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Dirigenza Medica - Anno XVI - n. 2 speciale 2017 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma - www.anaao.it Numero 2 - 2017 Speciale Per un sindacato a misura di donna L’editoriale del Segretario Nazionale Anaao Assomed Le relazioni e le conclusioni della II Conferenza Anaao Donne Il mensile dell’Anaao Assomed d!rigenza medica Numero Speciale Donne , sanità , sindacato la II Conferenza nazionale Anaao Donne Napoli, 14 dicembre 2016

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Numero 2 - 2017Speciale

Per un sindacatoa misura di donnaL’editoriale del SegretarioNazionale Anaao Assomed

Le relazioni e le conclusioni della II ConferenzaAnaao Donne

Il mensile dell’Anaao Assomed

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Donne,sanità,sindacatola II Conferenza nazionaleAnaao Donne

Napoli, 14 dicembre 2016

2 | d!rigenza medica Numero 2 speciale - 2017

La II Conferenza Nazionale delle Donne Anaao Assomed si svolge, a distanzadi 4 anni dalla prima, in un momento critico per la sanità italiana. Alle prese,come da anni andiamo denunciando, con una operazione politica malamentetravestita da operazione contabile che, attraverso la diminuzione del perime-tro della tutela pubblica della salute e l’attacco ai professionisti, sta cambian-do la “pelle” del SSN, tagliando pesantemente qualità e quantità delle presta-zioni erogate ai cittadini, peggiorando le condizioni di lavoro, portando via pez-zi di equità ed universalismo. In questo scenario avanza una impetuosa transizione di genere, con un impat-to, sulla medicina e sulla sanità, non inferiore a quello della transizione demo-grafica ed epidemiologica. Oggi la sanità è donna, grazie ad una crescita nu-merica, e professionale, costante, non piu circoscritta alle categorie storica-mente femminili. Una associazione come l’Anaao non può non assumere questo fenomeno al-l’interno delle proprie proposte strategiche, come parte essenziale e costituti-va di un sindacato moderno, chiamato a dare anche una compiuta visione digenere ad esigenze e legittimi interessi di categorie professionali in rapida mu-tazione. Mettendola alla prova dei contratti, delle leggi, della prassi di un sin-dacato che non vuole, e non può, rimanere arroccato a vecchi paradigmi, co-me se la crescita delle donne, anche tra gli iscritti, fosse semplicemente un fe-nomeno di costume. Questo vuol dire che l’Anaao Assomed intende ribadire, anche con la II Confe-renza, l’impegno, assunto nello Statuto del 2013, di rileggere teoria e prassi delsindacato alla luce della differenza di genere e far sì che, anche da un punto divista organizzativo, cresca la rappresentanza e la partecipazione delle intelli-genze professionali che si avviano a diventare maggioranza nel sistema sani-tario. L’ingresso delle donne in sanità non è neutro ma portatore di esigenze che ob-bligano a ragionare su modifiche della organizzazione del lavoro positive pertutti, a pensare a nuovi modelli che recuperino i valori professionali ed i tempidi vita, che si prendano cura del nostro lavoro per permetterci di meglio pren-derci cura dei cittadini. Il conflitto evidente tra organizzazione del lavoro e si-stema di tutele può risolversi solo con un cambiamento della organizzazione,e non con una sconfitta del sistema dei diritti, in un gioco a somma zero chepensa di potere dare un diritto in più a qualcuno soltanto togliendolo ad un al-tro. Il ricambio di gruppi dirigenti che ci attende, generazionale e, speriamo,di genere, deve portare l’Anaao all’altezza della sfida che la transizione di ge-nere pone, vincendo le resistenze proprie di ogni gruppo organizzato, solleci-tandola a ripensare e rivedere la propria attività, ad includere meriti e valoriz-zare disponibilità e differenze.Anche se “la cultura viaggia al tempo dei secoli” (Confucio), noi dobbiamo rea-lizzare il cambiamento necessario, sia organizzativo che culturale, in tempi rav-vicinati. Nei suoi 60 anni di vita l’Anaao ha avuto l’obiettivo di tenere insieme gli inte-ressi della categoria con gli interessi dei cittadini. Oggi occorre legare la galas-sia degli interessi, di lavoro e di “genere”, al sistema sanitario pubblico, dotan-dosi di una bussola in grado di compiutamente interpretare e rappresentare lenuove istanze di cui l’altra metà del cielo è portatrice. Nella sanità e nel sinda-cato.

editoriale

Costantino troiseSegretario NazionaleAnaao Assomed

Per un sindacato a misura di donna

Donne Sanità Sindacato

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d!rigenza medica | 1Numero 2 speciale - 2017

Come sappiamo, non possiamo andare molto indietro nel-la storia, anche in epoca moderna, perché questa per moltotempo è stata scritta dagli uomini, come afferma lo storicoNoble (1). D’altronde solo a partire dal XIX secolo dispo-niamo di una storia delle classi lavoratrici e, quindi, delleorganizzazioni che hanno fatto la storia dei lavoratori, i sin-dacati. Quando, allora, possiamo datare l’inizio dell’entrata delledonne sulla scena pubblica?Numerosi negli ultimi anni sono stati i convegni che in te-ma di donne e lavoro hanno denunciato diseguaglianze enegazione di pari trattamenti sociali, come ad esempio è ilpermanere di minore trattamento pensionistico per la don-ne, a parità di anni di lavoro e uguali mansioni. Nello spe-

cifico, in Anaao Assomed ci sono state almeno tre occasionifinalizzate alla riflessione sul rapporto Donne e Medicina: il primo convegno nazionale Donne in Medicina: Una nuovasfida per la sanità del futuro, Roma 12 Dicembre 2012;il seminario satellite Donne, Medicina e Rappresentanza De-mocratica, nell’ambito del Congresso nazionale di Padovadel 2014;il convegno Precarietà Lavorativa: Ipotesi di Guida per la Tu-tela dei Diritti Negati della Donna Lavoratrice, organizzato adalla Fondazione Pietro Paci a Napoli nell’ottobre 2016. Schematicamente si può dire che quattro anni fa ci si pone-va il problema delle difficoltà del lavoro delle donne in am-bito medico, successivamente ripreso nell’ultimo convegnocon la denuncia di evidenti disparità. Con il seminario di Pa-dova si introduceva il concetto di differenza, e veniva per laprima volta messa a fuoco la mutata natura della rappre-sentanza. Iniziava una riflessione sul futuro dei modelli organizzativie dei rapporti solidaristici tra i vari protagonisti del mondodelle cure, che sarebbe continuata col Convegno “Il mestie-re delle cure. La trasformazione dei luoghi e del lavoro in sa-nità”, Torino 2014. Dove avrebbero portato queste trasfor-mazioni, e come si sarebbero intrecciate con la cosiddettafemminilizzazione della Medicina? Inoltre, si ponevano conurgenza i problemi di nuove identità sindacali insieme a lin-guaggi, orizzonti di sostenibilità ed etiche in rapido muta-mento.

Un passo indietroNon conoscevamo se esistesse un modo di essere sindacatodeclinato al femminile, se cioè anche in questo ambito si pos-sa osservare quanto appare in politica e nelle professioni.Attraverso l’Osservatorio Femminile della Condizione Fem-minile, in Medicina, ci chiediamo allo stesso modo se esistaun modo femminile di fare Medicina, studiarla, insegnarla,praticarla, in un contesto storico in cui da tale trasmissionedel sapere le donne sono state estromesse, all’inizio del-l’epoca moderna. Questa domanda è fondamentale oggi.Guardando al mondo delle professioni e in politica, da tem-po si sottolinea che oramai le donne sono largamente pre-senti, e in Medicina quasi in maggioranza. Ma non è il datonumerico, per quanto impressionante, ad essere in questio-ne: come ricorderemo, alcune grandi potenze, come quella

Le donne si troveranno a breve ad ereditare il mondo delle cure, alivelli apicali di responsabilità e rappresentatività, non ultimo nelsindacato. Il mondo delle cure sarà per questo sempre più a misuradi donna? Che cosa si intende per mondo delle cure a misura didonna? E che cosa ci viene in mente quando associamo il sindacatomedico alle donne? Quando le vite delle donne, da sempre associatealla cura del mondo, si sono incrociate direttamente nella societàcon la lotta per condizioni e relazioni migliori per sé e per gli altri?

Donne, sanità,sindacatoIl come e il perché di un corso di formazione

1) David Noble Un mondo senza donne ela scienza occidentale,Bollati Boringhieri,Torino 1994

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sovietica, si sono fondate e implementate sulla forza lavorofemminile, e nutrite di tutte quelle qualità positive ad essauniversalmente riconosciute. Eppure, non ci risulta che in quei paesi l’impiego quasi esclu-sivo delle donne nell’ambito di un disegno politico/socialea misura di uomini abbia prodotto una società migliore, odiversa. Così come non bastano le pari opportunità a di-spiegare visioni differenti delle relazioni, della organizza-zione del lavoro, del suo prezzo nella società. Per questo èimportante interrogare la storia, a partire dalle prime espe-rienze di donne che hanno lottato per la terra o in fabbrica,difendendo o rivendicando obiettivi molto diversi da quellidi una donna medico che si avvicini oggi al sindacato con lavoglia di farne parte. Alla ricerca di genealogie ci siamo rivolte a una giovane sto-rica. Eloisa Betti studia il lavoro delle donne e degli uominidelle generazioni precedenti, con un focus particolare sulsecondo Novecento. Da un osservatorio privilegiato, che lafa muovere con familiarità e competenza nelle fonti docu-

mentali e iconografiche, ha fornito esempi di donne che nel-l’ambito della politica, del movimento operaio, dell’asso-ciazionismo femminile si sono battute contro le disugua-glianze, a favore dei diritti, o, “semplicemente”, per una vi-ta migliore, per sé, per i propri figli e per la propria comu-nità. Le donne (e gli uomini) che oggi si interrogano su checosa sarà il sindacato di domani, con meno uomini e tantetrasformazioni (già ampiamente in atto) devono rivolgersicriticamente al passato. La storia ci restituisce la lunga pre-senza femminile come soggetti curanti e responsabili. L’evo-luzione della vita sulla terra non sarebbe stata tale senza diloro a procreare e prendersi cura dei figli, a resistere a guer-re e miseria, e a combattere per la pace.

La propostaUn corso di formazione che, partendo dalla storia, con il con-tributo delle discipline filosofiche, e con la metodologia del-la pedagogia medica, si pone come obiettivi di:- contribuire con il linguaggio della differenza alla sfida del-

la trasformazione della sanità e del sindacato, che da sem-pre cerca di tenere insieme i diritti, la rappresentanza,l’universalità delle cure, e la salute

- trasformare in empowerment le competenza che sono ori-ginate dalla capacità di procreare così preziosa e peculia-re ma che sembra all’origine di tutte le limitazioni delladonna lavoratrice, anche in sanità.

Donne sanità sindacato “al femminile”Corso di Formazione

Giorno 1 Attività Metodo formativo

RelatoreFormatore

Ore 9.00 Apertura del workshop

9.30 Il sorpasso femminile in Medicina: daldisvalore di genere a valore aggiunto nellaricerca medica nell’insegnamento

Relazione Prof CarolinaCiacci

10.00 Donne, lavoro e salute traemancipazionismo, femminismo edesperienze sindacali

Relazione Betti Eloisa

10.30 Analisi sul differente “essere in” e “fare”Medicina tra uomini e donne. Relazione dicura e rappresentanza alla luce dellafemminilizzazione della medicina

Relazione Buttarelli

11.00 Pausa

11.30 Introduzione ai lavori di gruppo Mandato n.1 Lavoro Piccoli gruppi Lotti

12.30 Seduta plenaria Lotti e relatrici

13.00 Pranzo

14.30 L’autorevolezza delle donne nellacompetenza procreativa alla base di unaMedicina al femminile

Relazione Morano

15.00 Mandato n.2 Lavori a piccoli gruppi

16.00 Seduta plenaria

17.00 Chiusura

Giorno 2 Attività Metodo formativo

RelatoreFormatore

9.00 Buone pratiche nazionali e internazionali Relazione

9.30 Mandato n. 3 Lavoro Piccoli gruppi

10.30 Seduta plenaria

11.00 pausa

11.30 Mandato n.4 Lavoro Piccoli gruppi

12.30 Seduta plenaria

13.00 Pranzo

14.30 Mandato n. 5 Lavoro Piccoli gruppi

15.30 Seduta plenaria

16.00 Conclusioni

16.30 Chiusura

ProgrammaObiettivi formativi

Al termine del workshop i partecipanti dovrebbero essere in grado di:

n Discutere in un’ottica di genere l’impatto delle donne medico nelmondo delle cure

n Acquisire consapevolezza del valore aggiunto che il riconoscimentodella differenza di genere produce in ambito sanitario

n Individuare differenti stili di apprendimento/insegnamento, diesercizio della professione e relazione di cura (curare al femminile)

n Analizzare le criticità della conciliazione vita/professione, del welfaree dei luoghi di lavoro

n Discutere facilitazioni e barriere della carriera delle donne medicon Individuare determinanti di genere necessari alla leadershipsindacale

n Illustrare “buone pratiche” a livello nazionale e internazionalen Individuare obiettivi realizzabili a breve e medio termine nella propriarealtà

n Proporre percorsi o tappe di trasformazione sessuate nell’ambitodella propria pratica professionale.

Metodi formativi

Il corso si avvale di strategie formative altamente partecipative: lezioniinterattive, lavoro in piccoli gruppi, visione di filmati, discussione inseduta plenaria, sessione di Domande e Risposte. Ai partecipanti verranno previamente inviati alcuni testi da leggere estudiare proprio per ridurre i tempi delle lezioni frontali e aumentare iltempo per la discussione in piccoli gruppi e in seduta plenaria (flippedclassroom o classe capovolta).

Destinatari

Numero massimo di 30 medici di entrambi i sessi

Docenti /Formatori

Betti Eloisa, Buttarelli Anna Rosa,Lotti Antonelli, Morano Sandra

Informazioni

Il Corso fa parte della offerta formativa della Fondazione Pietro Pacinell’ambito dei temi più attuali nell’ ambito delle cure ed è rivolto a tutte leprofessioni sanitarie. Sono previsti crediti ECM.Informazioni sono disponibili sulla piattaforma della Fondazione.

La sovranità femminile si può affermare soloriconoscendo come fonte di autorevolezza il sapermettere al mondo, e con esso alcune qualità femminiliche esigono un cambio di passo nella visione del mondo,nella sua organizzazione e nelle relazioni.

Donne Sanità Sindacato

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Donne, lavoro e salutetra emancipazionismo,femminismo ed esperienzesindacali

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d!rigenza medica | 3Numero 2 speciale - 2017

1) Le donne sono state protagonisteconsapevoli nel promuovere, a vari li-velli e in diversi contesti politico-sinda-cali, una rinnovata discussione ed ela-borazione su aspetti specifici della sa-lute, femminile e non solo. Il tema del-la salute costituisce un filo rosso dellariflessione femminile sia nel periodopre-1968, fortemente connotato dal-l’azione di associazioni emancipazioni-ste come l’Unione Donne Italiane (UDI),che nei lunghi anni Settanta, caratte-rizzati dall’emergere del neo-femmini-smo e di quell’esperienza peculiare, chesi pone al crocevia tra sindacato e fem-minismo, definita “femminismo sinda-cale”. 2) L’agency femminile rappresenta unpunto di osservazione privilegiato percomprendere come avvenne la pene-trazione di certi temi riguardanti la sa-lute della donna, sia come lavoratrice

che come madre, nelle organizzazionipolitico-sindacali miste. Il ruolo delledonne fu cruciale nel promuovereun’agenda di rivendicazioni sul temadella salute, produttiva e riproduttiva,trasversale a organizzazioni sindacali,partiti politici e associazioni femminili.Si pensi all’iter che portò all’approva-zione della legge del 1950 sulle lavora-trici madri (e alla sua revisione nel1971), al dibattito dei tardi anni Ses-santa sul tema donne, salute e fabbrica,alla lunga e complessa mobilitazioneche negli anni Settanta portò all’appro-vazione della legge sui consultori (1975)o sull’interruzione volontaria di gravi-danza (1978). 3) Il ruolo di singole donne e gruppiè stato cruciale nell’innovare le pratichesulla salute, anche grazie al contatto conrealtà estere. Si pensi all’introduzionedelle tecniche di psico-profilassi nel par-

to nei tardi anni Cinquanta o all’impor-tazione dal contesto anglosassone del-le pratiche del self help negli anni Set-tanta. Le italiane sono anche state espor-tatrici di esperienze innovative, dallarinnovata riflessione sugli effetti del-l’ambiente industriale sul corpo fertiledella donna, all’utilizzo di contesti di-dattici (come le 150 ore per il recuperodell’obbligo scolastico) per una rifles-sione innovativa sul tema della salute esessualità. 4) Nell’esaminare il terzo quarto delNovecento (1945-1975), non può sfug-gire il costante tentativo da parte delledonne dell’associazionismo e delle or-ganizzazioni politico-sindacali di crea-re una duratura sinergia con le donneche nelle varie professioni potevano for-nire un contributo tecnico-scientifico diprimo piano alle elaborazioni e riven-dicazioni femminili. Questo è natural-mente anche il caso delle donne medi-co, nell’ambito della riflessione sulla sa-lute. Dato l’esiguo numero di donne me-dico negli anni considerati, numerosifurono anche i medici progressisti chemisero le loro competenze e riflessionial servizio delle battaglie femminili.

Donna: madre o lavoratrice? Leleggi sul lavoro femminile tra paritàe differenza Nel cosiddetto trentennio glorioso(1945-75), il potenziale doppio ruolodella donna come madre e lavoratricegenera indubbiamente una serie di nuo-ve rivendicazioni e conquiste, volte siaa valorizzare e proteggere la differenzafemminile che a porre fine a quelle di-scriminazioni di lungo periodo che s’in-nestavano proprio su quel doppio ruo-lo. La Costituzione repubblicana costi-tuisce il punto di partenza per le batta-glie che vedranno le donne attivarsi avari livelli per la parità salariale e l’ac-cesso a tutte le carriere, contro i licen-ziamenti per matrimonio e per la pro-tezione della lavoratrice madre. Il diritto al lavoro per tutti i cittadini,comprese le donne, e il diritto della la-voratrice alla parità salariale e di trat-tamento, sanciti dalla Costituzione, sten-tarono ad essere applicati e necessita-rono di altri provvedimenti e leggi pertrovare reale attuazione. In questo pro-cesso di estensione dei diritti del lavo-ro e nel lavoro, le donne ebbero un ruo-lo centrale, tanto nelle organizzazionifemminili, quanto in quelle sindacali epolitiche. Furono loro le prime firmata-rie di proposte di legge progressiste, cheraccolsero consensi trasversali. Un esempio, in tal senso, è l’importan-te legge voluta da Teresa Noce sulle la-voratrici madri (1950) o la legge con-tro i licenziamenti per matrimonio, di-missioni in bianco e clausole di nubila-to (1963); leggi che videro una mobili-

Introduzione Questo breve intervento, svolto in occasione della Seconda Conferenza Nazio-nale Donne Anaao Assomed dedicata al tema Donne, sanità, sindacato (Napoli,14 dicembre 2016), intende fornire alcuni spunti di riflessione sulla relazionestoricamente determinatasi tra donne, lavoro e salute nel secondo Novecento.Una relazione che si è sviluppata grazie al contributo decisivo dei movimentiemancipazionisti, neo-femministi e delle organizzazioni sindacali. Quattro sonoi livelli di analisi proposti per comprendere questa relazione: 1) la riflessione femminile sul tema della salute; 2) la centralità dell’agency femminile; 3) il ruolo delle donne nell’innovare le pratiche sulla salute; 4) la sinergia tra donne medico, donne delle associazioni femminili e del sindacato.

eloisa BettiStorica, Universitàdi Bologna

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tazione trasversale ai partiti politici chevide donne cattoliche, socialiste e co-muniste convergere sugli stessi obietti-vi. Se l’ammissione della donna ai pub-blici uffici e a tutte le professioni (1963),sancì l’eguaglianza giuridica, ponendofine alla discriminazione che impedivaalle donne l’ingresso nella magistratu-ra, l’eguaglianza salariale ebbe un altroe più complesso percorso. L’accordo in-terconfederale sulla parità salariale del-l’industria del 1960 sancì la fine nellefabbriche delle discriminazioni salaria-li basate sul sesso, fino ad allora espli-citamente contenute in molti contrattidi lavoro. Nel 1964, venne abolito il co-efficiente Serpieri in agricoltura, in ba-se al quale il lavoro femminile era valu-tato e retribuito solo il 60% di quellomaschile. Le importanti mobilitazioni degli anniSessanta portarono a una nuova legi-slazione sulle lavoratrici madri nel 1971,anno nel quale fu approvata anche lalegge sugli asili nido che ne assicuravaagli enti locali la programmazione e ge-stione, dopo la definitiva esautorazionee abolizione dell’OMNI di origine fasci-sta. E nel 1977 culmina con la legge 903,sulla parità di trattamento tra donna euomo nel lavoro, il percorso inaugura-to dalla Costituzione e che ha fatto per-no sulla figura della donna, lavoratricee madre, per raggiungere la parità giu-ridica tra i due sessi nella sfera lavora-tiva.

Cura, salute e solidarietà: gli annidel dopoguerraAccanto al tema dei diritti del lavoro enel lavoro, solidarietà è una parola chia-ve per le donne negli anni del dopo-guerra, che le vede protagoniste a varilivelli e con una costante attenzione al-l’ambito della cura. E proprio Napoli, se-de della Conferenza dell’Anaao Asso-med, è stata teatro di una delle più si-gnificative e ampie operazioni di soli-darietà al femminile mai condotte nel-l’Italia repubblicana. Una solidarietà cheunì donne del Meridione e del Centro-Nord per la salvezza dell’infanzia, vitti-ma dei fortissimi disagi e penurie ma-teriali degli anni successivi al secondoconflitto mondiale. I bambini del napoletano e del cassine-se, accolti nel bolognese, sulla rivieraromagnola e in altre zone dell’Emilia-Romagna, ebbero proprio nelle donnedell’Unione Donne Italiane un costantepunto di riferimento. Nelle numerosefotografie conservati negli archivi emi-liano-romagnoli dell’associazione, spic-ca proprio l’attenzione alla salute glo-bale dei bambini. Bambini non solo ac-colti, alloggiati e sfamati, ma anche vi-sitati dal personale medico che si met-te a disposizione per la salvaguardia etutela della loro salute.

L’agency femminile fu fondamentale nelrispondere all’emergenza post bellica,proprio le donne ebbero un’attenzionefin dai primissimi anni del dopoguerraalla salute della madre e del bambino.Vanno ricordate, ad esempio, ginecolo-ghe e pediatre che tra gli anni Quaran-ta e Cinquanta collaborarono con l’Unio-ne Donne Italiane e con il Centro Italia-no Femminile. Tra queste, spicca Lilia-na Alvisi, molto attiva all’interno del-l’Unione Donne Italiane di Bologna findalla fondazione dell’associazione, nel1944. Già partigiana, attiva nella formazioneresistenziale esclusivamente femmini-le dei Gruppi di Difesa della Donna, Li-liana durante il secondo conflitto mon-diale venne incaricata di raccogliere ma-teriale sanitario per le formazioni par-tigiane e tenne brevi corsi di primo soc-corso per le donne impegnate nella Re-sistenza come staffette. Fin dall’imme-diato dopoguerra ebbe un ambulatorioginecologico a Bologna molto frequen-tato e negli anni Settanta raccolse le sueesperienze nel volume Diario di una gi-necologa (1976), dove casi patologici eumani legati alla salute riproduttiva del-la donna, all’aborto, ai sistemi contrac-cettivi, al trattamento dell’età critica,venivano affrontati in connessione allapiù generale condizione femminile del-l’epoca.Ma gli anni Cinquanta furono anche an-ni d’innovazione nelle pratiche relativealla salute femminile, che videro un for-se inaspettato protagonismo delle don-ne. La tecnica variamente definita dal-la stampa coeva “parto indolore” o “par-to psico-fisico” venne introdotta a metàdegli anni Cinquanta in Italia su impul-so proprio dell’Unione Donne Italiane.Nel 1955 la rivista dell’associazione, NoiDonne, dedicò un reportage in più pun-tate a quella che definì “la meravigliosa

realtà del parto indolore”, un metodoche proprio le donne dell’associazionevolevano divulgare e far conoscere a tut-te le donne. Una vera e propria pubbli-cazione sull’argomento, Il parto senzadolore, fu diffusa con la stessa rivista. Nel 1956, Maria Maddalena Rossi, de-putata tra le fila del partito comunistae Presidente dell’Unione Donne Italia-ne, propose un progetto di legge per“l’insegnamento e la divulgazione delmetodo psico-profilattico per il parto in-dolore”. Nonostante questa proposta dilegge rimase lettera morta, numerosefurono le conferenze mediche promos-se dall’associazione, in collaborazionetra gli altri con Società di Medicina co-me quella di Bologna. Una discussionesui vari metodi esistenti (Nikolaiev/La-maze vs Read), con un’attenzione par-ticolare all’applicazione degli stessi inUnione Sovietica, Francia e nei paesi an-glo-sassoni si aggiunse al dibattito piùprettamente femminile, che verteva sul-l’importanza di questi stessi metodi perridurre le sofferenze della donna du-rante il parto. Come è noto, anche il ci-nema si occupò dell’argomento, con ilfilm Il momento più bello (1957), nelquale Marcello Matroianni, ginecologoper l’occasione, si trova alle prese conquel “metodo rivoluzionario” divulga-to attraverso corsi pre-parto che vede-vano tra promotrici proprio due donne.

Persistenze e innovazioni tra boome programmazione economica(1958-1968)Negli anni tra boom economico e pro-grammazione, osservando l’evolversidei dibattiti sulla salute femminile at-traverso le pagine di Noi Donne emergechiaramente un tema che catalizzeràl’attenzione del movimento delle don-ne negli anni Settanta. Il lungo dibatti-to sull’aborto è preceduto tra il 1958 e

“Le importantimobilitazionidegli anniSessantaportarono a una nuovalegislazione sullelavoratrici madrinel 1971, annonel quale fuapprovata anchela legge sugli asilinido che neassicurava aglienti locali laprogrammazione e gestione

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il 1961 da una serie di riflessioni sul pro-blema del controllo delle nascite e de-gli aborti clandestini. Depenalizzarel’aborto ed eliminare il divieto di pub-blicizzare i metodi contraccettivi sonoalcuni dei temi in discussione negli an-ni del boom, accanto alla denuncia daparte di Noi Donne del milione di abor-ti clandestini praticati ogni anno. Un di-battito, che negli anni Settanta assu-merà toni molto diversi con l’irromperesulla scena di altri soggetti, a partire daimovimenti neo-femministi.Nella seconda metà degli anni Sessan-ta, un altro tema ebbe larga eco nei di-battiti relativi alla salute femminile. Leriflessioni sulla “doppia fatica” delladonna, spesso madre e moglie oltre chelavoratrice, in quel periodo si congiun-sero con le indagini condotte, a partiredal contesto torinese, sull’ambiente in-dustriale e la sua nocività, che viderotra i protagonisti Gastone Marri e IvarOddone. Nell’ambito della discussionesul rapporto problematico tra fabbricae salute si innesta una riflessione al fem-minile, ancora scarsamente conosciutae che vide le donne protagoniste a varilivelli, sia attraverso campagne di opi-nione sulla stampa sia promuovendo in-chieste nei luoghi di lavoro con la col-laborazione di studenti, studentesse egiovani medici. Il convegno del 1967, La salute della don-na che lavora, è un esempio importantedella saldatura possibile tra associazio-ni femminili, organizzazioni sindacali,istituzioni locali, partiti politici e l’am-bito medico. Promosso dall’Unione Don-ne Italiane, tra i partecipanti figuranomedici e donne medico, tra queste ulti-me la psichiatra Balconi Marcella e lepsicologhe Anna Ferraris e Palli Nata-lia. Il convegno mirava ad analizzare,anche attraverso specifiche inchiestecondotte su alcune fabbriche, il proble-ma della salute femminile soprattuttoin relazione al contesto industriale. Ilproblema delle ripercussioni dell’am-biente di fabbrica sulla capacità pro-creativa della donne, il fenomeno degliaborti bianchi, erano solo alcuni dei pro-blemi emersi. La relazione tra salute eprogresso tecnico, compresi ritmi di la-voro e nocività ambientale, spiccavanonelle varie relazioni. In quel contesto venne redatta un’in-chiesta, con la collaborazione di alcunistudenti universitari e dell’Unione Don-ne Italiane, sulla camiceria Pancaldi diBologna, che all’epoca contava circa 400operaie. L’inchiesta mise in luce le gra-vi ripercussioni che l’ambiente di fab-brica aveva sulla salute psico-fisica del-le operaie e generò una vera e propriapiattaforma rivendicativa e l’interven-to sindacale. Proprio l’inchiesta e le ri-chieste disattese delle operaie per il mi-glioramento delle condizioni e ambien-

te di lavoro, spinsero le cosiddette “pan-caldine” all’occupazione della fabbricanella primavera del 1968, evento cheinaugurò il Sessantotto bolognese, e la-sciò un segno indelebile nella cittadi-nanza.

La rottura con la tradizione: i lunghianni Settanta Nei lunghi anni Settanta, il tema dellasalute entrò a far parte a vari livelli an-che delle elaborazioni sindacali e in par-ticolare di quelle delle sindacaliste. Dueesperienze restituiscono la cifra di unrinnovato impegno e interesse delle or-ganizzazioni sindacali confederali e dicategoria. La salute della donna che la-vora entrò a pieno titolo tra le riflessio-ni delle sindacaliste, che si trovano adagire in un mutato contesto politico-so-ciale e culturale. La penetrazione delleistanze femministe nell’ambito del sin-dacato aveva fatto emergere il cosid-detto “femminismo sindacale”, definitotale a partire dalla nascita negli anni Set-tanta di nuove strutture femminili (Co-ordinamenti Donna e Intercategoriale)all’interno sia delle organizzazioni sin-dacali confederali che di singole cate-gorie, come i metalmeccanici. Ma non è solo il tema della salute in fab-brica ad attirare l’attenzione delle sin-dacaliste, è anche la riflessione più am-pia che in quel periodo storico maturasul tema della salute e sessualità delladonna sia all’interno del movimentoneo-femminista che in associazioni dipiù lunga data come l’Unione Donne Ita-liane. A Milano, Bologna, Reggio Emi-lia, Torino le sindacaliste promuovono,spesso in collaborazione con le donnedei movimenti, corsi monografici sul te-ma della salute della donna, nell’ambi-to dei cosiddetti “corsi delle 150”, unmonte ore pagato a disposizione dellalavoratrice e del lavoratore per il dirit-to allo studio. Le “150 ore delle donne”,particolarmente sviluppate all’internodi una categoria maschile come la me-talmeccanica, spingono le donne a ri-leggere la propria condizione di vita edi lavoro a partire dal proprio corpo e ariflettere sui temi della salute riprodut-tiva, in stretto rapporto con le facoltà diMedicina e i consultori, partecipandospesso alle lotte femministe sull’abortoe contro la violenza sessuale.Gli anni Settanta sono indubbiamentesegnati dalla lunga e complessa batta-glia per l’approvazione della legge 194sull’interruzione volontaria di gravi-danza, che vede il convergere di asso-ciazioni femminili, gruppi femministi,sindacaliste in un rapporto assai pro-blematico con i partiti politici di riferi-mento, come testimonia il caso del-l’Unione Donne Italiane e del Partito Co-munista. Gli anni Settanta sono anche gli anni nei

quali la questione del lavoro, della sa-lute e della cura s’intrecciano e si sal-dano in una rinnovata riflessione sulrapporto tra sfera produttiva e ripro-duttiva, nella quale spicca anche il te-ma della cura soprattutto in relazioneall’infanzia. È la grande battaglia per lariforma degli asili nido e la loro diffu-sione sul territorio nazionale. La rifles-sione sulla sessualità e sull’autodeter-minazione nel caso dell’Unione DonneItaliane, è strettamente collegata ancheal grande tema della maternità oltre chea quello dell’aborto. Prendendo le distanze dai movimentineo-femministi, la maternità deve esse-re sì liberamente scelta ma le deve esse-re riconosciuta una funzione sociale se-condo l’UDI. A questa riflessione si con-giunge quella sull’importanza dei con-sultori, a ridosso della legge nazionaledel 1975, ritenuti particolarmente im-portanti per l’acquisizione da parte del-la donna di strumenti conoscitivi e pra-tici per agire in modo libero e consape-vole la propria sessualità, nonché per tu-telare la propria salute riproduttiva.

I mutamenti avvenuti nell’ultimo quarantennio, dall’approvazionedella legge del 1977 sulla parità tra uomo e donna nel lavoro,sono stati di ampia portata e hanno inciso profondamente sulruolo della donna nella società italiana e non solo. Un processodi femminilizzazione dell’occupazione si è accompagnato a unaterziarizzazione spinta dell’economia italiana tra anni Ottanta eNovanta, le donne sono diventate maggioranza in molteprofessioni un tempo dominate dalla componente maschile.Sanità e istruzione, sono due casi emblematici, per quantoentrambi i settori mostrino la persistente difficoltà delle donne diinfrangere il cosiddetto “soffitto di cristallo” e arrivare ai verticidelle rispettive categorie professionali.

Nell’ultimo quarantennio, i mutamenti politici che hannointeressato sia la politica delle donne, con lo stemperarsi delmovimento neo-femminista e l’istituzionalizzazione dellepolitiche di pari opportunità, che la politica partitica, con la finedella Prima Repubblica e il sistema partitico post-bellico, hannoportato a una profonda ridefinizione delle relazioni traassociazionismo femminile, sindacato, politica, istituzioni eambiti professionali strategici, come quello medico.

Il filo rosso che ha legato per decenni le donne dei movimenti,quelle del sindacato, della politica, degli enti locali in un dialogocostante con le donne medico pare essersi allentato nel nuovomillennio. Tuttavia, nuovi approcci, istanze e progettualità nonsono mancate grazie alle molte donne medico formatesi tra glianni Settanta e Ottanta, che si sono impegnate per orientarel’applicazione del Servizio sanitario nazionale e della legge 194 inottica di genere o per promuovere la cosiddetta “umanizzazionedella nascita”, grazie all’istituzione di una rete sul territorionazionale.

Un rinnovato e variegato movimento femminile, sempre piùglobale, spinge a riflettere sull’importanza di riprendere quel filo,affinché le donne impegnate in Italia e nel mondo per lasalvaguardia della loro autonomia decisionale nella sferariproduttiva vedano un possibile alleato in altre donne, che ognigiorno con professionalità e impegno si occupano della cura edella salute. e forse anche le donne medico, come lavoratrici,potrebbero trovare delle alleate in quelle donne che a vari livellidiscutono e si impegnano perché l’organizzazione del lavoro edelle professioni venga ripensata, tenendo conto dellaspecificità del corpo fertile femminile e dell’importanza per lasocietà intera, e non solo per le donne, della maternità e dellacura.

Conclusione

“E forse anche ledonne medico,come lavoratrici,potrebberotrovare dellealleate in quelledonne che siimpegnanoperchél’organizzazionedel lavoro e delleprofessioni venga ripensata,tenendo contodella specificitàdel corpo fertilefemminile

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annarosaButtarelliFilosofa Università di Verona

Prima di tutto, bisogna liberarsi dalla suggestione che offre il datonumerico relativo al sorpasso delle donne in ambito medico così come neglialtri ambiti in cui le donne oggi stanno diventando protagoniste.Aggrapparsi al successo del dato numerico può essere perfinocontroproducente, ai fini della vera femminilizzazione, che non consiste enon è mai consistita nel semplice diventare maggioranza in certi ambitipubblici o nel mondo del lavoro. Può essere controproducente perché puòsostenere la convinzione che il protagonismo femminile è vincente, che ledonne finalmente ce l’hanno fatta a conquistarsi tutti i luoghi del mondo.

Relazione di cura e rappresentanza alla luce della femminilizzazione della medicina

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Il protagonismo femminile non si-gnifica femminilizzazione, che invece cisarà quando il dato numerico sarà unvalore di secondo piano e, invece, in pri-mo piano ci sarà il dato qualitativo:la differenza femminile che porta isuoi valori e le sue sapienze nel mon-do così da trasformarlo. Queste è lavera femminilizzazione: la qualità del-la differenza femminile che, indipen-dentemente dai numeri, è in grado diaffermare la propria autorevolezza. Non basta occupare posti che storica-mente sono stati sempre occupati inesclusiva da uomini. Il vero passo avan-ti è qualitativo e riguarda l’assumersipositivamente le scelte, e non perderemai per strada valori e significati origi-nari. Ad esempio, perché deve essere co-sì automatico che le donne che scelgo-no di lavorare, anche nell’ambito sani-tario, faranno meno figli? Anzi: si diceche le donne scelgono di lavorare ugual-mente, anche sapendo che saranno co-strette a mettere al mondo meno figli.Forse alcune, ma non è detto che i duemomenti siano così legati per tutte. Ri-cordo sempre che una grande impera-

trice, Maria Teresa d’Austria, che certoaveva parecchio da fare, ha trovato iltempo anche per mettere al mondo cir-ca sedici figli, occupandosene. Perciònon bisogna cadere nella trappolapreparata dal mondo patriarcale: ilprezzo dell’emancipazione lavorati-va è l’abbandono della maternità. Sec’è un calo di natalità molte altre so-no le ragioni, e alcune le scopriremo secapovolgeremo il problema: è la formaattuale che il lavoro ha preso ovunqueche produce effetti nefasti. Per cui so-stengo che è sacrosanto fare richieste diWelfare anche nell’ambito del lavoro dicura sanitaria, ma le piccole concessio-ni in questo ambito, come gli asili nidoaziendali, seppure migliorative, non ser-viranno a molto se la forma del lavororesta com’è attualmente: una forma cheaggredisce le relazioni e il piacere stes-so di lavorare. Il lavoro retribuito è or-mai diventato senz’anima, tuttoorientato al servizio dell’organizza-zione aziendale e del paradigma eco-nomicista. Perciò metterei al primo punto di ogniazione formativa in medicina questo

tema: fare del sorpasso numerico unvalore di scelta che le donne opera-no per cambiare ciò che non va nellaforma del proprio lavoro di cura.Femminilizzare la medicina signifi-cherebbe dunque accompagnare lapropria scelta di diventare “medica”con la coscienza profonda della pro-pria differenza femminile che, con-servata, radicalizzata, sostenuta, diventaun valore che trasforma l’ambiente sa-nitario e disfa i paradigmi che lo hannodisumanizzato. Gli uomini-medico nonpotranno realizzare questa trasforma-zione da soli oppure continuando nelleloro strategie tradizionali. Saranno ledonne fedeli a se stesse, alle proprie ge-nealogie, alle sapienze differenti che tra-sformeranno le relazioni di cura in am-bito medico, se lo vorranno.Femminilizzazione significa reintro-durre precisamente le relazioni in unmondo individualistico e disumano.In molti altri luoghi le donne stanno fa-cendo questo: insegnano che al primoposto bisogna sempre mettere le rela-zioni, poi il resto si fa da sé come irra-diazione di conseguenze originate daquesta priorità. Faccio un esempio chepassa dal linguaggio: si dice “lavoro dicura”, ma la chiave della trasforma-zione è pensare sempre che invece sitratta di “relazione di cura”. Parlaredi solo “lavoro”, può giustificare l’im-posizione universale dei protocolli sul-le variabili soggettive, mentre se si par-la di “relazioni” la mente è guidata a im-maginare uno scenario diverso dove lasoggettività e l’alterità sono preservatee rispettate. Si tratta di cambiare l’at-teggiamento mentale, operando sullinguaggio che si usa per indicare lecose che si fanno e quello che si de-sidera fare. Così, invece di orientare lamente sull’assistenzialismo (cioè chie-dere soluzioni istituzionali per fare più

annarosaButtarelliFilosofa Università di Verona

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figli, per avere più famiglie, ecc.) sarà ilcaso di impegnarsi a travasare autore-volmente il sapere delle relazioni di cu-ra “familiari” nell’ambito delle relazio-ni di cura medico.In quanto alla rappresentanza, non ve-do che sia un problema alla luce dellapossibile femminilizzazione qualitati-va. Non è necessario avere una rappre-sentanza sindacale di genere, anzi direiche può essere nocivo, perché riduce lequestioni a una pura misura di tutela,quando invece sappiamo che il proble-ma è quello di rendere operante l’au-torità femminile, e questa non ha bi-sogno di rappresentanza di genere.La rappresentanza sindacale può faremolto di più, se si comporta da “legi-slatore” che recepisce dal basso ciò cheviene sperimentato in un regime di so-vranità femminile differente. Potrei fare l’esempio di ciò che hannosaputo fare operaie del comparto tessi-le di Manerbio. Lo storia che ci interes-sa si svolge a Manerbio (Bs) tra la finedegli anni ’80 e i primi del ’90 del seco-lo scorso. In quel paese erano insediateda decenni due fabbriche tessili, la Mar-zotto e la Confezioni Manerbiesi, in cuilavoravano centinaia di donne: “quan-do uscivano a mezzogiorno, alle sei, era-no in fila orizzontale, tantissime. Eranotutte donne ed era bello perché era unchiacchiericcio unico. Vedere tutte que-ste signore con camice azzurro, io le ve-devo… per me è sempre stata una pre-senza, le Manerbiesi sono le Manerbie-si. Eran veramente tante.” Gli occhi diuna ragazzina del paese vedevano leoperaie come signore, tante, insieme, aparlarsi fitto fitto, vedevano donne usci-re serene dalle fabbriche di non moltianni fa. Occhi ammirati perché sicura-mente la fabbrica rappresentava un’al-ternativa a lavori più mortificanti e me-no centrali socialmente.Alla fine degli anni ’80 le aziende, da unlato, aprirono un processo di decentra-mento produttivo verso piccoli labora-tori dove le operaie erano destinate aavere meno tutele; iniziarono anche gliinsediamenti all’estero, verso l’Asia. D’al-tro lato cercarono, contando sulla con-tingenza di contratti scaduti e la relati-va richiesta di adeguamento salariale,di cambiare completamente i contenu-ti dei rapporti di lavoro. Al primo pro-blema, l’isolamento reciproco tra ope-raie in piccoli laboratori e operaie ingrandi fabbriche, le “manerbiesi” ra-gionarono sulla “necessità di coinvol-gere, di non restare divise, cosa cheavrebbe permesso all’azienda di met-terci le une contro le altre in situazionidi emergenza produttiva o in caso discioperi… Bisognava essere lungimi-ranti per capire la necessità di costrui-re rapporti fra operaie e cercare di su-perare i confini delle singole realtà pro-

duttive… bisognava costruire rapportidi solidarietà”. L’impresa riuscì: “Unascelta che fece a tutte un gran bene. Conalcune di loro nacquero grandi amici-zie, relazioni molto forti… Quanta ric-chezza abbiamo guadagnato.”; infatti“Stando in fabbrica buona parte dellagiornata si vivono relazioni, situazioni,esperienze che creano un legame col la-voro mai del tutto schiacciato sul-l’aspetto economico.” Dunque il primoproblema creatosi ebbe una risoluzionebuona e articolata che meriterà un com-mento un po’ più oltre.Il secondo problema si presentava rac-chiuso nella proposta dell’azienda Con-fezioni Manerbiesi di legare l’aumentodel salario all’aumento della produtti-vità: “Pretende di vincolare l’aumentodel salario a indici dell’andamentoaziendale [in relazione agli utili], la cuivariabilità comporta l’individuazione dimetri di misurazione, di monitoraggiocontinuo e, in ultimo, di condivisionedei risultati.” Più aumenta l’utile più au-menta il premio di produzione. Si puòcapire intuitivamente di che meccani-smo infernale distruttore di relazioni sitratti, poiché costringerebbe le operaiea entrare in competizione tra loro, maanche a abbassare la cura e la qualitàdei prodotti per sfornarne sempre di piùe permettere all’azienda di competerecon più forza nel mercato. “Successe aun certo punto e bastò poco. Dopo ogniincontro con l’azienda, le delegate si ri-trovavano tra di loro, parlavano con leloro compagne di lavoro. Le sentivo du-bitare della piega che la trattativa stavaprendendo. Fu una domanda, la cui por-tata neanche per me che la formulai, eraprevedibile: «perché non dite ciò chepensate?». Presero la parola a partire daciò che sapevano e pensavano. Forsec’entrò il clima di fiducia fra noi, il fat-to che fossi una sindacalista che non par-lava al posto loro.” Primo punto su cuiriflettere: tra le donne coinvolte in que-sta storia la “rappresentanza” non è dicasa, e questo va di pari passo con unadiversa concezione della democrazia ba-sata sul pensiero dell’esperienza: “[Agliincontri sindacali] noi siamo sempre an-date tutte, l’ho trovato sempre molto de-mocratico questo, perché io posso direla mia, sono allo stiro e capisco il mioproblema, non capisco il problema al-l’iniziale, non posso parlarne e non pos-so discuterne. Chi è al finale o è al taglioo allo stiro può parlare del proprio.”I tre sindacati di categoria legati alle si-gle principali, CGIL, CISL e UIL, aveva-no avviato una trattativa standard con

l’azienda, non mettendo in discussionenel merito la proposta e cercando di con-trattare il miglior risultato economicosulla base di un dispositivo simbolicocambiato unilateralmente nel mondoaziendale. Le delegate decidono di farea meno della rappresentanza di cate-goria: “Assieme abbiamo avuto sempreuna bella armonia, quello che abbiamofatto l’abbiamo sempre fatto insieme…mi permetteva il mio cervello di valu-tare se le cose erano giuste o no… Io nonho mai dato retta al mio sindacato, ra-gionavo con il mio cervello.” Insieme ledelegate ridefiniscono i termini dellatrattativa: “La loro parola capovolse ilnormale iter della trattativa. Lasciòspiazzati i responsabili dell’azienda, con-trariati i dirigenti delle tre organizza-zioni sindacali che ci provarono, senzasuccesso, a convincerle sulla necessitàdi mediare con l’azienda. Il giudizio del-le delegate si fece preciso: quel vincoloimposto era offensivo perché avrebbereso insignificante la misura che attri-buivano al loro lavoro. Il riconoscimen-to del valore del lavoro doveva restarela base dell’aumento salariale.” Secon-do punto: se il salario può essere au-mentato non deve essere sulla base del-l’aumento della produttività, ma sullabase del valore del lavoro e sulla suaqualità. “La volontà delle lavoratrici didare qualità significa farsi anche caricodei bisogni e dei desideri di altre don-ne, le consumatrici.”Se la trattativa fosse andata com’era im-postata tra azienda e sindacati, il vin-colo messo dall’azienda “avrebbe schiac-ciato la discussione unicamente sulle ra-gioni [utilitaristiche] dell’azienda e re-so insignificanti le ragioni del lavoro econ esse sarebbero state messe fuori gio-co le loro stesse esperienze e compe-tenze di lavoratrici.” Punto terzo: devemantenere l’autorità sul lavoro chi il la-voro lo fa, non chi campa sul lavoro al-trui. Chi lavora ne sa la qualità, il valo-re, le competenze e le esperienze cheservono per realizzarlo al meglio, ed èperciò che le delegate non possono ac-cettare il dispositivo “più salario solo sec’è più utile” e ancor meno il combina-to disposto “più salario a chi producepiù pezzi, a chi fa più quantità”. Questaè logica che purtroppo sta dominandoperfino gli ambulatori medici e le visitespecialistiche: chi sforna più pezzi, piùcorpi ammalati, più è gratificato dai pre-mi incentivanti; così il mondo universi-tario in cui le università che sfornanopiù studenti, a prescindere dalla loro ef-fettiva formazione, sono le più premia-te. Le delegate manerbiesi hanno intui-to la china devastante e così: “Sono lo-ro a trascinare le segreterie dei rispetti-vi sindacati in un’azione di opposizioneal processo che il nuovo meccanismo(legare il salario alla produttività) avreb-

“La rappresentanza sindacale, se usatacorrettamente, può davvero “dettare legge” econtrastare ciò che è ingiusto, umanamente eprofessionalmente

“Fare delsorpassonumerico unvalore di sceltache le donneoperano percambiare ciòche non vanella forma delproprio lavorodi cura

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be potuto innescare: un processo di di-struzione del sentimento di coesione eamicizia tra le operaie, quale conse-guenza del controllo reciproco che ilnuovo meccanismo rischiava di intro-durre. Alla fine della vertenza, c’è il sen-timento condiviso di aver vissuto da pro-tagoniste una storia degna di essere rac-contata.” Punto quarto: le relazioni pri-ma di tutto. Maria, una delle protago-niste della storia dice: “Probabilmentepensano che la gente lavori di più per-ché ha dei soldi da ricevere, ma questonon è vero. Perché se vogliono metterei soldi come meta, ma si comportanomale nei confronti delle operaie e di tut-ti in generale, si sbagliano. Non sono isoldi che fanno gola, ma è il rapporto,il clima, l’ambiente in cui si lavora.”Poco a poco cominciamo a intravederela portata della grande e colpevole in-sipienza dei capi con cui devono fare iconti queste donne: “ Ci sono delle co-se che non funzionano, o dove loro [iproprietari, gli azionisti, i manager] pos-sono recuperare, ma devono organiz-zarsi bene perché le aziende non sonoorganizzate al massimo… Noi avevamotrovato dei punti dove non c’era orga-nizzazione, dove dovevano essere or-ganizzati meglio… Noi che lavoriamosappiamo se in quel punto si può farequalcosa in più o in meno.” L’insipienzamanageriale diventa gigantesca nel mo-mento in cui, non ascoltando i suggeri-menti delle operaie per il miglioramen-to possibile, vengono introdotti i moni-toraggi dei “tempi” per “ottimizzare” laproduzione: “È proprio un rapporto cat-tivo, è un voler colpire le persone senzaun motivo specifico. Sono atteggiamentiche infastidiscono e tolgono la voglia dilavorare. Negli ultimi tempi hanno tol-to la voglia di lavorare a tutti, anche aquelli che erano nei lavori privilegiati.Non c’è organizzazione e agiscono soloin quel modo lì invece di interessarsi dipiù al lavoro, stanno lì a guardare quel-le cosine.” Hanno ragione le operaie:per guardare le cose in grande occorreuna mente grande, una mente molto li-mitata guarda le “cosine”. E pensare chequasi tutta la tecnica di “organizzazio-ne aziendale”, che ha tanto sedotto i po-litici riformatori fino a volerla introdurrenell’intera pubblica amministrazione, èproprio sbocciata da menti in grado diguardare solo le “cosine”. Possiamo tro-vare facilmente una delle origini di que-sta disastrosa insipienza: è nell’ugua-glianza intesa come livellamento gene-rale delle menti e delle capacità, nel-l’uniformazione ai minimi termini: “Nonmi sta bene che le regole siano ugualiper tutti e tutti debbano starci dentroper forza proprio perché il tempo asse-gnato a cronometro non tiene conto diqueste diversità di bisogni e di capaci-tà.” L’insipienza e la tecnocrazia, in com-

binato disposto, producono oggi la fin-ta uguaglianza della mancanza collet-tiva di pensiero. Ho raccontato questastoria, con le parole autentiche delledonne coinvolte per mostrare come larappresentanza sindacale, se usatacorrettamente, possa davvero “det-

BibliografiaAnnarosa Buttarelli, SovraneIl Saggiatore, 2013, Milano

Le donne e la curaNegli anni settanta con la seconda on-data del femminismo, temi come ledonne e la cura, il corpo femminile, so-no prepotentemente entrati nelle vitedi molte studentesse di Medicina in Ita-lia (1). In quegli anni le battaglie per idiritti civili e la libertà femminili (la pos-sibilità di accedere alla contraccezione,la approvazione della LN 194) hannoportato molte donne ad avvicinarsi aduna professione che permettesse lorodi stare dalla stessa parte per riappro-priarsi delle competenze procreative.Già a partire dallo slogan “Quanti ne vo-

gliamo, quando li vogliamo”, coniato daassociazioni femminili (Unione DonneItaliane) che avevano combattuto persopravvivere a una guerra mondiale, alfascismo, alla guerra fredda, il movi-mento delle donne rappresentava allostesso tempo consapevolezza e auto-determinazione, responsabilità e scel-ta in tema di procreazione. Nel decen-nio successivo è iniziato, con l’appog-gio di altre discipline, un vasto movi-mento di donne e professioniste dellacura che partendo da quelle prime bat-taglie mirava a rendere più “umane” lecondizioni della nascita in ospedale.

Saper mettere al mondocome forma di autorevolezzaDonne

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sandra MoranoGinecologa,Università di Genova

tare legge” e contrastare ciò che è in-giusto, umanamente e professional-mente. Nel caso delle donne-medico, sipuò davvero contrastare ciò che la sa-pienza femminile sente contrario, osti-le, aggressivo rispetto alle relazioni rea-li di cura.

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Saper mettere al mondo: il ruolo della tecnologia Nel secolo scorso l’ospedalizzazione delparto ha trasformato la nascita da even-to normale a percorso sanitario ospe-daliero, e successivamente la societàtecnologica ha contribuito in modo cla-moroso all’allontanamento quasi irre-versibile della donna dalla propria com-petenza procreativa attraverso una suaprogressiva decorporeizzazione. Que-sto concetto è stato introdotto per la pri-ma volta dalla storica tedesca BarbaraDuden, che descrive con uno sguardoestraneo al mondo medico gli effetti del-la pervasività tecnologica sulle culturee sulle percezioni stesse del corpo ingravidanza:“Nessuna tecnica medica del passato èstata gravida di conseguenze sulla per-cezione quotidiana delle donne fertili co-me l’ecografia: né l’apparecchio per laTAC, né lo sfigmomanometro e neppureil cardiotocografo. Analisi chimiche e bio-logiche come il test di gravidanza e quel-lo per l’epatite o l’analisi del sangue e del-le urine non creano immagini. Lo sfig-momanometro o il saccarinometro pro-vocano, in gruppi limitati di pazienti,sensazioni ma nessuna immagine. LaTAC o la RM per il momento sono appli-cate solo a pochi individui con una pato-logia particolare. Invece con l’ecografial’immagine ha una duplice, eccezionalepregnanza: il potere somatogeno di unatecnica specifica e la produzione di un bi-sogno psicosomatico a partire dalla sin-tesi tra carne e cibernetica, nell’era diWindows. L’affetto di una donna incintaper il nascituro si indirizza a un corpotanto fittizio quanto oggettivato: nell’in-terazione dello sguardo con il fantasmaall’interno del proprio corpo la sensibili-tà degli organi percettivi si affievolisce,fino a paralizzarsi. Di più: ciò che la don-na vede e il suo ginecologo interpreta co-me bambino appare sullo schermo tradue assi cartesiani graduati sulla mediastatistica di una classe di feti. La “massamisurata” con scrupolosa precisione, cheviene raffigurata come il suo bambino, èuna raffigurazione registrata, controlla-ta e tecnicamente gestita di un corpo, lacui deviazione dalla norma, o coinci-denza con la norma, è stabilita in prece-denza alle coordinate prescelte.(2)

In breve la conoscenza del proprio cor-po e di tutto ciò che rappresenta la pe-culiarità riproduttiva si affievolisce. Ladonna apprende dagli esami, piuttostoche dalle informazioni/modificazionidel proprio organismo, di essere in gra-vidanza. La percezione soggettiva di be-nessere viene assicurata e monitoratada protocolli esterni ed estranei, e lasottostante cultura che ha costituto permillenni l’identità delle donne viene so-stituita da immagini cibernetiche e pro-

iezioni statistiche affidate alla inter-pretazione e gestione degli specialisti.Anche da un punto di vista antropolo-gico (ma sappiamo che altre disciplinesono concordi in tal senso) provengo-no osservazioni tendenti a sottolinearei continui processi di separazione den-tro il corpo che procrea:Le tecnologie diagnostiche, dalle ecogra-fie più routinarie e raffinate al più esoti-co trasferimento di embrioni, hanno incomune che lavorano alla costruzione diun feto come un essere separato, reifi-candolo e rendendolo reale. Essere ren-dono il feto una presenza visibile e udi-bile, facendo al contempo altre due cose.Esse medicalizzano la gravidanza, ren-dendo invisibili e impercettibili le donne.La storia dell’ Ostetricia occidentale è lastoria di tecnologie che separano. Abbia-mo separato il latte dal seno, le madri daibambini, i feti dalle gravidanze, la ses-sualità dalla procreazione, la gravidan-za dalla maternità. E alla fine siamo ri-masti con l’immagine del feto come un es-sere solo che galleggia liberamente, comeun uomo nello spazio, con il cordone om-belicale collegato alla nave placenta, e lamadre ridotta allo spazio vuoto che lo cir-conda. È molto difficile rimettere insie-me concettualmente quello che la Medi-cina ha separato. (3)

Nel giro di pochi anni, come dice la Du-den, il bambino è diventato un “feto”,la donna incinta un ”sistema uterino diapprovvigionamento”, il nascituro “unavita”. Da questo deriva la difficoltà a ri-conoscere prima di tutto il valore del-la competenza procreativa. Questa pro-fonda e sottile negazione delle compe-tenze femminili ha completato il pro-cesso di “mutilazione” della interezzadel genere femminile iniziata con laspinta emancipazionistica del secoloscorso, che aveva portato le genera-zioni precedenti a conquistare a caroprezzo la presenza nel lavoro e nellasocietà.

Il prezzo del lavoro Alla fine degli anni 80 il processo eman-cipazionistico ha avuto il tempo di mo-strare tutti i suoi aspetti critici. La spin-ta propulsiva che ha portato le donnea farsi avanti, ad occupare con tenaciatutte le postazioni accessibili per di-mostrare di essere sul lavoro come e piùbrave degli uomini, le ha però anchemesse in condizione di negare quasi illoro essere diverse. Si verifica così’ quel-lo che la scrittrice marina Terragni chia-ma “La scomparsa delle donne” (4), eche le filosofe femministe in una rifles-sione di quegli anni esprimono con di-sincanto. La pubblicazione “Ora che illavoro l’abbiamo conosciuto”, di cui ri-portiamo uno stralcio, non è la scoper-ta del lavoro per sé: le donne hanno

sempre lavorato duramente, soppor-tando carichi doppi e tripli nella storia.Qui si riflette invece sulla organizza-zione del lavoro nella società attuale,che sia lavoro salariato o professiona-le, che permette di avere un posto, an-che se di seconda fila, nel mondo pro-duttivo, un posto che però costa caro.Il prezzo è dimenticare la differenza,arrivare a negarla, dimostrare di saperresistere e, in una specie di sindrome diStoccolma, negare l’esistenza di pro-blemi.“Il lavoro è plasmato sugli uomini, quel-li di una volta: suppone una centralitànella giornata e nella vita che può rea-lizzarsi solo se tutta la cura di sé e deglialtri viene delegata a qualcun altro, alledonne, quelle di una volta. Negli anni 70circolava la battuta che per ogni donnache lavora ci vorrebbe una moglie. Co-munque sia, in tante abbiamo provato astare dentro a quel modo di lavorare e cisiamo coinvolte: è seducente, appassio-nante. In tante ci siamo riuscite bene. Al-cune sono state così occupate a farcela, asentirsi brave e competenti da non ac-corgersi quanto stavano cambiando pel-le: hanno tirato fuori anche durezza in-transigente, dedizione spietata, paura diveder rispecchiata nell’altra donna la te-muta debolezza. In questo sforzo, nellospirito di questi anni ci siamo autocon-vinte che sollevare problemi sarebbe unsegno di debolezza, non sarebbe abba-stanza vincente. Non avevamo più ener-gie neppure per vedere che ci sono rela-zioni da stringere e solidarietà da trova-re con altre che cercano di farcela: ci han-no convinte che le relazioni prima o poiti fregano e che da soli si ottiene dipiù..(5)

Probabilmente questo è successo ancheper quanto riguarda l’essere donne inMedicina. Non abbiamo molte docu-mentazioni sulle vite delle donne chefino ad oggi hanno costituito la forza la-voro nell’ambito delle cure mediche.Sappiamo che, contrariamente al mo-mento attuale, erano in misura moltoinferiore agli uomini, a parte in alcunespecialità, e salvo poche eccezioni mol-to lontane dai tetti di cristallo. Oggi cheperò si profila all’orizzonte una loro net-ta maggioranza, a partire da quelle ri-flessioni dovremmo rileggere il futurolavorativo che ci aspetta nell’ attualeSSN. Un sistema di cure organizzato an-cora in gran parte su modelli bellici (ilreparto, il turno di guardia), che oggista tremando non solo perchè minatoalle fondamenta dalla finitezza delle ri-sorse, ma anche perchè potrebbe esse-re sconvolto proprio dalla massiccia in-cursione di curanti di genere femmini-le. Per questo abbiamo il dovere di ri-scrivere non solo le nostre vite private,ma anche professionali, in base ad al-

“La percezionesoggettiva dibenessere vieneassicurata emonitorata daprotocolliesterni edestranei, e lasottostantecultura che hacostituto permillennil’identità delledonne vienesostituita daimmaginicibernetiche eproiezionistatisticheaffidate allainterpretazionee gestione deglispecialisti

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tri canoni. Non si tratta solo di “conci-liazione”, conciliare tempi di lavoro efamiglia, acconciare cioè, per quanto èpossibile, la forza lavoro e tutto il restoall’esistente. Si tratta, in un’ottica di piùampio respiro, di ripensare l’organiz-zazione del lavoro( non solo il numerodi medici disponibili, i loro orari, la co-pertura dei turni ospedalieri, le loroscelte professionali), ecc..ma anche l’or-ganizzazione aziendale, che ha porta-to con sé, invece di snellire, la rigiditàdel sistema piramidale, delle formali-tà, della scala gerarchica (6).

Donne, Sanità, Sindacato: “C’èsempre una lotta da ascoltare”Da dove cominciare? Facile rispondereche sarebbe appropriato cominciareproprio dai bisogni delle donne. Queibisogni finora nascosti, a livello politi-co, dentro visioni sempre più globali dacui la “banalità “ del quotidiano è uni-versalmente bandita. E con essa la di-versità dei protagonisti. Facile rispon-dere che sarebbe appropriato mettereal centro proprio il bisogno di esseredonne che riflettono e ascoltano il pro-prio corpo riportandolo al centro delleloro vite differenti. “Chi ha letto i diari di Etty Hillesum ri-corderà che ad un certo punto una dellefrasi decisive della sua avventura di tra-sformazione all’interno di un situazioneal confine dell’esperienza umana, che pro-prio per questo ha valore di orientamen-to anche nelle condizioni della vita quo-tidiana è stata (la frase è diventata fa-mosa): “farsi campo di battaglia”, cioèriconoscere che in noi soggettivamenteciascuna e ciascuno, se ha una sensibili-tà di ascolto dei tempi, diventa un cam-po di battaglia nel corpo, nella mente, do-ve si combattono le battaglie decisive. C’èsempre una lotta da ascoltare, da assu-mere.(7)Generare è un life event ma ancheuna capacità ad altissimo grado dispecializzazione riservata solo alledonne. Tutti possono fare il medicoma solo le donne possono fare figli. Questo aspetto (spesso fonte di invidianell’universo maschile che informa laattuale organizzazione della società)oggi, lungi dall’ essere ancora visto co-me fonte di esclusione ed indeboli-mento della figura femminile, dovreb-be essere riconosciuto in primis dallestesse donne come una opportunità chenon è concessa a tutti.

Donne e Medicina, Donne eSindacato: domande semplici,risposte complesse. Che cosa vuol dire oggi rappresentare?E che cosa, chi rappresentare in una as-sociazione del secolo scorso che tradi-zionalmente (e in un’ottica maschile)cercava di regolare i rapporti tra chi il

lavoro di cura lo fa e chi lo eroga? E’possibile oggi vivere la professione e ilsindacato senza guardare con altri oc-chi a quel mondo della cura così vicinoe ancora così lontano dalle donne? Neiconsessi di donne che si interrogano sulsenso del loro operare e crescere nelmondo delle cure, molto spazio vieneutilizzato per la denuncia del disagio.Successivamente vengono indicatiobiettivi per superare il disagio, solita-mente riferiti al raggiungimento di pa-rità economica e di carriera. La partepiù ponderosa di questo disagio è rife-ribile alla influenza negativa che l’averscelto di prendersi cura anche della fa-miglia e dei figli, ha sul “normale “svol-gimento del lavoro nella formazione enella pratica clinica. E, aldilà del di-battito intorno agli arrangiamenti diwelfare residuale non sempre disponi-bili per tutte le lavoratrici madri (l’uti-lizzo di asili nido con orari elastici, ilpart time, l’estensione anche agli uo-mini di congedi per prendersi cura deifigli, ecc.), rimangono sullo sfondo in-terrogativi generali del tipo: il model-lo di lavoro (ospedaliero) è womenfriendly? Il modello di lavoro (ospeda-liero) può cambiare? E allo stesso mo-do rimangono ferme riflessioni e obiet-tivi più specifici riguardanti il core con-tent, cioè essere donne, e differenti, nel-la vocazione e professione di cura. Cioèl’obiettivo alla base della proposta delseminario Donne Sanità Sindacato. Ab-biamo portato ai tavoli temi impegna-tivi, forse ambiziosi, facilitati anche dal-la visione di frammenti di filmati, vi-deo, che hanno messo in scena le diffi-coltà quotidiane insieme alle aspirazionipiù alte nelle vite delle donne medicoo dirigenti. Molto probabilmente la Me-dicina cambierà nei prossimi anni, dal-le aule alle corsie, ai luoghi ed alle or-ganizzazioni: una trasformazione chenon sarà né facile né indolore.

Prospettive ed azioniProbabilmente non sarà una semplicesostituzione di sessi, come si potrebbeimmaginare: non si tratta di ereditarela concezione universalistica delle cu-re e l’eredità novecentesca della rela-zione tra forza lavoro e datore di lavo-ro, nata storicamente coi sindacati. Sitratta di catapultare in questa epocalemutazione in atto la novità, la passio-ne, la differenza femminile, di cui fino-ra non c’è traccia. Bisogna immagina-re un diverso mondo delle cure in cuialla richiesta di modifiche della corni-ce organizzativa corrispondano ancheobiettivi professionali differenti, orien-tati più al benessere che alla salute, ealla congruenza tra lavoro e felicità. Perpoter essere protagoniste in pieno e vi-vere con dignità in quello che soprav-viverà dell’attuale Servizio Sanitario

Nazionale bisogna attrezzarsi fin da oraad esprimere idee, agende, contratta-zioni, finalmente anche al femminile.Alla ricerca di quella specificità, espres-sione di corpi sessuati finalmente libe-ri di arricchire il mondo della scienza edel prendersi cura.

Verso l’autorità Abbiamo parlato di maggioranze, di su-periorità del secondo sesso, di aspira-zioni e responsabilità, di un lavoro il cuivalore (spesso misconosciuto) le don-ne lavoratrici portano in una società chenon è ancora a loro misura, a fronte diuna autorità negata. “Molte donne soffrono atrocemente perun’autorità che vorrebbero ma, non si saperché, non è loro riconosciuta. C’è damettere ordine in questa faccenda. Biso-gna che accettiamo la fragilità dell’au-torità, perché questa fragilità fa partedella sua natura, della sua garanzia. Sec’è autorità, questa autorità è fragile.L’autorità c’è nel momento in cui si vedeche c’è l’impersonale, quando una don-na agisce, lavora, si mette in relazionenon per sé, nel senso negativo del termi-ne, dell’avere prestigio o per narcisismo,perché non passa da lì la costruzione diuna solidità personale, non passa da fu-gaci riconoscimenti di autorità ma, ap-punto, per amore del mondo.”(8).

La piena affermazione della autorità,non solo per le donne, sembra doverpassare per la porta stretta della fragi-lità, dell’impersonale, dell’amore per ilmondo. Categorie quasi sconosciute, adoggi, nell’attuale panorama. Ma non al-le donne, evidentemente: ed è da quiche bisogna ricominciare.

Bibliografia 1 Maria Giovanna Vicarelli. Donne di me-

dicina. Il percorso professionale delle don-ne medico in Italia, Il Mulino, Bologna,2008

2 Barbara Duden, Il corpo della donna co-me luogo pubblico, Bollati Boringhieri,1997

3 Irene Maffi, da: (Sandra Morano, Chi hapaura della maternità? Parole, Immagi-ni, Affetti, Aracne ed, 2013, Roma)

4 Marina Terragni, La scomparsa delle don-ne, Mondadori 2007).

5 Ora che il lavoro l’abbiamo conosciuto,Sottosopra 1986, La libreria delle don-ne, Milano

6 Sandra Morano, Donne in Medicina: Scel-te, tempi, Prospettive, Libertà, IniziativaOspedaliera, 2013

7 Annarosa Buttarelli Un passo avanti d’au-torità Seconda tappa Mestre, 20 giugno2015

“La pienaaffermazionedella autorità,non solo per ledonne, sembradover passareper la portastretta dellafragilità,dell’impersonale, dell’amoreper il mondo

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d!rigenza medica | 11Numero 2 speciale - 2017

La conferenza nazionale dell’Anaao As-somed si è caratterizzata per aver uti-lizzato più strategie interattive al finedi coinvolgere attivamente tutte le cir-ca ottanta partecipanti presenti a Na-poli il 14 dicembre 2016.Il convegno si è articolato con un’alter-nanza di brevi conferenze e lavori inpiccoli gruppi, proprio per favorire lasocializzazione di tutte le partecipantie il confronto su temi importanti qualila femminilizzazione della medicina, larappresentanza e la relazione di cura. Il convegno si è avvalso di sette strate-gie partecipative:

1. Brevi comunicazioni e MedicalHumanities

2. Utilizzo di domande aperte3. Lavoro in piccoli gruppi4. Assegnazione di ruoli all’interno deipiccoli gruppi

5. Seduta plenaria6. Metaplan7. Valutazione della giornata.

1. Brevi comunicazioni e MedicalHumanities

Nel convegno si è dato ampio spazioall’approccio della medicina narrativae delle Medical Humanities (Zannini,2008). Le Medical Humanities riguar-dano la comprensione dell’uomo e del-la donna attraverso le scienze umane(psicologia, pedagogia, antropologia,filosofia, storia, giurisprudenza, lette-ratura, arti visive) e utilizzano una epi-stemologia storico-narrativa. Le relazioni tenute da una storica, dauna filosofa, da una pedagogista e dauna donna medico hanno mostrato fo-to e brevi filmati per coinvolgere mag-giormente le partecipanti. Il linguag-gio delle Medical Humanities ha for-nito ricche rappresentazioni metafori-che o simboliche sull’evoluzione delruolo della donna medico, sulla suacondizione attuale e sulle prospettivefuture del loro ruolo riguardo le con-dizioni di vita e lavoro nei contestiospedalieri e sanitari.

2. Utilizzo di domande aperteIn ambito filosofico il ruolo maieuticodelle domande ci è noto fino dai tem-pi di Socrate, come magistralmente ciracconta Platone nei suoi dialoghi, evi-denziando la domanda come disposi-tivo per avviare alla conoscenza. La po-tenza della domanda, come aperturaverso l’apprendimento, viene ripresada un grande filosofo e pedagogista delprimo Novecento, John Dewey, che af-ferma che il buon docente cerca di ri-svegliare nei discenti “le capacità di ri-

levare ciò che esige spiegazioni, ciò cheè inaspettato” (Dewey, 1933). Al convegno napoletano gli organizza-tori hanno individuato alcune doman-de su temi ritenuti pertinenti e strate-gici per avviare un processo di consa-pevolezza sulla femminilizzazione del-la medicina, i relativi obiettivi sinda-cali, la rappresentanza, i fattori che fa-cilitano o ostacolano la carriera delledonne medico, le criticità della conci-liazione vita e professione. Le doman-de sono state rivolte ai piccoli gruppi,i quali hanno discusso animatamenteper confrontare pensieri ed esperien-ze e giungere a risposte che fossero lasintesi del pensiero di ogni parteci-pante.

3. Lavoro in piccoli gruppiÈ esperienza comune rilevare che quan-do un relatore pone una domanda auna platea di un centinaio di persone,coloro che rispondono sono pochissi-mi. Un po’ per timidezza, un po’ per ri-trosia, le persone tendono a non espor-si nei contesti affollati. Per favorire lapartecipazione attiva e il confronto rea-le e costruttivo, è necessario suddivi-dere le persone in piccoli gruppi di sei–otto componenti. In questo caso tutti ipartecipanti trovano le condizioni perpotersi esprimere liberamente.A Napoli è stata allestita una sala adhoc, con dieci tavoli tondi ai quali so-no state assegnate otto donne medicoprovenienti da luoghi diversi, al fine dicreare gruppi eterogenei per prove-nienza, età, specializzazione. La scelta dei tavoli tondi era motivatadal favorire una partecipazione pari-taria di tutte le persone presenti. La possibilità di conoscere colleghe pro-venienti da regioni italiane differenti eil confronto di esperienze molto diver-se tra loro sono stati gli elementi piùapprezzati di tutto il convegno nazio-nale.

4. Assegnazione di ruoli all’internodei piccoli gruppi

Per favorire la partecipazione di tutti,in ogni gruppo sono stati attribuiti dueruoli: una componente ha svolto il ruo-lo di moderatore e una ha svolto il ruo-lo di segretario. La moderatrice avevail compito di far presentare ogni per-sona, far parlare tutti i presenti e mo-derare la discussione. La segretaria, in-vece, aveva il compito di annotare le ri-sposte dei partecipanti e redigere unasintesi da presentare poi nella sedutaplenaria.

5. Seduta plenariaLa seduta plenaria è il momento in cuitutti i gruppi si ascoltano e danno lapossibilità ai portavoce di ogni gruppodi sintetizzare le risposte raccolte al-

Formazione attiva e interattivadelle donne medicoDonne

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La seconda conferenza nazionale dell’AnaaoAssomed dedicata a Donne, Sanità, Sindacato è statapianificata e realizzata in linea con le più attuali teoriedell’apprendimento dell’adulto che sostengono che laformazione è più efficace se si utilizzano metodologiecoinvolgenti, i partecipanti sono protagonisti attivi epossono discutere temi e problemi consideratisignificativi nella loro vita personale e professionale,all’interno di gruppi di discussione in cui ognuno puòimparare grazie alla negoziazione e alla co-costruzionedi conoscenze tra pari e con la facilitazione di formatoriche favoriscono lo scambio e supervisionano il buonandamento dei lavori (Calvani; Guilbert; Zannini).

antonellalottiSocietà Italiana di PedagogiaMedica (SIPeM)

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12 | d!rigenza medica Numero 2 speciale - 2017

l’interno del gruppo. È un momento im-portante di co-costruzione delle cono-scenze collettive in quanto ogni grup-po porta il suo contributo che è il frut-to della discussione dei suoi compo-nenti. In questo tempo tutte le ottantapartecipanti del convegno di Napolihanno avuto la possibilità di sintetiz-zare le proprie idee ed esperienze e sco-prire elementi comuni e divergenti. La prima domanda (Vi è congruenzatra gli obiettivi sindacali e la femmini-lizzazione della medicina?) ha avuto lafunzione di un ricco brainstorming incui le donne hanno evidenziato le diffi-coltà che vivono in quanto hanno tuttoil carico dei problemi assistenziali le-gati alla maternità e all’assistenza del-le persone anziane della famiglia. Inparticolare emerge il mancato sostegnoalla maternità perché non sono previ-ste sostituzioni in caso di maternità perproblemi di budget, e non sono diffusigli asili nidi aziendali sul territorio ita-liano. Inoltre in ambito lavorativo ladonna si sente rallentata nella carrierasia per motivi culturali propri che di vis-suto e percezione da parte dei colleghi. La congruenza tra obiettivi sindacali ela femminilizzazione della medicina haavuto solo poche risposte direttamen-te pertinenti al quesito e riguardano lanecessità che il sindacato riconosca ilvalore sociale della madre e favorisca

maggiormente la presenza delle donnenelle trattative sindacali.Sono state indirettamente ed ampia-mente descritte le difficoltà lavorativee di conciliazione e sono state ribaditele richieste di flessibilità, welfare e pa-ri opportunità.La seconda domanda, dedicata al-l’individuazione delle eventuali incon-gruenze di genere nel Contratto Na-zionale di Lavoro, ha evidenziato che ilContratto è scritto in modo adeguatoed è rivolto alla persona, ma che in re-altà le incongruenze si trovano traquanto scritto e quanto realizzato. Ledonne rilevano che il Sindacato do-vrebbe rendere più flessibili le norme(esempio: blocco del turnover, sostitu-zione delle maternità, aumentare ilpart-time per uomini e donne….) e ga-rantire le stesse chances lavorative del-l’uomo, soprattutto in ambito di apica-lità.La terza domanda chiedeva quali so-no le facilitazioni e le barriere della car-riera della donna medico, ed è emersoche la competenza procreativa e i suc-cessivi compiti sono una barriera per lacarriera delle donne medico, e che so-prattutto da questa vengono i rallenta-menti di carriera. Si sottolineano di-scriminazioni indirette (“in chirurgia ladonna si fa da parte in sala operatoria,le si propone l’ambulatorio”), ma anchescarsa conoscenza /consapevolezza deidiritti e mancanza di coesione tra don-ne(“dis -unione delle donne problema ri-levante”).Tra le facilitazioni si propongono in-contri di formazione e confronto tradonne e uomini, la telemedicina in al-cuni ambiti come la radiologia, unosnellimento delle procedure per acce-dere al part – time e alle opportunitàofferte dalla legge 104/1992 e l’au-mento dei Comitati Unici di Garanzia.

6. MetaplanIl Metaplan è una tecnica che permet-

te di gestire con efficacia una discus-sione di gruppo, favorendo la parteci-pazione di ogni partecipante grazie al-la visualizzazione dell’idea di ogni per-sona che viene scritta su un foglio ade-sivo. Il Metaplan è stato inventato dai fratelliSchnelle in Germania nel 1972 e da al-lora viene utilizzato in contesti azien-dali e formativi. Si basa sulla raccolta delle opinioni deipartecipanti e la loro successiva orga-nizzazione per aree tematiche. A Napoli l’organizzazione ha fatto pre-disporre un pannello, lungo quattro me-tri e alto due metri, nella sala che ospi-tava i lavori di gruppo. L’ultimo lavorodella giornata prevedeva che ogni par-tecipante rispondesse a tre domande:Quali sono i determinanti di genere ne-cessari alla leadership sindacale? Co-nosci “buone pratiche” a livello nazio-nale e internazionale?Quali obiettivi realizzabili a breve e me-dio termine proponi per la tua realtà?Ogni partecipante aveva il compito dirispondere individualmente su carton-cini colorati adesivi con una parola oun concetto che sintetizzasse efficace-mente la sua idea.In poco tempo il muro bianco è diven-tato un coloratissimo spazio pieno dipensieri e proposte. Le conduttrici del-la seduta hanno letto i contributi e cer-cato di aggregarli per grandi categoriee aree omogenee. I determinanti di genere necessari perla leadership sindacale sono stati clas-sificati in quattro ampie categorie: lacompetenza relazionale (empatia, au-torevolezza e capacità di ascolto), lacompetenza organizzativa (capacità dimediazione, capacità di lavorare in-gruppo, visione di sistema), la compe-tenza orientata al compito (capacità disintesi e chiarezza, formazione) e atti-tudini (determinazione, sensibilità eperseveranza).Per quanto riguarda le buone pratichenazionali le partecipanti hanno segna-lato i congedi di paternità obbligatoripiù lunghi, bollino rosa aziendale perle aziende sanitarie e ospedaliere chepromuovono politiche lavorative al fem-minile e il telelavoro. Per le buone pratiche internazionali, lepartecipanti hanno indicato sostegnoalla maternità prolungata in Germania,mantenimento del contratto anche seprecario in caso di gravidanza, conge-do di paternità obbligatorio per alme-no un mese in Norvegia, supporto allagenitorialità in Francia, riqualificazio-ne dopo astensione prolungata dal la-voro in Germania. In ultimo gli obiettivi a breve e mediotermine sono stati i seguenti: puntaresulla meritocrazia, aumentare la pre-senza di asili nido aziendali con orari

Per favorire lapartecipazioneattiva e ilconfronto realee costruttivo, ènecessariosuddividere lepersone inpiccoli gruppi

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idonei alle turnistiche aziendali, valo-rizzare il lavoro di gruppo e realizzareuna maggiore complicità di genere.

7. Valutazione della giornata.La valutazione di un evento formativoè fonte di riflessione per i partecipantie per i formatori che hanno pianificatoe gestito l’evento formativo. Le infor-mazioni e i feedback raccolti offronouna serie di elementi che permettonodi valorizzare gli aspetti positivi e mi-gliorare quelli segnalati come negativi,in un’ottica di continuo miglioramen-to.Al termine del convegno dell’Anaao As-somed a Napoli è avvenuta la valuta-zione della giornata in forma anonimae individuale. Alle partecipanti è statochiesto di scrivere su un foglio qualeaspetto l’avesse più o meno favorevol-mente colpita nella giornata, conside-rando la pianificazione della stessa, imetodi di lavoro e la sua conduzione.I commenti raccolti sono stati quaran-ta da cui si evince che le partecipantihanno apprezzato:* i contenuti affrontati e li hanno con-

siderati molto interessanti. * i metodi di lavoro che hanno per-

messo uno scambio proficuo tra tut-ti i partecipanti, la conoscenza reci-proca e lo scambio di esperienze trapersone provenienti da realtà geo-grafiche e culturali molto distanti traloro.

La metodologia di lavoro ha ottenutoampi riscontri infatti le partecipantil’hanno definita “innovativa, stimolan-te, coinvolgente” e adeguata per un la-voro di questo tipo “Il piccolo gruppoperfetto per questo lavoro “.In particolare è piaciuta l’alternanza distrategie formative che ha reso dina-mica e leggera la giornata: * le relazioni introduttive, sono state

definite stimolanti e interessanti peraver saputo introdurre argomenti dif-ficili mantenendo un ottimo livelloculturale “Capacità dei relatori delmattino”.

* l’organizzazione generale dell’eventoformativo che è stata considerata ot-tima da tutti i punti di vista.

Per quanto riguarda gli aspetti critici eda migliorare le partecipanti hanno se-gnalato:* l’assenza della controparte maschile.

Molte presenti hanno scritto che si èsentita l’assenza degli uomini e chie-dono di invitarli nei prossimi ap-puntamenti “Credo che per rag-giungere l’obiettivo sia necessario laprossima volta coinvolgere di più gliuomini”.

* la logistica che ha richiesto lo spo-stamento da sala conferenza dove vierano le relazioni frontali alla sala

dove vi erano i lavori in piccoli grup-pi. In effetti lo spostamento di ottantapersone tra piani distinti dell’hotel èstato movimentato e a volte caotico.

Alcuni partecipanti hanno lamentatol’ambiente rumoroso perché i lavori digruppi si sono tenuti nella stessa sala ealcune partecipanti hanno lamentatola voce alta delle colleghe che impedi-vano un buon ascolto.* i tempi ristretti. Alcune partecipanti

avrebbero voluto più tempo per di-scutere in piccolo gruppo e anche peruna discussione in plenaria. Questoquindi può anche essere considera-to un elemento favorevole perché di-mostra che le partecipanti avrebbe-ro apprezzato discutere maggior-mente in gruppo.

Concludendo, le partecipanti espri-mono un grande apprezzamento perl’iniziativa e rilanciano la richiesta diulteriori incontri futuri aperti anche agliuomini e dedicati alla leadership.Anche l’organizzazione, le relatrici e leformatrici hanno espresso la loro valu-tazione della giornata evidenziando lasoddisfazione per la riuscita di un even-to formativo che poneva la sfida dellanumerosità dei partecipanti e dell’ori-ginalità dei temi affrontati. Condividono gli aspetti positivi legatial lavoro in piccoli gruppi, l’alternanzadi metodi di lavoro che rende più leg-gera l’attività formativa, il grande coin-volgimento di tutti i presenti, lo sforzoorganizzativo di adattare la sede in unsetting con tavoli e metaplan in gradodi ospitare ben ottanta partecipanti.Quest’ultimo numero rappresenta an-che una criticità perché in effetti unevento di questo tipo dovrebbe essereaperto a un massimo di trenta persone,per favorire tempi più distesi e garanti-re un maggiore scambio di idee ed espe-rienze in seduta plenaria. Rimane però la consapevolezza di averpartecipato a un evento importante nel-la vita delle donne medico, estrema-mente stimolante sul piano culturale emetodologico.

Bibliografia Calvani A. (2000) Elementi di didattica. Ca-rocci, RomaDewey J. (1933) Come pensiamo. La NuovaItalia, Firenze.Guilbert JJ, (2002) Guida pedagogica per iprofessionisti della salute. Edizioni Dalsud,Bari.Zannini L. (2008) Medical Humanities e Me-dicina narrativa. Nuove prospettive nella for-mazione dei professionisti della cura. Raffa-ello Cortina, Milano. Zannini L. (2015) Fare formazione nei con-testi di prevenzione e cura. Modelli, strumenti,narrazioni. Pensa Multimedia, Lecce

“Le partecipanti esprimono un grandeapprezzamento per l’iniziativa e rilanciano larichiesta di ulteriori incontri futuri aperti ancheagli uomini e dedicati alla leadership

“Il Metaplan sibasa sullaraccolta delleopinioni deipartecipanti ela lorosuccessivaorganizzazione per areetematiche.

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14 | d!rigenza medica Numero 2 speciale - 2017

Riflettere sulla congruenza tra gliobiettivi sindacali e lafemminilizzazione della medicina(GRUPPI 1-2-3)

CARATTERIZZAZIONI DEL VIVERE LAPROFESSIONE AL FEMMINILE:GENITORIALITA’/ CAREGIVER• Tutto caricato sulla donna per problemidi cultura

• Anche uomini si devono caricareSOSTEGNO ALLA MATERNITÀ• In maternità la sostituzione nondovrebbe essere intesa comeproblema di budget

• Sostituzione non dovrebbe essereintesa come problema di budget

• Avere organici al completo• Favorire di part-time, congedi• Avere norme nuove

DISCRIMINAZIONE PER LA CARRIERA• Legata a un retaggio• Donna rallentata per la carriera primaper paura della maternità

PROBLEMATICHE LEGATE AL FARESINDACATO COME DONNE• Il sindacato deve riconoscere il ruolosociale della madre

• Obiettivi sindacali decisi dagli uomini• Le donne devono essere presentianche nelle trattative sindacali

“DOVER ESSERE” (PROPOSTE)• Avere maggiore solidarietà tra di noi• Dobbiamo proporci all’interno delsindacato e anche nei luoghi apicali ( avolte scusa di avere molti impegni)

• Distinguere tra obiettivi tecnici e ruoli(Obiettivi: retribuzione, tutele sindacali,tutela della paternità e maternità)

• Donne si devono riappropriare del ruolo• Formazione sindacale deve esserefatta da donne come formatrici (donnehanno da dire in quanto sindacalistedonne)

• Sindacato deve migliorare la capacitàdi ascolto

• Nel sindacato bisogna cominciareCondividere e dare il propriocontributo

“SLOGAN”• Le sindacaliste devono precorrere non

rincorrere• Condividere !!!• Maternità è Femminile

(GRUPPI 1-2-3)

OSSERVAZIONI E COMMENTIIl primo mandato ha registrato la maggiorequantità di indicazioni, per la novità dellavoro in gruppi, e la opportunità diconoscersi e condividere le difficoltà dellavoro. La congruenza tra obiettivi sindacali e lafemminilizzazione della medicina ha avutosolo poche risposte direttamentepertinenti al quesito. Sono stateindirettamente ed ampiamente descritte ledifficoltà lavorative e di conciliazione.L’area proposte ricalca mediamente lerichieste di flessibilità, welfare, pariopportunità.

Individuare (in-)congruenze di generenel Contratto nazionale di lavoro(GRUPPI 4-5)

• CCNL è per il lavoratore a tutto tondo• Vi sono incongruenze tra quantoprevisto e quanto realizzato

• Femminilizzazione della professionenon affrontata

• Problema di includere le riflessionidelle donne per far cadere le barriereche hanno le donne medico

PROPOSTE• Obbligo di sostituzione in caso diassenza

• Obbligo di garantire il benessere dellavoratore con Servizi (asili nidoaziendali)

• Modificare l’articolo 15 Azionipreventive propositive

• Aumento del part time• Migliorare il benessere dei lavoratori(es. asili nido aziendali)

• Articolo che tuteli la donna in prova inrelazione alla gravidanza

• Applicazione del contratto anche incaso di contratti atipici

(GRUPPI 4-5)

OSSERVAZIONI E COMMENTIIl lavoro del secondo mandato è apparsopiù centrato sul problema, dopo il primoche ha avuto una funzione di brainstorming. Quasi tutte le osservazionierano coerenti con la richiesta, ma nonsempre c’era accordo, mentre riguardoalle proposte solo alcune tematiche sonoappropriate

Lavori di gruppoDescrizione ed analisi dei risultatiDonne

SanitàSindacato

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PRIMO MANDATO Riflettere sulla congruenza tra gli obiettivisindacali e la femminilizzazione della medicina

SECONDO MANDATO Individuare (in-)congruenze di genere nel Contratto nazionale di lavoro

TERZO MANDATO Discutere facilitazioni e barriere della carriera delle donne medico

QUARTO MANDATO Analizzare le criticità della conciliazionevita/professione, del welfare e dei luoghi di lavoro

Mandati di discussione ai gruppi

PRIMO MANDATO

SeCONDO MANDATO

d!rigenza medica | 15Numero 2 speciale - 2017

Discutere facilitazioni e barrieredella carriera delle donne medico(GRUPPI 6-7)

BARRIERE• Donna medico in carriera ha la famigliacome carico (figli piccoli, genitorianziani)

• Gravidanza (assenza di sostituzionedella donna)

• Non c’è diritto dell’asilo nido (privato apagamento)

• In chirurgia la donna si fa da parte insala operatoria (le si proponel’ambulatorio)

• Atteggiamento discriminatorio perproblemi culturali

• Scarsa consapevolezza dei diritti/leggi• Mancanza flessibilità (part time)• Dis-unione delle donne problemarilevante

• Donna dovrebbe accedere al Part time

FACILITAZIONI• Asili nido• Fare gruppo tra di noi• Più intelligenti• Rappresentanza femminile maggiore• Quote rosa• Sensibilizzazione gruppi di lavoroaziendale/dirigenti

• Organizzare incontri di confronto trauomini e donne

Discutere facilitazioni e barrieredella carriera delle donne medico(GRUPPI 6-7)

OSSERVAZIONI E COMMENTI• Si conferma che la competenzaprocreativa e i successivi compiti sonouna barriera, e che soprattutto da questavengono i rallentamenti di carriera

• Si sottolineano discriminazioni indirette(“in chirurgia la donna si fa da parte insala operatoria, le si proponel’ambulatorio”), ma anche scarsaconoscenza /consapevolezza dei diritti emancanza di coesione tra donne (“dis -unione delle donne problema rilevante”

• Tra le facilitazioni si propongono incontridi formazione e confronto tra donne euomini

CRITICITÀAnalizzare le criticità della conciliazionevita/professione, del welfare e dei luoghi di lavoro (GRUPPI 8-9-10)• Difficile aggiornamento (per ostilità deicolleghi se rientro da congedo lungo)

• Congedi rigidi e non flessibili• Difficoltà ad accedere al mondo dellavoro/nelle progressioni di carriera

• Mancanza di solidarietà nell’ambiente dellavoro e della famiglia e del welfare

• Manca un mondo culturale che cisostenga

PROPOSTE• Tutela maternità opportunità, nonvincolo

• Crescita professionale anche a donnecon figli

• Garantire equa distribuzione di compiti• Equa distribuzione di posizioni apicali• Rendere più snelle le procedure peravere part-time e 104

• Lotta al precariato• Anticipare inserimento lavorativo giànella specializzazione

• Stessi diritti per tutte le lavoratricianche se a termine ecc

• Sicurezza sugli ambienti di lavoro(rischio in PS)

• Orario flessibile• Telemedicina (per radiologia ecc) • Evitare riunioni nel tardo pomeriggio• Maggior integrazione lavoroUniversitario/Ospedaliero

Analizzare le criticità dellaconciliazione vita/professione, delwelfare e dei luoghi di lavoro(GRUPPI 8-9-10)

OSSERVAZIONI E COMMENTI• I risultati, espressi in termini di criticitàricalcano ciò che si è evidenziatocostantemente come riposta in tutti igruppi a parità di mandato. Alcuni piùinteressanti (“difficile aggiornamentoper ostilità dei colleghi se rientro dacongedo lungo”, “manca un mondoculturale che ci sostenga”)

• Nel raggruppamento che definiamoProposte, o desideri, si evidenzial’implementazione dei CUG e unachiamata diretta del ruolo del DG

TeRzO MANDATO

QUARTO MANDATO

Wordle costruito per il mandato “Indicate un obiettivo a breve termine da perseguire nella vostra realtà”

16 | d!rigenza medica Numero 2 speciale - 2017

1Individuare Determinanti diGenere Necessari alla

Leadership Sindacale

Sono state individuate categorie e sot-tocategorie del tema stimolo e indivi-duati quattro snodi fondamentali (atti-tudini e competenze). Quattro sottoca-tegorie sono esemplificate in altre cate-gorie (ad esempio le competenze rela-

2Illustrare “buone pratiche” alivello nazionale e internazionale

le risposte:

A livello nazionaleCongedo di Paternità Obbligatorio,Congedo Paternità Obbligatorio e piùLungo, Congedo Parentale fruito da Uo-mini (meccanismi incentivazione), Tut-te Operatrici Donne (Lavoro alla casadella Donna e del Bambino), BollinoRosa per Aziende che promuovano Po-litiche Lavorative al Femminile, Telela-voro.

A livello internazionaleStraordinari non considerati “efficien-za” (Olanda e Svezia), Riqualificazio-ne dopo astensione prolungata dal la-voro (Germania), Sostegno alla mater-nità prolungata (Germania), Supportialla genitorialità (Francia), Manteni-mento del contratto anche se precarioin caso di gravidanza (a livello inter-nazionale), Tempo libero=Valore (pae-si più evoluti), Parità del Ruolo Geni-toriale nelle società nordiche, Conge-do di Paternità Obbligatorio di almeno1 mese (Norvegia).

Poi tra le buone pratiche vengono indi-viduate le seguenti indicazioni, più comeproposte che nel senso letterale, che ab-biamo raggruppato nei seguenti campi:

Part time e FlessibilitàPart Time, Riconoscere il lavoro festi-vo come disagevole, Flessibilità Orari(Evitare i turni pomeridiani), Facilita-zioni al Part Time Verticale, AccessoFlessibile al Part Time, Creazione di am-bienti con orari flessibili per la gestio-ne dei figli, Implementare il part time,Turni H 24 (9-21/ 21/9) permettendocena o colazione in famiglia, Flessibili-tà del Lavoro come orario e come tipodi lavoro(compiti burocratici quandosia impossibile attività di reparto),Fles-sibilità orario di lavoro,Congedo di pa-ternità più flessibile, Organizzazione dilavoro flessibile, Tempestiva attribu-zione delle tutele genitoriali, Servizi,Comunicazione, Aggiornamento, For-mazione, Asilo Nido Aziendale, For-mazione sulla Legislazione a tutela delLavoro femminile.

“Rappresentanza”Maggiore Rappresentanza, MaggiorRappresentanza Femminile, MaggiorRappresentanza delle Donne,Rappre-sentanza di genere al 50% negli orga-nismi, quando possibile,Rendere pub-bliche le % di apicalità di genere per

sensibilizzare al problema.

“Obiettivi”Puntare sulla meritocrazia, Implemen-tare la presenza di Asili Nido Azienda-li con orari idonei alle turnistiche azien-dali, Favorire la Meritocrazia comeStrumento di Equalizzazione tra i ge-neri, Evitare le assenza ingiustificate,Gioco di squadra con Valorizzazionedei membri del gruppo di lavoro, Sematernità fisiologica non costringeredonna a stare a casa ma darle incarichinon a rischio così da sgravare i colle-ghi, Maggiore complicità di genere: perraggiungere obiettivi serve più coesio-ne tra donne, In Campania: studio ap-profondito del piano sanitario territo-riale e messa a punto di percorsi dia-gnostico terapeutici assistenziali ap-propriati/efficaci/sostenibili.

3Individuare obiettivi realizzabili abreve e medio termine nella

propria realtà

Nel caso del mandato “Indicate unobiettivo a breve termine da persegui-re nella vostra realtà” abbiamo co-struito un wordle (vedi figura pagina15), soluzione preferibile per la ricor-renza di concetti enunciati/parole chia-ve enunciati dalle partecipanti.

zionali sottendono empatia e ascolto).Questo albero ci permette di trovare unamappa concettuale di tutto l’insieme diespressioni utilizzate dalle partecipan-ti. Come si vede nella fig. 1 l’analisi deicontenuti “Determinanti di Genere” ap-pare suddivisa in sottogruppi. L’analisicategoriale induce necessariamente aduna sistematizzazione ed alla scelta didare un posto ad alcune categorie in una

mappa concettuale più ampia da sinte-tizzare attraverso un grafico. Apparemolto integrata la visione della leader-ship basata sul compito e quella basatasulla relazione. E’ interessante che com-petenze relazionali e attitudini possanoricondursi ad uno stile di leadership alfemminile (infatti le competenze rela-zionali racchiudono in sé empatia, ascol-to, sensibilità).

Mandati comuni a tutti i gruppi (Metaplan)DonneSanitàSindacato

Figura 1

SPeCIALe

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