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Tu 6 N F C ? PERIODICO DELLA PARROCCHIA SS. TRINITÀ - MILANO anno 7 - numero 33 - Febbraio 2016 il filo 1 N on so voi come siate messi in riguardo ai temi e alle scoperte delle nuove tecnolo- gie ma io mi sento molto ignorante, anche se, essendo anche molto curioso, ogni giorno cerco di colmare le mie lacune per capire qualcosa di più di questo nuovo mondo informatico e non finisco mai di stupirmi e di riflettere. L’ultima cosa che ho imparato è la tecnologia NFC*, che non sapevo che esistesse, e che “consente lo scambio di dati av- vicinando due dispositivi NFC” e cioè, in poche parole: avendo due cellulari, per esempio, si possono trasferire i dati dal- l’uno all’altro solo accostan- doli. Che meraviglia! Due cellulari possono comuni- care tra loro solo stando vicini! A volte mi chiedo se non do- vremmo anche noi imparare dai nostri cellulari o se sono loro che hanno imparato da noi? Mi viene in mente un’imma- gine, un gesto molto significativo che i giovani com- piono a Taizè la notte di tutti i venerdì quando c’è il rito dell’adorazione della croce e uno per uno, si av- vicinano alla croce distesa su due sgabelli in mezzo alla chiesa e in ginocchio appoggiano la loro fronte per un po’ di tempo sul legno della croce. Si dice che sia un gesto che viene dalla tradizione orientale russa e che voglia significare il desiderio di abbandonarsi e affidare tutte le nostre preoccupazioni, pensieri, dolori e speranze alla croce di Gesù, appoggiandosi a Lui... Ma non solo, quante volte ci è capitato di incontrare un amico, un parente, un conoscente che sta vivendo una situazione difficile di sofferenza, di dolore o di ab- bandono e non bastando le parole per esprimere la no- stra vicinanza, con passione l’abbiamo abbracciato in silenzio quasi per permettergli di trasferire su di noi i suoi pro- blemi, le sue angosce e le sue sofferenze! Impariamo dai nostri cellulari! Almeno le cose belle e le belle abitudini. O meglio impariamo da Gesù che ha preso su di sé tutto il peso dei nostri peccati! Cerchiamo di essere anche noi, allora, un po’ più … NFC … nei confronti dei nostri fratelli. San Paolo esortava i suoi: “Por- tate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cri- sto.” (Gal. 6,2) *NFC sta per Near Field Commu- nication (comunicazione in prossimità) e consiste in una tecnologia capace di mettere in comunicazione due di- versi dispositivi, sfruttando una connettività wireless a corto raggio. Il suo funzionamento è limitato ad un raggio di circa 10 cm di distanza tra i due smartphone, ma spesso, per ragioni di sicurezza, la distanza si riduce a 4 cm o anche meno. Ma se N.F.C. volesse dire Noi Figli in Cristo? Don Mario

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Tu 6 N F C ?

PERIODICO DELLA PARROCCHIA SS . TRINITÀ - MILANOanno 7 - numero 33 - Febbraio 2016

il filo 1

Non so voi come siate messi in riguardo aitemi e alle scoperte delle nuove tecnolo-gie ma io mi sento molto ignorante, anche

se, essendo anche molto curioso, ogni giorno cerco dicolmare le mie lacune per capire qualcosa di più diquesto nuovo mondo informatico e non finisco mai distupirmi e di riflettere.L’ultima cosa che ho imparatoè la tecnologia NFC*, che nonsapevo che esistesse, e che“consente lo scambio di dati av-vicinando due dispositivi NFC”e cioè, in poche parole: avendodue cellulari, per esempio, sipossono trasferire i dati dal-l’uno all’altro solo accostan-doli.Che meraviglia! Due cellulari possono comuni-care tra loro solo stando vicini!A volte mi chiedo se non do-vremmo anche noi imparare dainostri cellulari o se sono loroche hanno imparato da noi?Mi viene in mente un’imma-gine, un gesto molto significativo che i giovani com-piono a Taizè la notte di tutti i venerdì quando c’è ilrito dell’adorazione della croce e uno per uno, si av-vicinano alla croce distesa su due sgabelli in mezzoalla chiesa e in ginocchio appoggiano la loro fronteper un po’ di tempo sul legno della croce. Si dice chesia un gesto che viene dalla tradizione orientale russae che voglia significare il desiderio di abbandonarsi eaffidare tutte le nostre preoccupazioni, pensieri, dolori

e speranze alla croce di Gesù, appoggiandosi a Lui...Ma non solo, quante volte ci è capitato di incontrare unamico, un parente, un conoscente che sta vivendo unasituazione difficile di sofferenza, di dolore o di ab-bandono e non bastando le parole per esprimere la no-stra vicinanza, con passione l’abbiamo abbracciato in

silenzio quasi per permetterglidi trasferire su di noi i suoi pro-blemi, le sue angosce e le suesofferenze!Impariamo dai nostri cellulari!Almeno le cose belle e le belleabitudini.O meglio impariamo da Gesùche ha preso su di sé tutto ilpeso dei nostri peccati!Cerchiamo di essere anche noi,allora, un po’ più … NFC …nei confronti dei nostri fratelli.San Paolo esortava i suoi: “Por-tate i pesi gli uni degli altri, ecosì adempirete la legge di Cri-sto.” (Gal. 6,2)

*NFC sta per Near Field Commu-nication (comunicazione in prossimità) e consiste inuna tecnologia capace di mettere in comunicazione due di-versi dispositivi, sfruttando una connettività wireless acorto raggio. Il suo funzionamento è limitato ad un raggiodi circa 10 cm di distanza tra i due smartphone, ma spesso,per ragioni di sicurezza, la distanza si riduce a 4 cm o anchemeno.Ma se N.F.C. volesse dire Noi Figli in Cristo?

Don Mario

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Il regalo di NataleComunità

2 il filo

Meno male che qualcuno ha inventato il Na-tale così, tra poche ore sarebbero comin-ciate le vacanze, quelle che fin da agosto

aspettavano, il signor Enrico e la sua famiglia. Ah perdonatemi! Voi non sapete mica chi sono? Veli presento.Il capo famiglia o capo tribù, si chiamava Enrico, pergli amici Er ricco perché aveva tanti soldi e se li go-deva tutti. Aveva una villa megagalattica con un parcomeraviglioso e la ditta ereditata dal padre che produ-ceva, produceva, produceva….Quel giorno, vigilia di Natale, era in giro con tutta lasua famiglia a fare gli ultimi acquisti per prepararsialla settimana bianca che avrebbero iniziato di lì apoche ore. Tutto era già stato programmato finoal più piccolo dettaglio.Erano tutti riuniti nel mega suv 4X4 condoppi servizi. Alla guida, lui, Er ricco,seduta di fianco la sua fedele compagnaChiara, di cognome Alba, in funzione dinavigatore. Affondati nei sedili poste-riori, i due frugoletti: la primogenita,Umberta di circa nove anni (non sichiede mai l’età ad una fanciulla...), e ilsecondogenito Matteo di 4 anni e due mesi. Entrambii figlioli erano sommersi dai pacchi e stavano se-guendo, sui minitelevisori di cui era dotato il megasuv, due diversi cartoni animati. Erano tutti gasati perché non vedevano l’ora di indos-sare sulle piste da sci le nuove salopette rosa salmone,colore ufficiale della ditta di papà, gli occhialoni dasci a specchio argentato, i guanti con riscaldamentoautonomo, il casco con 4 telecamere hd e surround enaturalmente di rivedere poi la sera in hotel, dopo lasauna, il filmato dell’intera giornata realizzato dallospeciale drone appena appena acquistato. Si prospet-tava davvero una meravigliosa settimana bianca fattadi pranzi, sciate, dormite. Queste sì che erano va-canze!!!Ma, naturalmente, mentre la vettura si fa largo tra iltraffico della vigilia per riportare tutti a casa e termi-nare i bagagli, ecco che scoppia una discussione tra idue marmocchi; l’oggetto del contendere era il coloredel cappello di Babbo Natale. Matteo insisteva nel direche era bianco. Umberta, più esperta, faceva notare inbella maniera al fratellino che era invece rosso! Mapiù Matteo insisteva sulla sua convinzione e meno di-ventavano belle le maniere di Umberta la quale, ad un

certo punto, alzando non solo la voce, ma anche unamanina si rivolse a Matteo intimandogli di non diresciocchezze: “Il cappello di Babbo Natale lo sannotutti, non è bianco!” E proprio in quel medesimoistante una voce dal sedile di fianco all’autista dissecon tono deciso: “È rosso” e contemporaneamente siudì lo stridio di una frenata e il rumore di un grossoschianto. Penso che avrete capito che Chiara, la mamma navi-gatore, non intendesse dirimere la questione sul co-lore del cappello di Babbo Natale, ma far notare alBabbo che il semaforo era rosso!Per fortuna il suv era, come dicevamo, un mega suv

per cui quando il camion verde della raccoltadei rifiuti, passato col semaforo verde,

si schiantò sulla portiera di sinistra,si aprirono tutti i 15 air bag e fe-cero un po’ da cuscinetto per ilpovero Er ricco che, stordito econtuso, unico infortunato della

famiglia, fu subito portato alpronto soccorso dove dopo un’accu-

rata visita gli fu letto il responso: una set-timana di ricovero in osservazione!

Quando la mattina seguente, giorno di Natale, dopoaver dormito per quasi 20 ore si risvegliò su un lettinotutto bianco, in una candida stanzetta dell’ospedale, sirese conto in che modo era iniziata la sua settimanabianca… ma non solo, guardandosi attorno vide,se-duto sul letto di fianco a lui alla sua sinistra, un ra-gazzino dalla pelle scura, così magro che il suo corposembrava sparire dentro il pigiama sponsorizzato dal-l’ospedale. Enrico però fu colpito e rapito, soprattutto,dai due grandi occhi neri che lo guardavano con tantatenerezza. Dall’altro lato distesa nel letto una signoraavanti negli anni, con il viso scavato dal tempo e pal-lido come la luna. Seduto accanto a lei, stava unuomo, doveva essere suo marito. Lui la guardava conamore e le teneva stretta la mano tra le sue.Questo silenzio fatto di sguardi carichi di significati,venne rotto dalla voce un po’ rauca di Enrico che, fa-cendosi coraggio, chiese: “Scusate, ma dove sono? Evoi chi siete?”.L’uomo gli raccontò quello che a lui avevano riferitodella dinamica del suo incidente e lo tranquillizzò di-cendo che aveva sentito dire dagli infermieri che nelgiro una settimana sarebbe potuto ritornare a casa in-tero e che comunque i suoi famigliari erano tutti sani

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Comunità

il filo 3

e salvi, ed erano stati a vegliare quasi tutta la notte, e,di lì a poco, sarebbero ritornati.“… E voi, se posso sapere, come mai siete qui?”chiese ancora Enrico rivolgendosi ai presenti. Iniziò a parlare una signora che fino a quel momentoera rimasta discretamente nell’ombra ed ora, ai piedidel letto del ragazzo di colore,disse:“Io sono una volontaria della Ca-ritas e sono qui per dare unamano ad Alì, che è arrivato sullenostre spiagge pochi giorni fadall’Etiopia. Alì era in condizionipietose avendo affrontato unlungo viaggio a piedi e poi inbarca assieme a suo fratello più piccolo e ai suoi ge-nitori. Fuggivano dalla guerra e dalla fame, avevanovenduto tutto quello che possedevano per avere la pos-sibilità di raggiungere una terra dove trovare pace elavoro. Purtroppo però, i suoi sono nell’elenco dei di-spersi nell’affondamento del barcone e lui, malato estremato fu raccolto dai soccorritori così. Da una set-timana stiamo cercando di rimetterlo in forze e, so-prattutto, di trovare qualcuno che possa accoglierlo eridargli una speranza di vita”.A parlare fu poi quell’uomo di mezza età, con unavoce impolverata di stanchezza.“Noi invece, siamo una coppia, Claudio e Angela, ve-niamo da molto lontano, da un’altra regione e siamoqui perché mia moglie deve sottoporsi a ua delicatointervento. Solo in questo ospedale abbiamo trovato

posto velocemente e un gruppo di medici disposto adaffrontare questa difficile operazione. Sono anni cheAngela soffre tanto e speriamo proprio che questo in-tervento possa alleviare un po’ i suoi dolori. Devoanche ringraziare la direzione dell’ospedale perché mipermette di starle accanto giorno e notte. D’altra parte,

non posso affrontare le speseper un alloggio e così mi adatto,vivo e dormo qui su una sediaaccanto a lei. È ormai una setti-mana che siamo qui. Ma neavremo ancora per un po’”.“Una settimana!” pensò tra séEnrico scosso da un fremito“Anch’io avrei passato una

bella settimana!” “Però non avrei mai pensato di pas-sarla così e soprattutto non avrei mai pensato che c’ètanta gente che soffre mentre io… l’ultima volta chesono entrato in un ospedale è stato alla nascita di Mat-teo. Certo che non è la stessa cosa!”Mentre il nostro capo tribù si immergeva in questi pen-sieri, ecco che arriva la tribù con tanti regalini in manoe con le facce sorridenti nel rivedere il Babbo ormai ri-svegliato dal sonno e dalla botta.Non si accorgono nemmeno dei presenti, ma si tuf-fano ad abbracciare e baciare il Babbo, che strana-mente serio, li invita a fare un po’ di silenzio ecomincia a presentare a Chiara, Umberta e Matteo isuoi nuovi compagni di settimana bianca: Alì, Clau-dio e Angela.In quel momento entrò un signore vestito di biancocon un piccolo crocefisso sul petto: a vederlo sem-brava un medico oppure un angelo… tra le mani te-neva un batuffolo di cotone e una piccola statuetta diGesù Bambino con due grandi occhi neri e due ma-nine aperte pronte per un abbraccio d’amore; mise ilcotone al centro del tavolino, poi vi adagiò delicata-mente Gesù e con gioia esclamò: “Oggi è Natale, ènato Gesù, auguro a tutti che Gesù nasca anche nei vo-stri cuori.”Beh, come andrà a finire la storia? Dovete dirlo voi. Certo che Er ricco in pochi istanti ha cambiato il suomondo…Ma chiediamoci, è proprio necessario passare colrosso? Oppure basta ascoltare una predica? O aprire i nostri occhi e soprattutto il nostro cuore?Papa Francesco dice: “Chi non vive per servire, nonserve per vivere.” A che serve una vita se non serve? Meno male che Qualcuno ha inventato il Natale.

(Testo della predica della Messa di Natale)Don Mario

Bambini e genitori

addobbano l’albero dellachiesa con lestelle colorate

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Il Giubileo

4 il filo

Il primo di gennaio Papa Francesco ha aperto laporta Santa della basilica di Santa Maria Mag-giore, dedicata alla Madre della salvezza del po-

polo di Roma. L’ultima in ordine di tempo, perché inquesti ultimi mesi ha compiuto lo stesso rito in tantiluoghi diversi aprendo porte Sante dedicate alla ri-conciliazione, alla pace, alla misericordia, alla carità:in ogni luogo voleva sottolineare un aspetto molto im-portante della vita cristiana e un atteggiamento, un im-pegno o una situazione esistenziale da vivere conmisericordia e con lo stile del-l’anno giubilare. Nella bolla di indizione dell’AnnoSanto, parlava anche della portadella cella per i carcerati che puòdiventare porta Santa e cioè fontedi incontro con il perdono e la gra-zia del Signore.Riflettendo un po’ sul segno dellaporta, mi veniva in mente la portadelle case degli ebrei con la pic-cola scatoletta (mezzuzzà) checontiene un versetto della Bibbia,posta sullo stipite, che ricorda achi entra e a chi esce che sempredeve accompagnarlo la parola diDio. E così il mio pensiero è arri-vato alla porta delle nostre case,piccole chiese domestiche, dice ilConcilio, che, quindi, perché no,in questo anno della Misericordia

possono diventare porte Sante.Quanto amore e quanta fede custodiscono queste portee quanto amore per il prossimo passa ogni giorno at-traverso di esse! Perché allora, in questo anno non fareanche noi una piccola ma significativa celebrazione diapertura della porta Santa di casa?Vorrebbe dire fermarsi un momento con tutta la fami-glia sulla soglia di casa e riflettere sull’oceano di gra-zie che il Signore riserva a tutti coloro che vivono allasua luce il sacramento del matrimonio e l’amore co-

niugale e famigliare. Vorrebbe dire dare un significatoprofondo al momento del passag-gio della porta di casa, che non è enon deve essere una porta qualsiasi,come quella di un albergo o diun’aula, di un negozio o un ospe-dale... ma la porta dell’amore, dellatenerezza, del dono di sè, della con-divisione, dell’accoglienza, del per-dono e della gioia, dell’educazionee dell’accompagnamento nellafede… Vorrei fare a tutte le fami-glie la proposta di celebrare casaper casa, questo semplice rito diapertura della porta.Sappiate che io sono disponibile,contattatemi e prepariamoci a vi-vere bene insieme questo AnnoSanto.

Don Mario

La porta Santa di casa

Signore Gesu ̀Cristo, tu ci hai insegnato a esseremisericordiosi come il Padre celeste, e ci hai dettoche chi vede te vede Lui. Mostraci il tuo volto e

saremo salvi. Il tuo sguardo pieno di amore libero ̀Zac-cheo e Matteo dalla schiavitu ̀del denaro; l’adultera e laMaddalena dal porre la felicita ̀solo in una creatura; fecepiangere Pietro dopo il tradimento, e assicuro ̀il Para-diso al ladrone pentito. Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a se ́la parolache dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono diDio!Tu sei il volto visibile del Padre invisibile, del Dio chemanifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdonoe la misericordia: fa’ che la Chiesa sia nel mondo il voltovisibile di Te, suo Signore, risorto e nella gloria.

Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestitidi debolezza per sentire giusta compassione per quelliche sono nell’ignoranza e nell’errore;fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso,amato e perdonato da Dio. Manda il tuo Spirito e con-sacraci tutti con la sua unzione perche ́il Giubileo dellaMisericordia sia un anno di grazia del Signore e la suaChiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai po-veri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri e aglioppressi la liberta ̀e ai ciechi restituire la vista.Lo chiediamo per intercessionedi Maria Madre della Misericordia a te che vivi e regnicon il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.Amen.

PREGHIERA DI PAPA FRANCESCO PER L’ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA

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Il Giubileo

La misericordia della suocera

il filo 5

(Sulla presentazione del libro di papa Francesco “Il nome di Dio è Misericordia”)

Da piccolo “volevo fare il papa”, dice RobertoBenigni. “Ma quando lo dicevo tutti ridevanoe così sono stato costretto a fare il comico!”.

L’artista toscano lancia la divertente battuta martedì12 gennaio, nel corso della presentazione dell’ultimolibro di papa Francesco: Il nome di Dio è Misericordia,una conversazione con Andrea Tornielli edita daPiemme (nelle foto sotto). L’intervento di Benigni (chi vuole può vedere in retela versione completa nel contributo di TV2000) è bril-lante, godibile e non delude le attese. In uno dei pas-saggi richiama il primo miracolo di Gesù raccontatonel Vangelo di Marco (Marco 1, 29-31): “E subito, usciti dalla sinagoga, vennero nella casa diSimone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni. Ora lasuocera di Simone giaceva febbricitante e subito gliparlano di lei. E, fattosi avanti, la destò prendendolaper mano. E la febbre la lasciò, e serviva loro”. “È la rivincita della suocera”, dice Benigni suscitandoil riso e il sorriso del pubblico. L’ilarità che la figura della suocera suscita nella plateain gran parte illustre e paludata del vaticano, implici-tamente conferma quanto scriveva il filosofo tedescoMax Scheler nel lontano 1919 sulla “figura più tragicache ridicola della «suocera»”.“Non c’è proprio da meravigliarsi quindi che nei canti,nelle saghe, nelle storie di tutti i popoli la suocera ap-paia come essere cattivo e maligno” perché, soprat-tutto la madre del figlio maschio deve “sopportare,senza reprimere un odio geloso, che un essere amatofino dalla nascita, cui si è prodigata ogni cura, di cui sipossedeva già un contraccambio d’amore, si rivolga

improvvisamente ad un altro essere, per di più fem-minile, ossia dello stesso proprio sesso, a un essere chenon ha ancora fatto nulla per l’oggetto amato e che tut-tavia si ritiene in diritto di pretendere tutto; sopportareper di più che ci si rallegri e di tutto cuore ci si con-gratuli, anzi che si debba accogliere la nuova venutacon amore: è una situazione che non avrebbe potutaessere escogitata con maggiore perfidia per metterealla prova la protagonista neppure dal diavolo in per-sona”.Ci pensa però il Vangelo a rimettere in una miglioreprospettiva questa figura essenziale che la vita co-stringe a una sfida difficile, eleggendola addiritturaprotagonista del primo miracolo. Ce n’era bisogno. È un’altra misericordia che ci regalal’ultimo libro di Francesco sulla Misericordia, tema alquale è dedicato il Giubileo che stiamo vivendo.Perché, insomma, la suocera è la madre di chi amiamo.È la madre del nostro stesso amore. La suocera ciserve, in tutti i sensi.E non solo quando prepara, riportandoci ancora oggialla scena di Matteo, i suoi pranzetti.In quanto alle aspirazioni di Roberto Benigni che dapiccolo voleva fare il papa, diciamo che è andata benecosì.Noi abbiamo avuto un artista che spesso ci diverte fa-cendoci pensare e lui si è risparmiato questo incubo:“Mi accade spesso di svegliarmi di notte e cominciarea pensare a una serie di gravi problemi e decidere diparlarne col papa. Poi mi sveglio completamente e miricordo che Io sono il papa!”, raccontava di sé Gio-vanni XXIII.

Roberto Parisi

Per vivere bene il Giubileo nel nostro decanato abbiamo la possibilità di

confessarsi presso la Basilica del Corpus Domini tutti i giorni dalle 7.30 alle 12.00 (festivi 8.30 – 13.00) e dalle 16.00 alle 19.00.

fermarsi a pregare la sera davanti all’Eucarestia:lunedì alla Parrocchia della ss. Trinità dalle 20.30 alle 22.00

giovedì alla Parrocchia del Corpus Domini dalle 21.00 alle 22.00venerdì e sabato alla Parrocchia di San Giuseppe della Pace dalle 19.00 alle 23.00

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Il Giubileo

6 il filo

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In Parrocchia

SicomoroI

l lavoro bisogna anche saperlo inventare, mettendosi ingioco. Ed è così che, dopo aver espletato tutte le for-malità, è arrivata in dirittura di arrivo Sicomoro, la so-

cietà cooperativa costituita da Giuseppe Todisco, ilcoordinatore degli Animacuori, “nome d’arte” degli animatoridel nostro oratorio. Sicomoro - è bene precisarlo subito - è una iniziativa “pri-vata”, non direttamente della comunità parrocchiale: è statavoluta da Giuseppe e da chi insieme a lui ha creduto in unprogetto che vuole offrire servizi sia alla parrocchia sia alquartiere a un prezzo “competitivo”. Il gruppo di soci fonda-tori è formato oltre che da Giuseppe, da Marta Avanti, edu-catrice dell’oratorio e responsabile della nostra squadra dibasket Trinità, e da Luciano Quaratesi, più noto con il nomedi Hathi, fondatore del Milano 37, il nostro gruppo scout.Socio esterno (così prevedono le regole delle cooperative) èDaniela Libè, già impegnata nella cooperativa Il Borgo.Vista la forma sociale scelta, Sicomoro non distribuisce utili,che vengono invece reinvestiti nell’attività stessa in modo chela cooperativa possa crescere sempre più e sia sempre piùforte. Tra i servizi proposti la gestione degli spazi e delle at-tività dell’oratorio (per il quale la parrocchia ha stipulato unregolare contratto), lavori di manutenzione ordinaria, giardi-naggio, aiuto domestico, correzione acutisca di ambienti, pic-coli traslochi.

La Redazione

La parolaIl sicomoro è un fico africano, ha un frutto dolce e un legno poroso etenero ma molto resistente.Nel Vangelo è attorno a un sicomoro che si svolge l’incontrotra Gesù e Zaccheo, un episodio che rappresenta la ricerca eil raggiungimento di una meta.Gesù sta entrando a Gerico, impossibile riuscire a vederlotanta la folla che gli si fa incontro, soprattutto per chi,come Zaccheo, è piccolo di statura. Ma Zaccheo,l’odiato esattore delle tasse per conto dei romani,il burocrate che trascina la propria vita, vuole ve-derlo, Gesù. Così si arrampica su unsicomoro, un al-bero che può raggiungere i 20 metri di altezza. E, lassù,Gesù lo vede."Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo fermarmi a casa tua".Scese subito e lo accolse con gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare incasa di un peccatore!". Ma Zaccheo, alzatesi, disse al Signore: "Signore, io do ai poveri la metà deimiei beni e se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo". Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza èentrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e asalvare ciò che era perduto"» (Lc 19,1-10).

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Catechismo

Firenze

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Sabato 19 dicembre con un gruppetto di 4 ragazziintelligenti e svegli siamo stati affascinati dallabellezza divina o meglio dalla mostra a Palazzo

Strozzi di Firenze dedicate appunto a questo tema.In una giornata siamo stati rapiti dalle bellezze viste,sia quelle esposte a Palazzo Strozzi (e come non ri-schiare la sindrome di Stendhal nel fermarsi di frontealla crocifissione bianca di Chagall o di fronte allaPietà di Van Gogh?) sia gli affreschi del Beato Ange-lico al convento di San Marco.Abbiamo anche fatto una sosta di preghiera al Batti-

stero in preparazione al battesimo dei nostri amici Gia-como e Pietro.Non abbiamo però potuto evitare la tentazione dellacarne e quindi ci siamo dilettati a “sbranare” una megafiorentina con la gioia e soddisfazione di tutti. Così si-stemati l'anima e il corpo siamo ripartiti al pomeriggiopresto e siamo ritornati a casa per immergerci nellenostre “bellezze quotidiane”.

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Catechismo

Cercasi operai

Tutto è iniziato una domenica mattina di cin-que anni fa quando il nostro Parroco, du-rante la S. Messa, ci ha comunicato che

avrebbe distribuito dei volantini recanti la scritta:“Cercasi operai per la vigna del Signore”.Io, neo-pensionata, un po’ incredula, l’ho compilatoe, magicamente, dopo due-tre giorni, ho ricevuto latelefonata di Don Mario.Mi ha accolta, informata e, viste le mie precedentiesperienze lavorative, inserita nella “Segreteria del-l’oratorio”. Mi sono messa in contatto con coloro coni quali avrei dovuto collaborare e le cose sono andatesubito bene.Ho trovato la possibilità di essere di aiuto alla mia co-munità e, contemporaneamente, ho conosciuto per-sone nuove con le quali si è stabilito un rapporto diamicizia.Da notare che, per mia caratteristica personale, ra-ramente uso la parola “amica” in quanto do ad essaun significato profondo.Da quest’anno ho voluto aggiungere all’impegno inSegreteria, anche quello da Catechista (aiuto cate-chista).Mi sono stati affidati i bambini di terza elementare.

Devo dire che mi piace moltissimo.I due impegni non si somigliano in quanto uno è unpo’ più freddo e schematico, l’altro dà sfogo a senti-menti ed emozioni e mi dà modo di approfondire e col-tivare la mia religiosità... entrambi belli.Questa cronaca nasce dalla riflessione per la qualeposso dire che, alla soglia dei 60 anni (il mese pros-simo), iniziare nuove attività, conoscere personenuove, socializzare con giovani e meno giovani, mi stadando un entusiasmo e una vitalità notevole. Vedo da-vanti a me delle porte spalancate.Un grazie a Don Mario per tutte le sue iniziative per-ché, anche se qualche volta è un po’ rude, mi permetteogni giorno di imparare.La conclusione è “incredibile”: sto ricevendo moltopiù di quello che do.GRAZIE.

Ornella Denari

Naturalmente l’invito è ancora attuale e vale ancoraoggi per tutti voi: ”La vigna del Signore ha bisogno dioperai”. Perchè non provi anche tu ad offrire un po’ della tuavita per gli altri?

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La nuova segreteria

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Calendario Febbraio Lunedì 1 16 - 18.30 e 20.30.22 Adorazione; 21.00 Cammino di fede fidanzatiMartedì 2 ore 21 Cineforum “This must be the place”Mercoledì 3 ore 17.00 incontro catechismo per tutta la III elementare

21 Cons, PastoraleGiovedì 4 ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 5Sabato 6 9.00 - 19.00 V el. e I media a Torino Domenica 7 Festa della vita 10.30 BattesimoLunedì 8 16 - 18.30 e 20.30.22 AdorazioneMartedì 9 Mercoledì 10Giovedì 11 ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 12 ore 19 Cinecircolo “Inside out”Sabato 13 Carnevale Domenica 14 I domenica di QuaresimaLunedì 15 17.00 Imposizione delle Ceneri Martedì 16 17.00 Imposizione delle Ceneri Mercoledì 17 17.00 Imposizione delle Ceneri; 18.30 Incontro catechisti giovani e adulti

21.00 Incontro genitori di IV el.; 21.00 Cammino di fede fidanzatiGiovedì 18 17.00 Imposizione delle Ceneri; ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 19Sabato 20Domenica 21 II domenica di Quaresima 15.30 Catechismo I e II elementare

20.45 Incontro coppieLunedì 22 16 - 18.30 e 20.30.22 AdorazioneMartedì 23 ore 21 Cineforum “L’Intrepido”Mercoledì 24Giovedì 25 ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 26Sabato 27Domenica 28 III domenica di QuaresimaLunedì 29 16 - 18.30 e 20.30.22 Adorazione

Giovedì 24 Marzo - Venerdì 25 - Sabato 26ore 20.30 Triduo Pasquale

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Durante tutta la Quaresima al venerdì al posto della s. Messa quotidiana alle 8.30 e alle 18.30 ci sarà la Via crucis.

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Marzo Martedì 1Mercoledì 2 21.00 Cammino di fede fidanzatiGiovedì 3 ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 4Sabato 5Domenica 6 IV domenica di QuaresimaLunedì 7 16 - 18.30 e 20.30.22 AdorazioneMartedì 8 21.00 CineforumMercoledì 9Giovedì 10 ore 15 e 21 Lettura della BibbiaVenerdì 11 A Roma con la V elementare Sabato 12 A Roma con la V elementare Domenica 13 V domenica di Quaresima; a Roma con la V elementare Lunedì 14 16 - 18.30 e 20.30.22 AdorazioneMartedì 15 ore 21 Cineforum “American sniper”Mercoledì 16 21.00 Cammino di fede fidanzatiGiovedì 17 ore 15 e 21 Lettura della Bibbia 19.00 Cena Pasquale Ebraica IV el.Venerdì 18 ore 19 Cinecircolo “L’ultimo lupo”Sabato 19 San GiuseppeDomenica 20 VI domenica di Quaresima 10.30 Benedizione mamme in attesaLunedì 21 16 - 18.30 e 20.30.22 AdorazioneMartedì 22Mercoledì 23Giovedì 24 20.30 Triduo Santo Venerdì 25 20.30 Triduo Santo Sabato 26 20.30 Veglia pasqualeDomenica 27 PasquaLunedì 28Martedì 29Mercoledì 30Giovedì 31 ore 15 e 21 Lettura della Bibbia

Parrocchiale

il filo 11

Abbiamo affittato per tutto l’anno un appartamentoa Ceresole Reale 4 stanze più cucina e doppi servizi.Naturalmente è un po’ da sistemare e arredare perpoter passare già da questa estate le vacanze insieme.Cominciate a mettere in calendario per tutto luglio edagosto, a turni, una settimana insieme a gruppetti diragazzi (più o meno 6/7) con un educatore, il don euno o due adulti per la cucina. Naturalmente il costosarà irrisorio e la gioia sarà immensa. Chi poi in que-sto periodo vuole dare una mano per la preparazione

della casa lo faccia sapere.Naturalmente la casa sarà disponibile anche per va-

canza per famiglie che lo chiederanno.

Bambini e genitori

addobbano l’albero dellachiesa con lestelle colorate

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Festa della famiglia 2016

Arriva la Tombolata

Domenica 31 gennaio si svolgerà l’annualeFesta della famiglia della Santissima Tri-nità. Come tutti gli anni, dopo la Messa ci

sarà il pranzo condiviso nella sala del bar. Subitodopo sarà il turno di un appuntamento ormai clounella tradizione della nostra parrocchia: la Tom-

bolata organizzata dal nostro gruppo scout Milano37. A questo proposito tutti coloro che hanno giochie oggetti da mettere come premio possono portarlialla segreteria dell’oratorio dal lunedì al venerdì. Attenzione: tutto ciò che portate deve essere in or-dine, pulito e in buono stato.

Quell ’orso di tanti anni fa

Quell’orso ce l’abbiamo ancora. Eppure sonopassati anni.Gigantesco. Per questo più bello, desiderabile.

Lui (o lei? Me lo sono domandato, alla fine ho decisoche era un lui, e poi questo non c’entra) se ne stava là,sul tavolo delle… SUPERTOMBOLE!!!Non abbiamo fatto in tempo a entrare nella palestratrasformata nell’agone della tombola Santissima Tri-nità che mia figlia l’ha puntato: l’orso.Ho ceduto, come tutte le mamme, e ho sperato, cometutte le mamme, che sì, riuscisse a vincere l’orso,anche se avrebbe occupato metà del suo letto; e poi èuna lotta con la lavatrice per potercelo infilare dentroper il “bagnetto” che con i peluche ci vuole.Come tutte le mamme ogni volta che qualcuno vin-ceva ho sperato che non guardasse quell’orso e sonostata stra-felice quando… “Supertombola!” e mia fi-glia si è fiondata sull’orso.È stata l’unica supertombola di tante giocate nell’ora-torio ma la ricordo ancora, lui quasi più grande di lei.Con il tempo abbiamo imparato a portare con noi isacchetti della spesa dopo che la prima volta siamo ar-

rivate a casa con la borsetta e le braccia cariche di…Non saprei nemmeno come descrivere ciò che ab-biamo vinto nel corso degli anni, cagnolini di legno,tazzine, borsellini, pupazzetti, libri, giochini di McDo-nald’s, cappellini, costruzioni, giochi delle Winx, vasidi vetro su vasi di vetro. “Questo è per te, mamma!”Adesso, come ogni anno, sono qui a cercare tra i gio-chi quelli da portare per la Tombolata annuale. L’oc-casione per fare un po’ d’ordine, per passare ad altrigiochi che a noi non servono più ma possono far la fe-licità di altri bambini e bambine.Ho già messo da parte un bel po’ di scatole, controlloche i puzzle abbiano tutti i loro pezzi, che tutto sia pu-lito.Guardo l’orso. No, l’orso no, non è ancora arrivato ilmomento. E nemmeno questo “coso” di vetro bianco-azzurrino; ecco, proprio non saprei dire cos’è, forseun portacandele, è sempre rimasto chiuso in un cas-setto impossibilitata a capirne l’uso (forse anche il de-sign) ma “questo è per te, mamma!”. Sì, resta lì. Saràper un’altra tombola.

Una mamma12 il filo

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Oratorio - Attività

Aspettando la primavera

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Aderendo alla proposta del parroco di uncorso di uncinetto per l’oratorio estivo 2015,avevamo iniziato in oratorio con un grup-

petto di ragazze e ragazzi e abbiamo fatto un porta cel-lulare e delle presine.Dopo le vacanze, a fine settembre abbiamo ripresoperò sono venute solo le bambine. Siccome “da cosapuò nascere cosa”, decidemmo di riunirci in gruppoanche su suggerimento di Sr. Francesca, per creare og-getti per il banco natalizio delle missioni, così abbiamopensato e lavorato vari oggetti: borsettine, piantine dicactus, golfini, cappellini, addobbi natalizi, collane,scarpette, copertina, porta chiave, orecchini, tazzine,braccialetti, babbo natale, alberelli, campanelle, an-gioletti, tovaglie centro tavolo, copri computer … agliordini di una generosa e bravissima maestra.Dalla bellezza dei vari oggetti sono state attratte tantepersone, sono venute dalle bambine alle signore (fino93 anni), anche con sacrifici per raggiungerci, anchepersone non della parrocchia. Di tutte le provenienze:italiane, cinesi, romagnole. Hanno fatto il lavoro anchecon lo stile del loro proprio paese, poi ci sono tanti og-

getti che altre per-sone hannoeseguito a casa. Intotale sono sedicilavoratrici, tre

sono venute con passione per imparare e più di diecibambine hanno provato.All’inizio, avevamo solo lo scopo di accompagnare einsegnare ai bambini, ma poi, passo dopo passo ave-vamo scoperto che il lavoro all’uncinetto richiede con-centrazione, sviluppo del gusto estetico per i colori, leforme, i materiali e abitudine alle disciplina interiorenel momento in cui si devono seguire alcune regoleper eseguire i punti e gli oggetti, sviluppo dell’abilitàmanuale, e ancora far vivere il tempo libero in modocostruttivo e piacevole in compagnia, in cui regna ar-monia, scambio di capacità, entusiasmo, di un lavoroartistico che ha le stesse potenzialità e in più l’utilità.Abbiamo parlato con il parroco dicendogli che prove-remmo a sviluppare idee nuove aventi ancora una fi-nalità rivolta alle persone in difficoltà. Hai capacità di base nel lavoro all’uncinetto, ai ferri,nel ricamo? Vuoi partecipare anche tu?

Gruppo di uncinetto

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Missioni

14 il filo

Il mio regalo di Natale D

evo dire subito che sono consacrato a Dio per ilvincolo del sacerdozio e per il voto di castitàcome membro della mia congregazione. Con tutta

la gioia del cuore ho ricevuto il centuplo di tutto e non homai sentito il vuoto di non avere una sposa e dei figli miei,nati da me. Ho sempre contemplato dal di fuori la soddi-sfazione dei miei fratelli e amici di avere figli, senza sen-tirne la mancanza.Questa premessa è indispensabile per intendere nel modomigliore la storia che comincio a raccontare.Ah, dimenticavo che devo fare una seconda premessa: chesono medico e lavoro come chirurgo nell’ospedale provin-ciale di Quelimane, in Mozambico.La mia storia comincia un mese circa prima del Natale. Erain programma una campagna di riparazione di fistole oste-triche, che si creano nelle donne quando partoriscono.Il luogo dove avremmo dovuto operare era deciso datempo: l’ospedale rurale di Mocuba. Senonché a Mocubaera iniziata un’epidemia di colera. Fu, quindi, deciso di spo-starci a Gurùè, a circa 350 km da Quelimane.Nulla era stato preparato per accogliere le pazienti di queldistretto e dintorni. Si spostò la data di inizio dal 28 no-vembre al 10 dicembre e si cominciarono a lanciare mes-saggi ripetuti con le “radio comunitarie” di ogni distretto,invitando tutte le donne che avevano bisogno.Quando partimmo, il giovedì 10 dicembre, erano arrivate aGurùè solo 17 pazienti. Le visitammo tutte, con tutte le re-gole di disinfezione e sterilità.Non vi deve sfuggire l’uso del plurale in tutti i verbi: nonero più il chirurgo solitario dei decenni passati! Eravamo intre a condividere la responsabilità della campagna di ope-razioni. C’erano con me il dottor Rosario, medico specia-lista in chirurgia dell’ospedale provinciale di Quelimane, eil dottor Rafael, tecnico superiore di chirurgia dell’ospe-dale rurale di Mocuba.Il “noi” però non finiva lì! C’era tutto il personale delblocco operatorio di Gurùè, dal tecnico superiore dottorOscar, ai tecnici di anestesia, strumentisti, sterilizzatori, ailaboratoristi per fare l’esame del sangue e il test di Hiv, finoai lavandai per lavare i molti lenzuoli e camici che si sa-rebbero usati, e alle infermiere di reparto per assistere lepazienti prima e dopo l’operazione. Da Quelimane era ve-nuta con me la caposala del blocco operatorio di Queli-mane, dottoressa Geralda, come coordinatrice di tutta lasquadra e organizzatrice dei tanti molteplici aspetti chesono necessari da tener presente perché tutto possa funzio-nare in scioltezza.Al pomeriggio operammo le prime quattro pazienti e ilgiorno dopo, sabato, altre sei.Verso sera arrivò da Namarròi, un distretto a circa 100 km,un’ambulanza con 11 pazienti. Le visitammo e le classifi-cammo.

Il lunedì seguente ne operammo 10. Finimmo prima del tra-monto e restò il tempo per visitare altre nove donne, sem-pre di Namarròi, portate al mattino con la stessa ambulanza,che faceva andata e ritorno tra Namarròi e Gurùè.Dal giorno seguente, martedì, continuarono a venire donnecon l’ambulanza e un piccolo autobus della scuola di in-fermieri di Mocuba, fino alla sera di mercoledì. In tutto ar-rivarono a Gurùè altre 59 donne, 32 da Mocuba, 27 da Ile.Operare senza posa! Visitare le nuove venute! In una spe-cie di corsa contro il tempo!Uscendo dalla sala operatoria si rimaneva sconcertati dallamoltitudine di pazienti. Una cosa è dire cinquantanovenuove arrivate, altra cosa è vederle tutte schierate all’om-bra degli alberi in attesa di essere internate e sistemate! Ealtra cosa ancora, e molto più preoccupante, immaginarleentrare una dopo l’altra nella sala operatoria per essere ope-rate.La campagna doveva terminare giovedì, al settimo giorno,ma ne sarebbero rimaste esclude alcune decine.Come accettare di tradire l’attesa e la speranza di tante per-sone afflitte da una sorte così avversa? Ormai erano arri-vate, finalmente, alla porta della guarigione. Non si potevarimandarle indietro.Richiedemmo alla direzione provinciale un prolungamentodi alcuni giorni per poter terminare il lavoro. “Di quantigiorni in più avete bisogno?”Facemmo i conti. Delle 97 donne arrivate, solo 68 eranostate selezionate come operabili a Gurùè. A tutte spie-gammo la loro situazione e ad alcune indicammo una pos-sibile soluzione con una operazione addominale.Dovevano tornare a casa, parlare con la famiglie e ,se fos-sero state d’accordo, avrebbero potuto ripresentarsi al-l’ospedale provinciale di Quelimane nei giorni seguenti.Fatti tutti i conti, avrebbero potuto concedersi altri quattrogiorni. Bisognava riuscire a operare almeno dieci paziential giorno.Accettammo. Sì, bisognava riuscirci! Sarebbe diventato il nostro regalo di Natale per questedonne!Giovedì sera arrivò in nostro rinforzo anche la dottoressaVirginia, ginecologa e direttrice dell’ospedale provincialedi Quelimane. Venerdì, ottavo giorno, programmammo di-ciassette operazioni. Dovevamo dare il tutto per tutto! Unospirito d’entusiasmo e di dedizione si impadronì di noi: “Fi-niremo, a qualunque ora si debba arrivare!” Si finì l’ultima, che erano già passate le dieci e mezzo disera. Era o non era il nostro regalo di Natale?Al sabato notte ci restavano ancora nove operazioni per ladomenica. Alcune avrebbero potuto essere lunghe… Leoperazioni lunghe le feci io. Nelle tre ore abbondanti di cia-scuna di loro ebbi modo di meditare, mentre operavo in si-lenzio. Per di più era domenica, il giorno del Signore.

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Oratorio - Attività

La casa della musica

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Quando lo chiamiamo per tartassarlo un po’ di do-mande, Lorenzo è a letto con l’influenza. Però ci ri-sponde lo stesso! Il Lorenzo di cui stiamo parlando

è il nostro insegnante di batteria. Ogni lunedì viene qui inparrocchia Santissima Trinità per far apprendere a grandi epiccini – perché ci sono dei “grandi grandi” e dei “piccolipiccoli” – tutti i segreti di uno strumento affascinante comela batteria. Quella cosa che uno pensa che basti picchiarduro con le bacchette perché faccia musica (e qualcuno inrealtà si è proprio divertito a farlo, di picchiar duro, e cosìdi bacchette non è che ne siano rimaste molte, ehm,ehm…). Invece, va studiata davvero. E allora sì che piattie tamburi sprigionano tutta la loro armonia.È uno strumento che “gasa”, la batteria. Che scarica e allostesso tempo ricarica di energia.Sì, ma il nostro Lorenzo? Ecco, intanto risponde al nomecompleto di Lorenzo Elia Mariani, si è diplomato al Cpm-Centro professionale musica, ha 27 anni e se andate sul suoprofilo Facebook potete vedere 1) che non è un novellino,2) che ci dà dentro (è batterista in più di un gruppo), 3) cheama indiscutibilmente il rock. Qual è la tua band o il tuocantante preferito? “In realtà – dice – ascolto tutta la mu-sica, non sono monotematico”. Insistiamo e così Lorenzodice “i Nirvana, i Red Hot Chili Peppers” e poi anche unterzo nome ma è stato senz’altro perché aveva il nasochiuso che non siamo riusciti a capire il nome (e non per-ché noi non lo conoscevamo, sia chiaro!).Tutti si possono iscrivere al corso di batteria, basta chie-dere al coordinatore dell’oratorio, Giuseppe, o chiedere allasegreteria della parrocchia. Il corso collettivo è gratuito, a

meno che uno non preferisca fare lezioni individuali.“La sala in cui suoniamo è molto ben attrezzata, è una verae propria aula di musica, insonorizzata e con diverse at-trezzature disponibili che permettono di lavorare seria-mente”. Nel gruppo del lunedì c’è qualcuno che ti hacolpito? “Due bambini – risponde pronto Lorenzo – Ste-fano e Alessandro: uno ha 11 anni e l’altro 6 e sono moltoportati alla musica e alla batteria, in pochi mesi si sono ap-passionati”.Ora bisogna dire che per suonare la batteria bisogna, inqualche modo, essere predisposti a lavorare in gruppo. “Labatteria – spiega il nostro maestro - è la base di un com-plesso musicale, da solidità alla musica che c’è sopra.Certo, si può anche fare il solista, ma bisogna essere ecce-zionalmente bravi perché fare armonia con la batteria èmolto difficile essendo uno strumento ritmico non melo-dico”.Però consente a tutti di iniziare. Infatti, il corso è adatto aqualsiasi età, anche a chi non ha alcuna preparazione mu-sicale.Ma, Lorenzo, come sei arrivato alla Santissima Trinità? Seidel quartiere? “Fino a poco tempo fa abitavo abbastanzavicino, ma è stata la mamma di un mio allievo che fre-quenta la parrocchia a dirmi che c’era questa possibilità”,risponde. Nella vita di tutti i giorni insegna, alla scuola ele-mentare e media, oltre che a chi voglia sperimentarsi con lamusica. E poi, naturalmente, si scatena con il rock!Aspettiamo di andare a un concerto.

La redazione

Mi si aprirono gli occhi: mi rividi a viaggiare per le pro-vincie, sempre da solo. Poi ripercorsi gli ultimi dieci anni,quando cominciai ad avere alunni, colleghi di buona vo-lontà e dedizione per la causa di queste donne emarginate.Poco a poco gli alunni si irrobustirono come abilità tecnica,aumentarono di numero. Un gruppetto sempre più nume-roso diventò capace di operare casi difficili. Risiedono orain varie provincie e operano da soli, con successo. Qui nellaZambesia siamo già in quattro, contando anche me. Ed oraqui a Gurúè stiamo per ultimare la sessantottesima opera-zione di questa campagna. Ogni anno in Quelimane riu-scivo ad operare una media di quaranta o cinquanta donne,con le mie forze. Ed ora, Signore, sto operando la sessan-tottesima, ma non io da solo: io con i miei figli. Pensavo di fare a queste donne il mio regalo di Natale, maora mi si sono aperti gli occhi. Sono io che sto ricevendo il

regalo di Natale dal Signore: la scoperta che, io pure, colmio voto di castità e di celibato, senza mai aver avuto figli,senza mai averne sentito la mancanza, ero diventato padredi figli, figli generati da me! Sento prendere corpo in me ilregalo di Natale che il Signore mi sta facendo, il regalodella gioia della paternità. Mi tornano in mente le parole diun salmo: “Colei che dicevano sterile è diventata madre dimolti figli!”Pensavo che il mio regalo di Natale sarebbe stato quelloche offrivo io insieme agli altri a questa donne sofferenti,ma il vero regalo di Natale non era quello che pensavo difare io, era quello che il Signore faceva a me, di farmi sco-prire come era bello avere figli, figli generati da me!

da una lettera di Padre Aldo

Missioni

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Il quartiere

Paolo Sarpi, chi era costui?

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Ma “guarda che bello! Hanno messo anche lepanchette in via Paolo Sarpi! Tra siepi dipitosfori sbiaditi, alberelli striminziti, ga-

zebi e rastrelliere per biciclette, i pedoni non sanno piùdove mettere i piedi”. “Però hanno trovato un posto per sedersi! Così da ri-scoprìre un poco della antica saggezza e magari chie-dersi, cóme fa il nostro grande Manzoni: “Paolo Sarpi,chi era costuì?” “Bella domanda! In verità quì a Milano ben pochihanno conoscenza della vita e dei miracoli, se pur neavesse fatto qualcheduno, di questo gran personaggio.In compenso quasi tutti i milanesi, tutti i cinesi e senzadubbio anche qualche extracomunitario, hanno sentitonominare la via che porta il suo nome.”Dunque, Paolo Sarpi, chi era Costui? In breve ne ri-capitoliamo la storia. Come spesso capitava tempi addietro,il Sarpi alla sua nascita in Venezia il 14-8-1552, viene battezzato Pietro. Nomeche conserva fino alla sua ordinazionesacerdotale nell’ordine dei Servi diMaria, allorchè diventa Paolo. Nell’Or-dine inizia una brillante carriera che, a27 anni, lo porta alla carica di Provin-ciale dei Serviti e via via sempre più inalto fino ai vertici della Congregazionee alla nomina a Procuratore Generale. Teologo, scrittore, matematico, polemi-sta, astronomo, fisico (fu detto: oracolodel secolo) si fa strenuo difensore della

indipendenza religiosa della Serenis-sima Repubblica di Venezia. Per alcune sue pubblicazioni in pole-mica con la linea politica di Roma, siscontra con Papa Clemente VIII, dalquale subisce la scomunica, l’incendiodi tutte le sue pubblicazioni e l’esclu-sione per ben due volte dalla nomina aVescovo. A seguito di tali provvedi-menti rifiuta di presentarsi al Tribunaledell’Inquisizione e, benchè in sintoniacon vari esponenti del mondo Prote-stante, rimane fedele alla Chiesa diRoma, limitandosi a contrastarne l’Au-torità Ecclesiastica.Il 17-4-1606 la Serenissima Repub-

blica di Venezia viene fulminata da un Interdetto lan-ciato da Sua Santità Papa Paolo V. A difesa dellaSerenissima il Sarpi viene nominato canonico e teo-logo e in tale occasione il Doge Leonardo Donà, dal-l’alto della sua carica e forse su suggerimento dellostesso Sarpi, espelle dalla Repubblica i Gesuiti e iCappuccini, fedeli esecutori delle direttive pontificie. Costoro, nel lasciare la città, radunano i veneziani alporto per un ultimo addio. Salgono in barca ognunocon il proprio Crocifisso per significare che il Cristo sene parte con loro, ma dalla folla si leva una voce chein perfetto dialetto veneto urla: “Andee in malora!”Da questo episodio appare chiaramente che i rapportitra i Veneziani e la Curia Romana non erano a queltempo certo dei migliori.L’anno seguente, per le sue simpatie verso il mondo

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Il quartiere

il filo 17

protestante il Sarpi è vittima di un attentato da parte diun ex mercante veneziano, un tale Rodolfo Poma incombutta con tre complici. I quattro con tre pugnalateriducono in fin di vita il frate; ma Questi, malgrado ilpugnale ancora conficcato nel collo, riesce a salvarsi.Rimessosi in salute il Sarpi pubblica “La storia delConcilio di Trento” favorevole alla interpretazioneprotestante, cosa che lo mantiene in contrasto conRoma fino alla morte avvenuta il 15-1-1623.Ora resta da chiedersi come mai questo personaggio,famoso a Venezia dove gli hanno eretto perfino un mo-numento, ma pressocchè sconosciuto qui a Milano, s’èmeritato una fama che pare perfino spropositata?Per rispondere occorre tornare indietro negli anni finoal 1883, due lustri dopo l’annessione dei Corpi Santialla grande Milano. A quel tempo dalle ultime case divia Canonica, ex strada della Peschiera, ex strada perNovara e Saronno e finalmente Canonica durante ilRegno Italico (1803-08), in onore del Luigi architettodell’Arena; dalla località Pozzi Neri (attuale piazzaGramsci) partiva una stradina che attraverso le cascineLomazze, Ravana e Maggiolina, arrivava ai bastionisul novello piazzale di Porta Volta. A proposito della quale vi è da capire come mai diPorte non ve ne siano e che di Porta Volta mai se nesenta parlare nella storia di Milano. Però questa èun’altra storia...Passata in proprietà comunale, la strada in terra biancatraverso i campi che si chiamava Lomazze, viene bat-tezzata Paolo Sarpi, probabilmente senza specificomotivo e del tutto casualmente, ignorandone la futuraimportanza. Infatti ogni anno il Municipio doveva dareun nome alle vie che di continuo si aprivano nel suoterritorio e per far questo seguiva una certa logica. Per

la zona Bórgh d’i Scigólatt si sceglieva tra i nomi dipersonaggi famosi nell’arte e nella cultura.

Vi è inoltre da notare che pure la Parrocchia dellaSS. Trinità in quegli anni subisce un grosso ridimen-sionamento, causato dalla enorme esplosione ediliziae il conseguente incremento della popolazione resi-dente. Infatti nel 1787, con l’apertura della Parroc-chia di Santa Maria alla Fontana, viene espropriata delterritorio a nord, dall’Isola a Niguarda; e nel 1798, conl’apertura della Parrocchia della Cagnola, perde il ter-ritorio oltre piazza Firenze.

Gobbi Sergio

Statua di Paolo Sarpi a Venezia

RimpiattinoC’era da ridere a crepapelle

Mi sembrava che le lucciole fossero stelleHo visto il gatto rotolarsi nel latte

Il fumo come pipa uscire dal caminoLe lettere che scappavano di mano al postino

Il brasato affogare nel gelato.Mi era venuta la voglia

Di una gonna un poco più cortaDalle finestre qualcuno faceva l’occhiolino

Mi nascosiE, scivolando nell’ombra,

giocai con loro a rimpiattino Lu

…… vuoi mandare anche tu le tue poesie?

L’angolodellapoesia

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18 il filo

La vita

Lo avvolse in fasce...

Battesimo, Prima Comunione

e Cresima di Pietro e Giacomo

...e lo pose in una mangiatoia

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il filo 19

Momenti insiemeIl coretto canta “Jingle Bells”

insieme ai bambini

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È successo in Trinità

PARROCCHIA SS. TRINITÀ - via G. Giusti 25, Milano, tel. 02 36727100 - fax: 02 31820144 don Mario Longo parroco - tel. 02 3311831 - 02 36727101 - cell. 338 7985284 [email protected] don Giuseppe Zhang (capp. cinese) - cell. 338 9612191 - [email protected] Todisco - cell. 338 7052407Segreteria parrocchiale - dal lunedi ̀al venerdi ̀- ore 16 - 18 - tel. 02 36727100 int. 7 Segreteria dell’oratorio - dal lunedi ̀al venerdi ̀- ore 15.30 - 18 - tel. 02 36727100 int. 4 e-mail della segreteria: [email protected] Ascolto mercoledi ̀e giovedi ̀ore 16.30 - 18.30 - tel. 02 3672.7100 int. 3Basket GS Trinita ̀- via Giusti 27 - tel. 02 3672.7100 / 02 341.241Orario SS. Messe feriali 8.30 - 18.30 vigiliare 18.30 festive 8.30 - 10.30 - 15.45 (cinese) - 18.30 Tutte le celebrazioni sono trasmesse in diretta audio e video sul sito: www.trinita.tv

Hanno ricevuto il Battesimo20161. Magnani Giacomo2. Camussi Pietro Emanuele

Sono tornati alla casa del Padre201540. Marras Angelo anni 7441. Nava Rinaldo anni 8720161. Bonaconsa Elsa anni 752. Grimaldi Angela anni 533. Pedrazzani Marisa anni 82

20 il filo

Scriveteci, diteci il vostro pen-siero, suggeriteci degli argo-menti, segnalateci i nostrierrori. Ecco il nostro indirizzo e-mail:[email protected].

Chi fosse interessato a partecipare alla gestione del Teatro del Borgo lo comunichi a don Mario. Mail e cellulare li trovate riportati qui sotto.