Noteblock, Nr. 0, Marzo 2011

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    Abbiamodeciso di ripren-dere il filo rossodi un discorso che non

    ha pi il feticcio di un partito, che non pretende discovare la contraddizione fondamentale e non mitizza

    l'esodo delle moltitudini dimenticando la molteplicit deiterritori e le diversit delle esperienze. Altra cosa la pratica, quel

    la s, minoritaria ma democratica, di riappropriazione dei benicomuni, di sottrazione alla mercificazione e costruzione di una

    democrazia diretta e non formalmente rappresentativa. Gli uomini sono tutti neri, indipendentemente dal colore della pelle: il processo

    contingente, immanente, privo di finalit ultime, eppure sempre possibileschivare il presente o raggiungerlo. Resta ancora irrisolta la contraddizione trala forma determinata della distribuzione della ricchezza e l'emergenza dibisogni sociali insoddisfatti; questa contraddizione segnata da una naturaseconda, quella stessa che quotidianamente produce una ricchezza che nelparadigma capitalistico non pu essere raccontata, una soggettivit chesenza teorie e pratiche resta spettrale. Ecco un buon motivo, anche per nonprendersi troppo sul serio: ridare voce e argomenti agli spettri. Del restonell'Odissea, quando Ulisse alla corte dei Feaci racconta il suo viaggioavventuroso, alla fine si arresta, e chiede produce argomenti,interpretazioni, che permettano ai sensi di non arrendersi al senso

    unico. Non c' pi il vuoto, il silenzio che precede la parola, e neppure lo sgomento, quello che segue al trauma, ma uno spazio

    striato, una complessit irriducibile al diritto e alla violenza,una parte, un non tutto, dei senza parte, sempre meno

    invisibili eppure senza ragioni, dissoi logoi (discorsidissonanti), posizioni e pratiche di dissen

    so. Questo ci piacerebbe costruire emettere in circolo.

    numero Zero Gennaio 2011in attesa di registrazione

    periodico di informazione Politica Sociale Culturale

    AMBROGIO AURORA BOTTA CASANO INGRILL LOMBARDO RIGGIO

    Som

    m

    ario

    LOTTE SOCIALIE RIVENDICAZIONISMO

    LA CONTRORIFORMADELLA RICERCA

    QUESTIONE AMIANTO

    IL PROBLEMA DELLA GESTIONESMALTIMENTO

    DIRITTO E SALUTE

    CICLO DEI RIFIUTI EPROGRAMMAZIONE AMBIENTALE

    LINEE DI FUGA DEL SOCIALE

    IL GUADO SINDACALE

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    Di fronte ad ogni nuovo insorgere dimovimenti di lotta che ciclicamenteriproducono il conflitto sociale, moltiosservatori (anche militanti di parte) ciavvertono - non sempre senza ragioni -

    delle delusioni possibili, dei facili entusiasmi e degliabbagli in cui il pensiero critico incorre sistematica-mente, dopo le grandi narrazioni dello scorso seco-

    lo, nellattribuire una qualche portata costituentealla soggettivit del momento. Fra le cause di questadiffidenza si individua nel rivendicazionismo lamalattia esiziale che cos come avrebbe condottonelloblio le molte soggettivit dellultimo novecen-to parimenti condurrebbe nello stesso crinale i pro-tagonisti dei questi giorni. In altri termini, il movi-mento attuale, per ambire ad un ruolo storicodovrebbe essere capace di andare oltre la lista dellaspesa, altrimenti ineluttabile sar il suo destino.

    In una recente intervista Marco Revelli hagiustamente marcato una netta distanza con quanti -anche a sinistra- hanno assunto latteggiamentoipercritico sulle forme di insorgenza poste in esseredal movimento di questi mesi, semplicisticamente

    definito studentesco. Ci si interroga su qual lasoggettivit, o meglio la debolezza politico-pro-gettuale che inevitabilmente sfocia nella derivainconcludente della piazza. Tutti pronti a scandaliz-zarsi per il minimo gesto di devianza come se cimuovessimo in un ambiente politico-istituzionale

    perfetto, corretto, eticamente inappuntabile .Concordando con Revelli noi non sappiamo se que-sto movimento, al di l della volont dichiarata di

    proseguire le iniziative indipendentemente dallaapprovazione della Riforma-Gelmini, abbia unasoggettivit spendibile per il futuro, nel senso che

    possa inaugurare una nuova stagione conflittualeche preluda a nuovi scenari politici e pi avanzatiassetti sociali.

    Di sicuro per sappiamo che questo movi-mento, con sempre pi consapevolezza rispetto aisoggetti passati, ha maturato e prodotto forme di

    partecipazione dal basso e di autorganizzazione (sipensi anche alla gestione diretta del confronto poli-tico intessuto con la FIOM e alla stessa manifesta-zione nazionale autoconvocata del 14 dicembre),lasciandosi alle spalle - non sappiamo ancora quan-to definitivamente - ogni formalismo politicista resi-duale novecentesco - in primo luogo il rapporto c.d.avanguardia/massa. In sostanza quanto determina-tosi nella dinamica interna del movimento -i circuitidi comunicazione, le forme e gli spazi decisionali,lelaborazione e le riflessioni collettive, ecc.- forseancora pi importante e significativo di quanto inve-ce rappresentato sul terreno della piattaforma riven-dicativa.

    Ma oltre alle critiche del disincanto chemettono in guardia dai facili entusiasmi - le riduzio-ni delle voci di spesa dei bilanci condannerebberoallinefficacia i ciclici movimenti conflittuali carat-

    terizzati da un patologico rivendicazionismo massi-malista - v anche una critica ben pi radicale e disegno opposto: il rivendicazionismo in realt rende-rebbe sempre possibile lomologazione dei movi-menti che lo sostengono, anzi per altri aspetti affinail processo del controllo dominante cooptandoallinterno dello spazio istituzionale la forma rap-

    presenta tiva della soggett iva conflit tuale, come

    appare evidente in tutto ci si riflette nella storia delmovimento operaio ufficiale della seconda met delsecolo scorso. Tuttavia bisogna riconoscere che se irischi dellomologazione sono sempre in agguato,ci che resta non soggiogabile per tutta quellafase costituente autonoma del processo interno allaformazione dei movimenti, incessantemente ripro-ducibile in ogni nuova determinazione, la qualesembra raccogliere nella genealogia dei soggetti

    passati quella rottura originaria che lega la memoriacarsica dellantagonismo sociale.

    Il punto di riferimento genealogico a noi pivicino non pu che non essere quello delle lottedegli anni Sessanta/Settanta. Siamo in una epoca -quella che abbraccia la composizione di classe dal-

    loperaio professionale alloperaio massa- in cui lelotte operaie portarono alla determinazione dellegrandi conquiste sia sul terreno economico sia sul

    piano della legislazione sociale. Ora chiaro chedalla fine del patto fordista quella che fu la media-zione alta tra capitale e lavoro - e con la deregulationliberista, oramai imperante da decenni, i marginidelle politiche economiche volte alla regolazionedel mercato con la stimolazione della domandaaggregata (sostenuta dalla spesa pubblica) si sonosempre pi ristretti. Anzi uno Stato sempre menointerventista (e soggiogato dalle dinamiche globalidellaccumulazione che sfuggono alla leva fiscale)ha favorito lallargamento della forbice distributiva:in questo senso si parla del capovolgimento della

    piramide del reddito, ovvero (senza entrare nel meri-

    to tecnico degli indicatori) i due/terzi della base red-dituale sono appannaggio della ristretta corporazio-ne del capitale (per dare lidea, dagli amministratoridelegati dei grandi apparati azionari ai manager delsistema bancario e finanziario) ed 1/3 al grosso della

    popolazione.

    Dalla crisi strutturale dello Stato-piano (ciodi quel sistema istituzionale di produzione pianifica-ta che integrava impresa pubblica e impresa privata-ci che bene per la FIAT bene per lItalia, sidiceva allora-, incentrato sulla manovra di politicaeconomica e sul processo di accumulazione regola-to dal riequilibrio keynesiano) s determinato il

    passaggio in cui la crisi diviene condizione fecondadella ristabilizzazione della catena di comando non

    pi articolata su scala nazionale, bens planetaria. LoStato-crisi si presenta come disarticolazione dellesovranit, avr il compito di gestire allinterno del

    proprio spazio giuridico le strategie dellaccumula-zione globalizzata sviluppate dalle entit sovrana-zionali indipendenti dalla statualit e dentro cui si

    misurano e si scontrano gli interessi delle corpora-zioni nazionali o neo costituite in ordine di secondogrado (per es. Unione europea).

    La crisi quindi divenuta categoria ideolo-gia, non pi condizione transeunte congiunturale.Essa assurge a fonte della dottrina neoliberale-neoli-

    berista e che vedr nella reaganomics, di concerto

    con il thatcherismo, la base della concrezione impe-rante. Infatti la crisi una costante che accompagnail corso degli ultimi decenni, nonostante sul pianodella finanziarizzazione il c.d. turbocapitalismoha fatto registrare indici di crescita esponenziali maiconosciuti prima dalle composizioni tecniche-quali-tative del capitale industriale: il nuovo sistema del-laccumulazione globalizzata sembra reggere lecadute economiche vorticose e poter ripartire con

    pi virulenza proprio perch della crisi ne ha fattouna fonte costitutiva. Non un caso che di tutti i fat-tori della economia quello che non cresce pi invalore anche nei momenti virtuosi del ciclo- siaquello del lavoro o che addirittura si depauperasempre pi ad ogni battito dali del crollo che oramai funzionale alla messa in valore della crisi.

    Gli indicatori economici e sociali ci segna-lano chiaramente quali sono gli effetti -e su chisoprattutto si ripercuotono- del crollo funzionale. Intutto il mondo occidentale incombe il rischio di unadisoccupazione di massa, ed in alcuni paesi come ilnostro questa attraversa drammaticamente le fascedella popolazione giovanile: un futuro non solo pre-cario ma ancora pi incerto in assenza totale di pro-spettive. Quali risposte dare al dramma vissuto dallenuove generazioni? Ci dicono gli economisti che le

    politiche di pieno impiego non sono pi praticabili eche la disoccupazione una condizione subordinataallallargamento economico del mercato verso altreattivit sociali, come per esempio quella di cura (cheha gi visto ampi spazi di attivit riconvertiti

    alleconomia di mercato), o nella in valore di queibeni che in atto sfuggono alla legge dello scambio,ovvero la privatizzazione dei beni comuni per valo-rizzarli sottraendoli per lappunto alla comunit. Manon solo. Ci dicono che sar necessario pure proce-dere ad un riassetto del mercato del lavoro chegarantisca da un lato pi flessibilit e produttivit edallaltro pi competitivit e mobilit. Non soloquindi la forza lavoro dovr essere pi redditizia perlinvestimento di capitale, ma dovr entrare in com-

    petizione tra le singole unit in modo da garantireora alluna ora allaltra limpiego nella produzione.

    Parlavamo prima della questione sullinver-sione reddituale coincide anche con una politica sin-dacale imperniata sul metodo della concertazione

    che di fatto ha favorito il contenimento della cresci-ta salariale e sostenuta sul fronte istituzionale da unaSinistra che in nome della modernit ha favoritolespansione della precariet (pacchetto-Treu) senza

    pensare ad una rete di tutela e protezione sociale chevige in tutti i paesi avanzati europei. Nel quadro del

    e RIVENDICAZIONISMOAntonio Casano

    LOTTE SOCIALI

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    processo di unificazione monetaria europea lassen-za di lotte rivendicazioniste, relativamente sia alsalario diretto che a quello differito, ha sostanzial-mente fatto arretrare il quadro della legislazionesociale e il peso contrattuale (con la progressiva sva-lutazione del potere dacquisto delle retribuzioni)che il ceto politico di sinistra era stato capace di rita-gliarsi tanto allinterno dello spazio della rappresen-tanza istituzionale quanto nello spazio di mediazio-ne tra le Parti sociali, facendo avanzare progressiva-mente le condizioni generali delle societ consolida-tesi nelle democrazie occidentali. Lattestazione sullimite delle resistenze concertative, come nel caso

    dellinflazione programmata, quale indice di riferi-mento introdotto e sostenuto dai governi di centrosi-nistra sul terreno dei rinnovi contrattuali allo scopo dicontenere la crescita salariale, nellintento di incassa-re un qualche minimo risultato realisticamente per-seguibile, ha significato non solo una sostanzialerinuncia ad un politica rivendicazionista ma anchelaver subito una selvaggia e sistematica aggressionedei diritti sociali tutelati dalla welfare policy.

    Larretramento sul terreno del rivendicazio-nismo ha quindi contribuito a svilire la capacit con-flittuale stessa dei movimenti che facevano riferi-mento allorganizzazione novecentesca, n i varitentativi riorganizzativi che si sono prodotti -tipo ilsindacalismo di base- hanno riempito i vuoti politicidella nuova rappresentazione, rimanendo ancoratientro lorizzonte tradizionale. Di fatto i nuovi sog-getti non hanno trovato ancora un loro statuto politi-co n i vecchi si riconoscono appieno nelle tradizio-nali soggettivit rappresentative. Anche se oggisembra darsi una nuova possibilit, poich per la

    prima volta dopo tanti anni i movimenti sembraabbiano ritrovato nuovi codici di comunica-

    zione veicolabili su scala globale.Riusciamo in trasparenza ad intrave-

    dere quella circolarit antagonistache si era smarrita, seppur in

    qualche modo lantagonismoin questi anni non sia manca-

    to, caratterizzandosi in gran-di momenti conflittuali cheper procedevano per saltiverticali a cui seguivanovorticose cadute in pic-chiata.

    Alla luce della crisi globalei movimenti stanno cercando

    di trovare nuovi percorsi diunificazione, non a caso in que-

    sti giorni rimbalzato nelle sin-gole realt il dibattito promosso dal

    gruppo UNITI CONTRO LA CRISI,un gruppo informale le cui molteplici

    anime pongono la necessit di ripensare unal-

    ternativa al modello di sviluppo dominante, parten-do dalla fondazione di una costituente dal basso. Insostanza proprio la saldatura di questi movimenti -tra i soggetti che hanno animato il conflitto dentro illuogo principale della produzione intellettuale diffu-sa (lUniversit) e i protagonisti della resistenzaoperaia contro la FIAT- e laver colto il nesso misti-ficante che contrappone lorganizzazione del lavorosalariato con la massa di non-lavoro sociale produt-tivo, ovvero linfinita attivit creatrice generatadalla cooperazione messa in opera nelle sue formemateriali/immateriali dalla societ globalizzata.

    Si badi, qui non si tratta di un recupero diquello che era stato il rapporto istaurato nellautun-no caldo, sintetizzato nello slogan Studenti Operai

    uniti nella lotta, il quale presupponeva ancora lacentralit operaia nei processi di ricomposizioneorganica della classe. Qui siamo gi ben oltre. V ilriconoscimento di quel proletariato giovanile cheaveva, sul fine degli anni settanta, preso coscienza dis e che attraverso laffermazione del lavoro cogni-tivo una condizione produttiva ancora formalmen-te escludente, ma nella materialit sempre pi deter-minante- irrompeva con forza sugli scenari nove-centeschi del movimento operaio ufficiale: gi nellacornice delloperaio sociale erano stati anticipatisegmenti analitici dei processi cognitivi socialidella produzione, traccianti da cui hanno attinto a

    piene mani le scienze sociali, mentre allora veniva-no guardati con sufficienza dallalto in particolare-da una visione oggettivistica del marxismo, di unaletteratura che, al massimo, era stata capace di inno-vare il paradigma con la teorizzazione dellautono-mia del politico, cio un surrogato desoggettivizza-to della tradizione operaista.Vogliamo concludere ribadendo che anche la riven-dicazione materiale per il soddisfacimento dei biso-

    gni una condizione essenziale del conflitto. La qua-lit politica delle lotte si misura nella capacit di arti-colare piattaforme tendenti a superare il piano giuri-dico ottriabile, quello concessivo, per affermareinvece sul piano della cogenza fondamentale il rico-noscimento dei diritti soggettivi e delle prerogativeinalienabili. Perci la difesa dei diritti non sempli-cemente unattestarsi su posizioni del passato. Come

    stanno dimostrando gli operai metalmeccanici e laloro soggettivit politica (la FIOM) ci che in gioconon semplicemente la difesa del posto di lavoro,

    perch se cos fosse il marchionnismo avrebbe sgom-brato il campo da ogni ostacolo.

    Con la vertenza-FIAT (che va ben oltre ilcomparto dellauto proponendosi come nuovomodello di relazione contrattuale) il rivendicazioni-smo sta recuperando -nello spirito- quella feconditche aveva caratterizzato il conflitto delloperaio-massa nellepoca fordista: ieri, con la crescita sala-riale come variabile indipendente dal capitale e laconquista degli spazi di autonomia in relazione alriconoscimento delle tutele collettive e dei dirittisoggettivi; oggi, con la difesa e lestensione di quei

    diritti e soprattutto con il riconoscimento di nuovi acominciare dal reddito di cittadinanza -come dirittosoggettivo che esula dal rapporto economico delloscambio- puntando decisamente ad una nuova costi-tuzione dei rapporti produttivi su cui innestare pro-cessi di sviluppo che tengano conto delle sostenibi-lit ambientali e della qualit della vita. Ma ci chesembra sempre pi assumere maggiore consapevo-lezza nelle soggettivit molteplici che si dispongonosu questo nuovo terreno di edificazione politica lindividuazione della centralit dei beni comuni, unruolo fondamentale per chi pone la necessit di unmodello alternativo, un tema e terreno di scontro

    politico fondamentale per chi pone la necessit di unmodello alternativo di societ.

    inaugurareuna nuovastagioneconflittualeche preluda anuovi scenaripolitici e piavanzatiassetti

    sociali...

    ( )SEMINARI DI NOTEBLOCK

    SOGGETTIVITMOLTITUDINE

    e BENI COMUNI

    1/31 Marzo 2011

    via degli Emiri, 54Palermo

    ore 16,00

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    LA CONTRO-RIFORMA

    Contrariamente alle lotte di due anni fa, oggi lo scon-tro non riguarda solo i tagli gi introdotti con lafamigerata legge 133 ma anche una ben articolatacontroriforma universitaria che riscrive limpiantodella cosiddettagovernance universitaria. E infatti amobilitarsi contro la riforma sono state tutte o quasi

    le componenti che si sono sentite profondamenteattaccate nel loro diritti: forse meno (o comunque pisporadicamente) gli studenti che comunque sonoquelli che hanno dato corpo e visibilit maggiore alla

    protesta e i precari (almeno a Palermo); con mag-giore costanza e convinzione politica ricercatori,associati e ordinari, in forma direttamente proporzio-nale a quanto viene messo in discussione il rispettivoruolo secondo questo nuovo assetto.

    indeterminato. Il punto cruciale che contraddistingueper questa riforma che non c nessuna garanziaper chi entra oggi come precario per il suo avvenire(appunto contrariamente a una vera tenure track),infatti la Facolt che oggi bandisce un concorso diricercatore non avrebbe alcun obbligo e in realt

    neanche la possibilit di mettere a budget anche ilprosieguo della sua carriera. Quindi la fascia del pre-cariato si amplier dalla pletora di figure gi oggi

    presenti (post-dottorati e assegnisti) a quella deiricercatori. essenziale capire che sul precariato si

    basa il potere dei cosiddetti baroni, che sono per lap-punto il cancro delluniversit. Ricordiamo che unostuolo di precari, che devono la propria futura carrie-ra a una o poche persone, li rende ricattabili e confe-risce a quelli il diritto di vita e di morte su tutti, sui

    precari e sui loro sostenitori accademici. Questariforma, anzich ridurre le cause di questo cancro, leamplia.La cosa particolarmente disgustosa e perniciosa lalotta tra poveri che ci ha scatenato. Infatti non sono

    pochi i precari che sono abbagliati da questa riforma,

    abbacinati dalla possibilit di scavalcare nella carrie-ra i vecchi ricercatori, facendo il concorso di associa-to prima di loro o al posto loro. Infatti, cosa si deci-der tra la promozione di un vecchio ricercatore, checausa lallontanamento definitivo di un giovane pre-cario arrivato alla fine dei sei anni di precariato, o la

    promozione di questultimo a scapito della carrieradel primo?Ma anche per i vecchi ricercatori c lo specchietto

    per le allodole. Mentre oggi i concorsi prevedonouna commissione istituita ad hoc per ogni concorsocon un numero di idonei doppio o triplo ai posti ban-diti (pratica assurda e fonte di ogni mercimonio loca-le che ha sostituito gli ottimi concorsi nazionali a

    posti bloccati previsti dalla 382 fatta nel 1980), dadomani ci sar s di nuovo una commissione nazio-

    nale, ma che non dichiarer vincitori di concorso, masolo idonei in numero illimitato. E quindi per essereincardinato in un posto di livello superiore non baste-r lidoneit, ma occorrer anche avere il budgetnella propria Facolt (ossia il favore di chi detienelocalmente i cordoni della borsa).

    LA PRIVATIZZAZIONE

    Limpatto sugli studenti di questa riforma a parte itagli delle borse di studio, trasformate in prestitidonore non immediato. Infatti dovr passaretempo prima che lo strangolamento delle universit acausa di tagli finanziari e di personale, far sentire isuoi effetti, fino alla chiusura di corsi o interi corsi di

    laurea e accorpamenti di Atenei. La disarticolazionedellofferta pubblica una condizione preliminareper lapertura al privato delle vaste praterie uni-

    versitarie. Infatti luniversit privata non potrmai seriamente competere se non con

    punte di eccellenza ben localizzate cul-turalmente e geograficamente con

    gli Atenei pubblici: ci vuole troppastoria, troppi soldi per farlo sul

    serio. E quindi solo quandoluniversit pubblica dovrchiudere le proprie porte amolti studenti a causa diparametri restri ttivi sulnumero di immatricolati, discarsit di personale a causa

    del turn-over bloccato e delfatto che tanti si limiterannoai propri compiti istituzio-nali obbligatori per disaffe-zione e per sovraccarico di

    altri compiti i grandi e pic-coli squali privati potranno

    avventarsi sulla grassa predagi opportunamente preparata e

    cotta. Allora le vaste praterie siapriranno a tutti i CEPU e le KORE

    dItalia per rastrellare tutti gli studentimeno bravi o meno fortunati o meno rac-

    comandati e pi facoltosi o pi spremuti chenon troveranno posto negli atenei pubblici sta-

    tali.

    Resta da segnalare che alcune limitazioni, quali prin-cipalmente al turn-over, non si applicato per quegliAtenei che si trasformano in Fondazioni, comehanno gi fatto le pi virtuose Universit del Nord.Questo modello prelude alla svendita diretta dei beni

    pubblici, senza nessuna garanzia reale di controllo daparte dei cittadini.

    RECLUTAMENTO E PROGRESSIONE

    Chi invece si sentito subito colpito sono stati i pre-cari, i ricercatori e gli associati. Vediamo infatti checosa riserva loro la riforma. Laspetto pi inquietan-te labolizione del ruolo del ricercatore a tempoindeterminato, sostituito da quello a tempo determi-nato (tre anni rinnovabili solo di altri tre). I sosteni-tori della legge hanno osannato questa riforma comela fine del precariato a vita, citando la presenza nellalegge di una tenure track, ossia di un percorso che

    porta dopo il tempo di precariato a un concorso perprofessore associato, cos come accade in altri paesidove il primo gradino accademico non a tempo

    Il puntocruciale checontraddistingue questa

    riforma chenon c nessuna garanziaper chi entraoggi comeprecario

    LACO

    NTRORIFO

    RMA

    DELLA

    RICERCA

    Alberto Lombardo

    Questo un momento cruciale per fare il

    punto della situazione riguardante lelotte contro la riforma Gelmini, permettere a fuoco alla ripresa delle attivi-t dopo la pausa natalizia il percorsofatto e quello da fare.

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    Meno fortunati i professori associati, i quali sidovranno accontentare di alcune promesse di posti aconcorso per professore di I fascia, largamente insuf-ficienti a coprire le reali r ichieste di progressione gimaturate legittimamente in questi anni.

    LASSETTO DELLATENEO

    Devastante il nuovo assetto dellagovernance , basa-to su una logica che una sintesi tra neo-feudalesimoe arrembaggio alle risorse pubbliche.Il Senato accademico, il consiglio costituito da mem-

    bri eletti direttamente o indirettamente (i Presidi), praticamente svuotato da ogni attribuzione se nonconsultiva. Il potere passa al Consiglio diAmministrazione, che prevede la presenza di almenoil 40% di esterni qualunque cosa ci possa significa-re (ricordiamo che saranno poi i nuovi Statuti dei variAtenei che dovranno recepire entro sei mesi i detta-mi di questa riforma). A parte larroganza tipicamen-te aziendalista di pensare che degli esterni possanoreggere meglio luniversit di come possano fare chici lavora dentro, ci si chiede chi pu essere scelto pertale compito. Se fossimo in un Paese avanzato cultu-

    ralmente dove il privato investe in ricerca, potremmopensare di far sedere nel CdA chi mette seriamentedei propri quattrini nellAteneo, ma poich questo da statisticamente escludere (il privato in Italia inve-ste al posto del 2% del PIL previsto come medieeuropea, o il 4% come fanno certi Paesi come laSvezia, miserrime frazioni di punto percentuali ecomunque ben concentrate in aziende, come FIAT eFinmeccanica, che la ricerca se la fanno in casa e inmodo impermeabile) chi dovremmo far entrare: ban-che? politici?? imprenditori???Siamo alle solite: lassalto al bene pubblico da partedi unarmata squattrinata che vuole solo saccheggia-re e abbandonare i resti dopo il banchetto (vediAlitalia, Autostrade, Acquedotti, etc.). Tutto ci siregge sulla figura del Rettore, eletto solo dai profes-

    sori ordinari e tra una ancor pi ristretta cerchia didocenti anche di altro Ateneo che abbiano com-provate esperienze gestionali.Il tutto subordinato al bastone e alla carota di unacommissione di valutazione nazionale che ha gidato lanno precedente i suoi responsi, bacchettando

    prevalentemente gli Atenei del sud e promuovendoesclusivamente Atenei sopra la linea del Po, cosa cheha condotto a tagli dolorosissimi e oltre il limite delcollasso gestionale. Il governo a trazione leghista.

    Non dimentichiamo per che, a fronte di questi tagli,continuano a essere finanziati veri fantasmi scientifi-ci, come lIstituto Italiano di Tecnologia, creatura

    personale di Giulio Tremonti.Quindi laspetto feudale sta nella inversione del flus-so del potere: dal modello democratico, per quanto

    imperfetto e spesso abusato, che basa il proprio con-senso su una base sufficientemente larga di soggetti,anche se non tutti liberi e puliti, al modello vertici-stico, in cui tutti rispondono al Ministro che tiene icordoni della borsa, manovra i propri ispettori egoverna attraverso i suoi Rettori-vassalli, da cui a

    queste note). Al momento possiamo dire che da unlato ci si interroga su come portare avanti la protestadopo lapprovazione della legge e dallaltro si cercadi attrezzarsi alla nuova fase che vedr necessaria-mente la riscrittura dello Statuto dellAteneo.Resta comunque il segno di una sconfitta annunciata.

    CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

    Nonostante la sconfitta parlamentare e di piazza restala convinzione che qualcosa si sia rotto nella coscien-za di tanti docenti e di tanti giovani che sono scesi in

    piazza, e di tanti adulti che li hanno guardati.Il potere politico ed economico ormai nudo. Gliinfingimenti ideologici dietro cui si mascherava datempo fatti di efficienza, modernit, lotta aglisprechi e ai privilegi non incantano pi nessuno. Ilsentire comune ormai chiaro: sotto attacco i benicomuni per gli interessi di pochi e noi non abbiamotroppe armi nellambito della legalit per resistere.

    Non abbiamo sponde polit iche di rifer imento.Latteggiamento del PD in parlamento stato ondi-vago: allinizio anzi pienamente collaborativo e soloin ultimo oppositivo ma senza costrutto. Si veda

    invece il progetto di riforma proposto dal PD, indi-stinguibile da quello del PdL e i giudizi che su diessa hanno dato le organizzazioni dei docenti impe-gnate nella protesta (ANDU e Rete 29 aprile).Questo fa s che le condizioni oggettive per unariscossa di un movimento anticapitalista di massageneralizzato siano sempre pi presenti. Invece sisconta sempre pi il ritardo e i limiti della sua orga-nizzazione, frastagliata e debole.Si mostra ancora una volta come le forme di autoco-scienza da sole non possano fare il salto di qualit dauna generica opposizione, senza una adeguata prepa-razione ideologica che contesti le basi dellattaccocapitalistico alle condizioni di vita popolari.Le due battaglie pi importanti che si sono svoltesotto i nostri occhi in questi mesi, quella universita-

    ria e quella dei metalmeccanici, hanno questo incomune.

    scendere si trova una ristretta cerchia di potenti ordi-nari-valvassori, fino alla plebe dei precari.Questa riforma, scritta prima e osannata poi proprioda Confindustria e dai suoi giornali, andr a finirecome la riforma che istituiva i due cicli di studio (ilfamigerato 3+2)? Riforma nata col dichiarato inten-to di creare gi dopo tre anni figure professionalisubito spendibili sul mercato del lavoro e ridurre il

    numero dei fuori corso e degli abbandoni, ha inveceabbassato radicalmente la qualit della didattica, cre-ando percorsi sconclusionati, e alzato il numero deifuori corso. Tant che le aziende si sono affrettate adaccaparrarsi gli ultimi laureati del vecchio ordina-mento a ciclo unico, mentre gli Ordini forti (medicie architetti) hanno imposto corsi a ciclo unico.

    LA PROTESTA

    Come abbiamo detto il fronte anti-Gelmini, in teoriamolto vasto, si spezzettato in pi frange spesso sle-gate o in contrapposizione le une alle altre.In una prima fase prima dellestate a Palermo la pro-testa partita dai settori politicamente pi coscientidi ricercatori e associati, che hanno proposto alcune

    forme di agitazione, quali il blocco degli esami. Quisi avuta la prima sconfitta perch non si riuscitoa saldare il fronte con gli studenti, che anzi spessosobillati da elementi della CGIL hanno fatto ditutto per non far realizzare questa protesta. Daltrolato, i responsabili della conduzione dellAteneo, ilRettore in testa, pur a parole dissentendo dalla rifor-ma, si sono opposti realmente, peraltro senza suc-cesso, solo ai tagli finanziari che li mettono in diffi-colt e alla trasformazione in Fondazioni alla qualenon sono ancora preparati rischiando di farsi sfuggi-re di mano il controllo, essendo invece sostanzial-mente favorevoli al resto della riforma. Si veda inquesto caso latteggiamento che hanno avuto tantiRettori che in casa hanno tuonato contro la Gelminie poi alla CRUI, la conferenza dei Rettori, hanno

    approvato allunanimit documenti di una piaggeriaumiliante.In una seconda fase, tra lestate e le vacanze natali-zie, le forme di protesta si sono fatte pi generalizza-te attraverso la dichiarazione di indisponibilit aricoprire incarichi non strettamente obbligatori da

    parte della maggior parte dei ricercatori e di moltiassociati e ordinari, fino a mettere in discussionelinizio dellAnno Accademico (ricordiamo che dasempre, a causa di una forte sotto copertura solo gra-zie a consistenti quote di supplenze da parte di tuttele fasce si posso coprire i corsi universitari). Tuttaviala protesta stata opportunisticamente bicefala, per-ch se da un lato molti proclamavano la propria indi-sponibilit, poi si sono fatti i salti mortali per coprirealla belle meglio i corsi, rendendo sostanzialmente

    inefficace la lotta.In seguito alle fallite prove di forza studentesca eparlamentare del 14 dicembre, si apre una fase nuovain cui il movimento dovr fare i conti con la nuovarealt (sui fatti del 16 dicembre di Palermo occorre-rebbe aprire un dibattito che esula dagli obiettivi di

    ( )SEMINARI DI NOTEBLOCK

    DEMOCRAZIA eRAPPRESENTANZA.

    quali forme sindacali?

    2/21 Aprile 2011

    via degli Emiri, 54Palermo

    ore 16,00

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    In tema di mortalit c da registrare allo stato attua-le circa 1200 casi di mesotelioma/anno.(Alessandro Marinaccio, responsabile registro nazio-nale mesoteliomi ISPELS).

    Va considerato che i casi di persone colpite da tumo-re del polmone per esposizione allamianto vengonoconsiderate dagli epidemiologi almeno il doppio diquelle colpite da mesotelioma. Certamente va tenutoconto della diversit dei tempi di latenza: pi lunghi

    per i mesoteliomi, (30-50 anni), pi brevi per i tumo-ri polmonari (10-20 anni).Ci sono poi altri tipi di tumore come quello dellalaringe e del tratto gastro-intestinale.La nostra stima, come associazione, relativamentealla mortalit annuale dagli anni 90 agli anni 2020 di 4.000 casi/anno. paradossale che lINAIL riconosca circa 500tumori professionali/anno (non solo quelli daamianto), quando gli epidemiologi stima-no un incidenza di 10.000 nuovi casianno (rilevazione OCCAM - PaoloCrosignani, direttore Registro deiTumori della Lombardia).Tutto ci presupporrebbe unesten-sione della registrazione dei casidelle persone colpite da malattieasbesto correlate non solo per imesoteliomi e le asbestosi, ma anche

    per gli altri tumori, nonch una ricer-ca per conoscere se tumori che simanifestano in altre sedi fino ad ogginon attribuite allesposizioneallamianto, lo possano essere (ad esem-

    pio il tumore della prostata).Opportuna sarebbe la registrazione degli exesposti allamianto previsti da leggi nazio-nali e regionali- sia per sottoporre le persone ex

    esposte con le dovute cautele a sorveglianzasanitaria, sia per motivi legali (attribuzione delleresponsabilit, riconoscimento dei benefici e risar-cimento del Fondo per le vittime dellamianto)Va comunque sottolineato che allo stato attuale nonesistono metodi di diagnosi precoce del tumore dei

    polmone e del mesotelioma della pleura. Allo statoattuale le sperimentazioni svolte in tal senso nonhanno dato risultati positivi. Riteniamo per che sidebba proseguire nella ricerca.Un discorso simile vale anche per la cura: vengonotentate varie vie, ma la mortalit non migliora.Sono da segnalare, rispetto alle nostre conoscenze, leterapie chirurgiche per i casi di mesoteliomi che ven-gono praticate in alcune chirurgie toraciche di variospedali (ad esempio nella chirurgia toracica

    dellIstituto Tumori di Milano, in quelladellOspedale di Mestre, in quella del CROB diRionero in Vulture ed in altre) e una serie di curecomplesse cui vengono sottoposti persone con meso-telioma che vengono dichiarate inoperabili e/o non

    pi trattabili con i metodi tradizionali (Luciano

    Circa il 70% dellamianto stato impiegato in edili-zia , per il resto si pu affermare che dove cera calo-re cera amianto (anche se complessivamente gli usidellamianto sono stati calcolati in circa 3000).In sostanza lamianto va tolto, ovvero messo in con-dizione di non nuocere. La proposta della 1aConferenza non governativa di Monfalcone (2004) stata quella di programmare leliminazione del-

    lamianto in 10 anni. Solo la regione Lombardia lhaformalmente accolta. La medesima regione, dopoavere stimato in 800.000 mq le coperture (dei tetti) diamianto in tutta il territorio, al seguito delle rileva-zioni aeree ha scoperto che invece superano i 2milioni di mq (Gianfranco Bertani, responsabileamianto-Assessorato Sanit).

    Non ci sono piani di bonifica generalizzati anche seci sono esperienze positive ed anche se oggi si pudire che esiste una certa coscienza collettiva del pro-

    blema amianto e della sua pericolosit. Diverso dire che cosa fare quando si ha di fronte il manufatto

    contenente amianto da bonificare.Sono state qualche centinaio le richieste arrivate,

    via mail, alla nostra associazione per sapereche fare del tetto in eternit, o delle pareti, dei

    tubi del riscaldamento in cantina, delle cal-daie, ecc.Di contro sono poche le esperienze di ini-ziative pubbliche collettive, tanto chenella proposta di legge Casson (S 173) stata inserita una richiesta di finanzia-mento almeno per le bonifiche degli edi-fici pubblici (ripresa dallo stesso senato-re con un emendamento nella leggefinanziaria per il 2009 e regolarmente

    bocciata). Restano da bonificare moltisiti industriali di grandi dimensioni. Se

    questo avviene in genere sulla scorta delnumero di morti evidenziato, come a Casale

    Monferrato, quindi per mobilitazione dellapopolazione, come sta avvenendo ora a Broni

    dove i soldi a disposizione sono solo sufficienti per

    la caratterizzazione del sito e per la definizione delpiano di bonifica. Ad esempio:

    - a Paderno Dugnano per iniziava dellassociazione(che si costituita da parte dei famigliari di un a per-sona morta per amianto causa esposizione ambienta-le) stato coinvolto il comune che ha promosso unacampagna popolare di rilevazione dei siti in cui

    presente amianto (riferimento Lorena Tacco);

    - a San Paolo di Civitate (piccolo comune della pro-vincia di Foggia) per iniziativa dellassessore ilcomune ha imposto mediante ordinanza, al proprie-tario di un grande capannone con ricopertura in eter-nit di bonificarlo e, di fronte al suo rifiuto, ha decisodi farlo in prima persona, addebitandone le spese allo

    stesso proprietario;

    - a San Bassano (provincia di Cremona) - di contro-vi in atto una lotta da parte di un comitato sostenu-to dai comuni della zona e dalla stessa Provincia con-tro lapertura di una discarica per rifiuti di amianto.

    In ordine alla prevenzione quello pi importante,perch se vero che nel passato sono stati colpiti permalattie asbesto correlate lavoratori che erano espo-sti allamianto, oggi siamo di fronte a molti casi diesposizione ambientali, sono impressionanti le situa-zioni di Casale Monferrato e di Broni, certamentenon sono le uniche.

    Le stime della presenza di amianto in Italia sono dicirca 23 milioni di tonnellate di materiale contenen-te amianto. In effetti solo dal dopoguerra al 1992sono state lavorate 3 milioni e 700 mila ton di amian-to. La miniera di Balangero produceva mediamente100.000 ton. annue di amianto.

    Mutti, presidente GIME - Gruppo ItalianoMesoteliomi).In Sicilia dal 1996 al 2008 i casi di mesoteliomaassommano a 749 (Terzo Rapporto Il registronazionale dei mesoteliomi) . Non siamo a conoscen-za che in questa regione sia stato istituito il registrodegli esposti e che gli ex esposti siano sottoposti asorveglianza sanitaria. Eppure siamo in presenza di

    diverse localit dove stato fatto un largo uso diamianto in corrispondenza di fabbriche di cementoamianto, petrolchimici, centrali termiche, porti e can-tieri navali.

    IL PROBLEMAAMBIENTALE

    IL PROBLEMA SANITARIO

    QUESTIONEAMIANTOa cura di Fulvio Aurora* e Franco Ingrill*

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    Nonci sono piani

    di bonifica genera

    lizzati anche se cisono esperienze positive ed anche se oggi sipu dire che esiste unacerta coscienza colletti

    va del problemaamianto e della sua

    pericolosit

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    Non spendo molte parole su questo argomento senon per dire che qui le contraddizioni sono ancora

    pi pesanti. Solo un terzo di coloro che hanno lavo-rato per oltre 10 anni esposti allamianto e hannofatto domanda hanno avuto risposta positiva otte-nendo i benefici previdenziali stabiliti dalla legge

    257/92 (articolo 13 comma 8 e successive modifi-che), mentre un altro terzo ha visto negare questi

    benefici, oppure ha avuto ragione dopo avere pre-sentato ricorso in Tribunale. A volte troppo tardi,avendo gi maturato la pensione. Coloro che sonoandati in pensione prima del 1992 non hanno ottenu-to nulla. Stessa sorte per chi stato pure esposto peroltre 10 anni, ma non stato informato della neces-sit di fare domanda (entro il 15 giugno 2005).Il Fondo per le vittime dellamianto ottenuto dopovarie mobilitazioni dalle associazioni delle vittimenella finanziaria per il 2008 (dal passato governo) dicirca 40 milioni di euro (un quattordicesimo di quel-lo francese) ha recentemente visto la luce dopooltre due anni di attesa con lemanazione di un appo-sito regolamento. Un regolamento che non per

    niente soddisfacente perch risarcisce esclusiva-mente coloro che sono stati riconosciuti e hanno unarendita INAIL. Esattamente il contrario di quelloche avevamo chiesto e per cui ci eravamo battuti:risarcire tutti gli esposti a partire da coloro che sonostati soggetti ad esposizione ambientale, ovvero al di

    La regione ha modificato, per potere fare la discari-ca, la regolamentazione che consisteva nel non pote-re effettuare se non ad una distanza superiore e 5 kmluna dallaltra.Una particolare sottolineatura la faccio in riferimen-to alla situazione di Senato di Lerici, rispetto allalegge del 1992 che ha previsto il divieto di estrarreamianto in tutte le sue forme, mentre successivamen-

    te nel 1994 stato fatto un decreto che ha dato la pos-sibilit di coltivare cave di pietrisco anche se si trat-ta di pietra verde o altro minerale che contieneamianto. Al di l che si tratti di un decreto incostitu-zionale restano ancora grandi contraddizioni, che insostanza ci dicono che il tema dellamianto qualeemergenza sanitaria e ambientale non viene piena-mente affrontato dai pubblici poteri in modo pro-grammato ed adeguato.Ancora pi emblematico il problema di Biancavilla(Catania) dove presente una cava di fluoro-edonite,ovvero un minerale amiantifero che stato molto uti-lizzato come materiale da costruzione ed ha portato acontare fra la popolazione almeno un centinaio dimorti per mesotolioma. La bonifica ancora in corsoe purtroppo pure lepidemia.Sulla questione amianto la Lega Ambiente conlAIEA e altri sindacati e associazioni hanno edito undocumento da cui abbiamo sintetizzato alcune partiriportate con qualche piccola ns. integrazione (n.d.r.).

    Come AIEA e MD ci siamo costituiti parte civile alTribunale di Padova contro la Marina Militare per lamorte di due militari per mesotelioma. Ma i malati ei morti per amianto in Marina sono stati calcolati incirca 600 (fra laltro noi abbiamo tutti gli elenchisottoposti a segreto istruttorio); la met di questisono militari colpiti da mesotelioma (essendo lin-dagine del 2005 saranno sicuramente morti). MD si pure costituita contro la FINCANTIERI diPalermo ((vedi fra le pagine del dossier lapprofon-dimento di Botta) ed risultata vincente (la senten-za non ancora stata emessa); risultata pure vin-cente contro la FINCANTIERI di Venezia in primoe in secondo grado. LAIEA pure costituita pertecivile contro la ETERNIT di Torino, contro laALLSTOM di Savigliano (CN), contro la MONTE-FIBRE di Verbania ed ultimamente contro la MON-TEDISON di Mantova. Altri processi per amiantosono stati aperti a Monfalcone, a Bari, a Trieste.E siamo solo agli inizi.

    Vi sono molte situazioni dove allo stato attuale nonsono stati aperti La Spezia risulta essere la citt conla pi alta incidenza di mesoteliomi a livello mon-diale: oltre il porto vi pure larsenale militare (dott.

    Valerio Gennaro responsabile del registro mesote-liomi della Liguria).

    Segnalo anche il caso dellex ENICHEM di Pisticciin Basilicata dove un gruppo di lavoratori ha condot-to unindagine molto puntuale (sono un centinaio di

    pagine) dalla quale si evince che su 118 lavoratoricolpiti da tumore 33 sono stati certificati come cau-sati dallamianto. Considerando il numero massimodi lavoratori che sono stati impiegati in quello stabi-limento sono stati circa 3000 stato calcolato che gliosservati sono statisticamente 110 volte superioriagli attesi.

    Per avere un quadro abbastanza completo del pro-

    blema amianto fra i tanti libri che ci sono segnalia-

    mo di Enrico Bullian, Il Male che non scompare, IlRamo dOro Editore ([email protected])

    fuori del circuito lavorativo. Pertanto per coloro chehanno subito malattie da amianto per esposizioneambientale, allo stato attuale, non vi alcun risarci-mento.In pratica anche i singoli, in genere i famigliari diuna vittima dellamianto possono ottenere giustiziae risarcimenti se sono fortunati, ovvero se laziendaesiste ancora (ad esempio se non fallita) e se hanno

    un buon avvocato e molta pazienza e costanza).

    IL PROBLEMA RISARCITORIO

    ALTRE SITUAZIONI IMPORTANTI

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    Siamo tutti convinti che sia necessariointervenire, e presto, per prevenire ulte-riori danni ai lavoratori e alla popola-zione pi in generale, eliminando la

    presenza di composti contenenti amian-to su tutto il territorio nazionale.Siccome in Italia sono presenti almeno40 milioni di tonnellate di questi mate-

    riali, il compito si presenta immane. Perquesto bisogna agire in fretta, cercandodi coinvolgere il maggior numero di

    persone ed organizzazioni, indipenden-temente da divergenze di opinioni sualtri temi, o di differenti valutazioni sultema stesso della gestione dei rifiuticontenenti amianto.Siamo tutti d'accordo che la priorit la

    prevenzione, e quindi la eliminazionedei manufatti contenenti amianto dalterritorio e dalle aziende; di conseguen-za dobbiamo chiarirci le idee sulle pos-sibilit reali di bonifica, ad oggi un pro-

    blema irrisolto. Il costo delle bonifiche,in particolare quelle minori, spesso non affrontabile dal singolo cittadino, ifinanziamenti degli enti pubblici(Regioni) sono scarsi o del tutto assen-ti e non esistono, o sono veramente

    pochi, gli impianti per lo smaltimentodefinitivo attivi, siano essi discariche otrattamenti di inertizzazione, n i PianiRegionali Amianto in essere fornisconorisposte idonee per il futuro.Anche dove finanziamenti esistono,come ad esempio in Sardegna (stanzia-ti 8 milioni di euro di cui 3 milioni eduecentomila destinati al cofinanzia-mento delle rimozioni a carico dei pri-vati ma utilizzati nel 2009 soltantol'8%) essi non vengono adeguatamenteutilizzati.

    Quanto sopra rende conto della neces-sit che gli interventi di prevenzione

    primaria vengano accompagnati o pre-ceduti da una leale, costante ed incisivacampagna informativa.Per le bonifiche, stiamo cercando di pro-muovere la possibilit che deriva dagliincentivi statali concessi a chi decide disostituire (di sicuro entro la fine del2010) le lastre di eternit che fanno dacopertura di strutture civili o industrialicon pannellature fotovoltaiche.Per questo motivo, sono in corso con-tatti con alcuni istituti bancari per lamessa a punto di un mutuo specifico daconcedere a chi facesse questa scelta. Il

    mutuo, da quanto ci stato detto, puessere interamente ripagato con i fondidell'incentivo statale e quelli derivantidalla vendita dell'energia elettrica deri-vante dal fotovoltaico; si estinguerebbein otto anni circa. Una volta ben defini-

    ti i termini, potremo fare campagna diopinione per utilizzarlo: risolverebbe il

    problema dei costi di bonifica, almenoper l'eternit, e lascerebbe ai privati ilvantaggio di poter usufruire di energiaelettrica pulita a costo zero.Contemporaneamente, apriremo ver-tenze regionali per inserire nei differen-

    ti Piani Regionali amianto opportunistrumenti finanziari per le bonificheprioritarie, riguardanti le strutture pub-bliche o private quali asili nido, ospe-dali, RSA, come pure per i siti di inte-res

    se nazionale da bonificare con l'inter-vento dello Stato. Riteniamo inoltre cheadeguati finanziamenti debbano esseredestinati al sostegno dei piccoli inter-venti, eseguiti da privati cittadini ingenere presso le loro abitazioni.Siamo anche convinti della necessit diaccelerare la realizzazione di sistemi digestione definitiva dei materiali conte-nenti amianto. L'opinione concorde

    per quanto riguarda le dimensioni degliimpianti: si preferiscono impianti cheservano ognuno aree di dimensioni talida non comportare trasporti di materia-le pericoloso su distanze troppo lunghe,e comunque in funzione della presenzadi amianto nel territorio, in modo daevitare i pericoli connessi alla movi-mentazione, aspetto tra quelli proble-matici per i rischi di dispersione dellefibre, anche quando i manufatti sonoidoneamente imballati. La movimenta-zione infatti comporta sempre, peresperienza acquisita, rottura dei conte-nitori e dispersione; non possono esse-re escluse possibilit di incidenti, tanto

    pi probabili quanto pi lunga la stra-da da percorrere.Su questo punto specifico dovremoaprire un confronto serrato con leRegioni, che nella totalit dei casi pre-feriscono impianti di grandi dimensio-ni, per le economie di scala che essicomportano. I trattamenti termici,inoltre, prevedono l'utilizzo di forni atunnel, che diventano remunerativisolo se capaci di trattare grandi quan-tit di materiale, dell'ordine di 200.000tonnellate l'anno. D'altro canto, punta-re tutto su impianti di dimensionimodeste complica la effettuazione dicontrolli rigorosi e moltiplica i centri

    di pericolo potenziale; su questo puntoperci la nostra riflessione dovrebbeessere approfondita.C' accordo generale anche sui criteridi scelta dei siti, che devono risponderea quanto stabilito dalle norme vigenti,

    che attualmente affidano alle Regioni ilcompito di stabilire i criteri generali dilocalizzazione e alle Province quello distilare i Piani di gestione dei rifiuti. Icriteri dettati da Regione Lombardia,ad esempio, prescrivono che le discari-che non devono costituire rischi perl'acqua, il suolo, il sottosuolo, la fauna

    e la flora. Non devono dar luogo ainconvenienti quali rumore o cattiviodori, non devono danneggiare in alcunmodo i luoghi tutelati per particolaricaratteristiche. Devono garantire un

    buon impatto ambientale e devonoessere accettati da parte dei cittadini.Le altre Regioni hanno normative ana-loghe.Quasi mai questi criteri vengono rispet-tati, anzi la regola sembra essere che siala Regione ad imporre localizzazione egestione, anche in contrasto con levolont espresse da Provincia eComuni interessati, per non parlare deicittadini. In assenza di una programma-zione attiva degli Enti preposti, infine,sono i privati a proporre localizzazionie modalit di smaltimento. Queste pro-

    poste vengono di solito accolte senzatener conto di alcuna altra considera-zione, in nome dell'emergenza.Q

    uesto documento vuole essereuna proposta di lavoro per tutticoloro (singoli o associazioni)

    che hanno contribuito ad approfondireil dibattito sulla necessit di eliminarel'amianto ancora presente negliambienti di vita e di lavoro e sullanecessit di vietare l'estrazione perqualsiasi uso di rocce amiantifere (ser-

    pentiniti o pietre verdi) che sono a tut-toggi coltivate in cava.E' quindi il frutto della discussione

    promossa, nell'ultimo anno, daLegambiente, AIEA, Camera del

    Lavoro di Milano, ISDE e numeroseassociazioni locali e nazionali chehanno partecipato al dibattito, che nonnomino in questa sede, perch l'elencosarebbe troppo lungo.La discussione intorno a questo argo-mento stata approfondita e parteci-

    pata; ad essa hanno dato preziosi con-tributi Medicina Democratica, AieaSardegna, Aiea Val Basento, espertidella materia provenienti dall'univer-sit e dal CNR soprattutto, imprendi-tori che hanno progettato o costruitoimpianti per lo smaltimento, Isti-tuzioni pubbliche quali la RegioneLombardia, l'ARPA, le Province.

    Non tutte le opinioni sono concordi,come c'era da attendersi. In questodocumento proviamo ad elencare ciche ci unisce, piuttosto che quello checi divide, elencando per primi i ragio-namenti che ci accomunano.

    IL PROBLEMA

    DELLA GESTIONESMALTIMENTOOBIETTIVI COMUNI

    CAMPAG

    NA

    LIBERI

    DALL'AM

    IANTO

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    Su questo interrogativo esistono differenzedi opinioni che vanno attentamente consi-derate. In sostanza, abbiamo verificato l'esi-stenza di opinioni favorevoli alle discariche,favorevoli ad alcuni sistemi di inertizzazio-ne dell'amianto tramite trattamento termico,e opinioni contrarie sia all'uno che all'altrometodo. Esse appartengono a comitati, tec-

    nici, istituzioni pubbliche.Ci sembra importante citare le principali.Cittadini contro l'amianto, una associazionenata a Cremona per contrastare la realizza-zione di due discariche ivi localizzate sonofavorevoli al trattamento termico, coscome la Camera del Lavoro di Oristano,dove ha operato un forno mobile per la

    bonifica di discariche abusive di amianto.L'associazione Medicina Democratica diffi-da dei processi di combustione, che appaio-no a suo giudizio ancora in fase sperimenta-le e non sicuri dal punto di vista dell'impat-to ambientale.Il Direttore del Gruppo di lavoro tecnico-scientifico sull'amianto costituitosi presso ilMinistero della Sanit diffida dei forni e

    preferisce le discariche; nel CNR esistonoopinioni diverse; alcuni ricercatori sonofavorevoli alle discariche, mentre altri sonoattivamente impegnati a favore dei forni,avendo realizzato anche alcuni brevetti.Il ministero dell'ambiente ha recentemente

    bocciato la realizzazione di un forno di iner-tizzazione; mentre la Regione Lombardia si

    propone di favorire la costruzione esclusivadi discariche.In sostanza non esiste una univoca opinionea tutti i livelli: istituzionale, scientifico, diopinione pubblica. In questa situazioneritrovare un punto di convergenza diventadifficile, se non impossibile, anche perchin alcuni casi la questione diventata una

    sorta di guerra di religione, affidando le opi-nioni non a ragionamenti logici, quanto adatti di fede sostenuti pi dai sentimenti chedai ragionamenti.Resta per sempre la necessit di raggiun-gere l'obiettivo principale della nostra cam-

    pagna, che quello di bonificare il Paese daimateriali che contengono amianto.Problema sicuramente prioritario, perchl'amianto provoca circa 4.000 decessi l'anno(stima ISPESL).Trattandosi di rifiuti non prevenibili ma peri quali occorre identificare sistemi di gestio-ne con il minor impatto ambientale, vanno

    presi in considerazione sia linterramento(discariche) che i trattamenti termici (e ana-

    loghi) di trasformazione delle fibre in altriprodotti meno pericolosi (e con la possibili-t di un reimpiego di questi ultimi).E' possibile infine ipotizzare l'utilizzo diminiere esaurite per l'allocazione di questi

    pericolosi rifiuti.

    Qualunque sia la scelta, le dimensioni, lelocalizzazioni e le modalit gestionali devo-no essere definite con criteri che minimizzi-no i rischi e quindi le inevitabili proteste,delle popolazioni locali. nostra opinione che la conclusione dellaapprofondita discussione che abbiamo pro-mosso non possa avere che una conclusione

    logica: siamo disponibili a considerare tuttequelle modalit di gestione dei rifiuti diamianto in grado di accelerare l'eliminazio-ne dell'amianto dalle nostre citt e dal nostroterritorio, a condizione che vengano attuatetutte le misure necessarie per rendere mini-mi i rischi per l'uomo e per l'ambiente.In sostanza, il calcolo rischi/benefici deve

    pendere a favore degli impianti di gestionerispetto al mantenimento dei manufatti negliedifici residenziali e industriali , e la sceltadeve essere verso quei sistemi che assicura-no le migliori garanzie.Entrambi i sistemi di smaltimento presenta-no luci ed ombre. Le discariche consumanosuolo e attraverso il percolato reimmettonofibre di amianto nellambiente.Il problema della dispersione di fibre nel

    percolato stato studiato nella discarica diBarricalla, che la pi grande discarica ita-liana per rifiuti pericolosi contenenti amian-to, sita nella Regione Piemonte. E statomonitorato il percolato ed stato messo a

    punto un sistema di filtrazione che dovreb-be risolvere il problema. Non ci risulta chedetto sistema sia poi stato adottato. Lo stu-dio, condotto dalluniversit di Venezia incollaborazione con ISPESLha dato i risulta-ti di cui alla tabella e grafico.Come si pu vedere, la concentrazionedi fibre pu raggiungere il valore di unmilione e ottocentomila per litro.Questo valore di molto inferiore a

    quello previsto dalla normativa vigen-te (D.Lgs.114/95) che di 600 milioni

    per litro, o 30 g. di materia totale permetrocubo di effluente.Tuttavia la legge sicuramente inade-guata alla protezione delluomo e del-lambiente, perci nostro parere chesia largamente superata e non possaessere presa come riferimento; in altre

    parole chiediamo alle autorit compe-tenti un intervento urgente per dimi-nuire drasticamente le concentrazionidi fibre consentite allo scarico. Leacque di percolato per i processi didepurazione subiscono operazioni dievaporazione e insufflazione di aria,

    perci in questi casi reale il rischio dirisospensione delle fibre nellaria.Lo studio effettuato a Barricalla fa

    parte del progetto FALL, (Filterinf ofAsbestos fibres in Leachate from azar-

    dous waste Landfills), finanziato dalla

    comunit Europea con lo scopo di rea-lizzare un prototipo per il trattamentodi reflui idrici contenenti amianto, acui ha partecipato Barricalla Spa.Il prototipo di trattamento messo a

    punto dal progetto ha unefficienzamedia del 97%.Un altro problema delle discariche

    deriva dalla normativa nazionale, cheattualmente consente di conferire indiscarica per inerti il materiale conte-nente amianto, a patto che abbiano unindice di rilascio inferiore a 0,6fibre/litro.E nostra opinione che in ogni caso lediscariche per amianto debbano posse-dere i requisiti previsti dalla normativaeuropea e nazionale (DLgs 36/2003)

    per i rifiuti pericolosi anzich per irifiuti non pericolosi come attualmen-te.I sistemi di trattamento termico peressere efficaci devono raggiungere esuperare i 1.000 gradi centigradi; sono

    perci energivori , ed emettono inambiente una certa quantit di fumi,

    per la maggior parte costituiti daacqua proveniente dalla disidratazionedellamianto, ma anche da inquinanti

    pericolosi, seppure in concentrazioniridotte rispetto ad altri impianti esi-stenti (acciaierie, inceneritori ecc).

    CONCLUSIONI

    Siamo favorevoli ad entrambi metodidi gestione dei rifiuti di amianto costi-tuiti dalle discariche e dai trattamentitermici di inertizzazione, ed in parti-colare quelli finalizzati alla trasforma-zione cristallo-chimica delle fibre in

    quanto possono essere ricavati mate-riali, a bassa pericolosit, riutilizzabilidallindustria. Riteniamo i processi divetrificazione (es. trattamenti al pla-sma) troppo costosi e produttori diquantit eccessive di CO2 per le altetemperature richieste e quindi l'eccessi-vo consumo di combustibile. Tuttavianon siamo disposti ad accettare qua-lunque impianto, comunque venga

    proposto. Riteniamo altres che -discariche o forni - ciascun progettodebba rispettare precise condizioni dilocalizzazione, costruzione ed eserci-zio per potere assicurare garanzie suf-ficienti alla tutela dell'ambiente e della

    salute umana.Nella pagina che segue elenchiamoquelle che sono, a nostro avviso, lecondizioni da rispettare.

    DISCARICHE O FORNI?

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    CONDIZIONI COMUNI ALLEDUE TIPOLOGIE DI IMPIANTI

    In accordo con le normative regionali,riteniamo che la condizione pi impor-tante, propedeutica a qualsiasi altra, l'accettazione sociale dellimpianto.Per ottenerla, non basta certo che leRegioni accettino le proposte dei pri-vati, eventualmente prescrivendo qual-

    che miglioramento, e ne diano notiziaa posteriori alla popolazione interessa-ta dallimpatto del futuro impianto.Occorre una seria programmazionedelle localizzazioni, da pianificare congli Enti Locali (Province e Comuni) eda sottoporre in via preventiva ai citta-dini interessati e alle associazioni cheli rappresentano. La procedura di valu-tazione di impatto ambientale deveessere il vero momento democratico diconfronto tra tutti i soggetti per faremergere tutte le criticit e le alternati-ve, la partecipazione dei cittadini deveessere garantita e favorita con tutti glistrumenti possibili (a partire dal siste-ma della inchiesta pubblica).Occorre garantire la tutela dei lavora-tori, in ogni fase del processo, dalla

    progettazione alla costruzione all'eser-cizio. In questo problema ruolo fonda-mentale debbono avere i controlli delleASL (SPSAL) e ARPA e il coinvolgi-mento delle organizzazioni sindacali.Devono essere rispettati i luoghi con

    particolari caratter istiche di pregio,quali parchi, bellezze naturali e di inte-resse storico, colture agricole di pre-gio, eccetera.

    CONDIZIONI RIGUARDANTILE DISCARICHE

    La classificazione delle discariche del-lamianto deve essere quella di discari-che per rifiuti pericolosi, modificandolattuale normativa nazionale o defi-nendo criteri pi restrittivi a livelloregionale.La loro sistemazione definitiva deve

    prevedere esclusivamente zone a verdepubblico o comunque non residenziale,con adeguato inserimento paesaggistico.Il percolato deve essere monitoratocostantemente e deve essere trattatocon idoneo impianto di filtrazione, chegarantisca un'efficienza almeno del

    95%.

    CONDIZIONI PER ITRATTAMENTI TERMICI

    Vanno preferiti quelli a minor impattoambientale, cio quelli col migliorrapporto consumo di combustibile/materiale trattato.Deve essere imposto il calcolo delLifeCycle Assessment effettuato secondonorme ISO. La verifica degli impatti

    dell'intero ciclo di vita del forno, apartire dai trasporti alla verifica deirisparmi energetici garantiti dal riuti-lizzo del materiale di risulta del tratta-mento consentir di scegliere l'impian-to pi idoneo come pure di confronta-re gli impatti tra progetti di discarica e

    progetti di impianti alternativi.Deve essere garantita l'assenza di cri-stobalite e di altri composti canceroge-ni nel prodotto finale del trattamento.

    IL PROBLEMA DEI CONTROLLI

    Il sistema dei controlli ora attuati deveessere migliorato. I monitoraggi messiin atto dai gestori sono troppo rarefat-ti e sono necessariamente di parte.Le verifiche dell'ARPA in genere sonoepisodiche e non comprendono ladeterminazione di tutti i parametrinecessari.In sede di autorizzazione percivanno stabiliti i parametri da control-lare e la periodicit dei controlli, siada parte del gestore che da partedell'ARPA. I risultati devono essereimmediatamente messi a disposizionedel pubblico. Stante lattuale carenzadi risorse pubbliche, nellautorizza-zione dovranno essere posti a carico

    del gestore anche i costi dei monito-raggi pubblici di controllo, analoga-mente a quanto gi si fa per le discari-che di rifiuti speciali.Per gli impianti di trattamento termicodetti monitoraggi devono riguardaregli ambienti di lavoro, i prodotti inentrata, le emissioni, i parametri difunzionamento, i prodotti finali peraccertare lassenza di fibre e di cance-rogeni.L'amianto stato bandito con legge257/92, continuano per le estrazioni ela macinazione di rocce amiantifere,ofioliti o pietre verdi. Riteniamo per-ci indispensabile, per liberarci dav-

    vero dall'amianto, chiedere il divietototale delle estrazioni delle rocceamiantifere, per qualsiasi uso com-merciale.*Medicina Democratica

    Fig.1 - Concentrazioni medie di fibre di amianto [ff/L]osservate mediante analisi SEM divise per Lotto/Celle

    sono riportati i conteggi medi effettuaticon il SEM per le fibre classificate comeamianto (anfiboli + crisotilo) di dimensionistandard divisi per lotti (L) e celle (C)

    Fig.2 - Ripartizione perrcentuali tra classi di fibreosservate durante le analisi SEM

    riportata graficamente la ripartizionedelle fibre analizzate tra le classi adottate.Solo il 6% di tutte le fibre osservate (n=2.656) stato classificato come fibre diamianto (crisotilo+anfiboli)

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    Conil nostro patrocinio

    legale, MEDICINA DE-MOCRATICAMovimento di

    lotta per la salute intervenuta e si costituita parte civile nel delicato ed

    impegnativo processo penale, a carico deiresponsabili della S.p.A. Fincantieri di Palermo,

    instaurato davanti al Tribunale di Palermo, peravere omesso colposamente di adottare nello stabili-

    mento palermitano le pi elementari misure di preven-zione e di sicurezza, previste dallart. 21 DPR 303/56,

    dagli artt. 140 lett. f) e 157 DPR 1124/65 e dal D. L.vo277/92, per evitare linalazione di polveri e fibre di amianto

    durante lattivit lavorativa, cos cagionando o comunqueconcorrendo con la loro condotta a cagionare il decesso, per

    carcinoma polmonare, di molti dipendenti e provocando a molti

    altri dipendenti lesioni personali gravissime consistenti nellepatologie di asbestosi polmonare e mesotelioma pleurico, consi-derate malattie insanabili.Come abbiamo precisato in sede processuale MD opera concre-tamente e fattivamente, gi dal 1970, per una piena tutela e affer-mazione del diritto -costituzionalmente garantito come inviolabi-le della personalit dell'uomo in ogni sua manifestazione (artt. 2e 32 cost.)- dei lavoratori alla perfetta integrit psico-fisica emorale, soprattutto nell'ambiente di lavoro. Abbiamo sostenutoche lAssociazione si costantemente impegnata, operandoconcretamente su tutto il territorio nazionale (informando,ricercando, dibattendo, studiando, denunciando pericoli, eanche costituendosi parte civile in molti processi contro sog-getti imputati di aver provocato danni a lavoratori per viola-

    zione delle norme sulla sicurezza - vedi, tra gli altri, pro-

    cesso c.d. Petrolchimico di Porto Marghera), per affer-mare metodologie di sicurezza e di prevenzione darischi derivanti soprattutto dalla manipolazione del-

    l'amianto e di altre sostanze pacificamente ricono-sciute come cancerogene.

    Tale operato ha fatto si che MD divenisse,proprio in relazione ai suoi espliciti e pre-

    cisi scopi statutari, alla sua notevolediffusione e, non ultimo, all'indi-

    scusso significativo livello dirappresentativit e di

    meritazione

    acqui-sito in ambitonazionale, un vero centrodi condensamento dell'interessedei lavoratori alla sicurezza ed alla

    prevenzione sul lavoro, fino al punto dicreare una piena coincidenza tra il propriointeresse e il diritto soggettivo alla tutela dellasalute; assunto dalla societ quale presupposto,condizione e fine della propria esistenza e della pro-

    pria attivit.In tale contesto evidente come la condotta contestataagli imputati, nel provocare le devastanti lesioni alla salu-te dei lavoratori e conseguentemente un danno diretto aglistessi, per avere omesso di adottare le pi elementari misu-re di sicurezza e di prevenzione dai rischi derivanti dal-l'amianto, abbia automaticamente determinato una lesione del-

    l'interesse-diritto statutario della societ MEDICINA DEMO-CRATICA Movimento di lotta per la salute, peraltro costituen-te presupposto essenziale della propria esistenza e fine esclusivodella propria attivit.Infatti, l'aggressione al bene giuridico, avvenuta con l'illecito

    penale, rappresenta una frustrazione della ragion d'essere dell'entemedesimo ed integra, a tutti gli effetti, una lesione dell'identitdella stessa associazione. Ed ancora, i comportamenti tenuti dagliimputati, che hanno causato devastanti conseguenze letali per ilavoratori, hanno provocato significativi, rilevanti e diffusi dannialla Associazione, determinati anche dalle particolari e maggio-ri risorse, accademiche, organizzative, scientifiche, professio-nali ed umane, impegnate a causa dei disastrosi eventi.Il Giudice ha condiviso le ragioni da noi esposte e dopo unalunga e dibattuta fase dibattimentale, ha condannato gli

    imputati penalmente ed al risarcimento del danno provo-cato allassociazione Medicina Democratica.

    (*) avvocato del Foro di Palermo

    movimentodi lottaper la salute

    MEDICINADEMOCRATICA

    SA

    LUTE

    DIRITTOe

    Giuseppe Botta*

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    Abbiamo la consapevolezza che ci troviamo difronte ad una questione di grandissimo rilie-vo, emblematica questione di civilt che

    coinvolge aspetti economici, politici e morali.Credo che noi dobbiamo assumere con chiarezza undato: se la situazione va avanti cos, se procede que-sto modello di sviluppo, se insistiamo in questa con-

    cezione dellusa e getta e del consumismo esaspera-to, che laltra faccia della povert e dellabbando-no che colpiscono vaste parti del nostro territorio edel mondo in genere, allora non c soluzione tecno-logica, politica o di economia pi o meno verde cheregga: non c discarica, non c riciclaggio, non craccolta differenziata, non c incenerimento che

    permettano di affrontare una tale crescita esponen-ziale della produzione delle merci e dei rifiuti.

    Non questione meramente ideologica ma la neces-sit di misurarsi con un problema che investe com-

    plessivamente la nostra capacit di soggettivit cri-tica e antagonista.

    Gi adesso in Italia abbiamo uno standarddi vita che non di molto inferiore a quello degliUSA, eppure produciamo una quantit di rifiuti

    media che circa la met di quella che produconopro capite negli States. Cos come nei consumi elet-trici, a parit di standard di vita abbiamo, nellusocivile domestico, un consumo pari a circa la met diquello USA. Se il trend dovesse essere quello diomologarsi verso lalto, appare chiaro che siamo difronte ad un problema insolubile, ed questolaspetto che dobbiamo cogliere. Io credo che nonsia un caso che questa grande sensibilit da anni pre-sente nellopinione pubblica oggi, nel pieno di unacrisi epocale di un modello di sviluppo e di consu-mo, si concretizzi, in particolare nella provincia di

    Napoli, e nel meridione, in movimenti di vera e pro-pria rivolta sociale.

    E vero che ci sono anche persone che:dappertutto ma non sotto casa mia ma questo

    solo un elemento di difesa del proprio territorio, sin-tomo della difficolt ad affrontare un problema cosgrande; ed appunto per la percezione diffusa del-linsostenibilit di un modello di sviluppo che nellaquestione dei rifiuti precipitano elementi apparente-mente contraddittori.

    Credo che questo elemento di critica, inconsapevolee a tratti schizoide, perch unisce alle sirene di unmodello consumistico l'assunzione di costi indivi-duali e devastazioni ambientali, debba essere ancoracolto e valorizzato fino in fondo.

    Negli ultimi anni da diverse componenti deimovimenti riecheggiata molto la concezione del-leco-businnes amplificata anche dallelezione di

    Obama e dal conseguente battage sulleconomiaverde, insomma i rifiuti visti prioritariamente comepossibilit di una nuova occasione economica. Ilrifiuto materia seconda, risorsa, loro dei rifiu-ti: tutti termini riecheggiati nel corso di questi anni.Ci si cos dimenticati dell'esigenza di fornire unservizio ai cittadini, per la tutela della qualit dellavita, prima e oltre ogni interesse economico.Per questo necessario un salto di qualit, affron-tando il problema fondamentale di ridurre questa

    produzione di ri fiuti, imponendo un controllo mer-ceologico dei rifiuti, particolarmente di quelli indu-striali.Ci sono circa mille composti chimici nuovi che ognianno vengono introdotti nelle nostre produzioni enelle merci che vengono vendute di cui difficile

    conoscere leffettivo impatto con lambiente: evi-dente che il controllo merceologico pubblico nonpu essere un optional.

    La riduzione dei rifiuti quindi questionefondamentale e va ricostruito un rapporto forte conla produzione; questo significa che non basta unacultura della programmazione dellintervento suirifiuti senza una cultura e una politica di program-mazione economica e di controllo democratico: ilcosa, il come e il per chi produrre deve incorpora-re con forza, proprio a partire dal rifiuto il datodella qualit ambientale e della qualit dellavita. Forse non basta pi neanche il pianosui rifiuti,serve intrecciare il piano disviluppo economico di un territoriorispetto al piano dei rifiuti, perch

    l che si inserisce lelemento diprogrammazione su cosa ecome riciclare smaltire e cosvia.E duro parlare di program-mazione, intervento pubbli-co, controllo democratico inuna fase in cui una crisidevastante e non congiun-turale del capitale globaliz-zato assume come soluzio-ni ulteriori liberalizzazionie deregulation, ma oggiquesti temi tornano ad esse-re esigenza primaria di man-tenimento di una vita non solo

    sociale ma anche biologicarispetto alle condizioni a cui unosviluppo insensato ci hacostretti.

    E insomma necessario, e inmolti paesi europei gi accade, ricon-

    durre costantemente alla produzione la responsabili-t anche del prodotto che immesso in un mercatoe cio il ciclo delle merci non finisce al consumo madeve essere riconsegnato costantemente a chi ha

    prodotto quella merce che deve essere corresponsa-bilizzato nella capacit di poter riuti lizzare le merciche ha messo in circolazione. Non pu esserci unsistema produttivo che si disinteressa di ci che pro-

    duce, e che persino tutela una sorta di segretezza.Noi siamo ancora in presenza di un segreto indu-striale che rende praticamente impossibile addirittu-ra la vigilanza sulla sicurezza degli impianti cheviene, in nome della logica di mercato difeso comeacquisizione insormontabile. C necessit di unasvolta radicale rispetto allesistente, nel senso chec un esistente intollerabile.Mi pare un salto di qualit necessario, dobbiamocostruire la capacit di legare costantemente i temidellemergenza con quelli della prospettiva. Cisignifica che i temi della programmazione e della

    partecipazione democratica sono due elementiimprescindibili e che centrale il terreno del piano;serve una politica nazionale, forse internazionale,ma il piano regionale assolutamente un elemento

    decisivo. Per fare un piano dei rifiuti anche dalpunto di vista degli esiti terminali, da una struttura-zione dei servizi tecnico-scientifici, da un impiantodi valutazione di impatto ambientale che sia serio ecos si pu costruire una partecipazione democrati-ca. Ma le finalit del piano devono essere le priori-t legate alle normative, allargate a questa ricolloca-

    e PROGRAMMAZIONE

    AMBIENTALE

    CIC

    LODEIRIFIUTI

    Sergio Riggio

    La combustione dei rifiuti

    non un processo pulitoSi producono

    infatti tonnellatedi ceneri tossiche e si deter

    mina inquinamento dellariae dellacqua

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    sine, durante il processo dicombustione. Le quantit

    prodotte dipendono siadalla loro concentrazio-

    ne che dalla tempera-tura del procedi-

    mento. Il clorocontenuto nei

    rifiuti provieneper il 40 - 60%dalle plasti-che organoc l o r u r a t e(PVC). Si constatatoche la solariduzionedel cloronei rifiutideterminaun calo di-re t tamente

    proporziona-le delle emis-

    sioni di diossi-ne.

    Lincenerimentocon recupero di

    energia unoperazio-ne piuttosto complessa.

    Pu significare lo strumen-to per far bruciare rifiuti di

    ogni genere, con buona pacedella differenziata e del riciclo

    costruiremo il totem del consumo insen-sato. Ma la termovalorizzazione non rappre-

    senta, comunque, un processo di smaltimento asetti-co, nella pi pulita delle ipotesi resterebbe il proble-ma delle ceneri da smaltire prodotte nella misura del

    30% del rifiuto bruciato e qualora si ritenesse indi-spensabile avviarla si dovrebbe tener conto di tuttele variabili socio economiche che caratterizzano ilterritorio. La costruzione, in Sicilia, di tali impianti

    porterebbe ad una serie di difficolt non solo dalpunto di vista politico, ma anche tecnico. I problemisorgerebbero gi a livello di pianificazione per ledifficolt a reperire i dati e le informazioni per gesti-re un piano regionale o provinciale deciso sullacarta, e trasformarlo poi in gare, capitolati dappaltoe finanziamenti necessari. Non bisogna nemmenotrascurare i tempi (almeno tre anni), i costi di inse-diamento e manutenzione e lesiguo numero deilavoratori impegnati nel funzionamento. Un impian-to con capacit di smaltimento di 400 tonnellate algiorno (Palermo ne produce 1100) costerebbe alme-

    no 300 milioni e consentirebbe un ritorno occupa-zionale di appena 25 unit. A ci aggiungiamo chein Germania, nel Nord Reno Westfalia, dove si rici-cla l80% dei rifiuti soltanto uno dei 13 impianti pre-senti funziona a pieno regime poich la spazzaturanon riciclabile non sufficiente a farli funzionare,

    ma la tassa sui rifiuti raddoppiata a causa deglienormi costi fissi di tali impianti che, praticamente

    bruciano il denaro dei contribuenti. Visto che parlia-mo di energia utile allilluminazione il caso dichiedersi se il gioco valga la candela.

    La questione delle tariffe diventata sem-pre pi incalzante. Infatti, a causa delle ultimefinanziarie sta di fatto avvenendo una vera e propria

    aggressione agli enti locali e ai cittadini, che deter-mina un incremento mostruoso di queste tariffe chespinge forzatamente alle privatizzazioni. necessa-rio farne elemento di battaglia politica affinch ilsistema tariffario debba invece corrispondere, insie-me alla tutela dei ceti pi deboli, allorientamento diuna capacit di innovazione politica programmaticasu questo settore.

    La combustionea temperatura ele

    vata spezza i legami chimici tra imetalli ed alcunisostanze che rendono inerti i metallitossici ed essipossono cos percolare dalle ceneristratificate nelloscarico fino allefalde acquiferezione della responsabilit nei settori diretti della

    produzione. Certo c anche un dibattito sulle que-stioni terminali dello smaltimento, sui problemi

    grandi delle discariche e dellincenerimento ed esi-ste il rischio che si apra una filiera di intervento chetraini dietro di s i finanziamenti sullasse dellince-nerimento; su questo bene ripetere un paio di cose.

    La combustione dei rifiuti non un proces-so pulito; si producono infatti tonnellate di ceneritossiche e si determina inquinamento dellaria e del-lacqua. La combustione, a temperatura elevata,spezza i legami chimici tra i metalli ed alcunisostanze che rendono inerti i metalli tossici ed essi(i metalli) possono cos percolare dalle ceneri strati-ficate nello scarico fino alle falde acquifere.La maggior fonte di inquinamento provocato dagliinceneritori determinata dai fumi di combustione,che trascinano nellatmosfera metalli pesanti (piom-

    bo, cadmio, mercurio), acidi e sostanze organiche di

    varia natura. Tra queste, le diossine sono le sostan-ze pi tossiche. La tetra - cloro - para - dibenzo -diossina (Seveso) la pi pericolosa. Tali sostanze

    possono provocare tumori e malformazioni al feto .Il cloro ed alcune sostanze organiche aromatichesono i responsabili della formazione di alcune dios-

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    zazione della confederazione passando dalla con-certazione alla condivisione del sistema dellimpre-sa, con il sindacato nella funzione di regolatore delsalario come variabile dipendente del profitto, o sirecuperano le radici di una storia conflittuali che hacontribuito anche allo sviluppo di questo paese, rin-vigorendo un passato che dovr rideterminarsiseguendo le nuove sfide imposte dallorganizzazio-

    ne sociale del lavoro. Tertium non datur.Da tempo sappiamo che il confederalismo tradizio-nale attraversa una fase di crisi di legittimazione eche la sua centralit nelle relazioni sindacali deriva

    pi dal piano della cogenza normativa dellastrazio-ne giuridica che dal consenso volontario, una rendi-ta di posizione acquisita di riflesso alle lotte e alleconquiste del movimento dei lavoratori. Ma biso-gna pur riconoscere che tutte le alternative non sonostate alla lunga meritorie di consenso politico, tan-t che le dimensioni complessive di crescita, al dil di alcuni specifici settori in cui si sostanzia unasignificativa rappresentanza, non sono di certo con-fortanti. Esse o si sono caratterizzate per lestremocorporativismo, di diretta filiazione di qualche cetoo gruppo di pressione che ambisce ad occuparespazi di rappresentanza istituzionale, o dal settario

    protagonismo di gruppi dirigenti che hanno eredita-to le forme di base dellantagonismo operaio del-lautunno caldo. Eppure questi ultimi potrebberogiocare un ruolo decisivo per gli sviluppi futuri diuna nuova forma di organizzazione sindacale. Finoa quando per non saranno in grado di accelerare ericonoscere processi ricompositivi unificanti, siasul piano categoriale sia sul piano della progettuali-t sociale, le centrali concertative rimarranno piappetibili nel panorama dellofferta dei servizi enella rappresentanza negoziale, poich la rendita di

    posizione consente loro di surrogare il pubblico conlo schermo di servizi di assistenza (CAAF,Patronati, Formazione, etc.), non solo quindi nel-lambito della contrattazione categoriale, ma perfi-no di supportare il lavoratore nellorganizzazione

    dello spazio ricreativo.Le possibilit che siano dispiegate le condizionioggettive per una nuova fase, verso la ricostruzionedi una forma-sindacato che sia espressione dellademocrazia-diretta generata dai conflitti sociali, nellordine delle cose. Il vento neoliberista checampeggia come pensiero unico sullintero ceto

    politico, porta con s la forza travolgente tendentead azzerare tutte le conquiste del movimento opera-io, passando per la rottura dei rapporti di solidarie-t e con essi alla disarticolazione dell'unit di clas-se realizzatasi con il ciclo di lotte sociali avviatoallinizio degli anni sessanta. Ora una nuova sog-gettivit sindacale non pu non porsi, oltrecch ladifesa dei diritti conquistati, la questione dellaricomposizione dei processi di solidariet tra nuovi

    e vecchi soggetti e parimenti- ricostituire luoghioriginali della comunit produttiva cooperante neimille rivoli in cui si sviluppa la societ postmoder-na-postindustriale. Ma va pure detto che una siffat-ta ipotesi potr reggersi su aperture di massimaestensione, cedendo progressivamente parte della

    sovranit centralizzata in favore della territorialitorganizzativa, abbandonando quelle dinamicheideologiche che hanno eretto steccati e aperto vora-gini incolmabili ad ogni tentativo non solo di unifi-cazione, ma di semplice unit dazione, basti consi-derare il misero fallimento del c.d. Patto di Base.Alla base di questo percorso crediamo si debba met-tere in moto un reale processo organizzativo che

    configuri una sorta di rete interconfederale, uno spa-zio che tenga unito tutto il sindacalismo conflittualestrutturato sia nella secolare che nelle nuove confe-deralit, processo che non pu non interessare tuttele altre forme di autorganizzazione. A questi sogget-ti bisogna chiedere uno atto di generosit. In concre-to, la volontaria cessione di parte della propriasovranit nellinteresse pi generale e che ambiscaad essere un riferimento sociale di trasformazione,oltre che agente per la contrattazione salariale e perla difesa dei diritti della forza-lavoro . Il conferi-mento di sovranit necessario soprattutto ai livellilocali di organizzazione, le quali costituiscono un

    presidio sociale che ha bisogno di sviluppare unapropria autonomia vertenziale che non si contrap-ponga alle dinamiche contrattuali di livello genera-le, e che nel mettere in comune il patrimonio di lottee di esperienze, estenda in generale la pratica della

    partecipazione attiva ai soggetti della contrattazioneoltre che alle soggettivit sindacali.

    Certo il volume di Cremaschi assume una par-ticolare valenza nel contesto delle battagliacondotte dalla FIOM nellultimo anno. In

    parte anticipa e in parte ritorna allapprofondimentodei temi che hanno caratterizzato questa stagioneconflittuale esaltante, una stagione che ha riapertocanali di comunicazione tra soggetti e societ diver-se per radici e luoghi, ripresentazioni di storie appa-

    rentemente antiche, gi viste, e tuttavia profonda-mente trasformate nel loro essere singolarit dinuovo attuali. Perfino il tema della centralit opera-ia - su cui in passato si delineava lo spartiacque del-lessere rivoluzionario stato rivisitato conapproccio critico, nonostante i semplificanti socio-logismi che hanno tentato di contrapporre strumen-talmente le tute blu alla generazione precarizzata.Sullo sfondo, tra ci che esplicitato e quanto implicito, v il travaglio di unanima critica internaalla pi grande confederazione ormai ultra secolare.Cremaschi oggi rappresenta un punto di riferimentoalto per lo sviluppo del dibattito sulle forme dellarappresentanza e sul ruolo del sindacato nel terzomillennio. Una discussione che attraversa s il sinda-cato tradizionale, ma che vede coinvolte senzarisparmiare critiche- anche le forme di organizza-zione sorte in alternative e in competizione con laCGIL. Questo nostro intervento pi che una recen-sione un contributo al confronto che con moltocoraggio e determinazione uno dei maggiori leaderstorici dei meccanici italiani tiene aperto.Ci si trova di fronte al naufragio del vecchio model-lo di relazione sindacale, con un nuovo corso impo-sto e centrato sullasse Torino-Detroit. Il modelloMarchionne (entusiasticamente condiviso da CISL eUIL), ha spiazzato sorprendentemente diciamosolo nella prima fase di Pomigliano- perfino laConfindustria, alla quale ancora la CGIL guardasperanzosa al fine di riportare nellalveo del tradi-zionale corso di mediazione tra le parti sociali ilconflitto FIOM/FIAT; a questo punto si rende quan-to mai urgente che allorizzonte si schiuda una ade-

    guata resistenza operaia organizzata in un vastofronte di opposizione sociale.In questi mesi allinterno della CGIL (ma non solo,visto che i tutti movimenti conflittuali hanno recla-mato a pi sospinto uno sciopero sociale generaliz-zato) si sollevato un coro di voci rappresentativodi ampi settori delle categorie della maggiore confe-derazione sindacale italiana, e non solo della federa-zione metalmeccanica che da tempo invoca la pro-clamazione di uno sciopero generale, sin dallaccor-do schiavistico di Pomigliano poi sostanzialmenteesteso anche a Mirafiori.La vicenda-FIAT ha stretto sostanzialmente allecorde il blocco sindacale concertativo, ma ha soprat-tutto acuito le ferite che dallultimo congresso laCGIL si porta dietro. Una sorta di strabismo politi-

    co che lascia in mezzo al guado la maggioranza con-gressuale, sospesa com tra la ricostituzione dellatriplice sindacale e la ricomposizione dellunitinterna con la ricucitura perlomeno dello strappocon i metalmeccanici della FIOM. In ogni caso sardifficile gestire questa fase: o si consolida la cisliz-

    Giorgio Cremaschi, Il regime dei padroni.Da Berlusconi a Marchionne, Editori Riuniti, 2010,pp. 220, Euro 15,00

    RECENSIONE

    Antonio Casano

    Il guado sindacale

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    tuisce il reale non detto, la lotta di classe (Zizek), ole istanze di quanti patiscono marginalit ed esclu-sioni perch il codice e le relazioni di potere non gliriconoscono un nome (Butler).Riformulo la questione: come coniugare allora lacontingenza, di storie, territori e tempi, con lidea diuna vera democrazia non formale e solamente giuri-dica? Ripiegando sulla parzialit, sullautonomia del

    sociale rispetto al politico, idealizzando i localismi eil multiculturalismo contro la ragione illuminista?La risposta articolata passa inattesa per la psicanali-si lacaniana: nessuna rappresentazione satura il sog-getto, e lo spazio sociale - complicato dalla sovradeterminazione immaginaria di ogni codifica simbo-lica - implica che lantagonismo irriducibile adogni prospettiva irenica; le letture psicanalitiche isti-tuzionali hanno territorializzato questo conflittonello spazio della psiche e nel soggetto come indivi-duo, cancellando la costruzione sociale e intersog-gettiva delle individualit concrete.Laclau, Zizek e la Butler, in modo diverso ma a trat-ti convergente, riposizionano marxismo e psicanali-si nel concreto dei divenire minoritari di quelli cheDeleuze chiamava soggetti collettivi di enunciazio-

    ne. Chi sono io dipende dal discorso del padrone, maio mi situo sempre ad una distanza minima di sicu-rezza rispetto a quel nome che mi rappresenta nellafiliera della produzione dei significanti. Cos lin-completezza della posizione del soggetto conduceogni chiusura ideologica del codice ad un inevitabi-le fallimento. Il soggetto barrato: tu mi chiamicos, e io sono catturato dal nome, dallidentificazio-ne nella catena dei significanti, ma questa interpel-lanza non mi cattura definitivamente. Fin qui si sen-tir tra le righe il segno di Lacan, e il suo limite poli-tico: una tendenza, pi di scuola che sua, a reificarela struttura e i linguaggi analizzandone i nodi sinto-matici. Il grande Altro persisterebbe nelle derivedecostruzioniste, volte pi a esaminare i linguaggi, a

    descriverne gli effetti performativi che a cambiare ilpresente aprendolo al nuovo. E invece la Butler scri-ve di una ricchezza semantica non esauribile, pro-

    prio perch il costituente esterno del soggetto nonsar mai completamente