Tracce d'eternità nr.13 (marzo 2011)

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Tracce d’eternità Tracce d’eternità La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero Anno III Nr.13 (Marzo 2011) Anno III Nr.13 (Marzo 2011) Anno III Nr.13 (Marzo 2011) Anno III Nr.13 (Marzo 2011) LE FIRME DI QUESTO NUMERO LE FIRME DI QUESTO NUMERO LE FIRME DI QUESTO NUMERO LE FIRME DI QUESTO NUMERO Yuri Leveratto Yuri Leveratto Yuri Leveratto Yuri Leveratto Stefano Panizza Stefano Panizza Stefano Panizza Stefano Panizza Maria Benedetta Errigo Maria Benedetta Errigo Maria Benedetta Errigo Maria Benedetta Errigo Michele Proclamato Michele Proclamato Michele Proclamato Michele Proclamato Franco Pavone (C.U.T.) Franco Pavone (C.U.T.) Franco Pavone (C.U.T.) Franco Pavone (C.U.T.) Massimo Maravalli Massimo Maravalli Massimo Maravalli Massimo Maravalli Nicoletta Travaglini Nicoletta Travaglini Nicoletta Travaglini Nicoletta Travaglini Tarcisio Pezzana Tarcisio Pezzana Tarcisio Pezzana Tarcisio Pezzana Gaetano Masciullo Gaetano Masciullo Gaetano Masciullo Gaetano Masciullo Andrea Richini Andrea Richini Andrea Richini Andrea Richini Antonio Remigio Pengo Antonio Remigio Pengo Antonio Remigio Pengo Antonio Remigio Pengo Enrico Vincenzi Enrico Vincenzi Enrico Vincenzi Enrico Vincenzi Luciano Scognamiglio Luciano Scognamiglio Luciano Scognamiglio Luciano Scognamiglio Roberto La Paglia Roberto La Paglia Roberto La Paglia Roberto La Paglia Daniele Bonfanti Daniele Bonfanti Daniele Bonfanti Daniele Bonfanti Simone Lega Simone Lega Simone Lega Simone Lega Simone Corà Simone Corà Simone Corà Simone Corà Stefano Sampietro Stefano Sampietro Stefano Sampietro Stefano Sampietro Matteo Carriero Matteo Carriero Matteo Carriero Matteo Carriero Matteo Agosti Matteo Agosti Matteo Agosti Matteo Agosti Noemi Stefani Noemi Stefani Noemi Stefani Noemi Stefani Antonella Beccaria Antonella Beccaria Antonella Beccaria Antonella Beccaria Simonetta Santandrea Simonetta Santandrea Simonetta Santandrea Simonetta Santandrea Andrea della Ventura Andrea della Ventura Andrea della Ventura Andrea della Ventura Simone Barcelli Simone Barcelli Simone Barcelli Simone Barcelli Gianluca Rampini Gianluca Rampini Gianluca Rampini Gianluca Rampini Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per leventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. UN REPORT DI UN REPORT DI UN REPORT DI UN REPORT DI STEFANO PANIZZA GIAPETO GIAPETO GIAPETO GIAPETO YURI LEVERATTO GLI ENIGMATICI DISEGNI DI BLAS VALERA: NUOVI ORIZZONTI SULL’UBICAZIONE DEL PAITITI MICHELE PROCLAMATO L’UOMO DI DIO ROBERTO LA PAGLIA 2012 2012 2012 2012 L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA APOCALISSE APOCALISSE APOCALISSE APOCALISSE Verità e fantasie sul disastro finale ENRICO VINCENZI GIANLUCA RAMPINI INTERVISTA DAVID DAVID DAVID DAVID JACOBS JACOBS JACOBS JACOBS TRADUZIONE DI SABRINA PASQUALETTO GLI GLI GLI GLI ENIGMATICI ENIGMATICI ENIGMATICI ENIGMATICI MEN MEN MEN MEN IN IN IN IN BLACK BLACK BLACK BLACK ANDREA RICHINI IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE TRA LE TOMBE DEI FARAONI TRA LE TOMBE DEI FARAONI TRA LE TOMBE DEI FARAONI TRA LE TOMBE DEI FARAONI MATTEO AGOSTI ALIENANTE LUNA ALIENANTE LUNA ALIENANTE LUNA ALIENANTE LUNA NEPHILIM? NEPHILIM? NEPHILIM? NEPHILIM?

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La rivista elettronica del mistero

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Tracce d’eternitàTracce d’eternità La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero La rivista elettronica del mistero Anno III Nr.13 (Marzo 2011)Anno III Nr.13 (Marzo 2011)Anno III Nr.13 (Marzo 2011)Anno III Nr.13 (Marzo 2011)

LE FIRME DI QUESTO NUMEROLE FIRME DI QUESTO NUMEROLE FIRME DI QUESTO NUMEROLE FIRME DI QUESTO NUMERO

Yuri LeverattoYuri LeverattoYuri LeverattoYuri Leveratto Stefano PanizzaStefano PanizzaStefano PanizzaStefano Panizza Maria Benedetta ErrigoMaria Benedetta ErrigoMaria Benedetta ErrigoMaria Benedetta Errigo Michele ProclamatoMichele ProclamatoMichele ProclamatoMichele Proclamato Franco Pavone (C.U.T.)Franco Pavone (C.U.T.)Franco Pavone (C.U.T.)Franco Pavone (C.U.T.) Massimo MaravalliMassimo MaravalliMassimo MaravalliMassimo Maravalli Nicoletta TravagliniNicoletta TravagliniNicoletta TravagliniNicoletta Travaglini Tarcisio PezzanaTarcisio PezzanaTarcisio PezzanaTarcisio Pezzana Gaetano MasciulloGaetano MasciulloGaetano MasciulloGaetano Masciullo Andrea RichiniAndrea RichiniAndrea RichiniAndrea Richini Antonio Remigio PengoAntonio Remigio PengoAntonio Remigio PengoAntonio Remigio Pengo Enrico VincenziEnrico VincenziEnrico VincenziEnrico Vincenzi Luciano ScognamiglioLuciano ScognamiglioLuciano ScognamiglioLuciano Scognamiglio Roberto La PagliaRoberto La PagliaRoberto La PagliaRoberto La Paglia Daniele BonfantiDaniele BonfantiDaniele BonfantiDaniele Bonfanti Simone LegaSimone LegaSimone LegaSimone Lega Simone CoràSimone CoràSimone CoràSimone Corà Stefano SampietroStefano SampietroStefano SampietroStefano Sampietro Matteo CarrieroMatteo CarrieroMatteo CarrieroMatteo Carriero Matteo AgostiMatteo AgostiMatteo AgostiMatteo Agosti Noemi StefaniNoemi StefaniNoemi StefaniNoemi Stefani Antonella Beccaria Antonella Beccaria Antonella Beccaria Antonella Beccaria Simonetta SantandreaSimonetta SantandreaSimonetta SantandreaSimonetta Santandrea Andrea della VenturaAndrea della VenturaAndrea della VenturaAndrea della Ventura Simone Barcelli Simone Barcelli Simone Barcelli Simone Barcelli Gianluca Rampini Gianluca Rampini Gianluca Rampini Gianluca Rampini

Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli

autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di

testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori.

UN REPORT DIUN REPORT DIUN REPORT DIUN REPORT DI STEFANO PANIZZA

GIAPETOGIAPETOGIAPETOGIAPETO

YURI LEVERATTO

GLI ENIGMATICI DISEGNI DI BLAS VALERA: NUOVI

ORIZZONTI SULL’UBICAZIONE DEL

PAITITI

MICHELE PROCLAMATO

L’UOMO DI DIO

ROBERTO LA PAGLIA

2012201220122012 L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA

APOCALISSEAPOCALISSEAPOCALISSEAPOCALISSE

Verità e fantasie sul disastro finale

ENRICO VINCENZI

GIANLUCA RAMPINI

INTERVISTA

DAVID DAVID DAVID DAVID JACOBSJACOBSJACOBSJACOBS TRADUZIONE DI SABRINA PASQUALETTO

GLI GLI GLI GLI ENIGMATICIENIGMATICIENIGMATICIENIGMATICI MEN MEN MEN MEN ININININ BLACKBLACKBLACKBLACK

ANDREA RICHINI

IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE IL PETTORALE DI ARONNE TRA LE TOMBE DEI FARAONITRA LE TOMBE DEI FARAONITRA LE TOMBE DEI FARAONITRA LE TOMBE DEI FARAONI

MATTEO AGOSTI

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NOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINE

Il mondo sta cambiando o qualcuno vuole che cambi? Ho cercato per lungo tempo di tenere a bada la mia propensione alla “dietrologia” ma devo ammettere che faccio sempre più fatica a riuscirci. È possibile che dietro a tutto quello che sta accadendo nel mondo vi sia la volontà di un ristretto gruppo di persone? Secondo me sì ma non solo. Lo scenario tipicamente riassunto della definizione “New World Order” non è nemmeno del tutto sufficiente. La situazione, se possibile, è ancora più complessa. A un livello di lettura, estremamente superficiale, risulta evidente che, nonostante la fine della guerra fredda, vi sia una contrapposizione tra due fazioni composte da un lato dagli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea e dall’altro dalla Russia e la Cina. Scendendo di un livello, nell’ambito del Cospirazionismo, questa ipotesi viene contestata come una facciata per un comune progetto volto in ogni caso al dominio del mondo da parte degli “Illuminati”. Li chiamo così per comodità. A mio parere, invece, uno scontro

tra i gruppi che ho menzionato esiste ma non tanto a livello di nazioni e Stati sovrani quanto piuttosto tra due fazioni di questi “Illuminati”. Il fatto che coincidano con i blocchi continentali che ho citato è, secondo me, irrilevante o addirittura casuale. In ogni caso, nessuno dei due schieramenti ha a cuore l’umanità. Hanno forse diversi obiettivi ma di certo sistemi paragonabili. Non potendo, per ovvie ragioni, intraprendere azioni belliche tradizionali è molto probabile che stiano ricorrendo all’utilizzo di armi, diciamo così, non convenzionali. Dal tempo dell’uragano Katrina si può notare un ricorrere tristemente ravvicinato di catastrofi climatiche e sismiche. Non farò la cronistoria degli eventi, perché sono perlopiù conosciuti. Voglio concentrarmi piuttosto sulla plausibilità di una simile teoria. Naturalmente non ci sono prove certe. La storia della Terra è da sempre costellata da cataclismi di varia natura. È il segnale che il nostro è un pianeta ancora vivo, o vitale, se non vogliamo accostarci a un

altro argomento che avrebbe diritto di cittadinanza in questo contesto, ma che non voglio affrontare ora. Ci sono però alcuni fatti che vanno considerati. Soprattutto esistono documenti e affermazioni di persone, diciamo così, che rivestono ruoli importanti che ci possono aiutare a chiarire qualche dubbio. Esiste, ad esempio un documento delle Nazioni Unite, la risoluzione 31/72, in cui si vieta agli Stati di utilizzare strumenti di controllo climatico come armi o comunque in qualunque modo ostile. (http://daccess-ods.un.org/TMP/4671112.29896545.html). Difficile immaginare che una risoluzione vieti l’utilizzo di un arma che non esiste. E’ altresì vero che le risoluzioni della Nazioni Unite non sempre vengono rispettate. Tanto meno se le operazioni che contravvengono alle risoluzioni vengono portate avanti segretamente, grazie a fondi neri e all’insaputa di chi ufficialmente governa le nazioni del mondo. Ma il timore che si arrivasse a questo punto non è cosa del giorni d’oggi. Già nel 1975, un sotto comitato del Senato

Gianluca Rampini [email protected] ha 35 anni ed è un ricercatore indipendente che si occupa, in special modo, di ufologia e abductions. In rete collabora con Ufomachine, Ufoonline, Paleoseti e altri siti tematici.

UN “NUOVO” MONDO, UN “NUOVO” MONDO, UN “NUOVO” MONDO, UN “NUOVO” MONDO, TRA CONGIURE E CATACLISMITRA CONGIURE E CATACLISMITRA CONGIURE E CATACLISMITRA CONGIURE E CATACLISMI

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Americano, presieduto dal senatore Claiborne Penn, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “C’è bisogno di un trattato ora, prima che i leader militari del mondo comincino a indirizzare tempeste, manipolando il clima e provocando terremoti contro i loro nemici.” Andando ancora più indietro, vale la pena ricordare che Nikola Tesla costruì uno strumento con il quale era in grado di trasmettere energia meccanica a lunga distanza senza perdita di energia. Inizialmente immaginato per la prospezione geologica non è difficile immaginare quale uso distorto se ne è potuto fare. La trasmissione televisiva Mythbusters ha realizzato, su scala ridotta, questa “macchina per i terremoti” ( ossia un oscillatore meccanico) con il quale hanno dimostrato su un ponte stradale come l’energia veniva trasmessa anche a notevole distanza. Sul sito di Ron Paul, più volte candidato alla presidenza Usa, si può trovare la seguente citazione dell’ex Segretario Alle Difesa, William Cohen, che conferma quanto detto sino ad ora: “Altri ( terroristi ) stanno dando vita ad un terrorismo ecologico nel quale possono alterare il clima, scatenare terremoti, vulcani in remoto tramite l’uso di onde elettromagnetiche… Quindi lì fuori è pieno di menti ingegnose che stanno trovano modi con cui riversare terrore sulle nazioni… E’ vero, ed è la ragione per cui dobbiamo intensificare lo sforzo antiterroristico.” Secondo una solida abitudine

di politici, soprattutto se affiliati a società segrete, quando si dice una cosa se ne intende il contrario e quando è possibile si nasconde una verità tra varie bugie. In questo caso più che essere i terroristi a possedere queste armi, è assai probabile che lo siano i militari. Non solo americani. Circola la voce che qualche gruppo criminale, come la Yakuza, sia in possesso di tecnologia di questo genere. Ma non so quanto ci sia di vero in questo. E parlando di Yakuza accenniamo brevemente al Giappone. In tutta onestà non pensavo che due eventi sismici con relativo tsunami, li avrei visti in tutta una vita. A così breve distanza sembra davvero incredibile. Ma una semplice questione temporale non mi avrebbe mai fatto dubitare che ci potesse essere qualcosa sotto. Anche in questo caso. Non saprei dire da che parte dei due schieramenti citati all’inizio si collochi il Giappone. Ufficialmente è considerato un alleato importante degli Stati Uniti ma come abbiamo capito, questo significa ben poco. Sta di fatto che il disastro che li ha investiti potrebbe essere devastante anche per l’economia statunitense. Il Giappone possiede infatti una “bella fetta” del debito americano. Ora, per far fronte alle necessità economiche per la ricostruzione, potrebbero decidere di liberarsene, allagando il mercato di dollari che inevitabilmente si svaluterebbero. Altri sostengono che gli americani hanno provocato il terremoto proprio perché il Giappone si è rifiutato di aumentare i suoi

investimenti nella loro moneta. Sia in modo o sia nell’altro o in nessuno dei due, sta di fatto che poco prima del terremoto sono state scattate alcune fotografie di nuvole che ricordano molto da vicino l’effetto che viene normalmente attribuito ad HAARP. Parrebbe inoltre, dico parrebbe perché non sono riuscito a tracciare questa informazione fino alla fonte, che l’università di Tokyo abbia rilevato tramite un magnetometro ad induzione un picco proprio nell’ambito delle frequenze utilizzate dalle installazioni HAARP (per chi non lo sapesse HAARP è un sistema di antenne tramite il quale si possono sparare nella ionosfera grandi quantità di energia che riflettendosi su di essa può essere indirizzata dovunque nel mondo). Fenomeni elettromagnetici simili alle aurore boreali sarebbero stati visti poco prima del terremoto, proprio come successe in altre occasioni. Ad esempio in Cina nel 2007. Quel terremoto provocò il crollo di una montagna sotto la quale si trovava un’installazione militare cinese che conteneva testate nucleari. Molti analisti informati sostengono che una di queste testate sia persino esplosa. A proposito di nucleare: come può collegarsi tutto questo all’ufologia? Beh è presto detto. Innanzitutto perché sono numerosi i casi in cui oggetti volanti non identificati sono stati avvistati vicino a centrali nucleari o poco prima di terremoti ed eruzioni vulcaniche. Durante la crisi di Chernobyl, centinaia di

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testimoni, hanno avvistato un oggetto volante sostare nei pressi della centrale. Alcuni hanno anche visto l’oggetto emettere un raggio verso il reattore. Questo fatto ha coinciso con l’abbassamento del livello di radioattività. Non va inoltre dimenticato che gli avvistamenti moderni sono iniziati negli anni quaranta, proprio quando l’uomo iniziava a sperimentare l’utilizzo bellico dell’energia atomica. Mi pare davvero poco probabile che sia un caso che proprio a Roswell, sede nel 1947, dell’unico squadrone aereonautico capace di trasportare la bomba atomica, cadde un disco volante. Fu da Roswell infatti che partì l’Enola Gay alla volta di Nagasaki ed Hiroshima. Gli episodi sarebbero molti altri,

persino di importanza decisiva per la storia dell’umanità, ma non abbiamo il tempo di esplorali ora. Rimane indubitabile il fatto che vi sia un preoccupato interesse da parte degli occupanti degli Ufo verso il nostro “trafficare” con l’energia atomica. E come non esserlo? Basta talmente poco e tutto potrebbe letteralmente andare a scatafascio. Tra tutte queste notizie ve n’è una che non deve passare inosservata. Tracce d’eternità compie due anni. Sono sicuro di poter parlare a nome di tutti coloro che contribuiscono a questo progetto, nel dire che sembra incredibile che siano passati già due anni. Da un verso mi sembra di averlo sempre fatto, dall’altro sembra ieri che Simone mi coinvolse in

questa sua magnifica idea. Forse potrei smettere di definirlo progetto, ma è un po’ come per le squadre umili che dicono sempre di puntare a non retrocedere. Non è nella mia natura accettare di aver raggiunto un traguardo. Sono sempre nella condizione di vedere qual è quello successivo, di vedere cosa si può fare in più. E vi assicuro che non sono frasi di circostanza. Siamo sempre all’opera per migliorare il nostro prodotto e qualcosa in pentola già bolle. Se poi ne uscirà qualcosa di buono sarete i primi a saperlo. Concludo ringraziando i miei compagni di avventura, Simone e Simonetta, e da un paio di numeri anche Andrea. Alla via così.

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Vorrei raccontarvi questi primi due anni di Tracce d’eternità e lo farò lasciandovi leggere le parole del cuore: “…Il vostro amico è il vostro bisogno saziato. E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. E' la vostra mensa e il vostro focolare. Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace. Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo. E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore: Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia. Quando vi separate dall'amico non rattristatevi: La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la

montagna è più chiara della pianura. E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito. Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano. E il meglio di voi sia per l'amico vostro. Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena. Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte? Cercatelo sempre nelle ore di vita. Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto. E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia. Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.”

Kahlil Gibran, “Il profeta”

Queste parole di Gibran sono lo specchio di ciò che per me rappresenta Tracce d’eternità: uno scambio di rispetto, di esperienze, di momenti privati, di gioie, di delusioni, di scienza e di conoscenza. Tutto questo resiste nonostante lo scorrere del tempo: due anni di collaborazioni, di crescita continua, di idee e nuovi progetti che sfidano le distanze e gli impegni di ognuno di noi ma che sempre trovano sostegno in questi imprescindibili principi. Tracce d’eternità è il frutto di un bel lavoro d’équipe, ma dietro a Tracce ci sono delle persone speciali con le quali ho la fortuna di condividere un tratto di vita. Li ringrazio semplicemente di esserci, e naturalmente per tutto ciò che fanno. Nel tempo i compagni di viaggio sono aumentati di numero… abbiamo più lanterne ad illuminare il cammino, più compagnia per non sentire la fatica e un orizzonte più ampio cui tendere. Lunga vita a Tracce d’eternità... In alto i calici, prosit!

Simonetta Santandrea [email protected] ha 40 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce d’eternità” sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui tuttora è responsabile. Si occupa di Storia Antica e in rete collabora con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed altri siti tematici.

PIÙPIÙPIÙPIÙ LANTERNELANTERNELANTERNELANTERNE ADADADAD ILLUMINAREILLUMINAREILLUMINAREILLUMINARE ILILILIL CAMMINOCAMMINOCAMMINOCAMMINO

NOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINENOTE A MARGINE

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CONTENUTICONTENUTICONTENUTICONTENUTI

RUBRICHERUBRICHERUBRICHERUBRICHE

pag. 2 NOTE A MARGINE Gianluca Rampini e Simonetta Santandrea

pag. 7 LIBRARSI Simonetta Santandrea

pag. 9 REPORT Stefano Panizza

pag. 23 LO SPAZIO DELL’OTTAVA Michele Proclamato

pag. 28 LIFE AFTER LIFE Noemi Stefani

pag. 31 XAARAN Antonella Beccaria

pag. 34 CONFESSO, HO VIAGGIATO Noemi Stefani

pag. 37 INTORNO XII Daniele Bonfanti e Simone Lega

Interventi di Simone Corà, Stefano Sampietro e Matteo Carriero

Pag. 49 PAGINE DEL C.U.T. Franco Pavone

ARTICOLIARTICOLIARTICOLIARTICOLI pag. 13 Nicoletta Travaglini Il volto santo

pag. 15 Andrea Richini Il Pettorale di Aronne tra le tombe dei faraoni

pag. 17 Antonio Remigio Pengo L’altarino devozionale dedicato al “Cristo doloroso”

pag. 19 Massimo Maravelli La copia della Sacra Sindone tra storia, verità e… fantasia

pag. 55 Roberto La Paglia 2012: l’ultima apocalisse

pag. 66 Maria B. Errigo Il Cristo e la lepre di Rennes Les Bains

pag. 70 Simone Barcelli Quindici mummie e una muffa che non c’è

pag. 75 Yuri Leveratto Gli enigmatici disegni di Blas Valera: nuovi orizzonti sul Paititi

pag. 82 Gaetano Masciullo Piramidi in Europa

pag. 87 Enrico Vincenzi Gli enigmatici “Men in Black”

pag. 91 Gianluca Rampini L’isola del gigante dormiente

pag. 98 Luciano Scognamiglio Rapimenti in Italia: 25 anni di ricerche in Italia

pag. 102 Andrea della Ventura Un volto alieno a Stonehenge?

pag. 106 Matteo Agosti Giapeto… alienante luna Nephilim? (I° parte)

Simonetta Santandrea [email protected]

Gianluca Rampini [email protected]

Andrea della Ventura [email protected]

Simone Barcelli [email protected]

Traduzioni

Sabrina Pasqualetto [email protected]

Anna Florio [email protected]

Antonio Nicolosi [email protected]

Germana Maciocci [email protected]

Carla Masolo [email protected]

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REDAZIONEREDAZIONEREDAZIONEREDAZIONE

Progetto grafico e impaginazione

a cura di Simone Barcelli.

Revisione testi a cura di Simonetta Santandrea.

INTERVISTEINTERVISTEINTERVISTEINTERVISTE pag. 43 Gianluca Rampini David Jacobs

Traduzione di Sabrina Pasqualetto

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Simonetta Santandrea [email protected] ha 40 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce d’eternità” sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui tuttora è responsabile. Si occupa di Storia Antica e in rete collabora con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed altri siti tematici.

Il Libro Tibetano dei morti, o Bardo Thödol, è un testo funebre molto più recente del suo corrispondente egizio e possiede incomparabilmente maggior consistenza interna e coerenza. A differenza del Pert em hru ( libro dei morti egizio) è un testo ben definito e omogeneo, del quale conosciamo l’autore e la data approssimata della sua redazione. Nonostante abbia la sua base in un materiale orale molto più antico, fu scritto per la prima volta nell’ottavo secolo a.C. ed è attribuito al Grande Guru Padmasambhava. Questo leggendario maestro spirituale ha introdotto il Buddismo nel Tibet ed ha stabilito i fondamenti del Vajarayana, un insieme di insegnamenti buddisti e di elementi di una tradizione indigena ancestrale chiamata Bon, che fu la religione principale del Tibet prima dell’arrivo di Padmasambhava. Il

Bardo Thodol è una guida alla morte e al morire, un manuale che aiuta chi è partito a riconoscere, con l’aiuto di un lama competente, i vari stadi dello stato intermediario tra la morte e la successiva rinascita e ad ottenere la liberazione. Il Libro Tibetano dei Morti fu scritto come una guida per il morire; tuttavia possiede livelli di significato addizionali. Secondo gli insegnamenti buddisti, morte e rinascita non avvengono soltanto in connessione con il decesso biologico e il successivo inizio di un’altra vita, bensì in ogni momento della nostra esistenza. Gli stati descritti nel Bardo Thodol possono essere sperimentati anche in stati meditativi durante una pratica spirituale sistematica. Questo importante testo è, perciò, al tempo stesso, una guida per la morte, una guida per la vita e una guida per i ricercatori spirituali. Esso è costituito da una serie di istruzioni su sei

LIBRARSILIBRARSILIBRARSILIBRARSI

Bardo Thodol, Bardo Thodol, Bardo Thodol, Bardo Thodol, il libro tibetano dei il libro tibetano dei il libro tibetano dei il libro tibetano dei

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Autore:Mario PincherleAutore:Mario PincherleAutore:Mario PincherleAutore:Mario Pincherle

Editore:Anima EdizioniEditore:Anima EdizioniEditore:Anima EdizioniEditore:Anima Edizioni

Data pubblicazione:Settembre 2006Data pubblicazione:Settembre 2006Data pubblicazione:Settembre 2006Data pubblicazione:Settembre 2006

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Anima EdizioniAnima EdizioniAnima EdizioniAnima Edizioni

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tipi di liberazione: liberazione attraverso l’udire, l’indossare, il vedere, il ricordare, il gustare e il toccare. Le istruzioni circa i diversi tipi di liberazione furono formulate da Padmasambhava e scritte da sua moglie. Padmasanbhava sotterrò questi testi sulle colline Gampo del Tibet centrale, così come fu fatto con molti altri testi e oggetti sacri, chiamati termas o “tesori nascosti”. Egli concesse il potere di scoprirli a venticinque dei suoi discepoli principali. I testi del Bardo Thodol furono scoperti più tardi da Karma Lingpa, che appartenne alla tradizione Nyingma e che si incarnò successivamente in uno di questi discepoli. Questi testi sono utilizzati, da secoli, da chi studia con serietà i suoi insegnamenti, come guide importanti per la liberazione e l’illuminazione. Il Bardo Thodol descrive le esperienze a cui si va incontro al momento della morte (Chikhai Bardo), durante il periodo in cui si hanno le visioni archetipiche e le illusioni karmiche che si susseguono alla morte (Chonyid Bardo) e nel processo in cui si cerca la rinascita (Sidpa Bardo). Tradizionalmente, questo

testo viene cantato dai maestri, o lama, per un periodo di quarantanove giorni dopo la morte, al fine di istruire lo spirito del defunto circa ciò che si deve aspettare nello stato Bardo e come utilizzare le esperienze in vista della liberazione. La casa editrice Anima ha pubblicato nel 2006 il Libro Tibetano dei Morti con un commento a cura di Mario Pincherle, grande archeologo, poeta e attento studioso dell'uomo. A lui si devono fondamentali scoperte all'interno del Tempio del Sole, la grande piramide d'Egitto. Fra i suoi libri ricordiamo: il Best Seller "Il Quinto Vangelo - Il Vangelo di Tommaso" tratto dai manoscritti del Nilo, il più straordinario documento della nostra Era, rimasto per diciannove secoli sotterrato e inaccessibile; Il Gesù proibito; Il Mosè proibito; Oro granulato; La Grande Piramide e lo Zed; Enoch - il primo libro del mondo. Collabora a riviste di archeologia italiane e straniere, scrive sui Rendiconti dell'Accademia dei Lincei.

Tutti alla cerca di qualcosa che pare perdersi nei meandri della storia: una clessidra d’avorio, che ben rappresenta la bramosia dell’uomo di raggiungere la perfezione. Un romanzo storico ben scritto, in cui si percepisce lo sforzo degli autori nella ricerca bibliografica, con l’innesto dell’abile intreccio tra l’arte alchemica e il giuoco degli scacchi (che tanto hanno in comune per le interpretazioni simboliche), su piani temporali diversi che s’intersecano e riescono a coesistere grazie alle pagine ingiallite di un memoriale scritto da un alchimista quattrocento anni fa. Ambientato essenzialmente nei primi anni del XIX secolo, racconta del nobile francese Darius Berthier de Lasalle e di suo figlio Sebastien su e giù per la nostra penisola, sulle tracce dell’avventuriero Moran de la Fuente. La mente corre inevitabilmente al viaggio di Johann Wolfgang von Goethe nel 1786 (e alle magnifiche pagine che narrano di questa esperienza, pubblicate quasi trent’anni dopo), un’impresa notevole per quei tempi in cui, tra lentezza, incertezza e pericolo, in pochi avevano l’ardire di mettersi in cammino, se non per una valida ragione. Nel romanzo ciò che muove il protagonista è il sentimento dell’amicizia, la sensazione che Moran si sia cacciato in un brutto guaio e abbia inconsciamente bisogno di lui. Il lettore dovrà interrogarsi anche sul tormentato rapporto padre-figlio perché le problematiche che affiorano in queste pagine non si discostano da quelle che affrontiamo ancor oggi. L’ombra di Paracelso, enigmatico studioso del Rinascimento, accompagnerà costantemente un pur scettico Darius, fornendogli infine l’ispirazione di cui necessita per dipanare l’intricata matassa.

Simone Barcelli

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Sopravviveremo al nostro futuro? Questa, in sintesi, la domanda a cui hanno cercato di rispondere i vari relatori. Ricordiamo che i Darwin Day sono stati celebrati per la prima volta in Italia nel 2003 e che sono promossi a livello internazionale dalla International Darwin Day Foundation come momento per ricordare il famoso naturalista inglese e le sue scoperte e, più in generale, celebrare i benefici derivanti dalle scoperte scientifiche. Ma torniamo alla nostra domanda. Un buon approccio potrebbe essere quello di conoscere il nostro passato biologico ed il contesto ambientale nel

quale si è evoluto; poi comprendere se le mutevoli condizioni ambientali alle quali è sopravvissuto potrebbero ripresentarsi in futuro. Su un punto non esiste discussione: l’Uomo, nella sua storia milionaria, è stato la vittima di un ambiente in continuo mutamento ed ha vinto la sua battaglia adattandosi morfologicamente e socialmente ai cambiamenti climatici, geologici e, più in generale, ambientali che si sono succeduti. Ad esempio, come ha ricordato Fabio Di Vincenzo del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università di Roma, la sparizione nel continente

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Stefano Panizza [email protected] ha 47 anni e vive in provincia di Parma. Ricercatore indipendente di tematiche di frontiera, ha relazionato in convegni nazionali e in programmi radiofonici e televisivi. I suoi studi sono apparsi sulle riviste specializzate di settore (Hera, Il Giornale dei Misteri, UFO Notiziario, ArcheoMisteri e Area di Confine).

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africano di una tipo di vegetazione a vantaggio di un’altra, ha costretto i nostri antenati a cambiare il proprio regime alimentare. La presenza allora di vegetali più resistenti ha portato alla modifica della masticazione e alla tipologia di dentatura e, conseguentemente, di tutta la morfologia del cranio. Così come la necessità di smaltire il calore, in un ambiente sempre più caldo, ha favorito lo sviluppo dell’altezza perché le gambe permettono un più efficiente smaltimento del calore corporeo (un po’ come le orecchie dell’elefante che funzionano da “radiatori”). Fino a pochi anni fa l’osservazione degli scheletri ritrovati era la principale fonte di informazione per conoscere le caratteristiche dei nostri antenati. Ora ci si può avvalere dell’analisi del cosiddetto “DNA antico”, cioè di quello estratto da vecchi reperti ossei e, più in generale, biologici. Operazione tutt’altro che facile, come ha sostenuto David Caramelli del

Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell’Università di Firenze. Ciò perché esso si degrada, e quindi mancano delle “sequenze” oppure quelle presenti possono essere poco comprensibili, per non parlare delle contaminazioni da DNA moderno nel corso degli esperimenti. Qualcosa abbiamo comunque imparato. Ma ogni nuova scoperta, si sa, apre le porte a nuove domande. Ad esempio, se da una parte sembra sufficientemente assodato che l’Homo Sapiens

e l’Homo di Neanderthal sono state due specie ben distinte (anche se non tutti sono d’accordo), ci si chiede come mai la prima è sopravvissuta mentre la seconda è scomparsa. Si è trattato di un genocidio da parte “nostra”, oppure perché era composta da un numero di individui non sufficienti per far fronte ai mutamenti ambientali, o è stata una questione prettamente biologica? Al momento non vi sono certezze, anzi una recentissima scoperta ha complicato ancora di più il puzzle. Si parla infatti della presenza contemporanea al Sapiens e Neanderthal del cosiddetto Homo Denisova. Siamo nel sud della Siberia, nei pressi dei Monti Altai. Nel 2008 in una grotta vennero ritrovate alcune ossa umane appartenenti forse ad un bambino. A dire il vero si tratta della misera falange di un dito, ma sufficiente per l’analisi del suo DNA e per far sospettare la presenza di una specie umana del tutto sconosciuta. Sarebbe, in pratica, la quarta del genere Homo, considerando anche il

Fabio Di Vincenzo

David Caramelli

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Florensiensis, ritrovato nel 2003 nell’isola indonesiana di Flores, sulla cui scomparsa, poi, si fanno solo nebulose congetture. Il fatto che solo negli ultimi dieci anni siano state scoperte due nuove specie, suggerisce che l’evoluzione umana è ancora ben lungi dall’essere chiarita. Si diceva poc’anzi che l’Uomo ha subito l’ambiente e i suoi cambiamenti. Ma come si fa a conoscere quest’ultimi? Bisogna “perforare”. In che senso? Si va, ad esempio, in Antartide con il Progetto Andrill, come hanno fatto Fabio Florindo dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, e Davide Persico, paleontologo naturalista e sindaco di San Daniele, paese ospitante il convegno. Lì, con le opportune attrezzature, si trivella profondamente il terreno (si parla tecnicamente di “carotaggio”) e si prelevano campioni di ghiaccio e terriccio. Dalla loro analisi si comprende quale è stato il clima del passato, scoprendo, ad esempio, che 35 milioni di

anni fa il clima era molto più caldo di quello odierno. Riassumendo, dunque, con le più sofisticate tecniche di ricerca si può ricostruire il nostro passato come specie, il contesto climatico ed ambientale nel quale siamo vissuti. Ma ritorniamo alla nostra domanda iniziale, conosciuto il passato, possiamo comprendere il nostro futuro e capire se esso ci può creare dei problemi? In parte si. E dal quel che si può intuire le prospettive sono tutt’altro che rosee.

Ultimamente, e nel giro di pochi mesi, in Antartide si sono disintegrati ben 3000 metri quadri di ghiaccio, in proiezione milioni di tonnellate all’anno. E la circolazione di questa acqua fredda finirà probabilmente per stravolgere il clima. La temperatura del pianeta è in costante aumento, causa la sempre più alta concentrazione di CO2, dovuta alla combustione massiccia di carbone e petrolio. Il primo a sostenere una correlazione fra questi fattori fu lo scienziato svedese Svante Arrhenius (si, proprio quello della panspermia) nel lontano 1896, ma le sue teorie vennero completamente ignorate dalla scienza di allora. Tornando ai giorni nostri, alcuni hacker sono riusciti a consultare abusivamente la posta elettronica di alcuni scienziati del Centro Ricerche sul Clima dell’University of East Anglia (Regno Unito). Scoprono email dalle quali risulta palese la falsificazione i dati per

Caverna di Denisova www.wondermondo.com

Fabio Florindo

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giustificare la teoria del riscaldamentio globale. Volendo approfondire la faccenda si scopre che, in realtà, non sembra essere un caso isolato. La stessa NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration’s) è accusata di manipolazione dei risultati e di inventasi teorie fantasiose. Trovare degli scienziati con la “bocca sporca di marmellata” non è una novità. Lo stesso Galileo eseguì esperimenti in maniera molto approssimativa (ad esempio, misurando il tempo con il battito del polso) ma soprattutto, in certi casi, “aggiustò” i dati per farli quadrare con le proprie idee. Ma è anche vero che se l’idea è corretta, pur con queste debolezze metodologiche, non tarda a trovare positivi riscontri, anzi molto prima di quanto certe correnti cospirazioniste vogliano far credere. Si potrebbe allora dire che se da una parte la Scienza sembra sostanzialmente concorde nel sostenere la teoria del riscaldamento globale, dall’altra, e per alcuni, vi sono zone d’ombra che non appaiono sufficientemente chiarite. Ma torniamo alla versione “ufficiale”. Si stima che in 200 anni porteremo la temperatura del pianeta a come era in Antartide 35 milioni di anni fa. Come ha detto Luca Percalli, volto noto della tv con il programma “Che tempo che fa”, la temperatura nella

Pianura Padana salirà allora di 6/7 gradi in pochi decenni, con estati come quella afosa del 2003, una riduzione drastica della portata del fiume Po e la sparizione della cultura del mais. È anche vero che nel passato l’Uomo si adattato ai cambiamenti climatici. Ma questi erano lenti. Ora questi sono molto più veloci ma soprattutto è Lui a essere diverso da un tempo. Una volta gli individui erano pochi milioni ed erano nomadi. Ora siamo diversi miliardi e strettamente ancorati al territorio. L’innalzamento del livello dei mari potrebbe costringere milioni di persone ad evacuare le zone in cui abitualmente risiedono e lavorano. Seppur esiste una tecnologia che può in parte compensare a questo disagio, siamo nel complesso più vulnerabili che in passato. In pratica l’Uomo, ieri vittima del clima e

dell’ambiente, sta ora Lui influenzando (“uccidendo”) il proprio pianeta, con uno sfruttamento esasperato delle risorse e l’aumento demografico. Il risultato è la costruzione rapida di un mondo troppo diverso da quello attuale (seppur in parte simile al nostro lontano passato) , ma troppo veloce per non avere conseguenze nefaste. Come si può evitare tutto ciò? Solo con un’evoluzione non più biologica ma culturale. Lo sviluppo deve avere dei limiti perché le risorse non sono infinite e deve essere improntato alla riduzione della dipendenza dal petrolio, allo sviluppo di fonti energetiche alternative, al contenimento dei rifiuti. Siamo arrivati al “collo di bottiglia” dell’evoluzione dell’Uomo: o si cambia o non ci più nulla da far evolvere.

Davide Persico e Luca Percalli

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Posta su un’ altura della riva destra del fiume Pescara a soli 217 sul livello del mare nell’entroterra abruzzese, sorge Manoppello il cui etimo deriva, probabilmente dalla parola “manoppio”, cioè la quantità di grano contenuta nella mano del contadino che lo miete. Fondata intorno al 1061 dal conte Boamondo, questa deliziosa cittadina, nasce su insediamenti romani persistenti, testimoniati da due monasteri, quelli di Santa Maria Arabona e di Vallebona, che dimostrano l’esistenza di culti non solo precristiani dedicati alle dea Bona. Sorse su un

poggio per scopi meramente difensivi e le sue quattro porte poste in corrispondenza dei quattro punti cardinali, dovevano servire proprio a questo fine. Tuttavia, nonostante tutti questi accorgimenti di sorta, fu più volte attaccata e depredata finché, nel 1140, Ruggero di Tarsia non pose fine a questo stato di cose, facendone uno dei più potenti feudi d’Abruzzo. Verso la fine del 1100 questo possedimento fu donato da Federico II ai fratelli Pagliara, che dominarono su Manoppello fino a circa la metà del 1200, quando Tommasa, l’ultima discendente di questa

Nicoletta Camilla Travaglini è una ricercatrice indipendente di tradizioni popolari, miti e misteri inerenti l’Abruzzo, la sua regione. Laureata in lingue straniere e educazione ambientale, è traduttrice internazionale accreditata presso l’Unesco. Ha scritto e scrive per diverse testate giornalistiche, anche estere; collabora alla realizzazione di mostre fotografiche dedicate all’archeologia, archeoastronomia, poesia, ecologia e mistero.

IL IL IL IL VOLTO VOLTO VOLTO VOLTO SANTO SANTO SANTO SANTO

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dinastia, la donò a sua figlia, Maria di Suliaco: questa a sua volta lo portò in dote al marito Napoleone II Orsini. Questa potente e nobile famiglia, che aveva feudi sparsi per tutto l’Abruzzo, arrivò a batter moneta nel 1383. Purtroppo verso la fine del 1400 Ferdinando I strappò loro di mano questo importante feudo per donarlo prima a Bartolomeo D’Alviano e poi ai Colonna: restò per lungo tempo un loro possedimento. Nel 1506, durante il dominio dei Colonna, Manoppello legò il proprio nome a quello del Volto Santo, cioè il Velo della Veronica, che

riproduce il Volto di Gesù quando si apprestava a salire sul Calvario. La leggenda narra che il dottor Giacomo Antonio Leonelli, un ricco proprietario terriero, mentre si trovava sul sagrato della Chiesa di San Nicola e conversava amabilmente con i suoi amici, fu avvicinato da uno sconosciuto che, tiratolo in disparte, gli consegnò un fardello. L’uomo, incuriosito, aprì il pacco e… con sommo stupore riconobbe il Velo della Veronica, scomparso molti anni prima da San Pietro in Roma e di cui se ne dubitava perfino l’esistenza. Il dottore cercò

delle spiegazioni dal misterioso individuo latore del pacco, ma nessuno lo vide uscire dalla Chiesa: sembrava come svanito nel nulla. Molte sono le ipotesi sul misterioso latore, alcuni affermano che fosse un Angelo, altri un Santo del Paradiso; sta di fatto che il Velo passò di proprietario in proprietario fino a giungere in possesso dei Frati Minori Cappuccini che, postolo in mezzo a due vetri, fecero costruire, intorno alla prima metà del 1600, un santuario dedicato alla sacra Icona che oggi si ubica a pochi metri fuori dal centro urbano di Manoppello.

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Lo studioso di simboli sacri Tarcisio Pezzana ha scoperto una sorprendente analogia tra l’antico vestimento rituale e l’architettura sepolcrale dei sovrani dell’antico Egitto. Proseguono a Chiavari le ricerche sul cosiddetto "Pettorale di Aronne", il reticolo mistico di linee geometriche che, ideato dal religioso e studioso di misteri sacri Tarcisio Pezzana, riprodurrebbe l’antico ornamento portato dal Sommo Sacerdote ebraico. Dopo aver scoperto una rilevante analogia tra il Pettorale e la "Rosa Camuna", uno dei più diffusi simboli d'arte rupestre della Valle Camonica, ben raffigurato dallo stemma ufficiale della Regione

Lombardia, Pezzana ha formulato una teoria sul rapporto, o meglio sulla corrispondenza, esistente tra il Pettorale e le piramidi della Piana di Giza, in Egitto. “Più che nelle singole piramidi – spiega lo studioso originario proprio della vallata bresciana – l’analogia è da ricercare nella loro disposizione nella piana e nella loro correlazione”. L'idea da cui è partita la ricerca nasce infatti dalla presenza, nella piana stessa, di alcune piramidi minori, quasi oscurate dall'imponenza delle tre strutture funerarie principali del sito: le piramidi di Cheope, Menkaura e Kafra. Queste piccole piramidi, dette anche "delle Regine", sono in totale nel numero di sette e

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Questo articolo, relativo allo studio di Tarcisio Pezzana, è stato scritto da Andrea Richini del Giornale di Brescia

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sono distribuite secondo uno schema apparentemente ben preciso, anche se non ancora decifrato. Le prime tre, le piramidi delle regine Heteperes, Meritetes e Henutsen, si trovano accanto alla piramide di Cheope in direzione nord-sud. Altre tre, di cui si conosce però soltanto la piramide della regina Kamerernebty, si trovano invece accanto alla tomba di Menkaura, allineate in direzione ovest-est. Infine ve n'è un'ultima, proprio a ridosso della piramide di Kafra. Studiando la mappa satellitare dell’area, un’immagine presa esattamente allo zenith della piana, lo studioso, esperto nel ricercare corrispondenze simbologiche nelle diverse culture, ha immediatamente notato come la disposizione delle strutture richiamasse uno schema geometrico ben definito. Proseguendo con un semplice pennarello, le linee rappresentate dai lati delle piramidi più esterne, Pezzana ha presto scoperto come tutta l’area fosse in realtà iscritta nel perimetro di un quadrato praticamente perfetto, i cui angoli estremi sono proprio gli angoli esterni di due delle piccole piramidi. Unendo con una linea i vertici esterni di queste due stesse piramidi, inoltre, si trova inoltre

esattamente la diagonale del quadrato, il cui centro è rappresentato proprio dall'angolo più interno della piramide di Kafra rivelando una disposizione che non può certo essere stata frutto del caso, ma di un’attenta progettazione architettonica e di un simbolismo che richiama chiaramente la struttura stessa della forma piramidale. Anche gli assi orizzontale e verticale risultano sorprendentemente allineati al resto delle strutture presenti nell’area: il primo scaturisce infatti dalla Sfinge ed attraversa l’area inscritta nel quadrato dividendola in due metà uguali, mentre il secondo rasenta il lato interno della piramide del Faraone Kafra dividendo l’area in altrettante uguali metà secondo il verso dall’alto in basso. Sovrapponendo il rilievo, e tutti i suoi punti di riferimento, allo schema del Pettorale di Aronne, proprio come aveva in precedenza fatto con la Rosa Camuna, lo studioso ha notato ulteriori coincidenze. “Ho anche provato a collimare il centro del Pettorale con la testa della Sfinge – spiega lo studioso – trovando che il lato nord-sud del reticolo coincide con il perimetro della Grande Piramide”. Grazie a queste prove Pezzana ha quindi potuto stabilire con precisione un’indubitabile correlazione tra la piantina dell’area e lo schema geometrico del simbolo sacro, ampliamente dimostrata dai rilievi eseguiti e dal filmato visibile sulla Rete (www.youtube.com/watch?v=M52yenXZN0E). Dal suo studio emergono

quindi interessanti scoperte di carattere religioso e simbolico che dimostrano come la correlazione tra i segni sacri delle diverse culture antiche sia molto più che una semplice coincidenza, evidenziando nel contempo una sorprendente attenzione per lo studio dei numeri, dell’algebra e della geometria in epoche in cui i numeri erano certamente un concetto non ancora molto chiaro e definito da regole precise.

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Il piccolo altare conservato in questa teca è probabilmente della scuola padovana di scultura tardo-manieristica, e il Cristo doloroso ha origine dalla celebre creazione di Michelangelo. L’iscrizione che riporta il nome di “DONATELLI OPUS ANNO MCD”, messa alla base dell’ancona, presenta due incognite: - in primo luogo l’indicazione dell’anno 1400 è perlomeno contrastante, e certo ci indica che l’autore della cornice non conosceva la data esatta del lavoro che

incorniciava. Dato che l’oggetto proviene da Padova, forse chi ha scritto l’iscrizione si ricollegava idealmente al periodo in cui il maestro rimase a Padova dal 1444 al 1450; - in secondo luogo, visto che il Crocifisso contenuto nella cornice deriva certamente da un disegno di Michelangelo, è errata l’affermazione che l’opera sia di Donatello. Questo può derivare dal fatto che, data la distanza di tempo tra l’esecuzione

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Antonio Remigio Pengo [email protected] è presidente del Circolo Filatelico Numismatico Maddalenino. È “referente di zona” di Tracce d’eternità per la Sardegna.

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della cornice e l’opera d’arte in essa contenuta, l’autore della cornice credeva erroneamente che il Crocifisso fosse di Donatello, oppure l’opera originaria, effettivamente di Donatello, è poi stata sostituita con l’attuale Crocifisso. La cornice, come si può vedere è molta sontuosa, anche nelle piccole dimensioni, ed ha forma di altare con ancona barocca. La fusione in bronzo del Cristo deriva direttamente dal quadro che Michelangelo Buonarroti fece per la Marchesa Vittoria Colonna nel 1541 e conservato nella cattedrale di Santa Maria de La Redonda “La Rioja” in Spagna, che rappresentava un calvario con Cristo vivo, la Vergine Dolorosa, San Giovanni evangelista e Maria Maddalena. Esiste anche un disegno di Michelangelo col solo Crocifisso, identico sia al quadro che al nostro crocifisso in bronzo. Questo Crocifisso in bronzo è forse l’unico nel suo insieme ; altri crocifissi fatti dai tanti scultori dal ‘400 fino al tardo ‘700 sono molto diversi a stare anche alle versioni descritte dal Vasari e dai

biografi dell’epoca. Il manufatto è realizzato in buona parte in legno, le colonne sono rivestite in radica, tutto il resto presenta l’applicazione di sottili fogli di ebano che dà un’immagine molto ben lavorata ed arricchita con capitelli corinzi in ottone, putti che sembrano a guardia dello stesso crocifisso, una colomba (Spirito Santo) che sovrasta l’interno della nicchia, ed un angelo con le ali aperte ad ornamento della base. La dimensione del basamento è di cm. 28 con un’altezza di cm. 40, una profondità di cm 5,0. Nella parte superiore è mancante forse qualche altra figura in ottone che completava l’opera e l’angelo posto subito dopo sia stato messo per risaltare in modo più chiaro quello che è conservato nell’edicola. Le parti bianche sono in avorio, alcune mancanze dovute all’opera del tempo non sono mai state successivamente restaurate. Anche il piano intarsiato che sostiene il Crocifisso è in avorio. In alto vi è un anello in ferro che permetteva di appendere l’opera. Sul retro rimangono delle iscrizioni a inchiostro

nero con delle date e delle lettere non interpretate, che in un lavoro di restauro potrebbero dare indicazioni importanti. La proprietaria di questo oggetto è di una famiglia nobile di Palmanova (Udine), che ha voluto esporlo presso il Museo Diocesano di La Maddalena per diffondere la conoscenza dei nostri grandi maestri scultori del passato.

L’expertise è stato effettuato sulla base storica e fotografica dell’oggetto da parte di studiosi di storia dell’arte di Firenze e di Padova.

Michele Proclamato ha scritto di Giordano Bruno. E lo ha fatto come solo lui ci ha abituato a fare, fondendo cuore e intuito. Il risultato? Per la prima volta, dopo secoli, i SIGILLI ERMETICI del Nolano hanno trovato una spiegazione, valida, potente, unica. L’Autore attraverso un percorso conoscitivo originalissimo, carico di emozione , è riuscito a regalare a noi tutti un Bruno finalmente capace di rivelare cosa veramente nascondesse dietro la sua Ars Memorandi. Ecco, di conseguenza, apparire un Universo animicamente vivo in tutte le sue parti, capace di dialogare, attraverso il simbolismo dei Sigilli, con un uomo finalmente conscio dei suoi poteri, per ospitare un percorso conoscitivo rivolto verso la LUCE DIVINA. Percorso nel quale verranno coinvolti Platone, Leucippo, Alessandro Magno, Leonardo da Vinci, Galileo, Newton, Lissajous, Nativi Americani, Cerchi nel Grano, Renato Palmieri. Sicuramente il libro più bello scritto da Proclamato, sicuramente un modo unico per intuire il come e il perché della Creazione. Assolutamente da leggere. Prima però preparatevi alla commozione del sapere, dove l’uomo è degnamente un figlio divino.

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“Extractum ab originali”, è la frase impressa nella copia del drappo sacro esposto nella chiesa di San Francesco sita a Borgo, una frazione di Arquata del Tronto (AP). Tutto, o quasi, è stato scritto su di essa in libri, articoli e documentazioni varie. Per questo motivo, iniziare un altro elaborato su questo tema, è cosa assai ardua. Il “coraggio”, per intraprendere questa iniziativa, è alimentato solo dalla convinzione che ogni pensiero possa essere espresso liberamente rispettando sempre e comunque quello degli altri e viceversa. Detto questo, provo a esprimerlo “nec spes nec metu”. La storia della Sindone di Arquata, come predetto, è già nota, quindi, ne riporto solo le parti salienti semplicemente per far entrare il lettore in sintonia con l’argomento. Come risulta dai documenti rinvenuti, detta copia fu fatta eseguire il primo maggio

1655 su richiesta del vescovo Giovanni Paolo Bucciarelli. In quel periodo il monsignore, era segretario del Cardinale Federico Borromeo cugino di Carlo Borromeo, conosciuto come gran “contemplatore” di Cristo crocifisso e devoto viscerale della Sacra Sindone, canonizzato nel 1610 da Papa Paolo V (ndr). L’anno successivo, il “pastore” di origine arquetana morì. Il piccolo comune ascolano, avendo ricevuto in dono questa reliquia, la consegnò ai frati francescani di Borgo che la custodirono con cura e devozione. L’ultima volta che fu messa a contatto con il Sudario torinese, anche se ce ne sono state altre più recenti, risale al 1931 in occasione della pubblica ostensione. La sua ultima apparizione in pubblico, invece, è riconducibile al periodo della seconda guerra mondiale. Poi, non se ne seppe più

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Massimo Maravalli [email protected] vive a Pescara ed è un giornalista di "Profili Italia". Gestisce il blog Razionale insipienza http://razionaleinsipienza.blogspot.com/

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nulla, fino alla ristrutturazione della chiesa dedicata a San Francesco, avvenuta a cavallo tra il 1980 e il 1981. Il telo di lino sacro fu ritrovato ben piegato all’interno di un’urna dorata nascosta dentro una nicchia di un altare. Una storia davvero avvincente che lambisce misteriosamente quella del telo sindonico originale. Questa copia, appunto, non è una semplice raffigurazione del sudario di Torino ma, come già detto, un estratto dall’originale. Ciò dovrebbe significare che l’uomo non ha messo mano alla sua realizzazione. Ci sono tante altre riproduzioni in giro per l’Europa, ma, tutte, hanno delle caratteristiche che si differenziano sia da quella originale sia da quella esposta nel comune piceno. La verità sul telo sindonico è suffragata dalle pergamene rinvenute. Naturalmente, tutti gli atti ritrovati o presenti negli archivi storici, non possono essere messi in discussione in quanto originali, così come sono veritiere, tutte le fonti cui si è attinto per scrivere gli avvenimenti del passato. In altre parole, è come se ci si trovasse di fronte ad una verità incontrovertibile

basata su atti coevi di data certa. L’unica incertezza riguarda solo il come sia stata riprodotta, anche se è difficile per i fedeli, non credere a una trasposizione miracolosa. In ogni caso, anche la stessa Sacra Sindone di Torino non ha tutte le peculiarità che ha quella di Arquata del Tronto, anzi, diversi studiosi hanno messo addirittura in discussione la sua autenticità. Naturalmente, è più facile risalire alla creazione di una copia piuttosto che a un originale risalente a più di duemila anni fa. La realtà sul sudario di Arquata, dunque, è “confermata” dalla sua storia. Ora, proprio in base ad avvenimenti realmente accaduti, vengono alla mente delle ipotesi che si basano su fantateorie che possono avere una chiave di lettura del tutto differente. La fantasia, come si sa, al contrario della realtà è creativa e basa le proprie fondamenta sui pensieri “logici” di una visuale intima e immaginaria dando “voce” al proprio estro più recondito e, il suo ruolo più difficile, è proprio quello di mettere in risalto l’invisibilità di una possibile verità, ovvero, far risaltare lo scritto su un foglio bianco senza utilizzare alcun tipo di contrasto. Su

quanto anticipato e su quello che seguirà, offro la seguente chiave di lettura: “nullius in verba”. Andiamo per ordine. Molti sanno che la prima “apparizione” della Sacra Sindone è avvenuta in Francia nel 1353 nelle mani di Goffredo di Charny, discendente dell’omonimo cavaliere templare. Questa data è molto importante, infatti, si inserisce perfettamente nel periodo indicato dai risultati scientifici ottenuti nel 1988 in tre laboratori di ricerca diversi, utilizzando una tecnica definita “carbonio 14”. Secondo gli studiosi che hanno eseguito il test, il telo di lino risalirebbe ad un periodo storico che va dal 1260 al 1390. Potrebbe essere, dunque, quello che ha avvolto un uomo crocifisso ma non sarebbe lo stesso utilizzato per coprire Gesù. La risposta di queste analisi combacia perfettamente anche con i documenti ufficiali della Chiesa. Nel 1390, infatti, Papa Clemente VII su indicazione del vescovo di Troyes (luogo dove furono ufficializzati i cavalieri templari), emanò quattro bolle con le quali permise sì l’ostensione ma

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con l’obbligo di dire a voce alta, che il telo non era il vero sudario di nostro Signore Gesù Cristo ma un semplice dipinto fatto a sua imitazione. Davvero curioso. D’altro canto, invece, alcuni studiosi che tentano di ricostruire la storia della Sacra Sindone per il periodo antecedente al XIII secolo, sostengono che il sudario sia proprio il Mandylion o “immagine di Edessa”. Esso è rappresentato come un telo di piccole dimensioni che raffigurava solo il volto del Cristo, conservato appunto a Edessa (oggi Urfa) in Turchia dal 544 al 944 d.C., per poi essere trasferito a Costantinopoli. Sempre secondo loro, sarebbe rimasta lì fino al 1204, quando la città fu saccheggiata dai crociati che nella circostanza asportarono molte reliquie. Per rendere verosimile la loro tesi, ipotizzano che il piccolo telo di lino non era altro che la Sacra Sindone ripiegata su se stessa per otto volte e chiusa in un apposito reliquario che consentiva di vederne solo il volto. In questo modo, si oppongono fermamente alla datazione del sudario stabilita con l’innovativa tecnica del carbonio 14. Strano, ci si

chiede com’è possibile sostenere così fortemente quest’ultima teoria se un pontefice ha “ammesso” ufficialmente che il lenzuolo di cui trattasi è falso? Bene, anche questa è supportata da una bolla papale del 1506 emanata da S.S. Giulio II, con la quale ribaltò il giudizio del suo predecessore e ne autorizzò il culto pubblico con regolare messa e Ufficio proprio. La situazione sembra ingarbugliarsi, difficile esprimersi sia a favore che contro. Questo chiarimento ufficiale della Santa Sede, comunque, consentì la diffusione delle copie della Sindone, tra le quali appunto quella di Arquata. Ritornando alla sindone originale, voglio raccontare un aneddoto storico molto singolare. Il 4 dicembre 1532 la reliquia rischiò di essere distrutta a causa di un incendio avvenuto nel luogo in cui si trovava: la Sainte Chapelle del castello di Chambéry. Cosa c’è di così singolare? Presto detto: dopo il rogo, il duca di Savoia, titolare della reliquia, chiese poi a papa Clemente VII di Roma, di nominare una commissione per eseguire un controllo sul lenzuolo sacro;

S.S. incaricò alcuni vescovi che, dopo averla esaminata, il 15 aprile del 1534 certificarono che il telo era sicuramente quello autentico. Incredibile, cosa spinse il monarca a fare questa richiesta? Aveva forse notato qualche divergenza tra il telo precedente e quello uscito incolume dalle fiamme? Difficilmente si potrà sapere ma un fatto è certo, il Duca fece fare l’accertamento. Dopo quest’avvenimento, la Sacra Sindone si spostò in varie parti d’Europa facendo ritorno a Chambéry. In

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seguito, i Savoia trasferirono la loro capitale a Torino ma il cimelio rimase in Francia. Come già accennato, uno dei più grandi devoti del lenzuolo funebre di Cristo, fu Carlo Borromeo. Questi, nel 1578, per sciogliere un voto fatto durante la pestilenza di Milano avvenuta nei due anni precedenti, decide di recarsi a piedi a Chambéry a far visita al telo che riportava impressa l’immagine del corpo di Cristo crocifisso. Emanuele Filiberto, sapute le sue intenzioni, per abbreviare il viaggio dell'illustre prelato, dispose lo spostamento della reliquia a Torino. Il viaggio del cardinale durò solo quattro giorni e, una volta giuntovi, si mise in preghiera davanti alla reliquia e partecipò alle quaranta ore di ostensione. Da allora, salvo qualche breve trasloco, qui è rimasta e in seguito, Umberto II di Savoia, ultimo Re d’Italia, la donò al Papa. Queste particolari situazioni storiche, m’inducono a pormi questa domanda: devo credere a quelli che dicono che la Sacra Sindone è vera oppure a chi afferma il

contrario? Al di là del fatto che la risposta non dovrebbe minimamente intaccare la fede di nessuno, formulo delle mere ipotesi che possano mettersi in contrasto con il “vuoto” creato dalle ambigue informazioni ufficiali. Ai sostenitori dell’autenticità del telo sindonico e ai credenti vorrei ricordare che la persona raffigurata nel telo miracoloso di Torino, oltre alla datazione accertata da scienziati di tutto rispetto con il metodo del carbonio 14,

presenta la frattura del setto nasale. Che cosa vuol dire? A mio avviso, se davvero il drappo sacro fosse autentico, non corrisponderebbe con quanto scritto dal profeta Isaia: “nessun osso gli sarà spezzato” e quindi con le parole di Dio in quanto per spezzato si intende anche rotto (nisi crediteritis non intelligetis). La Sindone di Arquata, come già detto in preambolo, è un “Extractum ab originali”, cioè, un’immagine creatasi con la sola trasposizione. Oltre alle tante differenze oggettive tra i due teli (tra le quali il naso), osservandola attentamente viene da chiedersi: perché non si fa uno studio approfondito sull’autenticità della stessa che possa diramare i dubbi dei credenti e dire con certezza che l’uomo non è l’artefice di tale immagine? Sarebbe interessante svelare l’arcano della Sindone originale con l’aiuto di una “copia”. Si teme forse di fornire prova certa? Non so, ma penso che gli “interessati” non debbano sapere o avere alcuna certezza fino a quando non arriverà il “momento” opportuno. Un’altra domanda sorge spontanea: perché? “Onus probandi fidelibus”!

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Ho smesso di scrivere di LUI una notte dell’Agosto del 2010 e non sono più riuscito ad aggiungere nient’altro al già scritto, già pensato, già dedotto. Per un anno infatti non ho fatto altro che occuparmi di Giordano Bruno, tutti i giorni a qualsiasi ora e nonostante sapessi di poter dire la mia esclusivamente solo su un aspetto del suo variegato ed incompreso

sapere, i SIGILLI, ho continuato a rinviare il tutto conscio di come la mia ultima parola su di Lui mai ultima sarebbe stata. Sono stato soggiogato, diretto, deriso, irriso, dal suo sapere e ne sono uscito, fortunosamente, mantenendo in una mano una piccola perla fatta da un solo attimo conoscitivo, intenso, appagante, inatteso. Ora, come in

L’UOMO L’UOMO L’UOMO L’UOMO DIDIDIDI DIO DIO DIO DIO

Michele Proclamato www.micheleproclamato.it è un ricercatore indipendente che vive a L'Aquila. Ha codificato per primo il linguaggio dei Rosoni e ha ideato il “Tour del Mistero”, basato sui siti sacri più importanti della città, a cui ha aggiunto la prima guida esoterica aquilana: “La rivelazione dell'Aquila” con la collaborazione di altri autori. Ha scritto diversi libri e cura rubriche per alcuni portali in rete e per riviste specializzate.

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questi mesi spesso mi sono riproposto, dovrei ripetere, meglio riassumere ciò che ho appreso da un’esperienza che spesso mi ha visto pronto a ritrarmi, ad arrendermi poiché sentitamente violato e prostrato da una mente intransigente, genialmente costruitasi attraverso i più grandi personaggi del pensiero metafisico di tutti i tempi, indisponente, nonché rissosa ancora oggi, nonostante i maldestri tentavi sulfurei di porre fine alla sua voce. Ma come LUI diceva, Dio aveva generosamente donato ali al suo pensare al suo ricercare la luce divina, prima vera responsabile della Creazione. Quindi che dire, da dove cominciare in questo sterminato pianoro di affermazioni e massime che costituiscono solo una piccolissima parte del SUO conoscere, visto lo spazio, in questo caso, così limitato. Vediamo un po’, facciamo così, immaginate in un magnifico giorno di primavera inoltrata, di recarvi in un luogo magnifico ed incontaminato dove un piccolo e magnifico lago dalle acque cristalline porrà le sue sponde profumate a vostra completa disposizione, bisognosi come siete, si spera, di fare chiarezza nella vostra vita, di avere un momento tutto per voi per rivedere e rivedervi nel vostro vivere quotidiano,

mai disponibile realmente a concedervi quella libertà di cui il vostro animo veramente è bisognoso. E mentre contemplate e vi contemplate, improvvisamente sentite di essere osservati da un essere, non un uomo, dalle sicure sembianze umane. Prima intimoriti, dal suo sguardo e poi sempre più incuriositi dallo stesso, lentamente, senza accorgervene, vi avvicinerete a LUI come se la sua personalità fosse fatta dalla stessa forza attrattiva che governa i rapporti gravitazionali fra corpi celesti. Stupiti da voi stessi e dalla vostra inaspettata scelta ancor di più vi sconvolgerete nel sentirvi dire e rivolgere ad un presunto e perfetto sconosciuto la seguente domanda: “COME PUO’DIO CREARE TUTTO CIO’?”. A quel punto ormai impossibilitati nel poter tornare indietro dalla vostra domanda, indirizzerete nuovamente a quell’angolo di natura perfetta il vostro sguardo e aperta la vostra mente, consci di assistere ad uno spettacolo unico, porrete il vostro cuore e tutta la vostra attenzione alle parole che sicuramente quello sconosciuto dedicherà voi. Ed infatti…

“Fratello, sappi che il mondo che tu vedi è triplice, è fatto di idee, vestigia delle idee e ombre delle idee”

“In che senso?”

“Credi forse di osservare solo materia? Tutto ciò che vedi è il frutto di pensieri perfetti destinati a diventare qualsiasi forma in natura e immagini della stessa nella tua mente”.

“E di chi sono queste… idee?”

“Di dio”

“Quindi tutto è Dio?”

“Esatto”

“Ma allora sarà ovunque”

“Sì”

“In che modo, in che percentuale?”

“La tua è una domanda tipica dei tuoi tempi, ma ti basti sapere che DIO si trova in ogni cosa nelle percentuali che le spettano”

“Anche nelle pietre?”

“Nelle pietre, nelle piante, negli animali, nei pianeti, nelle stelle, negli dei, nella giusta proporzione”.

“Negli DEI? Scusami ma gli Dei mi sembrano un concetto un po’ sorpassato”.

“Davvero? Allora dimmi, se Dio dovesse, come dire, dividersi, quale sarebbe il primo grado di suddivisione del suo creare?”

“Mi stai dicendo che esistono entità identificabili con gli Dei?”

“Ti sto dicendo che anche tu come tutti, mai potrai veramente spiegare tutti gli eventi della tua vita se non accetterai in essa la

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presenza di qualcosa di più “alto” e operante”

“Non è possibile”

“Davvero? Allora dimmi sei innamorato?”

“Sì”

“E come è nato tutto?”

“Per puro caso, assolutamente per puro caso, e oggi vivo con una persona meravigliosa con cui ho scoperto avere moltissimo in comune”

“Bene, a distanza di tempo puoi dire che tutto ciò sia potuto nascere per caso?”

“In effetti le coincidenze che hanno fatto sì che ci incontrassimo sono state davvero stupefacenti”

“E se ti dicessi che quelle coincidenze si potrebbero accreditare alla volontà di un entità chiamata, come tu ben sai, CUPIDO, il tutto avrebbe più senso?”

“Forse sì, in effetti considerando ciò che poi è successo, sembrerebbe che… sì, per quanto incredibile, potrebbe essere”

“Allora pur essendo un uomo moderno se posso ti suggerirei di pensare che il destino umano è deciso dalle sue scelte…solo a metà.”

“Ma se accetto tutto ciò, dovrò pensare che persino i corpi celesti hanno un anima”.

“Noi chiamavamo gli stessi, animali, cioè dotati di anima”.

“Quindi tutto è vivo”

“Tutto è vivo e consegna le sue caratteristiche all’uomo”

“ E come può avvenire tutto ciò?”

“Semplicemente perché ogni cosa è specchio di un’altra essendo tutte figlie della stessa matrice, quindi ricorda, chi non intende uno non intende nulla.”

“Ma cosa trasmette tutto ciò?”

“Colei che conserva ogni sapere …la LUCE”

A questo punto probabilmente osserverete quell’essere con occhi perlomeno curiosi e vi ritrarrete forse spaventati da tanta sicurezza nel descrivere un mondo così diverso da quello percepito, e spontanea nella vostra mente comincerà a sorgere la speranza mai coltivata, che tutto ciò che vediamo non è altro che il risultato finale di una “mente” capace di trasformarsi in ciò che pensa.

“Esatto”

“Come hai potuto sentire ciò che pensavo?”

“Non ha importanza piuttosto domandati di cosa è fatta questa mente”

“Non saprei, tu mi hai detto di idee”

“E le idee dentro di te di cosa sono fatte?”

“Mi stai chiedendo qual è l’energia che alimenta e crea i pensieri umani?”

“Diciamo di sì”

“Non saprei, forse … forse.”

“Bravo dai voce al tuo sentire, stai intuendo in modo esatto. Il pensiero è suono è vibrazione”

“Di conseguenza le idee di Dio che se mi permetti definirei archetipi, non sono altro che suoni”

“Otto suoni ben precisi destinati a diventare ciò che vedi e ciò che mai vedrai in quest’universo infinito”

“E solo otto suoni come possono diventare …materia, spazio, tempo, luce.”

“Vedo che questo posto ti sta dando il giusto equilibrio per immaginare le giuste domande”

“Otto frequenze, che sarebbe meglio definire otto entità possono diventare il nostro mondo, trasformandosi prima in pura geometria per la precisione in 5 momenti geometrici ben precisi.”

“E come la geometria può diventare forma, come una

Mente (F1)

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figura geometrica può diventare un colibrì”

“Bravissimo sei incalzante, stai intraprendendo anche tu la via del ritorno a Dio. Vuoi sapere come? Attraverso un'unica legge, l’unica legge aggregante esistente in tutto l’Universo vera responsabile di tutte le vostre improbabili leggi fisiche”.

“Dimmela”

“La legge Spiralica”

“Vuoi dire che gli archetipi divini acquisiscono miliardi di forme attraverso un sistema aggregante spiralico?”

“Voi oggi direste così”

“ Allora di cosa sono fatte queste miliardi di cose, di cosa è fatta la materia?”

“Voi affermereste oggi, dalla somma spiralica di miliardi di fotoni, io direi semplicemente di LUCE”

“Quindi DIO vibra se stesso diventando LUCE destinata ad essere materia?”

“Pressappoco”

A quel punto osserverete il paesaggio intorno a voi e capirete che la differenza fra la luce che illumina quel panorama e ciò che costituisce lo stesso è minima e spontaneamente vedrete nascere dentro di voi la constatazione che se tutto è pensiero il vero luogo in cui si crea la realtà è la vostra mente ed attratti da una soluzione finale sarete costretti a pensare che la differenza fra voi e Dio dovrà essere

effettivamente minima, se si considera che anche e soprattutto l’uomo è mente e chiederete come mi son chiesto.

“Io sono come……. DIO?”

“Sei la cosa più simile a lui conosciuta su questo pianeta”

“Perché ci sono altri esseri intelligenti come l’uomo?

“Come l’uomo, più dell’uomo e meno dell’uomo, in tutto l’universo”

“Io non ne sarei tanto sicuro”

“Peccato, se tu vedessi il creato attraverso la legge della simmetricità, della similitudine e dell’analogia, come effettivamente è, forse non avresti titubanze, ma non tutti hanno abbastanza coraggio per essere …uomini.”

“Piuttosto spiegami come usa la sua mente DIO ….Maestro”

“La usa utilizzando dei meccanismi mentali tipicamente presenti in tutti gli esseri viventi ma ultimamente bistrattati.”

“Che cosa vuoi dire?”

“Osserva la creazione, per avere la tua risposta, in quanti modi la natura esprime la vita”

“In che senso?”

“Se la natura è Dio e la natura crea per esempio un essere come il Pesce Volante o l’Ornitorinco, o

la Megattera oppure la Giraffa, non ti sembra che essa sia abbondantemente fornita di Immaginazione?”

“Sì, in effetti sì”

“Allora come puoi ben vedere una delle caratteristiche migliori del creatore sarà proprio la fantasia o l’immaginazione. Ora dimmi, forse nella natura così complessa non esiste un reale effettivo equilibrio che bilancia tutto?”

“Sì, esiste.”

“Allora pensa al fatto che DIO è sì fantasia ma anche ordine, quindi immaginazione e razionalità contemporaneamente”

“Ma sono caratteristiche mentali umane queste! Quindi esiste un progetto intelligente alla base dell’Universo?”

Intelletto (F2)

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“Esiste un progetto numericamente intelligente da millenni conosciuto e da millenni codificato”

“Maestro perdonami stai forse affermando che esiste una codifica numerica della creazione ?”

“Ma certo, non solo, esiste un linguaggio simbolico dedotto dal progetto divino, utilizzato da sempre da i grandi iniziati per creare ogni tipo di capolavoro”

“Mi stai dicendo che il pensiero divino è stato codificato simbolicamente e l’utilizzo di tali simboli permetterebbe all’uomo di creare … qualsiasi cosa egli voglia in modo … perfetto?”

“E’ così”

“Allora se osserviamo attentamente la Natura possiamo percorrere il tragitto divino al contrario, scoprendo in essa gli archetipi e quindi i SIGILLI alla base del creato”

“Che giornata meravigliosa, vero?”

“Maestro rispondi alla mia domanda ti prego, sono forse l’immaginazione, la fantasia, l’intuito, la razionalità e i sensi i mezzi attraverso i quali tornare a LUI?

“Sì figlio mio, quelli sono i modi per ridestare la tua anima, ognuno di essi è un atto di Luce utile a

risvegliare quella parte di luminosità divina dormiente in te ma da sempre presente”

“Maestro ma allora sulle rive di questo lago sto ricordando attraverso le tue parole ciò che in me è già presente”

“Ricorda, numero, arte, amore, magia, questi dovranno essere sempre i tuoi maestri se a Dio vorrai ritornare, rimembrando”

“Aspetta maestro non andare via, se così è, se l’uomo può ricordare, allora mai muore veramente, in qualche modo vede il creatore o i suoi archetipi”

“Ora sai il perché l’Arte della Memoria fu per me così importante”

“Un’ultima domanda, poi ti lascerò andar via”

“Dimmi”

“Perché DIO ha creato?”

“Per puro, semplice e meraviglioso Amore. Ora va e cerca fra gli esseri umani e vedrai che qualcuno più di altri potrà dirti perché non esistono tanti segreti nell’umanità, bensì un solo mistero, il quale indagato con l’impegno meritato, forse vi permetterà di capire perché nulla divide il sapere delle antiche civiltà da quello che costruì le musicali cattedrali gotiche, che diede modo a tanti iniziati di creare capolavori inarrivabili e inesausto di

riapparire nei Campi di Grano di tutto il mondo, per opera di chi da sempre sa che il tempo è solo uno degli effetti del suono, per opera di chi vi sorvola utilizzando un energia fatta di puri intervalli musicali, matrice geometrica di un universo fatto solo di frequenze dodecafoniche.”

Detto questo, quell’essere verso il quale sentirete un amore e un affetto infinito, in quel momento, sulla stretta e sabbiosa riva di quel lago reso perfetto dall’imperfezione divina, con un semplice ramo portato a riva dall’opera lunare, inciderà indelebili, poche e perfette parole, le seguenti:

“Mente (F1), Intelletto (F2), Amore (F3)”. Saprete allora che in quel mondo di pura immaginazione avrete avuto come me la fortuna immensa di aver incontrato l’unico il vero “Dormitantium Animorum “xcubitor” ( Risvegliatore di Animi Dormienti).

Amore (F3)

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LIFE AFTER LIFELIFE AFTER LIFELIFE AFTER LIFELIFE AFTER LIFE Noemi Stefani [email protected] sensitiva e ricercatrice della storia delle religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5) e televisive (Maurizio Costanzo show).

Erano gli anni novanta e si incominciava a parlare dei crope-circles (cerchi nel grano grandi centinaia di metri), elaboratissimi disegni che si formano nella notte in modo inspiegabile e repentino, e

io ero molto interessata all'argomento. Avevo deciso di partecipare a un Convegno a Rimini dove si sarebbe parlato di questo e di ciò che riguarda la spiritualità, che forse mi interessava anche di più.

SERAFINO DETTO E FATTO

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Non amo guidare, e perciò decido di partire in treno. Il viaggio è lungo e il paesaggio monotono. Dopo aver letto per un po’, prendo l’agenda con gli appunti, la sfoglio distrattamente, e sento che il mio angelo custode (Serafino) mi deve dire qualcosa. Allora scrivo, sotto dettatura come sempre e non so cosa sto scrivendo. “ Il tuo pensiero serve poco a quelli che escono dalla retta via. Il tuo pensiero deve essere capito ma senza forzare”. E poi solo quattro parole: “Mi farò sentire presto”. Ormai lo conosco troppo bene... So che mantiene sempre la parola data e quindi non mi resta che aspettare e vedere quando succederà. Arrivo a Rimini, cerco l' Hotel che mi è stato assegnato e tutto procede tranquillo fino alla mattina seguente. Scendo per la colazione e al mio tavolo faccio conoscenza con un’occhialuta prof. d’inglese che viene da Milano come me. Si chiacchiera, e tra una tazzina di caffè e un’altra, lei si lamenta di avere un problema agli occhi. Ha fatto diverse cure ma i medici non hanno capito un bel niente. Era venuta

al Convegno con la speranza di trovare l’idea di un rimedio, non sapeva bene nemmeno lei in cosa sperare. Poi mi aveva chiesto perché ero lì. Piano piano avevo introdotto il discorso della spiritualità e della certezza che gli Angeli esistono veramente perché il mio lo sentivo da sempre. Aveva spalancato gli occhi prima di riabbassarli subito sulla fetta di pane e marmellata che stava spalmando con attenzione, e un sorrisetto di compatimento era affiorato alle sue labbra. Con gesto di sfida mi butta lì un ... “perché non proviamo a chiedere a loro?”. Per nulla in imbarazzo tiro fuori la mia agenda personale e facendomi un po’ di posto tra piatti e tazzine provo a chiedere, e a trascrivere, tento di lasciar fluire attraverso me l’Energia Angelica. Mentre scrivevo, l'avevo vista sorridere con gli occhi bassi dietro agli occhiali. Forse pensava chissà quale sciocchezza mi vorrà propinare questa qui. Il mio Serafino risponde “Si tratta di onde magnetiche, sono quelle il tuo male”, poi aggiunge “E vai a trovare tua madre perché non lo fai mai”.

Leggo il messaggio ad alta voce e la donna sobbalza sulla sedia. Adesso l’espressione di compatimento era diventata un’espressione di sorpresa. “È tutto vero. Abito in una casa vicino alla RAI di Milano e quindi per le onde magnetiche è più che possibile. Ed è anche vero, e mi sento in colpa, che dovrei andare più spesso a trovare mia madre”. Mi aveva chiesto scusa per aver dubitato di me e poi si era alzata per andare a parlare al tavolo di altre due signore, ed era tornata per presentarmele. Loro erano di Roma e parevano molto interessate al mondo spirituale, così finita la colazione tutte insieme ci avviamo al Convegno. Passano le ore, è ora di pranzo e ci fermiamo in un ristorante a mangiare un bel piatto di pesce. Tra un boccone e l'altro torna il discorso degli Angeli, di come per me siano una presenza viva e costante. Una delle due romane è scettica. Mi risponde che lei non ci crede, anche se una volta ne ha visto uno sul soffitto della stanza. L’ha anche descritto enorme e bellissimo, vestito di verde, con gli abiti ricchi e ridondanti, drappeggiati in modo rinascimentale tipo gli angeli di Raffaello. La osservava dall’alto e le

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sorrideva in tutto il suo splendore. Eppure non ci crede. Se lo ricordava molto bene eppure aveva preferito rimuovere questo ricordo dalla mente perché nessuno ci avrebbe creduto. Finito di pranzare la donna dice che deve andare a prelevare in banca perché non ha più uno spicciolo e siccome lo devo fare anch’io partiamo tutte e tre. È presto e la banca è ancora chiusa. Fuori ci sono già delle persone che attendono. Per fortuna a noi serve il prelievo automatico, il Bancomat. L’amica romana inserisce la tessera e aspetta. Prova e riprova più volte, ma niente, non funziona. Abbiamo fretta perché è tempo di tornare al Convegno che è un po’ distante da lì, ma i soldi ci servono. Lei mi dice prova tu. Inserisco la mia tessera Bancomat ma non succede nulla, e le dico prova ancora adesso... L’amica inserisce di nuovo la sua tessera, la vedo di spalle. Si gira e in

mano di tessere ne ha due. Viene verso di me e mi dice “guarda!”. “ Ohhh… ecco cos’era”. Lo dice alzando la voce, e anche le persone che sono vicine si voltano a guardarci incuriosite. Dice “guarda” e intanto mi abbraccia forte. Sulla seconda tessera Bancomat è stampato un bellissimo Angelo. È vestito di rosa come quello della foto al S.Sepolcro a Gerusalemme, e la scritta “maestro” sotto all’immagine completa il quadro esatto. A proposito

di quadri, quell’immagine la rivedo molto spesso perché ne ho una così appesa in cucina a casa mia. Era come se io le avessi dato l'accesso (mi fa notare l'amica romana) come se le avessi dato una nuova opportunità di aprirsi alla fede. Ancora una volta Serafino era stato di parola. Si era fatto sentire e vedere, eccome. Lui l’aveva detto mentre il treno correva verso questa bella avventura e ancora una volta non aveva mancato al Suo impegno.

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XAARAANXAARAANXAARAANXAARAAN Antonella Beccaria [email protected] editor e traduttrice, scrive e pubblica

con la casa editrice Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri e con Socialmente Edizioni.

I suoi libri sono disponibili sia in libreria che online: tra questi "Il programma di

Licio Gelli" (2009), "Pentiti di niente - Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le

menzogne di un presunto collaboratore di giustizia" (2008), "Uno bianca e trame

nere – Cronaca di un periodo di terrore" (2007), "Bambini di Satana – Processo al

diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri" (2006) e "NoSCOpyright – Storie di

malaffare nella società dell'informazione" (2004). http://antonella.beccaria.org/

Un asettico annuncio: “Data ultima per richieste di risarcimento: 31 marzo 2010”. E da allora più nessun aggiornamento sul sito della Bank of Credit and Commerce International (Bcci), posta in liquidazione dopo i blitz che tra il 1991 e il 1992 vennero condotti, sulla scia di quanto già accaduto negli Stati Uniti, in diversi Paesi europei e che portarono alla chiusura di numerose filiali sparse nel Vecchio Continente. Per quanto poco conosciuta, la storia di questa banca (bollata dai media come “Kriminal Bank”) è interessante perché tocca, spaziando per mezzo mondo, alcuni dei principali business criminali. E finisce per comprendere anche l’Italia, dove venne tentata la scalata alla Montedison. Fu fondata dal banchiere originario del sub-continente indiano : era il 1971 e gli accordi definitivi vennero presi in un hotel di

Beirut. Da allora l’ascesa fu vertiginosa: sedi che vengono inaugurate un po’ ovunque per arrivare a una presenza in una settantina di nazioni, 417 filiali (molte delle quali in Gran Bretagna), un milione e trecentomila clienti, oltre a un attivo di quasi 21 miliardi di dollari. Nel frattempo, in un’ottica di “ottimizzazione” delle attività, si diede vita a una serie di controllate distribuite tra il Lussemburgo, Dubai e le Cayman mentre i manager venivano “gratificati” con costosissime convention scandite dalla presenza di decine di ragazze non tutte maggiorenni. Inoltre l’estrema disinvoltura nella scelta dei partner in affari fu un fattore determinante per l’espansione della banca d’ispirazione islamica. Tra questi, Pablo Escobar, il colombiano a capo di uno dei più potenti cartelli della droga, e il generale

KRIMINAL KRIMINAL KRIMINAL KRIMINAL BANKBANKBANKBANK

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panamense Manuel Noriega. Ma Abedi, diventato celebre per una serie di attività filantropiche (sostegno alla minoranza linguistica urdu in Europa e alle relative attività letterarie, creazione di facoltà tecnologiche e scientifiche in Medio Oriente – soprattutto in Pakistan – quando non di intere università, mecenatismo nei settori più vari che vanno dall’arte allo sport), coltivò però contatti ben più particolari. Come quelli con Kamal Adhman, a capo dei servizi segreti militari sauditi, e con uomini della Cia e referenti dell’amministrazione Usa (Nixon in primis, ma più avanti, dopo lo scandalo Watergate, non disdegnò affatto ambienti democratici) che qualche conto in sospeso lo volevano regolare, soprattutto con l’Unione Sovietica e con l’Iran. Di

fatto la Bcci – emerge dalle indagini giudiziarie internazionali condotte a cavallo di oltre vent’anni (le prime risalgono al 1989, quando sette dirigenti dell’istituto di credito vennero condannati in Florida per il riciclaggio dei proventi del narcotraffico) – fu la cassa a cui l’intelligence direttamente o indirettamente legata agli Stati Uniti attinse per alcuni episodi “caldi” della guerra fredda (tra cui l’invasione dell’Afghanistan e la guerra Iran-Iraq). Inoltre c’erano i cordialissimi rapporti con il dittatore pakistano Mohamman Zia ul-Haq, che assicurò alla Bcci proprietà e controllo dei pozzi petroliferi in quella zona. E proprio sulla questione petrolifera (estesa poi più in generale al settore della chimica) si innestano le relazione con l’Italia, dove

però la Bcci non ebbe mai neanche uno sportello. Tra i primi a rilevarle fu all’alba degli anni Ottanta il giudice istruttore Carlo Palermo, ai tempi delle sue inchieste a Trento e poi a Trapani (le racconterà in seguito nel suo libro Il quarto livello, uscito nel 2002 per Editori Riuniti). Se all’inizio fu la guardia di finanza di Milano e poi la commissione P2 a ipotizzarne il coinvolgimento in attività discutibili, nel 1993 altre conferme arrivarono dal Congresso americano, che aveva incaricato la Task Force on terrorism and unconventional warfare di occuparsi del bubbone finanziario mediorientale. Le relazioni italiane della Bcci si ufficializzano nel 1978, per quanto contatti perlustrativi fossero in corso da almeno un paio d’anni. E le mire della banca mediorientale si concentrarono su Eni (ai tempi della direzione finanziaria di Florio Fiorini) e Montedison. Di quest’ultima, il 10 per cento delle quote venne rilevato sempre nel ‘78 a Gaith Pharaon, l’uomo Bcci accreditato negli ambienti occidentali che si avvalse dell’intermediazione di Massimiliano Gritti, in precedenza collaboratore di Eugenio Cefis. Inoltre il 4 ottobre di quell’anno con l’ente petrolifero si raggiunse un accordo che portò alla creazione della Italfinanze International Spa nel cui consiglio d’amministrazione, oltre allo stesso Fiorini, c’era anche il presidente dell’Agip, Raffaele Santoro. Siamo nel periodo in cui dall’Eni escono flussi di denaro che finiscono nel Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e, risalendo

Agha Hassan Abedi

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una catena di società e indagini, si giunge ai rapporti tra la Bcci e l’italiana Banca Nazionale del Lavoro, sotto il controllo socialista. Più nello specifico si parla del coinvolgimento della filiale di Atlanta in un prestito illegale per centinaia di miliardi di lire (oltre – raccontano articoli giornalistici dell’epoca e gli atti di una commissione d’inchiesta – alla fornitura di navi, munizioni e mezzi di manutenzione targati Fincantieri) all’Iraq di Saddam Hussein. Scandalo che finì per lambire anche l’italiana dell’aeronautica Agusta in un periodo in cui l’astro di Bettino Craxi era in ascesa e su cui, dopo la vittoria nel braccio di ferro Eni-Petronim, la P2 iniziò a puntare apertamente.

(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di febbraio 2011 del mensile La voce delle voci)

Anno 2010. È trascorso ferragosto da un paio di giorni quando Francesco Cossiga muore in un ospedale romano. Con lui, si è detto nei giorni successivi, se n'è andato un pezzo di storia d'Italia che si sarebbe guardato bene dal raccontare, un armadio da aprire alla ricerca di quelli che lui stesso chiama gli “arcana della Repubblica”. Ma a rileggere ciò che il grande vecchio della politica tricolore scrisse e dichiarò, è possibile aggiungere qualche tassello a un mosaico fatto di servizi segreti e carabinieri, terroristi perdonati e magistrati invisi, stragi e Gladio. Dal rapimento Moro all'infiltrazione nelle organizzazioni estremistiche, dalla passione per l'intrigo alle guerre intestine nella Democrazia Cristiana, da Ustica all'amore per gli ex comunisti, dall'amicizia con i palestinesi ai conflitti silenziosi sullo scacchiere del Mediterraneo. Questi sono alcuni degli argomenti di cui Francesco Cossiga parlò a più riprese. Per ribadire, come gli insegnò il suo mentore, Aldo Moro, “sacrificato sull'altare della Ragione di Stato”, che “noi non ci faremo processare”.

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CONFESSO, HO VIAGGIATOCONFESSO, HO VIAGGIATOCONFESSO, HO VIAGGIATOCONFESSO, HO VIAGGIATO Noemi Stefani [email protected] sensitiva e ricercatrice della storia delle

religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose

conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti

più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni

con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per

le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha

tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5)

e televisive (Maurizio Costanzo show).

Verucchio Siamo in Italia e precisamente in Romagna. Si, ancora castelli ... La mia mente segue il filo logico e ha ripescato qualcosa di veramente interessante da scoprire. Se avrete voglia di seguire il mio spaziare nei ricordi, magari quando sarete in vacanza a Rimini dopo tanti tuffi nell'azzurro farete un vero tuffo nel passato che dista solo poca strada da lì. Andiamo, facciamo questa salita perché là in cima c'è tutto

da vedere. Parlano di un Museo dove si trovano reperti di straordinaria bellezza ed unici in Italia. L'abitato di Verucchio si trova in cima ad uno sperone di roccia e la sua storia è piuttosto antica in quanto risale tra il IX e il VII secolo a.C. Forza, andiamo a vedere … Costruzioni da medio evo. Entro in una piccola piazza da cui si dipartono più strade ed è quasi il tramonto, un silenzio che fa quasi rumore. Mi guardo intorno ma non c'è nessuno

UNA UNA UNA UNA NUOVANUOVANUOVANUOVA CIVILTÀCIVILTÀCIVILTÀCIVILTÀ SCONOSCIUTASCONOSCIUTASCONOSCIUTASCONOSCIUTA OOOO UNUNUNUN POPOLOPOPOLOPOPOLOPOPOLO ANTICOANTICOANTICOANTICO????

LA CIVILTA' LA CIVILTA' LA CIVILTA' LA CIVILTA' VILLANOVIANA VILLANOVIANA VILLANOVIANA VILLANOVIANA (ETRUSCHI?)(ETRUSCHI?)(ETRUSCHI?)(ETRUSCHI?)

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a cui chiedere indicazioni. Temo che sia tardi per una visita al museo, forse sarà già chiuso. Nella piazza c'è una piccola tintoria e dentro vedo un bambino. Piccoletto, smilzo, testa rasata e occhietti furbi, forse avrà sette o otto anni. Gli chiedo dov'è il monastero dei Monaci Agostiniani, il museo insomma. “Non è distante, ti ci porto io” mi risponde gentile, “Mi chiamo Gabriele”. Lo seguo. In quel paesaggio surreale e deserto è come fosse la mia guida spirituale. Mi cammina un po’ al fianco un po’ saltellando allegramente davanti a me, che lo seguo con il fiatone ... bisogna fare in fretta. Forse per lui sono un piacevole diversivo alla noia del tardo pomeriggio, ma per me è veramente la miglior guida che potessi avere. Sa tutto, conosce tutta la storia di Verucchio e gli piace raccontarmela. Il paesino è in cima alla montagna, scavando un po’ uscì fuori la prima tomba e poi si è scoperta la necropoli. In seguito agli scavi effettuati tutt'intorno all' antico abitato a partire dalla fine dell' 800 sono stati rinvenuti resti di doti funebri e tombe. Per gli studiosi migliaia di anni fa qui viveva una fiorente comunità che è stata

definita “Civiltà Villanoviana”. Centinaia di tombe che sono state aperte hanno restituito non solo reperti unici per il valore archeologico, ma anche un mondo estetico e simbolico molto raffinato, materiale e spirituale. Nel 1613 in una cronaca dell'epoca si descrive … “Certe olle grandi piene di cenere come che fossero di corpi umani abbruciati secondo la pagana usanza”. Tra le prime 126 tombe ritrovate, anche due straordinarie inumazioni principesche. Inoltre, tracce di costruzioni, capanne e fornaci. L'impressione che si prova a visitare questo museo è strana. Sembra di vedere reperti di designer e orafi contemporanei, talmente gli oggetti conservano nella loro bellezza una straordinaria modernità. Possibile che

siamo di fronte a un'antica tribù di contadini e guerrieri? Basta guardare la ricercatezza dei gioielli d'ambra, le elaborate fibule d'oro e di osso, e lo spettacolo di un trono ligneo tutto intagliato e conservato al meglio. Ci sono alcuni corredi principeschi, con scudi e armi, vasellame e bronzi, materiali organici come legno, vimini, cibo, tessuti, tavolini, sgabelli. I resti di un cassone ed il prezioso trono ricoperto da eleganti intagli raffiguranti scene di vita quotidiana e parate cerimoniali. Gabriele, il piccolino mi sta accanto e guarda con me con occhio attento mentre viene proiettato un video, un filmato che propone come poteva essere un rito funebre Villanoviano secondo i risultati degli scavi. Il bambino mi chiede l'ora, dice che è

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tardi e che deve tornare a casa di corsa. Vorrei dargli qualche soldino come ringraziamento per avermi fatto compagnia ma mentre cerco il portafoglio è già distante, perso tra gli ultimi visitatori. Gabriele (come l'angelo) mi sorride, fa ciao con la mano e schizza via. Resto sola e penso. Questo castello era dei Malatesta ed è ancora molto evidente l'impronta medioevale di una fortezza. Con questa Signoria Verucchio ottenne un' ottima posizione di prestigio. Il fiume Marecchia con il suo vasto letto permetteva alle navi di risalire il corso ed attraccare in un luogo più protetto rispetto alla costa. Sorta su un territorio roccioso eroso e modellato durante il Pliocene (3 milioni di anni fa), Verucchio è stata da sempre considerata una fortezza naturale. Che spettacolo! Chissà perché, con tanta storia e tante bellezze da mostrare Verucchio non ha mantenuto nel tempo la stessa fama di altri luoghi, di cui non ha proprio nulla da invidiare. Luoghi che conosco. Molto più nominati ma che pur avendo tanta storia da raccontare, non trasmettono le stesse sensazioni “a pelle” che ho provato qui.

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[D.B.] Occorre aspettarsi tutto, a Carnevale, così come occorre aspettarsi tutto dalla vena morbosa e bizzarra di Simone Corà – e lo dimostra, per chi avesse ancora dubbi, nel suo spassosissimo primo romanzo, di imminente uscita: Maledette zanzare. Nel suo racconto Tres, pubblicato nella raccolta Carnevale che ho recentemente curato insieme a David Riva per Edizioni XII (collana Camera Oscura), in mezzo a intrecci imprevedibili tra calli, canali e le seducenti promesse di una festa in maschera, assisteremo a esplosioni di grottesca meraviglia disgustata. Magia del Carnevale, allo stato puro. Ecco che Simone ci racconta com'è nata questa fantasmagoria di carne e colori. E in anteprima, la tavola di Tres, illustrata da Diramazioni.

Tres, il making of Prima che Tres prendesse realmente forma, le idee iniziali riguardavano una storia di zombi in quel della Venezia Carnevalesca – un esercito di morti viventi mascherati che barcolla tra le calli suonando trombette e lanciando stelle filanti è uno spunto che mi ha sempre tentato. Avevo bisogno di una maschera in particolare attorno alla quale scrivere la storia, una maschera che potesse far camminare il protagonista tra l’orda di resuscitati senza essere notato – questa era l’idea, l’immagine principale su cui stavo lavorando mentalmente. Quindi, cosa meglio del vecchio Bernardon, un cencioso, vecchio mendicante distrutto dalla sifilide, che a stento riusciva a stare in piedi? La storia ha preso poi strade totalmente diverse, mi sono indirizzato su uno degli argomenti horror che preferisco e che sfrutto, spesso e volentieri, in tutto ciò che scrivo, ovvero mutazioni organiche, fusioni di corpi, pasticci di carne. Mi piace parlare di cose disgustose e splatter in un tono però un po’ scanzonato e ironico, o che comunque non prenda troppo sul serio la situazione, qualcosa vicino a certi horror sanguinari degli anni Ottanta (c’è un’enorme citazione/omaggio di un certo film simbolo di quel periodo, non è troppo difficile scoprire quale). Qui, la maschera del Bernardon si inserisce sia per la repulsione provata verso il povero vecchio, sia per il concetto di elemosina,

DIETRO DIETRO DIETRO DIETRO LELELELE MASCHEREMASCHEREMASCHEREMASCHERE DIDIDIDI CARNEVALE: CARNEVALE: CARNEVALE: CARNEVALE: TRES, TRES, TRES, TRES, DIDIDIDI SIMONE CORÀSIMONE CORÀSIMONE CORÀSIMONE CORÀ

Simone Lega [email protected] nasce il 13 novembre 1978 a Siracusa. Ha pubblicato racconti per Perrone editore e su varie riviste e si è beccato pure qualche premio. Collabora con la casa editrice 'Edizioni XII (caporedattore del blog) e per “Il Teatro Instabile Siracusa” svolge di volta in volta il ruolo di autore, lettore impacciato in spettacoli – reading, maldestro tecnico luci… Nella seconda metà del 2011, per Edizioni XII nella collana Mezzanotte, è in uscita il suo primo romanzo

Daniele Bonfanti [email protected] pianista, compositore ed ex campione di kayak, ha frequentato la facoltà di Filosofia presso l’Università Statale di Milano. Editor, autore, curatore di raccolte e giornalista divulgativo in ambito di antichi misteri. Per Edizioni XII lavora attualmente come editor-in-chief e dirige la collana Camera Oscura, dedicata alla narrativa esoterica. Il titolo del suo ultimo romanzo, recentemente tornato in libreria in una nuova edizione, è Melodia.

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attività in cui, in un modo o nell’altro, realistico o orrori fico, sono impegnati tutti i protagonisti. Al di là della componente soprannaturale e della maschera, il racconto affronta i concetti di coincidenze e casualità, di destino, se vogliamo, e di facoltà di scelta. Tutti i personaggi agiscono per sbaglio, chi per terribile errore chi per concreta stupidità, in un quadro complessivo che, però, sembra costruito e reso possibile proprio da queste fatalità. Oltre all’elemento gore, un’altra cosa che adoro fare, infatti, anche se spesso mi crea ulcere urticanti, è di stratificare la struttura portante, complicare le vicende, aggiungere elementi ed elementi ed elementi che si incastrino tra loro. Tres contiene tre episodi, tutti e tre con un personaggio travestito da Bernardon, tre

storie che continuano a sfiorarsi, intrecciarsi, incontrasi (per caso o no?) fino a combaciare nella parte conclusiva. Ci sono tre baldi ragazzini in cerca di un appartamento dove si svolge una festa, uno sfortunato turista rapinato e costretto a mendicare per compare il biglietto del treno e tornare a casa, e un innamorato disilluso che insegue vanamente la felicità creandosi un siero apposito. Far quadrare i conti, alla fine del viaggio, mi porta sempre a chiedermi perché diavolo mi complichi la vita in questa maniera, e difatti la lunga parte conclusiva è stata modificata pesantemente più volte (se il finale non dovesse piacervi, ditemelo, ve ne spedisco un sacco di alternativi, altro che gli extra dei dvd!).

Simone Corà

L'autore Vicentino, classe 1982, laureando in Scienze dell’Educazione dopo un passato come falegname e orafo, si dimentica spesso di dormire per scrivere e leggere fino all’alba. Attivo da anni nell’underground narrativo italiano, dal 2009 collabora come editor con Edizioni XII, per la quale ha contribuito con un suo saggio, nel 2010, al volume Garth Ennis – Nessuna pietà agli eroi. Scrive inoltre articoli e recensioni per i maggiori portali di informazione horror: LaTelaNera.com, CinemaHorror.it e Scheletri.com. Appassionato di cinema, serie TV e anime, cura un blog dedicato all’horror in tutte le sue forme, Midian, e ne co-gestisce un altro sull’animazione nipponica, Anime Asteroid. Maledette zanzare è il titolo del suo primo romanzo, in uscita il 28 marzo 2011 per Edizioni XII.

MATEMATICA MATEMATICA MATEMATICA MATEMATICA EEEE ANTICOANTICOANTICOANTICO EGITTOEGITTOEGITTOEGITTO IL IL IL IL MISTEROMISTEROMISTEROMISTERO DELLEDELLEDELLEDELLE 100 100 100 100 SPIGHESPIGHESPIGHESPIGHE

di Stefano Sampietro

Prima parte

Il papiro di Rhind, o papiro di Ahmes, dal nome dello scriba che si ritiene lo abbia trascritto nel 1650 a.C., è il documento dell'antico Egitto di natura matematica più esteso che sia mai giunto fino a noi. È largo 33 cm e lungo 5.46 metri. Fu acquistato nel

1858 a Luxor dall'antiquario scozzese Henry Rhind e ora si trova al British Museum (tranne che per qualche frammento custodito nel museo di Brooklyn). Non è scritto con caratteri geroglifici, bensì mediante scrittura ieratica (cioè sacra), e va letto da destra verso sinistra. Il testo è redatto in due colori, nero e rosso, ed è arricchito da disegni di figure geometriche. In sostanza, è una raccolta di problemi matematici, ottantaquattro in tutto, di vario genere: algebrici, geometrici, ecc. I problemi sono quasi tutti di natura pratica e riguardano il commercio, la suddivisione di prodotti agricoli, l'agrimensura, e così via. Ma c'è una strana eccezione. Il problema numero 79 sembra più un indovinello (o, per usare un termine moderno, un esempio di matematica ricreativa): In una proprietà ci sono 7 case, in ogni casa ci sono 7 gatti, ogni gatto acchiappa 7 topi, ogni topo mangia 7 spighe di grano,

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ogni spiga dà 7 misure di grano. Quante cose ci sono in tutto in questa storia? Oltre all'evidente struttura a mo' di filastrocca, quello che si nota subito è la futilità della domanda finale. Non si chiedono, ad esempio, le misure di grano complessive, il che potrebbe avere una qualche valenza pratica, bensì si domanda il numero totale degli oggetti coinvolti. Vale la pena citare una filastrocca d'epoca moderna che si ispira chiaramente al problema di Ahmes: As I was going to St. Ives, I met a man with seven wives; Every wife had seven sacks, Every sack had seven cats, Every cat had seven kits. Kits, cats, sacks and wives, How many were going to St. Ives? Ne esiste anche una versione italiana: Per una strada che mena a Camogli passava un uomo con sette mogli. E ogni moglie aveva sette sacche, e ogni sacca aveva sette gatte, e ogni gatta sette gattini. Fra gatti e gatte e sacchi e mogli, in quanti andavano, dite, a Camogli? Il problema della sette case vanta anche una versione medievale. Nel Liber Abaci del 1202 di Leonardo Pisano, il famoso Fibonacci, viene infatti riproposto in un contesto ancora differente: Septem vetule vadunt roma, quarum quelibet habet burdones 7, et in quolibet burdone sunt saculi 7, et in quolibet saculo panes 7, et quilibet panis habet cultellos 7, et quilibet cultellus habet vaginas 7. Queritur summa omnium predictorum. (Sette vecchie donne andarono a Roma, ciascuna donna aveva sette muli, ciascun mulo portava sette sacchi ciascun sacco conteneva sette forme di pane e con ciascuna forma di pane v'erano sette coltelli, ciascun coltello era infilato in sette guaine.) Sembra proprio che il problema 79, pur cambiando forma, abbia attraversato i secoli e sia giunto fino a noi. Perché Ahmes inserì un frivolo indovinello in un elenco di problemi pratici? Si ritiene che il papiro avesse un uso didattico: è probabile che la filastrocca servisse a fare pratica con le potenze di 7, senza che fosse necessaria un'applicazione concreta. Tuttavia ci si può chiedere come mai con gli altri problemi si è ritenuto indispensabile un risvolto pragmatico... insomma, il 79 continua a

essere una stridente eccezione. E poi c'è un altro fatto curioso. Il problema, così come riportato nel papiro, contiente un grossolano errore di calcolo. La figura seguente mostra il problema riportato in un foglio elettronico:

La parte destra (come già detto, il papiro va letto da destra a sinistra) è chiara ed elenca il numero di oggetti (potenze di sette), la cui somma dà la soluzione al problema. Un semplice controllo aritmetico mostra però che il numero di spighe è sbagliato: sette alla quarta non dà 2301 ma 2401 (il totale riportato è invece esatto, cioé 19607 è in effetti la somma delle prime cinque potenze di sette). Dunque, all'appello mancano cento spighe. Perché questo errore? Possibile che Ahmes si sia sbagliato? In questo caso, si è trattato di una svista nella copiatura o era già presente nella fonte originaria? E se invece non fosse un abbaglio? Se Ahmes avesse intenzionalmente riportato un numero erroneo? Dice lo stesso Ahmes in un passaggio del papiro: "Calcolo esatto: l'accesso alla conoscenza di tutte le cose esistenti e di tutti gli oscuri misteri". Sarebbe affascinante vedere in questa frase una chiave interpretativa... se il calcolo esatto ci dona la conoscenza di ciò che esiste, possiamo vedere in un errore l'indizio per accedere a un mondo invisibile? La breccia verso qualcosa che non è "esistente", ma che lo è stato o lo sarà? Materia per narrativa, forse, più che storica. Del resto siamo nel posto giusto… Il problema 79 pone comunque altri quesiti, come per esempio: 1) Cosa significa la parte sinistra del problema? 2) Perché viene usato proprio il numero sette?

Seconda parte "Calcolo esatto: l'accesso alla conoscenza di tutte le cose esistenti e di tutti gli oscuri misteri" (Ahmes, 1650 a.C.) Il primo a tradurre il papiro di Rhind in una lingua moderna fu August Eisenlohr (1832 - 1902), un egittologo tedesco, nel 1877. La prima traduzione inglese risale invece al 1923, per opera di Thomas Eric Peet (1882 - 1934), ma l'edizione più completa

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e che ha dato notorietà al papiro è quella del 1929 di Arnold Buffum Chase (1845–1932), un uomo d'affari americano divenuto appassionato di egittologia dopo un viaggio in Africa nel 1910. Come già detto la volta scorsa, il papiro è stato redatto dallo scriba Ahmes (o Ahmòse), il quale lo ha trascritto da una fonte più antica. Lo stesso Ahmes, nell'introduzione del papiro scrive: This book was copied in the year 33, in the fourth month of the inundation season, under the majesty of the king of Upper and Lower Egypt, ‘A-user-Re’, endowed with life, in likeness to writings of old made in the time of the king of Upper and Lower Egypt, Ne-ma’et-Re’. It is the scribe A’h-mose who copies this writing. Il primo faraone citato, "A-user-Re", è stato identificato come un membro della dinastia Hykos, vissuto attorno al 1650 a.C.. Il secondo, "Ne-ma'et-Re", ha invece regnato tra il 1849 e il 1801 a.C. Dunque possiamo stabilire che tra il lavorodi Ahmes e l'originale sono trascorsi dai 150 ai 200 anni. Già sappiamo che il papiro è una raccolta di problemi matematici. Il problema numero 79, introdotto la volta scorsa, recita: In una proprietà ci sono 7 case, in ogni casa ci sono 7 gatti, ogni gatto acchiappa 7 topi, ogni topo mangia 7 spighe di grano, ogni spiga dà 7 misure di grano. Quante cose ci sono in tutto in questa storia? La soluzione proposta dal papiro è:

Ricordiamo che contiene un errore: le spighe non sono 2301 ma 2401. Il totale invece è esatto, quindi la risposta al quesito è 19607 (qualcuno potrebbe far notare che sia più corretto rispondere con 19608, visto che c'è anche una "proprietà"... siccome il papiro è presumibilmente una raccolta a uso scolastico, mi piace immaginare un maestro egizio punire lo studente che facesse questa spiritosa osservazione). Qual è il significato della parte sinistra della

soluzione? Altro non è che una scorciatoia per giungere al risultato. Noterete che la procedura comincia da un numero, il 2801: questo viene poi raddoppiato una volta (5602) e poi un'altra (11204). La somma di queste tre cifre è proprio 19607! Come si arriva a questa procedura? Essa deriva da due proprietà matematiche che gli antichi Egizi evidentemente conoscevano: PRIMA PROPRIETÀ: Ogni numero intero può essere espresso come somma di termini appartenenti alla successione geometrica 1, 2, 4, 8, ecc. Ad esempio possiamo scrivere 7 come 1 + 2 + 4. SECONDA PROPRIETÀ: x + x2 + x3 + ... + xn = x (1 + x + x2 + ... + xn-1) Questa è semplicemente un raccoglimento a fattor comune: si noti che consente di risolvere la somma in modo "iterativo", riducendo il numero di moltiplicazioni necessarie. Ora, per risolvere il problema 79, non dobbiamo fare altro che calcolare la seguente somma: 7 + 72 + 73 + 74 + 75 = grazie alla seconda proprietà, possiamo raccogliere il 7: = 7 · (1 + 7 + 72 + 73 + 74 ) = 7 · 2801 = ecco da dove viene il 2801. Usando ora la prima proprietà, scomponiamo il 7 e arriviamo alla soluzione: = (1 + 2 + 4) · 2801 = 2810 + 2 · 2801 + 2 · 2 · 2801 = 19607 Dunque lo scopo del problema 79 è probabilmente quello di mostrare una procedura di calcolo alternativa e più agevole rispetto alla somma diretta delle potenze. Ma perché proprio il numero 7? Una possibile risposta, come suggerisce Richard J. Gillings nel libro Mathematics in the Times of the Pharaohs, risiede nella prima delle proprietà che abbiamo appena illustrato: il numero 7 può essere "elegantemente" espresso come somma di raddoppi (1 + 2 + 4). Si potrebbe obiettare che non è l'unico numero con questa caratteristica, come fa Eli Maor nel trattato Trigonometric delights. In effetti, anche il 3 e il 15 possono essere espressi in questo modo: 3 = 1 + 2 15 = 1 + 2 + 4 + 8 Tuttavia, è probabile che se Ahmes avesse usato il 3, i vantaggi della sua "scorciatoia" non sarebbero apparsi significativi. Viceversa, sviluppare il problema con la base di 15 sarebbe stato troppo

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complicato e avrebbe minato l'utilità didattica dell'indovinello. Insomma, il numero sette sembra un buon compromesso… Un'ultima riflessione. Il numero sette è carico di significati (pensiamo solo alle sette meraviglie del mondo antico, a cui la grande piramide appartiene). Non si possono quindi escludere spiegazioni più esoteriche. Forse per Ahmes, o per gli autori della fonte a cui lo scriba ha attinto, il sette andava scelto anche per ragioni di carattere simbolico o religioso (un tema questo che esulerebbe dai territori di questo articolo). Riferimenti bibliografici Carl B. Boyer, "Storia della matematica", Mondadori, 1990. Eli Maor, "Trigonometric delights", Princeton University Press, 1998. http://math.buffalo.edu/ http://www.artemate.it/

Richard J. Gillings, "Mathematics in the Times of the Pharaohs", Massachusetts Institute of Technology, 1972. L’autore Stefano Sampietro nasce a Como il 20 febbraio 1973. Dopo la Laurea in Economia, consegue il Dottorato di Ricerca in Finanza Matematica e diviene docente a contratto presso l’Università Bocconi, prima, e presso l’Università LIUC Carlo Cattaneo, poi. Dal 2004, a fianco dell’attività universitaria, lavora in una società di ingegneria finanziaria. L’esordio nel mondo della narrativa avviene con il successo in due concorsi letterari a carattere locale. Negli anni seguenti, alcuni suoi racconti vengono pubblicati sulla rivista di fantascienza Futuro Europa (Perseo Libri editore). Come autore di Edizioni XII ha pubblicato nel 2010 La clessidra d'avorio in collaborazione con Davide Cassia e ha partecipato alla raccolta Corti.

Una delle leggende metropolitane più diffuse e conosciute è quella legata al furto di organi, e più precisamente del furto di reni. Una leggenda che resterà in

circolazione ancora per tanto tanto tempo…

La leggenda urbana del rene rubato conosce molte varianti e rappresenta un interessante caso di italianizzazione di un mito americano (prima) ed europeo (poi). In Italia questa leggenda metropolitana ha cominciato a diffondersi nel 1994, prevalentemente al Nord, in Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia. La stampa locale e nazionale si è interessata al caso al punto che dovettero perfino apparire delle smentite ufficiali da parte delle forze dell’ordine. A marzo ’94 su La stampa apparve un articolo nello spazio dedicato alle province di Asti e Cuneo, a cura di Gianni Martini, in

cui si riportava la leggenda della donna fascinosa e del malcapitato cui, dopo essere stata somministrata della droga, veniva espiantato un rene. L’articolo faceva riferimento a un uomo di Imperia, esistente, ma in realtà mai incappato in simili vicissitudini. La leggenda conosce molte declinazioni: talvolta l’uomo rimorchia la bella in un bar, anziché in discoteca; altre volte dopo la discoteca i due vanno ad acquattarsi in auto, ed è lì che si consuma l’espianto, con l’uomo che si risveglia la mattina dopo in auto, davanti un ospedale, o in un fosso con una flebo ancora attaccata al braccio. Altre volte ancora, il tutto avviene in una camera d’albergo. La leggenda presenta diverse analogie con la notissima AIDS Mary, in cui dopo un felice abbordaggio il protagonista ritrova sullo specchio del bagno, impressa col rossetto, la scritta Benvenuto nel mondo

dell’AIDS. A riprova dell’influenza di AIDS Mary, in Italia la leggenda del rene rubato, specie ai suoi albori, narrava del viaggio di un italiano a New York, dove appunto il protagonista veniva turlupinato e "alleggerito". Nonostante le analogie con due terzi della leggenda sull’HIV, la storia del rene rubato non può essere considerata a cuor leggero (tanto per restare in tema) una sua diretta filiazione. Prima del passaparola che ha dato il via alla leggenda nel nord Italia, storie molto simili di reni rubati erano già apparse in diversi paesi europei: Turchia, Germania, Belgio, Danimarca, Olanda, Irlanda. Le precedenti versioni europee, come riporta Paolo Toselli nel libro La famosa invasioni delle vipere volanti, vedevano il protagonista impegnato in un viaggio all’estero (come in Italia nelle prime versioni della leggenda). Direzione: paesi

IL IL IL IL RENERENERENERENE RUBATORUBATORUBATORUBATO EEEE ALTRIALTRIALTRIALTRI FURTIFURTIFURTIFURTI DDDD''''ORGANIORGANIORGANIORGANI di Matteo Carriero

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esotici o Est europeo, dove come è noto il mercato degli organi è tutt’oggi particolarmente attivo e redditizio.Come sottolinea Stefano Bugnasco in un articolo sul sito del CICAP, la leggenda non è molto verosimile in quanto l’espianto d’organi, in vista d’un loro efficace riutilizzo, è questione tutt’altro che semplice. Tuttavia ci sono posti in cui il furto di un rene potrebbe persino essere possibile. Non in Italia, è lecito supporre, benché talvolta vengano lanciati preoccupanti allarmi riguardo alla scomparsa di bambini o adulti extracomunitari. Tuttavia su una cosa non c’è dubbio: a meno di casi limite, a lungo ponderati, è sempre meglio tenersi dentro tutto, finché si è vivi.

Il rene rubato:

la leggenda nella realtà Se come si diceva sopra è lecito supporre che queste cose non accadano in Italia, lo stesso non può essere detto degli stati più poveri. Nel 2008 per esempio il Washington Post, non certo una testata da gossip di quartiere, ha pubblicato l'articolo “India Uncovers Kidney Racket” dove metteva a nudo il racket del traffico d'organi che vedeva "vittime" i lavoratori più poveri del paese, attirati in luoghi appositi da false promesse di lavoro giornaliero per essere poi "depredati" di un rene... Il rene rubato: filmografia

Anche il cinema si è occupato del furto di reni. Nel 2002 il film inglese Dirty Pretty Things, diretto da Stephen Frears e interpretato dalla francese Audrey Tautou, era ambientato in un lussuoso hotel londinese dove avveniva ogni genere di scambio: di droga, di sesso e di organi… In Sympathy for Mr. Vengeance, del regista Park Chan-wook (2002), il protagonista sordomuto Ryu viene imbrogliato da una banda di trafficanti di organi che, con la promessa di trovare un rene alla sua morente sorella malata, costringono l'uomo a donare loro uno dei suoi e a pagare una ingente somma di denaro, sparendo poi nel nulla… In Crank 2: High Voltage al protagonista Chev Chelios (l'attore Jason Statham) viene rubato il cuore per poterlo trapiantare nel corpo di un vecchio uomo d'affari orientale desideroso di vivere a lungo… Nel film horror Turistas giovani turisti americani in Brasile vengono braccati, catturati e uccisi per ricavarne organi da mettere in vendita al mercato nero... Il rene rubato in letteratura Non mancano i casi di furto d'organi anche in narrativa e letteratura. Nel famoso Coma di Robin Cook all'interno di un ospedale medici senza scrupoli inducono la morte cerebrale in pazienti sani al fine di rubarne segretamente gli organi e venderli al mercato nero… Nel romanzo The Repossession Mambo di Eric Garcia (da cui è stato tratto il film omonimo) nel

futuro forze di polizia speciali hanno il compito di andare a recuperare gli organi trapiantati nel corpo di persone non più in grado di pagare le rate del prestito con cui si sono pagate il trapianto d'organo… Nel romanzo Baciami, Giuda di Will Christopher Baer al protagonista, l'ex poliziotto tossico e maledetto Phineas Poe, viene rubato un rene da un'affascinante quanto bella e misteriosa donna di nome Jude, che lui non potrà fare a meno di odiare, amare, desiderare e inseguire per tutti gli Stati Uniti d'America... Articolo apparso in origine sul portale LaTelaNera.com (adattato per gentile autorizzazione a “Tracce d’eternità”), all’indirizzo http://www.latelanera.com/leggendemetropolitane/leggendemetropolitane.asp?id=162 L’autore: Matteo nasce nel 1985 a Nardò, in provincia di Lecce. Da cinque anni vive a Firenze, dove studia per prendere la laurea magistrale in Lettere. Dopo un anno senza quasi scrivere una riga, esperienza che giura di non ripetere mai più, nel 2009 si è classificato primo al concorso Nella Tela! (sezione 666 passi nel delirio) e ha vinto la quinta edizione del premio NASF. Un suo racconto è stato pubblicato sull’antologia Cronache da mondi incantati dopo essere stato selezionato nella SFIDA del Trofeo RiLL; altri suoi racconti sono apparsi sulle raccolte 365 racconti erotici per un anno della Delos Books, su Corti – Seconda Stagione di Edizioni XII e sulla rivista telematica Sagarana. Dal 2010 è entrato a far parte della redazione di Edizioni XII.

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DAVID DAVID DAVID DAVID JACOBSJACOBSJACOBSJACOBS TRADUZIONE TRADUZIONE TRADUZIONE TRADUZIONE DIDIDIDI SABRINASABRINASABRINASABRINA PASQUALETTOPASQUALETTOPASQUALETTOPASQUALETTO

LE INTERVISTE DI LE INTERVISTE DI LE INTERVISTE DI LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINIGIANLUCA RAMPINIGIANLUCA RAMPINIGIANLUCA RAMPINI

Gianluca Rampini [email protected] ha

35 anni ed è un ricercatore indipendente che si

occupa, in special modo, di ufologia e abductions. In

rete collabora con Ufomachine, Ufoonline, Paleoseti

e altri siti tematici.

Può dirci qualcosa circa il suo background e come è stato coinvolto nel fenomeno dei rapimenti alieni?

Mi dedicai per la prima volta al fenomeno UFO verso la metà degli anni ‘60, quando ero studente presso la University of California a Los Angeles (UCLA). Non sono sicuro del motivo che mi spinse ad interessarmi agli UFO. Mi incuriosivano per qualche ragione. Ho letto libri sull’argomento e continuai ad interessarmene anche quando andai alla scuola di specializzazione presso l'Università del

Wisconsin - Madison, nel 1966. Feci abbonamenti a periodici che parlavano di UFO e mi iscrissi a organizzazioni sul tema. Ho studiato i casi e parlato con i testimoni. Ho pubblicato articoli e recensioni di libri sull'argomento. Ben presto mi resi conto che ero molto più interessato agli UFO che alla tesi di dottorato che stavo scrivendo: “ l'immagine della donna nella storia del cinema”. Ho cambiato la mia tesi sulla storia della controversia UFO . La tesi è stata approvata e ho ricevuto il mio dottorato di ricerca in storia americana nel 1973. In

quei giorni, gli avvistamenti erano tutto. In quel periodo si pensava che il fenomeno delle abductions fosse sicuramente di origine psicologica. Mi interessava poco. Ho intervistato Betty Hill nel 1976 ed è stata una persona vera e sincera, ma che non mi bastava per passare alla ricerca sui rapimenti. Nel 1982 ho incontrato Budd Hopkins. In realtà lo avevo incontrato brevemente un anno prima a una conferenza. Mi diede un documento sui rapimenti, ma non mi interessava e non sono rimasto alla sua lettura. Quando un amico comune mi portò a casa sua nel 1982,

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ero ancora molto disinteressato. Ma, Hopkins era intelligente e stava facendo un ottimo lavoro, correttamente e con attenzione, e quando ha mi spiegato la sua ricerca, mi ha impressionato. Per coincidenza stavo passando le mie vacanze in una città dove stava lui, a Cape Cod nel Massachusetts. L'ho incontrato e sono rimasto ancora più colpito. Mi sono incuriosito su quello che stava facendo. Ho deciso che aveva scoperto qualcosa d’ importante. Mi ci sono voluti altri quattro anni, ma nel 1986, dopo aver appreso tutto quello che avevo potuto sui rapimenti, ho iniziato la mia ricerca utilizzando l’ipnosi, consentendo ai rapiti di ricordare cosa era successo loro. Da quel momento, ho dedicato tutta la mia attenzione al fenomeno abduction e ho condotto oltre 1.000 sessioni con circa 150 rapiti.

Il suo lavoro sui rapimenti ha influenzato altri campi della sua vita?

Cominciare la ricerca sui rapimenti non è stata una bella mossa per la mia carriera. La comunità accademica ritiene che i rapimenti (e gli UFO) siano un’assurdità totale e tutti coloro che trascorrono la loro intera carriera studiando il soggetto devono avere dei problemi seri di giudizio. Così, studiare l'argomento non mi ha aiutato nella mia carriera alla Temple University. Certo, sapevo che sarebbe successo. Ma sapevo anche che non si ha spesso la possibilità di dare un contributo importante in un settore di così straordinaria importanza.

Parliamo del suo lavoro con i rapiti. Come si fa a capire chi davvero è stato rapito e chi non lo è?

Non è così difficile come si potrebbe immaginare di primo acchito. Gli addotti hanno una vita molto particolare piena di fantasmi e di visioni di figure religiose; parlano con gli animali come gufi e procioni e viaggiano sul piano astrale, vedendo parenti defunti e così via. Essi hanno spesso avuto "sogni" nei quali stavano al tavolo con gente strana che li guardava. Hanno avuto "sogni" nei quali tenevano bambini in braccio. Essi hanno visto gli UFO. Questi sono i segni (ma non sempre). Quando sono sotto l'ipnosi non si ricordano di aver parlato con un procione, ma con un alieno. Essi imparano di non aver viaggiato sul piano astrale. Si rendono conto che i loro sogni sono ricordi di esperienze concrete. Ho un questionario sul mio sito (http://ww.ufoabduction.com ) che mi permette di filtrare quelle persone che potrebbero essere degli addotti e quelli che

Budd Hopkins e David Jacobs

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potrebbero non esserlo. Naturalmente, ogni persona deve essere attentamente e seriamente interrogata prima di fare qualsiasi supposizione. Altre persone ricordano le loro esperienze di rapimento senza ipnosi e sanno di essere stati rapiti prima ancora di venire da me. Ciascuno di questi casi deve essere attentamente e seriamente esaminato. Alcune persone pensano di essere rapiti e non lo sono. Alcune persone hanno seri problemi mentali. Capire chi è o chi non è un addotto non è la parte difficile. La parte difficile sta nell’indagare su quello che dicono e capire ciò che è vero e ciò che non lo è.

Quali tecniche usa per indagare?

Nella maggior parte dei casi, le persone vengono da me per scoprire cosa sta succedendo loro. Ricordano flash e pezzi di cose che coinvolgono un periodo a loro mancante e altri eventi straordinari. Vogliono ricordare. L’ipnosi, usata con competenza, li può

aiutare a ricordare. Ho imparato che quando descrivono quello che è successo loro usando piena coscienza della memoria, quei ricordi possono essere estremamente imprecisi. Quindi, l'ipnosi, con tutti i suoi problemi, è ancora il modo migliore per scoprire cosa è effettivamente accaduto. Ci sono ancora un sacco di amatori che provano l'ipnosi, spesso con pochi risultati. Senza saperlo, la gente dirà cose che non sono vere. Essi confabulano. Essi descrivono eventi che hanno inconsapevolmente distorto. Essi saltano sezioni delle loro esperienze. E 'compito dell’ ipnotizzatore competente capire quando la persona è precisa e quando non lo è. Questo richiede un sacco di esperienza e formazione. E 'anche molto importante per l'ipnotista non indurre la persona, non mettere i pensieri nella mente della persona, non mettere le sue idee come la New Age, la religione, la trasformazione spirituale e così via. La precisione è l’obiettivo più importante per l'ipnotizzatore, quando avviene il recupero della

memoria. Aiutare la persona a far fronte con le sue memorie è l'obiettivo più importante dell’ ipnotizzatore dopo il recupero dei ricordi.

Derrel Sims sta iniziando una indagine genetica sugli addotti per vedere se c'è un profilo genetico comune a questo fenomeno. Quali criteri pensa che gli alieni usino per scegliere le persone?

Le prove indicano chiaramente che tutti gli addotti hanno una cosa in comune: sono tutti figli di rapiti. Purtroppo, uno o più dei loro figli sarà anch’egli rapito. Questo aspetto intergenerazionale del fenomeno è stato scoperto molti anni fa da Budd Hopkins. Resta vero anche oggi. Pertanto, penso che sarà molto difficile trovare comuni profili genetici in loro. Quando un addotto sposa un non-addotto, i figli saranno anch’essi dei rapiti. Quando sposano addotti , i loro figli saranno rapiti. Così, il fenomeno ha una casualità che gli permette di pervadere la società umana

Immagine tratta da “Fourth Kind”, in cui nella memoria dei rapiti gli alieni apparivano come gufi

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ovunque. E 'sempre possibile, tuttavia, che ci possa essere un marker genetico che facilita i loro rapimenti o indica chi sono i rapiti.

Quante persone stanno subendo questa intrusione?

Non abbiamo statistiche per nessuna parte tranne che per gli Stati Uniti e a causa del fatto che ogni caso deve essere studiato prima che sia fatta una determinazione, le nostre statistiche sono solo supposizioni sofisticate. Nel 1991 io e Budd Hopkins abbiamo condotto un sondaggio su 6.000 individui scelti a caso per scoprire in che modo molte persone negli Stati Uniti avevano avuto esperienze simili al rapimento. Non abbiamo chiesto se fossero mai stati rapiti, perché sappiamo che la maggioranza dei rapiti questo non lo sa. Il numero al quale siamo arrivati è stato di circa il 2%. Questo numero è estremamente limitato, il numero effettivo potrebbe essere molto più

alto. Ho scritto del sondaggio ne “La minaccia”, se qualcuno fosse interessato.

Pensa che ci sia un modo per fermare un rapimento? Ha mai cercato di liberare i rapiti dalla loro situazione?

Nessun incantesimo o recitare parole religiose o invocare la divinità; nessuna contrattazione o negoziazione o qualsiasi altra cosa che venga dalla bocca o dal cervello può fermare i rapimenti. C'è una persona, Michael Menkin, ( ndr: Menkin a questo proposito ha scritto per Tracce un articolo in esclusiva sul numero 10 ) che ha inventato un cappello che assomiglia a un casco da aviatore della Seconda Guerra Mondiale, rivestito con materiali speciali che fanno da scudo per il rapito e può impedire un rapimento individuale. Purtroppo, la persona non può indossare il casco per tutto il giorno e tutta la notte. Questo, tuttavia, è l'unica cosa che io abbia mai visto che in realtà è efficace nel bloccare un rapimento. Ma, dovete capire che i rapimenti iniziano nell'infanzia e continuano per tutto il corso della vita fino alla vecchiaia. Pertanto, le persone vengono rapite sempre e per sempre. Inoltre, il fenomeno è mondiale. Si potrebbe essere in grado di impedire un rapimento di volta in volta, ma la scala del programma rapimento è massiccia e fermarne solo alcuni è ben poca cosa. Quando si pensa di fermare i rapimenti dobbiamo pensare al problema su scala globale.

Qual è la sua opinione sugli impianti? Ne ha mai trovati o provato a rimuoverli?

Sono molto ottimista circa l'individuazione degli impianti. Molti dei rapiti li hanno fatti uscire con lo starnuto prima di sapere di essere stati rapiti. Gli impianti sono stati gettati via o sono andati persi. Tuttavia, penso che prima o poi ne recupereremo uno e avremo la certezza che si tratta inequivocabilmente di un impianto alieno. Il Dr. Roger Leir è specializzato nella rimozione di impianti dai corpi delle persone (e non dalle loro teste, dove la maggior parte degli impianti sono stati trovati) e ha trovato alcuni aspetti che suggeriscono la teoria di una stimolazione del pensiero. Tuttavia, non si deve solo dimostrare che essi non sono stati fatti sulla terra, ma anche la loro funzione. Senza la comprensione della loro funzione, sarà molto difficile dimostrare che il materiale recuperato dal corpo di un addotto è extraterrestre.

Qual è il miglior modo per dimostrare la realtà di questo fenomeno?

Mi piacerebbe dire che basterebbe il duro lavoro e il costante accumulo di casi da parte dei ricercatori competenti. Tuttavia, so che l'improbabilità e l'implausibilità del fenomeno delle abductions è così alta che probabilmente non sarà mai provata fino a quando non sarà troppo tardi.

Come cambiano le persone

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dopo essere state rapite e dopo essersi rese conto di essere state rapite?

In generale, il fenomeno abduction inizia nella prima infanzia e prosegue per tutta la vita. Fa parte della propria esperienza, anche se potrebbe essere inconscio. Le persone vengono rapite più e più volte e alcuni con grande frequenza. E' la consapevolezza in età adulta di essere stati rapiti che può avere una profonda influenza su di loro; la paura e il trauma che subiscono quando cominciano a ricordare le loro esperienze. Possono diventare molto depressi per un breve periodo. A volte si sentono isolati dalle altre persone. Quando si rendono conto che i rapimenti sono successi a loro molte, molte e molte volte nel corso della loro vita, diventano meno paurosi e si comportano come scienziati/osservatori e riferiscono ciò che sta loro accadendo con la massima precisione possibile. Le prime tre sessioni sono di solito le più difficili e gli addotti hanno bisogno di un aiuto psicologico enorme per affrontare il ricordo di queste esperienze.

Qual è il ruolo degli ibridi nella storia?

Questa è una domanda che richiede una risposta molto complessa. La farò breve. Gli ibridi, aiutano gli alieni in molti modi durante i rapimenti, si prendonoi cura degli ibridi più giovani a bordo di un UFO, conducono le procedure sul rapiti,

sorvegliano il comportamento dell’addotto e, in generale, fanno un gran numero di altre attività utili al programma di rapimento. Ma, il motivo principale per cui gli ibridi sono stati creati e la ragione per cui molti di loro hanno un aspetto così “umano” è che gli ibridi sono il mezzo per raggiungere il loro fine. Le prove che ho scoperto suggeriscono che gli ibridi con sembianze umane sono stati creati in gran numero per integrarsi nella società umana.

Qual è l'obiettivo principale di questo programma?

Gli addotti hanno dato un sacco di testimonianze su ciò che gli ibridi stanno facendo.

Il mio prossimo libro sarà sulla burocrazia e i processi di integrazione ibrida nella società. Non conosciamo tutte le ragioni per le quali vogliono fare quello che stanno facendo. Non sappiamo l'impulso che sta alla base del programma di integrazione. Gli ibridi non si conoscono. Gli alieni sanno ma non vogliono dare questa conoscenza ai rapiti.

Quando ha avuto inizio tutto?

Utilizzando storie di famiglia e di altri metodi, possiamo datare il fenomeno con un relativo grado di precisione alla fine del XIX secolo. Forse un po' prima, ma le prove sono poche.

Un ibrido alieno, disegnato su descrizione di un rapito

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Ha avuto la possibilità di capire chi sono questi alieni?

Dopo quasi cinquanta anni di ricerca sui rapimenti da parte di molte persone, non sappiamo le loro motivazioni né i loro scopi. Non sappiamo da dove vengono. Non sappiamo come sono arrivati qui. Non sappiamo niente della loro tecnologia. Sappiamo poche cose sulla loro società.

Che tipo di connessione pensa che ci sia tra gli alieni e i governi umani?

Non ho sentito nessuna delle persone con cui lavoro dire nulla su qualsiasi governo. Per quanto ne so i governi non conoscono il fenomeno abduction e non se ne curano.

Ha percepito un'evoluzione nei loro programmi? Stanno accelerando o si tratta di un lavoro costante?

Nel 2003 ho notato un cambiamento significativo nei racconti di alcune persone. Hanno parlato del programma di integrazione e dei loro ruoli personali per aiutare gli ibridi a vivere nella società. I loro rapimenti sono stati molto più frequenti rispetto a quelli di persone che non sono addetti all’integrazione degli ibridi

Cosa ne pensa dell’Esopolitica e dell'idea di alieni “buoni”?

L’esopolitica non è mai venuta fuori nei racconti dei rapiti. Gli alieni sono qui per

i loro scopi. Non sono qui per rendere la nostra società migliore secondo i nostri standard. Potrebbero pensare che la nostra società sarebbe meglio con i loro standard. Non mi piace e non voglio i loro standard.

Qual è lo scenario futuro per l'umanità?

Sono molto, molto, pessimista. Il problema è che ci possono controllare neurologicamente e noi non possiamo controllare loro. Questo fa di noi una specie inferiore soggetta alla volontà di una superiore. Ovviamente, le implicazioni di tutto questo non sono buone.

Bene, ti ringraziamo per il tempo che ci hai concesso, buon lavoro e alla prossima.

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Franco Pavone

Nella nostra continua ricerca di notizie e documenti che riguardano l’ufologia, ci si imbatte alcune volte in situazioni strane che ci portano al quesito principale che è quello se il documento in questione sia vero o falso . Purtroppo l’assenza di prove concrete o fisiche, come amano dire i rappresentanti della scienza ufficiale, è una palla al piede che dà al caso in questione una scarsa credibilità o addirittura la completa falsità . Ma mi permetto di obiettare che come non ci sono prove materiali dell’attendibilità della faccenda in quel momento analizzata, non ci sono prove attendibili neanche del contrario, a meno che i testimoni o il testimone di quel caso non siano truffatori acclarati di cui si ha evidenza . La stessa cosa si può dire se sul problema in questione ci siano documenti declassificati o meno

, perché nessuno può affermare con certezza se quei documenti siano originali o inventati di sana pianta e quindi ciascuno di essi può essere vero o artefatto , e questo vale tanto per fare un esempio , sia per i tanto vituperati files Majestic

12 , che per altri documenti cosiddetti ” ufficiali ” . Perché purtroppo da quando ” qualcuno ” ha insinuato negli addetti ai lavori e nell’opinione pubblica il dubbio che tanti documenti vengano declassificati e resi pubblici per fare

PAGINE DEL CUTPAGINE DEL CUTPAGINE DEL CUTPAGINE DEL CUT

Il CUT è una associazione, apartitica, non settaria e senza scopi di lucro, che ha il compito di divulgare, analizzare e studiare tutto ciò che riguarda il problema UFO (Unidentified Flying Objects) e materie connesse. Questo centro di studio, composto da validi ricercatori, razionali ma con la mente aperta, non ha una risposta univoca sull’origine, la natura e la provenienza degli UFOs. Al momento la più probabile ipotesi di lavoro è quella che alcuni UFO siano davvero di origine “estranea” al nostro Pianeta. Per qualunque informazione contattare il nostro indirizzo email [email protected]

I FILES I FILES I FILES I FILES SEGRETI SEGRETI SEGRETI SEGRETI DEL PROJECT DEL PROJECT DEL PROJECT DEL PROJECT AQUARIUSAQUARIUSAQUARIUSAQUARIUS

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disinformazione , non si sa più che cosa è vero o che cosa è falso . Quindi sono sempre più convinto che le testimonianze umane oltre alle esperienze strettamente personali, sono tutto quello che abbiamo a disposizione per acclarare la verità dei fatti , in attesa di una rivelazione globale , e se queste testimonianze valgono per i processi penali o civili , dove svariate volte si è condannati o assolti per tale motivo , la cosa è attendibile e lampante . Questa lunga ma dovuta premessa serve ad introdurre un altro caso controverso ma allo stesso tempo affascinante che ci ha molto interessato e che riguarda i files di presunta provenienza governativa del Project Aquarius . A dire la verità questi casi controversi sono , a dispetto degli scettici di turno prevenuti per i motivi che abbiamo illustrato in precedenza, molto interessanti sulla nostra strada per la ricerca della verità , perché se non altro ci fanno capire risvolti che altrimenti rimarrebbero oscuri . Come sappiamo , ed è stato riportato anche recentemente dall’attento ricercatore Pablo Ayo nel suo interessante libro “Alien Report”, pare che nel Febbraio 1954 una ” presunta ” delegazione aliena ebbe un ” presunto ” incontro con il Presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower , 34° Presidente americano dal Gennaio 1953 al Gennaio 1961 , nella base area di Muroc Air Field nel deserto della California , oggi diventata base Edwards , con testimoni tra gli altri : il noto reporter Franklin Allen , il vescovo di Los Angeles James Me Intyre , grande autorità ecclesiastica e il conosciutissimo uomo d’affari Gerald Light. Tra l’altro pare che gli alieni volessero rendere palese la loro presenza sulla Terra , ma il Presidente USA negò questa eventualità , perché non riteneva pronta l’umanità a

questo clamoroso contatto . In effetti quel giorno per giustificare l’assenza di Eisenhower dai suoi soliti compiti istituzionali, fu data l’intera giornata ! Qualche anno fa il giornalista e ricercatore Maurizio Baiata parlò di questo evento in una puntata tv del Maurizio Costanzo show , dove gli fu concessa scarsa credibilità , e questa è l’ennesima dimostrazione che se un fatto lo afferma un qualche ” esperto ” dell’ufologia italiana , la cosa è veritiera , se lo afferma qualcuno che non rientra nelle grazie dell’establishment ufologico nostrano , allora quella persona o non è sana di mente o non ha prove concrete . Purtroppo cose già viste . Ma stranamente proprio recentemente alcune riviste a tiratura nazionale hanno rispolverato il caso con nuove testimonianze , rivalutandolo con una dichiarazione dell’Onorevole Henry W. Me Elroy Jr. , rappresentante dello Stato del New Hampshire in pensione , che ha affermato nel Febbraio 2010 che l’ex Presidente USA, tramite una lettera di provenienza militare , era stato informato negli anni precedenti all’incontro di Muroc , della presenza aliena sulla Terra e quindi questa faccenda si riallaccia al Project Aquarius di cui voglio scrivere in questo articolo . L’allora Presidente americano , una volta informato su questa sconvolgente realtà , dovette decidere sul da farsi per creare gruppi di ricerca con esperti in grado di studiare , entrare in contatto ed integrarsi con la realtà aliena . Eisenhower ritenne insieme ai vertici militari dell’epoca , che gli UFO rappresentavano una minaccia per la sicurezza nazionale e quindi nel 1953 , un anno prima dei fatti di Muroc , creò il Project Gleem ( Progetto Bagliore ) , divenuto poi dal 1966 il segretissimo Project

Aquarius ( Progetto Acquario , portatore d’acqua , in questo caso portatore di segreti alieni ) . Aprendo una parentesi , nel 1985 il ricercatore Chris Lambright fece una richiesta ufficiale alla NSA ( National Security Agency ) , per avere copia di qualche documento declassificato attestante il presunto Project Aquarius , ma questi gli risposero che la cosa poteva arrecare gravi danni alla sicurezza nazionale; ma se tale progetto era falso , la NSA avrebbe dovuto rispondere che tali documenti non esistevano , mentre invece gli comunicarono che c’erano problemi per la sicurezza , quindi evidentemente qualcosa esisteva ! Nonostante Lambright abbia insistito nella sua richiesta tramite il Freedom of Information Act ( FOIA ) la legge sulla libertà di informazione americana , non ha ottenuto nulla dalla NSA . Infatti le poche informazioni che si hanno sul Project Gleem-Aquarius sono opera degli insiders come Michael Wolff ed altri . Queste fonti collegano inoltre Aquarius al Darpa ( Defense Advanced Research Project Agency ) e affermano che per coprire i veri intendimenti del progetto , fu usata una copertura di comodo . Questa copertura consisteva , secondo alcuni documenti del FOIA indicati con il seguente codice : AD 507.423 relazione trimestrale Project Aquarius , in un programma di sorveglianza oceanica per dimostrare sperimentalmente la potenza dei missili balistici lanciati da sottomarini e aerei in epoca di Guerra Fredda , con la possibilità di individuare navi e sottomarini oltre l’orizzonte con l’ausilio di radar e sonar monostatici . Quindi apparentemente niente a che fare con gli UFO . Ma secondo molti ricercatori e insiders , la NSA ha fatto opera di disinformazione , rilasciando

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notizie fuorvianti al fine di influenzare l’opinione pubblica e gli ufologi privati . Stranamente però un telex rilasciato dalla stessa NSA ( anche questo per opera di disinformazione ? ) , menziona assieme all’Aquarius Project anche l’MJ 12 , e il ricercatore americano Bill Moore , coautore con Charles Berlitz del libro : The Roswell incident, parla di tre progetti apparentemente diversi : Aquarius A , Aquarius B e Aquarius C , in un suo libro del 1990 , dove si conferma il timore dell’NSA sul fatto che ” tali rivelazioni possono causare un danno grave per la sicurezza nazionale ” . Insomma si dice e non si dice se questo progetto riguarda gli UFO e ne comprendiamo perfettamente i motivi , perché questa è semplicemente strategia della confusione . Come abbiamo detto prima , il presunto Project Aquarius era stato creato nel 1953 su ordine del Presidente Eisenhower con tre finalità : studio , contatto e integrazione con forme di vita intelligente esogene . Come sappiamo però , e questa è storia , precedentemente altri progetti governativi erano stati creati ad hoc per studiare gli UFO e le eventuali entità biologiche che li governavano . Ricordiamo il Project Sign in seguito ribattezzato Project Saucers con centinaia di rapporti ai confini della realtà . Fu poi la volta del Project Grudge agganciato all’Air Technical Intelligence Center a Wright Field . Nello stesso periodo degli anni quaranta , l’allora Presidente Harry Truman , 33° Presidente USA dall’Aprile 1945 al Gennaio 1953 , creò il Majestic 12 per lo studio e il recupero degli UFO precipitati . Si vocifera anche di altri Projects quasi sconosciuti come il Project Orcon e il Project Snowbird , adibiti rispettivamente all’influenza

avuta sull’evoluzione umana dalle culture aliene e allo studio della loro tecnologia . Abbiamo tralasciato volutamente il Project Blue Book ( Libro Azzurro ) , perché ormai lo si conosce a menadito . Quando Eisenhower fu informato dall’MJ 12 del fatto che esistevano rapporti sui cosiddetti UFO-crash e rapporti UFO dal Project Gleem -Aquarius , con la collaborazione dello stesso MJ 12 , della NSA , della CI A , della Defense Intelligence Agency ( DIA ) , oltre che dal Center Command Military National del Pentagono , capì che bisognava occultare il tutto sotto il manto della sicurezza nazionale , il mondo non era pronto alla rivelazione sulla realtà aliena . Il Maggiore dell’Aeronautica Donald E. Keyhoe aveva già rivelato nelle pieghe del suo libro : The flyng saucer conspiracy ( Henry Holt e Company 1955 ) , parte di questi segreti . Susseguentemente al crash di Roswell e alla creazione dell’ormai arcinota base non più segreta Area 51 , fu creato il Project RedLight ( luce rossa ) , che studiava la tecnologia di propulsione dei velivoli non identificati. Tra l’altro pare che il primo direttore di Dreamland ( terra di sogno ) , come viene chiamata tutt’ora l’Area 51 , fu Edward Teller , il padre della bomba all’idrogeno . Nella mia lunga ricerca ho scoperto che il Project Aquarius era anche adibito allo studio , da un punto di vista medico , delle entità biologiche extraterrestri ( EBE ) , menzionate nel suo libro : The day after Roswell , anche dal Colonnello Philip J. Corso , e che queste entità non erano aggressive . Quando il Project Blue Book fu chiuso , il Project Aquarius passò sotto il controllo dell’MJ 12 e del National Security Council , e gli studi seguenti confermarono il fatto che le EBE erano interessate alle basi militari ,

soprattutto dove c’era armamento nucleare . Si spiegano così allora le motivazioni dei fatti di Roswell e il loro timore dell’uso che si poteva fare dell’energia atomica . Evidentemente film come : Ultimatum alla Terra del 1951 , erano stati prodotti per spiegare con la fiction avvenimenti reali. In effetti come diceva Goethe , pochi hanno fantasia sufficiente ad immaginare la realtà . Tornando ad Aquarius , un altro paragrafo interessante afferma che la prima visita aliena sulla Terra risalirebbe a oltre 2000 anni fa , con questi antichi progenitori esogeni che avrebbero inserito sul nostro pianeta degli esseri che crearono la civiltà umana . Noi saremmo in pratica i loro discendenti , ma chiaramente qui siamo in un campo ipotetico , anche se può darsi che vi siano indizi a sostegno di questa tesi. Nella mia ricerca , oltre ad Aquarius ho scoperto altri Projects poco conosciuti inerenti gli UFO , in special modo su misteriosi siti Internet ballerini in lingua straniera , che oggi sono consumabili e domani no , cancellati in maniera sospetta . Ne riporto i nomi , per una serietà e precisione di informazione : Project Sigma , adibito al primo contatto con civiltà aliene , Project Plato , adibito alle future relazioni diplomatiche con gli alieni ( Esopolitica ) , il già citato Project Aquarius , progetto storico-analitico della presenza aliena sulla Terra e della sua integrazione con la razza umana , Project Pluto , valutazione di tutte le informazioni relative agli UFO e agli IAC ( velivoli alieni identificati ) , Project Pounce , recupero velivoli alieni precipitati, Project Redlight, test ed esperimenti su velivoli alieni recuperati , effettuati a Groom Lake nell’Area 51, Project Snowbird , progetto di copertura del Redlight per la

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costruzione di un velivolo discoidale con tecnologia terrestre per spiegare gli avvistamenti UFO con tecnologia convenzionale agli occhi dell’opinione pubblica , Project Bando , per raccogliere informazioni mediche sulle creature aliene sopravvissute agli UFO-crash , al recupero dei corpi e per fornire risposte sulla loro evoluzione , Project Blue Book , progetto di raccolta di informazioni e rapporti di avvistamento , nonché soprattutto di disinformazione , che una volta chiuso fu assorbito stranamente dal Project Aquarius, Project Carnet , responsabile del controllo di tutte le informazioni e dei documenti concernenti la materia aliena , NRO , National Reconaissance Organization con sede a Fort Carson , Colorado , responsabile della sicurezza degli alieni e dei loro velivoli, Project Delta , gruppo operativo addetto alla protezione dei progetti riguardanti gli alieni , Luna Groupment , nome in codice dei silencers o men in black ( MIB ) , Project Blue Team , primo progetto creato per il recupero dei velivoli non identificati gestito dall’ U.S. Air Force Material Command . Progetti come si vede quasi sconosciuti , gestiti e supervisionati probabilmente dall’MJ 12 , cominciando dal nostro Project Aquarius , con un rapporto classificato : Report Number 13 , che contiene le uniche informazioni importanti del progetto , mai divulgate nonostante il FOIA e che non è accessibile neanche oggi nel 2011 . Poi ci tocca sentire ancora domande del tipo : ma esistono gli UFO ? E invece pare che le risultanze esogene dei files Aquarius siano servite e molto al programma spaziale americano , contribuendo a farlo progredire di molto e culminato con gli sbarchi sulla Luna e chissà se in URSS è

avvenuta la stessa cosa nei Project UFO sovietici. Un briefing Aquarius organizzato per il Presidente Jimmy Carter , tra l’altro testimone di un importante avvistamento UFO , citava il caso Kenneth Arnold e il disco volante precipitato a Roswell, con i suoi occupanti alieni . Inoltre menzionava un altro UFO-crash datato 1958 nel deserto dello Utah , con un veicolo trovato in ottime condizioni , abbandonato per qualche ragione sconosciuta dal suo equipaggio . Gli scienziati americani considerarono l’oggetto una ” meraviglia tecnologica ” , ma il suo funzionamento non fu compreso appieno . Dopo accurate indagini , le gerarchie militari e scientifiche appurarono che le intenzioni delle entità esogene non erano ostili , ma che non si poteva fare una rivelazione mondiale per paura del panico . Però in effetti c’era un piano governativo atto a rivelare gradualmente la presenza aliena , anche con produzioni cinematografiche orientate e forse il Project Aquarius rientrava in tale contesto . Nel progetto si fa riferimento anche all’atterraggio UFO della base di Holloman dell’Aprile del 1964 , e lo citiamo perché il famoso film : Incontri ravvicinati del terzo tipo , del 1977 , del regista Steven Spielberg , girato con la consulenza di Joseph Allen Hynek , lo ricostruisce nella sua stupenda scena finale . Inoltre il documento rivela che la Cia custodisce nel suo quartier generale di Langley in Virginia , un enorme volume intitolato : ” La Bibbia ” , con tutti i nomi e le direttive dei Project americani sugli UFO e la vita extraterrestre intelligente . A quanto pare il servizio investigativo del Project Aquarius , teneva anche sotto controllo l’APRO ( Aerial phenomena research organization ) dei coniugi Jim e

Goral Lorenzen , per monitorare lo sviluppo delle loro indagini , essendo in quel momento il centro di studio privato sugli UFO più rinomato degli USA . Un presunto telex datato 17-11-1980 , con scambio di informazioni tra le sedi della base di Bolling a Washington , quartier generale dell’AFOSI , Air Porce of Special Investigations ( ufficio di investigazioni speciali dell’Aeronautica ) e la base AFOSI di Kirkland , cita delle cose estremamente interessanti , cominciando dal fatto che l’Usaf non è più attivo (!) nella ricerca UFO , però si interessa degli avvistamenti di UFO su basi militari e sui siti di test missilistici . Ma altre agenzie governative coordinate dalla Nasa , si muovono attivamente sui casi UFO ritenuti attendibili tramite organizzazioni di copertura , tipo TUFO Reporting Center e il Geodetic Survey , con la Nasa che filtra i rapporti per appropriati reparti militari e di intelligence , interessati a quel particolare avvistamento . Inoltre per la particolare politica del Governo USA , i rapporti con i risultati del Project Aquarius sono ancora classificati ” top secret ” , non accessibili al di fuori dei canali di intelligence e con accesso limitato solo al tanto vituperato Majestic 12 . Questo presunto telex , è stato chiamato ” Aquarius Document ” . Sulla sua attendibilità però ci sono molti dubbi , e in effetti questo dimostra e conferma che infiltrazioni governative raccolgono informazioni sui centri ufologici per diffondere false informazioni che creano scompiglio , e non si sa mai dove comincia la realtà e dove la finzione . Dimostra anche come sia impossibile far uscire dagli archivi i fìles veramente importanti. Nella mia ricerca ho anche scoperto, non ne ho però le prove materiali, che alcuni documenti sono talmente

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protetti, che sono composti da un tipo di carta speciale che si disintegra dopo pochi secondi di esposizione all’aria , come nei migliori film di James Bond . Alcuni di questi fìles Aquarius pare che parlino di un accordo tra il Governo americano ed ipotetici extraterrestri . Il Project Aquarius era originariamente inserito in un più ampio programma definito ALPHACOM , che significava ” prima comunicazione ” . Ci furono dei tentativi di dialogo con le entità aliene con un sistema di comunicazione chiamato ” PICTURE GRAPHICS ” , dove il linguaggio extraterrestre era convertito in immagini-video . I presunti alieni avevano più volte sorvolato basi atomiche USA , disattivando i sistemi di controllo e quindi le autorità militari vararono un programma tecnologico per evitare questo tipo di influenza sulle armi nucleari . Questo ci fa ricordare come negli anni della Guerra Fredda si rischiò un conflitto nucleare tra la Nato e il Patto di Varsavia per colpa degli UFO , perché intrusi penetravano nei rispettivi spazi aerei , con le opposte fazioni convinte che questi intrusi non erano altro che ricognitori spia del nemico , come l’iconografìa di quei tempi acclarava . Si ha addirittura menzione durante la guerra in Vietnam del recupero di un velivolo non identificato subacqueo , classificato per comodità come sottomarino russo . Dagli studi su questi oggetti , pare che essi distorcano lo spazio-tempo , e questo confermerebbe la teoria astrofisica dei cunicoli spazio-temporali , i cosiddetti wormholes , e il fatto che essi possono rendersi invisibili , come tanti avvistamenti UFO dimostrano , quando questi oggetti apparentemente svaniscono di colpo come inghiottiti da un’altra dimensione . Inoltre cosa strana

, anche se questo è un punto di cui sono stato sempre convinto , se un UFO subisce un’avaria , esso non si schianta , ma si adagia dolcemente nel cratere di impatto . Inoltre pare che il Blue Book sapesse perfettamente cosa erano quegli oggetti, aldilà delle dichiarazioni di comodo , e uno dei più noti UFO-scettici , Philip Klass , presunto giornalista aerospaziale , è un probabile debunker che lavora per l’intelligence . Inoltre dalle risultanze Aquarius , emerge che i dati scientifici raccolti su UFO e alieni sono stati inseriti in saggi di letteratura scientifica pubblicati in America . Dalla loro biologia risulterebbe che respirano come noi, nonostante il fatto che il cuore è connesso ai polmoni mediante un unico organo , cosa che osservammo stranamente anche nella falsa autopsia del Santilli – footage . Risulta anche che si baserebbero sulla vita vegetale , assorbendo il nutrimento per via epidermica , espellendo le scorie per secrezione cutanea e qui sembra di vedere il film : “La cosa da un altro mondo” del 1951 .Si cita anche il nome di un certo Dott. Guillermo Mendoza , addetto alle ” autopsie ” , nome rintracciabile facilmente su Internet , componente del National Research Council Associateship . Fin qui quello che abbiamo scoperto sul fantomatico Project Aquarius . A corollario di ciò , per dimostrare quante coincidenze strane ci sono nel mosaico dell’ufologia , voglio raccontare di due enigmatici libri da me reperiti nel mio peregrinare nelle librerie dell’usato e non di Tarante in quasi 40 anni di studi, due delle decine di libri in nostro possesso sulle tematiche a noi care . Il primo si intitola : Alerte aux ovni, scritto da un certo E. M. Archdeacon , chiaramente uno pseudonimo , pubblicato nel 1976 dalle edizioni francesi

Pigmalion , in Italia pubblicato dall’Editore De Vecchi di Milano nel 1977 in 270 pagine , dal titolo : Allarme UFO , romanzo-inchiesta realizzato con la collaborazione di Robert Bernadini , nome fittizio , dell’Ufficio Ricerche del Dipartimento di Polizia di San Francisco . Chiaramente essendo una storia vera , i nomi originali dei personaggi in questione sono stati cambiati , anche per pericolo di ritorsioni. In questo libro pubblicato appunto nel 1976 , si narra nelle sue pieghe con altre denominazioni di : Majestic 12 , Mib o silencers , UFO-crash , basi segrete tipo Area 51 , progetti segreti di ricerca UFO , quando di questi argomenti nessuno sapeva ancora nulla , tranne forse un certo Frank Scully , e non erano entrati nell’immaginario dell’opinione pubblica. Nella presentazione di questo enigmatico tomo è scritto sul retro di copertina : « Gli UFO esistono . Contro ogni convinzione , malgrado lo scetticismo della scienza ufficiale e il silenzio delle autorità , sono una realtà documentata . E’ quello che , suo malgrado , dovrà ammettere il protagonista di questo racconto , un uomo come tanti che si trova improvvisamente al centro di una situazione inspiegabile e allucinante . L’episodio , realmente vissuto e documentato negli archivi segreti di alcuni ministeri , è raccontato come se si trattasse di un’avventura , più appassionante di un romanzo giallo » . Argomentazioni che ripeto non erano ancora di dominio pubblico . L’altro libro è invece un romanzo in piena regola , scritto da Giordano Pitt, titolo : UFO , costellazione miraggio , pubblicato nel 1975 dall’Editrice Mursia di Milano ( ! ) in 260 pagine , storia di fantasia ( ! ) , ma che parla anch’essa di basi segrete , con stanze occultate contenenti

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cadaveri alieni , UFO-crash , Mib , progetti e organizzazioni segrete simil Aquarius e MJ 12 , con un giornalista che indaga mettendo la sua vita in pericolo , e inoltre un UFO-crash nelle isole Svalbard , allo Spitsbergen , evento forse realmente accaduto nel 1946 , e quando ancora non se ne parlava diffusamente . Questi due libri sono solo un caso , o sono un’anteprima di rivelazioni sconvolgenti creati ad arte ? Chi vivrà vedrà , ma consiglio caldamente a chi riesce a reperirli , di leggerli, e non rimarrà deluso perché qui si parla di 1975 e 1976 , 36 anni fa . Detto senza polemica alcuna , i fautori di un certo tipo di ufologia adesso si scandalizzeranno , ma purtroppo non ci possiamo fare niente . Bisogna riportare i fatti così come si scoprono , a dispetto della mancanza di prove , quelle in un senso o nell’altro le potrà portare solo il tempo . Noi siamo gli ” ufologi ” del “presunto ” , ma anche quelli del coraggio delle nostre ricerche e studi, nonché delle nostre idee . Il resto lo lasciamo ai sapienti dell’ufologia italiana , ma come ho detto in un’altra occasione , non ci sono laureati in ufologia e forse l’unica cattedra del genere è ubicata all’Accademia delle Scienze russa . Bisogna riportare tutto quello che si scopre , piaccia o no e non solo quello che ( ci ) aggrada , sennò non è più ricerca vera , ma solo quello che più conviene per motivi di opportunità e per paura di non esporsi al ridicolo per non perdere le proprie posizioni . Questa è la vera ricerca libera e senza condizionamenti , credo su cui si fonda il pensiero del Centro Ufologico Taranto , perché ovviamente non ci rende succubi di nessuno . Quindi liberi di dissertare di qualunque argomento , senza essere creduloni ma neanche con disprezzo prima dell’indagine ,

come diceva un certo Hynek . Se questo fatto ci rende un po’ scomodi in certi ambienti , pazienza , noi continuiamo per la nostra strada . Solo il tempo potrà dire se i fatti fin qui esposti sono veri o falsi, non abbiamo prove in un senso o nell’altro , del resto abbiamo solo cercato di fare informazione , senza emettere giudizi, per tentare di capire , perché se non se ne parla non troveremo mai la verità , che nessuno ha in tasca o precostituita e nessuno è in grado di emettere sentenze sommarie sugli argomenti in questione . Abbiamo solo testimonianze , anche sui files Aquarius . E anche se un domani non scopriremo niente di sicuro , il nostro tempo non è trascorso invano , perché è sempre bello e gratificante andare a caccia della verità , qualunque essa sia , quindi bisogna essere ottimisti e come disse una volta il primo ministro inglese Winston Churchill : « Gli ottimisti vedono opportunità in ogni pericolo , i pessimisti pericolo in ogni opportunità » . Però , concludo , chi va a caccia di stelle in maniera onesta , può anche rimanere a mani vuote , ma mai sporche di fango .

FONTI BIBLIOGRAFICHE

Siti Internet stranieri sconosciuti sui files Aquarius .

POST SCRIPTUM

Recentemente ho di nuovo visionato il bellissimo film del regista Ron Howard : Apollo 13 , girato nel 1995 , con interpreti gli attori : Tom Hanks , Kevin Bacon , Bill Paxton , Gary Sinise , Ed Harris, basato sulla vera storia della navicella americana destinata a sbarcare sulla Luna nell’Aprile del 1970 sull’altipiano di Fra Mauro , come terzo sbarco americano sul nostro satellite , missione fallita per un guasto ad una serpentina

difettosa che causò un piccolo corto circuito con conseguente perdita di ossigeno vitale per la vita degli astronauti a bordo , e di cui sono ancora in possesso dei giornali dell’epoca . La storia degli astronauti Jim Lovell, Fred Haise e Jack Swigert, definito il più grande fallimento di successo , per la grande bravura e il coraggio dei tecnici a terra capitanati dal direttore di volo Gene Kranz , oltre che dall’astronauta Ken Mattingly , sostituito nella missione da Jack Swigert per colpa del morbillo , e con la competenza dell’eroico equipaggio che lotta contro il tempo e contro le avversità per tornare a casa , riuscendoci . Pochi sanno però un particolare forse insignificante e forse no . Il modulo lunare che avrebbe dovuto portare questi eroi sulla Luna e che invece fu usato per portarli sani e salvi sulla Terra , era stato chiamato modulo ” AQUARIUS ” , forse collegandolo ai misteri ufologici lunari dell’Apollo 11 . Una coincidenza ? O un nome evocativo ? Non lo sappiamo . Fatto sta che le coincidenze in effetti cominciano a diventare un po’ troppe , ma come abbiamo detto in precedenza , solo il tempo ci darà conto in un modo o nell’altro.

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CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Ventidue Dicembre 2012: questa data ormai da qualche tempo rimbalza in modo sinistro su molti siti internet, nelle liste di discussione e in numerosi libri nei quali l’argomento si presenta come sfondo per catastrofiche storie. Questo particolare giorno, come un arcano gioco matematico, è in pratica la nuova caratterizzazione di una paura che puntuale ricorre a ogni millennio, quella della fine del mondo. Seguendo il calendario Maya, ci troveremmo attualmente nell’Età dell’Oro, la quinta delle precedenti quattro Ere, (Acqua, Aria, Fuoco e Terra); la nostra Era vedrà il suo termine esattamente il ventuno dicembre dell’anno 2012 e, come accadde per le precedenti, la sua fine

coinciderà con una serie di immani sconvolgimenti ambientali, causati da una inversione del campo magnetico terrestre dovuto ad uno spostamento dell’asse del pianeta. Questo scenario, in verità, non ci è del tutto nuovo; tutte le previsioni apocalittiche hanno sempre avuto come sfondo questo genere di sconvolgimenti, ma perché oggi questa data sembra fare più paura di tutte le altre? C’è qualcosa di vero in quella che dovrebbe essere la nostra ultima apocalisse? Lo scopo di questa ricerca non sarà soltanto quello di descrivere gli scenari relativi all’anno 2012 e le teorie sviluppate in merito dai vari ricercatori, ma anche di vagliare gli elementi disponibili alla ricerca di una qualche verità che possa in qualche modo avallare i timori diffusi. Rispetto allo

Roberto La Paglia [email protected] , oltre ad essere giornalista freelance, è scrittore e ricercatore. Mente fervida, alimentata da un intenso ed inesauribile desiderio di ricerca, attraverso le sue opere, accompagna i lettori in un viaggio verso l'ignoto, guidandoli nei meandri più nascosti delle dottrine occulte ed esoteriche. Uno dei suoi ultimi libri è “Archeologia Aliena” (Ed. Cerchio della Luna, 2008).

2012201220122012

L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA L’ULTIMA APOCALISSEAPOCALISSEAPOCALISSEAPOCALISSE VERITÀ VERITÀ VERITÀ VERITÀ EEEE FANTASIEFANTASIEFANTASIEFANTASIE SULSULSULSUL DISASTRODISASTRODISASTRODISASTRO FINALEFINALEFINALEFINALE

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scenario proposto, il termine apocalisse è quanto meno appropriato ed esprime in maniera coerente quanto dovrebbe accadere, ma sarà davvero l’ultima? A questo quesito non sarà facile rispondere, soprattutto in mancanza di elementi che possano determinare un ampio raggio di prove a sostegno delle diverse teorie; unico dato certo è che sicuramente, se avverrà, non sarà sicuramente la prima: le cronache antiche riportano, spesso con dovizia di particolari, le immani catastrofi alle quali venne sottoposto il nostro pianeta, catastrofi che agli occhi degli antichi osservatori rivestivano sicuramente carattere apocalittico e mondiale, soprattutto rispetto alla loro visione della terra. Inutile ricordare il diffuso ricordo del Diluvio Universale, le glaciazioni e gli innumerevoli meteoriti che da sempre bersagliano la nostra amata terra. Parlare del 2012 non rappresenta certo un compito semplice da assolvere; troppo facilmente si potrebbe cadere nella trappola della semplice ricerca che impressioni il lettore, sfruttando uno dei tanti aspetti delle fobie sulla fine dei tempi, paura e intrigo allo stesso tempo. Si potrebbe anche tentare la carta del solito libro sullo stato di salute del nostro pianeta, spiegando la paura del 2012 e le profezie che la riguardano come la causa scontata del nostro irrazionale comportamento rispetto all’ambiente che ci circonda; non sarebbero meno interessanti i vari filoni fantascientifici o riguardanti gli studi ufologici, ma esiste sempre una via di mezzo, quella che racchiude insieme

gli argomenti, li analizza e lascia semplicemente al lettore la facoltà di credere o non credere, oppure di abbracciare una determinata tesi rispetto alle altre. Proprio quest’ultimo è il parametro che si è sforzati di seguire, analizzare semplicemente tutto quello che riguarda l’argomento 2012 e riportare in maniera semplice ogni storia e conclusione, rispettando i principi della divulgazione che sono alla base del sapere e del diritto – dovere alla conoscenza. D’altra parte è anche vero che le profezie riguardanti la fine dell’umanità sono innumerevoli: c’è chi prevede fiamme e fuoco dal cielo, chi terremoti e catastrofi naturali, chi l'impatto di un meteorite, chi parla di guerre nucleari a cui la razza umana non sopravvivrà o quantomeno solo pochi meritevoli o “risvegliati”. Eppure, in questo terribile scenario, ciò che colpisce maggiormente i lettori non sono le differenze tra le varie profezie, bensì le loro somiglianze. Avviene a volte infatti, che autori diversi, appartenenti a epoche storiche diverse, senza sapere nulla l’uno dell’altro, descrivano scene simili. I profeti erano considerati dei viaggiatori del tempo, riuscivano ad andare avanti e dare uno sguardo a quello che sarebbe stato il destino, (o uno dei tanti probabili destini), della storia umana. Diverse profezie divenute famose descrivono una sorta di catastrofe che si abbatterà sul nostro pianeta e sarà preannunciata da tre giorni di buio su tutta la terra; il ventuno dicembre 2012 potrebbe essere la data fatidica, il giorno nel quale la

rotazione terrestre sul proprio asse si fermerà per ben settantadue ore, per poi riprendere in senso inverso. La conseguenza di una tale anomalia sarà innanzitutto l’inversione dei poli magnetici, ma non meno trascurabili saranno le anomalie climatiche e sismiche. Un anno nefasto quindi che vanta già numerosi, sinistri, appellativi, tra i quali: “la fine del mondo”, l’epoca dei cataclismi”, “l’anno del rinnovamento spirituale”. Resta il fatto che, per quanto temuta, la fine del mondo è stata sempre attesa, ma cosa si intende esattamente con questo termine? Pensare che la terra, così come la conosciamo, finisca drasticamente in un’enorme massa di polvere confondendosi con i detriti che viaggiano nello spazio, sarebbe quantomeno sinistro anche se non improbabile; è comunque interessante avvicinarsi ad una diversa ipotesi, quella di una fine del mondo che conosciamo inteso come coscienza, livello tecnologico e progresso. Pare comunque che il fenomeno legato al 2012 sia del tutto naturale per la nostra Terra e che, stando al computo del tempo del calendario Maya basato sulla “precessione degli equinozi”, si manifesti con regolarità ogni 12.960 anni (a seconda dell’attendibilità delle fonti questa cifra risulta diversa, anche se poi tutte le interpretazioni sono concordi riguardo alla data del 2012, inizio dell’era dell’Acquario). E anche se a tutto oggi è taciuto, sembrerebbe noto anche alla scienza ufficiale che sfrutterebbe, tra i numerosi metodi di datazione,

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proprio l’inversione magnetica terrestre. La Terra avrebbe iniziato la sua fase di rallentamento già intorno agli anni ’60 del novecento (primi rilevamenti effettuati), un rallentamento iniziale di portata sicuramente infinitesimale, ma che comunque è stato taciuto. Questa lenta frenata avrebbe un andamento esponenziale e non lineare, perciò si avrebbe una fase iniziale del rallentamento quasi “nulla” e una finale molto accentuata. In pratica, se disegnassimo su un piano cartesiano gli anni sull’asse x e la velocità di rotazione sull’asse y, otterremmo una linea appena inclinata che va dall’anno 1960 fino al 2002 circa, cioè pari ad un lievissimo rallentamento, mentre dal 2003 al 2012 vedremmo la linea incurvarsi velocemente fino a orientarsi verticalmente, cioè fino alla totale fermata. Questo giustificherebbe l’ignoranza di quasi tutta l’umanità in proposito. Per chi non è munito dei giusti mezzi di misurazione, un minuto in

più o in meno nell’arco di un anno fa poca differenza. Nell’epoca attuale, però, ci troviamo a perdere ormai alcuni minuti ogni anno, ovvero i giorni si stanno allungando, ma la disattenzione umana unita al sofisticato sistema di occultazione, ne rendono difficile il rilevamento. Alcuni ricercatori indipendenti hanno provato a misurare con metodo empirico, non avendone altri a disposizione, il rallentamento della rotazione terrestre. Dal luglio dell’anno 2004 al luglio dell’anno 2005, secondo le loro osservazioni, la Terra ha rallentato di circa 3 minuti. E dal luglio dell’anno 2005 al luglio dell’anno 2006 di circa 5 minuti. La vita, nata così miracolosamente e altrettanto misteriosamente, è destinata a cessare per sempre? Per rispondere dovremmo prima tentare di comprendere qual è esattamente il nostro concetto di vita, sperando che questa profonda riflessione, forse l’unico modo per scongiurare l’imminente catastrofe, giunga

ad una conclusione prima dell’arrivo dell’anno tragico.

LA FINE DEL MONDO Prima o poi, così come accade per tutto ciò che ci circonda, anche la nostra amata terra sarà destinata a sparire; questa convinzione, molto radicata nell’immaginario collettivo, parte in realtà da un concetto errato di fine: in natura infatti nulla si distrugge veramente e il termine fine indica l’inizio di una nuova forma di vita. Nonostante ciò i volumi che si occupano di più o meno imminenti catastrofi sono numerosissimi, molti di essi si avvalgono della consulenza di ricercatori, scienziati, astrofisici o semplici “investigatori” dei segni dei tempi. Isaac Asimov, uno dei maggiori ricercatori e divulgatori statunitensi, oltre che biochimico e scrittore, suddivise la fine del mondo in cinque diverse tipologie di catastrofi: fenomeni di carattere universale, fenomeni localizzati nel sistema solare (la morte del sole), fenomeni attinenti esclusivamente alla terra stessa (impatto con asteroidi), distruzione determinata da guerre e catastrofi di tipo energetico o ecologico. Queste cinque diverse interpretazioni della causa che porterà alla fine del mondo, sono in seguito servite da parametro per quasi tutti i libri, romanzi e saggi, che hanno trattato l’argomento; di contro la scienza si è sempre limitata a tracciare probabili scenari, senza mai entrare in azzardate previsioni rispetto al periodo nel quale, presumibilmente, questi stessi scenari determineranno la fine vera e propria. Per sopperire a

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questa “lacuna” non sono invece mancate folte schiere di “profeti” che già fin dall’antichità hanno iniziato a scrivere sull’argomento; sempre più precisi e irrimediabilmente pessimisti, hanno sempre portato avanti un’unica e incrollabile convinzione: la fine del mondo è vicina. L’Induismo ci avverte che stiamo vivendo l’ultimo millennio del Kali Yuga, l’Era Oscura, un ciclo cosmico negativo che ha avuto inizio nel 3102 a.C. e che avrà termine proprio con la fine del mondo fisico; la stessa Bibbia è intrisa di previsioni e profezie che già dall’inizio del mondo iniziavano a presentirne la fine, mentre ritorna oggi l’antica paura di un periodo per alcuni già iniziato, per altri ancora a venire, caratterizzato da una grande trasformazione spirituale ma anche foriero dei nostri ultimi giorni in questo mondo: l’Età dell’Acquario. La catastrofe potrebbe quindi essere imminente e si verificherà quando il primo punto dell’Ariete nello Zodiaco tropicale uscirà dalla costellazione dei Pesci e entrerà nella costellazione

dell’Acquario. Questa puntualizzazione, anche se a prima vista sembra essere particolarmente dettagliata, risulta in realtà assolutamente impossibile da collocare in un determinato periodo storico; nessuno infatti conosce con esattezza quale punto dello Zodiaco debba essere considerato con esattezza il confine tra Pesci e Acquario. Allo stato attuale delle cose, l’unico modo possibile per tentare di avvicinarsi a una data approssimativa è di affidarsi alle interpretazioni: secondo il volume “Mundane Astrology”, le date presunte, calcolate da vari esperti, sarebbero molteplici e tutte differenti tra loro: secondo le stime del veggente Cherio l’Età dell’Acquario ebbe addirittura inizio nel 1762, secondo il ricercatore Ernest Tied inizierà invece nel 3550. L’astrologo inglese Alan Oaken fissa l’inizio del passaggio con il primo passo dell’astronauta americano Neil Armstrong sulla Luna, mentre Carl Gustav Jung, uno dei padri della psicanalisi, colloca l’avvenimento nell’arco di due secoli, dal 1997 al 2200. Tutto questo non ha impedito, sia

nel passato che in tempi recenti, il proliferare di profeti e veggenti pronti a scommettere che la fine del mondo è ormai prossima; la stragrande maggioranza delle profezie sono spesso poco chiare, volutamente ricche di metafore e allo stesso tempo estremamente scarse di vere e proprie informazioni. Nostradamus, ad esempio, uno dei più consultati e conosciuti profeti, sembra aver azzeccato, a detta dei suoi sostenitori, tutti gli avvenimenti relativi al passato, ma si è sbagliato su quelle relative al nostro presente, mentre è ancora in discussione la validità delle sue visioni future. Questo modo di intendere le profezie rispecchia in un certo senso, tutta la complessità del problema; riuscire ad adattare sibillini versi ad avvenimenti già accaduti è statisticamente molto semplice ma non rilascia alcuna assicurazione sulla totale bontà delle profezie. Una valida profezia, quella che potremmo definire la “profezia perfetta”, attraverso la quale sia possibile appurare l’effettiva capacità divinatoria del suo autore, dovrebbe rispondere a dei precisi requisiti: • Deve essere facilmente riscontrabile a livello storico, ovvero deve contenere la riproduzione della su prima stesura al fine di evitare il problema di aggiunte durante le varie ristampe. • Il testo deve essere trascritto nella sua forma originale e nella lingua originale con la quale è stato concepito; posto questo requisito, porterà a fronte la traduzione in lingua

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moderna. Queste due basi, sicuramente essenziali, garantirebbero l’assenza di manipolazioni, oltre che la premessa per il suo commento. Tutto questo, ovviamente, non è quasi mai avvenuto, il bisogno di conoscere a tutti i costi il proprio futuro spesso lascia poco spazio alla riflessione, e le tradizioni locali, i costumi sociali e non ultimi, gli atteggiamenti religiosi, finiscono sempre per falsare ogni sano intendimento di ricerca. Nel mondo occidentale, il Cristianesimo fissa la data dell’inizio della nuova epoca, nel terzo millennio dell’Era di Cristo; le ragioni di questa scelta sono estremamente complesse e non si trova alcun riscontro in nessuno dei testi adottati dai cristiani. Malgrado l’assenza di espliciti riferimenti, sorsero ben presto molti movimenti che predicavano l’imminente fine del mondo; gli Ebioniti nel II secolo, i Montanisti nel III secolo, i Gioachimisti nel XII secolo, gli Anabattisti nel XVI secolo, i Mormoni nel 1830, gli Avventisti nel 1833, gli Avventisti del Settimo Giorno nel 1860, gli Studenti Biblici nel 1879, i Testimoni di Geova nel 1831. Quasi tutti questi gruppi vennero considerati eretici e perseguitati dalla Chiesa Cattolica. Questo non impedì il fiorire di date e profezie, per fortuna sempre errate; nel tentare di porre un limite alla nostra amata terra si sono cimentati nel tempo scienziati, scrittori, filosofi, uomini di Chiesa e anche umili contadini. Concludiamo riportando un

breve elenco estratto da una pubblicazione del 1980: “The book of Predictions” di David Wallechinsky, Amy e Irving Wallace, sperando che tutti questi errori non siano gli ultimi su quanto sembra dovrebbe capitare al nostro pianeta: ANNO DELLA FINE PROFETA Settembre 1186 Giovanni da Toledo 1260 Gioachimiti 1347/1349 Setta dei Flagellanti 1524 Johannes Stoeffler 1761 William Bell 1842 John Dee 1843 William Miller fondatore degli Avventisti 1844 William Miller 1944 William Miller 1910 Per il passaggio della cometa Halley 1914 William Taze Testimoni di Geova 1915 Testimoni di Geova 1924 Testimoni di Geova 1953 Profezie della Grande Piramide 1975 Testimoni di Geova 1984 Testimoni di Geova 1986 Per il passaggio della cometa Halley 1997 Nostradamus 1999 Profeti vari

LE PROFEZIE DEI MAYA

Come abbiamo già detto in apertura, secondo i Maya ci furono cinque Ere cosmiche, corrispondenti ad altrettante civiltà. Alcuni studiosi affermano che la prima civiltà, quella distrutta dall’Acqua, era la mitica Atlantide; questo in riferimento a un passo tratto dal Popol Vuh dei Maya Quiché, nel quale si legge:

“un diluvio fu suscitato dal Cuore del Cielo... una pesante resina cadde dal cielo.. la faccia della terra si oscurò, e una nera pioggia cadde su di essa, notte e giorno". Tutti i cataclismi che caratterizzarono la fine delle Ere secondo i Maya furono causati da un singolo e ripetitivo evento, l’inversione del campo magnetico terrestre dovuto allo spostamento dell’asse del pianeta, la stessa causa che si presenterà nel 2012. Sulla scorta delle previsioni divulgate dallo storico Immanuel Velikovsky, un catastrofico terremoto farà tremare l’intero globo, la terra sarà spazzata da violenti uragani mentre i mari investiranno furiosamente i continenti; la temperatura diventerà torrida, le rocce liquefatte, le eruzioni vulcaniche ricopriranno vastissime zone. Se lo spostamento dell’asse fosse accompagnato da un cambiamento nella velocità di rotazione, le acque degli oceani equatoriali si ritirerebbero verso i poli e alte maree, seguite da uragani, spazzerebbero la Terra da un polo all’altro. Lo scenario ipotizzato da Velikovsky presuppone la fine della vita sul nostro pianeta, un avvenimento che a molti potrebbe apparire come semplice fantascienza ma che nell’universo ricorre con grande frequenza, senza tralasciare il fatto che basterebbe l’impatto con un asteroide di enormi dimensioni per evocare fedelmente gli scenari appena descritti. Per quanto queste ipotesi possano apparire assurde, si tratterebbe in realtà di eventi naturali, che

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in fin dei conti rappresentano il metro con il quale si può misurare la fragilità dell’essere umano rispetto all’universo e, allo stesso tempo, la vera ragione della sua atavica paura di una fine prossima, ovvero la presa di coscienza della nostra estrema debolezza di fronte alla forza della natura. Importante notare come tutte le più pessimistiche previsioni, comprese quelle del ricercatore russo, ricalchino in qualche modo le profezie dei Maya, oltre che, proprio nel caso di Velikovsky, le profezie del monaco Basilio Cotterell. Ritorniamo quindi ai Maya, e in particolare all’ipotesi che proprio uno spostamento dell’asse terrestre contribuì definitivamente alla scomparsa di questa civiltà; questa ipotesi, se avvalorata, darebbe maggiore credibilità agli eventi che dovrebbero caratterizzare il 2012, proprio perché si stabilirebbe che si tratta di fenomeni ciclici. Un primo avvaloramento di questa profezia, anche se indiretto, è contenuto nel dossier presentato nel 2003 dal Pentagono, nel quale si prevedono proprio per quel periodo immani catastrofi causate dall’innalzamento della temperatura; studi recenti, effettuati dopo la divulgazione di questo dossier, sembrano dar credito all’ipotesi che esista una sorta di “reset ciclico” terrestre, un reset che dovrebbe ormai essere prossimo. E’ ovvio, a questo punto, proporre un quesito: i Maya erano in possesso di mezzi e conoscenze scientifiche tali da poter arrivare a profetizzare il 2012 come

anno della fine? Il Grande Conto, ovvero il trascorrere degli anni, veniva misurato utilizzando stelle e pianeti; il tempo veniva diviso in una serie di cicli che avevano inizio dalla nascita di Venere, anche se sarebbe interessante sapere in quale modo si giunse a definire l’esatta nascita del pianeta in questione. Ogni ciclo durava 1 milione e 872 000 giorni, mentre il ciclo che ora stiamo vivendo ha avuto inizio il 13 agosto dell'anno 3114 prima di Cristo e vedrà la sua fine esattamente il 21 dicembre 2012 dopo Cristo. I Maya erano del tutto sicuri dell'attuale ciclo ed erano altrettanto convinti che fosse l'ultimo. Quando il mondo avrà completato questo ciclo, dicevano, finirà fra disastrose inondazioni, terremoti e incendi: uno scenario molto simile alle profezie del Nuovo Testamento. Tralasciando un attimo queste profezie, non sarà difficile notare come già oggi, sotto i nostri occhi, tutti i giorni ci sono guerre, i vulcani sembrano essersi svegliati da lunghi anni di letargo, i terremoti e i maremoti fanno tremare il cuore degli uomini. Assistiamo continuamente e inermi ad alluvioni e tifoni che sembrano spazzare via la nostra amata terra, così come inermi, ma a volte anche complici, assistiamo alla progressiva contaminazione del globo terrestre dovuta agli scarti industriali, all’immondizia e quanto altro. Stiamo devastando l'armonia naturale, e non c’è bisogno di ricorrere alle profezie di un’antica civiltà per prendere coscienza che il clima sia cambiato, che la temperatura

stia aumentando e che questo aumento provoca piogge anomale con conseguenze di tifoni, tornado , terremoti e maremoti. Ritornando nuovamente al nostro argomento, com'è possibile che da un calendario si possa desumere tutto questo? Il calendario così come lo conosciamo noi oggi, rappresenta l'apice di un certo tipo di cultura databile al I° secolo a.C., ovvero tra il 50 e il 100 a.C., e quasi sicuramente, in base a quanto dicono gli esperti, non sono stati i Maya bensì i Toltechi a farlo. Si tratta in effetti di un calendario estremamente preciso, redatto da sacerdoti che erano allo stesso tempo astronomi, filosofi e scienziati; un calendario così preciso che intorno al 3000 a.C. descrisse l’eclissi solare avvenuta l’undici agosto 1999 con soli trentatré secondi di ritardo rispetto al nostro tempo. Non si trattava quindi di un semplice calendario per computare il passare del tempo, lo scopo principale era quello di raccordare le azioni degli uomini e dei capi Maya rispetto a tutto il movimento dell’universo; l’azione finale era quella di trovare una concordanza con l’equilibrio universale in modo che le azioni dei re fossero in perfetta sinergia con i ritmi cosmici. Per raggiungere questo fine era necessario stabilire un equilibrio ma soprattutto, avere una visione chiara di quali fossero le leggi che regolano la vita su questa terra e fuori di essa; si scoprì in tal modo che, così come la Terra gira intorno al Sole, tutto il sistema solare nel quale anche la Terra si trova gira intorno alla galassia.

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Prendendo questo parametro come linea di misura, il calendario Maya dura 25625 anni, non 365 giorni, quasi rappresentasse l'anno galattico e non l'anno terrestre! Lo studio sul Sole portato avanti dai sacerdoti giunse alla conclusione che l’intero sistema solare si muove, che l'universo ha dei cicli periodici di tempo che iniziano e che hanno un termine, come il giorno e la notte. I Maya scoprirono che il sistema solare percorre un’ellisse che ha come centro il centro della galassia, deducendone che il Sole e tutti i suoi pianeti si muovono in cicli, in relazione alla luce centrale della galassia. Stabiliti questi parametri, il ciclo completo di 25.625 anni che compie il sistema solare venne codificato come giorno galattico; alla metà di questo percorso, circa 12.800 anni, siamo più vicini al centro della galassia, così come avviene per noi con le stagioni. I Maya avevano scoperto che quando il sistema solare andava agli estremi della galassia era la notte, lontano dal Sole; quando si riavvicinava era il

giorno. Questo mezzo giro dura 12.800, quindi abbiamo 12.800 anni di giorno e 12.800 di notte, come sono le 12 ore di dì e 12 ore di notte, ci sono le 12 ore dell'alba e le 12 ore del tramonto. E per la notte è lo stesso, ci sono le 12 ore del vespro e le 12 ore che precedono l'alba. Questa sintetica descrizione del calendario è necessaria per comprendere un punto importante dell’argomento: le profezie Maya non sono dei veri e propri sguardi sul futuro, bensì delle descrizioni di ciò che sta accadendo, la sintesi dell’evoluzione umana attraverso dei cicli che si perpetuano all’infinito. Espresso questo concetto sarà più semplice spiegarsi per quale motivo gli eventi catastrofici previsti per il 2012 sembrano così realmente simili agli avvenimenti che stanno prendendo forma nel presente; questo per i Maya è il tempo dell’odio e della paura, ma anche l’occasione per riflettere, per tenersi pronti rispetto ad un cambiamento che in ogni caso avverrà. Gli ultimi venti anni rimasti vengono definiti dai

Maya “il tempo del non tempo”, un periodo nel quale non è giorno ma nemmeno notte, durante il quale una cometa o un asteroide apparirà e questa apparizione sarà dannosa per tutta la terra. Nessuno forse darebbe credito a queste affermazioni eppure, stranamente, molti astronomi, quelli inglesi per ultimi, hanno recentemente affermato di essere andati incontro a una spesa molto elevata per costituire una task force nel caso, o nell’ipotesi, che un asteroide si dirigesse verso il nostro pianeta. Questa notizia è stata ampiamente riportata già dal 1999 e guarda caso, proprio dal 1999, inizia il computo Maya degli ultimi tredici anni rimasti al globo terrestre!

UNA QUESTIONE DI CALCOLI E STRANE

COINCIDENZE Oltre le immaginarie descrizioni di un’imminente apocalisse, lo studio di quelli che potrebbero essere gli eventuali scenari futuri relativi agli avvenimenti previsti per il 2012 presuppone un discorso molto più complicato e razionale. Per fare ciò è necessario ritornare ancora una volta sul calendario Maya; questo particolare sistema di computo è registrato sotto forma di incisioni su quella che viene chiamata “La Pietra del Sole”, un reperto di origine Azteca attualmente conservato e messo in esposizione presso il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. Si tratta in realtà non di uno ma di tre calendari ben distinti tra loro, oltre ad un calendario

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religioso, che richiede 260 giorni per completare un intero ciclo, esistono venti settimane formate da tredici giorni ciascuna. Ogni settimana ha un nome speciale, un logo grafico e un significato univoco associato. Segue il calendario solare, formato da 365 giorni e diviso in diciotto mesi di venti giorni ciascuno; alla fine del ciclo figurano cinque giorni considerati speciali ma sfortunati, in quanto non appartenenti a nessun mese; anche in questo caso ogni mese ha un nome, un logo e un particolare significato. Esposti in maniera abbastanza semplici i primi due calendari, passiamo al terzo, quello più importante, in quanto direttamente relazionato agli avvenimenti del 2012; mentre i primi due cicli possono essere immaginati come le ruote di un ingranaggio che si muovono nel tempo, il terzo calendario è un numero lineare di giorni che iniziano dal primo e contano ogni giorno fino al presente. In tal modo qualunque giorno nella storia può essere registrato usando il terzo calendario, detto anche del Lungo Conto, ed è possibile risalire alla corrispondente settimana religiosa o mese solare. Le ruote o gli ingranaggi possono quindi essere usati per computare i cicli religiosi o solari per qualunque data ma la numerazione segue una prassi abbastanza inconsueta; mentre noi siamo abituati a scrivere i numeri da sinistra a destra, staccandoli però al contrario e assegnando loro un posto che rappresenta un multiplo di dieci, per i Maya esistevano soltanto cinque

posizioni. Nella prima posizione veniva registrato un numero da zero a venti; il secondo posto a sinistra aveva un intervallo compreso tra lo zero e il diciassette, il terzo posto tra lo zero e il diciannove, il quarto seguiva la stessa regola del terzo e infine, il quinto da zero a dodici. I numeri venivano scritti da destra verso sinistra e venivano separati tra loro da un punto; in questo modo la prima posizione, anziché multipli di dieci, aveva multipli di uno, la seconda un multiplo di venti, la terza un multiplo di trecentosessanta, la quarta un multiplo di settemiladuecento e la quinta un multiplo di centoquarantaquattromila. Su queste basi, un numero come 4.12.5.9.0 sarebbe stato calcolato come segue: (4 x 144.000) + (12 x 7200) + (5 x 360) + (9 x 20) + (0 + 1) o un lungo conto di 145980. Per un esperto matematico non sarà difficile realizzare che il massimo numero registrabile in questo modo sarebbe 12.19.19.17.20, anche se l’opinione di molti ricercatori

si riferisce a 13.0.0.0.0. Il nocciolo della questione e di tutti questi calcoli, risiede comunque nel fatto che il calendario Maya ha una fine, e questa fine è fissata proprio per il 21 dicembre 2012! Ma perché i Maya non andarono oltre, non calcolarono il tempo oltre questa tragica data? L’ultimo ciclo solare è avvenuto nel 2001 e seguendo i calcoli effettuati dagli osservatori scientifici, il prossimo massimo solare, cioè il periodo durante il quale i flare, (violente eruzioni di materia in esplosione), saranno molto più forti, sarà esattamente il 21 Dicembre del 2012; praticamente durante questo fatidico giorno avremo veri e propri pezzi di sole che salteranno nello spazio, liberando contemporaneamente radiazioni e forti correnti elettriche; ovviamente molti si rincuoreranno pensando che queste manifestazioni, oltre ad essere del tutto naturali, finiscono comunque per ricadere sul Sole stesso, ma esiste un particolare tipo

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di Flare chiamato CME, (Coronal Mass Ejection), che è in grado di lasciare il Sole e viaggiare come un proiettile verso altri pianeti, molto spesso verso la nostra Terra! Anche i Flare più piccoli, pur essendo notoriamente innocui, possono risultare estremamente pericolosi; nel 1989 un Flare colpì il continente Nordamericano, bruciando le linee elettriche, facendo saltare le power grid negli Stati Uniti e in Canada, e creando gravi blackout di corrente. I Flare, inoltre, possono influenzare il nostro umore e la nostra salute fisica. Il nostro sistema solare, come tutti sanno, fa parte della Via Lattea, una infinita distesa di stelle e pianeti di forma discoidale in seno alla quale noi ci troviamo in un punto situato quasi sul bordo di questo ipotetico disco; molto presto ci sposteremo verso il fondo, seguendo un movimento già iniziato da tempo e questo cambiamento da una posizione posta in alto a una posta in basso inizierà ancora una volta proprio il 21 Dicembre 2012. In quel giorno il Sole si troverà al suo massimo solare e l’eclittica del nostro sistema solare intersecherà il Piano Galattico, cioè l’Equatore Galattico della Via Lattea. Scivolando sempre più in basso non guarderemo più la Via Lattea dalla stessa angolazione bensì da Sud; in pratica sarà come osservare la faccia nascosta della Luna e non perché l’astro ha cambiato posizione bensì perché noi siamo passati dall’altra parte. Ma i problemi non finiscono qui! Quando intersecheremo l’Equatore

Galattico, saremo anche perfettamente allineati con il centro della Galassia, ovvero con il punto nel quale si esprime il massimo della massa; seguendo l’assioma più massa uguale più gravità è possibile concludere che ci sarà una maggiore influenza da parte dei baricentri del Sole, quindi un numero considerevole di eruzioni solari, e tutto durante lo stesso, fatidico giorno. In conclusione i fatti sono abbastanza preoccupanti; non si tratta in effetti soltanto di un cambiamento mentale, di coscienze, forse questo sarà soltanto il frutto delle terribili esperienze che potrebbero attenderci o forse soltanto la conseguenza della paura, una preoccupazione che, se affrontata e realizzata in tempo, potrebbe imprimere un nuovo corso al nostro modo di concepire il mondo e la vita stessa. Il 21 Dicembre del 2012 sarà comunque un giorno speciale, una data che rappresenta la massima influenza possibile e immaginabile dei Flare solari nell’universo, un avvenimento che per qualche arcano motivo i Maya sembravano conoscere molto bene. Esiste anche una diversa possibilità riguardo agli avvenimenti che ci attendono: durante il primo quarto del 2001 il Sole ha invertito i propri poli magnetici; si tratta di un avvenimento che si verifica ogni undici anni. Il polo nord magnetico del Sole si trovava prima al polo nord rotazionale, adesso il polo nord magnetico del Sole si trova esattamente al suo polo sud; seguendo la teoria in base alla quale i poli opposti

si attraggono, i poli magnetici della Terra e del Sole si trovano oggi al massimo della loro stabilità. Questa notizia, sicuramente confortante, non lo sarà più durante il solstizio d’inverno del 2012, ovvero quando i poli del Sole si invertiranno nuovamente; in seguito a questo avvenimento, infatti, sarà proprio il campo magnetico del Sole ad attrarre quello della Terra. L’inversione dei poli magnetici della Terra porterebbe a uno stress planetario, con la conseguenza di terremoti ed eruzioni vulcaniche, senza tenere conto che se il processo di inversione avverrà abbastanza in fretta salterà tutta la griglia di distribuzione della corrente elettrica.

TRA VERITA’ E LEGGENDA

Cosa c'è di vero nella profezia dei Maya secondo la quale il 21 Dicembre del 2012 ci sarà la fine del mondo? Ci sono voluti quasi cento anni per decifrare le tavole che ci sono pervenute da quell'antico popolo e solo oggi comprendiamo il funzionamento del più complesso calendario mai esistito nel quale credenze ed eventi astronomici si mischiano per calcolare e definire lo scorrere del tempo secondo cicli ed ere, l'ultima delle quali starebbe per terminare. I Maya acquisiscono conoscenze astronomiche di straordinaria importanza mentre l'Europa attraversa ancora l'età oscura del medio evo. Tutta la civiltà ruota attorno calcoli astronomici precisissimi

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riportati strutturalmente persino nelle costruzioni degli Ziggurat. Essi non credono nella linearità del tempo ma alla sua ciclicità, identificando tempi di ritorno per eventi d’importanza maggiore o minore. Esistevano però almeno 3 calendari: Un primo calendario della durata di 365 giorni costituito da 18 mesi di 20 giorni ciascuno a cui si aggiungono 5 giorni con i quali si completa il ciclo (18x20=360; 360+5=365), questi 5 giorni sono considerati molto sfortunati. Corrisponde al nostro calendario solare. Un secondo calendario ha la durata di 260 giorni ed è costituito da 13 mesi di 20 giorni ognuno, si tratta per lo più di un calendario cerimoniale, basato sul periodo della gestazione della donna, veniva utilizzato per raccordare gli eventi celesti con quelli terreni. Eclissi e cicli di venere venivano previsti con questo calendario. Combinando i primi due calendari si ottiene un periodo della durata di 52 anni, al termine del quale i Maya temevano sempre un evento particolarmente catastrofico. Infine l'ultimo calendario denominato lungo computo, il lungo computo contiene i precedenti calendari e misura il tempo dalla nascita mitica della loro civiltà, l'11 o il 13 agosto 3114 a.C. del calendario gregoriano (ciò significa il 6 o l'8 settembre 3114 a.C. del calendario giuliano), e quindi quella conclusiva del ciclo (corrispondente al 13.0.0.0.0) dovrebbe cadere il 21 o il 23 dicembre 2012. La fine coincide dunque in modo non

casuale con il solstizio d'inverno e naturalmente con la fine dell'anno solare secondo il nostro calendario ma non solo. Il 21 Dicembre del 2012 la terra assieme al sole e al tutto il sistema solare avrà compiuto un anno galattico ovvero un giro completo attorno alla galassia della durata di 25625 anni. Ma le coincidenze non finiscono qui, il 21 Dicembre del 2012 l'asse terrestre avrà anche percorso un giro completo attorno al proprio centro di rotazione secondo la ben nota precessione degli equinozi, per farlo occorrono 25560 anni. I Maya conoscevano il fenomeno della precessione e lo identificavano con l'anno galattico definendolo come periodo complessivo di durata di una civiltà. Questo periodo viene diviso in 5 ere della durata ognuna di 5125 anni. 4 ere sono già passate, l'ultima (quella dell'oro) sta per terminare. Il 21 Dicembre del 2012 il Sole sarà anche allineato con il centro della nostra galassia e si troverà in quella che i Maya definivano con l'entrata nell'aldilà. Tutte queste conoscenze portarono i Maya a decidere di terminare consapevolmente il lungo computo il 21 dicembre del 2012. Sappiamo poco su come essi immaginassero la fine del mondo, quello che sappiamo per certo è che prestavano molta attenzione alla fine di ogni era. L'unica immagine possiamo averla osservando l'ultima pagina del codice di Dresda. In essa si vede l'acqua che distrugge il mondo, essa fuoriesce dai vulcani, dal Sole e dalla Luna creando oscurità sulla luce. La terra verrà allora

sommersa da una serie di inondazioni? La catastrofe di New Orleans è solo l'inizio dei mutamenti climatici che porteranno a degli sconvolgimenti su scala planetaria? Il ciclo k'atun 4 cominciato nel 1993 e che terminerà proprio il 21 Dicembre del 2012, viene descritto nei testi sacri Maya come una fase di preludio di grandi cambiamenti, un periodo in cui l'uomo riprenderà contatto con se stesso, questa presa di coscienza sarà determinata da eventi catastrofici? Viviamo un periodo di grandi cambiamenti e non si può certamente negare, ma non sembriamo ancora pronti ad affrontare delle trasformazioni necessarie perché la nostra civiltà riesca a sopravvivere molto a lungo, sarà la natura a imporci di farlo? Certo non è realistico aspettarsi che le cose cambino in un giorno ma forse un domani si guarderà a quella data come un momento in cui la coscienza dell'uomo sarà cambiata in funzione dei bisogni dell'umanità e del pianeta. La domanda giusta allora non è: 'Cosa accadrà il 21 Dicembre del 2012?', ma: 'Cosa stiamo facendo per evitare che una qualsivoglia catastrofe colpisca l'umanità?'. Solo il tempo potrà dirlo e il tempo come i Maya sapevano bene, sta per scadere.... COSA DICE LA SCIENZA Abbiamo già accennato al fatto che la scienza si limita a registrare dei fenomeni e la loro evoluzione, senza entrare in merito a quando precisamente queste stesse

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evoluzioni sortiranno i loro effetti più catastrofici. Nel caso specifico, il parametro di ricerca e confronto viene rappresentato dall’inversione del campo magnetico dei poli che dovrebbe avvenire esattamente nel 2012; come diretta conseguenza di questa inversione avremo la terra sprovvista del suo naturale scudo protettivo e quindi esposta ai distruttivi raggi cosmici e al vento solare. Gary Glatzmaier, docente di Scienze della Terra all’Università della California di Santa Cruz, sembra però non essere dello stesso parere e le sue affermazioni in merito hanno ridato speranza a milioni di persone; secondo lo studioso americano le inversioni impiegano qualche migliaio di anni per compiersi, e quando questo avviene, la Terra non rimane affatto scoperta. Accade semplicemente che le linee magnetiche di forza vicine alla superficie della Terra s’intrecciano e si fanno più complicate; un polo magnetico sud quindi

potrebbe fare la sua comparsa in Africa, mentre un polo nord potrebbe benissimo apparire a Tahiti. Il campo magnetico è sempre presente e non smette mai di proteggerci dalle radiazioni cosmiche e dalle tempeste solari. Tenendo infine conto che l’ultima inversione dei poli è avvenuta 780.000 anni fa, e che è scientificamente impossibile calcolare quando avverrà la prossima, possiamo stare certi che ci vorranno millenni prima che possa presentarsi la possibilità di qualcosa di simile agli eventi relativi al 2012. Forse, concludendo questo capitolo, siamo stati troppo catastrofici; vedremo infatti che non tutti gli scienziati abbracciano queste teorie; in mancanza di una verità che possa farci tirare il classico sospiro di sollievo, consoliamoci con il fatto che neanche i veggenti e i profeti sono mai stati concordi su questi avvenimenti. Elenchiamo di seguito le varie teorie espresse per le fini future e quelle passate e

mai avverate, sperando che questo, in qualche modo, esorcizzi il timore latente del 21 Dicembre 2012. Profezie sulla fine del mondo future 2012 (21 dicembre): fine del calendario Maya e fine del mondo 2015: John Titor, il viaggiatore nel tempo; terza guerra mondiale con 3 miliardi di morti. 2025: secondo un interpretazione di Nostradamus. 2030: Bellarmino e Boronius. 2036: l’asteroide 99942 Apophis potrebbe cadere sulla terra. 2038: fine del mondo secondo Nostradamus 2042: fine del mondo secondo Pico della Mirandola 2052: fine del mondo secondo Scaligero 2060: fine del mondo secondo Newton 2500/3000: fine del mondo secondo il Monaco Nero

Dalla mitica Atlantide al calendario Maya: i più sconvolgenti e dibattuti enigmi della storia umana in attesa di una soddisfacente soluzione. I megaliti di Stonehenge, la Piramide di Giza, le linee di Nazca: che cosa volevano dirci gli antichi? Rennes le Chateau e la Cappella Rosslyn: i Templari e il Santo Graal. Da Tunguska agli odierni avvistamenti Ufo: misteriosi segnali dal cielo. Fantasmi, telepatia, medianità ed esperienze di pre morte: la scienza si interroga sul paranormale. Un viaggio lungo un sentiero nel quale si muovono non soltanto le teorie di confine ma anche le ipotesi scientifiche, in un serrato confronto dal quale si auspica possano un giorno nascere risposte certe. Un libro affascinante che permette al lettore di immergersi in una realtà parallela ma non per questo del tutto irreale, alla scoperta di luoghi, fatti, personaggi e storie spesso difficilmente reperibili nella letteratura del mistero.

IL GRANDE LIBRO DEI MISTERI Roberto La Paglia

Prefazione di Paola Giovetti Edizioni Xenia 316 pagine 15 Euro

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A volte le cose che mancano sono più importanti di quelle che ci sono. È questo il pensiero che passa per la mente quando si osserva “Il Cristo e la lepre”, dipinto presente, almeno fino a qualche anno fa, nella chiesa di Rennes les Bains, chiesa legata al mistero di Rennes le Chateau grazie alla figura di Henri Boudet. Questo quadro donato alla chiesa dal marchese Paul François Vincent de Fleury, nipote dei signori

di Rennes le Chateau, rappresenta Gesù appena morto, ci sono ancora i chiodi vicino a lui, e varie bende tra cui la fascia con la scritta INRI, con la N rovescia, ed è tenuto in braccio da una donna che guarda disperata il cielo. Un ginocchio del Cristo, il destro, mostra con un gioco di trompe l'oeil una testa di lepre, simbolo dei re merovingi, i re che si dice fossero i discendenti diretti dell'unione di Gesù con la Maddalena. Il dito della mano sinistra indica

Maria Benedetta Errigo [email protected], è nata a Rovigo il 5 marzo 1973 e vive a Lido d’Ostia. Laureata in Scienze delle comunicazioni internazionali presso l’Università di Lugano, parla correttamente Inglese, Francese belga, Alto tedesco medio e Olandese.

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un punto preciso del terreno, mentre sul prato dietro a lui è presente un ragno. Gérard de Sède, scrittore e studioso, ha letto questo quadro come un rebus: “A Regnes (araigne) près du bras de l'homme mort qui se dirige vers le plateau, git le lièvre”, cioè “A Rennes (ragno) vicino al braccio dell'uomo morto che si dirige verso l'altopiano, giace la lepre”. I

muscoli del corpo sono molto ben delineati e la mano destra del Cristo appare alquanto curiosa. Infatti è come sospesa nell'aria, come se fosse appoggiata a qualcosa di invisibile. Quasi come la mano della Madonna nel dipinto “ La Vergine delle rocce” di Leonardo da Vinci. Il dipinto di RLB pare sia stato realizzato da J.B.B. Rouch, professore di disegno a Limoux che

l'avrebbe realizzata attorno nell'Ottocento. Ma da chi o cosa era stato ispirato? Alcune ricerche recenti si sono concentrate su un lavoro di Van Dyck, la “Lamentazione”, nel quale personaggi e posizione del Cristo sono molto simili a quella di Rouch. Cercando poi tra le opere di Van Dyck, si è trovata una stampa realizzata da Paulus Pontius tra il 1620 e il 1650, oggi conservata alla Royal Academy of Arts di Londra. Qui in più ci sono due persone assieme a Cristo e alla donna che lo tiene in braccio, quindi lo sfondo della montagna del quadro di Rouch qui non esiste, e uno di questi due personaggi bacia la mano di Gesù. Si pensava quindi che la stampa di Pontius, ispirata all'opera di Van Dyck, fosse servita come base per il quadro di Rennes les Bains. Almeno fino a poco tempo fa, quando da un antiquario ho trovato il quadro originale dal quale ci si è probabilmente ispirati per la realizzazione di quello dell'Ottocento. E sulla tela del mio quadro l'autore risulta essere Joachim von Sandrart, pittore e stampatore tedesco, nato nel 1606 a

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Francoforte sul Meno e morto a Norimberga nel 1688. L'artista è ricordato soprattutto per un'opera sulla storia e la teoria dell'arte in Germania, opera che prese cinque anni di realizzazione e vide la collaborazione di molti artisti, all'epoca molto famosi. Nella seconda parte del libro ci sono alcune biografie di artisti che von Sandrart aveva conosciuto personalmente, tra cui Nicolas Poussin. Proprio così, l'autore dei “Pastori

d'Arcadia”, quadro simbolo di Rennes le Chateau, lo aveva conosciuto personalmente: infatti durante un viaggio in Italia il tedesco aveva conosciuto sia Poussin che Claude Lorrain, con i quali entrò in società per qualche tempo e realizzò alcuni lavori. Che Poussin abbia rivelato qualche mistero a von Sandrart? È chiaro quindi che alcuni particolari ora appaiono differenti. Ed è proprio su questi particolari che

si deve focalizzare la nostra attenzione. Anzitutto nel quadro in mio possesso la N della fascia di “INRI” è rovescia, come in tanti monumenti e luoghi particolari di Rennes, a cominciare dalla lapide di Berenger Saunier. Inoltre nel quadro di Rennes les Bains mancano due personaggi e al loro posto c'è sullo sfondo un dolmen. A questo punto sono molteplici le ipotesi interpretative che possono essere fatte. Forse il misterioso artista che ha dipinto il Cristo e la lepre di Rennes les Bains ha volutamente tolto i due personaggi, presumibilmente la Maddalena, che stava baciando la mano del Cristo morto, e San Giovanni, proprio per dare più risalto alla scena della deposizione e del dolore per la morte del Figlio di Dio. Oppure dobbiamo dare attenzione proprio a ciò che manca. E in questo caso sarebbe proprio la figura della Maddalena che scompare. Anche qui, ancora una volta, la Maddalena sarebbe stata “nascosta” dalla vita di Cristo, ipotesi che ultimamente ha preso molto piede, complici anche il successo del libro di Dan Brown “Il

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codice Da Vinci”. A questo punto, però, bisogna dare spazio anche alla terza ipotesi: l'autore ha voluto omettere i due personaggi per dare risalto allo sfondo dietro alla scena. Forse l'autore ha voluto semplicemente indicare un luogo geografico, forse l'entrata di una grotta dove appunto riposerebbe il corpo di Cristo, come indicato dal rebus presente all'interno del quadro. C'è ancora un'ipotesi riguardo al dipinto di RLB, e quest'ultima prende in causa un altro quadro sempre presente nella chiesa del paese: la Crocifissione di Henri Gasc. Si pensa infatti che i due quadri siano in realtà stati realizzati per essere uno solo messaggio. E questo si può vedere da più particolari. Ad esempio anche nello sfondo della Crocifissione è dipinto un paesaggio particolare, un edificio che senza dubbio ha qualche riferimento geografico particolare. La struttura degli edifici fa pensare alla moschea di Omar I, costruita nel

691 a Gerusalemme sul perimetro che coincideva con il mitico tempio del Re Salomone. Oltre allo sfondo, quindi, anche il cielo e la linea dell'orizzonte della Crocifissione ricordano in alcuni punti quelli del Cristo e la Lepre. E si guarda in basso a destra, infatti, la pietra che fa capolino nella Crocifissione sembra proprio essere la metà esatta del dolmen

presente nell'altro quadro. Quindi uno stesso paesaggio per lo stesso messaggio? Forse entrambi i dipinti vogliono essere un indizio per indicare un luogo specifico dell'Aude, la regione della Francia dove sono presenti entrambe le Rennes. E ancora una volta il mistero di Rennes affascina e lascia chiunque con la voglia di cercare e ricercare.

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Le mummie di Urbania L’antico ordine religioso Confraternita della buona morte ha lasciato il segno anche nelle Marche, a Urbania. Nella Chiesa dei Morti (già Cappella Cola, dal nome del vadese Cola di Cecco che assieme alla moglie la eresse nel XIV secolo per poi lasciarla in eredità alla Confraternita della Misericordia) trovano posto dal 1833 quindici mummie, perfettamente conservate grazie a un procedimento di mummificazione naturale. Una città, tre

nomi: Urbania, che nell’Alto Medioevo si chiamava Castel delle Ripe, nel 1277 venne distrutta dai Ghibellini e ricostruita più a valle, sette anni dopo, dal legato papale Guglielmo Durante. Da quel momento la città cinta da mura divenne Casteldurante. Dal 1424 passò sotto il dominio della signoria Montefeltro e Della Rovere di Urbino fino al 1631, infine il ducato fu donato allo Stato Pontificio. Cinque anni dopo il papa Urbano VII ne fece una Diocesi e

Simone Barcelli [email protected] ha 46 anni ed è un ricercatore indipendente di Storia Antica, Mitologia e Archeologia di confine. In rete collabora con Storia in Network, Tuttostoria, Edicolaweb, Acam, Esonet, Paleoseti e ArcheoMedia, sui cui portali sono pubblicati i suoi studi tematici.

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la trasformò definitivamente in Urbania. Tutto ebbe inizio l’11 giugno 1567 quando a Casteldurante il sacerdote Giulio Timotei e altri confratelli promulgarono lo statuto della Confraternita della buona morte, con patrono San Giovanni decollato. L’11 aprile 1571 l’ordine fu sanzionato dal cardinal Giulio Feltrio Della Rovere: il manoscritto originale è ancora conservato nell’archivio della Curia Vescovile di Urbania. Per far parte dell’ordine era sufficiente essere uomini onesti, non avendo importanza alcuna ceto o credo. Gli appartenenti

indossavano il rocchetto (una veste di lino bianco), un mantello nero (con una placca di rame argentato sbalzata con il teschio e le tibie incrociate) e un cappuccio calato sul volto: furono chiamati guercini perché costretti a orientarsi solamente attraverso i fori del cappuccio. Tra le tante attività il gruppo si occupava anche del trasporto gratuito dei cadaveri, forniva assistenza ai moribondi e ai giustiziati, procedeva alla registrazione dei defunti e alla corresponsione di elemosine ai meno abbienti. Per la sepoltura dei cadaveri fu individuato un terreno sul retro della

cappella Cola, nelle adiacenze del convento di San Francesco.

Una formula magica All’inizio del XIX secolo, in piena epoca napoleonica, l’editto di Sant Cloud sancì, per motivi sanitari, la dislocazione dei cimiteri in aree extraurbane. E così furono riesumati anche i defunti di Casteldurante che, a distanza di quasi 250 anni, risultarono in perfette condizioni di conservazione, come se una rapida disidratazione del corpo, subita dopo la morte, avesse fatto evaporare l'acqua corporea

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evitando la decomposizione. Il priore dell’epoca, Vincenzo Piccini, pur intuendo l’importanza della scoperta ne attribuì erroneamente il merito a una formula magica in grado di mantenere i corpi intatti in eterno. Per tale ragione dedicò la sua vita a cercare di replicare quell’invidiabile stato di conservazione, arrivando a realizzare un unguento che, secondo le sue attese, avrebbe dovuto conservare alla stessa maniera anche le sue povere carni. Alla sua morte, nel 1832, lasciò precise istruzioni di come trattare il proprio cadavere, ma anche quello della

moglie Maddalena Gatti e del figlio. Il preparato non era evidentemente quello giusto: oggi, tra le tante mummie esposte nel locale attiguo all’altare della chiesa di Urbania, ci sono anche tre scheletri, i loro. Storie di vita quotidiana

Collocati in piedi nelle bacheche di vetro, i corpi oggi in mostra presentano integra la struttura scheletrica, la pelle e gli organi. Ogni corpo ha una storia da raccontare. Le mummie, in alcuni casi, hanno anche un nome o qualche indicazione aggiuntiva riferita al passato terreno grazie alla

documentazione meticolosamente archiviata negli anni. C’è l’unico fornaio del paese, tale Lombardelli detto Lunano (vissuto nel XVIII secolo), la donna deceduta che presenta segni di parto cesareo (pratica che all’epoca era eseguita solamente per salvare il nascituro), un ragazzo che trovò la morte durante una veglia danzante (per accoltellamento), un impiccato. Incredibile anche la vicenda di chi pare fosse stato sepolto vivo, in stato di morte apparente, risvegliatosi all’interno del sepolcro: lo sforzo di cercare l’aria è visibile dalla contrazione

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dei muscoli della coscia, del polpaccio e dalla rientranza della pancia; la morte per soffocamento ha gonfiato i vasi sanguigni fino a farli scoppiare. Mariano Muscinelli (morto nel 1844) e Pierantonio Macci (morto nel 1847) in vita erano canonici: il primo soffriva di diabete. I cadaveri di altre due donne presentano delle malformazioni mentre su altri corpi sono evidenti segni di artrite. Tra le probabili cause di decesso di alcuni sventurati anche la polmonite. Osservando con attenzione le mummie esposte, ci si accorgerà che alcune di esse hanno cranio o arti staccati dal tronco: infatti, quando i corpi

furono disseppelliti, ne furono trovati anche incompleti e fu necessaria un’opera di assemblaggio utilizzando talora anche parti provenienti da più defunti.

Una muffa idrovara? Un processo naturale di mummificazione, simile a quello di Urbania, è possibile riscontrarlo anche in corpi tuttora esposti a Venzone (Ud), Ferentillo (Tr) Navelli e Goriano Valli (Aq), Borgo Cerreto di Spoleto (Pg). Negli anni Sessanta del secolo scorso un’equipe di antropologi e biologi statunitensi fornì una giustificazione scientifica all’incredibile

fenomeno: i corpi si erano così conservati per via di una particolare muffa idrovara e antibiotica (hipha bombicina pers) presente nel terreno del cimitero di Urbania (e nelle tombe del duomo di Venzone), che succhiando gli umori del corpo era in grado di provocarne l’essiccazione. Ad analoghe conclusioni era comunque giunto nel 1829 anche il dottor F.M.Marcolini di Udine che, eseguendo un’autopsia, trovò il responsabile della mummificazione in un batterio. Fu il direttore del giardino botanico di Trieste, B.Biasoletto, a individuare la hypha

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bombicina, in parole povere una muffa parassita che, agendo in un ambiente ricco di solfati di calcio, vegetava nelle tombe e nel giro di un anno riusciva ad essiccare completamente le salme con cui veniva in contatto, rendendo la pelle pergamenacea (Sulle mummie di Venzone, memoria di F.M.Marcolini, pubblicato nel 1831). Ma la realtà è ben diversa, anche se a Urbania e a Venzone continuano, chissà perché,

a chiamare in causa questa muffa. Arthur Aufderheide, paleopatologo dell’Università del Minnesota, autore del trattato Scientific study of mummies, pubblicato nel 2002 dalla Cambridge University Press, non ha dubbi in proposito, come pure nello specifico il collega Gino Fornaciari, docente di Storia della Medicina all’Università di Pisa: le particolari condizioni microclimatiche

degli ambienti (un perfetto equilibrio di diversi elementi tra cui il freddo non rigido e la secchezza) sono le principali responsabili della rapida perdita dei liquidi e del disseccamento dei tessuti molli. In sostanza, in questi ambienti un fungo difficilmente riuscirebbe a sopravvivere. Chiuso il giorno dei morti È certamente un museo macabro ma vale la pena visitarlo per ammirare questi corpi mummificati: sarete in buona compagnia perché ogni anno sono tredicimila i visitatori. La saletta che ospita le mummie è illuminata da un lampadario di ossa e teschi, giusto per restare in tema. Potete andare tutti i giorni nel periodo estivo, su prenotazione in quello invernale. Ricordate che il 2 novembre è chiuso.

Simone Barcelli - "Tracce d'eternità" Cerchio della Luna Edizioni - Novembre 2009 (Un incredibile viaggio ai confini della storia,

tra le rovine di alcuni dei più misteriosi siti archeologici).

Il testo è indicato dallo Scaffale d’arte come consiglio di lettura nell’ambito del laboratorio

d’arte inerente la mostra “Teotihuacan, la città degli déi”, svoltasi dal 9 novembre 2010 al 27 febbraio 2011 al Palazzo delle Esposizioni di

Roma.

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Secondo la storiografia tradizionale Blas Valera nacque a Chachapoyas (Perú), nel 1546 e morì a Malaga (Spagna), nel 1596. Era figlio di uno spagnolo (Luis Valera), e di un’indigena, e dimostrò già dalla giovane età una spiccata predilezione per la Storia. All’età di 22 anni entrò a far parte della Compagnia

del Gesù. Dopo cinque anni di studi teologici fu ordinato sacerdote, nella diocesi di Lima, nel 1573. Inizialmente fu inviato a Huarochiri, presso Quito, dove la Compagnia del Gesù era attiva nell’opera di cancellare le idolatrie, ovvero le credenze pagane. Blas Valera diede prova di fermezza e la sua conoscenza del quechua

Yuri Leveratto [email protected] , nato a Genova quarantuno anni fa, dopo aver conseguito la laurea in Economia ha iniziato il suo peregrinare per il mondo a bordo di navi da crociera. Ha vissuto a New York, lavorando come guida turistica e dal 2005 si trova in Colombia. Autore di racconti e romanzi, appassionato di Storia e fantascienza, viaggia per venire in contatto con culture autoctone e studiarne cultura e modo di vita. Tra i suoi libri ricordiamo “La ricerca dell’El Dorado” (Infinito Edizioni, 2008) e “1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni” (Lulu.com, 2009).

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fu basilare. In seguito a questi ottimi risultati fu inviato al Cusco, a Potosí ed infine a Juli, sul lago Titicaca, dove continuò l’opera d’evangelizzazione. Nel 1582 successe un fatto molto particolare che gli cambiò la vita. Fu accusato di aver avuto dei rapporti carnali con una donna e per questo, mentre era in attesa di giudizio dalla chiesa di Roma, fu allontanato dal luogo di evangelizzazione e fu inviato a Lima, dove si dedicò all’istruzione. Nel 1587 giunse da Roma la comunicazione che Blas Valera doveva lasciare l’ordine della Compagnia del Gesù, oppure, se si fosse opposto a questa decisione, doveva essere rinchiuso per un periodo di 10 anni durante i quali doveva dedicarsi ad umili uffici, oltre alla continua recitazione dei salmi. Nel 1591 si decise di inviarlo in Spagna, ma il viaggio fu rimandato varie volte in quando il gesuita si trattenne a Quito e a Cartagena de Indias. Solo nel 1595 Blas Valera giunse a Cadice, dove peraltro fu imprigionato e gli fu negato di poter insegnare. Perché fu sottoposto a una punizione così esemplare? Secondo alcuni storici è possibile che le vere colpe del

gesuita meticcio fossero altre, ovvero quelle di far sapere al mondo, attraverso i suoi scritti, come era stato realmente conquistato il Perú da Francisco Pizarro, attraverso l’inganno. Inoltre avrebbe potuto divulgare come veniva amministrato il regno dal viceré, con indicibili pene per i nativi che erano sottoposti loro malgrado a varie ingiustizie come il contratto dell’encomienda e della mita. Secondo alcuni documenti gesuiti Blas Valera fu ferito nel sacco di Cadice e morì quindi a Malaga, all’età di 51 anni, nel 1596. Sempre secondo la storiografia ufficiale Blas Valera fu autore di due opere principali: una Historia Occidentalis, alla quale

attinse l’Inca Garcilaso de la Vega per i suoi Commentari Reali (1609), e la Relación de las costumbres antigüas de los naturales del Perú. Mentre la prima opera è perduta, la seconda è conservata alla biblioteca nazionale di Madrid, e anche se è ufficialmente anonima, la maggioranza degli storici ne attribuisce la paternità proprio a Blas Valera. Negli ultimi anni però sono stati ritrovati, nell’abitazione della signora Clara Miccinelli, di Napoli (Italia), due manoscritti molto interessanti, la cui paternità, almeno per uno dei due, è attribuibile a Blas Valera. Dalla lettura del primo manoscritto, il cui titolo è Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo, (firmato da

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Blas Valera il 10 maggio del 1618 ad Alcalá de Henares, Spagna), si evince innanzitutto il padre generale dell’ordine dei Gesuiti Claudio Acquaviva non vedeva di buon occhio Blas Valera forse per le sue idee “rivoluzionarie”. Inoltre nel libro si narra come una volta giunto in Spagna avrebbe subito il furto della sua Historia Occidentalis, che sarebbe poi stata utilizzata indebitamente da Garcilaso de la Vega, stravolgendo le sue idee, e mostrando nei sui Commentari Reali un mondo ovattato, senza far risaltare le colpe dei conquistadores ed encomenderos come invece Blas Valera

avrebbe fatto nella sua Historia Occidentalis. Dalla lettura di Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo, si arguisce inoltre, che Blas Valera, approfittando del suo buon rapporto con il direttore generale dei Gesuiti Muzio Vitelleschi, il successore di Claudio Acquaviva, avrebbe fatto ritorno in Perú, dove sarebbe rimasto fino al 1618, quando, in seguito ad un suo ritorno in Spagna, avrebbe appunto redatto Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo. Nell’opera inoltre Blas Valera si attribuirebbe anche la paternità del celebre manoscritto Nueva Cronica y Buen Gobierno (venuto alla

luce in Danimarca nel 1908), che sarebbe stato attribuito all’indigeno Guaman Poma de Ayala, in quanto Blas Valera era ufficialmente morto. Uno dei punti salienti di Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo, è la descrizione di come Francisco Pizarro riuscì ad avere la meglio sui soldati di Atahualpa, ai quali sarebbe stato consegnato del vino avvelenato, con il fine di ucciderli. Il vino sarebbe stato avvelenato da Johannes Yepes, un dominicano al seguito dei conquistadores. Questa infame storia, che se fosse provata sarebbe un ulteriore indizio dell’ignobile e scellerato comportamento di Francisco Pizarro, sarebbe stata comunicata al re di Spagna Carlo V da Francisco de Chavez, ma sarebbe stata tenuta segreta per non screditare il nome degli spagnoli nel mondo. Il secondo manoscritto che è stato trovato nella casa della signora Clara Miccinelli è la Historia et rudimenta liguae piruanorum, ed anche se gli autori sembrano essere i gesuiti Joan Antanio Cumis e Joan Anello Oliva, in sostanza nel libro vengono confermate le tesi che sono esposte in Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo, oltre

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ad essere esposte le chiavi per la decifrazione e comprensione dei quipu. Secondo i due gesuiti, il vero motivo dell’allontanamento dal Perú e del forzato isolamento di Blas Valera furono le sue idee religiose, in quanto considerava che la fede tradizionale incaica avesse delle lontane origini nel cristianesimo e pertanto non riconosceva come idolatrie i culti andini. Per questo fu accusato d’essere eretico, e fu allontanato dal Perú forse perché si pensò che potesse essere in grado di scatenare delle rivolte o potesse soffiare sul fuoco della rivoluzione o, ancora peggio, potesse alimentare il mito del Paititi, che era visto come un luogo leggendario dove si erano nascosti i discendenti degli Incas, dove si dava seguito alle

trazioni antiche, da dove si sarebbe potuto scatenare il germe della rivolta. I più controversi dettagli del libro Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo, sono proprio due disegni speculari attribuiti a Blas Valera dove viene rappresentata la città perduta del Paititi per mezzo di simboli, codici segreti e misteriose allegorie. In entrambi i disegni viene rappresentata la stessa cordigliera costituita da 5 cime (nel disegno “tropicale”, il primo da sinistra, la seconda e la quinta cima sono a loro volta conformate rispettivamente da 3 e 2 cocuzzoli, guardando da sinistra), ma mentre nel disegno “tropicale” si vede la catena montuosa da un punto di vista situato nella selva, nel disegno “andino” le stesse montagne sono

viste da altre montagne ovvero da un ambiente completamente distinto. In effetti nel disegno “tropicale” si notano alcuni animali tipici della foresta pluviale, come una scimmia, quattro serpenti e un giaguaro. Inoltre si nota (nella terza cima guardando da sinistra), la figura stilizzata di un condor. Dalla cordigliera fluisce placidamente un fiume, mentre in alto si nota la firma di Blas Valera. Nel disegno “andino”, invece, che è molto più complesso e misterioso, ci sarebbero le chiavi per l’individuazione del Paititi. Innanzitutto nella sinistra e nella destra della cordigliera vista dalla parte andina vi sono, rispettivamente, una yupana (abaco) e dei simboli andini che in seguito all’interpretazione della

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dottoressa in Storia medievale ed esperta in paleografia antica Laura Laurencich Minelli (Universtità di Bologna, Italia), significano PAYQUIQUIN, ovvero: ciò che è lo stesso. Sul significato di queste parole molti storici e ricercatori hanno dibattuto a lungo. E’ opinione diffusa che Blas Valera volesse riferirsi al Cusco ovvero la capitale del Tahuantisuyu. Siccome il Cusco era in mano agli invasori, e non poteva mai più tornare quello di prima, il ruolo centrale del Tahuantisuyu era assunto dalla cittadella fortificata chiamata appunto PAYQUIQUIN parola stranamente simile al PAITITI, il leggendario regno amazzonico situato nella selva bassa, nel triangolo compreso tra i fiumi Mamoré, Beni e Yucuma (vedi Vera Tyulaneva: La tierra del Paititi y el lago Rogoaguado). Nel disegno “andino” si nota un lama stilizzato situato sulla seconda cima. Nel suo corpo sono come incisi tre dischi mentre un altro, più grande e con dei raggi è rappresentato nella sua bocca. Forse qui Blas Valera volle alludere al famoso disco solare d’oro del Coricancha, che non fu mai trovato dai conquistadores? Proprio

nella stessa montagna (la seconda da sinistra), più in basso, vi è rappresentata la cittadella, il Paititi appunto, raggiungibile percorrendo una ripidissima scalinata, da un fiume situato più in basso, che scorre ai piedi delle cinque montagne. Vi è pure un’altra cittadella, forse una specie d’avamposto difensivo, situata nel costone della quinta montagna, anch’essa connessa al fiume da una scalinata. Un’altra caratteristica di questo complesso disegno sono due circoli (formati

ognuno da 4 cerchi concentrici), situati nei costoni della prima e della quarta montagna. Detti circoli sono uniti da una specie di ponte sospeso e da uno di essi (quello situato nella quarta montagna), si diparte una scalinata che scende al fiume. Nell’interpretazione di Laura Laurencich Minelli questi circoli potrebbero essere due caverne utilizzate come cimiteri (o camere funerarie) dove erano riposte le ossa dei defunti cristiani e indigeni. Nel disegno “andino”, dall’altra parte del fiume, è rappresentato

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una specie di giardino circondato da mura: al centro di esso vi sono tre pepite (d’oro?), mentre ai lati vi sono due tocapus, ovvero disegni simbolici incaici. Quello a sinistra rappresenta il Tahuantisuyu, mentre quello a destra, costituito da 9 quadrati, raffigura la “terra quadrata del Tahuantisuyo”. Si nota però che solo un quadrato è colorato di verde e nell’interpretazione di Laura Laurencich Minelli si riferisce all’Antisuyo, ovvero alla parte amazzonica del Tahuantisuyo, e la sua colorazione sta a significare che solo la selva non era ancora in mano agli invasori, ma “libera”. Ai lati del giardino circondato da mura, che potrebbe essere proprio il centro del Paititi, vi sono un idolo antropomorfo andino e un guerriero amazzonico che potrebbe rappresentare un

indigeno il cui fine è difendere la cittadella. Nella mia personale interpretazione potrebbe essere un Matsiguenka o un Toromona. Questi due disegni, sono attualmente le uniche raffigurazioni originali del Paititi che sono giunte fino a noi. Con essi Blas Valera voleva realmente indicare ai nativi come giungere al Paititi, o solamente si limitò a immaginare una cittadella utopica dove si potesse in futuro rifondare l’ordine precostituito e che servisse alle genti indigene per non perdere mai la speranza di poter un giorno ribellarsi all’invasore, avendo come sogno, la possibilità di rifugiarsi in essa, luogo dove le tradizioni e le antiche regole sarebbero state preservate per sempre? A mio parere Blas Valera aveva realmente un animo rivoluzionario, e nel libro

Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo ci sono le chiavi reali per giungere al Paititi, dove probabilmente lui viaggiò e poté così rendersi conto di come le tradizioni antiche continuassero, in un mondo chiuso ed esoterico, riservato perciò a pochi. Dal 1960 molti esploratori ed avventurieri hanno cercato il Paititi nelle foreste del Perú e della Bolivia ma fino ad oggi nessuno è giunto all’ambita meta. Il primo e il più attivo di tutti fu il medico arequipegno Carlos Neuenschwander Landa seguito dal suo discepolo statunitense Gregory Deyermenjian. Ve ne sono stati altri, come per esempio i coniugi Cartagena e il religioso Juan Carlos Polentini Wester. Bisogna ricordare però che l’area in questione, dove potrebbe essere situato il Paititi, è estesa per circa 400.000 chilometri quadrati di selva vergine, dal Rio Manu (affluente del Rio Madre de Dios) in Perú, fino alla Cordigliera Oriental della Bolivia (mi riferisco alla mitica cittadella descritta come “citta d’argento” da Francisco Rodriguez Peinado, Sancho de Abarca e Hidalgo de Paredes, nel Manuscrito sin titulo En la ciudad de

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la Plata, 1644, Archivo general de Indias, Lima 166, Sevilla). Pertanto potremmo essere solo all’inizio di una lunga serie di viaggi esplorativi che porteranno un giorno a scoprire l’oasi di Blas Valera. Osservando con attenzione i due interessanti disegni si evince a mio parere che la cittadella dovrebbe essere situata nella parte che guarda a ovest di una cordigliera che delimita la fine della cosiddetta “selva alta”. Oltre detta cordigliera pertanto, vi sarebbe la selva bassa amazzonica, l’ecosistema di foresta pluviale tropicale. Da ciò si evince anche che, se il Paititi, come cittadella fortificata, fu costruito in epoche remote (una delle

versioni del mito la descrive come costruita da Inkarri), potrebbe essere stata quell’enclave tra sierra e selva dove si scambiavano prodotti e dove si controllava militarmente l’accesso di popoli delle Ande che potevano rappresentare un pericolo per i popoli amazzonici. E’ proibita la riproduzione della foto principale e delle foto N.1 e N.4 in alto a destra (i due disegni originali di Blas Valera), in quanto appartengono alla collezione privata di Clara Miccinelli, Napoli (Italia). Si ringraziano Clara Miccinelli e Laura Laurencich Minelli per l’autorizzazione a pubblicare i disegni

originali di Blas Valera. Per chi volesse approfondire l’argomento può contattare la casa editrice CLUEB (www.clueb.com / e-mail: [email protected]), dove si possono trovare i libri Exul Immeritus Blas Valera Populo Suo e Historia et rudimenta liguae piruanorum. Altre foto (non soggette a Copyright): Mapa de la Governacion de Juan Alvarez Maldonado, XVII secolo Compagnia del Gesú, Brancano e De la Torre, 1751 Claes, particolare del Perú, 1592 Mision de Mojos de la Compañia de Jesus, XVIII secolo

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Un vecchio detto arabo recita: “L’uomo teme il tempo, il tempo teme le piramidi”. I beduini rimanevano sbalorditi dinanzi all’imponenza manifestata da quei presunti monumenti sepolcrali, a Giza. L’Egitto è costellato di piramidi, se ne calcolano 106 solo in territorio egiziano. Secondo la storia ufficiale, la piramide più antica mai costruita al mondo è quella egizia di Saqqara, fatta costruire dal secondo sovrano della III dinastia, Djoser (2680 – 2660 a.C.). Utilizzando prove poco attendibili scientificamente, gli archeologi ortodossi hanno fino ad oggi sostenuto una storia dell’Egitto decisamente deviante da quella reale. Le piramidi non sono tuttavia una prerogativa della civiltà egizia: in Mesopotamia, Sumeri e poi Accadi e Babilonesi hanno costruito edifici maestosi del tutto

simili a quelli della terra del Nilo per venerare i loro dèi (Anunnaki), mentre nel Mesoamerica e nel Perù, civiltà come Incas, Olmechi e Maya hanno eretto svariati complessi piramidali, alcuni delle quali dalla funzione ancora sconosciuta.

Una storia differente. Possiamo delineare due livelli differenti di architettura piramidale. Il primo, più semplice, consiste nelle piramidi cosiddette “a gradoni”. Tutte le civiltà che hanno costruito piramidi hanno infatti utilizzato questo livello di architettura. Basti pensare a Saqqara, oppure a Chichén Itzà, nello Yucatàn, o la ziqqurat di Ur, in Iraq. Il secondo livello invece include quelle piramidi aventi quattro lati lisci (ognuno dei quali si chiamava in egizio per-em-su, da cui deriva la parola greca “pyramis”) terminanti con

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Gaetano Masciullo [email protected] abita a Matera ed è un ricercatore indipendente. Collabora per riviste di settore.

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un pyramidion di granito in cima, che riusciva a riflettere la luce del Sole. Siamo portati a credere che questi due livelli architettonici si sono succeduti passando dal primo al secondo. Se dessimo credito alla storia ufficiale, dovremmo chiederci: ma allora perchè gli egizi sono passati dal livello architettonico semplice della III dinastia a quello complesso e maestoso della IV dinastia, per poi tornare di nuovo ad un livello elementare? Gli studi effettuati da studiosi come Graham Hancock, Robert Bauval e Robert Schoch (svincolati completamente dai dogmi dell’accademia) hanno più volte provato che le tre piramidi di Giza non sono tombe, non contengono nessun cartiglio o geroglifico né tantomeno sarcofagi, sono perfettamente allineati con la Cintura di Orione, così com’era visibile nel 10.450 a.C., e

la Sfinge rappresentava in origine un leone, simboleggiando così la costellazione omonima, e che il viso scolpito non è quello di Chefren, né tantomeno di un egizio, e anzi avrebbe gli stessi lineamenti, forse negroidi, delle cosiddette “teste olmeche” presenti in Messico, a La Venta, che però anche in questo caso non rappresentano visi amerindi. Cosa è che accomuna civiltà apparentemente diverse, così distanti tra loro, all’epoca del Diluvio Universale, nel 10.500 a.C. circa? Cosa è accaduto e cosa abbiamo dimenticato?

La svolta decisiva. Nell’Aprile 2005, dopo alcuni monitoraggi della Bosnia dai satelliti NASA, è stata fatta una scoperta a dir poco mozzafiato. Scavi effettuati a Visoko, una località della Bosnia poco distante da Sarajevo, hanno portato a credere che in realtà le colline che sovrastano la cittadina

siano in realtà antiche piramidi ricoperte dalla terra e dalla vegetazione ormai da millenni. La direzione degli scavi è stata affidata a Semir Osmanagic, un proprietario bosniaco-americano di un’azienda che produce elementi metallici per l’edilizia, laureato in Economia e Scienze Politiche all’università di Sarajevo, e archeologo dilettante che, interessatosi all’argomento, ha deciso di vederci più a fondo. Già in passato si era interessato al mondo Maya e ai misteriosi ricordi di civiltà perdute.

Il mondo accademico non ha mai visto di buon occhio Osmanagic e in modo particolare adesso, a Visoko. La “Visocica Hill”, la collina di Visoko, se confermato, sarebbe la prima piramide ad essere scoperta su territorio europeo. Una scoperta importante, fondamentale, che segnerebbe una svolta decisiva nel mondo archeologico e nella storia dell’umanità. Ma, naturalmente, questa scoperta comporta per il dogmatico mondo accademico fin troppi problemi: se esistono piramidi imponenti in Europa, vuol dire che l’intera storia è da riscrivere. Nessuna civiltà conosciuta del passato che ha abitato la Bosnia, prima della colonizzazione romana, avrebbe potuto edificare simili costruzioni.

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Allora chi ne è l’artefice? Non certo i romani, nè gli illiri o altre popolazioni slave. Subito dopo i primi scavi, l’archeologo Semir Osmanagic ha scritto il libro “The Bosnian pyramid of the Sun – Discovery of the first European pyramids”. In questo suo libro, Osmanagic dichiara che le piramidi risalgono ad un’era antidiluviana, con un limite minimo di età al 10.000 a.C. La Bosnia fu, a suo avviso, la culla di una civiltà molto avanzata che prosperò durante l’ultima era glaciale mentre il resto dell’Europa era coperto dai ghiacci. Qualche ignota catastrofe (forse lo scioglimento dei ghiacciai e il cambiamento climatico) ha portato questa civiltà ad estinguersi in modo più o meno rapido. Ulteriori scoperte hanno portato a credere che nei dintorni vi siano almeno altre due piramidi, oltre a quella principale,

con le pareti orientate verso i punti cardinali. La prima piramide scoperta è stata denominata “Piramide del Sole”, per via della forte assonanza – a parere di Osmanagic – con la Piramide del Sole presente a Teotihuacan, in Messico. Le tre piramidi costituirebbero tre vertici di un triangolo equilatero perfetto (cosa impossibile per tre colline naturali), ognuna di esse disterebbe l’una dall’altra 2,2 km coprendo angoli di circa 60°. Tutta la Bosnia ha iniziato così ad interessarsi all’incredibile scoperta. Ma il mondo accademico ha subito iniziato a criticare il metodo di Osmanagic, reputandolo “privo di rigore nel compiere le ricerche e noto per aver sostenuto teorie pseudo-scientifiche”. Inoltre il suo non essere archeologo non gli ha certo portato approvazioni, anzi è stato più volte aggredito e più volte si è cercato di

smontarlo. Il non essere archeologo è un dettaglio che, come vedremo, è solo un voler trovare il capello nell’uovo: in realtà in passato, molti archeologi dilettanti del valore di Osmanagic hanno regalato grandi scoperte all’archeologia. Dove la diffamazione non è arrivata, c’è la censura: in Italia, ad esempio, nessun media parla da anni di questa incredibile scoperta, tenendo la popolazione completamente all’oscuro di tutto. Solo due trasmissioni di informazione alternativa come Voyager (Rai 2) e Mistero (Italia 1) hanno ultimamente dato notizia di questa scoperta, ma questo ovviamente non è bastato ad informare, e soprattutto non è bastato ad evitare critiche e attacchi ancora maggiori! La mossa decisiva per il mondo accademico, nella sua campagna di disinformazione contro Osmanagic, è giunta con l’UNESCO – la benamata Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, che avrebbe, tra le altre cose, il compito di preservare i patrimoni artistici e archeologici dell’umanità da atti di follia (basti pensare alla distruzione dei Buddha di Bamiyan per mano dei Talebani) – che, dopo una attenta analisi effettuata in loco, ha dichiarato che nulla lascia presagire

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l’effettiva esistenza delle piramidi antidiluviane. Con il passare del tempo, le attenzioni da parte della stampa internazionale iniziano a scemare e Osmanagic non ottiene il rinnovo delle concessioni di scavo e i lavori risultano per molto tempo fermi. Vengono individuate altre piramidi, più piccole, che vengono denominate “Piramide dell’Amore” e “Tempio della Terra”. Il mondo accademico, come avviene sempre, dopo una adeguata ridicolizzazione del caso, inizia a fornire alla stampa spiegazioni alternative alla scoperta scomoda fatta a Visoko e vuole far credere che tutti i ritrovamenti fatti siano in realtà semplici fenomeni geologici. “La storia geologica delle cosiddette piramidi bosniache inizia nel Miocene, circa 15 milioni di anni fa, - sostengono gli scettici dell’Accademia - quando si viene a formare un grande lago di forma allungata che si estendeva per una sessantina di chilometri tra Zelica e Sarajevo, includendo l’area di Visoko. Questo lago coprì la regione per circa 7 milioni di anni, formando uno spesso strato di sedimenti lacustri che in alcuni punti ha l’incredibile spessore di 2 chilometri. Questi sedimenti comprendono una serie di strati di spessore variabile, ognuno di questi formato da vari materiali e che

permettono di ricostruire le diverse fasi della storia geologica della regione: strati di sedimenti fini compattati a formare argilla, sedimenti di sabbia più o meno fine che diventeranno roccia arenaria, strati di detriti grossolani, depositati nei periodi geologici più movimentati, che in seguito diverranno conglomerati o breccia. Il lago scompare verso la fine del Miocene, tra 7 e 5 milioni di anni fa, e tutti questi strati, disposti uno sopra l’altro in modo abbastanza regolare, sono soggetti ad un nuovo fenomeno geologico, quello del sollevamento per via di spinte tettoniche. Gli strati vengono spinti verso l’alto, spezzati e fratturati secondo direzioni più o meno rettilinee, creando quelli che Osmanagic dichiara essere gradoni e pavimentazioni. Tale fenomeno è evidente in alcuni punti della cosiddetta piramide dove si può riconoscere e seguire il percorso delle tipiche pieghe e deformazioni rocciose che si formano per via di questi processi geologici”. Tutti sanno che la natura non dispone le cose in verticale, bensì in orizzontale. Sulla cima della piramide della Luna, vi sono lastre verticali di arenaria levigate e chiaramente fatte da mani d’uomo. E’ interessante notare che svariate civiltà antiche (Egizi inclusi)

erano solite creare la cima delle proprie piramidi con arenaria o calcare purissimo, in modo da riflettere la luce del Sole. E’ stato ipotizzato che un tempo le piramidi, quando erano scoperte dalla vegetazione, riflettevano una quantità tale di luce solare da far presagire che avessero anche la funzione di fari, ma verso quali navi? Qualcuno ha osato azzardare che si tratta di navi provenienti dal cielo, più che dal mare, ma questa ovviamente è una speculazione che meriterebbe moltissime altre considerazioni. Evidentemente, nessuno degli scettici accademici è mai stato a Visoko: il sentiero ritrovato sulla Piramide della Luna, e che ne è solo una piccola parte, ha una pavimentazione molto curata e conservata, fatta da mani esperte, che ricorda quasi la Via Appia costruita dai romani. Altro che fenomeno geologico! Le lastre rocciose che costituiscono i crinali della piramide sono tagliate perfettamente a 90° e costituite su quattro livelli identici. Alla base della stessa piramide, invece, vi sono altri lastroni orizzontali che ricordano i gradoni delle piramidi sudamericane. Qui sono presenti numerose fratture dovute ai movimenti tellurici che hanno interessato la zona nel corso dei millenni, ma è ancora evidente il materiale

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connettivo, un adesivo che unisce tra loro le lastre, un antico cemento che, certamente, non può essere opera della natura. Un altro aspetto che inquieta il mondo accademico è il fatto che, se confermate, le piramidi bosniache sarebbero, oltre le più antiche, le più alte del mondo. La Piramide del Sole è alta ben 220 m e la Piramide della Luna 190 m, mentre la piramide di Cheope (che detiene ufficialmente il primato) è alta solo 145 m.

Un altro fenomeno curioso connesso alle piramidi bosniache è quello delle sfere di pietra, perfettamente levigate, ritrovate nei dintorni di Visoko. Alcuni studiosi ritengono che sarebbe stato possibile realizzare queste sfere solo ad una temperatura altissima, ma chi le ha costruite e per quale scopo? Sfere del tutto simili sono presenti in Costa Rica: Bolas, Uvita e il monte Chiricò sono i nomi delle località con la più alta frequenza di queste misteriose impronte del passato, anche in questo caso vicino a delle costruzioni piramidali. E’ interessante notare che una leggenda locale vuole che, ai piedi del Chiricò, un tempo furono seppellite le macchine volanti d’oro. Per questo motivo, numerosi studiosi come il ricercatore russo Ivan Zapp

hanno ipotizzato che queste sfere tracciavano una mappa ed un percorso visibile solo dall’alto. Cosa ne pensa il mondo accademico? “Le sfere, così perfette da sembrare artificiali, non sono altro che concrezioni. Queste formazioni naturali sono dovute all’azione dell’acqua che aggrega i minerali presenti nello strato attorno ad un nucleo (in genere un granulo di quarzo od un fossile), producendo queste singolari forme sferiche” – che, precisiamo, si trovano guarda caso solo in particolari posti del pianeta. Anche i numerosi tunnel sotterranei ritrovati da Osmanagic hanno generato molto scalpore. “La regione di Visoko è stata per lungo tempo una zona estrattiva del carbone, del ferro e del rame. L’estrazione del rame è attestata archeologicamente già dall’età del Bronzo e quella del ferro almeno dal periodo romano”.

Ma i tunnel scoperti da Osmanagic non hanno nulla a che fare con questa tipologia sostenuta dagli accademici. La Valle delle Piramidi misura 40 km quadrati e il suo ingresso coincide con un enorme tumulo, chiamato in bosniaco Vratnica, nome che deriva dalla parola врата, cioè “cancello”. Questo tumulo è alto 59 metri, superando così di

gran lunga i 39,5 metri di Silbury Hill, considerato ufficialmente il tumulo artificiale più alto in Europa. Vratnica è un enorme cono formato da strati circolari sovrapposti, dalla composizione totalmente identica a quella della piramide della Luna: è chiaro che entrambe le costruzioni sono state realizzate dagli stessi autori nella stessa epoca. L’enorme tunnel sotterraneo attraversa l’intera Valle delle Piramidi, formando labirinti impressionanti. Qui sono presenti profili semicircolari nelle pareti che indicano la presenza di altri tunnel ancora da scoprire. I tunnel sono stati dunque dapprima realizzati e in seguito sigillati, probabilmente anche per mano di una civiltà successiva. Osmanagic però ritiene che l’enorme tunnel serviva a contenere e proteggere un segreto: per questo è stato sigillato tutto. Sono state effettuate, inoltre, alcune analisi al C14 su dei resti lignei, datati in un periodo compreso tra il 34.000 e il 30.000 a.C. Sono state ritrovate anche incisioni su pietra, che per Osmanagic rappresentano la più antica forma di scrittura in Europa: il runico (o protorunico). Le ricerche proseguono.

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Misteriosi uomini vestiti totalmente di nero tentano di ostacolare da oltre un cinquantennio, i ricercatori nelle loro investigazioni sul fenomeno degli Ufo. La leggenda degli “Uomini in Nero” (dall’inglese Men in Black), nasce nei primi anni cinquanta negli Stati Uniti, per opera di Albert K. Bender un modesto impiegato di Bridgeport nel Connecticut. Nel 1952, Bender fondò l’associazione ufologica: ”International Flyng Saucer Bureau “ (IFSB), una delle prime associazioni al mondo nata con lo scopo di studiare il fenomeno dei cosiddetti” dischi volanti”. L’associazione divulgava le proprie idee tramite un proprio bollettino – lo Space Review – e sullo stesso erano pubblicate anche le investigazioni dei propri associati, riguardo agli avvistamenti dei misteriosi

oggetti volanti. Nel ‘53, Bender confidò a Gray Barker, membro molto attivo dell’IFSB, e direttore delle investigazioni, di aver ricevuto una visita da parte di tre uomini che rivelandogli il segreto degli Ufo, lo ammonirono di non rivelare ad alcuno, pena il carcere, il loro segreto. Inoltre i tre uomini, che furono identificati dal Bender come agenti del governo, gli consigliarono di sciogliere l’associazione; cosa che regolarmente fece, chiudendo l’IFSB e abbandonando per sempre la ricerca ufologica. Negli anni successivi, altri ricercatori e studiosi del fenomeno dei dischi volanti, rinunciarono improvvisamente ai loro studi. Iniziò quindi a circolare una voce secondo cui gli ufologi, furono costretti ad abbandonare le loro attività, a causa delle

GLI GLI GLI GLI ENIGMATICIENIGMATICIENIGMATICIENIGMATICI

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Enrico Vincenzi è ricercatore e giornalista free lance. Gestisce il blog “I naufraghi delle stelle”.

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intimidazioni e delle minacce da parte di misteriosi individui che vestivano con abiti scuri. Nel ‘56, Gray Barker raccolse questi insoliti episodi in un libro dal titolo: ”They knew too much about Flyng Saucers” (Sapevano troppo sui Dischi Volanti). Nel suo libro Barker sosteneva che i misteriosi Uomini in Nero, non erano nient’altri che agenti segreti governativi, il cui compito era di zittire chiunque si occupasse del fenomeno in maniera approfondita, nel timore che gli ufologi potessero arrivare a scoprire la verità sugli Ufo. Gray Barker, continuò a occuparsi del caso Bender, e quando nel 1962 lo stesso gli inviò un manoscritto in cui era riportata la sua esperienza, scrisse un secondo libro: ”Flyng Saucers and the three men” (I dischi volanti e i tre uomini). Nel suo

manoscritto, Bender cambiò la versione originale, asserendo che in realtà, i tre uomini vestiti di nero da lui incontrati, non erano agenti del governo, ma alieni in missione sulla Terra, travestiti da terrestri. La loro missione consisteva nel raccogliere acqua di mare, da cui ricavare dopo una serie d’operazioni un prezioso elemento utile alla sopravvivenza nel loro Pianeta. Con il caso Bender, nacque quindi il mito di quei fantomatici uomini vestiti di scuro, conosciuti come i MIB (Men In Black). Il termine fu coniato per la prima volta negli anni sessanta dal ricercatore e scrittore John Keel, assertore con Jacques Vallèe (scienziato americano di origine francese) della teoria parafisica, secondo cui i MIB erano degli alieni nemici della razza umana e provenienti da una dimensione diversa dalla nostra, una sorta d’universo parallelo. Dalla metà degli anni sessanta il fenomeno degli Uomini in Nero è stato considerato dagli ufologi secondo due tipi d’ipotesi. La prima è quella riguardante l’azione d’intimidazione da parte d’agenti segreti governativi, al fine di bloccare la ricerca degli ufologi finalizzata alla scoperta della verità sugli Ufo. L’altra ipotesi identifica i MIB, come creature aliene in visita sulla Terra per scopi a noi ancora ignoti. Il caso

Dahl Uno dei casi ufologici in cui compaiono per la prima volta i misteriosi uomini in nero è quello accaduto il 21 giugno 1947 nell’isola di Maury, vicino la città di Tacoma nello stato di Washington (USA), a quattro guardiacoste e precisamente a Harold Dahl, il figlio di quest’ultimo e altri due uomini facenti parte dell’equipaggio. La squadra al comando di Dahl mentre perlustrava a bordo di una barca una zona dell’isola, vide improvvisamente discendere da quella che sembrava essere una grossa nube, cinque oggetti di forma circolare in assetto di formazione. Gli strani velivoli circondarono un sesto oggetto rimasto bloccato a 500 metri di altezza dal suolo come per soccorrerlo, e quest’ultimo dopo aver emesso una scarica di schegge metalliche in direzione dello specchio d’acqua sottostante, poté

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ripartire ponendosi in formazione insieme con gli altri, dirigendosi verso il mare aperto. Le schegge intanto, avevano colpito la barca, ferendo a morte il cane a bordo e colpendo al braccio in maniera non grave il figlio di Dahl. Il mattino dopo Dahl fu chiamato al telefono da uno sconosciuto che lo invitava a pranzare con lui, invito che fu accettato senza troppi problemi poiché come secondo lavoro il guardiacoste si occupava della vendita di materiali da recupero e spesso era chiamato da persone sconosciute. I due s’incontrarono intorno a mezzogiorno, l’uomo che era alto, muscoloso e vestiva con un abito interamente di colore nero si presentò alla guida di una Buick del 1947; Dahl credette quindi di essere alla presenza di un agente governativo o di un ufficiale dei servizi segreti militari. Una volta seduti a tavola, il

misterioso uomo in nero descrisse in maniera minuziosa gli eventi accaduti a Dahl il giorno prima mentre era in servizio nelle acque dell’isola di Maury; dopodiché con fare quasi minaccioso disse: ”Questo prova che so parecchio sulla vostra esperienza. Permettetevi di darvi un consiglio, signor Dahl. Per la vostra sicurezza e per quella della vostra famiglia, dimenticate quanto avete visto. Non parlatene con nessuno.” In seguito Dahl smentirà il reale incontro avuto col Men in black, affermando che era stato solo uno scherzo, ma forte fu il sospetto che la dichiarazione fosse un modo per proteggere la propria famiglia da eventuali ritorsioni da parte dei Mib. Albert K. Bender, già citato in precedenza, si occupò di questo controverso caso e come abbiamo visto, fu minacciato dai Mib dal continuare le sue ricerche.

Point pleasant L’altro evento da segnalare, tra i molti, è indubbiamente quello avvenuto presso la cittadina di Point Pleasant in West Virginia (USA) negli anni 1966 – 1967, qui l’ingerenza da parte dei Mib fu la più forte mai registrata. La cronaca ci riporta di tutta una serie di fenomeni paranormali collegati all’apparizione nella cittadina di esseri umanoidi alati, Mothman o Uomo Falena come fu presto ribattezzato dagli abitanti del luogo. A tal riguardo John Keel scrisse un libro (The Mothman prophecies) nel quale narrava gli eccezionali eventi vissuti dagli abitanti di Point Pleasant e la loro isteria collettiva causata dalla presenza del misterioso essere alato dagli occhi rossi. È importante segnalare come tutti gli abitanti fossero stati visitati dai Men in black che con minacce in parte velate consigliavano gli stessi di

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non far parola con nessuno (stampa, polizia, etc.) delle apparizioni del Mothman e dei fenomeni a esso connesso. Mary Hire, una giornalista del quotidiano locale, dopo aver scritto un pezzo in merito ad un suo avvistamento dal proprio cortile di un misterioso oggetto, fu visitata da dei singolari esseri indossanti strane calzature dalle suole molto alte. Inoltre in quel periodo spesso era seguita nei suoi quotidiani spostamenti, da una grossa automobile nera, ma quando si accorgeva di essere seguita l’auto si allontanava velocemente, addirittura un bel giorno ricevette la visita presso l’ufficio del giornale, dove lavorava, di due strani uomini dalla bassa statura, colorito olivastro e dalle fattezze piuttosto orientali, vestiti totalmente di nero. Uno dei due Mib rivolgendole bruscamente la parola le disse: “Cosa farebbe se qualcuno le ordinasse di smetterla di scrivere sui dischi volanti?” Ebbene la giornalista rispose prontamente che, avrebbe comunque continuato a scrivere, nonostante le minacce. Anche il giorno dopo fu visitata da un altro essere simile ai due precedenti. Questo si presentò sotto il falso nome di Jack Brown asserendo di essere un ufologo e di essere amico di Gray Barker. Dichiarò di non conoscere i

due mib del giorno prima, ma curiosamente le ripeté in sostanza lo stesso tipo di ammonimento già ricevuto. Interessante notare come questo sedicente Jack Brown abbia anche visitato diversi altri abitanti della cittadina di Point Pleasant, spacciandosi per amico di John Keel, Gray Barker e in ultimo della stessa Mary Hire. Tra essi possiamo ricordare una giovane ragazza di nome Connie Carpenter, testimone di un incontro con l’Uomo Falena (Mothman), cui Brown fece il solito, discorso di avvertimento nel non continuare a interessarsi agli strani eventi avvenuti a Point Pleasant. La mattina dopo la povera Connie fu quasi rapita da un uomo che uscito da un’auto Buick di colore nero che l’aveva seguita nel suo abituale percorso nel recarsi a scuola, tento di trascinarla all’interno del veicolo, ma la giovane divincolandosi prontamente fuggì dal suo aggressore. I Mib dunque come abbiamo potuto capire, sono fortemente connessi col fenomeno Ufo. Spesso da testimoni sono stati visti compiere azioni anomale o addirittura impossibili per un essere umano terrestre come ad esempio: apparire o sparire improvvisamente, rimanere con gli abiti perfettamente asciutti nonostante l’esposizione alla pioggia, camminare in maniera quasi robotica. Si è visto spesso che i Mib

dimostrassero scarsa dimestichezza con normali strumenti quali forchette, cucchiai etc.; dimostrazione questa di una loro non conoscenza di essi e del loro utilizzo. Parlassero la lingua inglese in maniera approssimativa spesso errata, con errori che neppure un bambino ai primi anni di scuola avrebbe fatto. Insomma tutte queste “anormalità” ci farebbero pensare ai Mib come degli esseri alieni, provenienti da qualche parte del nostro universo o anche da altre dimensioni parallele come asseriva l’ormai defunto John Keel piuttosto che degli agenti segreti governativi. Il mistero su di essi rimane comunque a tutt’oggi insoluto, chissà che la ricerca ufologica non ci riservi qualche sorpresa nel futuro, magari con la scoperta della vera origine degli enigmatici “Men in Black”.

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Sul nostro pianeta esistono luoghi in cui la concentrazione di elementi “paranormali” è decisamente superiore alla media. I Caraibi sono certamente una di queste, a cominciare dal celebre e inflazionato “Triangolo delle Bermuda” fino a scendere ad una specifica isola dell’arcipelago caraibico: Portorico. Quest’isola, che si affaccia da un lato sull’Oceano Atlantico e dall’altra sul Mar dei Caraibi, è un concentrato di ogni genere di avvistamento, presenza, leggenda e mistero. Inoltre, caratteristica che in quest’ottica non può essere sottovalutata, Portorico è proprietà Statunitense. Pur mantenendo una certa autonomia a livello locale, esso è quello che si dice un territorio non incorporato

degli Stati Uniti. Che tradotto in termini pratici significa che gli americani ci fanno sostanzialmente quello che vogliono, utilizzano i suoi mari per compiere esercitazioni e sperimentare armi ed attrezzature. Sappiamo bene come queste “attività” abbiano spesso una stretta correlazione con gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati.

EL YUNQUE

Uno dei punti caldi dell’isola, dal punto di vista che più ci interessa, è sicuramente una montagna comunemente conosciuta come El yunque che si trova nei pressi della Sierra de Luquillo nel National Carribean Rain

L’ISOLAL’ISOLAL’ISOLAL’ISOLA DELDELDELDEL GIGANTEGIGANTEGIGANTEGIGANTE DORMIENTEDORMIENTEDORMIENTEDORMIENTE

PORTORICO, ZONA CALDA DI AVVISTAMENTI, FENOMENI PORTORICO, ZONA CALDA DI AVVISTAMENTI, FENOMENI PORTORICO, ZONA CALDA DI AVVISTAMENTI, FENOMENI PORTORICO, ZONA CALDA DI AVVISTAMENTI, FENOMENI MISTERIOSI E SOSPETTE ATTIVITA’ MILITARIMISTERIOSI E SOSPETTE ATTIVITA’ MILITARIMISTERIOSI E SOSPETTE ATTIVITA’ MILITARIMISTERIOSI E SOSPETTE ATTIVITA’ MILITARI

Gianluca Rampini [email protected] ha 35 anni ed è un ricercatore indipendente che si occupa, in special modo, di ufologia e abductions. In rete collabora con Ufomachine, Ufoonline, Paleoseti e altri siti tematici.

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Fortest. Sulle pendici di questo monte, coperte dalla più fitta vegetazione tropicale, sono stati avvistati oggetti volanti ed esseri di vario tipo, con l’unica caratteristica comune di sembrare davvero poco “umani”. Uno dei racconti più significativi ci giunge dal ricercatore portoricano Jorge Martin, secondo le cui fonti, il 19 febbraio 1984 un Ufo si schiantò su uno dei versanti della montagna. Velivolo ed occupanti sarebbero stati recuperati dai militari americani di stanza alla Roosevelt Roads Naval Station. Il resoconto degli eventi sarebbe stato fornito da un alto ufficiale che però decise di rimanere anonimo. La sua unità incontrò qualcosa nella foresta. Quindici soldati e tre ufficiali dei reparti speciali erano dislocati sulla montagna per una non definita missione segreta. Il presunto incontro avvenne quando alcuni di essi si recarono in jeep in una località vicina, Palmer, ad acquistare sigarette. Durante il trasferimento sentirono dei rumori inusuali provenire dal fitto della foresta. Quando rallentarono per verificare, il motore della macchina si spense senza preavviso, le radio ammutolirono e persino gli orologi al quarzo si fermarono. Nel silenzio sentirono un rumore di passi in avvicinamento, allarmati

lanciarono alcuni bengala e intimarono lo stop più di una volta. Non ottenendo risposta, ipotizzando un attacco terroristico, aprirono il fuoco. Solo a quel punto chiunque si nascondesse tre la vegetazione recepì il messaggio, poiché dopo un non identificato rumore più forte, i passi cambiarono direzione e si allontanarono. Le macchine e le radio ripresero a funzionare. Tornati alla base riferirono l’accaduto e la zona della foresta, descritta nei loro rapporti, si riempì rapidamente di soldati. La zona venne delimitata e dichiarata off-limits, successivamente giunsero sul posto altri contingenti i cui membri indossavano protezioni anti-radiazione. Questi perlustrarono la zona palmo a palmo sino a che rinvennero alcune tracce di una sostanza liquida verde proprio nella direzione verso la quale i militari avevano aperto il fuoco. Rientrati tutti alla base i militari vennero sottoposti ad uno screening psicologico e istruiti sul comportamento da tenere. Infine vennero dispensati dal servizio, armi e indumenti furono bruciati. L’ufficiale che raccontò questo episodio, le cui credenziali furono verificate dal ricercatore portoricano ( il tutto davanti a due testimoni ), aggiunse per concludere che a Portorico esiste una

collaborazione tra il Governo Usa e gli alieni, che l’oggetto caduto era una navicella aliena e che in quelle zone capitano cose terribili.

UN’ESCURSIONE CHE NON SI DIMENTICA

El Yunque è stato teatro di altri episodi decisamente fuori dall’ordinario. Uno dei più significativi riguarda ciò che capitò a nove escursionisti in gita sulla montagna. Il 20 ottobre 1993 il gruppo stava salendo sulle pendici lungo un sentiero che si inoltrava nel fitto della giungla quando incrociarono tre persone che scendevano sullo stesso sentiero. Uno dei nove escursionisti scattò una foto che inquadrava sia i suoi compagni che i tre che si approssimavano ma quando la foto venne poi sviluppata, al posto loro, c’era solamente una fitta nebbia. Secondo un’altra testimonianza queste tre persone erano tre ragazze tutte vestite allo stesso modo e praticamente identiche. Ma questo era nulla in confronto a quanto sarebbe successo la notte successiva. Scesa l’oscurità gli escursionisti allestirono le proprie tende quando furono circondati da 5 o 6 creature di tipo umanoide con mani a forma di artiglio e orecchie allungate. Un paio di questi esseri si erano piazzati sul

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sentiero bloccando le vie di fuga. Questo “assedio” durò tutta la notte e solamente al sorgere del sole le creature si ritirarono permettendo ai campeggiatori una quanto mai rapida discesa verso le loro macchine. Ritrovata calma ed un po’ di coraggio si convinsero a tornare sul posto dove furono in grado di ottenere i calchi delle impronte lasciate da quegli esseri e di scattare qualche foto. Questo materiale sarebbe poi stato rubato, cosa che non è possibile né confutare né confermare, ma che di certo, se l’episodio fosse vero, non sarebbe difficile da credere. Per quanto in effetti il tutto possa sembrare uno scherzo da ragazzi va sottolineato che il responsabile del gruppo, Heriberto Ramos, era un adulto affidabile a cui erano stati affidati i ragazzi. Inoltre Ramos ed un altro testimone,

Federico Alvares, si esposero in prima persona raccontando l’episodio in televisione, mettendoci quindi la faccia. Nonostante tutte le comprensibili critiche e derisioni che ricevettero non ritrattarono mai confermando sempre la loro esperienza.

UNA PRESENZA INGOMBRANTE

Che gli Stati Uniti, soprattutto da un punto di vista militare, siano ancora afflitti da una ingombrante tendenza colonialistica non è un mistero per nessuno. A Portorico ciò assume proporzioni che solamente la condizione di sudditanza della popolazione locale rendono possibile. Anche se, a dire il vero, non tutti i portoricani accettano senza protestare che gli americani dispongano delle loro spiagge e delle loro acque per i loro comodi militari.

In questo contesto di tensione, nel 2000, ci fu un episodio che ci fornisce alcuni indizi su quanto stiamo indagando. Nel mese di maggio di quell’anno, su ordine classificato del Presidente Clinton, la marina circondò una piccola isola impendendo il passaggio anche ai pescatori. La motivazione che venne resa pubblica fu che il blocco era stato allestito per impedire che alcune manifestazioni di protesta, che avevano luogo sull’isola, disturbassero le relazioni tra gli USA ed una potenza straniera, mettendo così a rischio la sicurezza nazionale. E’ vero che la marina statunitense stava svolgendo esercitazioni nel poligono dell’isola di Vieques, come si desume da documenti presidenziali, assieme a forze alleate ma viene da chiedersi come qualche manifestante pacifista potesse rappresentare un disturbo. Il tutto tenendo presente che nemmeno le autorità Portoricane ne furono avvisate. Se le esercitazioni dovevano essere tenute così segrete non sarebbe stato meglio compierle lontano da occhi indiscreti anziché azzoppare l’economia ittica di un piccolo stato? Perché era così importante farle proprio lì? Che le esercitazioni fossero reali e fin troppo frequenti lo dimostrano le proteste

Dimostrazione di protesta degli abitanti dell’isola

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degli abitanti, solo in quell’occasione però la Marina bloccò la navigazione, ponendo l’isola a tutti gli effetti in stato di embargo, se pur momentaneo. Forse perché questo fantomatico alleato non era semplicemente una potenza straniera ma una civiltà extraterrestre che proprio a Portorico ha stabilito un proprio avamposto? Vi sono inoltre due altre episodi un cui vi è una coincidenza quanto meno sospetta tra ciò che raccontano testimoni di eventi di carattere ufologico e l’attività dei militari statunitensi. Carlos Manuel Mercado ha raccontato di esser stato portato a bordo di un disco volante, su invito degli occupanti e che venne “portato a fare un giro”. Osservando dagli oblò si rese conto che il disco, invece di aumentare di altitudine, si stava dirigendo verso il fianco

della Sierra Bermesa, un gruppo di alture poco distante. Il velivolo si infilò poi all’interno del monte El Caxull entrando in ciò che presumibilmente era una loro base. Proprio nella zona descritta dal testimone, gli Stati Uniti, hanno costruito alcune installazioni ufficialmente

dedicate alla trasmissione del canale radio “Voice of America Radio” ma che nei fatti non ha mai trasmesso e nonostante si tratti di una installazione civile tutta la zona è divenuta off-limits. Il 30 maggio 1987 molte persone furono svegliate da una luce accecante che scoprirono provenire da un oggetto metallico che sorvolava lentamente il mare poco distante dalla costa. Il pomeriggio successivo nella stessa zona, gli stessi abitanti sentirono un fortissimo boato sotterraneo seguito da una scossa di terremoto. Nel terreno si aprirono delle crepe dalle quali fuoriuscì un gas di colore blu. A concludere la bizzarra sequenza di eventi ci pensarono i militari americani che giunsero sul posto a bordo di Humvee

L’agente Winfred Feliciano

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dotati di antenne radar rotanti. I soldati indossavano tute anticontaminazione, fatto che preoccupò non poco gli abitanti sconcertati. Raccolsero campioni e rilevarono eventuali radiazioni con i contatori Geiger. Il giorno ancora successivo un elicottero fu visto mentre depositava alcune attrezzature nelle acque della laguna. Nella stesso tratto di mare un oggetto metallico di forma cilindrica fu osservato uscire ed entrare in acqua.

UNA PRESENZA MENO INGOMBRANTE MA PIU’ INQUIETANTE

L’occupazione americana potrebbe quindi essere una sorta di tappo, di dissimulazione di qualcosa presente più in profondità nelle viscere delle montagne boscose, una presenza che, nonostante questo e tutto l’impegno profuso dai militari americani, si manifesta e lascia traccia di sé. Nell’estate del 1997 il direttore della polizia comunale di Vieques, l’agente Winfredo Feliciano, mentre guidava sulla Route 997 avvistò alle ore ventuno un oggetto triangolare molto grande che si librava nella zona in cui la Marina statunitense aveva una pista di atterraggio. Nei giorni successivi anche la moglie del poliziotto ed i loro figli

videro svariati oggetti non identificati, o forse sempre lo stesso, nelle zone di competenza statunitense. Il pescatore ed esponente del movimento contro la presenza militare straniera, Carlos Zenon, raccontò di essere stato testimone di due distinti avvistamenti assolutamente inspiegabili. Una volta, nel 1996, durante una battuta di pesca serale, i pescatori videro alcuni oggetti luminosi uscire dal fianco del Cerro Ventana, a sud di Vieques, che dopo svariate evoluzioni sorvolarono la Playa Grande, alle cui spalle si estende un’installazione americana, per poi tornare nella montagna “…come fondendosi con essa”. Sempre nelle acque prospicienti la Playa Grande, Zenon e suo figlio, avvistarono un oggetto di una ventina di metri di diametro con luci azzurre e gialle sulla propria

circonferenza, emergere dal mare in una vorticosa colonna d’acqua. Dopo essere rimasto sospeso per alcuni istanti se ne volò via a grande velocità. Per quanto sia sempre possibile che vi siano velivoli sperimentali terrestri a noi del tutto sconosciuti, non risulta che ce ne siano in grado di compiere manovre sia sott’acqua che in cielo. Molte altre persone hanno vissuto esperienze simili a quelle descritte a tal punto che il movimento pacifista ha più volte esposto il problema cercando, senza mai ottenerle, risposte dalle autorità. Nel 1981 un ragazzo fu testimone di un genere completamente diverso di incontro ma che in qualche modo completa la varietà di anomalie presenti sull’isola. Durante un’escursione, assieme ad un amico, si avvicinò alla bocca di una grotta nella zona di Camp Santiago. Lì, i due ragazzi, vennero

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aggrediti da un moltitudine di piccoli esseri di forma umanoide. Per liberarsi il ragazzo colpì, uccidendo, uno degli esseri con un bastone intimidendo così anche i suoi compagni che fuggirono ritirandosi nell’oscurità della caverna. Ne conservò poi il cadavere che consegnò alla polizia e la cui foto divenne celebre solo anni dopo. Le forze dell’ordine tentarono invano di stabilirne l’origine stabilendo però che non si trattava né di un feto umano né di un animale. Il barattolo contenente l’esserino cambiò molti proprietari sino a che alcuni uomini, italo-americani, lo sequestrarono esibendo ordini federali e dichiarando di essere impiegati della Nasa. Che fossero realmente esponenti della Nasa o agenti federali è difficile da credere, però è possibile che appartenessero a qualche corpo specializzato in questo genere di recuperi ed esperti nell’inventare storie fasulle e confuse con l’obbiettivo di disorientare e screditare i testimoni. Questo insolito incontro si è svolse nei pressi di una grotta alimentando in qualche modo l’ipotesi che le profondità delle montagne portoricane nascondano attività e creature non esattamente terrestri.

ARECIBO

Il grande radio telescopio di Arecibo è forse una delle icone più riconoscibili dell’isola di Portorico. Esso è entrato ormai nell’immaginario di coloro che seguono le vicende ufologiche, ricordiamo ad esempio l’episodio del WOW SIGNAL. Anche cinema e televisione lo hanno eletto a scenario di serie tv quali X-Files o di celebri film come Contact. La grande antenna entra a pieno titolo anche nella nostra trattazione in quanto numerosi episodi anomali si sono consumati nelle sue vicinanze, tanto da far ipotizzare che la sua funzione astronomica potrebbe essere una copertura di attività ben più esotiche che si svolgerebbero sotto di esso. Nel 1998 uno dei guardiani, il signor Jimenez, che assieme alla

sua famiglia risiedeva accanto al telescopio, durante il suo turno di guardia notturno vide un enorme oggetto, più grande di un C 130, sorvolare la loro casa e dirigersi verso l’antenna. L’Ufo emetteva un suono ritmico e sordo ed aveva 5 luci blu nella parte inferiore. È possibile che i ricercatori, in attività anche di notte, non avessero visto, sentito o rilevato nulla? Potrebbe questo omertoso silenzio lasciar supporre che qualcosa di non divulgabile in effetti avvenga? Un poliziotto, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, è stato testimone di un altro avvistamento inspiegabile. Da casa propria, guardando oltre le montagne in direzione del telescopio, vide un grande oggetto cilindrico verde levitare in mezzo ad una nube che emetteva una luce bianco-azzurra.

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COSA MANCA?

Dopo aver passato in rassegna tutte queste testimonianze cosa potrebbe ancora mancare? Il fenomeno dei rapimenti che, come vedremo, in realtà non manca affatto ed è inoltre assolutamente attuale. Nel 2006 una donna, Maria Rivera, vide due classici alieni grigi oltre la staccionata del cortile della propria casa. Anche la figlia adolescente fu in grado di vederli. Senza entrare eccessivamente nei dettagli del racconto possiamo affermare che non manca nessuno degli elementi tipici dei casi di rapimento: missing time, i segni sul corpo e la reiterazione. Non che questo episodio sia tipico di Portorico ma ne completa la fenomenologia. Solamente un dettaglio presente sia nel racconto di Maria che nel caso del rapimento di un sacerdote, ricorre e sembra essere in qualche modo tipico dei casi portoricani, anche se non possiamo escluderne la casualità: i grigi descritti in questi due avevano un segno, una sorta di simbolo sulla fronte.

UNO SGUARDO AL PASSATO

Se associamo la potenziale

presenza aliena sull’isola di Portorico a quella americana non dovremmo trovare elementi “anomali” nelle tradizioni popolari e religiose degli isolani. In questo senso un’interessante celebrazione popolare è una sorta di carnevale che celebra la cacciata dei mori dalla Spagna ad opera di San Giacomo. Durante la festa i portoricani indossano maschere, dalle fattezze mostruose, che dovrebbero rappresentare i mori sconfitti. Se però osserviamo queste maschere il dubbio che tale chiave di lettura sia stata imposta dai conquistatori spagnoli, sovrapponendosi ad un significato diverso e più antico, è del tutto lecito. Inoltre, il nome di questi “mori”, di questi esseri riprodotti dalle maschere, i “vejigantes” richiama a qualcosa di molto “grande”. Ufficialmente “veji” si riferisce all’abitudine di dipingere le vesciche delle mucche. Le mucche però non sono certo originarie dei caraibi quindi è possibile che anche questo significato sia stato arbitrariamente apposto dai conquistatori europei. Quando poi scopriamo che la principale divinità pre-colombiana dei taino, popolo portoricano pre-ispanico, era Yukiyu “il gigante dormiente” e che dimorava a El Yunque i

dubbi sull’interpretazione cristiana di questa tradizione è ancora più ragionevole. Senza voler forzare alcuna ipotesi, ciò che rimane, sono maschere dalle fattezza mostruosa ed il riferimento ad una divinità che dimorava nella montagna.

CONCLUSIONI

Alla luce di tutte le testimonianze riportare, che sono solamente una parte di quelle esistenti, vi sono due sole possibili interpretazioni riguardo a ciò che succede a Portorico. La prima è che in effetti le viscere delle isola e i suoi fondali marini ospitino una o più basi di qualche razza aliena, o che perlomeno vi sia una sorta di portale che permetta di partire e giungere facilmente sul nostro pianeta. Gli americani, in questo scenario, potrebbero avere la funzione di sorvegliare questa sorta di zona franca intergalattica. La seconda è che gli abitanti di Portorico siano sottoposti a complesse forme di controllo mentale, a sperimentazioni di allucinazioni controllate o simulazioni di possibili scenari. In effetti la varietà di “anomalie” presenti sull’isola è difficilmente spiegabile in altro modo. Non è poi impossibile che le due soluzioni siano interconnesse, che tra avvistamenti fasulli, velivoli sperimentali, ologrammi e chissà cos’altro vi siano, ben nascosti anche se in bella vista, alcuni eventi di reale matrice aliena.

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Dall'antica Roma...

La ricerca sulle interferenze aliene affonda le proprie radici nella storia, grazie agli ooparts, ovvero ai reperti inspiegabili che vengono ritrovati in ogni parte del mondo e riconosciuti come provenienti da svariate epoche e civiltà, vicine e lontane nel tempo. Accanto ai più famosi, ci sono anche le testimonianze storiche scritte, tra cui le cronache dell'epoca dell'Impero Romano: non si tratta di reperti inspiegabili nell'accezione comune del termine, ma di fatto sono ooparts in quanto

contengono l'evidenza fisica di testimonianze inspiegabili, almeno secondo il paradigma della storia e della scienza “ufficiali”. L'opera in questione è il Liber Prodigiorum di Giulio Ossequente, autore latino vissuto nel quarto secolo d.C. : queste cronache narrano eventi eccezionali, compresi molti fenomeni riconducibili ad interferenze aliene in quanto coincidenti con gli eventi ufologici dell'era moderna osservati anche nei casi di abduction. Il collegamento tra le interferenze aliene e queste testimonianze storiche è ulteriormente

Luciano Scognamiglio [email protected] è un tecnico informatico e un ricercatore nei campi della Coscienza, della metafisica e dell'universo olografico. Si occupa anche di analisi e risoluzione dei fenomeni di interferenza aliena mediante l'uso dell'ipnosi e delle simulazioni mentali. http://conoscitestesso.selfip.net/

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rafforzato dall'ovvia impossibilità di spiegare gli eventi dell'epoca con palloni sonda, velivoli militari, satelliti o altre simili pessime “spiegazioni” fornite al giorno d'oggi come giustificazione dell'evidenza di fenomeni ufologici nei nostri cieli. Nel Liber Prodigiorum, che raccoglie molte testimonianze di diversi autori suddivise in periodi storici che vanno dall'anno 190 a.C. all'anno 11 a.C, possono essere trovati tantissimi fenomeni, ripetutisi più volte, del calibro di: oggetti appunti infiammati in volo, cielo che arde, lampi e forme

nel cielo, apparizioni di figure umanoidi, a volte vestite di bianco o accompagnate da orribili voci, due e tre lune nel cielo, grandi fiamme divampate improvvisamente, combattimenti tra il sole e la luna, altari nel cielo, lunghissime navi in acqua, due e tre soli nel cielo, il sole che si rimpicciolisce, piogge di fuoco, di terra e di sassi, soli di notte, grandi armi volanti, anelli colorati intorno al sole, meteore tuonanti, precipitazioni di grandi palle di fuoco, monti che si scontrano liberando colonne di fuoco, cielo diventato improvvisamente notturno senza alcuna

eclissi per poi tornare normale poco dopo, globi luminosi volanti, etc. Questi avvistamenti possono essere ritrovati più volte in varie zone dell'Impero Romano, descritti sempre allo stesso modo e con una frequenza impressionante. Gli oggetti in volo, assolutamente atipici, seguivano rotte del tutto innaturali, non riconducibili a quelle di comete o meteore; come poi nessun altro fenomeno di quelli descritti può essere ricondotto ad avvenimenti naturali, siano essi celesti o tellurici, che abbiamo mai osservato abitualmente nell'epoca moderna. Ma il collegamento più palese con l'ufologia è senza dubbio dato dal fenomeno dei clipeus ardens, ovvero oggetti simili ai rotondi scudi romani che però venivano visti come infiammati mentre sfrecciavano in aria: da qui il nome clipeologia, ovvero lo studio delle evidenze ufologiche nel passato tramite l'analisi dei reperti storici, archeologici ed artistici.

...all'antica India

Un altro pezzo importante

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della clipeologia è senza dubbio quello che riguarda i Vimana, ovvero gli UFO dell'antica India. Questo termine viene utilizzato in almeno 16 testi sacri indiani, scritti quindi in Sanscrito, la lingua “perfetta” degli dèi, e non in Hindi, che è invece la lingua del popolo. Il più famoso di questi testi, almeno dal punto di vista clipeologico, è senz'altro il Vymanika Shaastra, che significa “Scienza dell'Aeronautica”. La parola Vimana è composta dall'unione dei vocaboli vi, ovvero “uccello” o più genericamente qualcosa di volante, e mana, cioè qualcosa di artificiale e di abitato. Vimana, inoltre, indica anche un'area delimitata destinata a scopi sacri, un luogo divino. Se già il significato del nome non richiama immediatamente agli UFO e alla visione religiosa che le antiche civiltà avevano degli alieni, a farlo ci pensano le illustrazioni del Vymanika Shaastra, ma soprattutto il suo contenuto. In questo testo, infatti, sono descritti la costruzione e i metodi di pilotaggio dei Vimana, i mitici veicoli aerei, in ben 8 capitoli che trattano rispettivamente: costruzione dei Vimana e come evitare di spezzarli, tagliarli, incendiarli o

distruggerli; immobilizzare i Vimana; rendere invisibili i Vimana; ascoltare conversazioni del nemico in altri luoghi; recuperare fotografie dell'interno dei Vimana nemici; accertare la direzione di un Vimana nemico in avvicinamento; far perdere conoscenza ai piloti dei Vimana nemici; distruggere i Vimana nemici. Questi 8 capitoli contengono i 32 segreti dei Vimana, che possono volare in aria, in acqua e nello spazio: ci sono istruzioni estremamente tecniche, e non assolutamente in

linguaggio aulico come ci si aspetterebbe da un qualsiasi testo sacro, del loro funzionamento, delle componenti da attivare, dell'equipaggiamento, della manovrabilità, dei motori, degli schermi, delle precauzioni da prendere, etc. Tra i vari testi sacri che descrivono i Vimana in azione, ci sono il Mahabharata e il Ramayana, dove vengono narrate le guerre mitologiche degli dèi; tra i testi non sacri, invece, esistono più di 250 trattati indiani dove vengono menzionati i Vimana.

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E in Italia?

Il lavoro portato avanti da Corrado Malanga negli ultimi 25 anni ci ha dimostrato che quelli che oggi chiamiamo “alieni”, ieri erano chiamati “demoni”; e lo sono ancora oggi, negli ambienti religiosi. La vecchia possessione diabolica corrisponde ai casi di parassitaggio e ai casi in cui gli alieni si impadroniscono particolarmente del soggetto addotto, mentre il vecchio esorcismo corrisponde alle moderne ipnosi, che in un certo senso sono “esorcismi tecnici”, in quanto molto più precisi e funzionali. E' stato scoperto che una grandissima quantità di problemi psicologici e psicosomatici deriva in realtà dallo stato di abduction in cui l'1% circa della popolazione si viene a trovare dalla nascita: risolto il problema, queste persone recuperano il contatto con la propria psiche e letteralmente guariscono da disturbi che nessun medico, in tutta la loro vita, era mai riuscito a curare. Questi ovviamente sono solo “effetti collaterali”, seppur desiderabili, ma non certo l'obiettivo del nostro lavoro, dato che non siamo medici. Sono proprio queste

innumerevoli testimonianze, e le migliaia di sedute di ipnosi ed autoipnosi, ad averci fornito così tanti dati da poter avanzare molto velocemente nell'investigazione e nella risoluzione del problema delle abduction, che presenta molte sfaccettature e continui risvolti. A questi dati si aggiungono le ricostruzioni grafiche di eventi recuperati con l'ipnosi, i disegni dei bambini addotti, gli impianti estratti dai corpi delle vittime di abduction e scientificamente riconosciuti come di provenienza fisica non terrestre, le cicatrici, i fenomeni paranormali, gli avvistamenti UFO, etc. Tutte queste esperienze sono perfettamente sovrapponibili sia a quelle provenienti da altre parti del mondo che a quelle tramandateci nella storia. Al momento, posso definire con assoluta certezza il lavoro italiano sulle interferenze aliene come il più avanzato al mondo, a giudicare dall'incredibile quantità di scoperte e dai risultati ottenuti: in questi 25 anni abbiamo visto, sentito e capito così tante cose che solo la metà basterebbero a far impazzire gli scientisti, ovvero i finti scienziati, dove per Scienza, con la S

maiuscola, si intende il miglior modo, il più equilibrato, di investigare la natura di qualsiasi fenomeno, secondo i criteri enciclopedici di verificabilità, riproducibilità e falsificabilità, che vengono soddisfatti dalla nostra ricerca in misura sempre maggiore ogni giorno che passa. Lavorando a ritmo serrato, Corrado Malanga ha sempre cercato di aprire a chiunque le sue scoperte, i suoi risultati e le tecniche da lui messe a punto, così che ognuno potesse verificare in prima persona ed eventualmente contribuire alla ricerca e ad aiutare gli addotti e non solo, dato che i nuovi metodi ci hanno permesso di andare ben oltre i problemi legati al parassitaggio e alle abduction: oggi, finalmente, questo suo instancabile lavoro di sperimentazione, applicazione e divulgazione, sempre totalmente gratuito, ci ha dato gli strumenti per poter proseguire in maniera indipendente l'acquisizione di Coscienza del problema alieno ed estenderla a tutto il pianeta, permettendo la liberazione autonoma di ogni addotto nel mondo. E' il momento: il futuro, ora, lo facciamo noi.

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Stonehenge (letteralmente pietra sospesa, da stone, pietra, ed henge, che deriva da hang, sospendere: in riferimento agli architravi) è un sito neolitico che si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire, Inghilterra, circa 13 chilometri a nord-ovest di Salisbury sulla piana omonima. È composto da un insieme circolare di grosse pietre erette, conosciute come megaliti. Questo complesso megalitico è stato costruito all'incirca nel 3200 A .C., cioè all'epoca in cui vennero costruite le grandi piramidi in Egitto. La costruzione ha una forma circolare, del diametro di qualche decina di metri; è composta da vari anelli di pietre alte e strette, alcune delle quali sormontate da altre lastre di pietra. Inoltre vi si possono osservare alcune serie di buche nel terreno, disposte in forma circolare.

Legame con i cicli astronomici

Le pietre di Stonehenge

sono allineate con un significato particolare ai punti di solstizio ed equinozio. Di conseguenza alcuni sostengono che rappresenti un "antico osservatorio astronomico"; si pensa infatti che sia stato progettato dagli antichi abitatori della regione non soltanto come un luogo di culto, ma anche come un immenso calendario, dopo una paziente osservazione del cielo, per tenere traccia del trascorrere dei mesi, delle stagioni e degli anni. Oltre che meta del turismo di massa, Stonehenge è attualmente luogo di pellegrinaggio per molti seguaci del Celtismo, della Wicca e di altre religioni neopagane. Quel che è certo è che il complesso megalitico contiene molti riferimenti al moto del Sole e della Luna; il numero di pietre e di buche nei vari anelli sembra essere legato a qualche ciclo astronomico, come quello delle fasi lunari. Inoltre le direzioni degli allineamenti fra le varie pietre coincidono

Andrea della Ventura [email protected] è un ricercatore indipendente che si occupa di controcultura, entità misteriose, esopolitica e ufologia. Pubblica regolarmente su riviste specializzate e in rete gestisce il gruppo Facebook Nuove Frontiere della Conoscenza.

UN UN UN UN VOLTOVOLTOVOLTOVOLTO ALIENOALIENOALIENOALIENO AAAA

STONEHENGE?STONEHENGE?STONEHENGE?STONEHENGE?

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pressappoco con alcuni punti della volta celeste, che corrispondono a eventi periodici come il sorgere e il tramontare del Sole ai solstizi.

Raffigurazione dell’Extraterrestre

Recentemente alcuni esperti avrebbero scoperto una misteriosa incisione a Stonehenge raffigurante il volto di un presunto alieno grigio; durante una spedizione scientifica presso il famoso sito archeologico infatti è stata notata, su una delle pietre di questo fantastico e misterioso luogo, una particolare raffigurazione di questa razza. Molti si chiedono come sia possibile che una tale evidenza venga alla luce solo adesso dal momento che un simile sito dovrebbe essere già stato visionato innumerevoli volte; la cosa anomala infatti è che nessuno si sia mai accorto di questa raffigurazione abbastanza evidente

dalle foto, sebbene Stonehenge sia visitata da parecchie persone. Teoricamente bisognerebbe risalire a qualche altra foto meno recente e, se si ha fortuna, individuare la pietra con il disegno; sarebbe un’ulteriore prova. La prima è l’immagine originale, le altre due sono elaborazioni sviluppate per mettere in risalto la presunta sagoma In realtà il particolare disegno analizzato scientificamente dal team della missione sembrerebbe reale, quindi non è il risultato di un fenomeno naturale, e la datazione con il carbonio 14 lo farebbe risalire addirittura a 4000 anni fa. Si tratta sicuramente di una scoperta di eccezionale portata che non può essere confutata perché accompagnata da dati scientifici ufficiali e che potrebbe confermare la reale interazione della razza umana con un’antica razza extraterrestre.

“Smoking gun” Le basi scientifiche sembrano esserci grazie anche alla datazione fatta con il C14; non credo che questo possa essere confutato. Qualcosa di anomalo c'è, basterebbe solo ammetterlo. Le prove che sostengono questa notizia appaiono fondate; pur rimanendo cauto e non lasciandomi andare a facili entusiasmi, nutro particolari speranze per questo caso. Piuttosto non è molto chiaro cosa abbiano datato ma, dal momento che si parla di incisione, forse si tratta dei pigmenti facenti parte della figura; il metodo del C14 infatti permette di datare solo materiali di origine organica come ossa, legno, fibre tessili, semi, carboni di legno, escludendo quindi in maniera categorica la pietra. Senza ombra di dubbio questa potrebbe essere una notizia bomba, la famosa "pistola fumante" che gli ufologi tanto hanno cercato. Una prova del genere confermerebbe che il nostro pianeta è stato visitato fin dagli albori della vita e che queste razze aliene avrebbero potuto in qualche modo influire sulla nostra evoluzione.

Pitture rupestri in India Questa notizia in qualche modo mi ha riportato alla scoperta in data 18 Febbraio 2010, da parte di un archeologo indiano, tale Wassim Khan e di altri suoi colleghi, di uno " straordinario " ritrovamento.

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Il gruppo di archeologi che ha collaborato con alcune tribù di montagna residenti in una remota zona dell’India, rinvennero, in alcune grotte, incredibili disegni rupestri risalenti all’epoca preistorica che raffigurano presunti esseri alieni, astronavi non identificate, esseri umanoidi vestiti con tute e scafandri, vortici molto simili a " wormhole " (varchi spazio temporali) e i ben più riconoscibili dischi volanti; Wassim Khan ha personalmente osservato i dipinti e sostiene che gli oggetti e le creature in essi raffigurate sono del tutto anomale e completamente diverse da quelle disegnate in altri dipinti scoperti precedentemente e raffiguranti la vita antica nella zona. Egli ritiene che queste pitture rappresentino

una sorta di “contatto” avvenuto tra esseri di altri pianeti e uomini della preistoria, incontro che avrebbe in qualche modo influito in modo fondamentale sullo sviluppo della civiltà umana. Questa ipotesi si riallaccia a quella già postulata dalla “paleoastronautica” o paleoufologia, cioè quell’insieme di teorie, sviluppate a metà del

Novecento, che ipotizzano il contatto preistorico tra razze aliene e le più antiche civiltà umane come quella dei Sumeri, degli Egizi e delle civiltà precolombiane. Sicuramente la notizia, se accertata, sarebbe di estremo interesse per tutti coloro, ricercatori e non, che da tempo appoggiano la non remota ipotesi delle attività ufo e la presenza di ufonauti già da migliaia di anni su questo nostro turbolento pianeta. (ndr – Gianluca Rampini: successivamente alla stesura di questo articolo sono emersi alcuni dati che rendono dubbia quantomeno l’antichità di questi ritrovamenti. Nessuno è riuscito a reperire l’archeologo per averne conferme, è possibile che questi dipinti non siano quindi antichi ma moderne rappresentazioni che gli aborigeni continuano a fare ricordando il popolo delle stelle. Il che, a nostro forse confuta la notizia in sé, ma conferma la consuetudine di questo popolo con potenziali visitatori dallo spazio.).

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C'è qualcuno sugli altri pianeti?

Indipendentemente da ciò che potrebbero raffigurare queste incisioni e pitture, altri mondi abitati dovrebbero esistere, anche perchè è una affermazione

di tipo scientifico e non ufologica; la presunzione di molti uomini è quella di credersi gli unici abitanti dell’universo, ma sono tante le volte che abbiamo percepito che non è così. Mi auguro che queste scoperte rendano l’uomo più umile

ed aperto a nuove possibilità di vita. D’altronde, come viene giustamente fatto osservare nel film “Contact” di Robert Zemeckis, “io dico che se ci siamo solo noi sarebbe uno spreco di spazio!”

(di Simone Barcelli) La notizia (bufala)

merita di essere nuavamente segnalata ai lettori (ne

avevamo già scritto in Tracce d’eternità nr.8 e nr.9).

Numerosi portali italiani hanno ripreso un articolo

pubblicato il 17 febbraio 2010 da Archeology Daily

News (www.archeologydaily.com) e da All News

Web (www.allnewsweb.com) in cui si dava conto

della scoperta di pitture rupestri preistoriche

all’interno di una grotta in una remota zona

dell’India (Hoshangabad, stato di Madhya Pradesh,

a 70 chilometri da Raisen). L’immagine, a prima

vista, è quella di un astronauta, di un disco volante

e di un emblematico oggetto, subito interpretato

come un buco nero dal quale sarebbero arrivati sul

nostro pianeta i presunti alieni. La scoperta, si

legge, è di un gruppo di antropologi; un archeologo

indiano, Wassim Khan, avrebbe sostenuto che

quanto disegnato è del tutto anomalo e comunque

discordante dall’arte rupestre preistorica che

rappresenta solitamente la vita quotidiana della

gente del posto. Questa notizia, così come proposta,

è un falso clamoroso. L’articolo non fa altro che

rimandare ad un sito indiano, il “Rajasthan Times”,

e sfido chiunque ad accertarne la veridicità. Del

fantomatico archeologo non c’è traccia.

L’immagine a corredo dell’articolo è una parte di

una rappresentazione recente proveniente dal

Kimberly Park: in questo parco ogni anno gli

aborigeni australiani ripropongono nuovi dipinti in

omaggio al popolo delle Stelle, raffigurando i

Wandjina, degli “esseri spirituali”. I dipinti sono

denominati Bradshaw Patings dal nome di Joseph

Bradshaw che per primo li scoprì nel 1891, nella

regione del Kimberley. L’immagine è visibile anche

nel video-documentario “Secret Space part 2″ di

Chris Everard, inserito su Youtube addirittura il 16

dicembre 2008, al seguente indirizzo

www.youtube.com/watch?v=qEi4gLHe5ws. A

questo punto non ci rimane che consigliarvi la

lettura propedeutica di un classico, "Astronavi sulla

Preistoria", di Peter Kolosimo, recentemente

ristampato da Mursia.

LA LA LA LA BUFALABUFALABUFALABUFALA DEGLIDEGLIDEGLIDEGLI ASTRONAUTIASTRONAUTIASTRONAUTIASTRONAUTI DELL’INDIADELL’INDIADELL’INDIADELL’INDIA

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Prima parte Luminescente e oscura, quasi sinonimo di luce e tenebre, bianco e nero o ying e yang. Giapeto, terza in grandezza delle lune di Saturno, è un corpo celeste denso d’interesse mitologico, astronomico, e oggi anche esopolitico. Dal 2011 a ritroso di 43 anni, il grande schermo avrebbe sussurrato alla Nasa che tale luna, avrebbe potuto realmente occultare un antico segreto. Sono assolutamente convinto che la fantascienza cinematografica (e non), in sé contenga dosi massicce di messaggi subliminali: dalle

astronavi interplanetarie alle sofisticate tecnologie, dalla varietà di razze aliene al probabilistico futuro societario che ci attenderebbe: catastrofi, epurazione umana programmata, evoluzione eco-pacifista o un nuovo ordine mondiale con tanto di popolazione microchippata? L’indifferenza, purtroppo, non aiuterà noi e i nostri figli, perché questo in Usa già sta accadendo; e potrebbe essere l’inizio di una fine differente dal 2012 di Roland Emmerich, con un epilogo che nessuno ha mai menzionato al cinema. Qualcuno però, nel 1968 riuscì sul serio a

Matteo Agosti [email protected], classe 1967, è un reporter freelance dal 1987. Ha collaborato con i quotidiani genovesi, e in ambito paranormale, ufologico e archeo misteri con Area di Confine, il Giornale dei Misteri, Mystero, XTimes, Hera e Ufo Magazine. E' tutt'ora collaboratore della Acacia Edizioni.

GIAPETO… GIAPETO… GIAPETO… GIAPETO… ALIENANTEALIENANTEALIENANTEALIENANTE LUNA LUNA LUNA LUNA NEPHILIM?NEPHILIM?NEPHILIM?NEPHILIM?

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stuzzicare la curiosità della Nasa; è il caso di Arthur C.Clarke (sx fig1), autore del best seller fantascientifico 2001 Odissea nello spazio, divenuto lo stesso anno l’epico colossal di Stanley Kubrik. Sul set, Giapeto rivela un oscuro monolite di matrice aliena venuto alla luce da uno scavo. Perchè Clarke scelse proprio Giapeto per la narrazione? Non è certo un mistero che la Nasa sospettò che Clarke sarebbe stato a conoscenza di elementi considerati "proibitivi" dall’ente spaziale. Nel 1981, il celebre scienziato della Nasa Carl Sagan (dx fig1) spedisce a Clarke la prima immagine di Giapeto scattata dal Voyager II (basso sx fig1,Agosto 1981), foto rivelante una atipica linea di demarcazione tra l’emisfero diurno e notturno, affine in sè alla sinusoide che caratterizza la via di mezzo nel simbolo del Tao (Ying e Yang). Le immagini successive però, rivelarono ben altri aspetti “lunari”. Il fatto che Sagan avesse donato a Clarke la succitata foto (con la frase “pensando a te”), indicherebbe tra i due un’amicizia germogliata prima del lancio del Voyager II, o addirittura... prima del 1968 (da non escludere

affatto). A scaturire tale indizio, è la piastra dorata (alto fig2) installata nel 1971 sulla sonda Pioneer 10, finalizzata a recapitare un messaggio a plausibili intelligenze aliene. Sagan, suggeritore delle incisioni apportate sulla piastra del Pioneer, possedeva una grande conoscenza in ambito sumero che pochi al mondo vantavano. Benchè non ebbe mai a dichiararlo apertamente, alcuni sanno o ricordano, che fu in possesso di un cifrario astronomico contenuto in un reperto Sumero. Trattasi di un

planisfero costituito in argilla, catalogato WA-K 8538 (basso fig2, British Museum) avente linee vettoriali eloquentemente simili a quelle della piastra Pioneer; la coerenza fra i due oggetti invita a supporre che il contenuto del planisfero sarebbe stato ben noto a Sagan. Quindi, con riserbo, egli avrebbe emulato la mappatura sumera sulla piastra del Piooner 10. Sul planisfero sumero, le incisioni cuneiformi poste sulle linee vettoriali indicherebbero rotte interstellari, ed in

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particolare (scrive Z.Sitchin, sx fig3) quella del pianeta X, alias Nibiru degli Anunnaki. Altresì la piastra Nasa mostra in basso la sequenza planetaria del sistema solare, indicante la rotta di una navicella (terrestre?) partente dal nostro 3° pianeta del Sole. Interroghiamoci:

perchè Sagan non realizza una rotta in corrispondenza di Plutone, invece che deviare in fronte a Saturno? Per una strana coincidenza, da quelle parti orbita proprio… Giapeto, da tempo sorvegliato speciale di Richard C.Hoagland (dx fig3). Già antiche

leggende mesopotamiche e indù, narrano singolari leggende di questa “Luna”. Il trapelare di voci insistenti in ambiente ufologico statunitense , britannico e canadese, indicherebbe Giapeto come una presunta antichissima stazione spaziale (fig4), che i ribelli Nephilim (o Angeli Caduti) avrebbero adoperato per combattere Arcangeli e Serafini al servizio dell’Altissimo Signore Iddio (il sommo Dio mesopotamico Anu?). Anu si congiunge alla grande Dea madre Ki: dalla fusione di Anu+Ki ecco il termine Anunnaki, progenie di Dei iniziata con Ninlil, Enkil ed Enlil. Ciò che sconcerta nella “rotta” di Sagan, è il suo non trasparente intento scientifico, che allora nessuno o forse pochi dei suoi collaboratori conoscevano. Ciò che la piastra ha per inciso, potrebbe suggerire che Giapeto è o sarebbe stato un avamposto Anunnaki posto in corrispondenza della navicella deviante su Saturno, e che, proseguendo nella sua direzione indicata dalla freccia, oltre la periferia del sistema ci s’imbatterebbe... nel pianeta Nibiru? Sagan senza destare sospetto, volle forse recapitare un messaggio ai nostri

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possibili antenati creatori oggi evocati da Zecharia Sitchin? E fare loro sapere che siamo ancora qui ad attenderli? Non è certo follia teorizzarlo. La sonda Pioneer 10, durante il suo viaggio siderale trasmette all’infinito un messaggio ambasciatore tradotto in 55 linguaggi, di cui il primo (e qui gatta ci cova) fu registrato in una lingua in disuso da eoni: il Sumero, giustappunto! Che dire…. dieci e lode al genio e all’astuzia di Carl Sagan. Si è scritto veramente poco su Giapeto, caratterizzato da una plusvalente superficie ghiacciata, ove a tratti emerge un’insolita materia oscura; negli ultimi 30 anni sono state avanzate pseudoscientifiche ipotesi circa la sua natura, sulla quale esite una

proliferazione di incertezze astrofisiche: materiali di origine “rocciosa” o nell’azzardo “organica”(fig5, che è?). Scoperto nel 1671 dall’astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini, Giapeto, più dettagliatamente, fu analizzato nel 2004 dall’omonima sonda, che nell’occasione, lungo una porzione equatoriale di km 1330 catturò l’immagine di un’immane “muraglia naturale”,

avente picchi di altezza prossimi a km 14 e in larghezza a km 22 (fig6); una dorsale lunare di dimensioni da fantascienza. Perciò forse Clarke venne a sapere qualcosa? E se sì, da chi? Si tratta di un formidabile intuito fantascientifico, oppure è lecito sospettare della complicità di Sagan? Lo scienziato fu astuto nel tutelare la sua cattedra dall’eretismo scientifico da cui pure era tentato; prima che Clarke

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iniziasse la stesura di 2001 Odissea nello spazio, Sagan avrebbe potuto confidargli nozioni di estrazione sumero-anunnaki sul sistema solare. Ciò potrebbe giustificare perchè Clarke in primis, puntò l’indice su Giapeto (e su altri lidi spaziali in altri libri). In ogni caso, non essendo io un sostenitore della casualità, propenderei a sostenere che Giapeto

potrebbe anche essere un satellite d’ignota natura assai remota (sospetta artificiale), con un interno cavo (magari abitativo) forse comune ad altre lune del sistema solare (si pensi a Phobos, recentemente scoperto cavo). Grazie agli studi di Richard C.Hoagland, è stato possibile constatare che Giapeto è ingannevolmente sferico (fig7), con evidenze

geometriche catturate sullo zenith, sulla rifrazione solare della superficie e persino nella forma di alcuni crateri. Osservato sugli orizzonti lascia adito a pochi dubbi.. ciò che in Giapeto può essere riassunto geometricamente, è descritto da immagini che parlano da sole, delle quali la scienza ufficiale mai ha osato fare menzione. Un

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atteggiamento che non meraviglia nessuno, nè il blasonato Hoagland che ha versato fiumi d’inchiostro per scuotere la Nasa. Nulla da fare, innanzi all’evidenza delle sue ricerche, il silenzio Nasa impera e il nostro “eretismo” spera. I “mesopotamici” Anunnaki o i relativi “ebraici” Elohim (cambia il nome ma non la sostanza) sarebbero stati creatori di vita e di mondi che si sarebbero poi spartiti; (nota: il plurale Elohim riferesce agli Dei del Signore e il singolare Eloha si riferisce al Dio). A Enkil (il “fiero angelo caduto dal cielo”) sarebbe stato affidato l’incarico di costruttore nel cosmo, motivo per il quale si sarebbe insuperbito nei confronti del suo creatore per aver realizzato un’opera enorme: la

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Terra e la vita su di essa. Sarebbe questa, dunque, la truce verità a noi mai trasmessa dal clero? Il nostro Dio Signore creatore, non altri sarebbe che un figlio del sommo Dio Anu (o An), a sua

volta parente nell’antico Egitto di un certo… Anubis, pseudonimo o ennesimo figlio generato da Anu e Ki (o Kishtar e Ishtar nella successsiva babilonia, quindi dai prefissi Anu+Is di Ishtar

si otterrebbe Anubis con una "b" nel mezzo?) Costruttori di mondi e di lune, dove si suppone albergassero. E chissà che su un file Nasa (Giapeto -PIA08380.tiff) non si abbia la sensazione di rilevare una struttura artificiale (fig8). Potrebbe trattarsi di una costruzione molto antica, la cui fattezza superiore (visibile solo dall’alto) ricorderebbe il tetto a spiovente di un edificio terrestre. Prudenza, non è

possibile determinare di cosa esattamente si tratti, ma è altrettanto vero che a priori non si può definirlo un “nulla di che” (nessun dubbio al merito, fig9). E nessun dubbio anche, circa

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critiche che possono pervenire dagli ambienti ipocritamente avversi all'esistenza di esseri di altri mondi e oggetti volanti non identificati. Non poche perplessità invece, lasciano esterrefatti gli osservatori ufologici che vengono considerati affetti da sindrome allucinatoria; tra i diffusori epidemici di questa patologia, si è prodigato nel 2010 un noto giornalista scientifico (Luigi Bignami), al quale consiglierei di dare un’occhiata alle dune di Giapeto, ottime per l’espiazione peccatoria e… l’osservazione di oggetti spaziali non identificati (fig10,

PIA08403.tiff – nota: non si tratta delle altre lune di Saturno). Non guasta neppure un’occhiata alla mitologia greca, dove è bene ricordare che Giapeto appartenne alla prima generazione di Dei alla corte di Zeus; ma Giapeto è anche considerato un proto-genitore della razza umana. Qui le analogie con Anunnaki ed Elohim sono assai rilevanti.. cambiano gli attributi ma poco gli eventi divini. Enkil, figlio di Anu e Ki, si sarebbe incestualmente unito a Ki (per spodestare il padre?) venendo poi relegato sulla Terra per estrarre oro dal sottosuolo. Nel contesto ebraico-cristiano, Satana (l’islamico Shaytan)

venne precipitato sulla Terra per aver ambito a sedersi più in alto del Padre. Giapeto idem, finisce nel Tartaro (inferi) per aver tentato di conquistare l’Olimpo in alleanza con altri Dei. Non ci è dato capire però, se determinate lune o pianeti, adottassero il nome di chi le presidiava. Se Giapeto è stato una sorta di planetoide-astronave viaggiante, c’è da domandarsi allora se qualcuno potrebbe abitarlo ancora (al suo interno?). E se fosse così? E’ molto strano... durante una lettura del file Nasa PIA08381.tiff, ebbi quasi l’impressione di percepire una sorta di “affollamento” (alto fig11) costituito da tante

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“piccole” singolarità poste sul bordo inferiore all’interno di un cratere (teste di una colonia aliena? basso fig11) o semplicemente “massi” alquanto insoliti? In

verità, non è l’unico cratere entro il quale è parso di scorgere qualcosa, e non è neanche l’unico file o paesaggio dove il terreno offre atipiche sporgenze. Non

vorrei mostrarmi precipitoso, ma, per similitudine formale, ho appreso che tutte le superfici lunari ed anche planetarie come Mercurio, Venere, Marte

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e via dicendo, denotano un comune denominatore: medesime anomalie sul terreno. Crateri?

Certamente, quelli non mancano (seppur piuttosto esigui su Venere), ma quel che più

catalizza le pupille è “ciò” che credo di vedere al loro interno; così come negli anfratti rocciosi,

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nelle fenditure e nei numerosissimi buchi nel terreno. Sino ad oggi, ho passato al vaglio centinaia di file senza mai scoprire un qualche “corpo” (per comodità lo chiamo così) totalmente visibile sul terreno, magari in piedi o a quattro zampe (non importa come, purché si possa vedere eloquentemente). Venere a parte (eventualmente ne riparlerò in futuro, è un caso sui generis)... chi è che non vorrebbe osservare “qualcosa” sulla superficie di qualche pianeta o luna? L’oscuro oggetto del desiderio: l’extraterrestre, l’alieno, la forma di vita a noi sconosciuta. Non solo crateri su Giapeto, ma anche oscure e argentee dune sabbiose, sinistre e surreali, alienanti e... non del tutto desolate (fig12). Arthur Clarke nei suoi libri racconta di un’umanità che nel

Sistema Solare non è sola, e che là fuori c’è sempre qualcosa ad attenderla e respingerla, pronta a crescerla e spaventarla, o qualcosa che un giorno potrebbe tornare a risvegliarla. Da cosa? Dal torpore che affligge esseri umani divenuti inumani nel mare della vergogna, che loro stessi hanno creato con mani piene di potere e di menzogna. Luci nel cielo e nello spazio (caro Bignami, si veda i tanti filmati della Mir), sulla Luna e oltre, UFO ovunque, flottillas che vengono trasformate dal Cicap in stormi di uccelli (questa poi..), alias vacue colombe bianche svolazzanti ad alta quota. Forse sarebbe stato meglio definirli palloncini gonfi di gas elio, magari sfuggiti dalle mani innocenti di un centinaio di bimbi di una scuola materna. Un’occasione sprecata,

che avrebbe loro consentito di rievocare irrecuperabili iperquark di un'epoca fluttuante nella sesta dimensione (quella della disperazione). Poveri noi, e beato quel “coso”, ma sì… proprio quel “coso”, che se ne sta come appollaiato su una delle dune di Giapeto (fig13). Non lo vedete come è felice? Intorno a sé ha intorno tutta la quiete dell’universo, e per lui che possa durare! Perchè se Clarke a ragione, prima o poi quel “coso” sarà sfrattato da un’invasione esseri umani con tanto di sdraio, ombrelloni e caravan stellari. “...Pronto, pronto! Mi sentite? Qui è il “coso” che trasmette da Giapeto.. Nibiru, abbiamo un problema...” La seconda parte di questo studio sarà pubblicata nel prossimo numero.