N° 90 4° bimestre 2015 luglio agosto Notiziario "Divina Misericordia"

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4° bimestre 2015 luglio agosto Notiziario del Santuario della Divina Misericordia Chiesa Santo Spirito in Sassia

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Sommario

Divina MisericordiaNotiziario del Santuariodella Divina Misericordia

Chiesa Santo Spirito in SassiaVia dei Penitenzieri 12 00193 Roma

CCP: 16311003 intestato aChiesa Santo Spirito in SassiaSantuario della Divina Misericordia

IBAN: IT-50-B-07601-03200-000016311003

Direttore: Mons. Jozef Bart

Gruppo redazionale: Congregazionedelle Suore della Beata VergineMaria della Misericordia, Anna Can-toro, Alessandro Ortenzi, Don Vin-cenzo Mercante

3 - 5Omelia S. Messa allaDivina Misericordia5 Luglio 2015

6 - 7Omelia del S. Padre nelIII Ritiro Mondialeper i sacerdoti

12 - 13Pellegrinaggio in Polo-nia sulle orme di SantaFaustina

www.divinamisericordia.itwww.faustyna.pl

8 - 11Viaggio Apostolico diPapa Francesco in America Latina

14 - 19Il dono della Scienza

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5 Luglio 2015Santa Messa alla Divina Misericordia

a conclusione dell’Anno Pastorale 2014/2015

“attraverso il suo ministero pastorale, proprio quel passaggio di Gesùper le strade di Nazareth, che sono le nostre strade”

Concludiamo con questovangelo di Marco (6, 1-6) l’anno pastorale.

Avete sentito la conclusione delvangelo: Gesù si meravigliavadella incredulità della gente. Iooggi mi presento davanti al Si-gnore, dicendogli: Gesù, tu timeravigliavi nel trovare tantaincredulità nella tua gente,quella che ti stava intorno, io Si-gnore, io sono pieno di stuporeper tanta fede che incontro ognigiorno attorno a me.Certo sono due immagini stra-ordinarie e ci danno molto da ri-flettere: allora Gesù non potevaoperare miracoli per l’incredu-lità da cui era circondato, per idubbi che percepiva attorno asé, anche tra i suoi apostoli, tor-nati a mani vuote perché inca-paci di agire in suo nome. Oggi,dopo tanto tempo, posso dire alSignore che vedo tanta fedetutti i giorni e in modo partico-lare il mercoledì, quando incon-tro i fedeli che si preparano adincontrare, o hanno appena in-contrato, il vicario di Cristo, pertoccarlo, per ricevere la sua be-nedizione; poi la vedo nellagente, quella che incontro perstrada nei negozi, quella che misi avvicina e con linguaggio difede mi dice: io sarò a pregarecon lei, oggi. È bello, questo.Cari fratelli, cerchiamo ancora

5 Luglio 2015 - S. Messa alla Divina Misericordia

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questo Dio maattenzione, nonentriamo nellacondizione degliabitanti di Naza-reth che pensa-vano che il figliodi Dio non po-teva venire inquesto mondocon le mani di unc a r p e n t i e r e .Pensavano: macome, un car-pentiere che di-venta figlio diDio, non può es-sere ciò. Cosìpensavano. MaDio sceglie imezzi poveri, enoi, invece, cosapensiamo? seDio sceglie que-sti mezzi poveri,non è Dio. Dob-biamo vera-mente lasciarcipenetrare dalloSpirito Santo checi ricorderàl’agire di Dio, il pensare di Dio.Il nostro Dio, Gesù, cresce inuna bottega di artigiano e loro, isuoi concittadini, si scandaliz-zano. Come mai costui pos-siede tale sapienza, eppure noisappiamo dove ha vissuto e co-nosciamo i suoi amici.

Penso che tante volteanche questa misericordia ciscandalizza. Adesso siamo allafine dell’anno pastorale, siamopiù edificati, evangelizzati, losiamo anche grazie alle conti-nue, ripetute catechesi di papaFrancesco. Nei tempi passati cisi scandalizzava al solo imma-ginare che un papa passasse inuna strada; adesso non siamoabituati a ciò, ma cominciamo agustare, proprio attraverso ilsuo ministero pastorale, quel

passaggio di Gesù per le stradedi Nazareth, che sono le nostrestrade dove si avvicina e toccala gente. Io stesso spero chedurante l’anno santo della mise-ricordia, mese dopo mese,papa Francesco dia a noi, dia almondo i segni della testimo-nianza personale della sua vitadi apostolo della divina miseri-cordia. Ecco noi avremo questetestimonianze, è papa France-sco stesso che vorrà dare lasua testimonianza di vita di mi-sericordia. Io spero e prego cheavvenga. Io spero che il Si-gnore gli permetta di compierequesti meravigliosi gesti di mi-sericordia nella nostra città enelle nostre strade. Sicura-mente questo avverrà, ma noidobbiamo essere pronti a difen-

dere questo nostropapa, perché ilmondo è bello mapuò anche colpire.É bello questo ve-dere un Dio che siperde dietro a pub-blicani, a prostitute,a lebbrosi, che simescola in mezzoa loro, vedere unDio in cerca dellapecora perduta, unDio abbracciato eappiccicato al collodel figlio che hasperperato tutto,fino a vedere unGesù che perdonai suoi crocifissori.Questo è nient’al-tro che la forzadell’amore chevince, questo è ilvangelo di oggi. Noi dobbiamo im-parare, amarel’umanità di Gesù;quando veniamoad adorare la di-vina misericordia

davanti a questa immagine, quiè la scuola. Prima di tutto ci ri-manda a questa umanità diGesù “venite voi tutti a me comeio vengo a tutti.” . Molti vorreb-bero mettere da parte questo vi-cario di Cristo, separarlo dalmondo, ma questo non può es-sere e a mano a mano che an-diamo avanti, sempre più Gesùvuole stare al nostro fianco, en-trare dentro di noi, toccare lanostra carne; se poi questo nonlo permettiamo, ciò avviene lostesso: Lui va avanti perché co-nosce la nostra fragilità.Io dico “imparare l’umanità” diCristo perché il divino si è rive-lato nell’umano; Dio ha un voltodi uomo e “Vultus Misericordiae”è il titolo della bolla di indizionedell’anno giubilare della miseri-

5 Luglio 2015 - S. Messa alla Divina Misericordia

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cordia, volto della misericordiaovvero cuore aperto spalan-cato, trafitto. Questo è bello. Equesto era scandalo per i citta-dini di Nazareth, laddove invecegli apostoli capirono che unuomo come Gesù non potevaessere che Dio. Oggi non pos-siamo guardare che con glistessi occhi a quella missioneche ha ricevuto santa Faustina,ella fu mandata nel mondo pro-prio per svelare, ricordare al-l’umanità questo volto, questemani, piedi, cuore, questocorpo, che sono di un uomo cheha tanto amato il mondo dadare tutto di sé per salvarlo.Tutti voi qui presenti avete cer-cato questo volto, avete implo-rato questa misericordia. Sietevenuti a tutte le ore, a comin-ciare dall’ora della misericordia,per strappare da questo Dioquella misericordia che voi im-plorate per voi e per il mondo in-tero. Mentre oggi, nel primopomeriggio, stavamo pregando,vedevo tra voi, davanti a Gesù

misericordioso, alcuni che nelrecente passato hanno vissutogravi difficoltà, fisiche o morali,eppure erano lì risanati, anchetra i volontari. Io stesso la miatestimonianza parlando del mi-racolo continuo che opera la Di-vina Misericordia. Essa, allora,genera stupore, non scandalo,non suscita invidia, ma attesache verrà anche a curare il miomale perché Dio lavora, ha bi-sogno del tempo, l’acqua purifi-cante deve trasformarsi in vinodi vita in un otre colmo e traboc-cante di grazia piena. Purtropposiamo noi ad impedire l’azionedi Dio perché ci scandalizziamoancora, come è avvenuto tra gliabitanti di Nazareth.Una cosa certa è che il Signorericompenserà, cari fratelli, ognivostra invocazione alla divinamisericordia, ogni azione di an-nuncio di questa misericordia, eogni azione concreta che avetefatto in suo onore. Il Signorenon ha bisogno di tutto questo,ma si serve di ciascuno di noi

come si è servito di Santa Fau-stina. Ricordo a conclusione, leparole del nostro nuovo cardi-nale titolare che viene sempre apregare la divina misericordia emi confessa di esserne felice,“la misericordia è l’annunciocentrale della Chiesa dei nostritempi, ciò vediamo chiaramentecon il pontificato di papa Fran-cesco e con l’indizione dell’annogiubilare della divina misericor-dia; scopriamo questa miseri-cordia, questo filo d’oro chelega gli eventi, gli incontri, leprove e le sorprese della vitaper poter ritrovare la gioia e laserenità interiore.”.Bello. Questo vi auguro, ci ve-dremo il 5 settembre, vi augurodi cercare di approfittare neltempo più libero, di essere pub-blicità viva di questo annosanto, testimoni ovunque dellamisericordia, il Signore vi ricom-penserà di questa azione mis-sionaria.Amen.

5 Luglio 2015 - S. Messa alla Divina Misericordia

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Nella prima Lettura ci ad-dentriamo nella tene-rezza di Dio: Dio

racconta al suo popolo quantolo ama, quanto lo cura. Quelloche Dio dice al suo popolo, inquesta Lettura del profetaOsea, capitolo 11, lo dice a cia-scuno di noi. E sarà bene pren-dere questo testo, in unmomento di solitudine, mettercialla presenza di Dio e ascoltare:“Quando tu eri bambino, io ti hoamato; ti ho amato da bambino;ti ho salvato; ti ho portato dal-

l’Egitto, ti ho salvato dalla schia-vitù”, dalla schiavitù del pec-cato, dalla schiavitùdell’autodistruzione e da tutte leschiavitù che ciascuno cono-sce, che ha avuto e che ha den-tro. “Io ti ho salvato. Io ti hoinsegnato a camminare”. Chebello ascoltare che Dio che miinsegna a camminare! L’Onni-potente si abbassa e mi inse-gna a camminare. Ricordoquesta frase del Deuteronomio,quando Mosè dice al suo po-polo: “Ascoltate voi - sono così

duri di testa! -: quando maiavete visto un dio tanto vicino alsuo popolo, così come Dio è vi-cino a noi?”. E la vicinanza diDio è questa tenerezza: mi hainsegnato a camminare. Senzadi Lui non saprei camminarenello Spirito. “E ti tenevo permano. Però non hai compresoche ti guidavo, tu credevi che tiavrei lasciato solo”. Questa è lastoria di ciascuno di noi. “Io titraevo con legami umani, noncon leggi punitive”. Con legamidi amore, legature d’amore.

Omelia del S. Padre al III Ritiro Mondiale dei Sacerdoti (12/06/2015)

Omelia del Santo Padre nellaCelebrazione Eucaristicapresso la Basilica di San Giovanni in Laterano

al III Ritiro Mondiale dei Sacerdoti

(12 giugno 2015)

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L’amore lega, ma lega nella li-bertà; lega nel lasciarti lo spazioaffinché tu risponda con amore.“Ero per te come chi solleva unbimbo alla sua guancia e lobacia. E mi chinavo e gli davoda mangiare”. Questa è la no-stra storia, almeno è la mia sto-ria. Ciascuno di noi può leggerequi la propria storia. “Dimmi,come ti posso abbandonareora? Come ti posso consegnareal nemico?”. Nei momenti in cuiabbiamo paura, nei momenti incui abbiamo insicurezza, Lui cidice: “Se ho fatto tutto questoper te, come puoi pensare cheti lasci solo, che ti possa abban-donare?”.

Sulle coste della Libia, i ventitrémartiri copti erano sicuri che Dionon li avrebbe abbandonati. E sisono fatti decapitare pronun-ciando il nome di Gesù! Sape-vano che Dio, mentretagliavano loro la testa, non liavrebbe abbandonati.

“Come ti posso trattare comenemico? Il mio cuore si com-muove dentro di me e si ac-cende tutta la miatenerezza”. La tenerezzadi Dio si accende, questacalda tenerezza: è l’Unicocapace di una calda tene-rezza. Non darò liberosfogo all’ira per i peccatiche esistono, per tuttequeste incomprensioni,per il fatto di adorare idoli.Perché io sono Dio, sonoil Santo in mezzo a te. E’una dichiarazione diamore di un padre a suofiglio. E a ciascuno di noi.

Quando volte penso cheabbiamo paura della tene-rezza di Dio e per il fattoche abbiamo paura dellatenerezza di Dio non la-

sciamo che essa si sperimentiin noi stessi. E per questo tantevolte siamo duri, severi, castiga-tori… Siamo pastori senza tene-rezza. Che ci dice Gesù nelcapitolo 15 di Luca? Di quel pa-store che notò che aveva 99 pe-core e gliene mancava una. Lelasciò ben custodite, chiuse achiave e andò a cercare l’altra,che era imprigionata tra i rovi…E non la picchiò, non la rimpro-verò: la prese fra le sue bracciae la strinse e la curò, perché eraferita. Lo stesso fate voi con ivostri fedeli? Quando vi accor-gete che manca uno nelgregge? O siamo abituati a es-sere una Chiesa che ha unasola pecora nel suo gregge e la-sciamo che le altre 99 si per-dano sul monte? Ti commuovetutta questa tenerezza? Sei unpastore di pecore o sei diven-tato uno che sta a “pettinare”l’unica pecora rimasta? Perchécerchi solo te stesso e ti sei di-menticato della tenerezza che tiha dato tuo Padre, e te lo rac-conta qui, nel capitolo 11 diOsea. E ti sei dimenticato dicome si dà tenerezza. Il Cuore

di Cristo è la tenerezza di Dio.“Come posso farti venir meno?Como posso abbandonarti?Quando sei solo, disorientato,perso, vieni da me, e io ti sal-verò, ti consolerò”.

Oggi chiedo a voi, in questo ri-tiro, di essere pastori con la te-nerezza di Dio. Di lasciare la“frusta” appesa nella Sacrestiae di essere pastori con tene-rezza, anche con coloro che vicreano più problemi. E’ una gra-zia. E’ una grazia divina. Noinon crediamo in un Dio etereo,crediamo in un Dio che si è fattocarne, che ha un cuore e questocuore oggi ci parla così: “Venitea me. Se siete stanchi, oppressie io vi darò ristoro. Ma i più pic-coli trattateli con tenerezza, conla stessa tenerezza con cui litratto io”. Questo ci dice oggi ilCuore di Gesù Cristo, ed è ciòche in questa Messa chiedo pervoi, e anche per me.

Omelia del S. Padre al III Ritiro Mondiale dei Sacerdoti (12/06/2015)

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Nella famiglia «si impara achiedere permessosenza prepotenza, a dire

“grazie” come espressione disentito apprezzamento per lecose che riceviamo, a dominarel’aggressività o l’avidità, e lì siimpara anche a chiedere scusaquando facciamo qualcosa dimale, quando litighiamo. Per-ché in ogni famiglia ci sono litigi.Il problema è dopo, chiedereperdono. Questi piccoli gesti disincera cortesia aiutano a co-struire una cultura della vitacondivisa e del rispetto perquanto ci circonda» (Enc. Lau-

dato si’, 213). La famiglia èl’ospedale più vicino: quandouno è malato lo curano lì, finchési può. La famiglia è la primascuola dei bambini, è il punto diriferimento imprescindibile per igiovani, è il miglior asilo gli an-ziani. La famiglia costituisce lagrande ricchezza sociale, chealtre istituzioni non possono so-stituire, che dev’essere aiutatae potenziata, per non perderemai il giusto senso dei serviziche la società presta ai suoi cit-tadini. In effetti, questi serviziche la società presta ai suoi cit-tadini non sono una forma di

elemosina, ma un autentico “de-bito sociale” nei confronti del-l’istituzione familiare, che è labase e che tanto apporta albene comune.La famiglia forma anche unapiccola Chiesa, la chiamiamo“Chiesa domestica”, che, oltre adare la vita, trasmette la tene-rezza e la misericordia divina.Nella famiglia la fede si mescolaal latte materno: sperimentandol’amore dei genitori si sente piùvicino l’amore di Dio.E nella famiglia – di questosiamo tutti testimoni – i miracolisi fanno con quello che c’è, con

Viaggio Apostolico del S. Padre in America Latina

Viaggio Apostolica del Santo Padrein ECUADOR, BOLIVIA E PARAGUAY

(5-13 LUGLIO 2015)

Alcuni brani delle Omelie del Santo Padre

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quello che siamo, con quelloche uno ha a disposizione; emolte volte non è l’ideale, non èquello che sogniamo e neppurequello che “dovrebbe essere”.C’è un particolare che ci devefar pensare: il vino nuovo, quelvino così buono come dice ilmaestro di tavola alle nozze diCana, nasce dalle giare dellapurificazione, vale a dire, dalluogo dove tutti avevano la-sciato il loro peccato; nasce dalpeggio: «dove abbondò il pec-cato, ha sovrabbondato la gra-zia» (Rm 5,20). In ciascunadelle nostre famiglie e nella fa-miglia comune che formiamotutti, nulla si scarta, niente è inu-tile. Poco prima di cominciarel’Anno Giubilare della Misericor-dia, la Chiesa celebrerà il Si-nodo Ordinario dedicato allefamiglie, per maturare un verodiscernimento spirituale e tro-vare soluzioni e aiuti concretialle molte difficoltà e importantisfide che la famiglia oggi deve

affrontare. Vi invito ad intensifi-care le vostre preghiere perquesta intenzione, perché per-sino quello che a noi sembraimpuro – come l’acqua dellegiare –, che ci scandalizza o cispaventa, Dio – facendolo pas-sare attraverso la sua “ora” – lopossa trasformare in miracolo.La famiglia oggi ha bisogno diquesto miracolo.Tutta questa storia ebbe inizioperché “non avevano più vino”,e tutto si è potuto compiere per-ché una donna – la Vergine – èstata attenta, ha saputo porrenelle mani di Dio le sue preoc-cupazioni, ed ha agito saggia-mente e con coraggio. Però c’èun particolare, non è da meno ildato finale: hanno gustato il vinomigliore. E questa è la buonanotizia: il vino migliore è quelloche sta per essere bevuto, la re-altà più amabile, la più profondae la più bella per la famigliadeve ancora arrivare. Viene iltempo in cui gustiamo l’amore

quotidiano, in cui i nostri figli ri-scoprono lo spazio che condivi-diamo e gli anziani sonopresenti nella letizia di ognigiorno. Il vino migliore è ‘in spe-ranza’, sta per venire per ognipersona che accetta il rischio diamare. E nella famiglia bisognacorrere il rischio dell’amore, bi-sogna arrischiarsi ad amare. Eil migliore dei vini sta per venire,anche se tutte le possibili varia-bili e le statistiche dicessero ilcontrario. Il vino migliore sta pervenire per quelli che oggi ve-dono crollare tutto. Sussurrate-velo fino a crederci: il vinomigliore sta per arrivare. Sus-surratevelo ciascuno nel suocuore: il vino migliore sta per ve-nire. E sussurratelo ai disperatie a quelli con poco amore: ab-biate pazienza, abbiate spe-ranza, fate come Maria,pregate, agite, aprite il cuore,perché il migliore dei vini sta pervenire. Dio si avvicina semprealle periferie di coloro che sono

Viaggio Apostolico del S. Padre in America Latina

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rimasti senza vino, di quelli chehanno da bere solo lo scorag-giamento; Gesù ha una prefe-renza per versare il migliore deivini a quelli che per una ragioneo per l’altra ormai sentono diavere rotto tutte le anfore.Come ci invita a fare Maria, fac-ciamo “quello che Dio ci dice”(cfr Gv 2,5). Fate quello che Luivi dice. E siamo grati perché inquesto nostro tempo e in questanostra ora, il vino nuovo, il mi-gliore, ci fa recuperare la gioiadella famiglia, la gioia di viverein famiglia.L’evangelizzazione non consi-ste nel fare proselitismo – il pro-selitismo è una caricaturadell’evangelizzazione – manell’attrarre con la nostra testi-monianza i lontani, nell’avvici-narsi umilmente a quelli che si

sentono lontani da Dio e dallaChiesa, avvicinarsi a quelli chesi sentono giudicati e condan-nati a priori da quelli che si sen-tono perfetti e puri. Avvicinarci aquelli che hanno paura o agli in-differenti per dire loro: «Il Si-gnore chiama anche te adessere parte del suo popolo e lofa con grande rispetto e amore»(ibid., 113). Perché il nostro Dioci rispetta persino nella nostrabassezza e nel nostro peccato.Questa chiamata del Signorecon che umiltà e con che ri-spetto lo descrive il testo del-l’Apocalisse: Vedi? Sto allaporta e chiamo; se vuoi aprire…; non forza, non fa saltare la ser-ratura, semplicemente suona ilcampanello, bussa dolcementee aspetta. Questo è il nostroDio!

La missione della Chiesa, comesacramento di salvezza, è coe-rente con la sua identità di Po-polo in cammino, con lavocazione di incorporare nelsuo sviluppo tutte le nazionidella terra.Quanto più intensa è la comu-nione tra di noi, tanto più saràfavorita la missione (cfr Gio-vanni Paolo II, Pastores gregis,22) Porre la Chiesa in stato dimissione ci chiede di ricreare lacomunione, dunque non si trattasolo di un’azione versol’esterno; noi siamo missionarianche verso l’interno e versol’esterno manifestandoci comesi manifesta «una madre che vaincontro, una casa accogliente,una scuola permanente di co-munione missionaria» (Docu-mento di Aparecida, 370).Questo sogno di Gesù è possi-bile perché ci ha consacrato:«per loro io consacro me stesso– dice -, perché anch’essi sianoconsacrati nella verità» (Gv17,19). La vita spirituale del-l’evangelizzatore nasce da que-sta verità così profonda, chenon si confonde con alcuni mo-menti religiosi che offrono uncerto sollievo – una spiritualitàpiuttosto diffusa -; Gesù ci con-sacra per suscitare un incontrocon Lui, da persona a persona,un incontro che alimenta l’in-contro con gli altri, l’impegno nelmondo, la passione evangeliz-zatrice (cfr Esort. ap. Evangeliigaudium, 78).L’intimità di Dio, per noi incom-prensibile, ci si rivela con imma-gini che ci parlano dicomunione, comunicazione, do-nazione, amore. Per questol’unione che chiede Gesù non èuniformità ma la «multiforme ar-monia che attrae» (ibid., 117).L’immensa ricchezza del di-verso, il molteplice che rag-giunge l’unità ogni volta che

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facciamo memoria di quel Gio-vedì santo, ci allontana da ten-tazioni di proposte integraliste,più simili a dittature, ideologie osettarismi. La proposta di Gesùè concreta, non è un’idea, èconcreta: “Va’ e fa’ lo stesso”,dice a quell’uomo che glichiede: “Chi è il mio prossimo?”,dopo aver raccontato la para-bola del buon samaritano: “Va’e fa’ lo stesso”.La proposta di Gesù non è nep-pure un aggiustamento fatto anostra misura, nel quale siamonoi a porre le condizioni, sce-gliamo le parti in causa edescludiamo gli altri. Una religio-sità di élite… Gesù prega per-ché formiamo parte di unagrande famiglia, nella quale Dioè nostro Padre e tutti noi siamofratelli. Nessuno è escluso, equesto non trova il suo fonda-mento nell’avere gli medesimigusti, le stesse preoccupazioni,gli talenti. Siamo fratelli perché,per amore, Dio ci ha creato e ciha destinati, per pura sua inizia-

tiva, ad essere suoi figli (cfr Ef1,5). Siamo fratelli perché «Dioha infuso nei nostri cuori lo Spi-rito di suo Figlio, che grida:Abbà!, Padre!» (Gal 4,6). Siamofratelli perché, giustificati dalsangue di Cristo Gesù (cfr Rm5,9), siamo passati dalla mortealla vita diventando «coeredi»della promessa (cfr Gal 3,26-29;Rm 8,17). Questa è la salvezzache Dio compie e che la Chiesaannuncia con gioia: fare parte diun “noi” che porta fino al “noi”divino.E che bello sarebbe che tutti po-tessero ammirare come noi ciprendiamo cura gli uni deglialtri, come ci diamo mutua-mente conforto e come ci ac-compagniamo! Il dono di sé èquello che stabilisce la rela-zione interpersonale che non sigenera dando “cose”, madando sé stessi. In qualsiasi do-nazione si offre la propria per-sona. “Darsi” significa lasciareagire in sé stessi tutta la po-tenza dell’amore che è lo Spirito

di Dio e in tal modo aprirsi allasua forza creatrice. E darsianche nei momenti più difficili,come in quel Giovedì Santo diGesù in cui Lui sapeva come sitessevano i tradimenti e gli intri-ghi, ma si donò, si donò, si donòa noi con il suo progetto di sal-vezza. L’uomo donandosi si in-contra nuovamente con séstesso, con la sua vera identitàdi figlio di Dio, somigliante alPadre e, in comunione con Lui,datore di vita, fratello di Gesù,del quale rende testimonianza.Questo significa evangelizzare,questa è la nostra rivoluzione –perché la nostra fede è semprerivoluzionaria – questo è il no-stro più profondo e costantegrido.

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Dal 9 al 16 settembre 2014mi sono recato, insiemealla comunità della

chiesa Cristo Re di Lecce ca-peggiata da Padre VincenzoCaretto nostro Rettore, in pelle-grinaggio in Polonia, dove ab-biamo visitato il Santuario dellaDivina Misericordia di Cracoviae molte Città tra cui Breslavia,Poznan, Torun, Plok, periferia diVarsavia, luogo in cui alla Santaè apparso per la prima voltaGesù Misericordioso che le hachiesto di far dipingere un qua-dro che lo ritraesse così comele era apparso; Faustina lo fecerealizzare, (ora quel quadro èesposto in quel monastero) macon il rammarico della santa,che quando lo vide piansemolto, perché non raffiguravaGesù come lei lo aveva visto.Abbiamo visitato, inoltre, i luo-ghi in cui è vissuto San Gio-vanni Paolo II, dall’università incui ha insegnato, alla chiesa èstato ordinato sacerdote. L’emozione che abbiamo pro-vato nel visitare questi luoghi èstata grandissima, sia per laloro bellezza sia perché dapper-tutto si respirava un’aria di spi-ritualità.Altro momento suggestivo delpellegrinaggio è stato quandoPadre Vincenzo, tornato da unavisita in Episcopio a Sua Emi-nenza Cardinale Stanisław Dzi-

Pellegrinaggio in Polonia sulle orme di S. Faustina Kowalska

Pellegrinaggio in Poloniasulle orme di S. Faustina Kowalska

di Luigi Bonatesta(Chiesa Cristo Re in Lecce

Santuario della Divina Misericordia)

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wisz, ci ha fatto vedere la Reli-quia di San Giovanni Paolo IIdonata alla nostra Rettoria. Ilmio pensiero in quel momento èandato al defunto rettore donFrancesco Tarantini e alla suatenacia nel voler ottenere que-sta reliquia; mi tornavano allamente, inoltre, le sue parolequando descriveva la giornatadel 30 aprile del 2000, giornodella Canonizzazione di SantaFaustina Kowalska, e precisa-mente la sua emozione nel ri-cordare il volto raggiante delSanto Padre nell’annunciareche la domenica dopo Pasquasarebbe stata dedicata alla Di-vina Misericordia. Ciò che mi ha colpito, ancora,nel visitare questa nazione, èstato vedere la forza d’animo ela volontà di un popolo che, no-nostante le continue conquiste,

distruzioni e crudeltàsubite si è semprerialzato ed ha conti-nuato a vivere, comedice S. Faustina nellibretto della Via Cru-cis, pag. 59: «Si-gnore io cadosempre negli stessierrori; e quandocadrò, aiutami a rial-zarmi e a cantare laTua misericordia».Vivere in quei luoghi,calcare il terrenodove sono passatiquesti due santi èmeraviglioso, tantoche, ho deciso di tor-nare ancora unavolta per rivivere lestesse emozioni.

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Pellegrinaggio in Polonia sulle orme di S. Faustina Kowalska

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Prima di spiegare il signifi-cato del Dono spiritualecosiddetto della Scienza

occorre sgombrare il campo daalcuni equivoci. Quando si parladi scienza bisogna evitare laconfusione con il senso comunedi questo termine, che richiamapiuttosto una attività umanatesa a scoprire il funzionamentoe le cause che regolano ilmondo. Quando l’uomo indagasu ciò che lo circonda o anchenel proprio mondo interiore haun intento primario: quello digiungere alla definizione di teo-rie in grado di spiegare quantepiù cose cadano sotto la sua os-servazione. Teoria significa unosguardo a 360°, cioè la possibi-lità di individuare delle lineeguida entro le quali poter dareuna spiegazione generale, uni-versale, che sia in grado cioè direndere conto di tutto quello cheavviene sotto il nostro sguardoo che venga formulato dal no-stro pensiero. I più grandi scien-ziati, i più grandi pensatori sonoquelli che hanno saputo rag-giungere un livello di generalitàche racchiuda la spiegazionetotale. Pensiamo a un genio frai più grandi e più conosciuticome Einstein, egli ha formulatola Teoria della Relatività, graziealla quale sembra di poter spie-gare il funzionamento dell’uni-verso, dall’infinitamente grande

all’infinitamente piccolo. Pen-siamo anche i grandi filosofi chehanno cercato il Principio Primoche sostiene tutto ciò che esi-ste, che tutto sostiene e tutto re-gola. La scienza quindi nelsenso comune è la conoscenzadell’universale, comunque unaforma di conoscenza che hauno scopo primario: espandersi

e abbracciare quanto più possi-bile.Esiste però un altro livello di co-noscenza ed è quello che a noiinteressa e che riguarda proprioil Dono della Scienza. Pren-diamo ad esempio questo oro-logio che ho qui sul tavolo. Unesperto potrà dire con preci-sione molte cose riguardo a

Catechesi i Doni dello Spirito Santo - La Scienza

Il dono della Scienza

Catechesi del 20 Febbraio 2015 in Santo Spirito in Sassiaa cura di don Marco Simbola

ciclo di catechesi sui sette doni dello Spirito Santo

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questo oggetto, in riferimento alsuo funzionamento e a tantealtre curiosità che riguardano ilcome l’orologio segni il tempo.Io però, da parte mia, senza es-sere uno scienziato o unesperto di orologi, mi ricordo adesempio, che questo oggetto miè stato regalato, in una certa si-tuazione, da una certa persona,per certi motivi; ora questa co-noscenza riguarda questo oro-logio e solo questo; anche se incommercio ce ne sono tantiesemplari uguali o simili, tutta-via “questo” orologio, “per me”,ha un valore e un senso chenessun altro possiede né potràmai possedere. Solo questoorologio, nella sua singolarità,nella sua concretezza, ha unvalore simbolico, che mi ri-chiama alla mente una storia,un mondo che non risiede innessun altro orologio, in nessunaltro oggetto. Il Dono spiritualedella Scienza non riguarda,come nelle scienze umane,l’universale, bensì il particolare,il singolare, questa cosa e nes-sun altra, proprio così comeessa è. Qui non siamo più nel-l’ambito delle cose o dei feno-meni da smontare e spiegare,quanto dei significati all’internodei quali costruire il propriomondo. Non soltanto questoorologio mi richiama una storiaunica, ma la conoscenza che ioho della storia che si irradia daquesto oggetto è una cono-scenza che posso avere solo ioe nessun altro. Ciò che questoorologio significa per me è unarealtà che posso ridire ma chenon posso comunicare ad unaltro, perché solo io sono ingrado di sentirla fino in fondo;un altro forse potrà ascoltarmibenevolmente, potrà forse cer-care di immedesimarsi nella miapercezione ma solo io potròsentirla come la sento io. Qui

siamo nel mondo dei significati,che è un mondo personale, in-teriore, una porzione importantedella storia di ciascuno, dellanostra identità. Questa è preci-samente la modalità di cono-scenza con la quale Dio ciconosce, ciascuno di noi ha unsenso nel cuore di Dio che nes-sun altro racchiude; nemmenoio conosco, forse neanche lon-tanamente, il senso, il valoreche ho agli occhi di Dio. Il Donodella Scienza mi permette di in-trodurmi in qualche modo, to-gliendomi i sandali come Mosèal Roveto Ardente, nel mondo diquesta conoscenza divina, che

non è generica ma che strutturala mia relazione personale conLui. Di fronte a Dio io non sonouna parte dell’umanità, bensìsono tutta l’umanità contenutanei piccoli confini del mio es-sere; non sono una parte dellaCreazione, bensì sono tutta laCreazione racchiusa nel fram-mento che io posso contenere.Nel Dono della Scienza nonsiamo nella economia dellaestensione ma della concentra-zione, non siamo nelle ragionidella quantità bensì nel mondototalmente diverso della qualità.La mancanza di fede, il peccatoradicale, non è tanto il non cre-

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dere in Dio quanto non mettereal centro la mia relazione, sin-golare, personale e totalizzantecon Lui, viceversa la fede non èaffermare che Dio esista,quanto affermare la mia sussi-stenza personale in Lui, senzala quale io sarei nulla. Il Dono della Scienza ci orientaper prima cosa a mettere sem-pre al centro la persona, per ciòche essa è prima ancora cheper cosa essa sa o saprebbefare. Molte volte nelle nostre co-munità, parrocchiali o religiose,si tende, anche involontaria-mente, a porre al centro dell’at-tenzione le attività e solo insecondo luogo le persone, rite-nute più o meno adatte a svol-gere il compito assegnato. Leattività sono importanti, impor-tantissime, ma occorre semprevigilare che non si sposti gra-dualmente il baricentro dellavita comunitaria in manierasproporzionata verso il fare piut-tosto che verso una attenzionealla persona. Si arriva a delle si-tuazioni nelle quali dei compo-nenti delle comunità siattaccano talmente alla propriaattività da essere non soltantoincapaci di distaccarsene, maanche molto poco disponibilialla partecipazione, alla rela-zione. Ora ciò che definisce lapersona non è l’azione, bensì la

relazione. Notiamo che anchenel termine relazione è conte-nuta la parola “azione”, ma conun prefisso che la riconduce aduna relatività, non ad una asso-lutezza. Ogni assoluto è unaforma di idolatria, di culto nonappropriato a ciò che progressi-vamente toglie spessore allanostra umanità. Quando adesempio si dice che non si hatanto tempo di pregare a causadella mole di lavoro si dimenticache la propria azione è innanzi-tutto relativa a Dio, al qualedobbiamo innanzitutto rendereconto. Quella con Dio è la rela-zione primaria sulla qualesiamo chiamati a porre il nostrofondamento, se si indebolisce ilriferimento primo ed essenzialetutto il resto ne risente. Quandoci sentiamo dire che abbiamofatto bene una certa cosa do-vremmo essere soddisfatti masolo fino ad un certo punto, poi-ché vuol dire che più che labontà e l’efficacia della nostraazione ciò che risalta siamo noie ciò non va del tutto bene. IlDono della Scienza si traducenella prudenza di valutare unacerta azione, un certo modo diportare avanti una determinataattività, una valutazione che nonpuò mai permettersi di giudicarela persona, misurandola solo inbase al fare. Questi sono ap-

pena degli accenni, in quanto laproblematica è vasta e delicata,tuttavia sono degli stimoli per unesame di coscienza personalee comunitario da non rimandaresempre a data da destinarsi.Vorrei tornare alla questione delsenso delle cose, del mondo deisignificati. Perché si va in crisi oin depressione, specialmenteoggi? Per il fatto che le cose, gliavvenimenti o le persone smet-tono ad un certo punto di avereun senso. Noi affronteremmoqualsiasi difficoltà se vedessimoun significato anche nelle provepiù dolorose. Succede inveceche proprio quando non ab-biamo nessuna difficoltà e tuttosembra girare per il verso giustoci si senta aggrediti da angosciae oscurità, questo per il fattoche l’orizzonte si chiude e nonsi vede più nulla per cui abbiaun senso andare avanti. Deveessere chiaro che le cose nonhanno un senso in sé, alle cosesi dà un senso; qui entra ingioco l’iniziativa personale diognuno di noi, la volontà e lacapacità di stabilire un orienta-mento ed una finalità al propriocammino di vita, che necessa-riamente esige delle scelte,delle preferenze. Qui non cisono delle ricette universali,bensì la volontà di mettersi ingioco e di sviluppare quello che

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c’èdentro e fuori di me. Se uno midicesse, ad esempio,«Chesenso ha che io venga una voltaal mese a questi incontri?», iopotrei rispondere solo una cosa,cioè che non lo so! Dipendesolo da una decisione perso-nale, frutto di una riflessione edi un discernimento, non dasuggerimenti altrui. Io possosolo sostenere nella riflessionesu quale orientamento si vogliadare alla propria vita e aiutare adiscernere se questo tipo di me-

d i -tazioni rientrino oppure no nelprogetto di vita che si intendeconsolidare e portare a compi-mento. Quando si dice che sideve cercare un senso alla pro-pria vita si fa una affermazionequesta stessa priva di senso,una affermazione non proprioadulta. La persona matura èquella che decide di mettersi ingioco e di impegnarsi con tuttose stesso per un progetto nelquale pone tutto il significatodella propria identità La stessa

differenza fra l’innamoramentoe l’amore. Quando ci si inna-mora di qualcuno si viene as-sorbiti dalla persona, non c’èuna scelta libera e personale, ilprogetto matrimoniale si co-struisce su altri fondamenti,cioè la scelta di prendere unapersona per ciò che essa è, la-sciarsi prendere dall’altra per-sona per ciò che si è e costruiregiorno per giorno una relazionedi reciprocità grazie alla qualeconoscere meglio se stessi af-frontare la quotidianità con ric-chezza di senso. Mi chiedoquante volte la scelta della ver-ginità o del celibato non sia unchiudersi in se stessi piuttostoche una forte e sempre nuovaproduzione di senso. Potremmoriassumere il Dono spiritualedella Scienza in questo modo:la capacità di riempire di sensociascuna realtà da noi attraver-sata, con tutta la nostra per-sona, mettendo in giocoinnanzitutto se stessi, senzadoppiogiochismi o ricerca conti-nua di alibi o di conferme dal-l’esterno.Abbiamo detto tante cose,anche molto impegnative, tutta-via, come facciamo sempre, ve-niamo ora alla parabola che ciaccompagna ogni volta. Laquinta immagine di Gesù nelcapitolo 13 di Matteo è moltoconosciuta, raffigura un uomoche dopo aver trovato un tesoroin un campo fa di tutto per averequel campo ed il patrimonio inesso contenuto. Anche in que-sto caso liberiamo la nostramente da certe immagini, pro-venienti da una particolare lette-ratura ottocentesca, moltoentusiasmante ma lontana anniluce dalla cultura nella qualeGesù parlava, mi riferisco allesuggestioni stratte da libri comeL’isola del tesoro o Il Conte diMontecristo, dove un personag-

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gio viene a conoscenza di undeposito nascosto di ricchezzee fa di tutto per entrarne in pos-sesso. Al tempo di Gesù nonc’era tutto questo: i tesori e lericchezze erano roba da impe-ratori o da re, la gente comunenon avrebbe saputo cosa far-sene di ori e di preziosi, mentreper i sovrani era questione diprestigio, alla quale molto diffi-cilmente avrebbero rinunciato.La parabola del campo e del te-

soro trovato, nascosto e presoè un modo molto sfumato diparlare di guerre tra sovrani. An-drebbe tradotta in questi ter-mini, più o meno: un re capisceche nel campo vicino, cioè nelterritorio confinante di un altrore, c’è una possibilità di grandearricchimento, allora cosa fa?Nasconde per un periodo le suevere intenzioni, mette da parteun grande quantità delle propriericchezze, specialmente in ar-mamenti e poi con una guerra siannette quel territorio che per lui

è una ricchezza in sé. Pren-diamo come esempio quelloche sta accadendo fra la Russiae l’Ucraina. La Russia si è giàannessa la Crimea, preziosis-sima sia per le sue miniere cheper la posizione strategica e loha fatto nascondendo le suevere intenzioni imperialistiche,avanzando delle scuse falsis-sime ed inaccettabili, come lavolontà popolare di quellagente, che sembra non avere

altra voglia che di lasciarsi libe-rare con le armi. Adesso, vistoche gli è andata bene una volta,la Russia si vuole annettere l’in-tera Ucraina, un pezzo allavolta. Per ora sembra avere ac-cettato degli accordi, ma la par-tita non è finita. Per far questola Russia ha svenduto molto disé: innanzitutto la propria credi-bilità a livello internazionale, chisi fiderà mai più di lei? Inoltre laRussia ha riversato ingentisomme in armamenti, lasciandoda parte ad esempio finanzia-

menti per l’istruzione o per lasanità o per il soccorso alle po-vertà. Perché tutto questo? Per-ché sa che il vantaggio che nericeverà dalle prossime conqui-ste sarà di gran lunga maggioredella spese adesso affrontate.Questa è la logica dell’investi-mento: se vuoi ottenere qual-cosa di importante devispenderti, devi metterti in gioco,devi rinunciare a qualche cosa:nulla viene senza un impegno

forte e programmato. Pensiamoa quanto si investe nella pubbli-cità: se non si mette una quotaconsiderevole del capitale nellapubblicità il prodotto non saràmai conosciuto e promosso alpiù ampio spazio. Noi dobbiamofare nostra questa logica dell’in-vestimento anche nella vita spi-rituale per imparare un fruttuosodiscernimento e vivere il nostrorapporto con Dio in Cristo inmaniera sempre meno improv-visata e spontaneista. Giovasempre chiedersi dove si stia

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andando e come, se le energieche si mettono in una certa im-presa siano ben riposte, sevalga la pena, nella sequela diGesù, dare importanza a qual-cosa invece che ad altro. Quista la sostanza della vera con-versione, cioè del ritorno a Dio.Nella Quaresima non si tratta dimoltiplicare le pratiche o i sacri-fici o le forme di digiuno, quantodi orientarsi verso ciò che è es-senziale. Riflettiamo a quanteenergie interiori spendiamo peruna certa impresa o per unacerta preoccupazione, invecedovremmo chiederci: ma nevale davvero la pena? Chi me lofa fare di stancarmi per unacerta opera, quando inveceforse è più necessario mettersia pregare, mettersi in ascolto.Come spendo il mio tempo ed invista di cosa? Questa è una do-manda alla quale faremmo me-glio a dare ampio spazio nelnostro mondo interiore! Mi pre-occupo e mi affatico per le cosegiuste, per le cose che vuoleDio oppure antepongo la co-stantemente la mia volontà, conla motivazione che non è possi-bile fare altro né farlo in altromodo? Ecco questa logica del-l’investire il proprio capitale inte-riore in modo giusto e per giustacausa del vangelo, questo è ilfrutto più maturo del Dono dellaScienza. Prima di conquistare ilmondo dovremmo avere comepreoccupazione, secondo le pa-role di San Paolo, quello di la-sciarci conquistare da Gesù. Maora siamo arrivati al Dono dellaPietà, del quale parleremo laprossima volta.

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