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Università degli Studi dell’Insubria Facoltà di Giurisprudenza Corso di laurea in Scienze della Mediazione Interlinguistica e Interculturale ARGOT IERI E OGGI Tesi di Laurea di Simon Sciaroni 711247 Relatore: Andrea Sansò 2011-2012

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Leggi la tesi di laurea di Simon Sciaroni!

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Università degli Studi dell’Insubria

Facoltà di Giurisprudenza

Corso di laurea in Scienze della Mediazione Interlinguistica e Interculturale

ARGOT IERI E OGGI

Tesi di Laurea di Simon Sciaroni

711247

Relatore: Andrea Sansò

2011-2012

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INDICE ANALITICO

SOMMARIO .................................................................................................................................... 3

Yesterday’s and today’s Argot ......................................................................................... 3

CAPITOLO 1 ................................................................................................................................... 4

Introduzione storico-sociolinguistica all’argot ............................................................... 4

CAPITOLO 2 ................................................................................................................................. 17

Analisi dell’argot contemporaneo .................................................................................. 17

CAPITOLO 3 ................................................................................................................................. 34

Tipi di argot ....................................................................................................................... 34

CAPITOLO 4 ................................................................................................................................. 63

Mini dizionario dell’argot contemporaneo ................................................................... 63

CAPITOLO 5 ................................................................................................................................. 66

Conclusioni........................................................................................................................ 66

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SOMMARIO

Yesterday’s and today’s Argot

This dissertation is about argot, a particular French jargon, born and developed from 13th

century onwards. It is a cryptic and secret language firstly adopted by thieves, wrongdoers

and criminal so that they could do their own business without being understood by

authorities. That’s why argot includes terms dealing most of all with gangland, corruption,

sex, drugs, poverty and everyday’s problems. This phenomenon involves a series of

linguistic processes that transformed and at the same time contributed to create the French

standard idiom. Actually it is characterized by a specific vocabulary, constantly reshaped

by the contingent need of secrecy and strong cohesion by the groups who embrace this

kind of code. This means its speakers keep on using and introducing new words, new

expressions in order that outsiders can’t get what they are talking about. In fact argot has

mainly been an oral code since its origins and it remains so nowadays. Going through

structural and linguistic evolutions during the centuries, this jargon is now representative

of young people, the poor, the socially excluded and immigrants from Africa, in most cases

living all in suburbs (called banlieue) and on the edge of French cities. On one hand it

represents a sort of fashionable secret code for youngsters so that adults can’t get the

meaning of their conversation; on the other hand, argot allows those discriminated

categories of society to create a strong sense of cohesion among the community members

and a sense of belonging to their own culture and homeland. So the language has to be like

a social shield that protects and strengthens cultural and ethnic identities. An important role

in this is played by verlan, a particular form of French jargon where words are pronounced

backwards; as a result the speaking gets more and more cryptic and incomprehensible by

the outsiders. Social and ethnic hardships are best expressed through rap music; this music

genre is very popular in France as rappers generally sing socially committed songs, so

gaining popular consensus and giving voice to the need of equality, justice, non-

discrimination attitudes and freedom of speech. Artists indeed use in their lyrics both argot

and verlan because it is the best and most direct way to convey their messages to their fans,

the only ones who can really understand them and who then perceive them as a model of

social emancipation, which makes them feel strong and united as a group. This treatise

would just like to show that in France the linguistic debate and the conscious use of

linguistic varieties are quite lively and all this allows the French language to evolve, to

grow rich and to get more multicultural perceptive.

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CAPITOLO 1

Introduzione storico-sociolinguistica all’argot

Nel seguente capitolo ci si prepone il fine di scoprire che cosa sia l’argot, quale sia la sua

origine, le ragioni della sua nascita, come, e dove si sia sviluppato e offrire una visione

generale di quali siano le sue caratteristiche sociolinguistiche e la sua evoluzione fino

all’età contemporanea.

Per condurre un’analisi il più logico possibile è opportuno definire in primo luogo che cosa

s’intende per argot ed operare alcune distinzioni di carattere linguistico, così da evitare

eventuali confusioni.

Prendiamo dunque in considerazione le definizioni date da due dizionari diversi: «gergo,

specialmente quello dei malviventi parigini»1; «gergo, in particolare quello della

malavita»2.

Nonostante si siano citate due sole definizioni, si può notare come vi sia una certa

convergenza di significato del concetto in esame. È perciò evidente che si tratta di un gergo

che ha a che fare con la sfera della malavita A riprova di ciò, il professore dell’università di

St. Andrews (Scozia), Anthony Lodge, esperto di sociolinguistica, afferma che l’argot è il

linguaggio dei ladri e dei vagabondi, incomprensibile a coloro che non sono iniziati, fiorito

nella Parigi proto-industriale3. Questa dichiarazione è molto interessante e piena di

informazioni utili per comprendere soprattutto dove e quando è nato questo gergo: si parla

infatti della città di Parigi e del periodo precedente la cosiddetta rivoluzione industriale.

Questi dati geografici e storici saranno importanti in seguito, quando si tenterà di dare una

spiegazione al motivo per cui l’argot è nato proprio lì e in quel periodo.

Ora si consideri l’etimologia della parola “argot”, così da chiudere il discorso sul

significato strettamente letterale. Secondo le parole dello stesso Lodge, i primi riferimenti a

questo tipo di linguaggio risalgono al dodicesimo secolo: tuttavia ci si riferiva ad esso non

come argot, bensì come jargon4, definibile come “borbottio incomprensibile”. Dando uno

sguardo all’etimologia fornita dai due vocabolari considerati precedentemente, si dice

rispettivamente: «corporazione di ladri, di etimologia incerta» ; «corporazione dei

1 Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v.

2 Garzanti, Varese, 2008, s.v.

3 R.A.LODGE, A sociolinguistic History of Parisian French, Cambridge, Cambridge University Press, 2004

4 Ivi, p. 238

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mendicanti, di etimo incerto» . Tenendo presente la prima dichiarazione di Lodge citata,

queste due etimologie possono essere perfettamente inquadrate e comprese. A questo punto

un altro autore può essere d’aiuto nello specificare il settore e coloro che si fanno

portavoce di questo mezzo di comunicazione: si tratta di Barry J. Blake, il quale sostiene

che l’argot sia un insieme di vocaboli usati da un gruppo ristretto di persone, unito da un

interesse comune o dall’opposizione alle autorità; la parola “argot” è tradizionalmente

associata a coloro che vivono al di fuori della legge: scassinatori, bari, imbroglioni, banditi

di strada, borseggiatori, malviventi, truffatori, ladri, prostitute, trafficanti e prigionieri; ma

l’argot è anche utilizzato da altri gruppi, per lo più itineranti: mendicanti, artisti di strada,

vagabondi, spazzacamini, affilacoltelli, muratori, zingari, ecc.5 Forse la spiegazione più

completa e precisa di argot viene data da Albert Dauzat6: parlare argot, nell’uso corrente,

vuol dire impiegare parole, espressioni bandite dalla lingua accademica, da parte di artisti e

operai, che ambiscono ad un’indipendenza di linguaggio ed usano vocaboli la cui forza

pittoresca rasenta più o meno la trivialità. A questa concezione vaga, la linguistica oppone

una definizione più precisa (sempre secondo Dauzat): in senso stretto l’argot, per il

linguista, è il linguaggio dei malfattori; per estensione, designa anche un certo numero di

linguaggi speciali che manifestano tratti comuni. Al termine di questo capitolo, poiché è

necessaria prima un’analisi di carattere lessicale e storico-sociale, si vedranno nello

specifico tali tratti comuni tipici degli argot. Lo stesso Dauzat conclude il discorso riguardo

al termine “argot”, affermando che l’argot dei malfattori è inizialmente detto jargon (come

testimonia anche Lodge) con il significato di murmure o bavardage (rispettivamente

sussurro, mormorio e chiacchere, pettegolezzi7); per vari mestieri o settori aveva preso

invece il nome di jobelin, blesquin, boragouin, narquois ed infine argot, di cui sono state

proposte molte etimologie errate: il vero senso, conferma Dauzat, è quello di corporazione

di malfattori o più esattamente dei gueux, cioè “mendicanti”. Argot viene da una parola

antica provenzale, argaut, viva nella regione del Rodano, e che significa prima

“indumento” (vêtement), ma poi si è degradata in “vecchio indumento”, e ancora in

“stracci, cenci” (nippes, guenilles)8.

Si è detto che l’argot è un gergo. Ma cos’è un gergo? Qual è la differenza tra gergo,

registro, slang, dialetto, koiné e vernacolo? Certamente il quadro linguistico non è molto

chiaro, tenendo presente anche il fatto che la realtà delle lingue nel mondo è eterogenea e

5 B.J.BLAKE, Secret Language, New York, Oxford University Press, 2010

6 A.DAUZAT, Les Argot, Parigi, Librairie Delagrave, 1946

7 “http://www.larousse.com/it/dizionari/francese-italiano/murmure;

http://www.larousse.com/it/dizionari/francese-italiano/bavardage” 8 Dauzat, Argot cit., p. 10

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che le lingue in sé non sono statiche, né dal punto di vista del contenuto né da quello

dell’idea che i parlanti hanno della lingua stessa. Siccome il discorso a questo proposito

potrebbe essere molto ampio, per ragioni di semplicità e funzionalità rispetto a ciò che si

sta tentando di analizzare, ci si limiterà a discernere i concetti sopra espressi in linea

generale e nel modo comunemente accettato. Occorre perciò partire da ciò che nella società

e nello studio delle lingue è considerata la lingua standard ed ufficiale, sebbene esistano

appunto diverse correnti di pensiero anche a questo proposito.

In modo del tutto intuitivo si potrebbe dire che la lingua standard è quella lingua

riconosciuta come ufficiale da una nazione, che costituisce la base per creare letteratura e

redigere documenti e atti ufficiali, che gode di un certo prestigio e che possiede un

fondamento di grammatica tale da renderla neutra e a cui ci si uniforma invariabilmente. A

partire dal modello standard una lingua può essere soggetta a diverse variazioni, come

quella diacronica e sincronica, quella diafasica, quella diastatica, quella diamesica e quella

diatopica. Concentrandosi su quella diatopica si può arrivare a definire il dialetto, poiché si

tratta di un codice linguistico strettamente legato allo spazio, cioè varia da luogo a luogo.

David Crystal specifica, infatti, che il dialetto consiste in una varietà distintiva a livello

regionale o sociale, costituito da un particolare insieme di parole e strutture grammaticali,

sviluppato soprattutto ove vi sono barriere geografiche che separano l’uno dall’altro gruppi

di persone o dove sono presenti divisioni tra classi sociali9. Facendo riferimento al

dizionario Garzanti, il dialetto viene definito come «una parlata propria di una determinata

area geografica, a cui si contrappone la lingua ufficiale o nazionale»10

. Questa opposizione

alle forme ufficiali è anche dettata dal fatto che generalmente un dialetto è solo un mezzo

di espressione orale, mentre una lingua standard possiede, come già detto, una letteratura

ed è veicolo comunicativo negli atti ufficiali. Questo fa sì che il dialetto non abbia il

medesimo prestigio, confermato dal fatto che alla parola “dialetto” si associa spesso

l’aggettivo “popolare”. La distinzione tra lingua e dialetto rimane ciononostante

problematica, dal momento che la presenza radicata di certi dialetti in alcune regioni

comporta talvolta una necessaria rivalutazione del concetto stesso di dialetto in chiave

storica e sociolinguistica.

Alla luce di questa prima importante distinzione, si possono ora capire meglio le nozioni di

koiné, vernacolo, slang, registro e, da ultimo, il gergo.

9 D.CRYSTAL, Dictionary of Linguistics and Phonetics, Oxford, Blackwell Publishing, 2008

10 Garzanti, Varese, 2008, s.v.

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Con il termine “koiné” s’intende: «una lingua comune, con caratteri uniformi, che in una

data zona si sovrappone alle varietà locali (etimologia: dal greco koinḗ diálektos,

propriamente “dialetto comune”)»11

; oppure «in senso tecnico, è un dialetto condiviso da

un territorio relativamente ampio, fortemente contaminato dalla lingua nazionale, in cui i

dialettismi e regionalismi sono ridotti al mimino mentre, in senso esteso, koiné può

significare “comunità linguistica e culturale” e anche “linguaggio comune o

dominante”»12

. Da queste definizioni si può dedurre che la parola “koiné” si avvicina

concettualmente molto al significato di dialetto; tuttavia, si tratterebbe in realtà di una sorta

di dialetto comune all’interno di un’area geografica linguisticamente eterogenea, in cui «i

parlanti, per capirsi l’un l’altro, non hanno fatto ricorso ad una vera e propria lingua

comune, bensì hanno operato degli aggiustamenti in base ad un modello, usando degli

schemi interni di conversione automatica»13

.

Con “vernacolo” ci si riferisce a: «il parlare che è proprio di un luogo, di una regione; in

particolare, il linguaggio popolare considerato in ciò che lo differenzia dalla lingua

letteraria (il termine si usa soprattutto per indicare le parlate toscane e ha valore più

ristretto rispetto a “dialetto”, anche se comunemente viene adoperato come sinonimo di

questo quando ci si riferisce alla moderna letteratura dialettale) »14

; «parlata caratteristica

di un’area geografica, affidata quasi esclusivamente alla tradizione orale e che ha assunto,

nell’uso popolare, connotazioni di maggiore vivacità e spontaneità rispetto al dialetto e alla

lingua letteraria [etimologia: voce dotta, latino vernāculu(m) “relativo agli schiavi nati in

casa”, poi “paesano, domestico”, da věrna “schiavo nato in casa”.]»15

; «un termine usato in

sociolinguistica per riferirsi al linguaggio indigeno o al dialetto di una comunità dal

linguaggio orale. I vernacoli sono spesso visti in contrapposizione a nozioni quali “lingua

standard”, “lingua franca”, ecc.»16

. Si ha a che fare, dunque, con una variazione linguistica

ancora più specifica e caratteristica del dialetto.

Per afferrare la parola “slang”, ricorriamo ad alcune definizioni tratte da vari dizionari:

«insieme di espressioni e parole gergali, usate al posto di quelle della lingua comune in

certi ambienti o gruppi sociali»17

; «linguaggio gergale di determinate categorie, classi,

11

Garzanti, Varese, 2008, s.v. 12

AA.VV., Manuale di letteratura- glossario, a cura di R.Castellana-F.d’Amely, Firenze, G.B. Palumbo

Editore, 2006 13

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 90 14

Garzanti, Varese, 2008, s.v. 15

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v. 16

Crystal, Dictionary cit., s.v. 17

Garzanti, Varese, 2008, s.v.

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gruppi di persone, usato in luogo di quello comune perché più espressivo e immediato»18

;

«un tipo di linguaggio consistente in parole e frasi considerate molto informali, più comuni

nella forma orale che quella scritta, tipicamente ristrette a un particolare contesto o gruppo

di persone»19

; «un lessico informale non standard, tipicamente composto da neologismi,

parole arbitrariamente modificate e da modi di dire stravaganti, forzati e scherzosi»20

; «un

linguaggio molto informale di norma più parlato che scritto, impiegato soprattutto da

particolari gruppi di persone»21

. Per completezza si riporta di seguito l’etimologia del

termine: «1756, “speciale lessico di vagabondi e ladri”, in seguito “gergo di una particolare

professione” (1801), di origine incerta, forse di origine scandinava, confronta il norvegese

slengenamm “soprannome”, slengja kjeften “abusare con le parole”, letteralmente

“lanciare la mascella”, in relazione all’antico norreno22

slyngva “lanciare”. Tuttavia l’OED

(Online Etimology Dictionary), anche se ammette “una certa vicinanza di significato”,

scarta questa ipotesi fondata su “data di origine e rapporto con lingue antiche”. Liberman23

la nega addirittura, così come ogni legame con il francese langue. Piuttosto fa derivare il

termine da un’antica parola che significa “stretta porzione di terra”. Il significato di

“linguaggio molto informale caratterizzato da vivacità e novità” è stato documentato per la

prima volta nel 1818. Una parola sopravvissuta nel tempo è slangwhanger (1807, inglese

americano) “chiassoso od offensivo conversatore o scrittore”»24

. A questo punto, per

completare il discorso sullo slang, è utile notare quanto afferma Blake in proposito.

Quando si parla o si scrive si può scegliere tra l’essere formale o informale. Un esempio

nella lingua inglese di ciò è: I received your letter e I got your letter, dove la prima è

formale mentre la seconda è informale o colloquiale. C’è una sorta di sovrapposizione tra il

termine “colloquiale” e “slang”, la cui differenza non è netta; si potrebbe dire che “slang”

significa “molto colloquiale”. Un altro esempio: to vomit fa parte della lingua standard, to

sick up è informale o colloquiale, ma le espressioni to spray paint e to have a technicolour

yawn (rispettivamente “spruzzare vernice” e “fare uno sbadiglio in technicolor”) sono

slang. Quindi, se “colloquiale” ha un’accezione positiva o neutra, la parola “slang” è

spesso usata negativamente. Alcune caratteristiche dello slang sono l’inventività,

l’abbondanza di metafore e allusioni, il fatto che esso sia sottoposto a continui

18

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v. 19

“http://oxforddictionaries.com/definition/slang?q=slang” 20

“http://www.merriam-webster.com/dictionary/slang” 21

“http://dictionary.cambridge.org/dictionary/british/slang_1?q=slang” 22

L’antico norreno è un’antica lingua della Scandinavia (tra il nono e il quattordicesimo secolo) affine al

norvegese antico e all’islandese, detta anche antico nordico. 23

Anatoly Liberman è un professore russo del dipartimento di Tedesco, Scandinavo e Olandese

dell’Università del Minnesota, dove tiene corsi di linguistica, etimologia e folclore. 24

“http://www.etymonline.com/index.php?allowed_in_frame=0&search=slang&searchmode=term”

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rinnovamenti nel lessico e che tende ad essere locale e ristretto ad un’area o gruppo

sociale25

.

Definiamo ora il termine “registro”: «modo di parlare o scrivere, livello espressivo proprio

di una data situazione comunicativa»26

; «utilizzazione che il parlante fa dei diversi usi

linguistici in rapporto al contesto sociale in cui si trova»27

. Si ha a che fare perciò con una

variazione di tipo diafasica, in cui il modo di comunicare è influenzato e dettato dalla

funzione del messaggio e dalla circostanza. Finora si erano descritte invece variazioni

diatopiche o diastratiche. Se prima, in sostanza, si parlava di diverse lingue all’interno

dello stesso idioma, ora si è di fronte a diversi livelli dell’uso di uno stesso idioma, per cui

ci può essere un registro familiare, uno scientifico, uno burocratico, uno giudiziario, ecc.

Si arriva infine alla definizione di “gergo”: «linguaggio convenzionale usato dagli

appartenenti a determinate categorie o gruppi sociali per distinguersi o per non farsi

intendere da chi ne è estraneo»28

; «lingua criptica, specialmente lessico, utilizzata da una

comunità generalmente marginale che, in determinate condizioni, avverte il bisogno di non

essere capita dai non iniziati o di distinguersi dagli altri»29

. La probabile etimologia del

termine è quella francese, da jargon, originariamente “cinguettio degli uccelli”, quindi

“linguaggio incomprensibile”30

. Questo è il primo significato di “gergo”, ma bisogna tener

presente che può significare semplicemente «linguaggio comune ad una determinata

categoria di persone»31

. Da notare che da quest’ultima definizione possono nascere delle

confusioni con lo stesso “registro”; perciò, per motivi di semplicità, s’intenderà il “gergo”

secondo il primo significato, che è anche quello originario e più affine all’etimologia.

Date queste premesse di tipo lessicale è ora possibile capire perché l’argot è un gergo e non

uno slang, o un dialetto, per esempio. Sarebbe ora interessante capire più a fondo le ragioni

storiche e sociolinguistiche della nascita dell’argot parigino, così che, una volta spiegati gli

“antefatti”, si possa passare alla descrizione dell’uso e delle caratteristiche dell’argot

contemporaneo, all’interno di un contesto linguistico così vario come quello del

ventunesimo secolo.

Innanzitutto è utile notare l’evidente mancanza di dati precisi e del tutto attendibili

riguardanti un modo di parlare, e non tanto una tradizione scritta, risalente ad un periodo

25

Blake, Secret cit., pp. 200-201 26

Garzanti, Varese, 2008, s.v. 27

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v. 28

Garzanti, Varese, 2008, s.v. 29

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v. 30

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v. 31

Lo Zingarelli, Bologna, 2012, s.v.

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storico in cui non esistono mezzi per registrare e codificare il linguaggio in modo

indelebile. Le uniche e sporadiche, se non del tutto rare, attestazioni dell’argot provengono

non tanto dagli stessi parlanti, che, come è facile intuire, non possedevano un elevato

livello culturale (nel dodicesimo secolo il tasso di analfabetismo era elevato), quanto dalle

classi più abbienti ed erudite, le uniche in possesso dei mezzi necessari per riportare la

storia dei fatti e della cultura. Non bisogna di conseguenza dimenticare che, a causa di

questa unilateralità del punto di vista delle fonti metalinguistiche, la visione del quadro

storico e linguistico può risultare un po’ distorta, se non addirittura monopolizzata. Solo a

partire dall’età moderna si incontra una larga produzione di commenti metalinguistici,

soprattutto in forma di grammatiche e dizionari, che forniscono una panoramica piuttosto

oggettiva di ciò che era considerata la “cattiva” e la “buona” lingua32

.

Prendendo in esame la città di Parigi è possibile distinguere tre fasi del suo sviluppo

urbano: quella pre-industriale (dall’undicesimo al quattordicesimo secolo), quella proto-

industriale (dal quindicesimo al diciottesimo secolo) e quella industriale (dal

diciannovesimo al ventesimo secolo)33

. La prima fase è caratterizzata da una rapida

crescita della popolazione dovuta ad un flusso migratorio dall’hinterland rurale. In questo

periodo i promotori dell’espansione sono i mercanti capitalisti, impegnati nella

trasformazione e nello scambio di beni prodotti localmente. Man mano che la ricchezza

aumenta, Parigi attrae sempre più artigiani e lavoratori. La maggior parte della popolazione

rimane tuttavia povera, mentre le risorse della città sono gestite da piccoli gruppi. Nella

seconda fase si assiste ad una sorta di stagnazione demografica, tale da produrre all’interno

della realtà urbana cambiamenti di tipo qualitativo piuttosto che quantitativo: infatti, le

comunità urbane diventano sempre più stratificate e ne risulta un incremento della

differenza tra ricchi e poveri. Le élite parigine cominciano così a rifiutare ciò che sembra

appartenere alla cultura popolare, volgare e superstiziosa. La bilancia del potere economico

si sposta quasi definitivamente dalla campagna alla città, comportando un incremento delle

funzioni politiche e amministrative della stessa. Parigi inizia a diventare il centro del

progresso culturale per eccellenza. Nella terza si assiste nuovamente ad una crescita

straordinaria della popolazione (se nel 1700 la popolazione parigina raggiunge le 530 mila

unità, nel 1900 si passa a 3 milioni e 330 mila abitanti34

), accompagnata da un

rafforzamento dei legami tra le varie comunità lavorative, il che comporta la nascita di un

senso di appartenenza sia a livello sociale sia a livello linguistico.

32

Lodge, Sociolinguistic History cit., pp. 19-20 33

Ivi, p. 26 34

Ivi, p. 41

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In questi tre livelli dell’evoluzione urbana, sociale e demografica si assiste rispettivamente

a tre fenomeni di carattere linguistico:

1) La cosiddetta koineizzazione dà origine ad un mescolamento delle caratteristiche di

diversi dialetti, fino a giungere ad un nuovo dialetto di compromesso. I parlanti, infatti, in

modo inconscio riducono o eliminano le varianti linguistiche che impediscono la

comunicazione.

2) Il processo di riallocazione ha luogo dopo una fase iniziale di sviluppo del nuovo

dialetto e porta a frequenti divergenze all’interno della lingua della comunità urbana,

poiché le vecchie varianti dialettali residue possono venir ridistribuite nella comunità come

varianti stilistiche, ma possono anche diventare prerogativa di un particolare sotto-gruppo

in seno alla società.

3) Il livellamento dialettale e la semplificazione rappresentano un processo di riduzione

delle caratteristiche che separano un dialetto dalle altre varietà. Ciò può avvenire in modo

orizzontale, ovvero dal contatto paritario tra parlanti di dialetti non contigui scaturiscono

atti di adattamento linguistico, oppure in modo verticale, attraverso la diffusione dall’alto

verso il basso della lingua standard (standardizzazione).

Analizziamo ora più dettagliatamente le tre fasi dello sviluppo di Parigi, unendo la

riflessione storico-urbana e sociale a quella linguistica.

Durante l’espansione demografica nel periodo pre-industriale Parigi acquisisce nuove

importanti funzioni, come quelle nel settore mercantile, manifatturiero, religioso,

educativo, politico e amministrativo. Tale diversità funzionale fa sì che si creino distinte

aree cittadine, quali la Ville, la Cité e l’Université, attorno allo storico nucleo chiamato Ile-

de-la-Cité. La lingua di Parigi, il françois (solo successivamente français), è in realtà una

koiné sviluppatasi dall’interazione spontanea tra i dialetti delle regioni circostanti, i

cosiddetti HDP (hinterland dialects of Paris). Tale koiné potrebbe rappresentare la prima

forma di standardizzazione della lingua francese, da cui poi prendono vita vari dialetti e

vernacoli. Infatti, viene adottata nel quattordicesimo secolo come lingua ufficiale

nell’amministrazione reale e nel sedicesimo secolo anche in parlamento. A parte la

convenzionalità acquisita da questo francese antico, non bisogna dimenticare che il quadro

linguistico è tutt’altro che omogeneo: le varianti sono innumerevoli, come mostrano le

tavole di Lodge35

. Per di più bisogna tener conto del fatto che la Parigi medioevale è una

comunità diglossica dove il latino gioca ancora un ruolo importante nella società (vi è

35

Lodge, Sociolinguistic History cit., pp. 88-97

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un’alta concentrazione di ecclesiastici, giuristi e studiosi in città, la cui educazione è

fondata sulla lingua latina).

La seconda fase dell’evoluzione della città di Parigi coincide con il Rinascimento,

momento decisivo per la diffusione dell’alfabetismo, il che accentua la differenza tra la

cultura scritta delle élite e quella tradizionale ed orale delle masse. Il latino viene

progressivamente “relegato” alle funzioni religiose mentre le variazioni concernenti i

differenti vernacoli assumono un importante valore sociale. Tenendo in considerazione il

fatto che ora non sono più i signori feudali, né la Chiesa, né la nobiltà ad avere il controllo

sulla terra, bensì i ricchi mercanti di città, rovesciando di fatto il tradizionale assetto di

gestione dell’industria rurale, si creano comunità urbane molto più stratificate rispetto al

passato e si assiste ad un aumento della differenza tra ricchi e poveri, come già accennato

in precedenza. Inoltre nel 1528 Francesco I dichiarò di voler fare di Parigi la residenza

permanente della monarchia, implicando uno spostamento e la concentrazione di tutto

l’apparato amministrativo di corte. Secondo la tavola 12 di Lodge36

la maggior parte della

popolazione è tuttavia costituita da poveri, marginali e vagabondi (il 53.4%) . Di

conseguenza, l’ordine pubblico non risulta facile da mantenere. Richiamando il concetto di

Rinascimento, non si può omettere di specificare che, con la nascita delle idee di “cultura”

e “civilizzazione”, la stessa cultura e la tradizione considerate popolari (il mauvais usage)

vengono combattute dalle classi superiori, in nome di un nuovo codice di comportamento,

quello dell’Honnête Homme (“l’Uomo Onesto”), che comprende anche il linguaggio, il

cosiddetto bon usage, così che la lingua francese parigina diventa oggetto di grande

orgoglio e un modello linguistico da seguire. In aggiunta a ciò, lo sviluppo della stampa

tende a screditare tutto ciò che è orale in favore della parola scritta. In questo clima di

tensione le varianti sopravvissute dal processo di koinéizzazione sono riciclate in modo del

tutto conscio ed esplicito, nell’intento, da parte della gente comune, di distinguersi

attraverso nuovi modi di esprimersi. Questa fase di riallocazione è degna d’attenzione dal

momento che le varianti assumono un particolare valore sociale, soprattutto dal punto di

vista lessicale: un illustre riferimento in merito a ciò è rappresentata dalle opere di François

Villon37

, il quale esprime la sua visione dei bassifondi parigini usando un lessico argotico

tipico della comunità criminale. Nel diciottesimo secolo, l’introduzione di un sistema

scolastico fa sì che le percentuali di alfabetismo crescano, portando ad una certa diffusione

36

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 111 37

François Villon è un poeta francese ( 1631-1663 ) che si dice abbia avuto a che fare con alcuni malfattori,

denominati Coquillards; nelle sue ballate vi sono parole che ricalcano quelle rilevate dalla giustizia nel

processo condotto contro le bande di Coquillards nel 1455, durante il quale alcuni membri confessarono i

nomi del loro complici e gli elementi del loro linguaggio argotico, che loro chiamavano jobelin.

Page 13: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

le forme standard della lingua francese38

, anche se vanno formandosi corrispondenti norme

per il linguaggio vernacolare. Sempre in questo periodo divengono frequenti le imitazioni

umoristiche del parlare tipico delle classi inferiori: si potrebbe pensare che l’idea sia quella

di ridicolizzare la gente illetterata, in realtà si tratta di dar voce al dissenso popolare,

potenzialmente sovversivo all’ordine costituito. Dunque, è molto interessante notare come,

per la prima volta, un linguaggio con caratteristiche antitetiche a quelle del modello

standard voglia distinguersi dalle altre classi sociali. Non sono perciò tanto le abitudini

linguistiche che rendono un gruppo di abitanti uniti, quanto le attitudini e i pregiudizi

linguistici comuni.

Sebbene ci si possa aspettare, con il passare del tempo, una riduzione delle differenze tra i

dialetti e vernacoli, l’industrializzazione non produce omogeneità e convergenza

linguistica. Partendo da una considerazione di carattere storico e socio-demografico si può

arrivare all’analisi dell’ultimo fenomeno individuato: il livellamento dialettale. Durante il

diciannovesimo e ventesimo secolo si assiste ad un’ incrementata efficienza e ad un

progresso tecnologico che accelerano la produzione e il consumo. I nuovi metodi di

produzione richiedono di concentrare la forza lavoro in officine e fabbriche, il che porta

conseguentemente all’urbanizzazione. Questa è tale che le autorità sono obbligate a ridurre

il sovrappopolamento del centro città: si creano così nuovi ed enormi distretti in periferia

per le classi lavoratrici. Quest’ultime si trasformano in proletariato, più o meno alienate dal

“sistema”, e sviluppano gradualmente una coscienza politica 39

. La vita nei luoghi pubblici

risulta piuttosto anonima mentre in privato (le famiglie, i quartieri, i club, le comunità

etniche) le identità sociali sono molto forti e la rete sociale è densa e molteplice. Le élite,

dal canto loro, continuano a distinguersi dalla massa attraverso i luoghi di residenza, il

vestire, le attività del tempo libero, lo stile di vita in generale e la lingua. La diffusione

dell’istruzione, questa volta, cambia irrevocabilmente la natura della cultura popolare: per

esempio, nel 1833 la “Legge Guizot” obbliga le autorità locali ad istituire scuole

elementari, principalmente per i bambini poveri (nel 1860 il 90% dei bambini frequenta la

scuola40

), contribuendo indubbiamente alla diffusione dell’ideologia della lingua

standardizzata. Questa pressione tendente a standardizzare la lingua va di pari passo con lo

sviluppo dello stato-nazione e della necessità di una forte identità nazionale: con

l’abolizione della monarchia, infatti, la lingua francese viene promossa come il primo

elemento che unisce il popolo, diventando criterio fondamentale di “francesità”, simbolo

38

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 165 39

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 199 40

Ivi, p. 202

Page 14: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

della razionalità e dei valori patriottici, ai quali i cittadini devono aderire. “La lingua della

ragione” è ovviamente quella dell’élite istruita, non quella della massa. L’enfasi posta sulla

parola scritta e l’importanza data all’accuratezza ortografica incrementa l’influenza

dell’ortografia sulla pronuncia. Tutto ciò significa eliminare ogni altra forma non conforme

al modello. Accanto al processo di standardizzazione avviene però il livellamento

dialettale, dovuto ai contatti frequenti tra i parlanti dei vari dialetti e vernacoli,

aumentando in tal modo la distanza con la lingua modello. A livello strettamente

linguistico ciò comporta una semplificazione del sistema fonologico e morfo-sintattico;

l’elemento veramente distintivo del parlare parigino risulta, tuttavia, non tanto quello

grammaticale o l’accento, quanto quello relativo alle varianti lessicali, che acquisiscono un

valore simbolico di struttura sociale, tanto che alcuni membri di determinati gruppi sociali

usano una terminologia specifica per rinforzare la coesione interna e l’esclusività. Le

persone ai margini della società formano conseguentemente una sorta di “anti-società”

all’interno della società e si esprimono attraverso il loro “anti-linguaggio”, l’argot. A

questo punto, si può dire di essere di fronte all’argot moderno e potrebbe sembrare che

esso si sia formato solo ora in seguito alle varie fasi. Ciononostante, bisogna sottolineare

che questo è stato il processo storico-sociale che ha portato l’argot, nato nel dodicesimo

secolo, ad avere le caratteristiche moderne, che verranno trattate ed approfondite nel

capitolo seguente.

Sin dalle sue origini, in luce dell’analisi appena conclusa, l’argot possiede un particolare

vocabolario, risultato di un processo di rilessicalizzazione. Ciò che rende l’argot parigino

un anti-linguaggio non è però il fatto di essere rilessicalizzato, quanto quello di essere

“sovra- lessicalizzato”: come afferma Dauzat41

, l’argot trasforma e sostituisce le parole

d’uso corrente, ha la tendenza a deformarle attraverso i processi di derivazione,

suffissazione, abbreviazione, agglutinazione, deglutinazione, raddoppiamento e metatesi.

In ogni idioma il vocabolario si trasforma, ma in maniera lenta e sotto l’influenza delle

necessità psicologiche e sociali; l’argot, invece, fin dalla separazione dalla lingua generale,

tende ad accelerare il rinnovamento linguistico, è in continuo movimento, non è

conservatore e rimpiazza i termini comuni, facendo appello alle diverse forze creatrici

della lingua: cambiamenti di forma, come appena detto, evoluzioni di significato, aggettivi

sostantivati, neologismi e prestiti dalle lingue straniere (non è un caso che l’argot si

sviluppi anche in quelle regioni a stretto contatto con altri idiomi: si registrano, per

esempio, degli argot bretoni, degli argot della Savoia, del Jura, della Valle d’Aosta e del

41

Dauzat, Argots cit., pp. 1-4

Page 15: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Lago Maggiore42

). È allora evidente che non esiste un solo argot, ma innumerevoli

variazioni dello stesso, sia a livello geografico sia a livello settoriale: Dauzat,infatti,

analizza e descrive l’argot dei malfattori, quello dei mestieri, quello scolastico, quello

militare, quello dello sport, per citarne alcuni.

Un’altra caratteristica importante dell’argot è che è essenzialmente orale; semmai un

malfattore dovesse scrivere in argot, lo farà per rivolgersi ad un complice, per evitare di

essere compreso dai più, ma non scriverà mai una lettera d’amore in uno stile “truculento”

come quello argotico. Si è già accennato in precedenza che l’argot costituisce, fin

dall’inizio, un elemento di coesione dei gruppi, una reazione di dissociazione e difesa

sociale nei confronti degli agenti esterni; nasce dal bisogno di protezione, per cui non ha

niente a che vedere con le lingue artificiali o convenzionali quali l’esperanto, il volapük o

l’ido. Questo gergo, in ogni caso, non ha come funzione primaria quella di risultare criptica

(un po’ in contraddizione con il concetto espresso nelle definizioni fornite all’inizio del

capitolo), proteggendo la segretezza di un’associazione criminale, bensì quella di

mantenere in vita il gruppo sociale in quanto rappresentante di una visione alternativa del

mondo e portavoce di ribellione nei confronti dell’intero sistema di valori della società

costituita43

. Il rinnovamento lessicale è allora giustificato dal ruolo che la comunità gioca

nella società. Oltre a ciò, in qualità di difensore di una data collettività, l’argot adotta

spesso lo strumento dell’ironia attraverso giochi di parole, peggiorativi o giochi dei

contrari: per esempio, il tabacco, tabac, viene detto blanc, ovvero bianco, oppure il burro,

beurre, è detto encre, inchiostro44

. È nel sarcasmo, appunto, e nell’invettiva che il genio

linguistico del popolo si esprime al meglio.

In conclusione, riteniamo che le parole di Pierre Guiraud possano riassumere in modo

conciso ma allo stesso tempo preciso l’intero concetto di “argot”:

«L’argot è dunque la lingua speciale della malavita, cioè l’insieme delle parole proprie dei

malviventi e dei malfattori, create da loro e utilizzate da loro a esclusione degli altri gruppi

sociali che li ignorano […]. Tre elementi rientrano nella costituzione di questa lingua speciale:

1°. Un vocabolario tecnico che esprime delle nozioni, attività, categorie proprie della malavita e

che riflettono una forma di cultura, un modo per esprimere una sensibilità, una mentalità, una

concezione della vita particolari. 2°. Un vocabolario segreto nato dalle esigenze di un’attività

42

Ivi, pp. 14-15 43

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 243 44

A.DAUZAT, Les Argots des métiers franco-provençaux, Paris, Librairie Ancienne Honoré Champion,

1917

Page 16: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

malfacente e che dispone di mezzi di creazione verbali originali. 3°. Un vocabolario “argotico”

costituito da un insieme di parole tecniche e più precisamente di parole segrete che

sopravvivono nella loro funzione prima di segno differenziatore attraverso il quale colui che

parla l’argot riconosce e afferma la propria identità ed originalità»45

45

P.GUIRAUD, L’Argot, Parigi, Presses Universitaires de France, 1985, p. 7

Page 17: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

CAPITOLO 2

Analisi dell’argot contemporaneo

In questo capitolo si cercherà di dare una visione d’insieme dell’argot contemporaneo,

spiegando quali sono le sue caratteristiche principali, le ragioni socio-culturali della sua

esistenza ed esponendo nel complesso questo fenomeno più che mai attuale.

Innanzitutto è necessario tenere in considerazione il fatto che, in realtà, non esistono fonti

di studio e critica dell’argot aggiornate al presente: i manuali o il materiale concernenti

questo gergo risalgono per lo più al ventesimo secolo e, nella maggior parte dei casi, si

tratta di vocabolari argotici. Alla luce di una delle caratteristiche fondamentali dell’argot,

ovvero quella per cui il rinnovamento lessicale segue ritmi che non consentono una facile

classificazione del fenomeno, è evidente che condurre uno studio a partire da questi

documenti, seppur relativamente recenti, risulterebbe in ogni caso alquanto anacronistico e

non al passo con i tempi. La velocità d’evoluzione e trasformazione dell’argot è tale che,

probabilmente, quegli elenchi e quelle voci di dizionari compilati con estrema e meticolosa

cura filologica apparirebbero a chi è interessato all’argomento in questione piuttosto

“antiquati” e fuori moda. In questa parte di trattato si proverà, inoltre, a testimoniare questa

impossibilità di riferimento alle opere di autori novecenteschi e, allo stesso tempo, questa

dinamicità linguistica mediante un confronto dei significati delle parole gergali, delle

sfumature assunte nel tempo e, in sostanza, dell’evoluzione semantica, come pure

attraverso un’indagine diretta su coloro che si fanno portavoce della cultura argotica.

Questo tipo di approccio richiede, dunque, l’impiego di risorse quasi esclusivamente

multimediali poiché, negli ultimi decenni, internet ha rappresentato la nuova forma

predominante di comunicazione ed un mezzo più immediato per registrare fenomeni

sociali e culturali.

Quali sono allora i tratti caratteristici dell’argot? Come accennato in precedenza, l’argot

nasce sostanzialmente come anti-linguaggio, la cui funzione è quella di difendere

un’identità sociale ben determinata. Tale volontà si esplicita spesso in una chiusura, in

questo caso da un punto di vista linguistico, da parte di gruppi ai margini della società,

nell’intento di dar voce a sentimenti di ribellione nei confronti di un sistema di valori

convenzionalmente accettati. Tale atteggiamento viene interpretato dalle classi sociali più

elevate come segno di ostilità nei loro confronti, che necessita dunque azioni di repressione

ed ulteriore marginalizzazione. La lingua assume, perciò, un ruolo decisivo nel creare

Page 18: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

solidarietà e coesione all’interno di tali comunità “ribelli”. Nello svolgere questo compito

di difesa sociale l’argot si espone coscientemente ad un necessario rinnovamento lessicale

continuo, attraverso processi linguistici quali, per citarne alcuni, l’adozione di neologismi,

prestiti da altri idiomi, suffissazione e derivazione (come aveva già affermato Dauzat46

). Si

può dire inoltre che l’etichetta “argot” sembra far riferimento a due insiemi lessicali

diversi, che si possono designare come argot “morto” e argot “vivo”. Il primo comprende

tutti quei vocaboli appartenenti al gradino più basso della scala di accettabilità sociale: essi

sono infatti percepiti come parole tabù o parolacce e il loro impiego simboleggia il rifiuto

delle norme tipiche della società rispettabile. Questi termini hanno origine nelle comunità

degli anti-linguaggi e, sebbene siano utilizzati principalmente da uomini, sono

teoricamente “disponibili” a chiunque: per esempio, i parlanti delle classi elevate possono

farne uso con lo scopo di “incanaglirsi”, pretendendo fittiziamente di essere solidali nei

confronti dei subordinati. Il secondo, per contro, consiste in un insieme di elementi

costantemente rinnovati all’interno di innumerevoli sottogruppi sociali che li creano per

ragioni di coesione interna e distinzione dall’esterno. Si può riscontrare tale modello

d’argot soprattutto nel linguaggio degli adolescenti, negli immigrati africani di seconda

generazione, che in anni recenti hanno sviluppato varie forme di linguaggio segreto come

scudo identitario47

. La distinzione tra questi due modelli non è sicuramente una questione

di facile discussione dal momento che, mescolandosi tra loro, danno luogo a degli argot il

cui studio e la definizione di un profilo netto e totalmente oggettivo di fenomeni tuttora in

esistenza e in trasformazione risultano difficoltosi (a maggior ragione per un linguaggio

che reclama la propria unicità attraverso la necessità di modificarsi di continuo). L’analisi

che ci si appresta a compiere potrà forse dare qualche indicazione più precisa circa

l’effettivo sottofondo socio-culturale dell’argot odierno, sebbene sia evidente che ciascuna

comunità linguistica può possedere le sue specifiche ed uniche ragioni d’essere. In linea di

massima, come punto di partenza, è possibile notare come in entrambi i casi il linguaggio

gergale sia simbolo di forte coesione interna e di distinzione dal resto della società.

Per istituire un paragone con l’argot contemporaneo sarebbe utile fornire degli esempi

pratici dei primi linguaggi argotici, così da illustrare e dimostrare anche come

“ragionavano” coloro che lo parlavano.

Come è stato detto nel capitolo precedente, esistono diversi argot, non uno solo. Questi

linguaggi gergali sono diffusi principalmente tra i ceti meno abbienti e tra quelli che

46

Dauzat, Argots cit., p. 53 47

Lodge, Sociolinguistic History cit., p. 247

Page 19: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

vengono considerati membri dell’ “anti-società”. Proliferano allora parole attinenti al

campo della criminalità, della prostituzione, della malavita, ecc. Per esempio, questi verbi

traducono tutti la parola standard voler (rubare): fourbir, laver, nettoyer, blanchir, lessiver,

éponger, essorer, rincer, repasser e polir; la parola “magnaccia” si trova in varie forme:

proxo, maquereau, brochet, barbeau, barbillon, dos-bleu e hareng; oppure il termine

“scemo” viene detto: cave, pigeon, jobard e godiche48

. Si esaminino ora alcune voci tratte

dal Dictionnaire argot-français49

:

Canapé s. m. Nel linguaggio dei ladri si trovano dieci, venti parole simili per designare

una tale azione riprovevole, o un tale vizio vergognoso; […]. Il canapé è

l’appuntamento ordinario dei pederasta; gli uomini effeminati si incontrano per

procurare a questi libertini navigati, che appartengono quasi tutti alle classi eminenti

della società, gli oggetti che essi desiderano; le sponde, dal Louvre fino al Ponte Reale,

la via Saint-Fiacre, il viale tra le vie Neuve-du-Luxemburg e Duphot, sono canapé

molto pericolosi. Si capisce, fino a un certo punto, che la sorveglianza della polizia non

è esercitata in questi luoghi se non in modo imperfetto; ma ciò che non si capisce è che

l’esistenza di certe case, interamente destinate ai discendenti della città di Gomorra, sia

tollerata; […].

Cantonnier-ière s. Prigioniero, prigioniera.

Caroubleur, -euse s. Varietà di scassinatore, hanno accordi con i domestici, i

lucidatori, i tappezzieri, i pittori. Dal momento che conoscono perfettamente i luoghi

che possono offrir loro delle risorse, vanno dritti alla meta; la maggior parte delle volte

si servono di false chiavi fabbricate da loro stessi sulle impronte dategli dai loro

complici.

Charon s. m. Ladro.

Charrieur à la mécanique. Ladro che, con un fazzoletto, afferra un passante per il

collo, lo porta così sulle spalle mentre un compagno si occupa di derubarlo in una

maniera tale da lasciarlo talvolta nudo e senza vita sulla strada. Dopo che la persona è

morta, quello che succede ogni tanto, è che i charrieurs à la mécanique gettano il

cadavere nel canale, poiché ordinariamente è in questo quartiere deserto che esercitano

il loro orribile mestiere.

Cognac s. m. Gendarme.

Daron, -onne s. Padre, madre.

48

Ivi, p. 245 49

E.VIDOCQ, Dictionnaire argot-français, Paris, Édition du Boucher, 2002

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Déboucler v. Aprire a un prigioniero le porte della sua cella.

Francs mitoux s. m. Mendicanti della vecchia Parigi; avvolgevano la loro fronte con un

fazzoletto sporco, e camminavano appoggiati ad un bastone; si legavano anche le

arterie, e sapevano prendere talmente le sembianze di uomini malati che i medici più

esperti si lasciavano ingannare da loro.

Frimousseur, -euse s. Colui o colei che bara nel gioco.

Grailloner v. Intavolare una conversazione ad alta voce, dalla finestra di un dormitorio

affacciata sulla corte; o da una corte all’altra, avere una corrispondenza con le donne

detenute della stessa prigione. Il regolamento delle prigioni difende il grailloner.

Guinal s. m. Ebreo.

Jeu de la jarnaffe. Un individuo posiziona davanti a sé un tavolo sul quale vi sono una

giarrettiera e un coltello. Egli unisce due estremità della giarrettiera, di modo che essa

formi un cerchio, poi la dispone sul tavolo e la arrotola su sé stessa; in seguito invita gli

assistenti a prendere il coltello che dovranno, per vincere, impiantare nella

circonferenza del cerchio, così da fermare la giarrettiera. Egli stesso esegue questa

manovra, che sembra molto facile; ma quando tocca ad una persona, colui che gestisce

il gioco sa preparare il tessuto della giarrettiera affinché questa non vinca mai.

Macquecée s. f. Donna che gestisce una casa di prostituzione di ordine inferiore. Queste

donne sono, per la maggior parte, delle vecchie prostitute. I loro costumi sono troppo

conosciuti perché sia necessario parlarne. Mi permetterò solamente di porre una

domanda ai signori membri della’Accademia reale di medicina: «Perché queste donne

sono tutte, senza eccezione, francesi o straniere, di una tale corpulenza che sembrano

dei grassi uomini? Rispondete, dottori.» […].

Faire nonne v. Aiutare i ladri circondando e schiacciando la persona che deve essere

derubata.

Pampeluche s. Parigi.

Pare à lance. Ombrello. Credo che sarebbe difficile definire meglio questo piccolo

oggetto. In effetti un ombrello è destinato ad essere utile in tutti i casi possibili. Si apre

il proprio ombrello per mettersi al riparo dalla pioggia, dalla neve, dal sole; serve da

bastone alle persone pacifiche che vivono di rendita, da equilibrio alle giovani donzelle

[…].

Faire des pigeons. La passione del gioco domina quasi tutti i ladri ed è in prigione, più

che in qualsiasi altro luogo, che essi provano il bisogno di giocare. Per guadagnarsi i

mezzi per soddisfare questa passione fatale, non indietreggiano davanti a nessun

sacrificio; anche coloro che non hanno soldi vendono il loro pane, e se la fortuna non

Page 21: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

sorride loro, si ritrovano ben presto ridotti a vivere solo con una minestra. Parecchi

giovani che avevano venduto il proprio pane sono morti di fame al deposito di Saint-

Denis. Quando uno sventurato ha venduto la metà della sua porzione per averla indietro

il giorno seguente, è per i tre quarti spacciato. I prigionieri che fanno i pigeons, ovvero

comprano in anticipo la razione dei loro compagni, esercitano quest’infame traffico

sotto gli occhi dei funzionari, i quali non vi si oppongono. Le autorità non dovrebbero

vegliare affinché degli abusi così scandalosi non si rinnovino?

Donner le qui va là v. Chiedere il passaporto o il documento di sicurezza in strada o

sulla via pubblica.

Riffaudeurs s. m. Conducenti, ladri che bruciano i piedi agli individui presso i quali

vengono introdotti, per forzarli a indicare dove hanno nascosto il loro denaro.

Sabler v. Questo termine è utilizzato solamente dagli assassini del sud della Francia,

che hanno l’abitudine di riempire di sabbia una pelle di anguilla con la quale

stordiscono i viaggiatori. Questo mezzo evita loro di portare armi capaci di

comprometterli; appena compiuto il crimine, la pelle viene pulita, la sabbia sparsa e

tutto sparisce; con questo strumento colpiscono anche i traditori, se si trovano tra di

loro. I ladri di Bordeaux si sono serviti a lungo della pelle d’anguilla riempita di sabbia,

con la quale hanno stordito parecchi agenti di polizia.

Valtreuse s. f. Valigia. Termine dei carrettieri parigini.

Ora, tra le parole scelte si può notare una predominanza di concetti relativi al furto, alla

vita dei bassifondi della società al tempo di Vidocq (1775-1857). È perciò evidente che

oggigiorno risulterebbe del tutto anacronistico e, addirittura, arcaico fare uso di tali

termini. Per rendere più chiara la distanza tra il lessico argotico di un tempo e quello

“moderno”, si può prendere in considerazione il gergo della malavita sviluppatosi in Italia

in contemporanea al jobelin francese, nel quindicesimo secolo, come documenta Albert

Dauzat50

. Questo linguaggio, chiamato furbesco, adotta un lessico con caratteristiche

criptiche:

«I furbi, i barattieri, e altri uomini di mal affare soglion cambiare maliziosamente il nome di

alcune cose che loro più ordinariamente occorrono, a fine di occultare maggiormente le loro

bricconerie agli occhi dell’onesta gente. Epperciò essi dicono o dissero Vetriuola, per Bicchiere;

Gesso, per Vino; Grascia, per Moneta; Bracco, per Birro; Ingegnosa, a vece di Chiave;

50

Dauzat, Argots des metiérs cit., p. 15

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Faticosa, in luogo di Scala, Calcosa, per Strada; e chiamano Gonzo il contadino; Stefano lo

Stomaco; e simili. Per essi Ammascare vuol dire Intendere; Uccidere alcuno è Fargli la festa,

ovvero Mandarlo a Buda, e quella stessa uccisione che di essi tardi o tosto farà carnefice

impiccandoli per la gola, essi la chiamano Allungar la vita; Dar de’ calci al vento; Affogar nella

canapa. Almeno se la malaugurosa lingua di cotesti birboni servisse a conoscerne e a sturbarne

le colpevoli trame! ma nemmeno questo: perché è da credersi che il parlar furbesco varii da una

in altra provincia, e probabilmente nella provincia stessa con breve variar di tempo»51

.

Premettendo che questi termini ed espressioni furbeschi non rappresentano un esempio di

trasformazione morfologica quale avviene invece con maggior frequenza per l’argot

francese (ragion per la quale non sarebbe del tutto lecito confrontare i due gerghi), si può

notare che nella lingua italiana contemporanea e nei possibili gerghi in uso ai giorni d’oggi

queste parole risultano oggettivamente obsolete. Ciò non vuol dire che non esistano più; è

probabile che in alcuni dialetti o vernacoli specifici possano ancora venir utilizzate.

Tuttavia, è indiscutibile il fatto che esse non facciano più parte del bagaglio culturale

comune, da cui ne consegue, appunto, un certo distacco linguistico-temporale. Lo stesso si

potrebbe dire, allora, di molte delle voci del dizionario di Vidocq, considerando anche che

non esistono più le condizioni socio-culturali alla base dell’utilizzo di questo specifico

lessico argotico. La criminalità esiste tuttora in Francia e, ovviamente, anche a Parigi,

come anche i fenomeni della prostituzione, del brigantaggio (per non parlare di quelli

“nuovi” del traffico di droga, armi e persone); sarebbe tuttavia difficile concepire che i

membri di questi gruppi ai margini della società usino parole come caroubleur oppure

charrieur à la mécanique. A riprova di ciò, non bisogna dimenticare che l’argot ha come

caratteristica fondamentale il fatto di essere dinamico ed in continua evoluzione: le

esigenze dei parlanti sono sicuramente cambiate rispetto a trecento, ma anche solo cento

anni fa, il loro linguaggio si sarà di conseguenza adattato alle nuove situazioni, altrimenti

lo scopo di coesione e difesa sociale verrebbe meno, dal momento che il codice linguistico

sarebbe facilmente codificato e compreso dai più.

Per quanto riguarda invece l’analisi dell’origine di queste parole ed espressioni, non è

evidente trovare una spiegazione etimologica o storica delle stesse. Sebbene Vidocq

fornisca una definizione ed una spiegazione esauriente dei lemmi, il motivo per cui quelle

date comunità abbiano adottato quel determinato lemma per designare un certo concetto

non è di facile comprensione (come si può osservare, inoltre, spesso una parola argotica

51

G.CARENA, Osservazioni intorno ai vocabolarj della lingua italiana, Torino, G.Pomba, 1831

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traduce non tanto un singolo vocabolo quanto una nozione più complessa e specifica: basti

rivedere la spiegazione di francs mitoux per rendersi conto che non ci si riferisce ad un

semplice “mendicante”. Tradurre quindi un termine dell’argot attraverso un sinonimo

sarebbe riduttivo; sarebbe forse più corretto parlare di “realia52

per questi casi argotici,

poiché quella data parola riassume in sé un concetto più ampio di quello esprimibile da una

semplice traduzione e riduzione ad una categoria d’idee). Per esempio: da dove viene il

termine valtreuse? Perché Parigi viene denominata Pampeluche? La loro derivazione resta

alquanto oscura, per cui l’unica ipotesi plausibile è spesso quella di un’origine popolare;

questo è quello che afferma Charles Boutler in due delle voci di Pantin, nel Dictionnaire

d’argot classique: «(un detenuto, 1846): Parigi» e «[…]. Questa definizione manca di

giustezza. Pantin è Parigi tutta intera, brutta o bella, ricca o oscura. ‒ etimologia incerta.

Potrebbe darsi che il popolo ha dato a Parigi, per un capriccio ironico, il nome di un paese

della sua banlieue (Pantin)»53

. Questa difficoltà è dettata principalmente dal fatto che

l’argot è essenzialmente un fenomeno orale: studi metalinguistici in proposito risalgono a

tempi relativamente recenti, per cui bisogna limitarsi a supposizioni e prendere coscienza

del suo carattere creativo, secondo gli schemi linguistici citati all’inizio del capitolo.

D’altro canto, espressioni quali faire le qui va là sono di più immediata intuizione, perché

a partire da un atto concreto, la locuzione assume un significato figurato non molto distante

dal senso originario. Infine, bisogna prendere nota del fatto che le parole daron e daronne

esistono e vengono impiegate tuttora nel parlare corrente argotico, mentre, a partire da

Pantin e Pampeluche, si è assistito ad un’evoluzione del modo di riferirsi alla città di Parigi

fino ad arrivare all’appellativo Paname, la cui origine è riconducibile probabilmente allo

scandalo di Panama e, allo stesso tempo, al cappello elegante che si indossava ai tempi

della prima guerra mondiale, il tutto per indicare che Parigi era una città degli eleganti,

degli scandali, delle illusioni e delle disillusioni54

.

A questo punto si può passare all’analisi vera e propria di quell’argot che interessa

maggiormente, ossia quello odierno. Innanzitutto bisogna specificare che, in un’epoca in

cui lo spostamento di persone ha assunto una dimensione mondiale, le lingue si evolvono a

ritmi molto sostenuti e i contatti interlinguistici e interculturali si sono moltiplicati

rapidamente. Il quadro linguistico in Francia, nello specifico, risulta essere molto

eterogeneo: sicuramente le varietà del francese standard sono numerose. Concentrandosi

52

Il termine “realia” indica quelle parole che descrivono oggetti, concetti e fenomeni caratteristici di una

specifica cultura e che, perciò, non esistendo in altre realtà, presentano difficoltà di traduzione, tant’è che

spesso, come scelta traduttiva, si decide di lasciare e riportare il termine stesso nella lingua d’origine. 53

“http://www.russki-mat.net/page.php?l=FrFr&a=P” 54

A.RAMPELBERG, Paris est devenue une ville pour “rupins” très “oseillés”!, dic./2007,

“http://www.linternaute.com/paris/magazine/chat/07/claude-dubois/retranscription-claude-dubois.shtml”

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sull’argot, è necessario richiamare una sua caratteristica importante: come sosteneva anche

Dauzat, gli argot tendono a far propri termini appartenenti ad altri idiomi, i cosiddetti

prestiti dalle lingue straniere. È fondamentale tenere questo a mente poiché, se si considera

la situazione etnico-culturale della Francia, si nota una forte presenza di gruppi africani ed

arabi: per essere precisi, nel 2004, su cinque milioni di immigrati che vivono in Francia,

1,7 milioni provengono dall’Unione europea, 1,5 milioni dal Maghreb, 570 mila

dall’Africa subsahariana e i restanti principalmente dalla Turchia, dalla Cina e dallo Sri-

Lanka55

. Sono queste comunità africane ed arabe, insieme ai giovani, ad essere i veri

portavoce dell’argot contemporaneo, è tra di loro che si percepisce maggiormente il

bisogno di coesione e difesa sociale e questo spiega l’utilizzo di un linguaggio, nella

maggior parte dei casi criptico, in opposizione alla cultura d’élite ma anche a quella di

massa. Il gergo, infatti, diventa simbolo di distinzione sociale, un modo per non venir

compresi dalla gente comune. Ne è un esempio il libro Lexik des cités56

: qui si trova un

elenco di più di duecento termini argotici usati nel linguaggio quotidiano delle banlieue.

Eccone alcuni:

Bishop s. m. Pantaloni portati molto bassi, vicino alle natiche. Dal nome di un

personaggio interpretato dal rapper Tupac Shakur in un film, che indossa i suoi jeans in

questo modo.

Bédave v. Fumare l’hashish. Di origine zigana, come tutti quelli in “ave”.

Sauce s. m. Compagno, amico. [...]. Origine sconosciuta. Si dice anche gros.

Daron-ne s. Designano il padre e la madre. Provengono dal Medioevo […].

È interessante notare come alcune voci abbiano una sorta di spiegazione etimologica, che

fa capire come il lessico, talvolta, sia frutto di un’evoluzione cosciente da parte dei

parlanti. È altrettanto interessante notare che i discorsi metalinguistici nella lingua francese

sono di grande attualità, non solo a livello accademico, ma anche tra le persone comuni,

come testimoniato da alcuni ragazzi delle banlieue57

, i quali spiegano l’uso che fanno

dell’argot. Dai loro discorsi si capisce perfettamente che tale gergo assume un ruolo sociale

molto importante nella loro vita: quando desiderano non essere compresi dagli altri,

interviene questo strumento che li fa sentire “protetti” e al tempo stesso “coesi” tra di loro.

In un video58

, infatti, un giovane afferma di usare un linguaggio criptico solamente ed

55

“http://www.africamaat.com/Revelations-sur-l-immigration” 56

AA. VV., Lexik des cités, Parigi, Fleuve Noir, 2007 57

“http://www.youtube.com/watch?v=sjTQAWfTFJQ” 58

“http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=hTNDXzjJHfA”

Page 25: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

esclusivamente per non farsi capire dagli altri: la comunicazione assume tutte le

caratteristiche di un codice, proprio come quello Morse. Nello stesso reportage, il

professore di linguistica all’Università Paris 5 Jean-Pierre Goudaillier spiega che l’argot ha

una funzione identitaria, crea un “gruppo”, ma anche una funzione ludica.

Stando alle parole di Dauzat59

, lo studio dell’argot deve avvenire con l’inchiesta diretta; di

seguito verranno allora presentate alcune parole ed espressioni di uso comune tra i giovani

della Bretagna al giorno d’oggi.

Bouffe s.f. Cibo.

Ça déchire. È fantastico.

Pompes / Grolles s. f. Scarpe.

Fringues s. Vestiti.

Clope s. f. Sigaretta.

Pinard s. m. Vino.

Pif s. m. Naso.

Caisse / Bagnole s. f. Automobile

Bécane s. f. Moto.

Bidoche s. f. Carne.

Gonzesse s. f. Ragazza, donna.

Mec s. m. Ragazzo, uomo.

Pognon s. m. Soldi, denaro.

Gratte s. f. Chitarra.

Flotte s. f. Acqua.

Bouquin s. m. Libro.

Vioque s. m. Vecchio.

Popote / Tambouille s. f. Cucina, pasto.

Clebard s. m. Cane.

Flic / Poulet s. m. Gendarme, poliziotto.

Se vautrer / se ramasser v. Cadere.

Gerber v. Vomitare.

Bidon / Bedaine / Brioche s. Pancia.

59

Dauzat, Argots cit., pp. 22-52

Page 26: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Riportiamo ora alcune etimologie dei termini considerati, di modo da dare alcune ulteriori

informazioni su quelle che possono essere le ragioni alla radice delle scelte lessicali

nell’argot moderno. Bouffe ha probabilmente un’origine dialettale, usata specialmente nella

Svizzera romanda, nei sensi di “mangime, viveri” e di “mangiata, gozzoviglia” (Patois

Suisse romande) 60

; grolles è una parola di origine sconosciuta, presente in Occitania, nel

franco-provenzale e nell’ovest da dove è poi passata all’argot parigino alla fine del

diciannovesimo secolo61

; clope, di origine sconosciuta62

; bécane, di origine oscura,

potrebbe essere il femminile popolare dell’argot bécant “uccello” 1878, participio presente

sostantivato di becquer (becher), per assimilazione del rumore del veicolo al grido

dell’uccello […]63

; pognon deriva, con il suffisso –on, dal verbo popolare poigner

“prendere, afferrare con la mano”64

; flic è un prestito dall’argot dei malfattori in cui flick è

attestato dal 1510 nel senso di “giovane uomo, ragazzo”65

. Anche in questa circostanza

trovare una spiegazione scientifica o per lo meno linguisticamente ed etimologicamente

completa e soddisfacente non è immediato. Oltre a ciò è degno di considerazione il fatto

che le parole fornite dagli intervistati bretoni non solo hanno definizioni ed accezioni

talvolta leggermente differenti rispetto ad una fonte abbastanza attendibile in fatto di gergo

argotico ed etimologia della lingua francese, ovvero il Centre National de Ressources

Textuelles et Lexicales66

(CNTRL), ma anche quello che da un parlante comune viene

considerato “argot”, viene magari etichettato semplicemente “lessico familiare o popolare”

da questa fonte appena citata. Vediamo alcuni esempi. Il termine bouffe viene considerato

“argot” dal parlante mentre il CNRTL alla voce in esame dice «Usuel, pop. Nourriture

[…]67

», ovvero “usuale, popolare, Cibo”. Pinard, secondo il CNTRL, è un «Vino di qualità

inferiore o di consumazione corrente, generalmente carico di colore e di tannino […]. Per

estensione, vino di qualsiasi qualità […]68

». Qui si può notare che la parola ha assunto

nell’uso comune un valore semplificato rispetto al significato originale. Si potrebbe

affermare, dunque, che vi è stata una trasformazione del lemma al livello di percezione

semantica. Inoltre, nel CNRTL pinard è una voce popolare, non argotica. D’altro canto, vi

è perfetta coincidenza di significato e valore gergale nel termine gratte, come pure in

60

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/visusel.exe?11;s=3559638075;r=1;nat=;sol=0” 61

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/visusel.exe?46;s=3559638075;r=2;nat=;sol=1” 62

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/advanced.exe?8;s=3559638075” 63

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/advanced.exe?8;s=3559638075” 64

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/advanced.exe?8;s=3559638075” 65

“http://atilf.atilf.fr/dendien/scripts/tlfiv5/visusel.exe?309;s=3559638075;r=15;nat=;sol=0” 66

“http://www.cnrtl.fr” 67

“http://www.cnrtl.fr/definition/bouffe” 68

“http://www.cnrtl.fr/definition/pinard”

Page 27: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

vioque. Flotte significa «Acqua, corso d’acqua, strato d’acqua» ed è di uso familiare69

.

Molto interessanti sono le differenze nella parola mec: «A.- Argot, 1. Uomo della malavita,

spesso amante di una prostituta, magnaccia […] 2. Uomo forte, energico, che assume la

figura di padrone […], per estensione, Colui che detiene il potere, domina la scena. B.-

Popolare e spesso peggiorativo, Individuo di sesso maschile»70

. È evidente che nell’uso

quotidiano la parola ha subito ulteriori trasformazioni semantiche, dal momento che non

compare nessun riferimento all’accezione di “ragazzo, uomo”. A questo punto viene

spontaneo precisare che è del tutto lecito pensare che i giovani e le comunità portavoce del

linguaggio argotico possano impiegare i termini, dando loro sfumature differenti a seconda

del contesto e delle circostanze: se il discorso mira ad offendere qualcuno o si parla in toni

poco amichevoli, sarà giustificato l’uso di mec nel significato riportato da CNRTL; se il

discorso è familiare e “rilassato” la parola perde ogni tinta peggiorativa o volgare. Si può

pensare di conseguenza che questo processo accada in modo del tutto cosciente con tutta

un’altra serie di espressioni e termini argotici. Non meno rilevante risulta la differenza nel

vocabolo popote: «A.- Familiare Cucina, cibo semplice cucinato da sé. B.- 1. Argot

militare e lingua corrente, Riunione di ufficiali e sottoufficiali, e, per estensione, di

qualsiasi gruppo di persone per consumare un pasto in comune. 2. Per metonimia, Cucina,

locale, ristorante dove i membri della popote consumano i pasti»71

. All’origine il termine è

familiare ed ha più o meno lo stesso significato di quello attestato dai giovani bretoni; però

l’uso propriamente argotico, così attesta il CNRTL, è relativo alla sfera militare. Infine

bedaine è definita come «Molto familiare, (si applica soprattutto a un uomo, più raramente

ad una donna) Grosso ventre rotondo […]»72

.

Il fatto che molti termini (questi sono solo alcuni esempi) siano considerati da un lato

argotici e dall’altro magari familiari o popolari fa riflettere ancora una volta su quanto

possa essere labile la distanza linguistica nella percezione comune dei concetti di “argot” e

“linguaggio familiare / popolare” (ossia la variazione diafasica). Dal punto di vista degli

studi linguistici i due concetti sono chiaramente distinguibili a livello teorico; tuttavia,

quando ci si trova di fronte alla realtà eterogenea e alle dinamiche sociolinguistiche, è

arduo comprendere ciò che il collettivo considera, nella pratica, appartenente ad un gergo

argotico o quello che può semplicemente ritenersi espressione popolare. Ci si trova perciò

di fronte ad un punto cruciale nell’analisi dell’argot, dal momento che, come sostiene

anche Louis-Jean Calvet, «il vocabolario argotico è spesso assimilato dalla lingua comune,

69

“http://www.cnrtl.fr/definition/flotte” 70

“http://www.cnrtl.fr/definition/mec” 71

“http://www.cnrtl.fr/definition/popote” 72

“http://www.cnrtl.fr/definition/bedaine”

Page 28: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

conservando semplicemente delle connotazioni volgari o popolari, venendo utilizzato solo

in circostanze particolari»73

. Tenendo in considerazione che il francese è una lingua

particolarmente sensibile ai cambiamenti socio-culturali, si può dimostrare come l’argot,

nei suoi incessanti processi di evoluzione lessicale e strutturale, entri a far parte della

cultura francese, fino a mescolarsi all’identità collettiva di quei gruppi che si esprimono

attraverso tale gergo. È proprio la natura della lingua francese in sé a stimolare, allo stesso

tempo, fenomeni di assimilazione del vocabolario argotico all’interno del bagaglio

culturale nazionale o regionale e il continuo rinnovamento dell’argot. Alla luce di tali

scambi tra il linguaggio comune e il gergo francese qui esaminato si può capire meglio

quale sia il vero significato della nozione stessa di argot: ormai non si tratta più di un

parlare della malavita, del malfattori parigini, si ha a che fare con un fenomeno diffuso in

gran parte della Francia che mira a dare ad ogni singola comunità parlante una specifica

identità, che necessita intrinsecamente e coscientemente di un incessante rimodellamento

dei suoi schemi per conservare e mantenere unica la coesione del gruppo. Sulla base di

queste considerazioni bisognerebbe forse distinguere quel tipo di argot utilizzato ormai

nella vita quotidiana dei giovani, che va viepiù perdendo la sfumatura di linguaggio

criptico, anche se impiegato consapevolmente, da quel tipo di argot rappresentato dai

immigratii e dalle bande nelle banlieue parigine e non. È sufficiente leggere quello che una

ragazza bretone ha risposto alla domanda “perché si usa l’argot” per capire che bisogna

compiere una distinzione: «Alors, à mon avis c'est une question de mode... Comme porter

des vêtements de marque quoi ! À la base ça doit venir des banlieues, et s'être développé

dans les campagnes, non?». La risposta contiene un’affermazione alquanto significativa:

«A mio avviso è una questione di moda, come portare i vestiti di marca!». Da un lato si

potrebbe dedurre che una questione così ampia e complessa viene sbrigativamente ridotta

ad un fenomeno di massa quale è il portare vestiti firmati, in voga soprattutto tra i giovani,

dall’altro si riconosce che si tratta di un qualcosa che parte dalle banlieue cittadine fino ad

arrivare alle campagne, passando dunque attraverso un’evoluzione spazio-temporale. Di

primo acchito la prima parte della risposta potrebbe “demistificare” l’argot, riducendolo ad

una mera moda transitoria, quasi un capriccio; tuttavia, in considerazione del fatto che al

giorno d’oggi, principalmente nella fascia più giovane della popolazione, l’indossare un

determinato tipo di abiti costituisce un atto dichiarativo di appartenenza ad una categoria

sociale, ad un insieme di valori che incarnano un modello da seguire e da riprodurre, può

portare a rivalutare il significato di quelle parole. L’argot potrebbe, anche in questo caso,

simboleggiare uno strumento comunicativo esclusivo di una certa comunità e un modo per

73

L.CALVET, L’Argot, Parigi, Presses Universitaires de France, 1994

Page 29: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

comunicare la propria unicità, funzioni rispecchiate in una certa misura dal codice

d’abbigliamento dei giovani d’oggi. In conclusione, il pensiero di questa ragazza potrebbe

risultare tutt’altro che superficiale o casuale se si considerano le parole di Pierre Guiraud:

«Ogni linguaggio è un segno; come il vestito o la pettinatura, come le formule di cortesia o i riti

familiari, ci identifica: borghese o operaio, medico o soldato, contadino o commerciante, ecc.

Dal momento che questi comportamenti divengono coscienti e voluti […], l’individuo afferma e

rivendica la sua appartenenza a un gruppo, essi diventano ciò che è convenuto chiamare, e ciò

che noi chiameremo, un segno, un segno di classe, di casta, di corporazione. Questa è l’essenza

di ogni argot nel senso moderno della parola; sin da quando un gruppo vive nella società, e non

appena prende coscienza della sua differenza e superiorità, si forma un argot […].

L’argot si rinnova come la moda modifica periodicamente il colore dei gilet, la lunghezza dei

pantaloni o l’ampiezza delle cravatte»74

.

Dunque, è necessario distinguere questo tipo di concezione dell’argot, quello utilizzato dai

giovani in generale, che non vivono direttamente una realtà di emarginazione o inferiorità

sociale, da quell’argot tipico delle banlieue francesi. In ragione di tutto ciò, si può

comprendere perché l’argot, quello a cui fa riferimento anche il Lexik des cités, si appropri

di lemmi appartenenti ad altri idiomi. Vediamo alcuni esempi tratti da un sito

specializzato75

in gergo argotico e verlan:

Wesh-wesh s. m. Giovane delle città.

Hass s. f. Noia, difficoltà, problema.

Narvalo agg. Folle, idiota.

Zamel s. m. Omosessuale.

Walou avv. Niente.

Poucaver v. Denunciare, fare la spia, tradire.

Bader v. Preoccuparsi, angosciarsi.

Se faire appeler arthur. Farsi sgridare

Belek locuzione Attenzione (faire belek).

Bounty s. m. Termine peggiorativo per designare un nero che parla e si comporta come

un bianco o che difende la cultura bianca contro la propria cultura.

Bzèze s. m. Seno.

74

Guiraud, Argot cit., pp. 97, 100 75

“http://www.dictionnairedelazone.fr”

Page 30: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Ghettoyeux, -euse s. Persona proveniente dai quartieri sfavoriti.

Guesh s. Portoghese.

Karba s. f. Prostituta.

Kif-kif agg. invariabile Simile, lo stesso.

Clebs / Klebs s. m. Cane.

Krèle s. Persona di razza nera.

Ouallah interiezione Ti giuro!

Yes agg. Bello, apprezzabile.

Faya agg. Fatto (drogato), stanco morto.

Flouze s. m. Soldi, denaro.

Hagra s. f. Miseria, umiliazione.

Timinik s. m. Problemi.

Molte di queste parole hanno origine araba, come walou, belek, bzèze, karba, kif-kif,

ouallah, flouze; altre derivano dall’inglese, guesh dal portoghese, narvalo e poucaver dalla

lingua romanì e l’espressione se faire appeler arthur dal tedesco. Di conseguenza risulta

piuttosto inutile analizzarne l’origine poiché tali termini costituiscono dei veri e propri

prestiti linguistici, a differenza di molte altre parole dell’argot “classico” dove «è la

fantasia che utilizza e spesso crea la maggior parte del suo vocabolario»76

. Ancora una

volta è interessante cercare di capire il motivo per cui siano così frequenti il ricorso e

l’aggiunta al lessico argotico di parole straniere. Una spiegazione esauriente viene fornita

da Jean-Pierre Goudaillier:

«In queste Z.U.S.77

, che coincidono nella maggior parte dei casi con ciò che chiamiamo

comunemente banlieues, cités, quartiers o quartiers populaires, ha preso forma una grande

precarietà nel corso dei tre decenni passati. […]. I giovani residenti in queste zone, tenuto conto

della “violenza sociale” esercitata su di loro e della “violenza reattiva”78

, con cui controbattono

a loro volta, si sono creati, in seno alla loro rete di pari, dei mezzi di comunicazione linguistica.

[…]. Gli sono necessari per resistere, forse solo in maniera simbolica, ai rapporti di esclusione

esercitati su di loro. Gli adolescenti immigrati percepiscono nei loro confronti un doppio rifiuto,

poiché […] non si sentono interamente accettati, da una parte, in Francia dai francesi e,

dall’altra, nei loro paesi d’origine dai loro stessi compatrioti. A loro importa ottenere un’identità

76

Guiraud, Argot cit., p. 8 77

Z.U.S. sta per Zones Urbaines Sensibles, ovvero Zone Urbane Sensibili, un territorio infra-urbano che, per

le autorità francesi, costituisce il bersaglio prioritario della politica della città. 78

L’espressione “violenza reattiva” viene coniata dallo psicoanalista e sociologo tedesco Erich Fromm per

designare quel tipo di violenza non distruttiva, ma che tende a difendere la vita, la libertà e la dignità umana.

Page 31: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

sociale positiva. […]. Così, in termini spaziali, i giovani delle cités si rivendicano “jeunes des

cités”, dei quartieri, delle banlieue, in opposizione ai giovani del centro città, dei quartieri con le

villette. […]. Sul piano culturale essi si dicono “jeunes de culture des rues” per contrapporsi ai

giovani della cultura borghese.

L’appartenenza degli individui ad un gruppo sociale è costruito attraverso i loro atti linguistici e

i loro comportamenti linguistici devono essere considerati come veri “atti d’identità”. […]. La

principale manifestazione di questa cultura è la rivendicazione d’identità specifica per mezzo di

diversi vettori, quali il rap, il movimento hip-hop, i vestiti, il concetto di “banlieue”, ma anche

grazie ad un insieme di pratiche linguistiche discorsive proprie come la verlanizzazione o il

famoso accento della banlieue, che fanno parte degli elementi costitutivi di ciò che chiamiamo il

Français Contemporain des Cités (F.C.C.). […]. L’identità linguistica affermata, essa stessa

correlata in maniera molto forte all’identità etnica, viene espressa dai parlanti, giovani e meno

giovani, che praticano l’F.C.C., grazie all’uso di termini presi dalle lingue della loro cultura

d’origine. Nell’universo delle cités, l’analisi delle pratiche discorsive dei giovani permette di

stabilire che la creatività lessicale fonda l’identità dei gruppi di pari e ne mantiene la coesione.

L’F.C.C., che è la forma linguistica identitaria dei giovani delle cités, permette loro non solo di

raccontare la vita quotidiana, ma diventa pure, ai fatti della precarietà subita, espressione dei

mali vissuti, il “dire dei mali”»79

.

In questo capitolo si è provato a dare una visione d’insieme al fenomeno dell’argot

contemporaneo. Dall’analisi è evidente come il mondo francofono sia molto attivo dal

punto di vista della riflessione metalinguistica e della lingua in generale: i francesi

hanno una spiccata consapevolezza degli atti linguistici e ne consegue non tanto una

mentalità conservatrice quanto una costante volontà di messa in discussione, che, nel

caso dell’argot, del verlan (come si vedrà nella sezione successiva), sfocia in ricchi

processi di rinnovamento ed arricchimento del vocabolario. Si potrebbe dire, inoltre,

che il quadro sociale illustrato spiega in modo piuttosto lineare il perché si assiste ad

un proliferare di termini presi in prestito da altre lingue, soprattutto l’arabo, ma da

anche ragione dell’esistenza stessa dei gerghi giovanili e delle banlieue: è ormai chiaro

e comprovato che i giovani e le comunità delle cités sentono un’impellente necessità

di esprimere la propria identità e di dimostrare la loro unicità attraverso un codice che

può apparire criptico. È stato dimostrato, come dichiara Anne-Caroline Fiévet80

, che i

giovani sperimentano una certa fierezza quando la generazione adulta non riesce a

comprendere i loro neologismi. È perciò lecito affermare che i giovani adottano delle

79

J.GOUDAILLIER, Languages, in «Adolescence», 70 (2009), pp. 849-854 80

A.FIÉVET, Quand un mot devient identitaire pour les jeunes : le cas de «bolos», in «Adolescence», 70

(2009), p. 931

Page 32: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

strategie linguistiche in funzione dei loro interlocutori: da un lato si “gioca” con le

parole tra compagni, d’altro si è in grado di parlare il “buon francese” a scuola,

nell’ambiente professionale, a casa, ecc81

. Il loro linguaggio viene adattato quando

decidono di essere compresi o meno da coloro che non sono “iniziati”.

Il fatto di provare risentimento od ostilità nei confronti di questi gruppi “marginali” è

ingiustificato o probabilmente fondato su ragioni di carattere razzistico, dal momento

che l’intento degli argotier (coloro che parlano l’argot), non è quello di combattere le

autorità, bensì quello di crearsi una nicchia, nei complessi processi di integrazione ed

assimilazione, dove possano sentirsi etnicamente coesi ed affrontare in modo più

sicuro e consapevole l’approccio al “diverso”, all’”altro”, incarnato dal cosiddetto

Français souche, sarebbe a dire il “francese doc”, in una tipica espressione argotica.

Ecco riassunti in modo ancor più preciso alcuni di questi concetti nelle parole di

Sabine Bastian, professoressa di linguistica all’università di Lipsia:

«Il tratto specifico dell’F.C.C. in relazione alle altre varietà, si manifesta in modo particolare a

livello lessicale e semantico, che si esplicano prima di tutto attraverso il carattere orale di questo

linguaggio. Implica tutta una serie di parole tipiche di un registro familiare e popolare. I

cambiamenti vissuti nel tempo provocano una rivoluzione / evoluzione costante per quanto

riguarda il vocabolario negli ambiti della vita dei giovani in generale: vestiti, pettinatura,

alloggio, rapporti umani, mezzi di trasporto. Vi si aggiungono soggetti particolarmente

importanti per i giovani delle cités come la disoccupazione, la delinquenza, le droghe, la polizia,

la prigione, la vita nella cité. […]. Per i giovani arabi i prestiti sono più di un gioco, più di un

modo per esprimersi in maniera critica: questi prestiti contribuiscono alla funzione

identificativa»82

.

Si è scoperto allora che esistono in concreto due grandi categorie di argot. Esiste l’argot

parlato dai giovani, che non sono oggetto di discriminazione e che non sono esposti a

fenomeni sociali di emarginazione. Questi parlanti adoperano il gergo in maniera

consapevole e lo fanno nell’intento, soprattutto, ludico di non essere compresi dai più.

L’idea di fondo del suo uso è tuttavia quella di una moda linguistica. Esiste poi quell’argot,

simbolo e codice funzionale ad una difesa e coesione di una collettività caratterizzata da

81

“http://www.languefrancaise.net/Info/2001-05-02-Parler-djeune-en-Suisse” 82

S.BASTIAN, Langue(s) des cités: Maux du dire-maux du traduire ?, in «Adoloscence», 70 (2009), p.861

Page 33: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

specifiche ed individuali ragioni etniche e sociali: il linguaggio argotico assume il ruolo di

scudo identitario nelle realtà di precarietà delle Z.U.S. francesi.

Page 34: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

CAPITOLO 3

Tipi di argot

È noto che non esiste un solo argot: ogni realtà geografica e sociale possiede i propri

strumenti linguistici caratteristici. In questo capitolo ci concentreremo sui linguaggi segreti

e su un tipo particolare di argot: il verlan. A partire dall’analisi delle radici sia storiche sia

sociologiche di quest’ultimo, tenendo presente il corrispondente esemplare nella lingua

inglese, ovvero il back slang, si tenterà di descrivere l’attuale situazione e le ragioni di

questo fenomeno. Se nei due capitoli precedenti ci si è basati su uno studio

fondamentalmente teorico di determinati fatti linguistici, si preferirà nella seconda parte di

questa sezione affrontare la questione da un punto di vista strettamente diretto e concreto:

verranno infatti presi in esame dei testi rappresentativi dell’argot moderno e

contemporaneo, e del verlan. Si proverà, dunque, ad illustrare quella sfera della lingua

appartenente ai modi di esprimersi criptici, o per lo meno non comprensibili rispetto ad una

variazione standard, che costituiscono in una certa misura un simbolo e, allo stesso tempo,

un codice distintivi di un dato gruppo socioculturale o etnico.

Bisogna innanzitutto richiamare alcuni concetti fondamentali dell’argot che possono essere

d’aiuto nel comprendere gli argomenti che verranno trattati a breve. Si è detto che l’argot è

un linguaggio speciale, tipico della malavita, dei gruppi emarginati (principalmente

individuabili nelle banlieue delle grandi città) e ormai espressione della cultura giovanile

francese. Questo gergo possiede un vocabolario tecnico e segreto, poiché il suo scopo

primario è quello di creare e garantire unità, coesione all’interno dei gruppi di argotier, in

modo da non essere compresi dal resto della società. Questo “scudo” di difesa sociale trova

il suo punto forte nel continuo rinnovamento dell’argot stesso, il quale si serve di processi

e fenomeni linguistici quali la suffissazione, il troncamento, la derivazione, il

raddoppiamento, gli spostamenti semantici, l’ironia, i prestiti e la creazione di veri e propri

neologismi.

Prima di arrivare alla descrizione del verlan, è necessario esaminare l’argot in Inghilterra e

il cosiddetto back slang, che in un certo senso sembra essere il progenitore del verlan

francese. Riportiamo di seguito le parole di Barry J. Blake:

Page 35: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

«Uno degli argot di cui si sa di più è quello dei ladri e dei vagabondi nell’area londinese a

partire dal sedicesimo secolo, secondo fonti come Harman83

(1567) . Tale argot era

generalmente chiamato “cant”, ma il termine “cant” era anche usato per il gergo ed il suo

registro corrispondente […]. Come lo slang in generale, esso possedeva un vocabolario

elaborato per qualsiasi cosa concernesse il sesso, e come ci si aspetta, un ampio vocabolario di

termini per i criminali e l’attività criminale. Nel A Dictionary of the Vulgar Tongue di Grose84

[…] ci sono circa quattrocento entrate, di cui più di trecento sono di tipi di malfattori e crimini.

I criminali includono i badger (coloro che derubano e uccidono vicino ai fiumi) , i bound

nippers ( i tagliaborse) , i coalk twitchers (coloro che scippano i mantelli ai passanti) , i

cracksmen (gli scassinatori) , i forks (i borseggiatori) , i glazyers (gli scassinatori che rompono

le finestre o rimuovono i vetri) , i jarkmen (i contraffattori) , i jumpers (gli scassinatori che

entrano dalla finestra) , i rushers (coloro che entrano in casa quando la porta è aperta) , e gli

scourers (ragazzi vagabondi che rompono le finestre, assalgono i passanti, ecc.) . […]. Ci sono

centinaia di termini per indicare una donna promiscua e un altro centinaio per quegli uomini che

sono stupidi, creduloni o imbranati […].

Nell’argot inglese le combinazioni sono molto evidenti. Per esempio, alcune parti del

corpo venivano formate da un participio descrittivo e chete/cheat “cosa”: crashing chetes

“denti”, hearing chetes “orecchi”, smelling chete “naso”, e pratting chete o prating chete

“lingua”. [...]. Un numero di parti del corpo veniva denominato prendendo una

caratteristica o una funzione e aggiungendo il suffisso per i nomi –er: grinders “denti”,

heavers “seni”, panter “cuore”, e smiter “sedere”. [...] Per quanto riguarda i prestiti, il più

antico strato era quello del latino, ma vi erano anche prestiti dal francese, dall’italiano, e

[…] dal romanì e dall’yiddish. [...]. Il termine “cant” stesso deriva dal latino/italiano

“cantare” e ha origine dall’abitudine dei mendicanti di cantilenare le loro suppliche»85

.

Per completare la citazione elenchiamo alcuni altri termini tipici di tale argot inglese,

derivati appunto da lingue come il latino, l’italiano, il romanì, il francese e l’olandese: bene

“good”, bone “good”, case, carser “house, building”, cassam “cheese”, to couch “to lie

down”, cull “man”, fogel “handkerchief”, grannam “corn”, ken “house”, mort “woman”,

ogle “eye”, pannam “bread”e tonema “cloak”. Tutto ciò fa comprendere che l’argot non è

un fenomeno linguistico ascrivibile esclusivamente al mondo francofono. Già nel

sedicesimo secolo è in realtà possibile individuare un gergo della malavita inglese. In ogni

83

Thomas Harman è stato uno studioso inglese, il primo a creare una sorta di tassonomia delle persone

disoneste, i cosiddetti “rogue”. 84

Francis Grose (circa 1731 – 1791) è stato un antiquario, disegnatore e lessicografo inglese. 85

Blake, Secret cit., pp. 213, 214, 215, 216

Page 36: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

caso, si possono notare diverse somiglianze nella formazione dei termini tra i gerghi

considerati.

Dunque, sia in Francia sia in Inghilterra, prima si sviluppano gli argot, poi al loro fianco si

aggiungono rispettivamente il verlan e il back slang, in periodi leggermente diversi. Detto

questo, si capisce forse meglio che il verlan “moderno” (come si vedrà successivamente,

esistono casi isolati di parole verlanizzate86

, che non fanno però parte di un vero e proprio

linguaggio) non è esattamente un’invenzione; in precedenza esisteva già una forma simile

di linguaggio, ossia il back slang, la cui ragion d’essere è identificabile con quella

dell’argot in generale: la coesione e la “segretezza” del gruppo parlante. In Gran Bretagna,

infatti, è esistita una forma di linguaggio secreto chiamato “back slang” sin dai primi anni

del diciannovesimo secolo. È attestato il suo uso, come sostiene Blake87

, tra i venditori di

cibo come i macellai, i fruttivendoli e i venditori di strada. Il back slang permetteva a

queste figure, talvolta losche, di conversare di fronte ai clienti ignari, anche se è probabile

che la clientela abituale ne fosse al corrente. Essenzialmente, si tratta di un meccanismo

per codificare le parole, prendendo le forme scritte e pronunciandole al contrario; il tutto

avviene in modo alquanto sistematico dal punto di vista fonologico. Il fatto che sia basato

sulla pronuncia, spiega ancora Blake, è interessante, dal momento che la maggior parte dei

venditori era gente illetterata. Sebbene il back slang sia fondato su una base ad hoc come la

lingua standard, ha sviluppato un proprio lessico, andando oltre le originarie necessità dei

commercianti. Il principio base del back slang è che ogni parola è pronunciata al rovescio:

«Fish→ shif, look→ cool, market→ tekram, no good→on doog, yes→ say»88

. Anche se

questo linguaggio è orale, esso si basa sulla lingua scritta e la sequenza delle lettere è

rovesciata ad eccezione di alcuni diagrafi come “sh” in “fish”; talvolta è necessario inserire

dei grafemi per questioni di pronuncia, come in hat→ tatch, cold→ deloc, old→ delo,

girl→ elrig oppure ancora pork→ kayrop. Generalmente la “s” del plurale viene esclusa

dall’inversione della pronuncia, per cui si ha greens→ neergs, nonostante non sia raro

trovare o sentire slab al posto di balls.

Quanto è attuale il back slang? È un codice linguistico tutt’oggi utilizzato? E se sì, da chi?

In considerazione del fatto che il mondo anglofono è molto esteso ed eterogeneo nelle sue

forme, non è facile dare una risposta univoca a tali domande. Vediamo cosa afferma la

giornalista e reporter free-lance, Laura Barnett:

86

A partire dal sostantivo “verlan” è nato il verbo “verlanizzare”, che significa “eseguire l’inversione di una

parola secondo i principi del verlan”. 87

Blake, Secret cit., p. 217 88

Ivi, p. 218

Page 37: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

«Uno slang oscuro, usato l’ultima volta da ladri elisabettiani, sta andando incontro ad una sorta

di rinascita. Il Ministero della Giustizia ha fatto scattare un allarme di sicurezza dopo che gli

ufficiali della HMP Buckely89

a Rochedale hanno notato alcuni termini del cant dei ladri ‒

“onick” per eroina, “grade” per soldi, “warbs” per polizia e “inick” per sim card (sebbene si

possa immaginare che quest’ultima sia un invenzione dei giorni nostri) ‒ emersi dalle lettere e

dalle telefonate dei prigionieri per facilitare gli affari di droga.

Linguaggi secreti come questo hanno un ovvio fascino per coloro che vogliono nascondere

qualcosa. Un linguaggio usato dagli schiavi africani, chiamato TUT, era basato sulla fonetica, e

usato per aiutare ad insegnare a leggere ai bambini. Si dice che i venditori ambulanti dell’epoca

vittoriana, nel frattempo, si siano inventati il back slang ‒ nel quale le parole vengono

pronunciate al contrario, dando “yob” per “boy” ‒ con l’intento di isolare i clienti a cui

volevano appioppare della merce scadente. E il dialetto gay Polari era popolare negli anni

Sessanta, prima che la legalizzazione dell’omosessualità togliesse la necessità di segretezza. Tra

i suoi lemmi più variopinti si trovano “luppers” per “dita”, “strillers” per “pianoforte”, e

“oglefakes” per “occhiali”.

Molto più usato e preferito dai bambini è il Pig latin ‒ che, nella sua forma più comune, taglia la

prima consonante di una parola e la sposta alla fine della stessa, seguita dalla sillaba “ay”. A

scuola io l’avevo evitato, in favore di un linguaggio secreto infinitamente superiore, che un mio

amico aveva appreso da sua madre, chiamato “Arp”. Quest’ultimo ‒ dieci anni più tardi, al

quale ancora facciamo ricorso, usato soprattutto quando si discutono questioni intime in

pubblico, o per allontanare attenzioni indesiderate al bar ‒ inserisce la sillaba “arp” dopo ogni

sillaba delle parole, o, se si tratta di un monosillabo, appena prima. È incredibilmente semplice,

facile da imparare, e (speriamo!) quasi incomprensibile ai non iniziati. […]»90

Questo articolo dice poco e molto allo stesso tempo. Da un lato, non fa altro che ribadire

ciò che Blake aveva affermato nel suo saggio sui linguaggi secreti; dall’altro si può notare

come esistano fenomeni riconducibili al concetto di back slang: per esempio il fatto che

alcuni prigionieri utilizzino un tipo di linguaggio criptico, può far intendere che si è di

fronte ad un atteggiamento di chiusura e difesa sociale tipico dell’argot. Inoltre, la

giornalista riporta dell’esistenza di nuove forme di slang che fanno leva sulla creatività e

sulla fantasia linguistiche, che si possono individuare anche nel verlan. Tuttavia, risulta

alquanto difficile trovare riscontro dell’uso in età contemporanea del back slang: ricerche

su internet e su YouTube non portano a nessun risultato concreto per quanto riguarda un

impiego affermato e consolidato di un tale codice. In generale è possibile rilevare

89

Una prigione nei pressi di Richdale (Regno Unito). 90

L.BARNETT, Why we all need our own secret slang, giugno/2009,

“http://www.guardian.co.uk/theguardian/2009/jun/09/criminal-slang-tut-polari”

Page 38: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

l’esistenza di molte varietà di slang ma nessun gruppo o unità comunitaria si fa portavoce

del back slang come simbolo socioculturale, come avviene invece con il verlan e l’argot,

nella loro essenza. Bisogna infatti specificare che, da questo punto di vista, il mondo

francofono è molto più vivace e adotta di conseguenza dei codici per rappresentare

specifiche identità sociali, etniche e culturali.

A questo punto, risulta opportuno chiarire il concetto di verlan. Si è voluto introdurre

l’argomento a partire dal back slang per avere un’idea generale del principio su cui si

fondano questi due linguaggi. Iniziamo dando una definizione il più possibile completa di

ciò che si considera essere il verlan: «Forma di slang che inverte le sillabe delle parole

(verlan viene da à l’envers, cioè al contrario), è usato soprattutto tra i giovani ma molte

delle sue parole sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano. […]»91

; «Una varietà

dello slang francese nel quale le sillabe sono invertite, come in meuf per femme, e

comprendente anche parole e frasi arabe»92

; «Processo di codificazione lessicale attraverso

l’inversione delle sillabe, inserimento di sillabe posticce, suffissazione, infissazione

sistematica; tipo particolare di argot che ne risulta»93

; «Argot che consiste nell’invertire le

sillabe delle parole (l’envers = verlan)»94

; «Forma di argot francese, codificato ed

essenzialmente orale, che consiste nell’invertire le sillabe all’interno di una parola o

nell’alterare le lettere o i fonemi per creare un nuovo termine»95

. Interessantissimo è

riportare ciò che si afferma in nota nell’ultima fonte citata, sulla stessa pagina: «Il verlan

non è una lingua a sé, ha a che fare essenzialmente con il vocabolario, ma non cambia la

grammatica. È un linguaggio orale, un processo argotico che rispetta abbastanza raramente

l’ortografia d’origine delle parole che modifica (esempi: chébran = branché, ouf = fou,

tromé = métro, à donf = à fond). La maggior parte delle volte, la scrittura di una parola in

verlan è una ricostruzione più o meno fonetica à partire dalla sua pronuncia (esempi: laisse

béton = laisse tomber, zarbi = bizzare). I termini che si compongono di una sola sillaba

sono difficili da verlanizzare. Quando non è possibile invertire le sillabe, s’invertono allora

i fonemi, i suoni, aggiungendo o togliendo talvolta una vocale o una consonante (esempi:

meuf = femme, keum = mec, keuf = flic), poiché è necessario che il lemma suoni bene

all’orecchio».

Tali definizioni sono degne di nota sotto vari aspetti. Innanzitutto è evidente che vi sia un

generale accordo sul fatto che questa forma di linguaggio ha come caratteristica principale

91

“ http://www.larousse.com/it/dictionnaires/francais-italien/verlan/75025” 92

“http://www.thefreedictionary.com/verlan” 93

“http://www.cnrtl.fr/definition/verlan “ 94

“http://www.le-dictionnaire.com/definition.php?mot=verlan” 95

“http://www.granddictionnaire.com/btml/fra/r_motclef/index800_1.asp”

Page 39: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

quella di invertire le sillabe di un vocabolo, così da formare una nuova parola. Inoltre si fa

riferimento a processi linguistici che concorrono alla formazione del vocabolario

verlaniano, come l’aggiunta di suffissi e infissi, ma anche ai prestiti da altre lingue, l’arabo

in primis (da notare che tutti questi fenomeni compaiono nella costante evoluzione creativa

dello stesso argot). Infine, è necessario soffermarsi e cercare di capire se il verlan sia un

tipo di slang o di argot, dato che le definizioni riportate non adducono una spiegazione

specifica del perché esso viene definito in uno o nell’altro modo. Introduciamo, dunque,

un’analisi di tipo storico e sociologico, affinché si possa eseguire una distinzione, almeno a

livello didattico (perché è risaputo che, in ogni caso, la percezione reale del parlante non

tiene, in ultima istanza, conto di tale differenza; saliente è il fine comunicativo del codice e

ciò che esso rappresenta per il gruppo), del genere di linguaggio in questione.

Il verlan non proviene dalle banlieue delle città e neppure dalle prigioni. La prima

attestazione di questo fenomeno risale al Medioevo: nel Roman de Tristan et Iseut (circa

1170) il nome di Tristan è trasformato in Tantris. Verso la fine del sedicesimo secolo si

trovano tracce di questo gioco d’inversione delle sillabe nel parlare popolare: i Borboni, les

Bourbons, vengono chiamati Bonbours. Nel secolo successivo l’espressione sans-souci,

che vuol dire “senza preoccupazioni”, è trasformata in sans-six sous. Attorno al 1760 ci si

riferisce correntemente al re Luigi XV, Louis quinze, come sequinzouil. Anche Voltaire

applica questo codice per cercare di distanziare il suo essere poeta dal nome della famiglia:

ricordandosi che suo nonno abitava non lontano da una città chiamata Airvault, ha invertito

questo nome e ha creato il suo pseudonimo96

. È possibile trovare qualche espressione di

questo genere anche nei romanzi della fine del diciannovesimo secolo: per esempio nella

lettera di un prigioniero, rinominata Lettre de la Hyène (1842), la città di Toulon diviene

Lontou. La parola “verlan” con la “a” è attestata dopo il 1963, quando viene utilizzata dallo

scrittore Alphonse Boudard nel romanzo La Cerise. Si può, infine, dire che, dopo alcune

apparizioni sporadiche e isolate nella lingua francese, il verlan si consolida sulla scena

linguistica francese, in modo marcato e definitivo, a partire dal 1975, quando il cantante

Renaud Séchan ottiene grande successo con la sua canzone “Laisse béton”, la cui

traduzione è “Laisse tomber”. Da questo momento in avanti si assiste ad una diffusione

piuttosto accelerata del fenomeno attraverso mezzi di comunicazioni quali la televisione, la

radio, la pubblicità, il cinema e la musica rap97

(in seguito ci concentreremo proprio su

quest’ultimo settore per dare una visione più chiara della situazione contemporanea del

linguaggio in questione). Conclusa questa breve analisi storica, nella quale peraltro è

96

Il vero nome di Voltaire è infatti François-Marie Arouet. 97

“ http://www.hausarbeiten.de/faecher/vorschau/67638.html”

Page 40: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

confermato il fatto che il verlan come codice di espressione linguistico nasce relativamente

tardi rispetto al back slang inglese (a questo proposito è utile segnalare che si è voluto

mettere a confronto questi due linguaggi non tanto perché hanno avuto punti di contatto ed

interscambio nella loro “evoluzione”, quanto perché presentano entrambi caratteristiche

comparabili di formazione e di struttura del proprio vocabolario), è necessario interrogarsi

sul tipo di fenomeno a cui ci si sta approcciando; a tal fine è opportuno riportare le parole

di François Mitterand98

in un’intervista sul canale televisivo francese TF1. Alla domanda

se egli conosceva il significato di “chébran”, ha risposto: «Sapete, quando ero piccolo,

invertivamo l’ordine delle sillabe nelle parole; questa qui non è molto nuova! Vuol dire

“bran-ché”, ovviamente. Non voglio fare il maligno, non sono molto informato, ma è già

un po’ sorpassata: avreste dovuto dire “cablé”»99

. Queste dichiarazioni fanno capire da un

lato, come già affermato in precedenza, che in Francia vi è una spiccata vivacità culturale

per quanto riguarda la lingua, dall’altro che il verlan possiede e dovrebbe possedere un

valore “criptico”, in base al quale i parlanti si ritagliano una posizione di superiorità e

distacco linguistico rispetto ai non iniziati, da cui deriva la necessità, possiamo dire

“argotica”, di continuo rinnovamento affinché i più non comprendano ciò che si sta

dicendo. Una conseguenza, infatti, della dinamicità della lingua francese e delle sue varie

forme (è molto probabile che ciò accada anche nelle altre lingue) è che i neologismi che

inizialmente vengono compresi ed utilizzati da poche persone diventano parte del bagaglio

lessicale comune, per cui, nel caso degli argot, del verlan o del backslang, i termini

perdono la loro funzione di scudo di difesa identitaria socio-culturale ed etnica. Dunque, il

fatto che il presidente della Repubblica francese, messo alla prova sul linguaggio moderno

dal giornalista Yves Mourousi, dica che una parola risulta sorpassata fa capire che i termini

verlaniani hanno il sé l’idea di incomprensibilità e che, persa questa essenza, essi perdono

allo stesso tempo la loro funzione. Sulla scorta di queste considerazioni e tenendo presente

non solo le definizioni di gergo e slang fornite nel primo capitolo, ma anche le

caratteristiche dell’argot approfondite nel corso di questa trattazione, si può giungere alla

conclusione che il verlan è propriamente un gergo, piuttosto che uno slang. La propensione

verso il primo tipo di categoria è data dal fatto che il verlan, come l’argot, deve

intrinsecamente risultare inintelligibile a coloro che non lo parlano visto che vuole

rappresentare un’identità comunitaria ristretta e socio-culturalmente compatta al suo

interno. Questa tesi è suffragata dal principio alla base del verlan, ovvero quello di

invertire le sillabe all’interno delle parole per crearne delle nuove: si tratta in sostanza di

98

François Maurice Adrien Marie Mitterand è stato presidente della Repubblica francese dal 1981 al 1988,

poi, in un secondo mandato, dal 1988 al 1995. 99

“http://www.ina.fr/media/petites-phrases/video/CAB8501059001/mitterrand-cable.fr.html”

Page 41: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

un gioco enigmistico che ha la sua origine nell’anagramma, che consiste nel trasporre le

lettere di una parola in modo da formarne un’altra. Questo fenomeno viene spiegato in

modo chiaro da Barry J. Blake:

«Una delle motivazioni dell’argot è quella di garantire solidarietà all’interno del gruppo, e

un’altra è quella di fornire un codice segreto che non sarà compreso dai bersagli delle attività

criminali e dalle autorità. Questa segretezza è raggiunta grazie ad un lessico speciale e mezzi di

distorsione fonologica sistematica, come accade nel Pig Latin. […]. In molte lingue ci sono

particolari forme che sono teoricamente segrete. La maggior parte di queste impiega alcuni

mezzi sistematici di distorsione fonologica come la trasposizione delle sillabe o l’inserimento di

ulteriori sillabe. Queste forme di linguaggio sono concepite per restringere la comunicazione

agli appartenenti a un gruppo oppure per escludere altri. Vengono utilizzate principalmente dai

bambini in età quasi adolescenziale sia per divertimento sia per una vera e propria segretezza, e

ci si riferisce qualche volta ad esse come linguaggi ludici, ma vengono usate in un certo modo

meno sistematicamente anche in diversi argot non inglesi. I linguaggi ludici erano un tempo

popolari tra i giovani parlanti inglesi, ma nelle ultimissime decadi sono passati di moda. Il più

famoso linguaggio ludico è il Pig Latin, che coinvolge la trasposizione. Ne esistono alcune

varietà. Nella maggior parte di queste tutte le consonanti che precedono la prima vocale di una

parola vengono spostate a fine parola e sono seguite da -ay100

. […]. Il Pig latin è usato per

divertimento o in modo tale che i bambini possano parlare tra di loro di fronte a persone esterne

(per esempio, i loro genitori o altri bambini) senza che vengano compresi. Gli estranei

probabilmente lo capiranno dopo una breve esposizione, ma il Pig Latin serve tuttora per

delimitare coloro che appartengono al gruppo da coloro che non vi fanno parte. […].

Un principio comune per camuffare le parole è quello di introdurre del nuovo materiale

all’interno di ogni sillaba. O si inserisce una sequenza di vocale-consonante prima della vocale

di una sillaba oppure una sequenza di consonante-vocale dopo la vocale.101

»

Citiamo qui di seguito alcuni esempi di linguaggi che si formano sul modello

dell’anagramma, del back slang o del Pig Latin o che conservano elementi tipici dei

linguaggi segreti: il Pitjantjatjara in Australia, il Javanais in Francia, il Nyōbō kotoba in

Giappone, il Bearla Lagair in Irlanda, lo Shelta usato in Irlanda, Gran Bretagna e Nord

America, il Lunfardo tipico delle città di Buenos Aires e Montevideo, il Šatrovački nella

ex-Yugoslavia e il Louchébem in Francia, ancora.

100

Come già aveva spiegato la giornalista Laura Barnett. 101

Blake, Secret cit., pp. 212, 227, 228, 230

Page 42: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

In un certo senso, è vero che gli slang possiedono elementi di grande creatività,

immediatezza ed efficacia nell’esprimere idee e concetti; tuttavia, la scelta di ricondurre il

verlan ad un tipo di gergo, con tratti molto simili agli argot francesi, è giustificata dal fatto

che il suo scopo è quello di creare e conservare coesione, identità e segretezza tra i suoi

rappresentanti, a discapito di coloro che non lo parlano. Non sarebbe perciò del tutto

azzardato affermare che il verlan, nel contesto odierno delle Z.U.S. e delle banlieue

francesi in generale, rappresenta un’evoluzione dell’argot nel momento in cui l’unica

intenzione del parlante è quella di comunicare attraverso un codice il più possibile criptico:

si vedrà successivamente, quando si analizzerà in maniera concreta il verlan e l’argot “in

azione”, che spesso si assiste a fenomeni di riverlanizzazione, anche molteplice.

È doveroso soffermarsi ancora un attimo sul concetto di verlan per approfondire l’aspetto

socio-culturale, proprio come si era fatto per l’argot. Questo permetterà, infatti, di scoprire

perché tanto spesso argot e verlan vengono associati e messi a confronto.

Ricerche fondamentali in questo ambito sono state effettuate dalla linguista americana

Natalie J. Lefkowitz102

, la quale afferma che il verlan è un fenomeno orale originatosi nella

classe operaia, nei sobborghi, conosciuti come La Zone, a nord di Parigi, popolati da

immigrati. Queste aree consistono principalmente di HLM (“habitations à loyer modéré”,

letteralmente “abitazioni ad affitto moderato”), ossia progetti di alloggi sussidiati in stile

ghetto nelle regioni industriali periferiche della Francia. Queste zone sono soggette a

numerosi problemi urbani senza essere di per sé situate in alcuna area urbana; le HLM

sono abitate principalmente da francofoni non nativi. Molti di questi immigrati non parlano

bene né il francese né la lingua dei loro genitori. Sono in qualche modo catturati tra due

culture e sono stati obbligati a crearsene una propria, spesso per mezzo della musica, delle

“bandes dessinées” (i fumetti) e del verlan. È facile, perciò, capire che il contenuto

lessicale di questo gergo riguarda soprattutto la sfera della vita quotidiana e temi tabù quali

il sesso, la droga, la prostituzione e la corruzione. In ogni caso, all’interno del verlan è

possibile distinguere vari usi dello stesso da parte dei parlanti. Per esempio, il verlan

consente di usare un linguaggio volgare mascherando ciononostante la sua crudezza; i

parlanti diventano così abili a celare l’impatto delle parole tramite la loro verlanizzazione.

Talvolta, come già dichiarato, l’intento può essere quello ludico: parlare verlan è

semplicemente un divertimento che permette ai giovani di distaccarsi dalla realtà e dalla

comprensione degli adulti, nel piacere di trasgredire le regole con l’uso di parolacce

ottenute da sempre nuove combinazioni. D’altro canto, parlare al contrario diviene

102

N.J.LEFKOWITZ, Verlan : talking backwards in French, in «The French Review», 2 (1989), pp. 312-322

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metafora di opposizione e rivolta su piccola scala: coloro che se ne fanno portavoce

sentono la necessità di nascondere, di esprimersi meglio, di essere accettati dai loro pari, di

sentirsi “cool”, di essere volgari, di condividere un codice con gli amici riguardo alla vita

di tutti i giorni, al tempo libero e alle passioni, di parlare di affari privati, emozionali,

sentimentali in una maniera meno trasparente, di travestire gli insulti, di essere eufemistici

in merito a questioni canzonatorie, controverse, razziali o tabù. Tutti questi elementi

accrescono il senso di appartenenza, la complicità, la coesione di un gruppo e ne

consentono la sopravvivenza, in contrasto con la società.

È, dunque, oggettivamente evidente che argot e verlan condividono molte delle loro

caratteristiche essenziali. Non sarà allora raro assistere a casi di unione ed interscambio di

questi due codici all’interno di uno stesso contesto o discorso. Tecnicamente, inoltre, anche

il verlan è soggetto a fenomeni di trasformazione non solo fonologica e morfologica, ma

pure lessicale. Esemplare è il caso della riverlanizzazione: nel momento in cui una parola

verlanizzata entra a far parte del lessico comune, perdendo il suo valore criptico, essa può

venir riverlanizzata, subisce cioè un’ulteriore fase di verlanizzazione. Per esempio, a

partire da flic, si ottiene keuf, che viene ancora verlanizzato in feuck. Infine, per concludere

questa riflessione parallela all’argot, pure il verlan è soggetto ad influenze di lingue

straniere: i prestiti dall’inglese e dall’arabo sono quelli più frequenti. Nel primo caso,

tenendo presente che il francese è un idioma che si espone molto facilmente,

consapevolmente ed attivamente a processi di arricchimento e rinnovamento (esisteranno,

nonostante ciò, coloro che si porranno a difesa del francese standard e, per questa ragione,

propugneranno la conservazione della lingua ufficiale e scolastica), l’inglese, in quanto

lingua modello della globalizzazione e della comunicazione interculturale, diventa un

mezzo d’espressione “cool” all’interno della società e della realtà dei giovani (è probabile

che, anche in italiano, faccia più tendenza dire “sono andato ad un party” piuttosto che

“sono andato ad una festa”). Tutto ciò è in linea con il concetto di “essere alla moda”

descritto quando si cercava di spiegare il valore e l’importanza dell’argot ai giorni nostri.

Nel secondo caso, si è di fronte a quel fenomeno d’immigrazione che interessa la Francia

ormai da tempo: gli immigrati magrebini e nordafricani in generale costruiscono nelle

Z.U.S o nelle HLM delle comunità che cementificano la loro nuova e spesso forzata realtà

sulla lingua; è in questi casi dove il codice linguistico ha una forte valenza identitaria.

Parlare verlan significa, dunque, far parte di un gruppo, esprimere la propria provenienza,

dare un peso alla propria esistenza sociale e da ciò hanno luogo ricchi prestiti lessicali e

scambi interculturali.

Page 44: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Dopo aver illustrato in maniera chiara e riassuntiva il quadro generale del francese e delle

sue varie forme ‒ tuttavia, non bisogna dimenticare che la scena linguistica non è mai così

lineare e semplice, bensì articolata e complessa, non riconducibile ad uno schema

unilaterale ‒ è ora possibile trattare quali sono gli usi che i parlanti fanno di questi

linguaggi, ovvero quali sono i contesti in cui ci si esprime in argot e in verlan. Ci

concentreremo per lo più sull’ambito musicale poiché la musica rappresenta meglio di tutti

il mezzo di espressione della cultura giovanile, in un paese come la Francia dove il rap ha

un ruolo fondamentale in questo.

Le prime domande da porsi potrebbero essere: dove troviamo l’argot (e il verlan,

eventualmente o congiuntamente)? In quali settori della vita contemporanea fa la propria

apparizione? Esistono delle ragioni per cui quel dato ambito ha scelto questo tipo di

linguaggio piuttosto che un altro per veicolare il messaggio desiderato?

Senza seguire un preciso criterio storico-cronologico, analizziamo l’uso dell’argot nei

mezzi di comunicazione di massa, in modo da trarne alcuni spunti di riflessione e

conclusione sul fenomeno in questione. Consideriamo il seguente articolo103

:

«Il Consiglio104

ha scritto a France 3105

per ricordarle dei termini dell’articolo 4 del suo trattato

sui doveri ed oneri, il canale deve occuparsi dell’uso e del rispetto della lingua francese. France

3 ha appunto diffuso, il 29 gennaio 2004 alle ore 20 e 40, nell’edizione Paris-Île-de-France del

giornale di France 3, un reportage intitolato “Pas d’keufs au lycée”. Il Consiglio ha ritenuto che

l’impiego della parola “keufs” (flics in verlan) nel giornale televisivo contribuisca a mettere

sullo stesso piano la lingua standard e i termini familiari e, di conseguenza, ad accentuare la

confusione dei livelli linguistici, problema in cui si imbattono numerosi giovani sfavoriti

nell’apprendimento del francese»

Il concetto espresso da questa autorità è chiaro: la televisione deve essere un mezzo di

comunicazione il più semplice, trasparente e scevro possibile di forme non standard della

lingua francese. Il dibattito a questo proposito è piuttosto acceso in Francia. Si era già

accennato nei capitoli precedenti al fatto che sia sempre esistita quella fascia della

popolazione che difende il modello “aureo” dell’idioma francese: sin dal diciassettesimo

103

“http://www.csa.fr/Espace-juridique/Decisions-du-CSA/Usage-de-la-langue-francaise-lettre-a-France-3” 104

Si tratta del Conseil Supérieur de l’audiovisuel (CSA), un consiglio creato nel 1989 che vuole garantire la

libertà di comunicazione audiovisiva in Francia. 105

Un canale televisivo francese a struttura regionale.

Page 45: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

secolo, infatti, è esistita l’Accademia francese, con lo scopo di vigilare e difendere il

patrimonio linguistico francese, impedendo la contaminazione da parte di fattori stranieri e

poco “ortodossi”. Pertanto, istituzioni come quest’ultima hanno un’influenza notevole sui

media; infatti, è proprio uno scrittore francese, membro dell’Accademia francese, Maurice

Druon ad affermare la necessità di controllare ed imporre un uso quanto più standardizzato

del francese nelle trasmissioni televisive106

. Ecco cosa pensa a questo proposito Louis-Jean

Calvet: «È vero che il francese è una sorta di rullo compressore. L’Accademia francese ha

la tendenza a voler decidere per tutti i francofoni e su tutti i soggetti. Siamo noi che

abbiamo la possibilità di cambiare registro, di affermare la nostra identità giocando, per

esempio, sugli accenti tonici.[…]. Noi siamo degli specialisti dei vasi comunicanti, ovvero

noi proviamo a parlare prima di tutto per venir compresi dagli altri»107

. A questo punto è

possibile comprendere che, preso atto del fatto che, nella sua essenza, l’argot, e di

conseguenza anche il verlan, è un linguaggio popolare, il fenomeno in esame “si canalizza”

e si esprime in quegli ambiti dove la forza della censura è meno invadente e dove la libertà

d’espressione è pressoché illimitata: la letteratura, il cinema e la musica. È esattamente qui

dove i consumatori di questi tipi di cultura hanno la piena possibilità di scegliere il

prodotto, dal momento che, in genere, la lettura, la visione di un film e l’ascolto non viene

imposto né modificato da schemi a cui gli autori devono uniformarsi: sono i lettori che

selezionano ciò che suscita il loro interesse, sono gli spettatori che decidono i criteri in

base ai quali guardare un film o meno, sono gli ascoltatori e i fan dei cantanti o gruppi

musicali che “vagliano” il contenuto della loro musica; sono questi gli attori che

permettono, in ultima istanza, che gli artisti letterari, i produttori cinematografici, gli attori

e i personaggi musicali abbiano successo e producano cultura. Detto questo, non si deve

intendere che non esista la possibilità di un confronto aperto e che esista un sistema di

ideologie tirannico controllato dai media; in realtà, le discussioni pubbliche di materia

linguistica sono alquanto diffuse in Francia, esistono numerosi articoli e servizi

televisivi108

che trattano dell’evoluzione principalmente lessicale del francese; vi sono pure

siti dedicati ai gerghi argotiani e verlaniani che permettono approfondimenti e la possibilità

di conoscere questi mondi a sé, di capire meglio i giovani e le comunità che si identificano

con questi codici.

106

“http://www.languefrancaise.net/Info/2004-02-24-Sur-le-franc-parler-par-Druon” 107

“http://www.languefrancaise.net/Info/2004-11-22-Calvet-a-dit” 108

“http://www.youtube.com/watch?v=hTNDXzjJHfA ; http://www.youtube.com/watch?v=PbjGk-

iTseY&feature=related” ; “http://www.youtube.com/watch?v=zJ8XhPSx-HU&feature=related” , per citarne

alcuni.

Page 46: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Per quanto riguarda la letteratura che fa uso dell’argot, si possono citare autori, quali

Daniel Pennac, Victor Hugo, Honoré de Balzac e Émile Zola. Per esempio la traduttrice in

italiano “ufficiale” di Pennac, Yasmina Melaouah, alla domanda “qual è l’ostacolo

maggiore che ha incontrato traducendo Pennac” risponde:

«Adesso è come se avessi l’impressione di aver trovato una voce che sia in sintonia con la sua.

Quando ho iniziato a tradurre i suoi libri, invece, il problema fondamentale era quello della

peculiarità espressiva di Pennac. Lui usa infatti quello che i francesi chiamano argot: una lingua

bassa, fatta di termini gergali e che non hanno corrispondenti in italiano che, come lingua

parlata, è nata circa 50 anni fa e manca ancora di un reale tessuto comune. In italiano, infatti, i

registri più informali della lingua sono patrimonio dialettale e vengono quindi resi diversamente

a seconda delle varianti regionali, per cui è difficile riportare delle conversazioni sciolte,

informali, che sfiorano il volgare, senza cadere nei regionalismi. E io temevo appunto questo: di

fare Pennac milanese o lombardo.109

»

Victor Hugo, dal canto suo, nella sua opera Les Misérables (più precisamente nei primi due

capitoli del settimo libro del quarto tomo), parla dell’argot e delle sue caratteristiche,

descrivendola come una “lingua delle tenebre”, “un fenomeno letterario e un risultato

sociale” e come “la lingua della miseria”. È chiaro che i concetti espressi da Hugo, seppur

di inestimabile valore letterario, metalinguistico e sociologico, risultano agli occhi di un

lettore contemporaneo alquanto “sorpassati”, se non addirittura anacronistici.

Lo stesso potrebbe valere per i film, quali Fric-Frac di Maurice Lehmann e Claude

Autant-Lara, Touchez pas au grisbi di Jacques Becker, Razzia sur la chnouf di Henri

Decoin oppure Du rififi chez les hommes di Jules Dassin, che hanno dato inizio ad una

tradizione cinematografica in cui l’argot rappresenta spesso un mezzo di comunicazione

efficace in ambientazioni popolari. Queste pellicole infatti sono apparse a partire dal 1939

fino alla metà degli anni Cinquanta, per lasciare il posto, negli anni Ottanta, al cinema

“verlaniano” con film quali Marche à l’ombre di Michel Blanc e Les Ripoux110

di Claude

Zidi. Per quanto riguarda la produzione odierna, si può segnalare il film Bienvenue chez les

Ch’tis di Dany Boon (2008), nel quale i protagonisti parlano non tanto argot o verlan,

109

“http://sorveglianza.host56.com/profgraziano/contenuti/ebook/Daniel%20Pennac%20-

%20La%20Fata%20Carabina.pdf” 110

Il titolo stesso del film è una parola verlan che deriva da “pourri”, che significa “corrotto, marcio”

Page 47: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

quanto una varietà diatopica della lingua francese, la cosiddetta lingua piccarda, che ai più

potrebbe risultare piuttosto difficile da comprendere.

Veniamo ora all’ambito che trova un’estesa espressione nell’età contemporanea sotto il

punto di vista dei linguaggi argotici e verlaniani: la musica.

Prima di giungere al punto focale di questa trattazione, dove si affronterà la questione del

rap nella società del ventunesimo secolo, è opportuno far presente che già negli anni

Sessanta-Settanta è presente sulla scena musicale uno degli esponenti più importanti

dell’argot e del verlan cantati: Renaud Séchan, nato a parigi nel 1952. Senza dilungarsi

troppo in una descrizione biografica, è sicuramente interessante analizzare i suoi testi, di

modo da capire, oltre alle tematiche affrontate, come si esplicano in concreto i suddetti

codici linguistici. In particolare, si sono scelte due canzoni che sono ormai parte della

cultura musicale francese: Marche à l’ombre (da cui è stato tratto l’omonimo film, citato

precedentemente) e Laisse béton. Di seguito riportiamo rispettivamente un estratto di

entrambe, da cui si cercherà di estrapolare i contenuti più importanti e pertinenti alla

questione dell’argot e del verlan.

«Quand l'baba-cool cradoque

est sorti d'son bus Volkswagen

qu'il avait garé comme une loque

devant mon rade,

j'ai dit à Bob qu'était au flipp :

Viens voir le mariole qui s'ramène,

vise la dégaine,

quelle rigolade !

Patchouli-Pataugas, le Guide du

Routard dans la poche,

Aré-Krishna à mort, ch'veux au

henné, oreilles percées,

tu vas voir qu'à tous les coups

y va nous taper cent balles

pour s'barrer à Katmandou,

ou au Népal.

Avant qu'il ait pu dire un mot,

j'ai chopé l'mec par l'paletot

et j'ui ai dit : Toi tu m'fous les

glandes,

pi t'as rien à foutre dans mon monde,

arrache-toi d'là, t'es pas d'ma bande

casse-toi, tu pues, et marche à

l'ombre!

Une p'tite bourgeoise bêcheuse,

maquillée comme un carré d'as,

a débarqué dans mon gastos,

un peu plus tard.

J'ai dit à Bob qu'était au flipp :

Reluques la tronche à la pouffiasse,

vise la culasse

et les nibards !

Collants léopard, homologués chez

SPA,

Monoï et Shalimar, futal en skaï

comme Travolta

qu'est-ce qu'elle vient nous frimer la

tête?

Non, mais elle s'croit au Palace !

J'peux pas saquer les starlettes

ni les blondasses.

Avant qu'elle ait bu son cognac

je l'ai chopée par le colback,

et j'ui ai dit : Toi, tu m'fous les

glandes,

pi t'as rien à foutre dans mon monde,

arrache-toi d'là, t'es pas d'ma bande

casse-toi, tu pues, et marche à

Page 48: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

l'ombre !

casse-toi, tu pues, et marche à

l'ombre!»

« J’étais tranquille, j'étais peinard

accoudé au flipper,

le type est entré dans le bar,

a commandé un jambon-beurre,

puis il s'est approché de moi,

pi y m'a regardé comme ça :

T'as des bottes, mon pote, elles me

bottent !

j'parie qu'c'est des santiags,

viens faire un tour dans l'terrain

vague,

j'vais t'apprendre un jeu rigolo

à grands coups de chaine de vélo

j'te fais tes bottes à la baston !

moi j'y ai dit :

Laisse béton !

Y m'a filé un beigne, j'y ai filé une

torgnole,

m'a filé une châtaigne, j'lui ai filé

mes grolles.

j'étais tranquille, j'étais peinard.

accoudé au comptoir,

le type est entré dans le bar,

a commandé un café noir,

puis il m'a tapé sur l'épaule

et m'a regardé d'un air drôle :

T'as un blouson, mecton l'est pas

bidon!

moi j'me les gèle sur mon scooter,

avec ça j's'rai un vrai rocker,

viens faire un tour dans la ruelle.

j'te montrerai mon Opinel,

et j'te chourav'rai ton blouson ! Moi j'y ai

dit :

Laisse béton !

Y m'a filé une beigne, j'y ai filé un

marron,

m'a filé une châtaigne, j'y ai filé mon

blouson.»

Innanzitutto elenchiamo le parole e le espressioni derivanti dall’argot e dal verlan prima

nell’uno e poi nell’altro testo: baba-cool (“hippie”), cradoque (“sporco”), mec

(“compagno”), foutre les glandes (“non piacere a”), se casser (“andarsene”), marche à

l’ombre (“vattene via”), gastos (“ristorante”), pouffiasse (“prostituta”), culasse

(“posteriore”), nibards (“seni”), futal (“pantaloni”), frimer la tête (“mettersi in mostra”),

colback (“collo”); laisse béton (“lascia perdere”, da laisse tomber), torgnole (“schiaffo”),

grolles (“scarpe”), mecton (“compagno”, da mec) e chourav’rai (“ruberò”, da chouraver).

Si può notare come il lessico sia incentrato su temi appartenenti alla vita quotidiana e

popolare (il bar, il vicolo), esattamente dove si radica la cultura argotica e verlaniana, a

maggior ragione se si considerano gli anni in cui sono state scritte le due canzoni, il 1980

per Marche à l’ombre e il 1977 per Laisse béton (al giorno d’oggi si è di fronte ad una

relativa scomparsa di questa componente popolare e tradizionale, a favore di nuovi

movimenti in una realtà sempre più cosmopolita, multiculturale, globale e tecnologica). In

ogni caso, semanticamente, i termini hanno accezioni familiari, negative, peggiorative e

Page 49: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

volgari, tipiche del modo di parlare delle classi meno agiate. A livello propriamente

morfologico si possono evidenziare processi di troncamento delle parole (per esempio

ch’veux al posto di cheveux, flipp per “flipper” oppure j’te, j’lui, j’me al posto

rispettivamente di je te, je lui e je me), di suffissazione (pouffia-sse, cula-sse, nib-ard,

blonda-sses) di verlanizzazione (laisse béton) e di prestiti linguistici (santiags, starlettes,

gastos, colback), che, come già visto, caratterizzano precisamente la formazione e la

struttura del vocabolario argotico. L’intento del cantautore sembra quello di dare voce al

vivere semplice e “popolare” della gente comune, senza nessuna censura o timore pudico.

Fatta questa doverosa introduzione al mondo musicale francese argotico (dicendo così,

vogliamo includere qualsiasi forma di linguaggio criptico: verlan, louchébem, javanais,

ecc...), arriviamo ora ad esaminare la forma di espressione dell’argot per eccellenza: il rap.

Perché proprio la musica rap costituisce il veicolo ideale di trasmissione da parte della

società argotica e di quelle comunità la cui chiave di appartenenza è un linguaggio criptico-

identitario? A differenza di quanto si possa pensare, esiste una notevole quantità di studi ed

approfondimenti in materia, a partire dal professore dell’Università di Stato della

Pennsylvania, André J.M. Prévos111

, i professori Andy Bennett, Adam Krims e Tony

Mitchell, per cui risulterebbe ripetitivo e superfluo descrivere ciò che questi esperti hanno

scritto in proposito. Ci limiteremo, dunque, a dare una visione d’insieme, il più chiara e

logica possibile, delle ragioni alla base della cultura hip-hop in Francia e della situazione

generale, affinché si possano comprendere meglio i testi scelti come modelli

rappresentativi di questo mondo musicale, che verranno proposti ed esaminati

successivamente.

L’hip-hop non è un fenomeno prettamente francese, bensì americano, nato nelle zone sud

del Bronx di New York attorno al 1970. Si tratta di un movimento che interessa i campi

della musica, dei graffiti e della danza, diffuso soprattutto tra i giovani e le comunità afro-

americane, spesso emarginati e poveri. Importato in Francia nel 1982, l’hip-hop, di cui la

musica rap rappresenta la voce portante, si diffonde nelle HLM, nelle banlieue,

caratterizzate da un’alta percentuale d’immigrati provenienti dalle aree delle ex-colonie

francesi (i Caraibi, l’Algeria, il Marocco e la Tunisia, eccetera). I rapper traggono spunto

da queste realtà urbane, rivelando le reali condizioni di vita dei giovani e delle famiglie

indigenti delle cité. È chiaro, allora, che il rap francese, che si può dire rappresenti il

111

A.J.M.PRÉVOS, Hip-hop, rap, and repression in France and in the United States, in « Popular Music and

Society », volume 22 pubblicazione 2 (1998), pp. 67-84 ; J.M.A.PRÉVOS, Snoop, Ice T, B.I.G., et Tupac :

quelques héros du rap gangsta, Cercles 3 (2001), pp. 60-75

Page 50: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

secondo mercato musicale mondiale di questo genere, non sia semplicemente una forma di

intrattenimento, ma una forma di espressione culturale che interessa questioni sociali

importanti e talvolta gravi, che colpiscono le minoranze etniche e la gente che vive nelle

periferie cittadine. Di conseguenza, i temi affrontati risultano essere una critica alle

autorità, alla loro mancanza di sforzo ed impegno nei confronti delle classi più povere,

all’assenza di opportunità per gli immigrati ed i giovani. L’impressione suscitata da questa

musica su tali minoranze fa sì che gli artisti finiscano per impersonare l’opposizione

all’ordine sociale e al sistema politico ed economico, che consentono e creano situazioni di

oppressione. Per queste ragioni, il movimento hip-hop viene molto spesso percepito come

sovversivo da parte dei governi, i quali preferiscono preservare le tradizioni culturali della

Francia, a dispetto dei tentativi delle comunità di affermare la loro diversità ed identità

etnica. La storia dell’hip-hop, allora, seppur abbastanza giovane, è segnata da una serie di

controversie legali tra rapper e le autorità, come dimostra il caso del gruppo NTM112

o del

rapper Hamé113

, ma anche da scontri violenti e rivoltosi114

. Sono proprio tutti questi fattori

che contribuiscono e hanno contribuito al rafforzamento del codice argotico, dal momento

che un certo grado di segretezza e incomprensibilità da parte della società “normale” è

indispensabile per garantire quel diritto di parola e pensiero che molto spesso appare

“scomodo” alle classi dirigenti. La creazione di uno scudo linguistico incarna il tentativo di

preservare e rafforzare la coesione e l’identità socio-etnica di quei gruppi di emarginati,

poveri e d’immigrati che abitano le Z.U.S.. Nonostante non siano da escludere casi di

collaborazione e tolleranza dei governi nei confronti del movimento hip-hop, questa

espressione artistica e culturale costituisce un simbolo di resistenza, rivoluzione e riscatto

sociale per le generazioni di giovani e per le minoranze di ogni genere, in cui il solo uso di

un linguaggio “segreto” e difficilmente decifrabile dà origine ad un forte senso di

appartenenza e solidarietà collettive.

Fatte queste considerazioni di carattere socio-culturale, è possibile ora approcciarsi in

modo più consapevole ai testi che veicolano questa realtà francese, sempre in fermento e

tutt’altro che omogenea. A seguire, perciò, si prenderanno in esame alcune canzoni che si

ritengono rappresentative sia del mondo hip-hop nelle sue tematiche tipiche e

112

Nel corso del “Freedom Concert”, tenutosi il 14 luglio 1995, il gruppo associa il fascismo alla polizia

francese nel corso delle loro canzoni sul palco. Nel novembre del 1996, i musicisti vengono condannati a tre

mesi di prigione, tre mesi di sospensione e sei mesi di divieto di performance. 113

Hamé, nome d’arte di Mohamed Bourokba è processato nel marzo del 2003 per aver diffamato la polizia

nazionale. Nel 2008 Hamé vince la causa, dedicata alla libertà di parola nella nazione. 114

Si ricordino i cosiddetti “Émeutes des banlieues de 2005”, ossia le sommosse dei sobborghi parigini che

hanno luogo nel 2005 a seguito della morte di due adolescenti nord-africani, sfociate in atti di vandalismo per

quasi un mese anche in altre regioni della Francia.

Page 51: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

fondamentali, sia del mondo dei giovani in cui l’impiego dell’argot e del verlan gioca un

ruolo ludico e criptico allo stesso tempo (permettendo così di vedere concretizzati la

maggior parte dei loro aspetti analizzati in questa trattazione).

Come fonte di riferimento per i brani musicali si utilizzeranno i siti www.rap2france.com

e www.parolesmania.com. Inoltre, per facilità e linearità di ragionamento decidiamo di

partire da quelle canzoni “socialmente impegnate”, i cui messaggi hanno valore di protesta

e denuncia sociale, politica o culturale. Si sottolineeranno, infine, quelle sezioni degne di

nota per l’analisi specifica di ciascuna canzone.

«Ma France à moi elle parle fort,

elle vit à bout de rêves,

Elle vit en groupe, parle de bled et

déteste les règles,

Elle sèche les cours, le plus souvent

pour ne rien foutre,

Elle joue au foot sous le soleil

souvent du Coca dans la gourde,

C'est le hip-hop qui la fait danser sur

les pistes,

Parfois elle kiffe un peu d'rock,

ouais, si la mélodie est triste,

Elle fume des clopes et un peu

d'shit, mais jamais de drogues dures,

Héroïne, cocaïne et crack égal

ordures,

Souvent en guerre contre les

administrations,

Leur BEP mécanique ne permettront

pas d'être patron,

Alors elle se démène et vend de la

merde à des bourges,

Mais la merde ca ramène à la mère

un peu de bouffe, ouais.

Parce que la famille c'est l'amour et

que l'amour se fait rare

Elle se bat tant bien que mal pour les

mettre à l'écart,

Elle a des valeurs, des principes et

des codes,

Elle se couche à l'heure du coq, car

elle passe toutes ses nuits au phone.

Elle parait faignante mais dans le

fond, elle perd pas d'temps,

Certains la craignent car les médias

s'acharnent à faire d'elle un cancre,

Et si ma France à moi se valorise

c'est bien sûr pour mieux régner,

Elle s'intériorise et s'interdit de

saigner. Non...

C'est pas ma France à moi cette

France profonde

Celle qui nous fout la honte et

aimerait que l'on plonge

Ma France à moi ne vit pas dans

l'mensonge

Avec le coeur et la rage, à la

lumière, pas dans l'ombre.

Refrain(x2)

Ma France à moi elle parle en SMS,

travaille par MSN,

Se réconcilie en mail et se rencontre

en MMS,

Elle se déplace en skate, en scoot ou

en bolide,

Basile Boli est un mythe et Zinedine

son synonyme.

Elle, y faut pas croire qu'on la

déteste mais elle nous ment,

Car nos parents travaillent depuis 20

ans pour le même montant,

Elle nous a donné des ailes mais le

ciel est V.I.P.,

Peu importe ce qu'ils disent elle sait

gérer une entreprise.

Elle vit à l'heure Américaine, KFC,

MTV Base

Foot Locker, Mac Do et 50 Cent.

Elle, c'est des p'tits mecs qui jouent

au basket à pas d'heure,

Qui rêve d'être Tony Parker sur le

parquet des Spurs,

Elle, c'est des p'tites femmes qui se

débrouillent entre l'amour,

les cours et les embrouilles,

Qui écoutent du Raï, Rnb et du

Zouk.

Ma France à moi se mélange, ouais,

c'est un arc en ciel,

Page 52: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Elle te dérange, je le sais, car elle ne

te veut pas pour modèle.

Refrain x2

Ma France à moi elle a des halls et

des chambres où elle s'enferme,

Elle est drôle et Jamel Debbouze

pourrait être son frère,

Elle repeint les murs et les trains

parce qu'ils sont ternes

Elle se plait à foutre la merde car on

la pousse à ne rien faire.

Elle a besoin de sport et de danse

pour évacuer,

Elle va au bout de ses folies au

risque de se tuer,

Mais ma France à moi elle vit, au

moins elle l'ouvre, au moins elle rie,

Et refuse de se soumettre à cette

France qui voudrait qu'on bouge.

Ma France à moi, c'est pas la leur,

celle qui vote extrême,

Celle qui bannit les jeunes, anti-rap

sur la FM,

Celle qui s'croit au Texas, celle qui à

peur de nos bandes,

Celle qui vénère Sarko, intolérante

et gênante.

Celle qui regarde Julie Lescaut et

regrette le temps des Choristes,

Qui laisse crever les pauvres, et met

ses propres parents à l'hospice,

Non, ma France à moi c'est pas la

leur qui fête le Beaujolais,

Et qui prétend s'être fait baiser par

l'arrivée des immigrés,

Celle qui pue le racisme mais qui

fait semblant d'être ouverte,

Cette France hypocrite qui est peut

être sous ma fenêtre,

Celle qui pense que la police a

toujours bien fait son travail,

Celle qui se gratte les couilles à

table en regardant Laurent Gerra,

Non, c'est pas ma France à moi,

cette France profonde...

Alors peut être qu'on dérange mais

nos valeurs vaincront...

Et si on est des citoyens, alors aux

armes la jeunesse,

Ma France à moi leur tiendra tête,

jusqu'à ce qu'ils nous respectent.»

Questa canzone è stata scritta dalla cantante francese di origini cipriote Mélanie

Georgiades, conosciuta come Diam’s. Il brano fa parte dell’album Dans ma bulle,

pubblicato nel 2006; il suo significato si può racchiudere nel concetto di rifiuto della

Francia per come è attualmente. La cantante ripete in modo indignato che quella che viene

presentata agli occhi del mondo non è la vera Francia, quella che lei vive; vorrebbe che i

suoi valori fossero rispettati e non messi da parte da chi è al potere. Particolarmente

significative risultano essere le ultime due righe, nelle quali Diam’s incita i cittadini, la

gioventù soprattutto, alle armi, per tener testa a questa Francia, finché essi non verranno

rispettati. Si tratta di un appello, non tanto violento, quanto pacifico, al risveglio culturale

del popolo, in nome della libertà di pensiero, dei valori e del rispetto per la diversità. Dal

punto di vista linguistico, oltre a notare un uso frequente di termini inglesi e sigle come

“MTV”, “KFC”, “Foot Locker”, “V.I.P.” “shit”, “SMS”, “MSN”, “MMS” e “BEP” (brevet

d’études professionnelles), vi sono alcuni lemmi di carattere argotico: bled (“soldi”), kiffe

(“amare”, da kiffer), clopes (“sigarette”), bourges (“borghesi”), bouffe (“cibo”), scoot

(“scooter” troncato) e l’espressione puer le racisme, che significa “essere razzista”.

Page 53: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

«À l'ombre du Show-Business

Combien de temps? Combien de

temps?

Vont ils étouffer notre art

Combien de temps?

Vont-ils se partager les victoires de

la musique

On s'en fout on est réels nous, t'es

fou toi

Ils tentent d'étouffer notre art faut

être honnête

Ils refusent de reconnaitre qu'en ce

siècle

Les rappeurs sont les héritiers des

poètes

Notre poésie est urbaine, l'art est

universel

Notre poésie est humaine

Nos textes sont des toiles que

dévoilent nos mal-êtres

des destins sans étoiles

Nos lettres, photographies des

instants

Deviendront des témoins chantant le

passé au présent

Un piano, une voix tu vois l'art des

pauvres n'a besoin que de ca

Je rappe à la force des mots sans

artifices

Moi c'est à force de mots que j'suis

artiste

J'pratique un art triste, tristement

célèbre

Car c'est à travers nos disques que la

voix du ghetto s'élève

Mon rap est un art prolétaire alors les

minorités y sont majoritaires

Mais comme tout art je pense que le rap

transcande les différences

Rassemble les cœurs avant les corps

Faisant des corps des décors

Mettant les cœurs en accord

À l'ombre du show business

À l'ombre du show business

[…]

J'écris des poésies de larmes

Des pluies de pleurs

ils veulent tuer mon art

Mais mes oeuvres demeurent

A l'ombre du show business mes

vers sont des éclats

Qui rayonnent sur les cœurs

C'est pas grave s' ils m'écartent

J'ai grandi sur du verglas

Ou chaque chute peut être fatale

Dans le balais des balles

Dans le dialogue du métal

La France nous à mis de coté

Je l'ai écris ce qu'on ressent quand

on est rejetté

Sans pudeur je l'ai décrit

T'es fouuuuuuuu toi

Ca fait 20 ans qu'on chante la

banlieue

20 ans qu'ils décrient nos écrits en

haut lieu

20 ans qu'ils étouffent nos cris

Qui transcrivent les crispations des

cœurs en crise

et les conditions de vie de nos frères

en prison

20 ans qu'on ouvre des fenêtres sur

des avenirs sans horizons

20 ans qu'on pose nos mains sur des

plaies ouvertes qui saignent le rejet

Car l'égalité des chances n'est qu'un

projet.

[…]»

Ecco qui, invece, un estratto di una canzone di Kery James, rapper, cantautore e ballerino

francese, nato nelle Indie orientali da genitori haitiani; tratto dal cd À l’ombre du show

business, il brano porta il medesimo titolo e, nonostante non sia un esemplare significativo

per quanto riguarda l’uso dell’argot, è molto interessante dal punto di vista contenutistico e

concettuale. Vi è infatti racchiusa, se così si può dire, l’ideologia di questo artista circa la

musica e il rap: egli ritiene che i rapper siano gli eredi dei poeti che compongono la loro

Page 54: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

poesia su delle tele, e che portano l’onere di testimoniare la realtà umana. Le parole sono,

di conseguenza, gli strumenti della sua arte e quest’ultima ha il compito di trascendere le

differenze di classe e di razza. Kery James si dichiara, sempre nel testo, voce e portavoce

della banlieue; tuttavia, malgrado ogni possibile e disperato tentativo, la società farà sì che

la sua musica resti nell’ombra, poiché “l’uguaglianza delle possibilità non è altro che un

progetto”. Il rap di questo cantante vuole essere profondamente urbano, vuole esprimere la

sofferenza dell’emarginazione per coloro che non hanno la possibilità di avere un futuro

prospero, vuole essere un’arte proletaria contro il monopolio in generale. Questa canzone

descrive molto bene la situazione, seppure possa sembrare fin troppo drammatica e

pessimistica, di quelle comunità d’immigrati che vivono ai margini della società; l’unico

mezzo di sfogo ed identità si può trovare nella musica e nell’arte del rap.

«Aujourd'hui sera le dernier jour de

mon existence

La dernière fois que je ferme les yeux

Mon dernier silence

J'ai longtemps cherché la solution à

cette nuisance

ça m'apparait maintenant comme une

évidence

Fini d'être une photocopie

Finis la monotonie, la lobotomie

Aujourd'hui je mettrais ni ma

chemise ni ma cravate

J'irais pas jusqu'au travail, je

donnerais pas la patte

Adieu les employés de bureau et leur

vie bien rangée

Si tu pouvais rater la tienne ça les

arrangerait

ça prendrait un peu de place dans leur

cerveau étriqué

ça les conforterait dans leur

médiocrité

Adieu les représentants grassouillets

Qui boivent jamais d'eau comme si il

ne voulaient pas se mouiller

Les commerciaux qui sentent

l'aftershave et le cassoulet

Met de la mayonnaise sur leur

mallette ils se la boufferaient

Adieu les vieux comptables séniles

Adieu les secrétaires débiles et leurs

discussions stériles

Adieu les jeunes cadres fraîchement

diplômés

Qu'empileraient les cadavres pour

arriver jusqu'au sommet

Adieu tous ces grands PDG

Essaies d'ouvrir ton parachute doré

quand tu te fais défenestrer

Ils font leur beurre sur des salariés

désespérés

Et jouent les vierges effarouchées

quand ils s'font séquestrer

Tous ces fils de quelqu'un

Ces fils d'une pute snob

Qui partagent les trois quarts des

richesses du globe

Adieu ces petits patrons

Ces beaufs embourgeoisés

Qui grattent des RTT pour payer

leurs vacances d'été

Adieu les ouvriers, ces produits

périmés

C'est la loi du marché mon pote, t'es

bon qu'à te faire virer

ça t'empêchera d'engraisser ta gamine

affreuse

Qui se fera sauter par un pompier,

qui va finir coiffeuse

Adieu la campagne et ses familles

crasseuses

Proche du porc au point d'attraper la

fièvre aphteuses

Toutes ces vieilles, ses commères qui

se bouffent entre elles

Ces vieux radins et leurs économies

de putes d'bouts de chandelles

Adieu cette France profonde

Profondément stupide, cupide,

inutile, putride

C'est fini vous êtes en retard d'un

siècle

Page 55: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Plus personne n'a besoin de vous

bande d’incestes

Adieu tous ces gens prétentieux dans

la capitale

Qu'essaient de prouver qu'ils valent

mieux que toi chaque fois qu'ils

t'parlent

Tous ces connards dans la pub, dans

la finance

Dans la com', dans la télé, dans la

musique dans la mode

Ces parisiens, jamais contents,

médisants

Faussement cultivés, à peine

intelligents

[…]»

Il testo sopra riportato è stato composto dall’artista rap Orelsan e fa parte dell’album Le

Chant des sirènes pubblicato nel settembre 2011. Gli argomenti qui affrontati si discostano

da quelli presentati dalla canzone precedente, non tanto perché non si ha più a che fare con

una critica alla società, quanto perché qui la critica riguarda un po’ tutte le persone:

Aurélin Cotentin, meglio conosciuto come Orelsan, è un cantante che fonda il suo

cosiddetto “flow” su uno stile molto crudo, a tratti omofobo, per cui non c’è da

meravigliarsi se tra le sue rime abbondano aspre accuse e contestazioni ad ogni tipo di

persona. In questo caso specifico, per esempio, egli immagina che sia l’ultimo giorno della

sua esistenza e decide di dire addio a tutti gli individui insulsi ed ipocriti della vita: “addio

agli impiegati degli uffici e alla loro vita ben sistemata, se tu potessi fallire la tua, ciò li

sistemerebbe”, “addio agli stupidi segretari e alle loro sterili discussioni”, “addio agli

stronzi imborghesiti”, “addio a questa Francia profonda, profondamente stupida, cupida,

inutile, putrida” e così via. Si tratta, in effetti, di una denuncia dei vizi, delle frivolezze e

delle bassezze umane. Ad inasprire questo scenario concorrono in modo del tutto

funzionale alcuni termini e locuzioni argotici come boufferaient (“mangiare”), beurre

(“soldi”), beaufs (“stronzi”), pote (“amico”), se faire sauter (“farsi scopare”), connards

(“stronzi”), pub (“pubblicità”, troncata) e la com’ (“comunicazione”, troncata). Essi vanno

intesi con un’accezione negativa e dispregiativa, talvolta ironica, ancor meglio

comprensibili se si ha la possibilità di ascoltare il tono di voce indignato del cantante

stesso.

«(Refrain) Ce qui nous anime c'est

le combat qu'on doit mener

Facile d'être lâche et d'abandonné

Laisse moi t'en parler

De les déranger

Tout ça doit changer

J'ai le goût amer de la défaite sa

mère

La bouche pâteuse, la gerbe

A remplacer le venin je deviens ce

que j'ai pas voulu être

J'ai voulu mettre un coup de frein

j'ai fini dans les roses

Les plus belles ont poussé dans la

merde on a mal fait les choses

C'est moi qui finit fané j'savais qu'il

fallait pas que je m'expose

Allez parlez moi j'm'en bats les

baloches tout mes ennemis

voudraient que je raccroche

Page 56: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Les crampons, grand con

Je te raccroche le pif tu me fais mal

à la caboche la vie pue de la gueule

j'vais pas la galoche!

Rap à la Gavroche, on vient pas

passer la pommade

Dans les manifs c'est pas des slogan

qui me faut c'est des grenades

Enfoiré faut bien les dissuader c'est

comme ça qu'on négocie

Les boss qui licencient séquestrez-

les dans les usines

Ne me demande pas de pissé j'ai du

THC dans les urines

On subit mais on sublime l'adversité

faut la souligné

On est blacklistés et nos blases ils

les ont surlignés

On se fait disquetté il tentent de

nous faire oublier

(Refrain)

Je viens de parler de ma mère, de

mes khoyas, de mes criminel en

herbes

6 du mat' paire de menottes, ce que

le diable nous réserve

Ouvre les yeuz vas-y prend note, tu

veux parler

Vas-y parle bien sinon shut up

Je viens parler de mes potes qui

aiment traîner tard le soir oui soirée

réné

Classico et tous déchaînés tends la

patte gauche a néné

Oui des mosquée sous scellé, d'une

religions grillé

Qu'est ce que la laïcité quand on doit

se cacher pour prier

Et parlez a voix haute, je viens

parler a voix basse

Fils de lâche me traite d'immigré

aimerais dénigrer ma race

Parle d'une époque de bé-chtar, un

polar de gens soumis où le chef

d'état prend le peuple pour Katsumi

Te parler de Mohamed Bouazizi

d'un peuple déçu

Je te parle de mon bled d'un

dictateur déchu

Oui à croire qu'on a ce qu'on mérite,

histoire et périple mais c'est rien

Tuez-les tous Dieu reconnaîtra les

siens […]»

La canzone appena riportata, “J’te parle” di Sniper, è molto interessante sotto parecchi

punti di vista. Innanzitutto bisogna precisare che non si tratta di un solo rapper, bensì di un

gruppo composto da quattro cantanti provenienti dalla Tunisia, dall’Algeria, dall’isola

della Riunione115

e dalla Francia; tale dato risulta rilevante in considerazione dei temi da

essi affrontati. L’intento è quello di formare un’unione di etnie differenti contro le

ingiustizie sociali, i pregiudizi religiosi e di razza (“oui des mosquée sous scellé, d’une

religions grillé, qu’est ce que la laïcité quand on doit se cacher pour prier”); ancora una

volta si è di fronte ad un appello e ad un impegno attivo in nome dei diritti e delle libertà di

espressione. In secondo luogo, la denuncia avviene, anche in questo testo, attraverso la

forza di parole ed espressioni derivanti dall’argot e dal verlan: j’m’en bats les galoche

(“me ne sbatto le palle”), crampons (traducibile eufemisticamente in “rompiscatole”), con,

pue de la gueule (“avere un alito cattivo”), manifs (“manifestazioni”), enfoiré (intensifica

un insulto), blases (“nomi”), en herbe (“principianti”), mat’ (“mattino”), potes, bé-chtar

(“pazzo” in verlan), polar (“cazzo”) e bled (“paese d’origine”). La durezza delle accuse è

115

Si tratta di un’isola nel mar indiano, ad est del Madagascar, appartenente amministrativamente alla

Francia.

Page 57: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

maggiormente inasprita dall’inserimento di parole come shut up, blacklistés e khoyas (un

cibo indiano a base di latte). È proprio tale impiego che ci permette di notare un certo

distacco tra un linguaggio criptico quale l’argot e un registro linguistico quale può essere lo

slang: infatti, l’uso di parole inglesi potrebbe sì far pensare al fatto che l’argot è incline ad

assorbire sotto forma di prestiti termini di origine straniera, tuttavia, nel momento in cui

questi ultimi non vengono sottoposti a processi di trasformazione linguistici, non

acquisiscono quel valore che permette a chi li usa di sentire una precisa ed intima

appartenenza al proprio gruppo, anche perché manca quell’elemento di segretezza ed

indecifrabilità che contraddistingue il vocabolario argotico. È evidente che dire crampons

assume una sfumatura molto più criptica ed incomprensibile che dire disquetté. Pertanto,

sarebbe forse più giusto classificare queste voci come “semplice” slang piuttosto che argot.

«Comme tout l'monde je vis ma vie

Avec Joe Black aux fesses

Des montagnes de soucis qu'on ne

monte pas en tire-fesses

Des devoirs qu’on néglige,

ou des choix qu'on regrette

Un gros appétit qui ne bouffe que des

miettes, oui mec..

J'ai connu la dalle, faut qu'mon fils

connaisse la graisse

Comme tout le monde j'ai fait du mal

Faudrait bien que je me confesse

Avant que tout s'écroule, a ma mère

lui faire un building

La vie ça donne des coups laisse moi

faire du body-building.

Besoin d'avoir du standing avec une

standing, mec Ovation

Après le ding ding dong mec, pour

ma zone

Faire le tour du monde avec mes

camarades

Squatter les hits parade avec mes

Khalalaa

La vie c'est voyager pour rire pas des

bougies d'anniversaire qu'on éteint

avec des soupirs

Fini de voir nos yeux faire les

Canadair vivons vite nos médailles

avant qu'il nous reste que les revers!

M’babaa !

J'ecris ça comme un livre où les

pages se terminent

J’ai plus le temps car je dois m’en

aller loin de là

avant que je fly fly fly j'ai besoin de

time, time, time

briller dans le ciel devenir un

symbole

déployer mes ailes que je m'envole

faudra bien que je fly fly fly j'ai

besoin de time, time, time

Oui mec j'ai besoin de time avant que

mon âme fly

tu sais j'ai pas la voiture moi de

Martin McFly

Donc dit toi qu'c'est maintenant que

je dois bien faire mes baills

si la vie me crève les yeux t'inquiète

j'la vivrai en Braille

il y a tellement de chose à vivre

tellement de chose à voir moi

j'ai besoin de beaf trop, trop besoin

de gloire

car avant de remplir mon bide j'dois

remplir celui du bled

aider mon bidonville pour qu'il se

pèse après un rêve moi

J'ai besoin de voir ou le soleil se

couche

Quitter ce goût de goudron qu'on a

tous dans la bouche

tellement de promesse à tenir de

chose à accomplir

besoin d'emmagasiner de

magnifiques souvenirs

mais dis moi qui au fond sait quand

je partirai

donc laisse moi vivre à l’ombre sous

une belle palmeraie

avec tout mes potes, ma famille à

mes côtés

Page 58: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

j'ai besoin de leurs love pour savoir

qu'j'ai existé

[…]»

Con questa canzone iniziamo l’approfondimento sul secondo blocco di testi, che potremmo

dire “meno impegnati socialmente”, dal momento che i loro rispettivi artisti focalizzano la

loro attenzione non esclusivamente sulla denuncia e sulla critica della società, bensì mirano

ad esprimere i problemi e le loro difficoltà in una dimensione più limitata e personale. Ciò

non toglie che anch’essi possano voler trasmettere al loro pubblico dei messaggi di

disapprovazione e malcontento per quanto riguarda le comunità e le condizioni in cui

vivono. La distinzione nasce soprattutto dal fatto che questa musica, nel suo complesso,

risulta apparire (ma non è detto che nell’intento degli artisti vi sia tale corrispondenza) più

commerciale, dai toni meno accesi ed indirizzata ai giovani, i quali hanno la possibilità di

identificarsi con un linguaggio moderno e argotico (in una prospettiva, forse, più ludica di

quella percepibile precedentemente).

Il brano si intitola Fly, dell’album Le Corbeau, composto dal rapper francese di origini

comoriane Soprano, nome d’arte di Saïd M’Roubaba. Leggendo le rime della canzone si

può capire perché si è parlato di “dimensioni” ridotte: il cantante non parla tanto della

società in generale, quanto del suo gruppo di “camarades”, della sua “zone”, della sua

“famille”. Ciò non significa che si è di fronte ad una mentalità più provinciale o meno

drammatica rispetto al quadro finora presentato dagli altri rappresentanti della scena rap

francese: forse Soprano desidera semplicemente circoscrivere i problemi generali alla sua

vita quotidiana personale, parlando in modo più diretto delle difficoltà delle banlieue, come

se la sua esperienza potesse essere rappresentativa di molte altre realtà locali esistenti. A

questo proposito è appropriato constatare che egli è nato e vive tuttora a Marsiglia, una

città con una ricca storia di immigrazione e convivenze multietniche. Per quanto riguarda,

invece, l’aspetto più “giovanile” di questo brano, di cui si accennava in precedenza, si

possono notare i frequenti usi di parole inglesi quali fly (dal titolo stesso), standing, body-

building, squatter, ma anche dell’argot con parole molto conosciute tra gli adolescenti

francesi, come bled, bouffe, dalle (“fame”), beaf (“soldi”), bide (“pancia”). Da notare come

esse facciano parte delle sfere tipiche di cui l’argot si è sempre occupato, ossia quella della

fame, della povertà e della miseria. In conclusione, sebbene possa sembrare che il rapper

sia più distaccato e meno coinvolto emotivamente nelle grandi questioni sociali e culturali,

è grazie all’uso di questo vocabolario semplice ma pieno di “vissuto” che l’ascoltatore

Page 59: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

riesce a percepire meglio il messaggio, aiutato anche dal fatto che il linguaggio possiede un

approccio più alla moda con cui ci si può immediatamente identificare.

«As salam alaykoum, wa alaykoum

salam

Whatever your religion, kiss the ring

on the Don

Bienvenue dans mon 78

Les vendeurs les compet'

Les balances se font rosser devant les

keuf fais pas la trompette

Nous on fume la paki

Adeptes de car-jacking

On peut passer la nuit la semaine

toute l'année sur un parking

Les rebellions les cocktails

Tournantes hôtel

Ici l'argent est sale mais nos avocats

font la vaisselle

Mantes-la Tuerie

Sartrouville Poissy

Pour les sans papiers ouais tous les

chemins mènent à Roissy

Chanteloup les vignes

Aux anciens d'ma ville

Welcome dans les Yvelines où la

poisse demande asile

Mangeurs de re-pie

Ici on s'contente d'un rien

Bâtiments détruits mais nos

mâchoires n'y sont pour rien

Tribunal de Versailles

Lance-ba représailles

Tu peux me voir a Trapes galérien et

truand comme Morsay

Sheytan tire vers le bas

La Sunna vers le haut

J'reste entre les deux à bikrave du

shit sous un préau

As-Salamu Alaykum,

Wa `alaykums-salām

As-Salamu Alaykum,

Wa `alaykums-salām

On a laissé quelques plumes verser

quelques larmes

J't'ai commencé aux poings j't'ai finit

à la lame

As-Salamu Alaykum,

Wa `alaykums-salām

As-Salamu Alaykum,

Wa `alaykums-salām

Ne me demande pas pourquoi la

concurrence khaf,

Reuf

J’me rappelle des Gremlins aux

Mureaux

Fréro Sarajevo

Les chars rade d’essence

complètement fonse-dé voitures

lé-vo

Nuit blanche a Bois D’Arcy

Braquage de pharmacie

Caillera comme ingrédient ça fait

vite des prisons farcies

Les potos d’Elancourt

78 Guyencourt

Ca bikrave des litrons ouais les tipeu

n’vont plus en cours

Commissariat brulé

Putain d’rebellion

Nique sa mère la lune frère on veut

viser le million

Expression Direkt, lyrics de Kertra

Les ti-peu peura devant le hall avec

ou sans contrat

4eme et des soutiens

3eme insertion

Trafiquant réunion agression et

séquestration

On va plus en classe

Nous on veut des tass

Frère il n’y a qu’un O entre l’audace

et le Dass

Parfois je gagne du temps

Souvent je perds des refrès

En souvenir du passé, Bram’s repose

en paix […]»

Ecco qua un altro frammento di testo musicale degno di nota: Bienvenue dans le 78 del

rapper originario del Marocco, La Fouine (Louni Mouhid). È necessario premettere che lo

Page 60: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

stile di rap è un po’ differente rispetto a Fly, visto che qui ci si avvicina molto al genere

gangsta, in cui la violenza, le armi, il sesso e la corruzione sono argomenti ricorrenti.

Ciononostante, la prima cosa che salta all’occhio è il ritornello, introdotto sin dall’inizio,

che si rifà ad un tipico saluto arabo in uso tra i musulmani che significa

approssimativamente “sia la pace con te, che anche la pace e la salute siano con te”. Tale

scelta “poetica” è significativa ma non stupisce, se si considera che la musica di La Fouine,

data la sua discendenza magrebina, è costellata da riferimenti alla lingua e alla cultura

araba. Richiamando i concetti esposti nel capitolo precedente, si può capire che siamo

davanti ad un esempio pratico e palese dell’espressione del mondo e delle comunità arabe

presenti in Francia. Tutte le idee ed i sentimenti di solidarietà, coesione, difesa sociale,

eccetera, di cui si è parlato, confluiscono ora nel rap, costruendo una realtà specifica e

comprensibile ai soli cosiddetti iniziati. Non a caso, questa canzone risulta di complicata

decifrazione: numerosi sono i riferimenti a personaggi rap, ad elementi geografici, ad

esperienze vissute nella realtà (anche virtuale, sebbene qui l’accostamento possa sembrare

paradossale) del cantautore. Un altro fattore che incrementa l’aspetto criptico è l’uso

abbondante di argot e verlan, anch’essi perfettamente contestualizzati nella vita del ghetto

per quanto riguarda la sfera semantica: keuf (“poliziotto”), paki (“erba pakistana”), re-pie

(“pietra”), lance-ba (“bilancia” o “infischiarsene”116

), galérien (“difficile”), bikrave

(“rubare droga”), khaf (“essere eretico”), reuf (“fratello”), fonse-dé (“sfondato”), lé-vo

(“rubate”), caillera (“delinquenti”), potos, litrons (“litri di vino”), tipeu (“i giovani, i

piccoli”), nique (“scopare”), peura (“rap”) e tass (“puttane”). Chi riesce, dunque, a

comprendere tutte le parole e tutti i riferimenti interni al testo realizza che l’intento

implicito è quello di insultare in modo celato, ma allo stesso tempo volgare, i nemici della

vita quotidiana, e di esaltare la giustizia (nei confronti dei rivali nelle lotte del ghetto) e lo

spirito di coesione del proprio gruppo per mezzo di uno strumento caustico e pungente

come il codice linguistico e criptico dell’argot/verlan. In tutto questo, si può evincere un

certo senso di compiacimento nel trovare le giuste rime mordaci e i giusti riferimenti

linguistici per offendere il proprio bersaglio. Dal punto di vista di un’analisi linguistica,

sono di rilievo i casi di verlan come tipeu, derivato da petit, peura, da rap con un’ aggiunta

di coppia vocalica (per essere preciso, il processo esatto è stato: rap > rap-eu > peu-ra) e

reuf, da frère (frère > frèreu >reu-frè > reuf).

116

Il contesto risulta piuttosto oscuro per poter dare una traduzione precisa ; tuttavia, sembrerebbe più adatta

la seconda opzione fornita, dal momento che in quel significato il termine di partenza, balance, ha

un’accezione argotica.

Page 61: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

«On prétend pas être des modèles

pour les gosses

Ni pour personne d'autre !

On tiens juste à dire que... le pont

qui mène au succès

Est un pont fragile

J'ai demandé pardon sans qu'on

puisse me l'accorder

J'ai demandé ma route sans qu'on

puisse me l'indiquer

J'ai troqué mes études contre un

disque de platine

Tout en sachant qu'tôt ou tard ton

public te piétines

J'ai vu les choses en grand, j'ai du

temps, j'ai du talent

Je reste sur mes gardes, je n'suis

qu'un homme

Ça capture mon image dans des 7D

Canon

Tout ça j'le fais pour moi, ceux qui

doutent et la daronne

J'ai pété les plombs ! (J'ai pété les

plombs)

J'ai quitté l'école ! (J'ai quitté l'école)

Si seulement tu savais (Si seulement

tu savais)

Tout le mal que je garde (Tout le

mal que je garde)

(Refrain) C'est ma direction !

J'ai pété les plombs, sans

abandonner ni baisser les bras

Plus d'nouvelles, batterie faible,

malédiction

Dorénavant, je vais de l'avant, c'est

ma direction

Ma direction

J'ai fuis les sonneries, les bruits

d'chaises

Moi j'cherchais d'autre style de

richesses

Du journal d'Anne Frank à c'lui

d'Bridget

J'ai jamais kiffé lire depuis qu'jai

12 piges, malgré les ratures j'gratte

le papier

C'est ma direction, j'me suis pas

éparpillé

Plaqué plus d'une fois, dos au re -mu

Trop fier pour demander d'l'aide au

RMI

Les srabs en guise de mif, l'estrade

en guise de but

Freiné par les fils de chhhut...

J'me souviens qu'à la base on voulait

même pas toucher d'blé

Ça rappait sale quand on s'entassait

tous chez le Blanc

Tu connais pas d'hypocrite, c'est

l'pro'

J'écrivais dans l'trom avant d'aller

m'casser l'dos

Aujourd'hui tout ça n'aurais pas

d'sens

Sans tout ce sacrifices, sans toute

cette patience

[…]»

Ma direction è una canzone del gruppo Séxion d’Assaut, uscita nel 2012 nel cd L’Apogée.

La band è composta da otto membri di varie origini (Senegal, Costa d’Avorio, Repubblica

Democratica del Congo, Guinea e Mali) ma cresciuti principalmente a Parigi. Tutto ciò ha

delle evidenti conseguenze sulla loro musica e sul loro stile in generale: essi hanno infatti

vissuto nelle banlieue e conoscono bene la situazione degli immigrati, degli emarginati e

dei poveri parigini. Con questo bagaglio di esperienza ed il loro background etnico-

culturale la loro musica costituisce, a livello concettuale, una sorta di via di mezzo tra il

primo e il secondo blocco designati all’inizio di questa analisi (una distinzione puramente

arbitraria, funzionale solamente ad un’illustrazione più ordinata, visto che non è facile

operare una netta divisione in considerazione di quella che è una percezione soggettiva

dell’intento di ciascun rapper e delle loro vere e proprie intenzioni ideologiche). La

dichiarazione all’inizio del brano riportato è significativa a questo proposito: essi non

Page 62: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

intendono essere un modello per i giovani e per nessun altro; vogliono unicamente

mostrare che il ponte che porta al successo è fragile. Ciò significa che, sebbene loro siano

riusciti a superare gli ostacoli della gioventù e della vita, non è detto che il peggio sia

passato, dato che l’essere famosi può comportare rischi ben più gravi, come la

discriminazione, le accuse infamanti (“plaqué plus qu’une fois, dos au re-mu”) e le

tentazioni dei soldi (“j’me souviens qu’à la base on voulait même pas toucher d’blé”). Per

essere più chiari, l’impiego del linguaggio argotico crea quella solidarietà ed unione

necessaria per difendere la forza e la coesione ottenuta con i sacrifici e le lotte. Si è voluto

prendere in esame questo gruppo poiché è possibile individuare un certo equilibrio tra,

appunto, la denuncia della società e la volontà di consolidarsi come comunità da sempre

messa da parte e vittimizzata dai valori comuni della massa e dei mass media, un equilibrio

tra la lingua francese standard e l’introduzione in essa di una serie di parole argotiche e

verlaniane, arabe e non: daronne (“mamma” ‒ è interessante notare che questa parola è

sopravvissuta nei secoli ed ha conservato il suo significato originario argotico fino ai giorni

nostri), pété les plombs (“diventato pazzo”), piges (“anni”), kiffé, gratte (“scrivere”), re-mu

(“muro”), srabs (“compagno”), mif (“famiglia”), blé (“soldi”), pro’ (“problemi”) e trom

(“metro”).

Nel presente capitolo si è voluto illustrare come si sviluppa il linguaggio dell’argot

contemporaneo in chiave hip-hop. È indiscutibile il fatto che la cernita dei temi, dei rapper

e delle loro canzoni non deve essere considerata in modo dogmatico, né univoco, poiché,

come si è detto più volte, la realtà è molteplice ed eterogenea. Non esiste un criterio

assoluto che permetta di stabilire quale elemento meglio rappresenti un fenomeno, come

non esiste, nella pratica concreta della lingua, una regola o una definizione che permetta di

dire che un termine è argot, slang, gergo o un semplice registro familiare; la chiave della

questione, si ritiene, sta nel valutare la percezione ed il valore che quella parola, quel brano

e quella espressione assumono nel contesto selezionato, tenendo presente il livello di

consapevolezza linguistica del parlante. Detto ciò, sembra che si sia data una chiara e

lineare visione di come è e di come viene usato l’argot ed il verlan, della loro funzione e

della loro portata a livello sociale e culturale. Purtroppo un lavoro di questo genere non

può mai considerarsi completo ed esaustivo al cento per cento, né dal punto di vista di

quanti brani vengono sottoposti ad indagine, né dal punto di vista semantico ed

etimologico dei lemmi argotici e verlaniani: questo, infatti, è dovuto all’infinita e grandiosa

capacità della lingua e dei linguaggi di essere in movimento, di mutare incessantemente le

loro forme e strutture, di adattarsi, di acquisire e di donare nuovi elementi: tutte

caratteristiche proprie, intrinseche ed essenziali dell’argot.

Page 63: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

CAPITOLO 4

Mini dizionario dell’argot contemporaneo

In questo capitolo si vuole presentare in maniera schematica quell’insieme di vocaboli che

appartengono al linguaggio argotico/verlaniano odierno e che sono maggiormente in voga

sia tra quelle comunità etnico-culturali di cui si è parlato in precedenza sia tra i giovani

francesi in generale. Bisogna precisare che l’elenco di parole di seguito riportate non

pretende di essere esaustivo e definitivo, poiché è possibile che non ci siano significati

univoci nei singoli lemmi, che ci siano trasformazioni semantiche degli stessi nel corso del

tempo, che ne nascano di nuovi, che ne scompaiano di altri o che subiscano cambiamenti

morfo-fonologici. Essendo, infatti, un corpo linguistico gergale in costante evoluzione, è

difficile cogliere una definizione assoluta di tali termini. Come principale fonte di

riferimento utilizziamo un sito internet che di per sé cerca di raccogliere il divenire di

realtà del linguaggio a dir poco eterogenee:

http://www.dictionnairedelazone.fr

Aps avv. Non (verlan di pas).

S’arracher v. Andarsene.

S’atchaver v. Andarsene.

Auch agg. Caldo (verlan di chaud)

Babtou s.m. Persona bianca europea

(verlan di toubab).

Bader v. Preoccuparsi, stressarsi,

angosciarsi (da bad, in inglese)

Bailles s.f. pl. Novità.

Bédaver v. Fumare haschish o

cannabis.

Béjèr v. Vomitare (verlan di gerber).

Belek s. Attenzione.

Béton v. Cadere (verlan di tomber).

Bled s.m. Paese d’origine.

Bicrave v. Vendere droga.

Beaf/Biff s.m. Soldi.

Biatch s.f. Prostituta (dall’inglese

bitch).

Bolos s.m. Vittima, sottomesso.

Bonasse s.f. Bella ragazza.

Bouillave v. Possedere sessualmente.

Boule s.m. Culo, posteriore.

Bebar s.f. Barba (verlan di barbe).

Caillasse s.f. Soldi.

Caillera s.f. Gentaglia (verlan di

racaille).

Cainfri s. Africano (verlan di africain).

Cainri s. Americano (verlan di ricain).

Caner v. Uccidere.

Carouf s.m. Supermercato Carrefour.

Céfran s.m. Francese d’origine (verlan

di français).

Cheum agg. brutto (verlan di moche).

Choper v. Arrestare, rubare, sedurre.

Page 64: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Condé s.m. Poliziotto.

Garette-ci s.f. Sigaretta (verlan di

cigarette).

Crasseuse s.f. Donna dai facili costumi.

Dalle s.f. Fame.

Damer v. Mangiare.

Daron-nne s. Padre, madre.

Dasse s.m. Sida (AIDS).

Dèp s.m. Omosessuale (verlan di pédé).

Derche s.m. Chiappe, ano, posteriore.

Deuspi agg. Veloce (verlan di speed).

Dikave v. Guardare, vedere.

Douiller v. Pagare.

Die/dead agg. Morto, stanco

(dall’inglese).

Faya agg. Stanco, drogato (dall’inglese

fire).

Feuj s. Ebreo (verlan di juif).

Feumeu s.f. Ragazza, donna (verlan di

femme).

Foncedé agg. Stanco, drogato, fatto

(verlan di défoncé).

Fouf s.f. Sesso femminile.

Foulek agg. Folle, pazzo.

Frais agg. Bello, forte, carino.

Gadji s.f. Ragazza, donna (dal romanì).

Gaméler v. Mangiare.

Garo s.f. Sigaretta.

Gavé avv. Molto, eccessivamente.

Genhar s.m. Soldi (verlan di argent).

Go s.f. Ragazza (deformazione di girl).

Golri v. Ridere (verlan di rigoler).

Grec s.m. Un panino greco.

Guedin agg. Folle, pazzo, sconvolto.

Hagra s.f. Miseria, ingiustizia

(dall’arabo).

Hèbs s.f. Prigione (dall’arabo).

Ienb agg. Bello (verlan di bien).

Ièp s. Piede (verlan di pied).

Kène v. Possedere sessualmente.

Kebla s. Persona di colore (verlan di

black).

Keuf s.m. Poliziotto (verlan di flic).

Keum s.m. Ragazzo (verlan di mec).

Kho s.m. Fratello, amico (dall’arabo).

Kiffer v. Amare, apprezzare.

Louper v. Perdere, mancare.

Lourde s.f. Porta.

Louze s. Giovane che segue la moda

hip-hop.

Love agg. Innamorato (dall’inglese).

Maille s.f. Soldi.

Maboul agg. Pazzo, folle.

Méfu v. Fumare (verlan di fumer).

Meuf s.f. Ragazza (verlan di femme).

Mec s.m. Ragazzo, uomo, amico.

Micheton s.m. Cliente di una prostituta.

Michto agg. Bene, buono,

apprezzabile.

Mifa s.f. Famiglia (verlan di famille).

N’importNawak loc. Qualunque cosa

(verlan di n’importe quoi).

Nawache s. Cinese, asiatico (verlan di

chinois).

Ouf agg. Folle, pazzo (verlan di fou).

Opé agg. Pronto (abbreviazione di

opérationnel).

Oseille s.f. Soldi, denaro.

Paname s. Parigi.

Pello/pélo s.m. Tizio, ragazzo,

individuo.

Péta v. Picchiare, rubare (verlan di

taper).

Pote/poto s.m. amico, compagno.

Page 65: Tesi 'Argot Ieri e Oggi'.pdf

Pushka s.m. Pistola, arma da fuoco (dal

romanì).

Rabza/rabzouz s. Arabo

Racli s.f. Giovane donna, ragazza (dal

romanì).

Relou agg. Pesante, noioso, seccante

(verlan di lourd).

Rebeu s. Arabo (verlan di beur).

Reuf s.m. Fratello (verlan di frère).

Reum s.f. Madre (verlan di mère).

Reup s.m. Padre (verlan di père).

Reus s.f. Sorella (verlan di sœur).

Schneck s.f. Sesso femminile

(dall’alsaziano schneck, “lumaca”).

Skeud s.m. Disco (verlan di disque).

Soir-ce loc. Questa sera (verlan di ce

soir).

Squémo s.f. Moschea (verlan di

musqué).

Squatter v. Occupare un posto per

protesta.

Taff s.m. Lavoro.

Tarpé s.m. Culo, spinello (dal verlan

pétard).

Tass s.f. Puttana.

Téma v. Guardare (verlan di mater,

parola argotica).

Teuf s.f. Festa (verlan di fête).

Tise s.f. Alcol.

Tromé s.m. Metropolitana (verlan di

métro).

Vénère agg. Nervoso, arrabbiato (dal

verlan énervé).

Wesh-wesh s. Giovane di città.

Zarbi agg. Strano (verlan di bizarre).

Zyva s. Giovane di città (in senso

negativo).

Zoulou agg./s. Giovane delinquente.

Da questo elenco è possibile estrapolare molti dei processi di formazione e trasformazione

di parole proprie dell’argot e del verlan, descritti nei capitoli precedenti. Si può inoltre

osservare che molte voci hanno un’origine, dunque un’etimologia, straniera: è in atto quel

fenomeno per cui da un lato il linguaggio ha bisogno di prestiti per conservare la propria

inintelligibilità e il fatto di essere alla moda (in chiave ludica), dall’altro si manifesta la

necessità di affermare l’identità etnica e culturale di quelle comunità d’immigrati che

fondano la propria coesione e senso di appartenenza proprio sull’unicità del loro modo di

comunicare. Un’ultima doverosa osservazione va fatta in merito all’ortografia; molte

parole possono presentarsi scritte in maniera diversa (per esempio genhar può comparire

anche come genar). Si può spiegare ciò tenendo presente che i gerghi presi in esame hanno

un uso prevalentemente orale, se contestualizzati nella realtà quotidiana delle banlieue e

dell Z.U.S., per cui la trasposizione scritta, come avviene nei testi delle canzoni, non è

sempre coerente ed univoca. Operazioni quali la verlanizzazione o la riverlanizzazione

sono quasi soggettivi e la trascrizione fonologica è piuttosto arbitraria e variabile.

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CAPITOLO 5

Conclusioni

Arriviamo, dunque, alle conclusioni di questa trattazione. Dal momento che si tratta di una

tesi, è evidente che si sia cercato di dimostrare qualcosa, di argomentare una presa di

posizione a partire da alcune ipotesi, considerazioni e dati di fatto tramite la deduzione.

Che cosa si è voluto sostenere allora? A partire da un’analisi storico-sociologica dell’argot

si è provato a spiegare quale è stata l’evoluzione che ha portato all’argot contemporaneo.

Si sono forniti alcuni esempi concreti di linguaggio argotico così da identificare gli

specifici processi morfo-fonologici che consentono tuttora l’esistenza di un tale gergo

criptico. Si sono illustrati i campi di applicazione e di uso più frequente di tale genere di

fenomeno linguistico. In generale, si è voluto mostrare quanto la lingua francese sia attiva

e in fermento sotto il punto di vista del dibattito metalinguistico e quanto sia importante la

forza che viene attribuita dai parlanti ai vari strumenti comunicativi, i quali diventano

simbolo ed espressione di culture, mentalità, classi sociali e movimenti artistici.

Una volta accertata la natura dell’argot, le sue ragioni linguistiche e sociologiche, è stato

possibile osservare la sua innata dinamicità all’opera. È tuttavia risultato arduo ed

improbabile, proprio per questa sua essenza mutevole, ricavarne un modello assoluto:

all’interno delle sue stesse realtà molteplici non esiste una precisa uniformità, poiché si è di

fronte alla necessità di consolidare la propria unicità e identità sociale, culturale ed etnica.

L’argot è un codice linguistico che, per mezzo della sua incessante evoluzione, funge da

scudo sociale in contesti molto particolari quali le zone urbane, periferiche e talvolta rurali

di tutta la Francia. Si è poi visto il ruolo dell’immigrazione e dell’hip-hop nel definire il

volto della cultura argotica moderna: più precisamente, la musica rap rappresenta il canale

perfetto nella trasmissione di quei messaggi socialmente impegnati che, facendo leva sui

concetti di giustiza, uguaglianza e libertà, costituiscono un appello e una fonte di

ispirazione per le generazioni di giovani francesi.

Si è voluto infine dimostrare che, nonostante sia possibile criticare la modernità (che con la

globalizzazione potrebbe portare a trascurare e, in ultima istanza, a perdere le tradizioni

culturali, che iniziano sempre dal soggetto della “lingua” di un paese, in quanto la lingua è

il primissimo mezzo di comunicazione), esistono casi attuali (la Francia) in cui il conflitto

tra lingua standard e le sue varietà genera un arricchimento, una fusione di culture e la

possibilità creare fertili realtà linguistiche.

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