TERRA - quotidiano - 22/02/2011

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9 7 7 2 0 3 6 4 4 3 0 0 7 1 0 2 2 2 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Dalle città Milano: disastro del Lambro, un anno dopo Napoli: Con “A onE project”, le opere diventano virtuali Alle pagine 8 e 9 Che gli investimenti nel settore della green economy non rappre- sentino un freno allo sviluppo co- me sostenuto dagli oltranzisti del- la “crescita prima di tutto” è sta- to dimostrato ormai da tempo. Il nuovo rapporto dell’Unep, il Pro- gramma delle Nazioni unite per l’Ambiente, presentato ieri a Nai- robi, prova, dati alla mano, che la necessità di una “svolta verde” nel modo di gestire le risorse da par- te dei governi non è solo una que- stione qualitativa ma anche di quantità: traghettando l’econo- mia mondiale dall’attuale modello a un paradigma centrato sull’eco- sostenibilità si potrebbe infatti aumentare la ricchezza globale e creare milioni di posti di lavoro. Paolo Tosatti Segue a pagina 7 Nazioni Unite: la crescita globale passa per il verde Green economy Denuncia Salute Energia 5 «Questo Sistri è un disastro». Le piccole e medie imprese bocciano il nuovo sistema informatico di controllo dei rifiuti. «Troppe disfunzioni» 6 Ddl Calabrò, prosegue la protesta. E oggi a Strasburgo la sentenza sul divieto di fecondazione eterologa previsto in Austria 10 A cavallo tra Puglia e Campania c’è il più grande parco eolico d’Italia. Ma non mancano le polemiche per l’impatto ambientale La legge ha dieci anni, ma i decreti ancora non ci sono Servizi a pagina 2 e 3 Elettrosmog l 22 febbraio del 2001, dopo una mobilitazione durata anni e un forte impegno dei Verdi in Parlamento, l’Italia varò la leg- ge quadro per la tutela sanitaria dall’inquinamento elettro- magnetico. Entro due mesi sarebbero dovuti seguire, per rendere la normativa pienamente operativa, undici decreti attuativi. Ma ad oggi alcuni di quei provvedimenti non sono mai stati conver- titi. «Quella sull’elettrosmog è di fatto una riforma incompiuta», spiega Giuseppe Teodoro della Rete nazionale Elettrosmog free. Intanto, giovedì la Corte di Cassazione si pronuncerà a Roma su quella che viene definita la “madre di tutte le battaglie” contro l’inquinamento elettromagnetico: quella contro gli impianti di Radio Vaticana. I Servizi alle pagine 4 e 5 RIVOLUZIONE E STAGFLAZIONE In fondo Siccome il premier italiano tro- vava disdicevole chiamare l’ami- co Gheddafi (e disturbarlo mentre fa strage di manifestanti), c’hanno pensato i mercati a farla la chia- mata. Pagamento a carico del de- stinatario: noi. Così ieri Eni, Uni- credit, e una serie di aziende ita- liane correlate hanno puntato a sud per lasciare sul terreno il 6% circa. Di conseguenza l’indice Fo- otsie di Milano si è guadaganto la maglia nera europea perdendo più del 3,5%. E sembra ieri, l’Italia che conta stava in fila a piazza di Sie- na, a Roma, ad applaudire la carica degli stalloni arabi dell’amico Mo- hammed. La questione comunque rischia di travalicare in maniera sostanziale la tragicomica politica estera ita- liana. Ieri i mercati mondiali han- no reagito: il Brent ha superato i 105 dollari al barile, mentre il West Texas ha superato quota 90. La dif- ferenza tra il petrolio del mare del nord e quello Usa, che normalmen- te non supera qualche dollaro, ri- flette l’aspettativa che l’Europa sa- rà colpita maggiormente dalla cri- si petrolifera che va profilandosi. Il rialzo complessivo dei prezzi e dell’oro invece riflette il timore che la produzione libica collassi. Il caos in Libia basterebbe di per sé, considerata l’importanza che questa ha per l’approvvigiona- mento di petrolio e gas, a giustifi- care tensioni mondiali sui prezzi. Ma quello che è sempre più diffi- cile allontanare è uno scenario di vera e propria crisi petrolifera do- vuto ai problemi di ordine pubbli- co nei principali produttori Opec. Se Gheddafi ha deciso di gettare il Paese in una guerra civile san- guinaria infatti (e le multinaziona- li stanno rimpatriando ingegneri e personale specializzato), a Tehran, nonostante l’assordante e scanda- loso silenzio di Al Jazeera, le cose non vanno benissimo. E per quan- to riguarda la penisola arabica il fuocherello del Bahrain potrebbe infiammare altre regioni “ribelli”. Ma se dal punto geopolitico sta crollando l’architettura filo-occi- dentale (che poggiava su Arabia Saudita ed Egitto), dal punto di vi- sta economico l’impennata nelle materie prime produrrà due effetti certi: inflazione e minore crescita. Un vero incubo per l’Europa. Segue a pagina 3 Luca Bonaccorsi L’amico Gheddafi scatena la repressione più sanguinosa dall’inizio delle rivolte: da Tripoli voci di bombardamenti sulla folla dei manifestanti. Nuovi sbarchi a Lampedusa e crisi petrolifera all’orizzonte Gli amici se ne vanno Anno VI - n. 44 - martedì 22 febbraio 2011 - E 1,00

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Dalle cittàMilano: disastro del Lambro, un anno dopoNapoli: Con “A onE project”, le opere diventano virtuali

Alle pagine 8 e 9

Che gli investimenti nel settore della green economy non rappre-sentino un freno allo sviluppo co-me sostenuto dagli oltranzisti del-la “crescita prima di tutto” è sta-to dimostrato ormai da tempo. Il nuovo rapporto dell’Unep, il Pro-gramma delle Nazioni unite per l’Ambiente, presentato ieri a Nai-robi, prova, dati alla mano, che la necessità di una “svolta verde” nel modo di gestire le risorse da par-te dei governi non è solo una que-stione qualitativa ma anche di quantità: traghettando l’econo-mia mondiale dall’attuale modello a un paradigma centrato sull’eco-sostenibilità si potrebbe infatti aumentare la ricchezza globale e creare milioni di posti di lavoro.

Paolo Tosatti

Segue a pagina 7

Nazioni Unite: la crescita globale passa per il verde

Green economy Denuncia Salute Energia5«Questo Sistri è un disastro». Le piccole e medie imprese bocciano il nuovo sistema informatico di controllo dei rifiuti. «Troppe disfunzioni»

6Ddl Calabrò, prosegue la protesta. E oggi a Strasburgo la sentenza sul divieto di fecondazione eterologa previsto in Austria

10A cavallo tra Puglia e Campania c’è il più grande parco eolico d’Italia. Ma non mancano le polemiche per l’impatto ambientale

la legge ha dieci anni, ma i decreti ancora non ci sono

Servizi a pagina 2 e 3

Elettrosmog l 22 febbraio del 2001, dopo una mobilitazione durata anni e un forte impegno dei Verdi in Parlamento, l’Italia varò la leg-ge quadro per la tutela sanitaria dall’inquinamento elettro-

magnetico. Entro due mesi sarebbero dovuti seguire, per rendere la normativa pienamente operativa, undici decreti attuativi. Ma ad oggi alcuni di quei provvedimenti non sono mai stati conver-titi. «Quella sull’elettrosmog è di fatto una riforma incompiuta», spiega Giuseppe Teodoro della Rete nazionale Elettrosmog free. Intanto, giovedì la Corte di Cassazione si pronuncerà a Roma su quella che viene definita la “madre di tutte le battaglie” contro l’inquinamento elettromagnetico: quella contro gli impianti di Radio Vaticana.

I

Servizi alle pagine 4 e 5

rivoluzione e stagflazione

In fondo

Siccome il premier italiano tro-vava disdicevole chiamare l’ami-co Gheddafi (e disturbarlo mentre fa strage di manifestanti), c’hanno pensato i mercati a farla la chia-mata. Pagamento a carico del de-stinatario: noi. Così ieri Eni, Uni-credit, e una serie di aziende ita-liane correlate hanno puntato a sud per lasciare sul terreno il 6% circa. Di conseguenza l’indice Fo-otsie di Milano si è guadaganto la maglia nera europea perdendo più del 3,5%. E sembra ieri, l’Italia che conta stava in fila a piazza di Sie-na, a Roma, ad applaudire la carica degli stalloni arabi dell’amico Mo-hammed. La questione comunque rischia di travalicare in maniera sostanziale la tragicomica politica estera ita-liana. Ieri i mercati mondiali han-no reagito: il Brent ha superato i 105 dollari al barile, mentre il West Texas ha superato quota 90. La dif-ferenza tra il petrolio del mare del nord e quello Usa, che normalmen-te non supera qualche dollaro, ri-flette l’aspettativa che l’Europa sa-rà colpita maggiormente dalla cri-si petrolifera che va profilandosi. Il rialzo complessivo dei prezzi e dell’oro invece riflette il timore che la produzione libica collassi. Il caos in Libia basterebbe di per sé, considerata l’importanza che questa ha per l’approvvigiona-mento di petrolio e gas, a giustifi-care tensioni mondiali sui prezzi. Ma quello che è sempre più diffi-cile allontanare è uno scenario di vera e propria crisi petrolifera do-vuto ai problemi di ordine pubbli-co nei principali produttori Opec. Se Gheddafi ha deciso di gettare il Paese in una guerra civile san-guinaria infatti (e le multinaziona-li stanno rimpatriando ingegneri e personale specializzato), a Tehran, nonostante l’assordante e scanda-loso silenzio di Al Jazeera, le cose non vanno benissimo. E per quan-to riguarda la penisola arabica il fuocherello del Bahrain potrebbe infiammare altre regioni “ribelli”. Ma se dal punto geopolitico sta crollando l’architettura filo-occi-dentale (che poggiava su Arabia Saudita ed Egitto), dal punto di vi-sta economico l’impennata nelle materie prime produrrà due effetti certi: inflazione e minore crescita. Un vero incubo per l’Europa.

Segue a pagina 3

Luca Bonaccorsi

L’amico Gheddafi scatena la repressione più sanguinosa dall’inizio delle rivolte: da Tripoli voci di bombardamenti sulla folla dei manifestanti.Nuovi sbarchi a Lampedusa e crisi petrolifera all’orizzonte

Gli amicise ne vanno

Anno VI - n. 44 - martedì 22 febbraio 2011 - E 1,00

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didascalia didascaliaGait alit nibh etue vulla commy nosto dolobor sim eu fe

Lampedusa

Reazioni

All’interno del centro ieri matti-na una decina di tunisini si so-no picchiati per questioni legate al loro numero di assegnazione per le partenze. Dall’inizio degli sbarchi, ad ogni migrante è stato dato un numero, che stabilisce il criterio cronologico per i trasfe-rimenti nei centri italiani in cui vengono portati in aereo o in na-ve. Chi prima arriva, prima do-vrebbe partire. Per questo alcu-ni fanno finta di perdersi il nu-mero per farsene assegnare uno più basso. Così a un certo punto è scoppiata una rissa con gli al-tri che sono arrivati prima. «La situazione è sotto controllo, ma guardiamo con preoccupazione quello che accade in Libia - con-tinua Galipò - sappiamo che nel Paese ci sono almeno 2milioni tra somali e eritrei trattenuti dal governo libico in base agli accor-di bilaterali con l’Italia. Se que-sti dovessero saltare, di fronte a una migrazione di massa, posso solo dire che nel Centro di Lam-pedusa continueremo ad acco-gliere e assistere chi arriva ma non possiamo fare tutto da so-li». L’Ue finora ha stanziato 100 milioni di euro per l’emergen-za, mentre Frontex, l’Agenzia eu-ropea per le frontiere, ha inizia-to a mandare rinforzi aerei e na-vali sull’isola. Intanto però i Ven-tisette non hanno ancora trova-to una strategia comune per af-frontare l’inevitabile emorragia migratoria dal Nord Africa.

anno iniziato il trasbor-do intorno alle 4 del po-meriggio di ieri, su due motovedette della Guar-

dia costiera. I 53 tunisini sulla carretta alla deriva stanno tut-ti bene. In totale nelle ultime 48 ore sulle coste lampedusane so-no arrivati quasi 200 migran-ti, che si aggiungono ai mille già presenti. «Dopo un av-vistamento aereo sia-mo partiti a recuperar-li a circa una ventina di miglia dalla costa – racconta il comandan-te Antonio Morana – li abbiamo dovuti tra-sbordare perché stava-no imbarcando acqua. Incredibile che siano arrivati sa-ni e salvi con il mare forza 5. Pro-babilmente sono stati incorag-giati a partire dalla Tunisia vi-ste le buoni condizioni meteo marine, ma qui il mare è grosso e lo rimarrà almeno per i prossi-mi due giorni». A Lampedusa si

Libia, due milioni di africani pronti a partireSusan Dabbous

H

Lampedusa Ancora sbarchi nonostante il mare forza 5. Nelle ultime 48 ore sono arrivati altri 200 migranti sull’isola. Ora si teme l’ondata dei somali e degli etiopi detenuti nelle prigioni libiche

continua a fronteggiare l’emer-genza sbarchi, di tempo per fare previsioni di possibili esodi bibli-ci dalla Libia non ce n’è. Bisogna recarsi in porto per prendere i migranti, contarli, metterli sul pullman che li trasporta dal por-to al Centro d’accoglienza. Da ie-

ri sono iniziate le identificazioni fotosegnaletiche. I nuovi arrivati vengono accolti e visitati. «Non c’è nessuna emergenza sanita-ria», ripete l’amministratore de-legato del centro, Cono Galipò, smentendo una notizia stam-pa sul pericolo di tubercolosi. La

struttura però è al collasso. Se è vero da un lato che continua-no i ponti aerei per Bari, Foggia e Catania, dall’altro non smetto-no di arrivare nuovi pescherec-ci, a volte anche piccole imbar-cazioni con 5 persone a bordo, che sfidano il mare in tempesta.

l video è da due giorni su Youtube. È stato girato con un telefonino da uno dei manifestanti di Bengasi, in

Libia. Ed è stato rilanciato dal si-to internet del Corriere della Sera. Nel filmato si vede un uomo con una maglietta verde e uno stem-ma dell’Agip (gruppo Eni) ferma-to e picchiato. L’uomo è uno de-gli oltre trentamila mercena-ri stranieri assoldati nelle ultime ore dal regime libico per reprime-re la protesta che sta sconvolgen-do tutto il Paese. Un particola-re curioso. Nulla più. Ma che di-mostra quanto forte possa esse-re la presenza italiana nella regio-ne. Per questo, da qualunque la-to lo si guardi, economico, uma-nitario, militare, ciò che sta ac-cadendo in Libia avrà certamen-te ripercussioni nel nostro Paese. «L’Italia ha la moglie americana e

Vincenzo Mulè

I

«L’Ue non intervenga»Tutti contro l’Italia

Reazioni Mentre da tutta Europa si alzano le proteste contro la repressione in Libia, il nostro è l’unico Paese che ancora difende Gheddafi. In nome di una politica e di un passato duri a morire

A Bruxelles i 27 non trovano una strategia comune per far fronte all’emergenza migratoria

l’amante araba» era una delle fra-si preferite della diplomazia euro-pea negli anni Ottanta. Dove per araba leggasi libica. Questo per-chè i nostri governi hanno sem-pre vantato rapporti più che buo-ni con lo scomodo vicino africa-no. Rapporti basati su pericolosi giochi d’equlibrio. Come ricorda Antonio Mazzeo, autore de I padrini del ponte, nel-la primavera del 1986, l’allora pre-sidente degli Stati Uniti Ronald Reagan diede l’ordine di bombar-dare Tripoli e Bengasi. Obiettivo del blitz, l’assassinio di Ghedda-fi, accusato – senza prove - di fi-nanziare il terrorismo internazio-nale. Bettino Craxi, all’epoca pre-sidente del Consiglio, chiese al suo consigliere diplomatico An-tonio Badini di avvertire l’amba-sciatore libico in Italia, quell’Ab-durrahman Shalgam che oggi è il ministro degli Esteri di Gheddafi del pericolo imminente. Avverti-

mento che salvò la vita al colon-nello libico. Un legame che ha an-che vissuto momenti di crisi, ma che è stato rinsaldato dalle inte-se Berlusconi-Gheddafi. Accor-di economici, certo, ma che non possono non avere anche valen-za politica in settori strategici co-me quelli energetici. L’anno scor-so, infatti, la Libia è stato il no-stro primo fornitore di petrolio e il quarto di gas. Di contro, l’Italia è impegnata a versare alla Libia 5 miliardi di dollari in 20 anni, for-malmente a titolo di risarcimen-to per gli orrori del nostro colo-nialismo, di fatto a sostegno del-le opere infrastrutturali che im-pegnano nostre imprese sul suo-lo libico. Un legame forte, che non è sfug-gito alle decine di manifestanti li-bici e nordafricani che ieri han-no protestato di fronte all’amba-sciata libica a Roma chiedendo al governo italiano di rompere il si-

lenzio di fronte al «massacro» or-dinato dal «dittatore» Ghedda-fi. «L’Italia e l’Ue sapevano benis-simo come funzionano le cose in Libia. Siamo preoccupati per questo silenzio. Berlusconi non può liquidare la faccenda con un “non disturbo”». ha sottolineato il presidente della comunità del mondo arabo in Italia, Foad Aodi. Da tutti i dimostranti inoltre, so-no partiti cori di disapprovazione per «il silenzio» dell’Europa. L’emblema dell’imbarazzo dell’Ue è la difficoltà nel raggiungere un accordo sul testo di condanna della Libia. «Non è una media-zione facile», ha riferito una fonte europea. Da un lato, si confron-tano le posizioni «molto dure» di paesi come la Germania e la Gran Bretagna (l’unico paese della Ue ad avere convocato l’ambascia-tore libico in segno di protesta contro le violenze contro i ma-nifestanti) e linee «più articola-

te», come quella dell’Italia. La li-nea più prudente dell’Italia è pie-namente condivisa da Malta, do-ve il timore per un’ondata incon-trollata di arrivi di immigrati dal-la Libia è ugualmente molto alto. L’Italia insiste in particolare per-chè nella bozza ci sia un riferi-mento alla necessità che l’integri-tà territoriale della Libia sia man-tenuta e difesa. Una posizione duramente criti-cata da opposizione e società ci-vile. «Il Governo Berlusconi tace perchè non può parlare, perchè si è compromesso in un modo incredibile stracciando anche la nostra dignità». Lo afferma il se-gretario del Pd, Pier Luigi Bersa-ni, «Vogliamo ricordare non tan-to tempo fa - ha continuato Ber-sani - una scena in una caserma dei carabinieri con Gheddafi che ci dettava il compito. A questo ha portato il ‘ghe pensi mì che, tra-sferito in politica estera, è il rap-porto personalistico con dittatori e persone autoritarie». Per Ange-lo Bonelli, leader dei Verdi, il go-verno Berlusconi «è l’unico in Eu-ropa che continua a sostenere il colonnello libico: evidentemente gli accordi commerciali sono più importanti di centinaia e centi-naia di manifestanti, inermi e pa-cifici, trucidati dai mercenari di Gheddafi».

© L

APR

ESSE

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martedì 22 febbraio 2011 3>>Primo piano>>

Libia

italiane in Tunisia, e tantomeno si può ancora parlare di una Li-bia divisa a metà visto che per-sino Tripoli si è unita alle pro-teste. Tuttavia l’uscita di Fratti-ni non stupisce, e non soltanto per il ruolo di carabiniere che la Libia di Gheddafi ha giocato per l’Italia contro il traffico di clan-destini. Se il Maghreb conta il 36

per cento delle risor-se mondiali di greg-gio, l’Italia dipende tamente dai poz-zi libici che ieri l’Eni, principale partner energetico nel regno di Gheddafi, ha regi-strato un crollo del 4,7 per cento. Aldi-

là dei legami col Governo Berlu-sconi, gli eventi in Libia potreb-bero avere contraccolpi econo-mici in Italia più che in qualsiasi altro paese del Mediterraneo. E intanto l’indice del Brent ha rag-giunto i 102 dollari al barile.

n massacro a Tripoli. Ie-ri, mentre Terra anda-va in stampa, l’emitten-te panaraba Al Jazeera

annunciava che contro i mani-festanti della Piazza Verde non si usavano più i fucili ma diret-tamente i cacciabombardieri. Da ore, la città era in preda alle fiamme e al fuoco delle milizie e delle forze di polizia, che im-perversavano a tutta velocità in macchina sparando su qualsiasi cosa si muovesse, «fino all’ulti-mo uomo», come aveva avverti-to Seif Al Gheddafi, figlio e suc-cessore designato del Colonnel-lo, comparso in televisione do-menica notte. E così sembra es-sere. «Teniamo l’umore alto e il nostro leader Muammar Ghed-dafi sta conducendo la batta-glia a Tripoli, e noi lo sostenia-mo come esercito libico», ave-va annunciato Seif al Islam, «e continueremo a combattere fi-no all’ultimo uomo e l’ultima donna che resterà in piedi. Non lasceremo che la Libia cada nel-le mani degli italiani o dei tur-chi». E così la famiglia Gheddafi ha deciso di tenersi stretta la Libia fino a strangolarla. Stavolta tut-ta la Libia, perchè dopo la libera-zione di Benghazi, capitale della ribelle Cirenaica, adesso sotto il controllo dei manifestanti dopo cinque giorni di scontri con po-lizia e milizie, ieri anche Tripoli si è sollevata. E quella che sem-brava una rivolta limitata all’est si è trasformata in una sommos-sa nazionale. Dopo le vittime di domenica, che eccedevano il centinaio, ieri contare i mor-ti si è rivelato impresa impossi-bile. Da Tripoli, per quell poco che trapela oltre i filtri imposti dal regime, gli spari sono risuo-nati fin dal mattino. Centinaia di manifestanti si sarebbero ri-trovati nella Piazza Verde, men-tre qualche temerario si sareb-be spinto a manifestare fino al compound dove vive Gheddafi, a Zawiya, vicino alla Capitale. Quest’ultimo era sta-to dato per estradato in Venezuela, ma la notizia è stata smen-tita da diversi go-verni, primo fra tutti quello Britannico. Intanto, ieri all’ospedale al Ja-laa di Benghazi si sono visti ar-rivare direttamente un’intera Brigata dell’esercito, la “Rombo di Tuono”: soldati che portava-no a braccio altri soldati, alcu-ni in condizioni indescrivibili,

Guerra civile a TripoliBombe sui manifestanti

Annalena Di Giovanni

U

Libia Spari e urla nella capitale, in fiamme il Palazzo del Popolo, uno dei principali edifici governativi. I caccia dell’aviazione libica avrebbero eseguito dei raid contro l’opposizione

addirittura attaccati coi lancia-razzi al posto del fucile. Si era-no scontrati con i miliziani pro-governativi dopo aver deciso di schierarsi dalla parte delle pro-teste. Su youtube è circolato un video che mostrava I cadaveri riesumati da una caserma data alle fiamme dopo che I soldati si erano rifiutati di sparare sui ci-

vili. La responsabi-lità del gesto viene fatta risalire a una decisione diretta del colonnello Ghedda-fi, ma è naturalmen-te impossibile verifi-care l’accusa. Anche perchè le linee di co-municazione resta-

no quantomai saltuarie, fra te-lefoni staccati e internet a trat-ti. Con ‘entrata in scena di Tri-poli, il regno assoluto di Muam-mar Gheddafi, intoccabile per 41 anni, comincia a dar segni di cedimento. L’esercito, da tempo

insofferente, si è ormai definiti-vamente spaccato a Benghazi. Le tribù, che per decenni han-no garantito al colonnello l’ap-poggio grazie alla commune al-leanza contro i Senussi (ordine sufi popolare in Cirenaica), ieri si sono divise. La Zuwayya, prominente all’est, ha minacciato di bloccare ogni esportazione di petrolio nel giro di 24 ore se Gheddafi non aves-se fermato il massacro contro i manifestanti. Mentre la Warfa-la, una tribù che in Libia con-ta più di un milione di affiliati, si è schierata contro il colonnel-lo togliendogli di fatto ogni ba-se popolare. Il massacro ha fat-to il resto – tornare indietro, do-po il sangue versato in questi giorni, sembra ormai impossibi-le. E se l’Europa sta cercando di muoversi in fretta, coi 27 paesi riuniti per stilare un documento di comune condanna e la Gran Bretagna che ha ufficialmente

protestato presso l’ambasciato-re libico, l’unica a far marcia in-dietro è stata l’Italia. Per com-pensare il silenzio del Cavaliere sulla questione, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha espres-so preoccupazione e timori nei confronti dell’ex colonia italia-na, individuando come priorita-ria la necessità di non compro-mettere la sovranità nazionale libica con pressioni diploma-tiche congiunte da parte dell’Unione. Frattini si è poi dilun-gato tracciando sce-nari da guerra civile per una «Libia divi-sa a metà, tra Tripo-li e la Cirenaica», ha suggerito; «Si stanno affermando ipotesi come quelle di emirati islamici nell’est della Libia». La questione della sovranità non si era posta nei giorni scorsi con la proposta delle navi militari

In un filmato su Youtube, i cadaveri di soldati che si erano rifiutati di sparare sui civili

Frattini invoca la sovranità nazionale per la Libia. Ma per la Tunisia aveva proposto l’invio di navi

Rivoluzione e stagflazioneBonaccorsi dalla prima

In fondo La crescita europea langue dal crollo delle banche, ancora non supe-rato, del 2008. La Spagna ha annunciato giusto ieri che nelle Cajas ci sono circa 137 miliardi di attività “dubbie”. La disoccupazione resta al-tissima e l’unico Paese che ha dato segni di riuscire a superare la cri-si, ad oggi, è stata la Germania. In generale la recessione sta mettendo a dura prova la tenuta stessa della costruzione comunitaria. E se non fosse stato per la risposta solidale dei Paesi membri, Grecia, Irlanda,

Portogallo e Spagna sarebbero state già espulse dall’euro. In questo contesto di fragilità economica il vecchio continente rischia di essere investito da uno tsunami incontenibile: inflazione, recessione e centi-naia di migliaia (se non milioni) di profughi. Un cocktail davvero mici-diale per la tenuta economica e sociale del continente. E stavolta po-trebbe non bastare l’uso della bicicletta. è davvero bizzarro che que-sto scenario non sia già sul tavolo dei governanti d’Europa.

© A

P/LA

PRES

SE

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martedì 22 febbraio 20114 >>Primo piano>>

Salutemoltiplicano. Giovedì la Corte di Cassazione si pronuncerà a Ro-ma su quella che viene defini-ta la madre di tutte le battaglie contro l’elettrosmog: quella con-tro gli impianti di Radio Vatica-na, accusati di inquinare un va-sto territorio urbanizzato con le potenti antenne emittenti. Un impianto unico al mondo, capa-ce di trasmettere fino all’altro la-to della Terra. «Perfino il parla-mento europeo si è recentemen-te pronunciato in merito - spie-ga Teodoro - per segnalare ai Pa-esi membri l’urgenza di adotta-re seri provvedimenti cautelati-vi nei confronti delle esposizio-ni ai campi elettromagnetici non ionizzanti e sottolineando che gli attuali limiti di esposizione ai campi elettromagnetici sono or-mai obsoleti e tengono in con-siderazione soltanto i cosiddet-ti effetti termici, mentre è ormai chiaro che esistono interferen-ze con il metabolismo biochimi-co della materia vivente che de-rivano da effetti a-termici, legali all’impulso stesso della radiazio-ne elettromagnetica. Questi stu-di potrebbero spiegare l’aumen-to di patologie anche a livelli di esposizione notevolmente infe-riori a quelli degli standard in-ternazionali di sicurezza». Per queste ragioni, le associazioni e i comitati di cittadini riuniti nella Rete elettrosmog free hanno ri-volto un appello alle autorità, al fine di sollecitare azioni e prov-vedimenti diretti a rendere im-mediatamente operativi i con-tenuti della legge per ridurre i li-velli di emissione elettromagne-tica sul territorio nazionale e per impostare standard più vicini a quelli suggeriti dalle recenti ri-cerche in materia.

l 22 febbraio del 2001, do-po una mobilitazione dura-ta anni che vide protagoni-sti medici e cittadini preoc-

cupati per gli effetti sulla salute delle tecnologie per la trasmis-sione dell’energia elettrica e del-le telecomunicazioni, il parla-mento italiano varò la legge qua-dro per la tutela dall’inquina-mento elettromagnetico. Il no-stro fu il primo Paese in Europa ad approvare una legge organi-ca in materia, all’avanguardia sia dal punto di vista dei principi ge-nerali che dei limiti di esposizio-ne. Entro 60 giorni, alla legge sa-rebbero dovuti seguire, per ren-derla effettiva, ben 11 decreti at-tuativi. Ma da allora sono passa-ti ormai dieci anni e la maggior parte di quei provvedimenti integrativi non so-no mai stati conver-titi in legge. «Pur es-sendo stata definita la riforma in campo ambientale più im-portante della XIII legislatura, quella sull’elettro-smog è di fatto una riforma in-compiuta», spiega Giuseppe Te-odoro, membro della Rete na-zionale elettrosmog free, non-ché presidente dei Verdi per la

provincia di Ro-ma. La legge è ri-masta sulla carta. «Il risultato è che oggi gli strumenti

di protezione della popolazione dagli effetti dannosi dell’elettro-smog sono pressoché inesisten-ti - aggiunge Teodoro - a fronte di uno sviluppo di tecnologie in-quinanti nel campo dell’energia

e delle telecomunicazioni che non ha precedenti nella storia. La conseguenza è che anche nel nostro Paese cominciano a dif-fondersi fenomeni nuovi, come l’elettrosensibilità, cui si aggiun-ge l’aumento rilevante di patolo-gie leucemiche e tumorali anche nei bambini e negli adolescen-ti». La situazione in Italia appa-re oggi difficile e in parte com-

Elettrosmog, tutele inadeguate per i cittadiniRossella Anitori

I

Salute Sono passati 10 anni da quando il Parlamento italiano approvò la normativa sull’inquinamento elettromagnetico. Ma i suoi contenuti sono ancora lettera morta

promessa: le infrastrutture del-le telecomunicazioni prolifera-no senza controllo. Roma è og-gi la città con il maggior numero di impianti per la telefonia mo-bile. Mentre la letteratura scien-tifica continua ad attestare i ri-schi per la salute umana deri-vanti dall’esposizione a campi elettromagnetici, l’allarme so-ciale non cessa e le denunce si

n ruolo quindi, alme-no concausale, delle ra-diofrequenze nella gene-si della neoplasia che ha

patito il sig. Marcolin è ‘probabile’ (probabilità qualificata).” Così la Corte d’appello di Brescia – Sezio-ne lavoro in una sentenza del 10 dicembre 2009 sulla malattia pro-fessionale di un dirigente d’azien-da (un tumore benigno che colpi-sce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico), causata anche da una lunga esposizione alle onde elettromagnetiche di un telefono

Stefano Palmisano*

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La legge compie dieci anniMa è ancora incompleta

La scheda Il legame tra campi elettromagnetici e danni alla salute umana è sempre più provato, ma il governo “dimentica” da anni di convertire i decreti attuativi. E le sanzioni rimangono ridicole

Giovedì la Cassazione deciderà sul caso Radio Vaticana accusata di inquinare un vasto territorio

cordless e di un telefono cellulare che egli usava sul posto di lavoro per varie ore al giorno. “Lo studio Marconi suggerisce che vi sia stata una associazione importante, coe-rente e significativa, tra esposizio-ne residenziale alle strutture di Ra-dio Vaticana ed eccesso di rischio di malattia per leucemia e linfomi nei bambini [….] Lo studio Marconi suggerisce che l’esposizione di lungo periodo (oltre 10 anni) alle anten-ne di Radio Vaticana sia stata as-sociata ad un eccesso di mortalità per leucemia…”. Queste le conclu-sioni della perizia del dott. Andrea Micheli, dell’Istituto Nazionale dei

Tumori di Milano, depositata nel novembre 2010 alla fine di un lun-ghissimo incidente probatorio nel procedimento penale ancora pen-dente innanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per le presunte morti e ma-lattie causate dalle onde elettro-magnetiche emesse da Radio Va-ticana. Poco tempo fa, l’Interna-tional EMF Alliance (Iemfa) ov-vero l’Alleanza Internazionale sui Campi Elettromagnetici (Cem) ha annunciato la pubblicazione di un consenso scientifico sui pericoli derivanti dall’esposizione ai cam-pi elettromagnetici.

Il rapporto è stato prodotto da un consesso di scienziati che richie-dono urgentemente ai governi di abbassare significativamente i li-miti di esposizione ai campi elet-tromagnetici. Tale raccomanda-zione si basa sull’insieme delle evidenze scientifiche biologiche e sulle implicazioni correlate alla salute degli esistenti standard in-ternazionali per le esposizioni alle tecnologie di telecomunicazioni e alle tecnologie elettriche. Questi tre fatti costituiscono tre tasselli di un nuovo, importante mosai-co in tema di nocività ambienta-li che va componendosi con sem-

pre minori incertezze: quello del rapporto tra campi elettromagne-tici e danni alla salute umana. Un mosaico alla progressiva defini-zione del quale dovrebbe neces-sariamente corrispondere la co-struzione di un serio ed effica-ce apparato di tutela legale del-la salute pubblica da questa fon-te di rischio. Una sorgente tanto più potenzialmente lesiva quan-to più, oggi, ubiquitaria nelle no-stre società, per non dire nelle no-stre case. Un po’ com’era (e come, per molti versi, è ancora), per dire, un’altra sostanza quando “si sco-prì” che non era precisamente be-nefica per la salute delle persone: l’amianto.

Invece, nella realizzazione del secondo mosaico – antidoto, quello legale, non siamo neppu-re all’anno zero: siamo sottoze-ro. La constatazione brucia ancor più quanto più si pensi che iog-gi compirà dieci anni quello che avrebbe dovuto essere la maglia più importante della rete di dife-sa normativa della salute pubbli-ca dal rischio elettrosmog: la leg-ge n. 36\2001. Un provvedimen-

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martedì 22 febbraio 2011 5>>Primo piano>>

Il caso

te il monitoraggio degli impianti, poiché consente l’analisi e la rac-colta dei dati di accesso attraver-so la lettura della targa» del mez-zo. Terminata questa procedu-ra il conducente inserisce la chia-vetta nella Black box per il ritor-no con il mezzo vuoto. Le imprese denunciano che «migliaia di im-prenditori sono nel panico» per i «malfunzionamenti del sistema» e lamentano anche la «non gra-tuità del Sistri». Perché «di fatto, è previsto da parte degli operato-ri un contributo annuo ai fini della copertura degli oneri derivanti dal funzionamento del sistema». A lo-ro dire si poteva infatti «assicurare la gestione dei rifiuti in piena lega-lità e in difesa dell’ambiente attra-verso un sistema meno comples-so, meno oneroso e più efficiente:

permettere un dia-logo tra Sistri e sof-tware gestionale del-le imprese, ad esem-pio, eviterebbe la du-plicazione di proce-dure». Il sistema che deve sostituire gli at-tuali moduli carta-cei, avviare il con-

trollo informatico e garantire «la correttezza e la trasparenza del-le operazioni», non è ancora par-tito. Ma già si moltiplicano le ac-cuse incrociate tra le associazioni di categoria e ministero.

avevano chiamata la «ri-voluzione digitale del ci-clo dei rifiuti». Ma il Si-stri, il sistema digitale

per il tracciamento della spazza-tura, istituito nel 2006, modifica-to continuamente ed entrato in vigore nell’ottobre 2010 ma con piena operatività soltanto dal giu-gno 2011, per ora sembra aver ge-nerato solo polemiche e proble-mi tecnici. Strumento in linea di principio preziosissimo, ma nel-la pratica malfunzionante. L’ulti-ma denuncia arriva dalle Piccole e medie imprese (Pmi) che han-no scritto al ministro dell’Ambien-te Stefania Prestigiacomo. A loro dire «i primi intoppi si sono regi-strati sin dalla fase di consegna del kit informatico agli operato-ri iscritti». Si tratta del «dispositi-vo elettronico Usb per accedere al sistema, trasmettere i dati, appor-re la firma elettronica e memoriz-zare le informazioni» e del cosid-detto Black box che deve «moni-torare il percorso del carico dal produttore al centro di smalti-mento». Le due apparecchiatu-re di sorveglianza servono a con-trollare «entrata e uscita di auto-mezzi dagli impianti di discarica, incenerimento e co-incenerimen-to». Molti dei 500mila operato-ri del settore pare non siano sta-ti proprio convocati dal ministero per ricevere il kit, nonostante «la tracciabilità dei rifiuti sarà pos-sibile solo se tutti gli attori della transazione saranno dotati di di-spositivo elettronico». Denuncia-to, inoltre, «il malfunzionamento del collegamento al Sistri trami-te lo specifico browser». Per non parlare dei problemi che «hanno dovuto affrontare i trasportatori

nella configurazione delle Black box», vista la «carente formazio-ne in materia». Il Sistri, una vol-ta operativo, dovrebbe funzionare così: ogni qualvolta un operatore deve utilizzare un mezzo che tra-sporta rifiuti, deve inserire il di-spositivo Usb nel proprio compu-ter, accedere al sistema, inserire le proprie credenziali e registrare l’operazione di carico (quantità e

caratteristiche dei rifiuti). Termi-nata questa procedura il disposi-tivo Usb può essere inserito nel-la Black box che si trova all’inter-no del veicolo. «In questo modo - spiegano - sarà fatto un control-lo sulle informazioni caricate». Al termine della verifica, la chiavetta Usb viene rimossa e può iniziare il trasporto. All’arrivo nell’impian-to di recupero e smaltimento bi-

Le imprese all’attacco: «Il Sistri è un disastro»

Alessandro De Pascale

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Il caso Le Pmi scrivono al ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, lamentando i problemi del sistema di telecontrollo dei rifiuti, in vigore da giugno: «Intoppi già alla consegna del kit informatico»

sogna poi ripetere a ritroso la proce-dura: il conducen-te inserisce nuo-vamente l’Usb nel-la Black box del proprio veicolo e poi nel computer dell’impianto che accederà al browser del Sistri per “scaricare” dal sistema i rifiu-ti. «Il sistema di videosorveglian-za - aggiungono le Pmi - permet-

to organico e adeguato alle tu-multuose evoluzioni della scien-za, ma soprattutto del mercato, in questa materia che avrebbe dovu-to garantire un livello di sicurezza per l’incolumità pubblica netta-mente superiore a quello appre-stato dalla normativa in vigore fi-no a quel momento: il DM 381/98 sulle Radiofrequenze-Microonde (RF/MO) che aveva previsto, ol-tre ad un “valore di cautela” come primo strumento di protezione dagli effetti a lungo termine, an-che un “obiettivo di qualità”, non quantificato, ma limpidamente ispirato al principio di precauzio-ne: la minimizzazione dell’espo-sizione della popolazione. Sulla base di questi principi, poi este-si a tutto lo spettro dei CEM dal-la “legge-quadro” 36/01, varie Re-gioni italiane avevano fissato li-miti sufficientemente cautelati-vi. La 36\2001, però, prevedeva l’emanazione da parte governati-va di una normativa attuativa. A distanza di 10 anni, in alcuni casi questi decreti attuativi sono stati effettivamente varati, in altri no. E, tenendo conto del merito dei Decreti del Presidente del Consi-

«Il browser non va, molti operatori non hanno nemmeno ricevuto le apparecchiature. Ed i costi sono tutti a carico nostro»

glio dei ministri (DPCM) emana-ti, non è facilmente comprensi-bile in quale delle due situazioni la salute pubblica ne sia risultata maggiormente rinfrancata. Que-sti decreti, approvati nonostante il mancato accordo nella Confe-renza Permanente Stato-Regioni, hanno fissato per tutto il territo-rio nazionale limiti che di cautela-tivo hanno assai poco, soprattut-to in relazione a quelli previgenti: per i Campi elettromagnetici\elet-trodotti (Cem/Elf) (100-10-3 µT) e 6 V/m per le (Rf\Mo), sia come valore di cautela che come obiet-tivo di qualità, annullando quindi la doverosa finalità\possibilità di minimizzare l’esposizione.

Quella che doveva essere una tappa fondamentale nell’avan-zamento dei livelli di tutela del-la salute pubblica in questa ma-teria ha segnato, invece, una lo-ro desolante regressione. In altro ambito altrettanto nevralgico, in-vece, il governo semplicemente si è dimenticato di attuare la leg-ge. Ma, ancora una volta in ma-teria di tutela legale dell’ambien-te e, quindi, della salute pubblica,

le note più tragicomiche proven-gono dal quello che dovrebbe co-stituire la punta di diamante della difesa stessa: il diritto penale. Esi-ste, naturalmente, la teorica pos-sibilità di invocare l’applicazione dell’ordinaria normativa in ma-teria di lesioni e di omicidio col-poso; scontando, però, in tal ca-so, tutte le difficoltà in ordine alla prova del nesso causale tra espo-sizione alle onde elettromagneti-che e danni alla salute. Difficol-tà di prova che, in questo ambi-to, sarebbero ben più che ordina-rie, dato lo stato non univoco del-le evidenze scientifiche, quanto-meno ai fini dell’emissione di una sentenza di condanna penale per omicidio colposo. Resta, dunque, l’ipotesi di una fattispecie di rea-to “preventiva” rispetto alla causa-zione di una malattia da parte dei CEM; un illecito penale, cioè, che punisca la mera emissione di on-de elettromagnetiche potenzial-mente nocive all’ambiente ed alla salute umana, a prescindere dagli effetti lesivi che possano aver re-almente comportato. In tal sen-so, la l. 36\2001 non prevede pe-ne, ma solo mere sanzioni ammi-

nistrative collegate al superamen-to dei limiti di emissione.

In un quadro di tali strumenti di tutela, l’unico “serio” (si fa per dire) presidio di difesa penale è rappresentato dall’immarcesci-bile e, ormai, anch’esso “ubiquo” (per i numerosi campi in cui si prova ad applicarlo: dalla diossi-na dell’Ilva di Taranto alle polve-ri sottili della cen-trale elettrica di Brindisi - Cerano, ai CEM), l’articolo 674 del codice pe-nale: “getto perico-loso di cose”. No-nostante qualche discutibilissimo arresto giurispru-denziale (il più eclatante dei qua-li ha nuovamente riguardato Ra-dio Vaticana) di segno opposto, ormai la giurisprudenza maggio-ritaria si è attestata su una posi-zione di piena utilizzabilità an-che in questo contesto dell’ipo-tesi di reato in questione. A que-sto risultato, comunque, positivo si è giunto anche grazie agli sfor-zi della più avanzata dottrina e

giurisprudenza, sensibili alle esi-genze di tutela ambientale e della salute pubblica. Sforzi, però, per quanto nobili, finalizzati a con-sentire, in ultima istanza, l’appli-cazione di una norma che statu-isce la punizione “con l’arresto fi-no a un mese o con l’ammenda fi-no ad euro 206”. Al potere deter-rente di tali draconiane sanzio-ni è oggi affidata la difesa penale

dell’ambiente e del-la salute pubblica da una possibile fonte di aggressione tra le più inquietanti. Sa-rebbe dunque utile provare a capire se questo governo, de-legato ad adottare, entro l’inizio di apri-

le, uno o più decreti legislativi per recepire le disposizioni della di-rettiva europea del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’am-biente, stia trovando il tempo di adempiere una direttiva europea. Così da provare ad arginare quel-lo che potrebbe diventare un al-tro scempio ambientale e di salu-te pubblica in questo paese.

*avvocato

Arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206 euro. A tale deterrente è affidata oggi la difesa penale dell’ambiente

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>>Salute>>

Fine vita

Procreazione

«no alla legge “contro” il testamento biologico»

Fecondazione assistita Il giorno della sentenza

na legge strumen-tale, che non guar-da all’interesse del Paese ma serve per

rinforzare una maggioranza tra-ballante, con un premier som-merso da scandali internazio-nali che usa in modo strumen-tale temi delicati come la digni-tà della vita e la libertà di scelta». Con queste poche precise paro-le il senatore del Pd e chirurgo, Ignazio Marino, ha commenta-to il disegno di legge sul testa-mento biologico che sarebbe do-vuto approdare ieri alla Came-ra a quasi due anni dal suo pas-saggio in senato. Calendarizza-to il 21 febbraio, nell’ambito del-la serie di mosse della maggio-ranza finalizzate a recuperare la benedizione delle gerarchie vati-cane dopo lo scandalo “ruby”, il voto sul ddl Calabrò (dal nome del relatore, senatore Pdl) slit-terà a marzo, «per motivi tecni-ci», ha assicurato la sottosegre-taria eugenia roccella, ma la da-ta è al momento ignota. Il rinvio non ha fermato la serie di even-ti organizzati a roma in conco-mitanza con l’eventuale discus-sione di Montecitorio. alla sala Umberto si è svolto l’happening teatrale “le ragioni del cuore” a cui hanno partecipato lo stesso

Federico Tulli

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Fine vita Lo slittamento della discussione alla Camera sul ddl Calabrò non ferma la protesta contro le Disposizioni anticipate di trattamento imposte dal centro destra. Ieri, due eventi a Roma

Ignazio Marino e Beppino engla-ro, padre di eluana, la donna che dopo un incidente ha “vissuto” per 17 anni in stato vegetativo permanente ed è “morta” il 9 feb-braio del 2009 in seguito all’in-terruzione dell’accanimento te-rapeutico che, prima del sinistro, aveva dichiarato di rifiutare. di fronte a Montecitorio si è tenu-to un affollato presidio organiz-zato dal neonato Coordinamen-

to laico nazionale «per dire “no” alla legge “contro” il Testamento biologico». all’incontro ha par-tecipato anche l’associazione luca Coscioni per la libertà di ri-cerca scientifica. «Ci auguriamo che il rinvio possa trasformar-si in un’occasione per riflettere ulteriormente sul carattere vio-lento e anticostituzionale del-la legge, e per ascoltare l’opinio-ne pubblica» ha osservato il se-

gretario dell’associazione Marco Cappato. «riteniamo che il ddl Calabrò calpesti la dignità della persona, violi il diritto alla liber-tà di scelta e metta seriamente a rischio l’articolo 32 della Costitu-zione che tutela la salute del cit-tadino autorizzandolo a rifiutare trattamenti sanitari che violano i limiti imposti dal rispetto del-la persona», ha detto a margine del sit in il pastore Massimiliano

l divieto assoluto di ricorrere a un donatore esterno di game-te, previsto in Italia dalla leg-ge 40 sulla procreazione me-

dicalmente assistita, potrebbe ri-cevere un duro colpo. alla Grand Chambre di strasburgo si terrà in-fatti domani un’udienza cruciale sulla base della quale i giudici eu-ropei decideranno se conferma-re la sentenza di primo grado con cui la Corte europea, prima se-zione, aveva dichiarato contrario alla Convenzione europea dei di-ritti dell’uomo il divieto di fecon-dazione eterologa previsto dal-

Anna Pellizzone

Inunciarsi la Corte Costituziona-le. Ma quali sono i principi costi-tuzionali messi in pericolo dalla legge 40? «In tema di fecondazio-ne eterologa», ha spiegato a Ter-ra Marilisa d’amico, uno dei lega-li che ha rappresentato le due as-sociazioni presso la Corte euro-pea, «la legislazione italiana è, in-sieme a quella austriaca e a quel-la tedesca, una delle più restrit-tive d’europa. le coppie italiane che possono superare i loro pro-blemi di infertilità solo con la fe-condazione eterologa sono co-strette a recarsi all’estero e spes-so, per risparmiare, le destinazio-ni predilette sono i Paesi dell’est,

dove i donatori non sono sotto-posti agli adeguati controlli sa-nitari. I casi di coppie che torna-no dall’estero con malattie anche gravissime o con un figlio malato sono molti ed è per questo il divie-to assoluto di fecondazione ete-rologa rappresenta una minaccia per il diritto alla salute, garantito invece dall’articolo 32 della Costi-tuzione». Un’altra questione che sia la Corte europea nella decisio-ne provvisoria della prima sezio-ne, sia il Tribunale di Milano han-no sollevato in merito al divieto di fecondazione eterologa è il prin-cipio di non discriminazione, tu-telato sia dall’articolo 3 della Co-

stituzione, sia dall’articolo 14 del-la Convenzione europea dei dirit-ti dell’Uomo. «Vietando la fecon-dazione eterologa», ha commen-tato d’amico, «si discriminano le coppie in base al grado di sterili-tà. si tratta peggio chi è più mala-to e cioè chi per avere un figlio de-ve necessariamente ricorrere a un donatore esterno». Ma c’è dell’al-tro. secondo alcuni esperti il di-vieto di eterologa viola la Costitu-zione Italiana anche nell’articolo 2, che tutela la dignità della per-sona, nell’articolo 31, che garan-tisce il diritto alle giuste esigen-ze della procreazione e nell’arti-colo 117, che prevede che le leg-gi nazionali siano conformi al di-ritto internazionale. ed è proprio sulla base di quest’ultimo pun-to, che la decisione presa domani dalla Grand Chambre sarà fonda-mentale anche per l’Italia. Perché una sentenza definitiva della Cor-te europea contro il divieto della fecondazione eterologa avrebbe necessariamente delle ripercus-sioni anche sulla legge italiana.

Procreazione Oggi la pronuncia dei giudici della Corte Europea dei diritti dell’uomo sul divieto di eterologa previsto in Austria, la cui normativa è molto simile alla nostra. Parla l’avvocato D’Amico

aquilante, presidente della Fe-derazione delle Chiese evange-liche Italiane. Come emerge dai sondaggi eurispes, ha ricordato a sua volta Mina Welby «il 77,2 per cento degli italiani è a favore del testamento biologico: i citta-dini vogliono poter scegliere co-me vivere e come morire; i parti-ti, invece continuano a imporre l’accanimento di stato». numeri e posizioni maldigeriti dal capo-gruppo Pdl al senato, Maurizio Gasparri. l’obiettivo dell’oppo-sizione ha detto Gasparri è can-cellare «i cattolici, le loro scelte, le battaglie in difesa della vita» e con essi «una prospettiva politi-ca per imporre la prevalenza di proposte e di progetti che sono largamente minoritari nel pae-se». la realtà è invece che con il ddl Calabrò si vuole imporre al-la maggioranza del Paese una vi-sione ideologica e antiscientifica della vita umana, facendo tabu-la rasa del fondamento costitu-zionale di laicità dello stato che

stabilisce il diritto di ciascuno, anche dei cattolici, all’au-todeterminazione. «Con l’arroganza di chi ha vinto le ele-zioni il centro destra dice agli italiani co-me si devono curare

- spiega in conclusione Marino -. la prossima settimana purtrop-po verrà probabilmente votata una brutta legge sul testamento biologico, che impone alimenta-zione e idratazione e lascia l’ul-tima parola al medico, malgra-do sia l’ordine dei Medici che i chirurghi si siano detti contrari, e l’80 per cento dei cittadini vo-gliano una legge in cui sia la per-sona a poter decidere».

la normativa austriaca, una legi-slazione, in tema di fecondazio-ne eterologa, molto simile a quel-la italiana. In aula a strasburgo saranno presenti anche due asso-ciazioni italiane (Hera di Catania e sos Infertilità di Milano) che so-no intervenute per portare ai giu-dici europei una serie di dati sulla situazione italiana e per informa-re la Corte del fatto che i Tribunali di Catania, Firenze e Milano, han-no sollevato questione di legitti-mità costituzionale sul divieto as-soluto di fecondazione eterologa previsto dall’articolo 4 comma 3 della legge 40. Una questione su cui nei prossimi mesi dovrà pro-

Successo del sit in organizzato di fronte a Montecitorio dal Coordinamento laico nazionale

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>>Esteri>>

Green economyNazioni Unite: investire nel verde per tornare a crescere

Nelle sue 600 pagine il do-cumento dell’Unep, intitolato “Verso un’economia verde: per-corsi di sviluppo sostenibile ed eradicazione della povertà”, di-mostra che investendo ogni an-no il 2 per cento del pil globa-le da qui al 2020 (circa 1.300 mi-liardi di dollari l’anno), la comu-nità degli stati potrebbe avvia-re una radicale trasformazione dell’attuale modello di crescita, garantendo uno sviluppo equi-librato e stabile dell’economia. «l’impiego dei capitali oggi av-viene in modo spesso poco fun-zionale e deve essere ripensa-to», si legge nelle report. Il dito è puntato contro i sussidi a setto-ri sterili, come quello delle fon-ti fossili, destinate a esaurirsi nel giro di pochi decenni, oppu-re non sostenibili nel lungo pe-riodo, come la pesca e l’agricol-tura intensive. attualmente que-ste attività assorbono tra l’1 e il 2 per cento del pil globale, produ-cendo sprechi e distraendo fondi che potrebbero essere impiegati in modo più produttivo e lungi-mirante. Il rapporto individua dieci aree di intervento priori-tario: dall’agricoltura all’edilizia,

Tosatti dalla prima

Green economy Il nuovo report del Programma Onu per l’ambiente dimostra che destinando il 2 per cento del Pil globale alle fonti alternative e al risparmio energetico l’economia mondiale ripartirebbe

Dagli Usa massima allerta sull’evolversi delle proteste

oggy Bottom, sede del Di-partimento di stato non si percepiva tanto fermento dai tempi della guerra in

Iraq. Nemmeno la tempesta Wi-kileaks ha scosso gli uffici che ge-stiscono gli interessi dell’america nel mondo come l’ondata di rivol-te nel nord dell’africa. Nel giro di pochi mesi gli Usa hanno dovu-to ripudiare alleati storici come l’egitto e il Bahrein, sperando ora nella caduta di un regime osti-le come quello di Gheddafi, sen-za operazioni militari. osservan-do attentamente l’evolversi della situazione, il presidente obama preferisce mantenere la linea po-polare filo riformista. Nelle ulti-me settimane il Dipartimento di stato ha chiesto ai governi loca-

Emanuele Bompan

Fli (tunisia, egitto, libia, algeria, Barhein) di «garantire il diritto di protesta condannando l’uso del-la forza diretta sui dimostranti». Un appoggio incondizionato che ha sicuramente giovato alle va-rie opposizioni. Il pentagono, che rappresenta in questo momen-to l’ala dura della realpolitik, si è messo in moto per essere pron-to ad affrontare qualsiasi scena-rio. Ieri il capo di stato maggiore interforze, mike mullen, è partito alla volta degli emirati e dell’ara-bia saudita. «la velocità degli eventi mi ha sorpreso e sta au-mentando», ha ammesso mul-len in conferenza stampa. Israe-le, secondo fonti di Washington, sarebbe molto preoccupato per l’instabilità nella regione e le ten-sioni nei territori palestinesi na-te dalla decisione americana di

porre il veto alla Risoluzione onu che condannava la politica degli insediamenti ebraici, al punto da premere sugli Usa per far scattare un allarme dopo il tentativo ira-niano di far entrare una nave mi-litare nel canale di suez (un even-to che non accadeva dagli anni settanta). a migliaia hanno pro-testato ieri nelle strade di Ramal-lah contro i due pesi e due misu-re di obama, mettendo in que-stione il reale orientamento del-la Casa Bianca «verso il percor-so democratico dei popoli ara-bi». ma a Washington non vo-gliono perdere la battaglia me-diatica «che stiamo combatten-do a tutto spiano su twitter», ha dichiarato il segretario di sta-to hillary Clinton. Grazie ai so-cial network «vogliamo che sap-piano direttamente quali sono le

nostre reali intenzioni», ha spie-gato la Clinton. obama deve pe-rò far fronte anche alle tensioni interne. Non accenna infatti ad affievolirsi la colorata protesta in Wisconsin, portata avanti da dipendenti pubblici e sindacati, dopo la proposta del governato-re repubblicano scott Walker di tagliare i salari, senza possibilità di una contrattazione collettiva. Da sette giorni decine di miglia-ia di dimostranti sono accampa-ti dentro e fuori il palazzo del go-verno a madison, capitale dello stato. «Questo è il nostro egit-to», ha dichiarato uno studen-te dell’università del Wiscon-sin. Una protesta che potrebbe contagiare, secondo la stampa locale, i vicini stati dell’Iowa e dell’ohio, dove potrebbero vara-re decisioni simili.

Stati Uniti Obama mantiene la linea popolare filo riformista e la Clinton parla ai dimostranti tramite Twitter. Al Dipartimento di Stato non c’era tanto fermento dai tempi della guerra in Iraq

ha preso ufficialmente il via ieri la campagna web del Wwf per l’earth hour, l’ora della terra, la più grande mobilitazione per la lotta ai cambiamenti climatici mai organizzata. Il 26 mar-zo dalle 20,30 alle 21,30 l’in-tero pianeta spegnerà sim-bolicamente le luci di mo-numenti, uffici, luoghi pub-blici e abitazioni private. la novità di quest’anno è l’in-vito per tutti ad andare ol-tre l’ora di buio prevista, ab-bracciando uno stile di vi-ta verde fatto di azioni con-crete a tutela dell’ambien-te e della natura. «se voglia-mo dare al mondo un futuro migliore, dobbiamo trasfor-mare le nostre società, ta-gliando le emissioni inqui-nanti per vincere la sfida dei cambiamenti climatici», ha dichiarato mariagrazia mi-dulla, responsabile Clima ed energia del Wwf Italia. p.t.

L’ora della Terra 2011

L’iniziativadall’energia alla pesca, dalla ge-stione delle foreste, dell’acqua e dei rifiuti all’industria, passando per il turismo e i trasporti. Inve-stire in questi ambiti il 2 per cen-to del pil garantirebbe un taglio della domanda di energia del 9 per cento nel 2020 e di quasi il 40 per cento entro il 2050, aumen-tando contemporaneamente di un quinto i posti di lavoro nel

settore energetico. In campi co-me l’agricoltura, l’edilizia e i tra-sporti la crescita dell’occupazio-ne si otterrebbe nel breve termi-ne, mentre in altri come la pesca, la necessità di rigenerare le riser-ve naturali richiederebbe tempi più lunghi, a fronte però di risul-tati comunque garantiti. «È chiaro che i governi hanno un ruolo centrale in questo proces-

so», ha dichiarato pavan sukh-dev, diretto re della Grenne eco-nomy initiative dell’Unep. «spet-ta a loro modificare le leggi e i re-golamenti e destinare i propri bi-lanci allo sviluppo di un sistema economico che sia veramente verde, basato sulle fonti energe-tiche alternative, sulla riduzio-ne dei consumi e sul risparmio energetico».

Organo ufficiale d’informazionedella Federazione dei VerdiReg. trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005sped. in abb. post. D.l. 353/2003 (conv.in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1 c. 1 DCB - Romala testata fruisce dei contributidi cui alla legge 7/10/ 1990 n. 250via del porto Fluviale, 9/a - 00154 Romatel. 06.45.47.07.00 - fax [email protected] - www.terranews.it

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Chiuso in redazione alle ore 19.00

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martedì 22 febbraio 20118

Disastro Lambro, un anno dopoAmbiente Ancora nessun colpevole per lo sversamento di idrocarburi nel fiume. In 12 mesi, altri 7 allarmi per scarichi industriali

niziano i lavori da un mi-liardo di euro per l’impian-to di conversione a tecno-logia EST (Eni Slurry Tech-

nology, tecnologia per la con-versione e l’upgrading di greg-gio pesante, extra-pesante e bi-tume descritta come “a minimo impatto ambientale”) della raffi-neria Eni di Sannazzaro (Pv). La decisione è stata presa in questi giorni nell’ambito della Commis-sione comunale sull’ambiente, in cui anche Eni è rappresenta-ta. Contestualmente, l’impresa energetica ha recepito le prescri-zioni del ministero per l’Ambien-te relative al rispetto dei valori massimi di emissioni e verran-no quindi monitorate non solo le PM10, ma anche le PM2,5, le polveri sottili più volatili, primo caso in Lombardia.Nell’ambito della Commissione è stato deciso anche che il bilan-

Camilla Minarelli

I

passato un anno dal disa-stro ambientale del feb-braio 2010, quando 2.600 tonnellate di idrocarbu-

ri provenienti dalla ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta, furono sversati nel tratto brian-zolo del fiume Lambro, provo-cando uno dei peggiori disastri ecologici che la regione ricordi. Ad oggi, l’indagine giudiziaria è ancora aperta ma non c’è nessun colpevole. Le condizioni del fiu-me che lambisce Milano per ar-rivare al Po è da sempre critica e continua a preoccupare, ma sono soprattutto i continui scarichi in-dustriali ad aggravare una situa-zione già di per sé compromessa. Solo nell’ultimo anno, l’allarme è scattato ben sette volte. L’ultimo episodio risale solo a un mese fa, quando l’allarme scattò dopo il rinvenimento di alcuni residui di nafta, provenienti probabilmente dal lavaggio di una cisterna. A de-nunciarlo è ancora una volta Le-gambiente durante il convegno, organizzato ieri mattina a Mila-no, per fare il punto della situa-zione e presentare i risultati delle analisi effettuate dall’Arpa lungo il corso del fiume. Secondo i da-ti presentati, gli effetti dello sver-samento dello scorso febbraio so-no solo attenuati, ma la situazio-ne complessiva non è migliorata. Su 42 depuratori nel bacino Lam-bro - Seveso - Olona , 20 non so-no conformi alla norma. I casi più

Erica Sirgiovanni

è

La raffineria un po’ verdeImprese Via ai lavori nel centro Eni di Sannazzaro, previste meno emissioni e compensazione ambientale

cio ambientale complessivo, no-nostante l’aumento di petrolio greggio lavorato, dovrà rimanere invariato rispetto a quello attua-le perché Eni si dovrà impegnare non solo sul fronte degli impianti di nuova costruzione, dotati del-le tecnologie più evolute, ma an-che per l’ammodernamento dei vecchi impianti. «Siamo riusciti a ottenere che nonostante l’au-mento di volume della raffineria, le emissioni di sostanze in atmo-sfera non aumentino», ha com-mentato Pietro Signorelli, asses-sore all’ambiente del comune di Sannazzaro. Del controllo si oc-cuperanno due enti - Arpa Agen-zia regionale per la protezione dell’ambiente e Ispra Istituto su-periore protezione e ricerca am-bientale - che leggeranno in tem-po reale i dati raccolti in aria e al suolo. Previste inoltre variazioni per i limiti delle emissioni su ba-se annuale: il Ministero impone un abbassamento delle polve-

ri sottili da 450 tonnellate/anno a 378 e una diminuzione dell’os-sido di carbonio da 2500 tonnel-late/anno a 2480, mentre l’ani-dride solforosa resterà inalte-rata con 5000 tonnellate/anno. Altro punto dell’accordo è l’in-dagine epidemiologica che ver-rà condotta in accordo con l’Asl e con istituti di ricerca, entro un anno dal termine dei lavori, sui cittadini residenti a Sannazzaro e Ferrera, i due comuni limitrofi alla raffineria. «Si tratta di visto-si passi in avanti - hanno com-mentato l’assessore all’ambiente Pietro Signorelli e il presidente della commissione di salvaguar-dia ambientale Roberto Zucca - che rafforzano controlli e dife-se dall’impatto ambientale di un nuovo impianto, in funzione ai primi mesi del 2013». Importan-ti gli investimenti dell’Eni per la compensazioni ambientale, co-me piste ciclopedonali, parchi, boschi. A Sannazzaro è iniziata

la piantumazione di 7mila albe-ri autoctoni (tra cui i gelsi, le cui foglie venivano usate un tempo in Lomellina per allevare i bachi da seta), punto di partenza per la creazione di un grande par-co pubblico di 58mila metri qua-drati, una sorta di barriera verde tra l’abitato e i grandi impianti Eni, per produrre ossigeno e mi-tigare l’impatto visivo. Una nuo-va direzione, nel rapporto tra impresa e territorio, che comun-que è solo all’inizio e che attra-verso la responsabilità ambien-tale d’impresa deve fare ancora tanta strada.

critici sono quelli dei depuratori di Varedo, che scarica nel Seveso, e di Monza, che scarica nel Lam-bro, determinando la morte bio-logica del tratto fluviale a valle. A conti fatti, secondo Legambien-te, nell’intero bacino del Lam-bro, che comprende anche Olo-na e Seveso con i relativi affluen-ti, solo il 60% degli scarichi civili e industriali passano attraverso un depuratore, tutto il resto, finisce nei fiumi senza alcun trattamen-to. Un dato addirittura peggiore di quello medio regionale, che sti-ma nel 78% la percentuale di ac-que di scarico che subiscono un

trattamento depurativo. Motivo per il quale la Lombardia è espo-sta a ben due procedure di infra-zione da parte dell’Unione Euro-pea. Versa in gravissime condi-zioni anche il sistema di colletto-ri e fognature che risalgono addi-rittura a 150 anni fa. Secondo Da-miano Di Simine, Presidente di Legambiente Lombardia, «è pro-prio questa una delle strade per cui deve passare il risanamento del bacino. Si è resa oramai ne-cessaria anche l’organizzazione di una governance strutturata fra i vari enti per la gestione delle ac-que, a iniziare dal “Contratto di

fiume” che dovrebbe prendere il via tra pochi mesi, coinvolgendo tutti i Comuni interessati». I dati che emergono dalle indagini Ar-pa, mostrano che gran parte dei fiumi lombardi e delle falde sot-terranee sono in condizioni ben lontane dal “buono stato di salu-te” che dovrebbero raggiungere, secondo la direttiva quadro sulle acque dell’UE, entro il 2015. «Per quanto riguarda il Lambro - con-clude Di Simine -. il livello di qua-lità attuale va dal “sufficiente” del tratto brianzolo, al livello “pessi-mo” tra la fine della provincia di Monza e Melegnano».

Per compensare è prevista la piantumazione di 7mila alberi, punto di partenza per la creazione di un grande parco pubblico

Terra Milano A cura di Emanuele BompanInfo: [email protected]

Se la mobilità ciclistica a Mi-lano è arretrata rispetto alle altre città europee, ciò non nasce dal caso ma porta pre-cise responsabilità. Milano ha avuto vari sindaci: Pillit-teri, Borghini, Formentini, Albertini, Moratti. Mai nes-suno di questo ha fatto una virgola per migliorale la ci-clabiilità, allontanando Mi-lano dalle città virtuose. Per cercare tracce bisogna risali-re a Tognoli, che ha governa-to fino al 1986: politicamen-te, un’altra era geologica. Certo, la macchina ammi-nistrativa non è semplice, la città è complessa, le risorse scarseggiano. Ma c’è un te-ma fondamentale di volon-tà politica che è il vero nodo mai affrontato. Non sarà un ottimismo di maniera a ren-dere Milano davvero “amica della bicicletta”. Serve una visione forte sostenuta da lavoro, umiltà, capacità di ascolto, dialogo, concretez-za, pragmatismo. Conta un processo, assai più di un pro-getto. Bisogna avere il senso dell’urgenza, perché non si può continuare a sperare in tempi migliori. Ed è neces-sario guardare alle migliori esperienze, adattandole al-la propria realtà. Al sindaco tocca sferzare la macchina comunale nella giusta dire-zione. Occorre pensare alla bici come a una risorsa stra-tegica, non un nice-to-ha-ve, un accessorio di tenden-za. E bisogna aver chiaro che se vogliamo una città vivibi-le e sostenibile, la bici è una soluzione, per l’ambiente per la salute, cosi come per la mobilità fino ai grandi temi del contenimento dei con-sumi energetici e dei mu-tamenti climatici. Occorre rendere Milano fruibile alla bici, per tutti, in condizioni di sicurezza. Per raggiunge-re l’obiettivo, non bastano le piste ciclabili: la ricetta del-la ciclabilità ha molti ingre-dienti, tutti importanti. Pri-vilegiarne qualcuno a scapi-to di altri, compromette i ri-sultati. Ma non illudiamo-ci: senza una volontà politi-ca forte e chiara il cambia-mento non avverrà. Ognuno deve assumersi le proprie re-sponsabilità. *presidente Fiab CICLOBBY

Eugenio Galli*

è l’ora di una città ciclabile

Due ruote

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martedì 22 febbraio 2011 9

L’arte lungo le rotte della TerraWeb Con “A onE project” di Neal Peruffo opere virtuali incontrano la rete e trovano una nuova vita, fuori dai soliti spazi museali

ualche anno fa l’attenzio-ne della comunità scien-tifica internazionale si concentrò su quella par-

te di Tirreno che bagna l’isola di Ischia, nel Golfo di Napoli, dove furono condotti alcuni studi sulle fessure presenti nel fondale e dalle quali fuoriescono notevoli quanti-tà di CO2. La ricerca fu condotta dagli studiosi della Stazione Zo-ologia Anthon Dorhn di Napoli, in collaborazione con ricercatori francesi, inglesi e israeliani, che il-lustrarono i propri risultati trami-te un articolo pubblicato sulla rivi-sta Nature, nel 2008. Premesso che gli oceani assorbono la CO2 atmo-sferica causando il cosiddetto “ef-fetto tampone” che rallenta i cam-biamenti climatici, la particola-re situazione del fondale dell’isola flegrea desta interesse negli animi degli scienziati giacché potrebbe rappresentare il futuro degli ecosi-

Stefano Erbaggio

Q

arallelepipedi bianchi sulla scogliera nel porto dell’isola di Procida, leoni nella Masterplatz di Dus-

seldorf, un lungo muro colorato a Via Pietrarsa a Portici, una fo-to che incita alla ribellione in uno degli schermi di Piccadilly Cir-cus a Londra. Basta fare un giro in Google Earth, software che gene-ra immagini virtuali della Terra, per imbattersi in un’opera d’arte ambientale. Ma andando sul po-sto che scopriremo che le instal-lazioni sono in realtà inesistenti. Proprio così: il cortocircuito co-gnitivo è reso possibile da “A onE project”, progetto di web multi-piattaforma ideato da Neal Peruf-fo. L’artista napoletano ha sfrutta-to le enormi possibilità offerte da Google Earth per caricare sul sof-tware opere di land art e urban art collocandole nel “paesaggio terre-stre”. Il visitatore è perciò “vitti-ma” di un inganno, frutto dell’abi-lità dell’artista “hacker” nonché del potere della rete grazie a cui è possibile ripensare e riscrivere la realtà. è possibile partecipare al progetto non solo come fruitori, ma anche come attori-artisti at-traverso il sito www.aoneproject.com creato da Neal. Il sito inizierà a funzionare alle ore 19,00 del 25 febbraio, in seguito alla presenta-zione nella galleria Overfoto in Vi-co S. Pietro a Majella a Napoli. Nel sito saranno visualizzabili le ope-re con le descrizioni, gli autori e le

Alessandra del Giudice

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A Ischia il futuro del mareStudi Nei fondali dell’isola un gruppo di ricercatori studia le conseguenze dell’acidificazione

stemi acquatici. Il biossido di car-bonio assorbito dagli oceani reagi-sce con l’acqua causando, attraver-so una serie di reazioni chimiche, l’aumento dello ione carbonato, la cui formazione è all’origine dell’ab-bassamento del Ph della soluzio-ne (l’oceano). Questo fenomeno è chiamato acidificazione degli oce-ani e rappresenta, in ambiente ac-quatico, l’equivalente dell’effetto serra in atmosfera in conseguenza dell’aumento della concentrazio-ne di biossido di carbonio. Le pre-visioni evidenziano un futuro ab-bassamento del Ph dell’acqua pa-ri a 0.5 unità, con la conseguente scomparsa di alcune specie ani-mali, come molluschi e ricci e un probabile aumento della biomas-sa algale dovuto alla maggiore concentrazione di CO2, che agen-do “da fertilizzante” promuove l’at-tività fotosintetica. Le emissioni di CO2, che interessano il mare di Ischia, acidificano le zone intor-no alle fessure. Uno studio più re-

cente, condotto presso la Stazione Zoologica di Napoli in collabora-zione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, approfondi-sce questi aspetti, precisando che non tutte le macroalghe gioveran-no dell’aumento di CO2; al contra-rio l’effetto dell’acidificazione inci-derà sul tipo di comunità e la sua struttura. Questa ricerca, effet-tuata nei pressi del Castello Ara-gonese di Ischia, studia le varia-zioni nella struttura delle comu-nità macroalgali lungo il gradien-te di Ph, l’eventuale stress causato da quest’ultimo sui singoli organi-smi, e le conseguenze che potreb-be avere sulla comunità durante le successioni ecologiche (l’avvi-cendarsi di specie sempre più spe-cializzate che occupano un habi-tat). Secondo i risultati, un abbas-samento di 0.3 unità del Ph causa una riduzione del 5% nella diver-sità specifica delle alghe, un ulte-riore calo comporta la scomparsa delle specie calcaree. Le specie più

tolleranti alle variazioni di Ph so-no quelle fornite di un tallo (cor-po dell’alga) più sviluppato, come quelle appartenenti al genere Dic-tyota e Sargassum (alghe brune), dominanti in ambiente acidifica-to. La diminuzione del Ph potreb-be operare sugli organismi una se-lezione genetica e ulteriori studi sono in corso. Il sito presso il Ca-stello di Ischia offre la possibilità di condurre uno studio unico nel suo genere, per via delle emissio-ni sottomarine naturali di CO2, ri-velandosi pertanto di grande utili-tà nell’ipotizzare uno dei possibili scenari futuri.

coordinate per rintracciare le in-stallazioni su Google Earth, e sarà possibile compilare l’application form per inserire la propria opera esclusivamente ambientale e vir-tuale. Attualmente sono una deci-na gli artisti che hanno partecipa-to al progetto: molti giovani emer-genti, ma anche noti artisti na-poletani come Carmine Rezzuti e Gerardo Di Fiore. «Il progetto è anche una vetrina. Le opere sono virtuali, ma se vengono apprez-zate in ambito internazionale gli artisti possono essere chiamati a realizzarle», sottolinea Carmine Rezzuti autore dell’opera di Pie-

trarsa a Portici. Di fatto le ope-re seppure virtuali ed ecososteni-bili al 100% sono reali nella men-te dell’artista e negli occhi di chi le osserva su Google Earth. «Nel 1972 ho realizzato un’istallazione con dei leoni in piazza dei Mar-tiri di fronte la galleria di Lucio Amelio come forma di protesta del gruppo “la galleria inesisten-te” contro l’arte chiusa nelle galle-rie e dunque antidemocratica. Fu proprio Joseph Beuys che espone-va da Amelio ad essere catturato dai leoni e mi propose di portarli a Dusseldorf. Purtroppo il progetto non si è realizzato quando Beuyes

era vivo. Ora il sogno si è materia-lizzato grazie a Neal», racconta Di Fiore. Rimescolando il vero e il fal-so, ”l’immagine di quello che è” e di “quello che potrebbe essere”, si ordisce una trama nuova del pro-cedere artistico: grazie ad “A onE project” l’artista può mostrare le proprie “opere impossibili” a livel-lo planetario, ma ciò che appare più interessante è che il pubbli-co può a sua volta partecipare al sovversivo progetto che, voltando le spalle agli spazi chiusi di galle-rie e musei, propone una vera de-mocratizzazione dell’arte “a cielo aperto”.

Nei pressi del Castello Aragonese si analizzano le variazioni nella struttura delle comunità macroalgali lungo il gradiente di Ph

Terra NapoliA cura di Francesco Emilio BorrelliInfo: [email protected]

Oggi alle 10.30 al Gambri-nus presentazione dell’as-sociazione ASSUD nata in difesa del mezzogiorno, per l’ Unità d’Italia e contro il federalismo leghista. A battezzarla saranno il pre-te anticamorra Don Aniel-lo Manganiello, l’imprendi-tore calabrese Andrea Guc-cione, l’ex assessore pro-vinciale Francesco Emilio Borrelli, il giornalista Lo-renzo Crea, il leader stu-dentesco pugliese Gianlu-ca Iaconeta. «Affiggeremo migliaia di manifesti - di-chiarano i promotori - per spiegare la follia del fede-ralismo della Lega che di-struggerà il Sud. Noi voglia-mo l’Italia Unita di cui par-lano il Presidente Napolita-no e l’attore Benigni non il federalismo egoista di Bos-si e Calderoli. Partiamo con questa mobilitazione per far comprendere il perico-lo che si sta correndo con la deriva leghista. Anche la secessione è meglio del lo-ro federalismo».

«Con le dimissioni del Cda del Madre - denunciano i promotori del comitato SAVE MADRE, l’ex asses-sore Francesco Emilio Bor-relli ed i consiglieri comu-nali e provinciali Emilio Di Marzio e Livio Falcone - è iniziata ufficialmente e de-finitivamente l’agonia del museo napoletano di ar-te contemporanea. Siamo arrivati ad un finale tragi-co dopo 6 anni di straor-dinaria attività. Siamo de-lusi ed arrabbiati perché la nuova gestione regionale non ha compreso l’ impor-tanza della cultura e dell’ arte sul nostro territorio». «Continueremo a batter-ci - spiegano - affinché ci sia una speranza per il pro-getto, per i lavoratori e per la cultura regionale e na-poletana. Abbiamo in pro-gramma diverse iniziati-ve. Gli autori di questo “de-litto” dovranno pagare per questo “delitto culturale ed artistico”».

Napoli, oggi nasce Assud

«Museo Madre da difendere»

Associazioni

Verdi e Pd

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martedì 22 febbraio 201110

Energia(64,4 megawatt), al sedicesimo da Pietramontecorvino (62,5 megawatt) e al diciassettesimo da Alberona (62 megawatt). Mentre in Campania, sempre secondo l’associazione ambien-talista, ci sono i Comuni di Moli-nara (39,6 megawatt), San Gior-gio la Molara (39,1 megawatt) e primo fra questi, al ventesimo posto, Foiano Valfortore (57,4 megawatt). «In questo periodo di tagli ai trasferimenti statali - afferma Giuseppe Ruggiero, assessore con delega alle Attività produt-tive del piccolo paese - gli introi-ti che arrivano dall’eolico rap-presentano una boccata di os-sigeno per piccole realtà come le nostre. In questo modo pos-siamo migliorare i servizi da of-frire ai nostri cittadini. Anche se, nonostante i grossi investi-menti economici fatti, il Forto-re continua ad essere solo un si-to di sfruttamento del territorio senza grosse ricadute sull’occu-

pazione, infatti so-no solo una venti-na i nostri giovani impiegati nel set-tore». E di servizi offerti alle proprie collettività, ne san-no qualcosa i paesi di Alberona e Rose-to. Il primo con una

parte dei fondi sovvenziona l’as-sistenza domiciliare agli anziani e il servizio mensa gratuito per gli studenti dell’istituto scola-stico comunale. Il secondo, che si avvia ad essere “Comune rin-novabile al 100%”, ha messo in campo il progetto de “La fattoria del vento”. Un parco eco-didatti-co con percorsi e manufatti bio-compatibili, un’azienda agrico-la e strutture ricettive autosuffi-cienti dal punto di vista energe-tico costruiti secondo i dettami della bioarchitettura.Intanto in Campania, dal pri-mo gennaio 2010, sono cambia-te le linee guide regionali. Ai Co-muni tocca esprimere un pare-re non più vincolante, ma so-lo consultivo, sull’installazione di nuove pale. «Di fronte a que-sta situazione – afferma il sinda-co di Baselice (Benevento), Do-menico Canonico, sul cui terri-torio dovrebbe essere installa-to, nei prossimi mesi, un nuo-vo parco della Edison spa di 15 megawatt – non ci resta che cer-care di ottenere il massimo van-taggio nella contrattazione con le società del vento. Noi siamo favorevoli alle fonti rinnovabili, purché siano gestite con più ri-spetto per il nostro territorio». Nel Sannio infatti, nei prossimi mesi, arriverà una nuova ondata di installazioni di impianti eoli-ci, che dovrebbe interessare una ventina di Comuni (risulta dai progetti depositati presso l’as-sessorato regionale all’Ambien-te). Intanto, l’avvocato Vigorito è diventato presidente del Be-nevento calcio. Come dire: dal-le pale al pallone.

er vedere il più grande parco eolico d’Italia biso-gna venire qui, nel Forto-re. Area geografica spal-

mata tra Puglia e Campania. Tutto nasce nella metà degli an-ni Novanta per opera di un avvo-cato di Ercolano (Napoli), Oreste Vigorito, che attinge l’idea da-gli Stati uniti (così dice in un’in-tervista) e la porta nel profondo Sannio. Nel 1993 il legale parte-nopeo costituisce la società Ivpc e tre anni dopo entra in funzione il primo impianto eolico a Mon-tefalcone di Valfortore. Piccolo Comune, in provincia di Bene-vento, di 1600 abitanti a 830 me-tri sul livello del mare. La scel-ta non avviene a caso: è uno dei paesi più ventilati degli ottomila municipi nazionali. Sul territorio del paese l’azienda dell’avvocato installa 43 aerogeneratori per 26 megawatt di potenza. Vigori-to diventa l’uomo tra i più ricchi d’Italia e presidente dell’Associa-zione nazionale energia del ven-to, che oggi conta sessanta so-ci (Ansaldo sistemi industria-li, Erg renew, Fortore energia e Vestas Italia, solo per citarne al-cuni). Nel novembre del 2009, però, un’inchiesta della procu-ra di Avellino lo porta agli arre-sti domiciliari insieme ad altre

Fortore, il vento alla conquista dei ComuniAntonio Bianco

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Energia Tra Puglia e Campania c’è il più grande parco eolico d’Italia, ma alcuni ne contestano l’impatto ambientale. Intanto i sindaci puntano sulle royalties per rimpinguare le casse comunali

tre persone. Di fronte alla grave accusa di truffa allo Stato il «pe-troliere del vento» si dimette da tutte le cariche della società. Vi-gorito ha 63 anni, la sua azienda fattura 250 milioni di euro l’anno e occupa 420 dipendenti, più un altro migliaio nell’indotto. Nel frattempo, grazie alle poli-tiche degli incentivi statali (cer-tificati verdi), le torri eoliche si estendono a macchia d’olio fino a raggiungere la vicinissima Pu-glia (oggi prima produttrice), per poi interessare le altre regioni del

Sud. Il Fortore dà così il via alla grande stagione dell’eolico, ma non tutti sono d’accordo. Nasco-no i fronti del no, che contestano questa fonte rinnovabile soprat-tutto per l’impatto ambientale. L’organizzazione più impegnata nella battaglia contro «l’eolico selvaggio» è Italia Nostra. Molti sindaci spinti però dalla neces-sità di rimpinguare le casse co-munali accettano l’operazione in cambio di un compenso (ro-yalties), che oggi si aggira intor-no al 3,5 per cento sugli introiti

prodotti. Attualmente, se-condo l’ultimo rapporto di Le-gambiente “Comuni rinnovabili 2010”, sono i comuni del Fortore pugliese ad occupare i primi po-sti della classifica. Infatti, il pri-mo paese ad essere produttore di energia eolica in Italia è quello di Troia (171,9 megawatt). Segui-to al terzo posto da Sant’Agata (97,2 megawatt), all’undicesimo da Roseto Valfortore (71,8 mega-watt), al quindicesimo da Faeto

didascalia didascaliaGait alit nibh etue vulla commy nosto dolobor sim eu fe

>>Ambiente>>

l sistema di monitoraggio dell’aria della Toscana è ina-deguato. Questa la denun-cia di Medicina democrati-

ca (Md) e del Comitato salute e ambiente (Csa) di Livorno in re-lazione al sistema delle centrali-ne per il rilevamento dello smog. La denuncia segue la ristruttu-razione della rete toscana per il controllo della qualità dell’aria in seguito al decreto legislativo 155/2010 che recepisce la diretti-va europea n. 50/2008. Secondo i dati forniti dagli ambientalisti il numero delle centraline tosca-ne è diminuito a 32 unità rispet-to alle 90 presenti nel 2006. «La direttiva stabilisce un numero minimo che non deve essere in-terpretato come numero massi-

Ylenia Sina

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Aria pesante in ToscanaInquinamento In tutta la regione sono solo 32 le centraline di monitoraggio delle polveri sottili, 58 in meno rispetto al 2006. La denuncia di Medicina democratica e del Comitato salute e ambiente

mo» denuncia Maurizio Zicanu di Md Livorno «e parla di “rispet-to dei canoni di efficienza, effi-cacia ed economicità” che dubi-to possano essere rispettati con una riduzione simile del nume-ro delle centraline presenti sul territorio». In particolare nella provincia di Livorno, «costante-mente alle prese con vecchie fab-briche inquinanti e nuovi proget-ti nocivi come rigassificatori, in-ceneritori, centrali a biomasse e discariche» denunciano dal Csa, il numero delle centraline è pas-sato da sei a tre lasciando sco-perte aree come Rosignano Sol-vay, una delle più inquinate d’Ita-lia con le sue industrie chimiche, o come Piombino, «non certo fa-mosa per la sua aria pulita», in cui è rimasto attivo un solo pre-sidio di monitoraggio. A solleva-

re ulteriori perplessità anche la localizzazione delle centraline, lontane sia dalle emissioni del traffico sia da quelle industriali o in luoghi dove il flusso d’aria è ostacolato. «Invece le centraline poste a Livorno sono tutte sotto gli alberi» racconta Mario Mar-telli del Csa Livorno «mentre, so-lo per fare un esempio, a Firen-ze una centralina di fondo urba-no è stata inserita nel giardino di Boboli». Lo studio riporta invece come la direttiva e il dl prescrivo-no, per le polveri fini Pm2,5, una collocazione dove è possibile ri-levare “l’esposizione media del-la popolazione”, «non certamen-te rappresentata da un parco» è il commento unanime, e la collo-cazione in zone dove nulla possa “disturbare il flusso d’aria […] di norma ad alcuni metri da edifi-

ci, balconi, alberi e altri ostacoli”. Di fronte a questo scenario gli at-tivisti temono che una riduzione dei superamenti segnalati «ab-bia come conseguenza una dimi-nuzione dell’allarme nella popo-lazione senza che però siano in-feriori i rischi per la salute di tut-ti» denuncia Zicanu. Il tutto sen-za dimenticare l’effetto “positivo” della diminuzione delle multe comunitarie e un abbassamen-to della guardia verso i provve-dimenti volti a limitare l’inqui-namento e a migliorare la qualità dell’aria. Così «sarà di sicuro più facile realizzare impianti alta-mente impattanti, come incene-ritori e centrali a biomasse» con-clude Martelli «anche nei terri-tori che già pagano con l’inqui-namento anni di industrie noci-ve e di schiavitù energetica».

Il primo paese produttore di energia eolica in Italia è Troia (Fg). Al terzo posto Sant’Agata, a pochi chilometri

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martedì 22 febbraio 2011 11>>Media Mix>>

Berlino: migrazioni, drammi, ironia

accontare una società, i suoi drammi, aggirando la censu-ra e incantando il pubblico. Na-der and Simin, A Separation del

regista iraniano Asghar Farhadi trion-fa e commuove Berlino incassando l’Or-so d’Oro e i premi per i migliori attori e attrici. Nader e Simin hanno ottenuto il permesso di espatrio ma Nader non vuo-le lasciare il padre, affetto da Alzheimer. Simin chiede dunque il divorzio e quan-do le è negato dalle autorità competen-ti decide comunque di lasciare la casa e di trasferirsi dai genitori, lasciando la fi-glia undicenne Termeh con il padre. Na-

Natasha Ceci

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ramelloso nel voler ribadire il (sacrosan-to) valore della tolleranza e rispetto tra i popoli. Altra interessante opera “made in Turchia”, pur essendo anche una copro-duzione tedesca e olandese, è Our Grand Despair di Seyfi Teoman, tratto dal libro omonimo di Barı Barıs Bıçakçı, conside-rato da molti il Carver turco per il suo mi-nimalismo e spessore. Nella convivenza di Cetin ed Ender, amici di vecchia data, irrompe la giovane Nihal, sorella di un lo-ro vecchio compagno di scuola, i cui ge-nitori sono appena deceduti in un inci-dente stradale. Da intrusa con un pesan-te trauma Nihal diventa il perno di un te-nero ménage dove i sentimenti sono ban-diti da ogni categoria. La disperazione del titolo è quella del dramma di Nihal e del fratello; dell’amore impossibile di Cetin ed Ender per lei e del grande affetto uno per l’altro non essendo una coppia gay pur vi-vendo assieme e pur sembrando nei ruo-li domestici marito e moglie. Dove inizia-no i confini di una relazione? Teoman si pone la domanda, ridendo come i prota-gonisti di Almanya trapiantati in Germa-nia, in bilico tra tradizione e futuro come le coppie di Farhadi.

lica sedia vuota tra le fila della giuria del-la Berlinale è riscattata dall’omaggio che lo stesso festival ha offerto al grande au-tore. Quattro film per raccontare storie di donne (Offside del 2006 e Il cerchio del 2000) oppure favole morali ora delicate ora noir (Crimson Geld del 2003 e Il pal-loncino bianco del 1995). Si può ridere nella tragedia o nei turbo-lenti fenomeni come le migrazioni. Al-manya- Wilkommen in Deutschland è una divertente commedia, di produzione te-desca, sull’arrivo dei lavoratori turchi con famiglie al seguito nella Germania degli anni sessanta, diretto dalla regista turca Yasemin Samdereli nel suo debutto cine-matografico dopo aver prodotto comme-die e serie televisive. In uno stile pop e co-lorato la regista mette in scena la storia migratoria della famiglia di Hüseyn Yil-maz, raccontata da sua nipote al cugino, entrambi nati in Germania tra due cultu-re e idiomi. La partenza di Hüseyn, l’arri-vo della famiglia in un secondo momen-to, l’integrazione, gli stereotipi e la vita “oggi” a più di trent’anni di distanza, sono colti con assoluta ironia. Peccato per l’ec-cessivo happy ending finale: troppo ca-

der sarà costretto a cercare qualcuno che si occupi del padre e l’incarico viene dato a Razieh (una incantevole Sareh Bayat), incinta e che accetta il lavoro senza par-larne al marito. Un giorno Razieh esce di casa lasciando il padre di Nader in balia di se stesso. Ciò che accadrà al suo ritor-no scuoterà le vite di tutti.Farhadi conferma intenti e talento del precedente About Elly: osserva con di-screzione la vita quotidiana familiare del-la media borghesia iraniana, i rapporti tra uomo e donna, le briglie della religione, il passato e la modernità. L’Iran contempo-raneo (nei suoi tratti paradossali e ironici agli occhi occidentali) emerge attraverso l’escamotage narrativo di un piccolo gial-lo, un “thriller” da camera con un intrec-cio da risolvere e una verità da chiarire. In About Elly il giallo era la scomparsa di una ragazza, in Nader and Simin, A sepa-ration si cerca di capire cosa sia succes-so in casa tra Razieh, Nader e suo padre e lo spettatore non sempre è onniscien-te. Il regista iraniano offre il suo capolavo-ro senza incappare nei divieti politici del suo paese, a differenza del meno fortuna-to conterraneo Jafar Panahi, la cui simbo-

CinemaOrso d’oro al regista Asghar Farhadi. La Berlinale premia simbolicamente l’Iran anche con l’omaggio a Jafar Panahi, voce critica del potere ora in carcere

GiradischiLive

Giovanni l’americano

efinire Giovanni Guidi “astro na-scente” del jazz italiano è ormai ri-duttivo. A soli 26 anni il pianista di Foligno può vantare una carriera

da far invidia a jazzisti navigati. In quartet-to, nella miriade di collaborazioni, oppure al fianco di Enrico Rava, suo padre artisti-co che più volte lo ha voluto nella sua for-mazione, Guidi non si è mai tirato indie-tro e non ha mai mostrato paure o tenten-namenti. Il suo lirismo, la sua ricerca del-la melodia e l’abbinare la musica a proget-ti più ampi, densi di contenuti e letture ap-profondite, sono ormai diventati un tratto caratterizzante, una firma che tratteggia in calce sotto ogni sua composizione. Il suono di Giovanni Guidi va oltre il semplice pia-noforte, è in grado di fondersi, unirsi e spe-rimentare senza mai perdere originalità. E, in barba a tutti, può anche permettersi di esplorare strade nuove e indefinite senza per questo rinunciare alla tensione emoti-va. Il nuovo passo è segnato da We don’t live here Anymore (Cam Jazz) quarto capitolo della sua discografia, che arriva dopo il suc-cesso, in termini di critica e pubblico, della Unknown rebel band che raccogliendo il meglio del nuovo jazz italiano e seguendo le orme di Charlie Haden e la sua Libera-tion Orchestra, ha narrato le storie dei ri-belli senza nome: dal giovane studente che sfidò i carri armati a piazza Tienanmen fi-no ai desaparecidos argentini e il G8 di Ge-nova. Ora Guidi torna con un disco ameri-cano, registrato a New York, che mostra il pianista abbandonare leggermente la me-

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lodia e il lirismo nostrano e bagnarsi in un contesto internazionale. In Gianluca Pe-trella, riconosciuto ormai all’unanimità tra i migliori trombonisti al mondo, Guidi ha trovato una spalla perfetta, insieme riuni-scono quanto di meglio il jazz italiano ab-bia prodotto negli ultimi anni. Al tocco dei due si è aggiunto un trio di tutto rispetto composto da Michael Blake al sax, Thomas Morgan al basso e Gerald Clever alla bat-teria. Sono tre esponenti di tutto rispetto, da noi poco noti, ma che possono vanta-re esperienza e perizia. Blake è uno dei vol-ti della scena jazz di New York, la sua car-riera può essere racchiusa in un cerchio at-torno al jazz, nel mezzo soul, raggae funky

e la partecipazione allo storico gruppo dei Lounge Lizard. Con questi elementi Guidi ha costruito il suo album che viaggia anni luce dal lavoro precedente. Il suo tocco di-venta intimista, lo sguardo supera i gratta-cieli della Grande mela e arriva in un posto indefinito. Tra le tracce di We don’t live he-re anymore si alternano composizioni dello stesso Guidi a improvvisazioni nate e cre-sciute in studio (i celebri Sear Sound che hanno visto passare Chick Corea, Bjork, Jo-hn Zorn e tanti altri), note sottili che rivi-vranno questa sera sul palco dell’Audito-rium Parco della musica con il quartetto al completo. Il tour prosegue il 23 ad Assisi, il 24 a Bologna e il 25 a Ferrara.

Con un singolo sull’acqua prende il via il nuovo capitolo, il decimo per la pre-cisione, firmato dagli Yo Yo Mundi. Si parte con “Rabdomantiko”, il nuovo brano che la band di Aqui Terme ha presentato scendendo in piazza per difendere un bene comune. E l’ha fat-to a pochi passi dai riflettori del festi-val della canzone italiana in una ma-nifestazione per la difesa dell’Acqua, in vista della prossima campagna re-ferendaria “Due sì per l’Acqua Pub-blica” che in primavera porterà al vo-to tutti gli italiani contro la privatiz-zazione delle risorse idriche. Abbi-nato al lancio del singolo c’è anche la possibilità - aperta a tutti - di rea-lizzare un video collegato alla canzo-ne (modalità di partecipazione e no-tizie al link online su www.yoyomun-di.it/rabdomantiko). Il nuovo bra-no è il primo estratto dal nuovo lavo-ro della band, Munfrâ (Felmay/Egea) in uscita il prossimo 21 marzo, un di-sco che si può considerare un ritorno a casa, il racconto dei sogni, dei suo-ni e delle emozioni di una terra come il Monferrato luogo d’origine degli Yo Yo. Musica “popolare” sospesa tra la natura “selvatica” della band acquese (definizione coniata da Paolo Conte), il canto in dialetto e un ventaglio di piccoli racconti scovati tra gli acca-dimenti della storia. Nell’album qua-si quaranta ospiti tra cui Hevia, Euge-nio Finardi, Steve Wickham, Banda Osiris, Sergio Berardo (Lou Dalfin), Nabil Salameh (Radiodervish), Mario Arcari, Vincenzo Zitello, Betti Zam-bruno, Fabio Rinaudo (Birkin Tree), Claudio Fossati, Franco Minelli (Or-chestra Bailam).

Yo Yo mundi, canto per l’acquaQuesta sera all’Auditorium

Parco della musica di Roma il pianista Guidi presenta We don’t live here anymore, il nuovo progetto registrato a New York insieme a grandi esponenti del jazz

di Pierpaolo De Lauro

Page 12: TERRA - quotidiano - 22/02/2011

Roma oggi è una città priva di gui-da che brancola nel buio, senza direzione da quando è “sgoverna-ta” dal centrodestra. La Capita-le è stretta in una tenaglia morta-le rappresentata dall’asse Tremon-ti-Polverini-Alemanno che stanno sistematicamente saccheggian-do ogni risorsa della città, impo-verendone i cittadini e negando-le il futuro. Per tentare di oscura-re quello che è un vero e proprio “Sacco di Roma” il sindaco Ale-manno utilizza la stessa tecnica del presidente del Consiglio Berlu-sconi: alzare una cortina fumoge-na fatta di annunci e “grandi” even-ti, a cui segue sempre e sistemati-camente il nulla. In tre anni ab-biamo visto nascere e morire, per esempio, cose come il vacuo ma-ster plan sull’energia, lo scellera-to progetto della Formula 1 all’Eur e il delirante progetto dello sci al Circo Massimo, mentre la tripli-ce tenaglia ha tagliato sanità, tra-sporto pubblico e scuola. A Roma sono a rischio i servizi essenziali. Si chiudono i pronto soccorso, si riducono i posti letto negli ospe-dali, si diminuisce la qualità delle mense scolastiche e si riducono i trasporti pubblici, mentre quando si pensa al futuro se ne immagi-na uno roseo solo per i costrutto-ri, per i quali la Giunta Capitolina sfrutta ogni occasione possibile. La “riqualificazione” di Tor Bel-la Monaca, l’edificabilità dell’Agro Romano, lo smantellamento del-la struttura anti abusivismo, il Piano Casa regionale sono solo ed esclusivamente regalie ai co-struttori che renderanno invivibi-le la città. Già ora i costi sociali di questo modello sono drammatici. Ogni anno lo smog a Roma fa mil-le vittime e produce 30 milioni di euro di danni sanitari. Eppure per Alemanno questa non è una prio-rità. Anzi. Riduce le Ztl e le cor-sie preferenziali, azzera le inizia-tive antismog e ignora in manie-ra colpevole il Piano Aria messo a punto dalla Regione, mentre nel frattempo provvedimenti d’ispira-zione leghista, come i pedaggi sul Gra per i pendolari lederanno i bi-lanci familiari e aggraveranno la congestione sulle strade consola-ri. E ancora: tutti i vessilli eletto-rali di Alemanno sono caduti ro-vinosamente. La tanto sbandiera-ta “tolleranza zero” sulla sicurezza ha avuto come unico effetto quel-lo di aumentare l’odio razziale, eli-minare i servizi d’inclusione per le fasce disagiate della città renden-do Roma più insicura e meno tol-lerante. La Giunta Alemanno si presenta al giro di boa di metà le-gislatura con un fallimento su tut-ti i fronti. È ora di cambiare.

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SenzarespiroCemento, smog e tagli. Tanti. Alla sanità, ai trasporti pubblici, ai servizi sociali e scolastici. I Verdi denunciano: «Le risorse sono saccheggiatee i cittadini impoveriti. è ora di cambiare». Le proposte del Sole che ride

Angelo Bonellipresidente dei Verdi

Perché non si vuole mettere in prati-ca nel Comune di Roma e nella Regio-ne Lazio un trattamento dei rifiuti ba-sato sulla filosofia delle “quattro erre”, riconosciuta e sancita dalle direttive della Comunità europea? Cosa osta a ridurre, riutilizzare, riciclare e recupe-rare, e a chiudere il ciclo dei rifiuti sen-za bruciare e senza aprire nuove di-scariche? Il Piano regionale dei rifiu-ti, approvato dalla Giunta a novembre e presentato a Bruxelles dall’assessore Di Paolo, appare per le sue caratteri-stiche contraddittorio e privo di qual-siasi prospettiva sostenibile. Da una parte, fa riferimento alla normativa nazionale che prevede l’obiettivo del 65% per la raccolta differenziata ob-bligando i comuni ad organizzarla, dall’altra, investe sull’incenerimento per la chiusura del ciclo. Ora, delle due l’una, o si brucia o si differenzia.

Nando Bonessiopresidente regionale dei Verdi

Segue a pagina 5

Alemanno, Polverini e il Piano sbagliato

RifiutiMobilità Inquinamento Scuola3Il sindaco potrebbe aumentare i biglietti del trasporto locale. Ma i servizi sono scadenti. In bicicletta 65 morti e 2.139 feriti l’anno

4La Capitale è in cima alla classifica dei decessi causati dalle polveri sottili. Sono 1.508 le vittime l’anno, un quarto del totale nazionale

4Rette delle mense raddoppiate, soppresso lo “scuolabus a piedi”, riduzione degli orari d’insegnamento. La sofferenza dietro i banchi

Tre anni di annunci. E tanti danni per la città

UrbanisticaPaolo Berdini

iù volte annunciati, è finalmente giunto il momento degli “Stati generali della città”. Tra un rinvio e l’altro sono intanto passati tre dei cinque anni dell’amministrazione Alemanno e

il convegno dovrebbe dunque servire ad un bilancio dell’azione fin qui svolta. Dubitiamo fortemente che il sindaco si cimenterà in que-sta ardua prova. I tre anni trascorsi sono stati infatti segnati da mol-ti annunci e da nessun risultato concreto. Come non ricordare in-fatti i velleitari annunci sulla demolizione della pur sciagurata teca dell’Ara Pacis di Meier o quelli sulla demolizione di Corviale. Tutto fi-nito nel nulla mentre la città vera affonda senza guida. In questi tre anni il processo di espulsione degli abitanti verso la periferia metro-politana ha continuato infatti senza soste.

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Segue a pagina 2

Speciale

Inserto a cura dei Verdi del Lazio

Page 13: TERRA - quotidiano - 22/02/2011

2 martedì 22 febbraio 2011

UrbanisticaLa seconda sarà quella della en-fatizzazione del modello Tor Bel-la Monaca, e cioè dell’idea che le periferia senza città si possano risanare aumentando il nume-ro delle case! Roma ha bisogno di respirare attraverso una re-te di trasporto pubblico moder-na. Solo riportandola a standard di vita europea potremo pensare di incentivare luoghi di ricerca e di produzione ad alto valore in-tellettuale che è la vera sfida del futuro. Altro che la monocultura del cemento. Conosco a memoria la storiella che viene recitata per continuare nella prospettiva dell’eterna spe-culazione edilizia: non ci sono i soldi. Ma proprio in questi gior-ni sono stati rinviati a giudizio i fedelissimi vertici dell’Ama per le allegre assunzioni di questi me-si. E, per par condicio, come di-menticare il fatto più scandaloso di questi anni, e cioè che la col-lettività romana spenderà un mi-liardo di euro per costruire lo sta-dio del nuoto di Tor Vergata, una inutile cattedrale nel deserto?Non si dica dunque che non ci sono soldi. Il problema è che i soldi vengono spesi senza che la città possa decidere. E per ag-giungere un danno incalcolabi-le, proprio sfruttando la storiel-la del “non ci sono soldi” verran-no svenduti edifici pubblici pre-ziosi che rappresentano l’ultima opportunità di risanamento del-la città. Ma di questo non si par-lerà, statene certi.

Centinaia di migliaia di uomi-ni e donne costretti a trascorre-re tre o quattro ore della giornata in mezzo ad un traffico da incu-bo perché non abbiamo trasporti pubblici degni di questo nome. Per il futuro, la ricetta urbani-stica è invece quella di espan-derla ancora verso tutte le di-rezioni. Non bastavano infatti i settanta milioni di metri cu-bi di cemento del folle piano regolatore dell’indimenticabi-le Veltroni. Oggi – so-lo pochi esempi - con la scusa dello stadio si vogliono costrui-re due nuovi quartie-ri della Roma e del-la Lazio. Con la scu-sa del turismo si vuo-le costruire la “città della Roma imperia-le”. Con la scusa del-lo sviluppo si vorrebbero co-struire isole artificiali davanti ad Ostia, manco fossimo negli emirati arabi. Dei problemi reali della città

Un bilancio fallimentareTre anni di promesseBerdini dalla prima

Urbanistica La ricetta è sempre la solita: espandere la città verso tutte le direzioni. Non bastavanoi 70 milioni di metri cubi di cemento del folle Piano regolatore dell’indimenticabile Veltroni

non sentiremo dunque parla-re in questi due giorni. Del fat-to che manchino case per le de-cine di migliaia di famiglie in grave disagio abitativo o che i

servizi pubblici siano sull’orlo del tracollo. Per evitare di par-lare dello stato reale si ricorre-rà all’ideologia. La prima quel-la di legare il futuro di Roma

all’evento delle Olimpiadi del 2020, a conferma che il gover-no delle città (si pensi all’Expo di Milano) è ormai incapace di governare la quotidianità.

alle “nuove idee”, dallo spirito animatore dell’at-tuale giunta comunale e del Sindaco si percepi-

scono solo idee di consumo del territorio, per ampliare gli spazi ad uso “cementificatorio” e spe-culativo. Il tutto a discapito del verde pubblico, dei servizi, della mobilità e dell’edilizia popolare. Quelli che dovevano essere cen-tri di aggregazione diventeranno ghetti isolati nella campagna ro-mana devastata, come molti dei quartieri sorti in fretta e furia ne-gli anni passati. L’incremento, ri-spetto al Prg approvato nel 2008, delle proposte attuali è del 27% in più di cementificazione. Con diciassette milioni di nuovi metri cubi di cemento. Se le centralità erano previste come centro d’ag-

Trizio Diciassette

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didascalia didascaliaGait alit nibh etue vulla commy nosto dolobor sim eu fe

Il cemento non si fermaCosì divora il territorio

Focus Rispetto al Prg approvato nel 2008 si registra un incremento del 27% nelle proposte attuali e il consumo del suolo aumenterà di 1.462 ettari. E l’Agro romano sarà saccheggiato

Dei problemi reali della Capitale non sentiremo parlare in questi “Stati generalidella città”

Terra Roma

gregazione e decentramento am-ministrativo, queste sono invece diventate occasioni per sfruttare il territorio. Si tratta di zone do-ve non è presente, o ben organiz-zata e capillare, una rete di mo-bilità pubblica, quindi la logica conseguenza è quella di un in-cremento dei mezzi privati che circolano sulle strade già inta-sate della capitale. Ecco i nume-ri: dal 56% per uso residenziale si passerà al 58%, dal 41% per il non residenziale si passa al 38%, mentre per l’uso flessibile passa dal 3 al 4%. Crescerà il consumo del suolo di 1.462 ettari. Il terri-torio dell’Agro Romano sarà sac-cheggiato dalla voce del “Hou-sing Sociale” dove terreni di pre-gio agricolo, ma di basso valo-re commerciale si incremente-ranno di molti zeri. Per soddisfa-re i 25.000 nuovi alloggi necessa-

ri, circa un bel 38 % sarebbe pre-so da nuove aree agricole. Quin-di non un “estrema ratio” ma la l’introduzione della prassi, d’usa-re le aree agricole per finalità edi-lizie. La cubatura nelle centralità si raddoppia e quindi il rafforza-mento della mobilità intorno al-le centralità sarebbero disattese, senza contare che in questi casi le infrastrutture dovrebbero ve-nire prima della creazione delle centralità. Ma anche i settori già speculati del passato e degrada-ti, sarebbero fonte di speculazio-ni ulteriori e di incremento del-la pressione antropica. A Tor Bel-la Monaca ci sarebbero un incre-mento di 16.000 residenti per un totale fino a 44.000 abitanti. Si tratterebbe di opere finanziate dalla costruzione di case di lusso costruite in zone adiacenti, nel-la tenuta Vasselli, ultimo polmo-

ne verde del VIII Municipio. Gli stadi dei tifosi, invece prevedono un incremento volumetrico del 18.181 % di cemento per l’area dell’impianto della Lazio, ma so-prattutto c’è l’uso di territori de-stinati ad aree di esondazione del Tevere, destinati alla prote-zione di Roma, da eventuali pie-ne del fiume. I lavori dello stadio della Roma si dovrebbero fare nelle aree del comprensorio della Massimina e in zona Riano Fla-minio. L’uso dei terreni, oltre che per abitazioni di lusso, sarebbero destinati a centri commerciali e turistico ricettive. Ci sarebbe una crescita volumetrica alla Massi-mina del 407%, con un coinvol-gimento speculativo a favore dei proprietari per un incremento di 50 volte il prezzo del terreno ac-quistato con una speculazione maggiore del 5.300%.

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NSA

I numeridel disastro

Urbanistica:più 17 milioni di metri cubi,

più 27%

Smog:a Roma è record di PM10 nel cen-trosud; già 27 sforamenti nel 2011

Scuola:100% in più di rette per le mense,

riduzione degli orari negli asili

Trasporto pubblico:200 milioni in meno, tagli alle

corse

Traffico:auto 70 ogni 100 abitanti; ridotte

le corsie preferenziali

Rifiuti:differenziata al 20%, dovrebbe

essere al 65%. 128 milioni di spesa in più

Parentopoli:850 assunzioni senza regole

all’Atac, indagini all’Ama

Page 14: TERRA - quotidiano - 22/02/2011

martedì 22 febbraio 2011 3

Trasporti

Sostenibilità

visto che il comune non ha la li-quidità necessaria. Nel frattem-po la tratta San Giovanni-Colos-seo è aumentata da 510 a 792 mi-lioni di euro, mentre tutta la linea C è arrivata dai 3 miliardi preven-tivati nel 2004 a un costo di 4. I tempi per completare l’opera slit-teranno, invece, al 2018. Urgono soluzioni economiche, sempli-ci e fattibili in breve tempo. Al-cuni esempi potrebbero essere

la trasformazione delle navette Ma1 e Ma2 in servizio notturno una volta finiti i cantieri a San Giovanni, un se-rio piano per la mobi-lità ciclabile che punti sull’integrazione tra bi-ciclette e mezzi pubbli-ci, incentivi all’acquisto

di bici pieghevoli più facili da tra-sportare su bus e metro, utiliz-zo sulla Roma-Ostia dei convo-gli tolti dalla Metro B, e raddop-pio di km dei corridoi della mo-bilità, per velocizzare le corse dei mezzi pubblici in una città che non sopporta più smog e traffico arrivati a livelli di allarme.

e promesse di Aleman-no di una Roma miglio-re si sfaldano dopo 3 an-ni di amministrazione sul

capitolo mobilità. Nonostante le smentite del sindaco, il rischio di aumento del prezzo dei biglietti è concreto. Nel 2004 si passò da 77 centesimi a un euro, mentre nel 2011 il biglietto potrebbe au-mentare di una cifra tra i 20 e i 50 centesimi. I conti dell’Atac so-no pessimi: 120 milioni di rosso nel 2010 e un credito di 200 mi-lioni con la Regione Lazio anco-ra da saldare, ai quali si aggiun-gono altri 200 milioni di tagli de-cisi nella finanziaria regionale: tutti dati che non permetteran-no il miglioramento del traspor-to pubblico romano. Anzi. Un esempio: la 990 domenicale ha oggi tempi di attesa superiori ai 40 minuti. Gli autisti della socie-tà Roma Tpl, inoltre, hanno con-vocato un nuovo sciopero a cau-sa dell’annullamento dell’aumen-to deciso dal precedente assesso-re alla mobilità della giunta Ale-manno: meno 150 euro per ogni dipendente su circa 1100 euro di stipendio. Per quanto riguar-da i treni i cittadini dei Castelli Romani hanno creato un comi-tato che vuole il raddoppio del-la ferrovia Ciampino-Velletri, la-mentando un sovraffollamento cronico, con una frequenza delle corse di mezz’ora, che potrebbe invece arrivare a 15 minuti con

un investimento di 300 milioni. L’alternativa al treno, il pullman, non vive una situazione migliore: sempre maggiori i guasti alle vet-ture del Cotral. Ultimo quello av-venuto sulla linea Roma-Subiaco. Un bus ha carico di passeggeri ha preso fuoco, fortunatamente senza vittime. Sulla Roma-Ostia,

ferrovia che serve 250mila citta-dini e che è rimasta agli anni ’30 la situazione è al collasso e i Ver-di hanno proposto una class ac-tion che sta riscuotendo un suc-cesso senza precedenti, ma nel frattempo Atac è paralizzata dal-la parentopoli capitolina: sono almeno 854 le assunzioni «facili

La mobilità paralizzatadalla giunta capitolina

Emanuele Rigitano

L

Trasporti In città è emergenza continua. Per far fronte ai conti in rosso, il sindaco potrebbe rincarare i biglietti. Nonostante i troppi servizi scadenti, le corse soppresse e i cantieri senza fine

e senza regole» finite sotto la len-te della magistratura. Infine il ca-pitolo appalti metro. Ci sono pro-blemi con il project financing e le gare per le nuove linee B2, C e D; la società Metro C Spa è dispo-sta a finanziare il completamen-to della terza linea in cambio di aree edificabili, altro cemento,

l traffico di Roma è da tem-po fuori controllo, come i ciclisti urbani si ostinano a segnalare. Le strade della

nostra città sono rapidamen-te diventate il luogo d’eserci-zio privilegiato della violenza collettiva espresso attraverso le armi chiamate mezzi a mo-tore. Con il parco veicoli più denso d’Europa, praticamente un veicolo motorizzato a testa compresi neonati e centena-ri, Roma - come del resto in al-tri campi - ha dato le spalle al-la direzione maggioritaria del-le città civili, che sempre più si rivolgono alla bicicletta per de-congestionare il traffico, in pri-ma battuta, e migliorare la vi-ta all’intera collettività, in se-conda. Di questi tempi ho per le ma-ni un libro di David Byrne, ge-nio musicale ultranoto. Il libro si chiama Diari della bicicletta. David è un ciclista urbano da sempre, e gira in bici anche nel-le varie tournée che fa col grup-po o da solo. Nell’introduzione parla delle sue derive psicoge-ografiche e topografiche nelle varie città e ne trae spunti mol-

Rotafixa

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didascalia didascaliaGait alit nibh etue vulla commy nosto dolobor sim eu fe

Il traffico fuori controllo Un serial killer patentato

Sostenibilità Sulle due ruote, 65 decessi e 2.139 feriti l’anno. Con il parco veicoli più denso d’Europa, Roma dà le spalle a tutte le grandi città, che stanno incentivando sempre più la bici

Il costo della linea C della metro è salito a 4 miliardi. E il completamento è previsto ora per il 2018

Terra Roma

to interessanti e a loro modo inusi-tati per chi non è all’altezza del suo genio. E poi ad un certo punto parla della nostra città. Per essere esatti cita solo la nostra città, Roma. Le sue parole sono state uno schiaffo per me: mi sono sentito arrossire di vergogna, an-che se non ne ho colpa e anzi cer-co di cambiare le cose. Vi con-segno le sue parole, così potre-te leggere e farvi un’opinione, e spero arrossire anche voi. Tut-ti, anche gli ecologisti che an-cora posseggono una vettura e la usano.

Sorprendentemente, a volte le cit-tà meno accoglienti si rivelano le più interessanti. Roma, ad esem-pio, è fantastica in bicicletta.[...] Non è assolutamente una città “amica” della bicicletta - l’atmo-sfera da ognuno-per-sé non ha

incoraggiato la creazione di piste ciclabili sicure in questa metropoli - ma se si accetta ta-le realtà, almeno temporaneamen-te, e si sta attenti, è un’esperienza viva-mente consigliata. Tradotto nella nostra vita roma-na di tutti i giorni, il luna park che Byrne descrive si-gnifica, secondo i dati Istat, 65 de-

cessi e 2.139 feriti nel 2009. Più del triplo di Milano che si fer-ma a 20 morti. Sono gli ultimi dati ufficiali disponibili. Quan-do vi verranno a dire che la mortalità in realtà è calata del 22%, sappiate che questo ri-

guarda solo coloro che erano dentro la vettura, per le accre-sciute sicurezze intrinseche del mezzo. Chi ne è fuori viene uc-ciso: oltre i 50 km/h d’impatto le possibilità d sopravvivere so-no il 30%. A 70 km/h le possibi-lità rasentano lo zero. Da oltre 14 mesi segnaliamo alla giun-ta romana la palese violazio-ne dei limiti di velocità ovun-que in città; e persino sotto le finestre del sindaco, in via dei Fori imperiali, dove abbiamo misurato velocità anche oltre i 100 km/h. L’inerzia di Aleman-no e del governo della città nel contrasto di questa deriva as-sassina è sbalorditiva, addirit-tura superiore a quella dei suoi inetti predecessori. Il traffico di Roma resta senza controllo, e la nostra vita per strada è affi-data alla fortuna.

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4 martedì 22 febbraio 2011

Inquinamento

Welfare

co dato che emerge drammatica-mente; il traffico e lo smog, i rico-veri e i decessi per avvelenamen-to, pesano infatti pesantemente sul bilancio della sanità pubblica. Secondo Nomisma, solo nel 2007 a Roma sono stati spesi circa 3,8 milioni di euro per ricoveri rela-tivi a patologie respiratorie e car-diocircolatorie attribuibili a in-quinamento da polveri sottili. Un costo nazionale pari a 6,4 milioni di euro annui. Difficile che la si-tuazione possa cambiare nel La-zio, vista la mancanza di progetti di pedonalizzazione all’orizzonte, così come un piano per le corsie preferenziali e le Ztl, mentre Ale-manno ignora il Piano di risana-mento della qualità dell’aria va-rato dalla Regione nel 2009, in 4 capoluoghi romani si registra un aumento delle automobili in cir-colazione, a Roma sono 70 ogni cento abitanti, una delle percen-tuali più alte al mondo. Se solo fino a pochi giorni fa si discute-va della possibilità di far correre le monoposto della Formula Uno all’Eur, a breve si dovranno inve-ce fare i conti col taglio voluto in finanziaria di circa 400 milioni di euro al trasporto pubblico locale. Un taglio che inciderà sulle abitu-dini di vita di migliaia di cittadi-ni romani e di pendolari, che ogni giorno scelgono i mezzi pubbli-ci per recarsi a lavoro, anziché i mezzi privati, facendo proprio di Roma la città col più alto numero medio di viaggi per abitante l’an-no in Italia.

è un’emergenza di cui non si parla, che non fa presa sulle cronache dei giornali, nelle trasmis-

sioni di approfondimento televi-sivo, e sull’immaginario colletti-vo. è quella delle morti da smog. Circa 6 mila morti l’anno, di cui la maggior parte a Roma. A stilare la triste classifica è stato l’istitu-to Nomisma, che posi-ziona in cima alla clas-sifica la Capitale, con 1.508 decessi l’anno. Con 40,4 microgrammi di Pm10, la città eterna è l’unica tra le città del centro-sud ad occupa-re una delle prime po-sizioni della triste clas-sifica della concentrazione me-dia annua di polveri sottili, insie-me a Torino, Milano, Verona, Bo-logna e Padova. Secondo l’isti-tuto di studi economici, le pol-veri sottili sono responsabili di 5.876 morti all’anno in Italia (cau-sate da tumori della laringe, del-la trachea, dei bronchi e dei pol-

moni, oltre che da malattie del si-stema circolatorio e respiratorio). Roma è seguita da Milano (906) e Torino (813). In coda alla lista ci sono Bari (130 morti), Messi-na (124), Catania (110). Per quan-to riguarda invece i livelli medi di concentrazione di polveri sotti-li nel triennio 2006-2008, la capi-

tale tocca i 40,4 microgrammi al metro cubo. Nelle prime 15 cit-tà italiane per popolazione, oltre a Roma, le performance peggiori sono concentrate a Nord, in par-ticolare nella Pianura Padana, a Milano (49,2), Torino (56,5), Bo-logna (41,3), Verona (47), Padova (46,7). Proprio la mappa delle cit-

La strage silenziosa delle morti per smogGiulio Finotti

C’

Inquinamento La Capitale è in cima alla classifica dei decessi causati dalle polveri sottili stilata da Nomisma. Sono state calcolate 1.508 vittime l’anno, un quarto del totale nazionale

tà coinvolte segnala come quella di Roma sia un’emergenza legata a doppio filo al traffico veicolare, visto che nella Capitale non si re-gistra l’alta concentrazione di in-dustrie pesanti che risiedono in-vece in Pianura padana e nord Italia in generale. Il costo in ter-mini di vite umane non è l’uni-

a scuola è la grande di-menticata della giunta guidata da Gianni Ale-manno, se non quan-

do si tratta di far cassa, con la complicità del ministro Maria-stella Gelmini. Sugli istituti ro-mani, infatti, si sono abbattu-ti sia i tagli orizzontali ordi-nati, sia da Tremonti che dal-la Gelmini, e quindi a cascata sui comuni, sia l’insipienza del-la giunta Capitolina. Si è cominciato l’anno scor-so alla vigilia delle ferie con il raddoppio secco degli impor-ti a carico delle famiglie, relati-vi alle mense scolastiche, con-tinuando con i tagli sulla quali-tà delle stesse mense dalle qua-li sono stati levati una serie di prodotti biologici, tra i quali il

Sergio Ferraris

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Scuole e asili pubblici Un anno di soli incubi

Welfare Rette delle mense raddoppiate, qualità sempre peggiore, soppresso lo “scuolabus a piedi”, riduzione degli orari d’insegnamento. I tagli di governo e giunta ricadono sulle tasche delle famiglie

Solo nel 2007 spesi 3,8 milioni di euro per ricoveri da patologie respiratorie e cardiache

Terra Roma

Parmigiano Reg-giano. Per sosti-tuirli, sono paro-le del sindaco Ale-manno, con «pro-dotti a chilometri zero». Come se il Par-migiano Reggia-no fosse un pro-dotto tipico del Lazio. E non so-no pochi i genito-ri degli alunni che a oggi fanno no-tare come la qua-lità e la quantità dei cibi in mensa sia diminuita, mentre la Giunta comunale, al-lineandosi con logica della Le-ga Nord, continua ad escludere i piatti etnici dalle mense. Il raddoppio delle rette inoltre è stato seguito dall’introduzio-

ne di un redditometro che ha ulteriormente ingolfato gli uffi-ci comunali già aggravati dalla massiccia presentazione degli Isee da parte delle famiglie per ottenere pagamenti più bassi in base ai proventi.

Il risultato è pre-sto detto: l’arrivo dei primi bolletti-ni a gennaio con somme esorbi-tanti da pagare in un’unica soluzio-ne. Ma anche sul fronte degli asili la situazione non è delle migliori. Se da un lato non ci sono sta-ti aumenti di ret-te, dall’altro so-no stati ridotti gli orari pomeridia-

ni di un’ora e mezza a tutti gli asili convenzionati, cosa che si tradurrà in un esborso aggiun-tivo di centinaia di euro l’anno in babysitter per le famiglie. E i disservizi non si contano. Un esempio può valere per tut-

ti. Al “Tiglio incantato”, scuola comunale per l’infanzia del XII Municipio il 28 gennaio scor-so, i genitori degli alunni hanno dovuto riportare a casa i propri bambini per l’assenza degli in-segnanti. Ma non finisce qua. Ultima ar-rivata, sul fronte dei tagli, l’abo-lizione secca a metà dell’anno dell’iniziativa “scuolabus a pie-di” servizio attivo dal 2003 che coinvolgeva 5.000 bambini. Il motivo è la mancanza di fondi e secondo l’assessore alla Fami-glia, ai Giovani e all’Educazione del Comune di Roma Gianluigi De Palo era un progetto a tem-po che doveva servire a «rende-re autonomo il progetto che in-nesca […] per superare la logica dell’assistenzialismo». Il segnale dato dal centrode-stra è quindi facilmente intu-ibile: arrangiatevi. E i cittadi-ni di sicuro si arrangeranno co-me possono, portando a scuo-la i propri figli con l’automobi-le, visti anche i tagli al Tpl, con un ulteriore aumento dell’in-quinamento e della congestio-ne urbana. Una logica che la di-ce lunga su come l’attuale Giun-ta concepisca i servizi ai citta-dini.

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Page 16: TERRA - quotidiano - 22/02/2011

e della Regione Lazio che, con un obsoleto Piano, si pongono il so-lo obiettivo di bruciare, inquinare e produrre polveri sottili favoren-do gli interessi privati di investito-ri senza scrupoli a danno delle po-polazioni che nel territorio vivono e lavorano. Come Verdi del Lazio siamo ora presentatori a fianco di numerosi comitati ed associazioni di un esposto alla Ue che non con-senta di rimuovere le procedure di infrazione già avviate nei confron-ti della Regione Lazio. Proseguire-mo su questa strada continuando a chiedere una revisione delle pro-poste avanzate e l’esame, in Con-siglio regionale, della Proposta di legge di iniziativa popolare sulla gestione dei rifiuti che ha raccolto oltre 12.000 firme.

I cittadini del Lazio sono sempre più disponibili a comportamenti virtuosi attenti all’ambiente ed al-la tutela della salute e sono giusta-mente preoccupati quando si par-la di chiusura del ciclo dei rifiu-ti attraverso proposte di incene-rimento o, come vengono impro-priamente definite, termovalorizzazio-ni. Soprattutto do-po che nei territori si è investito nello svi-luppo sostenibile e nell’assunzione delle responsabilità indivi-duali. Ed ancora do-po che si è riusciti ad introdurre, anche se a livello speri-mentale, la raccolta dei rifiuti por-ta a porta, il compostaggio dome-stico per l’autogestione della frazio-ne umida e il recupero dell’olio ali-mentare esausto, senza dimentica-re l’installazione (nei piccoli comu-ni) di distributori di acqua pubbli-ca, microfiltrata, dearsenificata, di latte fresco crudo e di detersivi sfu-si per ridurre i quantitativi dei ri-fiuti. Come ambientalisti, impe-gnati in politica, riteniamo dove-roso, soprattutto verso le genera-zioni future, che si debba lavora-re per raggiungere un solo obietti-vo possibile, quello dei Rifiuti Zero. La nostra proposta, che non ritro-viamo nel Piano rifiuti e nemmeno nel Piano industriale dell’Ama, è di ridurre, recuperare, riciclare e riu-tilizzare i materiali altrimenti de-stinati in discarica. Per questo oc-corre innanzitutto organizzare una serie di azioni sinergiche e investi-re risorse sulla differenziata. Il va-lore aggiunto di una simile scelta risiede nel coinvolgimento e nella condivisione dei cittadini verso po-litiche e pratiche tese alla sosteni-bilità. La seconda azione prevede l’introduzione della raccolta spinta porta a porta, unico sistema in gra-do di raggiungere in breve tempo e su larga scala quote percentuali su-periori al 70%. Fondamentale poi è realizzare impianti di compostag-gio comunali sufficienti alla gestio-ne della frazione umida. L’ulteriore azione muove verso la realizzazio-ne di piattaforme per il riciclaggio e il recupero dei materiali per reinse-rirli nella filiera produttiva, soprat-tutto a vantaggio delle classi socia-li a basso reddito. E ancora tutte le “strategie di supporto”, come la dif-fusione del compostaggio dome-stico, la sostituzione delle stoviglie e delle bottiglie di plastica, il ritor-no all’uso dell’acqua del rubinetto, l’utilizzo dei pannolini lavabili e il ricorso alla sporta per la spesa. E invece nessuna proposta legislati-

Polverini, Alemanno e il Piano sbagliato

Bonessio dalla prima

RifiutiRegione e Comune ritengono che la via per risolvere la questione sia la costruzionedi inceneritorie la realizzazionedi discariche, con buona pace dellasalute dei cittadini

va è stata avanzata dalla Giunta tesa al contenimento del-la produzione di ri-fiuti o alla realizza-zione di centri per la riparazione, il riu-so e la decostruzio-ne di edifici, dove

beni durevoli, infissi, mobili, sani-tari, vestiti, elettrodomestici ven-gono riparati, riutilizzati e vendu-ti. E ancora deve diventare priori-tario premiare il comportamen-to virtuoso dei cittadini incorag-giandoli a fare acquisti più consa-pevoli. Come? Introducendo la “ta-riffa puntuale” che faccia pagare le utenze sulla base della produzione dei rifiuti non riciclabili da racco-gliere. Con la strategia Rifiuti Zero

si va oltre la raccolta differenziata e il riciclo. Ma senza porta a porta e compostaggio per la frazione or-ganica non può esservi Rifiuti Ze-ro, una strategia di base che divie-ne a sua volta un preciso percor-so di sostenibilità teso a compiere scelte responsabili a difesa dell’am-biente e della nostra salute. Ma tutto questo sembra essere scono-sciuto a chi governa Roma ed il La-zio. Come se non si volesse ricono-scere che i cittadini sono persone sensibili, i giovani sono entusiasti, le famiglie sono pronte a contribu-ire con impegno a una nuova ge-stione del “problema rifiuti” che ri-guarda tutti nessuno escluso. E in-vece perpetrando nell’errore (am-messo che sia tale) si vuole ritene-re che la “via breve” per risolvere la

questione rifiuti sia la costruzio-ne di inceneritori e la realizzazio-ne di discariche, come se l’oppo-sizione dei residenti, a tutela del-la loro salute, non fosse un “pro-blema” di cui tener conto. Queste sono le proposte e le motivazioni per un Piano dei rifiuti coerente e moderno, basato sui reali bisogni e sulle aspettative dei cittadini non-ché sulla redistribuzione del red-dito. Differenziare, dunque, e non bruciare o sversare in discarica, in-centivando piani di ricerca e svi-luppo nell’ambito delle nuove tec-nologie ambientali con la conse-guente creazione di nuovi posti di lavoro. Lavoro stabile e distribuito soprattutto per i giovani. Pertan-to, denunciamo con forza la politi-ca dei rifiuti del Comune di Roma

Noi proponiamo di differenziare e non bruciare o buttare in discarica, incentivando la ricerca nelle tecnologie ambientali

Massimo Piras*

Continuità tra destra e sinistra sulla monnezza

I numeri C’è una maggioranza trasversale che pensa solo a nuovi impianti inquinanti. Invece si potrebbero produrre 1,2 milioni tonnellate l’anno di materiali riciclabili e ricavi per 72 milioni per Roma

ulla si vuole cambiare nel-la gestione dei rifiuti nel Lazio, la vocazione “mon-nezzara” tra centrosini-

stra e centrodestra è un segno di continuità che dimostra che esi-ste una maggioranza trasversale. La sfida è: Roma vuole differenzia-re e recuperare/riciclare come pre-scrive la legge o vuole continuare a farne solo “monnezza” per alimen-tare gli inceneritori e le discariche, favorendo gli imprenditori che lu-crano su queste attività? è sempli-ce calcolare che se si vuole rispet-tare la legge e differenziare/ricicla-re il 65% le 1,9 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti solidi urbani di Ro-ma produrrebbero 1,2 milioni ton-nellate l’anno di materiali riciclabi-le (con ricavi per il Comune dal re-cupero di contributi Conai per cir-

ca 72 milioni di euro l’anno) e solo 0.7 milioni tonnellate l’anno di Rsu indifferenziati “discaricabili” (con costi di trattamento per 84 milioni euro l’anno). Il ciclo dei rifiuti quin-di costerebbe solo 12 milioni di eu-ro l’anno. Oggi a Roma la raccol-ta differenziata produce solo 0,27 milioni ton/anno (con ricavi non conteggiati dall’Ama) le restanti 1,6 milioni ton/anno di Rsu indif-ferenziati da trattare costituiscono uno dei “buchi neri” della finanza romana (con costi di smaltimento in discarica di 140 milioni l’anno). Rapportato al Lazio il recupero e il riciclo del 65% delle 3.4 milio-ni ton/anno di Rsu produrrebbero 2 milioni ton/anno di materiali ri-ciclabile e solo 1,2 milioni ton/an-no di Rsu indifferenziati “discari-cabili”. La mancata novità del Pia-no attuale è che l’assessore Di Pa-olo vuole ritentare lo stesso gioco

del Piano Marrazzo dichiarando che, nonostante un decreto abbia portato l’obiettivo di raccolta diffe-renziata al 65% nel 2011, conferma questo obiettivo ed insieme stabi-lisce che si produrranno 1 milione di ton/anno di Cdr da incenerire: un mistero. Ora se si programma-no impianti per produrre Cdr e re-lativi inceneritori per 1 milione di ton/anno il cerchio è chiuso: ci so-no già tre impianti di incenerimen-to tra Colleferro e S.Vittore con po-tenzialità di 370.000 ton/anno, si rilasciano le autorizzazioni per i nuovi inceneritori di Malagrotta e Albano (annullata dal Tar) per al-tre 340.000 ton/anno e si prevedo-no altri due impianti per le restan-ti 290.000 ton/anno nonostante le proteste e le procedure di infrazio-ne europee. Si continua a persegui-re l’illegalità ereditata dal centrosi-nistra con la violazione della leg-

ge e di una direttiva europea nel-le quali si afferma che si deve fa-re prima la riduzione, il riuso e ri-parazione, il recupero e la raccol-ta differenziata, il riciclo di quanto differenziato e all’ultimo lo smal-timento in discarica e/o incene-rimento. L’escludere nel Piano ri-fiuti impianti di riciclo dei mate-riali “secchi” differenziati (metal-lo/vetro/carta/plastica) e dei rela-tivi imballaggi ed il prevedere una quota ridicola di Recupero del-la frazione organica in impianti di compostaggio per produrre terric-cio sono il risultato di quanto so-pra documentato. Resta la nostra proposta di legge regionale di ini-ziativa popolare alternativa e so-stenibile “senza inceneritori e ver-so Rifiuti Zero”: l’unica vera spe-ranza per il Lazio.

*portavoce Campagna pubblica “Non Bruciamoci il Futuro”

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martedì 22 febbraio 2011 5

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