero digiugno del 1949: «Fare delle na-zionalizzazioni quasi la regola nor-male della organizzazione pubbli-ca dell’economia, sarebbe capo-volgere l’ordine delle cose. L’eco-nomia non è per sua natura una isti-tuzione di Stato: è al contrario ilprodotto vivente della libera ini-ziativa degli individui e dei lorogruppi liberamente costituiti». 13) In questo senso, si rinvia allastimolante comunicazione di An-gelo Ferro su “Famiglia e sistemaproduttivo”, Atti del XV Congres-so nazionale UCID, Udine 19-20-21 marzo 1981. 14) Sul piano tassonomico, le tec-nologie dell’informazione e dellacomunicazione possono essere di-stinte in informative (posta elettro-nica e siti internet); transazionali(commercio elettronico); miste; stra-tegiche. Queste ultime (ad esempio,supply chain management, enter-prise resource planning, customerrelationship management, concur-rent engineering in real time su re-te, ecc.) rivoluzionano i modelliorganizzativi delle imprese, inte-grando le diverse funzioni aziendalie le imprese stesse con il mercatoglobale. Cambia la natura dell’im-presa con un aumento del peso del-le relazioni di mercato in sistemi ca-ratterizzati dalla larga presenza dipiccole e medie imprese rispetto al-le relazioni gerarchiche, tipiche del-la grande impresa integrata. Nel

nuovo mondo, si assiste alla cadu-ta tendenziale del grado integra-zione verticale delle imprese indu-striali (diminuzione del rapporto travalore aggiunto e fatturato) come os-serviamo nella realtà italiana, so-prattutto degli ultimi quindici anni.In questo senso, i dati di Medio-banca mostrano che il rapporto travalore aggiunto manifatturiero efatturato è caduto da circa un terzoal 20%. Corrispondentemente, si èridotta l’occupazione nel settore in-dustriale ed è aumentata quella nelsettore dei servizi. 15) Nel modello delle imprese dimercato rispetto a quello di tipo ge-rarchico cresce enormemente il nu-mero delle transazioni, con il so-stegno delle enormi potenzialitàdelle tecnologie dell’informazionee della comunicazione. Nel primocaso le transazioni crescono in ma-niera esponenziale rispetto al nu-mero dei soggetti [n(n-1)], mentrenel secondo aumentano in misuralineare [2(n-1)]. I modelli di mer-cato e gerarchico coincidono quan-do le transazioni sono uguali a 2, madivergono fortemente al cresceredel numero delle transazioni al disopra di questo numero. Cala for-temente all’aumentare del numerodelle transazioni anche il costo uni-tario medio, grazie all’applicazio-ne delle tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione. Que-sti effetti riguardano sia la piccolaimpresa che la grande che tendonoa formare una grande rete. Dimi-nuisce il grado di integrazione ver-ticale della piccola ma soprattutto

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ria dell’UCID tenuto a Venezia nel1948, si svolge presso la fondazio-ne Giorgio Cini alla presenza di cir-ca cinquecento rappresentanti delmondo industriale economico e po-litico. Fanno gli onori di casa il Car-dinale Giovanni Urbani, Patriarcadi Venezia, e il Professor GuidoFerro, Presidente dell’UCID Vene-ta. Il Giornale “Responsabilità” delGruppo Piemontese riporta il pro-gramma di anticipazione del Con-vegno nel numero di aprile del 1959e un ricco reportage nel numero dimaggio dello stesso anno. 19) Estratto dalla Rivista “Opera-re” n. 2 marzo-aprile 1962.20) Sulle grandi trasformazionistrutturali dell’Italia negli anni Cin-quanta con la riduzione del pesodella popolazione addetta in agri-coltura e l’aumento di quella addettanell’industria, si rinvia allo stimo-lante contributo di Renzo Battistellasu “Problemi odierni della agri-coltura italiana” (Motivi geografi-ci ed esigenze economiche e tecni-che per la riconversione degli or-dinamenti colturali), apparso sul n.8 di “Quaderni UCID” (Estrattodalla Rivista “Operare” nn. 5-61959. Battistella riporta nel saggiouna interessante tabella da cui risultache in Italia dal 1921 al 1951 la po-polazione addetta in agricolturascende dal 55% al 42%, nell’indu-stria sale invece dal 29 al 32% e neiservizi dal 16% al 26%. Il triango-lo Piemonte, Lombardia e Liguriamostra nel periodo le seguenti di-namiche: l’agricoltura scende dal52% al 33% in Piemonte, dal 39%al 20% in Lombardia, dal 31% al18% in Liguria; l’industria sale dal31% al 43% in Piemonte, dal 43%al 53% in Lombardia e diminuiscein Liguria dal 41% al 39%. È inte-

ressante vedere le dinamiche dellapopolazione addetta nei due setto-ri in tre Regioni in cui si manifestanointensi fenomeni di industrializza-zione diffusa fondati sulla piccolae media impresa e sull’impresa ar-tigiana: il Veneto, l’Emilia Roma-gna, le Marche. In Veneto la popo-lazione addetta in agricoltura scen-de nel periodo dal 58% al 39%, inEmilia Romagna dal 71% al 52%,nelle Marche dal 69% al 60%. Il pe-so dell’industria cresce invece nelVeneto dal 27% al 34%, in EmiliaRomagna dal 24% al 25%, nelleMarche dal 20% al 22%. Questo fe-nomeno proseguirà in modo anco-ra più intenso nel corso degli annicinquanta e della prima metà deglianni sessanta, con forti modifichestrutturali della demografia e deicostumi della popolazione italianaindotte dai processi di industrializ-zazione. Il trasferimento di addettidall’agricoltura all’industria ha ef-fetti enormi sulla crescita della pro-duttività totale dei fattori della pro-duzione (passaggio di addetti da unsettore a bassa a uno ad alta pro-duttività) e sulla remunerazione dellavoro che consente lo sviluppo dimodelli di consumo più elevati, inrelazione alla nuova offerta conse-guente ai processi di industrializ-zazione. Contemporaneamente av-vengono nel nostro Paese intensiprocessi di migrazione interna, so-prattutto dal Sud al Nord ma anchedalle Regioni a vocazione storicaprevalentemente agricola a Regio-ni di più antica industrializzazione.Cresce anche il fenomeno dell’ur-banizzazione con il passaggio dal-la campagna alla città. Questi fe-nomeni strutturali mettono in evi-denza le strette relazioni tra eco-nomia e demografia. Alcuni so-

della grande impresa (valore ag-giunto su fatturato). L’esempio ti-pico è quello del settore dell’aero-nautica dove la grande impresa as-sembla un numero elevatissimo dicomponenti prodotti da un nume-ro enorme di piccole e medie im-prese sparse in tutto il mondo. Inquesto modello di grandi e piccolee medie imprese integrate nell’e-conomia globale giocano un ruolostrategico le applicazioni elevatedelle tecnologie dell’informazionee della comunicazione, come adesempio il concurrent engineeringin real time su rete16) Su questo punto si rinvia alRapporto UCID sulla coscienza im-prenditoriale nella costruzione delbene comune, presentato a Milanoil 16 giugno 2007.17) Ezio Vanoni, uomo ispirato daprofondi principi cristiani, parlamolto opportunamente di “sche-ma”, ma con l’andare degli anni sifa strada, sulla scia degli indirizzipolitici, il concetto di program-mazione e poi quello di piano. L’a-rea riguarda non solamente la ma-croeconomia e la politica econo-mica generale ma anche il settoremanifatturiero, come avverrà con lalegge 675 del 1977 sulla ristruttu-razione e riconversione industrialecon i famosi piani di settore. 18) Nell’anno terminale di questitredici anni, il 1959, si tiene a Ve-nezia il IX Congresso nazionaledell’UCID sul tema “Problemi del-lo sviluppo economico sociale nel-la Comunità Europea”. Il Con-gresso, che segue il primo nella sto-

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stengono che la demografia spiegacirca i due terzi di tutti i fenomenied appare pertanto interessante sot-tolineare la grande attenzione allademografia presente nelle varie pub-blicazioni dell’UCID, a livello na-zionale e dei Gruppi Regionali. Sicita, ad esempio, l’articolo appar-so nel numero di gennaio 1973 delperiodico “Responsabilità” dal ti-tolo “Cosa direbbe oggi il parrocoMalthus?”. 21) Nel numero di febbraio 1973di “Responsabilità”, si informanoi lettori della nomina di VincenzoCazzaniga come nuono Presidentedell’UCID nazionale. 22) Il periodico “Responsabilità”porta avanti il pensiero di un nuo-vo umanesimo incentrato sull’im-presa come comunità di personeche mirano all’obiettivo di uno svi-luppo giusto e solidale. Interessan-ti sono al riguardo i frequenti rife-rimenti al pensiero di Alfred Mar-shall nei “Princípi di economia po-litica”. Riportiamo qui il passag-gio della critica di Marshall aglieconomisti classici: «Per sempli-cità di ragionamento, il Ricardo e isuoi seguaci parlavano spesso co-me se considerassero l’uomo unaquantità costante, né si preoccupa-vano abbastanza di studiarne le va-riazioni. Le persone che essi meglioconoscevano erano uomini dellaCity e talvolta essi si esprimevanocon tanta poca cura da far quasi ri-tenere che gli altri inglesi dovesse-ro essere molto simili agli uominiche essi conoscevano nella City. Equesto, mentre fu di poco dannofinché essi trattavano della mone-ta e del commercio estero, li portòfuori strada quando passarono atrattare delle relazioni tra le varieclassi produttive, li indusse a par-

lare del lavoro come di una merce,senza cercare di porsi dal punto divista dell’operaio e senza insisteresulle concezioni che debbono far-si per tenere conto delle sue passioniumane, dei suoi istinti ed abitudi-ni, delle sue simpatie e antipatie, del-le sue gelosie e della sua solida-rietà di classe, del suo bisogno diistruzione e di occasioni per unaazione libera ed energica. Essi at-tribuivano quindi alle forze delladomanda e dell’offerta un’azionepiú meccanica e regolare di quellache si trova nella vita reale ed enun-ciavano leggi sui profitti e sui sa-lari che non valevano nemmeno perl’Inghilterra dei tempi loro». In que-sta visione di un nuovo umanesimofondato sull’impresa come comu-nità di persone, è utile ricordare an-che il pensiero di Eric Roll nel li-bro “Il mondo dopo Keynes (Ed. ilMulino) che troviamo come sti-molanti “spigolature” nel numerodi febbraio 1973 del periodico “Re-sponsabilità”: «L’incremento de-mografico e lo sviluppo del mercatodei beni di massa (dovuto all’e-mergere di nuovi bisogni e all’am-pliamento della domanda di beniprodotti in seguito all’aumento delbenessere), creeranno un maggiorspazio all’impresa e alle iniziativeprivate. A questo riguardo le di-mensione del mercato avranno for-ti conseguenze. Quanto piú largo èil mercato, tanto minori sono le pro-babilità che esso cada sotto il con-trollo di un ristretto numero di pro-duttori e di distributori per un lun-go periodo di tempo. Negli StatiUniti, ovvero nel piú grande deiPaesi industriali avanzati, lo spazioper nuovi prodotti, nuove tecnichedi produzione o nuovi metodi di di-stribuzione è rimasto uniforme-

mente ampio in questi ultimi annie non è stato invariabilmente sfrut-tato esclusivamente dai grossi com-plessi industriali». 23) Tali andamenti saranno soste-nuti sul piano della politica econo-mica estera dalla legge Ossola del1977, che prende il nome dall’al-lora Ministro del Commercio conl’estero. In base a questa legge, l’o-peratività del Mediocredito Cen-trale per il finanziamento agevola-to delle esportazioni a pagamentodifferito di beni capitali e dell’ese-cuzione di lavori all’estero vieneestesa dalla provvista in lire a quel-la in valuta sui mercati internazio-nali. Le nuove operazioni riguar-dano i prestiti con provvista in va-luta, le operazioni triangolari e leoperazioni di sconto pro soluto (for-faiting). La legge Ossola istituiscela Sace, (Sezione AssicurazioneCrediti all’Esportazione). 24) Il capo “spirituale” della scuo-la dei distretti in Italia è certamen-te Giacomo Becattini, con i suoi al-lievi che hanno studiato e prodottonotevoli contributi per la conoscenzadella natura e degli effetti del fe-nomeno dei distretti, sulla scia delfecondo insegnamento di AlfredMarshall. 25) Nell’intervista al Corriere del-la Sera, il Presidente del Consiglioafferma che «Quanto alla ripresaproduttiva mi rendo conto che l’in-traprendenza è diventata più diffi-cile, più rischiosa. Ma proprio que-sto suggestiona i giovani. Conoscoimprenditori nuovi, “non ereditari”,gente di 26 o 27 anni che ha girato

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serto speciale di UCID Letter n. 1del 2001. 28) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID, 1945-1985,Biblioteca di Storia Patria, p. 58.29) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID: 1945-1985,op. cit., p. 62. 30) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID: 1945-1985,op. cit., pp. 62-63.31) Atti del XV Congresso nazio-nale dell’UCID, Uomo e società inItalia all’inizio degli anni ’80, Udi-ne, 19-20-21 marzo 1981, pp. 223.Come risulta dall’elenco dei parte-cipanti, al Congresso erano presenticirca 200 persone. 32) Anacleto Benedetti muore il13 maggio 1982. 33) È questo il pensiero del Car-dinale Ennio Antonelli, attuale Con-sulente ecclesiastico dell’UCID na-zionale, che abbiamo prima riferi-to. 34) Si tratta di una posizione piúvolte espressa dal Cardinale Giu-seppe Siri, per tanti anni Consu-lente ecclesiastico dell’UCID na-zionale.35) Hayek si renderà conto dei li-miti di questa impostazione, tantoè vero che una delle commissionidella prima riunione della Mont Pe-lerin Society del 1947 sarà dedica-ta, per volere espresso del grandeeconomista austriaco, ai rapportitra pensiero liberale e cristianesimo.Profeticamente Hayek sostiene chel’Europa non ha futuro se non ri-solve questo vitale problema. 36) Con i Governi Spadolini vie-ne istituito presso la Presidenza delConsiglio dei Ministri il Diparti-mento degli affari economici concommissioni ad hoc sui temi dellafinanza pubblica, della politica mo-

netaria e creditizia, del mercato dellavoro, della politica industriale. IlDipartimento opera in stretto col-legamento con le Amministrazionicentrali e con quelle locali per coor-dinare le azioni di politica econo-mica e di politica industriale. Il Di-partimento continua la sua azionecon i Governi Craxi. 37) Si tratta del Gruppo Zanussiche dopo una impegnativa ristrut-turazione sostenuta con forti inter-venti di politica industriale verràrilevato da un gruppo svedese. L’e-lemento scatenante della crisi Za-nussi è di tipo finanziario, con ilgruppo che si era pesantemente in-debitato in dollari sul mercato in-ternazionale con pesanti esposizio-ni sia nei confronti delle principa-li banche italiane che di banche in-ternazionali. La svalutazione dellalira innescherà la crisi sul lato fi-nanziario che aveva però profonderadici di natura reale. La crisi delGruppo Zanussi induce una profon-da ristrutturazione di tutto il setto-re degli elettrodomestici, 38) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID: 1945-1985,op. cit., pp. 69-70.39) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID: 1945-1985,op. cit., p. 72.40) Sergio M. Battaglia, I qua-rant’anni dell’UCID: 1945-1985,op. cit., p. 74.41) Ci riferiamo al cosiddetto di-vorzio Tesoro-Banca d’Italia che favenir meno l’impegno da parte del-l’Istituto di emissione di acquisirei titoli del debito pubblico non ac-quistati dal settore privato in seded’asta. L’idea sottostante tale deci-sione era che il provvedimentoavrebbe dovuto innescare compor-tamenti positivi sul piano della ge-

il mondo, guardato, imparato. Hofiducia in costoro. Hanno immagi-nazione e ardimento. Stanno co-vando un altro miracolo». Rie-cheggia qui il pensiero del Cardi-nale Siri che parla di rivoluzione na-turale di cui si è parlato in prece-denza, con gli operai e i contadiniche diventano imprenditori. 26) Nello stesso numero di marzo1974 del periodico “Responsabi-lità” si riferisce della proposta di leg-ge per la la codecisione nelle im-prese tedesche, a firma di LorenzoRossi di Montelera. La proposta dilegge si basa sull’accordo del 20 feb-braio 1974 tra socialdemocratici eliberali. Le caratteristiche della pro-posta possono essere riassunte nelmodo seguente: a) si applica alle im-prese con oltre duemila dipenden-ti con alcune esclusioni, tra cui i quo-tidiani; b) nel Consiglio di Sorve-glianza (Aufsichtsrat) metà dei con-siglieri sono eletti dal capitale el’altra metà dai dipendenti; c) i con-siglieri che rappresentano i dipen-denti, compresi i sindacalisti, sonoeletti dai lavoratori dell’impresa;d) il Presidente e il Vice Presiden-te è eletto con la maggioranza deidue terzi; e) in caso di parità e perespressa decisione del Consiglio,il Presidente ha voto decisivo; f) lanomina dei direttori richiede lamaggioranza dei due terzi. 27) Vittorio Vaccari è Presidentenazionale dell’UCID dal 1976 al1988. Ne sarà poi Presidente ono-rario fino alla morte avvenuta a Ro-ma il 21 aprile 2001. Per la com-memorazione si può consultare l’in-

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stione della cosa pubblica riducen-do e riqualificando la spesa pub-blica. Non avvenne nulla di tuttoquesto e il Tesoro condusse nei fat-ti una politica di forte ampliamen-to del debito pubblico, assicurandoappetibili tassi di interesse in terminireali ai risparmiatori. 42) C.A. Ciampi, Il quadro istitu-zionale e gli orientamenti della po-litica valutaria nell’economia ita-liana, Conferenza del Governato-re della Banca d’Italia al XXVIIICongresso Nazionale del ForexClub Italiano, Milano, 26 ottobre1985. Per un’analisi dei limiti del-la politica nel controllo del tasso diinteresse reale, si rinvia a G. Sca-nagatta, Note Economiche, nn. 5/6,1986. 43) Il “nuovo corso” rispetto allecaratteristiche della Rivista neglianni Cinquanta si differenzia an-che per le numerose sponsorizza-zioni presenti in ogni numero: cir-ca una quindicina. Si supera in que-sto modo il passaggio critico dellaRivista ricordato nel periodico “Re-sponsabilità” del Gruppo UCID delPiemonte nel 1956. Come si ricor-derà, il Segretario Generale Vacca-ri lamentava allora la scarsa lettu-ra da parte degli ucidini e la colla-borazione quasi inesistente alla vi-ta della Rivista da parte dei Grup-pi e delle Sezioni. 44) Per un’analisi di questi aspet-ti, si rinvia al contributo di G. Sca-nagatta, Scritti di finanza e di poli-tica industriale per le piccole e me-die imprese, Cedam, Padova 1997,con prefazione di Antonio Marza-no.45) Questa stagione politica cul-minerà con la legge del 1993 chevieta il finanziamento pubblico deipartiti, poi sostituito da un contri-

buto alle spese elettorali.46) Il significato di economia glo-bale può essere compreso se fac-ciamo riferimento a due modelliestremi in cui nel primo le differenzetra Paesi in termini di storia, cultu-ra, religione, demografia, assettiistituzionali, economia, sistemi so-ciali, sistemi di istruzione, remu-nerazione dei fattori della produ-zione, ecc., sono piccole e nel se-condo invece in cui queste diffe-renze sono grandi. Nel secondo ca-so, che è quello che stiamo viven-do, gli effetti della globalizzazionesono forti e mettono sul tappeto ilgrosso problema della gestione diqueste differenze. Si tratta della ter-za grande sfida, non solo econo-mica, a cui si trova di fronte l’u-manità all’inizio del terzo millen-nio, come afferma il Compendiodella Dottrina sociale della Chie-sa del Pontificio Consiglio dellaGiustizia e della Pace (Libreria Edi-trice Vaticana, 2004). 47) Si tratta di Paesi con grandis-simo peso demografico e quindicon grandi possibilità di espansio-ne dei mercati: più di un terzo del-la popolazione mondiale. 48) Sotto la presidenza di France-sco Merloni, nell’udienza del Papadel 9 dicembre 2000, in occasionedel Grande Giubileo di fine del se-condo millennio dell’era cristiana,viene fatta una donazione al SantoPadre per la costruzione del com-plesso parrocchiale di Santa Mariadella Presentazione nel quartiereromano di Boccea. 49) L’enciclica sociale PopulorumProgressio (26 marzo 1967) si sud-divide in otto capitoli piú l’appel-lo finale. I paragrafi sono 87 per untotale di 19 pagine. I capitoli sonoi seguenti: I) La questione sociale

è questione morale; II) Per uno svi-luppo integrale dell’uomo; III) LaChiesa e lo sviluppo; IV) L’operada compiere; V) Verso lo svilupposolidale dell’umanità; VI) L’operada compiere; VII) L’equità delle re-lazioni commerciali; VIII) La caritàuniversale. 50) La Sollicitudo rei socialis (32pagine) si sviluppa in sette capito-li e quarantanove paragrafi, piú unalunga serie di novantuno note. I ca-pitoli sono i seguenti: I) Introdu-zione; II) Novità dell’enciclica Po-pulorum progressio; III) Panoramadel mondo contemporaneo; IV)L’autentico sviluppo umano; V)Una lettura teologica dei problemimoderni; VI) Alcuni orientamentiparticolari; VII) Conclusione. 51) Per suggellare l’importanzastorica della Centesimus Annus vie-ne costituita, sotto l’impulso di nu-merosi imprenditori cristiani, laFondazione Centesimus Annus ProPontifice con lo scopo di aiutare ilPapa nelle opere di carità nel mon-do. La Fondazione si propone inol-tre di fare conoscere la grande En-ciclica di Giovanni Paolo II, diffon-derla per essere testimoniata dagliimprenditori e dai dirigenti cristia-ni, assieme all’alto magistero del-la Chiesa in campo sociale. Vengonoa questo scopo organizzati corsisulla dottrina sociale della Chiesa. 52) Il discorso sul rifiuto dell’e-conomicismo viene particolarmen-te affrontato da Giovanni Paolo IInell’enciclica Laborem exercensdel 1981 distinguendo il lavoro dalpunto di vista soggettivo dal lavo-

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zialismo che fanno morire il desi-derio di rischiare e di intraprende-re, per lo sviluppo della propriaazienda e di tutti coloro che vi la-vorano. Un’economia si spegnequando l’amore delle persone peril rischio e lo sviluppo viene so-praffatto dal desiderio di conserva-zione di quello che si è accumula-to in passato. I talenti ricevuti del-la parabola evangelica non vengo-no moltiplicati ma sotterrati, per iltimore di quello che ci potrà chie-dere il padrone al suo ritorno. 55) M. Vitale, Slancio e confermadi una dottrina, Operare, Rivista diInformazione Sociale, luglio-set-tembre 1991, p. 35. 56) Questa rivoluzione ha profon-damente modificato la natura del-l’impresa e i suoi modelli organiz-zativi, con l’affermarsi progressivodel modello “piccole imprese egrandi reti” rispetto al modello al-ternativo “grandi imprese integra-te”. Le tecnologie dell’informazio-ne e della comunicazione hannoimpatti diversi sui due modelli in re-lazione al numero delle transazio-ni e al loro costo e dovrebbero spin-gere sempre più i sistemi econo-mici verso le relazioni di mercato(responsabilità) rispetto a quelle ditipo gerarchico (mansioni). Tuttoquesto processo conduce alla ca-duta tendenziale di lungo periododel grado di integrazione verticaledelle imprese, cioè a una diminu-zione del rapporto tra valore ag-giunto e fatturato. Grandi fatturaticon piccoli valori aggiunti posso-no essere gestiti in modo efficien-te grazie alle enormi potenzialitàdelle tecnologie dell’informazionee della comunicazione. Queste ri-voluzioni si riflettono sugli obiet-tivi dell’impresa e sulla natura del-

la responsabilità sociale dell’im-prenditore, con un aumento del-l’importanza del raggiungimentodi più obiettivi riguardanti glistakeholders interni ed esterni ri-spetto a quello unico della massi-mizzazione del profitto (azionisti).Si parla in questa rivoluzione di ca-pitalismo delle reti e di nuovi oriz-zonti della responsabilità socialedell’impresa nel mercato globale adecisioni decentrate. Si veda, al ri-guardo, il capitolo del RapportoUCID presentato a Milano il 16 giu-gno 2007 (La coscienza imprendi-toriale nella costruzione del bene co-mune) dedicato alla responsabilitàsociale dell’impresa. 57) Nel Compendio della Dottri-na sociale della Chiesa del Ponti-ficio Consiglio della Giustizia e del-la Pace, pubblicato nel 2004, la ca-tegoria sviluppo è quella più cita-ta, seguita nell’ordine dalla solida-rietà e dal bene comune. Altre ca-tegorie molto citate nel Compendiosono la destinazione universale deibeni e la funzione sociale della pro-prietà privata, la sussidiarietà, laglobalizzazione. 58) Si tratta di in concetto ben pre-sente nella mente dei missionariche operano nei Paesi poveri, so-prattutto in Africa. In questo senso,acquista grande significato il pen-siero di Daniele Comboni: “Salva-re l’Africa con gli africani”. 59) Sulla relazione tra economia dimercato a decisioni decentrate, si-stemi economici a decisioni ac-centrate (sistemi collettivistici) esviluppo è interessante rilevare cheper un certo periodo di tempo la re-lazione può essere positiva in en-trambi i casi. Cessa di diventare po-sitiva, come ha dimostrato la storia,nel lungo periodo. Ciò dipende dal-

ro dal punto di vista oggettivo. 53) È il pensiero di Schumpetercontenuto nella Teoria dello svi-luppo economico del 1911, in cuiil grande economista austriaco af-ferma che i pilastri su cui si co-struisce lo sviluppo sono tre: a)l’imprenditore innovatore; b) la mi-riade di piccole e medie impreseoperanti in mercati concorrenziali;c) il ruolo delle banche che crean-do credito consentono la trasfor-mazione delle idee imprenditorialiin prodotti e servizi per il mercato. 54) La funzione imprenditorialeha pertanto non solo natura econo-mica ma anche etica perché l’im-prenditore si assume i rischi dellosviluppo da diffondere per la co-struzione del bene comune. Può es-sere interessante, a tale riguardo,ricordare la definizione della fun-zione imprenditoriale data da Can-tillon (1680-1734). L’imprenditoreè «il vero organizzatore di tutto ciòche si produce, colui che compra aprezzo fisso, paga salari fissi, so-stiene spese fisse e vende a prezziincerti; a differenza dei salariati nonha reddito fisso, ma vive nell’in-certezza». Sulla funzione etica del-l’imprenditore si sono intrattenutigrandi economisti italiani come Lui-gi Einaudi. In “Prediche inutili” del1962 sosteneva che l’economia dimercato, per svilupparsi, ha bisognoche questa schiera di persone chesono disponibili a prendersi i rischisia sufficientemente ampia rispet-to alla schiera di persone che vivo-no di redditi fissi. Diversamente siva verso lo statalismo e l’assisten-

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la negazione del forte contenuto an-tropologico dello sviluppo, con alcentro l’uomo con i suoi valori dilibertà, di responsabilità, di dignità,di creatività. È un concetto che reg-ge l’impostazione della Populorumprogressio di Paolo VI e che vieneripreso con grande spazio dalla Sol-licitudo rei socialis di GiovanniPaolo II. La visione antropologicadello sviluppo riconferma l’impor-tanza vitale dell’impresa e soprat-tutto degli imprenditori che, a dif-ferenza delle burocrazie del dissol-to impero sovietico che guardava-no alla conservazione del potereconquistato nel passato, guardanoal futuro. Da questo punto di vistai Paesi dell’Est, per un autenticosviluppo, hanno più bisogno di im-prenditori che di capitali che pos-sono essere anche molto abbon-danti grazie alle enormi ricchezzedi materie prime. 60) M. Vitale, Slancio e confermadi una dottrina, op. cit., p. 36. 61) È interessante segnalare che ilnumero di luglio-settembre 1991della Rivista “Operare” (p. 63) con-tiene una stimolante recensione dellibro, uscito solo qualche mese ad-dietro, di Cornelio Valetto dell’U-CID di Torino (Un passaggio ob-bligato per lo sviluppo, Civiltà delLavoro, giugno 1991). Si legge nel-la recensione che in un Paese nonpossono convivere due filosofiecontrastanti: una, per gestire lo Sta-to, non razionale, spesso improv-visata per le emergenze e piena dicompromessi; l’altra, per gestire leimprese che operano in mercaticompetitivi e aperti al mondo, noncoadiuvata, spesso contrastata, sem-pre faticosa. 62) Roma, 7 marzo 1997, pp. 67.63) Alcune stime indicano che en-

tro il 2020 il numero delle famigliecinesi con reddito medio alto saràsuperiore a quello delle famiglieamericane.64) Il tema del bene comune hadue aspetti fondamentali: il primoriguardante la sua definizione teo-rica e il secondo la sua applicazio-ne a casi concreti (best practices).Questo secondo aspetto è stato pri-vilegiato nel Rapporto UCID 2007su “La coscienza imprenditorialenella costruzione del bene comune”,a cui si rinvia per i casi analizzatidi “buone pratiche”. È tuttavia im-portante anche l’analisi sul pianoteorico, con un confronto con la ca-tegoria elaborata dal pensiero eco-nomico negli ultimi duecento anni.Ci riferisce in particolare al con-cetto di “ottimo paretiano”. Ma ot-timo paretiano e bene comune nonsono la stessa cosa: il primo si ba-sa su un principio di tipo additivomentre il secondo si basa su un prin-cipio di tipo moltiplicativo. Questofatto determina un livello superio-re, sul piano morale oltre che eco-nomico, del bene comune rispettoall’ottimo paretiano. Facendo unesempio, se ci riferiamo ai cinquecontinenti del mondo, si ha ottimoparetiano se alcuni migliorano laloro posizione economica e socia-le senza danneggiare quella degli al-tri, anche se la posizione di questiultimi sta a livelli infimi (pensiamoal caso dell’Africa). Dando un in-dice zero alla situazione economi-ca e sociale dell’Africa, l’ottimoparetiano si raggiunge se gli altricontinenti migliorano la loro posi-zione senza danneggiare ulterior-mente la posizione dell’Africa. Nonsi ha invece bene comune perché laposizione dell’Africa azzera il ri-sultato complessivo dei cinque con-

tinenti. Per avere bene comune, oc-corre che a fronte del miglioramentodella posizione economica dei quat-tro continenti, anche l’Africa regi-stri un sia pur lieve miglioramen-to, condividendo il processo di svi-luppo. In questo modo lo sviluppoacquista senso morale, nello spiri-to dell’enciclica Populorum pro-gessio di Paolo VI. Si desidera, inogni caso, sottolineare l’importan-za dei casi pratici nella costruzio-ne del bene comune, sia a livello disingoli operatori che a livello ge-nerale. Sul piano generale, dueesempi storici di bene comune so-no rappresentati dalla golden agedella seconda metà del 1800, l’epocache precede la prima guerra mon-diale, e il miracolo economico ita-liano di cui si è parlato nel primocapitolo della presente monogra-fia. Sul primo caso, è interessantericordare la splendida monografiadi J. M. Keynes, Le conseguenzeeconomiche della pace, recente-mente ristampato da Adelphi (2007).Nel capitolo dedicato all’Europadell’anteguerra, cosí si esprime Key-nes: «L’organizzazione sociale edeconomica dell’Europa era tale dagarantire la massima accumulazio-ne di capitale. Mentre avveniva uncerto continuo miglioramento nel-le condizioni quotidiane di vita del-la massa della popolazione, la so-cietà era strutturata in modo da as-soggettare gran parte del redditoaccresciuto al controllo della clas-se che meno era incline a consu-marlo. I nuovi ricchi del XIX secolonon erano educati a largheggiare

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fantasmi sulla globalizzazione, IlSole 24 Ore, 30 agosto 2007, p. 10. 69) Dagli ultimi dati di Medio-banca risulta che in un campione si-gnificativo di imprese industriali ilrapporto tra valore aggiunto e fat-turato è sceso in dieci anni dal 30al 20% e l’occupazione del 10%. 70) Sono debitore di questa anali-si al Prof. Lucio Marcotullio dellaBrioni Roman Style, Presidente del-la Fondazione Formoda di Penne(Pescara). L’esempio è quello del-la confezione di un abito di alta mo-da, in cui il costo del lavoro e quin-di il peso del valore aggiunto con-tinua ad avere un peso significati-vo sul fatturato rispetto agli altrisettori manifatturieri. Giova ag-giungere che i mercati destinatari diquesti prodotti di alta moda, in cuirimane importante la perizia ma-nuale e l’arte, si espandono conl’accrescersi del reddito pro capitedi paesi emergenti come la Cina el’India, con aumenti del reddito na-zionale dell’ordine del 10% annuoin termini reali. È sufficiente rife-rirsi ad un mercato pari all’1% del-la popolazione mondiale, per ave-re un numero di potenziali consu-matori di fascia “medio-alta” di ol-tre 60 milioni di persone. 71) Si ricorda che, secondo unatassonomia ormai consolidata, letecnologie dell’informazione e del-la comunicazione comprendono: a)tecnologie di tipo informativo (po-sta elettronica e siti internet); b) tec-nologie di tipo transattivo (com-mercio elettronico); c) tecnologiemiste (siti internet e commercioelettronico); d) tecnologie di tipostrategico (supply chain manage-ment, enterprise resource planning,customer relationship management,concurrent engineering in real ti-

me su rete). Sono queste ultime adavere i maggiori effetti sulla pro-duttività e sulla competitività del-le imprese, provocando delle veree proprie rivoluzioni dei modelliorganizzativi aziendali. 72) Si tratta di una decisione adot-tata presso la sede dell’UNIAPACa Parigi il 30 gennaio 2007 a cui hapartecipato il Segretario Generale. 73) Come insegna Giovanni Pao-lo II, occorre distinguere tra benegiusto, bene utile e bene bello. Que-ste tre specie di bene qualificano l’a-gire dell’uomo in modo organico;Giovanni Paolo II, Memoria e iden-tità, Rizzoli, 2005, p. 49. 74) G. Maranini, Miti e realtà del-la democrazia, Edizioni di Comu-nità, 1973. Il problema della rap-presentanza politica degli enti in-termedi è stato sollevato dal Car-dinale Camillo Ruini nell’interventoalla tavola rotonda per la celebra-zione del cinquantesimo della fon-dazione dell’UCID a Roma nel1997. Il Cardinale Ruini osservavache oggi i cattolici pesano nella po-litica italiana molto meno di un tem-po in cui le sorti del Paese, nel be-ne e nel male, dipendevano forte-mente dal partito di ispirazione cri-stiana. In compenso esistono oggimiriadi di movimenti e associazio-ni ecclesiali che esercitano un for-te peso nella vita economica e so-ciale del Paese ma sono sprovvistedi rappresentanza politica ispirataai valori del cristianesimo. 75) Atti, A 60 anni dalle originidell’UCID, 1945-2005, GruppoLombardo Dirigenti d’Impresa Cat-tolici, Unione Cristiana Imprendi-tori Dirigenti, p. 18. 76) Come dice S. Giacomo: «laFede senza le Opere non serve a nul-la».

nelle spese, e preferivano ai piace-ri del consumo immediato il pote-re che dava loro il denaro investi-to. In effetti, fu proprio l’inegua-glianza della distribuzione della ric-chezza a rendere possibili le enor-mi accumulazioni di ricchezza fis-sa e gli incrementi di capitale chedistinguono quella età da ogni al-tra. Qui stava, appunto, la principalegiustificazione del sistema capita-listico. Se i ricchi avessero speso laloro nuova ricchezza per i propri pia-ceri, da gran tempo il mondo avreb-be trovato un simile regime intol-lerabile. Ma come le api i ricchi ri-sparmiavano e accumulavano, avantaggio dell’intera comunità (be-ne comune n.d.r.)»; J. M. Keynes,Le conseguenze economiche dellapace, Adelphi, Milano 2007. Il con-cetto di bene comune è fondamen-tale per i cristiani e questo fatto vie-ne suggellato dal tema scelto per lacelebrazione del centenario dellesettimane dei cattolici italiani a Pi-stoia-Pisa il 18-21 ottobre 2007: “Ilbene comune: un impegno che vie-ne da lontano”. 65) Atti del Convegno nazionale,“Etica ed Economia, norme, com-portamenti e valori”, Roma, 17 ot-tobre 2003.66) Ringrazio molto il Dott. Mau-rizio Magliola per avermelo se-gnalato. Il documento di base pre-sentato dal Presidente Merloni e lalettera ai soci sono tratti da un nu-mero di UCID Letter del 2003. 67) Riportato in appendice a que-sto capitolo.68) Samuel J. Palmisano, Basta

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Ancona Ascoli Piceno-S.Benedetto

AstiBellunoBergamoBiellaBolognaBresciaBrescia-

ManerbioBrescia -

Valle CamonicaBusto Arsizio-

Valle OlonaAlto Milanese

CaltanissettaCasale

MonferratoCatanzaroCivitavecchiaComoConversano

MonopoliCosenzaCremonaFermoFerrara

FidenzaFirenzeForlí-CesenaFrosinoneGenovaGorizia-

MonfalconeLa SpeziaLatinaLeccoLodiMacerataMantovaMateraMilanoModenaMonzaNapoliNovaraPadovaPalermoParmaPaviaPesaroPiacenzaPordenonePotenzaRavenna

Reggio CalabriaReggio EmiliaRiminiRomaRovigoSalernoSan MarinoSavonaSondrioTeramoTigullioTivoliTolmezzoTorinoTrani-BarlettaTrentoTreviglioTriesteUdineUgentoVareseVeneziaVercelliVeronaVibo ValenziaVicenzaVigevano

Le Sezioni Provinciali e Diocesane

17 Gruppi Regionali75 Sezioni Provinciali e Diocesane4.000 Soci

Gruppo Regionale LombardoGruppo Interregionale Piemonte e Valle d’AostaGruppo Regionale LigureGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Trentino Alto AdigeGruppo Regionale Friuli Venezia Giulia Gruppo Regionale Emiliano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale UmbroGruppo Regionale del LazioGruppo Regionale MarchigianoGruppo Regionale CampanoGruppo Regionale BasilicataGruppo Regionale Abruzzo MoliseGruppo Regionale PugliaGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale Siciliano

I Gruppi Regionali

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TAR. ASSOCIAZIONI SENZA FINI DI LUCRO: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZ. IN ABBON. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DCB PADOVA

Unione Cristiana Imprenditori DirigentiPresidenza Nazionale - Via Di Trasone 56/58, 00199 RomaTel 06 86323058 - fax 06 86399535 - e.mail: [email protected]

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Ancona Ascoli Piceno-S.Benedetto

AstiBellunoBergamoBiellaBolognaBresciaBrescia-

ManerbioBrescia -

Valle CamonicaBusto Arsizio-

Valle OlonaAlto Milanese

CaltanissettaCasale

MonferratoCatanzaroCivitavecchiaComoConversano

MonopoliCosenzaCremonaFermoFerrara

FidenzaFirenzeForlí-CesenaFrosinoneGenovaGorizia-

MonfalconeLa SpeziaLatinaLeccoLodiMacerataMantovaMateraMilanoModenaMonzaNapoliNovaraPadovaPalermoParmaPaviaPesaroPiacenzaPordenonePotenzaRavenna

Reggio CalabriaReggio EmiliaRiminiRomaRovigoSalernoSan MarinoSavonaSondrioTeramoTigullioTivoliTolmezzoTorinoTrani-BarlettaTrentoTreviglioTriesteUdineUgentoVareseVeneziaVercelliVeronaVibo ValenziaVicenzaVigevano

Le Sezioni Provinciali e Diocesane

17 Gruppi Regionali75 Sezioni Provinciali e Diocesane4.000 Soci

Gruppo Regionale LombardoGruppo Interregionale Piemonte e Valle d’AostaGruppo Regionale LigureGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Trentino Alto AdigeGruppo Regionale Friuli Venezia Giulia Gruppo Regionale Emiliano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale UmbroGruppo Regionale del LazioGruppo Regionale MarchigianoGruppo Regionale CampanoGruppo Regionale BasilicataGruppo Regionale Abruzzo MoliseGruppo Regionale PugliaGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale Siciliano

I Gruppi Regionali

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