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AFRICA LA RICERCA E LA STORIA

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Coordinamento scientifico

Irma TAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

Comitato scientifico

Federico CUniversità degli Studi di Catania

Tekeste NHögskolan Dalarna – Dalarna University

Federica GUniversità per Stranieri di Perugia

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AFRICA

LA RICERCA E LA STORIA

L’odierna “accelerazione storica” di un mondo globale induce i lettori a concentrarsisul presente trascurando la conoscenza del passato. Questa Collana propone unalettura della storia dell’Africa in una prospettiva interdisciplinare che proponga unariflessione su varie tematiche storico–sociali rilevanti per l’analisi dei processi diinterdipendenza mondiali.

Traendo ispirazione dalla contemporaneità, le ricerche presentate offrono unapproccio critico di numerose problematiche ampiamente discusse dalla letteraturainternazionale che ci consente di interpretare anche il passato.

Gli obiettivi principali che ci proponiamo: affrontare il discorso sulla società, isistemi politici, economico–sociali per enucleare specificità e originalità dell’evo-luzione dei contesti africani, esaminati secondo le più avanzate prospettive meto-dologiche e le linee storiografiche internazionali prevalenti. La Collana si proponeinoltre di pubblicare lavori specialistici, per studiosi della materia e studenti dellemagistrali e dei dottorati di ricerca in ambito africanistico. Al tempo stesso si rivolgead un pubblico più vasto, tenendo in considerazione anche testi divulgativi per unpubblico più esteso allo scopo di aggiornare da un punto di vista critico alcuni temidell’attualità che riteniamo rilevanti.

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Il volume è stato pubblicato dall’Unità di ricerca dell’Università degli Studi di Cataniadiretto dal prof. Federico Cresti (Minoranze e stato–nazione nell’Africa mediterranea)nell’ambito del Progetto di ricerca di interesse nazionale () – sul tema:Stato, pluralità, cambiamento in Africa.

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Rovesci della fortuna

La minoranza italiana in Libiadalla seconda guerra mondiale all’espulsione (–)

a cura di

Francesca Di GiulioFederico Cresti

Contributi diLuigi Candreva

Stefania De NardisFrancesca Di Giulio

Chiara LoschiLuigi Scoppola Iacopini

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I edizione: dicembre

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Indice

PremessaFederico Cresti

IntroduzioneFrancesca Di Giulio

Anticolonialismo e comunismo tra gli italiani di Tripolita-niaLuigi Candreva

Lingua e cultura italiane a Tripoli fra colonialismo e deco-lonizzazioneStefania De Nardis

L’evoluzione demografica della comunità italiana in Libianegli anni Cinquanta e SessantaFrancesca Di Giulio

La comunità di italiani nella Libia indipendenteChiara Loschi

Fascismo e postfascismo, continuità o rottura?Luigi Scoppola Iacopini

Gli autori

Indice dei nomi

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Rovesci della fortunaISBN 978-88-548-9665-9DOI 10.4399/97888548966591pag. 9–10 (dicembre 2016)

Premessa

F C∗

Sono pubblicati in questo piccolo volume i contributi di alcuni giova-ni studiosi italiani sul tema della vicenda storica di una minoranzanon africana in uno stato africano di nuova indipendenza: la Libia.

Si tratta della minoranza italiana, erede decaduta dei fasti del pe-riodo coloniale: dopo la fine della seconda guerra mondiale una partedegli italiani che si erano spostati verso la ‘Quarta sponda’ nei decenniprecedenti continuò a vivere nel paese — concentrandosi soprattuttonella zona di Tripoli —, fino all’abolizione della monarchia e allanascita della repubblica di Libia, che decretò la confisca dei suoi benie la sua espulsione nella seconda metà del .

In una parabola discendente — della stessa durata, grosso modo,di quella ascendente — la comunità italiana vide mutare la sua posi-zione, perdendo il ruolo recitato per circa trent’anni di minoranzadominante, per divenire una ‘semplice’ minoranza straniera, sottopo-sta alle misure restrittive e vessatorie dell’amministrazione britannicaprima, di un nazionalismo sempre più intransigente poi.

Per iniziativa di Francesca Di Giulio, che ha riunito intorno a séil gruppo di lavoro che qui presenta una sintesi delle sue ricerche,nel corso della III Conferenza dell’Associazione per gli studi italianisull’Africa, tenutasi al Dipartimento di Scienze politiche, della comu-nicazione e delle relazioni internazionali dell’Università di Macerata(– settembre ) sono state presentate le relazioni che in seguitohanno preso la veste definitiva di questa pubblicazione.

Sono stato felice di accettare la proposta di riunirle in un volume astampa, inserendo l’iniziativa di Francesca Di Giulio nel quadro di unProgetto di interesse nazionale (Prin –) a cui il Dipartimentodi Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania ha partecipatocon un’unità di ricerca sul tema delle minoranze nei paesi dell’Africamediterranea sotto la mia direzione.

∗ Federico Cresti è professore ordinario di Storia e istituzioni dell’Africa, Dipartimentodi Scienze politiche e sociali, Università degli Studi di Catania.

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Federico Cresti

Nel quadro della vicenda spesso drammatica delle minoranze(di qualsiasi genere) negli stati indipendenti del mondo islamico, lavicenda della minoranza italiana in Libia ha ancora molti aspetti chemeritano di essere indagati: auspichiamo che la progressiva aperturadegli archivi e l’approfondimento della ricerca permettano nel futurodi raggiungere una conoscenza organica di una realtà che oggi ciappare ancora sotto un aspetto frammentario.

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Rovesci della fortunaISBN 978-88-548-9665-9DOI 10.4399/97888548966592pag. 11–17 (dicembre 2016)

Introduzione

F D G∗

A cinque anni dalla caduta del regime di Gheddafi, dopo anni dipotere assoluto, la Libia fatica a trovare la stabilità politica. La difficilegestione dei flussi dei migranti, che arrivano costantemente sullecoste italiane, riporta all’attenzione delle cronache il discorso sullavicenda storica della Libia.

Il legame storico che unisce l’Italia a questo paese tiene sempreviva la nostra attenzione su quella che per tanti anni è stata considera-ta la sua “Quarta sponda”. Al di là dei sentimentalismi nostalgici perun’epoca oramai conclusa, i rapporti economici tra le due potenzesono sempre stati costanti, anche negli anni del terrorismo interna-zionale e delle sanzioni contro il regime di Gheddafi. La Libia infattiè un importante esportatore di petrolio, con l’Eni in prima fila tra leaziende italiane presenti sul suolo libico. L’accordo di partenariatodel , siglato a quell’epoca dal governo Berlusconi, ha fatto rina-scere, nella collettività italiana scacciata dal paese nel , la speranzadi poter tornare a rivedere la Libia dopo quasi quarant’anni, ma lacaduta del regime del colonnello Gheddafi e la costante minacciajihadista hanno attualmente congelato le speranze degli italiani diLibia di ritornare nella terra che li ha accolti per molto tempo. L’in-stabilità politica degli ultimi anni ha creato molti problemi anche nelcampo della ricerca storica, non essendo ancora possibile accederein modo sicuro ai centri del paese in cui sono conservati documentiche interessano la vicenda degli italiani di Libia.

La crescente attenzione sviluppatasi a seguito del centenario dellaguerra italo–turca nel e la crisi politica in Libia hanno riportatoalla ribalta negli studi storici la vicenda della collettività italiana dopola seconda guerra mondiale. Ne è un esempio l’attività di ricercadi Luigi Scoppola Iacopini, che ha dato un suo recente frutto (nelmese di novembre ) con la pubblicazione di un volume dal titolo:I “Dimenticati”. Da colonizzatori a profughi, gli italiani in Libia –

∗ Francesca Di Giulio è dottore di ricerca in Storia dell’Europa.

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Francesca Di Giulio

, mettendo così in evidenza il rinnovato interesse della comunitàscientifica italiana nei confronti di questo tema.

I cinque saggi qui raccolti si concentrano soprattutto sulla storiadella collettività italiana di Libia dal al , nel tentativo dicostituire un corpus organico, frutto di ricerche approfondite. Ladocumentazione alla base dei diversi saggi è in buona parte inedita,nonostante le costanti difficoltà incontrate dai ricercatori sia per laconsultazione dei fondi di alcuni archivi non del tutto inventariati, siaper le restrizioni all’accesso di molti fondi archivistici per il periodosuccessivo al .

La presenza della collettività italiana in Libia è stata oggetto dinumerosi studi che hanno indagato l’arco cronologico che dagliinizi del Novecento giunge alla seconda guerra mondiale, oppureche si sono concentrati sulle vicende relative alla cacciata degli ita-liani nel . Alcuni problemi di ordine storiografico sono statitrascurati fino ad oggi, in primis quello della ricostruzione della con-sistenza numerica della collettività e della sua evoluzione durante ilregno di Idris; lo stesso è accaduto per lo studio, dal punto di vistasocio–culturale e politico, della vita “di tutti i giorni” della collettivitàitaliana rimasta in Libia nel suo rapporto con l’Altro, della sua convi-

. Cfr. L. S I, “Le vicende della comunità italiana in Libia –”, inItalia–Libia. Storia di un dialogo mai interrotto, a cura di G. Rossi, Ape, Roma , pp. –;Id., I “Dimenticati”. Da colonizzatori a profughi, gli italiani in Libia –, Editoriale Umbra,Foligno .

. Citiamo solo alcuni fra i numerosi lavori apparsi nel corso degli ultimi trent’anni inItalia: L. G, F. G (a cura di), Il colonialismo italiano da Adua all’impero, Laterza, Bari; A. D B, Gli Italiani in Libia. Dal fascismo a Gheddafi, Laterza, Roma–Bari ; N.L, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Il Mulino, Bologna ; F. C,Oasi di italianità. La Libia della colonizzazione agraria tra fascismo, guerra e indipendenza, –, Sei, Torino ; I., Non desiderare la terra d’altri. La colonizzazione italiana in Libia,Carocci, Roma ; L. M, A. U (a cura di), L’Italia e la guerra di Libia cent’annidopo, Studium, Roma ; N. L, La guerra italiana per la Libia (–), Il Mulino,Bologna ; F. S F, Libia –. Le operazioni militari italiane, Ufficio Storicodello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma ; S. B, Notabili libici e funzionari italiani:l’amministrazione coloniale in Tripolitania (–), Rubbettino, Soveria Mannelli ; S.T (a cura di), La Libia nella storia d’Italia (–), Mesogea, Messina .

. A. V, L’Italia e l’ascesa di Gheddafi. La cacciata degli italiani, le armi e il petrolio(–), Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano ; A. F. B (a cura di), C’erauna volta la Libia. – storia e cronaca, Miraggi Edizioni, Torino ; M. C, F. C,Gheddafi. I volti del potere, Carocci, Roma ; A. F. B (a cura di), Libia –. DallaQuarta Sponda alle minacce del Califfato, Miraggi Edizioni, Torino ; M. B, P. S

(a cura di), Italia e Libia. Un secolo di relazioni controverse, Aracne, Roma .

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Introduzione

venza con le altre comunità dopo la caduta del fascismo e il passaggioprima sotto il controllo dell’amministrazione britannica e successiva-mente all’indipendenza del paese a alla monarchia di Idris, divenendouna minoranza non più dominante, ma gradualmente allontanata dailuoghi del potere. Il problema dell’estromissione si accentuerà soprat-tutto a seguito della politica di “libicizzazione” operata dal governolibico, che dalla metà degli anni Cinquanta introdurrà una serie diprovvedimenti amministrativi volti a scardinare la presenza italiana eil suo predominio in alcuni settori dell’economia. Le numerose leggiper ridurre il peso economico (e politico) della comunità italianacausarono un’emorragia costante di rimpatri verso la madrepatriache culminò, come ben sappiamo, nella cacciata ad opera di Ghed-dafi nel e nella confisca dei loro beni, nonostante il trattato del prevedesse la garanzia della proprietà privata per tutti coloroche vivevano nel paese. Un altro tema poco indagato fino ad oggi eche viene qui presentato, è quello dell’attività politica dei comunistiche operarono in Tripolitania nel periodo dell’amministrazione bri-tannica: un’attività di breve durata, che terminò nel con la loroespulsione.

L’Italia rinunciò alle sue colonie con il trattato di pace di Parigi,firmato il febbraio , dopo averle perse a seguito della secondaguerra mondiale. Il futuro della colonia libica, nonostante gli sforzidel governo italiano per mantenere l’amministrazione della Tripo-litania, fu deciso dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite conla risoluzione del novembre del , in cui si stabiliva l’in-dipendenza della Libia, che sarebbe dovuta avvenire non oltre il °gennaio . La perdita delle colonie durante la guerra evitò all’Italiai «traumi laceranti nel confronto o nello scontro con il nazionalismoafricano» e non permise che si sviluppasse un dibattito organico sulcolonialismo, sulle sue colpe, sui crimini e gli arbitri ad esso connessi,come invece stava avvenendo in altre nazioni che avevano vissutol’esperienza coloniale.

. M. B, “Il trattamento dei beni italiani in Libia alla luce della risoluzione ONU”, in G. R (a cura di), Italia–Libia. Storia di un dialogo mal interrotto, cit., pp. –.

. A. M. M, “I custodi della memoria. Il Comitato per la documentazionedell’opera dell’Italia in Africa”, in Zapruder. Rivista di storia della conflittualità sociale, ,settembre–dicembre, , p. .

. A. D B, “The myths, suppressions, denials, and defaults of Italian colonialism”, inP. P (a cura di), A Place in the Sun. Africa in Italian Colonial Culture from Post–Unificationto the Present, University of California Press, Berkeley– Los Angeles , p. ; J. A, D.

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Francesca Di Giulio

Una delle caratteristiche della fine del colonialismo italiano, comesostiene Nicola Labanca:

[F]u quella di essere stata decisa in seguito ad una sconfitta militare, subitada “bianchi” ad opera di altri “bianchi”. Essa non venne al culmine di unacrescita dell’interdipendenza fra madrepatria e colonie. Né venne per unamaturata convinzione italiana di concedere l’autonomia all’Oltremare. Néinfine venne per una pressione proveniente dalla società autoctona, daimovimenti anticoloniali da essa espressi.

Questo percorso di decolonizzazione deciso dall’alto comportò unlungo processo di rimozione della memoria, che si evince sia dallamancanza di un dibattito politico negli anni Cinquanta e Sessanta sull’ar-gomento, sia da un forte ritardo negli studi storici sul periodo colonialeitaliano. La mancanza di un dibattito pubblico sul ruolo del dominiocoloniale in Africa non favorì la presa di coscienza da parte dell’opinionepubblica di che cosa fosse stato il colonialismo e dei crimini commessiin colonia. Questo generale processo di rimozione nei primi decennidell’Italia repubblicana è stato causato non solo dalla volontà politica dievitare che venissero a galla collusioni con il fascismo e che si sottoli-neassero i lati negativi del fenomeno coloniale, ma anche di impedireche i crimini commessi in colonia fossero resi di pubblico dominio.

L’Italia repubblicana dovette gestire un difficoltoso ritorno allanormalità dopo la drammatica esperienza bellica e affrontare unadifficile ricostruzione. A livello di politica estera la scelta di aderire alblocco occidentale — come sostiene Matteo Pizzigallo — produsse

ben presto i primi frutti sotto il profilo dello smaltimento della pesanteeredità della sconfitta e, soprattutto, sotto quello della riammissione dell’Ita-lia nella comunità internazionale su basi paritarie. Accanto all’atlantismo e

D (a cura di), Italian Colonialism. Legacy and Memory, Peter Lang, Bern ; J. A,D. D (a cura di), National belongings. Hybridity in Italian colonial and postcolonial cultures,Peter Lang, Bern .

. N. L, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, cit., p. .

. G. C N, “Mediterraneo e questione araba nella politica estera italiana”, in F.B (a cura di), Storia dell’Italia repubblicana, Vol. II, tomo I, Einaudi, Torino , p. ;H.K. B, The postcolonial and the postmodern, in The location of culture, Routledge, London; I. C, L. C, (a cura di), The Post–Colonial Question, Routledge, London ;A. L, Colonialismo/postcolonialismo, Meltemi, Roma ; L. G, Postcolonial Theory:A Critical Introduction, Columbia University Press, New York ; A. M, Postcolonialismo,trad. di A. Perri, M. Bilardello, Meltemi, Roma , F. S (a cura di), Postcoloniale italiano.Tra letteratura e storia, Novalogos, Roma ; C. L-D, C. R (a cura di), L’Italiapostcoloniale, Mondadori, Milano .

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Introduzione

all’europeismo, esisteva per l’Italia del secondo dopoguerra anche un “terzocerchio”, quello del Mediterraneo, ove era possibile recuperare qualchespazio di manovra per svolgere un’azione autonoma, cercando di stabilirecontatti politici e commerciali con i Paesi arabi di nuova indipendenza,presentandosi come un interlocutore serio e, soprattutto, poco invasivo.

Alla luce della nuova politica atlantica e mediterranea dell’Italiarepubblicana è più semplice comprendere quel processo di rimozionedella memoria non solo da parte della classe politica ma più in generaledella collettività, che aveva provato a lasciarsi alle spalle un passato permolti versi difficile e imbarazzante. Il mito degli “Italiani brava gente”perdurò fino agli anni Settanta, quando i lavori di Giorgio Rochat

prima, e di Angelo Del Boca poi, fecero luce sulla realtà dell’Oltremaree restituirono alla storia coloniale italiana la sua giusta dimensione.

Nei saggi qui pubblicati viene messo in evidenza come l’operadi colonizzazione demografica della Libia, avviata durante gli annidel fascismo, si interruppe bruscamente con lo scoppio della secon-da guerra mondiale. L’occupazione inglese della Cirenaica prima, edella Tripolitania poi, determinò un forte cambiamento nella com-posizione etnica del paese: la collettività italiana scomparve quasidel tutto dalla Cirenaica a seguito dei rimpatri o dello spostamentoresidenziale in Tripolitania, la quale divenne l’unica regione libicaancora abitata da una numerosa componente italiana.

La rinuncia definitiva ad amministrare la ex–colonia permise al-l’Italia repubblicana di instaurare un proficuo e solidale rapporto conil neonato regno di Libia, costruito sulla base di una relazione trastati indipendenti e democratici. La Libia divenne, nel corso di unventennio, un partner privilegiato dell’Italia sia nelle relazioni econo-miche che in quelle industriali e la nascita dello Stato libico nel diede alla collettività italiana un nuovo status, quello di minoranzain un paese straniero, non più basato su un rapporto dominante tramadrepatria e colonia, bensì fondato sui principi del rispetto delleminoranze.

. M. P (a cura di), La politica araba dell’Italia democristiana. Studi e ricerche suglianni Cinquanta, Franco Angeli, Milano , pp. –.

. G. R, Il colonialismo italiano, Loescher, Torino ; G. R, “La repressionedella resistenza in Cirenaica (–)”, in E. S, R. H. R, L. G (a cura di),Omar al Mukhtar e la riconquista fascista della Libia, Marzorati, Milano .

. Dei numerosissimi lavori di Angelo Del Boca citiamo solo: A. D B, Gli Italiani inAfrica Orientale, vol., Laterza, Roma–Bari –; A. D B, Italiani, brava gente?, NeriPozza, Vicenza .

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Francesca Di Giulio

I cambiamenti politici, sociali ed economici che avvennero nelcorso degli anni Cinquanta in Libia, e ancor di più negli anni Sessan-ta, contribuirono a modificare in modo continuo la composizionesociale della collettività italiana. La sempre maggiore presenza dipersonale libico nel sistema socio–politico dello Stato fece decre-scere gradualmente quella professionale italiana: l’impossibilità diconservare il posto di lavoro, la paura di licenziamenti improvvi-si e la costante sostituzione con personale arabo incrementaronofortemente il numero delle partenze.

La collettività degli italiani di Libia era costituita prevalentementeda agricoltori, artigiani, imprenditori, operai, impiegati, ai quali siaggiunsero gli operai specializzati arrivati dopo il boom petrolifero eimpiegati nel processo di estrazione e sfruttamento degli idrocarburi.Ne emerge il ritratto di una collettività che, nonostante i cambia-menti politici, seppe mantenere una sua solidità sia dal punto divista numerico, sia dal punto di vista socio–culturale, conservandosempre vivo il rapporto con la madrepatria e cercando di divulgare edi promuovere, attraverso le scuole e le associazioni culturali, unostretto legame con l’Italia. Il rapporto con gli arabi e con le altrecomunità del paese fu sostanzialmente pacifico; solo dalla metà deglianni Sessanta, anche grazie alla crescente propaganda provenientedall’Egitto, la situazione si fece più tesa; molti vendettero le proprietàe rientrarono in Italia, gli altri continuarono a vivere nei maggioricentri urbani e nei villaggi colonici, sperando che la situazione sistabilizzasse pacificamente con il tempo.

La società cambiò inesorabilmente dopo il . Il clima multi-culturale che si respirava in Libia, un paese in cui era possibile cheun uomo, come ha scritto Raphael Luzon, «potesse nascere in unpaese musulmano, da famiglia ebrea e fosse educato dai preti», fustravolto irrimediabilmente. L’esodo degli ebrei e poi degli italianiha cambiato l’aspetto della società libica, non più aperta alla diversità,ma chiusa in una angosciante lotta per la costruzione della propriaidentità nazionale.

Questa visione, come ben scrive Amin Maalouf:

[R]iduce l’identità a una sola appartenenza, radica gli uomini in un atteg-giamento parziale, settario, intollerante, dominatore, talvolta suicida, e litrasforma assai spesso in assassini, o in sostenitori di assassini. La loro vi-sione del mondo ne viene deformata e distorta. . . All’inverso, quando si

. R. L, Tramonto libico. Storia di un ebreo arabo, La Giuntina, Firenze , p. .

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Introduzione

concepisce la propria identità come la risultante di molteplici appartenenze,alcune legate a una storia etnica altre no, alcune legate a una tradizionereligiosa e altre no, quando si vedono dentro di sé, nelle proprie origini, nelproprio percorso, diverse confluenze, diversi contributi, diversi meticciati,diversi influssi sottili e contraddittori, si crea un rapporto differente con glialtri, come con la propria tribù.

Oggi queste molteplici appartenenze restano nella memoria di chiin Libia visse: sono conservate gelosamente negli album fotografici,nei ritagli di giornale, nei pochi oggetti portati con sé, unici ricordiche i “dimenticati” hanno potuto conservare della loro vita nell’amataLibia.

. A. M, L’identità, Bompiani, Milano (III edizione), pp. –.

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Rovesci della fortunaISBN 978-88-548-9665-9DOI 10.4399/97888548966593pag. 19–47 (dicembre 2016)

Anticolonialismo e comunismotra gli italiani di Tripolitania∗

Il caso dell’Associazione per il progresso del popolo libico(—)

L C∗∗

.. Il tumultuoso dopoguerra: gli italiani da élite coloniale aminoranza emarginata

L’occupazione militare inglese della Libia avvenne senza troppi scos-soni, anzi, come scrive Rennell of Rodd, «la stragrande maggioranzadella popolazione ha accettato la British Military Administration alpeggio senza ostilità, al meglio con entusiasmo». È sempre opinionedell’amministratore che la maggior parte degli italiani, che durante ilventennio aveva in tasca la tessera fascista, abbia perso ben presto lasua fede nell’antico regime.

Un diverso avviso si legge in un rapporto del comunista AlbertoStaffa, di ritorno dalla Tripolitania, inviato al senatore perugino delPartito comunista italiano Armando Fedeli, che così descrive la rea-

∗ Tratto dalla mia tesi di dottorato, Comunisti e colonialismo italiano: dalla guerra d’Etiopiaall’indipendenza della Libia (–), il presente contributo è una sintesi del capitolo relativoall’attività comunista in Libia. Le vicende dell’Associazione politica per il progresso della Libia(APPL) e del Partito comunista libico (PCL) sono state ricostruite essenzialmente sulla basedei documenti dell’Archivio storico–diplomatico del ministero degli Affari esteri (ASMAE), edell’Archivio del Partito comunista italiano – Fondo Mosca (APC). In misura minore sono statiutilizzati altri archivi, come l’Archivio centrale dello Stato (ACS), l’Archivio della FondazioneFeltrinelli; l’Archivio della Fondazione Basso e l’Archivio della Federazione lombarda delPartito comunista. Alcuni documenti importanti sono stati forniti dagli stessi protagonisti, evengono indicati in nota; altri documenti di minore importanza, spesso copie di quelli esistentiall’ASMAE, sono stati reperiti presso l’archivio di Adrian Pelt, Alto commissario per la Libia,conservato all’ONU e presso l’archivio del Foreign Office (Fo) a Londra.∗∗ Luigi Candreva insegna Storia e filosofia presso il liceo “Cicerone” di Frascati.. F. J. R R, British Military Administration of Occupied Territories in Africa,

His Majesty’s Stationery Office, London, , p. .

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Luigi Candreva

zione degli italiani residenti a Tripoli dopo il crollo del fascismo inItalia:

In tale situazione il luglio, la caduta del fascismo, e l’ settembre, l’uscitadell’Italia dalla guerra fascista, vennero apprese a Tripoli e in Tripolitaniadagli italiani con vivo malcontento per non dire quasi con costernazionee vennero giudicati, tutti e due alla stessa stregua come atti di tradimentocompiuti da elementi venduti allo straniero in danno dell’Italia.

Così come era successo per le altre colonie italiane alla sconfittadel fascismo, all’indomani dell’instaurazione della British MilitaryAdministration (BMA) si registrano le prime forme di associazionepolitica all’interno della comunità italiana allo scopo di difendere, senon gli antichi privilegi, il che era impossibile, almeno quei dirittiche si presumeva dovessero derivare da una presenza trentennale nelpaese africano. Rennell of Rodd cita il caso di due gruppi antifascistiche domandarono l’autorizzazione per svolgere apertamente la loroattività politica, affermando di operare sul territorio da prima dellacaduta del fascismo:

In aprile () alcune delegazioni, che dicevano di rappresentare i partitiantifascisti nel territorio, hanno avvicinato la BMA chiedendo un riconosci-mento ufficiale, negando però ingenuamente di conoscere l’esistenza unodell’altro, benché ambedue affermassero di essere presenti in Libia primadell’intervento inglese. La levatura dei loro dirigenti era però tale che nonsono stati incoraggiati.

Sappiamo di più dal Rapporto Staffa, che così descrive i tentatividi costituire un organismo antifascista nella Tripoli occupata dagliinglesi:

. Apc – Mf /, Rapporto di Alberto Staffa alla direzione del Partito comunistaitaliano, s.d. ma probabilmente fine (d’ora in poi “Rapporto Staffa”), tutte le sottolineaturenell’originale.

. Per quanto riguarda la ripresa politica araba in Tripolitania nello stesso periodo, cfr.F. C, La rinascita dell’attività politica in Tripolitania nel secondo dopoguerra secondo alcunidocumenti britannici (dicembre –gennaio ), in La Libia tra Mediterraneo e mondo islamico:atti del convegno di Catania, Facoltà di Scienze politiche — dicembre . Aggiornamenti eapprofondimenti, Giuffré, Milano, , p. ; di F. C v. anche Il nazionalismo libico a Tripolidurante l’amministrazione militare britannica: note su Ahmad e ‘Alı̄ Al–Faqı̄h Hasan e sul “Blocconazionalista libero”, al–Kutlah al–wataniyyah al–hurrah (–)., in «Oriente moderno», n./, , p. –.

. F. J. R R, cit., p. .