Teramani n. 90
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AGOSTO ACASTELLI 2013
WE ARETHE CHAMPIONS
TERESITA OLIVARESPAGLIONE
pag. 9
pag. 14
pag. 18
mensile di informazione in distribuzione gratuita
Luglio - Agosto 2013
n. 90
BUONEVACANZE
SOMM
ARIO 3 Big Luciano e il suo Iperuranio
4 Teramo Culturale 6 Luigi Cavacchioli 8 Passerò solitario 9 Agosto a Castelli 10 Il Gran Fuoco di Aligi Sassu 12 Il libro del mese 14 We are the Champions 15 Il luppolo non fa perdere il vizio 15 L’Oggetto del desiderio 16 Istruzione 17 Indipendance 18 Teresita Olivares Paglione 22 Austerità e crisi dell’Euro 24 Musica: I Cantautori 25 Musica: Patti Smith 26 In giro 28 Coldiretti informa 28 Note linguistiche 29 Pallamano 30 Calcio
Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio
Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio,Maria Gabriella Di Flaviano, Carmine Goderecci,Maria Cristina Marroni, Fabrizio Medori,Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone,Giovanni Piersanti, Sirio Maria Pomante, Laura Rabottini, Sergio Scacchia, Massimiliano Volpone.
Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.
Progetto grafico ed impaginazione: Antonio Campanella
Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele
Organo Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930
Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa Adriatico
Per la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738
Teramani è distribuito in proprio
www.teramani.infoè possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito web
n. 90
Super Luciano D’Amico: ne inventa una più
del diavolo. L’iper produzione del rettore
dell’Università teramana si muove in
misura anticrisi. Se davvero il mondo delle idee
rappresenta l’antidoto a questa crisi che morde
nel vivo e anche nel morto (vedi il business in calo
del caro estinto), big Luciano ne è certamente
il lìder maximo. Se poi a questo Iperuranio si
dà pure un volto, traducendo le intenzioni in
tablet agli studenti, in biblioteche aperte fino a
mezzanotte o a Coste Sant’Agostino che assume
direttamente gli studenti per lavoretti di servizio
interno, tanto per pagarsi le rette, allora possiamo
affermare che Luciano D’Amico non si ferma
solo ai tanti annunci velleitari di cui purtroppo
è lardellata la nostra politica. Big Luciano sogna
un’università diversa. Ma al contempo la realizza.
Semplice. Geniale. Avremmo anche noi esempi
del genere nei mille rivoli delle migliaia di enti
inutili dispersi su e giù per lo stivale, la nazione
sarebbe meno arida e povera. Oltre a ciò, come
già sviscerava il Machiavelli, tanto idolatrato dal
mondo anglosassone, ma non da quello italiano,
il Principe per dirsi tale deve necessariamente
essere accompagnato costantemente dal
fattore C (il fattore Culo per quei pochi che non
lo sanno, C con la lettera maiuscola…sempre!).
A Big LuCiano di certo non manca: basta vedere
come sono andate le cose al Braga sotto il suo
pontificato: improvvisi finanziamenti milionari
a iosa, recupero delle
attività, e problema
sparito d’incanto.
Docenti e studenti
sono tornati dentro le
mura dopo l’invasione
sui social network e
sulle piazze cittadine.
L’aspetto curiale non
inganni. Così come non
ci si fidi della sua voce flebile e rispettosa. Big
Luciano, che è uomo che unisce e non political
divide, non molla mai il suo Iperuranio, lo bracca
fino alla fine. Tra le ultime idee partorite, c’è
quella dell’inserimento del linguaggio dei segni
all’interno dell’Università: “In questo modo
vogliamo abbattere le barriere culturali anche
per i non udenti” ha semplicemente riferito
alla stampa. Lui non si ferma, anche se c’è chi
come ad esempio l’ex direttore Izs, Vincenzo
Caporale, che per far comprendere l’appeal
perso per strada dall’università teramana chiede
ironicamente: “Ma Coste Sant’Agostino, quanti
studenti stranieri ha iscritti?”. n
3L’Editoriale
Big Luciano e il suoIperuranio
diMaurizioDi Biagio
I mille volti delMagnifico Rettore D’Amico
Teramo culturale4diSilvioPaolini Merlo [email protected]
n.90
Il Giugno TeramanoQuello che è stato allora,quello che appare oggi
Una mostra documentaria come quella sul Giugno Teramano
allestita dal 27 giugno al 31 agosto all’Archivio di Stato di
Teramo, per quanto consista solo in una selezione del com-
plesso materiale che l’Archivio
custodisce, offre un’occasione propizia
per ripercorrere la storia della regina
di tutte le rassegne del dopoguerra
teramano, e insieme per articolare
una serie di riflessioni a posteriori.
Le prime notizie risalgono al settem-
bre del 1956, sulle pagine locali del
Messaggero: «L’assessorato allo Sport
e Turismo - vi si legge - recentemente
istituito in seno alla Giunta comunale
di Teramo ed affidato all’avv. Nicola
Marcheggiani, si è posto subito in
azione per risvegliare, coordinare ed
incrementare le varie attività sportive
e turistiche cittadine, allo scopo di po-
tenziare e di dar vita a tutta una serie
di manifestazioni intese a richiamare
l’attenzione dei forestieri su Teramo e
taluni importanti centri della provincia,
anche, e soprattutto, per accellerarne il
processo turistico».
Vi si annuncia, a partire dall’anno
seguente, un calendario nel quale
inserire «manifestazioni di cultura, di
economia, di folklore, di sport, di turi-
smo e di gastronomia». Promotori vi
figurano le sezioni circondariali di due
enti oggi soppressi, l’Ente Nazionale
Assistenza Lavoratori e l’Ente Provinciale per il Turismo, capitanate
dalla giunta Gambacorta. Passando davanti ai pannelli, numerati dal
1957 ai primi anni Ottanta, la panoramica si squaderna in tutta la
sua iperbolica promiscuità: ad una sorta di ministagione lirica, in cui
fanno timido capolino opere di Marcacci e Malaspina, precedono
un incontro di calcio di IV serie e l’inaugurazione di una stele votiva
per i caduti dello sport. Seguono la processione del corpus domini
e una “Giornata degli ospedali”. Ad un non meglio definito “Incontro
con il libro”, una rassegna internazionale di musica polifonica e
un’Agave di Nicolaj col Teatro Stabile Regionale, vengono abbinate
una grande fiera, una gara motociclistica notturna e una mostra
zootecnica. Questo nella prima edizione. Poco avanti si succedono
un articolo sul Circuito del Castello, un concerto della Filarmonica
teramana nella piazza centrale, l’opuscolo della 5a Rassegna di
bestiame bovino marchigiano, e ancora, appaiati, i pieghevoli della
2a Fiera di Teramo e del 2o Premio letterario “Teramo” per un rac-
conto inedito. “La più brava e più bella ragazza d’Abruzzo e Molise”,
nel 1960, con il Primo Festival Internazionale del Folklore. Il “Giugno
dialettale” e appena accanto, il tempo di voltare lo sguardo, la
Bartolomei e Zappolini che danzano al Comunale nel ’69, Germani
all’organo della cattedrale nel ’73.
Anche una lettera di Pasolini per una conferenza, poi annullata
a seguito di vibranti proteste. Da quest’altra parte gli elenchi dei
comitati d’onore, organizzatore, esecutivo: in pratica la silloge
radiografica delle amministrazioni provinciali.
Non vi figurano, ma sono ben note, le serie di articoli che dal 1959
appaiono su Tempo e Messaggero
con titoloni sul «carattere paesano»
del Giugno, sull’improvvisazione quale
«difetto congenito», sull’incapacità a
rinnovare le rodate formule, sui toni
malinconici delle celebrazioni con-
clusive, cui fa seguito l’auspicio della
nascita di quell’Ente Manifestazioni
Teramane il cui atto costitutivo, stilato
nel 1972, darà esiti alquanto incerti e
infruttuosi.
All’esaurirsi del Giugno concorsero
infine la nascita della Società Riccitelli
e l’irrobustirsi della Coppa Interamnia.
Ma questo, attenzione, non induca
il lettore a credere che l’iniziativa
non abbia avuto seguito sotto altro
nome. Cos’altro mai è, nei fatti e nella
sostanza, l’attuale “Estate teramana”?
Innumerevoli tra le iniziative scaturite
dal cartellone del Giugno, peraltro,
sono sopravvissute ben oltre il Giugno
stesso: il Premio Teramo, ad esempio,
o la Rassegna internazionale d’organo,
avviata nel 1972 e giunta quest’anno
alla sua XXIX edizione dopo essere
passata, non senza lunghe battute di
arresto, dall’Ept alla Riccitelli; e nume-
rose altre realtà associative. Nessuna
tra esse ha minimamente conseguito un che di caratteristico dal
Giugno, né il Giugno può dirsi averne tratto una qualche connota-
zione. La totalità di esse è andata ben oltre, e c’è da rallegrarsene,
la pura sommatoria aritmetica, mentre prese una a una nessuna
tra esse, tanto le eccellenti quanto le ordinarie, vuoi entro che
fuori del loro originario contenitore, ha mai, spiace dirlo, raggiunto
Saliceti - busto al Pincio
Manifesto della prima Edizione, Opera di Amilcare Rambelli (1957)
non dico un valore più che localistico,
ma anche solo una eco e un senso che
potesse metterle in condizioni di crescere
e consolidarsi nel loro stesso territorio. E
quando questo per qualche momento è
accaduto, lo è stato nonostante il Giugno,
nonostante la Teramo di allora, nonostante
tutto. Dunque, cosa ha rappresentato il
Giugno? Anzitutto, e in buona sostanza, un
primo ampio cartellone unico estivo delle
attività aggregativo-culturali della città.
E da allora, un po’ per tutti, un’obbligata
pietra di paragone in materia. Finanche
per il “Circolo Gramsci”, che con i suoi
Festival di Arte Varia si proporrà di fornirne
un chiaro contraltare, salvo ricercarvi nel
contempo fondi e possibiltà di inserimeno
con una lettera aperta al sindaco.
Cosa se ne può dire oggi? Quello che
può dirsi di realtà come il paternalismo
democristiano, quel neofeudalesimo dei
signorotti, buono e indulgente, che ti dava
in misura di quanto tu davi a lui. Quello
che può dirsi dei vari Circoli Enal, vedi
quello “Colaprico” di Pineto, che indice-
vano periodiche iniziative ricreative tipo il
“Carnevale dei Piccoli”, tutte sulla falsariga
dei dopolavoro fascisti. Il Giugno era
precisamente questo, un modello comune
già largamente sperimentato. L’Enal,
voluto in tutto il paese dalle amministra-
zioni democristiane, ne era solo uno degli
strumenti. Un progetto che, in forma più
mitigata, riprendeva quelle medesime
esigenze di omologazione di costumi e stili
di vita che erano state proprie dello stato
totalitario, prodighe, come fin dal 1925
l’Opera Nazionale Dopolavoro, nel plasma-
re dall’alto, e verso il basso, i diversi ceti
delle popolazioni urbane con varie forme
di animazione e di intrattenimento di facile
presa, assorbendo e reindirizzando tutte
le associazioni culturali e sportive attorno
ad un preciso obiettivo di controllo della
coesione sociale. Dove la cultura era un
sinonimo di “usanza” e “costume locale”,
e l’arte stava per “svago” innocente e
festaiolo, o, quale suo omologo oppositivo,
per castigazione e redenzione mistico-
allegorica. Tutte prospettive lontane mille
e più miglia da quell’urgenza di rinnova-
mento e diritti civili propria del liberalismo,
che tutta l’Europa e il mondo già allora
attendevano e stavano reclamando.
A conti fatti, una sorta di grande festa
paesana, uno zibaldino pirotecnico, un ef-
ficace contenitore onnivoro, che pur senza
ottenere elementi di qualche originalità
connotativa per la città, ha rappresentato,
in nuce, un microcosmo dell’intera storia
italiana recente, capace di mantenere
assieme le cose più avulse, temperando il
nuovo con l’atavico, l’innovazione con la
tradizione, l’elevato col rustico, l’ampolloso
col vacuo, avente quale scopo principale
quello di aggregare la popolazione attorno
a pochi ma precisi valori nazionalpopolari
ritenuti - molto equivocamente - identitari,
e dunque rinvigorire, per le solite motiva-
zioni di promozione turistica a corto raggio
e di piccolo cabotaggio, i molti volti di una
piccola realtà, caratterizzati quanto basta
per rendere la provincia teramana lo spec-
chio opaco dell’intera provincia del paese.
E se il conformismo degli anni Cinquanta
e Sessanta conoscerà, sulle prime, un
qualche vacillamento con l’onda montante
sessantottina e la ribellione studentesca,
fenomeni come si sa di importazione pre-
sto risoltisi in nuove forme di omologazio-
ne, transitate da una visione del potere di
tipo padronale a una di tipo anarcoide, dal
rigidismo al caos, l’imperativo categorico,
prima e dopo, è rimasto il preservare lo
status quo ante, la comune causa della
redenzione popolare, il consolidamento
della realtà per com’era stata sino al
giorno prima, per come doveva essere dal
giorno dopo, e per come difatto è rimasta
da allora ad oggi.
Tutto il resto è cronaca: tanto si semina,
tanto si miete. Cosa siano diventate in
maggioranza la cultura e le arti in questo
paese ognuno lo vede ogni giorno. Organi
di manipolazione in favore di luoghi co-
muni elevati a stili di vita e di pensiero,
strumenti al servizio di interessi partico-
lari, mossi di norma da obiettivi miopi ed
egocentrici. E cosa siano oggi il teatro e il
cinema italiani, senza più autori, tanto più
ruffianeschi e miseri di contenuti quanto
più di largo consenso. E cosa sia la comu-
nicazione televisiva, passata in sessant’an-
ni da un’unica rete inglobante tutto a
centinaia di canali monotematici inglobati
nel tutto. Generalismo elevato alla cento e
x + 1 volte. Frotte di proposte e informa-
zioni tutte deliberatamente uguali, tanto
più generose quanto più indifferenti le une
dalle altre. n
5n.90
Arte6n.90
Le parole di Raffaele
Aurini introducono
alla scoperta di uno
degli artisti teramani più
affermati a cavallo tra Otto e
Novecento, che Renata Ronchi
con la sua ricerca, edita da
Ricerche&Redazioni nell’aprile
scorso, aiuta finalmente a
riscoprire nell’interezza del suo
percorso formativo e artistico.
Nato nel 1856, inizia la sua
educazione nel campo del “mestiere dell’arte” grazie alla pratica
presso la bottega paterna di ebanista. E’ certamente in questi
momenti che Luigi apprende le basi tecniche della scultura che,
assieme alla scuola pittorica di Gennaro Della Monica, gli permette-
ranno di trasferirsi a Firenze nel 1876 per frequentare l’Accademia
di Belle Arti. E’ bello notare come circa un anno prima, nella stessa
Accademia della città del Giglio, Raffaello Pagliaccetti, suo conter-
raneo, divenisse docente, fino a sostituire Duprè nel 1883. E proprio
come Pagliaccetti, anche Cavacchioli realizza i ritratti celebrativi per
le glorie locali, come il busto in marmo di Giannina Milli del 1895,
per l’Istituto omonimo. Si affianca a questa vena più austera quella
bonaria, di cui ci parla Aurini, e assieme popolare, testimoniata dalla
Fons vitae, meglio conosciuta come Fontana delle piccine, purtrop-
po andata distrutta all’inizio degli anni cinquanta del Novecento; la
fontana, commissionata dal comune di Teramo all’artista nel 1882,
rappresentava nel cemento una formosa modella, tornata in città
dall’America, che dall’interno di una grande conchiglia, prostrandosi
in avanti, spremeva i seni facendo sgorgare l’acqua.
Stabilitosi a Firenze, dove resterà per trent’anni, non senza tornare
spesso a Teramo, entra in stretta relazione con Adolfo e Mariano
Coppadè, collaborando nella “Casa artistica d’intaglio Coppadè”,
inserendosi nel solco della tradizione della scultura lignea fiorentina
molto fiorente dalla metà del secolo. Cavacchioli apre allora un suo
laboratorio fiorentino dal quale fa conoscere la sua opera che arrive-
rà oltre l’Italia: nel 1897 espone alla prima edizione della Mostra di
Firenze, partecipa all’Esposizione Universale di Parigi del 1899 e invia
due suoi bronzi, tra i quali i Macchiaioli, alla mostra dell’Arte Alliance
di Philadelphia del 1931. Parallelamente continua a lavorare per la
sua città natale realizzando nel 1895 la base portantina della Madon-
na del Carmine in legno dorato, e, nell’anno successivo, il pulpito in
noce per la chiesa di Sant’Agostino, assieme al fratello Gaetano.
Le opere del denso periodo fiorentino trasmettono quella vitalità e
allegrezza,
insieme segno
dell’Italia unita
che progre-
disce e della
traccia lasciata
dalle opere del
Rinascimento,
che pure si
insinuavano
nella scultura
di Pagliaccetti:
i putti in terracotta donatelliani del Tabernacolo Cavalcanti in Santa
Croce riecheggiano nelle tante creazioni fanciullesche di Cavacchioli
che ricorreranno in tutta la sua produzione, o la figura serpentinata
d’invenzione michelangiolesca che viene riproposta nella Lotta tra la
luce e la tenebra, che seppure di piccola dimensione, trasmette tutta
la sua vorticosa monumentalità.
Lascia Firenze e torna nella sua amata Teramo, dove, dal 1912, per
volontà dell’amministrazione della Camera di Commercio, ricopre la
cattedra di Plastica, Intaglio e Disegno d’ornato nella Regia Scuola
Industriale “Ciotti Ventili”. A partire dall’inizio del secolo, Cavacchioli
opera per arricchire anche il contesto urbano, l’immagine cittadina,
delle sue creazioni: del 1910 sono le grandi “insegne”, riccamente
istoriate con scene tratte dalla mitologia classica, per il negozio
Cioccolito e per il Gran Caffè di corso San Giorgio; degli anni venti
sono i due battenti per le dimore Rolli e Bonolis, rispettivamente in
via Carducci e Cavour.
Come per altri artisti, anche a Cavacchioli vengono commissionati i
ritratti per alcuni personaggi suoi contemporanei come l’agronomo
Giacomo Ciotti e il senatore Giuseppe Cerulli Irelli.
Straordinaria dunque, in Luigi Cavacchioli, è la duttilità del passaggio
disinvolto dal “mestiere”, dall’alto artigianato, alla dinamica crea-
zione artistica che nella produzione del periodo teramano sembra
esplodere nel potente rilievo della Limpha fecunda. Ma forse questa
propensione del nostro messo in luce dalla critica, è solo il residuo di
quell’approccio crociano che non intende ancora pienamente l’unità
tra la sapienza del mestiere e la forza creatrice dell’artista che non fa
differenza né di materiale né di committenza. n
LuigiCavacchioli scultore
diSirio MariaPomante [email protected]
nella ricerca di Renata Ronchi“Era oltremodo buono. Lo ricordiamo con commozione quando nel silenzio del suo studiosi avvicinava a noi col suo passo lento,il sigaro spento fra le labbra, plasmando lentamente fra le dita un po’ di creta come in una lieve carezza”.
8n.90
Satira
diMimmoAttanasii [email protected]
P aolo Mieli e il presidente della
Regione Abruzzo, Gianni Chiodi,
in raccoglimento nella Fortezza di
Civitella del Tronto a svettare d’in
su la vetta della torre antica, sul confine
tra Marche e Abruzzo, finché non muore
il giorno, a disquisire di stampa e potere,
della crisi italiana e, soprattutto, dell’infor-
mazione de noartri. L’armonia per questo
borgo, uno dei più belli d’Italia, per capire il
tormentato rapporto tra notizia e il potere
costituito (http://www.asca.it/newsregioni-
Abruzzo__Chiodi_si_confronta_con_Mie-
li_su_stampa_e_potere-1296597-.html).
L’estate brilla nell’aria e, per i campi, esulta.
E se non si ha altro a cui pensare, per
esempio ai tagli alla sanità che, per quanto
dolce sia stata la lama, continua a non
funzionare, alla disoccupazione, alla preca-
rietà delle famiglie, allora sì che a rimirarla
questa miseria, che brilla negli occhi della
gente, si dovrebbe il cuore intenerire. L’eco
delle greggi belare, il muggire degli armenti
non s’ode nei dietro bottega dei supermer-
cati, dove stazionano con vergogna i nuovi
poveri, che a gara insieme fanno mille giri
alla ricerca di qualche scarto ancora mu-
tuabile. Eppure, stanno lì a festeggiare quel
loro momento. Pensosi e in disparte, gli altri
assistono senza accompagnarsi a quei bi-
sogni; non ci si cala in quell’allegria se non
in un effimero pensiero stretto in un attimo:
“Tanto a me non può succedere”. In questo
giorno che ormai cede alla sera, festeggiare
si costuma al nostro borgo l’Happy Hour. La
gioventù del posto lascia i SUV in doppia fila
e per le vie si spande nella trasgressione
addomesticata a rallegrarsi nello sballo.
Altri animi solitari indugiano in altro tempo
che per cosmico sillogismo rimangono feriti
dal dileguarsi del sole, nell’aria limpida, tra
lontani monti e la beata gioventù che viene
meno. Chi della propria vaghezza non è
certo, non si dorrà se resterà approssimato
alle personali convinzioni. La detestata
soglia della vecchiezza, che toglierà ogni
senso al miserando vagare sulla terra, che
è l’esistenza dell’uomo, non ha impedito di
rendere muti gli occhi all’altrui sensibilità.
Non ispireranno più nulla ad altri uomini.
Il mondo intero sarà privo di ogni fascino
e il futuro sembrerà ancora più noioso e
cupo del presente. Cosa sentenzieranno le
nuove generazioni di questo modo di vivere.
Sarà per loro una risposta, l’ineluttabilità di
Giacomo Leopardi, che nelle sue liriche con-
tinua a pentirsi e sovente si volge indietro
con rimpianto ché il tempo perduto non tor-
na più? Così
Bill Emmott
e Annalisa
Piras hanno
sperimen-
tato nel film
“Girlfriend In
A Coma” il
lato oscuro
dell’Italia
di oggi, un
inesorabile
declino ori-
ginato da un
cedimento
morale senza
eguali nel mondo in cui di più ci si identifica
impudentemente. Una senescenza colletti-
va dovuta al disordine morale di una politica
corrotta, alle mafie e ai monopoli mediatici
che da decenni accentuano con destrezza
la mediocrità a discapito della creatività. Il
Bel Paese, oltre a essere un caratteristico
latticino, potrebbe esaltare un brand appe-
tibile più di ogni altra seduzione formativa,
senz’altro ostentata meglio in luoghi lontani
ed esotici. Il patrimonio artistico e culturale
potrebbe diventare il traino del sistema
economico di una comunità consapevole.
Sono valori che esulano la tangibilità delle
cose, per affollare la mente in visibilio di chi
osserva e percepisce. Non di chi consuma
e basta.
La Tour Eiffel ha un flusso di visitatori che
supera di quasi cinque volte quello del
Colosseo. La Sagrada Familia ha recupe-
rato un valore di reputazione che prevale
sul Duomo di Milano e il museo del Prado
messi insieme. “Llanfairpwllgwyngyllgogery-
chwyrndrobwllllantysiliogogogoch”, una
cittadina che in gallese suona come: “Chie-
sa di Santa Maria nella valletta del nocciolo
bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San
Tysilio nei pressi della caverna rossa”. Un
paese sull’isola di Anglesey, nel Galles, ed
è ufficialmente il nome di località più lungo
del Regno Unito e il terzo più lungo del
mondo. All’estero sono in grado di creare
reddito perfino sfruttando la stramberia di
un sostantivo. Il tunnel sotto La Manica, la
galleria sottomarina a due canne più lunga
del mondo. Lo “Storebæltsforbindelsen”,
il collegamento fisso del “Grande Belt” tra
due isole danesi, Zelanda e Fionia. In Abruz-
zo, una roboante risposta multietnica co-
smopolita.
L’invidiabile,
ambizioso:
“Adri-
Seaplanes”.
Un progetto
che aprirà
finalmente
a Giuliano-
va la tanto
attesa e irri-
nunciabile
porta verso
la Puglia,
la Croazia,
Albania,
Montenegro e Grecia. Un caratteristico
collegamento con un idrovolante, rapido e a
basso impatto ambientale, fra le due coste
del mare Adriatico (http://ilcentro.gelocal.
it/teramo/cronaca/2013/07/02/news/l-
idrovolante-decolla-con-catarra-e-vasanel-
la-1.7358912). “Si prega di rispettare la fila e
di non spingere!” Questa e non altro, la po-
litica dei nostri lungimiranti amministratori
pubblici. Siamo stati noi a metterci la firma
per la loro lunga ferma al potere. Si può
sempre cambiare. Solo gli stolti hanno opi-
nioni immutabili. Il timore di perdere quelle
poche cose che rimangono viene sublimato
da una massima del secolo scorso: “Se ti
devo un dollaro io ho un problema, ma se ti
devo un milione di dollari allora il problema
è tuo” (John Maynard Keynes). n
Passerò solitario“Se ti devo un dollaroho un problemama se ti devo un milione di dollariil problema è tuo”
Lo straordinario Calendario delle
Manifestazioni dell’Agosto 2013 a Ca-
stelli spazia tra Eventi di varia natura:
artistici, culturali e d’intrattenimento.
È stato uno sforzo gigantesco in quanto,
come tutti sanno, le risorse degli Enti locali
sono sempre più limitate. Quest’anno siamo
riusciti, nonostante le difficoltà e grazie alla
collaborazione degli Enti e delle Associazio-
ni che ringraziamo per la loro determinante
collaborazione, a comporre un programma
degno della migliore tradizione.
Di seguito gli Eventi più importanti.
Mostre ed esposizioni
•ESPOSIZIONE per il Centenario della nascita di ALIGI SASSU – Atessa (CH).
•49° MOSTRA MERCATO DELL’ARTIGIA-NATO CERAMICO CASTELLANO.
•MOSTRA FOTOGRAFICA “il Paesaggio in bianco e nero” di Nicola De Camillis-
Baiocchi.
•MOSTRE D’ARTE CERAMICA lungo le
vie del paese.
•MOSTRA D’ARTE - Ceramiche di Sera-fino Mattucci “I colori dell’arcobaleno”.
Manifestazioni e spettacoli
•“Fuochi d’argilla, Fuochi di Vigna” -
l’Arte della Ceramica accoglie l’arte del
Vino.
•“Fuochi di Cucina” dalla Cantina di
9n.90
Agosto a Castelli2013
Marcello Schillaci. Art –Teramo.
•La”Notte Rosa” – 12 Agosto con la Finale Regionale di Miss Italia “ Miss Ingambissima”
e il grande spettacolo dell’anno con il
Concerto del gruppo Country-Rock:
“HOTEL CALIFORNIA EAGLES”. Membri della Band: David Moss, Jim
Bowie, Ken Archiebald, Ed Jones, Mark
Anderson
•La cover Band Ufficiale dei Beatles - I Rab Howatt & the players
Membri della Band:
Rab Howatt & players: Rab Howatt, Bow-
ster, Wee Mark, Kenny, Edvardos, Mossie
Special Guest:
Jamie McBride, Tenore lirico
•EVENTO TRADIZIONALE: lancio del
piatto.
•FESTA POPOLARE a Palombara con
“Vittorio il Fenomeno”.•SAGRA DELLA BIRRA E DELLA MOR-
TADELLA a Colledoro.
Castelli vi attende
in tutto il suo splendore. n
Eventi Sindaco di Castelli
diEnzoDe Rosa
Manifestazioned’arte ceramica
La mostra dell’estate10diLauraRabottini [email protected]
Il gran fuoco di Aligi Sassu torna a brillare
n.90
L’estate abruzzese si tinge d’arte ad Atessa, dove il calore della
stagione incontra le sperimentazioni artistiche di un grande
Maestro del Novecento. Presso la suggestiva sede del Museo
Aligi Sassu, magistralmente incastonato fra le mura dello
storico Palazzo Ferri, trovano ospitalità 60 opere di ceramica e scul-
tura realizzate da Aligi Sassu fra il 1939 e il 1989. Le splendide opere
provengono dal Museo della ceramica di Castelli che ha concesso la
loro esposizione in via temporanea con il nobile scopo di restitu-
ire visibilità e respiro a capolavori che non vedevano più la luce
dall’aprile del 2009, quando la furia del terremoto aveva danneggiato
anche la Chiesa attigua al Chiostro dell’antico convento francescano
destinata ad accogliere le opere del Maestro. Generoso frutto di una
donazione proveniente dalla Collezione Alfredo e Teresita Paglione, le
60 opere fanno parte del nucleo ben più ampio di 200 capolavori, fra
arte ceramica e scultorea, che Alfredo Paglione, cognato di Aligi Sas-
su, aveva inteso trasferire presso la Città di Castelli nel 2008. L’origi-
nale intenzione di collocare le opere del Maestro proprio nella città
nota in tutto il mondo in virtù delle sue storiche botteghe specializ-
zate nell’arte maiolica non corrisponde semplicemente alla nobile
volontà di trovare un’ideale e felice corrispondenza di forme e storie
fra capolavori del passato e reinterpretazioni in chiave moderna della
stessa tecnica declinata in linguaggi appartenenti al Secolo scorso.
Alfredo Paglione, gallerista milanese di origini abruzzesi, desiderava,
di concerto con la sua compianta consorte Teresita, omaggiare la sua
terra e farne risplendere e risuonare le ricchezze, attraverso il fortu-
nato accostamento con i lavori di uno degli artisti più rappresentativi
del Novecento. L’omaggio si estende ovviamente alla figura di Aligi
Sassu le cui opere respirano così l’aria pura del museo e beneficiano
di una illustre collocazione che, non solo rende giustizia alla portata
storica della collezione, ma moltiplica il valore estetico e culturale di
ogni singolo pezzo nel fortunato confronto con esperienze artistiche
e artigianali appartenenti a epoche e luoghi lontani.
Con l’opera ceramica di Aligi Sassu, l’Abruzzo ospita capolavori in cui
risuonano inevitabilmente le esperienze di una stagione della storia
dell’arte che ha visto crescere e rinnovarsi tale tecnica artistica
presso i forni di Albisola Marina. Nel secolo scorso la cittadina ligure,
notoriamente conosciuta come patria della ceramica, ha ospitato ar-
tisti del calibro di Lucio Fontana, Pablo Picasso e alcuni dei più grandi
Maestri del Novecento, fra cui Agenore Fabbri, Asger Jorn e Wifredo
Lam, che vi accorrevano per soddisfare la loro sete di sperimenta-
zione e per apprendere e rinnovare l’antica tecnica sotto l’egida del
poeta e ceramista futurista Tullio Mazzotti detto d’Albisola.
Lo stesso Alfredo Paglione vi si era recato con l’amico Aligi Sassu nel
1958 e aveva conosciuto la dedizione e la genialità dell’artista che
poi sarebbe divenuto suo cognato, nonché le sue infinite risorse di
infaticabile sperimentatore.
La mostra “Il Gran Fuoco di Aligi Sassu. 60 ceramiche e sculture dal
1939 al 1989. Una selezione di opere dal Museo Sassu di Castelli”,
curata da Adele Cicchitti, è stata inaugurata il 17 luglio scorso, a
compimento di un progetto fortemente voluto dallo stesso Paglione.
Atessa ha finalmente fornito una splendida cornice ad una accurata
L’arte ceramica del maestro unisce Castelli e Atessa nelle celebrazionidel suo centenario
Alfredo Paglione
selezione delle opere storiche provenienti
da Castelli per consentirne nuovamente
una adeguata fruizione e celebrare degna-
mente la conclusione dell’anno Centenario
della nascita del Maestro, nato a Milano il
17 luglio 1912. Vi trovano collocazione piat-
ti squisitamente dipinti che campeggiano
nelle vetrine e si stagliano sullo sfondo delle
210 opere su carta di Aligi Sassu, prove-
nienti anch’esse dalla collezione Paglione e
nucleo originario del Museo Sassu.
Uniti dallo stesso prestigioso autore e
dalla stessa appartenenza a una collezione
maturata e arricchitasi in 50 anni di attività
nel mondo dell’arte, i due diversi linguaggi
si confrontano e completano, offrendoci
un’occasione inedita per riscoprire la natura
eclettica di
un protagoni-
sta dell’arte
contemporanea
internazionale.
La mostra si ac-
cende tra forme
e colori che
accompagnano
l’allestimento in
perfetto dialogo
cromatico con
le opere in
esposizione
permanente. Il fuoco di queste ceramiche
è lo stesso che alimenta la viva fi amma
della tavolozza sassiana, un fuoco che
disegna, scalda ed esplode fra le linee
dei più fortunati risultati artistici raggiunti
dal Maestro. Nelle opere, fra le pareti e le
vetrine del Museo, si agitano gli sfavil-
lanti cavalli di Sassu che si inseguono, si
corteggiano e ammaliano il visitatore come
fossero magiche costellazioni di luci. La
calda energia che muove i colori di queste
ceramiche si rifl ette lungo tutto il percorso
espositivo, culminando nel secondo piano,
dove gli splendidi cavalli in bronzo e in ar-
gento delineano una nuova pagina artistica
della poliedrica attività di Aligi Sassu e, allo
stesso tempo ne consacrano la forza della
sua più nota cifra stilistica. n
11n.90
Laura Rabottini
Enzo De Rosa, sindaco di Castelli. Alfredo Paglione, donatore delle opere.Luigi De Fanis, assessore alle politiche culturali della Regione Abruzzo.
Giovanni Elso Simone Serpentini, professore, filosofo e scrit-
tore, è autore di molte pubblicazioni di carattere storico;
prolifico e acuto commentatore di cronaca e di politica locale.
Intervistiamo il Professore sulla sua ultima fatica editoriale,
“ALL’ORIENTE DI TERAMO La massoneria teramana tra storia e crona-
ca” (edizioni Artemia).
Prof. Serpentini, nella prima parte del libro Lei ricostruisce la storia della Massoneria teramana, parlando addirittura di “vocazione massonica” della città. Ci potrebbe spiegare meglio questo concetto?La massoneria teramana nasce in pratica con la famiglia Delfico. I
tre fratelli, Gianfilippo, Melchiorre e Giamberardino furono inviati a
Napoli per completare gli studi e tutti e tre tornarono a Teramo dopo
essersi affiliati alla massoneria e formarono un gruppo di intellettuali
che contribuirono non poco ad un profondo rinnovamento politico
sociale ed economico, partecipando alla cosiddetta “rinascenza
teramana”. Costituirono anche una loggia massonica. Poi furono
massoni altri Delfico: Orazio, il figlio di Giamberardino e poi Filippo De
Filippis Delfico, di cui si conserva uno splendido diploma massonico
rilasciato da una loggia di Marsiglia. La loggia massonica teramana
prese subito il nome di Melchiorre Delfico e fu la prima ad essere
fondata in Abruzzo dopo l’unità d’Italia. Esiste ancora oggi. Quando
parlo di “vocazione massonica” di Teramo, parlo di questa continuità
storica, non comune, e della rilevanza che ha ancora oggi la masso-
neria in questa città.
La Massoneria abruzzese, secondo Lei, in quale grado è autonoma e in quale grado è eterodiretta? Le logge sono autonome, ma sono in relazione con la struttura nazio-
nale dell’istituzione massonica, delle due obbedienze principali, quel-
la del Grande Oriente d’Italia e quella della Grande Loggia Regolare
d’Italia. Poi ci sono altre obbedienze. A volte c’è una guerra intestina
tra le varie obbedienze. Il termine “eterodiretto” non è proprio. La
massoneria è comunque una rete di relazioni e di complicità.
Crede che la Massoneria odierna possa definirsi quell’a-scensore sociale che appiattisce il merito e umilia le com-petenze?Certamente sì. La massoneria costituisce per molti un trampolino
che consente improvvise e travolgenti carriere, non basate sul me-
rito ma sulla comune appartenenza ad una loggia. Essa risulta, per-
tanto antimeritocratica e antidemocratica. Tende sempre ad essere
classe o ceto dirigente, a
godere di una sopravvalu-
tazione dei meriti e di un
trasversalismo di crediti e
di appoggi.
Sembrerebbe che la Massoneria teramana sia diventata centrale nel panorama regiona-le. Lei in un punto del libro parla di “strapote-re”. Quali sarebbero le conseguenze pratiche di questo “strapotere”?
Moltissime posizioni apicali
nella pubblica ammini-
strazione, nella politica e
nella finanza, così come
nel mondo degli istituti
di credito e delle banche,
sono occupate da massoni o da persone designate dalla massoneria.
Molti appalti pubblici e molti incarichi professionali sono appannaggi
di massoni o di designati dalla massoneria. Come si fa a non parlare
di strapotere?
Una volta la Massoneria avrebbe preso un cavallo e lo avrebbe trasformato in Pegaso, oggi invece prende un asino e lo trasforma in cavallo. Si può dire che anche la Massone-ria si sia involgarita?Certamente sì. Lo riconoscono gli stessi massoni, i quali da qualche
tempo criticano la facilità con la quale le logge sono state aperte a
persone o a ceti culturalmente e intellettualmente non eminenti. I
vertici dell’istituzione si affannano a ripetere che le logge non sono
comitati d’affari, ma molto spesso lo sono.
Nel rapporto segreto della polizia borbonica del 1823 si pre-cisa che approssimandosi le elezioni erano cominciati “gli
La massoneria teramanatra storia e cronaca
Il libro del mese12 [email protected]
All’Orientedi Teramo
n.90
diMaria Cristina Marroni
intrighi de’ carbonari” per far elegge-re “persone di loro fiducia”. A meno di un anno dalle elezioni regionali e comunali la Massoneria cittadina sarà in gran fermento?Certamente sì. Non c’è stata elezione a
Teramo, come ovunque, in cui la massone-
ria non si sia attivata, prefiggendosi deter-
minati fini, a volte riuscendovi a volte no. E
questo per ogni livello di elezioni, perfino
per le elezioni concernenti il rinnovo delle
associazioni di categoria.
Hanno mai tentato di affiliarLa alla Massoneria?
Credo di essere stato avvicinato un paio
di volte. Dico “credo” perché soprattutto
le prime insinuazioni sono molto discrete.
Dirò di più: più di un paio di volte. E, almeno
una volta, anche dopo l’uscita del mio libro.
Almeno interpreto così una certa iniziativa
nei miei confronti. E’ anche avvenuto che
qualcuno, avendo io scritto un libro sulla
massoneria ed essendo non comune che
un libro sulla massoneria sia scritto da
un non massone, come nel mio caso, mi
abbia scambiato per massone, inviandomi
“fraterni saluti”. Ovviamente è avvenuto
con persone che non mi conoscono bene
e che non sanno che io mi ritengo del tutto
allergico a una affiliazione massonica, che
non accetterei mai.
A partire dalla nomina del Direttore Generale, quanto ha inciso la Mas-soneria nelle vicende della ASL di Teramo?Molto. Anzi, moltissimo. Recentemente l’in-
teresse della massoneria per il settore della
sanità, pubblica e privata, si è accresciuto
notevolmente in tutta Italia. Questo sia
per gli incarichi al vertice delle Asl sia per i
primariati ospedalieri.
Professore, nutre ancora qualche speranza di cambiamento per la città di Teramo?Poche. Teramo è così da decenni.
Ritiene che la Massoneria teramana abbia contribuito a disgiungere il destino socio-economico della nostra Provincia da quello delle altre province abruzzesi (burocrazia, procure, tribuna-li, industrie, banche, università, etc.)?No. La situazione abruzzese è pressoché
omogenea. Ma la capitale della massoneria
abruzzese è ancora L’Aquila, anche se le
logge pescaresi non sono trascurabili.
C’è l’impressione che le inchieste giu-diziarie si muovano con molta cautela nei confronti dei “fratelli”.Non è solo un’impressione.
Ha idea di chi possa essere il Maestro
Venerabile dell’Oriente di Teramo?Non ho solo un’idea. So chi è. Ma non
posso dirlo. Lui negherebbe di esserlo. E
io non avrei le prove per poterlo smentire.
Negare l’affiliazione propria e quelle dei
fratelli è uno dei cosiddetti “antichi doveri”
dei massoni.
Perché chi è massone nega di esserlo o confessa di esserlo stato solo in passato, come se si trattasse di una pratica peccaminosa o criminale?Perché negare è un suo “antico dovere”.
Perché nel passato non negare o venir
meno al dovere del segreto ha comportato
anche la massima punizione da parte dei
tribunali massonici, che in un certo periodo
storico era la pena capitale. Così oggi un
massone è disposto perfino a dare querela
a chi dice che è un massone, anche se lo è.
Come annota nel suo libro, Giuseppe Piredda, sul blog “La buona strada” ha definito le associazioni filantro-piche le “retrovie della Massoneria”. Concorda?Sì, sono qualche cosa del genere. Sono una
specie di sala di attesa. Poiché non tutti gli
iscritti a queste associazioni vengono poi
affiliati, un massone di mia conoscenza li
ha definiti quelli del “vorrei, ma non posso”.
Simpatico, no? n
13n.90
Sport14n.90
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
Chissà come avrà esultato un ortopedico
alla fine della roulette dei rigori, chissà
l’aplomb di un chirurgo davanti all’ulti-
mo penalty che ha decretato al vittoria
dei Teramani, chissà infine il crepacuore di tut-
ta la squadra? Diventare campioni del mondo
all’ultimo respiro, in una categoria come quella
del calcio, ci porta inevitabilmente indietro nel
tempo a quell’entusiasmante finale berlinese
del Luglio 2006 quando un ragazzone che il
mister biancorosso di qualche tempo prima,
Roberto Pruzzo, scartò perché nel dream
team di Malavolta non faceva al caso suo.
Quel ragazzone, Fabio Grosso, dal sorriso di
sghembo regalò ad un’intera nazione la gioia
collettiva più profonda e storica che si possa
avere in questo secolo, un’impresa intrisa di
significati inconsci profondi: la vittoria di un
mondiale di calcio. In piccolo il trofeo che la
squadra dei medici di Teramo ha ottenuto a
Zagabria lo scorso inizio Luglio ha in bocca il
sapore delle grandi conquiste. Soprattutto per-
ché è chiaramente il primo trofeo mondiale da
quel 28 marzo 1984, data di nascita dell’As-
sociazione Sportiva Medici Teramo, quando
alle trasferte si andava tutti con camper e i
primi mezzi di fortuna che s’incontravano,
pur di essere presenti su campi spelacchiati
di Abano Terme (il primo torneo in assoluto
dei teramani), Ostuni o di Lione, supportati da
tanto primitivo entusiasmo. “Allora i mondiali –
spiega l’ortopedico Nicola Franchi, presidente
della squadra campione del mondo – erano
aperti solo ai medici, solo successivamente
furono allargati al resto del mondo sanitario e
da quel giorno vedemmo scendere in campo
anche infermieri, oss, studenti e quant’altro”.
Franchi ammette con una certa soddisfazione
di aver girato il mondo seguendo la squadra,
da Montecarlo a Montreal, da Alicante alle
Canarie, sempre con lo stesso spirito goliar-
dico di una scolaresca in vacanza a Pasqua,
avendo la possibilità di conoscere tutti posti
incantevoli. Tanto che quest’anno per fare la
squadra che doveva partecipare al mondiale
di Zagabria si sono sudate le proverbiali sette
camicie: “Non era considerata una metà così
allettante”, eppure lì si è fatta la storia dell’as-
sociazione sportiva teramana. Come capita
spesso nella vita le cose più noiose possono
poi assumere una piega del tutto inaspettata.
Per certi versi l’undici di mister Marcello Cirilli
ha qualche punto di contatto con un’altra
formazione strampalata che non doveva
partecipare ad un Europeo, poi a causa della
guerra in Jugoslavia, prese il suo posto e vinse
addirittura il prestigioso torneo. Era il 1992,
proprio quando i Teramani si giocavano le pro-
prie chance mondiali ad Ostuni. Attualmente
chi riveste la carica di presidente, come detto
è Nicola Franchi, ma questa responsabilità nel
passato l’hanno avuta sia l’anestesista Remo
Dragoni che l’ex medico sociale del Teramo
calcio Nino Gaetano Bonolis, entrambi pur-
troppo scomparsi: “Chissà come avrebbero
gioito nell’alzare la coppa? Nella partita d’a-
pertura del torneo mondiale, i medici teramani
partono male: vengono sconfitti dagli ottimi
Nord Africani dell’Asma Algeria, poi rincontrati
in finale e sconfitti ai rigori per 4-3. È stata una
galoppata trionfale. Nella finalissima è stato
decisivo il penalty realizzato deal portiere
Cristian Di Giuseppe che subito dopo ha pure
parato il tiro dagli undici metri dell’algerino.
I tempi regolamentari e i supplementari si
erano conclusi sul risultato di zero a zero, con
i Teramani più volte vicini alla marcatura e
decisamente protagonisti di un buon match.
Il Mondiale insomma è arrivato di rigore: il
primo a calciare dal dischetto è stato Ranalli
che depositava la sfera in fondo al sacco, poi
hanno segnato Petronio, Bucci e appunto Di
Giuseppe, festeggiato e travolto dagli abbracci
di tutti i compagni e dell’accompagnatore
Mauro Puccetti e dal resto della comitiva.
All’altoparlante hanno poi scandito i nomi dei
campioni del mondo: Baggio, Cicchi, Doria,
Bucci, Amabili, Pasqualini, De Nicolò, Petronio,
Quinque, Esposito, Quaranta, Negro, Di Giulio,
Di Sante, Misantoni, Ranalli, Di Giuseppe. “Non
ci sono stati solisti - precisa Franchi - anche
se ci sono fior di giocatori che sono stati
ingaggiati da squadre di buon rango, come nel
caso di Ciro Petronio e Marco Bucci”. In tempi
di spending review, il presidente ci tiene a sot-
tolineare come tutti si siano cappiati, si siano
autofinanziati per arrivare a Zagabria: “E c’è
chi pure ha aiutato gli altri che altrimenti non
potevano permettersi la trasferta”. Proprio
roba da campioni del mondo! n
L’associazione sportiva dei medici teramaniottiene il suo primo mondiale di calcio a Zagabria
We AreThe Champions
15Satira
diMimmoAttanasii [email protected]
“Chi vuol essere milionario?” A dire la verità, quando c’era
lei, la lira, si stava meglio. E nel gioco condotto ininter-
rottamente da Gerry Scotti dalla prima puntata, facendo
“la ultima” il 29 luglio 2011, si parlava di miliardi, mica di
noccioline! Memorabili le domande rivolte al pubblico televisivo. Conci-
se e dettagliate quanto un algoritmo della NASA: “Le piramidi d’Egitto
si trovano in Egitto o in Tunisia?”. Bisognava rispondere esattamente,
previa telefonata a un numero verde, per poi accedere alle “elemosine”
distribuite a pioggia sui dotti e intellettuali partecipanti al concorso
telefonico. Poche migliaia di euro, che comunque non fanno schifo, per
essere addomesticati da una TV sempre più generalista, insulsa e fuor-
viante, soprattutto se seguita da occhi non svezzati e sottomessi alle
voglie autolesioniste di nonne e nonni, badanti pomeridiani di riserva,
delle generazioni a venire. Chi si riconosce in queste orme suggestive
del parlato, non potrà fare a meno di condividere le scenette, le situa-
tion comedy da veicolare agli amici del happy hour. Quei buffet portatili
n.90
dai quali attingere a gomiti alti e un’oliva masticata, che ti rotola in boc-
ca come la pallina del lotto di una volta. La pastasciutta tenuta insieme
dal caldo, le tartine, le focacce, le pizzette, la salsiccia spalmata sul pane
unto dalla delicatezza dello strutto, i piatti da riempire fino all’orlo, con
acrobatica diffidenza nei confronti dell’avversario che siede di fronte
con piglio minaccioso.
Birra bionda o quella
scura, non c’è differenza:
il luppolo non fa perdere
il vizio. Un malcostume
che si perpetua anche
dietro lo schermo dei te-
levisori. In questi giorni,
si sta mordendo la coda
un jingle promozionale
di un altro concorso,
specifico per tutti quelli
che sono in possesso
di sovrabbondanze scorte di materia grigia. “Telefona a questo numero
e potrai vincere diecimila euro. Alza la cornetta o vai sul nostro sito.
Ma fai presto, cazzo!”. Come al solito, i malfidenti invece sorvegliano
attraverso il monitor di un tablet o il vetro di un plasma, accresciuto con
speciali trattamenti della superficie di sostanze idrorepellenti anti-sputo.
Ma si sa, è l’esuberanza dei giovani che non hanno alternative, se non
le effimere apparizioni anticipate da trailer policromatici e seguiti poi da
spettacoli non rispondenti alle aspettative. Comunque sia, nulla di inso-
stenibile. Se non la leggerezza dell’essere consapevoli di una schiac-
ciante supremazia non culturale da parte di chi si arrabatta inutilmente
a mettere insieme le tessere di un puzzle da sfasciarsi puntualmente a
maggio, quando chiude la stagione televisiva, per ricomporlo sempre e
maldestramente l’autunno seguente. E ricordatevi che siamo in estate,
le finestre sono aperte. Per non arrecare disturbo ai vostri vicini, abbas-
sate il volume del vostro televisore. Buona visione! n
Il luppolonon fa perdere il vizio
Francese di nascita, Hélène Thomas ebbe
una breve carriera di cantante lirica prima
di sposare l’americano Louis Dudley Beau-
mont, ricchissimo proprietario di una catena di
grandi magazzini negli USA, con il quale visse
a lungo in Francia animando la vita mondana
della costa azzurra negli anni precedenti la
prima guerra mondiale.
Il marito divenne presidente dell’Aeroclub
americano in Francia, ricevette il titolo di Ca-
valiere Della Legion d’Onore per aver aiutato
l’aviazione durante il conflitto e la coppia
acquistò una famosa villa neo-barocca a Cap
d’Antibes dove, fino alla morte del marito nel
1942, si concentrò non solo la vita mondana
francese, ma anche l’intensa attività filantro-
pica e caritatevole che i Beaumont svolsero
sempre tra l’Europa e gli Stati Uniti.
La famosa villa fu donata alla città di Antibes
nel 1982 e molti dei magnifici oggetti d’arte
che la arredavano furono messi all’asta nel
1992.
Quando nel maggio del 1994 apparvero sul
mercato anche i gioielli di Hélène Beaumont
fu subito evidente all’occhio degli esperti che
una collezione così sontuosa non si vedeva
dai tempi della Duchessa di Windsor.
Completamente composta da pezzi particolari
dei più famosi nomi della gioielleria mondiale,
la collezione di Hélène Beaumont rappresenta
un vero riassunto della storia del gioiello nelle
sue forme più personali, sfarzose ed eleganti.
La predilezione della Beaumont si orienta
sulle pietre più preziose in assoluto come
diamanti,smeraldi, rubini e zaffiri ma raccoglie
anche pezzi tipici degli anni quaranta e cin-
quanta, in un insieme decisamente raffinato,
ricercato ed elegante. n
L’eleganza diHélène Beaumont
L’oggetto del desideriodi CarmineGoderecci
Per il mondo della scuola non è certo confortante sentire che per
l’OCSE l’Italia si è vista assegnare la maglia nera per diversi aspetti.
Abbiamo gli insegnanti più anziani e tra i meno pagati dei paesi
OCSE ed europei e mancano laureati e risorse che altrove sono
state destinate all’istruzione, anche nei periodi di crisi.
L’Istituto di Parigi ha pubblicato” uno sguardo sull’istruzione 2013 “ che
evidenzia le pecche del sistema formativo italiano.
Basta leggere poche righe per capire l’immensa distanza che intercorre
tra la politica italiana, in termini di formazione delle nuove leve, e quelle dei
paesi più avanzati.
“L’Italia è l’unico paese dell’area dell’OCSE che dal 1995 non ha aumenta-
to- scrivono gli esperti dell’organizzazione internazionale - la spesa per stu-
dente della scuola primaria e secondaria. Al contrario, nello stesso periodo
i Paesi dell’OCSE hanno aumentato in media del 62 per cento la spesa
per studente negli stessi livelli d’istruzione”. Anche il settore universitario
sembra non discostarsi molto. Negli ultimi 15 anni, la spesa per studente
di livello terziario è cresciuta del 39 per cento, mostrando un aumento
superiore alla media Ocse del 15 per cento. Tale aumento è comunque
riferibile ai fi nanziamenti provenienti da fonti private. Comunque, la spesa
per studenti di livello terziario, continua ad essere inferiore alla media
dell’area Ocse. In altre parole possiamo affermare che i Paesi più avanzati
per poter restare nel mercato hanno investito e continuano ad investire
sull’istruzione universitaria.
Se ci spostiamo nell’ambito tecnologico, anche lì le cose non sono molto
brillanti. Un recente studio Ocse sul piano nazionale per la scuola digitale
sottolinea un ritardo da parte dell’Italia per quanto riguarda le dotazioni
multimediali e l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comuni-
cazione: “Un piano ben strutturato” ma “con pesanti vincoli di bilancio”,
lanciato nel 2007 e ancora non entrato a pieno regime. Questo un dipinto
in chiaroscuro dove le ombre prevalgono sulle luci e il gap didattico/tecno-
logico dell’Italia rispetto agli altri Paesi appare in tutta la sua evidenza.
Proprio mentre veniamo bombardati da notizie non troppo incoraggianti, il
nostro sistema scolastico fortunatamente, è il caso di dirlo, muove i primi
passi verso una presenza sempre maggiore di dotazioni multimediali e
Istruzione16n.90
L’Ocse bacchetta l’Italia su scuola e università
diMaria Gabriella Del Papa [email protected]
A settembre un nuovo progetto:Smart future di Samsung
Ciò che un tempo sembrava pura utopia,
ora sta diventando realtà.
Si potrà studiare comodamente da
casa tramite un programma ideato e re-
alizzato dalla North Carolina State University, la
quale ha già sottoposto diversi ragazzi alla sperimentazione.
Il programma sarà in grado di rilevare le emozioni degli studenti e il loro
stato d’animo come, stress, ansia, tranquillità ecc. tramite un software
chiamato Cert (Computer Expression Recognition Toolbox), un algoritmo
capace di comprendere le espressioni facciali, nella sua sperimentazione.
Questo progetto é stato studiato davvero nei minimi particolari,
addirittura sono stati previsti dei messaggi vocali che interverranno
sul ragazzo che sta studiando, ad esempio: se il soggetto compie degli
errori e il sistema monitora un’espressione di frustrazione, insicurezza, il
software potrebbe fornire un messaggio motivazionale della serie “non
preoccuparti, solo sbagliando si impara”. Se invece non viene rilevato
nessun segno di sconforto, il messaggio potrà essere di diverso tipo».
Un test eseguito su 65 studenti, per l’85% dei casi ha rilevato le esatte
emozioni dei ragazzi
cultura informatica. Sta facendosi strada un progetto che farà la
sua comparsa a settembre: “Smart future di Samsung”, nato
per favorire la digitalizzazione dell’istruzione, partendo innanzitutto
con la formazione degli insegnanti, poi gli alunni, quindi le loro
famiglie.
Il Progetto prevede la realizzazione di classi digitali in circa 300
scuole italiane nel triennio 2013- 2015, dotandole di tecnologie
digitali e corsi preparatori per i docenti.
La Samsung ha deciso, per rendere indipendente questa iniziativa,
di avvalersi di esperti di
un certo rilievo, prove-
nienti da diversi ambiti
dell’educazione, attraver-
so la creazione di un Advi-
sory Board che farà da
garante nel certifi care la
correttezza e precisione
del progetto. Ci saranno
delle valutazioni periodi-
che per coloro che hanno
aderito all’iniziativa.
Presso il Cremit (centro di ricerca sull’educazione ai media, all’informa-
zione e alla tecnologia) della Cattolica sarà costituito un Osservatorio
sulla digitalizzazione nella scuola, diretto dal Professor Rivoltella con il
coordinamento scientifi co del professor Pierpaolo Limone, che si occuperà
di svolgere un’indagine sia qualitativa che quantitativa per fare il punto
della situazione e monitorare l’impatto dei nuovi strumenti tecnologici nel
processo di apprendimento, sulla formazione dei docenti e sui percorsi
didattico-educativi rivolti agli studenti “ nativi digitali”. n
Studiare da casa, in tutta tranquillità, grazie ad una WEBCAM
iò che un tempo sembrava pura utopia,
alizzato dalla North Carolina State University, la
grazie ad una WEBCAM
17
La danza è il linguaggio nascosto
dell’anima, è una poesia in cui ogni
parola è movimento e chi la esegue
fl uttua come un dio immortale. Non
è solo uno sport, s’affanna a far com-
prendere Valentina Di Sabatino, “ma arte
e disciplina e attraverso questa pratica
una persona riesce ad esprimere qualsiasi
stato dell’anima”. In genere chi cresce con
la danza, anche nei momenti di solitudine
riesce di solito a trovare conforto in quella
che possiamo defi nire una dimensione
dello spirito. S’incarna la grazia, la roton-
dità dei movimenti, l’ampiezza regale dei
gesti: quale altra pratica può trasmettere e
donare tali preziose qualità?
E per rafforzare questa forma mistica-
sportiva, a Teramo nasce una nuova realtà,
l’”Indipendance”, che si ripromette di
trasmettere questa arte, in forma di diversi
stili, dalla classica al modern jazz; dal
contemporaneo all’hip hop; passando per
la video dance, le danze folkloristiche, il
fl amenco e sevillana, fi no al repertorio di
musical e tip tap, danze caraibiche, latino
americane e ancora zumba e zumbatomic,
la nuova disciplina rivolta ai più piccolini...
“e – segnala Di Sabatino - tante tante altre
novità che ora non voglio svelarvi ma che
mi propongo di farlo nel prossimo articolo
in uscita a settembre”.
Ad affi ancare la teramana (tre borse di
studio e un corso presso l’Aid di Giaco-
mo Molinari e teatro di Renato Greco), ci
saranno anche Francesca e Carla Voconi,
quest’ultima reduce dai più grandi pal-
coscenici del mondo, come partner dei
più famosi ballerini del panorama salsero
internazionale. Voconi ha inoltre iniziato
gli studi di danza classica con l’illustre e
indimenticabile Liliana Merlo e ha lavorato
successivamente al fi anco di Annino Di
Giacinto: attualmente è diplomata in danza
caraibiche, coreografi a e danza moderna
ed è infi ne conosciuta in città come balleri-
na e insegnante.
Assieme a loro ci saranno tanti altri inse-
gnanti tra cui spiccano i nomi di Manolo
Perazzi e Fabrizio Ferri con la sua “Dale
Dos Academy” per creare un nuovo centro
dove poter studiare e approfondire tutti
gli stili di danza e non solo. Le tre ragazze
promettono scintille ripromettendosi di
instillare nei Teramani la curiosità così
da farli avvicinare a questo sport anche
per altri motivi. D’altronde il ritmo, è
riconosciuto da tutti, possiede un potere
terapeutico, assieme ad una potenza crea-
n.90
trice, che risveglia la forza vitale ponendosi
in risonanza con i ritmi del cuore e della
respirazione; è un regolatore dei disordini
fi sici, energetici, sociali, psichici. A metà
Settembre, poi, inizieranno le iscrizioni per
i corsi del Pizzica pizzica e tarantella del
Sud, tenuti da Pamela Pingiotti. Tutti i corsi
avranno inizio ad Ottobre. L’Indipendance
è sito in Via Roma, nei pressi dell’Ater, e
consta di un locale di più di 200 metri qua-
drati, vasto, comodo, ben areato e molto
funzionale.
Le tre ragazze fanno sapere che non c’è
alcun limite di età per quanto riguarda la
frequentazione dei corsi, è aperto a tutti,
dai più piccoli fi no ai meno giovani, un po’
in là con l’età. n
Nuove realtà nella danzadallaRedazione [email protected]
Indipendance
Collezionismo nell’Arte18n.90
Come nasce una donazione? A sentire il noto gallerista Alfredo
Paglione “in maniera del tutto inaspettata”: metti un regalo di
matrimonio e metti pure che quel dono si trasformi negli anni
in una gentilissima ossessione che martella lo scandire dei tuoi
giorni o in una metafisica contaminazione, ecco che tutto prende forma
“con sviluppi incredibili che voi nemmeno immaginate” sibila l’ideatore
della famosissima galleria “32” di Milano. Questo che Paglione vuole
narrare non è solo un approccio alla futura esposizione di tartarughe
presso il Museo dell’Università “D’Annunzio” di Chieti, bensì narrare
come si sia potuto ingenerare un circolo magico, virtuoso e reiterato:
“Tutti i nostri gesti sono diretti da un ente superiore che guida i nostri
passi” pare rassegnarsi con felice abbandono. Tutto ebbe inizio il 21
Ottobre del 1967 quando presso la Chiesa di Sant’Andrea a Pescara,
il gallerista convolò a nozze con la violoncellista colombiana Teresita
Olivares (venuta a mancare 5 anni fa): un’unione che Paglione benedirà
per tutta la vita, una musa ispiratrice per il suo lavoro e per la vita di
tutti i giorni. Raffaele Carrieri, famoso poeta tarantino che a quei tempi
...la Signora delle Tartarughe
diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com
TeresitaOlivaresPaglione
Alfredo Paglione
Wanda Broggi - Ritratto di Teresita Olivares, 1991
Sandro BoccardiA Teresita
Brucia l’inverno rami secchi in orotra ombre che dilungano. Maternala meridiana veglia il sonno opaco
delle sepolte tartarughe,gusci di notti e giorni arcani
cunicoli d’argilla fra radici e muschiodove s’acquieta il limbo dei ricordi...
Celeste era la salvia fra le dita,e aria e mare un’unica materia
nel fuoco della vita.Dal poggio giù per via dello Splendore
c’era profumo di acquaragia e fruttaun giallo d’albicocca e pesca.
Ora la corda tesa alla conchigliafra le mani d’Apollo in alto cielo
(oh letargia del mondo)non vibra più l’attesa melodia.
frequentava i più grandi pittori, a cominciare da Picasso, fino a De Chiri-
co, Manzù, Campigli, offrì alla coppia una raffinata tartaruga di ceramica
dell’Ottocento toscano: “Se vi piace prendetela e portatela a casa” riferì
seccamente ma con estremo garbo. “Dopodiché la vicenda assunse
sviluppi incredibili che voi nemmeno immaginate” riferisce ancora una
volta Paglione, assiso nel suo divano chiaro del buen retiro di Giulianova,
con una luce melanconica ed ampia che di sghembo gli trafigge il viso e,
con quei mustacchi sudamericani, gli illanguidiscono il volto severo. Da
lì nacque tutto, da quel dono. “Quello fu il primo passo della collezione
e della conseguente donazione”. Del resto “le opere degli artisti parlano
se sono esposte” ripete con tono profetico. Da quel giorno, infatti, tutto
risultò essere una sorta di prodigiosa e fatidica concatenazione di eventi
che ha contornato un amore immenso e anch’esso di per sé miraco-
loso. Da quel regalo di matrimonio giunsero, e continuano tuttora
a giungere, tartarughe di ogni fatta e materiale, in pratica da tutto
l’universo artistico conosciuto: di ceramica, di legno, riprese in foto,
dal Vaticano o dal Giappone oppure dalla Spagna, e portano tutte la
firma di artisti eccezionali come Picasso, Sassu, Guttuso, Fontana,
Fieschi, Cascella, Bodini, e tanti altri ancora.
Paglione un giorno perorò la causa di donare ai Musei Vaticani le
opere importanti del cognato Aligi Sassu: “Regalai una grande croce-
fissione (3x2), assieme ad una via Crucis e ad un grande affresco (5x6),
che avevo fatto staccare da un muro di un albergo che era in demo-
lizione. Dopo poco tempo si annunciò e venne a trovarci il segretario
di Paolo VI, portando con sé un dono per noi: era una tartaruga con
il ritratto di Paolo VI. Ma una speciale, in oro, che dei signori di Toledo
avevano regalato al Papa”.
Teresita, in vita, si è fatta conoscere ed amare da molti: “Trasmetteva
gioia di vita, purezza” riferiva l’artista Renata Minuto. Lo stesso Carrieri
l’aveva soprannominata “tortora nera”, Quasimodo le aveva dedicato
perfino dei versi. Conobbe suo marito a Cùcuta, in Colombia, in un viag-
gio di studio. Nel 1961 si trasferì a Milano, ospite della sorella Helenita
19n.90
Alfredo Paglione e Laura Rabottini
continua sulle pagine seguenti
Giuseppe Mollica - La Tartaruga (in memoria di Teresita), 2008
Collezionismo nell’Arte20n.90
segue da pag. 19
che poi sposò l’artista Aligi Sassu. Nella città lombarda si appassionò
sempre più all’arte figurativa seguendo l’attività del marito e trascorse
diverso tempo a Maiorca in una residenza estiva meta di artisti di spic-
co come Rafael Serra, Rafael Alberti, Baltasar Porcel e altri. Una volta
conosciuta la collezione che stava portando avanti la signora Paglione,
giungevano tartarughe da ogni dove, anche dal giapponese Nishida. Lo
stesso cognato del gallerista, Aligi Sassu, volle omaggiarla componendo
l’acquarello “la tartaruga e la luna”.
Spesso dalle sue sortite all’estero, a Madrid o in Germania, Paglione
riportava a casa il solito regalino in tutte le salse e di tutte le forme e co-
lori a Teresita, tanto che alla fine saranno 720 le tartarughe accumulate.
“Ho fatto una scelta insieme alla mia collaboratrice Laura Rabottini di
donare tutti questi esemplari al Museo Universitario di Chieti” conferma
il gallerista abruzzese. “Solo esposte le opere possono parlare di sé”
ripete ancora una volta.
“A casa avevo vetrine e scatoloni pieni di tartarughe, non sapevo più
dove metterle, un esercito silenzioso come solo Teresita sapeva essere:
a Roma c’era una suora di 90 anni del Divino amore che era innamorata
di lei. Ad un certo punto volle dedicarle un oratorio dei piccoli, e a una
sua nipote fece disegnare quattro belle tartarughe. Poi mi disse: ma non
si può avere qualche tartaruga in più?”. Da quel giorno ci fu un nutrito e
intenso scambio di tartarughe.
Peccato che nella collezione ne manchi una di ceramica di Castel-
li malgrado Paglione, assieme a Sassu, ci sia stato più volte. Pietro
Cascella un giorno andò a trovare la coppia e domandò semplicemente
al gallerista: “Ma tua moglie fa collezione di tartarughine?”. Poco tempo
dopo tornò con una sottobraccio, scolpita in travertino. Anche le nostre
artiste teramane Rossella Faraone e Gabi Minedi hanno contribuito ad
ampliare la collezione di Teresita.
Aligi Sassu - La tartaruga e la luna, 1980
Renato Guttuso - Tartaruga, 1965
21n.90
Un’artista americano creò una grande tela che raffigurava Teresita ed
Alfredo ed una tartaruga sullo sfondo. Poi c’è Fontana: “per due anni
(nel 1958 e nel 1959) l’ho visto lavorare quotidianamente ad Albissola.
Lì, dietro suo invito, trascorsi i mesi estivi in casa dell’artista sardo che
spesso mi portava a cene e pranzi, gomito a gomito con tanti grandi
artisti. C’era anche Picasso assieme a Fontana che tutti i giorni realizza-
va crocefissi: diventammo così amici che successivamente realizzò la
scenografia (tre pannelli girevoli) al teatro che avevo aperto a Milano”.
Paglione comunque non seppe mai se l’artista avesse realizzato la
tartaruga per Teresita, opera che poi vide a casa di un noto editore del
tempo. Attraverso uno scambio ne venne successivamente in possesso.
La tartaruga viene adorata come sostegno del trono divino, disse una
volta Teresita, “e i miei cugini Maya raffiguravano il dio della luna con
una splendida corazza la cui trama è fatta di scaglie di tartaruga”.
Nella collezione di Teresita ed Alfredo c’è proprio di tutto, una vasta
gamma di esemplari che si sono succeduti al primo dono di Carrieri: la
corazza di Floriano Bodini, in onore della famosa galleria d’arte “32”;
le pietre di Pietro Cascella; i colori autunnali di Giannetto Fieschi; i
colori vividi di Renato Guttuso, quasi etnici; gli origami di Fujio Nishida;
l’omaggio di Gaston Orellana; la tartaruga di Via Appiani di Marco Petrus;
e il guerriero di Capestrano di Lucio Trojano con in testa la corazza ani-
malesca vecchia di 200 milioni di anni. Tra le varie: tartarughe a spilla in
argento, ad orologio, cinese, a soffione, portaoggetti, in cristallo soffiato,
portagioie, in pasta di pane e perfino in pietra lavica coreana.
“Perché faccio queste donazioni all’ Abruzzo?” torna a chiedersi il galle-
rista. “Innanzitutto per ricordare Teresita e non certo per liberarmi delle
tartarughe. Lo faccio perché ho la mia segreta aspirazione che sia
un po’ d’esempio a tutti, in questo modo spero che tutti incomin-
cino a collezionare, qualsiasi cosa, anche bottoni, pietre, brillanti.
Potrà essere d’insegnamento ai ragazzi di oggi”.
Perché proprio l’Università di Chieti? “Mi piaceva l’idea che vicino
ad un parco che stava sorgendo a Torino di Sangro ci fosse un
museo della tartaruga. Rimanemmo però delusi dal luogo per via
degli spazi troppo angusti per questo tipo di evento. Poi si organizzò
una piccola anteprima di mostra per un convegno e la cosa ebbe molto
successo, così è nata l’esposizione delle tartarughe di Teresita a Chieti”.
Ma Paglione vuole chiudere così: “La tartaruga è fondamento del co-
smo, garanzia di stabilità, forza nascosta e non violenta a fronte di ogni
attacco, corazza inviolabile per i mali e gli strali della vita, ponte tra cielo
e terra, ordine immutabile e insieme semplice e mite. Teresita era tutto
questo, lei, Signora delle Tartarughe”. nRenato Guttuso - Tartaruga sul prato
Pietro Cascella - La tartaruga, anni ‘80
Lucio Fontana - Tartaruga, fine anni ‘50
La crisi nei paesi della zona euro - avviata
nel 2008 con lo scoppio della bolla
immobiliare negli Stati Uniti e aggrava-
tasi con l’esplosione del debito Greco
nel 2009 e dei debiti pubblici e privati di altri
paesi dell’Unione nel 2010 – non sembra voler
mostrare, ad oggi, segni di una sua risolu-
zione. Al contrario, i costi umani e sociali per
milioni di persone continuano a moltiplicarsi.
L’opinione più diffusa, nei mass media e in
buona parte dell’accademia, è che tutto ciò
sia l’inevitabile conseguenza delle misure di
austerità adottate per contrastare il rischio di
credito connesso agli attuali, insostenibili li-
velli di debito pubblico. Mossa dalla pressione
esercitata dall’attività speculativa dei mercati
e dall’innalzamento dello spread, la politica
nei paesi che necessitano di aggiustamenti
fiscali deve barcamenarsi tra la Scilla di una
eccessiva contrazione fiscale, che riduce la
domanda e l’output nel breve periodo, e la
Cariddi di una perdita di fiducia sulla solvibilità
del debito sovrano, che ha effetti deleteri sui
tassi di interesse e sull’economia reale. Una
situazione con pochi margini dii migliora-
mento.
Tale spiegazione, apparentemente ovvia, è
tuttavia fuorviante e potenzialmente dannosa
perché: a) non distingue i paesi della zona
euro dai paesi con propria sovranità moneta-
ria; b) non identifica in modo corretto la fonte
del rischio di insolvenza sui debiti sovrani dei
paesi dell’Unione Monetaria Europea.
Innanzitutto, il rischio di insolvenza sul debito
sovrano è semplicemente inesistente nei
paesi che operano con una propria moneta
e una propria banca centrale con funzione di
prestatore di ultima istanza. In queste condi-
zioni, eventuali problemi di liquidità, innescati
da vendite massicce di titoli obbligazionari da
parte degli investitori privati, possono essere
risolti obbligando la propria banca centrale a
intervenire sul mercato per acquistare i titoli
obbligazionari e fornire la dovuta liquidità.
Naturalmente, ciò può accendere un rischio
valutario (rischio di una svalutazione del tasso
di cambio), ma questa è un’altra questione.
Inoltre, l’eventuale svalutazione, rilanciando
la domanda aggregata nella sua componen-
te estera, fornisce una comoda e potente
via di uscita dalla fase recessiva generata
dall’aumento dei tassi di interesse connesso
all’attività speculativa dei mercati.
Le agenzie di rating, impegnate nell’inutile
sforzo di fornire il rating di paesi come gli
USA, il Giappone o il Regno Unito ostentano,
su questo punto, tutta la loro imbarazzante
confusione e rivelano di non comprendere
letteralmente nulla di quello di cui parlano.
Il rischio sovrano esiste, invece, nei paesi che
sono parte di un’unione monetaria ed emet-
tono debito in una moneta non propria, come
quelli della zona euro. In queste condizioni,
l’assenza di una banca centrale impegnata a
garantire illimitatamente il debito sovrano e a
sostenere il mercato dei titoli di stato espone i
paesi membri a crisi di liquidità e di insolvenza
che tendono ad autorealizzarsi sotto la spinta
di movimenti collettivi di paura e panico
esplosi nei mercati finanziari. Il meccanismo
di realizzazione è semplice. Non potendo
costringere la BCE a intervenire sul mercato
dei titoli sovrani nella eventualità di vendite
massicce di obbligazioni guidate dalla paura
e dal panico presente sui mercati finanziari, i
governi nazionali perdono il potere di offrire
agli investitori la garanzia di avere sempre la
liquidità necessaria a pagare le obbligazioni in
scadenza. Di conseguenza, se l’Istituto Centra-
le decide autonomamente di non intervenire,
la carenza di liquidità permane e si aggrava, i
tassi di interesse continuano a salire e la crisi
di liquidità si trasforma in crisi di insolvenza
quando i tassi di interesse toccano livelli
proibitivi. Quando ciò avviene, l’aspettativa
di insolvenza sovrana da parte dei mercati,
ossia il timore che lo stato sovrano non onori
completamente il suo debito, è convalidata.
Il fattore chiave che guida la percezione del
rischio sovrano nei paesi della zona euro
non è quindi l’eccessivo indebitamento del
settore fiscale, ma l’assenza di un garante di
ultima istanza. Per arrestare, nell’immediato,
il disastro esploso nel mercato dei debiti so-
vrani occorre allora permettere che la banca
centrale offra tale garanzia. Il parziale, recente
allentamento delle tensioni sul mercato dei
titoli di stato ha poco o nulla a che fare con i
cambiamenti nelle posizioni fiscali dei paesi
periferici dell’Unione, che in verità sono anche
peggiorate a seguito della fase recessiva, ma
con il cambiamento di regime introdotto nella
BCE con l’avvento del governatore Draghi.
Ciò non implica che i paesi del sud Europa
non debbano perseguire politiche volte alla
correzione degli attuali squilibri di finanza
pubblica. La sostenibilità di lungo periodo
è chiaramente essenziale. Ma imporre, nel
breve periodo, a questi paesi arbitrari obiettivi
di deficit è non solo errato e ma oltremodo
dannoso. La posizione fiscale di lungo periodo
di paesi come Italia e Spagna, ad es., - il primo
con l’avanzo primario più elevato all’interno
dell’Unione e il secondo con un debito/Pil
inferiore a quello di paesi ritenuti più sicuri
come Francia e Germania – è relativamente
solida. Quel che occorre è un livello decente
di crescita economica.
Sotto tale aspetto, le misure di austerità av-
viate in molti paesi colpiti dalla speculazione
finanziaria, che hanno causato e acuito la fase
recessiva e danneggiato la loro capacità di
continuare a servire il debito, sono esattamen-
te l’opposto di quanto richiesto. Frutto di una
diagnosi errata dei fattori responsabili della
crisi del debito, nascondono un’insidia che
potrebbe rivelarsi letale per la sopravvivenza
della stessa unione monetaria: trasformare
la crisi di liquidità che ha dato origine a tutto
questo in una crisi di insolvenza, con inevitabi-
li effetti a catena e dirompenti su tutti i paesi
della zona dell’euro. n
22n.90
Economia
diGiovanniPiersanti
Docente Università di Teramoe Università di Roma Tor Vergata
Austeritàe crisi dell’euroCura letaleper una diagnosi errata
L’artista che fra questi è stato maggiormente mitizzato è Luigi Tenco, sia per la forza evocativa delle sue canzoni, sia per
il tragico modo con cui pose fine alla sua esistenza. Tenco
era musicalmente molto dotato, pianista jazz, sassofonista e
buon chitarrista,
ma soprattutto era
quello che aveva
meglio sviluppato
un suo stile perso-
nale, malinconico
e “popolare” nelle
musiche, amaro
“perdente” nei
testi. Nel suo caso
l’unione fra la
musica ed i testi
andava ben oltre la
somma algebrica
dei due elementi,
le sue parole rice-
vono dalla musica
una straordinaria
spinta emotiva,
e la musica si
piega duttilmen-
te alle esigenze del testo.
Fra i suoi brani è impossi-
bile non ricordare alcune
pietre miliari della canzone
d’autore: “Vedrai vedrai”, “Mi
sono innamorato di te”; “Un
giorno dopo l’altro”, “Lontano
lontano” sono brani che a
distanza di oltre quarant’anni
mantengono intatta la loro
carica drammatica e la loro
perfezione estetica.
Ai “genovesi” normalmente si
accomuna un artista che ligu-
re non è, e se lo si inserisce
in questo gruppo è solo per
le evidenti affinità stilistiche:
Sergio Endrigo è nato a Pola, in Istria, ed ha fatto parte, come tutti
gli altri, della scuderia “Ricordi”. Il suo successo, negli anni ’60 è
stato vastissimo, ed è iniziato con “Io che amo solo te”, che già espri-
meva le caratteristiche dello stile di Endrigo, incentrato su una vena
di struggente malinconia e su una poetica della quotidianità. Malde-
stramente bollato come “triste”, è stato ingiustamente dimenticato,
nei decenni successivi, dal grande pubblico. Mi sembra quantomeno
delittuoso non ricordare invece successi come “Teresa” e “Canzone
per te”, con la quale vinse il controverso Sanremo del ’68, il primo
dopo la morte di Tenco. Questo brano era proposto in coppia con il
brasiliano Roberto Carlos, e questo accoppiamento mise in grande
evidenza il parallelismo fra la malinconia e la “saudade” brasiliana,
splendidamente interpretate dai due cantanti.
Intanto, fra la Via Emilia e il west, il giovane Francesco Guccini, grazie soprattutto alla sua crescente fama di autore, riusciva ad
incidere i suoi primi dischi. Questi, sebbene non fortunati come quelli
che negli anni settanta gli hanno dato un grandissimo successo in
veste di interprete, mettevano già in luce un personalissimo stile che
alle influenze francesi sommava la lezione di un altro padre storico
della canzone
d’autore: Bob
Dylan. Questa riu-
scitissima miscela,
ulteriormente
arricchita dalla
musica popolare
italiana, in parti-
colare quella della
tradizione mediter-
ranea, era invece
la base delle
canzoni di quello
che più di ogni
altro ha saputo
dare alla canzone
d’autore: Fa-brizio De Andrè. La
scomparsa di De Andrè,
sebbene emotivamente
devastante, non influi-
sce sicuramente sulla
opinione che ho della
sua musica, semmai mi
esime dallo spendere
ulteriori parole sulla sua
opera, che negli ultimi
anni è stata ampiamen-
te analizzata in tutte le
sue fasi. L’enorme mole di notizie che alla sua scomparsa ha invaso i
mass media, ha però posto alla mia attenzione un dato significativo:
non avevo mai considerato quante sue canzoni di successo sono
nate negli anni ’60. “La ballata dell’eroe”, “La ballata del Michè”, “Il
testamento”, “La guerra di Piero”, “La canzone di Marinella”, “La
canzone dell’amore perduto”, “La ballata dell’amore cieco”, “Amore
che vieni, amore che vai” e “Geordie” hanno visto la luce fra il 1961
ed il 1966, quando Fabrizio incideva per la Karim, e dopo tanti anni,
invece di appassire, sono migliorate, invecchiando come preziose
bottiglie di vino. n
Musica24 [email protected]
n.90
diFabrizio Medori
I “cantautori”2a parte
25
Siamo al 2° giro: female,
band, male, di nuovo al
femminile, per la serie
“Women in Rock” abbia-
mo a che fare con Mrs. PATTI
SMITH, spendiamo qualche pa-
rola: Icona, Sacerdotessa, Scrit-
trice e poetessa, Fotografa...
ARTISTA! Ricordo vividamente
la splendida “doppietta disco-
grafica” dell’esordio: Horses
(1975) e Radio Etiophia (1976),
pubblicati dalla Arista, archeologia musicale? Niente affatto, recenti sono
le riedizioni (remastered & expanded) di questi titoli, non dovrebbero
mancare in alcuna discografia che si rispetti. Eravamo in piena era Punk-
New Wave, Patti, alta, magra, dinoccolata, capelli corvini, quasi androgina
in giacca nera stretta e cravattino, procurò autentici shock ai frequenta-
tori delle venues più famose di NYC come il CBGB’s e Max’s Kansas City.
Inizialmente con il trio di musicisti, Ivan Kral, Richard Sohl e Lenny Kaye, successivamente si aggiungeranno Tom ‘Verlaine’ Miller, Jay Dee Daugherty, Tony Shanahan, Oliver Ray, Patty in quelle
infuocate serate, più chè cantare ‘declamava’ poesie, testi, composizioni
infarcite dei poeti “maudit” francesi (A. Rimbaud, C. Baudelaire...) fiori del
male e non solo, in cabina di regia, John Cale dei Velvet Underground!
L’impatto fu notevolissimo, così come il successo (vivaddio!), Patti, con
quella incredibile voce-verve che si ritrovava, cominciò a... cantare! Ora
singhiozzante e aggressiva, altre volte energica e stridula, voce incon-
fondibile, comunque musicale, i LP’s dalle covers ‘profumate’ (le mie
copie -originali import- sono ancora così). Siamo nel 2013, tutto questo
ha ancora senso? Ebbene si! Patti non ha smesso di stupirci: coltissima,
curiosa, viaggiatrice instancabile e stakanovista, l’Europa (. l’Italia e la
Francia) nel cuore, promotrice-organizzatrice di eventi (il recente Festival
al Parco della Musica di Roma), agitatrice culturale... Segnata da tragedie
personali, la morte del marito Fred ‘Sonic’ Smith (MC5), con 2 figli, Jesse
e Jackson, ancora da svezzare e crescere, la recente scomparsa dell’ex
young boy-friend Robert Mapplethorphe, grande fotografo. Banga, è l’ulti-
ma fatica (?)discografica, progetto scaturito nel 2008, quando insieme al
fido chitarrista Lenny Kaye, a bordo della nave Costa-Concordia (sappia-
mo tutti la fine che ha fatto!) ha percorso le rotte del Mar Mediterraneo,
toccando i porti di Rodi, Alessandria d’Egitto, Cipro, Izmir... traendo spunti
e ispirazione, fino a diventare brani completi con la post-produzione e
registrazione c/o gli studi Electric Lady (New York)e Hobo Sound (New
Jersey). Non è stata quindi, una crocera ma, un diario di viaggio. Il CD
inizia con Amerigo, dedicata al grande viaggiatore italiano che ha dato
il nome al nuovo continente, il brano funge da ouverture, strumenti a
corda (viola, violino e violoncello) si aggiungono ai tradizionali rendendo
la song briosa e vivace, segue April Fool, classica Patti Smith Group-
song, Tom Verlaine doppia la chitarra aumentando il ritmo, il maschietto
Jackson (Patti’s son) siede dietro i tamburi della batteria! N° 3: Fuji-San si
riferisce al terremoto di Tohoku (Japan) dell’11 marzo 2011, anticipatore
dell’immane tragedia di FUKUSHIMA, il testo a 4 mani (Patti e Lenny) è
una sorta di preghiera rivolta al Vulcano Fuji, di proteggere il popolo giap-
ponese: la voce di Mrs. Smith ‘dondola’ letteralmente fra le note. This Is
The Girl (n° 4) è Amy Winehouse, soul-singer inglese scomparsa a causa
degli abusi alcolici, pensata a Madrid, registrata a NYC, quasi un’elegia
della morte, sad song con il piano in evidenza. E’ la volta della title-
track Banga: chitarre e ululati di cani, tanti, come quelli fotografati nel
curatissimo booklet, cenni al fido domestico di Bulgakov, Gogol...). Track
n° 6, Maria non è altro che Maria Schneider, do you remember the movie
“L’Ultimo Tango a Parigi” di B. Bertolucci? Attrice simbolo generazionale,
scomparsa di recente (anche lei!) conosciuta durante il tour di Horses
del ‘76, canzone lenta, sofferta e drammatica, sembra di vederla la bella
Maria: occhi tristi, capelli selvaggi, maglietta bianca sotto l’abito nero,
dal Paradiso all’Inferno e/o viceversa. È la volta del lato sensuale del CD,
amore e raptus, la base musicale variegata, rappresenta un bel mosaico,
da qui il nome della traccia Mosaic, (n°7) con innesti di mandoloncello
(Dee Daugherty). Siamo a Tarkovsky-The Second Stop Of Jupiter (8), scrit-
ta durante una data-tour in Russia, palese riferimento al grande Regista
Andrei, grande connubio voce-strumenti, presenti nel brano entrambi i fi-
gli: Jesse al piano e Jackson alla chitarra, molto bella! La song n° 9 si chia-
ma...Nine, appunto, frutto della collaborazione di Johnny Deep, composta
a Porto Rico durante le riprese del film “The Run Diary” da lui diretto e,
qui Mr. Deep, suona pure la batteria! L’ennesima dedica riguarda la track
n° 10, Seneca, una delle mie preferite, stupenda song riferita al proprio
‘figlioccio’ Seneca Sebring, bellissimo bimbo immortalato nel booklet,
intensa ninna-nanna o ‘lullabye’ suona meglio, bellissimo il testo! Siamo
a 11, tenetevi forte! Arriva Constantine’s Dream (il Sogno di Costantino)
pezzo forte dell’album, citazioni esplicite (affresco La Leggenda della
Croce, Piero della Francesca; S. Francesco d’Assisi e il Lupo di Gubbio;
Arezzo e la Toscana...) extra-long song (10’:20”) un autentico mantra,
ipnotico, incalzante, registrato proprio nella città aretina con l’aiuto dei
musicisti de “La Casa del Vento” nonchè del recitato (in Italiano) della
Preghiera di S. Francesco ad opera di Stefano Roghi! Veramente una gran
cosa, struggimento totale. Non è finita qui, troviamo la versione di After
the Gold Rush del loner canadese Neil Young, prefer-song dei figli di Patti,
comunque prescindibile. Infine (siamo a 13) è la volta di Just Kids, Mrs.
Smith riprende le coordinate delle songs più collaudate, questa canzone
è presente solo nella ‘special edition version’ (in mio possesso) vale la
pena di spendere 1 € in più. Il CD in questa versione, sembra più un libro
che un disco, soprattutto nel formato: 64 pagine, foto (alcune bellissime)
tutte in b/n, testi, note, dettagli tecnici e altro. Patti conferma la caratura
di artista universale, d’accordo, dall’esordio molta acqua è passata sotto
i ponti ma...non è passata invano.
Durata: 63’:19” - Voto: 7 1/2 n
n.90
Write about... the records!
diMaurizio Carbone [email protected]
BangaPatti Smith CD “Special edition” 2012 - Columbia/Sony Music
In giro26diSergioScacchia [email protected]
n.90
Tesori da valorizzare
I percorsifluvialidi Teramo
Immaginate Una città che prende il suo nome non da un solo
fiume, ma da due ha nell’acqua la traccia indelebile della sua
identità. E Teramo, l’antica Interamnia ha sicuramente la sua
memoria storica nel Vezzola e nel Tordino che l’abbracciano così
forte da creare una sorta d’isola felice.
Immagini certo molto diverse da quelle amene e gioiose di un tempo,
quando i fiumi erano la meta sociale di tutti: dei giovani che pesca-
vano granchi e anguille e si tuffavano in acque pulite, dei vecchi che
scambiavano opinioni sotto l’ombra degli alberi, delle lavandaie che
sulle pietre strofinavano i panni dei pittori che in questo luogo ameno
trovavano ispirazione per le loro tele immortali, dei contadini che qui
avevano i loro orti.
La portata d’acqua oggi certifica che siamo davanti a due piccoli
torrenti con margini rimaneggiati, per quelli che un tempo, neanche
lontanissimo, erano due fiumi navigabili. I crinali barbaramente incisi
e l’urbanizzazione selvaggia hanno impedito la tutela dell’ecosistema.
I percorsi fluviali, nonostante molte interruzioni dovute al Lotto Zero
e a piccoli disastri ambientali, rappresentano ancora una ricchezza
naturalistica tra salici, pioppi, sambuchi, allori, giunchi e cardi e tra
aironi, corvi e rondini che spiccano voli nei luoghi più nascosti. I fiumi
aiutano anche a trasmettere ai giovani una conoscenza storica del
territorio.
Dal fiume Tordino con un po’ d’intraprendenza e lungimiranza, il
comune di Teramo potrebbe creare un percorso che dal fiume alle
colline, porterebbe in montagna verso le sorgenti del fiume sotto il
monte Gorzano, cima principe del complesso montuoso della Laga.
Dall’altra parte, seguendo il corso del Vezzola si riscoprirebbe una
vetusta arteria importante di comunicazione tra i popoli del nord Italia
e quelli centrali, la Via Regia di cui racconta nei suoi scritti lo storico
teramano Palma.
Un itinerario bellissimo che proseguiva oltre Campli, percorrendo la
sommità delle tondeggianti colline per raggiungere Civitella del Tron-
to, quindi s’inoltrava di là dai confini del Regno, verso Ascoli Piceno.
Partendo dalla città, dalla storica Fonte della Noce che ricorda il
passaggio della Regina Giovanna, nell’antica borgata Vezzola o dal
vecchio Tiro a
Segno, incontria-
mo il Ponte degli
Impiccati, nome
spaventoso che
evoca momenti
bui e tempestosi.
Conosciuto dai
teramani come
“lu ponte degli
Impisi” cioè gli
appesi, queste
quattro pietre
scampate ai di-
sastri dell’uomo
e della natura,
risalgono al XII
° secolo o giù
di lì. Da qui, fino
agli inizi dell’800,
passavano i con-
dannati a morte
per impiccagio-
ne e ghigliottina
reclusi nelle
carceri della
Teramo di allora,
ubicate nell’ex convento di Sant’Agostino.
Il pezzo dell’arcata del ponte che ha resistito al tempo, già seminter-
rato, scomparve oltre trent’anni fa, inghiottito da improvvidi interra-
menti, durante la realizzazione del Piazzale San Francesco.
Risalendo il lungofiume del Parco del Vezzola percorrendo la pista
ciclopedonale si arriva al medievale Ponte degli Stucchi, posto sul
greto del corso d’acqua. L’opera, oggi in abbandono, era un passaggio
cruciale per chi anticamente voleva raggiungere Ascoli Piceno, grande
direttrice di una Strada Reale che il Palma ipotizzava collegasse
Teramo e Bellante attraverso la collina di Scapriano, a Ponte Vezzola.
Una piccola erta di cento metri conduce al piazzale del Palazzetto
dello Sport con la possibilità, su stradine secondarie, di attraversare
27n.90
il piccolo abitato di Scapriano, in collina e
conoscere l’affascinante chiesina di San
Martino.
Dalla piazzetta si scoprirebbe un panorama
inenarrabile. Un vero spettacolo mozzafiato:
il mare Adriatico, i Monti Gemelli, la catena
del Gran Sasso, la roccaforte di Civitella.
Continuando lungo il fiume si troverebbe il
punto di confluenza delle acque del torrente
che scende da Vena a Corvo.
Lungo il greto del fiume, ci si troverebbe da-
vanti a un ambiente selvaggio con affluenti
che formano spettacolari canyon fino ad
arrivare nella Piana Dèlfico, così denominata
per essere stata una delle tante proprietà
di quest’agiata famiglia di Teramo. Deviando
in alto si visiterebbe il paese di Castagneto,
arrivando in montagna attraverso Ioanella,
Poggio Valle, il paese abbandonato di Valle
Piola e Acquaratola. n
Coldiretti informa28n.90
La spesaper i prodottia km. zerosale a 3 mld
diMassimilianoVolpone Direttore Coldiretti Teramo
Più di 3 miliardi di euro sono stati spesi per l’acquisto di prodotti
alimentari “a chilometri zero” nel 2012 con un contributo deter-
minante al contenimento degli sprechi alimentari e alla riduzione
delle emissioni di gas ad effetto serra provocate dai trasporti del
cibo. Si stima infatti che i prodotti alimentari come la frutta e la verdura a
chilometri zero, acquistati al mercato degli agricoltori o direttamente nel-
le azienda agricole riducano gli sprechi del 30 per cento perché sono più
freschi e durano fino a una settimana in più rispetto a quelli dei canali di
vendita tradizionali, ma anche perché non si verificano le perdite dovute
alle intermediazioni commerciali, conservazioni intermedie in magazzino
e lunghi trasporti che compromettono gli altri prodotti prima di arrivare
sul banco di vendita.
Sul piano ambientale, acquistando prodotti alimentari a chilometri zero,
si riducono anche le emissioni di gas ad effetto serra provocate dai tra-
sporti per lunghe distanze e si stima che, grazie alla spesa “salva clima”
degli italiani, nei mercati degli agricoltori si sia ridotta di 98 milioni di chili
l’anidride carbonica ad effetto serra emessa nell’atmosfera in un anno.
È stato calcolato infatti che
un chilo di ciliegie dal Cile per
giungere sulle tavole italiane
deve percorrere quasi 12mila
chilometri con un consumo di
6,9 chili di petrolio e l’emissione
di 21,6 chili di anidride carbo-
nica, mentre un chilo di mirtilli
dall’Argentina deve volare per
piu’ di 11mila chilometri con un
consumo di 6,4 kg di petrolio
che liberano 20,1 chili di anidri-
de carbonica e l’anguria brasiliana, che viaggia per oltre 9mila km, brucia
5,3 chili di petrolio e libera 16,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo
di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei.
Acquistare prodotti a chilometri zero è anche un segnale di attenzione al
proprio territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circon-
da, ma anche un sostegno all’economia e all’occupazione locale, si tratta
di una responsabilità sociale che si diffonde tra i cittadini nel tempo della
crisi. L’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra
coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono che ha
tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo
sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello
stesso arco di tempo. n
I suffissi e i prefissi svolgono un ruolo impor-
tante nella formazione di nuove parole. Si
chiamano suffissi i morfemi grammaticali
che seguono un morfema lessicale, prefissi
i morfemi grammaticali che precedono un
morfema lessicale. Ogni suffisso è portatore
di uno specifico significato, che acquista
valore solo quando è inserito in una parola.
Suffissi diversi possono, però, avere lo stesso
significato, come si può osservare dai seguenti
esempi:
suffissi che formano parole indicanti mestieri
o professioni.
•Aio:benzinaio,giornalaio,…;
•iere:infermiere,carrozziere,…;
•ista:giornalista,dentista,…;
•tore:muratore,restauratore,…;
•aiolo:barcaiolo,pizzaiolo,…;
•ante:insegnante,cantante,…;
Suffissi che indicano provenienza, origine:
•ese:abruzzese,francese,…;
•olo:spagnolo,romagnolo,…;
•ano:australiano,friulano,…;
•ense:parmense,panamense,…;
•eno:iracheno,cileno,…;
Viceversa, uno stesso suffisso può avere anche
significati diversi; ad esempio:
•aia:fioraia-mestiere;risaia-luogo(dicolti-
vazione del riso)
•iere:barbiere-mestiere;candeliere-oggetto
(per sostenere le candele)
Il numero dei prefissi è nettamente inferiore
a quello dei suffissi.
Nella derivazione con prefissi la parola non
cambia categoria grammaticale per cui si ha:
•ordine(nome)-disordine(nome);
•possibile(aggettivo)-impossibile(aggettivo);
•stare(verbo)-sottostare(verbo).
Alcuni prefissi rovesciano o rendono negativo
il significato della parola (montare - smontare),
altri indicano ripetitività di una azione (legge-
re - rileggere).
Proprio come accade per i suffissi, uno stesso
prefisso può assumere significati diversi:
•insufficiente(in=non)
•incartare(in=dentro)
una buona parte dei prefissi è costituita da
preposizioni o avverbi latini o greci (extraterre-
stre, ipertensione, diapositiva, anfiteatro…) n
Il significato deiSuffissi e dei Prefissi
Note linguistichedi Maria Gabriella
Di Flaviano
Nell’ambito della 41ª edizione della Worlds Cup Interamnia
si è voluto celebrare il vecchio campo di pallamano della
Gammarana, intitolandolo “1ª Coppa Interamnia”. L’evento
ha avuto un successo inaspettato anche dal Comitato di
Quartiere che aveva lanciato l’idea. Alla manifestazione hanno
partecipato tutti i giocatori che hanno vestito negli anni le maglie
della formazione maschile della Jaghermaister e della Campo del
Re che su quel campo oltre che allenarsi e giocare dando lezioni
a squadre
ben più
blasonate,
nel periodo
invernale
hanno spes-
so impugna-
to la pala per
sgombrarlo
dalla neve.
Su quel cam-
po, grazie
alla passione
di un gruppo
di dirigenti, capitanati da Pierluigi Montauti, è nata la Pallamano
teramana e ha visto disputarsi addirittura una Edizione della Coppa
Latina, riservata a squadre nazionali.
Su questo campo sono nati campioni come Massotti e Chionchio
che hanno vestito con grande onore la maglia della nazionale ita-
liana, risultando decisivi per il conseguimento di alcuni suoi grandi
successi. Senza ovviamente trascurare tutti gli altri giocatori che
hanno permesso alla squadra teramana di conseguire importanti
risultati come il Campionato Italiano Juniores nella finale di Firenze
e una edizione della Coppa Interamnia contro il blasonato Partizan
Gevgelja che era squadra tra le più forti d’Europa, battuta contro
ogni previsione e addirittura ogni sogno.
Le vecchie glorie teramane, hanno disputato due incontri contro
formazioni costituite da arbitri della Coppa, mostrando che la loro
abilità e forza non è diminuita nonostante il trascorrere degli anni.
Abbiamo rivisto giocatori che mancavano da Teramo da moltis-
simi anni e di alcuni dei quali si erano addirittura perse le tracce.
Agli incontri hanno partecipato anche le sorelle Catia e Maria Di
Domenico, Francesca Cipriani che hanno ovviamente militato nelle
squadre femminili di Teramo.
Nella serata sono stati ricordati due giocatori prematuramente
29PallamanodallaRedazione [email protected]
scomparsi e ai quali eravamo affettuosamente legati come Tonino
Marini e Claudio (Micio) Vischia. E’ stato rivolto un pensiero anche a
Petar Perasic (Pero) anche lui scomparso e che aveva vissuto con
la nostra città periodi di intensa amicizia e collaborazione.
Un pensiero va doverosamente dedicato a quanti per svariati motivi
non hanno potuto partecipare alla serata. Su tutti Ante Sabic
giocatore e tecnico della Campo del Re, che diede una svolta alla
pallamano teramana creando un grande settore giovanile e quindi
una nidiata di giocatori che fecero la fortuna non solo della Campo
del Re stessa ma anche delle società che si sono poi susseguite
(Wampum
di Tomislav
Dragun, della
Tonini ed
altre ancora)
Ovviamente
non può
mancare un
sincero e
sentitissimo
ringrazia-
mento ad
Aristide
Romano Ma-
lavolta senza
il quale i sogni del Team
Campo del Re non si
sarebbero mai potuti
avverare.
Per quanto riguarda i
campionati maschili e
femminili della prossima
stagione 2013/2014 è
certa la partecipazione
di entrambe le società
teramane alla massi-
ma serie. Per quanto
concerne la Femminile,
la Nuova H.F. Teramo fa sapere di avere raggiunto l’accordo con
Chiara Lampis (ala destra) e con Melina Ximena Cozzi (ala sinistra)
entrambe con un curriculum di tutto rispetto. n
n.90
La vecchiae la nuova
Melina Cozzi
Chiara Lampis
Il Teramo comincia la nuova stagione agonistica 2013/2014 con
l’imperativo di conquistare almeno l’ottavo posto, utile per
accedere alla serie C unica. Sarà un campionato di transizione e
anomalo perché non ci sarà un solo vincitore, bensì otto in quanto
classificarsi primo o ottavo non cambia nulla, se non per un incentivo
economico promesso dalla Lega.
Diversa è la situazione per le retrocessioni. Scenderanno direttamente
nel Campionato
Interregionale le
ultime sei classi-
ficate, mentre le
altre classifica-
tesi al 9°, 10°,
11° e 12° posto
disputeranno
i play – out. In
Prima Divi-
sione, invece,
l’anomalia è la
mancanza di
retrocessioni.
Non essendoci
alcun pericolo
di perdere
la categoria,
molte società
giocheranno
al risparmio e
giustamente
punteranno su
giovani promettenti per limitare spese e per organizzare la squadra
per la stagione successiva in modo più razionale.
Il Teramo ha rinnovato in parte il parco calciatori, operazione fisiologi-
ca di ogni stagione calcistica.
Partenze, arrivi e conferme creano aspettative e apprensioni che
animano il calcio d’agosto. Alle partenze di Foglia, Iazzetta, Valentini,
Righini ed altri, si contrappongono gli arrivi di Dimas, Gaeta, Bernardo,
Sassano, Cenciarelli per citarne alcuni.
Un andirivieni di calciatori che dovrebbe comporre il mosaico del nuo-
vo Teramo agli ordini di Vivarini. Il tecnico teatino, stimato e conosciu-
to, assicurerà la qualità di giuoco che il pubblico in questi ultimi anni
è abituato a vedere nel nuovo stadio comunale di Piano d’Accio. Non
solo ottimi risultati, anche un bel Teramo da vedere è la filosofia di
Vivarini. Il tecnico teatino approda a Teramo con la ferma intenzione di
far bene perché la Società glie lo ha espressamente chiesto ed anche
per i forti stimoli di un ambiente esigente e competente. Ha aperta-
mente dichiarato che lavorerà insieme al D.S. Di Giuseppe per costrui-
re il Teramo che tutti si aspettano, forte e vincente. Completa il nuovo
staff tecnico il preparatore atletico Antonio Del Fosco e l’allenatore dei
portieri Fabrizio Zambardi. La qualità dei calciatori che ha rimpiazzato
quella delle partenze , dovrebbe assicurare a sufficienza l’obiettivo
che la Società ha posto come traguardo finale.
Lo stesso Presidente non ha fatto misteri su quello che dovrà essere
il prossimo campionato. Un ottavo posto per entrare a far parte della
elite della terza serie nazionale in linea con la grande tradizione
della città. Al
fermento dello
staff tecnico
impegnato
a costruire
una squa-
dra forte, fa
seguito quello
dirigenziale con
i nuovi arrivi di
Gianluca Scac-
chioli e Pino
Maselli. Il D.S.
Di Giuseppe
sarà affiancato
dall’ex D.G. del
S. Nicolò, men-
tre il settore
giovanile è sta-
to affidato alle
mani esperte di
Pino Maselli, in
collaborazione
con Vincenzo
Feliciani che curerà la parte tecnica. Il ritorno, o meglio il rientro nella
casa del Teramo, dello storico dirigente è salutato con piacere. La
sua esperienza e le sue capacità sono importanti per migliorare il già
ottimo settore giovanile. Il nuovo incarico non è da ritenere secondario
perché è forte l’interesse verso i giovani. Dagli stessi organi federali
arrivano impulsi orientati verso una maggiore attenzione per i giovani
che nel futuro dovrà costituire il punto di partenza e di arrivo di ogni
Società. Creare una forte base con giovani del luogo non ha solo un
valore economico con evidenti risparmi, ma anche un forte coinvol-
gimento del territorio. Il lavoro di Pino Maselli, pertanto, è di grande
importanza e dovrà produrre buoni frutti per far si che Teramo e il suo
ambito provinciale vivano un periodo di forte rinascita del calcio. Al
buon lavoro che Pino sicuramente farà per le sue indubbie capacità, si
affianca la stima di chi ogni giorno gli è vicino di stanza e di affetto.
Un benvenuto sincero e cordiale ai neo dirigenti biancorossi per una
nuova stagione del calcio cittadino con vecchi e nuovi, tutti insieme
per portare avanti la grande barca biancorossa verso lidi importanti e
forse anche mai toccati. n
Calcio30n.90
diAntonio Parnanzone [email protected]
Si ripartecon Vivarini
64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 [email protected] - www.juliaservizi.it
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