TERRA - quotidiano - 17/03/2011

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Oggi è il compleanno d’Italia. Nel fiume di celebrazioni che ci in- vestirà non mancherà la retori- ca buonista e nazional-patriotti- ca. Una volta l’anno ci può anche stare. Meglio la celebrazione dei garibaldini che il leghista univer- so delle micropatrie razziste. La verità però è che la festa è un po’ rovinata dagli eventi, inter- nazionali e domestici. Il Giappo- ne vive ancora col fiato sospe- so per sapere quanti morti do- vrà piangere. E quanti anni, o de- cenni, dovrà attendere prima di tornare sui luoghi del disastro nucleare di Fukushima. Ma non basta. Di fronte alle nostre co- ste le rivolte arabe, che ci aveva- no scaldato il cuore e tenuto sve- gli la notte, vivono un momento di triste arretramento. In Egitto il popolo di Tahrir è stato tradito dall’esercito. In Libia, Gheddafi il folle marcia con i tank e bom- barda dal cielo l’ultima roccafor- te dei ribelli a Bengasi. Nel Golfo invece i carri sauditi, i nostri cari amici e storici alleati sauditi, af- fogano nel sangue la rivolta del Bahrein, come i Russi nel 1968 a Praga (solo che oggi ben pochi condannano i “russi-sauditi”). L’Europa, il mondo, assistono al declino del sogno rivoluzionario arabo con colpevole impotenza. Forse anche con sollievo, visto che la nostra tradizione è quel- la di intessere stretti rapporti con dittatori, oligopolisti e plu- tocrazie (da Gheddafi a Putin, passando per Wen Jiabao e Lu- cashenko la lista è lunga) piut- tosto che agire da “promoto- ri” di democrazia. Sarà più faci- le per l’Eni tornare al tavolo con il Colonnello che trattare con un nuovo caotico e ingestibile Consiglio rivoluzionario? Certo il minimo che ci si può augura- re è che Gheddafi venda davve- ro tutto il suo petrolio a Cina e Russia, aggiungendo il danno al- la beffa per l’inutile Europa. Ma c’è da scommettere che ciò non avverrà. Seppelliti i morti e sca- tenata la repressione, gli affari torneranno ad essere affari. I compleanni di solito servo- no, oltre a compromettere inu- tili diete, a fare bilanci e progetti per il futuro. Ma sul futuro italia- no c’è poco da stare allegri vista la serie di sfide che dovremo af- frontare. A partire da quella eco- nomica, ma non solo. Luca Bonaccorsi RAGIONE E SOGNI NEL “COMPLEANNO” Unità d’Italia © YONHAP/AP/LAPRESSE Segue a pagina 15 Bengasi aspetta la strage Repressione anche in Bahrein: nuove vittime nella rotonda delle Perle. In Egitto l’esercito si scatena contro i cristiani. I Fratelli musulmani, alleati con i militari, puntano a eliminare l’opposizione di Tahrir: ormai è “fantasma Iran” L’allarme infinito Cresce il livello di radiazioni a Fukushima. L’Aiea lancia l’allerta per lo spazio aereo sul Pacifico settentrionale. Wikileaks: «Tokyo sapeva» Rivoluzioni Le milizie di Gheddafi oggi lanciano l’assalto all’ultimo baluardo dei ribelli. Se l’Onu non interviene sarà carneficina Giappone Servizi a pagina 9 Anno VI - n. 64 - giovedì 17 marzo 2011 - E 1,00 Tikopia L’isola “ecosostenibile” che sopravvive alle catastrofi naturali a pagina 8 Segue a pagina 3 Galano a pagina 7 Paolo Tosatti È una corsa contro il tempo per bloccare un possibile disastro nucleare quella che i tecnici e gli esperti giapponesi hanno inizia- to ieri mattina, quando un nuo- vo incendio è scoppiato nel reat- tore numero quattro e una nube di fumo bianco si è sollevata dal- la torre del numero tre, facendo registrare l’ennesimo picco di ra- diazioni intorno all’impianto di Fukushima. Gli elicotteri cui si era pensato di fare ricorso per gettare acqua sulla centrale e raf- freddare le barre di combustibile presenti al suo interno non han- no potuto avvicinarsi alla strut- tura a causa dell’eccessiva con- centrazione di particelle atomi- che nell’area, trasformando in un fallimento completo il primo ten- tativo di intervento dall’esterno. Intanto, su richiesta dell’Agenzia internazionale per l’energia ato- mica, il Volcanic ash advisory centre di Londra, che dallo scor- so anno ha competenza anche per le fughe radioattive, ha diffu- so un allarme “emergenza nucle- are” per dieci regioni nello spa- zio aereo compreso tra Giappo- ne, Alaska, Russia, Cina, Corea del Nord e del Sud. etti di contenzione, sporcizia ovunque, latri- ne a vista accanto a fornelli da campeggio. E ancora, mura fatiscenti, urina sul pavimen- to, grida che squarciano vetri già rotti e montagne di farmaci. A descrivere «l’inferno dei dimenticati» questa volta sono state le immagini. La Commis- sione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del Senato ha diffuso ieri un documento video gi- rato per i sei Ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia che denuncia le condizioni «disumane e di tortu- ra» in cui vivono oltre mille persone. Un lavoro che l’anno scorso aveva prodotto già le prime denun- ce, ma che oggi ha bisogno di rendersi pubblico per raggiungere l’obiettivo del «definitivo supe- ramento degli Opg». Tuttavia, ha spiegato il se- natore Pd Ignazio Marino, la prima richiesta è di «liberare nel più breve tempo possibile quelle persone recluse senza motivo». La Commissio- ne ne ha contate 376. Sono internati da anni, al- cuni perfino da decenni, per reati ormai estinti e senza alcuna pericolosità sociale. Dimentica- ti in strutture istituite ottant’anni fa, da cui si ri- schia di non uscire più. Torture negli ospedali psichiatrici giudiziari L Diritti 9 7 7 2 0 3 6 4 4 3 0 0 7 1 0 3 1 7 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Francia Navi dei veleni Territori 4 «Referendum contro il nucleare insieme alle presidenziali del 2012». Sortir du nuclaire e Europe écologie si mobilitano 5 «Inattendibili sono loro». Francesco Fonti accusa la Dda, che due giorni fa aveva chiesto l’archiviazione per l’inchiesta sulla Cunsky 10 Milano: i 150 anni dell’Unità. Napoli: Regione, l’anno zero dell’ambiente. All’interno anche le notizie dall’Emilia Romagna

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Oggi è il compleanno d’Italia. Nel fiume di celebrazioni che ci in-vestirà non mancherà la retori-ca buonista e nazional-patriotti-ca. Una volta l’anno ci può anche stare. Meglio la celebrazione dei garibaldini che il leghista univer-so delle micropatrie razziste. La verità però è che la festa è un po’ rovinata dagli eventi, inter-nazionali e domestici. Il Giappo-ne vive ancora col fiato sospe-so per sapere quanti morti do-vrà piangere. E quanti anni, o de-cenni, dovrà attendere prima di tornare sui luoghi del disastro nucleare di Fukushima. Ma non basta. Di fronte alle nostre co-ste le rivolte arabe, che ci aveva-no scaldato il cuore e tenuto sve-gli la notte, vivono un momento di triste arretramento. In Egitto il popolo di Tahrir è stato tradito dall’esercito. In Libia, Gheddafi il folle marcia con i tank e bom-barda dal cielo l’ultima roccafor-te dei ribelli a Bengasi. Nel Golfo invece i carri sauditi, i nostri cari amici e storici alleati sauditi, af-fogano nel sangue la rivolta del Bahrein, come i Russi nel 1968 a Praga (solo che oggi ben pochi condannano i “russi-sauditi”).L’Europa, il mondo, assistono al declino del sogno rivoluzionario arabo con colpevole impotenza. Forse anche con sollievo, visto che la nostra tradizione è quel-la di intessere stretti rapporti con dittatori, oligopolisti e plu-tocrazie (da Gheddafi a Putin, passando per Wen Jiabao e Lu-cashenko la lista è lunga) piut-tosto che agire da “promoto-ri” di democrazia. Sarà più faci-le per l’Eni tornare al tavolo con il Colonnello che trattare con un nuovo caotico e ingestibile Consiglio rivoluzionario? Certo il minimo che ci si può augura-re è che Gheddafi venda davve-ro tutto il suo petrolio a Cina e Russia, aggiungendo il danno al-la beffa per l’inutile Europa. Ma c’è da scommettere che ciò non avverrà. Seppelliti i morti e sca-tenata la repressione, gli affari torneranno ad essere affari. I compleanni di solito servo-no, oltre a compromettere inu-tili diete, a fare bilanci e progetti per il futuro. Ma sul futuro italia-no c’è poco da stare allegri vista la serie di sfide che dovremo af-frontare. A partire da quella eco-nomica, ma non solo.

Luca Bonaccorsi

Ragione e sogni nel “compleanno”

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Bengasi aspetta la strageRepressione anche in Bahrein: nuove vittime nella rotonda delle perle. in egitto l’esercito si scatena contro i cristiani. i Fratelli musulmani, alleati con i militari, puntano a eliminare l’opposizione di Tahrir: ormai è “fantasma iran”

L’allarme infinito

Cresce il livello di radiazioni a Fukushima. L’Aiea lancia l’allerta per lo spazio aereo sul Pacifico settentrionale. Wikileaks: «Tokyo sapeva»

Rivoluzioni le milizie di gheddafi oggi lanciano l’assalto all’ultimo baluardo dei ribelli. se l’onu non interviene sarà carneficina

Giappone

Servizi a pagina 9

Anno VI - n. 64 - giovedì 17 marzo 2011 - E 1,00

TikopiaL’isola “ecosostenibile” che sopravvive allecatastrofi naturali

a pagina 8

Segue a pagina 3

Galano a pagina 7

Paolo Tosatti

È una corsa contro il tempo per bloccare un possibile disastro nucleare quella che i tecnici e gli esperti giapponesi hanno inizia-to ieri mattina, quando un nuo-vo incendio è scoppiato nel reat-tore numero quattro e una nube di fumo bianco si è sollevata dal-la torre del numero tre, facendo registrare l’ennesimo picco di ra-diazioni intorno all’impianto di Fukushima. Gli elicotteri cui si era pensato di fare ricorso per gettare acqua sulla centrale e raf-freddare le barre di combustibile presenti al suo interno non han-no potuto avvicinarsi alla strut-tura a causa dell’eccessiva con-centrazione di particelle atomi-che nell’area, trasformando in un fallimento completo il primo ten-tativo di intervento dall’esterno. Intanto, su richiesta dell’Agenzia internazionale per l’energia ato-mica, il Volcanic ash advisory centre di Londra, che dallo scor-so anno ha competenza anche per le fughe radioattive, ha diffu-so un allarme “emergenza nucle-are” per dieci regioni nello spa-zio aereo compreso tra Giappo-ne, Alaska, Russia, Cina, Corea del Nord e del Sud.

etti di contenzione, sporcizia ovunque, latri-ne a vista accanto a fornelli da campeggio. E ancora, mura fatiscenti, urina sul pavimen-

to, grida che squarciano vetri già rotti e montagne di farmaci. A descrivere «l’inferno dei dimenticati» questa volta sono state le immagini. La Commis-sione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del Senato ha diffuso ieri un documento video gi-rato per i sei Ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia che denuncia le condizioni «disumane e di tortu-ra» in cui vivono oltre mille persone. Un lavoro che l’anno scorso aveva prodotto già le prime denun-

ce, ma che oggi ha bisogno di rendersi pubblico per raggiungere l’obiettivo del «definitivo supe-ramento degli Opg». Tuttavia, ha spiegato il se-natore Pd Ignazio Marino, la prima richiesta è di «liberare nel più breve tempo possibile quelle persone recluse senza motivo». La Commissio-ne ne ha contate 376. Sono internati da anni, al-cuni perfino da decenni, per reati ormai estinti e senza alcuna pericolosità sociale. Dimentica-ti in strutture istituite ottant’anni fa, da cui si ri-schia di non uscire più.

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Francia Navi dei veleni Territori4«Referendum contro il nucleare insieme alle presidenziali del 2012». Sortir du nuclaire e Europe écologie si mobilitano

5«Inattendibili sono loro». Francesco Fonti accusa la Dda, che due giorni fa aveva chiesto l’archiviazione per l’inchiesta sulla Cunsky

10Milano: i 150 anni dell’Unità. Napoli: Regione, l’anno zero dell’ambiente.All’interno anche le notizie dall’Emilia Romagna

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giovedì 17 marzo 20112

Nucleare

ue giapponesi soprav-vissuti allo sgancio delle bombe atomiche di Na-gasaki e Hiroshima, in

piazza con i Verdi a Roma per di-re no all’atomo. «Ero in fabbrica quando fu sganciata la bomba», ricorda uno dei superstiti. «Poi ho visto le persone cambiare forma. Tutto ciò non deve più succede-re». Lo striscione recita «Nucle-are, no grazie!». Tutto intorno al Pantheon decine di manifestanti indossano tute bianche e masche-rine. Un sit-in per denunciare i ri-schi del nucleare, contro le scelte del governo Berlusconi in tema di energia. Anche alla luce di quan-to sta accadendo in Giappone. I cartelli mostrano i luoghi in cui l’esecutivo vuole costruire le nuo-ve centrali nucleari e una mappa della pericolosità sismica dell’Ita-lia. Un binomio che porta il presi-dente dei Verdi Angelo Bonelli ad accusare il governo di «atteggia-mento irresponsabile». La lezione del Giappone è che «nessuna tec-nologia è perfetta e un incidente è

>>Primo piano>>

L’onda lunga nipponica arriva in piazza a RomaAlessandro De Pascale

D

Nucleare Sit-in dei Verdi con i sopravvissuti di Hiroshima per dire no all’atomo. Anche alla Camera la sinistra chiede al governo di rinunciare. «Andremo avanti», risponde l’esecutivo

sempre possibile». Per il commis-sario europeo all’Energia, Gun-ther Oettinger, «la crisi nucleare giapponese ha cambiato il mon-do», al punto che l’Ue deve pensa-re all’eventualità di una «opzione zero per il nucleare». Parole mai pronunciate prima da Bruxel-les. Il copresidente dei Verdi eu-ropei Daniel Cohn-Bendit è con-vinto che «non ci saranno centra-

li in Italia, perché nessuna regione le vuole». Tanto che Legambiente ha scritto una lettera ai presiden-ti di Lombardia, Piemonte, Vene-to ed Emilia Romagna, invitando-li a fare fronte comune per unire le proprie «contrarietà e perples-sità tecniche sulla disponibilità del loro territorio ad ospitare cen-trali nucleari». Anche alla Camera ieri si è parlato di atomo. Due mo-

zioni a risposta immediata del-la sinistra sull’uso delle fonti rin-novabili sono diventate l’occasio-ne per chiedere di nuovo al gover-no un passo indietro sul nuclea-re. E almeno stavolta sembra dav-vero unita. «Germania, Svizzera e Lituania hanno avviato una rifles-sione sul nucleare, il mondo cer-ca fonti alternative, mentre in Ita-lia c’è proprio bisogno di ricorre-

e rassicuranti affer-mazioni dei ministri dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e dello

Sviluppo Economico Paolo Ro-mani, sulla radicale diversità dei reattori scelti dall’Italia, re-lativamente alla sicurezza ne-cessitano di chiarimenti e in-terrogativi. Inquietante quanto ascoltato dal ministro dello Svi-luppo ieri sera da Bruno Vespa a Porta a Porta: Romani ha parla-to d’inesistenti reattori di prima generazione che erano i prototi-pi degli anni 50 e 60. I primi quattro reattori italia-ni, altro non sono che reattori ad acqua in pressione (Epr) che usano come combustibile l’ura-nio. L’Epr è un reattore frut-to della linea di sviluppo detta “evolutiva”, basata cioè su alcu-

Erasmo Venosi*

Lne piccole modifiche apporta-te ai reattori esistenti. L’altra li-nea di sviluppo è detta innova-tiva e riguarda invece i reattori di quarta generazione che forse vedranno la luce nel 2040. L’Epr relativamente alla sicu-rezza, presenta un basamen-to inclinato di materiale refrat-tario che, in caso di fusione del nocciolo consentirebbe il suo recupero, confinamento e raf-freddamento dentro la parte inferiore dell’edificio, evitando il tal modo la perforazione del recipiente in pressione (Vessel) e quindi l’inquinamento radio-attivo. Il nocciolo fuso sareb-be inoltre raffreddato da acqua proveniente da una piscina. L’edificio del reattore ha una doppia struttura di conteni-mento: una parete interna in calcestruzzo armato, compres-so per resistere agli aumenti di

pressione interna, e una pare-te esterna dello stesso materia-le ma in grado di sopportare la caduta di un aereo militare tipo Rafale di peso enormemente in-feriore a quello di un Boeing. La società francese che vende l’Epr dichiara che i tempi di re-alizzazione sono pari a 5 anni (smentita dai ritardi dei due re-attori in costruzione a Olkiluo-to e Flamnville). L’Epr ha la ca-pacità di sostituire il combusti-bile, l’uranio, con ossidi misti (Mox), una miscela di uranio e plutonio, molto più impattanti di quello “normale“. L’Epr ricordiamo che non ci ri-sulta abbia ottenuto l’appro-vazione definitiva dall’Autori-tà di Sicurezza Nucleare de-gli Stati Uniti (procedimento di licensing). Da osservare che nulla cambia rispetto a quanto tutt’ora governa progetto, con-

trollo e sicurezza del reatto-re che utilizza un modello ma-tematico (equazioni della cine-tica). Ossia uno strumento che approssima il comportamento di un sistema reale. Inoltre si ricorre ad approssimazioni an-che per semplificare i problemi dal punto di vista dell’analisi del modello. Se i reattori che si ha intenzio-ne di costruire in Italia sono così sicuri e innovativi, allora i ministri competenti che ras-sicurano gli italiani dovrebbe-ro assumersi la responsabilità, assieme ai promotori del nu-cleare, di fare a meno dei pia-ni di evacuazione intorno alle centrali. Questo è l’unico stru-mento che fa giustizia di mal-levadori e imbonitori chiamati in aiuto del nucleare del post-Giappone.

* Fisico nucleare

Prestigiacomo e Romanimentono sugli impianti

L’esperto I ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo rassicurano gli italiani in tv sulla sicurezza delle centrali da costruire in Italia. Che però non sono molto diverse da quelle di Fukushima

Nessun controllo trasparente e affidabile sulla centrale nucleare di Fukushima. Per anni la società di gestione Tepco ha falsificato i risultati dei controlli sull’integri-tà dei reattori, omettendo danni e fuoriuscite di radiazioni. La pri-ma scoperta della “truffa” risale al 2002, quando l’Agenzia nucle-are nipponica (la Nisa) denuncia 29 casi di rapporti ispettivi falsi-ficati dalla società energetica di Tokyo. Secondo gli ufficiali,13 impianti avevano registrato inci-denti strutturali negli anni a ca-vallo del 1990: tra questi, i più im-portanti riguardavano proprio i reattori 1 e 2 dell’impianto di Fu-kushima Daiichi - quelli ormai ad un passo dalla fusione in seguito allo tsunami di venerdì scorso - e il reattore di Kashiwazaki-Ka-riwa, nella prefettura di Niiga-ta. L’indagine era partita 2 anni prima, nel luglio 2000, sulla base delle rivelazioni di un informato-re: gli inquirenti avevano riscon-trato «gravi omissioni e mancan-

Sirio Valent

Così la Tepco falsificava i dati delle centrali

Il caso

I due sopravvissuti assieme a Bonelli al sit-in dei Verdi ieri a Roma

re a questa tecnologia distruttiva per l’uomo e pericolosa per la sa-lute e l’ambiente?», ha chiesto al governo il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. Sulla stessa linea anche il Pd. «Eravamo contro la scelta nucleare già prima dell’inciden-te di Fukushima perché la ritenia-mo sbagliata per il Paese, vecchia e costosa, e ora volete approvare una norma per collocare le centra-li sul territorio anche contro il pa-rere di Regione, Comune e popo-lazioni locali», denuncia Ermete Realacci, responsabile green eco-nomy del Pd. «L’Italia non modi-fica il proprio programma nucle-are», risponde senza giri di parole la Prestigiacomo. «La questione energetica e i problemi connessi sono globali e solo in Europa so-no attive 150 centrali», taglia cor-to la titolare dell’Ambiente. «Ma la Germania ne chiuderà 7 e punta per il 2050 a coprire l’80 per cen-to del fabbisogno energetico con le rinnovabili, alle quali voi avete tagliato gli incentivi mettendo sul lastrico migliaia di imprese», con-trobatte il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini. Che poi attacca: «Non avete il corag-gio di dire che sul nucleare avete sbagliato». Il monito delle opposi-zioni è chiaro: «Fermatevi perché se non lo fate voi tra 3 mesi la pa-rola tornerà agli italiani che sce-glieranno di salvare il Paese, lo-ro stessi e il proprio futuro», rife-rendosi al referendum sul nuclea-re del 12 giugno.

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giovedì 17 marzo 2011 3

Giappone

informò il governo di Tokyo che le norme di sicurezza delle sue centrali erano obsolete e che un violento sisma avrebbe potuto causare «seri problemi» agli im-pianti. Nella nota, riportata ie-ri dal Telegraph, si afferma inol-tre che le autorità giapponesi si opposero alla sentenza emes-sa da una corte per chiudere una centrale ritenuta non suf-

ficientemente sicu-ra in caso di sisma. «L’Agenzia giappo-nese per la sicurez-za nucleare e indu-striale ritiene che il reattore sia sicu-ro e che tutti i test di sicurezza sia-no stati condotti in

modo appropriato», riferirono i diplomatici statunitensi. Nel 2009, Tokyo riuscì a far revoca-re la sentenza. Il cablogramma riporta infine la denuncia fatta nell’ottobre 2008 da un deputa-to giapponese ai funzionari di Washington, secondo cui il go-verno stava «insabbiando» al-cuni incidenti nucleari.

Secondo la Tepco, la compa-gnia elettrica che gestisce Fu-kushima, il fumo fuoriuscito ie-ri dall’impianto potrebbe essere semplice vapore, anche se non esiste ancora alcuna sicurezza al riguardo. Il capo del gabinetto nipponico, Yukio Edano, ha di-chiarato durante una conferen-za stampa che la nube sembre-rebbe provenire dalla vasca di contenimento del reattore nu-mero tre, una possibilità che im-plicherebbe un danno all’involu-cro di sicurezza. La temperatura si è invece stabilizzata nel reat-tore numero due, investito mar-tedì da un’eplosione che aveva suscitato apprensione per una possibile lesione del nocciolo. Complessivamente la struttu-ra è stata interessata finora da quattro deflagrazioni e due in-cendi, che hanno portato ad au-menti della quantità di radiazio-ni registrate nell’area; incremen-ti che comunque, stando alle di-chiarazione dei portavoce del governo riportate dall’agenzia di stampa Kyodo, non comporte-rebbero «immediato rischio per la salute» per le persone che si trovano fuori dalla fascia di si-curezza di 30 chilometri intor-no alla centrale. Per cercare di diminuire la temperatura del combustibile presente al suo in-terno, i soccorsi hanno pensa-to di fare ricorso a un enorme

idrante montato su un camion, che dovrebbe però avvicinarsi all’impianto abbastanza da con-sentire alla pressione dell’acqua di raggiungere le barre. Alle preoccupazioni per la sicu-rezza si aggiungono quelle per le condizioni meteorologiche. Nel-la regione sono infatti sono pre-visti neve e vento che dovreb-

be soffiare verso sudovest, os-sia verso Tokyo, per poi virare e dirigersi a ovest, sul mare. Le previsioni sui moti delle corren-ti d’aria sono importanti perché mostrano la direzione che po-trebbe prendere un’eventuale nube atomica. Nel frattempo, nel caos causato dall’emergenza, è emerso un ca-

>>Primo piano>>

Fukushima, nuovo allarme radiazioni

Tosatti dalla prima

Giappone L’Aiea lancia l’allerta nello spazio aereo compreso tra Giappone, Alaska, Russia, Cina, Corea del Nord e del Sud. Timori dalla Ue. E spunta un cablogramma di Wikileaks: «Tokyo sapeva»

blogramma Usa diffuso da Wi-kileaks, che ha rivelato che il Giappone sapeva da oltre due anni che i suoi impianti nucleari non sarebbero stati in grado di reggere l’urto di un potente ter-remoto. Secondo il documento, nel dicembre del 2008 un fun-zionario dell’Agenzia interna-zionale per l’energia atomica

ono salita su un aero-plano con i miei tre bambini e ho lascia-to mio marito a Tok-

yo - scriveva ieri mattina Victoria, quasi scusandosi di essersi mes-sa in salvo - Ho pianto quasi inin-terrottamente durante le dodici ore del viaggio. Ma ora sono qui. Al contrario di milioni di persone che sono rimaste a lottare per pro-curarsi cibo e riparo». Sono passa-ti quasi sei giorni dal disastro che ha colpito il Nord del Giappone e la situazione resta critica. Imma-gini strazianti continuano a riem-pire la rete. Ufficiali di polizia che trasportano corpi senza vita. Ma-rito e moglie che si abbracciano piangendo sul luogo dove sorge-va la loro casa. Operai che guarda-no attoniti i resti della loro azien-da. Un pescatore ammutolito da-

Bruno Picozzi da Taipei

«Svanti a quel che rimane di un pe-schereccio andato in fiamme. Una bambina di 5 anni che por-ta via quel che può dalla casa di-strutta. La devastazione si presen-ta in tutte le forme possibili. Ogni tanto compare una famiglia riu-nita, un ritorno a casa, un sorri-so. Come quello di Manami Kimu-ra che ha potuto ritrovare la ma-dre in un rifugio a Ishinomaki, là dove 2mila persone hanno per-so la vita. A migliaia continuano a scavare tra le macerie, in cerca dei propri cari. 80mila tra soldati, poliziotti e pompieri sono all’ope-ra per i soccorsi. Uomini e mezzi sono giunti dall’alleato di sempre, gli Stati Uniti, così come da Paesi con cui vi sono relazioni compli-cate quali Cina, Russia o Corea del Sud. Un centinaio in tutto le na-zioni che hanno offerto assisten-za. Emergono dal nulla incredibi-li racconti di sopravvivenza dietro

ai quali si celano manipoli di eroi senza nome. Fa piacere poter dire che, nonostante tutto, oltre 26mi-la persone sono state salvate dal-la furia degli elementi. Ma ormai restano solo il silenzio e le vittime. Una squadra di soccorso austra-liana ha vagato per 36 ore sul lito-rale di Minamisanriku alla ricer-ca di sopravvissuti, senza succes-so. «Secondo le nostre stime, qui l’onda dello tsunami misurava 30 metri di altezza», ha dichiarato il comandante Rob McNeil. Anche i soccorritori britannici non trova-no segni di vita da due giorni. Gli ultimi bollettini ufficiali parlano di oltre 4mila morti e 8mila dispersi. Ma si temono oltre 10mila mor-ti. Così tanti da dover rimandare le sepolture per mancanza di ba-re, con i centri di cremazione or-mai al collasso. Secondo l’agenzia Kyodo, 430mila residenti dell’area più colpita sono ospitati in 2400

rifugi mentre per milioni di perso-ne tutt’intorno bisogna provvede-re ad acqua e cibo. I soccorsi avan-zano con efficienza ma lentamen-te e tante aree sono ancora taglia-te fuori. C’è chi deve accontentar-si di una pallina di riso al giorno. Chi non trova acqua da bere. Gli ospedali sono a corto di medici-ne. A migliaia restano intrappolati in decine di villaggi difficilmente raggiungibili. A tutto questo si ag-giungano i 200mila residenti eva-cuati dall’area intorno alla centra-le di Fukushima e il panico che si sta diffondendo nella capitale do-ve scarseggiano i generi di prima necessità. Non si fermano intan-to lungo tutta la faglia le scosse di assestamento: la più potente, ie-ri, ha toccato i 6 gradi Richter con epicentro vicino alla capitale. Nei prossimi giorni, secondo le previ-sioni, nelle regioni disastrate arri-verà la neve.

Sull’isola ora si lottaper la sopravvivenza

Emergenza A sei giorni dallo tsunami, milioni di persone hanno enormi difficoltà a procurarsi cibo e acqua. Gli ospedali sono a corto di medicine. Le vittime potrebbero essere più di diecimila

ze» nelle relazioni di controllo. Le conseguenze furono pesantis-sime per la compagnia energeti-ca: il presidente Nobuya Minami rassegnò le dimissioni assumen-dosi «tutta la responsabilità ma-nageriale dell’incidente», e am-mettendo che «non c’erano scu-se» per il suo operato. Lo stes-so fecero l’amministratore dele-gato Hiroshi Araki, il vicepresi-dente Toshiaki Enomoto e i con-siglieri Shoh Nasu e Gaishi Hirai-wa. Il premier Junichiro Koizu-mi, in carica all’epoca, biasimò ufficialmente la condotta «inac-cettabile» della compagnia. Nel 2007 si torna a parlare di sicu-rezza nucleare falsata durante il terremoto che colpisce la pre-fettura di Niigata. Dalla centra-le di Kashiwazaki esce una nube nera e una macchia oleosa si ri-versa in mare. La Tepco assicu-ra che non è stata registrata nes-suna perdita di sostanze radio-attive, ma è falso. Ad oggi la Te-pco ha ammesso oltre 200 falsifi-cazioni di rapporti sulla sicurez-za delle sue centrali nucleari, sti-lati tra il 1992 e il 2006. La metà di queste irregolarità erano sta-te denunciate tempestivamen-te dai gruppi ambientalisti, che avevano accumulato negli an-ni analisi e prove scientifiche di fuoriuscite radioattive e carenze di sicurezza.

Si temono danni all’involucro di sicurezza del terzo reattore. Il quarto è stato colpito da un nuovo incendio ©

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Francia

La legge

vinto nuclearista. a destra inve-ce l’ex ministro dell’interno Do-minique De Villepin, acerrimo nemico di sarkò che ha recente-mente fondato un nuovo partito, si è detto sfavorevole al nuclea-re. «Vogliamo rompere il tabù e chiedere un referendum per con-sentire alla popolazione france-se di esprimersi per la prima vol-ta riguardo a un tema così im-portante – continua l’attivista di sortir du nucleare – Oltre a eu-rope écologie sono in tanti or-mai a volerlo. L’appuntamento potrebbe coincidere con le pros-sime presidenziali del 2012». intanto il movimento si mobilita insieme a Greenpeace e a mol-te altre associazioni come quelle raccolte dal sito desobeir.net (di-sobbedire). Domenica scorsa si sono radunati al Trocadero, da-vanti alla Tour effeil, domenica prossima invece l’appuntamento è al parlamento francese. sempre a parigi ieri il vice-diret-tore generale dell’autority fran-cese per la sicurezza nucleare (asn), Olivier Gupta, ha ammes-so: «i dispositivi per far fronte al-le fusioni del nocciolo del reat-tore, come avvenuto a Fukoshi-ma, sono stati presi in conto so-lo dopo l’incidente di Three Mi-le island (Usa, ndr.), nel 1979. Molti reattori nucleari nel mon-do, compresi quelli della Fran-cia sono concepiti in questo mo-do». Ovvero non adeguatamen-te. «senza arrivare a terremoti così forti come quello giappone-se - conclude anne-Laure Mela-deck - nel 1999 ci fu una terribile tempesta che inondò la centra-le di centrale Blayais, vicino Bor-deaux. non vogliamo che sia una tragedia a farci uscire presto dal-la stagione nucleare».

arkozy convocherà una ri-unione del G20, presieduto quest’anno dalla Francia, per discutere delle opzio-

ni energetiche dopo il disastro in Giappone. «La politica ener-getica - ha detto ieri il presiden-te francese - è un nodo essenzia-le del dibattito pubblico». Che il presidente più “atomico” del-la storia si sia improvvisamen-te pentito ne dubita fortemen-te l’associazione francese sor-tir du nuclaire. «sarkozy non so-lo ha tentato di minimizzare l’in-cidente nella centrale di Fuku-shima in Giappone – dice a Ter-ra anne-Laure Meladeck, porta-voce dell’organizzazione antinu-clearista radicata su tutto il terri-torio nazionale- ma ha anche detto che la Francia continue-rà a produrre ener-gia nucleare. Davanti all’indugio della svizzera e al-la moratoria contro il prolungamento dell’attività dei reat-tori tedeschi, decisa dalla Mer-kel, ci chiediamo come possa il nostro presidente cancellare il dibattito nel paese». Oltre a sor-tir du nuclaire sono tante le as-sociazioni ambientaliste e civi-

che a lamentare la censura dell’in-formazione sugli incidenti nuclea-ri. Gli episodi so-

no molti e vanno dall’incidente di Chernobyl, la cui nube tossi-ca, dissero all’epoca i media, non avrebbe raggiunto la Francia, al-le recentissime fuoriuscite di materiale radioattivo dalla cen-

trale di Trikastin nell’estate del 2008. «Disinformazione significa utilizzare l’acqua del rubinetto contaminata perché il materiale nocivo è finito nella falda acqui-fera – prosegue anne-Laure Me-ladeck -. significa, come nel ca-so della località saint Maur-des-Fossés, che i livelli di tossicità dei prodotti coltivati nei dintorni so-no pericolosamente superiori al-

«Contro il nucleare vogliamo il referendum»Susan Dabbous

S

Francia Cresce il fronte dei “No” all’atomo. La sinistra si spacca e a destra De Villepin si converte al “No nuke”. Le associazioni: consultazione popolare insieme alle presidenziali 2012

la media. Due operai sono sta-ti contaminati a novembre nella totale indifferenza delle autori-tà locali che hanno fatto di tutto per minimizzare l’accaduto». La politica inizia però a sgretolare il muro di compattezza pro nu-cleare. il partito socialista al suo interno è spaccato: ségolène ro-yal è parzialmente contraria, Do-minique strauss Kahn è un con-

l governo tenta di cancella-re le energie rinnovabili, ma le regioni ci mettono una pezza. Capofila le giunte

dell’italia centrale. Dopo l’emilia romagna, anche la Toscana pro-va a dare una spinta al settore at-traverso nuove regole che metto-no il mercato al riparo dalle spe-culazioni. ieri la regione guida-ta da enrico rossi ha approvato all’unanimità le norme per la co-struzione degli impianti fotovol-taici. La legge, votata all’unani-mità dal consiglio regionale, det-ta le linee guida per rendere pie-

Giorgio Mottola

I

Toscana, nuove regole per gli impianti solari

La legge Approvata all’unanimità la nuova regolamentazione per l’installazione dei pannelli: fotovoltaico al riparo dalle speculazioni e compatibile con tutela del paesaggio e dell’agricoltura

Nel 99 la centrale di Blayais, vicino Bordeaux, è stata inondata durante un’alluvione. Il Sud Est del Paese è territorio sismico

namente compatibili le centra-li solari con il rispetto del pae-saggio e lo sviluppo dell’agricol-tura. pochi giorni fa anche l’emi-lia romagna aveva adottato un provvedimento di regolamenta-zione del settore, stilando una mappa dei siti idonei per l’instal-lazione di pannelli solari a terra. Oltre alla tutela del paesaggio l’obiettivo a cui puntano le legi-slazioni della Toscana e dell’emi-lia è preservare l’agricoltura. Di-venuta un’assoluta priorità do-po il boom incontrollato del fo-tovoltaico negli ultimi anni. Con il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli, installare i pannelli sui

terreni è diventato infatti molto più redditizio che coltivarli. perciò, in Toscana non si potran-no più costruire centrali fotovol-taiche “a terra” ovunque. Le pro-vince indicheranno alla regione quali sono le zone “intoccabili”: aree considerate «non idonee» perché «all’interno di coni vi-sivi e panoramici» oppure per-ché rientrano «in zone agricole di particolare pregio paesaggi-stico e culturale». Via libera in-vece all’installazione nei siti già urbanizzati «privi di valore cul-turale-paesaggistico e storico-architettonico». Lo spirito del-la legge è fare in modo che pro-

gressivamente i pannelli venga-no spostati sui tetti. Le instal-lazioni a terra dovrebbero ri-manere soprattutto nelle cave esaurite, nelle discariche e e nei depositi in dismissione. «La proposta ha tre obiettivi», ha spiegato il presidente della Commissione ambiente regio-nale Vincenzo Ceccarelli, «pro-durre energia da fonti rinno-vabili, tutelare le colture agri-cole di qualità e tutelare il pa-esaggio». nemmeno a sorpre-sa, il provvedimento ha ricevu-to il voto favorevole anche del popolo della Libertà. anche se probabilmente i motivi alla ba-

se della scelta non sono forse esattamente ecologisti. «si fa finalmente chiarezza in un set-tore sinora deregolamentato», è infatti il commento di Marco Taradash che da ex radicale, in materia di libertà delle imprese, è solitamente su posizioni ben diverse. il gruppo regionale dei Verdi considera invece la legge «una risposta al colpo che sta dando il governo al comparto delle energie rinnovabili», co-me spiega il capogruppo Mari-na sgherri. anche la Lega nord ha votato con la maggioranza, esprimen-do però una serie di rilievi. se al governo nazionale gli uomi-ni del Carroccio accettano i ta-gli alle rinnovabili, in Toscana le camice verdi si presentano co-me i paladini dell’energia verde. il capogruppo Gambetta Vian-na ha chiesto infatti «iniziative necessarie per stimolare ed age-volare il rilascio di mutui per la costruzione di impianti fotovol-taici e maggiori incentivi».

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giovedì 17 marzo 2011 5>>Primo piano>>

Navi dei veleni

erto che non ho det-to tutto». La piog-gia batte da giorni la pianura padana.

In una casa nella sperduta pro-vincia del nord, Francesco Fon-ti non si scompone più di tanto di fronte alla notizia della richie-sta di archiviazione dell’inchie-sta sulla Cunsky. Vicenda che lo vedeva in una duplice veste: ac-cusato e accusatore. Fonti si era autoaccusato dell’affondamento di tre navi dei veleni, la Yvonne-A, Cunsky, la e la Voriais Spora-dis. La prima fu fatta naufragare a Maratea, la seconda a Cetraro in acque internazionali e la terza a Genzano. A due anni di distan-za dall’inizio dell’inchiesta, la Dda di Catanzaro mette la paro-la fine alla vicenda. Il procurato-re Vincenzo Antonio Lombardo e il suo aggiunto Giuseppe Bor-relli, infatti, hanno chiesto al gip di ar-chiviare l’inchiesta che vedeva indaga-te quattro persone. «Sono due cose che ancora non ho det-to e una delle due ri-guarda questa vicen-da. Non ho mai spie-gato chi era con me quella notte e da chi era composta la rete che mi ha sostenu-to nell’operazione». Questo potrebbe es-sere uno snodo im-portnte per venire a capo della vicenda. Secondo, in-fatti, la commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il punto più debole del racconto di Fonti è proprio quando raccon-ta di aver provveduto all’affon-damento delle navi quasi da so-lo. Da Palazzo San Macuto bolla-no l’opzione come «praticamen-te impossibile e fattivamente po-co credibile». Ma le dichiarazioni di Fonti, per i pm, sono «irrime-diabilmente false» e i dati tecni-ci e scientifici raccolti in questi anni confermano senza ombra di dubbio che quel relitto appar-tiene alla nave passeggeri Cata-nia, affondata durante la prima guerra mondiale, nel 1917, da un sommergibile. Fonti, in due suc-cessivi interrogatori, ha riferito particolari «così stridentemen-te contrastanti» tra loro da im-porre, per la Dda, la conclusio-ne «della pura e semplice ‘inven-zione» oltre che «l’incapacità di ricordare quanto riferito la pri-ma volta». Accuse che non han-no lasciato indifferente Fonti, se-

«Inattendibili sono loro» Il pentito Fonti contro la Dda Vincenzo Mulè

«C

Navi dei veleni Due giorni fa, la Procura calabrese ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta nata dopo le rivelazioni del pentito di ‘ndrangheta. Secondo la Dda «le sue sono solo invenzioni»

ceva anche affari con i Serraino-Di Giovine di Milano». Dietro i nomi fatti da Fonti si nascondono molti dei misteri che hanno caratterizzato la sto-ria più recente del nostro Pae-se, dal caso Moby Prince, ai traf-fici in Somalia fino agli omicidi di Mauro Rostagno, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Misteri che so-no stati al centro di 1994, il libro- inchiesta dei due giornalisti Lu-ciano Scalettari e Luigi Grimal-di.La loro ricostruzione parte da un nome, quello di Roberto Rup-pen, un “signor nessuno” che im-provvisamente si scopre essere stato il centro di un mondo fatto di traffici, spie, finanza parallela, petrolio e armi. Ruppen nel 1992 viene chiamato a far parte del segretissimo gruppo di lavoro messo su da Marcello Dell’Utri per trasformare Publitalia in un partito politico. Ma, fanno an-cora notare Scalettari e Grimal-di, in quei stessi giorni Ruppen è principale collaboratore di Gui-do Garelli, trafficante e deus ex machina dei traffici ambientali verso l’Africa, è una figura di pri-mo piano nelle attività del pro-getto Urano (smaltimento di ri-fiuti tossici e nucleari in Soma-lia in cambio di armi). Allo stes-so tempo è sospettato, senza esi-ti penali, a Palmi, in Calabria, di trafficare in armi con la Somalia con due vecchie conoscenze: Li-cio Gelli e Francesco Pazienza. Nomi che ritornano con inquie-tante frequenza nella storia me-no nobile del nostro Paese.

condo il quale «so-no inattendibili le persone che mi han-no dichiarato tale». Dagli accertamenti, inoltre, l’ex collabo-ratore di giustizia ri-sulterebbe estraneo al «fenomeno cri-minale», da lui stes-so descritto, che ve-deva la ‘ndrangheta intenta a far spari-re rifiuti tossici ina-bissandoli con vec-chie motonavi. A fronte di ciò, Fon-

ti lancia un appello a Greenpe-ace: «Siano loro a andare a fon-do. La politica italiano mi ha cu-cito addosso un vestito che non mi appartiene. Per questo l’asso-ciazione ambientalista è l’ultima mia speranza». Per Claudia Co-nidi, avvocato dell’ex boss cala-brese, «Fonti non aveva alcun in-teresse a sollevare questo polve-rone. Ora, se in questa storia c’è una logicità, mi aspetto che Fon-ti venga iscritto nel registro de-gli indagati per calunnia e pro-clamato allarme sociale». Anche se il caso della Cunsky doves-se chiudersi, resterebbe tuttavia aperto «l’ampio dossier sui traf-fici illeciti di rifiuti», come affer-ma Alessandro Bratti, capogrup-po Pd nella commissione eco-mafie, commentando la richie-sta di archiviazione da parte del-la procura Procura della Repub-blica di Catanzaro. «E’ bene di-stinguere questo caso – aggiun-ge Bratti - con l’ampia pagina ne-ra dei traffici illeciti di rifiuti nel-la quale è ormai evidente la pre-

senza di pezzi dello Stato e ser-vizi segreti con gli uomini del-la malavita nella parte dei ma-novali». Eccolo il secondo pez-zo della verità non svelata. I rap-porti che c’erano tra Fonti e i ser-vizi segreti. Il pentito calabre-se ha sempre parlato dell’agen-te Pino, ma non ne ha mai rive-lato l’identità. Perchè? Fonti è un uomo che ha vissuto una doppia vita. Le peggiori che si possono pensare: membro della ‘ndran-gheta e uomo dei servizi segreti deviati. È questa una parte della niova verità che l’uomo vorrebbe raccontare. Una versione che, se confermata, riscriverebbe par-te della storia delle navi dei ve-leni. E che, automaticamente, ridimensionerebbe il ruolo del-la criminalità organizzata nello smaltimento illecito dei rifiuti. Un fenomeno che ha radici lon-tane, geograficamente e tempo-ralmente, e che si inserisce in un filone aperto da altri traffici, pri-mo fra tutte quelli di auto, droga e armi. Nell’aprile del 2010, Fonti

spedisce una lettera alla giorna-lista calabrese Antonella Grippo, che conduceva il talkshow Per-fidia sull’emittente Telespazio tv. Rivendicando la propria at-tendibilità, l’uomo alza il tiro e scrive: «Mi chiedo come mai dal 2003, anno in cui consegnai alla Dna 49 pagine di appunti, nes-suno sia andato a controllare la Euro rifiuti di Solaro in provincia di Milano, che si è sempre occu-pata di trasporto di rifiuti tossi-ci in Lombardia. Perché non si è andati a controllare la Fin Chart di Roma, broker di tante navi dei veleni e di altre, che uscite dai cantieri Oram di La Spezia, ac-quisiti poi dalla Ditta Ferretti, hanno trasportato armi ad Uma-go in Istria e in Somalia. E inol-tre la società L.I.A., Ligure Abra-sivi S.n.c. di Massa che aveva af-fari per lo smaltimento di rifiu-ti tossici con la società Svizzera “Finance and Trade Service Est” di quel finanziere olandese resi-dente a Klosters (Svizzera), cer-to Theodor Cranendonk che fa-

L’ex boss: «Ancora non ho detto tutto. Non ho rivelato le coperture delle le operazioni di affondamento». E spunta di nuovo il coinvolgimento dei servizi segreti deviati

Sopra, la nave “Mare Oceano” al largo di Cetraro. A fianco, la sagoma del relitto

nel fondo delle acque cosentine in una immagine d’archivio

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giovedì 17 marzo 20116

Denuncia

iritti dell’uomo? Nel-la difesa di questo fon-damento del viver civi-le l’Italia è in coda all’in-

tera Europa. Lo dimostra il nu-mero e la portata delle senten-ze della Corte europea dei dirit-ti dell’uomo pronunciate l’anno scorso (ma andando indietro ne-gli anni il risultato non cambia) in applicazione della Convenzio-ne sottoscritta a Roma dai Paesi fondatori di quella che solo tan-ti anni dopo sarebbe diventata l’Unione europea, e che ad oggi è firmata da ben 47 Stati. Ebbene, tra quelle subite da quasi tut-ti i contraenti (in pratica solo la Da-nimarca è inden-ne), le sentenze a dis-favore dell’Ita-lia, con relativa condanna mai so-lo simbolica, sono ben 95 su 98. Prece-dono il nostro pa-ese solo la Turchia (con 278 senten-ze, e figuriamoci: è una delle ragioni delle molte ri-serve all’ammissione nell’Ue), la Russia (217), la Romania (143), l’Ucraina (109), la Polonia (107), la Bulgaria e la Grecia, rispetti-vamente con 81 e 56. A molte lunghezze sotto l’Italia ci sono, tra le grandi nazioni, la Francia (42) e la Germania (36).

Non è solo questione di numeri – anche se pure essi hanno il loro peso –, ché di grande valore so-no le motivazioni delle condan-ne. Il quadro viene fornito ogni anno da un’autorevolissima fon-te terza: l’Osservatorio sulle sen-tenze della Cedu costituito in seno all’Avvocatura della Came-ra dei deputati di cui è responsa-bile l’avv. Vito Cozzoli, con la col-laborazione degli avv. Marco Ce-rase e Francesca Romana Girar-di. L’Osservatorio pubblica ogni anno le sentenze che riguarda-no l’Italia, con un commento esplicativo. Tra queste sentenze, ne segnalo tre: da un canto per il carattere emblematico (come sacrosanta conclusione di un in-treccio tutto italiano di specio-sità, ricorsi impudenti e pretese causidiche), per lo spettro assai articolato delle più numerose sentenze (diritto penale con ri-ferimento alle espulsioni, diritto civile sui minori, immunità par-lamentare), per la lentezza dei procedimenti giudiziari che ov-viamente non ha nulla a che fa-re con certe riforme “epocali”.

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Tutela dei diritti dell’uomo, l’Italia è ultima in Europa Giorgio Frasca Polara

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Denuncia Il nostro Paese è leader nel numero di condanne da parte della Corte Ue. Su 98 sentenze, 95 sono a disfavore. Peggio solo Turchia e Russia. I dati dell’Osservatorio della Cedu

te sulla Costa Azzurra. (Picco-lo particolare: la Cedu premet-te ad ogni nome la “M” di mon-sieur…Chissà quando un “Sign.” sarà premesso negli nostri atti giudiziari.) Arresto e successi-va detenzione legittimi o illega-li? La Corte di Strasburgo (sen-tenza del 29 marzo 2010 su dos-sier 3394/03) prende atto, an-che sulla base di tre preceden-ti, che l’ordine di arresto e quin-di di carcerazione non era sta-to disposto da un «giudice o un altro magistrato abilitato dal-la legge ad esercitare le funzio-ni giudiziarie» ma «da un pro-curatore della Repubblica che non ha questa qualità ai sensi della giurisprudenza della Cor-te» stessa, «in particolare in ragione della mancanza di in-dipendenza dal potere esecu-tivo», come in effetti è il Pm in Francia. E, nel riconoscere il buon diritto dei nove immigrati e nell’imporre quindi allo Stato francese il pagamento di un ri-sarcimento e delle spese di giu-dizio, la Corte europea dei di-ritti dell’uomo afferma solen-nemente: «Il magistrato deve presentare le richieste garan-zie d’indipendenza nei confron-ti dell’esecutivo e delle parti, ciò che esclude assolutamente che egli possa agire come Pubbli-co ministero contro i ricorren-ti». Rifletta il governo italiano, e pensi alla massa dei ricorsi che scatterebbero se…

La sentenza in favore della Cgil e di Sergio Cofferati. L’allora (2002) deputato forzi-sta e noto penalista Carlo Ta-ormina accusa il segretario pro tempore della Cgil di aver crea-to un clima socialmente propi-zio all’omicidio del giuslavori-sta Marco Biagi, trucidato dal-le Br. Causa civile bloccata dal-la solita, e quasi sempre fami-gerata deliberazione di insinda-cabilità ex art. 68 della Costitu-zione. Quando la Corte costitu-zionale dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione solleva-to dal tribunale di Roma (man-cava il richiamo “testuale” al-le frasi oggetto della controver-sia), Cgil ed Epifani, succeduto nel frattempo a Cofferati, ricor-rono alla Corte di Strasburgo: le-sione del diritto ad un equo pro-cesso. E vincono: 8mila euro di risarcimento a testa a titolo di danni morali perché «l’impossi-bilità di adire la giurisdizione or-dinaria in conseguenza della de-liberazione dell’immunità parla-mentare, seguita da una senten-za non di merito della Consulta, costituisce un ostacolo spropor-zionato rispetto agli scopi per-seguiti dagli istituti immunitari, e pertanto integra la violazione dell’art. 6 Cedu, relativo al diritto ad un equo processo».

La sentenza contro l’ordine di espulsione di uno straniero. Nell’aprile del 2003 il tunisino

Mouarad Trabelsi è arrestato e detenuto con l’accusa di ap-partenere ad un gruppo fonda-mentalista islamico e per favo-reggiamento dell’immigrazione clandestina. Condannato a die-ci anni di carcere, poi ridotta a sette, e quindi (nel 2008) espul-so per motivi di sicurezza. Ma Trabelsi nel frattempo è ricor-so alla Corte europea che, in via preliminare, chiede che non si proceda all’espulsione verso la Tunisia essendo arcinota la sus-sistenza in quel paese della pra-tica della tortura, più tardi una delle cause della destituzione e della fuga di Ben Alì. Nonostan-te questa raccomandazione il ministero dell’Interno ricaccia in Tunisia Mouarad Trabelsi. Che fine abbia fatto costui non è noto. Ma ora si conosce la sen-tenza della Cedu: «La mancata ottemperanza alla richiesta di sospensione cautelare avanzata dalla Corte costituisce violazio-ne della Convenzione». Quin-di Stato italiano condanna-to al pagamento di 15mila eu-ro al presunto terrorista tunisi-no a titolo di risarcimento per i danni morali e di altri 6mila per spese di giudizio.

La sentenza sull’adozione nega-ta di una minore. I coniugi veneziani Moretti-Be-nedetti ottengono l’affidamen-to temporaneo di una neonata abbandonata dalla madre tos-

sicodipendente. Ne chiedono per due volte l’adozione specia-le, e per due volte la richiesta è respinta in tre diverse sedi giuri-sdizionali anche con indebite in-trusioni. Ricorso alla Corte EDU per violazione del diritto al ri-spetto della vita familiare e pri-vata e per iniquità dei procedi-menti. Per causa di due tribuna-li e di una corte d’appello, la cop-pia veneziana è stata costretta a rompere il legame con la bam-bina, ma i giudici di Strasburgo hanno tuttavia imposto all’Italia, anche e proprio per l’esito infau-sto delle loro richieste, di versare loro 10mila euro a titolo di ripa-razione dei danni morali, e altri 5mila per le spese legali.

P.S. Sul sito ufficiale della Ce-du trovo un’altra sentenza della Corte – ma riguardante un giu-dizio sulla magistratura france-se: per questo non è contenu-ta nel volume dell’Osservato-rio della Camera – che ci inte-ressa particolarmente dal mo-mento che la riforma “epocale” della giustizia disegnata dal trio Berlusconi-Alfano-Ghedini po-ne tra l’altro le premesse per un futuro controllo politico del Pm al potere esecutivo, controllo che già si consuma in Francia. Bene, in Francia dunque vengo-no arrestati un gruppo di immi-grati (due ucraini, quattro ru-meni, un greco e due cileni) che erano sbarcati clandestinamen-

I giudici hanno anche censurato il controllo politico del potere esecutivo sui pm in Francia. E lo Stato è stato condannato a pagare un risarcimento

>>Speciale>>

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giovedì 17 marzo 2011 7

Carcere

raccontare «l’inferno dei dimenticati» negli Ospe-dali psichiatrici giudizia-ri questa volta sono le

immagini. Incisive e strazianti. La Commissione d’inchiesta sull’ef-ficacia ed efficienza del Servizio sanitario, presieduta dal senato-re Pd Ignazio Marino, ha scelto di mettere da parte relazioni scrit-te e procedure formali per affi-dare il racconto delle condizio-ni di detenzione nei sei Opg ita-liani a un documentario presen-tato ieri in conferenza stampa al Senato. La sigaretta trema stret-ta tra dita fragili, l’urina è lasciata sul pavimento, i vetri rotti, i for-nelletti da campeggio per cucina-re sono accanto a latrine a vista, rifiuti abbandonati negli angoli e mura fatiscenti tra letti a castello che sarebbero vietati in questo ti-po di istituti. In altre stanze letti di contenzione, alcuni con un fo-ro arrugginito al centro utilizza-to per gli escrementi di chi vi ri-mane legato con corde per gior-ni. E montagne di farmaci. «La fragilità, la condizione più certa dell’esistenza», ha scritto qualcu-no su una parete. «Sono come ta-lebani, soltanto che qui ti uccido-no piano piano», dice un interna-to mirando alla telecamera.

Per il giornalista Riccardo Iacona che, nella trasmissione di domenica pros-sima su Rai3 “Presa diretta” riprodurrà gran parte del filma-to della Commissio-ne del Senato, si trat-ta della «Abu Ghraib italiana». Aggravata dal fatto che a vive-re condizioni di «de-tenzione disumane e tortura» sono per-sone cui è stata dia-gnosticata una ma-lattia mentale. «Ab-biamo deciso, attraverso questo video», introduce il senatore Ma-rino, «di far sentire sulla pelle di tutti le emozioni» che si provano entrando in quei luoghi. La Com-missione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale chiede la di-smissione dei sei Opg dove, so-lo in casi eccezionali, si può fa-re la conoscenza di un medico psichiatra. Poi per almeno tredi essi (Aversa, Montelupo fioren-tino e Barcellona) la sostituzio-ne istantanea con nuove strut-ture a custodia attenuata da de-stinare al trattamento sanitario. Un obiettivo, secondo i senato-

Un video shock denuncia l’inferno dimenticato degli OpgDina Galano

A

Carcere La Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario del Senato chiede «il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari». Il presidente Marino, Pd: «Liberare i 376 internati senza motivo»

ri, non troppo lonta-no. «Oggi siamo ar-rivati ad avere una convergenza otti-male in Aula», spie-ga il relatore di mag-gioranza dell’inchie-sta, Michele Sacco-

manno. «Durante le nostre visi-te, qualcuno che così matto non è ci ha ricordato che “negli anni ne sono venuti altri” . Vorremo che questa Commissione rag-giunga il risultato che si è prefis-sata, ottenendo il superamento degli Opg».

Ma praticità vuole che all’emer-genza si offra un’alternativa nell’immediato. Sono 376 gli in-ternati su un totale di 1.535 che la Commissione ha qualificato co-me «dimissibili» a fine 2010, per-sone che già da mesi o anni han-no scontato la loro pena e non so-

no ritenuti più socialmente peri-colosi. In due mesi e mezzo moni-torati, soltanto 65 sono stati effet-tivamente liberati. Sei sono dece-duti; la pericolosità sociale rico-nosciuta esclusivamente a cinque internati. Di contro, 115 hanno ri-cevuto la proroga dal magistrato di sorveglianza. «Un semplice fo-glio fotocopiato - chiarisce il se-natore Pd -. Il nome, come la data, il più delle volte viene aggiunto a penna, senza che il medico ven-ga coinvolto per esprimere pare-re sulla pericolosità dell’interna-to». L’automatismo del meccani-smo ha finora permesso che mol-ti autori di reati bagattellari, pu-niti dalla legge con pene brevis-sime, siano ancora rinchiusi. Co-me accade per «chi si è vestito da donna ed è andato davanti a una scuola 25 anni fa, chi nel 1992 ha fatto una rapina da 7.000 lire in un’edicola fingendo di avere una

ni per la riabilitazione». Som-me che serviranno per superare il principale ostacolo alla «libe-razione di persone recluse sen-za motivo», vale a dire l’assenza di strutture esterne, disposte da Asl e Regioni, per la loro presa in carico. «Occorre procedere alla sanitarizzazione di queste strut-ture che di fatto sono solo deten-tive e dove è del tutto assente la dimensione della malattia men-tale», osserva il relatore di mino-ranza dell’inchiesta, Daniele Bo-sone. Insistere affinché un isti-tuto nato col Codice Rocco del 1930 concluda il suo ciclo.

pistola in tasca», racconta Mari-no. Si finisce in Opg e si rischia di non uscire più. Gli addetti lo chia-mano “ergastolo bianco”.

La Commissione sta monitoran-do ogni settimana ciascuna strut-tura per verificare il processo che dovrebbe portare in libertà i 376 internati. «Reticenze, diffiden-ze, inesattezze hanno scandito le prime settimane di lavoro», ri-ferisce Marino, ma ora «abbia-mo l’impegno del ministero del-la Salute e di quello della Giusti-zia per 5 milioni di euro ciascu-no per attivare sul territorio pia-

>>Speciale>>

Dall’alto in senso orario, uno inter-nato nell’Opg di Reggio Emilia, tre immagini dall’isti-tuto di Barcellona (Ct), una stanza dell’Opg di Mon-telupo fiorentino.

Il documento sarà diffuso domenica nella trasmissione di Rai3 “Presa diretta”

Nei sei istituti, sporcizia ovunque, letti di contenzione, muri scrostati, lenzuola non sostituite

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giovedì 17 marzo 20118

to la natura a Tiko-pia è rimasta incon-taminata e la popo-lazione, che vive in piccoli villaggi, è riu-scita a conservare al-cuni elementi di vita tradizionale. Prima con Raymond Firth e più recentemen-

te con Jared Diamond, storico e divulgatore scientifico, Tikopia è stata oggetto di studio di etnolo-gi e archeologi, e negli ultimi an-ni la grande esperienza di econo-mia sostenibile praticata dai suoi abitanti ha affascinato soprattut-to biologi e ambientalisti.

Il Bottom-upJared Diamond ricorda che grazie alla strategia del “bottom-up” al-cune società sono riuscite a tro-vare il modo per sopravvivere a determinate condizioni ambien-tali. In particolare, si deve all’ar-cheologo Patrick Kirch aver ela-borato scientificamente que-sta metodologia usata da alcu-ne popolazione per analizzare situazioni problematiche e co-struire ipotesi adeguate alla lo-ro soluzione. Studioso delle isole del Pacifico, Kirch ha capito che la diversa spazialità territoriale

ha suggerito di volta in volta agli abitanti di un luogo, per lo più di piccole dimensioni geografiche, il modo per affrontare con suc-cesso i problemi ambientali. I Ti-kopiani hanno adottato un ap-proccio bottom-up per gestire i propri. Sono partiti cioè da una conoscenza capillare del terri-torio e delle sue risorse. In «Col-lapse» (Collasso), Diamond spie-ga che nel caso di Tikopia i suoi abitanti «sanno che un qualsia-si cambiamento farà sentire le sue conseguenze su tutto il ter-ritorio, essi sono legati tra loro da interessi comuni e si sento-no partecipi di una stessa identi-tà. Ogni membro della comunità capisce che adottare certi com-portamenti andrà a beneficio di tutti. Questo tipo di gestione cooperativa e solidale parte dal basso (bottom), cioè dal singo-lo abitante, e va verso l’alto (up), il bene comune». In breve, gra-zie alla loro intelligenza ecolo-gica, alla saggezza decisionale e alla capacità di anticipare i pro-blemi i Tikopiani hanno saputo costruire una società sufficiente, riconoscendo il limite fra uomo e natura, prendendo consapevo-lezza della responsabilità indivi-duale e collettiva.

Tremila anni di ecostileIn che modo a Tikopia è stato possibile preservare una condi-zione ecosostenibile che non ero-desse il capitale ecologico ori-ginario? Anzitutto con una or-ganizzazione sociale complessa in cui non esisteva una divisio-ne rigida del lavoro che ha con-sentito uno sviluppo più armoni-co dell’attività umana. Promuo-vendo poi il controllo demogra-fico per impedire l’aumento della popolazione. Ma il punto di for-za a Tikopia è stato il concetto di economia fondato su un’agri-coltura non intensiva profonda-mente integrata con la natura. A parte la presenza di alcune mac-chie di foresta, l’isola veniva col-tivata a frutteti con specie arbo-ree ad alto fusto (palma da coc-co, albero del pane, mandorlo na-tivo, castagno taitiano) e di me-dio fusto (betel, mango), origina-rie o importate da altre isole; una differenziazione verticale delle colture che ha prodotto la strut-tura di una foresta pluviale. In al-tre parti venivano invece coltivati orti per produrre riserve di taro e igname. L’alimentazione, ricca di fibre e carboidrati, era integrata con proteine derivanti dal pesce pescato nell’unico lago salmastro

dell’isola e lo sfruttamento soste-nibile delle risorse ittiche era re-golamentato da tabù alimenta-ri. Intorno al 1600 d.C. i Tikopia-ni decisero di abbattere i maia-li allevati nei villaggi poiché sot-traevano risorse alimentari. Per far fronte alle emergenze natu-rali un’altra risorsa «era data dal-la fermentazione dei frutti dell’al-bero del pane, con cui si produ-ceva una pasta molto nutriente che si conservava anche per tre anni». Ancora oggi, dal punto di vista ecologico, l’esperienza ti-kopiana può essere considerata la simbiosi perfetta tra l’uomo e la natura. Nel corso del XX seco-lo, con l’arrivo degli europei e dei missionari scomparvero molte pratiche culturali e metodi spe-rimentati per quasi tremila anni. Una esplosione demografica sfo-ciata in una terribile carestia e la furia dei cicloni hanno cambia-to il corso della storia di Tikopia. Oggi gli uomini si trasferiscono in altre isole per cercare lavoro e le donne fanno fatica a trovare ma-rito, tuttavia a Tikopia la vita con-tinua a scorrere come sempre, sul solco un po’ sbiadito di tradizioni bellissime di cui gli isolani vanno fieri. Quel che non è cambiato è il rispetto per l’ambiente.

>>Esteri>>

Tikopia, come resisterealle catastrofi naturali

uando alcuni anni fa fu strapazzata da Zoe, tra i più potenti cicloni de-gli ultimi 50 anni, in mol-

ti pensarono che di Tikopia, nel Pacifico sud-occidentale, fos-se rimasto poco più di niente. Fu grande lo stupore dei soccorrito-ri nel constatare che malgrado la furia del ciclone l’intera popo-lazione era riuscita a sopravvive-re rifugiandosi nelle cavità natu-rali dell’isola cambiando riparo di volta in volta a seconda della di-rezione del vento. L’unica a non essersi sorpresa della straordina-ria capacità dei Tikopiani di af-frontare le avversità naturali è stata l’an-tropologa neozelan-dese Judith Macdo-nald. Da secoli, spie-ga infatti la studio-sa, i nativi convivo-no con i cicloni. Al-meno due ogni an-no, confermano i meteorologi. Situa-ta a sud-est delle Isole Salomo-ne, Tikopia ha una popolazione di circa 1200 individui che abita-no una superficie di appena 4,66 kmq. La distanza massima del-la costa dal centro dell’isola è di 1200 metri. Da sempre il ruggito dell’oceano scandisce la vita degli abitanti. Espressioni come “verso il mare” e “ verso la terra” spiega-no molto bene i confini angusti in cui la comunità vive ininterrotta-mente da 3000 anni. Nel suo ce-lebre saggio «We, Tikopia» («Noi, Tikopia») Raymond Firth, l’etno-logo neozelandese che a partire dal 1928 soggiornò a più riprese sull’isola, racconta che «l’idea di una massa di terra davvero gran-de è, per loro, quasi inconcepibi-le (…) Un giorno, un gruppo di indigeni mi ha seriamente do-mandato : Amico, esiste una ter-ra dove non giunga il suono del mare?». Grazie al suo isolamen-

Maurizio Torretti

Q

La storia Gli abitanti della piccola isola situata nel Pacifico hanno imparato a convivere con cicloni e ogni tipo di sciagura. Merito di abitudini ecosostenibili maturate in tremila anni di storia

I Tikopiani sono l’esempio di un equilibrio quasi perfettoche l’uomo ha raggiunto con la natura

Un immagine dall’alto dell’isola di Tikopia, situata nel Pacifico sud-occidentale © A

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giovedì 17 marzo 2011 9

no fermi il re. L’esercito ha inva-so gli ospedali, quello di Selmiya è sotto assedio.

Anche in Egitto, dove dopodo-mani si decide sugli emendamen-ti costituzionali, le ombre della ri-voluzione vengono inseguite e scacciate da un esercito sempre più ostile al popolo di Tahrir che gli ha consegnato il Paese. Marte-dì notte sono tornati i manganel-li dei soldati, non più della polizia, stavolta contro i copti che prote-stavano contro la discriminazio-ne religiosa. Eppure le forze ar-mate si sono guardate bene dal

riservare lo stesso trattamento ai fra-telli musulmani, che in questi giorni sfila-no in strada contro chi protesta. Gli isla-misti hanno capito che collaborare con l’esercito, favorendo le elezioni prima che

i movimenti di Tahrir sfornino nuovi partiti, è l’unico modo per assicurarsi la vittoria, magari pro-prio adesso che lo sgombero for-zato della piazza ha privato l’Egit-to di un’importante arena poli-tica, un’arena che aveva forzato i Fratelli Musulmani in un angolo, liberandosi di Hosni Mubarak. Si sospetta che sia in arrivo un nuo-vo colpo di Stato. Un mese fa, par-lare di Iran e di controrivoluzione del ’79 faceva quasi ridere. Adesso fa quasi paura.

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>>Esteri>>

L’ultimatum dell’Onu: «Cessate il fuoco»

ualunque decisione pren-diate, è troppo tardi». È così che ha concluso il suo annuncio ieri Saif al

Islam Gheddafi, figlio del Colon-nello, mentre spiegava ai micro-foni di Euronews che Bengasi sa-rà ripresa entro domani. Ormai sembra che per gli insorti non ci sia più nulla da fare. Tramonta-ta la speranza di una no-fly zone per impedire ai jet di Gheddafi di bombardare i ribelli, rifiutata dagli stessi insorti l’ipotesi di un inter-vento diretto che del resto avreb-be trasformato la Libia in un nuovo Iraq, adesso non rimane che la fu-ga. Brega è già de-serta, chi può fug-ge a Benghazi, do-ve si aspettano i bombardamen-ti da un momen-to all’altro. Ormai per la Cirenaica non resta che la vendetta del rais. Oltre un milione di cittadini si aspetta il peggio, dall’assedio alla repressione casa per casa per ma-no delle forze speciali. La paghe-rà l’esercito, che ha disertato set-timane fa consentendo la conqui-sta del paese per qualche giorno; la pagherà chi ci ha messo la fac-cia, come i rappresentanti del go-verno provvisorio proclamato a Bengasi e riconosciuto dalla Fran-cia; la pagherà Abdel Fattah You-

Annalena Di Giovanni

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Libia Le Nazioni Unite impongono il provvedimento, che autorizzerebbe un intervento militare, ma non c’è accordo sulla no fly zone. Saif Gheddafi: «Entro domani riconquisteremo Bengasi»

nes, passato dal controllo delle forze speciali di Gheddafi alla lea-dership degli insorti; la pagheran-no le tribù e soprattutto la paghe-ranno i civili in trappola a Benga-si. Appellato dall’Eliseo e dalla Ca-sa Bianca, il segretario dell’Onu Ban Ki Moon ha chiesto ieri sera il cessate il fuoco per scongiurare un bagno di sangue nella capita-le della Cirenaica; ma è un appel-lo non vincolante probabilmen-te destinato a cadere nel vuoto, mentre ancora in serata Sarkozy insisteva a premere per una no-fly zone che pemetterebbe in ef-fetti di fermare I raid, ma i cui co-

sti economici e po-litici nessuno sem-bra pronto ad assu-mersi, specialmente adesso che un Paese ricco di petrolio co-me la Libia sembra destinato a tornare sotto il controllo di Muammar.

Anche per il Bahrain, ora uffi-cialmente in stato di emergenza, che ha cominciato a metà feb-braio con le marce non violente di intere famiglie accolte da raf-fiche di lacrimogeni e pallottole alla rotonda delle Perle, il prez-zo della libertà presenta conti ogni giorno più saltati. Un prez-zo che forse neanche gli stes-si manifestanti, abituati ad anni di repressione e torture per ma-no della monarchia degli al Kha-

lifa e del regime di apartheid che avevano messo su, avrebbero immaginato. In Bahrain si pro-testa da un mese perché chi na-sce sciita non ha diritto a lavora-re se non in determinati campi, non può più neanche darsi alla pesca perché il re ha espropria-to e privatizzato tutti gli acces-si al mare, non ha diritto a pos-sedere una casa se non nella mi-seria dei villaggi ammassati sulla sponda est dell’isola, non ha di-ritto all’uguaglianza di fronte al-la legge e non ha diritto ad espri-mersi. Chi protesta viene privato del passaporto, mentre un qual-siasi siriano, gior-dano o pachista-no può ottene-re la cittadinanza se dimostra di es-sere musulmano-sunnita, mentre la capitale Ma-nama è aperta al-la compravendita di immobili da parte di stranie-ri che ne fanno bordelli per turi-sti sauditi e occidentali. Ad ogni protesta il re punta il dito, da an-ni, contro l’Iran, sostenendo che sono gli Ayatollah di Tehran ad aizzare gli sciiti. La società civile del Bahrain da due giorni subisce gli attacchi dei militari sauditi, dell’esercito nazionale, di 500 uomini man-dati dagli Emirati e di un altro migliaio di mercenari importati dal Pachistan, senza che nessu-

Brega è già deserta, chi può fugge a Bengasi, dove però si aspettano i bombardamenti da un momento all’altro

In Bahrain si protesta da un mese perché chi nasce sciita non ha diritto a lavorare se non in determinati campi

Ieri non è bastato il rim-balzo delle borse giappo-nesi (+6%), dopo lo scivo-lone di due giorni che ave-va causato perdite di oltre il 16%. Nonostante il pessimi-smo asiatico fosse in qual-che maniera ridimensio-nato, le piazze americane e quelle europee sono sce-se. Se il disastro giapponese indica una dinamica di cre-scita più modesta, resta la preoccupazione sul fronte materie prime. Petrolio, gas e materie prime agricole hanno ripreso a salire. L’Eu-ropa in particolare sembra intrappolata tra l’inflazio-ne importata per via dei ri-alzi del petrolio e una valu-ta troppo forte.

Se torna la recessione

Mercati

Sono pessimi i dati sul set-tore delle costruzioni di feb-braio che ha rilasciato il Di-partimento del Commer-cio Usa ieri. Con un crol-lo del 23% le case costruite sono scese ad un ritmo an-nuo di 479.000, il più basso degli ultimi 12 mesi. Mar-cata anche la diminuzione delle richieste per nuove ca-se. Il mercato immobiliare, fondamentale per la salute complessiva dell’economia nordamericana, resta de-presso. Troppe case in ven-dita, in larga misura da par-te delle banche, che le han-no confiscate a debitori ina-dempienti, deprimono i prezzi e il mercato.

Usa

Sale il bilancio dell’opera-zione antipedofilia rescue: sono 184 le persone arre-state in 14 Paesi, 670 gli in-dagati e 230 i bambini vitti-me di abusi sessuali identi-ficati. Tra i 18 italiani coin-volti, uno è stato tratto in arresto per produzione di materiale pedo-pornogra-fico, mentre un altro, uno studente 24enne, sarebbe finito in carcere per ave-re abusato di un bambino di 8 anni. I Paesi interessa-ti dall’operazione sono: Au-stralia, Belgio, Canada, Gre-cia, Islanda, Italia, Olanda, Nuova Zelanda, Polonia, romania, Spagna, Svizzera, regno Unito e Stati Uniti.

Diritti

Ancora crisi immobiliare

Pedofilia, nuovi arresti

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giovedì 17 marzo 201110

Compleanno in verde, quello veroIniziative In occasione del 150° anniversario il Wwf apre gratuitamente al pubblico le oasi del Bosco di Vanzago e di Valpredina

ettere in rete e valo-rizzare l’esistente è l’obiettivo di www.ex-podiffusa.it: sito dove

segnalare luoghi, progetti, mez-zi di trasporto, alberghi e quanto valga la pena di conoscere e fru-ire nel corso dell’Expo 2015. Uno spazio virtuale nato dalla volon-tà di Emilio Battisti e Paolo De-ganello, docenti di progettazio-ne architettonica del Politecni-co. Dopo l’Expo di Lisbona, Han-nover e Siviglia si erano moltipli-cati gli spazi abbandonati e i pa-diglioni in rovina. Per evitare che anche a Milano accada tutto questo e per tra-sformare l’Expo 2015 in un’oc-casione per riqualificare il ter-ritorio lombardo, i due docen-ti hanno pensato a un’Expo dif-fusa sul territorio e sostenibile, con tanto di petizione on-line: un modo per dimostrare il pro-

Donatella Pavan

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ome pubblicamente an-nunciato nelle scorse settimane, i consiglie-ri lombardi della Lega

Nord non erano presenti in au-la quando martedì scorso l’In-no di Mameli ha aperto la sedu-ta del Consiglio Regionale al Pi-rellone. Una scelta che il Presi-dente Formigoni non ha manca-to di commentare. «Settanta se-condi di Inno di Mameli - ha di-chiarato - non fanno male a nes-suno, sono un simbolo impor-tante di quello che siamo». E co-sì, mentre tra alcuni esponenti del Pdl, come Romano La Rus-sa, e alcuni rappresentanti del Carroccio, come Andrea Gibel-li, fioccano gli insulti, la Lom-bardia che al passato e al futu-ro dell’Italia ci crede ancora, si appresta, non senza un fondo di amarezza a celebrare i 150 anni dell’Unità. Sebbene per la ricor-renza della nascita del Bel Paese Ecopass sarà sospeso per 24 ore, anche gli ambientalisti avranno di che festeggiare: in Lombardia, infatti, il Wwf ha deciso di tene-re aperte gratuitamente al pub-blico le oasi del Bosco di Vanza-go, in provincia di Milano e l’oa-si di Valpredina, in provincia di Bergamo. A Milano, cuore pul-sante del movimento risorgi-mentale, la giornata di celebra-zioni comincerà alle 10 in Piaz-za del Duomo con la cerimonia

di Anna Pellizzone e Erica Sirgiovanni

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Se l’Expò diventa ecologicoIdee Come trasformare l’evento in un’occasione per riqualificare il territorio e recuperare aree degradate

prio interesse per il progetto e trasformarlo in uno strumen-to che lavora non contro ma in collaborazione con l’Expo. Eds, l’acronimo di Expo Diffu-sa e Sostenibile, è un quadro di riferimento territoriale al quale ognuno può partecipare, intera-gendo su piani diversi. Alla voce “partecipa” si può segnalare un proprio progetto, un sito da va-lorizzare, piuttosto che mettere a disposizione la propria profes-sionalità su un’idea già esisten-te o su una nuova opportunità da trovare. “La mappa delle opportuni-tà”, suddivisa in mappa dei luo-ghi, dove sono segnalati i luoghi dell’accoglienza, dei progetti, su idee in fieri, e degli eventi. Qui si possono suggerire eventua-li interventi per la riqualifica-zione di contenitori, piuttosto che la possibilità di recuperare aree di degrado, o ancora spa-zi urbani aperti, centri di eccel-

lenza agroalimentare, turistica o urbanistica, parchi ed itine-rari, ma anche mobilità aree di-messe e possibilità di mobilità ciclopedonale. Ognuno può es-sere protagonista, inserendo fo-to, dati e competenze al link “La comunità”. Si diventa membri di Eds e si possono suggerire idee per valorizzare e promuovere una Lombardia sostenibile. La selezione delle idee, dei progetti e dei luo-ghi segnalati, viene fatta dal il Dpa - Dipartimento di Progetta-zione dell’Architettura - del Poli-tecnico di Milano, sotto la dire-zione scientifica di Emilio Batti-sti. Più idee congruenti insieme diventano un tavolo o un po-lo di lavoro, destinati a possibili esposizioni, piuttosto che a siti d’accoglienza turistica, con l’in-tento di valorizzare il territorio lombardo, collegandone i pun-ti d’eccellenza, come nel caso di Villa reale e del parco di Monza,

oppure sono trasversali al pro-getto generale, come quello del-la ricettività right budget nel-la regione urbana milanese, che coinvolge il Politecnico ed una serie di attori del pubblici e pri-vati, con l’obiettivo di proporre una strategia di ospitalità low cost per l’Expo. Il tutto metten-do a frutto le potenzialità del si-stema universitario milanese, in cui lavorano 22.500 docenti e si formano circa 175.000 studenti: “una città degli studi” che può contribuire a far diventare l’Ex-po una vetrina di soluzioni in-novative per il pianeta.

dell’alzabandiera alla presenza delle autorità cittadine. Per tut-ta la giornata di oggi i Musei ci-vici e l’oramai celebre Museo del Novecento, rimarranno aperti e saranno ad ingresso gratuito. Al-le 11, in Piazza Castello, Giulia-no Pisapia e Piero Fassino, can-didati sindaci del centrosinistra a Milano e Torino, brinderanno al compleanno della nazione in-sieme ai cittadini. «La festa sa-rà anche un modo per riscatta-re la città di Milano dal depri-mente spettacolo offerto al con-siglio regionale della Lombar-dia dagli esponenti della Lega»

ha commentato Pisapia a poche ore dall’inizio delle celebrazioni. Nella regione del Pirellone, tra Milano e Varese, si concluderà anche il viaggio attraverso l’Ita-lia del presidente della Repub-blica che il 20 marzo arriverà nel capoluogo lombardo con il “Tre-no Tricolore” per una fitta serie di visite. Il primo appuntamento è a Palazzo Marino, dove parteci-perà all’incontro di studi su Carlo Cattaneo; poi l’attesa inaugura-zione a Palazzo Reale della mo-stra “Le grandi battaglie risorgi-mentali” e nel pomeriggio una vi-sita alle sale del Museo del Risor-

gimento allestite per commemo-rare le Cinque Giornate di Mila-no. Il Consiglio Regionale della Lombardia e l’Associazione de-gli ex Parlamentari invece hanno organizzano sempre per dome-nica, presso l’Auditorium di Mi-lano, un concerto alla presenza del capo dello stato che il giorno successivo visiterà Palazzo Lom-bardia, nuova sede della Regione, per poi partire alla volta di Vare-se. Nella speranza che i cittadi-ni, al contrario di alcuni dei lo-ro rappresentati politici, si ricor-dino prima italiani che lombardi, anche dopo la mezzanotte.

Sul sito expodiffusa.itsi può segnalareun luogo da valorizzare oppure metterea disposizionela propria professionalità

Terra Milano A cura di Erica Sirgiovanni e Anna PellizzoneInfo: [email protected]

Per i governanti padani la mafia non esiste. Secondo Mario Portanova, Giam-piero Rossi e Franco Stefa-noni, autori del libro «Ma-fia a Milano. Sessant’anni di affari e delitti», presen-tato ieri a Milano, nel ca-poluogo lombardo e in tut-ta la regione, la mafia c’è, ben radicata da oltre mez-zo secolo: i pionieri della ‘ndrangheta e di Cosa no-stra arrivarono negli an-ni Cinquanta; seguirono gli uomini della camorra e della Sacra corona unita. «Mafia a Milano» raccon-ta una storia che partendo dalla stagione dei sequestri di persona arriva ai gran-di processi degli anni No-vanta, conclusi con la con-danna di centinaia di boss e soldati ormai stabilmen-te radicati al nord. Ma gra-zie alla complicità del si-lenzio che le circonda, an-che nel nuovo millennio, le cosche continuano a det-tare legge.

I presidenti regionali di Le-gambiente scrivono ai go-vernatori del nord Italia chiedendo una piattafor-ma comune per impedire la costruzione di impian-ti nucleari sul territorio. Il messaggio congiunto dei responsabili di Legambien-te Emilia Romagna, Lom-bardia, Piemonte e Vene-to è stato inviato ai quattro governatori delle regioni padane. «Crediamo che ciò sarebbe utile a contenere le inquietudini che agitano le nostre comunità - si legge nel messaggio - e che for-nirebbe al mondo delle im-prese un segnale di fiducia nella volontà di prosegui-re con determinazione ver-so gli investimenti in fonti rinnovabili che stanno di-mostrando di poter con-seguire, risultati ben supe-riori a quelli che il nuclere promette solo a lungo ter-mine e a costo di rilevan-tissimi rischi per la salute e l’ambiente». e.s.

Sessant’annidi cosche

Il Nord dice“No” all’atomo

Mafia

Nucleare

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giovedì 17 marzo 2011 11

La Campania cancella l’ambienteIl caso Sì agli impianti nucleari, fondi tagliati all’Arpac, ancora inceneritori e discariche. Così Caldoro vuole distruggere il territorio

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

l mio no al nucleare nel no-stro Paese nasce da tan-te motivazioni. Ma oggi mi preme sottolinearne una so-

la: Viviamo in un Paese che non ha costruzioni antisismiche in quasi tutte le Regioni, e siamo a rischio sismico e siamo anche nel Mediterraneo che è a rischio Tsunami. La mia considerazio-ne parte dalla straziante noti-zia proveniente dal Giappone. Il terremoto del Giappone e lo Tsunami che ne è derivato, han-no creato morti, feriti, distruzio-ne di città, incendi, devastazioni di aeroporti. Nei prossimi gior-ni e mesi si assisterà a numerose scosse di assestamento dovute ai movimenti della crosta terre-stre. Insomma serissimi ed enor-mi danni umani e materiali. In-tanto le autorità del Cile hanno aumentato ad allarme il siste-

I

a visione ottimistica se-condo cui il progresso tecnologico conduce ne-cessariamente ad un mi-

glioramento della vita e dell’am-biente umano sembrava oramai sorpassata. In molti paesi, difat-ti, si sono abbandonate le tec-nologie con maggiore impatto ambientale per investire sem-pre più in quelle cosiddette “ver-di”, compatibili cioé con l’am-biente e con il vivere umano. In esatta controtendenza appaio-no le scelte della Regione Cam-pania la quale in pochi giorni ha ribadito il suo sì al nucleare, ha confermato all’Europa di voler installare altri 4 inceneritori ed ha tagliato i fondi all’Arpac. Sul nucleare l’allerta di questi ulti-mi giorni fa certo riflettere ulte-riormente sulla leggerezza della scelta quasi isolata del governa-tore campano. Caldoro ha deciso di accollarsi la responsabilità di dare la disponi-bilità della Regione Campania per l’individuazione di aree per centrali nucleari o per stoccag-gio di scorie. Anche senza consi-derare l’allarme di questi giorni, andava considerato il referen-dum abrogativo sul nucleare an-nunciato per il 12 giugno 2011 ed andava considerato lo stato am-bientale della regione, che certo non brilla per salute sia dei suo-li che dell’aria. Sulla gestione ri-fiuti, le priorità individuate nella

Francesco Iacotucci

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«Ecco perché dico no all’atomo»La denuncia Un lettore scrive a Terra per spiegare tutte le sue preoccupazioni. «Il Mediterraneo è a rischio tsunami, fermatevi»

ma di allerta tsunami nell’isola di Pasqua, in mezzo al Pacifico, in vista dell’arrivo di un possibile maremoto. Gli Usa hanno avuto serissimi danni nella West coast. Allarme francese per la Poline-sia francese. C’è preoccupazio-ne. Ma vorrei sottolinearVi che proprio in Giappone a causa del-lo tsunami il pericolo nucleare è notevole. è infatti cresciuto di molte volte, chi dice 100, chi dice 1000 volte oltre la soglia normale il livello di radioattività registra-to nella centrale nucleare di Fu-kushima. Quello che voglio dir-Vi è che esistono rischi di Tsuna-mi anche nel Mediterraneo. In-fatti esiste nel Mediterraneo un vulcano sottomarino molto ri-schioso: Il Marsili. Enzo Boschi, il più noto vulcanologo italiano ci dà notizie non proprio confor-tanti su un mostro marino che si trova a relativamente poca di-stanza dalle coste campane, che, pare, si stia risvegliando dal suo

lungo letargo. Ne parlava già nel marzo del 2010. Abbiamo certez-za anche che esiste un piano eu-ropeo per il rischio tsunami nel Mediterraneo che vorrebbe por-re in atto tutti gli studi e gli stru-menti preventivi per avvisare in tempo le popolazioni. Tutti i pa-esi che si affacciano nel Mediter-raneo sarebbero a rischio tsuna-mi. Ma ciò che si evince è che il Marsili è nel mar Tirreno e non molto distante, seppure som-merso, dalle coste della Campa-nia. Senza allarmarsi molto, ba-sta leggere Wikipedia. Il Marsili è un vulcano sottomarino loca-lizzato nel Tirreno meridionale e appartenente all’arco insulare Eoliano. Si trova circa 140 km a nord della Sicilia e circa 150 km a ovest della Calabria. Scoperto negli anni venti del XX secolo e battezzato in onore dello scien-ziato italiano Luigi Ferdinando Marsili, questo vulcano sotto-marino è stato studiato di recen-

te nell’ambito di progetti strate-gici del Cnr per mezzo di un si-stema multibeam e di reti inte-grate di monitoraggio per osser-vazioni oceaniche. è stato trova-to che il Marsili costituisce il più grande vulcano d’Europa, essen-do esteso per 70 km in lunghez-za e 30 km in larghezza. Il monte si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno. L’area batiale costituita dal bacino del Marsili è caratterizzata da un basamen-to a crosta oceanica (o pseudo-

quarta versione del piano rifiu-ti inviata in Europa restano in-variate: per i prossimi tre anni si continueranno a riempire disca-riche (non si sa quali) e dopo do-vrebbero partire i quattro nuovi inceneritori di rifiuti tal quali. Sembra quasi che la politica del sì sbandierata dal Governatore Caldoro in campagna elettorale, sia diventata la politica del sì ad ogni costo, anche se queste scel-te sono contrarie alle leggi euro-pee ed al buon senso. Emblematico infine l’azzera-mento dei fondi per l’Arpac (Agenzia regionale per la pro-

tezione ambientale della Cam-pania) nascosto in una norma della finanziaria regionale: do-po aver annullato i fondi che ga-rantivano le spese dell’ente, dal-la Regione assicurano che i fon-di saranno dosati rispetto al-le reali esigenze. Nel frattempo però le centraline di controllo dell’aria sono spente per un ter-zo del tempo ed i controlli ne-cessari per garantire la salute dei cittadini vengono messi in secondo piano. Commentando i tristissimi eventi di questi gior-ni in Giappone, il commissario europeo all’Energia, Günther

Öttinger, ha dichiarato: «Tut-to ciò che si riteneva impensa-bile, in qualche giorno è avve-nuto»; e ha aggiunto: «Se pren-diamo la cosa sul serio e dicia-mo che l’incidente ha cambia-to il mondo ed è in discussione il modo in cui noi, come socie-tà industriale, abbiamo guarda-to alla sicurezza e alla gestibili-tà, allora non possiamo esclu-dere nulla». Ancora una volta, è in discussio-ne l’uso che facciamo della tec-nologia e quanto le sue innova-zioni possano davvero conside-rarsi un progresso per l’uomo.

Nel mare Nostrum il pericolo si chiama Marsili, il più grande vulcano d’Europa. è sottomarino ed è esteso per 70 km in lunghezza e 30 in larghezza

Terra NapoliA cura di Francesco Emilio BorrelliInfo: [email protected]

«Il caro biglietto voluto dal-la Regione Campania - de-nunciano il commissario regionale dei Verdi France-sco Emilio Borrelli ed il pre-sidente provinciale Carlo Ceparano - è scandaloso e ingiustificabile. Infatti solo il biglietto della metropoli-tana di Napoli costerà 1,20 euro contro un euro del-le metropolitane di Mila-no e Roma. Il biglietto Uni-co campano è il più caro d’ Italia come la benzina nella nostra regione è la più cara. Addirittura i napoletani so-no gli unici cittadini euro-pei a pagare la Tangenzia-le interna della loro città. è paradossale che mentre au-mentano i costi per tutti i cittadini normali la Regione Campania aumenti di 2 as-sessori e ben 2 sottosegreta-ri le poltrone per i politici». Ma non ci sono solo gli au-menti tariffari: Metronapo-li ha altresì deciso di taglia-re numerose corse alla linea 6 e la chiusura delle funico-lari dopo le 22. Un duro col-po per il sistema di traspor-to pubblico cittadino.

I Verdi: «No agli aumenti»

Trasporti

oceanica) con uno spessore cro-stale ridotto a soli 10 km. I feno-meni vulcanici sul monte Marsi-li sono tuttora attivi e sui fianchi si stanno sviluppando numero-si apparati vulcanici satelliti. Si stima che l’età d’inizio dell’attivi-tà vulcanica del Marsili sia infe-riore a 200mila anni. Sono state inoltre rilevate tracce di collassi di materiale dai fianchi di alcu-ni dei vulcani sottomarini i qua-li potrebbero aver causato mare-moti nelle regioni costiere tirre-niche dell’Italia meridionale. As-sieme al Magnaghi, al Vavilov e al Palinuro, il Marsili è inserito fra i vulcani sottomarini perico-losi del Mar Tirreno. Nel febbraio 2010 la nave oceanografica Ura-nia, del Cnr, ha iniziato una cam-pagna di studi sul vulcano som-merso. Sono state rilevate pre-occupanti frane che testimonia-no una notevole instabilità.

Giuseppe Bernardo, Consulenze Italia, Napoli

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giovedì 17 marzo 201112

«Giù le mani dall’energia pulita»Green economy/1 Dal Festival di Bologna rilanciato l’allarme per il settore delle rinnovabili dopo il decreto “ammazza-incentivi”

ominciano a vedersi gli effetti pesantemente ne-gativi del recente decre-to governativo che ta-

glia gli incentivi alle energie rin-novabili, mettendo in discussio-ne uno dei pochi settori che in questa difficile fase economica aveva mostrato una possibile via d’uscita dalla pesante crisi con-giunturale di questi anni. «Due-mila imprese e circa 230.000 po-sti di lavoro a vario titolo collega-ti con il settore dell’energia puli-ta». Questi sono i dati che secon-do le stime fornite dall’assessore regionale alle attività produttive e alla green economy, Gian Carlo Muzzarelli, caratterizzano il set-tore. Il rischio è che si cancelli-no esperienze fortemente inno-vative, capaci di disegnare nuo-ve traiettorie di sviluppo locale e un rapporto originale e fecon-do tra sperimentazione, ricerca e nuova economia verde.Ci crede l’Unione europea, che nei primi documenti sulla socie-tà europea verso il 2020 parla di sostenibilità, intelligenza e inclu-sività della società europea futu-ra. Ci credono le associazioni di categoria che in modo compatto e senza divisioni e distinguo evi-denziano le potenzialità di grup-pi industriali in grado di investi-re, produrre e commercializzare tecnologie in grado di generare energia dal sole e dal vento. Non solo, ricercatori e studiosi sfatano anche il mito delle ener-gie rinnovabili fatte di tecnologie costose, che gravano sulle spalle dei consumatori attraverso bol-lette esose e veri e propri salas-si appioppati alle famiglie. Dopo attente analisi e dopo un esame minuzioso dei dati aggregati su consumi, costi e bilanci energe-tici, Leonardo Setti, docente ed esperto di energia dell’Univer-sità di Bologna, fornisce un im-portante chiarimento: parliamo sostanzialmente di poche deci-ne di euro all’anno per famiglia. A questo si riduce la quota di so-vrapprezzo che i cittadini si tro-vano sulle bollette per incentiva-re le energie rinnovabili. E si trat-ta di cifre ben inferiori a quelle di altri paesi europei, che dell’inve-stimento sulle energie rinnova-bili hanno fatto la chiave di volta dello sviluppo economico. Tanto è vero che l’orizzonte a cui pun-ta la Germania prevede una pro-duzione dell’80% di energia at-traverso fonti rinnovabili entro il 2050. E si tratta del cuore indu-striale dell’Europa, ricordiamolo. Dell’economia che sta trainan-do la ripresa e che costituisce il più dinamico e reattivo sistema produttivo dell’economia euro-pea. Purtroppo la normativa pa-sticciata e confusa sulle energie rinnovabili, e le incertezze che

Marino Cavallo

C

Terra Emilia Romagna A cura di Arianna Bianchi e Paolo Gallettiwww. verdiemiliaromagna.org

è una notizia, anco-ra ufficiosa, che po-trebbe rappresenta-re un’autentica svol-

ta: la Procura della Repubbli-ca avrebbe aperto un’inchiesta sull’amianto nell’acqua a Reggio Emilia. Il condizionale è d’obbli-go, ma se dovvesse essere con-fermata, questa decisione sareb-be sicuramente positiva, per di-verse ragioni che proveremo a spiegare. Anzitutto va chiarito che questa notizia è stata pre-

Davide Fabbri* e Vito Totire**

C’

Amianto nell’a cqua, la svoltaSalute La Procura di Reggio Emilia avrebbe aperto un’inchiesta

ceduta dalla “saluberrima” ini-ziativa del Consiglio comunale di Reggio Emilia che, in maniera unanime, ha impegnato l’azien-da dell’acqua a bonificare i cir-ca 300 km di amianto delle tuba-zioni a partire dal 2012. Dalla fi-ne degli anni ‘90 del secolo scor-so denunciamo il rischio di pre-senza di amianto nell’acqua “po-tabile” a cominciare da Bologna. Le tubazioni in cemento-amian-to ammontavano all’epoca, per la rete di competenza della pro-vincia di Bologna a 1.650 kilome-tri; l’amianto poi, si focalizzò su-bito, era non solo crisotilo ma anche di tipo anfibolo; com’è no-to che gli amianti sono tutti can-cerogeni e che gli anfiboli (cro-cidolite, amosite, ecc.) siano più aggressivi. Subito dopo una pri-ma tornata di esami commis-sionati dall’azienda dell’acqua, l’Usl cominciò ad effettuare ulte-riori campionamenti. Si eviden-

ziò una palese anomalia: l’Azien-da sanitaria locale indagava (e indaga) solo sull’area cittadina, mentre i controlli effettuati dal gestore della rete acquedottisti-ca erano estesi all’ambito provin-ciale. Stando ai dati il campiona-mento peggiore sarebbe quel-lo di Budrio, dove però non pa-re essere stato mai ripetuto no-nostante le nostre sollecitazio-ni pubbliche. Via via raccoglie-vamo dati relativi ad altre città: Ravenna e Ferrara (per quel che riguarda i campionamenti), Ve-nezia, Cesena, Bari per quel che riguarda la presenza di tubazio-ni. Hera spa in Romagna gesti-sce oltre 2.000 km di conduttu-re idriche in cemento amianto. Ogni volta che abbiamo “strap-pato” un dato lo abbiamo comu-nicato all’opinione pubblica. Ov-viamente abbiamo cercato di si-stematizzare la raccolta dei dati, ma gli ostacoli incontrati sono

Dopo la decisione del Comune di bonificare le

tubature, un’altra buona notizia, in attesa di

conferme. Gli errori di chi vuole minimizzare

il problema

aleggiano sul settore dopo gli in-terventi sciagurati del Governo di questi giorni, gettano una lu-ce poco rassicurante sul futuro. Le banche e gli investitori finan-ziari hanno già cominciato a ri-tirare la disponibilità di risorse e credito per la realizzazione de-gli impianti. L’indeterminatez-za costa già oggi denaro sonan-te e tassi più alti per coloro che chiedono aiuti agli istituti ban-cari e ai potenziali finanziatori, fino a ieri ben disposti. Fotovol-taico, eolico, centrali a biomasse, sistemi di controllo dei consumi energetici, illuminazione pubbli-ca a basso consumo, e via dicen-do. Su questo e su tanti altri pro-cessi produttivi stavano nascen-do figure professionali, compe-tenze, saperi e lavori.I maggiori sindacati dell’Emilia Romagna hanno ripetutamente preso posizione in questi giorni per mettere in evidenza come at-torno alla green economy stava-no finalmente maturando oppor-tunità per uscire dalla crisi e per dare prospettive e futuro a tante famiglie dove cassa integrazio-ne e licenziamenti erano dietro l’angolo. L’economia verde non è più un settore di nicchia o re-siduale: grandi gruppi industria-li della nostra regione hanno tro-vato qui la possibilità di ridefini-re la propria mission aziendale e di impostare strategie compe-titive in grado di metterle in po-sizioni di vantaggio sul mercato. La Bonfiglioli Riduttori Spa, (ve-di articolo nella pagina seguen-te), storico gruppo metalmec-canico di Bologna, per esempio, aveva quasi dimezzato il fattura-to nei periodi più duri della cri-si economica. Ha dovuto decide-re tra ridimensionarsi, diminuire produzione e personale, o invece rilanciare e scommettere su set-tori di punta. Ha scelto il settore delle energie rinnovabili e oggi è di nuovo un’azienda competiti-va. Qualche settimana fa ha ad-dirittura ricevuto dal Presiden-te Napolitano il Premio Leonar-do, importante riconoscimento conferito ai campioni dell’inno-vazione. E nel caso della Bonfi-glioli si tratta di innovazione nel settore dell’energia verde. La tradizione meccanica emilia-na che si coniuga perfettamen-te con la nuova economia basa-ta sul sole e sul vento. Nel Gre-en Social Festival che si è svol-to nei giorni scorsi a Bologna hanno sfilato alcuni tra i più im-portanti player della nuova gre-en economy: Roberto Vigotti , responsabile Fonti rinnovabili dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, Fabio Patti Sales, Ma-nager di Yingli Solar Italia, Clau-dio Mazzini, Responsabile Inno-vazione e Valori di Coop Italia, Adriano Gasperi, Segretario Ge-nerale del Comitato Scientifico

dell’Expo di Milano. Tutti han-no messo in evidenza la crucia-le fase di cambiamento che sta vivendo la nostra economia ed evidenziato le possibilità colle-gate all’innovazione energetica e al risparmio di risorse. E’ em-blematico l’intervento di Pierlui-gi Zappacosta: negli anni 80 fon-da la Logitech, che ben presto diventa una società chiave del-la new economy e dell’informa-tica. Di fatto il “papà” del mou-

se, per intenderci. Dieci anni fa abbandona quella società e co-mincia a lavorare nel settore del-le energie rinnovabili. «Qui - ha detto Zappacosta - è racchiuso il futuro dell’economia e qui so-no le migliori opportunità di bu-siness: con il sole, con il vento, con le energie rinnovabili». Que-sti sono i fermenti e gli squarci di futuro che hanno attraversato Bologna e l’Emilia Romagna nei giorni scorsi sul tema dell’ener-

gia. Gli stessi giorni del decre-to del governo contro le rinno-vabili. In Giappone in queste ore siamo tutti in ansia per i possi-bili disastri dovuti a incidenti e guasti negli impianti nucleari lo-calizzati nei pressi dell’epicen-tro del terremoto. Cos’altro ser-ve per decidere di cambiare stra-da sull’energia, ora che le ener-gie rinnovabili sono considerate, anche dagli economisti e dai bu-sinessman, un ottimo affare?

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giovedì 17 marzo 2011 13Terra Emilia Romagna

L’impresa che vince è sempreverdeGreen economy/2 Così la Bonfiglioli è diventata un’azienda leader mondiale nelle tecnologie per gli impianti eolici e fotovoltaici

onia Bonfiglioli, presiden-te e amministratore dele-gato del gruppo Bonfiglio-li, è alla guida di una delle

eccellenze emiliano romagnole nel campo della tecnologia ver-de. L’azienda di famiglia, che dal 1985 realizza sistemi per il con-trollo della movimentazione dei generatori di energia eolica, ha raggiunto un fatturato di 700 mi-

Lou Delbello

S

Amianto nell’a cqua, la svolta

stati enormi. Ripercorriamo al-lora brevemente le ragioni per le quali le “motivazioni” che indu-cono a “chiudere un occhio” sul-le tubazioni in amianto sono in-fondate. «L’amianto non è no-civo per l’apparato gastroen-terico». Sbagliato: in quasi tut-te le coorti di esposti ad amianto

me produzioni del 1956 di uni-tà di trasmissione elettrica, ai ri-duttori da applicare a dispositi-vi fotovoltaici fino, appunto, alle tecnologie sviluppate per l’eoli-co. Un mercato in crescita, la cui temuta battuta d’arresto a segui-to dell’interruzione degli incen-tivi statali potrebbe essere miti-gata dallo sviluppo tecnologico e da un’installazione mirata degli impianti. Se ne è discusso mol-to durante il Green Social Festi-

val di Bologna, tenutosi a palaz-zo Re Enzo la scorsa settimana e che ha avuto tra i proganistici proprio Sonia Bonfiglioli.«Le energie rinnovabili sono un settore eterogeneo che non può trovare applicazione ovunque nello stesso modo – ha afferma-to Bonfiglioli - Per trarre il me-glio dagli impianti, ad esempio fotovoltaici o eolici, si devono studiare in profondità gli aspet-ti paesaggistici e ambientali del

territorio in cui si sta operando, per massimizzare i profitti e mi-nimizzare l’impatto ambienta-le. Non esiste un modello pre-costituito, ma bisogna mettere in campo una serie di strategie che vanno valutate di caso in caso. Ora, per quanto riguarda le strategie industriuali, il no-stro gruppo, per fare un esem-pio, sta concentrando la propria attenzione, oltre che sull’eolico, sui componenti per la tecnolo-gia fotovoltaica». Quella rap-presentata dal gruppo Bonfi-glioli è una realtà pioniera in un settore ancora poco presidia-to dall’industria ma in fortissi-ma espansione: una chance per l’Italia di ridurre il gap che ne-gli ultimi anni l’ha vista allonta-narsi da Paesi altamente indu-strializzati e tecnologicamente avanzati come la Germania e la Cina. Una scommessa che, co-me è emerso dall’ampio dibat-tito in occasione del Green So-cial Festival, va raccolta con en-tusiasmo ma anche con serie-tà, senza ignorare la gravità del-la questione energetica che l’in-tera umanità dovrà affrontare nei prossimi anni, strettamente connessa a quella dei cambia-menti climatici. E che riguar-da tutti, non soltanto le impre-se «Chiaramente sarà necessa-rio un cambio nello stile di vi-ta – ha commentato Sonia Bon-figlioli – ma riducendo gli spre-chi e sfruttando in modo intel-ligente l’opportunità delle ener-gie pulite, possiamo veramente sperare in un futuro più vivibile per noi e per i nostri figli».

L’appello ai Sindaci e alle aziende che gestiscono la distribuzione: elaborare e mettere in atto un piano per risanare tutta la rete regionale

lioni di euro ed è diventata lea-der mondiale del settore con ol-tre il 30% della quota di mercato. I motoriduttori, si chiamano co-sì, della Bonfiglioli, sono presen-ti, solo per fare un esempio, nel più grande arco eolico offshore del mondo, nel mare del Nord, il famoso “Alpha ventus”che conta 12 torri alte tra i 148 ed i 155 me-tri. Ma non è l’unica “punta di diamante” di un’impresa che ha una lunga tradizione: dalle pri-

i tumori gastroenterici sono su-periori a quelli dei gruppi di con-trollo); la Iarc classifica l’amian-to potenzialmente canceroge-no, anche, per l’apparato gastro-enterico, già dal 1978; questio-ne peraltro ribadita dall’UE con la sua direttiva in Gazzetta Uffi-ciale del 16.1.2009. «L’amianto

che penetra per via orale non preoccupa»: si tratta di un’argo-mentazione incongrua in quan-to l’amianto delle tubazioni de-termina anche un inquinamen-to dell’aria nelle abitazioni servi-te. «Le acque non sono suffi-cientemente acide da diveni-re corrosive»: anche queste è un’argomentazione incongrua in quanto il problema non sta nella corrosione ma nella rottura del-le tubazioni e nella troppo eleva-ta pressione dell’acqua in alcuni punti (in particolare dove ci so-no brusche variazioni di pressio-ne interna). «L’amianto rinve-nuto è poco». Un’altro errore e per due motivi: il primo è che per i cancerogeni non esiste una soglia di esposizione, per quan-to bassa, che possa essere consi-derata sicura; il secondo è che le letture in Italia vengono fatte in microscopia Sem (microscopio elettronico a scansione) e non possono essere paragonate con le letture in Tem (microscopio elettronico a trasmissione) fat-te ad esempio negli USA; va det-to che quando, in Emilia-Roma-gna, sono stati fatti dei campio-

namenti con lettura in Tem so-no stati misurati fino a 2,5 mi-lioni di fibre (a Ravenna); sem-pre a Ravenna peraltro, si è regi-strato il picco più alto anche in microscopia Sem (56.600 fibre il 13.12.1995). «Negli Usa questa presenza di amianto si tolle-ra»: non vero, in quanto le com-missioni scientifiche incarica-te di studiare il problema hanno concluso a favore della necessità di bonificare l’amianto (gruppo di consulenza al DHHS 1987). In-fine, è evidente che la questione amianto va presa in esame an-che per le sinergie con altri noti inquinanti potenzialmente can-cerogeni delle acque, ad esem-pio, alcuni organoalogenati. An-che per queste ragioni la magi-stratura di Reggio Emilia e di

tutte le altre città italiane fareb-be opera utile e meritoria nell’av-viare le indagini; la necessità ed urgenza dell’intervento sta nella inerzia e nell’atteggiamento di ri-mozione dei gestori e dei deciso-ri politici che finora hanno volu-to evitare di affrontare il proble-ma. A meno che i Sindaci, riven-dicando finalmente il loro ruolo di autorità sanitaria locale, non decidano di adottare i provve-dimenti necessari per la bonifi-ca delle tubazioni dell’acquedot-to in cemento-amianto. Fareb-bero bene, insomma, tutti gli en-ti gestori degli acquedotti e i Sin-daci dei Comuni dell’Emilia-Ro-magna e seguire l’impegno poli-tico del Comune di Reggio Emi-lia: elaborare e mettere in atto un piano teso a bonificare inte-gralmente le reti acquedottisti-che del territorio emiliano-ro-magnolo. Noi siamo a disposi-zione di chi intenda lavorare per la salute pubblica.

* Verdi per la Costituente Ecologista ([email protected])

** Presidente Associazione Esposti Amianto e Rischi per

la Salute ([email protected])

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giovedì 17 marzo 2011 15>>Commenti>>Nicola Capone*

e noi volessimo dare una definizione non profes-sorale dei diritti umani, potremmo dire che que-

sti sono ciò che garantiscono all’uomo di restare fedele alla sua natura. E l’essenza della na-tura umana è la libertà. Toglie-te all’uomo la possibilità di au-todeterminarsi e lo avrete mes-so in catene, lo avrete fatto tri-ste e corrotto, col cuore guasto. Il Lavoro, la formazione, la sa-lute, i beni essenziali sono una garanzia per il destino di una persona libera. Se questi dirit-ti vengono trasformati in sem-plici bisogni da soddisfare, in merce da mendicare o barat-tare allora avremo gettato nel-la disperazione milioni di esseri umani. Nel nostro paese abbia-mo mercificato il bene più es-senziale: l’acqua! Abbiamo da-to a questa “sostanza” rilevan-za economica. Abbiamo eretto la concorrenza a principio uni-versale. Tutto ciò è stato reso possibile mediante vere e pro-prie leggi criminose. Nel 1990 con l’approvazione della leg-ge n. 142 venne profondamen-te modificato lo statuto giuridi-co dell’Azienda pubblica o mu-nicipalizzata, istituita da Gio-litti nel 1903.

È utile esaminare quali furo-no le novità introdotte allora e quali ulteriori, decisive modi-fiche sono state apportate negli anni a seguire. L’Azienda mu-nicipalizzata agiva all’interno della Pubblica Amministrazio-ne, era diretta emanazione di essa, agiva, dunque, come una sua interna articolazione. Do-po il 1990 l’azienda pubblica di-venta “speciale”, assume, cioè, personalità giuridica, divenen-do un soggetto giuridico ter-

zo rispetto all’ente pubblico, e – cosa ancora più importante – acquista autonomia impren-ditoriale. Dunque, pur restando un ente strumentale della Pub-blica Amministrazione, il nuo-vo statuto giuridico proietta l’azienda speciale fuori dal re-cinto della Pubblica Ammini-strazione e l’abilita a perseguire una propria politica industria-le attraverso una logica priva-tistica. Ma questo non è tutto: con specifico riferimento al ser-vizio idrico, con la legge Galli del 1994, la tariffa – “corrispet-tivo del Servizio Idrico Integra-to” – non deve solo limitarsi a rendere possibile la copertura dei costi con i ricavi, ma deve addirittura “remunerare il capi-tale investito”. Questa disposi-zione, oggi trasfusa nell’articolo 154 del Codice Ambientale, D. Lgs. 152 del 2006, recita: «La ta-riffa [...] è determinata tenendo conto della qualità della risor-sa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamen-ti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’ade-guatezza della remunerazione del capitale investito».

Tutta la legislazione succes-siva non è che uno svilup-po progressivo, potremmo di-re una razionalizzazione, del-lo stesso principio: dalla Bassa-nini per finire all’articolo 23 bis del Decreto Legge 112 del 2008

e successive modifiche che pre-vede la completa privatizzazio-ne dei servizi pubblici, compre-so il servizio idrico entro il 31 dicembre del 2011. La s.p.a. è la logica conclusione del prin-cipio economicistico introdot-to nel nostro paese con la mo-difica dello statuto giuridico dell’Azienda municipalizzata e pone la gestione dell’acqua sal-damente sul terreno del dirit-to privato. A diritto vigente, la sentenza n. 325 del 2010 della Corte Costituzionale sui servizi pubblici locali impedisce finan-che di affidare la gestione del servizio idrico ad una azienda

speciale, per cui ci troviamo di-nanzi all’assurdità che solo una Società per azioni può gestire l’acqua. Sul diritto alla vita, che è di tutti, si è imposto il diritto alla “remunerazione del capita-le investito”. Per queste ragioni mediante referendum si chiede l’abrogazione di due vere e pro-prie metastasi giuridiche: l’arti-colo 23 bis del cosiddetto De-creto Ronchi, che obbliga gli

enti locali a privatizzare i ser-vizi pubblici e l’articolo 154 del codice ambientale, che impo-ne la “remunerazione del capi-tale investito” mediante la tarif-fa imposta ai cittadini.

La Corte Costituzionale, il 26 gennaio, ha depositato le sen-tenze che dichiarano ammissi-bili i propositi dei referendari e in primavera si andrà a votare. Contro ogni aspettativa se vin-cerà il “Sì” non avremo un vuo-to legislativo, come molti pa-ventavano, né, come molti spe-ravano, si determinerà la revivi-scenza delle discipline anterio-ri in materia, che avrebbe per-messo nel migliore dei casi, vi-sta la sentenza 325/2010 della Corte Costituzionale, di costi-tuire società per azioni in hou-se a totale capitale pubblico. Dalle motivazioni esposte dal-la Corte Costituzionale in me-rito all’ammissibilità dei quesiti referendari emergono due dati fondamentali. In primo luogo, in Italia sarà possibile imme-diatamente applicare il diritto comunitario, che ancora per-mette – nonostante contempli la logica della rilevanza econo-mica e del profitto per la gestio-ne dei beni comuni − l’affida-mento diretto dei servizi essen-ziali. In secondo luogo, la pri-vatizzazione del servizio idrico non è, contrariamente a quan-to fu fatto credere dai nostri le-

gislatori a partire dal 1990, un obbligo comunitario.Potremo, dunque, ripensa-re la possibilità di reintro-durre l’Azienda municipaliz-zata nell’ordinamento nazio-nale, unica garanzia per la ge-stione pubblica dell’acqua. Una Azienda in cui sia prevista la partecipazione dei cittadini nella gestione dei bilanci. Po-tremo auspicare ad un governo pubblico, democratico e parte-cipato di un diritto universale. Potremo, ma non è detto che faremo, perché le forze osti-li a questo progetto sono tante e determinate. L’oro blu, come oggi viene definito dai preda-tori dell’acqua, è stato valuta-to come l’industria più redditi-zia con un valore di 403 miliar-di di euro l’anno. Questo men-tre l’innalzamento del livello del mare, l’inquinamento delle falde e il prosciugarsi dei fiumi e dei laghi stanno diminuendo drasticamente le riserve di ac-qua dolce disponibili e migliaia di uomini e di donne abbando-nano terre ormai deserte.

Già oggi, a causa di questa progressiva carestia, 1,1 mi-liardi di esseri umani non bene-ficia di acqua potabile e 5 milio-ni di persone muoiono ogni an-no per malattie legate all’acqua, un numero che supera dieci vol-te quello delle vittime dei con-flitti. A chi converrà gestire l’ac-qua potremo deciderlo andando a votare e votando “Sì”. Il nostro referendum è solo l’inizio di una lunga battaglia per la riappro-priazione dei diritti e occorre es-sere in tanti: una catena infinita di occhi, mani e bocche che do-vranno guardare, toccare e gri-dare con gioia la vita.

*Segretario generale delle Assise della città di Napoli

e del Mezzogiorno d’Italia

Diritti, la lunga marcia verso l’acqua pubblica

Ragione e sogninel compleanno d’Italia

S

Serve la reintroduzione delle municipalizzate nell’ordinamento, favorendo anche la partecipazione dei cittadini nella gestione

Se vincerà il sì al referendum contro la privatizzazione non ci sarà un vuoto legislativo. Ecco come fermare le mani dei predatori delle lobbies sull’“oro blu”

Organo ufficiale d’informazionedella Federazione dei VerdiReg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 c. 1 DCB - RomaLa testata fruisce dei contributidi cui alla legge 7/10/ 1990 n. 250via del Porto Fluviale, 9/a - 00154 Romatel. 06.45.47.07.00 - fax [email protected] - www.terranews.it

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Chiuso in redazione alle ore 19.00

le della Lega ricalca, in controlu-ce, quella dell’egoismo nostrano con relativa involuzione cultura-le bunghista. Nel breve periodo poi l’Italia dovrà affrontare la dif-ficile uscita dalla crisi dei debiti sovrani in Europa, e i rischi con-seguenti di crisi dell’euro. Dovrà affrontare l’inflazione che viene dal petrolio, e tassi d’interesse che salgono. Con quali idee, con quali persone? L’Italia è vecchia, dentro. E l’in-carnazione migliore della sua in-capacità di entrare nel futuro si trova oggi nel pressapochismo del Corriere della Sera di Ferruc-cio de Bortoli. Lo storico quoti-diano (tornato alla preveggenza delle crociate contro la minigon-na degli anni ‘60) ha scomodato firme del calibro di Stella, Rizzo e Mucchetti per sferrare l’attacco

mediatico al settore delle rinno-vabili. Ieri poi ci è toccato legge-re pure Panebianco, che ha divi-so il mondo tra i “razionali” che accettano i rischi del nucleare e gli “irrazionali” che per paura lo osteggiano. Che regalo ci ha fat-to Panebianco. Perchè il suo “ra-zionale” mondo è incastrato tra nucleare e petrolio, tra radiazio-ni e conflitti fossili, condito da una approssimazione scientifica imbarazzante. Per il corsivista di via Solferino “bisogna pur accet-tare qualche rischio”, in fondo la vita oggi è meglio di 50 anni fa. E allora di cosa ci lamentiamo? Probabilmente le stesse paro-le venivano rivolte anni fa ai mi-natori che chiedevano misure di sicurezza, per non morire come topi nei tunnel del carbone che serviva al “progresso”. Questo mondo del “razionale”

Panebianco fa davvero schifo. Forse perchè per sognare qual-cosa di diverso (da questa osce-na realpolitk e realeconomics) bi-sogna essere, almeno un po’, “ir-razionali”. Perchè certo sognare di vivere grazie all’energia che viene da vento, acqua e sole è una pro-spettiva tecnologica che ha una sua cifra “poetica”. E allora, tanti auguri Italia, cento di questi “irrazionali” sogni.

Bonaccorsi dalla prima

Siamo male attrezzati per com-petere col mondo globalizzato, perchè produciamo, da troppo tempo, pochissima innovazio-ne. In questi giorni stiamo viven-do la più palese delle dimostra-zioni di incongruità tra il futuro e la classe politica dominante. Di fronte al disastro giapponese, e al globale spostamento verso l’al-ta tecnologia e le fonti energeti-che rinnovabili, il governo italia-no insiste nell’imbarcarsi in una costosissima avventura nuclea-re. Nel Paese in cui andando in treno da Roma a Milano la linea telefonica cade 10 volte e non c’è un wi-fi degno di questo no-me per lavorare, l’armata Bran-caleone del premier procede con i suoi pseudo progetti a base di cemento, asfalto, radiazioni e ta-gli alla ricerca scientifica.Siamo anche impreparati al-la inevitabile ondata migratoria che sarebbe arrivata comunque, rivoluzioni o no. L’impoverimen-to del Paese ha scatenato da an-ni ormai la lotta per quel poco che resta. La parabola elettora-

Che paura che fa il futuro dello Stivale, in

mano a cementificatori, nuclearisti, bunghisti

e reazionari.Contro la “razionalità”

del Corsera ci vorrebbeun sogno vero

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giovedì 17 marzo 201116 >>Ecostyle>>

L’Unità d’Italiasulle due ruote

ello sventolio di bandiere di que-sti giorni celebra-tivi (e nell’utilizza-

re parole come valori, me-moria e patria), è utile for-se tornare indietro nel tem-po, per ricordare chi erano questi famosi “nostri padri”: come agivano, come parlavano e, per-ché no, come si muovevano. E il percorso storico e commemorati-vo per riscoprire l’Italia unita può essere meglio compreso se rifat-to alla velocità giusta e dalla po-sizione migliore, l’unica che per-mette di attraversare e osservare lo Stivale guardando avanti, a de-stra e a sinistra: vale a dire dal sel-lino della bicicletta. Non è un ca-so dunque se il nome dell’iniziati-va che andrà in scena questa pri-mavera si chiama “La strada giu-sta”. Ad organizzarla è il Comune marchigiano di Chiaravalle, con la collaborazione dell’associazio-ne ciclistica amatoriale Bicipiù (affiliata alla Federazione italiana amici della bicicletta) e della Fon-dazione Chiaravalle-Montessori, e la sponsorizzazione dell’azien-da General Building, specializza-ta in pannelli fotovoltaici. L’iti-nerario non è certo una scampa-

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Eventi Il 150° anniversario è all’insegna della sostenibilità con “La strada giusta”, bici-staffetta da Marsala a Torino, tra i luoghi del Risorgimento

gnata fuori porta: più di 40 tappe, 2.800 chilometri, tutte e 20 le re-gioni italiane coinvolte, partendo da Marsala e salendo su fino a To-rino. Il via alla bici-staffetta, è fis-sato per il 26 aprile dalla località simbolo dei Mille, con la parten-za del primo percorso, e l’arrivo a Firenze il 5 maggio. Il secondo iti-nerario partirà il 14 maggio da Trieste, con destinazione Mila-no. Sarà poi la volta di Olbia-Ca-gliari-Genova, dal 2 giugno, e Ba-ri-Reggio Emilia, dal 4 giugno. In-fine Aosta-Torino, passando per

Ivrea, dal 15 giugno. L’arrivo a To-rino vedrà i partecipanti dei cin-que itinerari convergere verso un unico punto, per una manifesta-zione pubblica alla presenza del-le autorità. Il senso dell’evento è tutt’altro che competitivo. Ba-sta dire che i ciclisti sono invita-ti a segnalare i luoghi attraversa-ti che meritino di essere annove-rati fra quelli “slow-look”, cioè da gustare lentamente, segno di co-me la valenza storico-culturale della celebrazione possa essere rafforzata sposandosi con quel-la ambientale, di cui sono porta-tori sani gli amanti del pedale, i più rispettosi e i meno impattan-ti in assoluto sul territorio italia-no e sulle sue bellezze.

Baie popolate da pinguini, felini che si aggirano tra le rovine in-diane, fauna e flora intorno a un grande baobab. Habitat natura-li lontani da noi, ma ricostruiti e visitabili da oggi nel nostro Pae-se, a Torino, dove è nato Zoom, il primo bioparco immersivo d’Ita-lia. Un percorso di 180.000 metri quadrati attraverso cui è possibile esplorare e conoscere veramente gli animali del pianeta, tirati fuori dalla restrizione coatta di gabbie e reti e collocati all’interno di luo-ghi e barriere naturali, come ce-spugli e vasche d’acqua. Una le-zione di rispetto volta soprattut-to alla conservazione delle spe-cie a rischio e al sostegno della ricerca, laddove siano centrali le tematiche ambientali, spesso di-stanti dalla nostra esperienza di-

Ecco come iniziare bene la giornata. Una doccia ristora-trice, la vostra stazione pre-ferita sintonizzata e un gesto per ridurre gli sprechi ed aiu-tare l’ambiente. Azioni sinte-tizzate in un unico semplice oggetto: la radio da doccia che si alimenta con il getto dell’ac-qua. Il gadget che coniuga tec-nologia ed ecologia è stato lan-ciato sul mercato dall’azien-da H2O, specializzata in ap-parecchiature water proof, e per funziona-re va collega-ta ad un tubo standard attra-verso cui scor-re l’acqua della doccia: un’ap-posita micro-turbina collo-

retta. Membro di Eaza (European Association of Zoos and Acqua-ria), associazione che riunisce le più importanti strutture zoologi-che europee, il nuovo nato Zoom mette in cantina lo zoo tradizio-nale e rappresenta la sua naturale evoluzione, condizionata dai pro-blemi di salvaguardia della biodi-versità, ormai globalizzati. Con la partecipazione costante di ad-detti ai lavori, keeper e veterina-ri, incaricati di dare spiegazioni ai visitatori, la didattica e lo svago si incontrano così a Torino, cuore pulsante di due continenti, l’Afri-ca e l’Asia, e della serie di attrazio-ni che compongono la struttura: dalla giungla asiatica abitata dal-le antilopi all’anfiteatro dominato dai rapaci, passando per i surica-ti del Kalahari.

cata all’interno del dispositivo è in grado di produrre l’ener-gia necessaria per far funzio-nare la radio e per consentire ad essa di autoricaricarsi. Il prodotto, ovviamente im-permeabile, è compatibile con tutte le docce, riceve l’inte-ro range di frequenze Fm ed è progettato per durare pratica-mente all’infinito. Grande 131 x 74,5 x 42,5 millimetri, pesan-te 272 grammi e disponibile in diversi colori, la Water power

shower radio è acquistabile on-line sul si-to dell’azienda H2O (o su uno dei link pre-senti sul sito stesso) al prez-zo di 42 euro.

Zoom, la natura fuori dalle gabbie

L’ecologia viaggia sulle onde medie

Biodiversità

Hi-tech

iornalista e opinionista per grandi testate americane, professore all’Università di Berkeley, indicato tra le cen-to personalità più influenti

del 2010 dal Time, Michael Pollan, oltre ad essere decisamente attendibile, è un signore piuttosto curioso, uno di quelli che non si accontenta della spiegazione più logica e razionale, ma che si propo-ne di andare a fondo, perché sa che ogni fenomeno manifesto è causato da altri mille fenomeni soggiacenti. Un modus operandi che, applicato alla quotidiana pratica umana dell’alimentazione, si tra-duce nella domanda: “Da dove viene la bistecca che ho nel piatto?” Che inclu-de una serie di interrogativi: ad esem-pio, quali alimenti e quali farmaci ha in-

gerito l’animale, come viveva e come è stato ucciso, come è arrivata sin qui la sua carne, e molti altri ancora. Le rispo-ste sono i pezzi di un puzzle, ricostruito da questo ironico e appassionato food detective, capace di rivelare ed illustra-re con semplicità tutte le insospettabi-li e agghiaccianti modalità con cui l’uo-mo moderno sta corrompendo la sacra catena alimentare di cui fa parte. L’indi-gesta storia, in equilibrio tra inchiesta, autobiografia e saggistica, è messa ne-ro su bianco in Il dilemma dell’onnivoro (pagine 336, euro 13,50), testo del 2006 che Giunti editore ripropone ora in una nuova versione rivolta al pubblico dei “giovani adulti”. Quelli cioè, almeno ne-gli Stati Uniti, cresciuti a dosi massicce di happy meal.

Nella nuova versione del libro-inchiesta “Il dilemma dell’onnivoro”, lo scrittore e giornalista americano Michael Pollan indaga sulle indigeste verità che si nascondono dietro al cibo che mangiamo

C’è Frankenstein nel nostro piatto

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Scaffale di Diego Carmignani

Da Marsala a Torino in biciclettaper i 150 anni dell’unità d’Italia

Comune diChiaravalle (AN)

Da Marsala a Torino in biciclettaper i 150 anni dell’unità d’Italia

Fronte

Retro

Diego Carmignani