Teramani 106

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n. OLTRAGGIARE QUESTO DUOMO PADRE ABELE CONIGLI IL CIBO NELL’ARTE pag. 7 pag. 12 pag. 24 106 Gennaio 2015 mensile di informazione in distribuzione gratuita IL DUOMO: PRESTIGIOSO PANNELLO PUBBLICITARIO IL DUOMO: PRESTIGIOSO PANNELLO PUBBLICITARIO

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Tearamani n. 106

Transcript of Teramani 106

Page 1: Teramani 106

n.

oltraggiarequesto Duomo

PaDreabele Conigli

il Cibonell’arte

pag. 7 pag. 12 pag. 24

106gennaio 2015

mensile di informazione in distribuzione gratuita

il Duomo:Prestigioso Pannello PubbliCitarioil Duomo:Prestigioso Pannello PubbliCitario

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- per trarne un’indicazione di qualità sull’offerta formativa delle

scuole da cui essi provengono. I risultati universitari (esami,

voti, crediti) riflettono e danno informazioni anche sulla qualità

delle “basi” formative, la bontà del metodo di studio e l’utilità dei

suggerimenti orientativi acquisiti presso le scuole secondarie. In

altre parole, i risultati universitari ci permettono di formulare un

giudizio sulla qualità delle scuole secondarie superiori sulla base

di informazioni che provengono da enti – gli atenei – che sono

“terzi” rispetto alle scuole stesse, cioè imparziali, ma al tempo

stesso molto interessati alla qualità delle competenze e delle

conoscenze degli studenti.” Analizzando i punteggi assegna-

ti dalla Fondazione Giovanni Agnelli alle scuole superiori

abruzzesi, si può constatare che l’Istituto Tecnico Commer-

ciale “Pascal-Comi” di Teramo risulta al 1° posto in Abruzzo

tra gli istituti tecnici del settore economico con indice FGA

pari a 57,55. Inoltre, in provincia di Teramo, il “Pascal-Comi” pri-

meggia anche rispetto agli istituti tecnici del settore tecnologico.

Per visionare i punteggi assegnati alle scuole superiori abruzzesi

e per ulteriori informazioni, visitare i siti: http://cf.datawrapper.de/

MUEw9/1/, www.fga.it e www.eduscopio.it

Nell’ambito delle attività di Orientamento l’Istituto ha previsto c/o

la sede centrale un Open Day:

Sabato 31 Gennaio 2015

dalle ore 16,00 alle ore 19,00

per presentare l’Offerta Formativa per l’anno 2015/16 a genitori

ed alunni delle terze medie, che devono effettuare l’iscrizione

c/o una scuola media superiore.

Inoltre i docenti dell’Istituto saranno a disposizione per far visitare

a chi interverrà: laboratori di Informatica, laboratori di lingue,

laboratori di Scienze, Fisica, Chimica, aule speciali, palestra,

auditorium.

ecentemente la Fondazione Giovanni Agnelli ha

pubblicato una classifica delle scuole superiori italiane

secondo la quale l’Istituto Tecnico Commerciale “Pa-

scal-Comi” di Teramo risulta al 1° posto in Abruzzo tra gli istituti

tecnici del settore economico per la capacità di preparare i propri

diplomati agli studi universitari.

Il 27 novembre 2014 la Fondazione Giovanni Agnelli ha presenta-

to il nuovo portale Eduscopio.it al fine di aiutare gli studenti delle

scuole medie inferiori e le loro famiglie a scegliere la scuola su-

periore alla quale iscriversi. In proposito nel sito della Fondazione

http://www.fga.it/news/tutte-le-news/dettaglio/article/522.

html#.VJCefWf... si legge testualmente: “Entro poche settimane

mezzo milione di studenti e le loro famiglie in Italia dovranno

scegliere a quale scuola superiore iscriversi. Per una ragazza o

un ragazzo è la prima grande scelta della sua vita, un momen-

to importante e per molti aspetti decisivo per il suo futuro. Per

aiutarli a scegliere la scuola migliore per ciascuno di essi, la

Fondazione Giovanni Agnelli ha creato un nuovo strumento, Edu-

scopio.it. È un sito web a disposizione di tutti, gratuito e utile non

solo per gli studenti e le loro famiglie, ma anche per i docenti e i

dirigenti scolastici, che permette di confrontare le scuole italiane,

a partire dal modo in cui hanno preparato i loro diplomati per il

percorso universitario.” Le scuole superiori italiane sono state

confrontate sulla base della media dei voti conseguiti agli esami

universitari e della percentuale degli esami superati dai propri

diplomati mediante l’indice FGA (all’università è importante non

solo superare gli esami nei tempi previsti, ma anche farlo bene,

ossia con buoni voti) . Il suddetto indice mette insieme i due

aspetti, dando lo stesso peso alla media dei voti e alla percen-

tuale degli esami superati (50-50). Nella descrizione del progetto

“Eduscopio”, la Fondazione Giovanni Agnelli fa presente quanto

segue: “Molto spesso ci si rende conto del reale valore dell’istru-

zione ricevuta a scuola quando ci si trova davanti alla comples-

sità di un esame universitario o di una mansione da svolgere sul

lavoro. Non a caso, tra le missioni fondamentali dell’istruzione

secondaria, vi è quella di creare le condizioni per le quali gli

studenti possano intraprendere con successo il passo succes-

sivo nelle loro traiettorie di vita. L’idea di fondo del progetto

“Eduscopio” è proprio quella di valutare uno degli esiti successivi

della formazione secondaria - i risultati universitari degli studenti

ISTITUTO TECNICO STATALE COMMERCIALE “P A S C A L – C O M I” TERAMO

Sede CentraleVia Bafile n. 39 – Sede Viale Bovio, n° 6

Sezione Staccata Via Poliseo De Angelis, n° 30

Montorio al Vomano

R

I.T.C. Pascal-ComiOPEN DAY

Redazionale

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3l’EditorialeSO

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sordi e badanti non vogliono più la rai

Democrazia, aristocrazia, oligarchia

Com’è dolce oltraggiare questo Duomo

tutto sul flop di Capodanno

musica

Padre abele Conigli

a teramo le opere d’arte le teniamo nascoste!

una password per lo scuolamat

rei d’inconsistenza

il libro del mese

Dura lex sed lex

lettera al sindaco di teramo

Cinema

Dal ‘600 a de Chirico a Warhol,il cibo nell’arte

l’oggetto del desiderio

note linguistiche

santa maria de Praedis a Castagneto

Calcio

elezioni regionali

Pallamano

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Carmine Goderecci, Maria Cristina Marroni, Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia, Sergio Scacchia, Rossella Scandurra.

Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche solo parziale, sia degli articoli che delle foto.

Impaginazione: Imago Comunicazione

Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. GabrieleOrgano Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004

Stampa: Gruppo Stampa AdriaticoPer la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738Teramani è distribuito in proprio

è possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito webwww.teramani.info

scriveteci [email protected]

106dimimmo attanasiisordi e badanti

non voglionopiù la rai

essuno vuole fare a meno della Rai: i

politici perché possono continuare a

perpetrare la loro malata influenza su

una parte sempre meno cospicua dell’universo

massmediologico del XXI secolo; i telespettatori

ormai drogati e rincitrulliti da fiction, Uno matti-

na e partite di calcio inutili di Coppa Italia ormai

per pochi intimi; gli artisti (o presunti tali) che

da mamma Rai anche in tempi di crisi riescono

ancora a mungerla; i catatonici che davanti ad

uno schermo inespressivo conciliano il loro stato

di sonno e ripetizioni inutili, come Rambo XXXII

o Rocky XXI. Non vogliono fare a meno della Rai

tv nemmeno quelle starlette di dubbio gusto che

solo in quegli studi riescono ancora a meraviglia-

re il popolino con una sbadata perdita di tette

in diretta tv: Veronica Maya ci ha provato ma le

ultime notizie la danno in partenza in Albania, ad

Agon Tv, lì la sorpresa sarà ancora più genuina e

spontanea e tutti capiranno meglio il suo talento.

Non lo vuole il premier

Renzi che non vede l’ora di

far confluire il pagamento

del canone tv sulla bolletta

dell’Enel. Scacciano l’idea

come si fa con un appesta-

to gli inserzionisti pubblicitari che all’idea di una

tv davvero pubblica, come capita in Inghilterra,

dove non c’è pubblicità, o in Germania e Francia,

che è limitata a venti minuti al giorno fino alle

otto di sera, non saprebbero più dove attraccare

i loro 12 metri. Forse l’unica categoria che sa-

rebbe davvero felice della scomparsa di mamma

Rai, assieme chiaramente a Berlusconi che ci

prova da decadi, sono proprio i sordi, o meglio

gli abbonati con disabilità uditiva. Lamentano

che nei tanti canali digitali a disposizione non si

garantiscano spazi per la sottotitolazione che

non sono attivi nemmeno nei servizi on line.

E poi ci sono le badanti. Sì, le badanti, avete

capito bene. La Federconsumatori di Udine ha

infatti segnalato il caso di lettere che sono state

inviate da Viale Mazzini proprio a loro perché pa-

gassero il canone Tv. “È acclarato che esiste già

un cittadino che paga il canone e cioè la persona

assistita - spiega Vanni Ferrari - e chiaramente di

quel televisore usufruisce la stessa badante. La

Rai sostiene che l’imposta è legata al possesso

e che lei non fa parte di quel nucleo familiare.

Questa è una persecuzione burocratica”. Infine

il cavallo. Discorso a parte merita la scultura

dell’artista siciliano Francesco Messina. È lì dal

1966 e ne ha viste tante in

quel palazzo. “Crediamo

soltanto a ciò che vediamo.

Perciò, da quando c’è la te-

levisione, crediamo a tutto”.

Firmato: il cavallo.

N

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4 Politica

Dalle speranze traditealla nuova identità europea di una nazione

n.106

di

[email protected] merlo

Democrazia,aristocrazia,oligarchia

un gioco al massacro permanente, a temere un calo di credibilità

e per conseguenza di audience, inducendo a ergere nuovi invisibili

muri tra le persone e le istituzioni.

Che l’Italia oggi sia in Europa è un bene, ma questo in fondo va

taciuto. Che abbia molta più credibilità internazionale è un bene,

ma ci si continua a lamentare che oggi paghiamo più tasse di ieri.

Ma delle due l’una. Perché dinanzi alla povertà assoluta di enormi

masse di gente del terzo e quarto mondo, a fenomeni come le

ricorrenti recrudescenze degli integralismi islamici si dovrebbe dire

a chiare lettere che a prevalere in futuro dovranno essere sempre

più i valori della ragione kantiana, delle libertà universali dell’uomo

introdotte dalla Francia illuminista, valori laici, senza credo religio-

so ma capaci di conciliare tutto, anche ciò che conciliabile non è.

E cosa distanzi la fede di un musulmano da quella di un cristiano,

e questa da quella di un buddhista, che forse molti non ricordano

essere una religione atea, è tale da poter facilmente alimentare da

una parte quanto l’altra forme di odio e di intolleranza. Chiaro allo-

ra che in una società priva di questi valori la democrazia non la si

possa esercitare discutendo, dialogando, dissentendo, contropro-

ponendo, ma pervenendo a compromessi temporanei e inconclu-

denti, oppure distruggendo, condannando senza appello, lapidan-

do, crocifiggendo, negando tutto il negabile. E se il male è ovunque,

ognuno può farsi portatore di verità. Il che naturalmente finisce per

giustificare tutto. Perché, ed è appunto questa la contraddizione di

fondo, capita che l’italiano sia un popo-

lo che sogna la rivoluzione, la invoca,

talvolta la professa, pur essendo per

sua natura moderato e conservatore.

Senza cioè sapere nulla né di ciò che

essa è né di ciò che essa non è. Ed essa

naturalmente, e puntualmente, non

arriva.

Dunque, da queste e dalle passate con-

siderazioni, un aspetto mi pare essere

chiaro: democrazia non è il contrario

di rivoluzione, ma non è neppure il

contrario di aristocrazia. È il contrario

di oligarchia, che Aristotele indicava

come una forma in sé perfettamente

democratica, quanto l’aristocrazia, ma

in cui chi viene scelto dal popolo non

agisce per tutelare il popolo ma per

garantire se stesso, in violazione delle

leggi. Democrazia è notoriamente, per

sua stessa definizione, un potere che

si oppone all’accentramento. Ma è

anche un sistema basato sulle deleghe

e sulle rappresentanze. Se chi delega

vuole che l’altro faccia l’interesse proprio e non quello dei più, è

certo che il delegato difficilmente seguirà le regole. Ciò tuttavia

comporta che un leaderismo democratico non è un controsenso,

e che non ha proprio nulla a che vedere con l’autoritarismo. Se per

«leader» si intende infatti una figura altamente rappresentativa

per il perseguimento di un progetto comune, essa vale sempre,

per quanto forte sia, in funzione antitotalitaria e partecipativa.

orno ancora una volta sul concetto di democrazia. Lo faccio

conscio come sono che in questo meraviglioso concetto, e

nelle sue concrete possibilità di attuazione in un paese come

il nostro, con la storia che ha il nostro, considerata almeno

dalle guerre di liberazione all’attuale fine delle tradizionali sovranità

nazionali, risieda la prima radice per comprendere il senso del no-

stro futuro e ogni possibilità di riscatto.

Pare certo che se il nostro paese

avesse compreso cosa davvero sia la

democrazia, e quale sia il prezzo che

ognuno di noi deve essere pronto a

pagare per averla, forse non avrebbe

subìto tutto quanto gli è accaduto nella

sua martoriata storia, e ancora in quella

recente con l’ignominia del commissa-

riamento di stato da parte dell’Europa,

avvenuto di fatto con il governo Monti.

E per venire a quello attuale, di gran

lunga il migliore che ci potessimo

augurare, e il migliore perché l’unico

in grado di portarci sulla giusta strada,

ci si è chiesti spesso se sia vero o

meno che il premier Renzi sia uomo

di sinistra piuttosto che di destra. Che

egli stia contribuendo a un generale

ripensamento di entrambe le parti

politiche mi pare indubbio. Ma questo

non è forse un bene? Cosa sarà mai la

sinistra italiana futura senza una destra

degna di questo nome? Lamentarsi di

tutto quanto ci capiti è un nostro vizio antico perché, spiace dirlo,

in tante occasioni l’ipocrisia offre enormi benefici. Si può passare

sopra a tutto, ma guai a chi parla bene di un capo di governo, guai

a mostrare fiducia, anche solo a delegarla per qualche tempo. Non

sta bene. Manifestare non dico ottimismo ma del sano realismo

rende sospetti, almeno quanto disincentiva la stampa e i media,

ormai perversamente orientati a fare della libertà di espressione

T

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5n.106

smo, la sterilità dei veti incrociati, in una

parola l’immobilismo. Si è più volte stigma-

tizzata la situazione della società italiana

come una forma di «appiattimento verso

il basso». Dimenticando spesso, temo, che

questo appiattimento è nato da un’esigen-

za di allargamento della partecipazione

popolare alla cosa pubblica. Questa critica

tradisce in sé un’esigenza di combinare

la democrazia con l’aristocrazia, o meglio

di forgiare nel nostro paese una demo-

crazia dei pochi nell’interesse di tutti. Ma

cos’è l’aristocrazia? In cosa si differenzia

dalla democrazia? Come classe sociale

essa fu teorizzata e introdotta dalla civiltà

greca. Secondo il pensiero aristotelico

quella aristocratica è una delle tre forme

«sane» di governo, assieme a monarchia

e politeia, mentre l’oligarchia ne è una

degenerazione. Essa

stabilisce che a gover-

nare debbano sempre

essere i migliori, un

principio difficilmente

contestabile. E questi

migliori sono i migliori

senz’altro, non tanto

i migliori per censo

ma coloro che sanno

di più, che hanno

maggiori capacità da

mettere a disposizione

degli altri. In Europa,

di fatto, questa forma

di governo è stata per

lo più rappresentata

dalle monarchie. Essa

inoltre sancisce che

non tutti possono

praticare spontaneamente la forma di

governo migliore, ovvero dà per scontata

la natura corruttibile della maggioranza

degli esseri umani. Da qui l’impossibilità di

praticare la democrazia come pura demo-

crazia. Non è possibile trattare da uguali

cose che uguali non sono, o per positivo

ciò che non lo è: ma questo è un principio

assai più delicato e certamente opinabile,

relativo per certi versi, tautologico per

altri. Resta il principio delle regole che,

quelle sì, devono valere allo stesso modo

per tutti. Da qui l’esigenza che la demo-

crazia torni a farsi “aristocratica” senza

decadere a elitarismo.

Allora vediamo meglio: la democrazia im-

plica tutto, anche il suo contrario. Anarchia

come aristocrazia, conservazione come

rivoluzione possono essere «democrati-

garanzia persino di quanto di più distante

possa esserci dalla democrazia.

Potrei ripartire dal mio ultimo precedente

assunto, per cui ogni sistema democratico

è intrinsecamente emendabile mentre tut-

ti gli altri lo sono meno o, come nel caso

delle rivoluzioni, non lo sono affatto. Se è

vero questo assunto, alla luce di quanto

avvenuto nell’era repubblicana del nostro

paese, in Italia non vi è mai stata alcuna

democrazia, o, se vi è stata, essa non ha

mai saputo autoemendarsi e, al contrario,

ha favorito il prolificare di corruzione e

spreco. La difficoltà attuali perciò, molto

prima che finanziarie o macroeconomi-

che, sono culturali. Noi dobbiamo oggi

essere europei quando non siamo ancora

riusciti a essere italiani. Perché un conto

è amministrare, un altro tutto diverso è

gestire. Ad amministrare dovrebbe essere

la politica, a gestire dovremmo essere noi

cittadini. E invece la politica italiana ha

finito col gestire (la finanza, il mercato, le

aziende, l’istruzione e la ricerca, concorsi

e appalti) senza amministrare nulla. E

questo perché il sistema delle deleghe

ha avuto nel nostro paese un’evoluzio-

ne perversa, del tipo «ti do mano libera,

purché tu mi consenta di fare la stessa

cosa». L’unica regola è stata quella di non

averne. Ma non è precisamente così che

funziona una società democratica, ovvero

libera e aperta.

La democrazia si oppone dunque anzi-

tutto all’oligarchia, ovvero a una visione

particolaristica del potere e della cultura,

che blocca il cambiamento e garantisce in

varia misura lo status quo ante, il favoriti-

Che questo alla sinistra vecchio stampo

sembri una blasfemia, e che per questo

abbia continuato ad autoflagellarsi come

in preda a un istinto espiatorio, è cosa

che la dice lunga su quale sia il grado di

arretratezza culturale del nostro sociali-

smo. Se la democrazia intesa come uso

antiautoritario e antidinastico del potere

è un baluardo per i diritti di ognuno di

potersi esprimere, è al tempo stesso,

e non può che essere, un principio di

buonsenso e di equilibrio. Tanto l’equilibrio

stabilito dai rapporti di forza e di controllo

tra maggioranza e minoranze, quanto i

diritti di una nazione e di una civiltà, vanno

anteposti ai diritti personali, all’individua-

lismo. Dinanzi a una democrazia di questo

tipo, il diritto personale resosi privo di

realismo decade a comune egoismo, a pri-

vilegio. Certo, come da

sempre si è detto, la

democrazia andrebbe

forse indicata come

la meno difettosa più

che come la miglior

forma di governo in

assoluto. Ma cosa ha

a che vedere la vita

reale degli uomini con

la perfezione dell’as-

soluto? Al contrario,

proprio la democrazia

è in sé la prova che

nessuna età dell’oro

è stata e sarà mai

possibile. È la stranota

faccenda dell’intrin-

seca debolezza della

democrazia rispetto

a ogni altra forma di governo. Questa

debolezza consiste nella sua ambiguità

per così dire costitutiva, che comporta,

come abbiamo visto, un basare ogni cosa

e ogni decisione sul dialogo e dunque

sulla convivenza tra esigenze diverse e

potenzialmente in conflitto. Pur nascen-

do per contrastarlo, ogni democrazia

perciò presuppone il conflitto. Tra le più

celebri torsioni e illecite appropriazioni

si potrebbe citare Lenin, il quale da fiero

antidemocratico aveva per qualche tempo

parlato di una «dittatura democratica del

proletariato». Questo perché la democra-

zia è per sua stessa natura un principio

inclusivo, senza confini, orizzontale e laico,

perciò stesso assai più vasto di tutti gli

altri. Condizione di ogni valore al punto

da poter risultare paradossalmente come

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6n.106

segue da pag. 5

della parte e non del tutto. Alimenta nuo-

ve diseguaglianze e nuove burocrazie. Da

questo discende anche il rispetto per le

decisioni della maggioranza al momen-

to di far passare provvedimenti e leggi.

Rispetto che non può essere garantito se

qualcuno, inclusi tanti benpensanti della

sinistra più dura e pura, continueranno a

ragionare come se il paese fosse fermo

ancora al secondo dopoguerra, all’epoca

della guerra fredda e delle stragi, come

se il paese non potesse che essere quello

che è stato quando questi signori si sono

intellettualmente formati e politicamente

collocati.

Se l’Italia non è cambiata, se le sue batta-

glie per la libertà non le ha completate, è

precisamente perché ha funzionato poco,

perché ha deciso poco. E se una demo-

crazia non viene fatta funzionare vuol dire

che c’è senza esserci. Perciò amare o

violentare il proprio paese fa lo stesso, se

prima di esso non si ama la sua democra-

zia. Ma come si è visto la democrazia non

è un diritto, è un dovere. Non è un dato di

fatto, è un problema che non si finirà mai

di risolvere. La democrazia non si alimenta

da sé, si alimentano invece le disegua-

glianze, le corporazioni, i nepotismi, i

clientelismi, le impunità mascherate da

garantismo. La democrazia va conquistata.

E conquistarla non è facile, occorre molto

lavoro, molta fatica. Occorre, soprattutto,

una vocazione interiore alla vita civile che

l’italiano medio, più incline a guardare i

problemi del mondo a partire dai propri,

non ha ancora conquistato.

valutati come diritti universali. Ma se

democrazia è equilibrio, questo equilibrio

non può essere indice di stagnazione. Al

contrario essa è soprattutto cambiamen-

to, e garanzia di cambiamento. Una demo-

crazia che non garantisce cambiamento, e

non stimola la gente a un atteggiamento

critico, a rivedere proprie convinzioni più

o meno di parte, non è vera democrazia.

È invece oligarchia, potere di caste o di

logge, elitarismo delle minoranze. In questi

casi, per quanto ci si possa sforzare, chi

ragiona in termini di tutela delle minoran-

ze più che di stabilità delle maggioranze

non fa democrazia. Fa, obliquamente,

elitarismo. Difende interessi corporativi,

che» pur non essendo, di per se stesse,

democrazia. Ma allora siamo daccapo:

solo un sistema democratico tutela ogni

possibile esigenza del vivere collettivo.

Dunque il percorso delle riforme non può

venire interrotto, deve solo essere guidato

nel miglior modo possibile. Se il senso

di questa sfida viene visto, per via delle

nostre antiche stimmate storiche, come

male assoluto, come ritorno all’immagine

di un popolo incapace di disfarsi del pro-

prio padre padrone, allora questo significa

non capire il senso della realtà. E la realtà

è che in natura nulla cambia mai per salto,

e tutto si rinnova spontaneamente secon-

do cicli periodici.

A ridirlo in sintesi: le democrazie sono

il potere dei più nell’interesse dei molti,

la aristocrazie sono il potere dei migliori

nell’interesse dei molti, le rivoluzioni sono

un contropotere nell’interesse di alcuni

a discapito di tutti gli altri, l’utopia un

governo che curi l’interesse di tutti senza

scontentare nessuno.

Da ciò si vede che realizzare compiuta-

mente una democrazia è prova della più

grande maturità e del più grande impegno.

Essa non nasce da sé, bisogna che nasca

nelle coscienze. Gandhi affermava che per

cambiare il mondo bisogna essere quel

cambiamento. E infatti, non a caso, una

democrazia comporta lievitazione delle

idee, raggiungimento delle soluzioni più

giuste, la conquista dei diritti di ognuno

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on è saggio trovare dei simboli in tutto ciò che l’uomo vede

ma quello del nostro Duomo cittadino travalica ogni assen-

natezza per noi che lo cavalchiamo giorno dopo giorno. È il

nostro bianco feticcio, la nostra maglia, il nostro gonfalone,

quello da esibire nelle battaglie morali per l’Abruzzo e oltre Tronto e

che rivendichiamo senza tentennamenti e senza schierarci in fazioni.

A volte si può pensare che per sontuosità sia anche troppo per la

nostra cittadina, soprattutto quando ci avvitiamo in sterili beghe da

cortile, da serve, che la religiosità del campanile pare pure troppo,

un regalo che non meritiamo.

Ma come tutte le cose che si

amano, non si vedono. Non si fa

caso più di tanto alle brutture

cui giornalmente è sottoposto se

non in quei casi dove viene giù

un pezzo, come quando un tir

fece marcia indietro, chiaramente

senza sonar, portandosi via un

pezzo di storia. Ma le vicende

della cattedrale sorta nel 1171

sono costellate di eventi affini,

di violenze propinate, di piccoli e

grandi mali inflitti con sadismo a

quella che Mario Pomilio chiama

“una delle cose più singolari, più

composite e insieme più schiette,

che possegga l’arte italiana”. Dagli enormi chiodi piantati nelle stori-

che mura per fissarci un tendone durante una manifestazione (tande

‘nghe tutte li busc che ci sta, une de ccchiù, une de mane!!!), alle

cabine Enel addossate con tanto di fili penzolanti, alle pecore, capre

e vitellini legati nei pressi della scalinata posteriore durante una

festa di prodotti tipici locali di qualche anno fa. Va bene che il nostro

duomo ha visto nel passato anche corride: nel 1530 gli Spagnoli ne

organizzarono una che i Teramani non apprezzarono, però continuare

a vessare così un monumento storico è da gens che ama davvero chi

attacca l’asino…dove vuole il padrone. Non fanno più notizie i duelli

notturni tra bottiglie di vino e lattine di birra che trovano spazio sulle

scalinate, dove fino al mattino, rimangono in ordine sparso. O anche

le bestemmie e parolacce inserite in una canzone natalizia di una

band inglese che qualche anno fa dagli altoparlanti la investì in pieno.

Ci fu pure una manifestazione di Miss Italia che fece tanto scalpore

perché la passerella allora parve entrare direttamente sul sagrato:

kermesse che fece dire al nostro primo cittadino: “Basta d’ora in poi

creeremo una zona di rispetto attorno al Duomo”. Peccato che dopo

qualche giro di lancetta apparvero due bagni chimici orribilmente

prossimi alla nostra cattedrale. Sì, uriniamo tutti, pisciamo sul mo-

numento storico più rilevante della nostra storica città, svuotiamoci

come hanno fatto qualche giorno fa i nonnetti senza più il diurno,

nonnetti che hanno urinato sulle pietre millenarie. A renderlo noto è

stato il consigliere Alfonso Di Sabatino Martina che per l’occasione,

durante i lavori in aula, invoca l’apertura del diurno di Piazza Martiri

“sistematicamente chiuso quando ci sono le manifestazioni”. “I vec-

chietti non hanno, loro malgrado, il pavimento pelvico pronto come

l’abbiamo noi e quindi non riescono a trattenere la propria urina”. La

risposta del sindaco Brucchi è stata pronta ed è partita da una sua

mezza ammissione di avere “qualche problemino di ipertrofia pro-

statica e quindi magari non ho più quella capacità che avevo qualche

anno fa”. E pertanto invita, come fa lui, a cercare “il primo bar dispo-

nibile, invece di urinare sui muri del duomo”. Anche don Aldino, il

parroco dell’icona teramana, ha dovuto più volte tirare le orecchie ai

nostri amministratori, che avevano esagerato nella folle riproduzione

delle manifestazioni senza alcun senso e senza alcun valore aggiunto.

Ma sulle due scalinate del duomo c’è stato un po’ di tutto: la nostra

vita che scorre. La Juve che vince lo scudetto, la sciarpata del Teramo

calcio, la premiazione mondiale

della Coppa Interamnia, i violini

del Liceo musicale, lo sciopero

della Fiom, i ragazzini di qualche

iniziativa, tutta la teramanità

che vuole apparire, esserci, nello

schermo medieval-mediatico. E

dabbasso poi, uno sguardo, un

cuore che batte, uno che smette

di battere, un clochard, Bruno,

Vincenzo, la solitudine di Ferra-

gosto, la neve, l’olmo, Biancone, il

brusio della fontanella, gli anziani

sulle panchine, corride. Ma anche

enormi gazebo, trattori degli

agricoltori, mucche screziate, e

recentemente un alto tir addos-

sato pericolosamente in Via San Berardo, come del resto diverse altre

auto che non conoscono il rispetto per la nostra anima spirituale. Da

ultima una manifestazione dell’Uisp con tanto di striscioni “appic-

cicati” come potete vedere (per l’amor del cielo) a eguale distanza

dalla porta cieca del nostro Duomo. Il vescovo periodicamente chiede

maggior “rispetto per le due scalinate, quella che dà su Piazza Martiri

e l’altra su Piazza Orsini” la sera e la notte soprattutto meta di ragazzi

che prendono possesso del monumento religioso. Monsignor Seccia

difende il suo arredo religioso a spada tratta e lo rivendica come

spazio dedito alla spiritualità teramana.

7n.106

Accade a Teramo

Tutte le brutture che la cattedrale ha dovuto subire: chiodi piantati, tir, parcheggi,pecore, Miss Italia

www.mauriziodibiagio.blogspot.commaurizioDi biagio

Com’è dolceoltraggiarequesto duomo

N

di

Page 8: Teramani 106

8tre strike, tre big come Olivieri, Belli e Morselli, si rischiava di

fare flop: “Chiaramente – ha dichiarato in aula l’ex assessore -

ci voleva invece un nome di attrazione per far sì che la gente

potesse venire in piazza anche da fuori Teramo”. Tanto che era

venuto fuori il nome di Filippo Graziani che sapeva incarnare la

pancia di fine anno del Teramano medio e sarebbe venuto per

pochi sghei di cachet. “Ma ora è troppo tardi” si disse a fine

dicembre dal Comune.

Capitolo due: azz…che freddo!

Forse mai un’avversità meteo è stata così attesa, forse più del-

la stessa glaciale Rei, che tanta moscitudine invece l’aveva ri-

versata sui pochi ed eroici spettatori (trecento per la questura,

tremila secondo una foto che ritraeva una piazza piena come

ai tempi di Almirante e Bertinotti). In altre città si sono rinviati i

concerti di fine anno, qui invece e molto ostinatamente si sono

voluti compiere i destini del flop. Il manager di Marina Rei rac-

conta che la richiesta di spostare l’evento non è mai pervenuta

a nessuno dell’organizzazione dal Comune di Teramo, mal-

grado il ghiaccio polare e i pinguini a bordo pista. Si è cercato

di difendere la scelta della giunta a denti stretti dapprima

paventando un’insolita e stramba questione di sicurezza, con i

capodannari che una volta dentro ristoranti e hotel avrebbero

potuto seguire la Rei in piazza in totale messa in sicurezza,

aggiungendo pure che gli hotel erano pieni di turisti (consueta

bufala) che aspettavano trafelati l’evento. Chiaramente l’ardito

pallone è stato subito sbugiardato da un giornalista che facen-

dosi il giro telefonico dei pochissimi hotel ha annoverato solo

qualche coppia di anziani che per sbaglio erano tra il Tordino e

il Vezzola. Due volevano andare a Terni, l’altra a Termoli, ma si

sono ritrovati nella vecchia Petrut.

Capitolo tre: tra palco, service e gelo.

Perché, qualcuno si chiede, noleggiare una struttura sovradi-

mensionata a Campobasso solo per ospitare pochi fari, strut-

tura forse tecnicamente non proprio ineccepibile? Lievitazione

dei costi per via dei giorni in più per il pre-montaggio? Sarebbe

potuto bastare un palco più contenuto, come ha fatto Pescara

con i Tiromancino che, proporzionalmente al loro palco, hanno

chiesto anche un cachet più basso della Rei. E poi non è così

normale spendere di più per palco, copertura e service, che

per la stessa artista. È come dire che la carta della pizza costa

due euro. Si sono fatti i conti: con un montaggio di 8 mila euro

si poteva fare un evento da 40-50 mila euro, l’incidenza del

service in genere è di un quinto o di un sesto del costo dello

spettacolo, dicono i ben informati.

Capitolo quattro: allora quant’è costato Bastià?

A molti è parso esagerato pagare 13 mila euro Marina Rei sen-

za service al seguito. Ma per molto tempo è rimasto in dubbio

il suo reale cachet: ma quanto è costata Marina Rei? è stato

il tormentone in città su cui tutti si sono scontrati: consiglieri

comunali, semplici cittadini con l’uzzolo dei conti e citoyen che

vogliono solo vederci chiaro. Le opposizioni hanno lamentato

l’eccessiva spesa per un evento che è stato chiaramente fal-

videntemente a Teramo la carica di assessore alla

cultura, sport e spettacolo, scotta come quella dell’In-

terno del governo italiano, rimessa storica di vecchie e

nuove porcherie, da Piazza Fontana in poi. Il testimone

lasciato dal buon Guido Campana ha portato con sé la miccia

di un detonatore che nessuno pensava esplodesse nelle mani

di Francesca Lucantoni, mais oui, je suis Charlie Lucantonì,

lasciata col cerino in mano a bruciarsi dita, braccio, corpo e

mente per un capodanno flop annunciato, che rimarrà nella

storia della teramanità per quanti gialli e quesiti ha scatenato

in sole poche ore, un trionfo di punti interrogativi, di depi-

staggi, foto contraddittorie, sponsor senza soldi, di vaffanculo

indirizzarti a giornalisti, di proposte di diffide, di interrogazioni

(al momento non parlamentari), di altri quesiti insoluti. Un

florilegio di interventi in blog, in siti di informazioni, una ridda

di servizi televisivi, di ospitate in studio e di litri di inchiostro su

magazine, quotidiani e chi più ne ha più ne metta. Mai Teramo,

dai tempi dei Mazzaclocchi e degli Spennati, s’era accapigliata

su un argomento che può apparire futile e molto transitorio: il

Capodanno, del resto, dura il battito delle ali di una farfalla, è

una terra di mezzo, una sottile membrana, un niente, ma che

in città ha trovato la cassa di risonanza della politica teramana,

dei suoi epigoni, dei suoi detrattori e degli amanti della terama-

nità stufi ormai dell’allora attacca Bastià o dell’attacca l’asino

dove vuole il padrone.

Capitolo uno: perché Marina Rei?

Ad onor del vero, si sentiva lontano un miglio la puzza del flop,

non che Marina Rei non fosse una valida artista, ma si sapeva

che prediligeva altri tipi di atmosfere, più compassate; ad

esempio negli ultimi periodi faceva spesso capolino nei club e

la piazza si sa palpita come un cuore popolano, vuole sentire

l’afflato dell’ultimo dell’anno, il ritmo del trenino meu amigo

Charly, e non una languida Primavera, anzi una moscia Prima-

vera. Senza contare che pochissimi mesi fa si era già esibita

a Teramo, dicono per molto ma molto meno, chiamata da un

“Aspettando il 1° maggio” che in quell’occasione fu rimandato

per un minacciato maltempo. Nell’interrogazione al Comune

l’ex Guido Campana aveva messo in guardia tutti perché dopo

E

n.106

tutto sul flopdi Capodanno

L’evento al vento

di

www.mauriziodibiagio.blogspot.commaurizioDi biagio

Genesi e svolgimento del momentopiù chiacchierato degli ultimi anni

Page 9: Teramani 106

rapporti con il Comune. Mi sapete dire

quali? 1)Tercas - Popolare di Bari 2)

Fondazione Tercas 3) Bim 4) Baltour 5)

Dmp 6) Sanic srl 7) Iemme Costruzioni

8) Mastrilli 9) Falone Costruzioni 10)

Amadori 11) Di Sante 12) Savini Costru-

zioni 13) Mastergrafica 14) Sapori Veri

15) Sirio 16) Neo Comunicazione 17) La

Cantina di Porta Romana 18) Viven-

da. Vi do un aiuto. Baltour gestisce il

trasporto pubblico. Falone Costruzioni

ha ultimato un parco pubblico di fronte

al Tribunale. Gli altri?” si chiede Ber-

nardini. Il sindaco Brucchi a fine anno

aveva dichiarato che “le poche risorse

che utilizzeremo per il Capodanno

sono tutte risorse che provengono da

sponsorizzazioni, non c’è

una lira di soldi pubblici”,

anche se poi quelli di

Fondazione Tercas e Bim,

sono enti pubblici, quindi

soldi nostri. E poi sono

curiosi i 300,00 euro

devoluti da chi mesi fa

fu destinatario di appalti

consistenti da parte della

pubblica amministra-

zione.

Capitolo sette: la con-

clusione uno

Il prossimo anno, carbo-

ne ai service e chiama-

te qualche agenzia di

spettacoli e comprate un

artista. I Nomadi costano

30-35 mila euro. Vogliono

palco, corrente e Siae

da pagare. Al resto ci

pensano loro. Ma a voi di questa par-

rocchia i Nomadi non piacciono! Allora

chiamate con 20-25 mila euro Umberto

Tozzi che la piazza ve la riempie. Patty

Pravo costava 15.000 compreso l’utile

dell’Agenzia. Non vi piace neanche

lei? Faciat na cos… archiamat william

e lu fenomen! Firmato: Titolare di una

società di service.

Capitolo otto: la conclusione due

Una serata di capodanno non può

essere il metro dell’operato di un as-

sessore. Firmato: Francesca Lucantoni

Capitolo nove: la conclusione tre

Allora assessore attacca Bastià. Firma-

to: Vittorio, sempre meno fenomeno.

9forse l’avrà mandato su tutte le furie.

Sarà stato pure che il suo documento in

cui si riepilogavano i costi della serata

è stato dato in pasto alla stampa, un A4

dove ad esempio l’uomo di Magnanella

scriveva che Marina Rei ha incassato 16

mila euro, iva compresa al 22%, 1.830

euro sono andati al gruppo musicale

Aura, 9.600 euro spesi per la struttura e

copertura palco, che qualcuno definisce

fin troppo obesa e grande, 8.000 euro

invece vanno al personale tecnico, luci,

audio, fonici, ecc. Totale costi 37.800.

All’autore della stesura della specifica

gli facciamo rispondere dall’ex asses-

sore Guido Campana: “Mi sono divertito

anche a fare una specie di contabilità

economica – ha riferito in aula alla fine

di dicembre scorso -; noi con circa

10.000-11.000 euro riusciamo a fare un

capodanno degno a Teramo, compreso

di service, copertura di led-wall e di

comunicazioni e di gruppi teramani,

compreso appunto l’artista”. Campa-

na!? Ma rivaffa…giunge uno spiffero da

Magnanella.

Capitolo sei: lo sponsorao della

trasmissao

Fabio Berardini, consigliere comunale

del M5S, fa una proposta interessante

e irriverente. “Oggi – dice - facciamo

un gioco. Scrivo qui gli sponsor di

Capodanno menzionati dall’Assesso-

re Lucantoni. Molti di questi hanno

limentare: circa 40.000 euro. Il Comu-

ne, in difesa, ha replicato che il costo

complessivo è stato di 37.800 euro e

non ha pesato sulle casse comunali,

ma interamente coperto dagli sponsor.

È stato anche dichiarato che, all’in-

terno di questa spesa, il cachet della

cantante è stato di 16.000 euro, mentre

il resto è servito per i costi del concerto

(palco, impianto, staff, etc.). Arriva però

puntuale la smentita di un’indignata Rei

che vuole pure farsi perdonare il mosci

lanciato all’indirizzo dei pochi infred-

doliti spettatori e minaccia querele alla

Lucantoni perché il suo compenso, dice,

è stato inferiore. Ma non specifica.

Capitolo cinque: il pre-

ventivo della A&W con

vaffa finale e lo spiffero

di Magnanella

Nel blog I due punti Ma-

riobici scrive un post: “Se

il Comune, l’assessore,

il sindaco avessero for-

nito sin da subito (prima

ancora che si facesse il

concerto) un resoconto

chiaro e dettagliato sulla

provenienza dei soldi,

pervenuto al Comune

il 5 gennaio (sponsor

pubblici e privati, entità

delle singole cifre offerte

da ogni singolo sponsor)

ed un resoconto chiaro,

univoco e dettagliato

della destinazione di tali

cifre, probabilmente oggi

non staremmo ancora a

parlare di questo, né un imprenditore

locale manderebbe a “fanculo un gior-

nalista né l’agente della Rei continue-

rebbe ancora ad annunciare iniziative

legali contro l’assessore Lucantoni”.

Chi manda all’altro paese il giornalista

Antonio D’Amore di Vera Tv Abruzzo

è il titolare di A&W srl, servizi per lo

spettacolo (pare iscritto alla Camera di

Commercio come società di noleggio

di attrezzature e non come agente di

spettacolo e quindi ancora non avrebbe

potuto fornire il resoconto dei costi

dell’artista), sede sociale a Magnanella,

da dove proviene la famosa aria fredda

che s’incanala per il Corso. E sarà stato

proprio uno spiffero gelato, il suo coin-

volgimento al Capodanno’s Story, che

n.106

Page 10: Teramani 106

10 Write about... the records!

2005 - DVD + audio CD - yep roc/red eye (import).

di

[email protected]

the go-betweens“that striped sunlight sound”

Banquet, Sire…, negli anni dal 1981 al 1987. Data importante

quest’ultima (ndr), vede la band esibirsi al Rock Roads Festi-

val di…Giulianova! Lungomare nord, Parco ex Ospizio Marino,

serata memorabile con collegamenti in diretta su Radio Rai

(Pop Off), concerto bellissimo, indimenticabile per chi c’era.

Successivamente il gruppo vive un periodo interlocutorio, i due

leader intraprendono le rispettive carriere soliste, con alterne

fortune e albums non certo memorabili, nel 1996 si riformano

con Adele Pickvance al basso e Glenn Thompson alla batte-

ria, riprendendo tour, concerti e dischi (The Friends of Rachel

Worth, Bright Yellow Bright Orange). Nel 2006, mentre Grant

è in casa, a Brisbane, un’infarto lo stronca inesorabilmente, a

soli 48 anni! Così, Robert, colpito dalla tragedia, decide di porre

fine all’attività della band. Questa lunga introduzione si è resa

necessaria per suggerire l’oggetto della recensione, se non

volete (o potete) acquistare le opere più significative, 18 titoli

fra studio-live-anthology, questa edizione fa per voi, a costo

veramente ‘stracciato’ (€ 6,51 + 2,90 di spese sp. – RoundMedia

UK by Amazon), potrete portare a casa la splendida edizione in

oggetto: non solo musica per le orecchie e la mente, anche per

gli occhi, il DVD + CD è fantastico, il Tivoli Theater la location,

8/6/2005 la data, oltre 2 ore di grande creatività, 16 brani (DVD)

tirati a lucido, incalzanti, secchi, nervosi, il sound dei Go-Betwe-

ens è pratico, scarno, diretto, essenziale, privo di orpelli, effetti,

sovraincisioni e diavolerie da sound-engineering. Ritmi e me-

lodie con quel quid di sana ‘rozzezza’ rockistica che contaddi-

stingue i gruppi della cosiddetta aussie-scene, formazioni come

Hoodoo Gurus, Harem Scarem,

Celibate Rifles, Triffids, Saints,

Paul Kelly & the Messengers…

Il CD audio replica esattamente

i brani del DVD ma, niente dop-

pioni, versioni alternate e ine-

dite, l’ascolto, una delizia, brani

2/3 minuti, secchi, decisi, stop

& go! Gioiellini elettro-acustici,

le 2 chitarre, la simpatica Adele

al basso e, l’essenziale Glenn ai

tamburi. La ‘scaletta’ del live è

formidabile, i maggiori succes-

si ci sono tutti (e sono tanti):

Black Mule (solo Grant), Clouds

(Robert & Grant solo), Boundary

Rider (corale), Born To Family

(tesa e sottile, in miracoloso

equilibrio, sincopata, bastano

le chitarre, basso e batteria,

niente più), Streets of Your Town

(bello percorrere le strade della

tua città), un’ovazione accoglie

questa song, nel suo incedere

metronomico e regale, le chitarre s’intrecciano stupendamen-

te come le voci dei due e il bv degli altri. La scaletta si fa più

nervosa e tesa, quasi alla Talking Heads (quelli migliori), sound

secco, acuminato, tagliente, con Finding You l’intro acustico è

rimo ‘volo’ discografico del 2015, è del 2005! Ennesimo

flashback rockistico, proveniente da uno dei luoghi ge-

ografici più distanti dallo stivale: l’Australia! BRISBANE,

1979, due studenti d’Arte s’incontrano e condividono

l’esperienza musicale e di vita: Robert Forster, alto e allam-

panato, Grant McLennan, piccolo, timido e gentile, entrambi

chitarristi, acustici/elettrici e…

bravissimi! Il nome del gruppo

proviene dal titolo del romanzo

dello scrittore L.P. Hartley, 1953,

inizialmente reclutano diversi

drummers, un bassista e, un 3°

chitarrista, Peter Milton Walsh il

quale, lascerà per formare The

Apartments: formazione da riva-

lutare, titolare di un pregevole

album d’esordio The Evening

Visits, misterioso, oscuro e

inquietante. Dopo alcuni 7” (45

giri), il duo con armi e bagagli

si trasferisce in Gran Bretagna,

Robert a Glasgow in Scozia,

Grant addirittura vola fino a New

York, arricchendo le rispettive

coordinate musicali. Riunitisi a

Londra, iniziano a registrare i

primi episodi discografici: “Send

Me A Lullaby” con Lindy Mor-

rison dietro i tamburi, “Before

Hollywood”, “Spring Hill Fair”,

“Liberty Belle and the Black Diamond Express” e “Tallulah”, (con

l’ingresso della bionda Amanda Brown, violino e oboe), titoli

degni di attenzione, incisi per etichette prestigiose della scena

indie rock-jungle pop-alternative come Rough Trade, Beggars

P

n.106

Page 11: Teramani 106

meglio, acoustic stories – registrata nel

salottino di casa, nel pomeriggio di un

giorno di festa: in 10 brani la storia dei

Go-Betweens, una sorta di unplugged,

intimo, raccolto, confidenziale, discreto

e genuino, dimensione umana e sincera,

godibile. Il tutto (DVD+CD),

supera generosamente le

2 ore di goduria for eyes

& ears, la semplicità, la

modestia e la timidezza di

Grant, il modo di porgersi

schietto e sincero ci pon-

gono l’interrogativo: si può

morire a soli 48 anni a casa

propria? La confezione del

supporto digitale è quanto

di meglio si possa deside-

rare, booklet, foto, notes,

credits, il video sembra

in HD, l’audio nitidissimo,

il mix esplosivo! Come

dicevamo, Robert ha posto

fine alla band e, allora?

Long live to Go-Betweens!

Voto: 8 1/2

è parossistico, sale vertiginosamente,

cavalcata indomabile, stop e ripartenze,

sino al concitato finale, irresistibile, inar-

restabile, implacabile, dopo 8:49 sublimi,

c’è la …resa, il concerto è finito ma, non

il video che contiene un’altra sezione –

da manuale, prezioso, precede l’entrata

degli strumenti, le voci dei 4 all’unisono

e nella coda, brevi ‘a solo’ delle two

guitars. C’è l’acme del concerto, Was

There Anything I Could Do?, la platea

non resiste, saltella a tempo, è la volta

di Too Much of One Thing,

atipico nella durata (6:29),

valzerone trascinante con

tanto di coretti finali, Adele

lascia il basso e si cimenta

con la deliziosa tastierina

(Farfisa?) che fa tanto gara-

ge, People Say, ci avvicina

al termine, ancora The

Clock e, richiamati a gran

voce, arriva l’hit Karen: è

l’apoteosi, la band non si

sottrae alla folla, siamo al

top, one two three four, l’e-

lettrica di Robert parte alla

grande, autentiche rasoiate

alle corde, basso e batteria

pompano come stantuffi,

Grant a ricamare con l’altra

chitarra, il livello raggiunto

11n.106

Page 12: Teramani 106

12 Il Ricordon.106

di

Segretario Provinciale CGIL TeramoalbertoDi Dario

Padreabele Conigli

Abele Conigli il quale, in verità, non fece mai mancare il suo

appoggio a quella innovativa esperienza di un piccolo ma vivace

paese di montagna. Anche di questo periodo particolarmente

creativo ed effervescente, che testimonia la vicinanza di Padre

Abele al mondo giovanile e di periferia si parla e documenta

ampiamente nel libro “Padre Abele Conigli, la fede incarnata e le

sue sfide”. Ovviamente Don Enzo nel suo volume non dimentica

l’impegno missionario in Burundi con figure divenute leggen-

darie per impegno e passione sinceri: Mons. Michael Courtney,

Nunzio apostolico ucciso nel dicembre del 2003 in Burundi, e

il Cardinal Ersilio Tonini inviato dal Santo Padre per coordinare

azioni umanitarie, che ebbe la forza di fondare l’Università di

agraria a Ngozi dove chiese a Don Enzo di insegnare. L’impegno

e il lavoro a favore delle popolazioni burundesi continua grazie

anche al sostegno continuo e convinto degli amici tedeschi,

bergamaschi e abruzzesi di ogni dove che in San Pietro hanno

individuato e scoperto un luogo di incontro multiculturale e

aperto al confronto e alla crescita umana, culturale e sociale.

A pag 40 l’amico Norbert Kreuzkamp, importante dirigente te-

desco, descrive e testimonia questa opera di continuo scambio

che a San Pietro hanno avuto una vera e propria consacrazione.

egli anni ‘70 Don Enzo Chiarini a San Pietro di Isola del

Gran Sasso arrivò come quei venti impetuosi, non troppo

ricorrenti nelle nostre zone, in grado di penetrare in ogni

fessura e di scrostare la polvere sedimentata dal tempo,

impossibile da ignorare. Per l’epoca, un prete “diverso”, coin-

volgente, difficile da contenere che però aprì le porte della sua

casa a tutti noi che eravamo del luogo, altri ancora di altri luo-

ghi, creando un punto certo di incontro. Tutto ciò non sempre fu

accettato e alcuni sollecitati, ambiguamente, da qualche politico

locale, se ne lamentarono anche presso il Vescovo di Teramo

N

Dalla Segreteriadel Cardinal Vallini

Vicariato di Roma

Al ReverendoDon Enzo Chiarini

Dal Vicariato, 4 novembre 2014

Caro Don Chiarini,

ho potuto leggere con vero piacere il Suo

libro di memorie su “Padre Abele Conigli –

La fede incarnata e le sue sfide”, che Ella

con amore di figlio ha voluto dedicare a

questo grande padre e pastore. La ringrazio

di cuore di avermene fatto dono.

Scorrendo le pagine del libro, ho ritrovato

tante persone, luoghi e avvenimenti che

hanno segnato anche la mia vita. Una

raccolta preziosa di testimonianze che

costituiscono materiale pregevole per una

futura e documentata biografia di Mons.

Conigli, Vescovo del Concilio, coraggioso e

intelligente testimone dell’amore di Dio tra

gli uomini.

Auguri a Lei di ogni bene. Mi ricordi al igno-

re; come io faccio volentieri di Lei.

Suo devotissimo

Agostino Card. Vallini

Page 13: Teramani 106

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Page 14: Teramani 106

In giro

...e anche bene.

di

http://paesaggioteramano.blogspot.itsergioscacchia

a teramo leopere d’arte leteniamo nascoste!

alla Grecia. Da noi, le opere rappresentano infinite civiltà che

si sono susseguite senza sosta, nel nostro territorio.

Sono partito da lontano per raccontarvi cosa di brutto accade

in una città, la nostra Teramo, dove la cultura a volte viene ne-

gata alla sua naturale funzione che è quella di essere diffusa.

Alla non fruibilità di un mosaico pregiato come quello del

Leone, chiuso all’interno di Palazzo Savini, si aggiunge un altro

“delitto culturale”.

Pochi sanno, infatti, dell’esistenza di un’opera d’arte insigne,

celata al popolo teramano e ai turisti che si avventurano fino

in città.

Parliamo di un affresco sacro di notevole importanza docu-

mentaria e storica, non accessibile a cittadini e visitatori,

quasi nascosta nell’ex convento di San Francesco, adiacente

alla chiesa di S. Antonio, nel centro di Teramo.

I locali di proprietà demaniale, per molti anni occupati dall’In-

tendenza di Finanza, oggi sono utilizzati, guarda caso, dalla

Soprintendenza Archeologica ai Monumenti. Questo è l’ente

deputato alla salvaguardia dei Beni Culturali, quello cioè che

tutela e favorisce le opere d’arte di cui sono proprietari unica-

mente i cittadini.

Si tratta di una lunetta dipinta, ubicata in un ex passaggio

di comunicazione tra il chiostro e la chiesa, chiuso anterior-

mente al 1448 e decorato.

È un dipinto sacro, due finestre di bifore del Trecento che,

in antica epoca, faceva parte del portico, lato nord del

beni culturali ecclesiastici in Italia, eredità di popoli e mil-

lenni, costituiscono almeno i due terzi dell’intero patrimo-

nio nazionale.

Non potrebbe essere altrimenti se guardiamo alle cifre:

su 95 mila chiese, 30 mila di esse sono ai massimi livelli della

storia, i santuari si avvicinano al numero duemila, i monasteri

toccano le cinquecento unità, così come le abbazie.

Numeri impressionanti elaborati qualche tempo fa dal Censis.

La massima diffusione di “loca sacra” è nel centro nord.

E queste emergenze religiose, storiche e culturali non raccon-

tano di un’unica civiltà come accade ad esempio all’Egitto o

I

14n.106

Page 15: Teramani 106

L’altra scritta, alla base della lunetta, è

una profonda preghiera al Santissimo

appeso alla croce, incoronato di spine.

Si chiede di essere liberati dall’angelo

del male che porta con sé il peccato.

Al Cristo abbeverato di fiele e aceto

si chiede la liberazione dalle piaghe

dell’anima. L’incisione in latino, termi-

na con l’eloquente frase: “Che la Tua

morte sia la mia vita!”.

Al valore devozionale di questa bellissi-

ma catechesi muraria sul peccato e la

misericordia di Dio, si aggiunge anche

la pregevole rappresentazione.

Il Cristo esce dal sepolcro col

cartello INRI, tra la Madonna in

preghiera e San Francesco, munito

di piccola croce, intento alla sua

famosa preghiera al Crocifisso.

Attorno a Gesù ruotano, come in

un unico filo narrativo, i simboli

della Passione:

la lancia, la pertica con la spu-

gna, il flagello, le dita incrociate a

scherno, la canna scettro, la scala

e la tunica rossa coi dadi.

Ci sono anche delle incongruen-

ze nell’opera che di certo non

sviliscono l’importanza ma che è

interessante rimarcare:

San Giovanni Battista non è rappresen-

tato come di consueto, vestito di pelli

e con torso nudo, al contrario ha una

tunica rossa e in mano un libro, così

da poter essere scambiato per l’altro

Giovanni, l’Evangelista.

Inoltre un qualcosa di incomprensibile

la propone la figura di S. Antonio da

Padova che, anziché il giglio, porta con

se una palma, simbolo del martirio.

Infine, nella lunetta,l’autore attribuisce

la famosa frase :”Ego sum lux mundi”

al Padre anziché al Figlio!

convento dei Padri Francescani.

Oggi questo luogo è usato per

un ufficio, dopo che l’utilizzo per

molti anni era stato di deposito

materiali di risulta.

L’opera sarebbe stata realizzata

da un monaco della seconda metà

del ‘400 e rappresenta l’immagine

della “Pietà”.

Il dipinto è solo uno di altri affre-

schi esistenti lungo il perimetro

del portico, ma ha una peculiarità

che lo rende ancor più importante.

Le due iscrizioni, in basso la-

teralmente, testimoniano la grande

importanza devozionale: chi ammira

e prega davanti all’opera può lucrare

un’indulgenza antichissima.

Il testo latino, infatti, recita più o

meno:

“San Gregorio e altri Sommi Pontefici

e tutti coloro che, veramente pentiti

e confessati, s’inginocchiano davanti

all’immagine della Pietà e preghe-

ranno, avranno ventimila e sette anni

giorni di piena indulgenza e questo è

confermato dal Papa Nicolò V, anno

Domini 03.01.1448”.

15n.106

Page 16: Teramani 106

16n.106

Satira

di

[email protected]

una passwordper lo scuolamat

eventi sportivi, gite scolastiche e altre

prestazioni a corredo accademico. So-

cial-fantapolica? No, semplicemente le

linee guida dettate non propriamente

da uno dei governi più democratici di

questo mondo. La Emirates Transport

riassume alcuni benefici finalizzati

a fornire comfort e sicurezza con

semplici esempi. Disposizioni di legge

sul trasporto scolastico sono state

approvate in Dubai al fine di chiarire

le responsabilità delle parti coinvolte

e garantire un pendolarismo sicuro

dentro e intorno allo scuolabus. Di

seguito, alcuni suggerimenti che per

i nostri amministratori suonerebbero

in arabo. Pericolo! I bambini devono

essere istruiti circa la cosiddetta zona

di pericolo. 6 piedi da entrambi i lati e

10 metri davanti allo scuolabus sono

considerati a rischio in quanto è diffi-

cile scorgere i bambini entro queste

dimensioni. Non basta attraversare.

Al fine di evitare di entrare nell’angolo

cieco del conducente, il bambino deve

camminare al bordo del marciapiede

fino a raggiungere il punto in cui può

essere visto dal conducente. Attesa

del genitore. Gli scolari, così eccitati

di rivedere il papà o la mamma dopo

la scuola, potrebbero commettere

imprudenze. Quindi, bisognerà atten-

dere in un luogo sicuro. Allacciare le

cinture. Il bus deve avere le cinture di

sicurezza su tutti i sedili anteriori. Non

disturbare il conducente. Ai bambini

deve essere insegnata l’importan-

za di non diventare una distrazione

per l’autista. Parlare senza urlare ed

eseguire le istruzioni del conducen-

te. Il sorpasso. Per tutti vale che lo

scuolabus non può essere superato. E

nei pressi della scuola, lo stesso bus

non può superare gli altri veicoli, né

effettuare il cambi di corsia. Il bambi-

no incustodito. Anche se non è chiaro

fino a che età si debba applicare que-

sta regola, per i bambini più piccoli

è obbligatorio essere assistiti da un

genitore sia all’andata che al ritorno.

Se un bimbo viene lasciato incustodito

per qualsiasi motivo sarà utile tenere

pronta all’uso una parola in codice.

Una password per lo Scuolamat tera-

mano.

el nostro Paese è facile menti-

re: basta dire la verità. Vivere

nel ricatto. Costretti a chiamare

saggezza l’arroganza; impegno

l’attivismo; l’opportunismo intelli-

genza. Gli scontri culturali seducono

incomprensioni originate dall’inter-

secarsi di tradizioni. A volte, tutto si

trasforma in un metodo per sorvolare

problematiche scaturite da diverse

esperienze etniche, sociali, politiche e

linguistiche. Le discordanze intellet-

tuali stanno diventando sempre più

comuni nella crescente mobilità del

lavoro, nel flusso dei profughi. Indu-

bitabilmente, è bello essere di nuovo

soggetti in causa nella socializzazione

in nuove comunità, dopo che si è

attraversato sterminate valli all’ombra

della morte. E se ci si ritrova dispersi

in una cittadina declinante alla marina

con gli Appennini alle spalle cosa mai

potrebbe confutare l’immaginazione

di un esule assorto nella speranza di

un mondo migliore? Le traversate nei

deserti, i valichi. Dal Marocco alla Spa-

gna per lo stretto di Gibilterra. Dalle

coste libiche dritti verso Lampedusa.

Pescherecci che giungono in Calabria

mollati dagli ormeggi egiziani piutto-

sto che esuli Curdi salpati da coste

turche. Un giro di disperati che si

compie fino a rotolare all’ombra di un

campanile simile non già al minareto

di una moschea, piuttosto metamor-

fosato in un simbolo interrogativo

della punteggiatura. Un balzo dalle

persecuzioni alle prosecuzioni di

servizi basilari attende il ramingo, il

trafelato da civiltà balie divenute culla

matrigna. Un dilemma come appretto:

“Posto che il problema principale per

la città di Teramo è che lo spettacolo

di fine anno in piazza ha attratto poca

gente, la seconda calamità sociale che

incombe sui contribuenti è l’alter-

nanza consumatasi tra due fornitori

di servizi per il trasporto scolastico

comunale”. Chissà se la ditta Angelino

di Napoli riuscirà a fare meglio della

Fratarcangeli? Di certo, una società di

trasporto dovrebbe sforzarsi di sod-

disfare i bisogni dei propri clienti. A

parte il servizio giornaliero casa-scuo-

la-casa, non si dovrebbe lesinare sul

comportamento da tenere a bordo

o contribuire negli spostamenti per

N

Page 17: Teramani 106

17n.106

a intuire e un giorno o l’altro farà

da sé. All’articolo a tre colonne che

annunciava il suo declino, Oscar

Wilde replicò osservando che se per

avvertire di un fallimento si scriveva

appunto un articolo a tre colonne

allora non esisteva alcuna differen-

za tra la fama e l’oblio. “If it took

Labouchere three columns to prove

that I was forgotten, then there is no

difference between fame and obscu-

rity”. Nell’ardore delle arti del dire

di grammatici distanti, le gozzoviglie

canterine dell’ultimo dell’anno a co-

sto quasi zero per le casse dei contri-

buenti sono offerte con magnanimità

a tutti coloro i quali non possono

collaborare a riempire i locali la sera

del tradizionale cenone, fatti salvi gli

infermi e quelli in prossimità di fine

vita. Indispensabile, la sobrietà. A

ubriacare la mente ci penserà il fia-

schetto di spumante nell’AperiStreet

genericamente mutante in On the

Road, fra bancali per muletti, ombrel-

loni e balle di fieno. A ricordare i tanti

sofferenti esulati dai divertimenti

istituzionalmente imposti sarebbe

assai sconveniente riportare e travi-

sare la comprensibile recriminazione

resa ai media dandone un significa-

to inopportuno e diffamatorio nei

confronti dei devoti a San Silvestro

ammalati pazienti imbacuccati che,

nonostante le temperature e situazio-

ni al limite della sopravvivenza, sono

rimasti impassibili in una evocativa

postura fetale nel gelido giaciglio di

un ospedale. A loro va comprensio-

ne e solidarietà per essere così mal

considerati e mal accuditi (Vedi foto,

“La Città” del 4 gennaio 2015). Nella

profilassi dialettica, le opinioni fino

qui arrischiate potrebbero sembrare

inopportune se non già avventate.

Benché considerato il contesto sati-

rico, la provenienza della sarcastica

caricatura retorica, in cui la si è pro-

posta, nella tessitura dell’intreccio,

a dire poco, diviene azzardata nelle

conclusioni. E comunque, di tutto ciò

si è consapevoli. Anche di non essere

mai stati chiamati a interferire.

“L’uomo nasce sano, la sanità lo cor-

rompe” (Attanasii e Rousseau).

cacca pestata, la speranza

è che porti fortuna. Imper-

territi nel raschiare merda

dalle suole, i revisionisti del

fato negano la buona sorte messa in

posta dal destino almanaccando con

irriverenza tutti i santi del calendario

persino insieme ai nomi degli sponsor

stampati a fondo pagina. Così, giusto

per sdrammatizzare, poiché alla fine

non si sa mai chi è che comanda

davvero nell’aldilà.

Per 3 milioni di precari, il veglione di

fine anno del 2014 è stato migliore di

quello del 2015. Con circa 836 euro

mensili, le fonti ISTAT li hanno col-

locati tra chi ha ancora gli occhi per

piangere. Non è la stessa cosa per i

disoccupati e per quelli che hanno

perso il posto di lavoro. “Predicare

la tranquillità della vacca grassa”

(L’adolescente). Il cavaliere d’Arcore

ha affinato il concetto di Dostoevskij

affinché si potesse così contrapporre

una frase immaginifica alla cultura

della lamentazione, alla retorica del

declino: “I ristoranti sono tutti pieni”.

Quando Berlusconi si affaccia la mat-

tina sul golfo estasiandosi alla vista di

panfili, yacht e gusci di noce, soltanto

per il puro plagiare gli emuli tapini

politicanti di provincia si arrabattano

per spararla, la cazzata, sempre più

grossa del loro psicopompo. Dall’Alpe

agli Appennini, i borgomastri armeg-

giano per ricostituire come insulsi Dr.

Jekyll ciò che nella tenebra Mr. Hyde

ha disfatto. Ma ricostruire che cosa?

I partiti, di certo. Più verosimilmen-

te, se stessi. Il popolo lo comincia

Satira

di

[email protected]

reid’inconsistenza

A“l’uomo nasce sano, la sanità lo corrompe”

Page 18: Teramani 106

18n.106

“la noia”di alberto moravia

nemmeno più una distrazione.

Dino allora instaura una relazione con Cecilia, con la quale crede di

poter percorrere una via che conduca ad un senso, specie attraver-

so la conoscenza carnale.

Ma il terreno frana sotto i piedi, la suggestione tende a svanire e

Cecilia si trasforma in un buco nero che inghiotte qualsiasi cosa in

modo enigmatico e inafferrabile, compresi i sentimenti e le emozio-

ni.

Il potere del denaro si rivela infausto e le esplorazioni psicologiche

di Dino non riescono a rompere il muro di incomunicabilità con la

donna, distante e indifferente come una ceramica, lontana anni luce

dalla dimensione autentica che il protagonista persegue per dare

una ragione alla propria vita.

Dino si trova dinanzi ad un baratro dove la morte sembra la solu-

zione meno disperata, e una sera decide di andarsi a schiantare

contro un platano con l’automobile. L’esperienza non lo uccide e lo

induce a ricostruire la dimensione dell’accettazione, dove il ritorno

alla realtà e al contatto esterno divengono meno traumatici per il

protagonista.

Romanzo complesso, sebbene essenziale, “La noia” instaura due

collegamenti evidenti: con “La nausea” di Sartre (del 1938) e con

il primo romanzo dello stesso Moravia, “Gli indifferenti” (del 1929).

Tuttavia, la distanza temporale trasforma la visione esistenziali-

sta e la adatta alla società contemporanea del 1960, laddove ad

emergere prepotentemente sono l’incomunicabilità, l’alienazione

e il possesso, declinati secondo le categorie della borghesia che si

viene disfacendo.

Libro dai toni freddi e a tratti urticanti, riesce proprio per questo a

fotografare il disagio di una classe sociale la cui cifra narrativa tende

a svaporare assai più che ne “Gli indifferenti”, dove la struttura

realistica era preminente e

la vita interiore molto meno

analizzata.

Eppure, la scrittura di Moravia

sembra prediligere una visione

bidimensionale della vita e dei

personaggi, quasi a voler scan-

dagliare una profondità che non

c’è, che si cerca in ogni modo

ma che non si trova, che si pro-

va ad inventare ma in un deficit

di fantasia che è figlio dei tempi

e del contesto sociale.

Alla fine, sotto alla schiuma,

sotto al vestito, sotto alla bor-

ghesia, sotto al neocapitalismo

industriale, sotto la superficie

della società, non c’è niente. E

se il rischio di mistificare le per-

cezioni, i rapporti, i meccanismi

reali e psicologici, è alto, la sensazione che resta è che sia la vita

ad essere apocrifa, mentre la macchina fotografica della letteratu-

ra funziona benissimo e legge la realtà per come si presenta: non

autentica, spuria, inutilizzabile. Un refolo di vento che spettina ma

non scuote.

i Alberto Moravia si è parlato molto come scrittore, ma forse

le sue opere non hanno ricevuto tutto l’apprezzamento che

meriterebbero. Con il tempo la sua fama si accresce, man

mano che l’allontanarsi della sua morte lascia emergere

i libri e fa scolorire il

personaggio, ancora vivo

in moltissimi, dato che lo

scrittore è scomparso nel

1990.

“La noia” è il suo romanzo

più significativo, pubblicato

nel 1960, di una caratura e

un livello europei. Merita di

essere letto e meditato, so-

prattutto per come riesce

a fotografare la miseria

psicologica del protagoni-

sta, figura modernissima

ed emblematica del disagio

mentale causato dall’età

del benessere.

Dino è un ragazzo ricco,

di nobile famiglia romana,

che non riesce a trovare la sua dimensione, non sa darsi un senso,

non è capace di accettarsi. Spera che dipingere gli consenta di tro-

vare una chiave di lettura dell’esistenza, di fargli trovare se stesso,

poiché è costantemente schiacciato da una noia inarginabile che lo

emargina dalla società.

Il disprezzo di Dino per i valori borghesi che gli derivano dalla

propria famiglia, unito all’incapacità di approdare ad una visione

sua, lo tengono in un limbo dove la crisi personale è la dimensione

permanente e la cifra psicologica del suo essere al mondo.

Il lungo travaglio interiore sembra trovare un esito nell’atto di rom-

pere il quadro al quale stava lavorando: “distruggere la tela voleva

dire essere arrivato alla conclusione di un lungo discorso che tene-

vo con me stesso da chissà quanto tempo. Voleva dire aver messo

finalmente il piede sul terreno solido”.

Ma la pittura non si rivela un buon metodo, né una cura, e purtroppo

D

Il libro del mese

di

[email protected] Cristinamarroni

Page 19: Teramani 106

rienza differente, mirata al trattamento di una sindrome dolorosa particolarmente ribelle alle cure, sta portando i primi risultati dal punto di vista scientifico.I risultati preliminari sono confortanti e lo studio prosegue in collaborazione con gli operatori abilitati al Metodo (fisio-terapisti e medici). In Italia gli operatori abilitati ad appli-care il Metodo Solère - Reequilibration fonctionnelle® nel trattamento della fibromialgia non sono ancora numerosi, ma il programma di cura rapido ed originale permette eventualmente di seguire il trattamento anche se non si risiede vicino ad un centro.In estrema sintesi i modelli terapeutici non farmacolo-gici (quindi privi di qualsiasi effetto collaterale) utilizzati nel Metodo Solère per il trattamento della fibromialgia, o meglio dei pazienti fibromialgici, si avvalgono della stimolazione di determinate aree reflessogene codificate anche nella cartografia della medicina tradizionale cinese: l’apparecchio appositamente studiato è denominato AMPi. sm® e, senza presentare particolari controindicazioni, permette il massaggio puntiforme inverso di aree cutanee utilizzate anche in agopuntura.Pur ispirandosi ai concetti dell’agopuntura, la tecnica e la logica insite nel trattamento di cura per la fibromialgia, sono molto differenti da quanto comunemente conosciu-to attraverso la medicina tradizionale cinese.Normalmente sono sufficienti 6 sedute per apportare un sensibile miglioramento al polimorfo quadro clinico che i numerosi pazienti fibromialgici accusano, con sintomi apparentemente anche bizzarri ma analizzabili con criteri logici se inquadrati in un terreno al di fuori dei comuni disturbi della meccanica articolare.Per ulteriori informazioni sulle caratteristiche (e tempi di cura) della terapia per la fibromialgia proposta dal Metodo Solère - Reequilibration fonctionnelle® scrivete a: [email protected]

una malattia subdola ed occulta: si presenta con una vasta sintomatologia, ma spesso non viene riconosciuta dagli stessi medici, che hanno diffi-

coltà a diagnosticarla. Spesso le persone malate quando si lamentano non vengono credute. Sono per lo più donne (in rapporto di 4 a 1). Vagano da un ambulatorio all’altro per sentirsi dire: “ lei non ha niente”.In famiglia le cose non vanno meglio, passano per simula-trici, suscitando l’indifferenza del coniuge, mentre a lavoro, nella migliore delle ipotesi, vengono considerate assen-teiste croniche.Sono le vittime della Fi-bromialgia, patologia con un’incidenza di circa il 5% sull’intera popolazione. Il suo biglietto da visita è il dolore, diffuso su muscoli, articolazioni e tendini di tutto il corpo. Una condanna per i pazienti, genera insonnia e a lungo andare, ansia e depressione. Ma è soprat-tutto il numero e la varietà dei sintomi a confondere le idee: rigidità, bruciore e torpore, astenia, disturbi viscerali, cefalea, perturba-zioni climatiche (l’influenza del tempo sul corpo).Oggi sappiamo che il problema va interpretato sul piano funzionale, decodifi-cando la risultante sintomatica attraverso una valutazione della bio-dinamica dei sistemi, linea guida che Il Meto-do Solère® segue da numerosi anni proponendo una metodologia in grado di chiarire alcune zone d’ombra in medicina: nel caso della fibromialgia, l’apporto di un’espe-

Dott. Domenico Teseo • fisioterapistaSpecialista in: Osteopatia Metodo Solére®

Medicina agopunturale (con A.M.P.I.)Rieducazione posturale globale

Via C. Colombo, 274 San Nicolò a Tordino (Te)Info: 347 0744455

È

Fibromialgiauna malattiadifficile dadiagnosticare

Redazionale

Page 20: Teramani 106

20n.106

usucapionequindici anni nel caso di beni situati nei comuni classificati

dalla legge come comunità montane e infine dieci anni in

caso di acquisto in buona fede in base a titolo idoneo tra-

scritto proveniente a non domino.

Bisogna precisare che quando la legge usa il termine pacifi-

co si fa riferimento ad un acquisto che non sia avvenuto in

modo violento o clandestino.

Le prove necessarie alla dimostrazione dell’usucapione,

ovviamente in giudizio, sono la prova per testimoni e per

presunzioni.

Per quanto riguarda la prima, si può dire che per testimoni

si devono intendere coloro che sono rimasti a contatto con

il bene e con il soggetto

che intende usucapire,

ed in quanto tali posso-

no fornire elementi utili

e validi a far accertare

l’usucapione.

Per quanto riguarda la

prova per presunzioni,

si può invece dire che si

fonda su elementi di fat-

to propri della fattispecie

corrispondente.

Infine, perché si possa

parlare di possesso ad

usucapionem, è anche

necessario che vi sia, tra

le altre cose richieste,

la caratteristica della

continuità, nel senso che

il possesso dovrà essere

esercitato con regolarità

e non in modo solamente occasionale.

Deve essere precisato che non tutti i beni possono essere

usucapiti, come ad esempio i beni che appartengono al

Demanio Pubblico o ad altri Enti territoriali.

Affinché il possesso si trasformi in proprietà riconosciu-

ta dall’ordinamento, è necessario che intervenga una

sentenza del Giudice che dichiari l’avvenuta usucapione,

ovviamente dopo aver

iniziato una vera e pro-

pria causa.

Dato che non esiste al-

cun atto o contratto da

registrare nei pubblici

registri, sarà proprio

la sentenza ad essere

trascritta.

Naturalmente, tutto

quanto sopra detto, è da

ritenere non esaustivo delle tesi dottrinarie e giurispruden-

ziali in quanto l’argomento dell’usucapione è molto ampio e

presenta punti controversi che non possono essere affron-

tati in questa sede.

l termine “usucapione” deriva dal latino usu-capere

che letteralmente significa prendere con l’uso ed è uno

degli istituti del diritto italiano con radici più antiche, con

ovvie differenze rispetto alla disciplina attuale, in quanto

era già previsto nel diritto romano dalla Legge delle XII

Tavole.

In questa sede tratte-

remo dell’usucapione

di beni immobili e degli

elementi che servono

in giudizio per poter

dimostrare l’avvenuta

usucapione.

L’usucapione è un modo

di acquisto a titolo

originario della proprietà

o di un diritto reale ed

è disciplinato agli artt.

1158 – 1167 del codice

civile; essa si realizza

con il possesso del bene

continuo ed ininterrotto

per un certo periodo di

tempo.

Ma tale continuità non è

solamente l’unico requi-

sito che si richiede affinché si possa realizzare l’usucapio-

ne, in quanto il possesso deve essere anche inequivoco e

pacifico; ciò significa che il comportamento, messo in atto

dal soggetto che intende usucapire, non dovrà generare

in altri soggetti alcun dubbio circa l’effettiva intenzione di

esercitare sul bene una signoria di fatto, corrispondente al

diritto di proprietà.

Quindi, perché si possa dire che sia intervenuta una usuca-

pione ordinaria della proprietà di un immobile, è necessario

che sussistano due elementi necessari e cioè l’elemento

psicologico del possesso, che consiste nell’intenzione del

possessore di comportarsi come proprietario del bene; e

l’elemento oggettivo che viene determinato dalla legge e

che predeter-

mina il periodo

di tempo

necessario

per usucapire:

vent’anni con

riguardo ai

beni immobili

(art. 1158 c.c.),

I

Dura Lex Sed Lex

di

[email protected]

Page 21: Teramani 106

organismo che non avrebbe comportato alcun onere a carico dell’Ente, in

quanto la partecipazione dei componenti era a titolo gratuito. Lo scrivente

venne nominato nell’organismo insieme ad altri quattro componenti, com-

preso il Presidente. Si iniziò con entusiasmo a lavorare con la predisposi-

zione di elenchi di contribuenti, residenti in Teramo, da segnalare all’A.F.

per un eventuale controllo, in considerazione soprattutto della difformità

tra il loro tenore di vita ed i redditi dichiarati negli anni (cd. Redditometro).

Con il D.L.6/12/2012 n.201 venne meno l’obbligo da parte dei Comuni

di istituire i Consigli Tributari, mentre si concesse ad essi la facoltà di

tenere in vita quelli già istituiti. Il Comune di Teramo, diversamene da altri

capoluoghi di provincia abruzzesi, decise di abolire il Consiglio Tributario,

rinunciando così di fatto sia al contrasto dell’evasione che alla automatica

attribuzione di somme erariali, derivanti dalle rettifiche a carico di alcuni

concittadini infedeli con il Fisco.

Leggo dai giornali ripetute dichiarazioni del Sindaco di Teramo (Comune

che ha applicato le più alte aliquote dei tributi

locali) con le quali si lamentava della insuffi-

cienza dei trasferimenti erariali a vantaggio

del Comune. Allora sorge spontanea una

domanda: ammesso che le sue considerazioni

siano oggettivamente riscontrabili, perché

mai con l’abolizione del Consiglio Tributario lei

ha rinunciato ad acquisire importanti somme

da un’attività di accertamento che, peraltro,

sarebbe stata esperita dall’Agenzia delle

Entrate?

A mio giudizio il grado di apprezzamento di un

Sindaco si misura da queste problematiche,

perché il compito della politica (con la P maiuscola)è quello di favorire

una equa redistribuzione dei redditi a vantaggio dei ceti più sfortunati.

ignor Sindaco,

l’evasione fiscale è uno dei tanti mali atavici della società

italiana. Essa ha raggiunto i 140 mld ed insieme alla corruzione

(80 mld)costituisce un tema dominante della politica.

Il legislatore nell’anno 2010 (L.122 del 30/07/2010), allo scopo di limitare

il “fiume senza fine” dell’evasione fiscale e contributiva, fece obbligo ai

Comuni di istituire i Consigli Tributari, così da permettere agli Enti di par-

tecipare all’attività di accertamento ed al contrasto dell’evasione. Quale

premio agli Enti locali venne riconosciuto dapprima il 33% e successiva-

mente il 100% delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo afferenti i

controlli fiscali operati dall’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate.

Anche il Comune di Teramo fu “costretto” ad istituire questo importante

S

Letteraal sindaco di TeramoRiceviamo e pubblichiamo una lettera pervenutaci dal Sig. Domenico Bucciarelli, già Assessore del Comune di Teramo nella Giunta Angelo Sperandio,indirizzata al Sindaco di Teramo,dottor Maurizio Brucchi.

Page 22: Teramani 106

22n.106

Cinema

Il film breve di Stefano Odoardi

di

[email protected]

alyssa, attrice, angéliquee altro...

In un inarrestabile cortocircuito dell’io che svela il meccani-

smo di ogni messa in scena e lo estende ulteriormente a un

gioco delle parti relativo non solamente allo spettacolo. Anche

al proiettare/proiettarsi continuo nella e della realtà, dentro

lo scambio tra io e l’altro, tra me/io che è sempre un altro.

Nell’amore.

Il cinema di Stefano Odoardi si manifesta nel segno degli spec-

chi, delle superfici riflettenti. Si guarda spesso dalla finestra

nei suoi film, corti e lunghi, si tirano le tende, si scruta e si

riprende dall’alto. La macchina da presa è l’occhio del volatile,

del cielo, del falco di Tunnel Vision e della cicogna di Una balla-

ta bianca che evolvono nell’Angelo (e in Angélique Cavallari) di

Mancanza-Inferno. Uno sguardo che si (con)fonde nello sguar-

do dell’altro, che è l’Altro finalmente realizzato e rappresen-

tato in altro. In alto. Rivelazione divina nel/del proprio umano.

Quattro, infatti, era il numero preferito dal marchese de Sade,

così come di Ingmar Bergman. Evocazione dell’Inferno e anche

del Paradiso. Eric Rohmer, primo fra tutti, aveva riconosciuto

una qualità paradisiaca negli inferni esistenziali di Bergman e

Dino De Laurentiis, sognando un trittico religioso mai realiz-

zato, voleva affidare proprio al maestro svedese la messa in

immagini dell’Eden. Negli anni ’60, del divin marchese furono

messe invece in luce la mitezza, il desiderio di un mondo

opposto a quello da lui descritto, persino un furore moralistico.

Esatte intuizioni. Il quattro è il numero della Terra: della Terra

nel cielo (titolo di un corto di Odoardi, The Earth in the Sky), la

quale naturalmente è pure nell’Inferno. O, meglio, appare La

terra che non c’è (altro suo titolo), invocata dall’Inferno.

on c’è due senza tre e non c’è quattro senza cinque,

sei, sette, dieci. Angélique Cavallari interpreta quattro

personaggi ne La pluie: Koltes, Alyssa, l’Attrice e la Folle.

E come il Damba buddista, albero della vita ramifican-

te anche i quattro fiumi sacri, le quattro direzioni del cuore,

questi quattro ruoli, questo quattro, proliferano evocando altri

caratteri (l’innamorata/o, l’altro/a, il doppio, la copia, la coppia)

per cercare l’Uno. Quell’unità ri-rappresentata dalla stessa

Angélique Cavallari, persona e personaggio, inizio e motore

primo di ogni molteplice, che torna all’unità finale. Cioè iniziale.

N

Page 23: Teramani 106

23n.106

suo personaggio? La parrucca bianca,

che diventa dorata a contatto con le

luci di Parigi, il trucco, lo sdoppiarsi, il

mescolarsi rimandano alla coppia osmo-

tica Rita/Betty di Mulholland Drive e la

musica di Georges Delerue (Le désespoir

de Muriel, da Le due inglesi di Truffaut)

catapultano il pur evidente omaggio alla

nouvelle vague in una quarta dimensio-

ne di Tempo psicologico, intermittenza

di cuore e Proust, ricordando, oltre alla

Muriel di Resnais, gli orologi di Into Our

First World, le pietre sbriciolate come i

grani del tempo in Esilio della bellezza.

L’esercito napoleonico in miniatura di

Koltes, granello di Tempo affine al soldati-

no del Paradiso/Jauja di Lisandro Alonso,

viene raccolto dal pavimento allo stesso

modo in cui sarà carpita l’erba (la propria

terra, il proprio io) da Alyssa, trasformata

poi in pietruzze (la stabilità, l’individua-

lità: eppur sbriciolate) sul suo volto in

un’immagine successiva.

Il gioco identitario trova un corrispetti-

vo pieno nella forma del film. Koltes di

spalle, la nuca coperta da un berretto

nero (azzeramento duplice, totale, del

viso) è parlato probabilmente dall’Attrice,

rivelata attraverso l’entrata in quadro di

Alyssa, trasformata in Attrice, mediante

la voce over di quest’ultima. Divisione e

ri-comprensione delle componenti diege-

tiche: voce (in e off), personaggio, narra-

tore, attore (Attrice). Ci accorgiamo che il

primo personaggio visto nel film è Koltes

quando si sentono i passi di «qualcuno

che corre e poi arriva» (esattamente

come prima aveva fatto irruzione Alyssa)

e la voce di chi narra lo identifica come

tale. L’Attrice indossa la parrucca di Alys-

sa e ha un controcampo finto con Koltes

posto di fronte a lei, sintesi degli stessi

elementi linguistici addensati in una sola

immagine e in un solo corpo. «Di volta

in volta da diversi angoli vediamo Alyssa

e Koltes nella stanza. Fuori continua a

piovere. Entrambi appartengono allo

spazio». Ugualmente, il suono esterno pe-

netra in quello

interno, proprio

all’identica ma-

niera del no hay

banda di Lynch.

La voce (sempre

la stessa) si

moltiplica, l’urlo

della Folle viene

udito da Alyssa

nel giardino. La

voce narrante

racconta sul

volto di chi è

narrato, appena

quest’ultimo ha

smesso di parla-

re. L’espressione

piena di ambi-

guità di Alyssa

(una serie di

smorfie) fa pen-

dant con il volto

deformato della

Folle. Ognuno è intriso dell’altro. Quattro

è uno e uno è quattro.

Ma cosa c’entra la pioggia del titolo,

manifesta nell’acqua del bicchiere rove-

sciato sul tavolo, che sgocciola sul pa-

vimento? È una «pioggia interiore», dice

il regista. Quella stessa pioggia, che nei

film di William A. Wellman infastidiva e

purificava. La Pioggia, racconto di William

S. Maugham, che faceva scontrare, incro-

ciare, dividere unire e di nuovo dividere,

due (o anche quattro, o una) individualità.

Di fede e ragione, lucidità e follia, maschi-

le e femminile. Verità e recita. Reale e fi-

ction. Ognuno di noi, dentro di sé, se non

ne ha paura ed è disposto ad ascoltarla,

la sente sgocciolare. Feconda, penetra. Ci

separa e ci unisce. Rende folli, ma anche

attori. Innamorati o/e pure isolati. Unici e

indivisibili. Molteplici e collegati.

Anche per questo, le immagini odoardia-

ne si inscrivono in uno spazio dell’attesa.

Attesa che qualcuno torni o si sveli,

attesa del realizzarsi stesso di un’imma-

gine, di un’ispirazione, di un copione (pur

attraverso un cinema spesso non scritto,

com’è noto). Uno spazio della metamor-

fosi e della trasformazione, del passaggio

(da cui i ponti) e delle immagini (ancora)

indefinite in prossimità di boschi e luoghi

naturali shakespeariani (che preludo-

no al cambiamento, al mescolamento

di identità e di amori: Il Sogno di una

notte di mezza estate, naturalmente

parafrasato da

Bergman, oltre

che da Woody

Allen, una volta

di più nel suo

ultimo Magic in

the Moonlight,

e in gran parte

della commedia

sofisticata hol-

lywoodiana dei

’30 e ’40, non

soltanto quella

del ri-matrimo-

nio individuata

da Stanley Ca-

vell). Immagini

mescolate nelle

dissolvenze

liquide (7.14) e

nell’incrocio dei

formati e degli

stili (videoarte,

digitale e pel-

licola). Un cinema eclettico e variegato,

sempre diverso, eppure matematicamen-

te coerente al suo interno.

Di tale eclettismo sono testimoni anche

i dieci, densissimi minuti de La pluie. Ci

sono gli interni minimalisti e in potenza,

a camera fissa, qualche volta legger-

mente traballante, scarni e desaturati

(non fotograficamente) che ri-pensano e

ripercorrono immagini mentali, invisibili,

accendendo il regista nascosto in ogni

spettatore. E c’è una scena colorata e

lussureggiante come quella di Alyssa in

fuga giocosa sul ponte. Da chi fugge e

con chi gioca? È inseguita da sé stessa,

dal suo doppio? Dalla macchina da presa,

da Stefano Odoardi? O si tratta ancora di

Alyssa che scappa dall’Attrice che narra

(e da Angélique Cavallari che interpreta)

o da Angélique Cavallari posseduta dal

Page 24: Teramani 106

24 La Scuola all’expo 2015

Art is food. Food is art, quando la storia dell’arte e il cibo si incontrano

n.106

di

[email protected] gabriellaDel Papa

Dal ‘600 a de Chirico a Warhol, il cibo nell’arte

avvalso della collaborazione di un comitato scientifico internazionale

per selezionare opere significative, capaci di ricostruire un lungo ed

emozionante viaggio attraverso le diverse correnti pittoriche succe-

dutesi nel corso del tempo, dal Barocco al Rococò, dal Romanticismo

ottocentesco alle avanguardie del ‘900. Lo scopo è quello di far apprez-

zare al largo pubblico degli appassionati le varie iconografie correlate

alla rappresentazione del cibo che movimenti e singoli artisti hanno

affrontato con estro e originalità.

Il percorso espositivo, ordinato secondo criteri iconografici e crono-

logici, intende, infatti, rivelare quanto i pittori attivi tra XVII e XIX secolo

amassero dipingere i cibi e i piatti tipici delle loro terre d’origine, e di

conseguenza far scoprire pietanze e alimenti oggi completamente

scomparsi, di cui è difficile immaginare anche il sapore. Inoltre, grazie

alla collaborazione con alcuni dipartimenti di Scienze Alimentari di

atenei nazionali, che per l’occasione hanno analizzato in maniera scien-

tifica le tavole imbandite e le dispense immortalate nelle tele del ‘600 e

‘700, è possibile attingere a preziose informazioni sull’alimentazione e

sui gusti dell’epoca.

Le sezioni tematiche della mostra saranno dieci: l’allegoria dei cinque

sensi, mercati dispense e cucine, la frutta, la verdura, pesci e crostacei,

selvaggina da pelo e da penna, carne salumi e formaggi, dolci vino e

liquori, tavole imbandite, per finire con il cibo nell’arte del XX secolo.

Tra i capolavori allestiti, provenienti dalle meravigliose collezioni

bresciane, si potranno vedere i “Mangiatori di ricotta” di Vincenzo

Campi e il “Piatto di pesche” di Ambrogio Figino, considerata la prima

natura morta della storia dell’arte italiana, dipinta circa un lustro prima

della “Canestra” di

Caravaggio. Ecco

quindi lo strepitoso

pendant di nature

morte, mai esposto

prima d’ora, di

Giacomo Ceruti

detto Pitocchetto,

ma anche il “Tavolo

con angurie” del

pittore divisionista

Emilio Longoni e

l”’Ultima Cena”

di Andy Warhol,

appartenente alla

famosa serie in cui

il padre della Pop

Art ha reinterpreta-

to il “Cenacolo” di

Leonardo. A chiude-

re idealmente il percorso, ci sarà la spettacolare Piramide alimentare,

installazione appositamente realizzata da Paola Nizzoli.

“Il Cibo nell’Arte” offrirà anche un ricco apparato didattico per tutte

classi di ogni ordine e grado. Nei laboratori didattici, per i più piccoli, si

potranno sperimentare esperienze multisensoriali sul riconoscimento

non convenzionale di gusti, odori, colori e consistenze di vari cibi. E

si potrà mettere a punto un elaborato, simulando e reinterpretando il

processo creativo dell’artista, utilizzando i materiali messi a disposizio-

ne tra cui pasta, frutta secca, legumi, riso.

rescia gennaio- giugno 2015 - La mostra vuole essere una rifles-

sione sul tema della presenza del cibo nell’arte contemporanea,

raccontata attraverso tutti i mezzi espressivi conosciuti, dalla

pittura alla fotografia, dal video alla performance, dall’happening

all’installazione. L’esposizione si basa sul lavoro di 35 artisti che sono

stati selezionati per il loro lavoro a cavallo tra arte e cibo.

Il cibo ancora una volta diventa protagonista delle mostre italiane

durante questo 2015: dopo Food - Il Futuro del Cibo in collaborazione

con il National Geographic, a Brescia si parla dei temi dell’Expo Milano

2015 con Il Cibo nell’Arte, espo-

sizione collettiva che raccoglie

grandi opere d’arte dal 1600 ai

giorni nostri che hanno parlato o

rappresentato il cibo.

Dal 24 gennaio al 14 giugno

2015 presso il Palazzo Martinen-

go della città lombarda saranno

esposti oltre 100 dipinti scelti

dal curatore Davide Dotti: dalla

famosa lattina Campbell di Andy

Warhol a Magritte, Fontana,

La Chapelle andando anche

indietro nel tempo con Guercino,

Campi e Salini.

Il cibo invade i palcoscenici dei

teatri, è fotografato come una star, compare come protagonista nelle

pellicole cinematografiche, diventa il soggetto di curiosi giochi percetti-

vi e anche la materia prima di vere e proprie performance artistiche. Il

termine food art, infatti, è utilizzato per indicare lavori molto diffe-

renti tra loro, dalle opere di David Robinson in cui veri e propri funghi

formano paesaggi, alla graphic art di Marco Bollati che indaga il tema

alimentazione utilizzando gli strumenti del disegno e del collage, fino

alle performance più propriamente artistiche come i lavori di Andrea

Salvetti.

Intitolata ‘Il Cibo nell’Arte. Capolavori dei grandi maestri dal Seicento

a Andy Warhol’, la rassegna è stata curata da Davide Dotti, che si è

B

Page 25: Teramani 106

il premio che Paride le attribuì per la vittoria

della contesa contro Giunone e Minerva. Ve-

nere vestita e ingioiellata rappresenta la na-

tura terrena dell’amore, invece la stessa dea

nuda rappresenta l’amore celeste. Le sono

associati gioielli nell’iconografia della toletta

ove le ancelle della dea, le Grazie, la aiutano

a ornarsi degli strumenti della seduzione

femminile. Sempre corredata di attributi e gio-

ielli è la Venere in trionfo, un tema ricorrente

nell’arte rinascimentale. Tuttavia nell’arte la

dea appare spesso svincolata da riferimenti

precisi a episodi del suo mito e anche dai suoi

attributi più espliciti, restandole solamente la

divina nudità di quando in quando spezzata

dalla presenza di gioielli. Questi, evidenziando

la sensualità, che traspare nella raffigurazione

della femminilità senza veli, sembrano dichia-

rare esplicitamente un intento erotico.

Note Linguistiche di maria gabriella Di Flaviano

Verbi in-ereconda coniugazione anche i verbi fare e dire (contrazioni del latino fačere e dičere) e i verbi in -arre, -orre ed -urre come trarre, porre, condurre ecc. ecc….(anch’essi contrazione del latino trahĕre, ponĕre, conducĕre) i verbi in -cere, in -gere e in -scere, mantengono la -cla, la -g dolci o palatali da-vanti ad -e ed -i; le mutano invece in -c e -g - dure o gutturali davanti ad -a e -o. Solo cuocere, nuocere e i verbi con l’accento sulla -e di -cére (tacere, piacere, giacere ecc…) mantengono la -c sempre dolce, per cui inseriscono una -i davanti alle desinenze comincianti per -a, -o, e -u e raddoppiano la -c davanti alla -i: taccio. Anche i verbi in -niere si comportano come quelli in -niare e fanno spegniamo, che voi spegniate. Attenzione! La terza persona plurale del congiuntivo presente termina sempre in -ano e non in -ine: credano, mettano e non credino, termino, e mettino, come spesso capita di leggere e di sentire.

verbi della seconda coniugazione si dividono in due gruppi:- quelli con la terminazione accentata come temére;- quelli con la terminazione non accentata come vìvere.Molti verbi della seconda coniugazione hanno al passato remoto

doppia forma per la prima e la terza persona singolare (-etti, ette, ei, è) e per la terza plurale (-ettero, -erano). Solo la pratica, però, e il vocabolario potranno dirci quali verbi ammettono le due forme. Appartengono alla se-

I

amore tra i gioielli le rose e il mirto

ea greca dell’amore, della bellezza

e dell’arte, Afrodite corrisponde alla

Venere dei romani, ed è considerata

da tutti, divini e mortali, la più bella

tra le Dee, la più irresistibile ed attraente,

vero simbolo dell’amore, di cui non solo si fa

portatrice, ma che incarna e rappresenta.

Emersa dal mare, Venere è rappresentata

spesso ornata di gioielli a sottolineare la sua

seduttiva femminilità. Le perle hanno un

posto d’onore come rimandi alla sua nascita

marina. L’arte la raffigura spesso accompa-

gnata da animali come colombe, cigni, delfini,

da conchiglie che ricordano la spuma delle

onde da cui emerge, da piante come la rosa e

il mirto oppure oggetti come la cintola magica

e la torcia accesa, simbolo del fuoco d’amore.

Nel mito greco ad Afrodite sono attribuiti

numerosi titoli come la dea del dolce sorriso,

dagli occhi folgoranti di bellezza, dalle belle

corone. Fra gli oggetti preziosi spesso pre-

senti nella sua iconografia vi è la mela d’oro,

D

25n.106

L’oggetto del desiderio [email protected]

di

Page 26: Teramani 106

26n.106

In giro

Il gioiello Campestre

di

http://paesaggioteramano.blogspot.itsergioscacchia

santa maria de Praedisa Castagneto

l’altro di nubi, compare la cresta del Gran Sasso e le montagne suddite

intorno a corolla.

Tutto molto bello, tra colli con pochissime fasce di cemento che non

inghiottiscono ancora le piccole cascine storiche e i campi coltivati.

A volte capita che il nostro piccolo e caotico mondo si fermi anche

per un solo attimo. È allora che la bellezza si svela e il sacro silenzio ti

parla.

Le ginocchia traballano un pochino per la fatica, ma non mollo.

La chiesina campestre di Santa Maria de Praedis non è lontana.

In questi luoghi, che i teramani diser-

tano, c’è più di una chiesa che vale la

pena visitare: San Pietro ad Azzano in

località Costumi o la famosa San Barto-

lomeo di Villa Popolo di Torricella.

Distante e di molto dalle grandi vie di

traffico, questo luogo sacro di Santa

Maria meriterebbe ben altra attenzione,

quella che non le dà quasi nessuno.

Eppure possiede valori immensi sia re-

ligiosi sia archeologici, storici e perché

no, ambientali di alta collina.

All’ultima curva un cane pastore si

avvicina a brutto muso e per un attimo

temo l’assalto rabbioso. All’improvviso,

provvidenziale, si palesa un contadino

di alta statura che sta risalendo il picco-

lo fosso verso il suo casolare.

Sembra Mauro Corona, canotta nera,

bandana di ordinanza, capelli grigi che

sicuramente cadrebbero sul volto se

non fosse che appare incipiente la

calvizie.

Dal ciglio della strada urla qualcosa

d’incomprensibile ma la bestia pare

aver capito perché si allontana subito

dalla mia figura.

Ed eccomi finalmente davanti all’ogget-

to dei miei desideri.

pochi chilometri dal centro storico di Teramo ci sono dei piccoli

tesori da riscoprire o da conoscere!

Il silenzio è avvolgente.

Il profumo delle colline boscose pare penetrare nei polmoni.

La passeggiata sul Colle Piadino, tra

Pantaneto, Colle Caruno, Fonte del Lat-

te, si snoda lungo la strada, ma di auto

circolanti neanche l’ombra.

Qui è un susseguirsi di minuscoli agglo-

merati del suburbio teramano dei quali

il più importante è Castagneto, il cui

toponimo prometterebbe tanti alberi di

castagno che oggi non ci sono più.

La storia ricorda l’avvenimento più

importante, in piena dominazione spa-

gnola, sul finire del XVII secolo. A causa

delle ciurmaglie dei briganti celebri

come Santuccio da Froscia e Titta Col-

ranieri, il borgo fu bruciato, insieme alla

vicina Ioannella, da parte del capitano

Gaspare Zunica.

Ho incontrato nel mio cammino solo un

trattore con sopra un vecchio che non

so perché ha sghignazzato evidente-

mente divertito, prima di scomparire

dai miei occhi col suo cigolante mezzo,

antico più del padrone.

Qua e là si aprono, improvvisamente,

prati quasi tumefatti dalle ombre del

primo pomeriggio e casolari dal tetto

fumante.

Poi, in fondo alla valle, lo sguardo

s’impossessa di una Teramo un tantino

caliginosa mentre, tra un sipario e

A

Page 27: Teramani 106

Ora sono qui, ad ammirare questa che è una

delle chiese più antiche del teramano, sorta

nel secolo X, le cui pietre sembrano prove-

nire dall’antico castello medievale che un

tempo dominava la valle sopra Pantaneto!

Immagino cocci e pietrame sconvolti dai

vomeri profondi. Penso con dolore, a cosa

possa essere accaduto a tanti reperti, sta-

tuine o altro, disseppelliti sui campi dinanzi

casa e rivenduti forse per pochi soldi.

Butto l’occhio su alcune tombe del cimite-

ro.

Una di esse ha la croce che ha perso il suo

lato destro che penzola arrugginito e scric-

chiolante al vento.

Ripenso alla frase latina che trovai su di un

piccolo cimitero in Alto Adige.

Mi stupii di questa locuzione:

“Hic est locus ubi mors gaudet succurrere

vitae”,

che tradotta significa che “questo il luogo

dove la morte gode di soccorrere la vita”.

Un’amara riflessione sulla caducità delle

cose.

Mi pare che fosse mutuata da una lapide

sulla porta d’ingresso dell’Ospedale degli

Incurabili a Napoli, prima che arrivasse il

santo dottor Giuseppe Moscati a portare

speranza ai poveri.

Meglio concentrarsi sulla chiesa che ha una

storia sontuosa che pare partire dal 1153

quando il vescovo Guido II annesse ai beni

teramani la piccola pieve.

Questo tempio ha visto la sua ultima ristrut-

turazione da parte della Soprintendenza ai

Beni Architettonici nel 1977 e oggi si presen-

ta in perfetto ordine.

Santa Maria è un piccolo tempio in stile ro-

manico a tre navate, edificato nella notte dei

tempi sui resti di una villa romana, dicono,

anche se alcuni studiosi ipotizzano che qui ci

fosse un sito dedicato alla dea Feronia.

In epoche ancora precedenti pare che l’anti-

co insediamento fosse il “villaggio Praedis”,

luogo molto frequentato sin dall’età del

ferro.

Come dimenticare che qui furono rivenuti

mirabili frammenti di ceramica del tempo

dei Pretuzi, travertini o ancora rimasugli di

statue romane e anche reperti medievali?

Sono affascinato nel guardare questo

piccolo edificio sul ciglio della strada con il

suo mini cimitero dall’inferriata del fianco

destro.

Ho sempre creduto che l’arte sia l’ombra di

Dio sulla terra.

Ricordo che più di una volta il grande e indi-

menticabile Giammario Sgattoni, mi parlò di

quest’antico luogo denominato “Praedis”.

Con la sua voce baritonale e il suo largo

sorriso, mi sorprendeva sempre con la sua

immensa cultura.

Page 28: Teramani 106

28 Calcion.106

di

[email protected]

il teramosopra citati, molto professionali che danno il loro contributo decisivo

anche con pochi minuti giocati. Il Diavolo non conosce timori reve-

renziali e tantomeno le insidie dei campi avversi. Sicuro di se entro e

fuori casa, riesce a tenere alto ritmo e qualità di gioco indipendente-

mente dal campo di gara. Vincere o perdere può capitare in qualsiasi

momento e talvolta la sconfitta, per come sono andate le cose in

campo, vale più di una vittoria acciuffata per un episodio favorevole.

Teramo, quindi, sempre a testa alta in ogni occasione. La sfida del

futuro è sulla tenuta fisico - atletica, ma soprattutto mentale. A ciò si

aggiungono i rinnovati organici delle squadre avversarie per effetto

delle movimentazioni del secondo periodo trasferimenti. Gennaio,

pertanto, rappresenta un momento cruciale del campionato in corso.

Gli arrivi e le partenze saranno determinanti per le squadre di vertice

e anche per quelle che mirano solo alla permanenza nella categoria.

Non tutte le Società riusciranno nell’intento di migliorare qualitativa-

mente il proprio organico, ma per la maggior parte di esse sicura-

mente gli effetti saranno positivi. Da qui inizia un nuovo corso del

campionato e proprio in questo periodo inizia anche per il Teramo

una nuova fase. Fare bene adesso vuol dire proseguire il cammino

con lo stesso ritmo, intensità e determinazione. D’ora in avanti potrà

succedere di tutto in quanto non c’è una squadra leader. Per un

certo periodo di tempo era sembrata quella dell’Ascoli la squadra

più regolare, ma con il passare del tempo una evidente flessione ha

permesso alle inseguitrici di riagganciarla formando un trenino di

testa. Un gruppo di cinque-sei squadre, Teramo compresa, sembra

procedere con passo diverso e distinto dalle altre e molto probabil-

mente saranno loro a contendersi l’accesso alla serie B. Teramo sta

vivendo uno dei momenti più belli della sua centenaria storia calcisti-

ca. Se sarà serie B vuol dire che avrà compiuto un miracolo. In caso

contrario avrà vissuto ugualmente un’altra grande annata.

l Teramo è una realtà. Il buon avvio e la fase successiva avevano

evidenziato una squadra in grado di fare risultato ovunque. Il

finale della prima parte del campionato è andato ancora meglio,

consacrando la formazione biancorossa una delle big del girone.

Misurarsi con i blasonati Ascoli e Pisa e giocare alla pari, se non

addirittura meglio, vuol dire proprio che il Teramo è forte. È forte

in tutti i reparti, dalla difesa all’attacco. Soprattutto è davanti che il

Teramo ha costruito la sua maggiore fortuna con la coppia più pro-

lifica del girone Lapadula-Donnarumma in bella mostra. I due arieti

biancorossi, infatti, si sono rivelati determinanti mettendo a segno

un buon numero di reti e permettendo alla formazione guidata da

Vivarini di agganciare le prime posizioni della graduatoria generale.

Il ritrovato Bucchi, poi, quando è stato chiamato in campo si è fatto

trovare sempre pronto. Insomma un trio che incanta e che molti

invidiano a Vivarini che ha la fortuna di gestirlo. Da non dimenticare,

ovviamente, il forte centrocampo che sorregge magistralmente il

reparto più avanzato. Amadio, Cenciarelli e Di Matteo controllano

con abilità la parte mediana del campo offrendo un ottimo supporto

alle punte. Il sempre più sicuro Tonti e i giganti Caidi, Speranza e

Diakitè controllano e respingono sempre con più efficacia gli attacchi

degli avversari. Anche quest’ultimo reparto gode di ottima salute,

superando brillantemente un periodo poco fortunato per i troppi

infortuni. Una squadra in salute e un gruppo di atleti, oltre a quelli

I

Foto Vincenzo Ranalli

Page 29: Teramani 106

del contribuente, e perfino il noleggio di una limousine. Occasio-

ne ghiotta per l’astensionismo, per tenere lontano anche il più

volenteroso degli elettori. La puzza è troppa e i cittadini vanno alla

ricerca di qualche nuova fragranza nel caleidoscopico panorama

politico nazionale, sempre in sommovimento alla ricerca del nuovo

partito o del nuovo uomo. Un altro tassello che s’aggiunge agli

altri per definire un fenomeno molto complesso è quello della fine

dell’ideologia e del relativo avvento dell’uomo-partito: da Berlusco-

ni, a Di Pietro, fino a tanti loro emuli; la politica si è infatti nutrita

negli ultimi anni di facce, di volti, di one man show, di capataz de

cargadores, a discapito di disciplinati portatori di acque in polve-

rose segreterie sempre meno calcate da tutti. E dentro la caduta

rovinosa del dio antropomorfo, il vuoto può creare scompensi

democratici, visto che a sopperire alla mancanza del leader non

c’è più la sapiente e tenace ragnatela dei partiti. La sfiducia nella

classe politica ha raggiunto il top. Oltretutto è venuto a mancare

nella regione rossa l’apporto contributivo dei filo-sindacati e degli

ortodossi del Pd, in chiaro contrasto con la linea politica dettata da

Renzi. Lo strappo della Fiom, di Camusso, ha il suo peso e mostra

un partito sempre più in affanno malgrado gli 80 euro che fanno il

41% alle Europee. Ma più in genere il fenomeno dell’astensionismo

in Italia è iniziato storicamente con gli anni ’70 e con la questione

morale messa in luce da Enrico Berlinguer, segretario del Partito

Comunista. Si

partì con un

astensionismo

del 6,6% alle

politiche del

1976, anche

se la sfiducia

cominciò a

manifestarsi

con una certa

incidenza negli

anni ’80 e ’90,

con l’attenua-

zione delle

ideologie e con

l’aumento del

disimpegno politico. E se fino a qualche tempo fa alcuni commen-

tatori potevano pure esprimere qualche compiacimento perché

paragonavano il fenomeno a quello delle democrazie più compiu-

te, ora però questa completezza sta facendo rima piuttosto con

menefreghismo totale. Infine si possono annoverare altre forme di

astensionismo: da quello demografico, soprattutto nella brutta sta-

gione, quando alcune categorie, come gli anziani, sono più restie

ad uscire di casa; a quello tecnico-elettorale causato dalla difficol-

tà di comprensione della materia politica o dalla stessa modalità di

voto. Accade pure questo. C’è poi l’astensionismo apatico, come

abbiamo già riferito, e quello di sfiducia-protesta, caratteristico

dalla fine della prima repubblica in poi. Cos’altro dire? Che per la

prossima tornata elettorale non vinca il 15% degli aventi diritto,

perché se continua così, è davvero il ritorno del censo, di quella

limitata casta che nei secoli bui si arrogava il diritto a decretare la

vita politica e sociale di tutti.

stenersi o partecipare. Gli Emiliani, i Romagnoli, i Calabresi

hanno scelto di disertare in massa le elezioni regionali

del 23 novembre scorso. Le ragioni sono molteplici e non

è nemmeno facile buttarla in aforismi che sì, tante volte

aiutano a compendiare un fenomeno astruso e variegato ma che

questa volta è meglio evitare. Scrivere dunque che “le elezioni

favoriscono i chiacchieroni” è fuorviante ma ha un suo fondo di

verità: anche se in queste hanno concorso grigi personaggi di ap-

parato, mettiamo che il chiacchierone sia sempre lui, il Fonzie, lo

scout, il figliol prodigo, il Renzie, quello che da Roma ha aleggiato

nella competizione elettorale, di certo avrebbe avuto una sfida più

allettante se come sfidante ce ne fosse stato un altro di…chiac-

chierone. Invece questa volta, almeno nel panorama nazionale, è

sparito d’incanto l’anti-Renzie, svilendo di contenuti e passione

l’appuntamen-

to elettorale. E

di pari passo

anche la parte-

cipazione degli

elettori è ca-

lato drastica-

mente: solo il

37% di elettori

sulla Via Emilia

ha apposto

una croce sulla

scheda. Ma

questa può

considerarsi

solo una lettura parziale dell’astensionismo. Poche settimane fa, il

governatore della Campania, il forzista Stefano Caldoro, nella sua

disanima post-voto, ha riferito dell’eutanasia di un ente. “Basta con

le Regioni – dichiarava a piè sospinto – basta a sanità, traspor-

ti, gestione dei servizi: l’attuale regionalismo è finito domenica

scorsa, tenerlo in piedi con il 37% dei voti è accanimento”. Caldoro

prospettava le macroregioni all’orizzonte della prossima Italia.

Per di più nell’Emilia-Romagna, terra rossa per eccellenza, si sono

registrati prima della sfida elettorale scandali a gogò: a partire

dal vibratore inserito nei rimborsi, cene pazze fatte con i soldi

A

il ritorno del Censo

Politica

di

www.mauriziodibiagio.blogspot.commaurizioDi biagio

analisi del voto delle regionalidi novembre

29n.106

Page 30: Teramani 106

rachide e del tronco in generale.

Il movimento che si effettua svolgendo

questo esercizio di torsione del busto

avviene quasi esclusivamente a livello della

gabbia toracica e non della vita (Sharmann,

2005) e richiede al rachide lombare un

movimento che per sua morfologia non è in

grado di effettuare con efficacia, sotto-

ponendolo ad una forza di taglio poten-

zialmente rischiosa specie se l’ esecuzione avviene con carico

maggiorato (bilanciere o macchinario specifico) o con bacino

bloccato da seduti.

Le vertebre hanno una componente minima di rotazione di 1 grado

per ognuna di essa e di 5 gradi in tutto il tratto lombare.

Quindi il movimento meccanico che si esercita ripetutamente può

sfociare nel tempo in seri danni alla schiena.

uesto esercizio utilizzato per

“snellire il punto vita e tonifica-

re gli obliqui” è purtroppo una

pratica inefficace ed anche dannosa.

Quasi certamente molti continueranno ad

eseguirlo comunque perché ormai da anni fa

parte del loro allenamento quindi certi della

sua efficacia e sicuramente ignari delle pro-

blematiche che ne possono conseguire.

Si dovrebbe riflettere e infrangere il sogno

di chi crede che fare tante torsioni servano a snellire il punto vita,

allora eseguire tanti addominali farebbero sparire la pancia!?

Sono purtroppo credenze e dicerie senza fondamenta scientifiche.

Inoltre ci sono anche alcune aziende leader del settore che hanno

inventato alcuni macchinari per eseguire torsioni con carico

aggiuntivo, quindi aumentando i rischi di danneggiamento del

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Q

Torsioni del bustoutili o dannose?

Redazionale

30n.106

l’impressione di poter prevalere conducendo la gara per larghi tratti.

Nel secondo tempo la compagine della Lion mostrava maggior carat-

tere e di conseguenza quella determinazione che gli ha consentito di

portare in porto il risultato. Nel complesso possiamo tranquillamente

affermare che si è assistito ad un incontro di categoria superiore ed a

giocatori che possono assicurare un futuro all’altezza della tradizione

della Pallamano teramana.

Per quanto concerne la Pallamano femminile, la Nuova H.F. Teramo

nel campionato di Serie A1 non sta ripetendo le prestazioni messe in

mostra nel girone di andata. Pur assicurandosi, nonostante la sconfitta

di sabato a Salerno, la disputa dei play off per la conquista dello scu-

detto e la partecipazione

nella prossima stagione ad

una coppa europea.

Nel campionato di A2 fem-

minile continua la marcia

dell’H.C. Team Teramo di

Serafino Labrecciosa che

nell’ultima gara vinta a Ci-

vitavecchia ha confermato

la propria superiorità nel

girone di appartenenza.

opo la pausa natalizia, sono ripresi i vari campionati delle diver-

se categorie. L’evento clou del mese di gennaio è sicuramente

il derby cittadino tra l’H.C. Team Teramo e la Lion Teramo nel

campionato maschile di serie B. La partita si è giocata sabato

18 presso il Palacquaviva che ha visto prevalere la Lion di Marcello

Fonti con il punteggio

di 21 a 20 davanti ad un

numerosissimo pubblico

che ha fatto registrare il

tutto esaurito. L’anda-

mento della gara ha visto

nel primo tempo l’H.C.

Team Teramo di Franco

Chionchio ribattere colpo

su colpo le giocate degli

avversari, dando anzi

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PallamanoD

dalla

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