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TRIBUNABIOLOGICAE MEDICA ANNO 10 - VOL.10 - N. 1-2 21 I. L’URANIO IMPOVERITO I.1.Che cos’è l’uranio impoverito L’uranio è un metallo pesante di colore bianco argenteo, duttile e malleabile presente in piccole quan- tità nelle rocce, nel sottosuolo, nell’acqua e perfino nel cibo. In natura si trova per lo più sotto forma di mine- rali d’uraninite o pechblenda di colore nerastro con una lucentezza simile alla pece, oppure sotto forma di carnotite o ortovanadato d’uranile o potassio. Nella sua forma “naturale” è composto di quattro isotopi: U-234, U-235, U-236, U-238. La percentuale della con- centrazione degli isotopi U-234 e U-236 è pressoché insignificante 1 , mentre gran parte dell’uranio è costi- tuito da U-238 (99,7%), e da U-235 (0.7%). Per utilizzare l’uranio nei reattori nucleari, come carburante, o nelle industrie fabbricanti armi nucleari, vengono instaurati due processi d’arricchimento, gra- zie all’apporto degli isotopi fissili U-234 e U-235, chia- mati rispettivamente, propagazione gassosa e metodo centrifugo. Prima di attivare entrambi, l’uranio viene trasformato da ossido (U 3 O 8 ) in esafluoruro (UF 6 ); una volta effettuata questa operazione, l’esafluoruro viene diviso in due parti e l’U-235 si diffonde, in maniera selettiva, da una parte all’altra finendo per arricchire la sua percentuale presente in una di esse (dallo 0,7 % si passa al 3,2-3,6 %), mentre l’altra risulta ridotta o impoverita nella sua percentuale di U-235. 2 Il sottoprodotto derivato, noto come “uranio impove- rito”(UI), si presenta nella forma d’esafluoruro con una percentuale ridotta dallo 0,7 % allo 0,2 % di U- 235, ed è un materiale di scarto molto tossico e radioat- tivo, composto per il 99 % dall’isotopo U-238. La sua enorme affinità con l’acqua, permette di otte- nere alcuni prodotti molto solubili, ma allo stesso tempo nocivi, come il fluoruro d’uranio (UO 2 F 2 ) e il fluoruro d’idrogeno (HF). Si può ricavare l’uranio impoverito anche dal riprocessamento del combustibile nucleare esaurito, ovvero dalle scorie dei reattori nucleari. Queste contengono tracce d’U-236, un isotopo dell’uranio, ed elementi transuranici come il nettuno il plutonio, l’americio e il tecnezio 99 (quest’ultimo deri- vato dalla fissione nucleare), non presenti in natura e particolarmente cancerogeni per l’uomo e l’ambiente. 3 E’ utile però, per un ulteriore chiarimento dei pro- cessi che portano alla formazione d’uranio impoveri- to, accennare al ciclo del combustibile dei reattori nucleari; quest’ultimo, infatti, risulta composto da varie fasi che vanno dal reperimento dei materiali nucleari, fino all’immagazzinamento finale dei pro- dotti di fissione (scorie nucleari), con possibilità di ricicli interni. Ad una fase cosiddetta “fredda”, del ciclo, in cui si prevede l’ingresso del combustibile nel reattore, segue una fase distinta “calda”, riguardante il riprocessamento e lo smaltimento delle scorie radio- attive, ovvero del combustibile nucleare esaurito. Nella prima fase del ciclo freddo avviene l’estrazione del minerale e la sua concentrazione sotto forma d’ot- tassido d’uranio o uranato ammonico (U 3 O 8 detto anche“yellow cake”), il quale viene in seguito purifi- cato e convertito in UF 6 (esafluoruro d’uranio, compo- sto gassoso dell’uranio, necessario per la successiva fase d’arricchimento). Nel processo successivo d’arricchimento s’ottiene UF 6 impoverito (0,20-0,30% in U-235), oltre a esafluo- ruro d’uranio arricchito nell’isotopo U-235, il quale viene ridotto in forma metallica e quindi, scaricato ed immagazzinato. Nelle successive fasi del combustibile L’impiego bellico dell’uranio impoverito: dalla guerra del Golfo ai Balcani Anno Accademico 2001/2002. Tesi di Laurea in Studi Stategici. Università degli studi di Firenze, Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri”. Corso di Laurea in Scienze Politiche Relatore: Professor Luciano Bozzo; candidato: Michele Ricci ANTOLOGIA TEMATICA SU URANIO IMPOVERITO (DU) 1 Composizione isotopica dell’uranio naturale e di quello impoverito in percentuale atomica fonte: Depleted Uranium Education Project-International Action Center, Metal of Dishonor-How the Pentagon Radiates Soldiers and Civi- lians, New York, 1997, trad.it, Il metalllo del disonore- Che cos’è l’uranio impoverito, Trieste, Asterios, 2001, p.175, (1a ediz.1999) 2 La concentrazione dell’isotopo U-235 all’interno dell’uranio arricchito varia tra il 2-3% (per gli impianti nucleari) e il 90% (per usi militari). 3 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.who.int/int-fs/en/fact257.html U-234 U235 U-236 U-238 Uranio naturale 0,0055 0,7196 0,0000 99,2749 Uranio Impoverito 0,0008 0,2015 0,0030 99,7947

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L’impiego bellico dell’uranio impoverito: dalla guerra del Golfo ai Balcani

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TRIBUNABIOLOGICAE MEDICAANNO 10 - VOL.10 - N. 1-2 21

I. L’URANIO IMPOVERITO

I.1.Che cos’è l’uranio impoverito

L’uranio è un metallo pesante di colore biancoargenteo, duttile e malleabile presente in piccole quan-tità nelle rocce, nel sottosuolo, nell’acqua e perfino nelcibo. In natura si trova per lo più sotto forma di mine-rali d’uraninite o pechblenda di colore nerastro conuna lucentezza simile alla pece, oppure sotto forma dicarnotite o ortovanadato d’uranile o potassio. Nellasua forma “naturale” è composto di quattro isotopi:U-234, U-235, U-236, U-238. La percentuale della con-centrazione degli isotopi U-234 e U-236 è pressochéinsignificante1, mentre gran parte dell’uranio è costi-tuito da U-238 (99,7%), e da U-235 (0.7%).

Per utilizzare l’uranio nei reattori nucleari, comecarburante, o nelle industrie fabbricanti armi nucleari,vengono instaurati due processi d’arricchimento, gra-zie all’apporto degli isotopi fissili U-234 e U-235, chia-mati rispettivamente, propagazione gassosa e metodocentrifugo. Prima di attivare entrambi, l’uranio vienetrasformato da ossido (U3O8) in esafluoruro (UF6);una volta effettuata questa operazione, l’esafluoruroviene diviso in due parti e l’U-235 si diffonde, inmaniera selettiva, da una parte all’altra finendo perarricchire la sua percentuale presente in una di esse(dallo 0,7 % si passa al 3,2-3,6 %), mentre l’altra risultaridotta o impoverita nella sua percentuale di U-235.2

Il sottoprodotto derivato, noto come “uranio impove-rito”(UI), si presenta nella forma d’esafluoruro conuna percentuale ridotta dallo 0,7 % allo 0,2 % di U-235, ed è un materiale di scarto molto tossico e radioat-tivo, composto per il 99 % dall’isotopo U-238.

La sua enorme affinità con l’acqua, permette di otte-n e re alcuni prodotti molto solubili, ma allo stessotempo nocivi, come il fluoru ro d’uranio (UO2F2) e ilf l u o ru ro d’idrogeno (HF). Si può ricavare l’uranioimpoverito anche dal riprocessamento del combustibilen u c l e a re esaurito, ovvero dalle scorie dei re a t t o r inucleari. Queste contengono tracce d’U-236, un isotopodell’uranio, ed elementi transuranici come il nettuno ilplutonio, l’americio e il tecnezio 99 (quest’ultimo deri-vato dalla fissione nucleare), non presenti in natura eparticolarmente cancerogeni per l’uomo e l’ambiente.3

E’ utile però, per un ulteriore chiarimento dei pro-cessi che portano alla formazione d’uranio impoveri-to, accennare al ciclo del combustibile dei reattorinucleari; quest’ultimo, infatti, risulta composto davarie fasi che vanno dal reperimento dei materialinucleari, fino all’immagazzinamento finale dei pro-dotti di fissione (scorie nucleari), con possibilità diricicli interni. Ad una fase cosiddetta “fredda”, delciclo, in cui si prevede l’ingresso del combustibile nelreattore, segue una fase distinta “calda”, riguardanteil riprocessamento e lo smaltimento delle scorie radio-attive, ovvero del combustibile nucleare esaurito.Nella prima fase del ciclo freddo avviene l’estrazionedel minerale e la sua concentrazione sotto forma d’ot-tassido d’uranio o uranato ammonico (U3O8 dettoanche“yellow cake”), il quale viene in seguito purifi-cato e convertito in UF6 (esafluoruro d’uranio, compo-sto gassoso dell’uranio, necessario per la successivafase d’arricchimento).

Nel processo successivo d’arricchimento s’ottieneUF6 impoverito (0,20-0,30% in U-235), oltre a esafluo-ruro d’uranio arricchito nell’isotopo U-235, il qualeviene ridotto in forma metallica e quindi, scaricato edimmagazzinato. Nelle successive fasi del combustibile

L’impiego bellico dell’uranio impoverito: dalla guerra delGolfo ai BalcaniAnno Accademico 2001/2002. Tesi di Laurea in Studi Stategici. Università degli studi di Firenze, Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri”. Corso di Laurea in Scienze Politiche

Relatore: Professor Luciano Bozzo; candidato: Michele Ricci

ANTOLOGIA TEMATICA SU URANIO IMPOVERITO (DU)

1Composizione isotopica dell’uranio naturale e di quello impoverito in percentuale atomica

fonte: Depleted Uranium Education Project-International Action Center, Metal of Dishonor-How the Pentagon Radiates Soldiers and Civi-lians, New York, 1997, trad.it, Il metalllo del disonore- Che cos’è l’uranio impoverito, Trieste, Asterios, 2001, p.175, (1a ediz.1999)2 La concentrazione dell’isotopo U-235 all’interno dell’uranio arricchito varia tra il 2-3% (per gli impianti nucleari) e il 90% (per usi militari).3 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.who.int/int-fs/en/fact257.html

U-234 U235 U-236 U-238

Uranio naturale 0,0055 0,7196 0,0000 99,2749Uranio Impoverito 0,0008 0,2015 0,0030 99,7947

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n u c l e a re, si passa allo stadio di fabbricazione dell’ele-mento vero e proprio di combustibile, che compre n d ela conversione dell’esafluoru ro arricchito a diossidod’uranio (UO2), la pastigliatura di quest’ultimo, la fab-bricazione della barretta di combustibile e il suoassemblaggio finale; questo combustibile dopo esserestato impiegato nei reattori, viene scaricato e immagaz-zinato in piscine per il suo raff re d d a m e n t o .

A questo punto, il materiale ottenuto subisce untrattamento per la scomposizione nei suoi diversi com-ponenti, da cui s’ottengono rifiuti radioattivi, (i qualipassano alla fase di trattamento e sconfinamento), plu-tonio (che può essere riciclato nei reattori come mate-riale combustibile fissile, oppure utilizzato per scopimilitari), e uranio lievemente arricchito (che può essereanch’esso riciclato per recuperarne la quota d’U-235).4

Aseconda, quindi, del processo d’arricchimento cheha portato alla produzione, come scarto, d’UI, ovverodell’utilizzo o meno del materiale proveniente dal rici-clo del combustibile nucleare esaurito (ripro c e s s a m e n-to), si ottengono due composizioni diverse dell’uranioimpoverito; infatti nel caso in cui quest’ultimo derividagli scarti della preparazione del combustibile nuclea-re (processo d’arricchimento), non si troverà al suointerno né U-236, né Pu-239, purché in questo pro c e d i-mento sia utilizzato come materia prima dell’uranio“ f resco”, proveniente soltanto dal processo d’estrazionee di lavorazione dell’uranio naturale; se invece, l’UI è ilresiduo di un processo d’arricchimento che adoperacome materia prima anche dell’uranio proveniente dalr i p rocessamento, ovvero del riciclaggio del combustibi-le nucleare esaurito degli impianti nucleari, allora que-sti nuclidi possono essere presenti all’interno dell’UI.

Il primo tipo d’UI viene solitamente chiamato “puli-to”, (ma in quanto pulito, non è detto che non sia peri-coloso), mentre il secondo, “sporco”. Quello “pulito”,non è altro che il prodotto di un ciclo del combustibilen u c l e a re, nel quale non c’è possibilità che, a causa diriciclo interno, i prodotti di fissione ed i nuclidi transu-ranici, generati durante l’utilizzo del combustibileall’interno dei reattori, siano presenti nell’UI. Quando,invece, viene effettuato questo riciclo, allora la parte“calda” e contaminata, del ciclo del combustibile (dopol’uso di quest’ultimo nel re a t t o re), ha effetti re t roattivi edi contaminazione anche sulla parte “fredda” del ciclo.

L’uranio impoverito “pulito” conserva circa il 60%della radioattività dell’uranio naturale e contiene peruna percentuale dell’80% l’isotopo U-238, mentre quello

“ s p o rco” mantiene una radioattività pari all’80% rispet-to a quella dell’uranio naturale e contiene al suo internoil 52% dell’isotopo U-238 e numerosi nuclidi figli.5

L’uranio impoverito ha una emivita (o tempo didimezzamento) di circa 4,5 miliardi di anni e il suop rocesso di decadimento genera alcuni isotopi secon-dari come il torio 234 (Th-234), il protoattinio 234 (Pa-234), e l’U-234 importanti per determinarne la radioat-tività (vedi tab.1). Questi, infatti, sono in grado die m e t t e re particelle radioattive di tipo beta (come il Th-234) di tipo gamma (come il Pa-234 e, in misura mino-re, l’U-238 ), e di tipo alfa (come l’U-234 e l’U-238).Data la scarsità di presenza dell’U-234 e dell’U-235,l’attività alfa dell’UI è molto inferiore rispetto a quelladell’uranio naturale (circa il 43 % in meno); è per que-sto motivo che viene considerato come un materialecon una radioattività “low level“, cioè di basso livello,rispetto a quella dell’uranio nella sua forma naturale(la diff e renza è circa il 40%).

Il processo di decadimento dell’uranio intere s s asolo una percentuale minima degli atomi dell’elemen-to; per fare un esempio, un grammo d’U-238 impiega4,5 miliardi d’anni per trasformarsi in _ grammo d’U-238 e in _ grammo di piombo. Nel corso di questo pro-cesso, l’atomo che decade emette energia in tre formepossibili (a parte il calore): raggi alfa, beta e gamma,generando nuovi prodotti di decadimento, che conti-nuano a formarsi mano a mano che nuovi atomi d’U-238 decadono; come risultato finale di questo pro c e d i-mento, si ha la completa trasformazione dell’uranio inpiombo. Il torio (Th-234) e il protoattinio (Pa-234),come visto emettitori di raggi beta e gamma, a causadella breve durata del loro tempo di dimezzamento,(rispettivamente di 24,1 giorni e 1,17 minuti) mostranola stessa attività dell’uranio; per questo motivo le pol-veri, così come i resti dei proiettili inesplosi, costitui-scono un rischio radiologico non marginale nel casod’esposizione esterna.6

Se analizziamo le particelle di tipo alfa, vediamoche hanno un’energia estremamente alta e molto ioniz-zante (cioè capace di emettere spontaneamente unag rossa quantità di particelle), che genera la distru z i o n edelle cellule dei tessuti interni contaminati, in misuram a g g i o re rispetto alle particelle di tipo gamma e beta7.Anche se gran parte delle radiazioni più penetrantiderivano dai prodotti di decadimento dell’U-238 (sistima che in un anno, un milionesimo di grammop roduca più di un miliardo di particelle di tipo alfa,

4 Si può anche ipotizzare che un ciclo termini direttamente con il confinamento degli elementi di combustibile esauriti, eliminando quindi,la fase di trattamento, nonché rinunciando ad utilizzare l’uranio residuo e il plutonio prodotto.

5 M. Zucchetti, Caratterizzazione dell’Uranio Impoverito e pericolosità per inalazione, Giano, n.36 settembre/dicembre 2000, pp.33-44.

6 Ibidem

7 Bisogna considerare che un raggio gamma emesso dal Pa-234, è dotato di una capacità di penetrazione maggiore rispetto ad in tipicoraggio X da radiografia, e può quindi danneggiare un u numero molto superiore di cellule, mentre le numerose particelle beta emessedallo stesso isotopo sono dotate di una particolare capacità di penetrazione dei tessuti (secondo i dati sperimentali di Gofman, ciascuna diqueste particelle è in grado d’attraversare oltre 500 cellule). Per ulteriori chiarimenti, vedi J.W.Gofman, Radiation-Induced Cancer fromLow-Dose Exposure: an Indipendent Analysis, Committee for Nuclear Responsability Inc., Book Division, P.O. Box 11207, San Francisco,CA, 1990, capp.32-33 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit. p.178).

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beta e gamma), l’UI è principalmente un emettitoredi particelle alfa di difficile determinabilità (la suar i c e rca con il contatore di Geiger è praticamente inu-tile), che lo rende facilmente confondibile con l’ura-nio diffuso in natura. Una volta emesse, le particellealfa agiscono solo a breve distanza, risultando piùpericolose per la salute, dopo il contatto con il corpoumano. Le radiazioni alfa, sono innocue se la sorg e n-te si trova all’esterno dell’organismo, mentre diven-tano un forte agente mutageno, se emesse al suointerno. In radioprotezione il coefficiente di rischio

di questo tipo di radiazioni è considerato dop-piamente superiore a quello dei neutroni velo-ci, e 20 volte superiore a quello delle radiazio-ni beta e gamma.Vista la bassa intensità d’emissione di raggigamma, l’UI è in pratica un emettitore diradiazioni di tipo alfa, la cui quantità è funzio-ne della superficie, poiché il numero delle par-ticelle alfa che riesce a sfuggire alla piccolamassa d’uranio impoverito ingerita e inalata,dipende dalle dimensioni del frammento, mapiù precisamente del rapporto superfi-cie/volume. In altri termini, quando il volumeè piccolo (e quindi la superficie per unità divolume più grande), allora è più facile per leparticelle alfa emesse fuoriuscire da questoframmento ed andare ad irradiare un org a n o ;quindi più l’UI si trova in forma di polvere equindi in forma d’ossido quasi “molecolare ” ,più è efficace nel somministrare dosi radiolo-giche al soggetto esposto che lo abbia fattoa c c e d e re all’interno del proprio organismo. Lap resenza, inoltre, di solventi come l’acqua,permette di facilitare il passaggio dell’uranioda insolubile ad insolubile, facilitando i pro-cessi citati e la complessazione degli atomid’uranio in particelle più grandi.8

La piroforicità dell’UI, ovvero la sua caratteri-stica di bru c i a re spontaneamente a temperatu-ra ambiente e in presenza di aria, ossigeno eacqua, ne facilita la trasformazione in aero s o ldi particelle di ossido d’uranio, dopo l’impat-to sul bersaglio, una volta raggiunte tempera-t u re superiori al punto di fusione e d’ebolli-zione (sopra i 3000° C); a causa di queste tem-perature, i proiettili all’UI prendono fuoco facil-mente contro un bersaglio resistente, come adesempio una corazza armata, generando unapolvere, (di dimensioni d’alcuni micron), d’os-sidi d’UI (UO2 o UO3 e U2O3), tendenzialmen-te insolubili, che si disperde e si deposita nel-

l’ambiente circostante. A certe condizioni, quindi, l’attrito di un pro i e t t i l e

penetrante la corazza di un carro armato, è in gradodi generare energia per un’esplosione; questa frizio-ne fa infiammare l’uranio contenuto all’interno delp roiettile, trasformando il veicolo colpito, in unacamera a gas, nonché aumentandone il potenzialed i s t ruttivo. E’ stato visto da un rapporto dell’AEPI,che “quando un penetratore di UI colpisce un carro arma -to, esso può trasformarsi in aerosol anche per una pro p o r -zione del 70 % “9, (l’impatto di un penetratore all’ura-nio impoverito di calibro 120 mm contro un bersaglio

Isotopo Nella trasformazione Tempo di dimezzamentoemette

Uranium 238 4,5 bilioni di anniAlpha

Thorium 234 24,1 giorniBeta/Gamma

Protactinium 234 1 minutoBeta/Gamma

Uranium 234 245.000 anniAlpha/Gamma

Thorium 230 76.000 anniAlpha/Gamma

Radium 226 1.600 anniAlpha/Gamma

Radon 222 3,8 giorniAlpha

Polonium 218 3 minutiAlpha

Lead 214 27 minutiBeta/Gamma

Bismuth 214 20 minutiBeta/Gamma

Polonium 214 160 microsecondiAlpha

Lead 210 22 anniBeta/Gamma

Bismuth 210 5 giorniBeta/Gamma

Polonium 210 138 giorniAlpha

Lead 206

N.B.: Gli isotopi descritti sono radioattivi tranne il Piombo-206 (in inglese Lead),che è stabilefonte: Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, PrevenzioneTumori, giugno 2002, p.19.

Tabella 1. Catena di decadimento dell’isotopo U-238.

8 D. Ribera, F. Labrot, G. Tisnerat e J-F. Narbonne, Uranium in the Environment: Occurrence, Transfer and Biological Effects, Rev. Environ.Contam. Toxicol., n.146, 1996, pp.53-89 (citato da M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S.Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientali ed effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica eMedica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.30).

9 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army:Technical Report, giugno 1994, p.78 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.174).

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corazzato libera una quantità di polvere radioattivacompresa tra 0,9 e 3 kg). Secondo, invece, stime dialcuni comandanti dell’esercito americano, quandol’UI viene sparato a velocità elevata contro una coraz-zatura, brucia per il 10 %, formando particelle del dia-metro di alcuni micron, le quali possono essere ingeri-te o inalate (questa polvere si presenta o di colore neroopaco o di colore oro nerastro o verde nerastro).10

L’uranio, può anche prendere fuoco, generandoaerosol di particelle d’ossido d’uranio, riscaldandosinell’aria ad una temperatura oscillante tra i 400 e i500° C, andando incontro ad una lenta combustionecapace di trasformarlo rapidamente in diossido di car-bonio e azoto, un composto insolubile ceramico ditipo Y, simile alla silice; esempi di tali fenomeni sonostati illustrati da alcuni studi sugli effetti degli incendidei depositi d’armi all’UI.11

Tra le altre caratteristiche, bisogna segnalare l’ele-vata densità, (circa 1,7 volte maggiore di quella delpiombo) che rende più efficace la penetrazione dellecorazze dei carri armati, la quale risulta proporzionaleall’intensità dell’impatto con questo tipo di superfici,nonché la resistenza alla trazione. Nonostante il suoelevato peso specifico (1 litro in volume pesa circa 19kg, circa 2 volte il piombo e 20 volte l’acqua), l’uranioimpoverito, dopo essersi ridotto in frammenti micro-scopici si deposita sul terreno sotto forma di polvere(ossidi), ma può tornare in sospensione nell’aria, gra-zie all’azione dei venti, con l’attività dei mezzi di tra-sporto e con le attività pastorali e agricole che com-portano sollevamento di polveri (come ad esempiol’aratura e il passaggio di mandrie); in queste condi-zioni, l’UI continua a rimanere potenzialmente inala-bile da parte di uomini e animali non protetti che sitrovino nelle vicinanze del punto iniziale d’impatto.In questi casi, quindi, esso può essere inalato anche aconsiderevole distanza da questo punto d’impatto,nonché a distanza di tempo, anche se in quantità

minori e con minore probabilità che ciò avvenga.12

A questo proposito uno studio del 1992 effettuatodall’US Army Ballistics Research Laboratory, asserivache “date la massa e la densità che le caratterizzano, le par -ticelle di UI sospese nell’aria, si spostano solo per brevidistanze. Questi due fattori precludono il trasporto adistanza dell’UI.“ 13 Quest’affermazione non è vera perle particelle d’UI e per i suoi ossidi di piccolissimedimensioni, i quali possono essere trasportati dalvento per distanze d’alcuni chilometri. Nel 1976 fucalcolato che le particelle potessero coprire distanze di8 Km14, dato confermato nel 1979 con la scoperta ditracce d’UI nella città di Albany situata nello stato diNew York, provenienti dalla National Lead Industries,distante 16 Km dalla cittadina stessa.15 In seguito,un’analisi condotta dallo Knolls Atomic Power Labo-ratory su sedici filtri per l’aria provenienti da tre sitidiversi, tutti situati a 42 Km dall’impianto industrialesopramenzionato, rilevò tracce di UI (tuttora si consi-dera che questa non sia la massima distanza raggiun-gibile).

Come possono delle particelle di questa densità,rimanere sospese in aria per lungo tempo ed esseretrasportate dal vento per ragguardevoli distanze?Secondo il fisico americano Leonard Dietz, “la legge diStokes16 ci fornisce un’accurata ed esauriente spiegazionescientifica del modo in cui una particella d’UI d’alcunimicron riesca a restare sospesa in aria per diverse ore.” 17

Questa è valida per tutte le particelle di dimensionirespirabili (di diametro uguale o inferiore ai diecimicron) mentre la loro forma irregolare, influenza lavelocità di caduta, a parità di peso e densità equiva-lenti. Quelle di dimensioni uguali o inferiori ad unmicron, tendono facilmente a sospendersi nell’aria e arimanervi per periodi molto lunghi.

Il raggio d’azione (o fallout) delle particelle puòessere accentuato da due fattori, come l’attrito dell’a-ria o l’emissione di una particella alfa da parte dell’a-

10 “Deadly Fire”, rapporto trasmesso per il programma Dateline dalla National Broadcasting Co. (NBC TV), 22 febbraio 1994.

11 J. Mishima, M.A. Parkhurst, e D.E. Hadlock, Potential Behaviour of Depleted Uranium Penetrators under Shipping and Bulk StorageAccident Conditions, Battelle Pacific Northwest Laboratory, Richland, WA, Report PNL-5415, marzo 1985, p.138 (citato da Depleted Ura-nium Education Project-International Action Center, op.cit., p.174).

12 M.H Ebinger, P.L Kennedy, O.B. Myers, W. Clements, H.T. Bestgen e R.J. Beckman, Long-Term Fate of Depleted Uranium at Aberdeenand Yuma Proving Ground, Phase II: Human Health and Ecological Risk Assessment, LA-13156-MS (1996), Los Alamos National Labora-tory, New Mexico 87545, USA. Questo documento è disponibile all’indirizzo web, www.osti.gov/servlets/purl/385569-Hkghzi/web-viewable/385569.pdf

13 U.S. Department of Energy, Nevada Field Office, Environmental Assessment for the Depleted Uranium Testing Program at the NevadaTest Site by the United States Army Ballistics Research Laboratory, Report No.NV-89-06, Las Vegas, Nevada, marzo 1992 (citato da Deple-ted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.179).

14 D.A. Dahl, L.J. Johnson, Aerosolized U and Be from LASLDynamic Experiments, LA-UR-77-681 (1977), Los Alamos National Labora-tory, New Mexico 87545, USA, p.2 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.179).

15 L.A. Dietz, Investigation of Excess Alpha Activity Observed in Recent Aur Filter Collections and Other Environmental Samples,CHEM-434-LAD, rapporto tecnico non classificato, Knolls Atomic Power Laboratory, Schenectady, NY 12301, 24 gennaio 1980, p.7 (citatoda Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.175).

16 Questa legge fisica, nota tra gli scienziati e gli ingegneri che studiano la dinamica dei fluidi, è stata formulata tra il 1846 e il 1851 daGeorge Stokes, e si trova enunciata in tutti i manuali che trattano di dinamica dei fluidi.

17 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.181.

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tomo dell’uranio. Entrambi, infatti, tendono a caricarlee l e t t rostaticamente secondo due processi diversi. Laparticella alfa, attraversando la superficie d’ossido d’u-ranio provoca l’emissione di numerosi elettroni secon-dari che, distaccandosi, lasciano caricata positivamentela particella d’ossido d’uranio. Questa verrà attratta dauna particella di polvere di carica opposta e si unirà adessa, così che nel complesso la densità media delle dueparticelle risulti inferiore a 11 grammi per centimetrocubico, pari a quella del piombo, e minore della den-sità dell’uranio metallico pari a 19 grammi per centi-m e t ro cubico dell’uranio metallico, contribuendo ada u m e n t a re il raggio d’azione delle particelle d’UI. L’ a-zione del vento, invece, unita ad altre forze d’attritodell’aria, rimuove le particelle di sabbia e di polveredel suolo, che, attaccatesi a quelle d’UI, rimangonosospese in aria per spostarsi poi verso luoghi lontani1 8

( l ’ e s t rema sottigliezza della sabbia del deserto delGolfo Persico, è stata una delle componenti fondamen-tali dell’aerotrasporto di queste particelle).

Le svariate applicazioni dell’uranio impoverito nelmondo attuale, sono una conseguenza della sua estre-ma duttilità, e, se si considera l’enorme economicità(in quanto materiale di scarto nella produzione dibombe nucleari), la disponibilità in grandi quantitativie la sua facile reperibilità da parte dei fabbricanti diarmi (ai quali spesso viene ceduto gratuitamente), nonc’è da meravigliarsi della sua grossa diffusione inmolti paesi. Gli Stati Uniti hanno una scorta di 704.000tonnellate di esafluoruro d’UI contenute in circa57.600 appositi cilindri d’acciaio depositati in tre stabi-limenti diversi dove vengono effettuati processi diarricchimento dell’uranio attraverso la propagazionegassosa, localizzati a Portsmouth nell’Ohio, a Paducahnel Kentucky e nella riserva di Oak Ridge nel Tennes-see (ogni cilindro è capace di contenere 12,7 tonnellatedi UI sotto forma di esafluoruro). Tra di essi, almeno11.200 sono stati consegnati al Dipartimento dell’Ener-gia statunitense, da parte della United States Enrich-ment Corporation, che in precedenza si occupavadella gestione di questo materiale, passato ora allacompetenza del primo, grazie ad una serie d’accordi.In Europa, vi sono circa 30 tonnellate di residui d’UI,depositati presso gli stabilimenti della Uranium Enri-chment Company (URENCO), localizzati in Gran Bre-tagna, nei Paesi Bassi, in Germania e presso altri quat-tro impianti d’arricchimento dell’uranio, che lavoranoper questa compagnia, situati in Russia, rispettiva-mente nelle città di Ekaterinburg, Tomsk, Krasnoyar-sk, e Angarsk.

Almeno una ventina di altri paesi sono in possessodi armi contenenti questo materiale. La lista è abba-stanza lunga e include paesi (come Israele, Pakistan,Cina), che, vista la loro situazione sul piano interna-zionale, potrebbero minacciarne l’uso in futuri conflit-ti, con conseguenze negative sia sul piano delle rela-zioni, sia su quello, più importante, dell’ecosistemamondiale.

I.2.Come è utilizzato

I.2.1.Utilizzo in ambito civileL’uso dell’uranio impoverito in quest’ambito è col-

legato ad alcune sue caratteristiche precedentementeriscontrate, quali l’elevata densità e il basso costo. Inambito medico l’UI viene fuso e poi rimodellato percercare di sfruttare le sue capacità d’assorbimento, eviene quindi utilizzato come materiale per la scherma-tura delle radiazioni degli isotopi biomedici (in parti-colare raggi gamma), quali le bombe a cobalto, cosìcome nei calorimetri e nelle fotocamere usate per fareradiografie, mentre sin dagli anni ’40, s’impiega siauranio impoverito sia uranio nella sua forma naturalenelle porcellane dentali di torio. In mineralogia, èstato utilizzato nelle macchine trivellatrici, nelle appa-recchiature impiegate nell’escavazione dei pozzipetroliferi e nei pesi usati per fare affondare strumentiall’interno dei pozzi pieni di fango, ma in particolarenella costruzione di pozzi geologici per lo smaltimen-to del carburante nucleare esaurito. In questo caso l’UIviene isolato rispetto alla biosfera, fino a che le sostan-ze radioattive contenute al suo interno non decadonoa livelli di sicurezza, grazie a queste apposite costru-zioni collocate sottoterra ad una profondità di circa200-300 metri, che riescono ad evitare la fuoriuscita disostanze in grado di contaminare l’ambiente circostan-te.19 E’ stata inoltre costatata la presenza d’uranioimpoverito nei rotori20 giroscopici ad alte prestazioni(nei sistemi guida dei missili balistici), negli yacht avela da competizione (come materiale usato per le chi-glie), e addirittura in ambito sportivo nelle teste d’al-cune mazze da golf.21

Una notevole diffusione si è avuta in ambito aero-spaziale come contrappeso e per le superfici di con-trollo degli aerei (si calcola che ogni aereo del tipoBoeing 747 contenga mediamente 1500 kg d’UI), ecome contrappeso negli elicotteri e nelle navi. Grazieinfatti alla sua densità, l’uranio riesce a concentrareuna massa significativa in una piccolo spazio, mentre

18 U.S. Atomic Energy Commission, Nevada Operations Office, Enewetak Radiological Survey, Report NVO-140. vol.1, Las Vegas, Nevada,ottobre 1973, pp.507-523 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.184).

19 Anonimo, “Uranio impoverito-Utilizzo in campo civile e militare”, disponibile sul sito web, www.uranioimpoverito.it/utilizzo.htm, eAnonimo, “Repository Applications: Potential Benefit of Using Depleted Uranium (DU) in a Geological Repository”, e “Radiation ShieldingApplications”, disponibili sul sito web, http://web.ead.anl.gov/uranium/mgmtuses/duuses

20 Organo sostentatore degli elicotteri, costituito da due o più pale, di notevole lunghezza, con sezione a profilo alare.

21 Prima d’essere utilizzato nel settore nucleare, i sali d’uranio venivano impiegati per la colorazione del vetro, per la vetrificazione dellaceramica e nei processi fotografici.

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nei contrappesi degli ascensori, dei carrelli elevatori, edelle gru, esso viene usato come sostituto del piombo,per guadagnare spazio utile all’inserimento di ulterio-ri componenti. Inoltre i contrappesi all’UI possonoessere utilizzati per compensare il consumo di carbu-rante o per spostare i carichi delle navi mercantili.22

L’incidente accorso proprio ad un Boeing 747 diproprietà della compagnia israeliana El Al, in cui per-sero la vita quarantatrè persone, ha approfondito alcu-ni aspetti del suo impiego. Dopo un anno dall’inci-dente, avvenuto il 4 ottobre 1992 in Olanda, e più pre-cisamente ad Amsterdam, la Laka Foundation, centrodi documentazione e di ricerca sull’energia nucleare,dichiarò pubblicamente che l’aereo conteneva con-trappesi in uranio impoverito.23 Quest’asserzione èstata confermata da una pubblicazione di PaulLoewenstein, ex direttore tecnico e vicepresidentedella società statunitense Nuclear Metals Inc., fornitri-ce d’UI per la Boeing. In uno degli articoli, si legge chei contrappesi sono usati nel controllo aerodinamico diaeroplani, razzi, elicotteri, per tenerne fisso il centro digravità. Un’alta densità è essenziale per mantenereridotte le dimensioni del contrappeso in confronto conquelle delle superfici di manovra del profilo alare.L’UI è un materiale particolarmente indicato per que-sto genere d’applicazione e, in molti velivoli civili emilitari, si utilizzano contrappesi in uranio.24

Come esempio, viene citato proprio il Boeing 747,che secondo i dati forniti dal produttore nel periodo incui venne scritto l’articolo, conteneva un totale stan-dard di 1500 kg di uranio impoverito (immediatamen-te dopo l’incidente, questo dato venne smentito aper-tamente dalla stessa azienda e dalla compagnia El Al,che dichiarò la presenza di solo 380 kg di materiale abordo dell’aereo); altre pubblicazioni asserivano che,materiale contenente UI, usato come componente peril controllo di volo, si trovava anche nel timone dicoda e nelle ali degli aerei.25 Lo studio della Laka haposto l’accento sui rischi clinici in cui incorrevano gliabitanti delle zone vicine all’incidente (ancora oggimolti dettagli dell’accaduto rimangono poco chiari),mentre, in condizioni normali, ovvero senza incidenti,l’impiego dell’UI in quest’ambito, non ha riscontratoparticolari problemi. Gli appositi spazi preposti alla

sua custodia, non permettono, infatti, alle radiazionidi contaminare l’ambiente circostante, e soprattuttonon provocano eventuali esplosioni, da cui derivereb-bero i pericoli maggiori per la salute umana.

Nel 1999 gli Usa, e in particolare il Department ofE n e rgy (DOE), ha elaborato programmi strategici alter-nativi per una migliore gestione a lungo termine e perun impiego più efficiente dell’UI depositato lungo ilterritorio statunitense. Da questi studi è scaturita una“ P rogrammatic Environmental Impact Statement”(PEIS), base di un conseguente Documento di Decisio-ne, in cui veniva preannunciata l’immediata trasforma-zione delle ingenti scorie d’UI in una forma chimica piùstabile adatta ad eventuali impieghi in ambiti diversifi-c a t i . Sospinto dai desideri dell’ambiente politico e del-l’opinione pubblica, che vedevano nel rapido instaurar-si di questo procedimento di conversione un beneficiosocioeconomico importante per tutta la nazione, il DOEè giunto a questa conclusione, intraprendendo in segui-to un Programma di Sviluppo e di Ricerca sull’UranioImpoverito, con l’intento di indagare sui benefici e suirischi connessi ai suoi impieghi. 2 6

E’ stato quindi utilizzato UI, sia come materiale perla schermatura delle radiazioni nucleari, sia comecatalizzatore per la distruzione di sostanze che inqui-nano l’aria (alcalini, composti aromatici, compostiorganici di cloruro), sia nella fabbricazione dei semi-conduttori nei dispositivi elettronici. Attraverso unapreventiva lavorazione, che lo riduce in tante lamine,ed una successiva saldatura, nonché sfruttando lacapacità di reagire come schermo di fronte alle radia-zioni di tipo gamma, l’UI viene utilizzato come mate-riale di rivestimento dei contenitori di scorie radioatti-ve. Quest’ultimi hanno la forma di grosse bombole,che trasportano i radioisotopi pronti per la lavorazio-ne o per la distribuzione, da uno stabilimento nucleareall’altro; c’è da considerare inoltre, il riutilizzo di que-sti appositi contenitori, nel caso in cui non siano maistati riempiti di materiale radioattivo o nel caso in cuisiano rimasti in buone condizioni, dopo un preventivocontrollo. Infine dalla trasformazione dell’UI, si ottie-ne un sottoprodotto chimico come il fluoruro d’idro-geno (in forma acquosa o d’anidride), successivamen-te riciclato per produzioni di tipo industriale.27

22 Manufacturing Sciences Corporation, “Manufacturing Equipment and Services Products from Depleted Uranium”, disponibile sul sitoweb, www.mfgsci.com/metprod.html

23 Laka Foundation, Crashed El-Al Boeing Contained Depleted Uranium, Comunicato stampa del 12 ottobre 1993.

24 Paul Loewenstein, “Industrial Use of Depleted Uranium”, in: G.Bukowski, D.A. Lopez, Uranium Battlefields Home and Abroad: DepletedUranium Use by the U.S. Department of Defense, marzo 1993, pp. 135-141 (citato da Depleted Uranium Education Project-InternationalAction Center, op.cit., p.277).

25 R.L. Parker, “Fear of Flying”, in: Nature, vol. 336, 22-29 dicembre 1988. Sullo stesso problema vedi anche G. Bukowski, D.A. Lopez, op.cit.,marzo 1993.

26 Per maggiori charimenti sul contenuto del “Programmatic Environmental Impact Statement (PEIS) for Alternative Strategies for the LongTerm Management and Use of Depleted Uranium Hexafluoride”, e del “Record of Decision for Long Term Management and Use of DepletedUranium Hexafluoride”, pubblicati rispettivamente nell’aprile e nell’agosto del 1999 dal Department of Energy (DOE), si consiglia di visitareil sito web, http://web.ead.anl.gov/uranium/docs

27 Anonimo, “Potential Depleted Uranium Uses”, disponibile sul sito web, http://web.ead.anl.gov/uranium/mgmsutes/duuses/index.cfm

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I.2.2.Utilizzo in ambito militareL’uranio naturale estratto dalle miniere, è stato uti-

lizzato per la prima volta in ambito bellico, in Germa-nia nel 1943, per decisione dell’ammiraglio Speer,Ministro della Difesa del regime hitleriano. All’epoca,questa scelta era stata determinata dalla difficoltà diapprovvigionamento del tungsteno, estratto per lamaggior parte in Unione Sovietica, e dalla mancanzadi cromo proveniente dalle colonie, con i quali veniva-no prodotti armi anticarro.28 Secondo infatti, recentirapporti dei servizi segreti, negli anni Quaranta legerarchie militari tedesche avevano già pianificatol’uso in ambito militare di materiale radioattivo comel’uranio, collegato probabilmente allo sviluppo dinuovi “missili speciali”.29

Nell’ambito del Progetto Manhattan, che portò allacostruzione della prima bomba nucleare, l’UI fu utiliz-zato dagli USA, quale sostituto dell’isotopo U-235, neitest effettuati nel laboratorio scientifico di Los Alamos,nel New Mexico durante il 1945, così come nella pro-gettazione della “ Fat Man Bomb”, (testata ad Amala-gordo, nel New Mexico, e a Nagasaki in Giappone),come “ tamping material “, ovvero materiale pressatotra gli alti esplosivi e la parte centrale delle bombe adimplosione contenenti plutonio.30 Durante questiimpieghi, si scoprì che l’isotopo U-238, elemento prin-cipale dell’UI, era in grado di effettuare il processo difissione nucleare in maniera più efficiente, e non dimeno di accelerarlo, con il conseguente aumento ver-tiginoso d’utilizzo d’UI nella fabbricazione dellebombe termonucleari, per aumentarne il potenzialeesplosivo. In questo tipo d’operazione, venivano, peròprodotti enormi quantità di materiale di scarto checostituivano un problema per gli Stati Uniti, poichétra i desideri maggiori del governo americano, siannoveravano lo sviluppo e la realizzazione di unprogetto di “ bomba pulita “, palesemente in contrastocon il continuo aumento di scorie nucleari destinateall’immagazzinamento.

P roprio in questo contesto, tra il 1946 e il 1958, gliU S A t r a s f o r m a rono le isole Marshall, situate nell’ocea-no Pacifico (e in particolare gli atolli Bikini e Enewe-tak), in laboratori di sperimentazione d’armi nucleari,

per lo sviluppo del proprio monopolio atomico, inpiena epoca di concorrenza con l’Unione Sovietica.Secondo alcuni calcoli, in questo periodo furono esplo-se sessantasette bombe atomiche e all’idrogeno, per cer-c a re di perfezionare i progetti di testate termonucleari.

Nel 1954, sul solo atollo di Bikini, fu sganciata unaserie “Castle” di bombe all’idrogeno della potenzad’alcuni megatoni, tra le quali merita una menzioneparticolare, l’esemplare più grande e contaminanteche aveva uno strano nome in codice, “Bravo“. Questagigantesca bomba all’idrogeno, delle dimensioni millevolte maggiori di quella che aveva distrutto Hiroshi-ma, provocò una pioggia radioattiva che colpì ilpeschereccio giapponese “Lucky Dragon”, alcunimembri del servizio meteo dell’Aeronautica america-na e della Marina, ma soprattutto, migliaia d’abitantidel vicino atollo di Rongelap.31

Negli anni Cinquanta anche la Gran Bre t a g n a ,durante i test nucleari effettuati nel deserto sud austra-liano, più precisamente a Maralinga, e nell’isola poline-siana di Kiritimati (Christmas Island), ha impiegatootto tonnellate d’uranio impoverito, come confermatorecentemente dalle autorità governatived e l l ’ A u s t r a l i a .3 2

Le ingenti quantità d’UI, prodotte dagli Stati Unitinella fabbricazione d’armi nucleari, erano destinate adepositi di stoccaggio per rifiuti radioattivi di bassolivello; queste migliaia di tonnellate di combustibilenucleare esaurito, venivano spesso riprocessate perpermettere l’estrazione di plutonio. (per ciascuna ton-nellata di questo materiale occorrevano almeno centod’uranio impoverito). In questo modo l’esercito ameri-cano cercava di ricavare materiale a basso costo, evi-tando lo scontro con le società private che gestivano lefabbriche nucleari del paese e che impedivano algoverno di ricavare UI dal procedimento d’arricchi-mento dell’uranio; occorreva però, una soluzioneimmediata al problema delle scorte inutilizzate, anco-ra presenti in enormi quantità su tutto il territorio, esempre più gravanti nel bilancio federale.

Gli USA, infatti, visti i notevoli costi di manteni-mento, non sapevano come liberarsi di tutto l’uranioin eccesso; problema in parte risolto, con il suo utiliz-

28 Commenti personali dell’ammiraglio Falco Accame, “Cenni di storia sull’uso bellico del DU”, Roma, 5 maggio 2002.

29 Siegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Zyklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, InternationalConference “The Cancer Epidemic in Iraq and its Possible Link to the Allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibilesul sito web, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

3 0 Pat Bro u d y, “National Security Kept Atomic Veterans Suffering a Secret”, disponibile sul sito web,www.iacenter.org/depleted/broudy.htm

31 Per un approfondimento della vicenda collegata agli esperimenti nucleari compiuti nel 1954 nelle isole Marshall, e in particolare nell’atol-lo di Rongelap, vedi Nevil Shute, L’ultima spiaggia, Milano, Mondatori, 1972, e Castle Series, 1954, Report from the Defense Nuclear Agency,DNA6035 F, Washington D.C. 1 aprile 1982, p.202. Sullo stesso argomento vedi anche, Radiological Survey Plan for the Northern MarshallIslands, Report of the Department of Energy, Washignton D.C. 22 agosto 1978, pp.II-3 (citati da Depleted Uranium Education Project-Interna-tional Action Center, op.cit., pp.134-135).

32 Australian Radioactive and Nuclear Safety Agency, “Depleted Uranium in Maralinga tests”, e-mail inviata il 28 maggio 2001 al MaggioreAlan Batchelor, veterano dei test nucleari australiani. Sullo stesso argomento vedi anche, notizie Ap del 28 maggio 2001, "Australia confer-ma: in test nucleari inglesi uranio impoverito".

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zo nella fabbricazione di munizioni anticarro, graziead alcune sue proprietà sfruttate già in ambito civile(dagli anni Settanta, anche l’Unione Sovietica, la Fran-cia e la Gran Bretagna, hanno iniziato ad impiegare leriserve inutilizzate d’uranio nella fabbricazione d’ar-mi di questo genere). Con gli esperimenti compiutinegli anni ’70 e ’80, in più di una decina di centri disperimentazione, tra cui l’Aberdeen Proving Groundin Maryland, il Jefferson Proving Ground in Indiana elo Yuma Proving Ground in Arizona, fu dimostratoche i proiettili di piccolo e grosso calibro all’UI eranoaltamente efficaci nella penetrazione delle corazzaturedei carri armati.

L’uranio impoverito, infatti, legato con 2% dimolibdeno o 0,75 % di titanio, temprato rapidamentea 850° C in olio e acqua e successivamente mantenutoad una temperatura di 450 ° per 5 ore, diventa duro eresistente come l’acciaio temperato per utensili; que-sto processo, combinato alla sua grande densità, lorende molto efficace contro le corazzature armate.33

Sempre in quegli anni, l’esercito USA aveva scopertoche l’inserimento dell’UI nelle corazze dei propricarri, non faceva altro che aumentarne l’impenetrabi-lità ai colpi dei proiettili convenzionali usati in quelperiodo; ma all’epoca, gli innumerevoli esperimenti dideterminazione dell’efficacia delle munizioni e dellecorazze all’UI, non furono seguiti dalla “pianificazionee l’esecuzione intimamente correlata di esperimenti per unavalutazione clinica e ambientale dell’UI” 34, promossidallo stesso esercito americano.

Durante test effettuati in un centro di sperimenta-zione del Nevada, vennero montati sopra carri armati,M1 Abrams e Bradley, alcuni penetratori ad energiacinetica, dense barre metalliche capaci di perforareuna corazza se sparate contro di essa ad alta velocità.Per ogni colpo sparato, il penetratore all’UI contenutoall’interno del proiettile, si libera di un sabot, che èuna specie di cilindro che lo blocca nel bossolo, e allavelocità di 1.800 m/sec, con una traiettoria stabile ediretta per oltre 4 km, colpisce il bersaglio con un’ele-vata energia cinetica, capace di staccare la torretta diun carro armato, nonché trapassare una lastra dicemento posta tre metri sotto terra.35 La superficie diquesti penetratori brucia all’impatto (specialmentecon l’acciaio) e si liquefa parzialmente, in parte perl’alta temperatura generata dall’impatto stesso, e inparte per il basso punto di fusione dell’uranio(1132°C), provocando un “effetto d’aguzzamento”,

che permette di penetrare più efficacemente le pesanticorazze armate, “come un coltello caldo attraverso ilburro.” 36, passandole da parte a parte.

In pratica, il processo di perforazione polverizza lamaggior parte dell’uranio che esplode in frammentiincandescenti quando colpisce l’aria dall’altra partedella corazzatura penetrata, aumentandone l’effettodistruttivo grazie all’autocombustione, mentre, in fased’impatto sull’obiettivo, la compattezza relativa del-l’UI fornisce al proiettile capacità d’autoaffilamento; ilproiettile, quindi, non s’appiattisce contro l’armaturache deve sfondare, formando una “testa piatta”, emantenendo una forma affilata, fino alla completaframmentazione, senza perdere la sua capacità perfo-rativa. Grazie alle sue doti di durezza e di densità,sono state sperimentate corazzature di tecnologiaavanzata con rivestimento all’uranio impoverito,sopra carri armati di tipo M-1 Abrams, in grado diresistere a proiettili fabbricati con lo stesso materiale.

L’M829 A1, il più famoso e il più usato tra i “kine-tic energy penetrators, soprannominato, “il proiettiled’argento- the silver bullet”, è un proiettile con pene-tratore all’UI di grosso calibro (120 mm) tuttora consi-derato tra le più efficaci armi anticarro. Uno dei veli-voli più sofisticati dell’aviazione americana, l’aereo A-10 Thunderbolt II, noto anche come “Warthog”,impiega un cannone GAU-8/Avenger a sette canne dipiccolo calibro (30 mm), dotati di un penetratore da300 grammi prodotto con una lega contenente scoriedi UI; questi vengono sparati ad alta velocità, ad unafrequenza di 4200 colpi al minuto.

Una delle varietà di questo proiettile, il PGU-14 da30 mm contenente una quantità minore d’UI, è stataimpiegata sia sopra elicotteri AH 64 Apache, sia sopral’aereo citato (sono state apportate modifiche anchenegli aerei F-16, per consentire l’impiego di proiettiliall’UI). Anche il cannone da difesa antiaerea Vulcan el’elicottero da combattimento AH1W, impiegati dall’e-sercito statunitense, fanno uso di proiettili all’UI didiverso calibro (quest’ultimo risulta equipaggiato conmunizioni da 20 mm), così come il carro da guerraLeopard II e tutti i cannoni tipo Bushmaster, mentre lamarina statunitense adopera uranio impoverito nellemunizioni di calibro 20mm del suo sistema di difesadi punto Phalanx (tra l’altro il proiettile MK149-2 Pha-lanx, dotato di penetratore all’UI, è stato recentementerimpiazzato dal modello MK 149-4, contenente tung-steno all’interno del penetratore stesso).

33 Anonimo, “Cos’è l’uranio impoverito”, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/u238/info.shtml. Sullo stes-so argomento vedi anche, Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.hm

34 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army:Technical Report, giugno 1995, p.94 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.55).

35 Renato Palumbo, "L’Uranio impoverito: falso allarme o rischio reale? ", Relazione svolta il 24 febbraio 2001 al Lions Club di Città dellePieve, Perugia, contenuta in: Lionismo, 17 aprile 2001, pp.23-25. Sullo stesso argomento vedi anche, Christine Abdelkrim-Delanne, “Quellearmi così poco convenzionali”,disponibile sul sito web, www. i l m a n i f e s t o . i t / M o n d e D i p l o / L e M o n d e - a rc h i v i o / G i u g n o -1999/9906lm11.01.html

36 Robin Rowland, “Depleted Uranium FAQ”, disponibile sul sito web: http://cbc.ca/news/indepth/background/du.html

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I reparti militari degli Stati Uniti, hanno anche spe-rimentato proiettili all’uranio per fucili e mitragliatri-ci, in calibro 5,56 e 7,62 mm (quest’ultimi utilizzati dafucili M16), che non sono ancora entrate però in servi-zio operativo.37 Secondo un rapporto dell’AEPI, l’e-sercito statunitense impiega una lega d’UI nei proietti-li da 25, 105 e 120 mm. Il veicolo da combattimentoBradley adotterà proiettili da 25 mm per il propriocannone. I carri M1 e M60 usano colpi da 105 mm;l’U.S. Army prevede di utilizzare colpi da 105 mmanche nell’arma principale del sistema di artiglieriacorazzata XM8. Le armi principali dei carri AbramsM1A1 e M1A2 usano proiettili da 120 mm…. L’UIviene impiegato quale componente delle corazzaturedei carri M1 a corazzatura pesante. Piccoli quantità diUI sono usate quali epossi-catalizzatori nelle munizio-ni di deterrenza dell’inseguimento (PDM) M86, e nellegranate d’artiglieria per interdizione aerea (ADAM)[Queste ultime due sono mine terrestri ].38

C’è da considerare infine, che molte altre armi, sot-toposte al segreto militare, contengono tracce d’UI sottoforma di penetratore, di rivestimento corazzante o dis t a b i l i z z a t o re. Tra queste va sicuramente menzionato ilmissile Cruise Tomahawk III, e più precisamente lepunte del modello BGM 109, impiegato in pre v a l e n z anella perforazione di silos corazzati, o d’ambienti sot-terranei quali caverne o cunicoli, la cui caratteristicab a s i l a re è quella di essere guidato a distanza e d’avere

un gran raggio d’azione che gli permette di colpire ber-sagli molto lontani dal punto di lancio. Ciascun missiledi questo tipo, pesante una tonnellata e contenente 400kg d’UI, viene solitamente lanciato da sottomarini o danavi per operazioni d’attacco sulla terraferma.

Sempre tra le armi sospette, vi sono anche lebombe della serie BLU utilizzate, per penetrare edistruggere le fortificazioni nemiche sotterranee, comeil modello BLU-109/B del peso di 2.000 libbre, mentrela bomba Blu-107 “Durandal”, viene utilizzata, invece,nella demolizione di strade, ma soprattutto perdistruggere le piste degli aeroporti nemici. Le bombedella serie GBU, si distinguono da quelle della serieBLU per la presenza di un congegno di guida laserche permette alla bomba d’essere guidato fino ad unraggio di circa 16 km, di modo che la bomba riesce acolpire con più precisione bersagli fissi (bunker o cosesimili), ma anche bersagli mobili corazzati. Il modellodi bomba a controllo laser, GBU-28, è un utile stru-mento di supporto nei comandi di controllo, capace dipesare ben 4.000 libbre.

Infine l’UI, è stato efficacemente impiegato comemateriale di rivestimento delle bombe o come compo-nente d’altre armi, tra cui le bombe Cluster, le bombevolanti e le mine antiuomo;3 9 secondo altre fonti ancheil sistema d’arma A G M - 114 Hellfire API (Armour Pier-cing Incendiary), conterrebbe uranio impoverito sottoforma di penetratore o di rivestimento corazzante.4 0

37 Alcuni penetratori presenti negli arsenali americani (1998)

Fonte: Anonimo, “Cos’è l’uranio impoverito”, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/u238/info.shtml

38 U.S Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army:Technical Report, giugno 1995, p.26 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.273).

fonte: M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno, M. Zucchetti, Conseguenzeambientali ed effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica,

39Munizioni “sospette” all’uranio impoverito

40Anonimo, “Cos’è l’uranio impoverito”, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/u238/info.shtml

Munizione Obiettivo Produttore

Missile Cruise Tomahawk III Silos corazzati, ambienti sotterranei USABLU-107 Durandal Distruzione di strade e piste FRANCIABLU-108/B 2000 Pounds Silos corazzati USAGBU-28 Laser guided bomb Comandi di controllo sotterranei USA

Tipo di munizione Sistema d’arma Calibro (mm) Peso del penetratore

M 829 A2 M1A1, M2A2 120 4,76 kgM 900 e SB60-24 M1, M60A3 105 3,85 kgPGU-14 API A-1O, AH 64 Apache 30 300 gM 919 M2, M3 Bradley 25 90 gPGU-20 AV-8B Harrier 25 150 gMK-149-2 Phalanx CIWS 20 68 g

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II. IMPIEGO MILITARE DELL’URANIO IMPO-VERITO DURANTE LA GUERRA DEL GOLFO E ILCONFLITTO DEI BALCANI

II.1.Ragioni del suo impiego

A che cosa si deve l’importanza e l’enorme diffu-sione di questa nuova arma nucleare? Perché moltipaesi stanno cercando di riempire i propri arsenalimilitari con questo tipo d’armamento? Per risponderea queste due domande, bisogna risalire al periododella Guerra Fredda e alla competizione tra gli StatiUniti e l’Unione Sovietica. Nel settore della produzio-ne dei carri armati, l’URSS aveva fatto notevoli pro-gressi, grazie alla scoperta di nuove tecnologie cheavevano permesso la creazione di un veicolo, conside-rato da molti impenetrabile: il T-72. In questo contesto,l’introduzione, nel 1978, da parte degli Stati Uniti d’ar-mi contenenti uranio impoverito, permetteva di scalfi-re le corazze indistruttibili di questi carri e di prevale-re sull’avversario in uno dei tanti settori, in cui si svol-geva la competizione tra le due superpotenze.(senzaconsiderare il suo impiego come materiale di rivesti-mento delle corazze dei carri armati). 1

Grazie alle sue qualità e alla facile reperibilità, gliStati Uniti erano riusciti a produrre un’arma pericolo-sa all’avanguardia e a costi irrisori, risolvendo in partei problemi scaturiti dall’uso alternativo dell’enormequantità di scorie prodotte negli stabilimenti nucleari,come afferma Sara Flounders, una delle coordinatricidell’International Action Center:

il Dipartimento della Difesa Statunitense haimmagazzinato più di un miliardo di libbre(450 tonnellate) di scorie radioattive deri-vanti da cinquant’anni di produzione diarmi nucleari. Una parte del suo program-ma di risanamento consiste nel regalare l’u-ranio impoverito ai produttori di munizio-ni. Consapevole dei pericoli implicati dalmateriale, il complesso industriale e milita-re è andato dritto per la sua strada proget-tando, sperimentando e producendo unanuova generazione di armi prodotta conmateriale radioattivo di risulta.2

Gli esperimenti portati avanti nel corso degli anni,avevano ampliato le conoscenze riguardo al materiale,alle sue caratteristiche e alle sue possibili modalitàd’impiego in eventuali conflitti bellici, tralasciandoaltri aspetti, come l’impatto sull’ambiente e sull’uo-mo.Tutto ciò era trascurabile rispetto a quanto si era

ipotizzato durante il “periodo del terrore”, dove ilprobabile impiego di bombe nucleari di potenza spro-positata, con i danni irreparabili che ne conseguivano,aveva portato alla rinuncia del loro utilizzo da partedelle due grandi potenze atomiche, entrambe impe-gnate, quindi, a sfruttarle quali efficaci mezzi di deter-renza. Gli Stati Uniti potevano finalmente, svilupparein concreto, gli investimenti nel settore nucleare, costa-ti milioni di dollari e portati avanti ormai da moltianni. Secondo Alice Slater, presidente del GlobalResource Action Center (GRAC),

a partire dal 1945, gli Stati Uniti hannospeso quattro trilioni di dollari in follienucleari e solo quest’anno (il 1996), per ilprogramma nucleare statunitense verrannospesi 25 miliardi di dollari. Oltre 3 miliardidi tali fondi sono stati stanziati per la cosid-detta “amministrazione scientifica dellariserva” che consentirà ai nostri folli dottorStranamore di continuare a progettarenuovi armi nucleari. In realtà, questo mor-tale programma di amministrazionecosterà, nei prossimi 10 anni, 40 miliardi didollari. 3

Non bisogna dimenticare inoltre che l’impiego diquesto tipo d’armi, permetteva, secondo gli StatiUniti, di non produrre danni sia all’uomo sia all’am-biente, evitando quindi le grandi contestazioni pubbli-che a seguito degli esperimenti effettuati durante laguerra del Vietnam, (dove per la prima volta venneadoperato un erbicida contenente materiale radioatti-vo, il famoso “Agente Arancio”), e dello sganciamentodelle due bombe H, sulle città giapponesi di Nagasakie Hiroshima, durante le ultime fasi della SecondaGuerra Mondiale.

Si poteva tornare a parlare d’armi nucleari conven-zionali, molto efficaci durante i conflitti armati, maallo stesso tempo innocue per l’ambiente e per l’uomo.Proprio la destinazione dell’UI ai campi di battaglia,aveva reso, però, effimera quella sottile linea che sepa-ra una guerra convenzionale da una non convenziona-le, poiché ancora non si conoscevano, o si faceva fintadi non conoscere, le problematiche conseguenti all’usod’armamenti contenenti uranio, materiale radioattivoe molto tossico.

La Guerra del Golfo si presentava sia come occasio-ne favorevole per sperimentare “sul campo” il nuovosistema d’arma, sia come opportunità per gli Stati Unitidi poter aff e r m a re la propria supremazia nell’ambitodella comunità internazionale, quale potenza mondialedotata d’armi nucleari inoffensive con le quali imporre

1Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”, disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm

2Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.32.

3 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.104.

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4 Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1992, Bari, Laterza, 1998, p.1387 (1a ediz.1994).

5 Ennio Di Nolfo, op.cit., p.1394.

6 Per un’analisi più approfondita della situazione politica nell’Unione Sovietica, all’epoca della Guerra del Golfo, vedi Ennio Di Nolfo,op.cit., pp.1357-1398.

7 Maria Lina Veca, “Operazioni di sequestro delle armi in Kosovo…ma l’ex-UCK, ora corpo di protezione civile, è sempre più armato…”,disponibile sul sito web, www.tibereide.it

8 Ibidem

9 Science Applications International Corporation (SAIC), Kinetic Energy Penetrator Environmental and Health Consideration, vol.1, luglio 1990,pp.2-5 (citato da Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html).

il proprio “modus vivendi”. L’ e s e rcito iracheno, privodi queste armi, era facile bersaglio delle armi all’UI; icarri sovietici T-72 a loro disposizione, non riuscivanoad opporre resistenza alle nuove e potenti armi tecnolo-giche in dotazione dell’esercito americano. Il loro impie-go, quindi, non faceva altro che porre l’accento sullapotenza della nazione statunitense, e sulla diff e re n z arispetto al “piccolo” stato iracheno, dotato di sistemid’arma divenuti ormai obsoleti.

La caduta del muro di Berlino e il conseguente cro l-lo del gran colosso sovietico, avevano segnato la pre-sunta fine di una competizione che aveva tenuto con ilfiato sospeso, l’intera popolazione mondiale per alme-no cinquant’anni. Il 1991, anno della Guerra del Golfo,era per molti l’inizio di quello che veniva definito il“nuovo ordine mondiale “4, derivato in gran parte dal-l’egemonia americana e la crisi creatasi in seguitoall’invasione del Kuwait da parte dal dittatore irachenoSaddam Hussein (crisi iniziata il 2 agosto 1990), nonfaceva altro che legittimare il cambiamento dei rapportidi forza a favore della superpotenza statunitense.

Basti considerare che, per tutto il periodo dellacrisi, le Nazioni Unite furono usate come il canaleattraverso il quale attuare ogni decisione collettivariguardo al problema in corso. Con ciò gli Stati Unitivolevano evitare di mostrare che le ritorsioni controuno stato aggressore come l’Iraq, fossero il frutto diuna decisione unilaterale, ma allo stesso tempo, grazieal coinvolgimento dell’ONU, dimostrarono che l’unicasuperpotenza in grado d’intraprendere iniziative ed’adottarle era solo quella americana. Quindi lo“schermo” della più importante organizzazione inter-nazionale, serviva come tragitto indispensabile perlegalizzare la posizione raggiunta nel nuovo assettointernazionale.5

L’Unione Sovietica, incapace di rialzare la testa e disviluppare ancora una politica estera autonoma, eraimpegnata in una difficile strategia di riforme econo-miche e sociali che avrebbe dovuto avvicinarla aimodelli occidentali dell’economia di mercato e dell’i-niziativa privata, ma che non le permetteva, di contra-stare l’egemonia statunitense, come d’altronde, gli altripaesi della comunità internazionale. Pochi mesi dopola fine del conflitto, esattamente nell’agosto del 1991,ebbe luogo a Mosca, un colpo di Stato, da parte di ungruppo di militari e di politici conservatori, che mise

fuori gioco il leader riformista Gorbaciov e che segnòla fine definitiva dell’URSS.6

Anche nei due recenti conflitti dei Balcani, prima inBosnia (1994-1995) e successivamente in Kosovo(1999), gli Stati Uniti, hanno cercato di consolidare lapropria superiorità, utilizzando nuovamente armi con-tenenti uranio impoverito, e sfruttando a propri finil’ONU, ma soprattutto la NATO. Secondo alcuni,infatti, nel conflitto in Kosovo, la nazione americananon ha fatto altro che scatenare caos e guerra per giu-stificare la sua occupazione militare, finanziando diret-tamente e armando i guerriglieri dell’Esercito di libe-razione del Kosovo (UCK), nonché appoggiando i clanmalavitosi albanesi impegnati nel contrabbando dipetrolio e droga, i quali rifornivano d’armi i militantidell’organizzazione citata.

Gli interessi economici americani (e tedeschi) per leingenti risorse minerarie dell’Albania (ricca di cromo erame), giustificavano qualsiasi azione diretta contro iserbi divenuti capro espiatorio delle responsabilitàamericane. Di fronte all’opinione pubblica, gli StatiUniti dovevano dimostrare la loro forza e assumere ilruolo di difensori della giustizia contro il dittatoreMilosevic, nonché punire i suoi crimini efferati control’umanità.7 Sara Flounders, parlando a proposito delprocesso farsa promosso dal Tribunale dell’Aja controil dittatore serbo, ha detto: “il Governo statunitense vuoleun tribunale che giudichi qualsiasi nazione abbia nel mirino,con la certezza di non essere mai indagato a sua volta “ 8

L’azione della Nato, sia in Bosnia sia in Kosovo, èstata sproporzionata rispetto ai fini da raggiungere, mal’occasione, nuovamente favorevole, per usare armicontenenti uranio impoverito, non permetteva unasoluzione alternativa. Ma si poteva evitare quest’inutiles p reco di risorse, di denaro e soprattutto d’uomini?

Gli Stati Uniti erano a conoscenza, fin dai tempidella Guerra del Golfo, dei rischi derivanti dall’usod’armi all’UI, ma, temendo una reazione internaziona-le avversa, aveva volutamente taciuto su tutto; perquesto motivo, il Pentagono aveva accantonato alcunericerche sulle possibili malattie dei civili e dei veteranidi guerra, relazionate all’impiego d’armi all’UI sulcampo di battaglia, per favorire alcune proposte degliambienti militari e pubblici, circa la garanzia di un usoillimitato e di una proliferazione d’armi di questogenere. 9 L’efficacia dimostrata dalle corazzature dei

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carri armati e dai proiettili perforanti, appena speri-mentati, aveva convinto subito decine di paesi a com-prare e a sviluppare questo tipo d’arma per i propriarsenali militari; di conseguenza, la loro rapida diffu-sione porterà, in un futuro molto prossimo, ad unlivellamento degli equilibri sul campo di battaglia eall’eliminazione dei vantaggi garantiti a chi ora ledetiene, come gli Stati Uniti stessi. 10

E’ molto probabile però che nei conflitti futuri, sicontinui ad impiegare armi all’UI (si pensa anche agliscenari bellici apertisi recentemente in Afghanistan),poiché il vantaggio accumulato, ragionando in terminidi costi-benefici, è nettamente a favore di questo tipod’armi. Costruire, infatti, un’arma contenente uranioimpoverito, comporta una spesa irrisoria, e per di piùil suo impiego sul campo di battaglia permette diacquisire una netta superiorità rispetto al nemico; perla NATO i soldati che adoperano armi all’uranioimpoverito sono al sicuro, in quanto il loro utilizzopermette di colpire il bersaglio a ragguardevoli distan-ze, senza causare pericoli alla propria incolumità per-sonale, e con la certezza di poter distruggere l’obietti-vo.11 Secondo il Segretario alla Difesa statunitense,William Cohen, l’uranio impoverito non è molto piùpericoloso della vernice al piombo, mentre alcunedirettive impartite dall’esercito americano sostengonoche l’UI sia talmente innocuo da poterlo mangiare.12

Attraverso queste dichiarazioni, gli Stati Uniti, cerca-no di convincere l’opinione pubblica e i media, chel’uso bellico dell’UI permette il conseguimento della“guerra a zero morti”13, cioè il raggiungimento degliscopi prefissati dal conflitto stesso, senza il sacrificiodi vite umane. Ma questa è solo l’opinione degliambienti militari dei paesi che dispongono d’armiall’uranio impoverito, mentre la maggior parte dellepersone crede che le nuove armi possano solo procu-rare danni gravi all’ambiente e all’uomo, e che la sup-posta superiorità acquisita sul piano militare nonserva a giustificare un impiego così massiccio.

Da qualche tempo, molte nazioni hanno comincia-to ad utilizzare il tungsteno monocristallino nella fab-bricazione di proiettili dotati di penetratori ad energia

cinetica e nella costruzione di corazze per carri armati.Questo materiale è dotato della stessa densità dell’ura-nio (19g/cm3) e duttilità, essendo capace, inoltre, dinon emettere radiazioni nocive (anche se le sue parti-celle risultano dannose per l’organismo umano). D’al-tro canto però il tungsteno non possiede la stessacapacità di bruciare spontaneamente dell’UI, cosìcome un’elevata efficacia nel penetrare le corazzearmate; infatti un proiettile al tungsteno, al momentodell’impatto con una superficie, tende a smussarsi e aperdere quindi in efficienza perforativa, invece di pre-sentare un “effetto d’aguzzamento” come nel caso del-l’uranio impoverito.14

Non bisogna dimenticare, infine, che il tungsteno èun materiale molto costoso che necessita d’essereimportato in larga parte da un alleato poco affidabilecome la Cina; per questo motivo è poco probabile chegli Stati Uniti rinuncino a produrre armi più economi-che ed efficaci costruite grazie ad un prodotto di cuidispone in grandi quantità.15

L’uranio impoverito è “un’efficace arma terroristicache può danneggiare, clandestinamente e lentamente legenerazioni future senza una stigma pubblica associata adarmi nucleari ed altre armi di distruzione di massa indiscri -minata”16, come vedremo nel proseguo dello studio.Secondo alcuni, il fatto che molti Stati stiano cercandodi rimpiazzare l’uranio con il tungsteno, non è che unatacita ammissione della sua pericolosità, (anche se sitratta più di un’alternativa che di una vera e propriasostituzione), mentre ancora si continua a trascurare isuoi nocivi effetti collaterali.17

II.2.Utilizzo militare durante la Guerra del Golfo

Durante la Guerra del Golfo, gli eserciti statuniten-si e britannici, hanno utilizzato in larga parte uranioimpoverito, come munizione nei penetratori anticarroe, in misura minore, come materiale di rivestimentodelle armature dei propri carri; i paesi in cui sono statirilasciate enormi quantità di proiettili di questo tipo,come l’Iraq e il Kuwait, sono diventati, loro malgrado,

10 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.54.

11 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium- a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

12 Ibidem

13 Carlo Jean, Guerra, strategia e sicurezza, Bari, Sagittari Laterza, introduzione p.X

1 4 Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”, disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm. Sullo stesso argomento vedi anche, Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, mili-tary use and health effects of DU”, disponibile sul sito web, http://members.tripod.com/vzajic e Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibi-le sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm

15 Anonimo, “Uranio Impoverito-Utilizzo in campo civile e militare”, disponibile sul sito web, www.uranioimpoverito.it/utilizzo.htm

16 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

17 Michael Smith, “Army buys safer tank ammunition”, disponibile sul sito web, www.portal.telegraph.co.uk/news/main.jhtml

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luoghi di sperimentazione di tali armi. E’ stato calcola-to, infatti, che circa 940 mila proiettili di calibro 30mm, con punta all’uranio18 e secondo l’AEPI, “più di14 mila proiettili di grosso calibro sono stati consumatidurante le operazioni Desert Storm e Desert Shield” 19 (ilcalibro in questione era compreso tra 105 e 120 mm).Ramsey Clark, avvocato di fama internazionale attivonella difesa dei diritti umani, e fondatore, nel 1992,dell’International Action Center ha dichiarato che “tra300 e 800 tonnellate di particelle e polvere di UI sono statesparse sul suolo e nelle acque del Kuwait, dell’Arabia Saudi -ta e dell’Iraq.” 20 Un rapporto confidenziale elaboratodall’Autorità Britannica per l’Energia Atomica nell’a-prile del 1991, è riuscito a stimare almeno 40 tonnella-te d’UI, disseminate in Iraq e in Kuwait, nel corso delconflitto,21 mentre secondo il Ministero della Difesainglese, durante la guerra del Golfo, i carri armati bri-tannici hanno sparato una quantità di proiettili all’UI,compresa tra le 88 e le 100 unità.22 Secondo DanFahey, membro del Military Toxics Project,

durante i combattimenti, l’esercito e i mari-nes (statunitensi), hanno impiegato oltre1900 carri da battaglia M1A1 Abrams ediverse centinaia di tank, modello M1 eM60. I carri USA, trasportano generalmenteun carico misto di proiettili perforanti all’u-ranio impoverito. I carri M1A1, sparanocolpi da 120 mm, mentre gli M1 e gli M60,utilizzano colpi da 105 mm. Il dardo perfo-rante delle cartucce da 120 mm per carropesa 10,7 libbre (4,8 kg), mentre quellodelle cartucce da 105 mm, pesa 8,5 libbre(3,8 kg). L’esercito statunitense ha afferma-

to che nel corso della guerra, i suoi tankhanno sparato un totale di 14.000 colpiall’UI. Di questi, 7.000 erano stati sparatidurante le esercitazioni prebelliche sulleberne di sabbia dell’Arabia Saudita, 4.000sono stati sparati nel corso dei combatti-menti (proiettili con calibri di 120 mm con-tenente ciascuno 1 kg d’uranio), e 3.000sono andati persi a causa d’incendi e d’altriincidenti. Durante gli stessi combattimenti,i carri armati britannici Challenger hannosparato almeno 100 colpi all’UI.23

I reparti dell’aeronautica statunitense, sono traquelli che hanno fatto il maggior uso di proiettili all’UIsul campo di battaglia, mentre la marina, se messa aconfronto con i marines, l’esercito e l’aviazione stessa,ha adoperato meno armi di questo tipo. Gli aerei A-10Thunderbolt II e AV-8B e alcuni F-16, hanno impiegatoproiettili di calibro 30 mm (mentre gli Harrier monta-vano proiettili con calibro 25 mm), durante le opera-zioni nel Golfo Persico. Solo considerando che il pesodi un penetratore all’UI contenuto in una cartuccia diquesto calibro, è pari a 272 grammi, e che la quantitàdi colpi sparata, durante le operazioni belliche, è stata,come visto, pari a circa 940.000 unità, allora approssi-mativamente gli aerei americani, e in particolare gli A-10, hanno scaricato qualcosa come 564 mila libbre(circa 256 tonnellate) d’uranio impoverito sopra il ter-ritorio iracheno e kuwaitiano. 24

Inoltre, i proiettili impiegati dall’aviazione e daicarri armati americani e britannici, sono riusciti adistruggere circa 1.400 dei 3.700 carri armati irachenipersi in battaglia.25 A questa cifra vanno aggiunte le

18 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic/. Sullo stesso argomento, vedi anche Damacio A. Lopez, “DU in Iraq”, disponibile sul sitowww.endthewar.org e Anonimo, “WHO studies DU in Iraq”, disponibile sempre sul medesimo sito (nello stesso documento si sostiene che ilnumero di proiettili usati sarebbe addirittura 944.000, secondo quanto affermato dal giornale iracheno Al-Thawra).

19 U.S Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army: TechnicalReport, giugno 1995, p.A-10 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.49).

20 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.49. Sullo stesso argomento vedi anche Anonimo, “UMRCResearch”, disponibile sul sito web, www.umproject.org e Daniel Robicheau, “The next testing site for Depleted Uranium weaponry”, dispo-nibile sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk

2 1 Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-an investigative Report”, disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm

22 M Al-Jibouri, “Environmental and Health Impacts of Aggression on Iraq”, Baghdad, 2000, disponibile sul sito web,www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti

23 U.S. General Accounting Office (GAO), Operation Desert Storm: Early Performance Assessment of Bradleys and Abrams, GAO/NSIAD-92-94,gennaio 1992, p.3., e U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in theU.S. Army: Technical Report, giugno 1995, p.39. e p.A-10 (citati da Depleted Uranium Education Project-international Action Center, op.cit.,p.56). Sullo stesso argomento, vedi Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic/

24 G. Bukowski, D. Lopez, e F. McGehee, Uranium Battlefields Home and Abroad, Citizens’ Alert, Reno, Nevada marzo 1993, p.44 (citato daDepleted Uranium Education Project-international Action Center, op.cit., p.57).

25 J. Dunnigan, A. Bay, From Shield to Storm, New York, 1992, p.294 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Cen-ter, op.cit., p.57).

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migliaia di pezzi d’artiglieria, di veicoli blindati e d’al-tri generi d’equipaggiamento demoliti dall’UI. Allafine del conflitto, quindi, la quantità d’uranio impove-rito contenuto nelle migliaia di proiettili usati e sparsilungo i campi di battaglia, in stati differenti di decadi-mento, ammontava a circa 300 tonnellate. Questi datisono stati confermati dalla Nato, che parla di circa 300tonnellate di proiettili sparati complessivamente,durante la Guerra del Golfo, dagli Stati Uniti e dallaGran Bretagna.26

Bisogna inoltre considerare che le corazzature deicarri M1A1, molte delle quali contenevano UI, si sonodimostrate efficaci nel proteggere gli equipaggi dal-l’attacco nemico, tanto che solo sette carri M1A1 sonostati colpiti da proiettili provenienti da carri T-72 ira-cheni, e nessuno di essi è stato danneggiato in manieraseria. L’esercito americano ha riferito che le forzearmate irachene “non hanno distrutto carri Abramsdurante la Guerra del Golfo.” 27

Il maggior raggio d’azione dei penetratori all’UI,collegato ai sistemi di controllo e ai cannoni altamentespecializzati montati sui carri M1A1 Abrams, hannopermesso di sparare proiettili ad una distanza di circa3 km (mentre i carri T-72 arrivavano all’incirca a 2km). In un caso, addirittura, la corazzatura anterioredi un carro iracheno, è stata penetrata da un colposparato da un M1A1 distante 3,5 km (un Challengerbritannico, durante la guerra, ha messo a segno ilcolpo di maggior distanza, arrivando a distruggere uncarro armato iracheno con un proiettile all’UI sparatoda 5100 metri).28 Durante la guerra del Golfo, I proiet-tili all’UI si sono, quindi, dimostrati molto efficacinella perforazione delle armature dei carri iracheni,anche per raggi d’azione molto ampi, permettendoall’esercito statunitense di mantenere un vantaggioenorme sul nemico.

II.3.Utilizzo militare durante il conflitto dei Balcani

Tra la fine d’agosto e l’inizio di settembre del 1995,nel corso del conflitto bosniaco, la NATO ha effettuatodei bombardamenti contro la Repubblica Srpska (la

parte governata dai Serbi durante la guerra civile inBosnia), impiegando proiettili all’uranio impoverito dicalibro 30 mm. Le ricerche condotte da d’alcuni tecnicidell’esercito di quella repubblica, proprio durante ibombardamenti citati, hanno, difatti, rilevato che alcu-ne zone del paese sono state bombardate con unnuovo tipo di proiettile (sempre in quell’occasione, adun gruppo d’esperti dell’Istituto di Sicurezza e dell’I-stituto di Scienze Nucleari “Vinca” di Belgrado, vennedato, l’incarico d’esaminare e di definirne la naturadei proiettili usati, i quali contenevano uranio impove-rito). Ulteriori indagini hanno provato che lo stessogenere di proiettili di calibro 30 mm, prodotto negliStati Uniti, era stato lanciato da aerei di nazionalitàstraniera, contro obiettivi situati sul Monte Romanica,a Srbinje, a Kalinovik, nella zona occidentale dellaRepubblica Srpska, e nel corso di raid aerei e di bom-bardamenti di zone abitate del territorio del comunedi Hadzici.29

Durante l’operazione “Balkan Storm”, condottadalle forze della Nato nel 1999, aerei A-10 Warthoghanno fatto uso di proiettili di calibro 30 mm, cometestimoniano alcuni ritrovamenti fatti in territorioiugoslavo, che ne hanno accertato la natura grazie adanalisi sul peso, la densità e alla spettrometria delleradiazioni emesse.30 Agli inizi di febbraio del 2000, laNATO, dopo le polemiche e le pressioni fatte daigoverni e dall’opinione pubblica, ha finalmente decisodi rendere noto all’ONU, la mappa dei luoghi colpiticon armi all’uranio impoverito31; secondo le indica-zioni della mappa, le zone colpite sarebbero quella diPec, al confine tra Kosovo e Montenegro, e di Djakovi-ca, al confine con l’Albania, entrambe sotto controllodei militari italiani e tedeschi, e la zona di Pristina,situata al confine con la Macedonia e controllata dasoldati britannici e statunitensi.

Il Segretario Generale della NATO, Lord Robert-son, ha ammesso in una lettera scritta al SegretarioGenerale dell’ONU, Kofi Annan, il 7 febbraio del 2000,che i proiettili sparati dagli A-10 contro i veicoli coraz-zati nemici, contenevano uranio impoverito. Questemunizioni facevano parte del carico standard degliaerei citati, i quali li hanno utilizzati in almeno cento

26 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponible sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm

27 U.S. General Accounting Office (GAO), Operation Desert Storm: Early Performance Assessment of Bradleys and Abrams, GAO/NSIAD-92-94,gennaio 1992, p.24 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.58).

28 J. Dunnigan, A. Bay, From Shield to Storm, New York, 1992, pp.294-295 (citato da Depleted Uranium Education Project-International ActionCenter, op.cit., p.56). Sullo stesso argomento vedi anche, Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”,disponibile sul sito web, http://members.tripod.com/vzajic

29 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.251.

30 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic

31 Antonio Maria Mira, “Ecco dove la NATO usò uranio”, in: Avvenire, 3 febbraio 2000 (citato da M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Ian-nuzzetti, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientali ed effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoveritoneidispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.50).

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missioni condotte in territorio kosovaro. Lo stessoRobertson ha inoltre aggiunto che il punto focale delleoperazioni è stata l’area ad ovest dell’autostrada Pec-Djakovica-Prizren (nella zona sud ovest del paese),nell’aera intorno a Kluna e a Prizren e a nord dellazona tra Suva Reka e Urovesac, sostenendo che altremissioni avevano impiegato UI in altre aree del paese,per una cifra totale di proiettili sparati in Kosovo di31.000 unità.32 Bisogna aggiungere che per ben duevolte, esponenti della NATO, hanno ammesso di averperso il conto sull’uranio adoperato in territorio koso-varo, come c’attestano notizie pubblicate rispettiva-mente il 22 novembre 2000 su “The Independent”, e il22 marzo dello stesso anno sulla BBC.33

A questo proposito, Peda Zoric ha portato a termi-ne uno studio sui luoghi colpiti da proiettili all’UI,durante la guerra in Bosnia e in Kosovo, per scoprirela quantità effettivamente usata dalle parti in guer-ra.34 Le stime ufficiali della Nato, parlano di almeno112 luoghi contaminati dai proiettili, per un totale dicirca 31.000 proiettili sparati dagli aerei A-10 Thunder-bolt II, solo nel territorio kosovaro, (nell’area control-lata dagli italiani, la NATO ha ammesso che sono statisparati 14.180 proiettili contenenti quattro tonnellated’uranio)35; secondo invece le autorità governative emilitari jugoslave, nonché secondo l’esercito russo, laNATO avrebbe utilizzato 50.000 colpi all’uranio impo-verito lungo il confine con l’Albania e contro 7 obietti-vi in Serbia e uno in Montenegro.36

Attraverso un’attenta analisi, Zoric ha confermatoche in 89 dei 112 luoghi indicati dalla Nato, ci sonodati precisi sulla quantità di munizioni all’UI usate,mentre nei restanti 23 luoghi, le cifre sono sconosciute.Quindi, al numero ufficiale di 30.523 proiettili sparati,che rappresentano una massa totale di nove tonnellate

(alcune fonti sono arrivate a ipotizzare che siano statesparate munizioni per un peso totale d’ottantacinquetonnellate)37, egli ha aggiunto altri 7.888 colpi impie-gati nei luoghi cosiddetti “sconosciuti” per quantità dimunizioni, e calcolati ricavando una media dai daticonosciuti riguardo agli altri luoghi. Il totale considerauna cifra di 38.411 colpi, che rappresentano una massatotale di circa 11 tonnellate d’uranio impoverito (se siconsidera che ogni proiettile di calibro 30 mm contienecirca 4 kg d’uranio), sparso lungo questo territorio.38

Il problema è che le mappe fornite dalla NATO,fanno riferimento solo ai proiettili, modello GAU-8,sparati dagli A-10, mentre non vi è alcun accenno aimissili Tomahawk, contenenti testate all’UI, che hannocolpito zone più grandi della Bosnia, della Jugoslaviae del Kosovo. Lo stesso Zoric ha scoperto, inoltre, chequesti proiettili erano stati, in gran parte sparati daireparti dell’aviazione della Nato, soprattutto durantegli ultimi giorni di combattimento in Kosovo. Tenendoconto che la Repubblica Yugoslava ha accettato l’ac-cordo di pace il 3 giugno 1999, e che ufficialmente laguerra è finita sette giorni dopo, in questi undici gior-ni d’attacco sono stati sparati qualcosa come 20.000colpi (mentre se partiamo dal 29 maggio 1999 fino allafine del conflitto, il totale è di 23.500 colpi).39 Secondofonti della Nato, alla data dell’11 giugno 1999, veniva-no ancora impiegate munizioni contenenti UI, e su3.270 proiettili adoperati in territorio serbo al di fuoridi quello kosovaro e delle zone intorno a Metohija,almeno 2.000 sono stati impiegati a giugno. Infine, piùdi 1500 missili cruise Tomahawk, i quali contenevanocirca 3 kg d’uranio impoverito nelle loro punte, sonostati lanciati contro la Repubblica Yugoslava, duranteil conflitto, aggiungendo quindi 4.500 kg alla cifra rag-guardevole già raggiunta.40

32 A. Mastandrea e R. Zanini, “Robertson (NATO): 31.000 Ordigni all’uranio impoverito su Serbia e Montenegro”, in: Il Manifesto, 9 marzo2000 (citato da M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenzeambientali ed effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n1-2 2001, p.52). Sullostesso argomento vedi anche, Anonimo, “NATO: U.S. Jets Fired Depleted Uranium Rounds in Kosovo War”, 21 marzo 2000, disponibile sulsito web, http://commondreams.org/headlines/032100-03.htm

33 Robert Fisk, “US Lost Count of Uranium Shells Fired in Kosovo”, in: The Independent, 22 novembre 1999 e BBC World Service, “NATO Bla-mes nations for Toxin”, 22 marzo 2000, disponibile sul sito http://news6.thdo.bbc.co.uk/hi/english/world/europe (citati da M. Cristaldi, P.Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientali ed effetti patogenidell’uso di Uranio Impoverito neidispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.52).

34 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference”Facts on Depleted Ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

35 Lorenzo Sani, “Uranio, morte annunciatai”, in: La Nazione, 7 novembre 2001.

36 Julie Hyland, “Depleted Uranium responsible for cancer among Europe’s Balkan Troops”, disponibile sul sito web, www.wsws.org/arti-cles/2001/jan2001/uran-j09.shtml

37 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.264.

38 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

39 Ibidem

40 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic

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Per quanto riguarda l’impiego d’armi all’UI inBosnia, la NATO ha stimato diciannove luoghi conta-minati da proiettili questo tipo, e su questi, almenootto non sono precisamente individuabili dal punto divista geografico, mentre in altri sei il numero dei colpisparati non era conosciuto.4 1 Attraverso il solito meto-do usato anche per i rilevamenti sopra il territorio delKosovo, Zoric è riuscito a stimare una cifra di 9.909p roiettili, non molto distante da quella ufficiale dellaNato, di 10.800 proiettili utilizzati in Bosnia, (dato for-nito anche dall’allora Ministro della Difesa italiano, Ser-gio Mattarella, di fronte alla Commissione Difesa dellaC a m e r a )4 2, per un totale di tre tonnellate di materialeradioattivo sparso lungo il territorio bosniaco.

Durante il conflitto in Bosnia, gli Stati uniti hannosperimentato, per la prima volta, nuove testate all’ura-nio WDU-36, montate sopra i missili CruiseTomahawk, i quali solitamente contengono UI nelleloro punte, per fornire peso e stabilità a tutto il sistemad’arma.43 Le autorità governative italiane hanno,invece, dichiarato che nelle tre tornate di bombarda-menti effettuate dagli aerei A-10, in Bosnia tra il 5 ago-sto e il 28 settembre del 1994, durante l’operazione“Deny Flight”, e dal 29 agosto al 14 settembre 1995 nelcorso dell’operazione “Deliberate Force”, sono statiusati proiettili all’UI, a tutela della zona d’esclusioneintorno alla città di Sarajevo per un raggio di circaventi chilometri, e missili Cruise Tomahawk, con testa-te da 750 libbre d’uranio impoverito.44

Tutti questi dati non fanno altro che confermarel’impiego d’armi all’UI in territorio bosniaco, da partedelle forze statunitensi e britanniche della Nato; infatti“nell’estate e nella primavera del 1995 le forze NATO hannocompiuto oltre 4000 raid aerei contro le postazioni serbo-bosniache. Molti di tali raid sono stati effettuati con velivoliA-10 che decollavano da portaerei USA all’ancora nel MareAdriatico.” 4 5 C’è da aggiungere che “ anche le corazza -t u re delle unità corazzate USA/NATO schierate in Bosniacontengono UI, e lo stesso vale per le mine terrestri interrateintorno alle varie basi NATO. Tali armi produrranno uneffetto devastante nelle popolazioni civili d’ogni nazionalitàdei Balcani e nelle generazioni che verranno.” 4 6

Se sommiamo le stime calcolate in Kosovo e inBosnia, otteniamo una cifra di circa quattordici tonnel-

late di proiettili contenenti uranio impoverito, sparsisopra un vasto territorio della regione balcanica; que-sta cifra è inferiore rispetto a quella registrata durantela Guerra del Golfo, ma è in grado di creare seri pro-blemi per la salute delle popolazioni residenti e perl’ambiente, come spiegheremo più avanti nel dettaglio.

III. EFFETTI DELL’UTILIZZO DELL’URANIOIMPOVERITO NELLA GUERRA DELGOLFO

III.1. Effetti sui civili

La Guerra del Golfo è stata il conflitto a più altaintensità di tutta la storia militare, combattuto al finedi controllare le grandi riserve di minerali e di petroliodel mondo intero. Nello spazio di sei settimane,1 lacoalizione guidata dagli Stati Uniti, ha riversato sopral’area del Golfo Persico,una quantità senza precedentidi denaro, tecnologia,e potenza di fuoco, trasforman-do la zona stessa in un luogo di sperimentazione dinuovi sistemi d’arma da pubblicizzare di fronte almondo intero.

Tutto è stato fatto senza badare alle migliaia di per-sone che abitano in quelle zone, diventate improvvisa-mente, protagoniste involontarie di test di laboratorio.L’uranio impoverito (UI), è un materiale molto tossicoe radioattivo, e se si considera le quantità disperselungo questi territori, è probabile che esso possa averprovocato effetti a medio e a lungo termine sulla salu-te delle popolazioni civili. Studi condotti da equipe dimedici e di scienziati, hanno dimostrato che l’utilizzod’armi all’UI durante la guerra, ha prodotto danniconsiderevoli alle persone e che la categoria più arischio è stata quella degli anziani, delle donne, masoprattutto dei bambini.

Nella città di Basra, situata nella parte meridionaledell’Iraq, un membro dello staff medico dell’ospedalepsichiatrico è riuscito a completare uno studio compa-rato tra i casi d’anomalie congenite, di cancri, di leuce-mie e di tumori maligni verificatesi dopo la Guerra delGolfo, e quelli di Hiroshima, scoprendo analogie

41 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

42 Carlo Corradini, “Una pioggia di uranio sui nostri soldati”, in: Il Tempo, 22 dicembre 2000.

43 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic

44 Notizie ANSA del 25 novembre 2000, “Bosnia: ANAVAFAF, nel 1995 fu usato uranio impoverito”. Sulla stessa vicenda vedi anche, CarloCorradini, “Una pioggia di uranio sui nostri soldati”, in: Il Tempo, 22 dicembre 2000.

45 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.280.

46 Ibidem

1 L’azione armata ebbe inizio il 16 gennaio 1991 e il 23 febbraio, Saddam Hussein fu costretto ad accettare i termini di un cessate il fuoco, chedivenne definitivo il 3 marzo.

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impressionanti.2 Dai suoi risultati, sono emersi datiche testimoniano un aumento di nascite di bambinicon difetti genetici, così come una crescita diffusa deicasi di cancro e di malattie epidemiche ai reni. Moltesono le testimonianze di bambini nati con una testaenorme o con due, senza faccia, senza occhi, senzaarti, o con gli arti storti, senza pelle, senza dita oppurecon le dita fuse assieme, con gli organi interni chesporgono dalle cavità del petto o addirittura senza cer-vello,3 senza dimenticare i casi d’aborto naturale difeti simili ai “bambini medusa”, concepiti da donneche abitavano l’atollo di Rongelap, luogo d’esperi-menti nucleari da parte degli Stati Uniti, durante glianni Cinquanta.4

Secondo le conclusioni di questo studio, tutti i casid’anomalie congenite riscontrate, sono state trasmessedall’ambiente contaminato dai proiettili all’UI e nondai genitori o dalle famiglie, dove vi erano stati, tral’altro, casi di patologie trasmesse di generazione ingenerazione. “Per trovare simili analogie, dobbiamo anda -re a ricercare le conseguenze radioattive di Hiroshima eNagasaki”5, ha affermato il dottor Khalid Al-Abidi,membro del Ministero della Sanità iracheno. Semprenella città di Basra, ricerche condotte da alcuni dottori,avevano notato la particolarità del fatto che 765 casi dicancro, provenissero da un’area agricola situata adovest rispetto alla città, dove s’era verificato uno scon-tro tra carri armati.6

C’è da considerare che prima del 1991, i casi di leu-cemia in Iraq erano piuttosto rari, rispetto ai dati checonfermano un aumento pari al 600%, dopo il 19907,mentre statistiche d’ospedale ci dicono che il numerodei casi di bambini iracheni malati di cancro è aumen-tato di quattro volte, dai 32.000 del 1990, ai 130.000 del1997.8 Bisogna aggiungere che il regime di sanzioniimposto alla dittatura di Saddam Hussein, non hafatto altro che aggravare questa situazione. Il sistemasanitario locale si è trovato così a dover affrontare

giornalmente casi di bambini che muoiono di cancri,di leucemie, di tumori e d’altre malattie, senza ade-guate strutture mediche e senza medicinali appropria-ti, ad eccezione del poco materiale non ancora sotto-posto ad embargo.

Secondo il giornale britannico, “The Guardian”, laclinica pediatrica e di maternità della città di Basra,riferisce di un aumento dei casi di cancro, da 80 nel1991 a 380 nel 1997. La metà dei casi di leucemiainfantile sono stati registrati in questa regione, dovevive poco meno del 20% della popolazione dell’interopaese; qui le mogli dei veterani hanno una probabilitàtre volte maggiore d’abortire rispetto alla media ditutto l’Iraq, e la quantità dei casi di cancro riportati è4,6 volte più alta in confronto all’incidenza riscontratalungo tutto il territorio nazionale.9 Un medico internodell’ospedale di praticantato di Basra, la dottoressaZenad Mohammed, addetta al reparto maternità, haannotato il numero delle anomalie riscontrate nei neo-nati, lungo un periodo di tre mesi, a partire dall’ago-sto 1998. Su circa 2.000 nascite, ha riscontrato dieci casidi bambini nati senza testa, otto nati con la testa enor-memente grande e sei con le membra deformate.Anche la dottoressa Basma Al Asam, ginecologa conventidue anni d’esperienza alle spalle, che tuttoralavora all’ospedale “Al Manoor” di Baghdad, hadichiarato che sono almeno sette anni che assiste anascite di bambini deformi, e a frequenti casi d’abortispontanei durante gli ultimi mesi di gravidanza, acausa di difetti congeniti; il fatto è che se, in preceden-za, eventi simili si presentavano una volta al mese,oggi, secondo la dottoressa, s’assiste quotidianamentead almeno tre casi del genere.10

Per capire ancora meglio la situazione drammaticasviluppatasi nel sud del paese, (luogo di molti scontriarmati durante la guerra del Golfo), basti considerareche tra il 1989 e il 1993, i casi di leucemia dell’infanziasono aumentati d’almeno tre volte nelle province

2 Felicity Arbuthnot, “The health of the Iraqi people”, disponibile sul sito web, www.antenna.nl/wise/uranium/dhap996.html

3 Ibidem

4 Sulla vicenda delle nascite anomale nell’atollo di Rongelap, vedi G. Alcalay, The Sociocutural Impact of Nuclear Weapons Tests in the MarshallIslands, Relazione sul campo mai pubblicata, febbraio/aprile 1981, pp.1-2 (citato da Depleted Uranium Education Project-InternationalAction Center, op.cit., pp.138-139).

5 Scott Taylor, “Depleted Uranium and the Gulf War Syndrome”, disponibile sul sito web, www.espritdecorps.on/ca/news8-3.htm

6 Siegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Ziklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, International Conference“The Cancer Epidemic in Iraq and its Possible Link to the Allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibile sul sitoweb, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

7 Alexander Cockburn e Jeffrey St. Clair, “DU: Cancer as a Weapon Radioactive War”, disponibile sul sito web,www.counterpunch.org/du.html

8 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic

9 Phil Gardner, “Casualties increase from use of depleted uranium”, disponibile sul sito web, www.wsws.org/articles/1999/sep1999/gulf-s08.shtml

10 Ibidem

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meridionali dell’Iraq (56% ad Al-Basrah, 183% ad A l -Qadysiah e 350% ad Al-Muthanna), mentre in quellecentrali l’incidenza è rimasta la stessa, facendo cosìd i v e n t a re la leucemia, la quarta forma più comune dic a n c ro nel 1993 (solo nel 1989 era al settimo posto).11 I np a r t i c o l a re alcuni dati in attesa di conferma, riferisconoche i casi di cancro in Al-Basrah sono passati dai 1.713registrati nel 1991 a 22.000 nel 2000. Nello stesso perio-do di tempo, nel distretto di Al-Muthanna, i casi di can-c ro sono passati da 946 a 10.000, mentre nel distretto diKerbela i casi sono aumentati da 511 a 9.600.1 2

L’aumento delle malformazioni alla nascita nel suddal 1991 (in particolare neonati con arti più piccoli delnormale), è stato spesso associato a forme di malattiescomparse ormai da anni, ma stranamente riaffioratedurante l’ultima decade (è il caso del talidomide,responsabile di molti gravi difetti congeniti nei bambi-ni iracheni nati tra il 1956 e il 1961). Tra il 1997 e il1998, i dottori della città di Basra, hanno registrato unaumento di quattro volte nei casi di cancro, rispetto albiennio 1988-1990, e un’alta proporzione di leucemiainfantile e di linfomi; i decessi per cancro sono aumen-tati di nove volte solamente in questo periodo, e moltidei nuovi casi provengono dalle aree immediatamentead est rispetto ai principali campi di battaglia.13

La correlazione tra gli aumenti vertiginosi dei casidi cancro, di leucemie e di malattie congenite e l’usod’armi contenenti UI, è un ormai un dato di fatto,secondo l’opinione di medici scienziati e politici ira-cheni. Lo stesso Ministro della sanità iracheno, il dottorUmid Mubarak, ha dichiarato che “abbiamo prove ditracce d’UI nei campioni prelevati per l’analisi, e ciò va as v a n t a g g i o di quelli che sostengono che i casi di cancro sianoaumentati per altre ragioni.”1 4 Le autorità competentiirachene si sono rivolte ad istituti medici e scientifici,a ffinché costituissero equipe specializzate in grado dic o m p i e re ricerche mediche sugli effetti chimici che learmi radioattive all’UI usate dagli eserciti occidentali,avevano prodotto nella popolazione irachena.

I dati clinici emersi appaiono strani ed insoliti emostrano un aumento irregolare nell’incidenza di neo-plasie15 ematiche, polmonari, digestive e cutanee,come pure un eccesso di patologie congenite e di gravi

malformazioni dei feti. E’ stata costatata inoltre la pre-senza d’organi addizionali anomali, e di casi d’idroce-falo16, d’anencefalia, di patologie oculari, nonché dideformità degli occhi, o addirittura di totale assenzadegli stessi. Nella popolazione residente nelle vicinan-ze o all’interno delle aree colpite dai bombardamenti,sono stati riscontrati casi di parti di gemelli affetti das i n d rome di Down, così come casi d’anomalie schele-triche, di sindromi congenite, di trisomia1 7c ro m o s o m i-ca, seguite da inspiegabili alopecie e da rare patologiecutanee. Tra la popolazione stessa si è diffusa un’epi-demia d’attacchi di vertigine più o meno intensi, asso-ciati a nausea e a perdita dell’equilibrio; infine sonostati dichiarati inspiegabili i casi di sterilità riscontratiin entrambi i sessi, così com’è apparso molto stranol’aumento nell’incidenza d’aborti, di nascite di fetimorti e di parti prematuri o diff i c o l t o s i .1 8

Una testimonianza importante sugli effetti dell’usodelle armi all’UI durante la Guerra del Golfo, c’è statafornita dal Simposio di Baghdad, svoltosi il 2 e 3dicembre 1998, al quale hanno partecipato svariatiricercatori iracheni ed internazionali. Durante que-st’incontro, sono stati presentati 11 studi sopra glieffetti che l’impiego di questo tipo d’armi, provocanell’organismo umano e nell’ambiente (suolo, acque,piante e animali). Gli studi erano costituiti in largaparte da indagini sulla frequenza, in particolare inIraq meridionale, e sulle conseguenze per la salutedelle generazioni future, vista l’elevata incidenza deicasi osservati di deformità congenite. Sono stati pre-sentati, inoltre, dati sulla corrispondenza tra l’alta inci-denza di tumori maligni e le esplosioni d’ordigniall’uranio impoverito.

Pur essendo state fatte in condizioni politicheavverse, senza infrastrutture adatte e con un numerominimo di strumenti (visto i gravi effetti dovuti adotto anni di sanzioni), queste ricerche sono moltoaccurate dal punto di vista della metodologia scientifi-ca, senza considerare inoltre che le indagini si sonorilevate molto più difficoltose per l’assoluto isolamen-to degli scienziati iracheni dai loro colleghi e per lamancanza di riviste scientifiche di pubblicazionerecente e permessi per la partecipazione a conferenze

11 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Deplted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

12 Catherine A. Euler Report on an International Scientific Conference on Environmental Consequences of the Balkan Crisis, Atene, 26 gennaio 2001.

13 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

14 Alexander Cockburn e Jeffrey St.Clair, “DU: Cancer as a Weapon Radioactive Waste”, disponibile sul sito web,www.counterpunch.org/du.html

15 In medicina è sinonimo di neoformazione (ovvero formazione, per lo più patologica, di nuovi tessuti), mentre in fitopatologia è sinonimodi produzione abnorme di cellule, provocata da certi batteri.

16 Deformità della scatola cranica.

17 Mutazione del genoma consistente nella presenza di un cromosoma in più a carico di una determinata coppia cromosomica.

18 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.217.

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internazionali.19 Gli scienziati iracheni, quindi, sonoriusciti a fornire valide prove sulla correlazione tral’impiego d’armi all’UI, impiegate durante il conflittodel 1991, e l’elevata incidenza di neoplasie e di malfor-mazioni congenite, osservata in particolar modo inIraq meridionale.

Una delle ricerche, presentate durante quest’incon-tro tenutosi a Baghdad, e condotta da alcuni membridel Collegio di Medicina dell’Università di Tekrit e diMosul, e del Collegio delle Scienze dell’Università diAl-Anbar, ha studiato il tasso d’incidenza delle patolo-gie neoplastiche e la distribuzione dei vari tipi di can-cro nei pazienti maschi e nelle femmine, ricoverati inquattro ospedali di Mosul, capitale del Governatoratodi Ninevah, prima e dopo la Guerra del Golfo (la regi-strazione dei casi di malattia neoplastica era stata fattaa partire dall’agosto 1989 al marzo 1990 e dall’agosto1997 al marzo 1998).

E’ stato quindi costatato che l’incidenza di tumorimaligni era aumentata di quattro volte e che, tra talimalattie, prevalevano casi di neoplasie polmonari, dileucemie, di tumori mammari e cutanei, di linfomi20 edi cancri al fegato; inoltre lo stesso studio è riuscito adindividuare una maggior frequenza di tumori solidi.La differenza tra la distribuzione delle patologie neo-plastiche fra i maschi e le femmine, era dovuta, proba-bilmente, alla presenza di due nuovi fattori, comel’impatto della guerra e l’impiego d’armi all’UI. Biso-gna considerare che, prima della guerra, le malattieneoplastiche osservate con maggior frequenza, erano,secondo un ordine decrescente, le neoplasie polmona-ri, i linfomi, la leucemia e le neoplasie mammarie.

Dopo la guerra, nel biennio 1997-1998, l’ordine eramutato nel seguente modo: neoplasie polmonari,linfomi, neoplasie mammarie, cancro alla laringe,tumori cutanei e leucemia. Dalle indagini effettuate, èstato dedotto un netto aumento nel tasso d’incidenzadella maggior parte di questo genere di malattia neo-plastica, ovvero di quelle polmonari (tasso cinquevolte maggiore), dei linfomi (quattro volte maggiore),del cancro al seno (sei volte maggiore), dei tumori allalaringe (quattro volte maggiore) e delle neoplasie cuta-nee (undici volte maggiore). In aggiunta, l’incidenzadelle patologie neoplastiche meno diffuse, ha avutoun aumento ancora più evidente: tumori dell’utero

(tasso quasi dieci volte maggiore), cancro al colon (seivolte maggiore), ipernefroma21 (sette volte maggiore),mieloma22 maligno (sedici volte), neoplasie epatiche(undici volte), cancro alle ovaie (sedici volte) e tumoriperianali (venti volte). Va detto, però, che tutti questivalori sono stati calcolati in base ai dati forniti in unarticolo esposto durante il Simposio, dove non è bendefinita nemmeno la percentuale delle persone espo-ste alle esplosioni d’armi all’UI.23

Uno studio epidemiologico iracheno ha preso inconsiderazione cinque tipi di malattia (cancro, aborti,anomalie congenite, neuropatia e miopatia), ed hacondotto una ricerca su campioni selezionati in base aicasi accorsi per ciascuna di queste cinque patologie inciascun governatorato dell’Iraq; per effettuare un’ana-lisi statistica è stato inoltre selezionato un gruppo dicontrollo per ogni malattia in ciascuno dei governato-rati considerati. In questa ricerca si è tenuto contodella distinzione tra le persone soggette ai bombarda-menti e quelle che invece si trovavano nelle regionibombardate, e della storia personale, ambientale,sociale, epidemiologica e delle condizioni di salute,nonché dell’evoluzione della malattia e dell’esposizio-ne ai bombardamenti; infine si è tenuto conto anchedei dati raccolti, (tempo e luogo), sia nel gruppo ana-lizzato sia in quello di controllo.

Le conclusioni di questo studio hanno rilevato unlegame statisticamente rilevante tra l’esposizione aibombardamenti, e l’aumento di cancri, aborti e ano-malie congenite, rispetto al gruppo di controllo (conun rapporto di disparità di 4,6, 3,2 e 2,8.).24 Nei gover-natorati di Diyala, Basra, Misan, Muthanna e Thi-Qar,si è verificato l’aumento più alto dei casi di cancrorispetto al resto dei governatorati del paese, mentre inquelli di Nineva, Diyala, Baghdad, Basra, Misan eNajaf è stato registrato il maggior incremento nei casid’aborto; invece, nei governatorati di Tamim, Diyala,Baghdad, Basra, Misan, Muthanna e Najaf, c’è stata lamaggior crescita dei casi d’anomalie congenite.

I rapporti di disparità riscontrati attraverso laricerca, dimostravano l’esistenza di una deviazionesostanziale verso l’esposizione ai bombardamenti non-ché una relazione con ciascuna delle cinque malattieesaminate nello studio; i test effettuati hanno assicura-to che questa non era dovuta al caso. In aggiunta, gliaumenti dei casi e la loro distribuzione geografica tra i

19 Barbara Nimri Aziz, “Scientists Outside History”, in: Natural History , settembre 1996, pp.14-17 (citato da Depleted Uranium EducationProject-International Action Center, op.cit., p.199).

20 Tumefazione linfoghiandolare da infiammazione cronica o da neoplasia.

21 Tumore del rene che prende origine da residui embrionali della ghiandola surrenale e provoca aumento della pressione arteriosa.

22 Malattia caratterizzata dall’insorgenza, in seno al midollo osseo, di neoformazioni a carattere tumorale, per lo più multiple, che corrodonoprogressivamente l’osso, per invadere poi i tessuti circostanti.

23 Depleted Uraniun Education Project-International Action Center, op.cit., pp.246-247.

24 M. Al-Jibouri, “Environmental and Health Impacts of Aggression on Iraq”, Baghdad, 2000, disponibile sul sito web,www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti

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governatorati coincidevano, geograficamente, con lezone di bombardamento, i luoghi d’operazioni militarie la loro intensità.

I dati raccolti hanno rilevato che il maggior aumen-to si è verificato nei casi di leucemia, seguito da cancriai polmoni, ai bronchi, alle vesciche, alla pelle, allo sto-maco per i maschi e al seno per le femmine, in accord ocon le pubblicazioni dalla World Health Org a n i z a t i o n(WHO) e con i risultati di ricerche internazionali e distudi sull’impatto delle radiazioni ionizzanti. Bisognai n o l t re considerare che l’aumento di questi tipi di can-c ro ha avuto luogo entro tre anni dall’attacco e che altritipi di cancro, come quello alla tiroide, si svilupperàe n t ro uno spazio compreso tra i 10 e i 40 anni, dopo l’e-sposizione alle radiazioni, così come le anomalie con-genite che continueranno a manifestarsi ancora per 3 o4 generazioni, in base al tipo d’esposizione.

Un altro studio epidemiologico, ha analizzato idati disponibili, riguardo ai casi di cancro, d’anomaliecongenite e d’aborto, d’alcuni governatorati, riscon-trando un’associazione causale tra l’esposizione aibombardamenti e l’aumento dei casi di cancro, delleanomalie congenite e degli aborti, nel gruppo campio-ne di malati, rispetto a quello di controllo.25

E’ stato inoltre riscontrato un cambiamento neglistandard epidemiologici dei vari tipi di cancro rilevatiin Iraq, in quanto la leucemia e il linfoma di Non-Hodgkin, sono diventati rispettivamente, il 2° e il 3°tipo di cancro più diffusi in territorio iracheno, mentreanche il cancro alle vesciche ha conosciuto un aumen-to considerevole, tanto che il numero dei casi osservatisi avvicinava a quello dei casi di tumore ai bronchi.Per quanto riguarda la percentuale dell’incidenza diqueste patologie per i gruppi d’età, è stato registratoun aumento nei gruppi tra i 45 e i 50 e tra i 50 e i 55anni, a partire dal gennaio del 1991, rispetto al trendprecedente che registrava la più alta percentuale dicancri in Iraq nel gruppo d’età compreso tra i 60 e i 65anni. Infine, sempre a partire dal 1991, sono emersinuovi tipi di cancro, come l’osteosarcoma26 e il terato-ma27, che, prima della Guerra del Golfo, non avevanomai assunto particolare importanza nel paese.28

Un’antropologa e giornalista specializzata nell’ana-lisi degli effetti della guerra del 1991 e delle sanzionisull’agricoltura irachena, Barbara Nimri Aziz, ha stu-

diato in maniera approfondita il problema degli effettidell’impiego di armi all’UI, sopra la popolazione civileirachena e in particolare l’aumento dei casi d’abortispontanei registrati in tutto il paese a partire dal 1990.Ecco cosa ci dice a proposito:

il Ministero della sanità iracheno non èstato in gradi di fornirmi statistiche sutale fenomeno, ma dalle indagini svoltein cinque ospedali (a Mosul,a Baghdad,a Kerbela), ho scoperto che il numerod’anomalie congenite registrate negliospedali aveva subito un drasticoaumento. Tutti i medici che ho contatta-to mi hanno confermato, in base allaloro esperienza personale, che oggi(1996), tali malformazioni sono diecivolte più frequenti di cinque anni fa.Una dottoressa di Mosul, mi ha spiegatoche prima del 1991 si osservavano duecasi del genere all’anno, mentre ora sene vedono quattro o cinque al mese. Isintomi: “neonati senza orecchie,senzaocchi,senza gli arti o con arti troppocorti, senza genitali sviluppati, con pala-to leporino, piede varo o con la testaingrossata.” Un medico mi ha riferito diaver osservato, per la prima volta in vitasua, un caso di leucemia congenita.29

In un’inchiesta informale condotta dalla stessa dot-toressa in un’area intorno alla città di Mosul, sonostati riscontrati 20 casi di bambini nati malformati suun totale di 160 famiglie sondate. La maggioranza deipadri dei bambini nati morti o deformati, aveva pre-stato servizio nell’esercito durante la Guerra delGolfo.30 Sempre in quell’area, studi condotti da quat-tro università, avevano mostrato un incremento deicasi di cancro cinque volte superiore rispetto al 1991(secondo dati fornitici da un saggio, pubblicato neldicembre del 1998, dal professore MM AL-Jebouri,dell’Università di Tikrit).31

Dopo una lunga permanenza in Iraq per studiaregli effetti provocati dall’impiego d’armi all’UI,Siegwart-Horst Guenther, fondatore e presidente della

25 Ibidem

26 Tumore maligno, primitivo e raro, che si manifesta per lo più alle estremità delle ossa, colpendo quasi esclusivamente i soggetti giovani disesso maschile.

27 Tumore benigno, solido o cistico, per lo più presente alla nascita, e caratterizzato da una struttura complessa, costituita da uno o più tessu-ti, con differenziazione organoide, più o meno evoluta, che talvolta ricorda l’aspetto dei parti fetali.

28 M. Al-Jibouri, “Environmental and Health Impacts of Aggression in Iraq”, Baghdad, 2000, disponibile sul sito web,www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti

29 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.203.

30 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of depleted uranium in Iraq in the aftermath of the Gulf War”, disponibi-le sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

31 Ibidem

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Croce Gialla Internazionale Austriaca, e organizzatoredi diverse campagne contro le malattie e la fame delpopolo iracheno, è arrivato alle seguenti conclusioni:

negli ultimi cinque anni sono riuscito a eseguireestensivi studi in Iraq; in base ai risultati ottenu-ti, ho potuto concludere che il contatto con lemunizioni all’UI produce, specialmente nei bam-bini, i seguenti effetti:-notevole aumento nell’incidenza dellepatologie infettive causate da una graveimmunodeficienza diffusa in vari stratidella popolazione;-frequente insorgenza,anche nei bambi-ni, di gravi infezioni da “herpes sim-plex” e “herpes zoster”;-sindromi simili all’Aids;-una sindrome, finora sconosciuta, cau-sata da disfunzione renale ed epatica;-leucemia, anemia aplastica e tumorimaligni;-deformità congenite, correlate a difettigenetici, osservate anche negli animali;-aborti e parti prematuri nelle donneincinte.I risultati dei miei studi presentano alcu-ne analogie con il quadro clinico descrit-to di recente in merito alla “Sindromedel Golfo”, osservata nei soldati statuni-tensi e britannici e nei loro figli. Lemalformazioni congenite causate dadifetti genetici nei bambini statunitensi eiracheni sono identiche.32

Secondo gli studi effettuati dalla dottoressa HudaAmmash, biologa ambientale e docente all’Universitàdi Baghdad, le ingenti emissioni d’energia scaturitedai massicci bombardamenti durati quaranta giorni, ela conseguente ionizzazione, hanno provocato delleradiazioni diffusesi in tutta l’atmosfera dell’Iraq, e neipaesi vicini, probabilmente fino ai confini meridionalidella Russia, tanto che “gli effetti a lungo termine di unaionizzazione della durata di oltre dieci anni, saranno equi -valenti a quelli di cento Cernobyl.” 33 La stessa ricercatri-ce, assieme ad altri suoi colleghi, ha, inoltre, osservato

una strana epidemia di meningite nei bambini di unsolo quartiere di Baghdad, provocata quasi certamentedagli alti livelli di ionizzazioni: “Casi del genere nonsono mai stati osservati prima in Iraq e, nella situazioneprovocata dall’embargo, il paese non è in grado di provvede -re all’immunizzazione contro la malattia.” 34, mentre lapreoccupazione più grossa per la dottoressa e i suoicolleghi, è che “ il novantanove percento delle vittime diquesta malattia sono bambini.” 35

Infine i numerosi dati raccolti dalla Ammashmostravano un veloce e insolito aumento dei casi dicancro, così come il rapido diffondersi di casi di leuce-mia pediatrica, in particolare in alcune regioni dell’I-raq meridionale, dove negli ultimi anni l’incidenzadella malattia si è quadruplicata. In alcune parti delpaese, invece, le neoplasie mammarie nelle donne gio-vani (d’età uguale o inferiore ai trent’anni), sono risul-tate molto più diffuse rispetto al 1990.36

L’effetto combinato dell’impiego d’armi all’UI edelle sanzioni, ha prodotto risultati allarmanti in Iraq,dove lo scenario, che tuttora si presenta, è inquietantee in aperto contrasto con quanto accadeva prima del1991. Considerando solamente il tasso di mortalità, sicalcola che vi siano quarantamila morti in più l’anno,comparati al 1989, nei bambini d’età inferiore ai cin-que anni, dovute a diarrea, polmonite e malnutrizio-ne, mentre per i bambini d’età superiore ai cinqueanni, l’aumento annuale è stato di cinquantamilamorti, sempre paragonato al 1989, dovuto a malattiedel cuore, ipertensione, diabete, cancri, patologie alfegato e ai reni. Attualmente, almeno il 23% dei neona-ti nasce sottopeso e le malnutrizioni croniche interes-sano _ dei bambini sotto i cinque anni; secondo l’Uni-cef, “circa duecentocinquanta persone muoiono giornal -mente, per effetto delle sanzioni.” 37

La situazione umanitaria in Iraq continua ad esseredisastrosa, per l’assenza di un rafforzamento sostan-ziale dell’economia, dovuta al reiterato embargoimposto dalla comunità internazionale. Gli aiuti uma-nitari non bastano, servono medicinali, attrezzaturesanitarie e infrastrutture di base nuove. I vari pianid’aiuto adottati, tra i quali il piano “Oil for Food”, nonhanno ancora dato un’adeguata protezione dalla mal-

32 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., pp.209-210. Sullo stesso argomento vedi anche Vladimir S.Zajic,“Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web http://members.tripod.com/vzajic ePeter Johnson, “Is NATO using Depleted Uranium in Yugoslavia?-The long term effects of the war”, disponibile sul sito webwww.marxist.com/europe/uranium.html

33 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.200. Sullo stesso argomento vedi anche Felicity Arbuthnot,“Poisoned Legacy-Two articles on the effects of depleted uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sul sito webwww.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

34 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.200.

35 Ibidem

36 Ibidem

37 Anonimo, “Impact of the 9-year sanctions war on the people of Iraq”, disponibile sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk./fact-sheet2.html

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nutrizione e dalle malattie, soprattutto per i bambini.Così rispetto al 1991, c’è stato un aumento del 72% deicasi di bambini d’età inferiore ai cinque anni, che sof-frono di malnutrizione cronica (in numeri, 960.000bambini, che corrispondono al 32% del totale), mentrecirca _ (23%) risulta sottopeso. Solo nel marzo del1994, 480 bambini iracheni appartenenti a questafascia d’età sono deceduti a causa della malnutrizione,e tuttora i casi di morte s’aggirano tra i 5.000 e i 6.000al mese.38

La cosa che più preoccupa è che dopo i 2-3 annid’età, è più difficile per i bambini affetti, guarire daquesta malattia, che provoca danni permanenti al lorosviluppo fisico. Secondo un rapporto della WorldHealth Organization (WHO), del febbraio 1997,

il sistema sanitario iracheno è vicino al col-lasso, perché le medicine e le altre attre z z a-t u re che occorrono per salvare le vite, pre v i-ste dall’accordo Oil for Food, non sonoancora arrivate….I magazzini di medicinalidi proprietà governativa e le farmaciehanno pochi stock di medicine e d’attre z z a-t u re mediche. Le conseguenze di questasituazione stanno portando al collasso delsistema sanitario, che sta vacillando sotto lad i fficoltà d’essere privato di medicine, d’at-t re z z a t u re di base e di pezzi di ricambio.3 9

Sempre il WHO, ha dichiarato in un rapporto delmarzo 1996, che “dall’inizio delle sanzioni, c’è stato unaumento di sei volte nel tasso di mortalità dei bambini sottoi cinque anni, e la maggioranza della popolazione conduceuna dieta da fame.” 40 Sullo stesso problema si è espres-sa anche la Food And Agriculture Organization (FAO),che in un rapporto del settembre 1995, sosteneva che“…il deterioramento dello stato nutrizionale dei bambini, siriflette sull’aumento significante della mortalità dei bambi -ni, che ha raggiunto una cifra cinque volte superiore a quel -la registrata nel 1990…” 41 Ancora un rapporto dellaFAO e del World Food Programme (WFP) sempre delsettembre 1995, dichiarava che “le carenze allarmanti dicibo stanno causando danni irreparabili ad un’intera gene -razione di bambini iracheni “ 42

II.2. Effetti sull’ambiente

Secondo alcuni, l’uranio è solo una delle cause del-l’enorme inquinamento ambientale sviluppatisi inIraq, in Kuwait e in Arabia Saudita, dopo il conflittodel 1991. Il rilascio di sostanze tossiche, provocatodagli incendi agli stabilimenti chimici iracheni, con ilconseguente inquinamento dei principali bacini idrici,gli innumerevoli bombardamenti alle raffinerie e aipozzi petroliferi situati in territorio kuwaitiano, non-ché alle principali infrastrutture civili irachene, (edifi-ci, strade, ponti), hanno prodotto, infatti, una situazio-ne ambientale disastrosa, cui l’uranio ha contribuitosolo in minima parte.43

Le conclusioni di una missione promossa dall’Uni-ted Nations Environmental Programme (UNEP), perverificare l’impatto dell’aggressione armata sull’ecosi-stema iracheno, affermano che i bombardamenti e iraid aerei hanno portato alla distruzione delle centralitermoelettriche e termonucleari, degli impianti d’ac-qua, delle raffinerie e dei depositi di petrolio, cosìcome dei pozzi petroliferi situati in territorio iracheno;il problema, come nel caso degli stabilimenti indu-striali, è che questi bombardamenti hanno portato alrilascio di sostanze chimiche tossiche nell’ambiente.44

A ciò si deve aggiungere la distruzione d’importantifattori produttivi agricoli, come i fertilizzanti, nonchéil danneggiamento della produzione agricola, e in par-ticolare dei raccolti, dovuta alla mancanza di pesticidi,che hanno favorito la proliferazione di parassiti noci-vi, (con il risultato di una conseguente riduzione nellaproduzione cerealicola), mentre una serie d’epidemiedi peste, ha provocato danni ingenti alla produzioned’animali allevati per scopi alimentari. Nella zonaoccidentale desertica dell’Iraq, rovinata e degradatadai pesanti bombardamenti, si è assistito alla quasicompleta estinzione di alcune specie animali che abi-tavano nella zona, come le gazzelle.45

In pratica, la distruzione estensiva delle infrastrut-ture irachene, conseguente al conflitto nel Golfo Persi-co, ha avuto molte conseguenze sulla flora e fauna deldeserto, nonché sulla sua catena alimentare, con lapossibilità che in un futuro, secondo quanto affermatonel rapporto, ci sia un rapido incremento nella popola-

38 Siegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Ziklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, International Conference“The Cancer Epidemic in Iraq and its Possible Link to the Allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibile sul sitoweb, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

39 Anonimo, “Impact of the 9-year sanctions on the people of Iraq”, disponibile sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/factsheet2.html

40 Ibidem

41 Ibidem

42 Ibidem

43 Manuel Albert, “Thinking about DU”, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

44 M. Al-Jibouri, “Environmental and Health Impacts of Aggression on Iraq”, Baghdad, 2000, disponibile sul sito web,www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti

45 Ibidem

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zione d’alcune specie animali, come roditori e scorpio-ni, visto i cambiamenti avvenuti negli elementi dell’e-cosistema iracheno, e i tremendi effetti riscontrati suiterreni fertili e sulla loro produttività.

Bisogna aggiungere che gli ingenti danni alla qua-lità dell’ambiente iracheno e alle sue infrastrutture diprotezione, nonché alle migliaia d’ettari di terrenodestinati all’agricoltura e contaminati da materialeradioattivo, conseguentemente all’aggressione armatada parte degli Stati Uniti, si sono protratti nel tempo,grazie all’azione delle sanzioni economiche imposte alregime di Saddam Hussein, le quali hanno ostacolato iprocessi di recupero della situazione ambientale inIraq. Le malattie alle piante, l’incremento del numerodi roditori e scorpioni, le epidemie riscontrate neglianimali, e la scarsezza produttiva dei raccolti, sonoscaturite anche dall’azione delle sanzioni imposteall’Iraq, che non hanno fatto altro che amplificare glieffetti derivati al conflitto armato del 1991.46

Le sanzioni economiche, quindi, non solo hannoprovocato effetti sulla popolazione (a medio e a lungotermine), ma hanno soprattutto accentuato quelli sul-l’ambiente, mettendo in ginocchio l’intera economia,costretta a richiedere materie prime e altri prodottivietati dall’embargo; per esempio da alcuni anni lamancanza di pesticidi insetticidi e fertilizzanti, ha pro-dotto un livello d’infestazione mai visto prima in Iraq,ben manifestato dalla lunga trascuratezza di pianta-gioni, come il frumento. Nella primavera del 1996, ladottoressa Barbara Nimri Aziz, si è recata di personain una zona settentrionale del paese, situata intornoalla città di Mosul, dove erano presenti coltivazionicerealicole, per vedere con i propri occhi gli effetti pro-vocati dalle sanzioni economiche imposte all’Iraq:

…l’erba non era alta più di dieci centime-tri, mentre in quel periodo dell’anno, unraccolto normale avrebbe dovuto raggiun-gere 45 centimetri d’altezza. Un raccoltoscarso è una cosa, un’altra era quel frumen-to, tanto infestato da essere quasi comple-tamente distrutto. Oltretutto quella trage-dia non sembrava un caso. Ai nostri piedicrescevano principalmente piante di sena-pe e un’altra dallo stelo spesso che io trovaiorribile. Le due erbe infestanti avevanodistrutto quasi completamente le piante difrumento. Le larghe foglie spinose dellaseconda erbaccia ricoprivano gran parte

del terreno. Non vi era alcuna possibilità disepararle dal raccolto. Né in quel momen-to, né nel periodo della raccolta. Quelleerbe avevano consumato gran parte delconcime prezioso e scarso che gli agricolto-ri avevano sparso in quei campi.47

Secondo alcuni funzionari della FAO, l’assenza diconcimi e di semenze migliorate ha avuto una certainfluenza sulla situazione ambientale attuale in Iraq,poiché il loro utilizzo permetterebbe di sfruttare effica-cemente le zone di produzione agricola, e di riportarel’Iraq verso l’autosufficienza nella produzione deicereali.48 Proprio un rapporto della FAO ha dichiaratoche dal 1990, le mandrie di bestiame in Iraq si sonoridotte del 40%, e, mentre prima della guerra c’erano1.512.000 mucche da latte, nell’anno 1995 il loro nume-ro ammontava a solo un milione; per quanto riguardai bufali indiani e le greggi di pecore, le cifre erano pas-sate da un milione e 300 mila capi, a meno di 250.000.Il florido allevamento iracheno di pollame, basato suipollai a funzionamento elettrico (8.400 in tutto il pae-se), è andato distrutto quasi completamente nel giro dipochi giorni, una volta che i bombardamenti nemicine hanno fatto cessare l’attività.49 Il problema dellasopravvivenza dei polli e degli altri animali (così comedell’uomo e delle piante), è legata ai vaccini e allemedicine che l’Iraq non è in grado di produrre da solo,così come non è in grado di procurarsele a causa delledure sanzioni, che ormai continuano da diversi anni.

L’uranio impoverito può aver inciso sulle condizioniambientali della regione del Golfo Persico, vista l’enor-me quantità di proiettili utilizzata durante il conflitto;quest’ultimi, però sono stati rintracciati solo in minimaparte (non più del 10%), o perché esplosi, o perché rico-perti dalla sabbia (restando così sepolti in profondità), op e rché, mancando l’obiettivo prestabilito, sono andati af i n i re in luoghi distanti da quelli conosciuti, mentre lamaggior parte di quelli rimasti sotto la superficie delt e r reno ha preso fuoco a diverse profondità. In questocaso, l’UI contenuto nei proiettili, si presenta sottoforma d’ossido molto solubile in acqua e capace dim i g r a re verso la superficie e in particolare verso lefalde idriche, e può quindi contaminare le varie catenealimentari, grazie anche all’azione della pioggia, risul-tando un elemento nocivo per l’ambiente.5 0

A questo proposito, c’è da considerare la diversapericolosità assunta dai proiettili ancora intatti e daquelli ridotti in piccoli frammenti, sparsi sul terreno

46 Ibidem

47 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., pp.196-197.

48 “L’Iraq potrebbe raggiungere l’autosufficienza nella produzione di cereali: ha l’acqua, ha la terra e ha i tecnici” (citazione tratta da Deple-ted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.201).

49 Ibidem

50 Anonimo, “Depleted Uranium: Questions and Answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

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nelle vicinanze degli obiettivi, i quali possono presen-tare uno stato fisico molto variabile secondo le caratte-ristiche del suolo. L’erosione della superficie di questipenetratori, attuata attraverso un’azione prolungatanel tempo, permette all’UI presente al loro internosotto forma di metallo, di corrodersi e di disperdersinel terreno, tenendo presente la composizione chimicae fisica di quest’ultimo, che determina la trasportabi-lità e la solubilità delle particelle d’UI; così i danniprocurati dai bombardamenti attuati con proiettili diquesto genere non sono confinati alle sole aree dovesono avvenuti degli scontri armati, ma anzi si diffon-dono in tutto il territorio circostante e nelle regionivicine, con gravi conseguenze per l’acqua, l’aria, lepiante e gli animali.51

Le particelle d’UI, come visto in precedenza, pos-sono rimanere sospese nell’aria, grazie all’azione dellasabbia, presente nella zona dell’Iraq e del Kuwait, edessere trasportate per chilometri con l’aiuto del vento,e quindi depositarsi sul terreno; a questo punto, lepiogge permettono alle piccolissime particelle formati-si di penetrare nel terreno e d’intaccare le falde acqui-fere, nonché la catena alimentare. Questo fenomeno èfonte di rischio a lungo termine per le zone dell’Iraq,del Kuwait e dell’Arabia Saudita, nonché causa proba-bile degli aumenti dei casi di cancro registrati in que-st’ultima nazione, e in molte zone degli Emirati Arabie del Bahrein, poiché la quantità d’UI presente nel ter-reno e nell’acqua può essere assorbita dalle piante,dagli animali, (quest’ultimi, attraverso l’ingestioned’erba, terra e acqua), e dall’uomo, che può utilizzarel’acqua proveniente dalle falde inquinate da materialeradioattivo, o cibarsi di carni d’animali che abbianoingerito particelle d’UI. Durante gli studi compiuti interritorio iracheno, Siegwart Horst-Guenther, ha effet-tuato indagini anche sui pericoli per l’ambiente conse-guenti all’utilizzo di un materiale tossico come l’ura-nio impoverito:

i beduini che vivono nei campi di battagliadel Kuwait, gli stessi luoghi in cui i militaristatunitensi si sono addestrati, hanno rife-rito che nel deserto i cammelli, le pecore egli uccelli sono morti a centinaia. Le inda-gini compiute da un veterinario statuniten-se, specializzato in malattie infettive,hanno mostrato che quegli animali nonerano morti né per colpi d’arma da fuoconé per una specifica malattia.52

Una ricerca presentata da due studiosi iracheni,M.M. Saleh e A.J. Meqwer, durante il Simposio diBaghdad (2-3 dicembre 1998), ha preso in esame glieffetti nel lungo periodo dell’uranio impoverito, sul-l’ambiente di sei regioni selezionate, situate nel suddell’Iraq, analizzate dopo un lavoro di raccolta e anali-si di tessuti animali e vegetali, nonché di campioni diterreno e acqua, da parte d’alcuni scienziati che parte-cipavano alla ricerca. Grazie a questo studio, è stataconfermata la presenza d’isotopi dell’U-238, in oltreun terzo dei campioni di piante raccolti attraversoanalisi condotte con la spettrometria gamma, mentrealtri campioni di piante selvatiche hanno manifestatoconcentrazioni elevate d’elementi radioattivi tre voltesuperiori rispetto al fondo naturale.53 Nella popola-zione delle regioni studiate ed esposte all’UI, nelperiodo 1991-1996, attraverso l’inalazione, l’ingestionedi carne e di latte, e per contatto esterno, i ricercatorihanno misurato i livelli medi di radioattività, scopren-do che i neonati e i bambini d’età inferiore ai quindicianni, erano stati esposti a livelli corrispondenti al 70%del valore totale rilevato nella popolazione generale.Attraverso i calcoli eseguiti, è stato visto che nelle areestudiate, “845 mila tonnellate di piante selvatiche comme -stibili erano state contaminate da materiali radioattivi e cheil 31 percento delle risorse animali dell’area era stata espo -sta a contaminanti radioattivi.” 54

III.3. Effetti sui militari

Negli ultimi tempi le cronache dei giornali e dellatelevisione hanno riportato spesso le vicende di solda-ti impiegati durante la Guerra del Golfo, e deceduti oammalatisi in maniera grave dopo il loro ritorno acasa, senza una causa ben definita. L’uranio impoveri-to è stato considerato uno dei principali artefici deiproblemi riscontrati tra i militari impiegati in guerra, iquali spesso hanno pagato con la vita la propria devo-zione alla professione militare, ignari del pericolo aicui andavano incontro durante le loro missioni, non-ché vittime, per alcuni, della sete di potere di governisenza scrupoli, pronti a sacrificarli in nome d’interessipersonali.

Secondo Sara Flounders, una delle coordinatricidell’International Action Center, nel corso del conflit-to, gli Stati Uniti, spinti dal desiderio di prevaleremilitarmente in ogni genere d’operazione bellica,hanno finito per avvelenare i propri soldati chemaneggiavano armi all’uranio impoverito.55 La mag-

51 Ibidem

52 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.211.

53 Depleted Uranium Education Proect-international Action Center, op.cit., p.246.

54 Ibidem

55 Depleted Uranium Education Project-international Action Center, op.cit., pp.29-30.

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gior parte di essi proveniva da comunità già oppressee impoverite, come i neri, gli ispanici e altre personedel Terzo Mondo, da sempre mandate allo sbaraglionei fronti di guerra (come in Vietnam, dove questapopolazione è stata esposta a un maggior numero dimorti, lesioni e casi a lungo termine di sindrome dastress da combattimento). La stessa Flounders, ha inol-tre dichiarato che:

secondo i dati sul personale del Diparti-mento della Difesa americano (30 Settem-bre 1992), nel corso della guerra del Golfoquasi metà delle truppe di stanza nellaregione del Golfo Persico, era composta daneri e ispanici; eppure tali minoranze rap-presentano soltanto il venti percento del-l’intera popolazione statunitense.56

Queste minoranze sono, quindi, state colpite conmaggior frequenza dalla famosa “Sindrome delGolfo”e l’impatto sulla salute fisica e mentale di que-sta guerra, come di quelle passate, si riflette nel fattoche adesso, negli Stati Uniti, 1/3 dei senzatetto è com-posto dai veterani. Di contro, l’esiguo numero di per-dite durante le operazioni militari (147 vittime neicombattimenti, e di questi oltre la metà causata daattacchi incidentali di “fuoco amico”, vale a dire pro-vocati da parte di soldati statunitense o alleati), giusti-ficava l’utilizzo di queste armi all’avanguardia, capacidi rendere, almeno all’apparenza, invincibili le truppeamericane. Bisogna però considerare che i 90.000 sol-dati americani affetti da malattie croniche, tra i 697.000che hanno prestato servizio nel Golfo (di cui 552.000impiegati durante le ostilità)57, sono una realtà con-creta e difficile da giustificare per gli ambienti militari,così come le migliaia di soldati britannici, francesi,sauditi, egiziani, australiani canadesi e iracheni, non-

ché di altri paesi, che si sono ammalati dopo aver pre-stato servizio nel Golfo nel 1991.58

Da quali tipi di malattie sono stati colpiti questiveterani? C’è la possibilità di poter estrapolare daivari casi investigati, una certa tipologia di malattia piùricorrente rispetto ad altre? Si è, infatti, cominciato aparlare di una “ Sindrome del Golfo”, stato cronico dimalattia che porta ad una completa incapacità, asso-ciato a diversi patologie riscontrate nei soldati cheritornavano in patria, dopo aver prestato servizio nel-l’area del Golfo Persico.

I sintomi consistevano in danni agli organi, anoma-lie genetiche, affaticamento cronico, perdita della resi-stenza, aumentata incidenza d’infezioni, mal di gola,tosse, eruzioni cutanee, sudorazione notturna e distur-bi del sonno, nausea e vomito, diarrea, vertigini, cefa-lea, amnesia, stato confusionale, problemi alla vista,spasmi e crampi muscolari, dolori articolari e perditadella mobilità, dolori muscolari, gonfiore ghiandolare,problemi dentari, malformazioni congenite nei neona-ti, perdita di capelli e di peso, ecc…59

Il National Gulf War Resources Center, si è dedica-to allo studio di tale malattia, che, secondo le lorostime, ha colpito tra 50.000 e 80.000 veterani americanie di questi almeno 39.000 sono stati dimessi dal servi-zio attivo, mentre si sono già avuti decessi cheammontano tra i 2.400 e i 5.000 casi.60 Per quantoriguarda la Gran Bretagna, alcune fonti parlano di3.500 militari colpiti dalla Sindrome del Golfo, mad’altra parte c’è chi sostiene che i soldati britanniciaffetti siano 40.000, mentre le morti riscontrate sareb-bero per alcuni 16, e per altri 100, senza considerareche si sono avute manifestazioni di questa malattiaanche tra soldati australiani, canadesi e francesi.61

Il problema è che ancora non si è riusciti a scoprirele cause che possano aver determinato questa nuovamisteriosa epidemia diffusasi tra i soldati; se da una

56 Ibidem

57 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

58 Anonimo, “La Guerra del Golfo e la Sindrome del Golfo (GWS)”, disponibile sul sito web, www.uranioimpoverito.it/golfowar.htm. Sullostesso argomento vedi anche, M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi e M. Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’uranio impoverito (DU),sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari e popolazione”, disponibile sul sito web, www.fimmg.org/notizie/docura-nio.htm, e Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.33.

59 Peter Johnson, “Is NATO using Depleted Uranium in Yugoslavia?-The long term effects of the war”, disponibile sul sito web, www.marxi-st.com/europe/uranium.html. Sullo stesso argomento vedi anche Scott Taylor, “Depleted Uranium and the Gulf War Syndrome”, disponibi-le sul sito web, www.espritdecorps.on.ca/news8-3.htm, Anonimo, “La Guerra del Golfo e la Sindrome del Golfo”, disponibile sul sito web,www.uranioimpoverito.it/golfowar.htm., e Franco Nobile, La prevenzione oncologica nei reduci dai Balcani, Comunicazione al Convegno “Lavalutazione dei rischi da Uranio Impoverito”, Siena, 29 settembre 2001.

60 Siegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Ziklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, International Conference“The Cancer Epidemic in Iraq and its Possible Link to the Allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibile sul sitoweb, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

61 “Secondo organizzazioni indipendenti di veterani, negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna,su 750.000 veterani del Golfo, ben oltre 30.000, aquel che si dice, sono già morti e quasi il 20% ha la sindrome. I dottori diagnosticano stress post-combattimento e prescrivono Prozac” (PedaZoric e Piotr Bein, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference” Facts on Depleted Uranium”, Praga24-25 novembre 2001,disponibile sul sito web, www.endthewar.org).

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parte le varie associazioni sorte a sostegno dei dirittidei veterani sono convinte che l’uso delle armi all’ura-nio impoverito abbia provocato la sindrome in que-stione 62, dall’altra c’è chi pensa, che i sintomi riscon-trati siano il risultato di una serie di fattori combinati,che assieme all’UI, possono aver fatto scaturire lepatologie collegate alla malattia citata.

Tra questi va considerato lo stress, le vaccinazionicontro il botulismo, il carbonchio, l’antrace e altremalattie, la profilassi63 della malaria, il fumo e gliagenti chimici inquinanti emessi dai combustibili bru-ciati e dai pesticidi e insetticidi (come il DDT, il DET, ilmalathion, il fenitrorthion, il propuxur, la deltametri-na e la permetrina), le malattie parassitarie derivatedalle mosche che vivono nella sabbia del deserto o damicroscopici parassiti tropicali che si annidano al lorointerno (come la leishmaniosi, patologia trasmessa dalmorso di diverse specie di flebotomi64 della regionedel Golfo Persico), il rilascio di sostanze chimiche, bio-logiche e di gas nervini da parte delle armi da guerra,i benzeni usati per le disinfestazioni, la piridostigminabromuro (PB), adoperata per la profilassi contro il gasnervino Soman, e infine, le radiazioni elettromagneti-che derivate da un uso cospicuo d’apparecchi radar eradio.65

C’è inoltre da considerare che gli effetti collateraliprovocati da questi vaccini, se combinati con alcunidegli agenti citati, sono ancora allo studio degli esper-ti, che s’aspettano ulteriori scoperte in futuro. Peresempio, le pillole di piridostigmina, (farmaco gene-ralmente prescritto per la miastenia66 grave, usato percontenere gli effetti di un’esposizione potenziale adagenti chimici impiegati in guerra), somministrate alletruppe di stanza nel Golfo, interagiscono reciproca-

mente e provocano effetti collaterali, se prese in com-binazione con altri farmaci sperimentali, oltre che vac-cini, pesticidi e insetticidi67; infatti “ in caso di assun -zione del farmaco si deve evitare l’esposizione a pesticidi einsetticidi(Baygon, Diazinon e Sevin), in quanto tali agentipossono accentuare la tossicità della piridostigmina.” 68

C’è anche la possibilità di una reazione chimica, se ilsoggetto che assume le pillole, si espone a fonti dicalore, o pratica esercizio fisico. Il 50-60% dei soldatiamericani che avevano assunto questa sostanza (iltotale è di circa 500.000), hanno accusato evidentieffetti collaterali, simili a quelli della sindrome coliner-gica, che deriva dall’inibizione dell’enzima acetilcoli-nestere.69 Allo stesso modo del gas nervino e deipesticidi organofosfati, la PB, è un inibitore che puòprovocare stordimenti al sistema nervoso e la degene-razione di quello muscolare, pochi attimi dopo la som-ministrazione di una singola dose, nonché avere effettiritardati sempre sul sistema nervoso, che si possonomanifestare anche dopo dieci anni.70

Le molte testimonianze di veterani, che di ritornodai campi di battaglia, hanno cominciato ad accusarestrani sintomi e si sono successivamente ammalati,sono utili per capire quale tipo di conseguenza abbiaavuto l’uranio impoverito sui soldati impiegati nelGolfo Persico.

Tra questi va sicuramente menzionato il soldatoamericano Jerry Wheat, conducente di un veicolocorazzato Bradley, rimasto vittima di un attacco acci-dentale e colpito da un proiettile all’uranio impoveri-to, e, come molti altri suoi colleghi, non al corrente deirischi derivanti dall’esposizione ad armi di questotipo. Una volta tornato a casa, il soldato Wheat, hacominciato ad accusare forti dolori alla testa e proble-

6 2 Anonimo, “Organisations involved in campaigns against depleted uranium”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium/dhap998.html.

63 Norme e provvedimenti che si devono adottare, collettivamente o da parte di singoli, per la difesa contro determinate malattie, specie seinfettive.

64 Insetto degli Psicodidi, comunemente noto con il nome di “pappataci”.

65 Sull’argomento vedi Peter Johnson, “Is NATO using depleted uranium in Yugoslavia-The long term effects of the war”, disponibile sulsito web, www.marxist.com/europe/uranium.html, M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi e M. Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’ura-nio impoverito (DU), sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari e popolazione”, disponibile sul sito web,www.fimmg.org/notizie/docuranio.htm, Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sulsito web, http://members.tripod.com/vzajic, Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., pp.162-164, e p.190., eSiegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Ziklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, International Conference“The Cancer Epidemic in Iraq and its Possibile Link to the allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibile sul sitoweb, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

66 Malattia da causa ignota che si manifesta con un affaticamento inconsueto e rapido dei muscoli scheletrici.

67 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

68 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.162.

69 Estere acetico della colina: composto molto importante per l’organismo, dal punto di vista biochimico, poichè interviene nella regolazionedella pressione, nella contrazione del cuore e nella trasmissione degli impulsi nervosi.

70 Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

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mi all’addome seguiti da perdite di peso inspiegabili;la cosa strana è che anche i membri della famiglia diWheat hanno cominciato a manifestare strane patolo-gie: il figlio maggiore Joe è stato ricoverato in ospeda-le, pochi giorni dopo il rientro a casa del padre, perproblemi respiratori, mentre l’altro figlio più piccolo,Derrick, nato dopo la fine della guerra, ha delle stranevesciche sulle mani, di cui s’ignora la provenienza.Allo stesso Wheat è stato asportato un tumore allaspalla, sintomo, secondo lui, di un prossimo sviluppodi cancro, in quanto i frammenti di proiettili d’UI pre-levati dal suo corpo, emettono ancora particelleradioattive potenzialmente in grado di provocare altrigravi danni all’interno del suo corpo.71

Purtroppo molti altri soldati, non consapevoli deipericoli derivanti dall’UI, sono rimasti per moltotempo in zone colpite da munizioni all’uranio impo-verito, dove sono tra l’altro avvenuti incidenti ai carrinemici, che hanno lasciato nell’aria ingenti quantitati-vi di polvere d’uranio radioattiva, trasportata dalvento, e in seguito, ingerita o inalata attraverso larespirazione. Altre situazioni di rischio sono state pro-vocate dagli attacchi accidentali di “fuoco amico”, (inquel caso alcuni frammenti di proiettile sono entratinei corpi dei soldati), o dagli stessi militari, alcuni deiquali hanno raccolto pezzi di proiettile all’UI rimasti,con i quali hanno confezionato collane da mettere inmostra come trofeo di guerra, oppure da portare acasa come souvenir, mentre altri si sono arrampicatisopra i carri iracheni distrutti, e sono entrati al lorointerno, per vedere com’erano fatti i carri di fabbrica-zione sovietica.72

Durante il programma “Dateline”, mandato inonda dalla National Broadcasting Corporation (NBC),il 22 febbraio 1994, il sergente statunitense DaryllClark ha parlato della sua esperienza militare nelGolfo e dei problemi di salute di cui soffre tuttora. Luie altri 12 soldati erano in una posizione avanzata neldeserto, quando li fu comunicato che 20 carri irachenisi stavano avvicinando alla loro unità radar. Richiese-ro allora un intervento aereo e poco dopo giunse ungruppo di A-10 che distrusse tutti i carri armati concolpi da cannone di calibro 30 mm forniti di puntaall’UI. A quel punto Clark e i suoi uomini cominciaro-no a tossire e si sentirono soffocare dal fumo dei carriin fiamme, che conteneva anche un aerosol di polverid’uranio impoverito, respirato da lui e dai suoi com-

pagni. Da quel momento, il sergente Clark è affetto daproblemi respiratori cronici e sua figlia Kennedy, natanel settembre del 1992, è nata senza tiroide, ha la fac-cia, il corpo e anche alcuni organi interni ricoperti divesciche rosse, note come emangiomi, e continua asoffrire di gravi problemi respiratori.73 Secondo ungenetista che lo ha visitato, il sergente Clark potrebbeaver ingerito degli elementi radioattivi che potrebberoaver compromesso i suoi spermatozoi, visto che testdelle sue urine, effettuati nel 1994, presentavano anco-ra tracce d’uranio.

In questo documentario è stato presentato inoltre,anche il caso di Carol Picou, infermiera dell’Esercitostatunitense, che assieme al suo staff, composto daaltre sette donne, si è fermata a prestare soccorso in unluogo circondato da carri iracheni in fiamme, espo-nendosi quindi all’UI proveniente dalle corazze arma-te distrutte; il dottor Thomas Callender, di Lafayette,Lousiana, dopo aver visitato la Picou, è riuscito adindividuare degli strani sintomi, straordinariamenteanaloghi a quelli d’altri soggetti che avevano ingeritoelementi radioattivi (quest’infermiera, in seguito èstata congedata per problemi di salute). Ciò non faaltro che confermare le affermazioni del fisico ameri-cano Leonard A.Dietz, secondo cui “le sette colleghe diCarol Picou e i 12 soldati della truppa di Clark sono staticontaminati con UI.” 74

Un’altra testimonianza è quella di Kenny Duncan,autista dell’esercito statunitense, impiegato nel Golfo,nelle operazioni di rimozione dei carri iracheni rimastisul campo di battaglia, anche lui ignaro dei rischi incui stava incorrendo, tanto da dichiarare che: “nessunoaveva mai accennato qualcosa sull’uranio o sull’UI, quandoeravamo là.” 75 Dopo il 1991, sua moglie Mandy hapartorito tre figli che continuano ad accusare problemidi salute, simili a quelli riscontrati tra i soldati di stan-za nel Golfo, ovvero problemi intestinali, fatica cronicae tosse persistente. 76 Vale la pena inoltre riportare lavicenda di Tim Purbrick,: egli, comandante di un carroarmato americano durante il conflitto nel Golfo, non siera mai trovato ad usare le armi all’UI che aveva soprail suo carro, e non ne era mai entrato in contatto, tran-ne un giorno, quando inavvertitamente, aveva deposi-tato il pane e parte della sua razione di cibo sullapunta di questi proiettili. Non era nemmeno statoinformato sui pericoli derivanti dall’immagazzina-mento delle munizioni all’UI o dal loro utilizzo, tanto

71 Per ulteriori approfondimenti sul caso, vedi Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponibile sul sito web,www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/

7 2 Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”,disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm. Sullo stesso argomento vedi anche Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sulsito web, www.gulflink.osd.mil/faq_17apr.htm

73 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.189.

74 Ibidem

75 Alex Kirby, “Depleted Uranium: the next generation”, disponibile sul sito web, http://news.bbc.co.uk/2/hi/tech71122566.stm

76 Ibidem

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da rimanere sorpreso nel vedere i propri compagnimuniti di materiale protettivo, il giorno che aveva sca-ricato i proiettili in un deposito situato in Arabia Sau-dita, dopo la fine della guerra. Le sue condizioni fisi-che non sono peggiorate dopo il ritorno a casa, ma ilfiglio, nato dopo il 1991, presenta una malformazionealla mano sinistra, che ha fatto nascere molti sospettinello stesso Purbrick, convinto che suo figlio stiapagando il prezzo del suo servizio nel Golfo; i suoidubbi sono inoltre aumentati, quando un dottore chelavora nel settore militare, gli ha confermato la scoper-ta di un’alta incidenza di deformità di tipo talidomidenei bambini dei veterani che avevano prestato servizionell’area del Golfo Persico.77

Lo stesso problema è capitato all’ufficiale del GenioCivile, Dwayne More r, e ai suoi compagni della Ia

Divisione di Fanteria di stanza nel Golfo; durante unamissione, infatti, né lui, né i suoi compagni si eranop reoccupati dello scoppio di un veicolo che trasporta-va UI, avvenuto nelle vicinanze del loro campo.“Abbiamo sentito questo scoppio tremendo e abbiamo vistouna nube nera che veniva spinta dal vento verso la nostrad i rezione…la nube veniva spinta dritta verso il nostroc a m p o ” .7 8 Prima del loro ritorno, Mowrer e altri soldatihanno cominciato ad accusare “strani sintomi influenza -li” 7 9, i quali, una volta rientrati a casa, sono aumentatiinvece che diminuiti. Il dottore personale di DwayneM o w rer e i fisici della Veterans Administration, nonsono stati in grado di dare spiegazioni a questo fatto,sostenendo che il loro paziente era sano e che non c’eraniente di cui preoccuparsi; nel frattempo però le condi-zioni di salute dello stesso Mowre r, sono peggiorate,manifestando sintomi come fatica, perdita della memo-ria, fuoriuscite di sangue dal naso e diarrea.

La cosa più strana è che anche uno dei suoi genito-ri ha cominciato a soffrire di problemi all’apparatomotorio e a presentare disturbi insoliti, come gengivesanguinanti, feci contenenti sangue, bernoccoli e pro-tuberanze strane sul naso e sulla lingua, attribuibilisecondo Mowrer, alla sua precedente esposizioneall’uranio impoverito.80

C’è chi invece era al corrente dei rischi a cui eraesposto, ma non ha potuto evitarli, in virtù dell’incari-co ricoperto, come è accaduto a Doug Rokke, impiega-

to nel Golfo dal novembre 1990 al giugno 1991, comeresponsabile dello United States Defence Depart-ment’s DU Assessment Team e come luogotenentedello United States Army Preventive Medicine Com-mand, con il compito d’attuare una pulizia dei veicolicontaminati colpiti da proiettili all’uranio impoverito edel territorio (in particolare quello kuwaitiano), non-ché di fare una campagna informativa sulle precauzio-ni mediche da osservare da parte di ogni membro delpersonale statunitense esposto all’uranio impoverito.Fin dal 1991, infatti, Doug Rokke, aveva messo inguardia il governo statunitense riguardo ai pericoliper la salute dei soldati e per l’ambiente dovuti all’e-sposizione all’UI, che, secondo lui, erano a conoscenzadel Pentagono, come confermato da due memoran-dum, provenienti, rispettivamente, dal Los AlamosNuclear Research Center e dalla Defence NuclearAgency, già in circolazione nel marzo del 1991, primache lo stesso Rokke, insieme al suo team, iniziasse leoperazioni di decontaminazione.81

Dopo la guerra, è stato contattato dal Pentagonoper realizzare un video d’addestramento dove venivainsegnato ai soldati come maneggiare l’uranio impo-verito, ma, purtroppo questo documentario non è maistato mostrato, né alle truppe, né ai civili, nemmenodurante le recenti operazioni di guerra nel territoriokosovaro, facendo nascere molte polemiche al riguar-do.82 Le raccomandazioni più ricorrenti, all’interno diquest’importante documento, erano quelle d’indossa-re maschere respiratorie protettive e tute o protezionispeciali che potessero proteggere le uniformi dal peri-colo di un’eventuale esposizione all’UI.83 Rokkeattualmente insegna presso la Jackson State Univer-sity, nell’Alabama, ed è sempre più convinto che le suecondizioni di salute siano peggiorate proprio per illavoro effettuato nel deserto dell’Iraq e del Kuwait, trai veicoli contaminati dall’uranio. Ecco la sua direttatestimonianza a proposito:

i problemi che ho, sono problemi respirato-ri. I miei polmoni presentano delle stranecicatrici. Quando corro o faccio esercizi, cisono delle secrezioni-liquide che si accu-mulano nei polmoni. Non ho un soddisfa-

77 Ibidem

7 8 Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”, disponibile sul sito webhttp://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm

79 Ibidem

80 Ibidem

81 Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponible sul sito web, www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/

82 Sulla vicenda vedi Lara Marlowe, “Deception Over Health Risks of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web,www.commondreams.org/views01//0201-01.htm

83 Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/

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cente controllo motorio per fare tutte lemolte cose che solitamente ero capace difare, perché i nervi non funzionano comedovrebbero. Problemi agli occhi, problemidi visioni e problemi ai reni.84

Se si considera che il suo corpo supera di 5.000volte il limite tollerabile di radiazioni provocate daun’esposizione all’UI, e che molte persone che hannolavorato con lui in Iraq e in Kuwait sono decedute85,allora è probabile che Rokke in futuro possa soffrire dialtri problemi provocati da questo materiale radioatti-vo. Da anni, sta portando avanti una sua battaglia per-sonale contro le istituzioni americane, soprattutto con-tro il Pentagono che nega un qualsiasi legame dell’u-ranio con la sua malattia, grazie all’aiuto del dottorJack Zeriba, capo della Gulf War Clinic, alla U.S. Vete-ran’s Affairs Clinic di Birmingham, nell’Alabama, ilquale, dopo aver analizzato i problemi respiratori e lecicatrici presenti sui polmoni del signor Rokke, è giun-to alla conclusione che questi sintomi erano derivatidall’esposizione all’uranio e ad altri metalli.86

Bisogna inoltre considerare che molti soldati addet-ti alla manutenzione e al recupero dei veicoli contami-nati, trovatisi a lavorare al loro interno, possono averinalato o ingerito, particelle d’UI sospese nell’aria, cosìcome il personale medico militare impegnato in opera-zioni di soccorso dei compagni rimasti dentro i veicolicolpiti da attacchi accidentali di “friendly fire”, sotto-posti allo stesso rischio.87 Secondo, infatti, uno studiodell’Associazione “Operazione Desert Storm/DesertShield”, su 10.051 veterani americani che avevanoriportato strane malattie, l’82% era entrato nei carrinemici catturati.88

Il problema è che non solo negli Stati Uniti, maanche in altre nazioni che hanno partecipato al conflit-to, si sono verificati casi del genere; nel Regno Unito, il

numero dei casi di Sindrome del Golfo è stato inferio-re rispetto a quello riscontrato tra i soldati americani,ma comunque ragguardevole, considerando che su untotale di 29.000 soldati britannici inviati nel Golfo Per-sico, sono stati riscontrati 8.000 casi di malattia da Sin-drome del Golfo (come visto altre fonti parlano di3.500)89, e più di 400 decessi.90 Bisogna inoltre direche le testimonianze dei soldati britannici ammalati,hanno mostrato delle analogie con quelle dei colleghiamericani, come conferma la vicenda di Eddie Blan-che, istruttore ginnico dell’Esercito, il quale ha comin-ciato ad accusare una serie di sintomi prima dopo ilsuo ritorno dal Golfo Persico, che lo hanno portato inpoco tempo a perdere la vista da un occhio, a potercorrere solo per brevi distanze e con evidenti problemirespiratori, nonché ad accusare dolori lancinanti allearticolazioni.91

Anche in Australia, Nuova Zelanda e Canada, sisono avuti casi simili: il più sorprendente rimane quel-lo del capitano dell’esercito canadese, Terry Riordoninviato nel Golfo Persico nel dicembre del 1990 e rien-trato in patria nel febbraio del 1991, con documentateperdite del controllo motorio, fatica cronica, difficoltàrespiratorie, dolori al torace e lungo il corpo, ossaindolenzite, problemi nel riposare, perdita di memorianel breve periodo, dolori ai testicoli, diarrea e depres-sione, e soprattutto grossi problemi di deambulazione(prima d’andare in guerra, il capitano Riordon, era unappassionato corridore di maratone.).92 Nel tentativodi curarsi e nel provare che la causa della sua malattiaera da attribuire all’esposizione alle radiazioni d’ura-nio impoverito nel Golfo, Riordon ha accumulatodebiti per una cifra d’almeno 100.000 dollari; sonostati, inoltre, necessari otto anni per cercare di com-prendere il suo stato di salute e per scoprire che il suocorpo portava ancora tracce d’uranio nelle ossa e neipolmoni, alla data del suo decesso, avvenuto il 29

84 Ibidem

85 John Pilger, “Iraq: The Great Cover-Up”, in: The New Statesman, 22 gennaio 2001. Questo documento è disponibile anche sul sito web,www.endthewar.org

86 Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponible sul sito web, www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/

87 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army: TechnicalReport, giugno 1995, p.101. e p.119 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.62). Sullo stesso argo-mento vedi anche, Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”, disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm

88 D. Judd, Current Findings: A Health Survey of 10.051 Ill Gulf Veterans, Comitato consultivo presidenziale sulle patologie dei veterani dellaGuerra del Golfo, San Francisco, California, 7 novembre 1995 (citato da Peter Johnson, “Is NATO using Depleted Uranium in Yugoslavia?”,disponibile sul sito web www.marxist.com/europe/uranium.html, da Depleted Uranium Education Project-International Action Center,op.cit., p.62. e da Vladimir S. Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic).

89 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.211.

90 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

91 Ibidem

92 Anonimo, “The Terry Riordon Memorial Fund”, dipsonibile sul sito web, www.umproject.org.

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aprile 1999 (il suo certificato di morte parlava di morteper Sindrome del Golfo).93

A questo riguardo, il dottor Hari Sharma, professo-re emerito in chimica presso l’università di Waterloo,nell’Ontario, Canada, ha condotto tra il 1998 e il 1999,alcuni test sui veterani per verificare la presenza d’u-ranio impoverito nei soldati impiegati nel Golfo, e,grazie all’ausilio di nuove tecniche sperimentali, hascoperto tracce di questo metallo nelle urine dei suoisoggetti dopo otto anni dalla fine del conflitto, riu-scendo quindi a smentire le affermazioni del Ministerodella Difesa e del Dipartimento della Difesa america-no, secondo cui l’uranio impoverito passa velocemen-te attraverso il corpo, non riuscendo a rimanervi perun periodo di tempo così lungo.94 Nel marzo del1999, alcuni veterani malati di nazionalità americana,canadese e britannica, hanno inviato alcuni campionid’urine a questo professore, per fare test di verificacirca la presenza o meno d’UI nel loro corpo. I risultatidei test condotti sopra tutti i militari hanno datoriscontri positivi, così come le misurazioni effettuatesopra i loro corpi, le quali hanno superato di centovolte (e più), il limite di sicurezza consigliato; lo stessoSharma, in base ai suoi studi effettuati, ha previstoalmeno 36.000 morti in più per cancro tra i veteranidel Golfo.95 Alla luce di questi risultati, alcuni rappre-sentanti dei Dipartimenti della Difesa di Gran Breta-gna, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda e Australia,hanno recentemente coordinato le loro ricerche e insie-me hanno contattato il professor Sharma, nell’intentodi conoscere le tecniche usate durante i suoi test, lemetodologie d’analisi e le scoperte.

Un altro importante studioso, il dottor AsafDurakovic, capo della clinica del Dipartimento diMedicina Nucleare della Veterans Administrationall’ospedale di Wilmington, Delaware, ha condottouno studio sopra un campione di ventiquattro vetera-ni direttamente coinvolti nelle operazioni di deconta-minazione dell’equipaggiamento contaminato da UI edei carri armati usati in Iraq, sottoposti ad esamimedici di routine, a studi radiografici e ad accerta-menti di medicina nucleare, poco tempo dopo la finedel conflitto.

I campioni d’urine prelevati sono stati inviati ad

un laboratorio di radiochimica della Veterans Admini-stration situato a Boston, dove misurazioni accurate eaccertamenti aggiuntivi effettuati sui pazienti, hannodato responso positivo riguardo ad una contaminazio-ne da isotopi dell’uranio, e dove sono stati, inoltre,riscontrati gravi squilibri per la salute umana checoinvolgevano il sistema immunitario, l’apparatorespiratorio e gastrointestinale, nonché i reni, seguitada un’intensa patologia del sistema geneto-urinario.96

Molti dei pazienti, sono stati, quindi, sottoposti anumerosi interventi chirurgici ai reni stessi, all’uretrae all’apparato intestinale, senza ottenere nessunmiglioramento; dal 1994, si sono registrati due decessiper cancro ai polmoni, seguiti da altri due per causesconosciute. Non è stato possibile però, effettuare testaggiuntivi sopra altri veterani, perché la ricerca è statainterrotta e il laboratorio di Boston ha chiuso i battentinel 1996, mentre l’Uranium Registry Office è stato resoinefficiente in poco tempo.97

Studi ulteriori del professor Durakovic, hanno pro-dotto una ricerca dal titolo “Analisi quantitativa degliisotopi dell’uranio nei veterani del Golfo, canadesi,statunitensi e britannici”, presentata ad una conferen-za della European Association of Nuclear Medicine(EANM) tenutasi a Parigi nel settembre del 2000 (laricerca in questione era basata su un’analisi dei cam-pioni d’urine prelevati a sedici veterani del Golfo,esposti all’UI). I risultati hanno dimostrato che il 60 %dei pazienti sottoposti ad analisi, presentava livellisignificativi d’uranio impoverito nelle urine, comeconfermato anche da analisi condotte sopra campionidi fegato, di polmoni e di tessuto osseo, e nel 70 % deicasi i disturbi riscontrati erano stati provocati dall’ura-nio, a differenza delle conclusioni dei test delle urineeffettuati dallo staff medico dell’esercito canadese.98

Molti veterani, preoccupati per la loro salute, hannocominciato a richiedere assistenza medica e a sotto-porsi ad accertamenti di varia natura, tanto che:

trentasei soldati statunitensi, di cui venti-due interessati da un’inclusione di fram-menti di UI, hanno richiesto o sono statisottoposti a trattamento medico: essi si tro-vavano all’interno di veicoli colpiti conmunizioni di UI. In un altro rapporto, si

93 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

9 4 Daniel Robicheau, “The next testing site for Depleted Uranium weaponry”, disponibile sul sito web,www.rimbaud.freeserve.co.uk/dhap99f.html

95 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

96 Anonimo, “UMRC Research”, disponibile sul sito web, www.umproject.org. Sullo stesso argomento vedi anche Phil Gardner, “Casualtiesincrease from use of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.wsws.org/articles/1999/sep1999/gulf-s08.shtml e Daniel Robi-cheau, “The next testing site for Depleted Uranium weaponry”,disponibile sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/dhap99f.html

97 Anonimo, “UMRC Research”, disponibile sul sito web, www.umproject.org. Sullo stesso argomento vedi anche Phil Gardner, “Casualtiesincrease from use of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, wsws.org/articles/1999/sep1999/gulf-s08.shtml

98 Anonimo, “UMRC Research”,disponibile sul sito web, www.umproject.org. Sullo stesso argomento vedi anche Scott Taylor, “DepletedUranium and the Gulf War Syndrome”, disponibile sul sito web, www.espritdecorps.on.ca/news8-3.htm

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citano 35 morti e 72 feriti dovuti a “inci-denti di fuoco amico” che hanno coinvoltocarri armati e veicoli da combattimentoBradley. Tali cifre, che comprendono i 36soldati menzionati sopra, corrispondono alnumero complessivo dei militari in cui l’e-sposizione a quantità significative di pol-veri e frammenti di UI durante i combatti-menti è stata ufficialmente riconosciuta.99

Secondo Felicity Arbuthnot, “negli Stati Uniti, piùdi 1/3 dei quasi 600.000 soldati usati nel Golfo hanno chie -sto aiuto agli ospedali della Veterans Administration” 100,mentre a partire dalla fine del 1996, 187.000 veteranihanno richiesto assistenza medica e ne sono stati rico-verati almeno 18.200.101 Sempre negli Stati Uniti èstato riscontrato un aumento nel tasso delle malforma-zioni congenite dei figli dei veterani del Golfo; infatti,un’indagine svolta dalla stessa Veterans Admnistra-tion (VA) nello stato del Mississipi su 251 famiglie diveterani, ha rilevato che il 67 % dei bambini nati dopoil conflitto, presentava malattie classificate come graviinfezioni ematiche o problemi respiratori e addirittura,alcuni di questi bambini erano nati senza orecchie odocchi o con le dita fuse insieme.102

Secondo Lara Flanders, che ci riferisce di questostudio effettuato dalla VA, le malformazioni osservatesono associabili agli effetti delle radiazioni dell’UI ealle infezioni derivanti dalle punture dei flebotomi,m e n t re secondo altri questi problemi derivere b b e ro daivaccini sperimentali, dalle pillole contro le armi chimi-che, dal DET (un repellente per gli insetti) e dal fumop roveniente dagli incendi dei pozzi petro l i f e r i .1 0 3

Gli effetti dell’UI si sono fatti sentire anche sopra iveterani dell’esercito iracheno impegnati nel conflitto:i risultati, infatti, di un’approfondita indagine epide-miologica e clinica, promossa dal dottor Al-Ani del

Collegio Medico di Baghdad, riguardo ai casi di can-cro e di leucemia, sopra un campione di 1425 soldatiiracheni (tutti di sesso maschile), impiegati nelle areepesantemente bombardate intorno alla città di Basra enelle regioni meridionali del paese, hanno dimostratocome l’uranio sia stato in grado di produrre effetti tos-sici di natura radiologica e chimica sui militari irache-ni impegnati nel conflitto (l’indagine è stata incentratanel periodo 1991-1997, e il gruppo in questione avevaun’età compresa tra i 19 e i 50 anni).104 I risultati diquesto studio presentano un chiaro mutamento nelladiffusione dei diversi tipi di neoplasia e un aumentogeneralizzato nell’incidenza dei tumori maligni e, inparticolare di linfomi (dai 10 casi del 1991, si è passatiai 106 del 1996)105, di leucemia e neoplasie polmona-ri, cerebrali, ossee, gastrointestinali ed epatiche, non-ché di cancri al cervello (qui la crescita è stata sorpren-dente: da un caso registrato nel 1991, ai 40 del1996).106 Quest’aumento ha raggiunto il picco massi-mo proprio nel 1996, e la maggioranza dei casi ditumore, (in media l’84% dei casi nel periodo 1993-1997, in base ai dati reperibili nell’articolo in questio-ne), ha colpito personale militare esposto ad esplosio-ni d’armi all’UI, come accertato attraverso intervistepersonali.

I dati più sorprendenti di quest’indagine, riguarda-no la differenza nella diffusione di malattie neoplasti-che tra i soggetti esposti e quelli non esposti. Tra iprimi, il tasso di diffusione era il seguente: linfomi(30%), leucemia (23%), neoplasie polmonari (15%),cerebrali (11%), gastrointestinali (5%), testicolari eossee (4% rispettivamente), pancreatiche (3%), epati-che e delle ghiandole salivari (2% rispettivamente).Invece tra gli individui non esposti le percentualierano: neoplasie polmonari (25%) e gastrointestinali(20%), leucemia (15%), linfomi (14%), tumori epatici(10%), ossei (9%) e cerebrali (7%).1 0 7 A seguito dell’e-sposizione all’uranio impoverito, i tassi di diff u s i o n e

99 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.188. Sullo stesso argomento vedi anche, U.S Army Environ-mental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army: Technical Report, giugno 1994,p.2., e J.C. Helmkamp, United States Military Casualty Comparison During thePersian Gulf War, Journal of Occupational Medicine, vol.36, 6 giu-gno 1994, p.614.

100 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

101 Vladimir S.Zajic ,“Review of radioactivity, military use and health effects of DU”, disponibile sul sito web,http://members.tripod.com/vzajic

102 Laura Flanders, “Mal de Guerre”, in: The Nation, 7 marzo 1994, p.292 (citato da Depleted Uranium Education Project-International ActionCenter, op.cit., p.190., da Daniel Robicheau, “The next testing site for Depleted Uranium weaponry”, disponibile sul sito web, www.rim-baud.freeserve.co.uk/dhap99f.html, e da Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the after-math of the Gulf War”, disponibile sul sito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm).

103 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.190.

104 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., pp.247-248.

105 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of Depleted Uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

106 Ibidem

107 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., pp.247-248.

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delle neoplasie hanno subito un drammatico cambia-mento: se i linfomi, la leucemia e le neoplasie polmona-ri e cerebrali sono predominanti per ordine decre s c e n t etra i soggetti esposti, non lo sono parimenti tra quellinon esposti, dove predominano, nell’ordine, tumoripolmonari e gastrointestinali, leucemia e linfomi.

L’esistenza di un più elevato rischio relativo (cioél’aumento di probabilità che le condizioni consideratesi manifestino nel gruppo studiato, supponendo chetutti gli altri fattori restino uguali), indica la presenzadi un legame intrinseco tra UI e casi di cancro; questacosa è particolarmente vera per i linfomi (rischio rela-tivo 5,6), per la leucemia (4,8) e per le neoplasie cere-brali (4,5); ciò permette di riconoscere e considerarel’uranio impoverito come il fattore scatenante di taligeneri di cancro (la correlazione causale presenta ungrado minore nelle neoplasie polmonari, gastrointesti-nali, ossee ed epatiche). La percentuale di nascite difeti morti, d’anomalie congenite e di sterilità seconda-ria nelle famiglie dei militari iracheni impegnati nellaguerra ed esposti all’UI, corrispondeva all’1,9%, al5,2% e al 5,7% rispettivamente.

Nell’indagine vengono anche citate una relazionedell’Army Environmental Policy Institute (AEPI), e undocumento del Department of Veterans Affairs, dovesi afferma che l’UI è in grado di produrre effetti sullaforma dei cromosomi in termini di un aumento nelloscambio dei cromatidi fratelli; in altre parole è moltoprobabile che l’uranio impoverito generi “effetti tossicichimici e radiologici, dando luogo a sterilità, anomalie con -genite e riduzione di peso, nei neonati figli di soggetti a essoesposti.” 108

L’Italia non ha direttamente partecipato, con pro p r icontingenti, alle operazioni di guerra nel Golfo Persico,ma ha in ogni modo offerto un notevole supporto logi-stico alle truppe impegnate, grazie ai reparti dell’aero-nautica e della marina. I nostri soldati non hanno corsopericoli per la loro salute, provocati dall’esposizione aip roiettili all’UI, impiegati sul campo di battaglia, anchesi sono avuti dei casi presunti di contaminazione da UI,come ci testimonia la vicenda di Vito Vincenzo Mora-m a rco, 31enne di Bari, ascensorista, partito volontario ab o rdo del cacciatorpediniere “Audace”, per un serviziodurato dal 17 gennaio al 20 aprile 1991.1 0 9

In questo caso i sospetti di contaminazione sonoderivati dal fatto che all’interno di questa nave eranocustodite alcune armi, tra le quali missili della Nato,contenenti probabilmente UI, che Vincenzo e i suoi

compagni hanno inavvertitamente maneggiato. Gliematologi del Policlinico di Bari che hanno avuto incura il soldato Moramarco, non sono stati capaci diriconoscere le cause della malattia diagnosticatagli nel1996, ovvero leucemia acuta mieloide, manifestatasidopo il suo rientro a casa. Le attuali condizioni di salu-te del soldato Moramarco, non sono buone, tanto che,come egli stesso afferma, “non posso fare sforzi, non possol a v o r a re, mi è stata riconosciuta al 100 per cento l’invalidità.Tagliarmi un dito è un pericolo, rischioso assumere farmaci.Questa è la vita del leucemico. Una sfida perenne.” 11 0

Come abbiamo visto, sono molti i casi di malattia edecessi riscontrati tra i soldati impiegati nella Guerradel Golfo, che necessitano però d’essere attentamentestudiati, per dimostrare quanto possa l’uranio essereresponsabile delle patologie osservate, nei militari, maanche nella popolazione civile.

IV. EFFETTI DELL’UTILIZZO DELL’URANIOIMPOVERITO DURANTE IL CONFLITTO DEIBALCANI

IV.1. Effetti sui civili

L’impiego d’uranio impoverito nei Balcani, ha dinuovo originato la questione degli effetti indotti dallearmi contenenti materiali radioattivi; come già nel 1991nel Golfo, gli abitanti delle zone sottoposte ai bombar-damenti, si sono trovate ad avere a che fare con le con-seguenze derivate dall’uso indiscriminato di quest’ar-ma, tanto che molte associazioni pacifiste, ecologiste,nonché di tutela dei soldati vittime di guerra, cosìcome molti scienziati, studiosi, ne hanno chiesto lamessa al bando. Le munizioni all’UI formalmente nonappartengono alla categoria delle armi vietate, ma ill o ro uso, rappresenta, nel concreto, una violazione deiprincipi elementari del diritto umanitario internaziona-l e1, che si riferiscono al divieto e all’uso del pro c e s s a-mento d’armi, con le quali s’arrecano danni non neces-sari o soff e renze aggravate alle persone, si causanoe ffetti indiscriminati anche contro coloro che non par-tecipano alle operazioni militari, si viola la neutralitàdi paesi non coinvolti, nonché si provocano danni este-si durevoli e a lungo termine, per l’ambiente naturale.2

Per i sostenitori di questa posizione il problema

108 Ibidem

109 Alberto Selvaggi, “Io, dopo il Golfo malato di leucemia”, in: La Gazzetta del Mezzogiorno, 30 gennaio 2001.

110 Ibidem

1 Questi principi sono stati enunciati nei seguenti documenti: Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907, Convenzioni di Ginevra del 1923,1925 e 1949, Statuto del Tribunale Internazionale Militare di Norimberga del 1945, e Statuto del Tribunale per i crimini di guerra dell’ex-Jugo-slavia.

2 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno, M. Zucchetti, Conseguenze ambientali edeffetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna biologica e medica, anno 9, volume 9, n. 1-2, 2001, p.69. Sullo stessoargomento vedi anche, Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.235.

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rimane quello di riuscire a dimostrare che queste armi,per quanto riguarda i conflitti nei Balcani, ma ancheper la Guerra del Golfo, siano state veramente respon-sabili dei problemi sofferti da queste popolazioni. Leindagini approntate, infatti, da scienziati e da istitutidi ricerca del luogo, hanno dimostrato che gli aumentiregistrati dei casi di malattie, come i cancri e le leuce-mie, dopo la fine del conflitto, non erano stati provo-cati dall’impiego d’armi all’UI; a questo proposito ildottor Dugauchini Binishi, direttore dell’ospedale del-l’Università di Pristina, ha considerato molto improba-bile l’insorgenza di un rischio di leucemia per i soldatiimpiegati in Kosovo, ed ha inoltre dichiarato che nonsi sono verificati incrementi nei casi di cancro tra lapopolazione civile negli ultimi cinque anni.3 Secondouno studio recente, l’aumento dei casi di malattie aireni nei Balcani, sarebbe dovuto alla contaminazionedelle falde acquifere da parte delle tossine che filtranodai depositi di carbone.4 Così, come nel caso delleconseguenze ambientali derivate dall’impiego d’armiall’UI durante la Guerra del Golfo, le sostanze tossicheliberate durante i bombardamenti delle raffinerie dipetrolio e degli stabilimenti industriali di Pancevo e diNovi Sad, con il conseguente inquinamento del fiumeDanubio, sembrano aver avuto effetti più considerevo-li rispetto all’uranio impoverito.

D’altro canto però, alcuni dati epidemiologici indi-cano che in Bosnia, gli effetti a livello d’induzione ditumori provocati dalla guerra, sono già evidenti; ilMinistero della Sanità della Federazione Bosniaco-Croata, ha, infatti, dichiarato che l’incidenza di carci-nomi fra la popolazione bosniaca, è passata dai 152casi su 100.000 persone nel 1999, a 230 casi su 100.000nel 2000. Nello stesso periodo, i casi di leucemia sonoaumentati da 6,2 a 10,4 sempre considerando comeriferimento, 100.000 soggetti.5

Nel libro “L’Atlante epidemiologico delle malattiecancerogene”, pubblicato recentemente a Belgrado,l’autore, il professor Miodrag Djordjevic, sostiene chein Serbia si stia verificando “un aumento continuo e per -manente di mortalità da cancro.” 6 Dai risultati di questostudio è emerso, infatti, che tra le persone d’età infe-riore ai 30 anni, sono state registrate, tra le diagnosiprevalenti, cancri al cervello, alle ghiandole linfatiche,e leucemia. Sempre in questa ricerca è stata fatta una

proiezione futura sul numero dei prossimi malati dicancro, in base alle analisi delle catastrofi ecologichesuccedutesi da Cernobyl fino ai recenti bombardamen-ti della NATO, che ha fornito una statistica dei proba-bili ammalati di cancro in Serbia, fino al 2020. Secondoquanto dichiarato dal professor Djordjevic, “le prognosinon sono affatto ottimistiche, perché dimostrano che da noicrescerà la mortalità da cancro, a differenza dei paesi occi -dentali europei, nei quali s’aspetta un ristagno e una dimi -nuzione del numero dei morti.” 7

Il problema è che ogni anno in Serbia vengonofuori almeno 30.000 nuovi casi di cancro, e, secondostime annuali, il cancro è la causa di morte per 20.000abitanti di questa repubblica (in Vojvodina, e nellaparte est e sud-est del paese, è stato registrato il mag-gior numero di casi di questa patologia). Nella solazona di Pancevo, alcuni dati registrati sui civili hannorivelato che il numero annuo di casi di tumore, giàalto prima dell’attacco (a causa della presenza d’indu-strie chimiche), è passato da circa 2.000 a circa 10.000,dopo i raid aerei della NATO.8

Il dottor Zoran Stankovic, patologo e capo dell’Isti-tuto di Medicina Forense all’Accademia Medica Mili-tare di Belgrado, dopo aver effettuato dei sopralluoghinelle aree più colpite dalla contaminazione radioatti-va, ha dichiarato d’aver riscontrato malattie simili allasindrome del Golfo, così come alte percentuali inattesedi cancro nella popolazione locale.9 Lo stesso Stanko-vic ha effettuato delle indagini sulla percentuale dicancro registrata a seguito della guerra in Bosnia,prendendo in esame le condizioni di salute di migliaiadi persone che vivevano nell’area di Hadzici, pesante-mente bombardata da armi contenenti uranio impove-rito. Dalle sue indagini è emerso che:

Questo gruppo di persone ha sviluppatoun gran numero di malattie maligne,dopo i primi due o tre anni, così comeun aumento nella percentuale di morta-lità. Fino ad ora sono morte, tra loro,quattrocento persone, che corrispondo-no a più del 10% della popolazione ori-ginale di Hadzici, che si era allontanataa seguito dei bombardamenti. Il nostrosospetto iniziale era che ci fosse un lega-

3 Catherine A. Euler, Report on an International Scientific Conference on Environmental Consequences of the Balkan Crisis “Medecins du MondeGreece”, Atene, 26 gennaio 2001.

4 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Ura-nium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

5 Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, Prevenzione tumori, giugno 2002, p.18.

6 L.J. Maksimovic, “L’aumento di mortalità da malattie cancerogene in Serbia”, in: Politika, 19 aprile 2002. Questo documento è disponibileanche sul sito web, www.politika.co.yu/http://2002/0415/01 35.htm

7 Ibidem

8 M. Cristaldi, A. Di Fazio, C. Pona, A. Tarozzi, M. Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’uranio impoverito (DU) sul suo uso nei Balcani, sulleconseguenze, sulla salute di militari e popolazione”, disponible sul sito web, www.fimmg.org/notizie/docuranio.htm.

9 Anonimo, “Serb doctor’s uranium warning”, disponibile sul sito web, http://news.bbc.co.uk/1/hi/health/1118876.stm

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me con gli effetti dell’uranio impoverito.Nessuno può dire che tutte questemalattie maligne siano la conseguenzadell’uranio impoverito, ma suggerirei difare indagini sul gruppo di persone inquestione, dove ancora oggi possiamochiaramente osservare deicambiamenti.10

Nel 1996, in un altro gruppo di 4.500 serbi, prove-nienti da Hadzici e trasferitisi a Bratunac, per ragionidi convivenza etnica, sono stati riscontrati diversi casidi neoplasia sospette, che, secondo i medici, erano daattribuire ai bombardamenti aerei della NATO.11 Aquesto proposito la dottoressa Slavica Jovanovic, hacercato d’intraprendere un’indagine scientifica chefacesse chiarezza sull’inspiegabile tendenza all’au-mento della mortalità registrata tra la popolazione diBratunac nel 1998, dopo che alcune sue ricerche ave-vano costatato la presenza di 200 casi sospetti dimalattie e di decessi, registrati solamente nei primitre-quattro mesi dello stesso anno.12

Durante una conferenza tenutasi a Londra nel1999, il biologo inglese Roger Coghill, ha dichiaratoche nella regione dei Balcani ci saranno 10.000 casi inpiù di decessi da cancro, tra la popolazione del posto,il personale della Kosovo Force (KFOR), volontari,ecc.., dovuti all’uso d’armi contenenti uranio impove-rito, nel corso del conflitto bosniaco.13 Uno staff dimedici della regione bosniaca, ha scoperto, invece, casidi gruppo di patologie come il cancro vicino ai sitibombardati, ed ha inoltre riscontrato che la percentua-le di malati di leucemia negli ultimi cinque anni, nellasola città di Sarajevo, si era triplicata.14

Nel novembre del 1996, in alcune zone della exJugoslavia, sono stati riscontrati 1.000 casi di bambiniaffetti da una strana malattia di origine sconosciuta,con sintomi simili alla Sindrome del Golfo, (diffusi inparticolare nelle regioni di Sarajevo, Foca, Doboj eKnin)15, mentre tra il dicembre 1997 e gennaio 1998, imass-media bosniaci hanno riportato notizie di un

aumento consistente nei casi di leucemia, cancro emalformazioni congenite riscontrate in alcune zonedel paese, così come di una strana epidemia scoppiatatra le mucche. In quell’occasione sono stati, inoltre,rilevati di casi di mutazioni genetiche anche nelle vac-che, e in altre specie mammifere, così come in moltespecie vegetali, ed infine è stata osservata una notevo-le diffusione di casi di “herpes zoster” (o fuoco diS.Antonio), tra i figli dei rifugiati dal Kosovo (malattiamolto insolita tra i bambini).16 I problemi derivatidagli attacchi armati della NATO, sono divenuti argo-menti di discussione anche in una relazione presentataal Tribunale Internazionale per i crimini di guerra nel-l’ex Jugoslavia dell’Aia:

…in svariate località della RepubblicaSrpska, esposte ai bombardamenti aerei(Milici, Vlasenica, Han Pijesak, Sokolac,Pale, Vogosca, Rogatica, ecc.), è statoosservato un numero crescente d’aborti,degradazione embrionale, emorragiepremature nelle fasi iniziali della gravi-danza, nascite premature, nascita di fetimorti, ecc. Anche i casi di morti delbestiame e d’anomalie negli animalineonati hanno subito un aumento.17

Bisogna però aggiungere che i dati epidemiologicijugoslavi, dimostrano come l’uranio impoverito nonsia la sola causa della maggior insorgenza di tumoriregistrati in chi abbia risieduto o risieda nel territoriodella Repubblica Federale Jugoslava, durante o dopole guerre, in quanto l’UI, associato ad altri fattori, hadato forma a quell’inquinamento chimico, indicatocome una delle concause rilevanti dell’aumento deicasi di tumori registrati negli abitanti di quelle zone.C’è però da considerare che gli effetti dell’UI sullapopolazione civile, sembrano non essere solamenteconfinati ai territori dove si sono avuti scontri armati,ma sembrano essersi diffusi anche nei paesi circostan-ti, come ci confermano alcuni dati emersi in Macedo-

10 Ibidem

11 Maria Lina Veca, “Il Generale Fornasiero, Mosca Moschin, gli acquisti incauti e i serbi di Bratunac”, disponibile sul sito web, www.tibe-reide.it

12 Ibidem

13 Kate Randall, “Depleted Uranium weapons used in Balkan War expected to cause thousands of fatal cancers”, disponibile sul sito web,www.wsws.org/articles/2001/aug1999/uran-a5.shtml

14 Alexander Cockburn e Jeffrey St.Clair, “DU: Cancer as a Weapon Radioactive War”,disponibile sul sito web,www.counterpunch.org/du.html

15 Peter Johnson, “Is NATO using Depleted Uranium in Yugoslavia?–The long term effects of the war”, disponibile sul sito web,www.marxist.com/europe/uranium.html

16 Siegwart Horst-Guenther, Uranium missiles: After Zyklon B, a new German technology for a weapon of mass destruction, International Confe-rence “The Cancer Epidemic in Iraq and its Possible Link to the Allied Use of Depleted Uranium Weapons”, 30 luglio 1999, disponibile sulsito web, www.orientmagazine.co.uk/mariamappeal/actual_02.htm

17 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.253.

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nia, riguardo agli aumenti inspiegabili dei casi di leu-cemia acuta, raddoppiati rispetto alla media nazionaledegli ultimi dieci anni.

Alla clinica d’ematologia di Skopje, solo nel 2001,sono stati diagnosticati 45 nuovi casi di leucemiaacuta, e durante il periodo gennaio/febbraio di que-st’anno, sono stati registrati 12 nuovi casi, cioè unamedia mensile di 6 casi; i casi evidenziati riguardava-no pazienti d’età compresa tra i 20 e i 40 anni, prove-nienti per un 1/3 dalla capitale macedone. Secondoquanto dichiarato dal direttore della clinica:

l’aumento notevole del numero d’ammalatiè stato registrato nello scorso anno, quandoabbiamo avuto 45 casi. Questo trend, pur-troppo, sta continuando anche quest’anno.La leucemia acuta non c’entra affatto con ifattori ereditari. La causa di questa malattiaterribile non è stata ancora scoperta. Però ifattori di rischio che favoriscono l’appari-zione della leucemia acuta sono le radiazio-ni ionizzanti, l’abuso di pesticidi, insetticidie l’inquinamento dell’ambiente.18

Nel rapporto stilato dall’UNEP nel marzo del 2001,vengono esclusi potenziali danni per l’uomo, derivan-ti dall’utilizzo d’armi all’UI; secondo quanto affermatonel rapporto, gli unici rischi per l’uomo potrebberoderivare dalla contaminazione delle mani, indotta dauno dei tanti “punti di contaminazione”, associata alrischio di trasferimento alla bocca di materiale conta-minato, come succede spesso ai bambini, oppure dal-l’ingestione diretta del terreno contaminato. In que-st’ultimo caso, però, il pericolo radiologico sarebbeinsignificante, mentre dal punto di vista tossicologico,la possibile ingestione potrebbe superare la dose con-sigliata dalle norme sanitarie in vigore. Solo per glianimali al pascolo, questa modalità d’introduzione ali-

mentare dell’UI, è causa di fenomeni di tossicità chi-mica, grazie alla capacità di quest’ultimi d’ingerire,insieme all’erba, circa 500 grammi di terra al giorno,(altri rapporti ipotizzano fino a 1000 grammi/giornoper animale), e quindi, di provocare indirettamentedanni all’uomo che si ciba delle loro carni.19

IV.2. Effetti sull’ambiente

Durante i conflitti in Bosnia e in Kosovo, sono statidispersi lungo il territorio balcanico, circa quindici ton-nellate d’uranio impoverito, secondo quanto aff e r m a t oda fonti ufficiali governative.20 La Repubblica Federa-le Jugoslava, tramite il suo Ministero per lo Sviluppo,la Scienza e l’Ambiente, ha pubblicato nel 2000, un rap-porto sulle conseguenze ambientali dei bombard a m e n-ti della NATO, dedicando un capitolo intero all’uranioi m p o v e r i t o2 1, mentre all’inizio di gennaio del 2001, ilM i n i s t e ro della Sanità jugoslavo, ha trasmesso pubbli-camente un documento fino ad allora coperto dals e g reto militare, in cui è stato confermato l’impiego diarmi all’UI da parte delle forze NATO, grazie ad esamisul territorio e a test di laboratorio effettuati sopracampioni prelevati nelle zone bombard a t e .2 2

Le analisi di questi campioni di terreno condottedall’Istituto di Scienza Nucleare “Vinca” di Belgrado,hanno confermato l’esistenza di regioni con terrenocontaminato; secondo, infatti, le raccomandazioni diquest’istituto, il livello di contaminazione ammessoper l’attività dell’U-238 è di 200 Bq/Kg23, mentre lemisurazioni effettuate con la spettrometria di gamma,hanno riferito di campioni di suolo con concentrazio-ne d’UI fino a 235 Bq/Kg.24

Le aree colpite sono state, quindi, localizzate erecintate per impedirne l’accesso, nell’attesa di unadecontaminazione, la quale prevede una rimozionedello strato superficiale del terreno e lo smaltimento

18 L.J. Balaban, “I dati choccanti della Clinica per l’ematologia di Skopje”, in: Dnevnik, 19 aprile 2002. Questo documento è disponibileanche sul sito web, http://dnevnik.com.mk/default.asp?pBroj=1831&stID=1756

19 United Nations Environment Programme (UNEP), Depleted Uranium in Kosovo, Post-Conflict Environmental Assessment: Tecnical Report,Ginevra, marzo 2001. Questo documento è disponibile sul sito web, http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html. Sullo stesso argomen-to vedi anche Franco Nobile, op.cit., p.27 e p.68.

20 Le stime della quantità d’uranio impoverito depositato nel territorio della Repubblica Federale Jugoslava, ammontano a 50.000 proiettili,pari circa a 15 tonnellate. Per ulteriori conferme di questi dati di fonti governative, vedi anche Julie Hyland, “Depleted Uranium responsiblefor cancer among Europe’s Balkan troops”, disponibile sul sito web, www.wsws.org/articles/2001/jan2001/uran-j09.shtml

21 S.R.J. Izvestaj, Posledice: NATO bombardovanja za zivotnu redini SR Jugoslavie, aprile 2000 (citato in M. Cristaldi, A. Di Fazio, C.Pona,A.Tarozzi, M.Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’uranio impoverito (DU), sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari epopolazione”, disponibile sul sito web, www.fimmg.org/notizie/docuranio.htm).

22 Stato Maggiore dell’Esercito di Jugoslavia, Settore KoV, Direzione ABHO, Numero riservato 17-3, “Oggetto: uso di munizioni con uranioimpoverito nell’aggressione NATO alla Jugoslavia”, Belgrado, 10 gennaio 2001, disponibile su Tribuna biologica e medica, anno 9, volume 9,n.1-2 2001, pp.67-69.

23 Il Becquerel (Bq) è l’unità di misura adottata dal Sistema Internazionale, che misura il numero di disintegrazioni nucleari prodotte nel-l’unità di tempo da una sostanza radioattiva. Un Bq è l’attività di un radionuclide che decade spontaneamente subendo in media una disinte-grazione il secondo (1 Bq=1 decadimento/secondo).

24 Bisogna precisare che gli standard americani sono più alti, in quanto la soglia di contaminazione sotto la quale non si limita l’accesso adun terreno è di 1.300 Bq/Kg.

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successivo in discariche controllate. Le indagini con-dotte dall’Istituto “Vinca”, hanno mostrato anche lecaratteristiche delle regioni contaminate, nonché laradioattività riscontrata nei campioni di terreno, assie-me alla superficie di terreno contaminata (in alcuniluoghi è stato addirittura comunicato il numero deibossoli di proiettili all’UI ritrovati). Da queste ricercheè risultato che solo nell’area totale di terreno contami-nato con uranio impoverito al di fuori del territoriodel Kosovo e di Metohija, sono stati sparati da 3.000 a5.000 proiettili all’UI di calibro 30 mm da parte d’aereiA-10, corrispondenti a 1-1,5 tonnellate d’UI, questaquantità di materiale radioattivo rilasciato nell’am-biente rende “…possibile la contaminazione dei corsi d’ac -qua di questo territorio, che minaccerebbe non solamente ilresto della Repubblica di Serbia, ma anche i paesi vicini.” 25

Bisogna però tenere in considerazione l’impattosull’ambiente, provocato dalle diverse azioni armatedella NATO, le quali hanno danneggiato molti deglistabilimenti civili industriali della Repubblica Federa-le Jugoslava, all’interno dei quali erano contenutediverse sostanze tossiche; il rilascio di materialeradioattivo come l’uranio, e di prodotti inquinantiderivati dalla distruzione di questi impianti civili, ha,infatti, provocato dei seri danni alla situazioneambientale della regione balcanica.

Una delle conseguenze più rilevanti è senza dub-bio l’inquinamento del fiume Danubio, all’interno delquale sono state riversate grandi quantità di sostanzetossiche, che hanno messo in serio pericolo la flora e lafauna ittica e non, di gran parte dei Balcani. Questofiume, infatti, è una riserva primaria d’acqua potabileper più di 10 milioni d’abitanti della zona, nonchéun’area di grande importanza ambientale, e quindi,qualsiasi agente inquinante rilasciato in questo fiume,ha avuto effetti diretti, sui pesci che vi abitano, e sumolte specie animali che fanno dipendere la loro esi-stenza dall’acqua, come pellicani ed aironi. Secondoalcuni, quest’inquinamento avrà effetti immediatisulla morte di molti organismi fluviali, mentre in futu-ro l’aumento delle tossine contenute all’interno dellacatena alimentare, porterà all’estinzione di alcune spe-cie animali.26

Le autorità ambientali della Repubblica Federale di

Jugoslavia, della Romania e della Bulgaria, hannodimostrato che le macchie di petrolio sono risultate lafonte più probabile d’inquinamento del Danubio,secondo quanto emerso dalle analisi effettuate su alcu-ni campioni prelevate da quest’ultimi.27 Solo in Koso-vo, infatti, la NATO ha consumato l’equivalenteannuo della produzione di petrolio di tutto il mondo. Ibombardamenti hanno provocato la distruzione di 16tra raffinerie e impianti chimici di grossa taglia, 39centrali d’energia elettrica e 77 impianti industriali,riversando quindi, nell’ambiente, migliaia di tonnella-te d’agenti cancerogeni come mercurio (e suoi compo-sti), diossina, ammoniaca, cloruro di vinile monomero,dicloroetano, toluene-disocianato, metalli pesanti,PCB, idrocarburi policiclici aromatici, cloruro d’etile-ne, fosgene, ecc...28

Basta considerare che il bombardamento del com-plesso industriale della città di Pancevo e della raffine-ria di petrolio di Novi Sad, ha prodotto effetti ecologi-ci disastrosi, grazie all’alta emissione di sostanze tossi-che che ha avuto conseguenze non solo nell’area dellacittà in questione, ma anche in tutta la regione dei Bal-cani; molti esperti hanno dichiarato, infatti, che la con-centrazione di gas tossici la momento dell’impattodelle bombe, era 10.000 volte più alta rispetto al limiteconsentito.Questi gas hanno creato delle nuvole disostanze inquinanti, capaci di trasportare materialemolto pericoloso.29

La sola raffineria di petrolio di Novi Sad, a causadella sua collocazione sulle sponde del Danubio, rap-presenta un problema ulteriore per la situazioneambientale della regione, ma non solo, visto che il rap-presentante del Ministero della Difesa russo, hadichiarato che le sostanze nocive provenienti dallacombustione del petrolio nelle raffinerie bombardate edalle industrie chimiche, hanno raggiunto la Polonia estanno per raggiungere la Finlandia, con la possibilitàche giungano in Grecia, in Ungheria e in Italia, graziea condizioni climatiche favorevoli.30 Secondo rapportidel governo romeno, l’inquinamento del Danubio,provocato dai bombardamenti della NATO, costituisceun grave problema, poiché le riserve d’acqua di que-sto fiume riforniscono circa il 90% del fabbisogno idri-co industriale e domestico della Serbia.31

25 Stato Maggiore dell’Esercito di Jugoslavia, Settore KoV, Direzione ABHO, Numero riservato 17-3, “Oggetto: uso di munizioni con uranioimpoverito nell’aggressione NATO alla Jugoslavia”, Belgrado, 10 gennaio 2001, disponibile su: Tribuna biologica e medica, anno 9, volume 9,n.1-2 2001, p.69.

26 Anonimo, “Ecological Catastrophe”, disponibile sul sito web, http://war.mmedia.is/war/analize/ekolo/ekolo2.htm

27 Ibidem

28 M. Cristaldi, A. Di Fazio, C.Pona, A. Tarozzi, M. Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’uranio impoverito (DU), sul suo uso nei Balcani, sulleconseguenze sulla salute di militari e popolazione”, disponibile sul sito web, www.fimmg.org/notizie/docuranio.htm

29 Anonimo, “Information about the effects of the Nato aggression on the environment in the Federal Republic of Yugoslavia”, disponibilesul sito web, www.iacenter.org/yugoenv.htm

30 Ibidem

3 1 Michael Conachy, “Potential environmental catastrophe in Balkans”, disponibile sul sito web,www.wsws.org/articles/1999/jul999/balk-j14.shtml

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Secondo la Regional Environmental Center forCentral and Eastern Europe (REC), l’inquinamentonon riguarderebbe solo il Danubio, ma molti corsid’acqua della Jugoslavia, e di conseguenza il sistemaambientale dei paesi vicini situati lungo il corso delDanubio, come la Bulgaria, la Romania, e l’Ucrainapotrebbe essere minacciato. Il problema è che il perico-lo riguarderebbe anche le zone che s’estendono oltre ilterritorio bagnato da questo fiume, in quanto la super-ficie d’acqua inquinata del Danubio, appartiene albacino pluviale del Mar Nero, del Mar Egeo, delMediterraneo e dell’Adriatico. Nella sola Bulgaria,campioni d’acqua di metalli tossici e metalloidi, prele-vati nei sedimenti vicino al confine con il Kosovo, nelmaggio del 1999, hanno registrato dei valori, di 3 volteper il piombo, di 1.400 volte per il rame e di 30 volteper il cadmio, superiori rispetto ai valori medi di vec-chia data, riscontrati nella zona.

La maggiore preoccupazione nel rapporto stilatodalla REC, espressa dal dottor Radoje, riguarda la per-dita dei 2,5 milioni d’ettari di terreno seminato, sia inJugoslavia che nelle regioni confinanti, associata aduna bassa produttività e alla scarsezza delle scorte dicibo, nonché il rilascio di grandi quantità di tossinedurante i bombardamenti; quest’ultime infatti, unavolta entrate nella catena alimentare, possono conti-nuare ad avvelenare le persone per decadi.32 Nel1999, alcuni scienziati iugoslavi hanno dichiarato che ibombardamenti della NATO stavano provocando ladistruzione dell’intero sistema ecologico della regionedei Balcani, come ci testimonia il dottor Radoje:

dalla combustione d’enormi quantitàdi nafta e dei suoi derivati, vengono rila-sciate più di un centinaio di compostichimici altamente tossici, che inquinanol’acqua, l’aria, e il terreno. Quando que-ste tre elementari condizioni di vita ven-gono compromesse, i fondamenti dell’e-sistenza umana per tutti gli abitanti dellapenisola balcanica, così come per quellidelle regioni vicine, sono in pericolo.3 3

Altri ricercatori, hanno riferito d’un aumento deilivelli di radiazioni in alcune zone dei Balcani, durantee dopo il conflitto in Kosovo; a questo proposito livel-li, registrati in Bulgaria, sono risultati 8 volte sopra inormali standard, (in Jugoslavia il livello normale

riportato era 30 volte al di sopra degli standard con-sentiti). Nel giugno del 1999, alcune misurazioni sullivello di radioattività effettuate a Kozani, nel norddella Grecia, hanno dato dei valori del 25% al di sopradel normale; secondo i ricercatori, in questo caso lapolvere contenente uranio radioattivo era stata portatafino a lì, grazie all’azione del vento.34

Sembra, quindi, che l’uranio impoverito sia uno trai tanti fattori che hanno provocato danni all’ambientedella regione balcanica, a seguito dei conflitti inBosnia e in Kosovo, come ci viene confermato dall’in-dagine promossa nel novembre del 2000, dalla UnitedNations Environmental Programme (UNEP). Questaricerca sulle conseguenze ambientali dell’impiegod’armi all’UI in territorio kosovaro, è stata condottasul campo da un team di 14 esperti provenienti dadiversi paesi europei, che dal 5 al 19 novembre del2000, ha visitato 11 siti colpiti da proiettili all’UI (5appartenenti al settore italiano e 6 a quello tedesco),localizzati nella parte sud-ovest del paese, al confinecon l’Albania.35

In questi luoghi sono stati prelevati campioni diterreno, acqua, vegetazione, e di polvere dai veicoli,nonché frammenti d’armi come penetratori all’uranio,sui quali sono stati effettuati analisi di laboratorio, cosìcome sui resti delle munizioni all’UI (penetratori esabot), ritrovati in 8 degli 11 luoghi visitati (in tuttosono stati raccolti 340 campioni successivamente ana-lizzati da 5 laboratori europei). I risultati di questeindagini, pubblicate nel marzo del 2001, non sono riu-sciti a registrare una contaminazione significativadelle aree colpite con proiettili all’UI (secondo la posi-zione indicata dalle mappe della NATO), ad eccezionedei punti dove sono stati rinvenuti resti di munizioni,i cosiddetti “punti di contaminazione” (per quantoriguarda quest’ultimi, non è stato accertato alcunrischio significativo circa una possibile contaminazio-ne dell’aria, dell’acqua e delle piante). Non è stato,inoltre, rilevato da parte dell’UNEP, un inquinamentoradioattivo dell’acqua, del latte, degli edifici esaminatie degli oggetti, e non si sono avute prove della presen-za d’UI fuori dei siti indicati dalla NATO, anche se lastessa missione ha identificato una certa quantità di“punti di contaminazione”, dove per la maggior parte,la radioattività da UI rilevata era scarsa.

I risultati della missione UNEP in Kosovo, hannodimostrato anche che la maggior parte delle 10 tonnel-late di proiettili all’UI, è rimasta inesplosa e si trova

32 Ibidem

33 Environmental News Service (ENS), “End Eco-destruction Yugoslav Scientists Plead”, disponible sul sito web,www.iacenter.org/nflyby13.htm

34 Kate Randall, “Depleted Uranium used in Balkan War expected to cause thousands of fatal cancers”, disponible sul sito web,www.wsws.org/articles/2001/aug1999/uran-a5.shtml

35 Più precisamente questo team era formato da esperti provenienti dalla Finlandia (Finnish Institute of International Affairs) dall’Italia(ANPA-Agenzia Nazionale Protezione Ambientale), dalla Svezia (Swedish Radiation Protection Institute) dalla Svizzera (AC-LaboratoriumSpiez), dal Regno Unito (Bristol’s University Department of Earth Sciences) e dagli Stati Uniti (Army Center for Health Promotion and Pre-ventive Medicine), assieme ad altri due provenienti dalla IAEAe dall’UNEP.

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probabilmente nel terreno, anche se l’uranio presentein alcuni bioindicatori, come i muschi e i licheni, hadimostrato che un certo quantitativo di polvereradioattiva si è sparsa nell’ambiente al momento del-l’attacco.36 In molti casi, la radioattività, fissata princi-palmente all’asfalto, al terreno, al cemento e alla sab-bia presente nei fori dei penetratori, è risultata talmen-te bassa, da essere difficile da misurare.

Secondo la missione UNEP, il fatto che siano statirinvenuti solo sette penetratori e mezzo e sei rivesti-menti (“jackets”), è la prova ulteriore, che molti altriproiettili sono penetrati nel terreno, o sono sparsi suuna superficie più vasta rispetto a quelle segnalatedalla NATO, oppure sono stati raccolti durante le ope-razioni di pulizia e di rimozione delle mine effettuatedai contingenti della forza di pace in Kosovo (KFOR).

In futuro, quindi, i penetratori nascosti nel terrenoe quelli in superficie potrebbero costituire un rischiodi contaminazione per l’acqua sotterranea e per quellapotabile, e per le persone, poiché è probabile che moltidei penetratori nascosti nel terreno, siano riportatiaccidentalmente in superficie, a seguito d’operazionidi scavo; alla stessa maniera si presenta un rischio dicontaminazione anche nel caso di penetratori ritrovatisulla superficie del terreno.

Per quanto riguarda, invece, il maggior rischio col-legato alla possibile contaminazione dell’acqua pota-bile, occorre effettuare ulteriori verifiche nel tempo, inquanto “la parziale dissoluzione dei proiettili nell’acquapiovana di percolazione del terreno, provocherebbe il tra -sporto dell’Uranio solubilizzato fino alla falda freatica. Dalì, quest’uranio potrebbe raggiungere i pozzi d’acqua potabi -le.” 37 La probabilità di contaminazione dell’acquasotterranea potrebbe aumentare con un fattore da 10 a100, nel caso in cui si verifichi un violento attacco suun’area, con proiettili all’UI, come quello accaduto inKosovo; in questo caso la concentrazione d’uraniorisultante sarebbe superiore alle norme sanitarie racco-mandate dal WHO circa la tossicità chimica dell’acquapotabile, mentre le dosi di radiazioni si manterrebberocomunque molto basse; la presenza inoltre di piccolequantità di U-236 e PU/240 nei penetratori analizzati,non comporterebbe dei rischi per le condizioniambientali dei luoghi dove sono stati rinvenuti questiproiettili all’uranio.38

Bisogna inoltre aggiungere che i rischi maggioriprovenienti dalla possibile contaminazione dell’acqua

potabile, dovuta alla ricircolazione d’UI nell’ambiente(ammesso che l’uranio si disperda in forma solubile),sono stati ridimensionati dai risultati forniti da unmodello sperimentale, secondo cui la dissoluzione di33 proiettili, pari ad una decina di kg d’UI, in unafalda freatica, è in grado di provocare una contamina-zione ambientale di centinaia di volte sotto il limiteconsentito.39 Parimenti, il deposito d’UI sulla vegeta-zione circostante l’esplosione, potrebbe rappresentareuna potenziale via di contaminazione delle catene ali-mentari, ma resta il fatto che alla prima pioggia l’UI, sidiluirà, prendendo altri percorsi all’interno dell’am-biente. Per il dottor M. Solos, professore associato diChimica Ambientale all’Università d’Atene, la tossi-cità chimica dell’UI, in quanto metallo pesante, è ingrado di produrre conseguenze sulla catena alimenta-re della regione balcanica.40

La stessa cosa non varrebbe per l’assorbimentod’UI da parte del terreno contaminato: in questo casole radici sono, infatti, in grado di trasmettere unaquantità di radioattività talmente bassa da essere diffi-cilmente rilevabile. In pratica il rischio di contamina-zione radioattiva da UI nell’acqua potabile è più bassodi quello chimico, senza considerare che esistono nel-l’acqua dei paesi dell’Europa settentrionale, concen-trazioni di un centinaio di volte più elevate, senza chesia stato riscontrato alcun effetto sanitario negativosulla popolazione.

Le conclusioni della ricerca promossa dall’UNEP,hanno raccomandato d’avviare ulteriori indagini, poi-ché i risultati disponibili, non sono stati in grado didare certezze sulla contaminazione attuale e futura delterritorio kosovaro; inoltre l’UNEP ha consigliatod’avviare ulteriori analisi addizionali su quei bioindi-catori, come il lichene e le cortecce, che si sono rivelatidei buoni indicatori ambientali della presenza d’UI,nonché d’effettuare una missione in Bosnia (dove, tral’altro è stata attestata la presenza da 5-6 anni, dimateriale militare sepolto, o in superficie), visto lecondizioni ambientali simili a quelle del Kosovo, gra-zie all’apporto offerto dai dati riscontrati proprio interritorio kosovaro, i quali possono essere estesi adaltri siti della stessa regione, colpiti anch’essi daproiettili all’UI, così come in Serbia e in Montenegro(nel caso del Kosovo i luoghi visitati rappresentavanoil 12% di tutti quelli attaccati con armi all’UI durante ilconflitto).41

36 United Nations Environmental Programme (UNEP), Depleted Uranium in Kosovo, Post-Conflict Environmental Assessment: Technical Report,Ginevra, marzo 2001. Questo documento è disponibile sul sito web, http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html

37 Franco Nobile, op.cit., p.56.

38 United Nations Environmental Programme (UNEP), Depleted Uranium in Kosovo, Post-Conflict Environmental Assessment: Technical Report,Ginevra, marzo 2001, pp.35-36, disponibile sul sito http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html

39 Franco Nobile, op.cit., p.49.

40 Catherine A. Euler, Report on an International Scientific Conference on Environmental Consequences of the Balkan Crisis,” Medecins du MondeGreece”, Atene, 26 gennaio 2001.

41 United Nations Environmental Programme (UNEP), Depleted Uranium in Kosovo, Post-Conflict Environmental Assessment: Technical Report,Ginevra, marzo 2001, p.36, disponibile sul sito web, http://balakans.unep.ch/du/reports/report.html

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Alle stesse conclusioni della missione dell’UNEP, ègiunta anche un’indagine multidisciplinare condottanell’ambito della collaborazione scientifica instauratatra la sezione senese della Lega contro i tumori e ilDipartimento di Scienze Ambientali dell’Università diSiena, nella seconda metà del mese di giugno del 2001,in alcune zone a rischio ambientale del Kosovo. Que-st’indagine è stata incentrata su due ambiti diversi diricerca: il primo destinato a definire le qualità dell’am-biente nell’area urbana di Kosovska Mitrovica, nelKosovo settentrionale; il secondo programmato alloscopo di valutare le eventuali implicazioni ambientalilegate all’immissione d’uranio nelle sfere geochimichedi superficie, a seguito dei bombardamenti con proiet-tili all’UI. In particolare, nella prima ricerca è statoattuato un monitoraggio della zona, adoperandodiverse matrici ambientali (acque e sedimenti fluviali,suoli, piante, licheni, organismi animali, aria, ecc..),prelevati all’interno dell’area mineraria di Trepca, edell’area industriale della zona. Nella seconda ricerca,invece, sono stati prelevati campioni di suolo, piante elicheni ed organismi animali, vicino alle zone d’impat-to dei penetratori all’UI.

Le conclusioni di quest’indagine hanno riscontratovalori di radioattività, nelle zone colpite con armiall’UI, concordi con quelli rilevati dai ricercatori dellamissione UNEP; sono stati registrati, inoltre, valorinormali di radioattività d’intensità medio-bassa, soloin corrispondenza dei punti d’impatto dei penetratoriall’UI, mentre, questi valori, ad una breve distanza diapunti d’impatto, si riallineavano a quelli compatibilicon la naturale radiazione di fondo.42

IV.1. Effetti sui militari

I recenti scenari di guerra in Kosovo nel 1999 eprima ancora in Bosnia nel 1994-1995, hanno di nuovoposto il problema dell’impiego d’armi contenenti ura-nio impoverito, e delle sue conseguenze sopra i milita-ri impiegati in questi teatri di guerra, visto i nuovi casidi malattie e di decessi riscontrati dopo il loro rientroin patria tra i soldati appartenenti ai diversi contin-genti nazionali impegnati nei due conflitti dei Balcani,analoghi a quelle d’altri soldati, in molti casi apparte-nenti alla stessa nazione, schierati durante il conflittonel Golfo Persico. Queste vicende hanno, di fatto, ali-mentato i sospetti che l’UI sia uno dei maggioriresponsabili delle malattie riscontrate tra i soldati, eche quindi esista un nesso causale tra l’impiego d’armicontenente questo materiale radioattivo, e l’insorgen-za dei gravi disturbi riscontrati nei militari impegnati

nelle varie missioni. Così molti veterani canadesi, bri-tannici e statunitensi, hanno cominciato a pensare chela Sindrome del Golfo, assieme ad una presunta Sin-drome dei Balcani, fosse il risultato dell’esposizioneall’UI, dato che, molti soldati hanno iniziato ad accu-sare sintomi, in molti casi ricorrenti, ed analoghi aquelli riscontrati tra i soldati impegnati nella guerradel Golfo, come fatica cronica, perdita di capelli, asso-ciati a varie tipologie di cancro.

La NATO ha però, più volte dichiarato che altrisono stati i fattori alla base della Sindrome dei Balcani,come ad esempio, gli agenti chimici per il legno utiliz-zati dai soldati, il benzene usato per ripulire le pistole,mentre i mass media hanno chiamato in causa i depo-siti di amianto e la contaminazione da piombo nelKosovo, quale fattore scatenante delle patologieriscontrate tra i militari impiegati. Dichiarazioni dellastampa associata provenienti dal Kosovo, hanno, inve-ce, indicato il piombo, le acque di scolo non trattate, lapolvere proveniente dagli stabilimenti di cemento e letossine delle fabbriche dimesse.43 Anche nell’operacitata del professor Nobile, è stata indicata una serie diconcause che, combinate assieme, avrebbero prodottole patologie riscontrate nei soldati reduci da missioninei Balcani; tra queste, ci sono i solventi utilizzati perla pulizia e la manutenzione delle armi, gli insetticidi,i disinfestanti, la tossicità provocata dagli incendi veri-ficatesi in zone d’operazioni militari (depositi di car-burante, complessi industriali..), il fumo del tabacco,gli eccessi di superalcolici, d’altre patologie infettive,nonché le vaccinazioni ripetute nel tempo.44

Proprio quest’ultimo fattore, è stato indicato come“la” causa determinante delle malattie dei soldati ita-liani schierati in territorio balcanico, come confermatorecentemente dalle attività d’indagine promosse dal-l’Osservatorio per la tutela delle Forze Armate, secon-do cui i decessi per leucemia dei militari, sarebberostati provocati da “vaccinazioni selvagge”. Infatti,sostanze tossiche, come il mercurio, presenti nelle fialedei vaccini somministrati, “interagendo con un ambientefortemente tossico e contaminato quale quello in cui opera -vano i militari” 45, possono aver avuto la funzione di“attivatori” dei tipi di malattie riscontrate tra i milita-ri, anche se la Direzione Militare della Sanità ha esclu-so questa ipotesi, sostenendo invece, che le concentra-zioni di mercurio all’interno delle fiale somministrate,erano irrilevanti, e quindi non in grado di procuraredanni alla salute umana; come afferma lo stesso Leg-giero:

abbiamo scoperto che la somministrazionee la posologia effettuate sui militari non

42 Franco Nobile, op.cit., pp.60-65.

43 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Ura-nium, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

44 Franco Nobile, op.cit., p.73.

45 Notizie AGI del 5 febbraio 2002, “Osservatorio: militari morti per vaccini non per uranio”.

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corrispondono alle direttive del Ministero.Secondo quel documento i dieci tipi di vac-cinazioni avrebbero dovuto essere eseguitisui ragazzi almeno 28 giorni della loro par-tenza. Al contrario sono stati vaccinati sulposto, con richiami fino a un anno dallaprima vaccinazione.46

Dello stesso parere è anche l’ammiraglio FalcoAccame, il quale ha dichiarato che la somministrazio-ne di dosi massicce di vaccini in una sola volta, è capa-ce d’abbassare le difese immunitarie, mentre, secondolui, sarebbe consigliabile distribuire le dosi di vacciniin un periodo di tempo più lungo (uno o più mesi).47

Sulla base di questi diversi pareri, le autoritàgovernative di molti paesi europei alleati della Nato,hanno chiesto un intervento di quest’ultima e del Pen-tagono, per condurre una ricerca circa l’impatto del-l’UI sulla salute e sull’ambiente, dopo che le assicura-zioni fornite in un primo tempo da queste due auto-rità politiche, non avevano suscitato una particolareconsiderazione e fiducia. Così paesi come l’Italia, ilBelgio, la Francia, il Portogallo e la Germania, si sonosentiti direttamente coinvolti nella vicenda, dopo che,nel gennaio 2001, sono stati riscontrati 12 decessi perleucemia e altre forme di cancro tra soldati, apparte-nenti a nazionalità diverse (tra di cui 6 italiani, 5 belgie 1 portoghese), mentre, nel frattempo, altri soldati ita-liani, spagnoli, francesi, olandesi (anche in questopaese ci sono stati due casi di morte tra i soldati rien-trati da missioni nei Balcani), inglesi, cechi e romeni,hanno cominciato ad accusare i primi sintomi dellacosiddetta Sindrome dei Balcani, tanto che molti paesieuropei hanno iniziato ad effettuare test sopra le pro-prie truppe impiegate nei conflitti citati.

La Germania stessa ha chiesto la messa al bandodelle armi all’UI, nel gennaio dello scorso anno, men-tre il Ministero della Difesa stava riesaminando tutti icasi di leucemia riscontrati tra i propri soldati; questadecisione ha suscitato però molte perplessità nel Can-celliere tedesco, Schroeder, il quale ha espresso più diun dubbio sulla presunta pericolosità di questo tipod’armamento (ma lo stesso Cancelliere aveva, in pre-cedenza, richiesto più volte, l’apertura di un’inchiestasull’uso delle armi all’UI, sparati dagli aerei A-10durante la guerra in Kosovo).

Dopo la morte per leucemia di due soldati e varicasi riscontrati di malattie all’interno dei propri con-

tingenti, il Portogallo ha attuato un programma dimonitoraggio e di controllo dei 10.000 soldati porto-ghesi impiegati nei Balcani dal 1996, iniziato il 9 gen-naio del 2001 e tuttora in vigore, attraverso dei testeffettuati e garantiti dalle stesse autorità governativeportoghesi e senza condizionamenti esterni, secondo idettami impartiti dal Primo Ministro portoghese,Antonio Gutierres:“vogliamo che la nostra informazionesia basata proprio sui nostri test… è la migliore garanziad’ottenere la verità” 48. Sempre, nell’ambito di questavicenda, tre ministri del governo sono partiti per ilKosovo, con lo scopo d’investigare sopra gli effettidelle armi all’UI sulla salute umana.

In Spagna, la Croce Rossa nazionale, ha effettuatoesami medici sopra 58 soldati impiegate nei Balcani,dopo che si sono verificati ufficialmente tre decessi trai veterani schierati nel territorio balcanico, che, si sonoaggiunti ai quattro casi di malattie riscontrati e ad altridodici che richiedevano ulteriori indagini sul proble-ma UI. La Russia, impegnata in operazioni di “peace-keeping” in Kosovo e in Bosnia, rispettivamente con3.000 milizie e 1.000 milizie, ha dichiarato tramite ilsuo Ministro degli Esteri, Igor Ivanov, di voler intra-prendere indagini sull’UI, che vedano coinvolte sia ilWHO, sia la IAEA che l’ONU, mentre in Grecia, l’expresidente dei deputati del Parlamento greco, Emma-nuel Drettakis, ha chiesto alla NATO, di sgombraretutte le tracce d’uranio impoverito dal territorio yugo-slavo e di “ricompensare tutte le vittime attuali e future diquest’arma letale” 49, ottenendo una secca smentita daparte della stessa NATO, la quale si è giustificatatirando in ballo l’ONU, nelle possibili operazioni didecontaminazione del territorio. La Francia, sta attual-mente sostenendo una vecchia richiesta del Belgio edel Portogallo, d’avviare un’inchiesta da parte deiministri della Difesa dell’Unione Europea, sull’usodell’uranio impoverito, dopo che nel paese sono statiriscontrati quattro casi di leucemia tra i soldati impie-gati nei Balcani (perfino la Repubblica Ceca, ha dichia-rato di voler investigare sulla morte misteriosa di unpilota d’elicottero avvenuta nel gennaio 2001 per unamalattia del sangue).50

I governi della Danimarca, della Norvegia, dellaSvezia e della Finlandia, hanno disposto controlli sututti i soldati che hanno partecipato alle operazioni dipace in Bosnia e in Kosovo, per rilevare eventuali sin-tomi della cosiddetta Sindrome dei Balcani.; nella solaNorvegia è stato attuato un programma di check-up

46 Anna Leogrande, “Altro che uranio, sono caduti per mano dei vaccini”, disponibile sul sito web, www.clorofilla.it

47 Falco Accame, Comunicazione al Procuratore Militare, Dott. Antonio Intelisano e alla Procura Militare di Roma, Raccolta personale di documentie articoli sull’uranio impoverito, Roma, marzo 2002.

48 Harvey Thompson, “Mounting evidence points to poisonous legacy of NATO’s depleted uranium munitions”, disponibile sul sito web,www.wsws.org/articles/2001/jan2001/uran-j26.shtml

49 Ibidem

50 Julie Hyland, “Depleted Uranium responsible for cancer among Europe’s Balkan troops”, disponibile sul sito web, www.wsws.org/arti-cles/2001/jan2001/uran-j09.shtml

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per 20.000 soldati che avevano operato in missioni neiterritori balcanici; in Belgio, le autorità governativehanno cominciato ad inviare questionari sulla salute a12.000 soldati impiegati nei Balcani, mentre le associa-zioni che tutelano i militari, stanno pianificando un’a-zione legale contro il governo, dopo le denunce partitedai veterani stessi.51 Il primo caso accertato di Sindro-me dei Balcani in Gran Bretagna, è stato quello diKevin Rudland, quarantunenne ex-ufficiale del geniodell’Esercito britannico, il quale, dopo alcuni mesi dalsuo rientro dal servizio in Bosnia, effettuato tra ildicembre del 1995 e l’aprile del 1996, ha cominciato adaccusare strani sintomi (caduta di capelli, denti marcitiin poco tempo, fatica cronica, osteoartrite), associati agravi problemi all’intestino. Secondo lui, la malattia èstata causata dal contatto con la polvere all’UI: “almomento posso essere il primo in questo paese, ma credo chece ne siano altri che non si sono ancora fatti avanti o chenon sono a conoscenza.” 52

L’Italia è stata la nazione che forse più d’ogni altraha cercato di far luce su questa vicenda dopo i recenticasi di militari italiani impiegati in Bosnia, affetti daleucemie e da linfomi di Hodgkin. Nel nostro paese, lavicenda uranio impoverito ha avuto un notevoleimpatto sull’opinione pubblica italiana, diventando inpoco tempo, un tema importante nella cronaca italianadegli ultimi anni, grazie allo sforzo compiuto dai mili-tari e dai familiari stessi nel denunciare la loro situa-zione di fronte alle autorità statali e all’opinione pub-blica, nonché all’operato d’alcuni personaggi chehanno dato voce alle denunce partite dai soldati stessi.Tra questi va soprattutto citato l’ammiraglio FalcoAccame, presidente dell’Associazione Nazionale Vitti-me Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Cadu-ti (ANA-VAFAF), nonché ex-presidente della Commis-sione Difesa alla Camera dei Deputati, da anni impe-gnato in una battaglia contro le istituzioni pubbliche,che non vogliono riconoscere l’UI quale fattore deter-minante dei numerosi casi di malattie e di decessiriscontrati tra i militari italiani in servizio nel territoriodei Balcani.

I primi casi in Italia, di decessi attribuiti all’uranioimpoverito, sono stati riscontrati nel settembre del1999, con la vicenda di un giovane sottufficiale sardo

di Nuxis, Salvatore Vacca, morto di leucemia fulmi-nante dopo il suo rientro dalla Bosnia, avvenuto appe-na cinque mesi prima, a cui ha fatto seguito quella diun altro giovane militare sardo impiegato in Bosnia,deceduto all’improvviso per una grave forma tumora-le.53 I familiari delle due vittime hanno attribuito ildecesso di questi giovani soldati all’uso d’armi all’ura-nio impoverito nei territori dell’ex-Jugoslavia, comeconfermato dallo stesso Accame, il quale al momentodell’accaduto aveva espresso la sua preoccupazioneper lo schieramento dei militari italiani in aree doveerano state impiegate armi all’UI, in quanto pericoloseper la salute umana.54

Un altro caso di morte sul quale grava il sospettodi contaminazione da uranio impoverito, è quella diSalvatore Carbonaro di Floridia, Siracusa, due volte inmissione in Bosnia, e morto di leucemia, tra il 5 e il 6novembre del 2000 nel reparto d’ematologia dell’ospe-dale San Matteo di Pavia, secondo quanto rilevatoufficialmente dai referti medici che hanno parlato dileucemia, manifestatasi tre mesi dopo il rientro dallasua seconda missione a Sarajevo. Lo stesso Accame hadenunciato anche il caso di un sottufficiale degli alpinidi Feltre, che “ammalatosi di tumore dopo essere stato inservizio in Bosnia, è costretto a pagarsi di tasca sua le curechemioterapiche” 55, nonché l’esistenza di un’altra pre-sunta vittima della Sindrome dei Balcani, un militareromano ammalatosi dopo essere stato in missionenella ex-Jugoslavia.

Alcuni di questi ragazzi hanno voluto direttamentetestimoniare la propria condizione personale di soldatimalti, come Corrado Di Giacobbe, caporalmaggioredella brigata alpina “Taurinense”, cui è stato diagno-sticato un linfoma di Hodgkin dopo il ritorno dal ser-vizio prestato presso la caserma “Tito Barak” diSarajevo, tra il gennaio del 1997 e il febbraio del 1998.Durante la sua degenza all’ospedale S.Anna di Ferra-ra, è stato intervistato da inviati del TG5, ai quali hadichiarato, a proposito del presunto legame tra UI emalattie riscontrate nei militari: “io posso dire che puòe s s e rci o non esserci un legame, ma quel che è sicuro, siamostati tutti nei Balcani, quindi più di questo.” 5 6 Dopo esser-si sottoposto a tre cicli di chemioterapie, lo stesso Gia-cobbe ha cercato di fare l’ultimo tentativo per salvarsi

51 Richard Norton-Taylor, Ian Black e Peter Capella, “Climbdown on Gulf War Syndrome”, in: The Guardian, 9 gennaio 2001. Quest’articolo èdisponibile anche sul sito web, www.gulfveteransassociation.co.uk. Sullo stesso argomento vedi anche, NATO Parliamentary Assembly,B a c k g round Document on Depleted Uranium, B ruxelles, 16 febbraio 2001, disponibile sul sito web, www. n a t o -pa.int/publications/press/p010216b.html

52 Julie Hyland, “Depleted Uranium responsible for cancer among Europe’s Balkan Troops”, dipsonible sul sito web, www.wsws.org/arti-cles/2001/jan2001/uran-j09.shtml

53 Anonimo, “Uranio impoverito dietro la morte dei 2 militari sardi?”, in: La Nuova Sardegna, 19 dicembre 1999.

54 Anonimo, “L’uranio arricchito ha ucciso Salvatore Vacca”, in: La Nuova Sardegna, 28 novembre 2000.

5 5 Anonimo, “Bosnia, l’inquinamento da uranio esiste”, disponibile sul sito web,www.lapadania.com/2001/gennaio/03/03012001p03a2.htm

56 Ibidem

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dal linfoma che lo stava divorando, e nel settembre del2001 è andato a Parigi per sottoporsi ad una nuova tec-nica di trapianto di cellule staminali, grazie ai contribu-ti raccolti da una sottoscrizione promossa dall’Osserva-torio per la tutela delle Forze Armate. Questi contributisi sono rilevati, però inutili, visto che il giovane militareè deceduto il 6 novembre del 2001.5 7

I casi sospetti di linfomi e leucemie non sono statiriscontrati solo nei militari impiegati in Bosnia, maanche in quelli di stanza in Kosovo; secondo l’Osser-vatorio per la tutela delle Forze Armate, associazionedi rappresentanza dei soldati in missione all’estero,nell’aprile del 2001, sono stati registrati quindicidecessi e oltre cinquanta casi sospetti tra i militari diprofessione e volontari, “del contingente di pace reducidalla Bosnia e marchiati a morte dall’UI” 58, costretti alasciare le divise per sottoporsi a cure mediche dovutead inspiegabili patologie radioattive.

Il rapporto dell’Osservatorio citava anche i nuovitre casi registrati e il decesso, avvenuto pochi giorniprima, che avevano portato il numero a sessantacin-que, comprendente anche il personale inviato in Koso-vo; infatti, tra le righe del rapporto, si faceva riferi-mento all’ultimo caso di morte accertata: “tornato acasa, il sottufficiale originario di Udine ha scoperto d’esseregravemente malato. Non ha avuto nemmeno il tempo dicurarsi adeguatamente, se ne è andato per sempre in appenaquattro mesi.” 59 Gli altri nuovi casi, riguardavano,infatti, rispettivamente, un soldato di Benevento, unsottufficiale sardo, e un ufficiale proveniente dallaCampania, i cui nomi erano rimasti segreti, per ragio-ni di privacy, colpiti da linfoma di Hodgkin. Gli ultimicinque soldati monitorati dall’Osservatorio, anch’essireduci dalle missioni di pace in Kosovo, sono statiricoverati, invece, per varie forme di leucemie, prodot-te probabilmente dall’esposizione all’UI.

Domenico Leggiero, maresciallo del COCER, e edesponente di punta dell’Osservatorio per la tuteladelle Forze Armate, ha più volte espresso la sua preoc-cupazione sulla vicenda uranio impoverito, poiché “ icasi sono tutti gravi ed aprono nuovi scenari, visto che iragazzi provengono tutti dal Kosovo” 60, mentre d’altrocanto continuano ad aumentare le segnalazioni dei

militari italiani ammalatisi dopo la loro permanenzain Bosnia. Con la morte del soldato Di Giacobbe, infat-ti, è salito a sedici il numero delle vittime, mentre sonosessantasette i casi di soldati malati, secondo quantodichiarato dall’Osservatorio, senza considerare le con-tinue segnalazioni di nuovi casi di soldati malati.61 Idati aggiornati al novembre dello scorso anno, hannoperò subito un notevole aumento: dai 67 casi si è pas-sati, infatti, ai 143 registrati nel febbraio del 2002 62; lostesso Osservatorio, ha dichiarato nel maggio scorso,d’aver riscontrato 200 casi di militari italiani reducidai Balcani, affetti da diverse patologie tumorali (95%sono linfomi), e per venti di questi, sono state avviatedei procedimenti per il risarcimento, mentre sono stateistituite quattro commissioni per studiare “i casi di sol -dati italiani che in seguito a missioni nei Balcani, si sonoammalati o sono morti.” 63 Di recente la morte di ungiovane volontario italiano nei Balcani, stroncato daun melanoma contratto quattro mesi dopo la sua ulti-ma missione in questi territori, ha fatto salire il nume-ro delle vittime dell’UI a diciassette.64

Le strutture sanitarie e le istituzioni militari hannodimostrato, in più di un’occasione, il proprio disinte-resse per le condizioni di salute dei soldati affetti daproblemi di salute dopo il loro rientro dai Balcani,come testimoniato dalla famiglia Sepe, che ha assistitoal lungo calvario del figlio, spedito in Kosovo, al qualeè stato diagnosticato un linfoma solo dopo dieci mesidal suo primo ricovero in ospedale. La vicenda di que-sto ragazzo è iniziata nel novembre del 1999, con iprimi sintomi di febbre alta che inizialmente avevanofatto pensare ad un problema ai polmoni, smentito,però, dagli accertamenti effettuati. Da quel momento,per questo ragazzo, è cominciata una lunga serie ditrasferimenti da un ospedale all’altro, dove i medicigli diagnosticavano di volta in volta, una malattiadiversa, mentre le sue condizioni di salute s’aggrava-vano; dopo molte vicissitudini, un chirurgo dell’ospe-dale Cardarelli di Napoli, è riuscito finalmente a sco-prire che il giovane era affetto da un linfoma.

Antonio Sepe, padre del soldato, è rimasto moltoperplesso sulla vicenda accaduta al figlio, tanto dadichiarare: “a mio avviso la diagnosi si sarebbe potuta fare

57 Per ulteriori chiarimenti sulla vicenda personale del soldato Di Giacobbe, vedi Lorenzo Sani, “Uranio, morte annunciata”, in: La Nazione, 7novembre 2001 e Maria Lina Veca, “L’alpino Di Giacobbe, reduce dei Balcani, morto di leucemia”, disponibile sul sito web, www.tibereide.it

58 Gian Marco Chiocci, “L’uranio colpisce ancora. Un soldato è morto e altri tre sono ammalati”, in: Il Giornale, 23 aprile 2001.

59 Ibidem

60 Gian Marco Chiocci, “Uranio, anche 5 reduci del Kosovo con la leucemia”, in: Il Giornale, 25 aprile 2001.

61 Anonimo, “Militari nei Balcani: uranio assolto”, in: Il Giornale, 21 marzo 2002.

62 Vincenzo Tessandori, “Sui proiettili radioattivi un’indagine infinita”, in: La Stampa, 19 febbraio 2002.

63 Anonimo, “Uranio, 200 soldati colpiti da tumore”, in: La Nazione, 30 maggio 2002.

64 Pietro Del Re, “Torna l’incubo dell’uranio, muore un altro militare italiano”, in: La Repubblica, 5 luglio 2002.

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prima. Qualcuno ha avuto interesse a tenere tutto nasco -sto.” 65 Significativa è stata anche la testimonianzadella madre del soldato:

al Card a relli solo quando abbiamo alzato lavoce perché il ragazzo perdeva sangue dalnaso, aveva una milza di quattro chili, edera giallo in volto…è stato ricoverato adematologia dove un chiru rgo ha finalmentescoperto il linfoma, e con grande abnegazio-ne si sta ora prendendo cura di mio figlio. 6 6

Denunce simili si sono avute da parte del mare-sciallo Leggiero, dopo la morte del soldato A n d re aAntonaci, avvenuta nell’ospedale fiorentino di Care g g inella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 2000, poichè,secondo lui, il giovane militare si era “ammalato inBosnia, dove era in missione, a causa dei proiettili all’uranioimpoverito.” 6 7 Le sue parole pronunciate all’epoca del-l’accaduto, testimoniano bene la situazione della vicen-da UI, nell’ambito dello scenario politico italiano: “ E ’l’ennesima morte di questo tipo che arriva nell’indiffere n z agenerale; speriamo che non succeda più, ma temiamo che neip rossimi anni il loro numero possa cre s c e re ancora.” 6 8

L’aumento dei casi rilevati di malattie tra i soldatidi ritorno dalla Bosnia e dal Kosovo, ha, di conseguen-za, fatto aumentare anche il numero di richieste dirisarcimenti da parte dei familiari dei soldati, o daparte dei soldati stessi, cui spesso hanno fatto seguitorifiuti da parte delle autorità militari, come già acca-duto in passato. A questo proposito nel luglio del2001, è stato riconosciuto il primo caso d’indennità percausa di servizio, al soldato padovano Lorenzo Miche-lini, morto nel 1uglio del 1977 per una grave forma dileucemia mieloide, mentre stava effettuando il servi-zio militare in un poligono sardo. Secondo AntonellaSchirripa, avvocatessa romana che si è occupata diquesto caso:

finora le commissioni mediche ospedalierehanno concesso il diritto all’indennizzo asoldati colpiti da tumore durante o dopo lemissioni in Bosnia e in Kosovo, senza maia m m e t t e re, però, un nesso casuale tra lamalattia e la presenza dell’uranio impoveri-to. Hanno sempre tirato in ballo altri fattoriconcomitanti come lo stress, le vaccinazioni

e le particolari condizioni ambientali in unazona di guerra, che possono abbassare ledifese immunitarie e favorire l’insorg e redella patologia. Il caso di Lorenzo Michelo-ni è diverso: si è riconosciuta la morte percausa di servizio affermando un rapporto dic a u s a - e ffetto tra la sua attività nella base diQuirra e la leucemia.6 9

Il suo caso ha portato una ventata di speranza adaltre persone trovatesi nelle stesse situazioni, e costret-te a sottoporsi a molte cure dispendiose per sconfigge-re malattie, su cui sono state formulate molte ipotesicirca la causa di provenienza. Infatti, il 13 febbraio diquest’anno, durante il procedimento amministrativoavviato da un ufficiale per ottenere il riconoscimentodella causa di servizio, una commissione d’ufficialimedici ha ravvisato per la prima volta, un nesso dicasualità tra le radiazioni all’UI e la forma sclero-modulare del linfoma di Hodgkin, sviluppata nel 2000da un ufficiale italiano, di ritorno da una missione neiBalcani. Nella relazione della commissione medica,incaricata, tra l’altro, d’effettuare una serie d’esamimedici sul militare dove si dava parere favorevole al“giudizio di dipendenza da causa di servizio”, si èavanzata l’ipotesi che, a provocare la malattia, siastato un insieme micidiale di varie concause, tra cuiradiazioni ionizzanti, vaccini e depressione immunita-ria da stress, secondo quanto dichiarato nella stessarelazione:

l’eziopatogenesi delle patologie neoplasti-che è sicuramente multifattoriale. Nel casospecifico, è verosimile ritenere che l’ufficia-le, nell’espletamento dell’oneroso servizioanche in missioni fuori area (area balcani-ca), sia stato esposto a potenziali fattori dirischio ontogenetico (radiazioni ionizzanti,vaccini), che possono avere svolto un ruolodeterminante nella genesi delle neoplasialinfoide. Da considerare altresì, che il sur-plus lavorativo comporta una sollecitazio-ne stressogena tale, da indurre spesso unadepressione immunitaria nell’organismo.70

Grazie a questo precedente, si sta aprendo la stradaad altri casi di risarcimento, a favore non solo dei sol-

65 Gian Marco Chiocci, “Uranio, anche 5 reduci del Kosovo con la leucemia”, in: Il Giornale, 25 aprile 2001.

66 Ibidem

67 Notizie ANSAdel 13 dicembre 2000, “Difesa: Leggiero (COCER), morto di leucemia reduce Bosnia”.

68 Ibidem

69 Stefano Lenza, “Il legale: “Una sentenza pilota””, in: L’Unione Sarda, 21 febbraio 2002.

70 Andrea Purgatori, “ “L’uranio causò il tumore ai militari”, Balcani, sotto accusa anche i vaccini”, in:Il Corriere della Sera , 13 febbraio 2002.Sulla stessa vicenda vedi anche Vincenzo Tessandori, “Sui proiettili radioattivi un’indagine infinita”, in: La Stampa, 19 febbraio 2002.

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dati italiani, ma anche delle centinaia di veterani sta-tunitensi della guerra del Golfo, così come d’altri mili-tari appartenenti a nazioni europee impegnate nei Bal-cani. Ma il percorso intrapreso per cercare di risarcireequamente tutti i soldati coinvolti nella questione, èlungo e pieno d’ostacoli, visto che nel caso citato,secondo il maresciallo Domenico Leggiero, l’indenniz-zo “…non supererà gli otto milioni di vecchie lire” 71,mentre secondo Giovanni Tartaglia, avvocato dell’Os-servatorio per la tutela delle Forze Armate, “la cifra chepensiamo equa è di due milioni e mezzo di euro (cinquemiliardi) per ogni soldato che si è ammalato.” 72 C’è dadire però che un notevole passo avanti è stato fattodallo Stato Maggiore, che sembra attualmente orienta-to a riconoscere un indennizzo a tutte le cause di ser-vizio sottopostegli; secondo, però, l’opinione del giàcitato Tartaglia, oggi la causa di servizio consentirà aimilitari d’andare a casa con 12 milioni (6.197 euro)d’indennizzo e meno di 3 milioni (1.549 euro) al mesedi pensione privilegiata. Alle famiglie dei giovani chesono morti spetterebbero circa 50 milioni (25.823euro). Niente rispetto a ciò che stanno passando, allevite perdute.73

Le conseguenze dell’uranio impoverito si sonofatte sentire anche sui soldati dell’esercito dellaRepubblica Federale Jugoslava impiegati nella guerrain Kosovo, come ci viene confermato da alcuni dottoriserbi, i quali hanno riscontrato due casi di tumore can-cerogeno all’occhio in due ex-soldati impegnati in areedove la NATO ha sparato proiettili all’UI, e precisa-mente nella zona di Urovesac, (uno dei 112 luoghi col-piti da proiettili all’UI secondo le indicazioni offertedalla NATO stessa). Questi due uomini rappresentanoi primi casi confermati di cancro tra i veterani dell’e-sercito jugoslavo schierati in territorio kosovaro, seb-bene non sia stata ancora dimostrato che la loro malat-tia sia stata causata dalle radiazioni all’UI. L’esercitojugoslavo ha minimizzato sugli effetti dovuti all’espo-sizione d’UI sui suoi soldati, visto che i controlli effet-tuati su 1.100 dei 100.000 e più soldati che avevanoprestato servizio in Kosovo, non avevano dato alcunriscontro positivo d’eventuali effetti nocivi per la lorosalute.

D’altra parte, però, notizie apparse su un settima-nale di Belgrado alla metà di gennaio del 2001, hannodichiarato che tre ufficiali del Corpo d’Armata di Pri-stina erano morti recentemente di leucemia, e altri 10si erano nel frattempo ammalati sempre di leucemia (4dei quali già allo stato terminale); tutti questi militari

erano di stanza a Prizren, nella zona occidentale delKosovo, dove la NATO aveva adoperato una granquantità d’armi contenenti uranio impoverito. Semprein questo settimanale, veniva citato anche il caso di unmilitare, morto all’inizio di gennaio del 2001, ammala-tosi di leucemia dopo aver operato come membrodella scorta personale del generale Nebojsa Pavkovic,comandante delle forze di terra dell’esercito jugosla-vo, durante il conflitto in Kosovo.74

V. L’URANIO IMPOVERITO È PERICOLOSO ONO PER L’UOMO?

V.1. Considerazioni sugli effetti provocati dall’im -piego d’uranio impoverito durante la Guerra delGolfo e il conflitto nei Balcani: studi a confronto.

Le vicende verificatesi in seguito all’uso delle armiall’UI, nel Golfo (1991) e nei Balcani (Bosnia 1994-95,Kosovo 1999), non hanno ancora chiarito il problemadella presunta nocività dell’uranio, sia per la saluteumana, sia per l’ambiente. Se alcuni studi hanno con-fermato la non pericolosità dell’UI, altri diversamentesono giunti a conclusioni molto diverse, (quandoaddirittura opposte), rendendo opportuno, quindi,una trattazione dell’argomento molto specifica, chetenga conto soprattutto, delle diverse fonti da cui pro-vengono le ricerche in questione.

Nel 1993, l’Army Surgeon General Office, tra i circa122 soldati sopravvissuti ad incidenti di “friendly fire”(il più famoso dei quali è l’incidente a Doha inKuwait), provocato da armi all’UI, di cui almeno 50colpiti da frammenti di proiettile, ha selezionato 35soldati, 22 dei quali avevano ancora frammenti d’UIconficcati nel proprio corpo, per partecipare ad unprogramma di visite di controllo promosso dal centromedico della Veterans Affairs di Baltimora. (cui trepersone hanno subito rinunciato, mentre un’altra èstata successivamente inclusa, dopo che un test, fattoin sede privata, aveva dato positività circa la presenzad’UI nel corpo).1

Questi pazienti, quindi, sono stati sottoposti adesami fisici dettagliati, a test neurofisiologici, radiolo-gici e delle urine (in particolare sulla presenza d’ura-nio nelle urine), ad analisi chimiche del sangue, non-ché a misurazioni endocrine. E’ stato visto, quindi, che

71 Vincenzo Tessandori, “Sui proiettili radioattivi un’indagine infinita”, in: La Stampa, 19 febbraio 2002.

72 Anonimo, “Uranio e tumori, il legame c’è”, in: La Nuova Sardegna, 14 febbraio 2002.

73 Andrea Purgatori, ““L’uranio causò il tumore ai militari”, Balcani, sotto accusa anche i vaccini”, in: Il Corriere della Sera, 13 febbraio 2002.

74 Jonathan Steele, “Cancer blinds Kosovo veterans”, in: The Guardian, 22 gennaio 2001. Quest’articolo è disponibile anche sul sito web,www.guardian.co.uk/uranium/story/0,7369,426316,00.html

1 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use, and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

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coloro che presentavano frammenti d’UI all’internodel proprio corpo, mostravano livelli elevati d’uranionelle loro urine, anche se non c’era nessuna manifesta-zione di malattia ai reni attribuibile alla tossicità chi-mica dell’UI, ma solo alcuni piccoli disturbi biochimicie neurofisiologici erano correlati agli elevati livelli d’u-ranio presente nelle urine.

Altri test, hanno invece riscontrato tracce d’uranioall’interno del liquido seminale d’alcuni veterani espo-sti, potenzialmente in grado di provocare delle malfor-mazioni nei loro figli, puntualmente smentite, però,dai risultati stessi; tutte le nascite, infatti, verificatesitra le coppie analizzate sono risultate normali. IlDipartimento della Veterans Affairs ha ampliato lapartecipazione a questi programmi di “screening”,offrendo una completa valutazione dello stato di salu-te dei pazienti sottopostigli, ed effettuando accurateanalisi delle urine per verificare la presenza o menod’uranio. Al di fuori dei primi 20.000 veterani parteci-panti, solo a 24 d’essi, esposti alla polvere d’UI, sonostati diagnosticati seri danni ai polmoni (13 con glo-merulonefrite e 12 con insufficienza renale); c’è da direperò, che non c’è stato nemmeno un caso che riguar-dasse i pazienti sottoposti al programma.2

Un altro studio, pubblicato su “New England Jour-nal of Medicine”, nel 1996, sponsorizzato dal governostatunitense e portato avanti dalla Veterans A d m i n i-stration, è stato condotto sul tasso di mortalità dei circ a697.000 veterani impiegati nella guerra tra l’agosto1990 e l’aprile 1991 (e i casi di decesso verificatisi tra ilmaggio del 1991 e il settembre del 1993), messo a con-f ronto con un gruppo di 746.300 militari non schieratidurante il conflitto, (ma partecipanti ad altre guerre ,come quella in Vietnam), e selezionati a caso. Le per-centuali riguardanti i casi di decesso, hanno mostratoun piccolo, ma statisticamente significativo, aumentodel 9% del rischio di morte per qualsiasi causa possibi-le tra i veterani (circa 200 morti in eccesso), attribuibileperò, a cause esterne, come, ad esempio, gli incidentidi varia natura occorsi durante le varie fasi di combat-timento. Bisogna aggiungere, inoltre, che in quel casonon è stato riscontrato nessun aumento del rischio cita-to per malattie come il cancro, come confermato dalleconclusioni cui è giunto anche uno studio del Depart-ment of Defense (DOD) americano.3

Lo stesso DOD ha promosso un’altra ricerca, cheha messo a confronto le probabilità di ricovero inospedale dall’agosto del 1991, per una o più diagnosidi “malattie inspiegabili”, tra tutti i soldati impiegatinel Golfo (552.000 su 697.000), e quelli non schieratidurante il conflitto. I risultati hanno dimostrato, unpiccolo aumento, significativo dal punto di vista stati-

stico, dell’11% nella probabilità di ricovero per i casiregistrati di malattie misteriose tra i soldati schieratitra il luglio 1994 e il luglio 1995. Quest’aumento èstato, però attribuito, in primis, ai casi di ricovero inospedale per effettuare esclusivamente degli accerta-menti, in virtù dell’attuazione del Comprehensive Cli-nical Evaluation Program (CCEP), del giugno 1994, ilquale offriva la possibilità, ai veterani statunitensiimpiegati durante il Golfo, di sottoporsi ad esami cli-nici molto accurati; secondo il CCEP, quindi, i parteci-panti al programma hanno visto aumentare il rischiodi contrarre malattie misteriose, poiché il personalemilitare è solito procurarsi malanni tipici delle zone incui si trova ad operare.4 A conferma di ciò, venivanocitati gli otto casi diagnosticati di leishmaniosi tra que-sto gruppo di soldati, che avevano provocato sintomifebbrili inspiegabili, come fatica cronica, tosse, diarreaintermittente, e dolori all’addome, riscontrati almenosette mesi dopo il loro ritorno dal fronte di guerra (aben vedere sono proprio alcuni dei sintomi della Sin-drome del Golfo).

La stessa Veterans Affairs (VA), ha spesso diagno-sticato una malattia da stress post traumatico, PostTraumatic Stress Disorder (PTSD), ai veterani che pre-sentavano questi sintomi, o altre patologie psicologi-che, e quindi non ha tenuto in considerazione la possi-bilità di promuovere d’ulteriori indagini epidemiolo-giche, utili per differenziare le condizioni psicologicheindotte da effetti cronici per la salute, risultanti daesposizioni di basso livello a materiale radioattivocome l’UI, oppure derivanti dagli agenti chimiciimpiegati in guerra, o da altre tossine (per esempiomalattie che coinvolgono il sistema nervoso centrale equello immunitario). In conclusione sia il DOD che laVA, nella maggioranza dei casi si sono focalizzati sumalattie come la PTSD, nel tentativo di diagnosticarele varie patologie riscontrate tra i veterani, e nonhanno cercato di determinare statisticamente se le con-dizioni di salute dei veterani fossero migliorate omeno, allo stato attuale, rispetto a quando avevanoriportato i primi sintomi.5

In Gran Bretagna sono stati fatti tre studi epide-miologici molto specializzati sui veterani britannici, dicui due finanziati dal Ministero della Difesa, e com-missionati, per conto di quest’ultimo, dal MedicalResearch Council (MRC). Nel primo, un gruppo distudiosi dell’università di Manchester ha compiutodelle indagini per dimostrare se i veterani del Golfopatissero una maggiore mortalità e un peggioramentonelle condizioni di salute, rispetto al personale delleForze Armate che non aveva preso parte al conflitto; irisultati, pubblicati su “The Lancet”, il 1 luglio 2000,

2 Ibidem

3 Ibidem. Sullo stesso argomento vedi anche, Umberto Tirelli “Uranio “condannato” senza prove”, in: Il Giornale, 7 luglio 2002.

4 Ibidem

5 Ibidem

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hanno dimostrato che il numero delle morti e dellecause di morte nel gruppo non impiegato nel Golfo enella popolazione generale, è stato simile a quelloregistrato tra i veterani schierati in guerra, otto annidopo la fine del conflitto.6 La ricerca in questione si èbasata sui dati raccolti dal Ministero della Difesa bri-tannico, i quali hanno registrato una cifra di 53.462soldati britannici, membri delle Forze Armate, impie-gati nell’operazione “Granby” o nella regione delGolfo Persico, per un periodo compreso tra il 1 settem-bre 1990 e il 30 giugno 1991, 477 dei quali deceduti,durante il periodo di tempo intercorso tra il 1 aprile1991 e il 31 dicembre 2000.

Questa cifra è stata messa a confronto con i 466 casidi decesso di veterani all’interno di un gruppo digrandezza simile e selezionato a caso, tra tutti coloroche erano stati in servizio dal 1 gennaio 1991, e chenon erano stati utilizzati nel Golfo, ed è stato visto cheil rapporto totale del tasso di mortalità era di 1,03. Inaltre parole è stata riscontrata un’eccedenza molto pic-cola, non statisticamente rilevante, dei casi di morteall’interno del gruppo di veterani impiegato nel Golfo,rispetto al gruppo di paragone, e per particolari cate-gorie di causa, i dati sono rimasti molto simili a quellipubblicati dall’università di Manchester (quest’ultimicoprivano un periodo che andava dal 1 aprile 1991, al31 marzo 1999).

I risultati hanno quindi dimostrato la presenza diun minor numero di morti dovute a malattie tra i vete-rani del Golfo, rispetto al gruppo di confronto (168 e208 rispettivamente), anche se questi dati non eranos u fficienti per eff e t t u a re un’analisi statistica che avesseuna qualche rilevanza numerica. Va detto, però, che èstato registrato un minor numero di morti, tra i vetera-ni del Golfo, dovute a neoplasie (69 e 77 rispettivamen-te), e a malattie del sistema circolatorio (60 e 79), men-t re, di contro, il numero delle morti tra i veterani delGolfo, per cause esterne come ferite o avvelenamento,è rimasto più alto rispetto all’altro gruppo (300 e 249rispettivamente). In entrambi i gruppi, la prevalenza dic a n c ro era sostanzialmente minore rispetto a quellap revista nei gruppi di confronto scelti all’interno dellapopolazione civile dell’Inghilterra e del Galles, appar-tenenti alla stessa fascia d’età (100-120 decessi).7

Il secondo dei tre studi commissionati dal MedicalResearch Council, riguardante tra l’altro i problemi disalute dei veterani del Golfo, è stato presentato in due

documenti distinti; il primo documento ha preso inconsiderazione alcuni esempi di malattie contratte daiveterani, e la loro diffusione tra i soldati, mentre l’al-tro, il rapporto intercorrente tra le condizioni di salutee le esposizioni riportate dai veterani del Golfo(entrambi i documenti sono stati pubblicati il 12 apriledel 2001, sulla rivista “Occupational and Environmen-tal Medicine”). Nel primo documento non si fatto altroche ribadire quanto detto in precedenza, consideratoche la gravità totale dei sintomi delle malattie riporta-te tra i veterani del Golfo non è stata alta (tre su unascala da 1 a 21, rispetto a 1,7 per i veterani non impie-gati), sebbene i veterani impiegati nel Golfo abbianoriportato malattie più gravi rispetto a coloro che nonsono stati schierati nel conflitto citato. Secondo ildocumento stesso, “questa mancanza di un eccesso nelletracce della percentuale dei malati, è rassicurante”;8 laricerca in questo caso, come nel precedente lavoro sultasso di mortalità, sempre dell’università di Manche-ster, non è riuscita nemmeno a rintracciare alcunaprova di una malattia riscontrata esclusivamente tra iveterani del Golfo, poiché entrambi i gruppi hannoriportato gli stessi sintomi.

Le conclusioni degli autori del primo documentohanno affermato che: “tali malattie sono state riportatedopo i precedenti conflitti e può essere che questa cosa sirifletta nelle variazioni delle percezioni che risultano dalloscompiglio creato dalla guerra, piuttosto che dalle specificheesposizioni chimiche, fisiche, infettive e psicologiche.” 9 Nelsecondo documento, invece, sono state prese in consi-derazione, come una delle cause di certe tipologie dimalattie riscontrate tra i veterani del Golfo, le vaccina-zioni e il trattamento dei pesticidi, tanto che gli arteficidi questo lavoro hanno suggerito di continuare lericerche poiché, ”l’apparente legame tra le vaccinazioni, ipesticidi e le cattive condizioni di salute riportate, meritauno studio ulteriore.” 10 Il terzo dei tre studi citati, por-tato a termine dalla Guy’s, King’s and St Thomas’School of Medicine, grazie agli ingenti finanziamentiricevuti dagli Stati Uniti, è stato diviso in tre fasidistinte, i cui risultati sono già stati pubblicati sulleriviste specializzate del settore.

Le conclusioni della prima fase di studio, disponi-bili su “The Lancet” del 16 gennaio 1999, hannodichiarato che i sintomi riportati dai veterani britanni-ci del Golfo, sono ricorsi più frequentemente (fino atre volte), rispetto ad un gruppo scelto come confron-

6 Memorandum from the Ministrey of Defence, “Gulf Veterans’ Illnesses”, 26 aprile 2001, disponibile sul sito web, www.publications.parlia-ment.uk/pa/cm200001/cmselect/cmdfence/517/1050902.html Sullo stesso argomento vedi anche Umberto Tirelli, “Uranio “condannato”senza prove”, in: Il Giornale, 7 luglio 2002.

7 Keith O’ Nions, “I see no evidence of harm”, in: The Guardian, 19 gennaio 2001. Questo documento è disponibile anche sul sito web,www.guardian.co.uk/uranium/story/0,7369,424797,00.html

8 Memorandum form the Ministry of Defence, “Gulf Veterans’ Illnesses”, 26 aprile 2001, disponibile sul sito web, www.publications.parlia-ment.uk/pa/cm200001/cmselect/cmdfence/517/1050902.html

9 Ibidem

10 Ibidem

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to, sebbene questi sintomi non siano stati una sola pre-rogativa del gruppo di veterani impiegati nel Golfo.La seconda fase dello studio, (rivolta a confermarealcune delle scoperte fatte nella prima fase, attraversotest medici e indagini cliniche più approfondite) èstata completata, anche se i suoi risultati non sonoancora disponibili, così come quelli di una serie distudi aggiuntivi derivati dal lavoro effettuato per redi-gere la prima e la seconda fase dello studio citato.Questi studi, infatti, dovrebbero racchiudere al lorointerno dei lavori sulle funzioni immunologiche, sullecondizioni psichiatriche, sui problemi neuropsicologi-ci, sulla percezione della malattia e sulle aspettativedel Gulf Veterans’ Medical Assessment Programme(GVMAP).

Un ulteriore studio pubblicato sul “British MedicalJournal”, il 19 maggio del 2000, prendendo in esame ilrapporto tra i vaccini multipli e le cattive condizioni disalute riscontrate tra i soldati, ha asserito che le vacci-nazioni multiple effettuate prima dello spiegamentodei soldati nel Golfo, non potevano essere associatealle cattive condizioni di salute riscontrate tra i milita-ri stessi, diversamente da quelle effettuate durante lospiegamento delle forze nelle zone di guerra. Nellesue conclusioni, lo studio in questione, sosteneva che“se da sole, le vaccinazioni multiple non sembrano esseredannose, ma combinate con lo stress dello spiegamento, pos -sono essere associate a conseguenze dannose per la salute.”11 Addirittura una ricerca pubblicata sul “Journal ofEpidemiology and Community Health” nel novembredel 2000, ha dichiarato che il grado militare è stato ilprincipale fattore professionale associato alle cattivecondizioni di salute tra i veterani del Golfo, mentre inuno studio, sulla Chronic Fatigue Sydrome (CFS) esulla Multiple Chemical Sensitivity (MCS), pubblicatonel marzo del 2001 sulla rivista “American Journal ofEpidemiology”, è stato dimostrato la presenza di unlivello più alto, statisticamente significativo, dei casi diCFS e di MCS, nei veterani del Golfo, rispetto al grup-po di controllo utilizzato per lo studio in questione. Inquesto caso il numero delle persone, sul quale si basa-vano le conclusioni dello studio, era troppo piccolo enon poteva essere esteso all’intera popolazione deiveterani britannici del Golfo (135 casi di CFS e 57 diMCS, su un totale di 8.195 partecipanti allo studio).

Nel decimo anniversario della fine della guerra delGolfo, un gruppo di studiosi della Guy’s, King’s andSt Thomas’ School of Medicine, ha pubblicato un sag-gio dal titolo”Ten Years On; What Do We Know aboutGulf War Syndrome?”, dove si sostiene la tesi dell’as-

senza di una ben distinta Sindrome del Golfo, poiché“non è emersa nessuna prova per attribuire sia delle chiareanormalità biomediche, sia una mortalità prematura.” 12;tuttavia il servizio nel Golfo ha avuto effetto sullasalute sintomatica della maggior parte di coloro chehanno preso parte alla campagna militare, secondol’opinione di questi studiosi, i quali hanno ipotizzatoche le cause più plausibili delle malattie, siano d’attri-buire alle esposizioni che hanno colpito la maggiorparte dei soldati impegnati nelle operazioni di guerra.

Per quanto riguarda, invece, ricerche sui dannigenetici riscontrati nei figli dei veterani del Golfo, unostudio pubblicato nel 1997, sul “New England Journalof Medicine”, ha messo a confronto le malformazionicongenite riscontrate nei figli dei veterani del Golfo,con quelle d’altri soldati che non avevano prestato ser-vizio nel Golfo e con i cosiddetti “casi attesi” all’inter-no della popolazione generale. Dai risultati non èemerso nessun aumento dei casi di malformazionicongenite nei figli dei veterani rispetto al gruppo diconfronto e alla popolazione generale.13 Bisogna con-siderare però che ricerche, non ancora portate a termi-ne, potrebbero rilevarsi molto importanti per ampliarele conoscenze sul problema uranio impoverito, poichéprenderebbero in considerazione diversi aspetti del-l’argomento finora non considerati, o solo in manieramarginale. Così il Ministero della Difesa britannico,sta attualmente finanziando una ricerca che indaghisui possibili effetti dannosi per la salute dovuti allacombinazione di vaccini e di compresse assunte dalpersonale militare, come protezione dagli agenti chi-mici e biologici impiegati in guerra. Una parte di que-sto studio, completato già nel 1999, e i cui risultatisono stati pubblicati il 21 gennaio 2001, sul “Journal ofApplied Toxicology”, ha effettuato un’indagine suglieffetti per la salute provocati dalla somministrazione adei porcellini d’India, di una combinazione di vaccinie di cure per l’aggressivo nervino, utilizzati durante laguerra del Golfo. Gli autori dello studio in questionehanno dichiarato che “sebbene siano state osservate rispo -ste immunologiche ai vaccini batterici, non ci sono statescoperte eccezionali nei parametri misurati.” 14

La seconda parte di questa ricerca, ha preso in con-siderazione un piccolo primate, la callitricide, perdimostrare se vi siano, o no, nel lungo periodo, cam-biamenti neurologici o cognitivi particolari, provocatidalla combinazione di vaccini e di cure per l’aggressi-vo nervino. Le prime due fasi di questo studio hannostabilito che, la dose e la lista di vaccini impiegati nellaricerca effettuata con l’ausilio dei porcellini d’India,

11 Ibidem

12 Ibidem

13 Umberto Tirelli, “Uranio “condannato”senza prove”, in: Il Giornale, 7 luglio 2002.

14 Memorandum from the Ministry of Defence, “Gulf Veterans’ Illnesses”, 26 aprile 2001, disponibile sul sito web, www.publications.parlia-ment.uk/pa/cm200001/cmselect/cmdfence/517/1050902.html

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erano realistiche e quindi potevano essere impiegateanche per la callitricide (i punti principali delle sco-perte di questa ricerca, sono stati presentati aWashington, nel gennaio del 2001, durante la “Confe-rence on Illnesses among Gulf War Veterans: A decadeof scientific research”).

Sempre in Gran Bretagna, il National Institute forBiological Standards and Control ha fatto delle indagi-ni sulla particolare combinazione tra i vaccini per l’an-trace, per la pertosse e per la piridostigmina bromurousati per i topi, nel tentativo di confermare i timoriespressi dal Dipartimento della Salute circa l’usosimultaneo dei vaccini citati, mentre il Ministero dellaDifesa si è interessato ad uno studio, intrapreso da ungruppo di medici del Manchester Royal Infirmary suilivelli di paraoxonasi (un enzima che metabolizza gliorganofosfati), rintracciati nei veterani del Golfo, i cuirisultati sono stati resi pubblici nel settembre del 2000.Lo stesso Governo britannico ha promosso una ricercasul rapporto tra l’uso di pesticidi organofosfati e lecondizioni di salute umane, coordinata tuttora da ungruppo di collegamento interministeriale, che è sfocia-ta nel rapporto del Committee on the Toxicity of Che-micals in Food, Consumer Products and The Envin-ronment, pubblicato il 26 novembre del 1999. Il Medi-cal Research Council (MRC), ha raccomandato alMinistero della Difesa di finanziare la terza fase deglistudi condotti dalla Guy’s, King’s and St ThomasSchool of Medicine, sui cambiamenti nelle condizionidi salute dei veterani del Golfo, verificatesi durante glianni, nonché un’ulteriore analisi, sempre delle condi-zioni di salute, delle truppe inviate in Bosnia, già esa-minate in studi precedenti.

Lo stesso Ministero della Difesa, oltre a finanziarequesto studio, sta contribuendo al completamentodella seconda ricerca epidemiologica, effettuata pressola London School of Hygiene and Tropical Medicine,sulle condizioni di salute dell’apparato riproduttivodei veterani del Golfo, dei loro familiari, e soprattuttosulla salute dei loro figli, con l’obiettivo di continuarea pubblicare materiale sui problemi derivati dallemalattie dei veterani del Golfo, nell’adempimentodelle dichiarazioni del governo, che vuole permetterel’accesso, a tutti i soldati impiegati in questo conflitto,a qualsiasi informazione in possesso del Ministerodella Difesa che abbia una certa attinenza con le loromalattie.15

Considerazioni riguardo agli effetti derivati dall’u-tilizzo d’uranio impoverito sui soldati impiegati nelGolfo, sono state fatte anche dall’International AtomicEnergy Agency (IAEA), la quale si è avvalsa d’alcunistudi compiuti sopra i minatori impiegati in minierepoco ventilate, ed esposti ad alte concentrazioni di gas

radon (in periodi in cui non erano ben noti i rischi perla salute derivanti dalle esposizioni al gas citato), chehanno dimostrato un incremento nei casi di cancro ,così come un aumento del potenziale pericolo di con-t r a r re questo tipo di malattie, proporzionale all’aumen-to dell’esposizione al gas, nonché delle conclusioni rag-giunte d’altre ricerche, effettuate sopra alcuni lavorato-ri esposti alle radiazioni d’uranio impoverito all’inter-no delle fabbriche nucleari, per studiare il caso deimilitari impiegati nel Golfo.1 6 Negli studi in questione,non sono stati riscontrati casi in eccesso di cancrorispetto alla media, né alcun tipo di corrispondenza trai casi riscontrati e l’esposizione alle radiazioni all’UI(come parimenti nei casi rilevati di cancro ai polmoni,a seguito d’inalazioni di polveri d’UI), in quanto lasalute dei lavoratori è risultata migliore di quella dellapopolazione media (fatto probabilmente dovuto ad unp rocesso di selezione inerente al lavoro stesso e aibenefici complessivi derivanti da quest’impiego).

I risultati, invece, d’altri studi sul personale milita-re in azione nel Golfo e nei Balcani, e in particolare suun piccolo numero di veterani del Golfo che presenta-vano dei piccoli frammenti d’UI conficcati nel lorocorpo (tra l’altro difficilmente estraibili), hannomostrato livelli elevati d’escrezione d’UI, tramite leurine, che però, all’interno del gruppo considerato,non avevano influito sulle condizioni di salute. A con-ferma di ciò, studi effettuati sopra 29 veterani america-ni del Golfo, che conservavano schegge d’uranioimpoverito all’interno del loro corpo come risultatod’incidenti accorsi durante il conflitto, messi a con-fronto con 38 veterani della stessa guerra, che non pre-sentavano, invece, frammenti d’uranio nei loro corpi,hanno dimostrato che, nel primo gruppo in questione,non erano stati riscontrati effetti negativi sull’apparatorenale, e nemmeno casi di tumore, mentre le analisicondotte sulle urine, avevano confermato livelli eleva-ti d’uranio secreto.17

Nella letteratura scientifica, esistono, tuttavia,anche ricerche sperimentali sulla contaminazione conUI attraverso ferite provocate da frammenti di proiet-tile (“shrapnel”), simulate su animali, utilizzate perfare raffronti con la situazione dei soldati impiegati sulcampo di battaglia. Attraverso queste indagini, è statovisto che, sei mesi dopo l’inizio degli esperimenti, l’in-sieme di pallini all’UI, aveva prodotto su questi ani-mali un notevole aumento nella concentrazione degliisotopi d’uranio nei loro fluidi corporei, evidenziatidagli elevati livelli oncogeni osservati negli animalistessi; sulla base di queste osservazioni l’UI è statoindicato quale possibile fattore critico nell’induzioned’alterazioni maligne nell’organismo contaminato daframmenti di questo materiale, e nella ricerca in que-

15 Ibidem

16 Anonimo, “Depleted Uranium: questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

17 Umberto Tirelli, “Uranio “condannato” senza prove”, in: Il Giornale, 7 luglio 2002.

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stione, i risultati prodotti, hanno inoltre evidenziato ilruolo dell’UI nelle manifestazioni neoplastiche deglianimali studiati.18 Altre ricerche epidemiologiche,citate dalla IAEA, si sono invece occupate della salutedel personale militare impiegato nei combattimentidove erano state adoperate armi all’uranio impoveri-to, paragonata a quella del personale non impegnatonelle zone più “calde”; secondo le conclusioni di que-sta ricerca, i primi hanno presentato un piccolo, mastatisticamente significativo aumento negli indici dimortalità, dovuto però più ad incidenti di varia naturache a malattie collegate ad eventuali esposizioniall’UI.19 Secondo la IAEA, l’uranio impoverito èpotenzialmente cancerogeno, ma la mancanza di datie di prove significative lungo gli studi effettuati ormaida molte decadi, non farebbe altro che mettere indiscussione tutti i risultati raggiunti, in attesa di con-ferme o di smentite future; non sono stati, infatti,riscontrati casi di bambini, cui l’esposizione all’UIpossa aver provocato effetti sulla salute, come non èben chiaro se i bambini siano più o meno suscettibilialle esposizioni all’UI rispetto agli adulti, dato chenegli esperimenti compiuti su alcuni animali, è statodimostrato come gli esemplari più giovani riescano adassorbire più uranio nel loro sangue, rispetto ai sog-getti più anziani.20

C’è da capire anche, se l’esposizione all’UI possaavere effetti sullo sviluppo del feto umano, dopo chesono stati rilevati casi di difetti congeniti, assieme adun aumento delle malattie mortali in alcuni gruppid’animali che avevano bevuto acqua e mangiato cibicontaminati dall’uranio. Ad alcuni animali in stato digravidanza sono stati iniettate delle dosi d’uranio, perverificare la possibilità di un eventuale raggiungimen-to del feto materno: ebbene, solo in pochissimi casi(0,03%), l’uranio iniettato è stato in grado di raggiun-gere quest’ultimo. Non è stato possibile, invece,disporre di dati sulla concentrazione d’uranio nel lattematerno (infatti, secondo la IAEA, a causa delle sueproprietà chimiche, è improbabile che l’uranio possaconcentrarsi nel latte materno).21

Infine altri esperimenti effettuati con animali dalaboratorio hanno dimostrato che dosi molto alte d’UIpossono causare danni al sistema riproduttivo, (inquesti casi una quantità eccessiva d’uranio provocavauna riduzione del numero medio di spermatozoi),anche se c’è da dire che all’interno di queste ultime

ricerche non sono stati riscontrati effetti provocati daesposizioni più o meno considerevoli all’UI (il secon-do dei tre studi epidemiologici citati, realizzato inGran Bretagna dalla London School of Hygiene andTropical Medicine, verte proprio sulle condizioni delsistema riproduttivo dei veterani e dei loro partner, esulla salute dei loro figli, ma purtroppo i suoi risultatinon sono ancora disponibili).

La Royal Society ha pubblicato recentemente alcu-ni rapporti che hanno esaminato gli effetti per la salu-te derivati dall’uso dell’uranio impoverito; in questocaso l’approccio alla ricerca è stato basato sulle stimedei livelli tipici d’esposizione all’UI, riscontrabili sulcampo di battaglia per un’estesa serie di scenari possi-bili, nonché sui casi estremi, solitamente difficili dasuperare, a causa della mancanza di dati sperimentali(tutti questi valori sono stati adoperati per accertare ilrischio potenziale per la salute, dovuto alle radiazionida uranio impoverito). In questi rapporti sono statianche inclusi studi epidemiologici, studi sulle radia-zioni dei lavoratori esposti all’uranio (in quest’ultimocaso si cercava d’avere una fonte indipendented’informazione, anche se lo studio comparato nonpoteva essere preciso).

Secondo le conclusioni dei rapporti menzionati,tranne che nei casi estremi, il rischio aggiuntivo di svi-luppare malattie quali il cancro, come risultato delleradiazioni provocate da un’esposizione interna all’UI(e derivante inoltre dalle condizioni del campo di bat-taglia), è stato talmente basso da non essere neppurerintracciabile, se messo a confronto con il rischio, incui incorre ogni persona, di morire di cancro duranteuna vita condotta in modo normale.22 Sono statipochi, inoltre, i casi di soldati esposti ad ingenti quan-titativi d’UI, durante le operazioni di guerra (peresempio quelli che sono sopravvissuti all’interno diveicoli colpiti da penetratori all’uranio); solo in tali cir-costanze, e assumendo le più sfavorevoli condizioni, ilrischio in vita di morire di cancro ai polmoni potevarisultare due volte più alto rispetto ai dati che riguar-davano la popolazione generale. Per quanto concerne,invece, la leucemia ed altri tipi di cancro, le percentua-li di rischio sono state sostanzialmente più basse,rispetto a quelle riguardanti i casi di cancro ai polmoni(le stime effettuate hanno considerato i rischi poten-ziali derivanti da un’esposizione alle radiazioni d’ura-nio impoverito).

18 A.C. Miller, T. Whittaker, S. McBride, J. Hogan, K. Benson e H. Sin, Biomarkers for Carcinogenesis: Oncogenic Activation by Depleted UraniumVivo, Proc. Am. Ass. Cancer Res., n.38, 1997, p.462. e D. Ribera, F. Labrot, G. Tisnerat e J.F. Narbonne, Uranium in the Environment: Occurrence,Transfer and Biological Effects , Rev. Environ. Contam. Toxicol., n.146, 1996, pp.53-89 (citati da Depleted Uranium Education Project-Internatio-nal Action Center, op.cit., p.257).

19 Anonimo, “Depleted Uranium: questions and answers”,disponibile sul sito web, www.iaea.org

20 Ibidem

21 Ibidem

22 Anonimo, “The health hazards of DU, Part I (May 2001), Part II (March 2002)”, disponibile sul sito web,www.royalsoc.ac.uk/policy/du.htm

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In pratica, in ogni probabile scenario d’esposizio-ne, l’eventualità d’incorrere nel rischio di un accorcia-mento delle possibilità di vita, a causa di malattiecome la leucemia, è stata talmente bassa da non esserenemmeno osservabile. Per i molti soldati, invece,esposti a piccole quantità d’UI, sono stati ridotti irischi di contrarre il cancro da esposizioni all’UI, tantoche, se le stime di pericolo fossero state anche 100volte più piccole rispetto a quelle considerate, erapoco probabile che eventuali casi in eccesso di cancrorispetto alla media generale, potessero essere registratiin una schiera di 10.000 soldati, entro i prossimi cin-que anni.

Gli studi epidemiologici citati dal rapporto, hanno,invece, completato gli accertamenti sul livello delleesposizioni dei soldati presi in considerazione, e, purnon essendo stati troppo accurati nell’accertare glieventuali incrementi nel rischio complessivo, hannoconfermato i calcoli effettuati dalla Royal Societysopra i soldati esposti all’uranio impoverito. Il proble-ma è che, secondo il professor Brian Spratt, presidentedel gruppo di lavoro della Royal Society che ha prepa-rato il rapporto sull’UI, la scarsezza d’informazioniriguardo alla quantità d’uranio impoverito cui i solda-ti sono stati esposti sul campo di battaglia, associataall’impossibilità d’effettuare misurazioni aggiuntive,non hanno permesso di decretare un significativoaumento nel rischio di sviluppare cancri ai polmonitra i soldati esposti a livelli molti alti d’UI, in situazio-ni estreme.23

Un gruppo di scienziati della Royal Academy, laprestigiosa accademia britannica delle scienze, incari-cato d’indagare sugli effetti delle armi all’UI speri-mentate durante la Guerra del Golfo nel 1991, è giuntoalle stesse conclusioni degli studi effettuati dalla RoyalSociety; infatti, questi studiosi, pur sostenendo la peri-colosità dell’UI usato negli armamenti, hanno dichia-rato che solo un numero ridotto di soldati è stato espo-sto a quantità rischiose per la salute (in questo casodue volte superiore al normale), tali da indurre uncancro ai polmoni. Questi studiosi inoltre, hanno affer-mato che i dati a loro disposizione sui livelli d’uranioimpoverito nelle zone bombardate e sulla quantità diradiazioni probabilmente entrate in contatto con i sol-dati, erano insufficienti e incompleti, e quindi hannorichiesto l’intervento delle autorità governative peravviare ulteriori indagini.24

I dati di una ricerca apparsa su un articolo del gior-nale britannico “The Express”, sembrano invece con-fermare la tesi della pericolosità dell’uranio per lasalute umana, e in particolare per i danni provocati al

sistema genetico. In otto veterani dei conflitti nelGolfo, in Bosnia, e in Kosovo, è stato riscontrato unalto numero di cromosomi deformi all’interno dei glo-buli bianchi, potenzialmente capace d’aumentare ipericoli di un’insorgenza nei casi di cancro e d’anoma-lie tra i loro figli. Nel gruppo in questione, sono statirilevati, inoltre, danni genetici dieci volte maggioririspetto a quelli della popolazione generale, che sem-brano fornire una possibile spiegazione all’enormediffusione di casi di deformità congenite e d’altre stra-ne malattie tra i figli di questi veterani, considerandoche i maggiori problemi sofferti dai veterani e dai lorofigli sono stati causati dalle alterazioni dei fattorigenetici, e che tra i problemi riscontrati vi sono statianche malattie come il cancro, casi di leucemia, diabe-te, sindrome di Down, fibrosi cistica e impotenza.25

Il professor Albrecht Schott, coordinatore dellaricerca, dopo aver analizzato il sangue prelevato daquesti otto soldati, ha messo a confronto i dati riguar-danti la deformazione dei cromosomi dei globuli bian-chi nel gruppo considerato, con quelli riguardanti unaltro formato da cittadini tedeschi. Nel primo gruppo,l’alterazione cromosomica riscontrata era vicina allamedia di 5,8 per ogni 1.000 globuli bianchi, (valorerilevato tra l’altro anche in un gruppo del personaledella fabbrica nucleare di Cernobyl, subito dopo ilfamoso incidente occorso ad uno dei suoi reattori, nel-l’aprile del 1986), mentre studi precedenti avevanomostrato una normale alterazione cromosomica di 0,5ogni 1.000. Lo stesso professore ha dichiarato che:

questo livello di danni al sistema geneti-co, non accadono spontaneamente…Leradiazioni alfa provenienti dall’UI sonouna delle probabili cause delle aberra-zioni cromosomiche che abbiamo trova-to nei globuli bianchi dei veterani. Idanni ai geni di questa gamma, rendonopiù probabili il verificarsi di casi di can-cro, di bambini deformati, e d’altre con-dizioni genetiche.26

L’evidente diversità nelle conclusioni degli studifinora approntati, non riguarda solamente la GranBretagna, ma anche gli Stati Uniti, dove è stato recen-temente scoperto che i soldati già colpiti dalla miste-riosa Sindrome del Golfo, sono risultati particolarmen-te vulnerabili ad un’ulteriore malattia: il morbo diGehrig; nel dicembre del 2001, il Ministero statuniten-se dei reduci di guerra ha dichiarato che i soldatiimpiegati nel Golfo nel 1990 e nel 1991, correvanorischi doppi di sviluppare questa malattia (che tra l’al-tro provoca sclerosi amiotrofica laterale). Attraverso

23 Ibidem

24 Notizie AGI del 22 maggio 2001, “Uranio impoverito: Royal Academy conferma, “è pericoloso” ”.

25 Nic Fleming, “Exclusive: research that may prove link between cancers and depleted uranium; sick Gulf Veterans’ “genetic damage” ”,in: The Express, 24 dicembre 2001.

26 Ibidem

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una ricerca accurata, è stata confrontata, infatti, l’inci-denza del morbo di Gehrig su 700 mila militari impe-gnati nella Guerra del Golfo, con l’incidenza dellamalattia su altri 1,8 milioni di militari che non eranostati impiegati in quella guerra, ed è stato scoperto chei reduci del Golfo erano stati colpiti in misura doppiarispetto a quest’ultimi, mentre tra i veterani stessi, letruppe di terra erano state colpite in misura doppiarispetto a quelle dell’aviazione.27

Secondo l’Office of International Information Pro-grams del Dipartimento di Stato americano, l’uranioimpoverito non può essere associato ad effetti nociviper la salute umana, anche se le radiazioni prodotte daquest’ultimo e dall’uranio arricchito, sono potenzial-mente pericolose. Questa posizione è stata rafforzatada sedici studi epidemiologici condotti su circa 30.000lavoratori delle industrie esposti alle radiazioni, alcunidei quali presentavano livelli significativi di particelled’uranio, che non hanno dato riscontro di casi dimalattia derivanti dalle esposizioni all’uranio.28

Queste conclusioni hanno trovato la conferma nelleopinioni di scienziati esperti del settore come il dottorRon Kathren, professore emerito della WashingtonState University, ed ex direttore del Transuranium andUranium Registries, e come la dottoressa Naomi Har-ley, esperto di salute ambientale, la quale sostienel’impossibilità, dal punto di vista medico, di contrarrela leucemia come risultato di un’esposizione all’uranioo all’uranio impoverito.29 Sempre secondo l’Office, leesposizioni all’UI, non sono in grado di provocare ilcancro, come dimostrato dallo studio sulla percentualedei casi di cancro riscontrati su 19.000 lavoratori, alta-mente esposti alle radiazioni, ed impiegati al OakRidge National Laboratory, tra il 1943 e il 1947. I risul-tati di questi studi, infatti, non hanno mostrato casi ineccesso di cancro, rispetto alla media, fino al 1974, cosìcome altri studi epidemiologici sui casi di cancro aipolmoni tra i lavoratori degli stabilimenti di lavora-zione dei metalli e delle fabbriche dove viene impiega-to uranio, non attribuibili a quest’ultimo, ma ad altrielementi cancerogeni, come il gas radon. Altre ricerchesui lavoratori esposti permanentemente all’uranio,hanno dimostrato che, nel lungo periodo, si sono veri-ficati dei danni ai reni dovuti al livello d’esposizione a

questo materiale radioattivo, ma alcuni esperimentihanno confermato che i problemi insorti nei reni eranotemporanei e che il ripristino del loro normale funzio-namento dipendeva in larga parte dalle quantità cuierano stati esposti i lavoratori stessi.30

Per quanto riguarda, invece, il problema deglieffetti dell’utilizzo dell’uranio durante la Guerra delGolfo, non sono stati riscontrati danni alla salute inquei soldati effettivamente esposti alle polveri d’ura-nio e ai suoi frammenti, secondo anche l’opinione diun buon numero di studi esaurienti sull’argomento. Aquesto proposito, in un gruppo di 33 soldati soprav-vissuti ad incidenti di “fuoco amico”, di cui circa lametà presentava frammenti d’UI trattenuti nei lorocorpi, messi in osservazione nell’ambito del DepletedUranium Follow-Up Program (DUP), promosso dalBaltimore Veterans’Affairs Medical Center, fino adoggi non sono stati riscontrati danni provocati dall’u-ranio impoverito. Secondo l’Office of InternationalInformation Programs, “sebbene questi individui avesserouna lista di problemi collegata a lesioni traumatiche deri -vanti dalle loro ferite, nessuno dei casi studiati presentavaalcun tipo di problema medico significativo dal punto divista clinico, provocato dalla tossicità chimica o radiologicadell’uranio impoverito.” 31

La RAND Corporation, un’organizzazione di ricer-ca “no-profit” che aiuta le istituzioni a migliorare iprocessi decisionali e i piani d’azione grazie alla ricer-ca e all’analisi, in una pubblicazione del 1999, intitola-ta “A Review of the Scientific Literature As It Pertainsto Gulf War Illnesses”, (una parte della quale dedicataall’uranio impoverito), sostiene che non esistano rap-porti nei quali sia stato riscontrato un aumento dei casidi cancro o d’altri effetti negativi per la salute, pro v o-cato sia dall’esposizione alle radiazioni, sia dall’inge-stione o dall’inalazione delle particelle d’uranio, alivelli superiori, rispetto a quelli probabilmente verifi-catesi durante il conflitto nel Golfo Persico.3 2 S e c o n d ola RAND, il corpo umano è molto efficace nell’elimina-re le quantità d’uranio ingerite ed inalate, e inoltre laquantità d’uranio “necessaria per un’esposizione internaindicativa, è, di fatto, impossibile da raggiungere.” 3 3

A questo proposito, una ricerca esauriente suglieffetti tossicologici dell’uranio, condotta dalla stessa

27 Notizie ANSAdel 10 dicembre del 2001, “Sanità: USA: morbo di Gehrig colpisce veterani guerra Golfo”.

28 U.S. Department of State, Office of International Information Programs, “Fact Sheet on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web,www3.itu.ch/missions/US/press2001/0117du.htm

29 Ibidem

30 Ibidem

31 Ibidem

32 H. Harley, E.C. Foulkes, L.H. Hilborne, A. Hudson e C.R. Anthony, A Review of the Scientific Literature As It Pertains to Gulf War Illnesses,Volume 7, “Depleted Uranium”, MR-1018/7-OSD, Rand. Washington, 1999, disponibile sul sito web,www.rand.org/publications/MR/MR1018.7/MR1018.7.html (citato da U.S. Department of State, Office of International Informations Pro-grams, “Fact Sheet on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www3.itu.ch/missions/US/press2001/0117du.htm).

33 Ibidem

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organizzazione, ha dimostrato l’esistenza di un’ecce-denza di casi di cancro ai polmoni tra i minatori espo-sti all’uranio, provocata da uno dei prodotti di decadi-mento dell’uranio, l’isotopo radon 222, presente sottoforma di gas nobile. I lavoratori impegnati nella fab-bricazione di penetratori all’UI, non hanno mostrato,invece, incrementi nel tasso di mortalità o casi ineccesso di malattie come i cancri ai polmoni, nono-stante l’aumento della loro esposizione alle polverid’uranio e ai prodotti di decadimento del radon. Lericerche effettuate dalla RAND, non sono state ingrado di fornire, tuttavia, alcuna spiegazione sulla dif-ferenza nei valori riscontrati tra i minatori e i lavorato-ri degli stabilimenti d’uranio, anche se probabilmentequest’ultimi erano stati esposti meno alle polveri d’u-ranio rispetto ai primi.34

Altre due ricerche della RAND hanno collegato icasi di tumori maligni al sistema linfatico riscontratitra i lavoratori degli stabilimenti d’uranio, alle esposi-zioni all’uranio cui venivano sottoposti; in questocaso, gli autori hanno suggerito quale fattore scatenan-te delle patologie riscontrate, il torio 230, un altro deiprodotti di decadimento dell’uranio. Un’analisi suc-cessiva è riuscita, comunque, a rilevare un eccesso dicasi di leucemia, sempre all’interno di questa categoriadi lavoratori, non collegabile, però, alle esposizioniall’uranio impoverito. Le indagini della RAND suglieffetti radiologici sia dell’uranio impoverito che diquello naturale, si sono avvalse anche d’esperimenticondotti sopra animali da laboratorio. Va detto che inquesto caso lo studio non è stato molto semplice darealizzare, poiché alcuni animali si sono mostratidiversamente tolleranti all’uranio, sia solubile cheinsolubile, e di conseguenza la mortalità tendeva adassumere valori diversi in categorie diverse d’animaliposti sotto osservazione.

In molti casi osservati durante lo studio, la causa dimorte era stata chimicamente indotta dal mancatofunzionamento dei reni, e proprio le conclusioni diquesti studi, hanno permesso di calcolare la dosemedia letale per gli esseri umani, stimata in 1 grammodi polvere d’uranio solubile inalata, capace di provo-care un aumento del 50% nel tasso di mortalità previ-sto. Inoltre il metodo di studio utilizzato, ha permessodi rendere evidente gli effetti radiologici indotti dal-

l’UI, osservati in piccoli gruppi d’animali da laborato-rio, grazie all’aumento della radioattività e al manteni-mento costante della tossicità; i dati così ottenuti, sonostati estesi all’intera popolazione umana, consideran-do che negli esseri umani, le dosi somministrate sonopiù basse. In conclusione, la RAND ha dichiarato chenon è stato possibile osservare alcun effetto negativoper la sua salute, indotto sia dalla radioattività dell’u-ranio impoverito che dalla radioattività dell’uranionaturale; a questo proposto la RAND ha raccomanda-to d’intraprendere ricerche approfondite sui casi dicancro tra i veterani della Guerra del Golfo, espostiall’uranio impoverito.35

Alle stesse conclusioni è pervenuto anche l’U.S.Department of Health and Human Services’ Agencyfor Toxic Substances and Disease Registry (ATSDR),da molti considerato una delle fonti più attendibiliriguardo agli studi sugli effetti delle sostanze pericolo-se nell’uomo e nell’ambiente, che in una ricerca daltitolo “The Toxicological Profile for Uranium”, ha con-fermato l’assenza di pericoli per la salute, dovuti all’i-nalazione, o all’esposizione orale, o della pelle, alleradiazioni dell’uranio naturale o di quelloimpoverito.36 La stessa cosa è stata confermata anchenelle dichiarazioni apparse sul “Bulletin of AtomicScientists”, alla fine del 1999, sui potenziali pericoliper la salute, provocati dall’UI: “le quantità di radiazioniprovocate dall’ingestione o dall’inalazione dell’uranio impo -verito, presentano un rischio per la salute troppo piccolo peressere rilevato attraverso i mezzi epidemiologici.” 37; acausa della sua bassa radioattività, infatti, un soldatoesposto a diverse radiazioni dirette, assorbirà unaquantità tale pari a circa la metà della dose mediaannuale provocata dall’aspirazione di gas radon e deisuoi prodotti di decadimento, cui sono sottoposti imembri di una tipica famiglia americana all’internodella loro casa.38

Bisogna però considerare che indagini recenti suiminatori tedeschi, hanno associato l’esposizione all’u-ranio di quest’ultimi, alle alterazioni intracromosomi-che provocate dalle particelle alfa, osservate proprioall’interno di questi lavoratori (in particolare le parti-celle alfa emesse dall’uranio andavano a colpire ilgene soppressore delle cellule tumorali).39 Nelle ana-lisi condotte, di recente, sui linfociti d’alcuni soggetti

34 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use, and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

35 Ibidem

36 U.S. Department of State, Office of International Information Programs, “Fact Sheet on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web,www3.itu.ch/mission/US/press2001/0117du.htm

37 Bulletin of the Atomic Scientists, Nov/Dic.1999, volume 55, n.6, pp.42-45., disponibile sul sito web, www.thebulletin.org ( citato da U.S.Department of State, Office of International Information Programs, “Fact Sheet on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web,www3.itu.ch/missions/US/press2001/0117du.htm)

38 Ibidem

39 K.M. Muller, P53 Gene Mutations Analysis in Tumors of Patients Exposed to Alpha Particles, Carcinogenesis, n.18, 1997, pp.511-516 (citato daDepleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.260).

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impiegati nelle miniere d’uranio della Namibia, è statodimostrato, che l’esposizione all’uranio è collegata adun aumento nell’incidenza d’alterazioni maligne.40 Irisultati di queste due indagini sono corrispondenti aquelli di ricerche sul legame tra esposizione all’UI eneoplasie polmonari, condotte sopra i minatori suda-fricani e con quelle relative ad un aumento consistentedel tasso di mortalità nelle miniere d’uranio dellaRepubblica Ceca.41

In Canada, alcune indagini hanno confermato l’au-mento nel tasso di mortalità da neoplasie polmonarinei lavoratori delle miniere d’uranio dell’Ontario, eanche in quest’occasione, i dati raccolti sono staticonformi a quelli relativi ad un eccessivo tasso di mor-talità di cancro polmonare nelle miniere sotterraneed’uranio francesi 42, nonché ai dati russi sulla morta-lità provocata dal cancro nell’industria nucleare.43

Bisogna inoltre considerare che alcuni studi hannosegnalato l’insorgenza d’altre forme tumorali, nellacategoria dei lavoratori delle miniere, non attribuibiliin maniera univoca all’uso e al processamento dell’u-ranio, come il cancro alla vescica, all’esofago, allalaringe, alla prostata, nonché casi di malattie diHodgkin, linfomi, e leucemie.44 Sono state effettuateaddirittura delle ricerche su un’altra categoria lavora-tiva soggetta alle esposizioni all’uranio naturale (con-siderato equivalente all’esposizione all’uranio impo-verito), quella degli equipaggi aerei, come confermatoda uno studio condotto recentemente tra i piloti cana-desi, il quale ha mostrato un incremento dei casi dicancro alla prostata e di leucemia mieloide acuta.45

Tutti i risultati degli studi compiuti sui lavoratori

delle miniere d’uranio, sono stati presi in considera-zione nell’analisi della diffusione del cancro e dellemalformazioni genetiche nella popolazione irachenaesposta durante la Guerra del Golfo, e tra i veteranistatunitensi, canadesi e britannici dello stesso conflit-to. Indagini recenti, infatti, hanno individuato unnesso casuale tra l’UI e le malattie del Golfo Persico,ed inoltre hanno dimostrato che questo materialeradioattivo è un fattore scatenante delle patologieosservate in seguito alla Guerra del Golfo, come lamalattia di Al Eskan e la Sindrome del Golfo.46

Anche in Italia, sono state condotte delle ricerchesulla pericolosità dell’uranio impoverito, come attestail fatto che il 20 dicembre del 2000, l’allora Ministrodella Difesa, Sergio Mattarella, ha nominato una spe-ciale Commissione presieduta dal professor FrancoMandelli, famoso ematologo dell’università di Roma,per indagare sulle cause della “Sindrome dei Balcani”.Questa Commissione ha effettuato delle indagini suuna popolazione di 39.450 soldati, che aveva soggior-nato dal dicembre 1995 al gennaio del 2001 in Bosniae/o Kosovo, confrontando i tassi d’incidenza dellapopolazione osservata con quelli della popolazionegenerale maschile, estratti dai Registri Tumori italiani,ed utilizzando, come indicatore per il confronto, ilrapporto tra i casi di tumore osservati nella popolazio-ne militare recatasi in Bosnia e/o Kosovo, e i casi ditumore “attesi” in quest’ultima, il quale dà una misuradi rischi denominata SIR, “Standardized IncidenceRatio” (i casi osservati per tutte le neoplasie sonorisultati 18, mentre quelli attesi erano 32).47

Dopo aver riscontrato 28 casi di tumori, ematici e

4 0 R. Zaire, C.S. Griffin, P.J. Simpson, D.G. Papworth, J.R. Savage, S. A r m s t rong e M.A. Hulten, Analysis of Lymphocytes from Uranium Workers inN a m i b i a, Mutat. Res., n.57, 1996, pp.109-113 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, o p . c i t ., p.260).

41 E. Huizdo, J. Murray, e S. Klempman, Lung Cancer in Relation to Exposure to Silica Dust, Silicosis and Uranium Production in South AfricaGold Miners, Thorax, n.52, 1997, pp.271-275, e L. Thomadek, A.J. Swerdlow, S.C. Darby, V. Placek e E. Kunz, Mortality in Uranium Miners inWest Bohemia: a Long-term Cohort Study, Occupat. Environ. Med., n.51, 1994, pp.308-315 (citati da Depleted Uranium Education Project-Inter-national Action Center, op.cit., p.260).

42 R.A. Kusiak, A.C. Ritchie, J. Muller e J. Springer, Mortality from Lung Cancer in Ontario Uranium Miners, Brit. J. Ind. Med., n.50, 1993,pp.920-928, e M. Tirmarche, A. Raphalen e J. Chameaude, Epidemiological Study of French Uranium Miners, Cancer detect. Prev., n.16, 1992,pp.169-172 (citati da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.261).

43 G. D. Baisogolov, M.G. Bolotnikova, I.A. Galstina, A.K. Guskova, N.A. Koshurnikova, A.F. Lyzlov, B.V. Nikipelov, V.S. Pesternikova eN.S. Shilnikova, Malignant Neoformations of the Hematopoteic and Lymphoid Tissues in the Personnel of the First Plant of Atomic Industry, Vopr.Onkol., n.37, 1991, pp.553-559 (citato da Depleted Uranium Education Project-international Action Center, op.cit., p.261).

44 D. McGheoghan e K. Binsk, The mortality and cancer morbidity experience of workers at the Capenhurst uranium enrichment facility 1946-95,Journal of Radiological Protection, n.20, dicembre 2000, pp.381-401, e H. Checkoway, R.M. Mathew, C.M. Shy, J.E. Watson jr, W.G. Tankersley,S.H. Wolf, J.C. Smith e S.A. Fry, Radiation work experience, and cause specific mortality among workers at an energy research laboratory, Brit. J. Ind.Med., n.42, agosto 1985, pp.525-533 (citati da Silvana Salerno, Esposizione ad uranio nelle attività professionali e studi epidemiologici sulle popolazio -ni a rischio, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n1-2 2001,pp.34-37).

45 P.R. Band, R. Fang, M. Deschamps, A.J. Coldman, R.P. Gallagher e J. Moody, Canada pilots: mortality, cancer incidence and leukemia risk,American Journal of Epidemiology, n.142, 15 gennaio 1996, pp.137-143 (citato da Silvana Salerno, Esposizione ad uranio nelle attività professio -nali e studi epidemiologici sulle popolazioni a rischio, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, pp.34-37).

46 G.A. Jamal, Gulf War Syndrome-AModel for Complexity of Biological and Environmental Interaction with Human Health, Adverse Drug. React.Toxicol. Rev., n.17, 1998, pp.1-17, e A.L. Korenyi-Both e D.J. Juncer, Al Eskan Disease: Persian Gulf Syndrome, Milit. Med., n.162, 1997, pp.1-13(citati da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.261).

47 Commissione Mandelli, “Relazione Preliminare della Commissione istituita dal Ministro della Difesa sull’incidenza di neoplasie malignetra i militari impegnati in Bosnia e in Kossovo”, 19 marzo 2001, disponibile sul sito web, www.difesa.it

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solidi, tra i militari in servizio in Bosnia e in Kosovo, laCommissione Mandelli ha pubblicato, il 19 marzo del2001, una relazione preliminare, dove ha dichiaratoche l’uranio impoverito non è cancerogeno, perchénon esiste nessuna prova evidente di un rapporto dicausa-effetto tra l’uso di proiettili all’UI, e i casi di can-cro e leucemia riscontrati, anche se la Commissione harilevato un eccesso statistico di linfomi di Hodgkin.Per quanto riguarda le neoplasie maligne consideratenel loro insieme, dalle conclusioni preliminari dellaCommissione Mandelli, è emerso un numero di casiinferiore a quello “atteso”, che, secondo UmbertoTirelli, direttore del Dipartimento d’Oncologia dell’I-stituto tumori d’Aviano,

può essere dovuto in parte alla selezioneper idoneità fisica al quale sono sottoposti imilitari e in parte al fatto che gli attesi sonostati calcolati in base ai registri che pro v e n-gono soprattutto dal Nord dove l’incidenzadei tumori nel complesso è più elevatarispetto al Sud, da dove invece proveniva lamaggior parte dei militari impegnati.4 8

Nella seconda relazione della Commissione Man-delli, pubblicata il 28 maggio del 2001, è stata conferma-ta l’esistenza di un eccesso statisticamente significativodei casi di linfoma di Hodgkin tra i militari operanti inBosnia e in Kosovo, e per quanto riguarda le neoplasieanche in quest’occasione è emerso un numero di casiinferiori a quelli attesi. La metodologia d’indagine dellaseconda relazione ha tenuto conto dei nuovi casi segna-lati entro il 30 aprile 2001, per aggiornare l’incidenzadei casi di neoplasie maligne tra i soldati, e dei dati pro-venienti da 12 Registri Tumori Italiani, invece dei 7usati nella precedente relazione; le ricerche si sono,i n o l t re, avvalse delle conoscenze scientifiche attuali sul-l’uranio, che però, secondo la Commissione, non sonoancora riuscite a dimostrare l’esistenza di una corre l a-zione causale tra la malattia di Hodgkin e l’esposizioneinterna all’uranio impoverito.4 9

In particolare, per quanto riguarda il linfoma diHodgkin, sono stati considerati tre studi sull’esposi-zione interna all’isotopo dello iodio I131, (radioisoto-po che non emette radiazioni alfa come l’UI), pubbli-cati nel rapporto del 2000 dello United Nations Scien-tific Committee on the Effects of Atomic Radiation(UNSCEAR), i quali dimostrano l’inesistenza d’alcunnesso casuale significativo tra l’esposizione a questoisotopo radioattivo e l’insorgenza dei linfomi diHodgkin.50 Sono stati inoltre, presi in considerazione,due studi riguardanti i lavoratori addetti alla lavora-zione del minerale uranifero, esposti professionalmen-te a polveri contenenti isotopi dell’uranio e del torio,pubblicati nel precedente rapporto dell’UNSCEAR del1994, dove è stato visto, che nei 20 anni del periodod’osservazione, si sono verificati 3 casi di linfomi diHodgkin, mentre l’incidenza dei tumori e alle ossa èrisultata inferiore a quella attesa.51

Per quanto riguarda la correlazione tra esposizioneesterna cumulativa e mortalità, la Commissione Man-delli si è avvalsa dei risultati raggiunti da due studi sugruppi di lavoratori d’impianti di produzione e ripro-cessamento di combustibile nucleare (e in particolarenel primo studio è stata considerata anche il legametra esposizione esterna e morbilità), i quali hannoriscontrato un’associazione statisticamente significati-va tra linfomi di Hodgkin ed esposizione esterna(principalmente raggi gamma), nel caso in cui vengaadoperato un intervallo di 10 anni tra esposizione einsorgenza della malattia, in quanto le conclusioniavevano escluso la possibile esistenza di una relazionedi casualità 52 (bisogna però aggiungere che le stimedi questi studi citati, non hanno considerato il ruolodell’esposizione interna e d’altri fattori di pericolo peresempio il fumo o l’esposizione a composti chimici).Infine diversi altri studi, vagliati dalla Commissione,hanno analizzato gruppi di casi d’insorgenza del linfo-ma di Hodgkin, ma non sono riusciti a trovare unaspiegazione univoca, ed hanno quindi formulato ipo-

48 Umberto Tirelli, “Uranio “condannato” senza prove”, in: Il Giornale, 7 luglio 2002.

49 Commissione Mandelli, “Seconda Relazione della Commissione istituita dal Ministro della Difesa sull’incidenza di neoplasie maligne tra imilitari impegnati in Bosnia e in Kossovo”, 28 maggio 2001, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documen-ti/mandelli2.pdf

50 L.E.Holm, P. Hall, K.E. Wiklund et al., Cancer risk after iodine-131 therapy for hypertyroidism, J. Natl. Cancer. Inst., n.83, 1991, pp.1072-1077,L.E. Holm, K.E. Wiklund, G.E. Lundell et al., Cancer risk in population examined with diagnostic doses of I131, J. Natl. Cancer. Inst., n.81, 1989,pp.302-306, e E. Ron, M.M. Doody, D.V. Becker et al., Cancer mortality following for adult hyperthyroidism, J. Am. Med. Assoc., n.280, 1998,pp.347-355 (citati da Commissione Mandelli, “Seconda Relazione della Commissione istituita dal Ministro della Difesa sull’incidenza di neo-plasie maligne tra i militari impegnati in Bosnia e in Kossovo,”, 28 maggio 2001, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disar-mo/u238/documenti/mandelli2.pdf).

51 V.E Archer, J.K. Wagoner, e F.E Lundin, Cancer mortality among uranium mill workers, Journal of Occupational Medicine, n.15, 1973, pp.11-14,e R.J. Waxweller, V.E. Archer, R.J. Roscoe et al., Mortality patterns among a retrospective cohort of uranium mill workers, Epidemiology applied toHealth Physics, CONF-830101, 1983, pp.428-435 (citati da Commissione Mandelli, “Seconda Relazione della Commissione istituita dal Mini-stro della Difesa sull’incidenza di neoplasie maligne tra i militari impegnati in Bosnia e in Kossovo”, 29 maggio 2001, disponibile sul sitoweb, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/mandelli2.pdf).

52 G. McGheorgan e K.Binks, The mortality and cancer morbidity experience of workers at the Springfield uranium production facility 1946-95, Jour-nal of Radiological Protection, n.20, dicembre 2000, pp.111-137, e E.S. Gilbert, E. Omohundro, J.A. Buchanan, e N.A. Holter, Mortality ofworkers at the Hanford site: 1945-1986, Health Phys., n.64, gugno 1993, pp.577-590 (citati da Commissione Mandelli, “Seconda Relazione dellaCommissione istituita dal Ministro della Difesa sull’incidenza di neoplasie maligne tra i militari impegnati in Bosnia e in Kossovo”, 28 mag-gio 2001, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/mandelli2.pdf).

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tesi su un’eventuale associazione con alcuni tipi divirus, per dare una spiegazione alle manifestazionidella malattia considerata.

Le ricerche affrontate dalla Commissione hannoanche tenuto conto delle stime di rischio basate sulleanalisi dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki,dalle quali non è emersa un legame significativo traesposizione e incidenza di linfomi, in modo particola-re per gli Hodgkin, ma anche per i non Hodgkin(anche qui però bisogna considerare che queste stimeriguardavano un’esposizione esterna, uniforme, acutae prevalentemente di raggi gamma).53 Numerosistudi epidemiologici sui linfomi di Hodgkin e nonHodgkin, hanno associato l’insorgenza di questamalattia all’esposizione a solventi, al legno fresco eagli erbicidi fenossiacidi, cui sono sottoposti i lavora-tori delle segherie, della carta e i boscaioli.54

Le conclusioni della Commissione Mandelli, sonostate confermate da uno studio di due anni re a l i z z a t odal Coordinamento regionale toscano della Lega con-t ro i tumori, con la collaborazione dell’Istituto di Geo-chimica Ambientale dell’università di Siena e dellaSanità Militare, su un campione di 612 soggetti compo-sto da un reggimento di paracadutisti e da un gru p p odi civili reduci da missioni in Bosnia, Kosovo, Iraq,Somalia e Albania, i cui risultati sono adesso contenutiin un libro, “La prevenzione oncologica nei reduci daiBalcani”, scritto dal professor Franco Nobile, pre s i d e n-te della sezione senese della Lega contro i tumori, spe-cialista in oncologia e libero docente in Semeiotica Chi-ru rgica presso l’università di Siena, il quale ha aff e r m a-to: “l’idea è nata dai paventati collegamenti tra l’uso bellicodell’uranio impoverito e l’insorgenza di tumori maligni perp ro m u o v e re uno screening di prevenzione oncologica per ireduci a rischio, provenienti dai teatri bellici.” 5 5

Queste persone, infatti, sono state sottoposte adesami clinici, di laboratorio ed ecografici, tra cui ladeterminazione dell’uranio nelle urine con la spettro-metria di massa e i risultati ottenuti sono stati messi aconfronto con quelli raggiunti da un “gruppo di con-trollo”, formato da 31 militari mai recatisi all’esteroper missioni. Le prime fasi delle indagini, hanno,escluso la presenza di danni riconducibili ad intossica-zione chimica o contaminazione radioattiva da uranioimpoverito in tutti i soggetti considerati, così come i

risultati finali. Lo studio però non si è limitato solo adindagare sui possibili danni dell’UI per la saluteumana, ma ha avviato un’altra ricerca sui territorikosovari colpiti da proiettili all’uranio, attraverso deiprelievi ambientali effettuati proprio in queste zone.Dalle prime conclusioni non sono emersi dei livelli dirischio tali d’assumere una certa rilevanza sanitariadal punto di vista radioprotezionistico, in quanto irisultati rientravano nei limiti della radioattività natu-rale. Il professor Nobile ha dichiarato al riguardo che:

lo studio non dice che l’uranio non famale, ma afferma solo che nelle personee nei campioni esaminati non c’è uranio.Eventuali tumori maligni che si riscon-t r a s s e ro sono quindi imputabili ad altrecause cancerogene, oppure rientrano neicasi che comunque si sare b b e ro verificatis e c o n d o le statistiche epidemiologiche.5 6

Analisi di laboratorio effettuate su alcuni bioindi-catori, come funghi, licheni, erbe, miele, su alimentid’uso corrente e sull’acqua prelevata da pozzi situatiin Kosovo, hanno confermato che il livello di radioatti-vità ambientale in Puglia, era dentro i limiti previstidalla normativa internazionale, così come in tutti icampioni prelevati sul territorio kosovaro; quindi, ilresponso dei laboratori, sempre secondo il professorNobile, “ha ridimensionato anche il timore che l’uranio,trasportato dal vento, fosse arrivato fino alle coste italiane.”57 Inoltre le sofisticate indagini spettrometriche effet-tuate sopra i reduci più esposti alle radiazioni all’UI,hanno confermato dei valori di gran lunga dentro lanorma e in linea con i risultati di questo studio, ilquale sostiene la tesi dell’inesistenza di potenzialieffetti nocivi dell’uranio impoverito sull’ambiente esull’uomo. Secondo la giornalista Maria Lina Veca,l’indagine non è stata portata avanti con una metodo-logia rigorosa, in quanto:

la ricerca è stata condotta consideran-do i risultati di quattro spedizioni“scientifiche” in Kosovo e in Bosnia.Peccato però che, come già nella relazio-ne Mandelli, la scelta dei “campioni” daesaminare non sia stata neutrale. Infatti,per la Bosnia, sono stati presi in conside-razione militari impegnati dal 1999,

53 D.L. Preston, S. Kusumi, M. Tomonaga, S. Izumi, E. Ron, A. Kuramoto, N. Kamada, H. Dohy, T. Matsuo, T. Matsui et al., Cancer incidence ofatomic bomb survivors. Part III: Leukemya, lymphoma and multiple myeloma , Radiat. Res., n.137, febbraio 1994, pp.568-597 (citato da CommissioneMandelli, “Seconda Relazione della Commissione istituita dal Ministro della Difesa sull’incidenza di neoplasie maligne tra i militari impe-gnati in Bosnia e in Kossovo”, 28 maggio 2001, disponibile sul sito web, www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti/mandel-li2.pdf).

54 B. Persson, M. Fredriksson, K. Olsen, B. Boeryd e O. Axelson, Some occupational exposures as risk factors for malignant lymphomas, Cancer,n.72, 1 settembre 1993, pp.1773-1778 (citato da Silvana Salerno, Esposizione ad uranio nelle attività professionali e studio epidemiologici sulle popola -zioni a rischio, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, pp.34-37).

55 Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, Prevenzioni tumori, giugno 2002, p.18.

56 Anonimo, “Militari nei Balcani: uranio assolto”, in: Il Giornale d’Italia, 21 marzo 2002.

57 Ibidem

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quando tutti sanno che i bombardamentidella Nato all’uranio impoverito sonostati fatti nel 1995. Per il Kosovo stessacosa: sono stati esaminati casi di militariin servizio dal 2000, quindi dopo l’ado-zione delle misure protettive e precau-zionali antiuranio già “consigliate” dalPentagono. Poi, mirabile auditu, sonostati presi in esame militari impegnati inAlbania: c’è soltanto il piccolo particola-re che mai in Albania è stato usato ura-nio impoverito.58

Anche i risultati delle indagini effettuate dallaCommissione Mandelli sono state oggetto di numero-se critiche da parte di diversi studiosi e di membridelle Forze Armate italiane. Chi ha sicuramentemostrato più dubbi sull’operato della commissione, èstato l’ammiraglio Falco Accame, presidente dell’A-NA-VAFAF, che, avvalendosi della sua esperienza sul-l’argomento, è riuscito a rintracciare diverse incon-gruenze ed errori, compiuti nell’effettuare l’indagine.Per prima cosa, secondo Accame, “le relazioni dellacommissione Mandelli non sono basate su un’analisi leposizioni reciproche tra gli obiettivi colpiti (specie inBosnia) e operazioni dei militari.” 59

Alla Commissione, infatti, non sono stati forniti dati,indispensabili come premessa per compiere un’indagi-ne valida, sulle posizioni degli obiettivi colpiti, né suquelle dei singoli militari, giorno per giorno e durantel’attività operativa; secondo l’ammiraglio, “ritengo chequeste relazioni debbano essere ritirate, perché le conclusioninon sono basate, su una metodologia appropriata” 6 0, poi-ché “se prendono in esame dei dati errati (e/o incompleti),non si può che pervenire a conclusioni errate.” 6 1

Accame contesta il fatto che non siano stati presi inconsiderazione tutti i casi sospetti verificatesi in occa-sione delle varie missioni, a partire dalla Guerra delGolfo e dalla Somalia, fino alla Bosnia, poiché in que-ste tre missioni, i reparti italiani avevano operatosenza alcuna protezione, mentre nella missione inKosovo (almeno dopo i primi cinque mesi), eranostate adottate misure protettive. Secondo lui, uno deglierrori più grossi, infatti, è stato quello d’accomunare i

dati della Bosnia con quelli del Kosovo, sotto la stessaetichetta di “operazione nei Balcani”, mentre i dati siriferivano a situazioni assai diverse come pericolosità,sia per i soldati sia per i civili impiegati in queste ope-razioni.62 In questa maniera, il numero potenziale deisoggetti esposti, è risultato enormemente superiorealla realtà, poiché sono stati inclusi anche coloro cheavevano operato in Albania e Macedonia, lontani dallezone bombardate con armi all’UI, perciò:

il risultato della Commissione è non soloparziale ma anche fuorviante. Le persone arischio non sono state superiori a mille,quando invece si è considerato tutto il con-tingente in oltre 40.000 soggetti. Per cui, èstatisticamente diverso avere un rapportodi 1 malato su 40.000 rispetto a 1 su1.000.63

Il problema, per Accame, è che le indagini dellaCommissione Mandelli, oltre a non aver considerato icasi sospetti nel Golfo e in Somalia, non hanno tenutoconto nemmeno dei casi verificatesi in Italia nei poli-goni di tiro, dove venivano (e vengono) sperimentatearmi all’UI non solo da parte delle Forze Armate ita-liane, ma anche da parte di quelle straniere; inoltre nelmetodo utilizzato per effettuare le ricerche non sonostate considerate le situazioni in cui i militari si eranotrovati ad operare nelle vicinanze d’obiettivi (dove sierano successivamente fermati), e dove tra l’altro eraopportuno effettuare un’analisi caso per caso, né tan-tomeno è stato fatto un elenco delle persone che ave-vano operato nelle zone colpite da armi all’UI, (e invicinanza degli obiettivi), prendendo invece, in consi-derazione, quelli che si trovavano a qualche chilome-tro o a decine di chilometri, e oltre, dagli obiettivi col-piti.64 Secondo gli autori di un articolo apparso nel2001, sulla rivista “Tribuna Biologica e Medica”, nelleindagini della Commissione Mandelli:

nessun criterio è stato applicato per valuta-re i diversi livelli d’esposizione tra militariche hanno svolto missioni di un solo giorno(nessuno dei quali si è ammalato: il minimoriscontrato è di 55 giorni di permanenza diun giovane malato di tumore celebrale) e

58 Maria Lina Veca, “ Presentati a Roma i risultati della ricerca dell’Osservatorio della Lega sui tumori su La prevenzione oncologica dei reducidai Balcani….risultato: l’uranio non c’entra…”disponibile sul sito web, www.tibereide.it

59 Falco Accame, Sulla inaccettabilità della Relazione Mandelli. Un appunto, Raccolta personale di documenti e articoli sull’uranio impoverito,Roma, marzo 2002.

60 Ibidem

61 Ibidem

62 Ibidem. Sullo stesso argomento vedi anche, M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S.Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientali ed effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica,anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.39.

63 Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, Prevenzione tumori, giugno 2002, p.19.

64 Falco Accame, Sulla inaccettabilità della Relazione Mandelli. Un appunto, Raccolta personale di documenti e articoli sull’uranio impoverito,Roma, marzo 2002.

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militari con tre anni di permanenza inJugoslavia. Non è per nulla considerata lamansione svolta (se operativa o sedentaria,nemmeno per reparto) e le eventuali pre-cauzioni e le profilassi adottate. Tantomeno sono considerate altre fonti di possi-bile contaminazione, anche per specificheabitudini personali (e.g.: fumo). Manca l’a-namnesi 65 dettagliata dei malati per con-sentire il riconoscimento dei fattori causaliimplicati.66

Infine, secondo Accame, all’interno delle indaginidella Commissione Mandelli, vi sono altre inesattezzesul numero dei partecipanti considerati, sul numerodei soldati eventualmente contaminati, sui criteri concui sono stati inclusi o esclusi taluni casi, sul terminedi paragone preso come riferimento, (il numero cherappresentava la “media italiana dei tumori”), e infinesui calcoli che avevano portato a rilevare una signifi-catività statistica, circa il numero dei linfomi diHodgkin (9+6 casi segnalati nella tabella riassuntiva,rispetto ad una media prevista di 3,9).67

Proprio quest’ultima questione, è stata oggetto dicritiche anche da parte di altre persone, appartenentiad ambienti diversi da quelli di Accame; a questoriguardo il professore Lucio Bertoli-Barsotti, delDipartimento di Statistica dell’Università di Torino,dopo aver studiato le venti pagine della relazioneMandelli, ha dichiarato che il metodo statistico con ilquale è stata calcolata l’incidenza di linfomi tra le tru p-pe italiane che avevano partecipato alle missioni neiBalcani, ha dato dei risultati che non rispecchiere b b e roil vero tasso delle malattie, visto che, la significativitàstatistica riscontrata dalla Commissione Mandelli, erarisultata ancora più evidente, dopo l’impiego del meto-do consigliato da questo pro f e s s o re. In questo modo larelazione sembra aver perso molto del suo valore, re n-dendo “ancora più difficile parlare di pura casualità perl ’ i n s o rg e re di questa malattia tra le truppe a contatto conl’uranio impoverito dei proiettili sparati dai caccia americanidella Nato, sia in Bosnia che in Kosovo.” 6 8

Della stessa opinione è il professor Evandro LodiVizzini, direttore per l’Italia, del Dipartimento di Fisi-ca delle particelle nucleari al CERN di Ginevra, ilquale non è d’accordo con le conclusioni della Com-missione Mandelli; secondo questo studioso, “quello diFranco Mandelli è solamente un lavoro statistico che nonchiarisce nulla” 69, condotto da oncologi ed ematologi(invece che da scienziati nucleari), che hanno svoltoindagini in maniera errata e senza conoscenza dell’ar-gomento, poiché “cosa succede subito dopo l’esplosione,nessuno lo sa. Solo quando lo scopriremo, si potrà dare unarisposta precisa sulla pericolosità di questo tipo d’armi.” 70

Lo stesso professore ha proposto di realizzarediversi studi, sia sulla modalità di solidificazione dellemicroparticelle d’UI, esposte alle alte temperature pro-vocate dalle esplosioni dei proiettili che penetrano lecorazzature armate, sia sulla conformazione dellasuperficie di quest’ultimi, da cui dipende la pericolo-sità dell’UI, e in particolare dell’isotopo U-238. Secon-do lui, infatti, “è sufficiente un microgrammo, cioè unmilionesimo di grammo, per uccidere una persona. Una talequantità dà luogo a 2.000 disintegrazioni atomiche al gior -no, con produzioni di raggi alfa, cioè le radiazioni nuclearipiù dannose” 71, con notevoli danni, sia ai militari chealle popolazioni civili, in quanto “ le 2.000 disintegra -zioni al giorno andranno avanti per anni.” 72

Anche l’associazione “Scienziati contro la guerra”,ha rilevato degli errori statistici nelle conclusioni dellaCommissione Mandelli, incapace, secondo loro, dirilevare l’importanza statistica dei casi di linfomi, e“cioè il fatto che tale numero è abnorme rispetto all’inciden -za spontanea della malattia ed è ragionevolmente spiegabilealla luce del solo effetto del caso del gruppo di militari consi -derato.” 73 Secondo l’ammiraglio Accame, nel calcolostatistico dei linfomi adottato dalla CommissioneMandelli, è stato impiegata, la distribuzione di Gauss,anziché quella di Poisson, “con ovvi effetti sulle soglie dirischio” 74, in quanto, adottando quest’ultima distribu-zione, l’incidenza del morbo di Hodgkin aumentavaenormemente rispetto al parametro di confrontonazionale. La stessa Commissione ha in parte ricono-

65 Raccolta di notizie sui precedenti della vita di una persona e anche dei suoi ascendenti, a scopo diagnostico.

66 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientalied effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoveritonei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.38.

67 Falco Accame, Sulla inaccettabilità della Relazione Mandelli. Un appunto, Raccolta di documenti e articoli sull’uranio impoverito, Roma,marzo 2002.

68 Anonimo, “Uranio impoverito: “Errori nei calcoli della Commissione” ”, in: La Repubblica, 19 maggio 2001.

69 Massimo A.Alberizzi, “Uranio, molti punti oscuri”, in: Il Corriere della Sera, 22 marzo 2001.

70 Ibidem

71 Ibidem

72 Ibidem

73 Notizie ANSAdel 5 novembre 2001, “Ambiente: uranio impoverito; esperti, in Kosovo rischio tumori”.

74 Falco Accame, Sull’inaccettabilità della Relazione Mandelli. Un appunto, Raccolta personale di documenti e articoli sull’uranio impoverito,Roma, marzo 2002.

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sciuto gli errori compiuti, e uno dei suoi membri, l’e-pidemiologo Alfonso Mele, ha accettato la proposta dimodifica delle valutazioni statistiche enunciate dalprofessor Bertoli-Barsotti, “considerando come poissonia -na la distribuzione dei dati statistici relativi alla probabilitàd’insorgenza dei linfomi di Hodgkin.” 75

Ai casi di linfomi riscontrati tra i soldati italianiimpegnati nei Balcani, si sono aggiunti anche alcunicasi di melanomi, come quelli diagnosticati dal der-matologo Waldemaro Marchiafava, durante uno stu-dio condotto sopra 1.200 persone inviate in Kosovo,per accertare la presenza d’eventuali malattie dellapelle provocate dal contatto con l’uranio impoveri-to.76 I lavori della Commissione Mandelli, sono anda-ti avanti e hanno prodotto una terza relazione, pubbli-cata nel giugno 2002, la quale ha ribadito i risultatiottenuti da alcuni studi condotti negli Stati Uniti e inaltri paesi europei, ed ha inoltre confermato le conclu-sioni raggiunte dai rapporti precedenti.77

V.2 Nocività dell’uranio impoverito per la salute:effetti radiologici e chimici.

C’è da dire che il problema dell’uranio, e in parti-colare della sua dannosità, era già argomento di dibat-tito negli anni Quaranta negli Stati Uniti, all’epoca deiprimi esperimenti nucleari, e della fabbricazione deinuovi sistemi d’arma contenenti materiale radioattivo.Già nel 1943, il generale Leslie Grove, uno dei respon-sabili del Progetto Manhattan, aveva dichiarato che learmi all’uranio erano in grado di causare “danni per -manenti ai polmoni” 78, mentre i suoi collaboratorierano convinti della possibilità di diffondere nel terri-torio, uranio e altro materiale radioattivo, grazie al suoutilizzo nei sistemi difesa d’arma. Attraverso alcunericerche, il premio Nobel Herman Joseph Muller,aveva scoperto nel 1946, i terribili effetti mutageniderivanti dalle radiazioni ionizzanti (come quelle pro-vocate dall’uranio impoverito), in un periodo in cuil’amministrazione americana, era interessata a portareavanti la sua politica nucleare. Nel 1954, infatti, gliStati Uniti, durante la presidenza Eisenhower, eranoriusciti a dar inizio al programma “Atoms for Peace”,

(nonostante i proclami provenienti dall’opinione pub-blica) il quale prevedeva, sia lo sfruttamento dell’ener-gia atomica per produrre grandi quantitativi d’energiaelettrica pulita, sia l’instaurazione di diversi stabili-menti nucleari lungo il territorio statunitense, all’inter-no degli agglomerati urbani, mentre nel 1956, sempregli Stati Uniti, avevano creato l’International AtomicEnergy Agency (IAEA), allo scopo di promuovere lanascente industria nucleare.

Nel 1957 la World Health Organization (WHO), erariuscita ad organizzare una conferenza internazionalesul rapporto casuale tra radiazioni e mutazioni geneti-che, basata sui risultati degli esperimenti di Muller,ma nel 1959 il dibattito sulle questioni sollevatedurante la conferenza stessa, venne interrotto da unaccordo tra il WHO e la IAEA, che permetteva a que-st’ultima di bloccare qualsiasi iniziativa del WHO, checercasse d’investigare sulle possibili relazioni esistentitra le radiazioni e la salute pubblica.79 Sulla pericolo-sità dell’uranio, si era già espresso più volte dagli anniCinquanta in poi, anche il professor John W. Gofman,a capo tra l’altro del primo team di scienziati che nel1942 erano riusciti a separare il primo milligrammo diplutonio, il quale aveva più volte sottolineato che “ daogni ragionevole standard biomedico provato, non esisteuna dose di sicurezza.” 80

Sempre negli anni Cinquanta, alcuni studi intra-presi dal Pentagon’s Atomic Bomb Casualty Commis-sion, sui sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiro-shima e Nagasaki, per verificare l’efficacia dellebombe nucleari, avevano dimostrato che le radiazionid’uranio, potevano indurre malattie come il cancro,che, in molti casi, si manifestavano anche dopo parec-chi anni, e che, parimenti, gli standard fissati alloracome limite per le radiazioni tollerabili, non presenta-vano alcun pericolo per l’organismo umano. Bisognad i re però che questi studi erano stati condotti in manie-ra approssimativa, senza tener conto, per esempio,della diff e renza tra gli effetti provocati da un’impro v v i-sa e intensa esplosione, e quelli di radiazioni costantiemesse da una fonte interna (come quelle pro v o c a t edalle particelle d’UI che accedono all’interno dell’org a-nismo, tramite inalazione o ingestione, o ferite).

Sulla pericolosità dell’uranio si è espressa anche

75 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientalied effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.39.

76 Notizie Adnkronos del 23 novembre 2001, “Uranio: Accame, 9 casi di melanoma su 800 inviati nei Balcani”. Sullo stesso argomento vedianche, Anonimo, “Melanomi sospetti”, in: Il Manifesto, 25 novembre 2001.

77 Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, Prevenzione tumori, giugno 2002, pp.16-17.

78 John Pilger, “Iraq : the great cover up”, in: The New Statesman, 22 gennaio 2001.

79 Robert James Parsons, “Deafening silence on depleted uranium”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001, disponible sul sito web,www.endthewar.org

80 John W. Gofman, Radiation-Induced Cancer from Low-Dose Exposure: an Indipendent Analysis, Committee for Nuclear Responsability Inc.,Book Division, P.O. Box 11207, San Francisco, California, 1990 (citato da Robert James Parson, “Deafening silence on DU”, in: Le Monde Diplo -matique, febbraio 2001). Sullo stesso argomento vedi anche, John W. Gofman, “Letter of Concern”, disponibile sul sito web,www.ius.bg.ac.yu/apel/du-reactions.html

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una ricercatrice inglese, Alice Walker, la quale hadimostrato quali siano i pericoli derivanti da radiazio-ni “low-level”, come quelle emesse dall’uranio impo-verito, grazie a studi condotti su bambini nati dadonne sottoposte a radiazioni di tipo X durante la lorogravidanza, e confermati dalle indagini realizzate,durante gli anni Settanta, sui lavoratori degli stabili-menti nucleari statunitensi di Hanford.81 Allo stessomodo, un altro ricercatore britannico, il dottor ChrisCusby, dopo aver fatto molte indagini sugli effettidelle radiazioni “low-level”, ha dimostrato che un’e-sposizione cronica alle radiazioni di questo generederivante da una fonte interna al corpo umano, puòdistruggere il DNA delle cellule, provocando dellemutazioni capaci di causare malattie come il cancro.82

Due indagini effettuate negli anni Ottanta, hannocostatato, invece, la presenza di particelle insolubilid’UI trattenute all’interno del tessuto polmonare peranni; nel primo dei due studi in questione, è stata,infatti, riscontrata una ritenzione polmonare d’uranioinsolubile per oltre il 60% dei casi, di durata superioreai 500 giorni, mentre nell’altra ricerca, la ritenzionepolmonare è arrivata a 1470 giorni.83

Grazie all’utilizzo d’armi all’UI durante la Guerradel Golfo, (nonché durante i conflitti dei Balcani), eagli effetti riscontrati in seguito sopra le persone, si èriusciti a capire meglio come possa, questo materiale,incidere sull’organismo umano; secondo l’AEPI, “sel’uranio impoverito accede all’interno dell’organismo, essopuò causare conseguenze cliniche degne di nota. I rischiassociati alla presenza d’UI nel corpo umano sono di naturasia chimica che radiologica.” 84

Il rischio potenziale principale associato alle armiall’UI, è l’inalazione dell’aerosol creato quando iproiettili all’uranio colpiscono un obiettivo corazzato;la frazione che può entrare nei polmoni è al massimoil 96% (60% U3O8, 20% UO2, 20% d’altri ossidi amor-fi).85 L’uranio è quindi in grado d’accedere all’internodell’organismo, attraverso l’inalazione delle polverid’aerosol d’UI o attraverso la loro ingestione (in que-

sta maniera, i cibi e l’acqua contaminata vanno adepositarsi nell’apparato gastro-intestinale), o ancoratramite ferite o abrasioni provocate da piccoli fram-menti di proiettili. La dimensione delle particelle d’UI,la loro solubilità, e i tipi d’esposizione a questo mate-riale, sono in grado d’influenzare il percorso dell’ura-nio all’interno dell’organismo umano; i suoi compostipiù solubili, come l’esafluoruro d’uranio e il fluorurod’uranio, vengono assorbiti dal sangue, grazie allecavità alveolari dei polmoni, mentre solo una piccolaparte (2%) dell’uranio inalato, viene assorbita tramitel’apparato gastrointestinale. Almeno il 10% di questicomposti si concentrerà inizialmente nei reni, intac-candoli e provocando nefriti, per poi essere immagaz-zinati dalle ossa (i tubuli prossimali sono la parte deireni più potenzialmente esposte a subire dei danni).86

Se invece l’uranio inalato si presenta sotto formainsolubile, esso si depositerà nei polmoni, rimanendo-vi per alcuni anni (per alcuni almeno fino a sedicianni)87 e distribuendo quindi la maggior parte delleradiazioni ai polmoni; infatti, l’uranio depositatosi neipolmoni, prima d’essere trasportato nel sangue, (peressere poi gradualmente dissolto) continuerà ad irrag-giare gli organi circostanti, mediante l’emissione diparticelle radioattive. Una concentrazione molto altad’uranio insolubile all’interno dei polmoni è in grado,quindi, di provocare dei danni ai tessuti polmonari,che potrebbero in seguito tramutarsi in cancro, dopouna lunga permanenza all’interno di quest’organoumano.

Secondo le ricerche effettuate dagli autori di unarticolo pubblicato sulla rivista scientifica “TribunaBiologica e Medica”, le particelle d’UI inalate possonorimanere intrappolate nei bronchioli o negli alveolipolmonari, e soprattutto quelle insolubili, tendono arestare in queste parti del corpo umano o ad essereespulse per movimento muco-ciliare o per rimozionead opera dei macrofagi, mentre la parte più solubile siscioglie nel plasma e quindi tende ad accumularsi,nella forma d’aggregati, in diversi organi, in particola-

81 E.S. Gilbert, E. Omohundro, J.A. Bachanan e N.A. Holter, Mortality of workers at the Hanford site: 1945-1986, Health. Phys., n., giugno 1993,pp.577-590 (citato da Silvana Salerno, Esposizione ad uranio nelle attività professionali e studi epidemiologici sulle popolazioni a rischio, Tribuna Bio-logica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, pp.34.37).

82 Robert James Parsons, “Deafening silence on depleted uranium”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001, disponibile sul sito web,www.endthewar.org

83 D.A. Ensminger e S.A. Bucci, Procedures to Calculate Radiological and Toxicological Exposures from Airborne Releases of Depleted Uranium, TheAnalytical Science Corporation, Publication TR-3135, Washington D.C., 1980, e M.F. Sullivan, “Actinide Absorption from the GastrointestinalTract”, in: M.E. Wrenn, Actinides in Man and Animals, University of Utah Press, Salt Lake City, Utah 1981, pp.232-236 (citati da Depleted Ura-nium Education Project-International Action Center, op.cit., p.259).

84 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army: TechnicalReport, giugno 1995, p.101 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.271).

85 Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

86 Rosalie Bertell, “Gulf War Veterans and Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.antenna/nl/wise/uranium/dhap993.html

87 Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

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re nei linfonodi, (soprattutto in quelli mediastinici chesono più vicini al polmone), nel midollo rosso delleossa, nei sistemi uro-genitale, nei reni, nei sistemi ner-voso, scheletrico, muscolare, ecc.88

Per gli autori di questa ricerca, gli effetti biologiciprovocati dall’uranio, sono dose dipendente, in altreparole non esistono dosi minime sicuramente innocue.Le patologie epidemiologicamente osservabili nelcorpo umano con maggiore prevalenza, e prevedibilirazionalmente, sono a carico dell’informazione geneti-ca contenuta nel DNA, con possibili conseguenzegeneralizzate di tipo mutageno, cancerogeno e terato-geno, dell’apparato respiratorio (processi infiammato-ri e degenerativi), del midollo osseo, (anemie di variotipo), dei linfonodi mediastinici (linfomi di Hodgkin enon Hodgkin), del fegato, e in generale di tutti gliorganismi linfoidi (linfonodi, milza…), e infine, a cari-co dei reni (soprattutto a livello del tubulo contortoprossimale); sono stati riscontrati, inoltre, effetti geno-tossici (anomalie congenite), embriotossici (aborti),teratogeni (mostruosità della prole), neuropatie e mio-patie.89

Nel luglio 1990, l’U.S. Army Armament Munitionsand Chemical Command, ha definito l’UI, “un emetti -tore di radiazioni alfa di basso livello, collegabile al cancroquando le esposizioni sono interne, mentre la sua tossicitàchimica può causare danni ai polmoni” 90, mentre l’AEPI,in un rapporto del 1995, ha dichiarato che “la dose diradiazione critica per gli organi dipende dall’ammontare ditempo in cui l’UI è rimasto negli organi. Questo valore, unavolta conosciuto, è in grado di determinare i rischi di cancroe di altre malattie ereditarie.” 91

Le inalazioni di diossido d’uranio insolubile, sono,quindi, generalmente associate ad effetti generali sullastruttura polmonare, come fibrosi ed enfisemi, mentre

l’uranio inalato in forma solubile è in grado di causaredei danni ai reni, come visto in precedenza. Bisognaaggiungere che l’uranio può provocare altri danniall’organismo, come perdite di peso, problemi respira-tori e gastrointestinali, necrosi del fegato, fibrosi deilinfonodi, lassemia, malattie della pelle e del sistemaneurocognitivo, nonché danni ai cromosomi con even-tuali difetti congeniti, e infine cancri alle ossa.92

Secondo l’Encyclopaedia of Occupational Healthand Safety, le malattie derivanti da un avvelenamentocronico da parte dell’uranio e dei suoi ossidi sono leseguenti: fibrosi polmonari, cambiamenti nel sangue,(riduzione dei globuli rossi e bianchi), problemi alsistema nervoso, possibilità di nefriti, epatite cronica,gastriti e altre ancora93; per il professor Asaf Durako-vic,

…nei casi di contaminazione interna, icomposti solubili (uranili), provocanodanni chimici a livello dei tubuli convolutiprossimali dei reni dando luogo a ematuria94, albuminuria 95, formazione di masseialinee 96 e granulari all’interno delle ca-vità, azotemia 97 e necrosi tubulare.98 Icomposti meno solubili (uranosi), vengonotrattenuti in via primaria all’interno deipolmoni se inalati, oppure s’accumulanonell’osso durante la fase di mineralizzazio-ne. Un ulteriore effetto tossico di tali com-posti consiste nell’inibizione del metaboli-smo dei carboidrati nel complesso del-l’ATP-uranil-esochinasi e, di conseguenza,nel blocco dei trasferimenti di fosfati al glu-cosio e nell’inibizione della prima fase del-l’utilizzo metabolico dello zucchero.L’elevata organospecificità degli isotopi

88 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientali edeffetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, pp.30-31.

89 Ibidem

90 Science Applications International Corporation (SAIC), Kinetic Energy Penetrator Environmental and Health Considerations, luglio 1990, vol.1,2-2 (citato da Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna/nl/wise/uranium/dhap992.html).

91 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army: TechnicalReport, giugno 1995, p.108 (citato da Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna/nl/wise/uranium/dhap992.html).

92 Rosalie Bertell, “Gulf War Veterans and Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.antenna/nl/wise/uranium/dhap.993.html

93 Jacques Brillot, “The chemical effects of DU”, in: Le Monde diplomatique, febbraio 2001, www.endthewar.org

94 Emissione patologica di sangue con l’urina.

95 Presenza nelle urine di albumine e di globulina in quantità abnormi, che si verifica nelle malattie renali (anche senza lesioni) e frequente-mente durante la gravidanza. Talvolta, invece, si manifesta in soggetti che stanno a lungo in piedi.

96 Queste masse si presentano quando i tessuti perdono le normali caratteristiche e assumono aspetto vetroso.

97 Concentrazione nel sangue di prodotti di rifiuto dell’organismo, contenenti azoto.

98 Complesso d’alterazioni strutturali irreversibili che comportano la perdita di qualsiasi funzione vitale a carico di gruppi cellulari, zone ditessuto e porzioni d’organo.

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dell’uranio, combinata con una lunga emi-vita e con la radiazione corpuscolare, deter-mina danni chimici e radiologici agli organibersaglio, vale a dire all’albero bronchioal-veolare, ai reni e alle ossa, dando luogo adalterazioni somatiche e genetiche. I compo-sti dell’uranio trattenuti all’interno del tes-suto osseo possono causare alterazionimaligne nelle cellule del tessuto scheletricoe nelle cellule staminali, mentre l’accumulod’UI all’interno del sistema respiratoriopuò indurre neoplasie polmonari.99

L’ingestione delle particelle d’UI, in forma solubile,provoca il passaggio dall’apparato digerente al san-gue, di una quantità d’uranio compresa dal 2 al 5%; inquesto modo il valore limite per l’insorgenza di dannipermanenti ai reni, dopo una singola ingestione diparticelle d’UI, è paragonabile a quella che soprag-giunge attraverso il percorso compiuto da quest’ulti-mo, tramite l’inalazione, ma, in pratica, le quantitàumanamente ingeribili sono molto minori in ordine digrandezza, rispetto a quelle derivate dall’inalazione,tanto da risultare insignificanti.100 L’ingestione, inve-ce, di particelle d’uranio in forma insolubile, non haeffetti tossici dal punto di vista chimico per l’organi-smo, poiché la maggior parte della quantità ingerita,non viene assorbita dall’apparato digerente, e persinole piccole quantità che rimangono al suo interno, nonsono in grado di provocare danni al corpo umano.101

La solubilità dell’UI, è in grado di determinarne glieffetti tossicologici, anche nel caso che esso accedaall’interno dell’organismo attraverso delle ferite; se,infatti, l’UI si presenta sotto forma solubile, sarà elimi-nato per la maggior parte dai reni, anche se può acca-dere che una dose che ecceda i limiti consigliati, pro-vochi dei seri danni ai reni stessi; nel caso in cui, inve-ce, le particelle d’UI si presentino in forma insolubile,può succedere che rimangano all’interno dei tessutiper un lungo periodo, innestando una serie di radia-zioni relativamente alte e limitate ad un settore speci-fico dell’organismo, capace di provocare un incremen-to del rischio, nel lungo periodo, di contrarre malattiecome il cancro.102

Per quanto riguarda le dimensioni, le particelle piùgrandi vengono catturate dalla parte più alta del siste-ma respiratorio (naso, fistole, bocca, parte più alta deipolmoni), attraverso l’inalazione dei fumi provocatidalle polveri d’aerosol d’UI, e da qui trasferiti allagola, dove una volta inghiottite, passano velocementeall’apparato digerente.103 La maggior parte, invece,delle particelle più fini, raggiunge la parte più bassadei polmoni (regione alveolare), rimanendovi mesi oaddirittura anni, fino a che non vengono dissolte; biso-gna aggiungere però che molto dell’uranio ingeritoviene espulso, tramite le feci, entro pochi giorni, senzariuscire a raggiungere il sangue, mentre una parte diciò che rimane è capace di spingersi fino al flusso san-guigno.104

La respirabilità delle particelle, è determinata dalDiametro Aerodinamico Equivalente (DAE): le parti-celle d’UI, non sono respirabili se il loro DAE è supe-riore ai 10 micron, e quindi la percentuale respiratadipende dalle dimensioni di quest’ultime. Se, peresempio, il loro DAE corrisponde a 5 micron, le parti-celle d’UI sono respirabili per il 25%, per il 50% se è di3,5 micron, per il 75% se il DAE misura 2,5 micron einfine per il 100% se esso corrisponde a 2 micron.105

Secondo Vladimir S.Zajic, quando le particelle d’ura-nio impoverito di dimensioni respirabili accedonoall’organismo tramite inalazione, almeno il 25% diesse rimangono intrappolate nei polmoni, dove le par-ticelle insolubili possono rimanere anche per alcunianni (come visto in precedenza), mentre almeno un50% viene, in seguito, inghiottito per poi accedereall’apparato gastrointestinale.106 A questo propositol’International Commission on Radiological Protection(ICRP), ha introdotto un modello generale per analiz-zare i parametri di studio delle vie aree nella contami-nazione da uranio.

Secondo questo modello, circa il 25% delle particel-le d’uranio viene subito eliminato attraverso l’espira-zione, il 50% viene trasportato al nasofaringe, dovepuò essere eliminato tramite espettorazione oppuredeglutito, e il restante 25% si deposita nell’alberobronchioalveolare; di quest’ultima percentuale, il 10%raggiunge la circolazione sistemica, mentre il 15% risa-

99 Depleted Uranium Education Project-international Action Center, op.cit., pp.256-257.

100 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm

101 Ibidem

102 Ibidem

103 Michael H.Repacholi, “Background Material on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d010108e.htm

104 Le particelle delle dimensioni di 2,5 micron accedono alle parti più profonde dei polmoni, mentre le particelle di dimensioni minori di 5micron (ma maggiori di 2,5), si depositano nei polmoni, dopo essere state inalate.

105 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.258.

106 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use, and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com./vzajic/

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le al nasofaringe tramite espettorazione e attraverso imovimenti ascendenti dell’epitelio ciliare.107 C’è inol-tre da considerare che la quantità d’uranio che puòaccedere all’interno dell’organismo, dipende in largaparte dal tipo d’esposizione cui sono sottoposte le per-sone. Il rischio maggiore viene corso da coloro che sitrovano nelle vicinanze di un obiettivo, al momentodell’impatto con un proiettile all’UI, o dal personaleincaricato d’esaminare l’immediata efficacia deiproiettili contro l’obiettivo colpito (per esempioentrando in uno dei veicoli colpiti).

Alcuni studi condotti negli Stati Uniti, hannodimostrato che l’equipaggio di un carro colpito daproiettili all’UI, è capace d’inalare 50 milligrammid’aerosol d’UI. Tale quantità provoca dei danni lievi ereversibili ai reni, indotti dalla tossicità dell’uranio,grazie ad una dose interna di radiazioni equivalente acirca quella autorizzata per le persone professional-mente coinvolte in attività nucleari.108 Il rischiodiventa minore per quelle persone che vivono nellezone colpite o che visitano le aree contaminate, unavolta che le particelle d’aerosol d’UI, si sono deposita-te sul terreno, o si trovano sospese nell’aria, poiché inquesto caso le particelle tendono ad unirsi ad altromateriale, aumentando quindi in grandezza e dive-nendo in pratica di dimensioni non respirabili (perlo-meno un’ampia porzione d’esse).

La dose di rischio considerata s’abbassa considere-volmente per quelle persone che, in una situazionepost-impatto, si trovano in spazi aperti, vicino a veico-li distrutti da munizioni all’UI, oppure vicino a proiet-tili in fase avanzata di combustione, mentre per gliindividui entrati nei veicoli colpiti, o trovatisi nellevicinanze del luogo, dove in precedenza vi era statoun incendio, la contaminazione interna risulta ancorapiù bassa di quella considerata, visto che nel frattem-po le polveri d’aerosol hanno avuto modo di deposi-tarsi sul terreno. L’UI può accedere all’interno dell’or-ganismo, anche attraverso l’ingestione di porzioni diterreno contaminato dall’esplosione d’armi di questogenere, come nel caso dei contadini che, lavorando,possono inavvertitamente ingerire piccole quantità, odei bambini che hanno l’abitudine di portarsi la manoalla bocca, e quindi possono trasmettere all’internodell’organismo qualsiasi sostanza si trovi depositatasul terreno.109

L’organismo umano non è in grado, però, d’ingeri-re quelle quantità necessarie perché si possano avereeffetti nocivi per la salute; in pratica, a lungo termine,

il pericolo maggiore deriva dall’ingestione dell’UI chesi trova nell’acqua che beviamo, e di conseguenzanella catena alimentare, o direttamente depositatosulla vegetazione, ma in questo caso, come abbiamovisto in precedenza, i rischi incorsi sono generalmentebassi, poiché solo una piccola quantità d’uranio vieneeffettivamente trasportata nella catena alimentare.110

Un altro effetto dell’UI potenzialmente nocivo perla salute, è l’esposizione esterna alle radiazioni ioniz-zanti emesse dagli isotopi dell’uranio (come già vistole particelle alfa sono le radiazioni principali sprigio-nate). In questa situazione però il rischio per la saluteè basso, a meno che l’uranio non venga introdottodirettamente nel corpo (per esempio attraverso unaferita), poiché a differenza delle particelle beta egamma, le particelle alfa sono appena in grado dipenetrare lo strato esterno morto della pelle, mentre leparticelle beta possono penetrare almeno 1 centimetrodi tessuto corporeo, e addirittura le particelle gammapossono passare attraverso il corpo. In pratica, unapersona può risultare esposta solo grazie al contattodiretto con gli isotopi secondari dell’uranio impoveri-to, come il torio 234 e il protoattinio 234, che emettono,rispettivamente, particelle radioattive di tipo beta egamma, (le quali hanno una capacità maggiore dipenetrare attraverso il corpo), ma rimane il fatto che ilrischio da esposizione esterna da UI è considerevol-mente più basso rispetto all’uranio naturale; infatti, iprodotti di decadimento di quest’ultimo, che normal-mente si trovano in equilibrio con gli isotopi dell’ura-nio, sono in grado d’emettere grandi quantità di raggibeta e gamma, molto più efficaci e penetranti, rispettoagli isotopi secondari derivati dai processi di decadi-mento, come il torio 231 e il torio 234, capaci d’emette-re raggi di tipo gamma, ma di bassa intensità.111 Leparticelle alfa sono pericolose se colpiscono le celluleinterne del corpo (molto sensibile agli effetti ionizzantidelle radiazioni emesse da queste particelle), una voltache l’uranio impoverito accede all’organismo, grazieall’inalazione o all’ingestione delle polveri d’UI. Glieffetti dannosi di una radiazione ionizzante sonoessenzialmente il risultato dell’energia assorbita daitessuti del corpo, chiamata dose di radiazione.

L’unità di misura per le dosi di radiazione è il sie-vert (sv) o il millisievert (1sv=1000 msv); l’Internatio-nal Commission on Radiological Protection (ICRP), haraccomandato i limiti consentiti per l’esposizione alleradiazioni ed ha adottato gli standard di sicurezza dibase della IAEA. Secondo questi calcoli, la dose

107 International Commission on Radiological Protection (ICRP), Recommendations of International Commission on Radiological Protection, Brit. J.Radiol. Suppl., n.6, 1955 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.258).

108 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm

109 Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

110 Ibidem

111 Ibidem

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annuale ammissibile per una persona normale è di 1msv, mentre per un lavoratore esposto alle radiazioniè di 20 msv; in speciali circostanze, è consentito assu-mere, in un anno, una dose superiore ai 5 msv, a pattoche la dose media lungo cinque anni consecutivi nonecceda 1 msv all’anno, mentre per quanto riguarda ilavoratori esposti alle radiazioni, la dose mediaannuale è di 20 msv lungo cinque anni consecutivi, odi 50 msv in ogni singolo anno.

L’ICRP, ha inoltre raccomandato i seguenti fattoridi rischio per l’esposizione a radiazioni ionizzanti: 5%sv-1 per l’insorgenza di tumori letali, 1% sv-1 per itumori non letali e infine 1,3% sv-1 per l’insorgenzad’effetti ereditari evidenti (in totale s’applica un fatto-re di 7,3% sv-1 per il cosiddetto “detrimento sanita-rio”, ovvero per la somma dei tre effetti considera-ti).112 Secondo la Nato la quantità di radiazioni ester-ne emesse nelle vicinanze di fonti d’uranio impoveri-to, è molto bassa, in quanto un 1 kg d’UI ad unadistanza di 1 m da una persona, produce una doseinferiore al limite annuale di 1 msv; per fare un con-fronto, un abitante della Svizzera accumula, in unanno, almeno 3 msv derivanti dalle fonti naturali diradiazione.113

Per cercare di valutare gli effetti biologici dei diffe-renti tipi di radiazioni, la Nuclear Regolatory Com-mission (NRC), ha adottato un differente sistema dicalcolo, che considera la dose di radiazione assorbitadal corpo, la quale viene moltiplicata per un fattored’efficacia relativa biologica (RBE=Relative BiologicalEffectiveness), mentre la quantità derivante, chiamatadose equivalente, viene misurata in sievert o rem(1sv=100 rem). In questo modo, la NRC è riuscita acalcolare un fattore RBE di 20 rem per tutti gli emetti-tori di radiazioni alfa (come l’uranio impoverito). Conquesto metodo, l’ICRP e la NRC, hanno raccomandatouna quantità limite annuale professionale di esposi-zioni di tutto il corpo alle radiazioni di 5 rem, e di nonpiù di 10 rem in cinque anni.

Quantità equivalenti ai limiti citati non hannoavuto alcun effetto misurabile sull’organismo umano,almeno per quanto riguarda il breve periodo. Addirit-tura alcune agenzie federali statunitensi hanno ulte-riormente ridotto il valore di 5 rem all’anno, portando-lo a 2 rem, sempre per i lavoratori esposti alle radia-zioni. Se la dose equivalente non raggiunge la sogliaminima per avere degli effetti sull’organismo a lungo

termine, la quantità annuale ammissibile di radiazioniper le persone normalmente non esposte alle radiazio-ni, è di 100 rem. Nel breve termine, una dose di radia-zioni di 50-100 rem., può far insorgere i primi sintomidi una patologia provocata da una quantità di radia-zioni elevata, che si manifesta con vomito, diarrea,perdita di capelli, emofilia, offuscamento della vista,sterilità temporanea nei maschi, ecc. Una dose, invece,equivalente a 250-300 rem, può, senza l’ausilio di curemediche, aumentare la probabilità di morte di almenoil 50%, perché, a questi valori, si manifesta un’insuffi-cienza del midollo osseo, che provoca l’immunodefi-cienza di tutto l’organismo.114

Il rischio aggiuntivo di sviluppare cancri associatoad una dose di 1 msv, è di circa un caso su 20.000.Questo piccolo aumento deve, però, tener conto, che,in situazioni normali, una persona su cinque, può svi-luppare malattie del genere, e che attualmente è possi-bile stimare la quantità limite d’UI cui una personapuò essere esposta, prima di raggiungere i limitiradiologici e chimici consentiti. A questo riguardo ladottoressa Rosalie Bertell, sostiene che gli Stati Unitinon si siano conformati agli standard richiesti dall’I-CRP, esponendo i soldati impiegati durante la Guerradel Golfo ai limiti imposti per i lavoratori del settorenucleare (i quali possono addirittura assumere unadose massima consentita 55 volte più alta di quella diuna persona qualsiasi). Secondo la dottoressa, “almeno300 milioni di grammi d’UI sono andati persi durante l’o -perazione Desert Storm e solo l’aspirazione di 0,023 gram -mi sarebbe equivalente alla dose inalata massima ammissibi -le che riceve un lavoratore del settore nucleare in un anno,secondo le raccomandazioni del 1990 dell’ICRP.” 115

Secondo alcune pubblicazioni americane, unasuperficie d’UI che entra a contatto con la pelle, emet-te una quantità di radiazioni in un’ora di 2msv, indot-te principalmente dal decadimento dei prodotti deri-vati dall’UI, i quali emettono particelle di tipo beta egamma; solo nel caso in cui, però, vi sia un contattodiretto della superficie d’UI con la stessa porzione dipelle, allora c’è la possibilità di una dose considerevo-le tale da provocare effetti sulla cute esposta alle radia-zioni d’UI, anche se è poco probabile che ne derivinoeritemi o altre conseguenze. Bisogna però aggiungereche effetti, come questi, provocati dal maneggiamentoo dall’esposizione esterna ad armi contenenti UI, pos-sono essere notevolmente ridotti, grazie all’impiego di

112 International Commission on Radiological Protection (ICRP), Recommendations of the International Commission on Radiological Protection,Publication 60, vol.21, Pergamon, Oxford, 1991.

113 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm. Sullo stesso argomento vedi ancheAnonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.who.int/int-fs/en/fact257.html

114 Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use, and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic/

115 Rosalie Bertell, “Gulf War Veterans and Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.antenna.nl/wise/uranium/dhap993/html

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materiale protettivo.116 Le quantità di particelle ditipo beta e alfa emesse dai derivati dall’UI, è molto piùbassa nel caso in cui si abbia un contatto della pellecon alcune munizioni scariche; la dose, infatti, è di 2rem all’ora, e solo le mani potrebbero risultare espostea rischi simili. Se si considera che, solitamente, il limitedi radiazioni ammesso per le estremità del corpo,(mani e piedi), è dieci volte più alto rispetto al limiteper il corpo intero, allora in questo caso gli effetti delleradiazioni sono pressoché trascurabili.

Secondo rilevamenti effettuati dalla NATO, l’irra-diazione esterna provocata dall’UI è debole, e nel casodi un contatto con proiettili o frammenti, è valutabilein circa 0,5-2msv/h. Se si considera che il limite didose europeo per gli arti e la pelle è di 50 msv in unanno per ciascun individuo della popolazione, alloraper raggiungere tale dose, tenendo presente un’inten-sità massima di dose di 20sv/h, occorre tenere in brac-cio un proiettile per almeno 25 ore consecutive, efacendo quest’operazione ininterrottamente per unanno, la probabilità di leucemie aumenterebbedell’1%.117

Un problema diverso si presenta, invece, quando iproiettili all’uranio, rimasti inesplosi sul terreno e cor-rosi dagli agenti atmosferici, vengono indossati dalpersonale militare come trofeo di guerra, o vengonoutilizzati dai bambini per i loro giochi; in questo caso,secondo le ricerche condotte da Vladimir S.Zajic, sisviluppa una quantità di radiazioni molto alta (1800rem in un anno), e in soli dieci giorni, può essere rag-giunta una quantità equivalenti al limite annuale rac-comandato per la superficie dermica dei lavoratoriesposti alle radiazioni, che è di 50 rem, mentre laquantità annuale di 1 rem, consigliata per le personenon esposte normalmente a radiazioni, potrebbe esse-re raggiunta in cinque ore.118

La situazione è diversa per il personale di un carromunito di corazzature all’UI, che si espone in manieradiversa alle radiazioni emesse da questo materialeradioattivo; secondo alcuni calcoli effettuati, infatti, idati sulle quantità limite per tutta la superficie corpo-rea, vanno da un valore di 0,04 mrem/ora per il

comandante, ad uno di 0,18 per il conducente. In que-sta maniera, la quantità di radiazioni accumulate daquest’ultimo, possono raggiungere il limite annuale di100 mrem consigliabile per le persone non esposte alleradiazioni dopo 70 giornate lavorative d’otto ore.119

L’esposizione ai raggi gamma emessi dall’UI, rap-p resentano un ulteriore modo d’accesso all’interno del-l ’ o rganismo di quest’ultimo; attraverso alcune ricerc h eè stato visto che, in questo caso, i militari potevanoe s s e re esposti all’equivalente di una radiografia toraci-ca per ogni 20-30 ore trascorse in un carro Abrams cari-co di proiettili all’UI. 1 2 0 L’ e s e rcito statunitense ha cal-colato che la superficie di un penetratore è in gradod ’ e m e t t e re raggi gamma ad una velocità di 250 milli-rem all’ora; questa velocità coincide con il valore di 233millirad all’ora calcolati per una massa non specificatad’UI descritta in un documento rilasciato alla NuclearMetals Inc. dallo U.S. Department of Labor MaterialSafety (per i raggi gamma le unità rad e rem sono equi-v a l e n t i ) .1 2 1 La velocità, quindi, di 250 millirem l’ora, acontatto con il corpo, corrisponde ad un tasso di circ a50 radiografie toraciche l’ora. I penetratori rimastiintatti, o divisi in grandi frammenti, sparati dai canno-ni dei carri armati e lasciati sui campi di battaglia dellaGuerra del Golfo, presentavano queste quantità diradioattività superficiale. Se si considera che, a livellodella superficie terre s t re, le radiazioni di fondo pro v e-nienti dai raggi cosmici e dal torio presente nel suolo,corrispondono a 100 millirem l’anno, allora stazionarevicino ai proiettili all’UI significa esporsi, in un’ora, auna quantità di radiazioni 2,5 volte superiore a quellasolitamente assorbita in un anno.

L’uranio può, essere più pericoloso dal punto divista radiologico o chimico, secondo le quantità assun-te dall’organismo umano; il rischio chimico può essererappresentato dai danni eventuali provocati ai reni,mentre si presenta un fattore di pericolo più radiologi-co che chimico, quando l’uranio impoverito vieneassorbito dai polmoni e vi rimane per molto tempo,andando poi ad intaccare altri tessuti. Se una dosemassiccia d’UI accede all’interno dell’organismo, sipresenta subito un problema di tossicità chimica, poi-

116 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm Sullo stesso argomento vedi ancheAnonimo, “Depleted Uranium, question and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org e Vladimir S.Zajic, “Review of radioactivity,military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://members.tripod.com/vzajic

117 Commissione tecnico-scientifica per il contributo italiano all’eventuale monitoraggio dell’inquinamento chimico-fisico e radioattivo neiPaesi dell’area balcanica, “Precauzioni da osservare in caso di ritrovamenti di proiettili contenenti uranio impoverito o di eventuali fram-menti di essi”, 16 febbraio 2001, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d010216a.htm

118 Vladimir S.Zajic, ”Review of radioactivity, military use, and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://mem-bers.tripod.com/vzajic

119 Ibidem

120 G.Bukowski, D.A. Lopez, e F. McGehee, Uranium Battlefields Home and Abroad: Depleted Uranium Use by the U.S. Department of Defense,Citizen Alert and Rural Alliance for Military Accountability, Reno, Nevada marzo 1993, p.50 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.184).

121 G. Bukowski, D.A. Lopez, e F. McGehee, Uranium Battlefields Home and Abroad: Depleted Uranium Use by the U.S. Department of Defense,Citizen Alert and Rural Alliance for Military Accountability, Reno, Nevada 24 maggio 1991, p.98 e pp.131-13 (citato da Depleted UraniumEducation Project-International Action Center, op.cit., p.185).

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ché il primo effetto è associato alla sua azione chimicasulle funzioni del corpo; anche nel caso in cui, la quan-tità assunta non sia molto alta, l’uranio risulta esseresempre pericoloso per la sua tossicità chimica, allastessa maniera d’altri metalli pesanti come il cadmio eil mercurio, in grado di procurare danni ai reni, e incasi estremi, grosse insufficienze a quest’organo.122

L’ingestione o l’inalazione di grandi quantità dicomposti solubili d’UI può produrre degli effetti con-siderevoli sui reni, anche se, come visto, solo una pic-cola percentuale è assorbita dal sangue, e di questa,circa il 10% si deposita nelle ossa, nei reni e in altri tes-suti 123; ma, proprio la ritenzione dell’uranio all’inter-no dell’organismo è capace di provocare dei danniirreversibili a lungo termine, come il cancro. Se informa solubile, l’inalazione di 100 milligrammi d’UIpuò provocare danni permanenti ai reni, mentre lastessa quantità, ma in forma insolubile, può portare adun lieve incremento nel rischio di contrarre malattiecome il cancro (circa lo 0,04% nella peggior ipote-si).124 Il rischio si riduce però, in caso di quantità piùbasse d’uranio ingerito o inalato, anche se è stato veri-ficato che vi sia la possibilità che avvengano dei dannial funzionamento dei reni, anche nel lungo periodo.Per esempio l’ingestione di particelle insolubili poneun rischio chimico più basso, poiché la quantità d’ura-nio, assorbita in questo caso, è molto più bassa, e granparte del materiale viene eliminato dall’apparatogastrointestinale.125

Quantità molto piccole d’UI, possono essere tratte-nute nel sistema linfatico per un lungo periodo ditempo, e la frazione assorbita dal sangue dei compostisolubili dell’UI depositati nei polmoni tramite l’inala-zione, è generalmente più alta rispetto a quella indottadall’ingestione, (addirittura maggiore del 50%), men-tre le particelle insolubili pongono un rischio più altoderivato dalle radiazioni ionizzanti, a causa di untempo di permanenza più lungo nei polmoni. Secondoil WHO, più del 95% dell’uranio che accede all’internodel corpo umano, tramite inalazione o ingestione, nonviene assorbito, ma viene eliminato grazie alle feci,

mentre circa il 67% dell’uranio assorbito dal sangueverrà filtrato nei reni, ed espulso, tramite le urineentro 24 ore (questa quantità raggiunge il 90% entropochi giorni); infatti anche se una piccola quantitàrimane nelle ossa nei reni e in altri tessuti, la maggiorparte dell’uranio contenuto nel sangue, verrà espulsocon le urine entro pochi giorni.

L’apparato gastrointestinale, invece, è in gradod’assimilare solitamente circa il 2% dei composti solu-bili dell’uranio, e meno del 2% di quelli insolubili, inrelazione alle quantità d’uranio presenti nell’acqua enel cibo.126 Nell’organismo umano adulto, i livellid’assorbimento gastrointestinale degli isotopi dell’ura-nio sono relativamente bassi, poiché questo processoviene influenzato dall’integrità morfologica e funzio-nale della mucosa intestinale, nonché dall’età e dalregime dietetico, e di conseguenza la via intestinalerisulta la meno pericolosa per la contaminazione inter-na da uranio.127

Secondo la Health Physics Society la sola inalazio-ne di 8 mg d’uranio in forma solubile rappresenta ilvalore limite per l’insorgenza di danni temporanei aireni, mentre valori di 40 mg d’uranio, sempre in formasolubile, possono provocare danni permanenti ai reni(questi limiti si basano principalmente su studi esegui-ti sui lavoratori delle miniere d’uranio o su anima-li).128 In molti paesi i limiti correnti di dosaggio per icomposti solubili dell’uranio, consigliati ai lavoratoriesposti, s’attestano intorno ad una concentrazionemassima di tre microgrammi d’uranio per ciascungrammo di tessuto renale (tutti gli effetti provocati aireni da dosi di questo genere vengono considerati dipoca importanza). La prassi attuale è quella di proteg-gere i lavoratori esposti, in maniera adeguata, e perassicurare che la concentrazione d’uranio nei reni nonsia troppo alta, durante le otto ore di lavoro, si cerca dimantenere la quantità relativa d’UI nell’aria, ad unvalore di 0,2 milligrammi per m3. 129

L’Handbook of Chemistry and Physics, raccoman-da una massima concentrazione dei derivati insolubilidell’UI nell’aria, accettabile in base alla sua tossicità

122 Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”,disponibile sul sito web, www.iaea.org

123 Michael H.Repacholi, “Background Material on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d010108e.htm.Sullo stesso argomento vedi anche Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

124 Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d000500e.htm

125 Michael H.Repacholi, “Background Material on Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int/du/docu/d010108e.htmM

126 Anonimo, “ Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.who.int/int-fs/en/fact257.html. Sullo stesso argomento vedi anhe, Vla-dimir S.Zajic, “Review of radioactivity, military use and health effects of Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, http://members.tri-pod.com/vzajic/

127 Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.257.

128 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientalied effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoveritonei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, p.46. Sullo stesso argo-mento vedi anche, Anonimo, “Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.nato.int./du/docu/d000500e.htm

129 Anonimo, “Depleted Uranium, questions and answers”, disponibile sul sito web, www.iaea.org

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chimica, di 0,25 mg per m3, mentre per l’Encyclopae-dia of Occupational Health and Safety, la quantità rac-comandabile è di 0,20 mg, sia per l’uranio che per isuoi composti solubili e non, mentre la dose letale ècompresa tra 0,55 e 1,12 mg per

Kg di peso corporeo (pressappoco come la concen-trazione necessaria d’idrogeno di cianuro, espressa inmg per kg di peso corporeo, necessaria per uccidereun uomo).130 L’eventuale pericolosità radiologicaemerge solo in un secondo momento, quando l’uraniopresente all’interno dell’organismo comincia ad emet-tere particelle di tipo alfa, capaci di sviluppare moltaenergia e quindi in grado di provocare seri danni allecellule dei tessuti circostanti.

Secondo un professore polacco di fisica, TadeuszNiewiadomski, le particelle alfa emesse, non sonopericolose per l’organismo umano, ammesso che nonaccedono al suo interno, considerando che con un pic-colo pezzo di carta posto all’esterno dello strato mortodella pelle, le particelle alfa diventano innocue, comevisto in precedenza. In caso d’esposizioni esterne aradiazioni d’uranio, lo stesso Niewiadomski, in unsuo libro scritto nel 1991 dal titolo”Medycyna Natural-na” suggerisce di fare molta attenzione, poiché “ ognidose è dannosa e può generare cambiamenti genetici dopoanni, perciò una persona deve sempre evitare esposizioninon necessarie e mantenere le dosi nella più piccola quantitàpossibile.” 131

VI. RAGIONI POLITICHE E ARGOMENTAZIO-NI SCIENTIFICHE: IL DIBATTITO SULLA VICEN-DAURANIO IMPOVERITO.

VI.1. Contaminazione da uranio impoverito neipoligoni militari: il caso Sardegna.

I poligoni militari sono utilizzati solitamente, comeluoghi di sperimentazioni di nuovi sistemi d’arma. Ilnostro paese, vanta un numero considerevole di questicentri, dove le nostre Forze Armate testano armi di

vario genere, tra cui anche l’uranio impoverito, impie-gato segretamente da anni, in alcuni poligoni dellaSardegna. Proprio in quest’ultimi, si sono verificatistrani casi di tumori e leucemie tra il personale in ser-vizio, correlati all’uso di materiale radioattivo, che hafatto nascere i sospetti di una presunta contaminazio-ne dei soldati da armi all’UI, riguardante non solo ilpersonale impiegato nei conflitti bellici del Golfo e deiBalcani, ma anche quello impiegato nei poligoni speri-mentali.

Tutto ha avuto inizio nel 1997, quando il soldatoRoberto Buonincontro, muore per un linfoma diHodgkin, dopo aver prestato servizio militare presso ilpoligono sperimentale interforze di Salto di Quirra,(chiamato anche poligono di Perdasdefogu), distacca-mento di Capo San Lorenzo, situato all’interno del ter-ritorio del comune di Villaputzu, zona sud-est dellaSardegna. Questo militare non era mai stato in Koso-vo, e all’interno del poligono aveva frequentato uncorso che gli aveva riconosciuto una specializzazionecome “addetto alle lavorazioni”, tramite diploma rila-sciatogli nel luglio del 1993. La madre del soldato Buo-nincontro ha dichiarato che il figlio “ parlava spessod’attività strane, di materiale radioattivo che gli toccavamaneggiare, di maschere e tute che doveva indossare” 1, ali-mentando quindi il sospetto che nei poligoni venisse-ro impiegate munizioni all’UI.

A questo caso ne sono purtroppo seguiti altri, comequello di Fabio Cappellano, ammalatosi di tumoredopo aver svolto, alla fine del 1999, un breve periodod’esercitazioni nei poligoni di Capo Teulada e delSalto di Quirra2, e quello di un generale dell’aeronau-tica, morto per un mieloma multiplo, il 4 marzo del1999, dopo aver prestato servizio per oltre trent’anninella base di Perdasdefogu.3 La morte di questo gene-rale, aggiunta a quella d’altre persone, tra allevatori,operai, soldati, ufficiali, abitanti nell’area del poligono,ha fatto parlare dell’esistenza di una “Sindrome diQuirra”, dopo che, dal 1992 nell’area intorno al poli-gono, e più precisamente nella sola frazione di Quirrasono stati riscontrati quattordici casi di tumore delsistema emolinfatico (leucemia e mieloma) su unapopolazione di 150 abitanti, senza considerare gli altricasi di malattia manifestatesi nel frattempo.4

130 Jacques Brillot, “The chemical effects of DU”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001, www.endthewar.org

131 Tadeusz Niewiadomski, Medycyna Naturalna, Varsavia, Polish Medical Publishing House, 1991 (citato da Piotr Bein, Peda Zoric, Propa -ganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Uranium”, Praga 24-25 novembre 2001,www.endthewar.org).

1 Anonimo, “Uranio, giallo su un’altra morte”, in: Il Mattino, 6 febbraio 2001.

2 Giancarlo Bulla, “Villaputzu misurerà il tasso di radioattività”, in: La Nuova Sardegna, 25 gennaio 2002.

3 Pietro Mannironi, “La Sindrome di Quirra uccide ancora”, in: La Nuova Sardegna, 28 febbraio 20

4 Anonimo, “Un altro giovane morto di tumore”, in: L’Unione Sarda, 22 febbraio 2002. Sullo stesso caso vedi anche, Stefano Lenza, “Inchie-sta. AQuirra residui radioattivi”, in: L’Unione Sarda, 17 febbraio 2002.

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Negli ultimi tempi, si sono aggiunti, infatti, altricasi sospetti di morte e malattie per leucemie tra i sol-dati che avevano operato nel poligono, che hannoinnescato polemiche sull’impiego di materiale radioat-tivo (come l’uranio impoverito), all’interno della base;le autorità civili e militari hanno, però, prontamentenegato le accuse, poiché, secondo loro, nelle basi non èmai stato impiegato uranio impoverito. Su questopunto l’ammiraglio Falco Accame ha espresso i suoidubbi, poiché:

i poligoni di Capo Teulada e del Salto diQuirra sono sperimentali e pertanto tra iloro compiti rientrano sia il dovere disperimentare l’efficacia delle nostre armisui mezzi potenzialmente nemici, chequello di sperimentare se armi nemichesono in grado di vulnerare i nostri mezzie le nostre protezioni corazzate. Ritengopertanto che nelle esercitazioni sianostate usate armi all’uranio.5

L’ipotesi che l’insorgenza dei casi di malattia tra gliabitanti della zona del poligono del Salto di Quirra, sialegata alle attività di sperimentazione d’armi all’UIattuata al suo interno, troverebbe conferma nel fattonel vicino paese di Villaputzu, su una popolazione dicirca 6 mila abitanti, si sono verificati solo due casi dileucemia nello stesso periodo, (dieci anni), in cui nellapiccola frazione di Quirra sono stati riscontrati i deces-si per tumori del sistema emolinfatico.6

A questo riguardo, Antonio Pili, sindaco-oncologodel paese di Villaputzu, preoccupato della situazioneverificatesi nella frazione di Quirra, sta portandoavanti, ormai da molto tempo, una battaglia con leistituzioni per far riconoscere un nesso di causalità perl’insorgenza dei tumori registrati all’interno di questapiccola comunità di persone,

Da anni chiediamo spiegazioni, ma nonotteniamo risposte. La nostra non è unaguerra contro l’esercito. Voglio esserechiaro su questo punto di vista, maritengo che sia doveroso che una comu-nità voglia conoscere fino in fondo e conestrema chiarezza, i rischi che corre abi-tando un territorio. In fondo non chie-diamo niente di particolare: vogliamo

solo un monitoraggio della zona, ove glienti locali possano esercitare un control-lo diretto e trasparente.7

Il problema, secondo Pili, è la grossa reticenza daparte delle istituzioni nell’affrontare quest’argomento,poiché si continua ad ignorare la particolarità del caso,per cercare probabilmente di nascondere la verità sulprobabile impiego d’armi all’UI nei poligoni di tiro. Inmolti articoli apparsi sulla stampa locale, secondo ilsenatore dei Democratici di Sinistra, Rossano Caddeo,“il governo ha dapprima escluso categoricamente l’utilizzodi munizionamento contenente uranio impoverito nel poli -gono del Salto di Quirra. Poi, in un secondo momento, lo haescluso per gli ultimi dieci anni, lasciando quindi, intendereil suo utilizzo nel decennio precedente.” 8

L’aumento, però, delle paure e delle preoccupazio-ni tra gli abitanti della zona per la Sindrome di Quirra,ha chiamato in causa anche le istituzioni governative,e in particolare il Sottosegretario alla Difesa, SalvatoreCicu, disposto a fare chiarezza sul caso sollevato, ilquale ha promosso, nel marzo passato, una ricercacondotta da un gruppo d’esperti, attraverso analisi eaccertamenti ambientali, per verificare la presenza omeno d’uranio impoverito, nonché l’eventuale perico-lo di contaminazioni per le popolazioni che abitano lezone circostanti al poligono del Salto di Quirra.9 Lostesso Sottosegretario ha dichiarato, riguardo quest’in-dagine, che:

la volontà del Ministero della Difesa è quel-la di fare chiarezza , nel modo più traspa-rente e inequivocabile possibile, al fined’offrire risposte certe e scientifiche alleperplessità che sono sorti nella popolazionelocale. Con questi accertamenti potremosapere, senza alcun dubbio di sorta, se inquell’area sono presenti tracce d’uranio, ese c’è pericolo.10

D’altro canto, però, lo stesso Cicu, pur giustifican-do l’inquietudine degli abitanti delle zone vicine aipoligoni, è convinto dell’assoluta mancanza di unlegame tra i tumori e l’impiego d’armi all’UI; infatti,secondo lui, “è sbagliato concentrarsi sull’uranio. Abbia -mo già il precedente dei rilevamenti fatti nel Kosovo, daiquali emerge che non c’è pericolo, non c’è radioattività nelterreno e nelle falde acquifere”11, inoltre, “…l’Osservato -

5 Giancarlo Bulla, “Villaputzu misurerà il tasso di radioattività”, in: La Nuova Sardegna, 25 gennaio 2002.

6 Anonimo, “Un altro giovane morto di tumore”, in: L’Unione Sarda, 22 febbraio 2002. Sullo stesso caso vedi anche Stefano Lenza, “Inchie-sta. AQuirra residui radioattivi”, in: L’Unione Sarda, 17 febbraio 2002.

7 Cristina Mazzantini, Uranio impoverito. La storia infinita, Prevenzione tumori, giugno 2002, p.16.

8 Giancarlo Bulla, “Interrogazione del senatore ds Caddeo sulle nascite “anomale” negli anni ‘80”, in: La Nuova Sardegna, 28 febbraio 2002.

9 Anonimo, “Partono i controlli nel poligono”, in: La Nuova Sardegna, 2 marzo 2002.

10 Ibidem

11 Piero Mannironi, “I controlli cominceranno presto”, in: La Nuova Sardegna, 27 febbraio 2002.

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rio per la tutela dei militari ha detto che l’uranio, comecausa dei tumori è quasi da escludere.” 12 Secondo, infat-ti, l’Osservatorio per la tutela dei militari, l’insorgenzadi tumori non era stata causata dall’uranio, ma daivaccini, come ci testimonia il giornalista Piero Manni-roni: “il problema è che a Quirra nessuno è stato sottopostoa vaccinazioni, eppure la gente si è ammalata…” 13

“ L’operazione chiarezza”, si è avvalsa anche delleindagini della Procura Militare sulle attività sperimenta-li e d’addestramento effettuate nel poligono di Salto diQuirra, negli ultimi dieci anni, che hanno escluso l’im-piego d’armi all’uranio impoverito, rafforzando, quindi,l’idea, all’interno degli ambienti civili e militari, che que-sto materiale radioattivo non sia responsabile dellemorti verificatesi negli ultimi dieci anni nel piccolopaese di Quirra. Della stessa opinione è anche il coman-dante della vicina base di Capo San Lorenzo, pronto ar a s s i c u r a re la popolazione sui pericoli derivanti dall’UI:

dentro la nostra base non si è mai vistouranio, è un poligono sperimentale enon si fa uso di questi materiali. A livel-lo mondiale si sta facendo una gran con-fusione su questa storia. Abbiamo alcunisottufficiali che sono rientrati dallaBosnia e che si stanno sottoponendo alprogramma di screening attivato dalleForze Armate. Comunque non ci risulta-no casi che abbiano coinvolto personeall’interno della base. Mi posso esporrein prima persona, nel rassicurare tuttigli abitanti della zona, che qui non sicorre alcun pericolo. Non si devonocreare inutili allarmismi.14

Anche altri ufficiali che ricoprono incarichi impor-tanti all’interno della base di San Lorenzo, hanno cer-cato di tranquillizzare la popolazione locale, afferman-do che, “ non abbiamo mai avuto uranio, né di passaggio,né di giacenza. Chi mette in relazione i casi di malattie emo -linfatiche riscontrate in zona, con la vicinanza della base, lofa solamente per cavalcare la tigre, ma qui non ci sono tigrida cavalcare.”15 Parole rassicuranti provengono ancheda Vincenzo Brescia, vicesindaco di Villaptzu: “ sonostato quarant’anni in servizio all’interno della base e posso

affermare con assoluta certezza, che non è mai stato fattouso di proiettili all’uranio impoverito.” 16

Gli sforzi compiuti dal sindaco di Villaputzu sonostati oggetto, però, di molte critiche da parte di moltiesponenti politici locali, convinti che dietro la clamo-rosa denuncia del sindaco, si nasconda un secondofine, come quello di liberare dalla giurisdizione milita-re il litorale a nord di Villaputzu, (dove tra l’altrosorge la base di San Lorenzo), per accontentare lerichieste degli imprenditori locali, pronti ad approfit-tare della situazione per ottenere facili guadagni.17

Ma al di là di queste polemiche, gli sforzi del sin-daco Pili, si stanno sempre più concentrando sull’at-tuazione di un programma di “screening” sulla popo-lazione, che comprenda non solo gli ultimi dieci anni,ma risalga più indietro, fino a 15-20 anni, grazie ancheall’apporto promesso dalle ASL locali. L’obiettivodichiarato è quello di dimostrare che l’uranio è inqualche modo responsabile dei casi di morte pertumori, registrate tra gli abitanti della zona. “Purtroppoi dati ci dicono che esiste qualcosa che ha provocato l’ano -mala insorgenza dei tumori a Quirra. Ci stiamo convincen -do che questa è una drammatica possibilità.”18

Il mondo politico, scosso da questo caso, si stafacendo sentire; oltre l’impegno assicurato dal Sottose-gretario Cicu con “l’operazione chiarezza”, si sonomossi anche alcuni parlamentari, tra i quali il senatoredei Democratici di Sinistra, Lorenzo Forcieri, il qualeha presentato al Ministro della Difesa, Antonio Marti-no, il 1 marzo del 2002, un disegno di legge per l’isti-tuzione di una commissione d’inchiesta parlamentare,con il compito d’accertare i legami causa-effetto tra l’e-sposizione alle radiazioni all’UI, e i casi di leucemiatra i soldati impiegati nei Balcani e la popolazionevicina al poligono del Salto di Quirra. In questo modo,secondo il senatore Forcieri,

l’attività d’indagine dovrebbe determi-nare le effettive condizioni di rischio permilitari e civili che si trovano a contattocon questi materiali e verificare lo statod’attuazione della normativa internazio-nale che impone la messa al bando d’ar-mi in grado di contaminare l’ambiente.Sarebbe così possibile dare seguito alle

12 Ibidem

13 Ibidem. Sullo stesso argomento vedi anche Falco Accame, Comunicazione personale al Procuratore Militare, dott. Antonio Intelisano e allaProcura Militare di Roma, Raccolta di documenti e articoli sull’uranio impoverito, Roma, marzo 2002.

14 Gianluca Zorcolo, articolo pubblicato sul mensile Del Sarrabus, n.7, febbraio 2000.

15 Ibidem

16 Ibidem

17 Piero Mannironi, “E noi insistiamo con la Asl: screening sugli ultimi anni 20 anni”, in: La Nuova Sardegna, 27 febbraio 2002.

18 Ibidem

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allarmanti denunce che provengonodalla zona di Cagliari, e in particolareda un centro vicino al poligono del Saltodi Quirra, dove sono stati registrati ben10 casi di leucemia linfatica su unapopolazione di sole 150 persone.19

Qualche giorno prima, un altro senatore diessino,Gianni Nieddu, capogruppo della Quercia in Commis-sione Difesa, aveva chiesto un’interrogazione al Mini-stro della Difesa, per fare chiarezza sui dieci casi ditumore riscontrati nella piccola frazione di Quirra eper arrivare ad un “accertamento incontrovertibile” 20,riguardo all’utilizzo di sostanze e materiali radioattiviall’interno del poligono sperimentale del Salto diQuirra, grazie ad “un monitoraggio ambientale a campio -ne nel territorio della base, per verificare l’eventuale presen -za di cesio e di tracce d’uranio impoverito.” 21

L’intervento del senatore Nieddu, è stato fattoanche con l’intento di capire le cause delle malforma-zioni riscontrate, durante gli anni Ottanta, in almenoundici bambini abitanti ad Escalaplano, un piccolocomune sardo di circa 2.600 abitanti, situato ad ovestrispetto alla zona dove sorge il poligono del Salto diQuirra, allo stesso modo dell’interrogazione dinanzi alMinistro della Difesa Martino, richiesta urgentementeda un altro senatore diessino, Rossano Caddeo, perverificare l’esistenza di un legame tra le attività che sisvolgono nel poligono in questione e i casi di bambininati con gravi malformazioni. “In particolare è sorto ildubbio che queste gravissime malformazioni dipendano dal -l’uso d’armi sperimentali e dall’uso di proiettili all’uranioimpoverito” 22, come si legge tra le righe dell’interroga-zione.

La notizia sui fatti accaduti ad Escalaplano, secon-do questo senatore, “sta suscitando molto scalpore e haulteriormente accresciuto la preoccupazione della popolazio -ne e dell’opinione pubblica in generale, che all’uso dellearmi all’uranio impoverito sta ormai attribuendo anche i 13

casi di leucemia, mielomi e linfomi verificatesi negli stessianni a Quirra.” 23

Nello stesso momento, Sandro Balletto, presidentedella provincia di Cagliari, ha promosso un’indaginesu tutto il territorio del poligono in questione, attivan-do da subito il centro radioattivo ambientale regiona-le, per verificare l’utilizzo o meno di munizioni all’UI,nell’area della base militare di San Lorenzo. All’ordinedel giorno del Consiglio provinciale, come questionedi notevole importanza, è stato più volte ricordatoanche il caso di Quirra e dei bambini nati con gravideformazioni ad Escalaplano. Le malformazioni quiriscontrate, fanno pensare che gli effetti provocati dal-l’impiego d’armi all’UI non siano confinati solamenteai territori circostanti il poligono, ma addirittura pos-sano aver contagiato anche zone più lontane.

Nel 1984 due bambini sono venuti alla luce congravi deformazioni alla testa, mentre altri due (rispet-tivamente nel 1980 e nel 1988), presentavano patologieai genitali, forme d’ermafroditismo24 e pseudoerma-froditismo.25 Solo nel 1988, si sono avuti 6 casi dibambini nati con gravi deformazioni, su una mediaannuale di nascite che solitamente oscilla tra 19 e 2126; sempre in quell’anno, una bambina è nata con l’ap-parato digerente incompleto, mentre ci sono stati altrianche due casi di bambini nati con malformazioni allemani e alle gambe e un terzo caso di una malforma-zione alla spalla; infine, ancora nel 1988, aveva destatomolta perplessità la vicenda di una neonata, venuta almondo con la bocca attaccata all’orecchio.27

Dopo un lungo silenzio, le recenti polemiche ali-mentate dalla Sindrome di Quirra, hanno concentratol’attenzione anche sul caso di Escalaplano. Le notizieapparse sui giornali sardi hanno sorpreso gli abitantidel paese, convinti che i casi degli undici bambini natideformi, rientrassero in una “drammatica normalità” 28,come affermato dal sindaco, Vincenzo Demontis, equindi inconsapevoli dell’esistenza di un serio proble-

19 Anonimo, “Il diessino Forcieri chiede una commissione d’inchiesta”, in: La Nuova Sardegna, 25 febbraio 2002.

20 Anonimo, “Interrogazione a Martino del diessino Nieddu”, in: La Nuova Sardegna, 27 febbraio 2002.

21 Ibidem

22 Giancarlo Bulla, “Interrogazione del senatore ds Caddeo sulle nascite “anomale” negli anni ‘80”, in: La Nuova Sardegna, 28 febbraio 2002.

23 Ibidem

24 Presenza nello stesso individuo, delle ghiandole genitali proprie dei due sessi; questa condizione si sviluppa normalmente in molti ani-mali, mentre è invece molto rara nell’uomo, dove viene caratterizzata dalla presenza di un testicolo o di un’ovaia.

25 Anomalia dello sviluppo sessuale caratterizzata dall’esistenza nello stesso individuo di gonadi di un sesso e dei caratteri secondari delsesso opposto.

26 Piero Mannironi, “Voglio che sia fatta chiarezza sulle nascite anomale in paese”, in: La Nuova Sardegna, 6 marzo 2002.

27 Notizie AGI del 21 febbraio 2002, “ “Sindrome Quirra”, bimbi nati deformi vicino a base militare”.

28 Piero Mannironi, “Voglio che sia fatta chiarezza sulle nascite anomale in paese”, in: La Nuova Sardegna, 6 marzo 2002.

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ma per l’intero paese. L’atteggiamento del sindaco edegli abitanti del paese d’Escalaplano di fronte ai casidei bambini nati con gravi handicap fisici, era statoindotto dalla mancanza d’elementi che riconducesseroi casi riscontrati all’attività del poligono del Salto diQuirra; per di più, negli anni Ottanta, nessuno sapevacosa fosse l’uranio e a cosa servisse, tranne le altegerarchie militari e gli addetti ai lavori.

L’intensa attività del poligono, con i disagi che com-portava, veniva ampiamente tollerata dalla popolazio-ne, fiduciosa dell’operato del personale militare, tantoda non mettere in discussione quanto le veniva detto,secondo quanto ci testimonia il sindaco Demontis:

nella seconda metà degli anni Ottanta emi pare fino ai primi anni Novanta,r i c o rdo che c’era un’attività molto inten-sa all’interno del poligono. Sentivamocontinuamente delle esplosioni che face-vano tre m a re i vetri di tutte l ecase del paese. Poi, vedevamo quellenuvole di polvere innalzarsi dalmonte s’Ollasteddu. Ci avevano dettoche quelle esplosioni erano legate al col-laudo di tubature. Mi pare si dicesse chesi trattava di un gasdotto e che l’Ansal-do fosse coinvolta nei lavori…Il ventoche soffia quasi sempre dal mare, porta-va quelle nubi verso il paese. Era quindinormale tro v a re le auto, i davanzali, eperfino i vetri delle finestre coperti dauna polvere sottile. Ma era strano chequella polvere arrivasse in paese anchequando non c’era vento. Per noi eradiventata una fastidiosa abitudine.R i c o rdo che in un primo momento, cid i s s e ro che per il collaudo delle tubatu-re veniva utilizzata l’aria compressa epoi, solo in un secondo momento, del-l’esplosivo. E più precisamente bombeche dovevano essere fatte brillare per-ché vecchie e non utilizzabili.2 9

Secondo Piero Mannironi, il silenzio fatto passaresopra questo caso, è segno di un totale disinteresse da

parte delle autorità locali, verso una certa porzione delterritorio sardo, dimenticata ormai da tutti e “ c o n d a n n a t aa vivere in una condizione d’extraterritorialità.” 3 0 In questo“mondo a parte” 3 1 si è preferito tacere su un grave pro-blema di cui molti erano a conoscenza, forse nel tentati-vo di nasconderlo o di non farlo nemmeno esistere .

Come in occasione della relazione Mandelli, FalcoAccame non si è risparmiato nelle critiche contro leiniziative assunte dal Sottosegretario alla Difesa, Cicu,condotte, secondo lui, senza criteri logici appropriati,ed ha quindi proposto, una propria “operazione chia-rezza”. Le questioni sollevate da Accame sono stateriassunte in un programma molto sintetico, consigliatoa chi si trova a dover operare all’interno dei poligoni.In questa maniera lo stesso Accame, ha risposto diret-tamente alle critiche rivoltegli da Cicu, indignato perle accuse mosse alle sue indagini da parte del presi-dente dell’ANA-VAFAF, pronto a definire “una pagliac -ciata” 32, “l’operazione chiarezza” promossa dal Sotto-segretario stesso, in quanto condotta senza adeguaticriteri metodologici: “mi è stato chiesto un contributosulla drammatica vicenda di Quirra. Eccolo. Secondo mequeste proposte possono servire per fare quell’operazione ditrasparenza della quale tanto si parla.” 33

Nella vicenda di Quirra, sono state coinvolte ancheorganizzazioni lontane dal mondo politico, come ilcomitato sardo “Gettiamo le basi”, impegnato da anninella lotta contro le presunte attività illecite dei milita-ri che si riflettono nella vita civile, il quale chiedeormai da tempo un’indagine seria e credibile sul casoin questione, che si discosti da quella intrapresa dalSottosegretario Cicu, definita “poco credibile.” 34

Lo stesso comitato ha, infatti, più volte sottolineatocome le indagini sul caso di Quirra siano state svolteda una commissione d’inchiesta alle dipendenze delMinistero della Difesa, mentre solitamente nei paesicivili vengono condotte “da enti autonomi indipendentidai mùnistri della Difesa” 35, infatti “in Italia una com -missione d’indagine alle dipendenze del Ministro della Dife -sa è giunta naturalmente a risultati opposti: ha valutato leradiazioni innocue, ininfluenti con le patologie denunciatedai militari negli anni ’80 (sterilità, nascita di feti deformi,leucemie, neoplasie varie).”36

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29 Ibidem

30 Piero Mannironi, “Un silenzio che fa quasi paura”, in: La Nuova Sardegna, 6 marzo 2002.

31 Ibidem

32 Piero Mannironi, “Onorevole Cicu, ecco le mie proposte”, in: La Nuova Sardegna, 20 marzo 2002. Sulla stessa vicenda vedi anche, Anoni-mo, “Cercheranno la verità in tre sacchetti di terra”, in: L’Unione Sarda (On line), 8 marzo 2002 e Giorgio Pisano, “Sull’uranio un’inchiestaimpoverita”, in: L’Unione Sarda (On line), 8 marzo 2002.

33 Piero Mannironi, “Onorevole Cicu ecco le mie proposte”, in: La Nuova Sardegna, 20 marzo 2002.

34 Anonimo, “E se l’uranio impoverito non fosse l’unico colpevole?”, in: La Nuova Sardegna, 20 marzo 2002.

35 Ibidem

36 Ibidem

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C’e quindi la volontà, secondo il comitato, di tene-re nascoste le prove che attestino l’esistenza di unaqualche strana attività all’interno del poligono delSalto di Quirra, come dimostrato anche dalle ricercheeffettuate con l’intento di spostare l’attenzione sull’ar-senico, quale fattore scatenante dei casi di linfomi e dileucemie riscontrate nella zona. Secondo Mariella Cao,coordinatrice cagliaritana di “Gettiamo le basi”, non-ché portavoce dell’associazione, tutte queste indagini

sono una chiara conferma della volontàpolitica di non permettere che si pongain discussione la devastante attività delPoligono Interforze del Salto di Quirra.Pertanto non sorprende, ma fomentaulteriori inquietudini anche l’ostinazio-ne da parte dei protagonisti della cosid-detta ”operazione trasparenza” nel fin-gere d’ignorare persino la correlazionedi varie patologie, con la presenza d’in-stallazioni radar e l’uso intensivo delsistema d’arma Hawk.37

E’ stata, quindi, formulata l’ipotesi che l’uranioimpoverito non sia l’unico fattore collegabile allemalattie verificatesi nella zona, e che i casi riscontratinella zona siano d’attribuire al sofisticato sistemaradar installato sulle colline che circondano la base diCapo San Lorenzo. A conferma di ciò, alcune ricercheeffettuate in Germania e in Olanda sui meccaniciaddetti ai radar, prese in considerazione dal comitato,avevano riscontrato una percentuale di mortalità del46% all’interno di questa categoria di lavoratori, non-ché l’esistenza di un nesso casuale tra le neoplasie rile-vate e l’esposizione alle onde elettromagnetiche (inparticolare quelle prodotte dal sistema d’arma Hawk),mentre in Belgio, “uno studio epidemiologico, ancora incorso, commissionato dal Ministero della Difesa belga, hariscontrato sul campione finora esaminato, anomale percen -tuali di patologie riconducibili all’irradiazione del sistemadenominato Hawk.”38

Oltre a ciò, secondo il comitato, la mancanza distudi epidemiologici sulle comunità di Quirra e diEscalaplano è di per sé un fatto molto grave, poiché,così facendo, le autorità governative statali e locali,non hanno rispettato l’impegno di “dare risposte chiare

all’esigenza della gente di sapere quale uso è stato fatto dellaterra e del mare di Sardegna e conoscere quindi il prezzo, intermini di salute e di vite umane, pagato da militari e civilia sostegno dell’industria della guerra.”39

La vicenda dell’uranio impoverito sperimentatonei poligoni si è fatta ancora più complicata, dopo chealtri casi di morti per leucemie e linfomi riportati inzone lontane dalle basi di Capo San Lorenzo e delSalto di Quirra, hanno fatto crescere la paura di unpossibile contagio all’interno della popolazione. Aquesto proposito, è rimasto controverso il caso di unragazzo sardo Stefano Cabitza, abitante a Tertenia,paese non lontano dal poligono del Salto di Quirra,partito per effettuare il servizio militare a La Spezia il21 ottobre del 1998, e morto il 1 dicembre dello stessoanno, per una grave forma di leucemia, senza maiessere stato in uno dei poligoni in questione.40

Quale può essere stata la causa di un decesso cosìimprovviso? E’ probabile che questo povero ragazzosia stato “aggredito” dalla malattia mentre stava svol-gendo il suo periodo d’addestramento nella città ligu-re, oppure, come afferma il giornalista GiancarloBulla, “Stefano Cabitza si portava dentro un destino dimorte che aveva a che fare con la sua terra?”41 Il sospettoche l’uranio impoverito possa provocare morti emalattie e diffondersi non solo tra la popolazione dellearee adiacenti ai poligoni, ma anche nelle zone limitro-fe, è stato inoltre alimentato dalla vicenda del soldatoAntonio Vargiu, residente nella vicina zona del Gerrei,morto nel luglio del 2001, dopo aver effettuato, cinqueanni prima il servizio militare presso la base di Perda-sdefogu42, e da quelle di Christian Cardia, anche luiresidente nella zona del Gerrei, ammalatosi di linfomadurante il servizio prestato nello stesso poligono nel1993 43, nonché il caso di Giuseppe Pintus, colpito daleucemia nel 1999 (e deceduto in poco tempo), dopoaver effettuato il servizio militare presso il poligono diCapo Teulada.44

Sulla base di questi avvenimenti, alcuni giovanisoldati nuoresi impiegati nella base di Perdasdegfogu,hanno presentato dei ricorsi agli organi militari com-petenti, dopo avervi prestato servizio militare, mentrealcuni esponenti politici di Pratosardo, comune situatonella zona di Nuoro, hanno denunciato la possibilità

37 Ibidem

38 Ibidem

39 Ibidem

40 Giancarlo Bulla, “Storia di Stefano, marinaio, morto di leucemia”, in: La Nuova Sardegna, 27 febbraio 2002.

41 Ibidem

42 Anonimo, “Un altro giovane morto di tumore”, in: L’Unione Sarda, 22 febbraio 2002.

43 Giancarlo Bulla, “Storia di Christian: soldato a Perdas sopravvissuto all’inferno del linfoma”, in: La Nuova Sardegna, 2 marzo 2002.

44 Anonimo, “Uranio impoverito dietro la morte dei 2 militari sardi?”, in: La Nuova Sardegna, 19 dicembre 1999. Sullo stesso caso vedianche, Anonimo, “Uranio e Nucleare. I casi sardi approdano in Parlamento”, in: L’Unione Sarda, 23 novembre 2001.

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di un eventuale pericolo d’inquinamento, dopo la sco-perta, nelle discariche abusive, d’alcuni mezzi militariportati dal poligono del Salto di Quirra (in particolare,carri rivestiti d’amianto), potenzialmente radioattivi equindi molto pericolosi.45

I poligoni sardi non sono gli unici luoghi dove sisospetta l’utilizzo d’armi all’uranio impoverito, comeci viene confermato da molte testimonianze apparsesui mass-media italiani. All’interno del nostro territo-rio, ha suscitato molte critiche la notizia della morteavvenuta il 25 marzo del 1993, del giovane soldatoAlessandro Garofolo, per un linfoma di Hodgkin dia-gnosticatogli dopo alcuni mesi dalla fine del serviziomilitare effettuato due anni prima nel poligono delDandolo, situato a Maniago, provincia di Pordenone.Anche in quest’occasione è stato avanzato il dubbioche sia stato l’uranio impoverito, impiegato diversevolte nelle esercitazioni effettuate all’interno del poli-gono, ad uccidere questo ragazzo, come sostiene ilp a r l a m e n t a re della Lega Nord, Edouard Ballaman, ilquale ha dichiarato che “nel periodo fra il giugno 1990 e ilgennaio 1991, prima della guerra del Golfo, fu effettuataun’intensa attività d’esercitazioni, anche con aerei A-10, chenotoriamente usano munizioni all’uranio impoverito.” 4 6

I familiari del giovane soldato hanno cominciato acredere che questo materiale radioattivo fosse il prin-cipale indiziato del decesso avvenuto, dopo l’esplosio-ne del caso uranio impoverito, collegato alle morti pertumore riscontrate tra i militari di ritorno dalla Bosnia.Secondo, infatti, le loro testimonianze, il soldatoGarofolo, si recava spesso al poligono per effettuaremissioni di bonifica e di sgombero del materiale usatodurante le esercitazioni, dove molto probabilmente èavvenuto il contatto con le armi all’UI. La volontà discoprire le cause che hanno portato alla morte di que-sto soldato, ha persuaso il fratello a rivolgersi all’As-sodipro, l’associazione di tutela dei militari, presiedu-ta in Friuli, da Carlo Di Carlo, il quale si è così espres-so a proposito del caso in questione: “anche la morte diGarofolo, è da annoverarsi tra quelle sospette e riconducibiliall’uso di proiettili all’uranio impoverito nei poligoni, nono -stante le smentite delle autorità civili e militari, che neganonel modo più assoluto l’utilizzo, il transito e lo stivaggio diqueste munizioni sul territorio italiano.”47

L’uso d’armi contenenti uranio impoverito all’internodei poligoni, sembra non essere solo pre rogativa delle

basi italiani, come dimostrato in Scozia, dove nell’are aintorno al poligono di Dundrennan, è stata riscontrata lap e rcentuale più alta di casi di leucemie nei bambini,rispetto a tutto il territorio del Regno Unito, causata,secondo alcuni, dai circa 7.000 proiettili all’UI adoperatidal 1983, nei test effettuati all’interno del poligono.4 8

Lo stesso problema si è presentato per gli abitantidell’atollo di Vieques, (isola a largo di Portorico), con-vinti che la causa dell’elevatissimo tasso di tumori ed’altre malattie mortali riscontrato all’interno dellaloro comunità, sia da collegare alle attività condotteall’interno del poligono di tiro usato, da sessant’anni,dalla Marina statunitense per un’ampia gamma d’e-sercitazioni.49 Studi realizzati nell’isola, da parte discienziati americani e portoricani hanno, difatti, regi-strato livelli di tossicità nelle acque, nei pesci, e nelleverdure commestibili, simili a quelli di Hiroshima,mentre l’ultima ricerca svolta da un docente di medici-na dell’Università di San Juan, il professor RafaelRivera Castano, ha dimostrato un aumento, all’internodella popolazione, nella percentuale di tumori del300%, nonché la comparsa di malattie mai viste nellazona dei Carabi, come l’asma e il diabete.

Gli Stati Uniti, e in particolare il Pentagono, continua-no a negare l’utilizzo d’armi di questo genere all’internodel poligono di Vieques, ma un reportage realizzato daRoberto Antonini, corrispondente della Radio Svizzera aWashington, ha confermato l’esistenza di una re l a z i o n etra i casi riscontrati in Kosovo e quelli dell’isola, lancian-do l’allarme di una nuova Sindrome dei Balcani, infatti:“a partire dagli anni ’90, la marina americana ha usato a Vi e -ques le stesse munizioni all’uranio impoverito impiegate neiBalcani nonostante la legge vieti l’utilizzo di tale armi nel corsodi eserc i t a z i o n i.” 5 0 Dal canto suo, la marina americana haammesso d’aver casualmente utilizzato nel 1999, unn u m e ro limitato di proiettili all’UI (circa 236, di cui nesono state recuperate 116), ma allo stesso tempo è statamolto veloce a specificare l’inesistenza di prove che atte-stino l’esistenza di un rapporto tra la radioattività dellemunizioni e le malattie denunciate a Vieques, così comenel Golfo e in Kosovo, nonostante le smentite arrivatedagli studi effettuati sul territorio e sulla salute dellapopolazione dell’isola.5 1

Dopo l’enorme riscontro avuto sui quotidiani del-l’isola nel periodo febbraio/marzo di quest’anno, nonsi sono più avute notizie della vicenda uranio impove-

45 Anonimo, “C’è un rischio di inquinamento a Pratosardo?”, in: La Nuova Sardegna, 28 febbraio 2002.

46 Giorgio Cavalca, “Ex soldato a Maniago, è morto”, in: Il Messaggero Veneto, 28 febbraio 2001.

47 Ibidem

48 Felicity Arbuthnot e Darran Gardner, “NATO using depleted uranium weapons”, in: The Sunday Herald, 4 aprile 1999.

49 Alessandra Farkas, Una “Sindrome dei Balcani” anche a Portorico”, in: Il Corriere della Sera, 7 marzo 2001.

50 Ibidem

51 Ibidem. Sullo stesso argomento vedi anche, Vladimir S. Zajic, “Review of adioactivity, military use and health effects of Depleted Ura-nium”, disponibile sul sito web, http://members.tripod.com/vzajic/

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rito nei poligoni sardi; secondo l’ammiraglio FalcoAccame, con l’avvicinarsi della stagione estiva le auto-rità locali hanno esercitato forti pressioni sulla stampa,per evitare che le persone, spaventate dall’esistenza diun pericolo uranio, abbandonassero la Sardegna, comemeta delle loro vacanze e smettessero d’acquistare isuoi prodotti tipici come il formaggio e il latte.52 Bastaconsiderare che, uno dei maggiori sostenitori dell’im-portanza del caso di Quirra, il sindaco di Villaputzu,Antonio Pili, non è stato rieletto alle recenti elezioniamministrative, e addirittura una coalizione formataall’interno del suo schieramento politico di destra, esostenuta da ex-alleati, ha finito per fargli perdere leelezioni.53 Vincenzo Demontis, primo cittadino delpaese d’Escalaplano, ha prontamente cambiato opinio-ne, dopo le denunce partite nel marzo di quest’annosul caso delle nascite anomale registrate nel paesedurante gli anni Ottanta54, votando contro unamozione presentata da due consiglieri della minoran-za di centrosinistra, Priamo Farci e Danilo Agus, nellaquale si chiedeva alla giunta comunale di porre all’at-tenzione dell’Asl di Nuoro il caso delle nascite anoma-le riscontrate in paese, con l’obiettivo di far effettuarea quest’ultima, un’indagine approfondita sul territorio(suolo e acqua) e sulla popolazione.55

I forti interessi locali hanno, in pratica, provocatoun “black out” dell’informazione, costretta a tacere diun problema così “spinoso”, e affossando altri casisospetti che sono sorti nel frattempo. Anche le autoritàmilitari hanno giocato un ruolo in questa faccenda,interessate come sono alle attività che si svolgonoall’interno dei poligoni, divenuti ormai luoghi d’incro-cio di considerevoli interessi del complesso militare-industriale. I poligoni, infatti, sono diventati dei mer-cati dove si scambia una merce pregiata come le armi,e dove la sperimentazione viene usata come mezzo dipubblicità per esaltare le qualità del prodotto stesso davendere al miglior offerente tra cui forze armate este-re. In questo sistema sono entrate a far parte anchequelle ditte civili che fabbricano armi e sistemi di dife-sa, divenute in molti casi, padroni incontrastabili deipoligoni, dove esercitano il loro potere senza esserecontrollate da nessuno.56 Per alcuni, il silenzio delle

autorità locali e nazionali, sulla vicenda dell’impiegod’armi all’uranio nasconderebbe questioni politicheitaliane molto delicate sulle quali si è preferito tacere,per evitare di sollevare problematiche, in parte ancorairrisolte, e coperte da segreto militare.57

VI.2 L’uranio impoverito è pericoloso?

La vicenda dei poligoni di tiro è solo uno degli epi-sodi della vasta polemica scaturita dall’uso d’armiall’UI, non solo in Italia, ma anche in quei paesi chesono stati protagonisti dei conflitti nel Golfo e dei Bal-cani. Le autorità militari in questione hanno sempresostenuto la tesi dell’efficacia di questo tipo d’armi,anche quando le testimonianze avute prima o dopo iconflitti citati, sembravano smentire apertamente leloro convinzioni. La forza e l’efficienza delle munizio-ni contenenti uranio impoverito avevano fugato ognidubbio sull’incertezza e sulla diffidenza riscontratanell’utilizzo di questo tipo di sistema d’arma, da partedi coloro che erano a conoscenza delle implicazioniderivanti dal loro impiego, ma anche da parte di chifaceva finta di non sapere.

Così il Pentagono ha cercato (e sta ancora cercan-do) di nascondere all’opinione pubblica statunitense emondiale, le problematiche derivanti dall’impiegod’armi all’UI, portando avanti delle tesi spesso con-traddittorie, e, secondo le accuse, rifiutandosi di pro-muovere serie indagini sull’uranio impoverito, nonchéostacolando le ricerche, portate avanti da più parti,sull’utilizzo di questo materiale nei teatri di guerra.Per questa ragione, i soldati americani sono stati spes-so mandati allo sbaraglio sui campi di battaglia, senzanessuna misura preventiva e senza alcun tipo d’avver-timento sui pericoli derivanti dall’esposizione aiproiettili all’uranio, poiché, secondo il Pentagono, laradioattività emessa da quest’ultimo era molto bassa equindi innocua per le persone. Lo stesso Pentagono,agendo in questa maniera, è riuscito ad evitare inutiliallarmismi all’interno dell’opinione pubblica e tra isoldati, riuscendo anche a nascondere la vera naturadei proiettili impiegati.58

52 Commenti personali dell’ammiraglio Falco Accame, Roma, 9 luglio 2002.

53 Ibidem

54 Piero Mannironi, “Voglio che sia fatta chiarezza sulle nascite anomale in paese”, in: La Nuova Sardegna, 6 marzo 2002.

55 Giancarlo Bulla, “Ora Escalaplano vuole capire”, in: La Nuova Sardegna, 20 marzo 2002.

56 Falco Accame, Comunicazione al Ministro della Difesa, On. Antonio Martino, Raccolta di documenti e articoli sull’uranio impoverito,Roma, marzo 2002.

57 Su questo tema, vedi Giuseppe Bascietto, “Uomini e radar”, in: Il Diario, 28 giugno 2002, Angiolo Berti, “Ustica: missili o radiobersaglio?Nuovi interrogativi sulla tragedia”, in: L’Umanità, 12 settembre 1988 e Daniele Mastrogiacomo, “Ustica, il giallo degli ufficiali libici”, in: LaRepubblica, 10 giugno 1995.

5 8 Bill Mesler, “The Pentagon’s Radioactive Bullet-An investigative report”, disponibile sul sito web,http://past.thenation.com/issue/961021/1021mesl.htm. Sullo stesso problema vedi anche, Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Les-sons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web, www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html

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Molti scienziati, studiosi, nonché università e istitutidi ricerca, avevano messo in guardia le autorità civili emilitari, ma soprattutto l’opinione pubblica, sui pericoliderivanti dall’impiego d’armi (proiettili e corazzature )all’UI, prima della loro sperimentazione sul campo dibattaglia; infatti, già nel 1979, un rapporto redatto dalLos Alamos National Laboratories, considerava perico-losi i proiettili all’UI, affermando che “i poligoni di pro v adelle bombe all’uranio impoverito di Aberdeen e Yuma nonpotranno essere oggetto d’insediamento umano senza pre v e n -tiva decontaminazione” 5 9, mentre nel 1987 era già statoredatto un manuale d’istruzioni su come maneggiarearmi all’UI, in seguito ignorato dalle autorità militaristatunitensi durante la campagna nel Golfo. A q u e s t op roposito basta ricord a re che nel 1992, il GAO, aff e r m a-va che” gli ufficiali dell’esercito statunitense ritengono che imetodi di protezione dall’UI possano essere ignorati in batta -glia o in altre situazioni di rischio per la vita, in quanto irischi clinici correlati all’UI sono ampiamente superati daipericoli del combattimento.” 6 0 Anche il generale DavidJ e r k o w s k y, comandante delle truppe canadesi all’este-ro, sostiene che l’UI sia uno dei tanti fattori di pericolop resente sui campi di battaglia, e che, “i nostri soldatinon sono a rischio, ci sono altri rischi molto più grandirispetto all’uranio impoverito.” 6 1

Secondo il Department of Defense (DOD), i moltisoldati americani contaminati dalle elevate esposizionialle radiazioni d’UI, non possono essersi ammalati percause derivanti dall’impiego di questo materiale inguerra. Per questo motivo, durante la guerra delGolfo, né il DOD né l’amministrazione americana haassunto iniziative per avvertire gli abitanti dell’Iraq,del Kuwait e dell’Arabia Saudita sui pericoli derivantidall’esposizione alle radiazioni provenienti dall’utiliz-zo d’armi contenenti UI, così come nel caso dell’incen-dio di Doha, dove il personale militare non sapevad’essere a rischio non essendo stato avvertito dellaminaccia potenziale alla loro salute.62

Nel luglio del 1990, alcuni rapporti dell’esercito sta-tunitense avevano cercato d’aff ro n t a re il problema del-l’utilizzo continuo d’UI, nella prospettiva di un pro s i e-guo delle operazioni di guerra, mentre lo stesso eserc i t ostatunitense aveva scoperto che l’uranio era in grado dim e t t e re a repentaglio le condizioni di vita della popola-zione locale.6 3 Ma l’impossibilità da parte degli abitantidelle aree del Golfo Persico di farsi sentire e di condan-n a re l’uso di queste armi, spesso unita all’inconsapevo-lezza d’essere vittime di una guerra chimica, non avevapermesso a quest’ultimi di sollevare polemiche suglieventuali problemi per la salute e per l’ambiente dellel o ro zone, conseguente all’utilizzo d’armi contenentimateriale radioattivo. Solo le denunce da parte delleassociazioni sorte a tutela dei veterani, nonché dei vete-rani stessi, disposti a chiedere spiegazioni sulla vicendaUI, (nonché risarcimenti per i danni alle persone), dopole molte testimonianze di soldati ammalatisi a seguitodel loro rientro in patria dalla zona del Golfo Persico edai Balcani, avevano svelato i reali pericoli derivantidall’uso d’armi contenenti UI.

L’assenza, però, di leggi internazionali, trattati oregolamenti, non permette di far assumere la respon-sabilità di quanto accaduto, sia agli Stati Uniti sia allealtre nazioni che hanno fatto uso d’armi all’UI e diprocedere, quindi, al ripristino delle condizioniambientali pre-conflitto tramite accurata decontamina-zione dei territori, e al risarcimento dei militari colpitidalle strane malattie e dai decessi riscontrati a seguitodell’utilizzo d’armi all’UI. L’AEPI, ha più volte ribadi-to che “nessuna legge internazionale, nessun trattato, nes -suna norma e nessuna consuetudine impongono agli StatiUniti di bonificare i campi di battaglia della guerra delGolfo.” 64 In questo modo, secondo Dan Fahey, gliStati Uniti, sono riusciti ad imporre alla comunitàinternazionale, un comportamento standard che per-mette, sia a loro sia alle altre nazioni, d’impiegarearmi all’UI senza doversi assumere la responsabilità di

59 M.H. Ebinger et al., Long Term Fate of Depleted Uranium at Aberdeen and Yuma Proving Grounds Final Report, Phase I: GeochemicalTransport And Modeling, LA-117 90-MS, DE90 012660 (1990), Los Alamos National Laboratory, New Mexico 87545, USA(citato da M.Cristal -di, A.Di Fazio, C.Pona, A.Tarozzi, M.Zucchetti, “Alcune tesi e fatti sull’uranio impoverito (DU) sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenzesulla salute di militari e popolazione”, disponibile sul sito web, www.fimmg.org/notizie/docuranio.htm).

60 U.S. General Accounting Office, Operation Desert Storm: Army Not Adequately prepared to Deal With Depleted Uranium Contamina-tion, GAO/NSIAD-93-90, gennaio 1993, p.4 (citato da Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibi-le sul sito web, www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html e da Depleted Uranium Education Project-international Action Center,op.cit., p.59).

61 Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du/du2.html

6 2 Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium7dhap992.html

63 Science Applications International Corporation, (SAIC), Kinetic Energy Penetrator Environmental and Health Consideration (abridged),vol.2, luglio 1990, pp.3-4 (citato da Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html).

64 U.S. Army Environmental Policy Institute (AEPI), Health and Environmental Consequences of Depleted Uranium Use in the U.S. Army:Technical Report., giugno 1995, p.154 (citato da Depleted Uranium Education Project-International Action Center, op.cit., p.271. e da DanF a h e y, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html).

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un eventuale ripristino delle condizioni ambientali esenza dover provvedere alla salute dei combattenti edei civili esposti.65

Proprio in territorio americano sono state attuatedelle procedure di ripulitura del suolo contaminato daUI, i quali prevedevano lo scrostamento e la rimozionedello strato più alto del terreno (specialmente dellesuperfici umidi e arabili), all’interno di uno stabili-mento di produzione di penetratori all’UI, lo StarnetPlant di Concord, Massachusetts, e al Sandia NationalLaboratory e alla Kirkland Air Force, situati nel NewMexico, (dove i penetratori venivano testati), ed èquindi stato visto che le cifre necessarie per effettuarequesti lavori di decontaminazione del terreno rag-giungevano cifre astronomiche, dell’ordine di migliaiadi dollari. E’ stato calcolato, inoltre, che il costo neces-sario per ripulire le circa 300 tonnellate d’UI dispersesopra migliaia d’ettari di territorio dell’Arabia Saudi-ta, del Kuwait e dell’Iraq s’aggiravano intorno alledecine di bilioni di dollari, senza considerare i soldinecessari per risarcire le migliaia di vittime registratetra i soldati, nonché gli innumerevoli di casi di civilimalati o deceduti dopo la fine dei combattimenti.66 E’probabile, allora, che le autorità mediche militari degliStati Uniti, del Regno Unito, e del Canada, abbianosempre negato l’esistenza di una Sindrome del Golfoprima e dei Balcani dopo, proprio per questo motivo.

Abbiamo inoltre visto come i risultati d’indaginieffettuate da laboratori indipendenti, abbiano datospesso responsi differenti rispetto a quelli riscontratidalle autorità mediche militari o da ricerche promossedagli ambienti governativi. Bisogna aggiungere che leconclusioni di queste indagini indipendenti, promosseda istituti di ricerca, università, sono state spesso ripu-diate dalle autorità militari, che hanno continuato aproclamare l’innocenza dell’uranio nei confronti di unsuo eventuale “coinvolgimento” negli strani casi dimalattie riscontrate tra i soldati di ritorno dal Golfo odai Balcani, vista la sua dimostrata non pericolositàper l’uomo e per l’ambiente. A volte è capitato d’assi-stere a cambiamenti d’opinione sulla pericolosità del-l’uranio, come successo al generale canadese KenScott, in un primo momento convinto dell’inutilità deitest di laboratorio sui soldati operanti nel Golfo, in

quanto i livelli d’esposizione alle radiazioni in guerraerano risultati molto bassi, il quale, dopo che molteindagini avevano dimostrato che l’ambiente in cui s’e-rano trovati ad operare i soldati era tossico, ha dichia-rato che era possibile che vi fosse un rischio di malat-tie per i soldati canadesi rientrati in patria dal Golfo,così come per gli abitanti della zona dove erano avve-nuti i combattimenti con armi all’UI.67

Bernard Rokster ,sottosegretario dell’esercito ame-ricano, sostiene che l’uranio impoverito non sia ilresponsabile dei problemi di salute riscontrati nei sol-dati americani che hanno prestato servizio nel Golfo;pur ammettendo, infatti, che, nel corso degli anni, nonsia stato effettuato un appropriato programma d’ad-destramento tra le truppe riguardo all’utilizzo d’UI daparte degli Stati Uniti e che durante la Guerra delGolfo migliaia di soldati siano stati esposti in manieranon necessaria, è convinto che i problemi di saluteriscontrati”non sono attribuibili alla tossicità da metallopesante o alla radioattività dell’UI.” 68

Nel gennaio del 2001, il ministro della difesa bri-tannico, John Spellar, dopo la conclusione d’alcunericerche sull’uranio impoverito, ha dichiarato che “nonc’è nessuna prova che colleghi l’UI al cancro o a malattiepiù generiche riscontrate in alcuni veterani del Golfo” 69;inoltre, sempre secondo il ministro, non vi è stato nes-sun aumento nel numero di casi di malattie ai reni o dicancro osservate tra i veterani del conflitto. Questedichiarazioni sono, però, in aperto contrasto con quan-to sostenuto dalle associazioni britanniche che tutela-no i veterani e le loro famiglie, le quali hanno segnala-to allo stesso Spellar un aumento dei casi di malattiatra i veterani, ma le autorità governative così comequesto ministro, non hanno preso in considerazionel’uranio impoverito come causa delle malattie e deidecessi registrati tra le persone che hanno operatooltre che nel Golfo anche in Bosnia e in Kosovo, nono-stante che, già nel 1991, la United Kingdom AtomicEnergy Authority sostenesse che solo l’8% delle parti-celle usate nel Golfo, e conseguentemente inalate, erain grado di provocare 300.000 morti potenziali.70

Il problema è che, non solo i governi dei paesi coin-volti nell’utilizzo d’uranio impoverito ma anche laNATO e l’ONU, hanno cercato di mascherare la verità

6 5 Dan Fahey, “Depleted Uranium Weapons: Lessons from the 1991 Gulf War”, disponibile sul sito web,www.antenna.nl/wise/uranium/dhap992.html

66 Ibidem

67 Scott Taylor, “Depleted Uranium and the Gulf War Syndrome”, disponibile sul sito web, www.espritdecorps.on.ca/news8-3.htm

68 Dan Bjarnason, “Silver Bullet: Depleted Uranium”, disponibile sul sito web, www.tv.cbc.ca/national/pgminfo/du

69 John Pilger, “Iraq: The Great Cover-Up”, in: The New Statesman, 22 gennaio 2001.

70 Ibidem. Il riferimento a questo rapporto della United Kingdom Atomic Energy Authority, si trova anche in Alexander Cockburn e JeffreySt.Clair, “DU: Cancer as a weapon radioactive war”, disponibile sul sito web, www.counterpunch.org/du.html, e anche in, Piotr Bein e PedaZoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on Depleted Uranium”, Praga 24-25novembre 2001, dove la cifra di morti raggiunge mezzo milione.

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su questa particolare questione. Secondo le accuse,molti comandanti della NATO, hanno, difatti, semprenegato l’esistenza di prove che attestino che le muni-zioni all’UI possano provocare seri rischi per la salutee hanno quindi rifiutato, qualsiasi moratoria contro illoro uso richiesta dall’opinione pubblica internaziona-le. Anche le agenzie ONU hanno imposto un silenziosopra i rischi chimici e radiologici indotti da questomateriale radioattivo, nonostante l’aumento nel nume-ro dei decessi misteriosi e di malattie tra i soldati diritorno dal conflitto nel Golfo, così come dalle missio-ni nei Balcani.71

Le recenti indagini promosse dall’United NationsEnvironmental Programme (UNEP), di cui la piùimportante rimane quella condotta in Kosovo nelnovembre del 200072, hanno ribadito la non pericolo-sità dell’uranio per l’ambiente e per la salute dell’uo-mo, visti i livelli bassi di radioattività riscontrata neiluoghi esaminati e nei campioni prelevati in territoriokosovaro. Il rapporto della Commissione Europea sul-l’uranio impoverito, pubblicato nel marzo 2001, dopoaver preso in considerazione tutte le possibili vie d’e-sposizione dell’UI all’interno del corpo umano, haaffermato che l’UI non è in grado di causare malattie omorte e che non lo si può considerare pericoloso nédal punto di vista chimico, né da quello radiologico.73

Nel 2001, il WHO ha pubblicato un documento checontiene alcune raccomandazioni riguardanti l’UI e lasalute umana, e in particolare le misure preventived’adottare in caso d’esposizione dei bambini all’UI edelle persone in generale, assieme al monitoraggio e altrattamento previsto per l’acqua potabile e per gli ali-menti contaminati da sostanze radioattive, nonché labonifica delle zone inquinate dallo scoppio di muni-zioni all’UI, seguite da suggerimenti per identificare leprobabili esposizioni all’UI, ambientali ed occupazio-nali.74 Per alcuni, però, ricerche della World HealthOrganization (WHO) come queste, non fanno altro chefornire informazioni vaghe rispetto alla conoscenza

scientifica attuale sul problema uranio impoverito,confermando, allo stesso tempo, l’impossibilità di rin-tracciare all’interno del personale operante nei Balca-ni, un legame tra l’esposizione all’UI e l’aumento nellaprobabilità di contrarre malattie come la leucemia,poiché il livello di radiazioni era sempre rimasto,durante le operazioni di guerra, ad un limite tollerabi-le per la salute umana.75 I risultati delle ricerche delWHO, hanno, di fatto, rilevato una carenza dell’inda-gine scientifica sulla tossicità dell’uranio dal punto divista chimico e radiologico, evidenziata anche dalloscarso numero di pubblicazioni sull’argomento, che fapensare ad un ritardo delle istituzioni nel riconosci-mento dell’urgenza del problema, nonché della suasottovalutazione.

Bisogna aggiungere che queste carenze nell’indagi-ne scientifica non sono solo dovute ad una gestionesbagliata della ricerca a livello istituzionale, ma anchealle conseguenze dell’accordo intercorso, come visto,tra la IAEA e il WHO, che di fatto, secondo alcuni7 6,ha limitato, in tutti gli istituti di ricerca pubblica, unosvolgimento libero e indipendente d’indagini sulcampo dei rapporti tra salute pubblica e radiazioni,soprattutto per quei materiali, come l’uranio, capacid ’ e m e t t e re radiazioni alfa e di cui è difficile rilevared i rettamente la presenza sul corpo umano, visto lafacile occultabilità ai normali strumenti dir i l e v a m e n t o .7 7

Sulla base di quest’accordo, la IAEA si occupaprincipalmente degli aspetti radiologici dell’UI,lasciando al WHO la competenza sopra l’aspetto tossi-co; in pratica, dagli accordi intercorsi con la IAEA,quest’ultimo è obbligato a limitare gli scopi delle sueindagini ai soli effetti tossici dei materiali nucleari,mentre i problemi per la salute scaturiti dalle radiazio-ni sono di dominio esclusivo della IAEA. Secondoalcuni, quest’accordo non è altro che uno strumentoistituzionalizzato di controllo attuato dal complessonucleare civile e militare che cerca di mantenere il

71 Kate Kelland, “U.S. experts says use of DU a “war crime” ”, Agenzia Reuters, 30 gennaio 2001. Sullo stesso argomento vedi anche RobertJames Parson, “UN-Backed Cover UP, Deafening silence on depleted uranium”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001. Questo docu-mento è disponibile anche sul sito web, www.endthewar.org

72 United Nations Environmental Programme, (UNEP), Depleted Uranium in Kosovo-Post Conflict Environmental Assessment: TechnicalReport, Ginevra, marzo 2001, disponibile sul sito web, http://balkans.unep.ch/du/du.reports/report.html

73 European Commission, Directorate-General Environment, Opinion of the Group of Experts established according to Article 31 of the Eura-tom Treaty-Depleted Uranium, 8 marzo 2001, disponibile sul sito web, http://europa.eu.int/comm/environment/radprot/opinion.pdf

74 World Health Organization, Department of Protection of the Human Environment, Depleted Uranium: sources, exposure and healtheffects, Ginevra, aprile 2001, disponibile sul sito web, www.who.int/environmental_information/radiation/depleted_uranium.htm

75 Notizie d’agenzie di stampa francese del 2 gennaio 2001, “WHO lancia l’appello per ricerche sull’UI in Iraq e nei Balcani”.

76 Robert James. Parsons, “Deafening Silence on depleted uranium”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001, disponibile anche sul sitoweb, www.endthewar.org

77 M. Cristaldi, P. Angeloni, F. Degrassi, F. Iannuzzelli, A. Martocchia, L. Nencini, C. Pona, S. Salerno e M. Zucchetti, Conseguenze ambientalied effetti patogeni dell’uso di Uranio Impoverito nei dispositivi bellici, Tribuna Biologica e Medica, anno 9, vol.9, n.1-2 2001, pp.29-30.

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riserbo sui problemi connessi alle radiazioni presentisu tutta la superficie terrestre mondiale.78 A questoproposito il portavoce della IAEA, David Kyd, ha piùvolte affermato che nel suo mandato di rappresentan-za all’interno di quest’agenzia non era previsto alcuntipo d’indagine sull’UI, in quanto dichiarato perfetta-mente innocuo, mentre uno dei membri dell’ufficioregionale per l’Europa del WHO, il dottor KeithBaverstock, ha più volte ribadito l’assoluta mancanzadi pericolosità derivante dall’impiego d’armi all’UI,pur riconoscendo, a questo materiale, una certa capa-cità di provocare problemi per l’uomo in situazioni diconflitto armato.79

Così tutti gli sforzi compiuti dalle varie associazio-ni di veterani e dagli istituti di ricerca, sono stati osta-colati a livello istituzionale, a dispetto delle dichiara-zioni rilasciate riguardo all’esistenza di un “non proble -ma” 80 UI; non sono mancate quindi, le pressioni con-tro le iniziative assunte da parte di chi voleva far chia-rezza sulla questione, (istituti di ricerca, associazionidi veterani….), come accaduto recentemente all’AltoCommissario per i rifugiati che, nel tentativo d’attirarel’attenzione della popolazione civile in Kosovo suirischi di contaminazione da UI, si è trovato di fronte agrosse resistenze di politici albanesi, nonché di mem-bri della Nato e della missione delle Nazioni Unite inKosovo.81

Nel 1997, il professor Asaf Durakovic, dopo averdenunciato con una lettera inviata all’allora presidenteamericano, Bill Clinton, la situazione di complottoinstaurata contro i veterani statunitensi del Golfo, èstato destituito dal ruolo ricoperto all’interno delDipartimento di Medicina Nucleare istituito presso laVeterans Administration di Wilmington nel Delaware;anche il professor Hari Sharma, coinvolto in ricerchesui soldati impiegati nel Golfo, è stato rimosso dall’in-carico di condurre test sui livelli d’UI riscontrati tra iveterani di questo conflitto, dopo aver denunciato conuna lettera scritta ai vari capi di Stato e alla Nato l’usod’armi all’uranio impoverito e proponendone ilbando, poiché il loro impiego era da lui consideratocome un crimine contro l’umanità.82

Dopo il suo allontanamento dall’incarico, il Mini-stro della Difesa britannico ha stabilito che da lì inavanti i test fossero effettuati dal British MedicalAssessment Programme (MAP), coinvolto in un episo-dio poco chiaro: alla fine del 1998, le abitazioni di dueveterani dell’esercito britannico impiegati nel Golfo,Ray Bristow e Colin Purcell Lee, sono state, infatti,setacciate da parte di funzionari del Ministero dellaDifesa, così come il materiale all’interno dei loro com-puter, alla ricerca di documenti scottanti sul loro casocome su quello di altri soldati britannici ammalatisidopo il loro rientro in patria. Sembra che lo scopo diquest’azione sia da ricollegare alle denunce partite daidue veterani in questione, e in particolare da Ray Bri-stow, il quale si era più volte lamentato della situazio-ne in cui si trovavano i veterani del Golfo, costretti avivere senza adeguata assistenza medica viste le lorocondizioni di salute. “I dosimetri (che leggono i livelli diradiazioni) provenienti dai soldati ci sono stati all’inizionegati, poi ci venne detto che le documentazioni erano stateperse, poi che le letture erano tutte normali, ma nessuno eraautorizzato a vederle. I documenti medici dei veterani delGolfo, sono persi regolarmente.” 83

Nel gennaio del 1998, lo stesso Bristow, assieme adaltri suoi compagni seriamente ammalati, ha restituitole medaglie al valore ottenute per il loro servizio effet-tuato nel Golfo in segno di protesta per l’indifferenzadimostrata dalle istituzioni che si occupavano dellaloro condizione; nel dicembre del 1998, dopo il rientroin patria a seguito della sua partecipazione al Simpo-sio di Baghdad, questo veterano è stato addiritturaaccusato di tradimento da un importante ministro delgoverno inglese.

Un episodio simile è accaduto nel 1999 in A u s t r a l i a ,quando i media hanno cominciato a dare risalto ai pro-blemi di salute riscontrati tra i veterani del Golfo; inquell’occasione si è verificato un furto di dischetti percomputer e di altro materiale sul caso UI dalla casa diun certo Philip Steel, personaggio impegnato in cam-pagne politiche contro l’uso in guerra dell’uranioi m p o v e r i t o .8 4 Ben più grave è stata la vicenda accadu-ta nel marzo del 2001 alla vedova del generale canade-

78 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on DepletedUranium”,Praga 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

79 Robert James Parson, “Deafening Silence on depleted uranium”, in: Le Monde Diplomatique, febbraio 2001, disponibile anche sul sitoweb, www.endthewar.org.

80 Ibidem

81 Ibidem

82 Felicity Arbuthnot, “Poisoned Legacy-Two articles on the effects of depleted uranium in the aftermath of the Gulf War”, disponibile sulsito web, www.rimbaud.freeserve.co.uk/iraq.htm

83 Ibidem

84 Ibidem

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se Terry Riordan, che si è vista setacciare la casa d’alcu-ne persone non ben identificate, che le hanno distru t t oil computer e rubato i certificati medici che attestavanola presenza d’uranio nel corpo del marito morto dueanni prima. Il fatto strano è che la polizia canadese sisia rifiutata d’investigare sull’accaduto, poiché i crimi-nali “non avevano lasciato alcuna traccia.” 8 5

Proprio queste testimonianze sembrano contraddi-re l’atteggiamento delle istituzioni militari e governa-tive, le quali sono persuase della non pericolosità del-l’uranio, ma allo stesso tempo sono sempre pronte adostacolare qualsiasi iniziativa di ricerca che non passiattraverso i propri mezzi d’indagine. In pratica i paesicoinvolti nell’utilizzo d’armi all’UI, stanno cercandod’affossare una verità ormai per certi versi tragicasulle conseguenze derivanti dall’impiego d’armiall’UI, come visto già noti da tempo, attuando nellostesso momento, un’operazione di disinformazionesull’argomento allo scopo d’influenzare l’opinionepubblica, nonché di liberarsi dalla responsabilità d’es-sere l’artefice dei problemi rilevati tra i militari impie-gati nei conflitti dove era stato fatto uso d’armi all’UIcome tra i civili, e dei danni provocati all’ambiente.

Secondo gli accusatori, quindi, questo “insabbia-mento” del problema UI da parte delle nazioni coin-volte, avrebbe finito per manipolare le inchieste con-dotte da organizzazioni internazionali preposte allasalute e alla sicurezza delle persone, come il WHO,l’UNEP, la IAEA e l’ICRP, i cui rapporti sono spessostati oggetto di critica, in quanto poco attendibili. Leaccuse fanno riferimento ad una vera e propria “pseu-do-scienza”, che, grazie all’apporto di studi condottida organizzazioni internazionali, da istituti di ricerca eda università al servizio degli ambienti governativi emilitari, è riuscita a provare la non pericolosità dell’u-ranio impoverito per l’uomo e per l’ambiente. In que-sto modo, è stata conferita l’autorità necessaria e unapresunta indipendenza alle ricerche effettuate, chehanno avuto il compito di raggirare le dichiarazioni e irapporti sopra gli effetti dell’UI, nonché di sopprimerele prove dell’esistenza di malattie indotte dall’UI econseguenti al suo utilizzo nei teatri di guerra.86

Anche in Italia il problema uranio impoverito haassunto una certa importanza, dopo le aspre polemi-

che sorte a seguito della scoperta dei casi di malattia edi decessi verificatesi tra i soldati di ritorno dallaBosnia, come dalle missioni in Kosovo. In un primomomento le autorità governative hanno smentito l’esi-stenza di un legame tra l’uranio e i casi riscontrati tra imilitari, poiché in Bosnia non erano mai stati impiega-ti armi all’uranio, come dichiarato dall’allora Ministrodella Difesa, Sergio Mattarella, durante un’interroga-zione parlamentare del 27 settembre 200087, a cuihanno fatto prontamente seguito le affermazioni del-l’ammiraglio Falco Accame, il quale ha dichiaratoche”…in Bosnia furono usati proiettili all’uranio impoveri -to nella operazione Deliberate Force del 1995” 88, cometestimoniano le sue informazioni tratte da “documentidi fonte governativa USA, ai quali è stato tolto il segreto e

Le nostre Forze Armate hanno inviato dei contin-genti non solo nei Balcani, ma anche nel Golfo Persicoe soprattutto in Somalia, dove, come visto in prece-denza, sono state impiegate armi all’UI e dove, si sonoverificati casi di malattie e di decessi tra i soldati italia-ni impiegati in territorio somalo, dopo il loro rientro inpatria. Le autorità italiane hanno sempre sostenuto dinon essere state informate dall’esercito statunitense,riguardo all’uso d’armi all’uranio impoverito, ed d’a-vere quindi lasciato i soldati italiani senza alcuna pro-tezione dai pericoli derivanti dall’inalazione o dall’in-gestione delle polveri d’uranio.

Le testimonianze sembrano però smentire quantodichiarato dalle nostre autorità, secondo quanto affer-mato dalla vedova del militare Umberto Pizzamiglio,elicotterista impegnato in Somalia nella missione “Ibis1”, morto nel 1999 per un tumore ai polmoni, sei annidopo la fine della sua permanenza in territorio soma-lo; nelle lettere che il marito le scriveva, si legge che“gli americani indossavano tute pesanti e guanti, nonostan -te il sole africano, mentre loro giravano tranquillamente inpantaloncini e maglietta.” 90 La vedova del soldato ita-liano nutre forti sospetti sull’operato delle autoritàmilitari italiane tanto da affermare: “ora mi chiedo se inostri soldati non siano stati mandati allo sbaraglio. Sequalcuno non si sia preoccupato di avvertirli dei rischi checorrevano.” 91

E’ possibile, quindi, che l’Italia non fosse veramen-te a conoscenza dell’utilizzo d’armi all’UI da parte

85 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on DepletedUranium”, Praga, 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

86 Ibidem

87 “Va escluso anche che siano collegabili all’uranio impoverito, i due casi letali di leucemia acuta che si sono verificati nelle Forze Armate, ilprimo sei anni fa, il secondo l’anno passato. Nel primo caso, la giovane vittima della malattia non era stato mai impiegato all’estero; nelsecondo caso, il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, precisamente a Sarajevo, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito.”

88 Anonimo, “L’uranio arricchito ha ucciso Salvatore Vacca”, in: La Nuova Sardegna, 28 novembre 2000.

89 Ibidem

90 Tiziana Paolocci, “Quei sei mesi in Somalia che uccisero mio marito”, in: Il Giornale, 2 febbraio 2001.

91 Ibidem

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dell’esercito americano? Secondo Falco Accame, “ilMinistero della Difesa doveva essere al corrente fin dalprimo momento delle disposizioni USA per le operazioni inSomalia (disposizioni che sono state addirittura promulgatesu INTERNET!)…” 92, come attesta anche una diretti-va impartita il 14 ottobre 1993 dal comando delleForze Armate statunitensi al comando interforze diMogadiscio guidato allora dagli americani (un pron-tuario da seguire in caso d’esposizione o d’inalazionedi polvere o di frammenti d’UI), che conferma l’utiliz-zo di armi di questo genere nell’operazione “RestoreHope”, alla quale l’Italia partecipò con le missioni“Ibis 1 e 2“, dal dicembre ’92 al marzo ’94 (documentonon sottoposto a segreto militare, di cui l’Italia dovevaessere a conoscenza).93

C’è chi d’altro canto, sostiene che gli Stati Unitinon avevano avvertito gli altri contingenti circa l’usodelle armi incriminate, come afferma il generale Car-mine Fiore, che in un’intervista al settimanale “Fami-glia Cristiana” ha dichiarato: “ho letto sui giornali che ècircolata una disposizione interna per segnalare ai lorouomini di non aggirarsi dove erano stati bruciati i carri. Anoi non è stato detto nulla. E pensare che per dare unamano a loro, dopo l’attacco che subirono in ottobre ’93, noisiamo rimasti in quell’area per 4 o 5 giorni, per proteggerele loro operazioni.” 94

La stessa cosa si è ripetuta, quando il ministro Mat-tarella ha avuto conferma dalla Nato dell’utilizzo d’ar-mi all’UI in territorio bosniaco solo nel novembre del2000, ammettendo quindi l’impiego di munizioni diquesto tipo, impiego che in un primo momento erastato apertamente smentito.95 All’epoca dei fatti, laquestione aveva sollevato molte critiche anche daparte degli stessi ambienti politici, come ci testimonia-no le dichiarazioni dell’onorevole Giuseppe Del Baro-ne, responsabile sanità del CCD, il quale aveva dichia-rato in quell’occasione: “è piuttosto sconcertante che ilministro Mattarella dica che solo cinque anni dopo si siavenuti a conoscenza di questioni così delicate per la sicurez -za e la salute delle popolazioni bosniache e dei contingentimilitari italiani.” 96 Non si è risparmiato nelle critichenemmeno Falco Accame, molto scettico sul fatto chel’Italia non fosse stata informata dagli Stati Uniti circa

l’impiego di munizioni all’UI in Bosnia, così come inSomalia, dichiarando in proposito:

come è possibile che solo oggi il Ministerodella Difesa viene a sapere che i nostri sol-dati sono stati esposti a rischi senza saperloe senza aver potuto adottare disposizionidi sicurezza come quelle emanate dagliStati Uniti? Gli Stati Uniti che operavanocon noi in Bosnia non ci hanno fatto saperenulla. Il fatto sembra quasi incredibile. Chisi assumerà la responsabilità di non averinformato i soldati e le loro famiglie e d’a-ver fatto loro correre rischi da esposizionead uranio impoverito?97

Sul banco degli imputati, secondo Accame, cisono anche le nostre Forze Armate, poiché “…ilcomando italiano della base d’Aviano, da cui è partita lamaggior parte dei raid per la Bosnia era perfettamente alcorrente dell’impiego d’armi all’uranio in Bosnia, in quantoal rientro d’ogni missione il pilota deve riferire sull’uso (e laquantità) delle armi che ha impiegato.” 98

Sembra quindi, che l’Italia, sia nel caso della Soma-lia sia in quello della Bosnia, abbia tentato d’aff o s s a re ilp roblema UI, dichiarando in entrambi i casi di none s s e re stata informata sull’impiego di tali armi, mentrec’è chi diversamente sostiene che l’atteggiamento tenu-to dalle autorità italiane riflettesse veramente una tota-le ignoranza dell’argomento in questione. Un’ulteriorep rova che qualcosa non abbia funzionato in Somalia eche non tutti fossero a conoscenza dell’uso d’armiall’UI, ci viene dalle accuse lanciate dal settimanaletedesco “Der Spiegel”, il quale oltre ad aver pubblicatoil famoso documento delle Forze Armate statunitensesul comportamento da tenere in caso d’esposizioni allepolveri d’UI, ha dichiarato che sia le Nazioni Unite, ein special modo il suo inviato speciale, l’ammiraglioHowe, che gli altri contingenti dei paesi che partecipa-vano alle missioni di pace non erano state avvertite deipericoli cui andavano incontro .9 9

Questo fatto spiegherebbe la ragione per la quale icomandanti alleati degli Stati Uniti nell’operazione“UNOSOM” non abbiano dato alcuna disposizioneparticolare di sicurezza ai loro soldati, come testimo-

92 Maria Lina Veca, “Bosnia: il melanoma colpisce i civili italiani”, in: Rinascita, 4 novembre 2001.

93 Alessandro Cassinis, “Armi all’uranio usate in Somalia”, in: Il Secolo XIX, 6 gennaio 2001.

94 Barbara Carazzolo e Luciano Scalettari, “La guerra delle foto”, in: Famiglia Cristiana, 15 aprile, 2001.

95 Carlo Corradini, “Una pioggia di uranio sui nostri soldati”, in: Il Tempo, 22 dicembre 2000.

96 Anonimo, “Accame protesta: “E’ troppo tardi” ”, in: Il Tempo, 22 dicembre 2000.

97 Ibidem

98 Maria Lina Veca, “Bosnia: il melanoma colpisce i civili italiani” ,in: Rinascita, 4 novembre 2001.

99 Anonimo, “Uranio, gli Stati Uniti lo usarono in Somalia”, in: La Nuova Sardegna, 21 gennaio 2001. Sulla stessa questione vedi anche Mas-simo A.Alberizzi, “Documento americano, Proiettili all’uranio usati anche in Somalia”, in: Il Corriere della Sera, 21 gennaio 2001.

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niato anche dal generale tedesco Helmut Harff, all’e-poca osservatore in Somalia e successivamentecomandante delle truppe tedesche inviate in Kosovo,il quale ha assicurato che, durante le operazioni inSomalia, non venne fatta alcuna menzione dell’UI e deipericoli annessi al suo utilizzo né da parte degli ameri-cani né dagli stessi tedeschi, e che anche in seguito,durante le missioni in Kosovo, l’uranio “non è mai statouna questione” 1 0 0 da tenere in considerazione.

L’atteggiamento degli Stati Uniti è stato ampia-mente criticato dal Ministro della Difesa tedesco,Rudolf Scharping, il quale durante la Guerra in Koso-vo s’era scagliato contro le dichiarazioni sugli effettidannosi provocati dalle radiazioni all’UI, messe ingiro, secondo le sua opinione, dagli oppositori delconflitto nella regione dell’area balcanica.101 Questoministro, all’epoca della partenza dei contingenti tede-schi per il Kosovo, aveva dichiarato che i soldati eranostati avvertiti dei pericoli riguardanti l’impiego d’UI epreparati, quindi, militarmente al loro utilizzo; inseguito, però, ha smentito quanto affermato in prece-denza, sostenendo che i militari erano venuti a cono-scenza dell’uranio impoverito nella guerra in Kosovosolo nel maggio del 1999, quando la notizia era ormaistata resa pubblica.102

Le malattie riscontrate tra i militari italiani e l’in-sorgenza di casi sospetti di contaminazione nel nostropaese, sembrano avvalorare l’ipotesi che in Somaliasia stato usato uranio impoverito, come dimostrano icasi di due soldati italiani ammalatisi dopo il lororientro in patria. Il primo riguarda, GiovanbattistaMarica, giovane militare impegnato in Somalia nellamissione “Ibis 1”, che attraverso una lettera indirizza-ta alle massime autorità civili e militari italiane, hadato un’importante testimonianza sulla vicenda UI:

una cosa che mi colpisce molto, è perchè loStato continui a dire Sindrome dei Balcani,quando invece l’UI è stato impiegato anchein altre zone come Golfo e Somalia, e addi-rittura in quest’ultima si sono presentatimolti casi di Linfoma di Hodgkin, superio-ri a quelli considerati dalla CommissioneMandelli nella prima relazione. Al suoritorno dalla Somalia, anche la mia personaè stata colpita da linfoma di Hodgkin e da

morbo di Ludwing curabile solo a livellosperimentale…103

Bisogna aggiungere che la permanenza del soldatoMarica in territorio somalo vicino ai bersagli dei bom-bardamenti americani, confermerebbe l’ipotesi chel’insorgenza della sua malattia sia stata causata dall’u-tilizzo di munizioni contenenti uranio impoverito.L’altro caso, invece, ha visto protagonista il marescial-lo della Folgore, Marco Mandolini, capo scorta delcomandante del contingente italiano in Somalia, ilgenerale Bruno Loi, il quale dopo essersi ammalatonel 1994 al suo ritorno dalla Somalia, è stato assassina-to il 13 giugno 1995, sulle scogliere del Romito neipressi di Livorno in circostanza ancora oggi poco chia-re. Secondo alcuni, l’omicidio era da collegare alleindagini che lo stesso Mandolini stava conducendosulla morte di due colleghi affetti da una strana malat-tia, grazie alle quali aveva scoperto che in Somaliaerano stati adoperate armi all’UI; per altri, invece, lericerche del maresciallo Mandolini avevano condottoall’acquisizione d’informazioni sull’uso d’emoderivatiinfetti da parte delle Forze Armate italiane.104 All’e-poca dei fatti, infatti, fu fatta anche l’ipotesi che la suamalattia fosse stata provocata dall’impiego di vaccinisbagliati, d’emoderivati scaduti e addirittura dal-l’AIDS.

Nel 2001 è stata richiesta alle autorità giudiziarie lariapertura del suo caso, nonché la riesumazione dellasalma da parte dell’avvocato legale della famigliaMandolini, e da parte di un vecchio maresciallo inpensione, il quale nel corso degli anni aveva presenta-to una serie di denunce e esposti nei quali si chiedevadi far chiarezza sia sulla sua malattia del marescialloMandolini, sia sul movente del delitto (anche questomaresciallo, aveva scoperto che all’interno delle ForzeArmate italiane, era stato fatto uso d’emoderivatiinfetti).105 Purtroppo non è stata ancora effettuata lapromessa riesumazione della salma, ostacolata proba-bilmente dalla diffusa omertà sulla vicenda uranioimpoverito, che, come nel caso dei poligoni sardi, stacercando di distogliere l’attenzione su alcune questio-ni tornate improvvisamente alla ribalta, e collegateprobabilmente ad un unico filo conduttore, l’uraniostesso.

Negli ultimi tempi in Italia è, infatti, sorta un’altra

100 Anonimo, “Uranio, gli Stati Uniti lo usarono in Somalia”, in: La Nuova Sardegna, 21 gennaio 2001.

101 Kate Kelland, “U.S. Experts says use of DU munitions a “war crime” ”, Agenzia Reuters, 30 gennaio 2001.

102 Piotr Bein e Peda Zoric, Propaganda for Depleted Uranium-a Crime against Humankind, International Conference “Facts on DepletedUranium”, Praga 24-25 novembre 2001, disponibile sul sito web, www.endthewar.org

103 Maria Lina Veca, “Bosnia: il melanoma colpisce i civili italiani ”, in: Rinascita, 4 novembre 2001.

104 Marina Marenna e Maria Nudi, “Uranio, il parà ucciso sarà riesumato”, in: La Nazione, 27 gennaio 2001.

105 Ibidem

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circostanza che dimostrerebbe in maniera inequivoca-bile, come il nostro paese fosse in possesso armi all’UIdurante l’operazione in Somalia denominata “RestoreHope”. Sembra che i proiettili usati in territorio soma-lo nel 1993 appartengano ad un lotto di fabbricazionetedesca, proveniente da Israele e acquistato dal Mini-stero della Difesa nel 1985, attualmente custodito inparte nel poligono di tiro di Nettuno, e in parte in undeposito dell’esercito di Marina di Bibbona nei pressidi Cecina. Il problema sulla natura di questo lotto diproiettili è sorto quando in una comunicazione scrittadel 12 gennaio 2001, proveniente dal personale artifi-ciere (si presume del deposito toscano citato) e inoltra-ta al capo del deposito stesso, si chiedevano chiari-menti sulle precauzioni sanitarie d’adottare dopo leverifiche portate a termine sulle munizioni sospettetornate in sede a seguito del loro utilizzo in Somalia esottoposte a procedure di manutenzione. Un’accurataispezione aveva, infatti, confermato che, dietro le sigleapposte sui proiettili, si nascondevano munizioni anti-carro destinate all’artiglieria, come testimoniato anchedai dipendenti del deposito che, durante le operazionidi smontaggio d’alcuni proiettili, avevano visto chequest’ultimi contenevano una testata radioattiva.106

Anche in quell’occasione, l’episodio non avevamancato di suscitare aspre polemiche all’interno degliambienti politici, tanto che due deputati leghisti, Rizzie Ballaman (quest’ultimo intervenuto già in occasionedel caso del poligono del Dandolo), richiesero un’in-terrogazione, a risposta urgente, dinanzi alla Commis-sione Difesa, per avere spiegazioni dal Ministro dellaDifesa circa l’acquisto di questo lotto d’armi da partedel governo italiano e sulla vera natura di questemunizioni, nonché per sapere quali fossero le iniziati-ve che intendeva adottare il governo stesso per salva-guardare la salute del personale tecnico militare e civi-le, il quale aveva chiesto chiarimenti sulle armi a lorodisposizione all’interno del deposito.107

L’allora Ministro della Difesa, Sergio Mattarella,rispondendo in sede di commissione parlamentareall’interrogazione richiesta dai due deputati leghisti,aveva smentito che i 5.000 colpi da 105 mm del famo-so lotto datato gennaio 1985 contenessero armi all’ura-nio impoverito, sostenendo invece che le testate dellemunizioni erano composte di una lega al tungsteno,ma che parimenti il lotto in questione potesse esserestato impiegato in Somalia, in quanto parte della dota-zione armata dei blindati”Centauro” utilizzati dall’e-

sercito italiano a Mogadiscio; “tale munizionamento diproduzione israeliana, è stato omologato dall’Esercito israe -liano nel 1985.” 108 In quel periodo, infatti, i tecnicidell’esercito d’Israele sperimentavano armi all’uranioimpoverito assieme agli Stati Uniti e alla Germania,come confermato di recente dagli stessi ufficiali dell’e-sercito della stella di David e dalla denuncia del lea-der dell’Autorità Nazionale della Palestina (ANP),Yasser Arafat, secondo cui sarebbero state sperimenta-te armi all’UI nei territori del Libano e della Cisgior-dania.109

Il problema è che, proprio durante gli anni Ottanta,l’Italia non avrebbe potuto comprare armi da Israele,poiché paese considerato in guerra, nonché tramitenella vendita d’armamenti con il Sudafrica all’epocasottoposto ad embargo internazionale, secondo quan-to affermato dall’ammiraglio Accame, il quale hatenuto a precisare che

la questione è allora come questo lotto siagiunto in Italia: se attraverso una triangola-zione o attraverso una regolare transazioneautorizzata dall’apposito comitato per leautorizzazioni, all’epoca dislocato presso ilMinistero del Commercio con l’estero epresieduto dal diplomatico ministro Alber-to Indelicato (ora il comitato opera pressoil Ministero degli Esteri).110

Le considerazioni d’Accame hanno suscitato fortiperplessità anche sulle munizioni custodite nel depo-sito di Cecina, tanto che, sempre nel periodo feb-braio/marzo 2001, il senatore di Rifondazione Comu-nista, Giovanni Russo Spena, ha chiesto chiarimenti alministro Mattarella, sulla vera natura delle munizionicontenute nel deposito toscano, nonché sulla probabi-le custodia d’armi chimiche all’interno del depositostesso. Le autorità militari, intervenendo sulla questio-ne, hanno negato che le munizioni contenute all’inter-no di questo deposito contenessero uranio impoverito,ma resta il fatto che nel poligono di Nettuno sianostati sperimentati colpi anticarro fino al novembre2000 provenienti dal lotto incriminato, e si sono inoltreverificati tre casi di decesso tra il personale che avevaprestato servizio all’interno dello stesso poligono. Nelgennaio 2001, i dipendenti della struttura militare diNettuno assieme ad alcuni esponenti politici locali,hanno richiesto una sospensione cautelativa delle spe-rimentazioni effettuate all’interno del poligono, perverificare il tipo di munizioni usate, che, secondo fonti

106 Stefano Mannucci, “Munizioni all’uranio per gli italiani in Somalia”, in: Il Tempo, 10 febbraio 2001. Sullo stesso problema vedi anche unaltro articolo dello stesso Mannucci, “La Commissione Difesa indagherà sulle morti dei soldati in Somalia”, in: Il Tempo, 13 febbraio 2001.

107 Ibidem

108 Stefano Mannucci, “Armi da Israele, un acquisto proibito”, in: Il Tempo, 25 marzo 2001.

109 Stefano Mannucci, “Munizioni all’uranio per gli italiani in Somalia”, in: Il Tempo, 10 febbraio 2001.

110 Ibidem

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TRIBUNABIOLOGICAE MEDICA ANNO 10 - VOL.10- N. 1-2102

bene informate, appartenevano al famigerato lotto del1985, ma il dire t t o re del poligono, il colonnello A n g e l oA m b rosino, ha confermato l’esclusione di qualsiasiimpiego d’armi contenenti materiale radioattivo eff e t-tuato all’interno del poligono negli ultimi vent’anni.111

Se da una parte i lavori della Commissione Man-delli hanno, come visto, escluso la pericolosità dell’u-ranio, dall’altra alcune autorità militari, sulla base d’e-sperienze internazionali esistenti, si sono pronunciatesulla pericolosità stessa, come ci attestano le disposi-zioni impartite dal generale Osvaldo Bizzarri il 22novembre 1999 e adottate dalla Forza Multilaterale inKosovo (KFOR), nella quale si legge: “inalazioni di pol -vere insolubile di uranio impoverito sono associate neltempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore edisfunzione dei neonati” 112, nonché quelle emanate, il 9maggio 2000 dal colonnello Ferdinando Guarnieri, in

rapporto alle operazioni della Folgore in territoriok o s o v a ro, dove si legge: “la pericolosità dell’uranio siesplica sia per via chimica, che rappresenta la fonte di rischiopiù alta nel breve termine, sia per via radiologica, la qualepuò causare seri problemi clinici nel lungo periodo.” 11 3

Sembra ,quindi, delinearsi un clima di sospetti e distratagemmi promossi dagli ambienti politici e militariitaliani, ma anche dalle altre nazioni coinvolte nell’usod’armi all’UI, intenzionate a non risolvere questa deli-cata questione, poiché ciò significherebbe il fallimentodella strategia militare, politica ed economica, collega-ta all’impiego d’armi contenenti uranio impoverito;rimane però il fatto che, al di là d’ogni dimostrazionedi pericolosità dell’uranio, vi sono state troppe conse-guenze sull’uomo e sull’ambiente, derivanti dall’im-piego di questo sistema d’arma nelle operazioni diguerra condotte nel Golfo Persico e nei Balcani.

111Stefano Mannucci, “Munizioni all’uranio per gli italiani in Somalia”, in: Il Tempo, 10 febbraio 2001.

112 Multinational Brigade West G3-NBC, Prot.842/G3/3023, “Subject: Depleted Uranium Information and Instruction”, Pec, 22 novembre1999.

113 Comando Forze di Proiezione, Stato Maggiore-Ufficio Logistico, Prot.04236/318 “Oggetto: Kosovo. Provvedimenti cautelativi da adotta-re nell’area d’impiego del contingente italiano”, Milano, 3 maggio 2000.