16. trinità e liberazione dicembre 2010

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1 rinità T Liberazione Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale –70% DCB S1/LE T rinità Liberazione Periodico dei Trinitari in Italia www.trinitaeliberazione.it Anno II/n. 10 - 20 dicembre 2010 ib razione nuova serie In regalo il calendario duemilaundici Anno Mariano della Famiglia Trinitaria Benvenuto Dio bambino Benvenuto Dio bambino NUOVE SCHIAVIT Ù SANTO NATALE 2010 SANTO NATALE 2010 Da Gerusalemme a Gerico: la triste via dell’indifferenza PAOLO BROSIO Storie di conversioni Come Pollicino: Dio mi lancia le molliche dal cielo ed io le raccolgo

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trinità e Liberazione n.10 anno II Periodico dei Trinitari in Italia www.trinitaeliberazione.it

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Anno II/n. 10 - 20 dicembre 2010

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In regalo il calendario duemilaundiciAnno Marianodella Famiglia Trinitaria

BenvenutoDio bambinoBenvenutoDio bambino

NUOVE SCHIAVITÙ

SANTO NATALE 2010SANTO NATALE 2010

Da Gerusalemme a Gerico:la triste via dell’indifferenzaPAOLO BROSIO

Storiedi conversioniCome Pollicino:Dio mi lanciale molliche dal cieloed io le raccolgo

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anno II numero 10

20 dicembre 2010

LE RUBRICHE

3 EditorialeNicola PaparellaLa prigionedel disimpegno

5 OrizzontiP. Fr. Josè NarlalyMESSAGGIO DI NATALEDEL MINISTRO GENERALELa nascitadi Gesùsorgente della santità

9 Pensandoci beneP. Luca Volpe

20 CentenarioP. Giovanni M. SavinaIl MosaicoCosmatesco

: per otto secolitestimonialdella caritàredentiva

24 Lo scaffale del mese

26 PresenzaSS. Cosma e DamianoGagliano del CapoVenosaMadagascarCoriLivorno

31 Perché Signore?P. Orlando Navarra

I SERVIZI

6 Secondo le ScrittureLa libertàche piace a DioAnna Maria Fiammata

8 Pagine santeAraldi del CristoLiberatoreAndrea Pino

10 Magistero vivoLa speranzaoltre le sbarreGiuseppina Capozzi

12 Catechesi & VitaLa nuova cecità:non accorgersiFranco Careglio

20 IstantaneaLIVORNO

Una presenzapreziosaper la cittàNel quartieredella Venezia Nuovadal XVII secoloLa prima Redenzionein cittàUn frate sempliceed esemplareL’apostolatoe le attività pastorali

L’OSPITEDEL MESE

14 A tu per tuPaolo Brosio

Come Pollicino:Dio mi lanciale mollichedal cieloed io le raccolgoVincenzo Paticchio

Nel 2009la conversione

19 ApprofondimentiCura & Riabiltazione

Qualitàdella vita?Il segretoanche nei piediClaudio Ciavatta

som

mar

io

A tutta la Famiglia Trinitaria e a tutti ilettori di Trinità e Liberazione rivolgia-mo l’augurio cristiano di un SantoNatale e un Sereno 2011. Affidiamoalla Madre del Buon Rimedio, nell’An-no Mariano Trinitario appena indetto,il cammino di unificazione delle dueProvince Italiane che prosegue a buonritmo nella certezza che la sua prote-zione orienti tutti noi sempre più versola meta della piena comunione. Auguri.

P. Nicola RoccaMinistro Provincia

Natività B.M.V.

P. Giuseppe D’AgostinoMinistro Provincia

S. Giovanni De Matha

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Editoriale

Nicola PaparellaDIRETTORE RESPONSABILENicola Paparella

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AMMINISTRATORE UNICOLuigi Buccarello

EDITORIALE

CONSULENZA EDITORIALEVincenzo Paticchio

AMMINISTRAZIONEREDAZIONE E PUBBLICITÀ

Piazzetta Padri Trinitari 73040 Gagliano del Capo (Le)

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Piazzetta Padri Trinitari 73040 Gagliano del Capo (Le)

Periodico dei Trinitari in Italia

Iscritto al n. 1020 del Registrodella Stampa del Tribunale di Lecce

il 30 aprile 2009

La prigionedel disimpegno

C’è qualcosa di più triste diuna prigione: è la prigionedell’anima, quella che ciascunosi costruisce da sé. C’è qualco-sa di più umiliante di unacatena ai polsi: sono gli ingan-ni della parola e i ceppi del-l’abitudine.Ai bordi della strada che ognigiorno ci tocca percorrere, sinascondono le insidie e sono inagguato i predoni. Sarebbefacile smascherare il male eprender partito in favore delbene; ma scegliamo l’equidi-stanza, perché nessuno abbia alagnarsi di noi. E così ancoraoggi, scendendo da Gerusa-lemme a Gerico, non riusciamonemmeno a vedere colui chegeme sul ciglio della strada, inattesa di un aiuto che nonviene.Confondiamo l’equità conl’equidistanza e la neutralitàcon l’indifferenza. L’equitàrichiede coraggio e forzad’animo, orienta verso lascelta e conduce verso l’inizia-tiva responsabile. L’equidistan-za, invece, impedisce la deci-sione e spezza le ali alla volon-tà. L’indifferenza mette tutto etutti sullo stesso piano, azzerale differenze, confonde i voltidelle persone e lascia privid’iniziativa; là dove, invece, laneutralità è scelta sofferta enasce da un cuore combattivo.Viviamo nella cultura dell’in-differenza; la nostra regola èfarsi i fatti propri, non occu-parsi degli altri, lasciar vivere,disimpegnarsi; al più sfogarsicon la ribellione, con una manodi vernice sulle pareti dellacittà; ma ignorare chi su unmarciapiede della metropolita-na è sul punto di morire,perché nessuno si ferma aprestare soccorso.L’indifferenza, come la noia,rende tutto grigio, tutto egua-le, tutto monotono e quindinon sollecita la scelta, nonchiede l’iniziativa, non rivendi-ca l’azione.

Quando fra qualche anno siripenserà a questo decenniocon il quale si è aperto il terzomillennio, i nostri nipoti sidomanderanno: “ma dov’eranoi giusti?”, “dov’erano i sag-gi?”, “dov’erano i padri?”Nella cultura dell’indifferenzasi è tutti, in qualche misura,orfani e privi di discernimentodinanzi alle ingiustizie sociali,dinanzi ai vizi e alle oscenità,dinanzi alla immoralità e allaperdita di sacralità. Lo stessovolto dell’uomo si sbiadisce e siscolora, diventa quasi irricono-scibile; si nasconde sotto il velodell’ipocrisia e sotto l’usosistematico della menzogna.Occorre reagire, occorre ridarealla persona il suo volto e alsuo sguardo la profondità delcreato. Dobbiamo tornare acoltivare la disciplina dellebuone regole, riscoprendo ilsenso dell’onestà, la gioia deldono, la forza della verità, lostile della lealtà. Dobbiamospezzare le catene della indif-ferenza con le quali ci siamochiusi nella prigione del disim-pegno. Dobbiamo riprendere ilcammino facendoci carico deifratelli e ringraziando il cielodi poter ancora sentire, comepeso sul petto, il destino dellacomunità e i bisogni del mon-do.Sulla capanna di Betlemme gliAngeli annunciavano la pace“agli uomini di buona volontà”.La volontà è buona quandospinge all’azione, quando ècarica di opere, quando affron-ta il mondo e la storia. E lapace nasce dalla consapevolez-za di aver operato nel segnodel giusto e con la cifra dellaverità. Pace a tutti, allora,perché ciascuno disperdal’indifferenza ed apra l’animoal quotidiano confronto con lecose, con le persone, con ilmondo. Pace, agli uomini dibuona volontà. È il nostroaugurio per tutti e per ciascu-no.

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La nascita di Gesù,sorgente della santità

Orizzonti

Cari fratelli e sorelle,l’avvicinarsi delle feste del no-

stro fondatore e del Natale, mi ani-ma a scivervi qualche riga e augu-rarvi una celebrazione piena di gio-ia e significato. Dalla nascita diNostro Signore, tutte le generazio-ni hanno visto come siano sortiuomini e donne straordinari chehanno fatto della presenza di Cri-sto, un’esperienza reale nelle lorovite e nelle loro società. San Gio-vanni de Matha è stato uno di loronei secoli XII e XIII, ha fatto diCristo una priorità nella sua vita, enegli sforzi per compiere la volon-tà di Dio ha solo lasciato il postoagli interessi di Cristo. Papa Inno-cenzo III ha concesso un’appro-vazione chiara e ferma della Rego-la di San Giovanni de Matha, dopoessersi assicurato che Giovanni sta-va cercando il Regno di Dio invecedel proprio tornaconto personale,“… risulta chiaro che cerca l’inte-resse di Cristo più che il proprio”.Cari fratelli e sorelle, avvicinandosirapidamente l’VIII Centenario del-la morte del nostro fondatore, Gio-vanni de Matha, e il IV Centenariodella morte del Riformatore, Gio-vanni Battista della Concezione, fateche la festa del fondatore di que-st’anno e di quelli successivi, siaparticolarmente significativa pertutti noi!

Aspettando i grandi centenaridel 2013, permettetemi di annun-ciarvi con grande gioia la data diquesto evento nella storia della no-stra famiglia: l’Anno Giubilare ini-zierà il 17 dicembre 2012 e si con-cluderà il 14 febbraio 2014. Il Con-siglio Generale ha approvato que-ste date ufficialmente. In attesa didiscutere i dettagli della preparazio-ne dell’anno dei centenari, annotia-mo le date nelle nostre menti e se-gnamole sui calendari. Che il ricor-do grato della generosità di SanGiovanni de Matha, che ha donatototalmente se stesso e i suoi benialla persona e al progetto di Cristo,liberi i nostri cuori e le nostre vitedi tutto ciò che impedisce che la

presenza e l’azione di Cristo sianouna realtà per noi.

“Diede alla luce il suo figlio pri-mogenito, lo avvolse in fasce e lodepose in una mangiatoia, perchénon c'era posto per loro nell'alber-go” (Lc 2, 7). “Venne fra la suagente, ma i suoi non l'hanno accol-to” (Gv 1, 11). Fare posto a Cristonelle nostre vite, nelle nostre co-munità e nei nostri progetti, è lamigliore preparazione per il Natale.Oggi il mondo ha un grande e ur-gente bisogno di Dio e della sua li-berazione. Soltanto con la presen-za viva della Parola Incarnata, èpossibile sanare le vite spezzate.Ogni volta che incontro vari grup-pi del popolo di Dio dove sono pre-senti e attivi i membri della Fami-glia Trinitaria, sono certo di questanecessità. La gente ha fame e setedi Dio e del suo dono di libertà esalvezza. Sono tanti che soffronoin molti modi, molti che sperimen-tano differenti forme di schiavitù.

In questa occasione, non vogliodimenticare il terribile massacro di45 cristiani, tra loro due giovanisacerdoti, avvenuta a Bagdad, Iraq,il 31 ottobre u.s. Un terzo sacerdo-te, ferito gravemente, è deceduto ilgiorno seguente. Negli ultimi setteanni, i cristiani iracheni sono statil’obiettivo di costanti ondate di at-tacchi nelle chiese, negozi e anchea livello personale. Come risultatodi ciò, più della metà dei cristianiiracheni ha abbandonato il paese,mille di loro sono stati assassinati emolti conventi sono stati bombar-dati. Le differenti scene della per-secuzione dei cristiani in tutto ilmondo non possono restare noti-zie sensazionali per noi trinitari, alcontrario, dobbiamo condividere lesofferenze di Cristo essendo soli-dali nella preghiera e nell’azione conl’umanità afflitta, in modo partico-lare verso coloro che soffrono acausa della loro fede in Cristo. Dob-biamo essere coscienti di questasituazione e compiere lo sforzo ne-cessario per condividere queste

I Centenari del 2013

I nuovi martiri cristiani

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Orizzonti

di P. Fr. Josè Narlaly*

GLI AUGURI DEL MINISTRO GENERALE OSSTTorniamo al Vangelo, dove la Parola Incarnatacontinua a indirizzarsi ai nostri cuori,rivelando il suo immenso amore per ciascuno di noi

notizie con i nostri fratelli cristiani,promuovendo la preghiera e la pe-nitenza in sostegno a coloro chesono sottomessi ad una così terri-bile sofferenza. Facciamo che lanostra organizzazione del Sit sia piùattiva nel servizio a questa impor-tante causa, sia a livello internazio-nale che regionale.

Solo chi ama personalmenteCristo e si impegna con lui, potràaccoglierlo nella sua vita. Questomi ricorda che nel corso di que-st’anno, vari fratelli e sorelle dellanostra famiglia sono tornati al Pa-dre celeste, sono stati fedeli alla lorovocazione e hanno servito la nostrafamiglia con generosità. Tra loro,voglio ricordare P. Ignacio Vizcar-güénaga, che ha servito la FamigliaTrinitaria in modo eccezionale permolti anni, oltre ad essere MinistroProvinciale della sua Provincia eMinistro Generale dell’Ordine, hacercato senza sosta di aiutarci ascoprire le fonti del carisma del-l’Ordine e ha compiuto la revisionedelle nostre Costituzioni secondo lospirito del Concilio Vaticano II. P.Ignacio ha tralasciato i suoi inte-ressi personali per completare ladifficile missione che gli hanno af-fidato i miei predecessori, P. JoséHernández, e il precedente MinistroProvinciale, P. Daniel García. Hafinito di scrivere il libro della storiadell’Ordine dai tempi della Restau-razione fino all’ultimo Capitolo Ge-nerale del 2007. Durante la mia vi-sita pastorale dello scorso anno allasua comunità, mi ha confessato chegli risultava difficile completarequesta missione a causa della suaetà avanzata e della salute precaria.Però, con grande amore per l’Or-dine e con spirito di obbedienza, haterminato il lavoro alcuni mesi pri-ma di morire. Che valoroso figliodi Giovanni de Matha! Per P. Igna-cio, l’interesse di Cristo e il benedell’Ordine, erano fondamentali intutti i suoi compiti. Ha fatto postoa Cristo nella sua vita e sono certoche Cristo ha fatto posto a lui nellaCasa del Padre.

Torniamo al Vangelo, dove laParola Incarnata continua a indiriz-zarsi ai nostri cuori, rivelando il suoimmenso amore per ciascuno dinoi. Solo un cuore e una mente li-bera dalle preoccupazioni egoisti-che e affetti mondani, potrannosentire le vibrazioni del cuore diCristo che ci chiama. Con uno sfor-zo grande e perseverante, lasciamospazio nei nostri cuori e nelle no-stre vite a Cristo e al suo messag-gio. La società in cui viviamo con-tinua a bombardarci di distrazioni,attrative e realizzazioni personali,che spesso ci impediscono di la-sciare posto a Cristo. Fratelli e so-relle della Famiglia Trinitaria, ricor-date che oggi esiste il pericolo divedere la nostra vita consacratacome un rifugio in cui trovare ri-paro, invece di viverla come fontele cui acque devono spargersi persoddisfare la sete del popolo di Dio.La nostra vita e le nostre attivitàdevono scaturire da Dio, e solo al-lora il nostro ministero ci guiderà aDio, a coloro che soffrono e sonobisognosi, poiché solo Lui è la fon-te della salute e della salvezza. La-sciamo posto a Cristo e ai nostrifratelli e sorelle e saremo mediatoridella sua persona e del suo mes-saggio nel mondo in cui viviamo. Avolte, gli interessi personali inter-feriscono nella nostra comunionecon Dio e con la comunità. Dimen-tichiamo la nostra comodità e i no-stri interessi e diamo a Cristo lapossibilità di entrare nelle nostre vitee, in cambio, otterremo un facileaccesso al cuore di Cristo.

Che le prossime feste del pa-triarca della Famiglia Trinitaria e delNatale, riempiano ciascuno di voi digrande gioia e pace! Che ciascunodi noi, delle nostre famiglie e comu-nità, lasci più spazio a Cristo! Chel’interesse di Cristo e il bene comu-ne ci aiutino a dimenticare gli inte-ressi e desideri personali che inter-feriscono nella comunione e nel ser-vizio! Felice Festa di San Giovannide Matha e Felice Natale a tutti.

Vostro fratello.*Ministro Generale Osst

Ricordando Padre Ignacio

La fonte della salvezza

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Secondo le Scritture

FA’ QUESTO E VIVRAIAll’indifferenza del sacerdotee del levita, che videro e passarono oltre,risponde la misericordiadel samaritano che “ebbe cura di lui”

La libertà che piace a Dio

di Anna Maria Fiammata

L ’amore autentico, vero, è sem-pre un movimento che sgorga dalcuore; è condivisione in atto. Nelsuo nucleo più profondo tutto l’in-segnamento di Gesù, la Sua stessavenuta, iniziata nell’umiltà della na-scita e conclusa con la vittoria sul-la morte, sono come i raggi chepartono dalla stessa fonte e in piùpunti distribuiscono la stessa luce:l’amore di Dio e per il prossimosono la via per la vita eterna e pertornare alla fonte della luce.

È possibile che questa “vita eter-na” non sia altro che il camminodell’uomo verso la libertà, che nel-l’amore di Dio e per Dio ha la suaorigine e il suo compimento. La li-bertà umana da sola non basta. Sipuò essere liberi di fare, dire, pen-sare qualunque cosa, ma senza lavolontà tutto è solo una vana pro-messa. E quando vi sia anche lavolontà, essa potrebbe acceleraresolo un cammino di morte se non èben centrata in una tensione per lavita e per Dio.

Cosa resta della libertà umanaquando questa fuoriesce dalla ten-sione vitale per Dio e per l’eterni-tà? Forse i resti spettrali dell’egoi-smo e dell’orgoglio umani qualiunici segni del passaggio di una vitaumana; e quand’anche dovesseperpetuarsi il ricordo delle iniquitàumane, questo sconterebbe la penasenza fine della condanna, non del-l’approvazione. Sarebbe, cioè, eter-namente proiettato nel vortice delnon-essere, della non-vita, sarebbel’ombra sterile e muta che come unappestato respinge tutto e tutti ecostruisce la coltre dell’indifferen-za entro cui consumare la miseriadella vergogna umana.

“La carità non avrà mai fine. Leprofezie scompariranno; il donodelle lingue cesserà e la scienzasvanirà. … Queste dunque le trecose che rimangono: la fede, la spe-ranza e la carità; ma di queste piùgrande è la carità!” (1Cor 13, 8,13). Così l’Apostolo nel suo impa-reggiabile inno alla carità.

Anche l’evangelista Luca ci pre-senta il suo prezioso affresco dellaparabola del buon Samaritano comeicona dell’amore agito; amore, cioè,capace nella sua semplicità di an-nullare tutti gli schemi e mostrarein ogni tempo quale grande ricchez-za contiene la compassione per ilprossimo: l’essere sacrificio gradi-to a Dio e caparra di vita eterna.L’indifferenza del sacerdote e dellevita per le sofferenze di un uomoassalito e percosso dai briganti su-bisce un duro colpo dalla compas-sione del samaritano. Mentre nel-l’indifferenza rimane soffocato ognislancio vitale, ogni moto verso l’al-tro che fa dire “io sono con te” eche rende libera la natura umana;nella carità del Samaritano, l’esclu-so, l’emarginato, il contestato, siincarna il modello da seguire. Ad-dirittura Gesù invita il dottore dellalegge ad imitare il Samaritano. Qualeaffronto per un dottore della legge!Uno che in poche battute dimostradi conoscere bene i precetti dellaLegge! Infatti, la sua risposta è per-tinente, precisa come il movimen-to di un pendolo.

Gesù aggiunge: “Fa’ questo e vi-vrai” (Lc 10,28). La risposta diGesù sembra avere una forte cari-

ca eversiva se si pensa che un dot-tore della legge mosaica, giudeo,viene invitato ad imitare un Sama-ritano se vuole guadagnarsi la vitaeterna. Un po’ di storia può aiutar-ci a comprendere il senso delle af-fermazioni di Gesù.

Ai tempi di Gesù l’ostilità traGiudei e Samaritani era ancora viva.Gli abitanti della Samaria erano con-siderati scismatici, veri e propri pa-gani. Sotto un profilo strettamentestorico i samaritani del tempo diGesù erano i discendenti degli ebreirimasti nel territorio di Israele (Re-gno del Nord) al momento delledeportazioni effettuate da Sargon II,re degli Assiri; deportazioni che in-teressarono perlopiù i notabili tra gliebrei. Quelli invece rimasti si fuse-ro con altre popolazioni pagane chesi stanziarono sullo stesso territo-rio e sempre a seguito di deporta-zioni. Non è da escludere un pro-cesso di reciproca contaminazionetra le religioni, ma è attestato altre-sì che vi fosse un abbondante nu-cleo di popolazione di stirpe ebrai-ca rimasto fedele al Dio di Mosè,con alcune varianti, tra cui quelladi effettuare il culto nel tempio co-struito sul monte Garizim, nellaSamaria, e non nel tempio di Geru-salemme.

Il dottore della legge che inter-pella Gesù nella scena lucana “re-spira” il clima di ostilità nei confrontidei samaritani, accusati di essereadoratori degli dei pagani. EppureGesù mostra affetto per quel sama-ritano che non era rimasto indiffe-rente di fronte alle sofferenze di unuomo, come invece avevano fatto ilsacerdote e il levita. Alquanto sin-golare è il fatto che due uomini, lacui condizione sociale lasciava le-gittimamente pensare ad una specialepropensione per il bene del prossi-mo, fossero invece rimasti, nei fat-ti, un passo indietro distanti rispettoalle aspettative di persone pronte adaccoglierne l’insegnamento. Anco-ra un po’ di storia. Lo status di sa-cerdote comprendeva funzioni e pre-

“Non è la parentelache ci fa l’unl’altro prossimi,ma la misericordia:non c’è nienteinfatti di piùconformealla natura quantoaiutare chicon noi partecipadella stessa natura”

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Secondo le Scritture

stigio piùimportanti diquanto non lofossero quellispettanti ai leviti. Iprimi rispetto ai se-condi, infatti, rivendica-vano la loro discendenzapatrilineare da Aronne. Tutti peròerano in qualche modo addetti allasorveglianza e alla custodia del Tem-pio ed esprimevano autorevolmentela propria fede in Dio, giovandosi delpotere, solo a loro concesso, di farei sacrifici cultuali.

“Chi è il mio prossimo?”, chie-de a Gesù il dottore della legge.

“Invece un Samaritano, che erain viaggio, passandogli accanto lovide e n’ebbe compassione. Gli sifece vicino, gli fasciò le ferite, ver-sandovi olio e vino; poi, caricatolosopra il suo giumento, lo portò auna locanda e si prese cura di lui”(Lc 10, 33-34). È tutto qui. Conqueste parole Gesù risponde alladomanda proditoria. Non può chestupire la libertà del Samaritano checon la compassione e l’aiuto offer-ti all’uomo sofferente celebra ilculto dell’amore gradito a Dio al dilà e oltre gli schemi dei rituali cuisono avvezzi il sacerdote e il levitacon le loro funzioni nel tempio.

Ma da dove nasce questa liber-

“Non siedo con gli uominimendaci e non frequento i simula-tori” (Sal 26,4). Non gli apparten-gono le pantomime rituali, più vici-ne a culti propiziatori pagani, chead un luogo di incontro con il Si-gnore. È possibile che fra questiuomini mendaci e simulatori si ag-girino quel sacerdote e quel levitache hanno lasciato sofferente unuomo aggredito e picchiato dai bri-ganti; così come è possibile che ilsamaritano sia “buono” non soloperché ha compassione dell’uomosofferente, ma anche perché, comere Davide, non si riveste di alloroper una buona azione e non vive lasua integrità come una concessio-ne fatta a Dio.

Tale integrità è infatti un mododi essere, sempre soggetto a verifi-ca, diremmo, da parte del Signore,e il dono più bello che Gli si possafare è giungere ad assumersi la re-sponsabilità e la libertà di amare ilprossimo. Quindi anche Lui. Comeha fatto il Samaritano.

tà? Perché il sacerdote e il levita nonsi affrancano dal giogo dell’indif-ferenza per il dolore del prossimo?

Può darsi che sia proprio que-sta indifferenza, questo “ve-

dere e passare oltre”, lospazio informe in cui

si perdono tutte leemozioni, le pas-sioni e i senti-menti, che non

fanno in tempo ad arrivare al cuoree a plasmare e trasformare l’uomo.Scrive Sant’Ambrogio nel suo com-mento al vangelo di Luca: “Non èla parentela che ci fa l’un l’altroprossimi, ma la misericordia, per-ché la misericordia è conforme allanatura: non c’è niente infatti di piùconforme alla natura quanto aiuta-re chi con noi partecipa della stes-sa natura”.

Questa natura umana, allora,sembra avere una vocazione alla li-bertà da tutto quanto possa frenareogni slancio di amore per il prossi-mo. Forse si tratta di una libertà chenasce dalla conversione e da uncuore orientato a Dio.

È con questo cuore che Davi-de, orante, grida a Dio la sua inno-cenza. Non può esservi richiesta diaiuto a Dio se non con cuore puro.E questo re Davide lo sa. Davidechiede di essere riconosciuto inno-cente e sa che tale riconoscimentopotrà essergli concesso solo se ilsuo amore per Dio non è sottile,

patinato, né nascosto nel pregio deitessuti di cui son fatti gli abiti sa-cerdotali; ma se viene riconosciutocapace di accogliere nel suo intimoDio. Re Davide protesta la sua in-nocenza e non lo fa con sacrifici oglorificandosi, ma offrendo tutto sestesso per essere messo alla provaed essere “scrutato” nel cuore enella mente dal Signore.

La sua innocenza è autentica,respinge l’artificio e la su-

perficialità del gestorituale e dei regali; edè per questo che eglidice:

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Pagine sante

Araldi del Cristo Liberatore

MAI PIÙ SCHIAVI DEL CONFORMISMOIl carisma dei Trinitari nella societàcontemporanea è chiamato ad essere eloquentesegno di liberazione dall’idolo della divina Indifferenza

“Santa Maria,donna del primosguardo, grazieperché curvasu quel bambinoci rappresentitutti”

di Andrea Pino

Spesso il male di vivere ho incon-trato: /era il rivo strozzato che gor-goglia, /era l’incartocciarsi della fo-glia /riarsa, era il cavallo stramaz-zato. /Bene non seppi, fuori del pro-digio /che schiude la divina Indiffe-renza: /era la statua nella sonnolen-za /del meriggio, e la nuvola, e il fal-co alto levato. Chi non ricorda que-sta celebre pagina di ‘Ossi di seppia’di Eugenio Montale? Questi versidove le immagini così concrete e rea-li, evocate dal poeta, quasi fotografiein alta definizione prese dal mondonaturale, si tramutano in emblemi crip-tici, in una sorta di simboli dove è tra-scritto in forme cifrate il senso del-l’esistenza, il triste destino dell’uo-mo, con quelle sue poche e illusoriesperanze. La foglia arida, accartoccia-ta dal sole, il gorgoglio quasi imper-cettibile, monotono, del rivolo d’ac-qua che si prosciuga, non potevanoche esprimere per Montale l’assolutainfelicità della condizione umana chesi traduce in una condanna inelutta-bile all’esistenza, come se l’uomo fos-se inevitabilmente vittima di un Fatogreco, così oscuro, incomprensibilema potentissimo. Tanto potente darendere inutile qualsiasi sforzo permutarlo. Già, “così filarono le Moi-re…”: era questa un’espressione ri-corrente nei poemi omerici per indi-care il definitivo senso di sconforto edi impotenza da parte dell’uomo nelcomprendere sé stesso e il significa-to ultimo del proprio essere. Le Moi-re erano infatti divinità pagane pre-poste a tessere il filo dell’esistenza diogni vivente. Filo che dunque corre-va veloce, inesorabile, incontro alpersonale destino di ognuno. Ed eccoallora quel male di vivere che divieneconcretezza, tanto che il poeta puòaddirittura affermare di averlo incon-trato. Sì, perché questo stato d’ani-mo domina letteralmente la nostraepoca e plasma la coscienza dell’uo-mo contemporaneo. Come si può nonvederlo? Si dipinge sui volti, si dif-fonde nelle parole, s’insinua nei pen-sieri. Montale descrive bene l’idea divita che il nostro tempo sembra averprodotto e propagandato: il benefico

e santo ideale della Provvidenza cheregge il mondo e la storia e nella qua-le dubbi e inquietudini umane pote-vano finalmente trovare risposta at-traverso l’esperienza meravigliosadella Fede, è stato sostituito dallagelida Indifferenza ormai divinizzatache indica l’unica strada di saggezzanell’invito a restare passivi e insensi-bili dinanzi ai sentimenti di gioia o disofferenza, proprio perché ansie epaure, speranze ed attese sono desti-nate a dibattersi in sé stesse, come inuna sorta di labirinto cretese senzaalcuna via d’uscita. Se lo sguardo fi-ducioso che si volge alla Provviden-za di Dio Padre era il messaggio limpi-do attorno al quale ruotavano la Com-media dantesca e gli scritti di Manzo-ni, il pensiero di Montale prosegueinvece sulla scia del pessimismo co-smico leopardiano e della filosofiadell’illusione di Schopenhauer. In-somma, altro che life in technicolor!

Eppure, questo modo d’intende-re la vita, modellandola attraverso ilprincipio filosofico dell’Indifferenza,non è affatto nuovo per noi cristiani.Infatti lo conosciamo bene, perché haradici storiche profonde: era il pen-siero di quei maestri che Paolo incon-trò all’Aeropago di Atene dopo avernotato l’altare dedicato al Dio Igno-to. Era soprattutto l’insegnamentodegli Stoici che identificavano la con-dizione del sapiente con l’indifferen-za ad ogni emozione, l’Apatia, oppu-re quello degli Epicurei che intende-vano la felicità come l’Atarassia, cioèl’assenza di qualsiasi bisogno, turba-mento o dolore. Era in definitiva ladottrina del filosofo Celso che, vis-

suto sul finire del II sec., fu autoredella più nota opera anticristiana del-l’epoca anticha, il Discorso Vero. Inessa si esprimeva una totale riprova-zione per quella pretesa della culturagiudaico-cristiana di concepire l’uo-mo non solo elevato per dignità alvertice della creazione, ma addiritturacustode di quest’ultima: “Com’è pos-sibile che si dica: c’è Dio e subitodopo Lui ci siamo tutti noi, nati daLui e in tutto simili a Dio e a noi sonosubordinate tutte le cose, la terra el’acqua e l’aria e le stelle, e tutto èfatto per noi ed è ordinato per servir-ci?”. Seguendo la tradizione del pen-siero greco, Celso non poteva che ri-tenere il cosmo come un organismopassato attraverso grandiosi cicli didissolvimento e rinascita e in cui l’uo-mo è solo un ospite. Ma nelle sueparole è giudicata come un’assurditàsoprattutto l’aspirazione ad una reli-gione personale in cui un Dio provvi-dente e benevolo si pone ad osser-vare le azioni di ogni singolo uomo,considerandolo una sua propria cre-atura, e ancor più un suo figlio daamare. Il Dio di Celso, come quellodegli altri pagani colti del suo tempo,non poteva nella maniera più assolu-ta farsi carne, poiché la materia eraconsiderata l’estremo opposto dellospirito, una sorta di carcere da cuil’unica aspirazione per l’anima eraquella di fuggire.

Il cristiano però è colui che non siadegua all’imperante conformismo.No, noi non accendiamo ceri sull’al-tare dell’idolo della divina Indifferen-za, non ci inginocchiamo ad incensa-re “la statua nella sonnolenza delmeriggio”. Siamo chiamati invece,ancora una volta, a suscitare il piùsconvolgente degli interrogativi: Curdeus homo? Perché Dio si fece uomo?Ha dunque ancora un significato peril nostro tempo parlare di un Salvato-re, di un Verbo di Dio che si fa carne?Tornare a riflettere su quel misteroche il sentimento cattolico definiva“Sacro inizio della nostra redenzione”e la spiritualità ortodossa come “Pic-cola Pasqua”? Ne siamo certissimidavvero! Oggi più che mai, l’uomo

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Pagine sante

PENSANDOCI BENEa cura di P. Luca Volpe

L’amico ebreoSiamo alla fine degli anni 80, la vigila della caduta delmuro di Berlino. La comunità provinciale trinitariaaveva pensato di aprire una casa di accoglienza per iprofughi provenienti dall ‘Est, cioè oltre la cortina diferro, per intenderci: Russia e paesi satelliti, chevenivano denominati così. Nella nostra casa diPalestrina in quel periodo sono passati oltre 500ospiti di diverse nazioni e distinte esperienze religio-se. Ricordo con ammirazione un vescovo noncattolico, con la sua numerosa famiglia, i coripolifonici di cui abbiamo potuto apprezzare il valore ela bellezza dell’esecuzione, i matrimoni celebrati nellanostra casa, i battesimi, l’inserimento faticosoall’inizio, ma con il passar del tempo, un immensotesoro, sia per la cittadinanza come per gli alunniinseriti nella scuola italiana e i lavori eseguiti incampagna e altrove.Ogni sabato si celebrava “il cammino della luce” cioètutti muniti di candela, si percorreva un tratto distrada, sotto il portico durante la pioggia e il freddointenso oppure nel giardino. Si concludeva il tuttocon un preghiera secondo le esigenze religiose, nelrispetto reciproco, nella partecipazione gioiosa e

guidata in alternanza. Alle volte un gelato, una fettadi anguria, una torta o regalo gentilmente offerto daqualcuno chiudeva la serata. Bei momenti vissuti!Potremo definirli oltre che di convivenza anche disano e autentico ecumenismo.Era il secondo ebreo che si venne a inserire nelnostro gruppo. Un tipo litigioso e scontroso. Lo sidovette cambiare di luogo parecchie volte perchénon congegnava con nessuno. Arrivò anche per lui iltempo della partenza e come al solito si celebròl’addio e il ringraziamento per i benefici ricevuti dalbuon Dio. Alla fine come di consueto si lasciava laparola a colui o coloro che dovevano partire. Qualchesincera lacrima a volte non mancava.Il nostro amico ebreo, prese la parola e, posso riferiresolamente il succo del suo discorso disse: “sieteveramente una comunità bella e cristiana, siete staticapaci di sopportare me senza grandi incidenti. E’ laprima volta che mi capita.Dall’alto vi colmi di ogni bene il nostro Dio facciarisplendere il suo volto e vi benedica con abbondan-za di benedizioni”. “alla tua maniera tu lodi il tuo Dio”gli risposi.”

ha bisogno di questo santo e incredi-bile annuncio, e lo anela e lo attende,magari anche senza averne nell’animopiena consapevolezza, perché dietro ilmuro di quella che facilmente apparecome incompatibilità della nostra epo-ca con il senso del sacro, altro non sicelano che fragilità e tristezze. Fragili-tà e tristezze figlie di quell’Indifferen-za che prima d’essere un concreto at-teggiamento verso il prossimo, è dive-nuto un principio ideale al quale vieneaddirittura attribuita una falsa dignitàmetafisica. Il carisma dei Trinitari è al-lora chiamato a divenire eloquente se-gno di liberazione dalla dittatura di

quest’idolo. Ma come fare a vincerlo?Il nostro amato don Tonino Bello, me-ditando su quella notte santa di luce,chiedeva a tal fine la grazia della tene-rezza: “Santa Maria, donna del primosguardo, donaci la grazia della tene-rezza. Le tue palpebre quella notte sfio-rarono l’Agnello deposto ai tuoi piedicon un tiepido brivido d’ala. Le nostreinvece si poggiano sulle cose pesanticome pietre. Passano sulla pelle, ruvi-de come stracci di bottega. I tuoi oc-chi vestirono di carità il Figlio di Dio. Inostri invece spogliano con cupidigiai figli dell’uomo. Al primo contatto delletue pupille con la sorgente della luce

si illuminarono gli sguardi delle gene-razioni passate. Santa Maria, donnadel primo sguardo, grazie perché cur-va su quel bambino ci rappresenti tut-ti. Tu sei la prima creatura ad aver con-templato la carne di Dio fatto uomo enoi vogliamo affacciarci alla finestradegli occhi tuoi per fruire con te diquesta primizia. Ma sei anche la primacreatura della terra che Dio ha vistocon i suoi occhi di carne e noi voglia-mo aggrapparci alle tue vesti per spar-tire con te questo privilegio”. Sì, l’In-differenza può essere vinta solo risco-prendo la portata travolgente del mi-stero che l’uomo è in sé stesso, quel-l’enigma irrisolto, sospeso tra finito einfinito, perfettamente simile alla natu-ra del cosmo cui appartiene eppurecosì estraneo ad esso per il forte desi-derio che prova di aspirare ad una vitaimmortale. E tutto questo, l’enigma chesentiamo di essere nelle nostre perso-ne altro non fa che rimandarci a qual-cosa di più alto e più grande, a queltrascendente sceso in terra e alla cuigioia il credente non vuole a nessuncosto rinunciare! Mistero quest’ulti-mo che ci supera e ci sovrasta, chepossiamo solo intuire nella sua bellez-za anche se non pienamente esprime-re, come Dante nel finale del Paradiso:“A l’alta fantasia qui mancò possa, /ma già volgeva il mio disio e ’l velle, /sìcome rota ch’igualmente è mossa, /l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

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Magistero vivo

di Giuseppina Capozzi

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Nell’Enciclica Mens Nostra PioXI scriveva che “la grande malat-tia dell’età moderna è la mancanzadi riflessione, quella corsa continuae veramente febbrile verso le coseesterne, quella smodata cupidigiadelle ricchezze e dei piaceri, che apoco a poco affievolisce negli ani-mi ogni più nobile ideale, li immer-ge nelle cose terrene e transitorie enon permette loro di assurgere allaconsiderazione delle verità eterne”.Ma la negazione di una realtà og-gettiva conduce alla tristezza delcuore. Ne consegue la malattia dellospirito che, per Kierkegaard, è laperdita della possibilità di scegliereliberamente tra il bene e il male. Laprospettiva perde in libertà per di-pendere da pseudo-valori impostidall’esterno: si tratta dell’indifferen-za ai valori autentici! Mai comeoggi l’ambiente culturale e lo stiledi vita hanno avuto modo di pene-trare in modo così dispotico nellecoscienze. Gli stimoli ambientaligenerano, sulla personalità indivi-duale, una pressione informativo-educativa che presenta le tesi piùdiverse senza indicare quelle signi-ficative che trascendano l’uomo,comprendendolo. Venendo meno laricerca di significato, le tesi propo-ste sono destituite da quella dimen-sione profonda che dà senso allarealtà. Si finisce, così, per operareuna scelta nichilista: cioè una non-scelta. La libertà cui si inneggia di-venta dissolvimento della identità,nella direzione della variabilità emutevolezza. Frantumare la libertàin molteplici scelte, inoltre, deter-mina un indebolimento della volon-tà. Il consumismo della libertà por-ta, quindi, alla fragilità della volon-tà naturale, che non conseguel’obiettivo della libertà autentica“per me”. L’uomo, infatti, pur con-

Papa Pio XI

dizionato dalla sua corporeità, cul-tura, educazione, poiché è esserespirituale può distaccarsi da se stes-so, essendo libero di determinarein qualsiasi momento la destinazio-ne di sé. E’ naturale, quindi, perl’uomo trascendere se stesso peramare l’altro e tendere alla verità.La verità è sete di conoscenza, didesiderio, di sintonia con l’altro, direalizzazione di se stessi. Annien-tando il desiderio del vero, si per-viene all’indifferenza, che è l’op-posto della libertà. Si corre, così, ilrischio di accorciare, soprattuttonei giovani, la misura del desiderio,della conoscenza, di perseguire ilnulla. Ma la vera libertà è nella ve-rità e la verità cristiana è sempre insintonia con quella del cuore. Ilperiodo storico presente dellapostmodernità, invece, ci consegnala convinzione che non ci sia unaverità, bensì molteplici verità. Anziè più opportuno dire: tante veritàquanti siamo noi uomini. L’esisten-za di verità individuali prevede cheognuno sia libero di fare quello checrede, in quanto è sempre nel giu-sto! Questo concetto presupponeche la realtà derivi interamente dal-la mente. Come dicevaCartesio:“Cogito ergo sum”, pensodunque sono. La mente non sco-pre quindi il senso delle cose, malo crea. Tutto sembra partire dallamente umana. Come diràNietzsche:“È finita l’epoca dellarealtà, è iniziata quella dell’interpre-tazione”. Accecata dall’obiettivoprevalente del potere, quindi, lamente umana genera follie. Queste,però, cadono nello scorrere deltempo, una dopo l’altra, a differen-za della Verità di Dio. La scienza ela tecnologia moderne, pur non riu-scendo a soddisfare il senso reli-gioso, non hanno potuto neanche

sopprimerlo. E l’homo indifferens,non cessando di essere homoreligiosus, è alla ricerca di unareligiosità sempre nuova. Vivendo,però, nella cultura dell’indifferen-za, si sviluppa il relativismo che ènegazione della verità.

La verità è un termine ricorren-te sul quale si basa l’orientamentodi tutta l’umanità. Oggi, più che mai,è messo in crisi da un relativismoimperante e assoluto, una dittaturadel relativismo che fa sentirefuoriluogo e fuoritempo chi non visi adegua. L’unica certezza sembraessere la relatività, ma quando ilfondamento dell’esistere è relativo,tutto perde consistenza e valore. Sicrea un clima di incertezza, di in-stabilità, di inquietudine che nonconsente di avviare un dialogo vero,con se stessi e con gli altri. Il dialo-go autentico può solo fondarsi suuna visione forte della persona,dove per forte si intenda struttural-mente vera. Vero è, per definizionelinguistica, ciò “che possiede in mi-sura totale e in modo incontestabilele caratteristiche proprie del suoessere, della sua natura”. La veritàè strettamente riferita all’intelligen-za ed altro non è che: adeguazionetra le promesse e i fatti realmentecompiuti, tra le intenzioni e i gesti,tra i concetti e le cose, si potrebbeanche definire come coerenza, fe-

BENEDETTO XVIL’indifferenza cui fariferimento il Papaè quella di chi nonvede in Dio un valore,cioè qualcosaper cui valga la penaimpegnarsi

Papa Benedetto XVI

Nella coscienza di ciascunola sede di tutte le regole.Per un umanesimo integrale

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Magistero vivo

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deltà, corrispondenza. Per SanTommaso la verità prima è l’ogget-to proprio della fede soprannatura-le, per S. Josemaría Escrivá è com-prensione intelligente della Verità difede. L’Occidente secolarizzato perla prima volta nella storia sta ten-tando, afferma C. Caffarra, di edi-ficare la sua umanità come se Dionon esistesse, riponendo la sua sal-vezza solo in se stesso. Questoconduce l’uomo alla disperazioneper ostinazione, come la chiamavaKierkegaard. Ecco che BenedettoXVI pone l’attenzione sul-l’“indifferenza per ciò che costitu-isce la vera natura dell’uomo”: unavisione debole della specifica natu-ra umana lascia spazio ad imposi-zioni autoritarie. Ma è solamentenella coscienza che troviamo le re-gole della vera natura umana, se-condo giustizia e solidarietà(Familiaris Consortio, 8). E l’in-differenza cui fa riferimento il Papaè quella di chi non vede in Dio enella religione un valore, cioè qual-cosa per cui valga la pena impe-gnarsi: Dio è morto e non harilevanza per l’uomo indifferente,che può fare tranquillamente ameno di lui. Il fenomeno è diventa-to ormai di massa. I “credenti manon praticanti” perseguono i valoriche la modernità ha esteso e impo-sto come irrinunciabili (denaro,potere, successo) in una spiraleche richiede uno stare al passo coni tempi sempre più vorticosi e in-calzanti (“il tempo è denaro”); questivalori irrompono, in contraddizio-ne con quelli cristiani o comunquedi una vita religiosa. Il nuovo stiledi vita, di forte industrializzazioneed urbanizzazione, impregnato daun unico criterio di verità (quellodell’illuminismo settecentesco),decreta l’irruzione di una nuova

ideologia: l’ideologia del benessere.Scopo della vita umana è raggiun-gere il massimo benessere fisico,psichico e spirituale, eliminandoogni sofferenza o disagio. L’unicavita è questa sulla Terra: qui ed oradevo vivere nel miglior modo pos-sibile. Unica fonte di conoscenzariconosciuta è la ragione, che èunico criterio di verità, umiliato daun cristianesimo ovviamente irra-zionale e nemico della scienza e delprogresso. Il distacco dalla spiri-tualità, così radicato, conduce adun materialismo sfrenato, forte-mente imposto dai mezzi di comu-nicazione invasiva e psicologica-mente costrittiva. La velocità del di-venire storico, in realtà, sta ponen-do l’uomo in una condizione di an-nientamento fisico-spirituale,demonizzando tutto ciò che richie-de sacrificio, rinunce, impegno, afavore di un benessere fine a sestesso che si consuma così rapi-damente da non lasciare tracce diappagamento e di senso. L’ideolo-gia del benessere si inserisce in unaodierna corrente di pensiero inat-taccabile in quanto inconsistente.Essa fa leva sulle debolezze uma-ne, proponendo critiche continue atutti i valori autentici, colpevoli di

ridurre la libertà individuale, ingab-biare il libero comportamento, uti-lizzare dottrine obsolete, imporrestili di vita riduttivi. Questa conce-zione ama giocare sull’equivoco,sfugge a posizioni dottrinali preci-se, preferisce l’indeterminatezza, lavaporosità degli atteggiamenti, pri-vilegia i sentimenti e gli stati d’ani-mo contingenti, insinua e critica ne-gativamente senza una dialetticasostanziale e costruttiva. Si trattadi un naturalismo improntato al-l’istinto, all’ascolto esclusivo dellavox populi, alimentata da esempi diinsofferenza e diffidenza verso tut-to ciò che può interrogare una ra-gione che accetti logiche che lasuperino, se pur accogliendola. Lescelte devono sempre essere fluideed elastiche per poterle adattare almomento, quello che è maggior-mente in sintonia con l’opinionepubblica altalenante e volubile. Mala fermezza, la coerenza, la chia-rezza non possono essere irrisi, senon addirittura demonizzati. I rife-rimenti valoriali hanno la funzionedi tracciare un percorso che ci haconcesso di giungere, nellacontemporaneità, a quello che sia-mo. Diventa urgente, allora, rintrac-ciare gli elementi costitutivi di unanuova stabilità dove, per nuova, siintende passato e presente nellaprospettiva di un umanesimo inte-grale.

Questo percorso può ripartiredalla realtà oggettiva dell’uomo inrelazione. Ciò che davvero distrug-ge il nichilismo, come negazione disenso e individualismo assoluto, èla partecipazione al destino dell’al-tro, la relazione con il prossimo,l’esigenza di incontro con qualco-sa che è al di là della nostra vitaterrena: l’espressione di Dio cometrascendenza.

Nella coscienza di ciascunola sede di tutte le regole.

er un umanesimo integrale

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Catechesi & Vita

di Franco Careglio ofm conv.

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La nuova cecità:non accorgersiLa nuova cecità:non accorgersi

TERESA DI CALCUTTACostruiamo una cittàin cui nessuno si senta straniero,scriviamo una storiadel cristianesimo spogliadi parole inutili,ma espressione delle beatitudini

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Catechesi & Vita

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Uno dei racconti più pungenti dell’evangelista SanLuca narra di un uomo molto ricco, che vestiva benee mangiava meglio. Aveva certo dalla sua anche lasalute; aveva una bella famiglia, altrettanto ricca epriva di pensieri per l’avvenire; insomma, conduce-va quella che si può dire una vita invidiabile. Neppu-re doveva lavorare. Che volere di più dalla sorte? Visono – e se ne deve ringraziare Dio – persone e fa-miglie, nella nostra società, che godono, attraversol’onestà e la fatica del lavoro, di tale benessere. Que-sto, secondo la mentalità antica, era una benedizionedel Cielo, e non vi sono motivi per dire oggi il con-trario; miseria e malattia erano invece indice del pec-cato e del relativo castigo. A parte ciò, nella tranquil-lità delle case ben riparate dal freddo e da ogni av-versità, si annida – in modo molto subdolo e silente– una forma di “schiavitù” dalla quale riesce moltodifficile affrancarsi. Soprattutto allorché l’obiettivoprimario è quello del benessere in ogni sua forma,dal lavoro all’eleganza della casa e degli abiti, al suc-cesso in società. Non si tratta qui di una retorica daCaritas parrocchiale. Tanto meno un pio richiamo afare l’elemosina. Si tratta piuttosto di una riflessionesu di una semplice domanda che ogni cristiano deveporsi: mi accorgo di chi mi sta a fianco? Oppure ilmio stile è quello della totale indifferenza, che dege-nera in puro egoismo, esattamente come il ricco diSan Luca, che non si accorgeva del povero morentedi fame sotto la sua tavola? Va ripetuto, non si vuolfare della morale risaputa.

Può essere utile leggere un divertente libro di JoséSaramago (1922-2010, premio Nobel per la letteratu-ra 1998) dal titolo “Cecità”. L’autore si dichiarò sem-pre ateo e materialista, ma certe sue analisi non pos-sono non far riflettere. Il libro narra di una città nellaquale scoppia una strana epidemia: tutti diventano cie-chi, si scoprono immersi in una strana nebbia bianco-latte, e siccome il male è contagiosissimo vengonorelegati in fatiscenti e luridi palazzi scrutati da soldatiche sparano a vista su chiunque abbia l’impudenza diuscire. Non si stupisce, l’autore, della stranezza dellamalattia (ce ne sono tante, al mondo), dell’inesistenzadi terapie (quante se ne devono ancora individuare),del governo che emargina senza pietà gli ammalati (siè sempre fatto, anche per mali ben minori). Si stupi-sce soltanto della risposta della città al fenomeno: trai sani a stento si trova chi sia al corrente di questamalattia, la vita prosegue nella sua normale frenesia eproduttività, e al di fuori del “lazzaretto” tutti godonopace e salute. Attenti solo a non avvicinarsi a queivecchi e sporchi edifici.

Il medesimo atteggiamento si riscontra, in misu-ra diversa ma non meno evidente, quando due o trepersone, dello stesso condominio, entrano in ascen-sore: una guarda ostinatamente in alto, l’altra fissa lasfilza dei pulsanti come se li vedesse per la primavolta, la terza tiene lo sguardo incollato a terra. Fi-nalmente la cabina si arresta al piano selezionato;una persona esce. Altro piano: esce un altro indivi-duo. Ecco la liberazione. Stare in uno spazio ristret-to costringe, volere o no, a guardarsi, a conoscersi,ad essere umani. Nulla di più fastidioso, dopo una

giornata di lavoro serrato. Si è già parlato abbastan-za, si è discusso, si è controbattuto. Ora lasciamoparlare la TV. Ma c’è un altro strumento, oggi, an-cor più silenzioso e personale della TV, che avvolgee protegge come una crisalide: il computer. Di fron-te a quello, tutto sparisce. I volti, le parole, i sorrisidelle persone vere sono sostituiti da quelli delle per-sone virtuali, che scompaiono appena danno un po’di fastidio.

Questa è la schiavitù della civiltà odierna: l’indif-ferenza. È il peggiore dei mali. Improbabile accor-gersi che al piano di sotto vi è una vecchietta che stamale, che è sola, che vi è una famiglia che non ce lafa ad arrivare alla fine del mese, che vi sono delledonne o dei bambini offesi, umiliati, usati. Improba-bile accorgersi della terribile sorte di lavoratori se-polti e languenti in una miniera, a meno che il LeleMora di turno non ne intervisti il figlio piccolo: “dim-mi, ti manca papà”?

Quanto detto finora è diagnosi. Dopo di questadeve venire la terapia.

Da sempre l’umanità ha portato con sé il sognodi un mondo totalmente umano, libero, fraterno, so-lidale. Il sogno si è realizzato in filosofie, in modalitàmorali, in formazioni religiose. Per i credenti in Cri-sto l’avverarsi del sogno non deriva dall’esperienzastorica, bensì dalla promessa divina. Il Gesù dellaRisurrezione è per noi la concretizzazione della pro-messa e la garanzia che l’impossibile può divenirepossibile. Anche l’indifferenza allora si può vincere.Quello del ricco di Luca non sarà più il nostro para-metro. Il solo nostro metodo di vita sarà la carità.Carità che non vorrà dire fare l’elemosina ai poveri,virtù encomiabile, ma così interna a questo mondodisuguale che, alla fine, può anche servire a far sìche esso si mantenga tale. In Cristo la carità è rive-lazione della condizione ultima dell’uomo, che nonpuò, fin d’ora, nè rimanere sola né da sola può ba-stare a se stessa. Carità è manifestazione dell’amorecon cui Dio ha amato e ama il mondo. Occorre ve-ramente la Risurrezione per capirlo, perché se ci af-fidassimo soltanto alle facoltà umane potremmo an-che dire che al di sopra dell’uomo c’è un cielo vuo-to. Tali sono gli abissi di malvagità o tale è la fragilitàumana, che parlare di una paternità amorosa di Diodiventa oggi più che mai rischioso. Ebbene, ad ontadi questo, noi, sull’esempio dei nostri santi, ripetia-mo la parola evangelica: sentiamo com-passione,costruiamo una città in cui nessuno si senta stranie-ro, scriviamo una storia del cristianesimo spoglia diparole, ma espressione delle beatitudini.

Ricordiamo le parole di una profetessa del no-stro tempo: il peggior male è l’indifferenza (B. Ma-dre Teresa di Calcutta).

Ciascuno di noi, dunque, sappia guardarsi attor-no, si renda consapevole che nessuno è straniero,come fece otto secoli San Giovanni de Matha. Pren-da la croce della carità, non a parole o a monetine,ma con i contrassegni della fedeltà, della pazienza edel sacrificio; affronti il tempo che viene con questasicurezza e questo coraggio. È questa l’imitazionedi Gesù Cristo.

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A tu per tu

di Vincenzo Paticchio

Come Pollicino:Dio mi lanciale molliche dal cieloed io le raccolgo

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PAOLOBROSIO

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A tu per tu

NEL 2009 LA CONVERSIONE

Conduttore televisivo, giorna-lista, scrittore, Paolo Brosio èsoprattutto il destinatario di unmiracolo di conversione che daun momento all’altro gli ha cam-biato la vita. Ci siamo avvicinatialla sua testimonianza per com-prendere in quali modi lo SpiritoSanto può agire sul cuore di unuomo stravolgendogli tutti i pro-grammi e rivoltandolo come uncalzino.

E scuote ancor di più quandoavverte quel senso di solidarietàcristiana che lo porta ad esserepreoccupato per le chiese vuote, igiovani lontani, gli sforzi dellaChiesa per avvicinarsi di più allavita della gente.

Poi c’è il cammino verso Me-djugorje che Brosio giudica pro-fetico. È insieme il ‘confessionaledel mondo’ ma anche la casa del-la felicità. Ecco perché lui ci tor-na sempre più spesso. Per ripara-re ‘tutti i dispiaceri dati a Gesù’durante una parte della sua vitaabbastanza disordinata, ma ancheper il bisogno di respirare quel‘profumo’ di lavanda che è l’odo-re della santità, l’anticamera delparadiso.

Chi avrà l’occasione di ascol-tarlo in uno dei tanti incontri chetiene su e giù per l’Italia si rende-rà conto dell’autenticità di questonuovo testimone che è rimastoidentico a se stesso, tale e qualecome lo si vede in tv, ma nuovonello spirito e nell’esistenza. Unaltro miracolo della fede.

Dott. Brosio, Madre Tere-sa di Calcutta diceva che l’in-differenza è il grande male delnostro tempo. I Trinitari nelmondo si spendono per libe-rare l’uomo da ogni forma dischiavitù, sia quella fisica chequella interiore, e pensanoche anche l’indifferenza sia unagrande schiavitù. Cosa è se-condo lei l’indifferenza e qualisono le forme più nocive concui si presenta?

L’indifferenza oggi consisteproprio nel non accorgersi deibisogni degli altri.

LA FORZA DELLA CONVERSIONEA colloquio con il noto giornalista televisivo, protagonistadi una grande esperienza di riavvicinamento al cristianesimoe di conversione del cuore dopo una vita alquanto disordinata

Continua a pag. 16

C’è un modo per curarla?Cosa dovrebbe fare ogni per-sona per non lasciarsi sopraf-fare da questa tentazione?

Per curare l’ indifferenzal’unica soluzione sarebbe cam-biare il proprio cuore, perchése non si cambia quello il malerimane. Non c’è altra soluzio-ne che questo problema, e percambiare occorre pregare mol-to.

Convertirsi al Vangelo è unpo’ abbandonare quelle formedi indifferenza che non permet-tono all’uomo di accorgersi delprossimo e dei suoi problemi.

È ancora attuale la parabola delSamaritano?

Sicuramente. Il Vangelo d’al-tronde è sempre attuale, è quan-to di più moderno esista sullasuperficie terrestre. Purtroppola secolarizzazione, il materia-lismo, l’edonismo impedisconoalle persone di guardare più inlà del proprio naso, come si suoldire.

Lei si sente un convertito?Quanto è difficile invertire larotta della propria vita e cam-biare marcia? Come si fa?

Paolo Brosio (Asti, 27 settembre1956) è giornalista e conduttore

televisivo. Entra nel mondo delgiornalismo a vent’anni, collabo-rando con la redazione pisana de

La Nazione, incominciandopresto anche a lavorare in

televisione a Canale 50.Dirige per qualche anno l’ufficio

stampa della squadra Pisa Calcio,organizzando con il presidente

Romeo Anconetani un’edizione diMitropa Cup in Italia.

Nel 1985 si laurea in giurispru-denza con il voto di 110 e lodeall’Università di Pisa. L’anno

successivo entra nella redazionedel Secolo XIX come addetto alla

cronaca nera e giudiziaria.Sposato e divorziato con

Serenella Corigliano, il 18settembre 2004 sposa con ritocivile la modella cubana Gretel

Coello, dalla quale si separa nel2008. Brosio racconta che questo

evento, cui si aggiungono lamorte del padre Ettore ed unattentato incendiario al noto

locale “Twiga Beach Club”, dicui è socio, lo avrebbero spinto

verso un baratro di droga, alcoole sesso. Solo la preghiera ed un

pellegrinaggio a Medjugorjeavrebbero segnato l’inizio di una

nuova vita, testimoniata in unlibro, uscito il 16 novembre 2009,dal titolo A un passo dal baratro

(Edizioni Piemme).Nel 1992 inizia la sua carriera

televisiva come inviato specialeper Studio aperto su Italia 1 e poi

per il Tg4 di Emilio Fede, rag-giungendo la

notorietà con loscoppio dello

scandalo diMani pulite, dicui ha parlatonel suo libro

Novecentogiorni sul

marciapiede.Avventure e

disavventure diun inviato a

Tangentopoli(1994).

Passa poi sullereti Rai nel

1997 dove ricopre un ruolo fissoalla trasmissione Quelli che il

calcio di Fabio Fazio e partecipaad alcuni programmi come

Domenica In, Italia che vai eLinea verde.

Nel 2006 è inviato nel realityshow L’isola dei famosi 4 su Rai

2.Dal 2008 è inviato nel program-

ma Stranamore.Grande tifoso juventino, in coppia

con Andrea Bonino è statotelecronista tifoso delle partite

della Juventus trasmesse daMediaset Premium fino al 2009.

Ha di recente pubblicato Profumodi Lavanda. Medjugorje, la

storia continua.

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A tu per tu

Bisogna contestualizzare il Vangeloai giovani di oggi con le loro tendenze,perché sebbene la Parola di Diorimanga invariata ed è intoccabile,la si deve portare tenendo contodella situazione in cui i ragazzi vivono,come hanno fatto S. Filippo Nerie S. Giovanni Bosco

Per avvicinarsi alla fede le vie del Signoresono infinite. Non posso fare un vademecum estabilire dei principi, posso solo raccontare lamia storia e se questa può servire anche solo aduna persona non potrei che esserne contento.

Nel suo ultimo libro, “Profumo di lavanda”,ha denunciato il fenomeno delle chiese vuote.Che tipo di segnale è secondo lei? Bisogna dav-vero preoccuparsi di questo allontanamentodalla religione?

Molto, credo che per la Chiesa, e soprattuttoper l’umanità, sia un problema gravissimo e dram-matico, perché non è sufficiente avere chiese concrocifissi lignei di grande valore o con dipinti im-portanti, o ancora con strutture architettonicheappartenenti al ‘300 o al ‘400 piuttosto che al ‘500.La cosa fondamentale è che la chiesa sia piena digiovani, e se questo non accade, sicuramente laragione è la mancanza e la riduzione degli oratori.Non a caso quando gli oratori funzionano bene,anche la chiesa si riempie di giovani.

Dunque manca un’adeguata pastorale gio-vanile nella Chiesa di oggi?

Si, penso che questo sia un problema impor-tante. Ci sono molti sacerdoti che si sono attivatiin questo senso, ad esempio don Maurizio Miril-li, responsabile della Pastorale Giovanile diRoma, quindi di una delle città più famose delmondo. Anche a Lodi e a Padova stanno speri-mentando l’apertura di locali da ballo annessialla parrocchia; i sacerdoti hanno fatto costrui-re dei forni a legna, quindi c’è modo di mangia-re una pizza insieme, cantare, ballare, la Chiesaè aperta e illuminata di notte per consentire l’ado-razione a quei giovani che volessero un’alter-nativa alla discoteca. È inutile mettere divieti,tassare, chiudere, sottoporre i conducenti delleauto all’esame del sangue e al test del pallonci-no, se non si creano anche delle possibilità discelta diverse. Bisogna contestualizzare il Van-gelo ai giovani di oggi con le loro tendenze, per-ché sebbene la Parola di Dio rimanga invariataed è intoccabile, la si deve portare tenendo con-to della situazione in cui i ragazzi vivono, comehanno fatto S. Filippo Neri e S. Giovanni Bosco.

Forse a quei tempi era più facile agire in que-

sto modo.Fondamentalmente il problema a quei tempi

era lo stesso di oggi. Serve un don Bosco delDuemila, che si metta a giocare a calcio con iragazzi. Non basta adesso avere solo un palloneper fare questo, ma occorrono strutture e serviziadeguati, se si vuole evitare che i giovani si rivol-gano verso luoghi che sono lontani da Dio. Ser-vono il campo di calcio, da tennis, la palestra,l’oratorio con la musica, la focacceria: il parro-co, insomma, deve travestirsi da “infiltrato”.

Parliamo di Medjugorje, che per lei è dive-nuta una meta di speranza e, da quanto lei scri-ve e afferma nelle interviste, quasi la fonte dellasua felicità, perché riesce a trascinarvi tantepersone per attingere coraggio ed alimentarela fede. Qual è il segreto di Medjugorje, dott.Brosio?

È il più grande confessionale del mondo, èuna fucina per la conversione dei cuori. Gesùdiceva che i profeti si vedono dai frutti, e questoluogo è un grande profeta, perché è stato sceltoda Dio con sei ragazzi, che oggi sono adulti re-sponsabili, che fanno il loro lavoro di evangeliz-zazione e testimonianza di quello che la Madon-na vuole dire all’umanità, e credo che questo siaun posto unico al mondo.

Anche tornarvi di frequente significa attin-gere sempre a questa grande fonte di fede?

Si. Il cardinale Tonini un giorno mi disse unafrase straordinaria, che io ho imparato a memo-ria: “Medjugorje è la più grande sorgente dispiritualità del mondo, là dove Gesù Cristo è alcontempo rubinetto e fonte viva di Spirito San-to”. Questa è la definizione più calzante di que-sto luogo.

Lei è un personaggio televisivo, e come talegode di un’esposizione mediatica invidiabile.In che modo la tv può essere strumento dievangelizzazione?

La televisione, se non è utilizzata come stru-mento di evangelizzazione, rischia di diventaremezzo di diffusione del male, megafono di Sata-na, della cronaca nera, dei pellegrinaggi dell’or-rore di Avetrana, dei killer, delle rapine, degli stu-pri, delle violenze, dei processi, delle sentenze,

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A tu per tu

Il cardinale Tonini un giornomi disse una frase straordinaria,che io ho imparato a memoria:“ Medjugorje è la più grandesorgente di spiritualità del mondo,là dove Gesù Cristoè al contempo rubinetto e fonte vivadi Spirito Santo”

degli arresti, degli avvisi di garanzia, delle sepa-razioni, dei divorzi, dell’eutanasia. Abbiamo vi-sto recentemente, nel programma di Fabio Fazio,ritornare la tematica dell’eutanasia di EluanaEnglaro; credo sia stato giusto far parlare suopadre, d’altronde siamo un Paese democratico,ma solo Dio poteva sapere se Eluana avresse vo-luto la morte. Perché allora non far parlare an-che la superiora delle suore che si erano offertedi adottarla, che le trasmettevano amore e dice-vano di ricevere da lei dei segnali di comprensio-ne e di lucidità? Il padre ha fatto staccare la spi-na, ma non era più lui che stava con Eluana.

Prima ero lontano da Dio e mi disinteressavodi questi problemi, pensando ai successi, allo sport,al divertimento, alle donne e ai piaceri effimeridella vita. Oggi mi pongo delle domande, e credoche se mi fossi trovato nella situazione di quel padreavrei combattuto fino all’ultimo istante per mia fi-glia; sono bastati tutti i dispiaceri che ho arreca-to a Gesù, per cui oggi cerco di rendergli tutto ciòche lui mi ha donato: la vita, la serenità, la pacedel cuore, la forza di affrontare i problemi.

Come riesce a conciliare il suo lavoro congli incontri e le testimonianze che offre ormaiin tutta Italia?

Questo dovrebbe chiederlo alla Madonna diMedjugorje, perché è Lei che me ne da la forza.Devi avere dentro di te un grande interesse perqueste cose; mi è capitato, per poter fare delletestimonianze, di rinunciare a tanti importantiappuntamenti sportivi a cui in altri tempi nonavrei mai rinunciato, e questo è un miracolo. Citoancora il cardinale Tonini, che mi diceva sempre“Lei, Brosio, è l’esempio di come Dio fa le cose,perché quando fa un lavoro lo fa davvero perbene: lei è stato ribaltato come un calzino”.

Questo Natale per molti italiani sarà triste.La crisi ha messo in ginocchio molte famiglie,le ultime alluvioni hanno distrutto lavoro e fa-tiche di tante persone, c’è chi porta con sé isegni di una malattia incurabile, ci sono i terre-motati in cerca di alloggio. Anche l’incertezzapolitica del nostro Paese non concede spazi alla

speranza. Questo Bambino per chi nasce? IlNatale può essere davvero un momento deci-sivo per ricominciare?

Sicuramente. Il Natale è il più grande appun-tamento con Gesù, è l’inizio della vita. La Pa-squa è quel dolore fisico di un Dio che soffrecome un uomo e poi resuscita, quindi queste oc-casioni sono momenti che bisogna cogliere alvolo per riavvicinarsi o avvicinarsi per la primavolta a Dio. Penso che tutte le difficoltà possanoessere superate solo con il Suo aiuto. Suor Cor-nelia a Medjugorje dice: “Tutti oggi parlano dicrisi economica, di difficoltà, di recessione, dimutui che non si possono pagare, di banche, rien-tri economici, difficoltà ad arrivare a fine mese.È tutto vero, ma nessuno parla mai della crisi delcuore della gente, nessuno dice la verità. Si puòavere anche un portafogli pieno, ma senza ilcuore pieno la vita non si affronta”.

Dott. Brosio, esistono i miracoli? Che cosasono?

I miracoli esistono, perché ne ha parlato an-che Gesù nel Vangelo. La loro funzione è la tra-smissione della Parola di Dio attraverso dei se-gni. Può accedere che ci siano abbagli e si pos-sa confondere un segno vero con uno falso, peròè innegabile che davanti ad un grande e ricono-scibile miracolo in cui opera potentemente Dionon c’è nulla da fare, se non mettersi in ginoc-chio a pregare la Sua potenza.

Lei ha mai ricevuto miracoli?Certo, io sto facendo come Pollicino da un

anno e sette mesi: Dio mi lancia mollichine dalcielo, io le raccolgo, le metto nel paniere e doposette, otto mesi scrivo un libro. Il mio libro è zep-po di miracoli che non avevo mai rivelato a nes-suno, o quasi.

Ricordando il suo passato e guardando alsuo futuro, lei oggi è un uomo felice?

Io sono molto felice, sereno, più forte di pri-ma e preparato per affrontare questo grandecompito che Dio mi ha affidato.

* ha collaborato Grazia Pia Licheri

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Nel cuore della capitalea due passi da S. Pietro

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Approfondimenti

di Claudio CiavattaCURA&RIABILITAZIONE

A colloquio con il prof. Mauro Montesi,Presidente dell’Associazione Italiana Podologi

Qualità della vita? Il segreto anche nei piedi

Il prof. Mauro Montesi

In questo numero parliamo delprofessionista che cura tutti gliaspetti preventivi, diagnostici e te-rapeutici del piede: dalle iperchera-tosi alle verruche, dal piede piattodel bambino alle affezioni dell’an-ziano. E lo faremo con il ProfessorMauro Montesi, Presidente nazio-nale dell'Associazione Italiana Po-dologi.

Chi è il podologo?Emergente tra le professioni

sanitarie, con una forte cultura del-la prevenzione e del servizio allacollettività, il podologo si avvia adessere un professionista indispen-sabile in Italia come in qualunquesistema sanitario moderno. Nel no-stro Paese, come negli altri paesipiù evoluti (Usa, Canada, RegnoUnito, Francia e Spagna,ecc.) siassiste, infatti, ad un progressivosviluppo della professione ed al ri-lievo che essa assume nelle strate-gie di prevenzione, cura e riabili-tazione. Fino a qualche anno fa,in Italia il ruolo della podologiaera considerato del tutto margina-le. La svolta si è determinata conl’introduzione nel 2000 della lau-rea e con numerose iniziative dimaster post-laurea. È così che nel-l’ultimo decennio si assiste ad unadecisa inversione di tendenza, siapresso le Istituzioni preposte allaSanità pubblica, sia presso la po-polazione, sempre più sensibile alrilievo che l’assistenza podologicaassume, soprattutto in tema di pre-venzione.

Quali sono le competenze delpodologo oggi?

Le competenze del podologosono fissate dal decreto 666 del1994. Il podologo è un esperto ingrado di eseguire accertamenti dia-gnostici attraverso l’impiego distrumenti e apparecchiature elettro-medicali, cura e riabilita le fun-zionalità del piede, presta assistenzadomiciliare alle persone disabili,anziane e non autosufficienti. Dun-

que il podologo cura tutti gli aspettipreventivi, diagnostici e terapeuti-ci del piede dalle ipercheratosi alleverruche, dal piede piatto del bam-bino alle affezioni dell’anziano.Il podologo è, inoltre, in grado diriconoscere, utilizzando degli spe-cifici esami strumentali, le altera-zioni, precoci o conclamate, che ne-cessitano di un eventuale controllospecialistico. Esegue esami diagno-stici come l’esame baropodometri-co e la fluoroscopia, ma realizzaanche ortesi personalizzate su mi-sura.

Per le patologie che non rien-trano nel proprio ambito, il podo-logo indica lo specialista compe-tente. Ma il segnale più significa-tivo dello sviluppo della professio-ne lo abbiamo nella diagnosi, pre-venzione e cura del paziente dia-betico affetto dalla complicanzadel piede diabetico. È in tale area,infatti, che il podologo può conse-guire risultati di grande rilievo alfine della riduzione del numerodelle amputazioni maggiori e mi-nori.

È per questo che l’Aip ha rea-lizzato il “Progetto di assistenza alpaziente diabetico” con l’intento diridisegnare l’assistenza, ritenendofondamentale l’integrazione tra ilpodologo, il medico di medicinagenerale e lo specialista diabeto-logo.

Qual è lo stato dell’arte dellaricerca in Italia?

Dal piede dipende la deambu-lazione, l’equilibrio, la postura eil benessere dell’intero organismo.Nel bambino che inizia a muoverei primi passi, nell’adolescenza chefa attività sportiva, nell’adulto chedeve mantenere la propria integri-tà fisica, nell’anziano che vuole as-sicurarsi la maggiore autonomia dimovimento. Dal piede, dunque, di-pende la qualità della vita. La ri-cerca procede grazie all’apportodelle Università con le quali l’Aipha stretto continui e proficui rap-porti. Ciò in particolare con la Se-conda Facoltà di Medicina e Chi-rurgia dell’Università “La Sapien-za” di Roma. Costituisce un esem-pio di tale collaborazione il sud-detto rapporto sull’assistenza alpaziente diabetico, ma anche i nu-merosi work-shop organizzati e lerelazioni sulle ricerche effettuate,portate in vari convegni nazionalie internazionali. Un ruolo impor-tante nell’area della ricerca lo svol-ge l’Istituto Podologico Italiano,primo centro in Italia in grado dirispondere in modo qualificato epersonalizzato a tutte le patologiepodaliche. Una “clinica del piede”che da oltre 20 anni pone al centrodel proprio agire il benessere e ilpieno recupero delle funzionalitàdel piede, nell’obiettivo ultimo dimigliorare la qualità della vita del-la persona.

L’uso di apparecchiature speci-fiche ha portato a una maggioreconoscenza delle patologie. Se dauna parte siamo al passo con i tempiin termini di ricerca e studio, dal-l’altra occorre far rilevare come inItalia non si è ancora pervenuti aistituire la laurea in Podoiatria .E’questa la battaglia che portiamoavanti, nell’interesse del paziente:il riconoscimento della laurea ma-gistrale (altri due anni di specia-lizzazione) garantirebbe un fonda-mentale salto di qualità della Po-doiatria italiana.

A cura del Centro di Riabilitazione dei Padri Trinitari di Venosa

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1210-2010ottavo

centenariodel Mosaicoa San Tommasoin Formisin Roma

Centenario

ALLA FINE DELL’ANNO GIUBILAREQuali potrebbero essere le ragioni del cuoreche il Fondatore avrebbe utilizzato per esprimereattraverso l’arte musiva il messaggio narrandoil vero, il bello e il buono,(il mistero) contenutinel mosaico, sintesi sublime del carisma trinitario?

Come Rettore di San Tommaso in Formis, mi sonopreposto di fare una riflessione su ciò che i miei occhihanno contemplato in questi due anni di servizio nellachiesa. Tantissime volte ho visto il Mosaico il “sigillodell’Ordine”, l’ho fotografato varie volte. Mi sonosoffermato, cercando di far parlare quell’immagine.Mi metto in ascolto e a voce alta medito.Al terminedell’anno giubilare passano davanti alla mia mente ledecine e decine di persone, pellegrini o turisti,europeie cittadini di tutto il mondo, persone singole o in grup-po, giovani studenti e pensionati ai quali ho cercato didare voce all’immagine del “Signum Ordinis” dal suoprofondo significato simbolico. È capitato spesso chealcuni addirittura, pur passandoci sotto, non lo hannovisto, altri pur vedendolo non riuscivano a decifrarneil messaggio. Ho notato che bisognava togliere i veli(disvelare) che il tempo ha interposto tra noi e l’operarealizzata otto secoli fa (ca. 1210), dalla famiglia deiCosmati (Giacomo e il figlio Cosma).

Nel Medioevo, l’immagine era la Bibbia del popolosemplice, era fatta per essere vista, contemplata, trat-teneva lo sguardo della persona, si capiva subito ilmessaggio. Purtroppo, oggi, dopo otto secoli, il mo-saico non è immediatamente decifrabile, poiché rac-chiude un significato simbolico, ha bisogno, quindi, diessere interpretato. Cos’è il simbolo? Afferma la criti-ca d’arte Silvia Pegoraro: “Il simbolo, nell’arte, pre-senta una struttura ambivalente, che mescola il disve-lamento con l’occultamento. Da un lato, dunque, rin-via proprio a qualche cosa che esso disvela; dall’altro,questa transitività è sempre trattenuta nell’immanenzadella materia e delle forme. Si può, a questo proposi-to, risalire a uno dei significati etimologici di “simbo-lo”, quello di tessera hospitalis: ciascuna delle parti diun oggetto spezzato in due e conservato come pegnodell’ospitalità data o ricevuta, nell’antica Roma. L’ospi-te poteva così perennemente ricordare chi l’avevaospitato, guardando il suo frammento e pensando allaparte mancante di esso. E viceversa, chi l’aveva ospi-tato, poteva ricordarsi di lui.L’opera d’arte, in quantoè fondamentalmente simbolica, unisce una presenza eun’assenza; presenta un’assenza direttamente nellapropria presenza, come il frammento nelle mani di cia-scuno dei due evoca il suo complemento assente, e,attraverso ciò, un’impossibile completezza, una fini-tudine insuperabile, e un indomabile senso di nostalgiae di mistero” (Il Simbolo nell’Arte, Mito, Segno, arte).Nella nostra immagine esiste una realtà immanenteche si vede, si tocca, si misura, ma allo stesso temporimanda a qualcosa di trascendente, di mistero che habisogno di essere decifrato, svelato, spiegato, (toglie-re le pieghe) per poter far combaciare ciò che si vedecon ciò che si vuole esprimere. C’è il desiderio, no-stalgico dell’unità delle parti, tra il fondatore e noi, quied ora. Nel nostro mosaico, la Trinità che risplende

sul volto di Cristo, immagine visibile del Dio in-visibile, la divinità si cala, è presente nellatemporalità, assume la fragilità uma-na, la prende per mano, la redime,senza esclusione di razza o direligione, bianchi o neri, cri-stiani o musulmani. Interes-sante vedere, anche,l’ubicazione dell’imma-gine, la sua colloca-zione; come si vedeè stata realizzata inun croceviamolto frequenta-to, nel centrodell’Urbe, nelcuore della Cri-stianitas. Sidoveva vede-re, quasi ose-remmo direper uno scopopropagandisti-co, si ha qual-cosa d’impor-tante da propor-re, si vuole nar-rare un fatto, di-vulgare un mes-saggio simbolico,che secondo la tradi-zione dell’Ordine Trini-tario corrisponde al “Si-gnum Ordinis Sanctae Tri-nitatis et captivorum”al cari-sma trinitario, racchiuso nel no-stro mosaico, nato per inspirazionedivina mentre Giovanni de Matha, fonda-tore, celebrava la sua prima messa l’ottava dellafesta di Sant’Agnese (28 gennaio 1193). Dovendotrasmettere tale visione,mediante l’arte del suo temporiguardante la “maestà di Dio”(trascendente), l’imma-gine in un certo qual modo limitava la creatività del-l’artista, che doveva eseguire fedelmente la narrazio-ne dei fatti del commendatario, del provenzale, Gio-vanni de Matha. È interessante vedere, inoltre, comeil Mosaico si trova a pochi metri da San Giovanni inLaterano, sede del Pontefice (Innocenzo III, 1160-1216), che aveva approvato la Regola di vita dei trini-tari(17.12.1198). Tutto ciò depone a favore della ve-ridicità del fatto ivi raccontato.

Situata in un posto strategico, da tutti visibile, sefosse stata un’immagine strana o un’impostura, sa-rebbe stata immediatamente oscurata. Afferma il gran-de filosofo Pascal: “Il cuore ha delle ragioni che la

L’immagine, bibbia del popolo

La liberazione-redenzione degli schiavi

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di P. Giovanni M. Savina

Il Mosaico Cosmatesco: per otto secolitestimonial della carità redentiva

Centenario

ragione non conosce”. Lasciando all’arte l’ap-profondimento tecnico-scientifico sul-

l’opera in oggetto. Mi chiedo: qualipotrebbero essere state le ragio-

ni del cuore che il Fondatoreavrebbe utilizzato per

esprimere attraverso l’ar-te musiva il messaggio

narrando il vero, il bel-lo e il buono,(il mi-

stero) contenutinel mosaico, sin-tesi sublime delcarisma trinita-rio? Il vero ri-guarda il nuo-vo stile di vitaevangelico li-beratrice ini-ziato dai fratidell ’Ordinedella SantaTrinità e deglischiavi, i viridi sa rmat i , odell’asinello, in

dialogo con laChiesa e con il

mondo mussulma-no (tolleranza); il

bello è raffiguratodall’immagine di Cristo

Pantocratore, unica nelsuo genere, che ritrae il più

bello dei figli dell’uomo, rifles-so della Bellezza di Dio Trinità,

che salva, redime, libera, e restitui-sce dignità agli uomini; il buono, perché

propone un messaggio rivoluzionario, controcorrente, la tolleranza, la liberazione-redenzione deglischiavi cristiani in pericolo di perdere il bene sommodelle fede nelle carceri mussulmane e l’accoglienzadei poveri, cosa che in verità corrisponde agli anelitiprofondi dell’umanità del tempo e di ogni generazio-ne.

Devo dire che le persone a cui è stato svelato ilsenso del mosaico hanno capito il messaggio e sonorimaste meravigliate per la sua profetica attualità. Anoi trinitari, con alle spalle un glorioso passato, chia-ramente piace ricordarlo e raccontarlo, ma questamemoria non ci servirebbe a nulla se non ci spronasseoggi a costruire il futuro in fedeltà dinamica e creativanel servizio redentivo- liberatore-caritativo. Certamente,qui e là si notano tantissimi segnali incoraggianti inquesta direzione, realizzati da uomini e donne, religiosi

e laici trinitari, che hanno nel cuore i medesimi senti-menti di Cristo per la gloria del Padre e la liberazionedegli schiavi. Dobbiamo sostenerli, incoraggiarli eappoggiarli. In questo terzo millennio, siamo invitati aprendere il largo, ora più che mai ci attende un futuroda costruire insieme in Famiglia, mettendo come basela Trinità, la spiritualità di comunione, gli aneliti di giu-stizia, di pace e libertà, emergenti in tutti i popoli; ri-proporre uno stile propriamente trinitario, improntatosempre di più sulla gratuità e sulla carità organizzata,favorendo il dialogo e la tolleranza, l’accoglienza, diesclusi e marginati. Possiamo, dobbiamo osare e faredi più. Credo che un po’ di autocritica, non guasti,oggi lo Spirito attraverso i vari momenti di discerni-mento capitolare ci urge di dilatare gli spazi nei no-stri cuori e nelle comunità per condividere ciò chesiamo e abbiamo con i poveri, purtroppo sempre dipiù in aumento, per diventare pane spezzato e condi-viso per amore, capace di alleviare la fame e sete digiustizia. Non ci possiamo trincerare nelle nostre co-modità, fare sogni tranquilli, mentre c’è chi non hadove reclinare la testa! Non è possibile pensare adaumentare i conti in banca, quando c’è chi non ha ilnecessario per vivere. Su ogni bene, grava una seriaipoteca sociale(Paolo VI, Enc. “Populorumprogressio”),ciò vale anche per noi religiosi. Quelloche doniamo ai poveri, agli esclusi, della nostra socie-tà, immagazziniamo in Cielo. Il Cielo, il Paradiso, esi-ste! Recitiamo nella professione di Fede: “Aspetto larisurrezione dei morti e la vita del mondo cheverrà”(Credo). Forse l’eccessiva ricchezza e il benes-sere ce lo rendono opaco o l’oscurano completamen-te, lasciandoci sopraffare dal “Carpe diem!” Approfit-ta del momento presente! Mangia, bevi, divertiti, do-mani non c’è certezza, cadendo in una profonda crisidi Fede, che causa depressione e morte.

Noi trinitari, vogliamo accettare la sfida del mosai-co, scommettiamo su un futuro migliore che comin-cia e si costruisce già ora, anche se con piccoli gra-nelli d’amore, donando libertà agli schiavi, offrendomisericordia e redenzione ai poveri e oppressi dellanostra società, annunciando il Vangelo che salva. Oracaro fratello e sorella, quando ti ritiri dall’immagine,dove hai potuto contemplare la carità redentiva, quin-di hai visto la Trinità, l’Amore, la tolleranza, l’acco-glienza dei poveri e degli esclusi, la gratuità e la tene-rezza di un Dio, che è Famiglia, comunione, ugua-glianza, per secoli incarnata nei gesti di uomini e don-ne redentori, t’invitiamo a “tenere fisso lo sguardo suGesù, autore e perfezionatore della fede (Eb 12,2) eanche tu potresti ascoltare oggi la sua voce interioreche ti dice “và e anche tu fa lo stesso” (LC.10,37,parabola del Buon Samaritano). Un abbraccio a tutti eche la benedizione, l’amore e la tenerezza di Dio Uno eTrino ricolmino la vostra esistenza di pace e salute.

Attualità del Signum Ordinis

Alla fine dell’Anno giubilare

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Istantanea

Una presenza preziosa per la cittàdi P. Michele Siggillino

ComunitàParrocchiale

S. Ferdinando Re

Livorno

DAVANTI AL PORTOLa comunità trinitariatra le opere di misericordia,la formazione dei laicie la pastorale carceraria

Nella seconda metà del XVII secolo, nelquartiere denominato Venezia Nuova si stabili-sce a Livorno l’Ordine dei Padri Trinitari. In unprimo momento, i Padri ebbero dimora in unedificio nei pressi della Chiesa di Santa MariaVergine e Sant’Anna, ma presto si rivelò insuf-ficiente ad ospitarli e così rivolsero al Grandu-ca di Toscana, Ferdinando II, un’istanza perottenere il permesso di costruire una nuovaChiesa. La richiesta però non fu accolta e do-vettero attendere il 1695, quando finalmente dalGranduca Ferdinando, figlio di Cosimo III, ot-tennero l’autorizzazione alla costruzione di unachiesa e di un convento adeguato alle necessi-tà, con la promessa di un contributo. Il proget-to fu eseguito, con una certa lentezza, dal cele-bre ingegnere granducale Giovan BattistaFoggini.La prima pietra fu gettata e benedetta il15 marzo 1707. La chiesa fu dedicata a SanFerdinando re di Castiglia e Leon (Spagna) chesi era distinto per la difesa del cristianesimo,l’abolizione della schiavitù e la protezione dellearti e delle scienze: la scelta del nome fu natu-ralmente gradita a Ferdinando, figlio del Gran-duca Cosimo III protettore dei Trinitari. Ma pur-troppo, la prematura morte di Ferdinando privòi Trinitari del contributo promesso e solo perl’aiuto di vari benefattori, fra cui FrancescoTeriesi, capo della Dogana dei Medici a Livor-no, il cui nome si legge nella lapide sotto l’altaremaggiore, fu possibile portare a compimentol’opera, sotto la direzione di Giovanni Maria delFantasia. Nei secoli la chiesa ha subito danni erestauri.

UN PÒ DI STORIA

Padre Francesco di SanLorenzo, dottore in teologia,della diocesi di Meaux,confessore del Principed’Este, è stato colui che dalporto di Livorno ha iniziatol’attività redentiva dell’Ordi-ne, non appena si insediònella città labronica. Infattil’anno 1653, venne da luiportata a termine la primaredenzione cui seguironomolte altre.La chiesa di san Ferdinandoil 24 Giugno di ogni annocelebra il ricordo di questastorica redenzione, rileg-gendo anche dagli Atticonservati in archivio,lamodalità con cui avvenne laredenzione, e di come padreFrancesco abbia speso la suavita accanto ai perseguitati eagli schiavi del “bagno dipena”, tanto da conquistarela stima anche dagli abitantidi Tunisi, quando si recava làper le redenzioni deglischiavi.Per la sua vita di santità,questo pio religioso, fudichiarato venerabile dalPontefice Clemente XInell’anno 1703.

Nel quartieredella Venezia Nuovadal XVII secolo

Padre Giovanni Battista,per il quartiere dellaVenezia, nel XX secolo,ha lasciato una memoriaindelebile per la suaopera per cinquant’anni,Un uomo semplice, maricco di umanità cheseppe stare vicino a tutti,nel momento assai durodella Seconda GuerraMondiale. Se i veneziani,non caddero nella dispe-razione, fu dovuto a lui,che accogliendo gli sposi,i bambini, i giovani, isoldati, i feriti, seppespendere parole di confor-to e di sostegno perchiunque e con la forza dichi crede veramente nellaProvvidenza riuscì adalleviare l’indigenzadovuta alla guerra cheporta solamente povertà,malattie e distruzione.Morì nel lontano 1957, matuttora il ricordo è cosìvivo che ogni anno nel-l’anniversario della suamorte, la Chiesa si riem-pie dei veneziani cheringraziano Dio del donodi un frate così esemplare.

P. FRANCESCO P. SAGLIETTO

La PrimaRedenzionein città

Un fratesempliceed esemplare

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23rinitàTL iberazione

Istantanea

Una presenza preziosa per la cittàIl quartiere della Venezia, dopo i

bombardamenti e le distruzioni dellecase, ha visto un forte esodo dellapopolazione. È sede però di molteattività legate al porto per cui dedi-ca molta attenzione a questo setto-re importante della città. Dal puntodi vista apostolico, secondo la Re-gola che recita di dedicare una ter-za parte per le opere di misericor-dia corporali e una terza parte per i“ captivi”, si svolgono tante attivi-tà. Ogni terzo lunedì del mese conil Gruppo Caritas viene dato il pac-co ai poveri. L’incontro prevedeche ci sia un momento dedicato allapreghiera e alla catechesi. Sonoquaranta le famiglie assistite. Vi èanche l’Associazione S. Caterinache assiste altre 40 famiglie e man-da ogni mese un ricco pacco donoai carcerati. Vi è poi un cappellanotrinitario che si occupa dei carce-rati delle “Sughere” (così si chia-mano le carceri labroniche). Senzadimenticare le adozioni a distanzain India e Madagascar (sono circa60 i bambini adottati) o le attivitàdel “Centro culturale de Matha” cherecita, studia e diffonde il Trisagio.Ogni anno organizza una conferen-za per approfondire e far conosce-re il carisma dell’Ordine. Anchequest’anno per le Celebrazioni del-l’VIII Centenario del mosaico disan Tommaso in Formis ha orga-nizzato nel mese di Ottobre un in-contro alla Provincia che ha vistol’intervento di padre Giulio Cipol-lone, storico dell’Ordine, e nel mesedi Dicembre è stata allestita una

mostra con artisti importanti e ver-ranno premiati gli studenti parteci-panti ad un concorso indetto perl’occasione. Inoltre collabora conl’Ufficio Diocesano Ecumenismo eDialogo Interreligioso per le inizia-tive legate al carisma: Processionedella Madonna del Buon Rimedioper il porto di Livorno a protezionedel quartiere e delle attività portuali

e per i marittimi. In tale occasioneè commovente a chiusura della pro-cessione, il lancio di rose a ricordodei caduti nel mare; ogni terza do-menica del mese viene fatta l’Ado-razione Eucaristica con processio-ne a lode della S.S.Trinità; ogniquarto sabato del mese, viene espo-sta la statua della Madonna di Lour-des per pregare per i malati; l’11febbraio viene celebrata la Messaper la Madonna di Lourdes conconferimento del Sacramento del-l’Unzione degli infermi per i malati;il 6 Gennaio viene organizzato il Pre-sepe Vivente, con il coinvolgimen-to di tutti gli abitanti del quartiere edegli amici. È una partecipazionemolto intensa e attiva che dimostracome sia forte l’attaccamento allaParrocchia e forte la devozionepopolare. Tra poco, prenderannol’avvio i lavori di restauro dellaChiesa, che come tutte le bellecose, perché mantenga tutti i benipreziosi di cui è arredata, necessitadi interventi.

È quella di questa Parrocchia,una presenza preziosa per la cittàche è nata recentemente e che hasempre avuto una vocazione ecu-menica e interreligiosa. È importan-te inoltre che in questo clima di in-tolleranza a livello locale e interna-zionale, dove le persecuzioni per icredenti in Cristo si fanno semprepiù pressanti, far comprendere cheil carisma dell’Ordine Trinitario, ri-sponde al piano di salvezza incar-nato da Cristo l’Unico che vera-mente salva l’uomo.

LA COMUNITÀ OGGI

Sopra la porta d’ingresso, lo stemma della Chie-sa e il nome di San Ferdinando sormontato dallacorona granducale dei Medici. A sinistra della fac-ciata, un po’ arretrato, si erge il campanile che, aseguito dei bombardamenti, è stato ricostruito dopola seconda guerra mondiale e inaugurato nel 1955.La pianta, invece, a croce latina, è costituita da unagrande navata fiancheggiata da tre piccole cappel-le per lato, comunicanti tra loro, che si aprono neisottarchi posti fra pilastri sormontati da capitellicompositi (stile ionico e corinzio). Sui quattro archidella crociera s’imposta una maestosa cupola. Lanavata termina con un abside semicircolare. Nava-ta, catini e tiburio hanno una sobria ma ricca deco-razione a stucco, con arabeschi, cornucopie, festonidi foglie, di fiori e di frutti, rami leggeri, putti edemblemi. Putti e cherubini, tanto cari agli artisti delSeicento e del Settecento, aleggiano nelle più sva-riate forme, con aerea grazia, in tutto il tempio. Lapreziosità dei materiali e l’eleganza delle decorazio-ni plastiche creano un insieme di perfetta e serena

LA CHIESA PARROCCHIALE

armonia. Oltre a G.B.Foggini, cui si devono il pro-getto e buona parte della realizzazione, operò nellachiesa lo scultore carrarese Giovanni Battista Ba-ratta che del Foggini era stato discepolo e che fumolto attivo in Livorno. Fra le mirabili opere presen-ti all’interno della Chiesa, degno di attenta conside-razione è l’altare maggiore in marmi bianchi epolicromi, che si innalza nel presbiterio simile a unpittoresco arco di trionfo, nel quale campeggia ilgruppo statuario (foto in basso) che allude alla libe-razione degli schiavi secondo la visione del fonda-tore dell’Ordine San Giovanni de Matha. È una com-posizione maestosa ma di rara armonia; portato sunuvole bianche, un angelo, dalla veste crociata, recaa due schiavi stupiti il lieto annuncio della liberazio-ne con la sinistra addita il cielo, con la destra togliele catene allo schiavo cristiano che tende verso l’Al-tissimo il volto supplice, mentre lo schiavo moresco,dai caratteri somatici ben evidenti, si curva umil-mente verso terra dove giacciono le catene e pregacon fervore.

L’apostolatoe le attivitàpastorali

Il carisma dell’Ordine in una maestosa scultura

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24 rinitàTL iberazione

Lo scaffale del mese

G. BETORIAnnunciarela Parola

14,50euro

24,50euro

CEIEducare alla vitabuona del Vangelo

1,50euro

G. FORLAIIncontrarel’Inatteso

12,00euro

L. RENNA (a cura di)Neuroscienzee persona

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“Le numerose occasio-ni di incontro pastoralecon i sacerdoti e con lecomunità della diocesi- parrocchie, associa-zioni e movimenti - mihanno condotto apresentare alcuniaspetti delle originicristiane, con partico-lare riferimento all’ope-ra di evangelizzazionedei primi tempi e al suorapporto con le istanzedell'oggi, in vista ditrarre da essi opportu-ne indicazioni pastora-li”. I testi propostidell'arcivescovo diFirenze si trovano traloro legati da questaduplice ottica: da unaparte quella dei tempifondanti ed esemplaridelle origini e dall'altraquella della missioneevangelizzatrice inquanto elementocostitutivo della naturadella Chiesa, ieri eoggi. L’insieme sipropone quale utilecontributo per quantivogliano misurare ilproprio slancio missio-nario con i caratteriirrinunciabili della fede.

In pochi decenni laricerca nel campo delcervello e della psicheha fatto enormi pro-gressi. È quindi quantomai opportuno che sifaccia più serrato ildialogo tra le disciplinecoinvolte, rimasteignare del lavoro e deirisultati altrui: lescienze umanistiche, lescienze naturali e lateologia. I contributiconfluiti nel volumesono frutto del proget-to “Neuroscienze ecomportamentoumano” della Facoltàteologica pugliese, chemira a comprenderel'uomo e la sua mentenella loro interezza,privilegiando gliinterrogativi etici, lariflessione sul compor-tamento umano, sulfunzionamento dellacoscienza, sulla libertàdell’atto umano.Luigi Renna è sacerdo-te della diocesi diAndria, docente diteologia morale pressola Facoltà teologicapugliese nell’Istitutoteologico di Molfetta.

Dopo che BenedettoXVI nel gennaio 2008aveva indirizzato unaLettera alla Diocesi ealla città di Roma sulcompito urgentedell’educazione, ilcammino della Chiesaitaliana per il decennio2010-2020 avrà cometema: “Educare alla vitabuona del Vangelo”.Ecco il testo degliattesi Orientamentipastorali, in cui iVescovi traccianoconcretamente ilcammino per il prossi-mo decennio.

L’Autore dedica questepagine ai lontani, ai“cristiani che vanno inchiesa solo a Natale”, achi vorrebbe riavvici-narsi a una fede cui erastato iniziato dabambino ma che levicissitudini della vitahanno allontanato. Illinguaggio scelto èamicale ed esperienzia-le e porta con sé ilcontributo della faticae delle lotte interiori delvissuto particolare delservizio cui era impe-gnato don Giuseppecappellano in carcere.

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25rinitàTL iberazione

Lo scaffale del mese

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9,00euro

11,90euro

R. LORENZONILa Chiesadi carta

AA.VV.A messacon i piccoli

10,20euro

G. CREAPedofilia e pretiDal trauma...

OEFFE10 & lode.Genitori a confronto

10,00euro

Il dramma dellapedofilia nella Chiesa ètale da molti punti divista: da quello dellevittime, in primoluogo, ma naturalmen-te anche da quello dellaChiesa tutta, a motivodelle gravissime colpedi alcuni. Con provatacompetenza l’autore siaddentra nella materiaper aiutare a compren-derne le dinamiche, maanche per prospettarevie da percorrere conprofitto nel futuro.Partendo da alcuniassunti di base relativiall'amore pastorale,come distintivo dellamissione del sacerdote,p. Crea mette inevidenza l'importanzadi una maturità affetti-va equilibrata perchécentrata sul modellodell'amore trinitario esu un servizio disinte-ressato alla gente.Successivamentepassa al dramma dellediverse forme diamore distorto, neipresbiteri che vivonodipendenze affettive esessuali.

Tanti sono i modi incui si è tentato di“raccontare” laChiesa. Uno di essipuò essere quello diparlare con coloro che“raccontano la Chiesa”per professione: chisono, che cosa fanno,che cosa pensano igiornalisti che quoti-dianamente ci parlanodi Chiesa e di religio-ne?Rodolfo Lorenzoni eFerdinando Tarsitanihanno intervistato i piùimportanti vaticanistidella carta stampata,della televisione, dellaradio, delle agenzie distampa, dei blog diInternet. Attraverso illoro raccontarsi èpossibile capire quantoe come sia cambiato ilmodo di comunicaredentro e fuori laChiesa. Chi ama ilgiornalismo e/o hainteressi professionalia questo riguardo e chisi occupa di storiarecente della Chiesapuò trovare in questepagine molte informa-zioni interessanti.

Il volto della famigliasta cambiando rapida-mente. La relazionecon i figli sin dalla lorotenera età risultaspesso essere compli-cata e di difficilegestione; ancor più larelazione con i figlipreadolescenti eadolescenti. Spesso igenitori sono “assorbi-ti” dalla relazione con ilfiglio adolescente e nonriescono a trovare glistrumenti adatti perquel periodo “critico”della ricerca dellapropria identità.

Come andare a lettosereni? Con unafilastrocca, una ninnananna oppure con deisalmi?Infatti queste antichis-sime e suggestivepreghiere non sonosolo per grandi.Questo bel libroillustrato è statopensato per avvicinarei piccoli dai 4 anni insu alla preghiera deisalmi, proposti inversione leggermentesemplificata e arricchi-ta dalle illustrazioni diDaniel Fernández.

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26 rinitàTL iberazione

Presenza

QuiSS. Cosmae Damiano

Nella comunità e in famiglia lo stesso NataleSulla grande via Francesco Ba-

racca, che come una grande arte-ria collega le vie della piana, le lucidelle insegne e le luminarie sfavilla-no gioiose; nelle case è stato siste-mato l’albero e l’angolo del prese-pe, il traffico caotico di questo pe-riodo ci avvicina a grandi passi ver-so la festività. È arrivato Natale! Inogni famiglia ci si appresta a viverequesta festa con un differente sta-to d’animo: la preoccupazione di unposto di lavoro che per il momentonon c’è o tarda ad arrivare si con-trappone alla speranza di un futuroportatore di novità o di opportuni-tà; la difficoltà a tirare avanti lascialo spazio alla convinzione che peg-gio di così non possa andare. E’Natale! Una festa molto diversadalle altre, una festa da vivere infamiglia, attorno ad un tavolo, l’oc-casione per appianare vecchi ran-cori e antiche discordie.

La parrocchia vive questa festaallo stesso modo, con gli stessi sen-timenti proprio come una famiglia,magari non proprio una famigliaclassica ma pur sempre una fami-glia. E come tutte le famiglie si daspazio all’abbellimento dell’albero,alla costruzione del presepe, al can-to e ai giochi; ma questa famigliaun po’ allargata deve pensare an-che ad altro: per esempio a coloroche sono soli o in povertà, a chidistrattamente si è allontanato dallaCasa Madre, a chi vive un disagio,a chi si impegna in modo costante,a chi tale impegno non lo conosce,a chi aspetta un cenno per avvici-narsi. Nella parrocchia impegnaticome siamo nelle varie attività, avolte dimentichiamo che tutto è ri-conducibile alla Verità, alla Fonte diVita, la capanna o la grotta con ilsuo significato di accoglienza, laluce come guida dei magi, la lucedel focolare domestico, la nascitadi una Nuova Luce, l’immaginedell’Essenza di una Famiglia, il ri-trovarsi per un momento di gioia edi speranza. È Natale! È l’occasio-ne!

Detto questo passiamo alle atti-

vità della parrocchia in tale perio-do. La nostra schola cantorum dopoaver partecipato alla 14ª edizionedella Rassegna dei Cori Parrocchialiorganizzata dalla CommissioneDiocesana per la Musica Sacra e ilCanto Liturgico, e sta collaboran-do con le catechiste nella prepara-zione di un gioioso momento dicondivisione che vede i ragazzi do-nare un sorriso ai coetanei più sfor-tunati, che vivono nel nostro am-biente senza tener conto di razze edi credo religioso, attraverso unpiccolo dono. Educare al dono,anche piccolo, è una delle forme dieducazione civica che bisogna per-seguire e sulle quali si può speraredi costruire delle generazioni futu-re capaci di orientare i loro cuori

verso quei valori che sempre piùspesso la nostra società nascondesotto un velo d’ipocrisia. L’asso-ciazione Angeli ha ormai raggiuntolo scopo di garantire una raccoltadi sangue ciclica, la cadenzasemestrale (sono già due anni cheviene rispettata) da risultati soddi-sfacenti sia sul piano della quantitàsia sul livello di coinvolgimento del-l’opinione pubblica, che sempre piùnumerosa si presenta consapevoledi come sia fondamentale nell’eco-nomia socio-sanitaria un così pic-colo gesto di donazione.

Il Natale ci offre questa oppor-tunità: stracciare quel velo di indif-ferenza rendendo visibile quanto dibuono e di sano ci sia nella nostracomunità.

Anche la Parrocchia SanRocco di Gagliano del Capo siprepara a celebrare e vivereil Natale. Nel corso dellefestività natalizie i ragazzi delcatechismo delle scuoleelementari allestiranno unospettacolo musicale interpre-tando canzoni classichenatalizie per fare gli auguri aigenitori e a tutta la comuni-tà. Il coro dei giovani dellaparrocchia, poi, proporrà unmusical dal titolo “Una lucedi speranza”, presso laChiesa Madre.I ragazzidell’oratorio, invece, sarannoimpegnati nel Mercatino dibeneficenza nell’ambito delprogetto “ragazzinfesta”,presso l’Oratorio Parrocchia-le. Sempre presso l’Oratoriosi svolgerà la Tombolata dibeneficenza, il gioco tradizio-nale del Natale unisce lavoglia di stare insieme alla

solidarietà verso le famigliepovere della Parrocchia. Unmodo di fare comunionesenza dimenticare coloro chehanno bisogno. Presso laChiesa Madre, invece, èstato realizzato il presepeartistico a cura dell’artista escenografo Franco MelcarneCasi coadiuvato da TommasoSettembrini. Ci sarà spazio,inoltre, per un momentoculturale con la presentazio-ne del volume “Amarsi peramare”, sul tema dell’affetti-vità e del rapporto genitori-figli, a cura della dottoressaAlbina Tramacere, psicologa,psicoterapeuta, pedagogista,sociologa, presso l’OratorioParrocchiale.Infine, anche un po’ didivertimento: una Gita sullaneve presso la località turisti-ca di Campitello Matese(CB).

Qui Gagliano del Capo

In parrocchia festa e solidarietà

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27rinitàTL iberazione

Accogliamo Gesù per provare ad essere migliori

Presenza

QuiVenosa

di Antonio Pepe

Nella nostra “Casa” di Venosa ilNatale ha da sempre avuto grandeimportanza. La nostra “Banda sen-za problemi” ha iniziato a provare imotivi natalizi già dalle tiepide gior-nate settembrine per essere prontanel periodo natalizio, quando saràpresa da tanti appuntamenti: sonooramai diversi anni che, vestita ditutto punto da “babbo natale”, pas-seggia per le vie cittadine offrendocon le sue note una piacevole at-mosfera natalizia; è sempre lei checome un filo rosso ci accompagnanella giornata in cui “accogliamo”le famiglie e gli amici per scambiar-ci gli auguri del Santo Natale e diBuon Anno. Ma, oramai, per la no-stra banda non è Natale se non si favisita a un’altra “casa”: vestita congli abiti di babbo natale, insieme adoperatori ed elementi della stessa,va a trovare i bambini che trascor-rono quei giorni in ospedale pressola Casa Sollievo della Sofferenza diSan Giovanni Rotondo, portando,con la musica, un semplice sorrisoe qualche piccolo dono preparatonei nostri laboratori creativi di ma-nipolazione e di ceramica, un mes-saggio di speranza. Le nostre fisio-terapiste, intanto hanno abbellitoogni angolo della casa: ghirlande,angioletti, composizioni che sannomeravigliarci ogni anno. Ancora,alcuni operatori, fra educatori e as-sistenti, “rispolverano” il grandepresepe perenne che occupa un’in-tera stanza della nostra Casa. Altrisi sono occupati di preparare ilgrande albero che nel corridoio del-l’ingresso accoglie tutti ricordandoche sono giorni di festa.

Tutti, poi, siamo stati impegnatinella realizzazione della “recita” na-talizia, appuntamento particolarmen-te sentito dagli operatori, dai ragaz-zi e dalle famiglie. C’è chi preparala recita vera e propria, chi i canti,chi le coreografie, chi i vestiti, i fon-dali del palco ecc. Tutta la Casa sentee vive così il Natale, come un con-tinuo prepararsi a questo magico pe-

riodo dell’anno. Ma, tutto questopotrebbe apparire come attenzio-ne all’aspetto materialistico, allasola apparenza, al consumismo.Per noi non è così. Tutto questoaiuta a immergerci in quella che èla vera essenza del Natale: la venu-ta del Signore tra di noi. Ed eccoallora che il nostro momento piùintimo, più bello, di questi giorni

rimane la novena a Gesù Bambino.Dal 16 dicembre fino al giorno del-la vigilia, prima della cena, intornoal presepe allestito nel nostro refet-torio, ci riuniamo per raccogliercie pregare il “Bambinello”, affinchéci protegga, ci aiuti a non dimenti-care i poveri, posi lo sguardo sullenostre famiglie, ci aiuti ad esseremigliori.

Alla fine di novembre a Riva del Garda, si è svolto il 2° Convegnointernazionale “Autismi. Dai bambini agli adulti. Dalla famiglia allasocietà”. A questa importante manifestazione il Centro di riabilitazio-ne dei Padri Trinitari di Venosa ha avuto il privilegio di presentare duecontributi scientifici che sono stati molto apprezzati dai partecipantiai lavori. Scopo del Convegno internazionale è stato riflettere, anchecon ospiti illustri provenienti da diversi Paesi, sulla cura e riabilitazio-ne delle persone con autismo. Temi di grande urgenza sono stati iproblemi relativi agli adulti, soli in casa con genitori sempre più an-ziani, senza attività né lavorative, né riabilitative, né di tempo libero.I lavori si sono concentrati proprio sulla condivisione di strategieriabilitative e di proposte di residenzialità adeguata.

Nell’ambito del Workshop “Servizi residenziali, qualità dell’assi-stenza e risorse sul territorio”, il dottor Francesco Mango, Respon-sabile Equipe riabilitativa presso il Centro di Venosa, ha illustrato unarelazione sulla situazione dell’offerta dei servizi alle circa 60.000 per-sone affette da disturbo dello spettro autistico. “In Italia – sostiene ilDott. Mango - vi è un vuoto nell’offerta di servizi specializzati perl’età adulta. Inoltre i servizi residenziali e ambulatoriali dovrebberoessere strutturati con le evidenze presenti nella letteratura che dico-no che: le persone con disturbi dello spettro autistico hanno dirittoall’inclusione sociale ed alla buona salute, al pari di tutti gli altri; iservizi dovranno essere organizzati in base ad un approccio centratosulla persona e altamente sensibili alle differenze interindividuali;un’unica opportunità residenziale non risulta poter essere utile a tuttele persone; l’applicazione di nuovi modelli concettuali ai percorsi diresidenzialità inclusiva sembra sostenere la necessità di una gammaestremamente ampia di offerte; dovranno essere coinvolte attiva-mente le persone con autismo ed i caregiver nella progettazione dellaresidenzialità; il miglioramento della QdV e la partecipazione socialediventano quindi indicatori oggettivi nella progettazione della resi-denzialità”.

Nell’ambito del Workshop “Attività e tempo libero”, il dottor Clau-dio Ciavatta, Case manager presso il Centro di riabilitazione di Veno-sa, ha illustrato l’esperienza di Venosa: “Le strategie messe in attonell’ambito delle attività ludiche, artistiche e sportive promosse al-l’interno del Centro ed illustrate al Convegno hanno rappresentatouna concreta testimonianza della qualità del lavoro svolto e di comepossa essere possibile in una struttura residenziale garantire espe-rienze fondamentali nella vita quotidiana di ogni persona”.

Al Convegno sull’autismo a Riva del Garda

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28 rinitàTL iberazione

Presenza

QuiMadagascar

Il sorriso dei bambini in terra malgascia

Il Natale ci fa vivere il misterodi Dio fatto uomo per amore del-l’uomo da Lui creato. Egli, invisi-bile, si fa visibile e viene ad abitaretra noi e si presenta come un bam-bino comune, bello e grazioso. Chemeraviglia! Con Lui e per Lui siravviva in noi la speranza e la gioia.Amare i bambini non è soltanto unimpulso naturale del cuore umano,ma è dono di Dio quando l’amoresi fa passione.

Negli anni di missione in terramalgascia e nelle “tournnès” in variPaesi del mondo, i bambini mi han-no dato lezioni di bontà, di sempli-cità, di accoglienza, ma soprattut-to mi hanno comunicato il fascinodel loro sorriso innocente. Vivendocon loro, ho conosciuto da vicinola loro vita o me l’hanno racconta-ta con la loro voce. Mi hanno dettocosa pensano e che cosa sanno suciò che li riguarda. Il loro sorrisocontagia e, anche se temporaneo,dura tuttavia negli anni dei nostriricordi. In Madagascar raramenteho visto piangere un bambino an-che se sofferente o rimproverato.Nella sua semplicità egli vive la gioiadi essere amato. Abitualmente nellafesta del Natale la Missione solevaoffrire pacchi di indumenti e di ge-nere alimentare alle famiglie piùpovere e dolciumi ai bambini. Unavolta si presentarono con molto ri-tardo quattro fanciulli chiedendo-mi le caramelle che erano state di-stribuite agli altri. Frugando nelletasche ne trovai ancora tre. Le of-frii ai più vicini a me; il quarto miguardò col visino malinconico, per-ché ne era rimasto senza. Ebbi al-lora una sorpresa: uno dei tre for-tunati, che aveva ancora tra le manila sua caramella, la spezzò con identini e ne offrì la metà al piccoloamico. Il sorriso ritornò sul voltodel fanciullo e tutti e quattro saltel-lando esplosero in un grido di gio-ia. Fu il loro regalo di Natale!

Un giorno chiesi ad alcuni diessi: “Siete battezzati?” Sorridendo

di P. Antonio Smoraldi e con una smorfietta di simpatia mirisposero con un forte: Si!!!Uno diloro, poi, con voce squillante midisse: “Padre, io sono un Ravena-la! Ed un altro replicò:“ed io comeil Banano!”. Il Ravenala è un alberocaratteristico del Madagascar checonserva l’acqua nella venaturadelle sue grandi foglie e disseta ilviandante, che sotto un sole cocentepercorre a piedi lunghe distanze. Peri cristiani il Ravenala è preso comesimbolo che ristora la sete spiritua-le che Cristo dà a noi con il Battes-simo. Il fanciullo voleva esprimerela gioia di essere stato battezzato edi vivere la sua fede in Cristo Gesù:era anche desideroso di farsi sacer-dote. Il Banano, invece, è simbolodella discendenza nella culturamalgascia; una volta che ha dato isuoi frutti, si affloscia, ma subitospuntano le radici dei suoi virgulti.Esso è preso come simbolo deinuovi battezzati che sostituiscono icristiani anziani ormai stanchi omorti, con il compito di vivere etrasmettere la fede agli altri. I bam-bini lo esprimono con evidenza nel-le celebrazioni della Liturgia, spe-cialmente quella Eucaristica. Il luo-go di culto tracima di questi picco-li, che composti pregano e allieta-no con i canti le funzioni religiose.E’ cosa meravigliosa, poi, che ilfanciullo, dopo la sua Prima Comu-nione, si sente obbligato a farsi ca-techista dei suoi piccoli amici, alpunto che si confessa come pec-cato l’omissione di tale dovere.

I bambini c’insegnano a valo-rizzare le loro capacità e doti non-ché la loro fede, trasmettendola ailoro coetanei. Essi si fanno parteattiva e propositiva in tutte le ini-ziative del Missionario e di tutta lacomunità parrocchiale. Tutti i bam-bini sono meravigliosi per le lorodoti umane. Nella gioia del loro sor-riso mi si rattrista il cuore quandoli vedo soffrire, quando stendonole mani chiedendo di mangiare!Penso a quanta gente dà da man-giare ai propri gatti e ai propri canidi più e meglio di quanto mangiano

questi piccoli! Molti di questi vivo-no veramente l’evento della Passio-ne del Cristo in condizioni pocoumane: fame, analfabetismo, ma-lattie, che li conducono inesorabil-mente alla morte o a una disabilitàfisica e mentale.

Il Natale , ripeto, ravviva in noila speranza e la gioia nella vita. Sidice che la gratitudine è la memo-ria della vita. Siamo grati ai missio-nari che tutelano la salute, l’istru-zione e l’educazione di questi bam-bini e non mancano anche di dareloro il piatto di riso quotidiano.Sono stimolanti le parole del “Men-dicante per le Missioni” Mons. Ful-ton Gleen: “Nessuno di noi entreràin Paradiso, se non potrà trovare làqualcuno a cui possa dire: anch’ioho dato il mio contributo per fartiarrivare in cielo”. Gustiamoci an-che noi il sorriso dei bambini!

I bambini della fame attendonoda noi un gesto d’amore con l’ado-zione a distanza, che diventa per noianche “educazione alla solidarietà”.Guardiamo in essi il bambino po-vero di Betlemme, che tende a noile sue manine e sussurra al nostrocuore: “Dammi anche tu la mano”.Per vivere e crescere come tutti ibambini del mondo.

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Presenza

Pace a te Fratello. Un diario di bordo speciale

Quasi al termine dell’anno 2010 Sr. Concetta di SanGiovanni de Matha delle Suore della SS. Trinità (al se-colo Angela Nesta nata ad Andria il 2 novembre 1927;entrata in religione il 24 ottobre 1950; vestizione reli-giosa l’11 ottobre 1951, Professione Perpetua il 14 ot-tobre 1956) è tornata alla Casa del Padre dopo unasettimana trascorsa nella Casa di Cura Nuova Itor. Il 31ottobre a sera, date le sue condizioni ormai precarie, haricevuto tutti i conforti religiosi dal cappellano del-l’ospedale e dalle consorelle che sono state semprepresenti. Ha trascorso tutta la sua esistenza in moltecomunità dell’Istituto ed è stata un riflesso dell’AmoreTrinitario che si scorgeva nel suo timido sorriso, nelmodo affabile e nello stesso tempo riservato. Nella suavita ha costantemente praticato la virtù dell’umiltà per-ché ha sofferto molto: nel 2002 ricoverata per la frattu-ra del femore è stata costretta per questi otto lunghianni a muoversi sulla sedia a rotelle; ha inoltre supera-to due ictus. Ma questa volta il suo cuore non ha rettoed è stata ricoverata urgentemente in terapia intensi-va. Purtroppo di giorno in giorno le condizioni generalidella consorella si sono aggravate fino a quando Diol’ha chiamata a Sé nella Solennità di tutti i Santi.

Siamo da poco rientrati dal Madagascar e solo orariesco a mettere insieme un po’ di emozioni e tradurlein parole. Non è stato facile, seppur per pochi giorniabbiamo vissuto tante ed intense esperienze. Siamoarrivati in Madagascar il 29 agosto di sera, ed unavolta fuori dall’aeroporto, la stessa sensazione che tiprende al cuore e fa calare di colpo un velo tra i duemondi. Ti domandi: cosa fanno di notte dei bambinicosì piccoli, soli, che spingono dei carretti incredibil-mente pesanti? Completamente in balia della vita e delmondo...siamo arrivati in Madagascar. Il 30 di pome-riggio siamo appunto partiti per Moramanga con ilnostro referente, padre Pierre, provinciale dell’ordinedei trinitari. Dopo Moramanga siamo partiti perAmbatondrazaka,sei ore di pista per circa 260 chilo-metri. Prima di ripartire per Moramanga, abbiamo vi-sitato con padre Jerome un istituto di suore della cari-tà, che accolgono persone con problemi fisici e men-tali. Come padre Domenico dice sempre, queste suo-re hanno una vocazione particolare, notte e giorno acontatto con persone così problematiche. Non si fer-mano un attimo, sono soltanto in tre e svolgono unlavoro durissimo. Tornando da Ambatondrazaka, il 05settembre, ci siamo nuovamente fermati a Moramangaper l’incontro con i bambini adottati, figli dei carcera-ti. Pensate, quella mattina i bambini con le mamme,hanno camminato cinque ore per venire da noi! E’stato anche quello un momento emozionante, perchési trattava dei primi bambini che la nostra associazio-ne ha preso in adozione. Con i padri trinitari abbiamochiesto di poter aiutare altri tre bambini, sempre figlidi carcerati. Dopo Moramanga, breve sosta adAntananarivo e subito partenza per Tsiroanomandidy,nuova città che non avevamo mai visitato. Qui, ospitidei trinitari e dove con grande piacere abbiamo rivistol’ex padre generale dell’ordine, Josè, spagnolo, abbia-mo visitato il carcere e l’operato dei padri. Abbiamoanche conosciuto, poiché ce ne avevano tanto parlatoil vescovo della città. Anche lui è spagnolo, sempredei trinitari, molto giovane e con un grande carisma,parecchio provato in volto da quel tipo di vita, ma conuna grande voglia di non arrendersi. Ha ringraziatotutti i membri dell’associazione per l’aiuto che portia-mo al Madagascar. Dopo Tsiroanomandidy siamo rien-trati ad Antananarivo per due giorni prima di partireper Analaroa con le suore orsoline. L’11 settembreeravamo in viaggio per Analaroa, ultima tappa del sog-giorno. In questa stagione non c’è fango sulla pista,poiché non piove, ma solo molta polvere. Abbiamoimpiegato circa quattro ore per arrivare. Nell’istitutoci sono attualmente sessantasette bambini con proble-mi legati alla malnutrizione, ma vi possiamo assicura-re che ogni giorno ne arrivava uno ed una nuova emer-

di Cristina Falco genza era da fronteggiare. Come sempre siamo rima-sti impressionati dal lavoro e dall’ingegno delle suoree dei collaboratori dell’istituto: si inventano di tuttoper accogliere e salvare più bambini possibili! Così siconclude una nuova ed indimenticabile esperienza.Esperienza che ci apre ad una nuova visione della vita:una grande avventura piena di gioia, amore,incomprensioni, paure ed emozioni forti. Avventurache non smette mai di farci maturare e capire comesempre che la realtà non è solo quella che noi vivia-mo... avventura che ci consente di accettare un po’ dipiù gli altri nelle loro diversità.La situazione che abbia-mo trovato in Madagascar, è di generale peggioramentodelle condizioni di vita; per le strade, soprattutto dellacapitale, si vede ogni genere di situazione che fa vera-mente male agli occhi osservare. Mi fa piacere condi-videre infine con voi due momenti che ho vissuto,secondo me, pieni di dolcezza. Il primo riguarda undetenuto di Ambatondrazaka, che tra le mille cose chepoteva chiedere, ha espresso il desiderio di essere bat-tezzato. Il secondo momento è l’immagine impressanella mente di una bambina molto piccola e magra,alla mensa delle suore trinitarie a Tsiroanomandidy,che prima di mangiarsi due piatti enormi di riso, pre-gava tenendo gli occhi chiusi e le mani vicino al viso.Ho pensato che la preghiera di quella bambina, pura evera, sarà arrivata velocissima a destinazione.

NELLA CASA DEL PADRE

Suor Concetta nella comunionedell’Amore Trinitario

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QuiCori

Presenza

Due adozioni a distanza

QuiLivorno

Il Giubileo del Mosaicodi Francesco Placidi di P. Michele Siggillino

Nell’ambito del Giubileo trinitario, per gli otto se-coli del mosaico di San Tommaso in Formis, la Co-munità Trinitaria di Livorno, aiutata da un comitatocomposto dal dott. Andrea Zargani, dalla dott.ssaMonica Leonetti Cuzzocrea, dalla prof.ssa CristinaBrigiotti, ha voluto ricordare l’avvenimento con dueeventi.

Il primo è stata una Conferenza tenuta da P. GiulioCipollone nella sala consiliare di palazzo granducaledella Provincia di Livorno, avente come tema “Da ottosecoli l’attività di un manifesto di servizio umanitariocome alternativa alle Crociate e Jihad”. Insieme ad unpubblico diversificato, al tavolo del relatore erano pre-senti: S. E. Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno;Dott. Giorgio Kutufà, Presidente della Provincia diLivorno, Don Piotr Kownacki, direttore del Cedomeie responsabile dell’ufficio diocesano per l’Ecumeni-smo e il dialogo interreligioso; prof. Andrea Zargani,collaboratore del Centro Culturale San Giovanni deMatha della nostra Parrocchia di S. Ferdinando e mo-deratore. Il relatore P. Giulio Cipollone, trinitario edocente a Roma della Pontificia Università Gregoria-na, ha dapprima sviscerato la storia e il significato delmosaico del Fondatore S. Giovanni de Matha, collo-cato al centro di Roma in un crocevia di strade tra ilColosseo e il Laterano, e poi ha lanciato alcuni spuntidi riflessione e di attualizzazione del messaggio delMosaico, spunti che sono stati raccolti e rimarcati dalpubblico nei loro interventi.

Il secondo evento celebrativo, più impegnativo sulpiano realizzativo, si è tenuto dal 16 di Dicembre conun concorso di pittura su “Reinterpretazione del mosai-co 800 anni dopo”. Sono stati invitati gli studenti dellesuole primarie e secondarie per la produzione di operecon materiali opportuni e per poesie e scritti sulla schia-vitù. Interessante è stata l’esposizione di artisti con-temporanei di opere che hanno reinterpretato il mosai-co e il tema della schiavitù. Hanno partecipato anche idetenuti del carcere di Livorno con due o tre opere,avendo svolto all’interno di detta struttura attività di di-vulgazione del nostro carisma. C’è stata anche unamostra di fotografia di Ippolita Franciosi, che ha allar-gato lo sguardo sul nostro quartiere della Venezia. Lamostra e il concorso di pittura, nel periodo 9-16 dicem-bre, si sono tenuti presso il Complesso della Gherarde-sca sempre dell’ente provincia di Livorno. In occasio-ne della apertura si è svolta una conferenza dello stori-co Ilaria Buonafalce alla presenza delle autorità e degliartisti e studenti che hanno esposto le loro opere. Il 17Dicembre, festa di San Giovanni de Matha, abbiamoconcluso il Giubileo presso la nostra parrocchia di SanFerdinando con una Solenne S. Messa presieduta dalnostro Vescovo Mons. Simone Giusti.

Il gruppo dei Laici Trinitari di Cori ha sposato ilprogetto per l’adozione a distanza di due bambini (fra-telli) indiani: insieme affronteremo dalle più elementaricure mediche ad una istruzione di base, e tutto ciò cheè nei loro diritti. L’adozione a distanza che faremo nonè altro che una programmazione con la famiglia di unaserie di interventi a lungo termine che eliminino le causedella povertà e gettino le basi per un futuro più digni-toso per tutti. Perché per un bambino adottato a di-stanza, tutta la famiglia e la comunità in cui vive avran-no l’opportunità di costruirsi un domani diverso, at-traverso: il diritto al cibo, che è un diritto fondamen-tale, perché lo stomaco vuoto rende difficile qualsiasiattività, dal lavoro allo studio e le mille azioni che com-piamo ogni giorno per non parlare delle malattie che sipossono contrarre perché vengono meno le nostredifese immunitarie; diritto all’istruzione, perché si ri-tiene che povertà e analfabetismo siano strettamentecollegati e l’accesso all’istruzione sia indispensabileper sradicare la povertà e far fronte a tutti gli altridiritti. Con l’istruzione, le persone hanno maggiori pos-sibilità di trovare lavoro, partecipare alla vita della co-munità, rivendicare i diritti che vengono negati e ope-rare per un cambiamento di cui hanno bisogno. Noi,appartenenti alla Famiglia Trinitaria, non possiamoesimerci dall’affrontare questi problemi e tentare, perquanto nelle nostre possibilità, di risolverli. Questo è ilcompito di noi Trinitari, è quello che il nostro fonda-tore S. Giovanni de Matha ha racchiuso in tre regoleper la nostra vita quotidiana: la Preghiera (vita spiri-tuale), che ci aiuta a capire che non siamo soli, ci fasentire accanto a noi la presenza di qualcuno che at-traverso la sofferenza e il sacrificio ci riconduce allavia della redenzione; la Redenzione (vita fraterna), chenon è altro che il desiderio di incontrare il prossimo, ilbisogno di contatto umano, perché ci rendiamo contoche da soli non troveremo mai la forza di risollevarci;la Carità (l’attività di misericordia), e cioè l’offrire delmio al prossimo. Ma non posso donare all’altro delmio senza avergli dato in primo luogo ciò che gli com-pete secondo giustizia. Noi del gruppo facciamo unappello a tutti per un cambiamento sia nel nostro pae-se che nel mondo, a credere nei veri valori che possa-no far sentire in pace con se stessi e con gli altri.L’amore è la cosa fondamentale, perché senza amorenon si riesce a percepire e valorizzare le bellezze cheDio ci offre momento per momento della nostra vita,perché, distratti da altre cose, non abbiamo il tempoper contemplarle ed apprezzarle e dire grazie a chi cele offre gratuitamente. A tutti coloro che si riconosco-no in quelle tre semplici parole e nei loro valori: viattendiamo con gioia all’interno della Famiglia deiTrinitari e nel Gruppo dei Laici Trinitari di Cori.

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Ultima

PERCHÈ SIGNORE?a cura di P. Orlando Navarra

L’intimità con Cristo è l’espe-rienza più bella e affascinante,che si possa fare nel cielo esulla terra. Chi trova un amicoha trovato un tesoro, dice laScrittura e questo perché fradue amici vi sono identità divedute, piena comunicazione,profonda intimità, una grandevoglia di stare insieme e diraccontarsi tutti i segreti delcuore, tutti i sentimenti del-l’anima, tutte le vicende dellavita.Ma per diventare veramenteamici bisogna conoscersi.L’amicizia è direttamenteproporzionale alla conoscenza.Più ci si conosce e più ci sidiventa amici: più ci si diventaamici e più si ha voglia diconoscersi. Cristo è il nostroamico per eccellenza, perché ciconosce fino in fondo. Nientedella nostra vita è a Lui nasco-sto. Egli sa perfettamente tutti ipensieri della nostra mente etutti i desideri del nostro cuore.Tante cose del nostro passatonoi le abbiamo dimenticate,mentre davanti a Lui tutto èchiaro, tutto è presente, tutto èsemplice.Se vogliamo essere amici diCristo, anche noi dobbiamodarci da fare per conoscerlofino in fondo, scoprire il suocuore, meditare le sue parole,identificarci con la sua stessavita. San Paolo, a questoproposito, usa questa bellissimaespressione: “Diventare con-formi all’immagine del Figliosuo”. Questo tipo di impegnoda parte nostra, cioè “identifi-carsi a Cristo”, è veramente lacosa più importante, che noipossiamo fare su questa terra.Se non si fa questo, tutto ilresto può ritenersi inutile, puòconsiderarsi perduto persempre. Noi possiamo dare unsignificato bellissimo alla nostravita, se mettiamo Cristo alprimo posto nel nostro cuore,se ci innamoriamo di Lui efacciamo di Lui l’unico ideale

Essere amici di Cristodella nostra esistenza. Vi vorreiricordare, a questo proposito leparole meravigliose di un canto,che ho imparato diversi anni fa:

L’unico ideale Tudella mia vita!Dal momento che ti amo,tutto è diventato facile,e il mio tempo non è inutile:esso è dedicato a Te!Hai saputo Tu aspettarmicon amore senza limiti;ora sono nella gioiae lo devo solo a Te!Io che avevo ormai perdutotutte quante le speranze,non credevo più a nessuno,quando m’hai chiamato Tu!L’unico ideale Tu della mia vita!

Ma chi è questo Gesù, di cui sisono innamorati tanti milioni diuomini e tanti milioni di donne?Egli è prima di tutto il “Figlio diDio”, il “Figlio dell’Eterno Padre”,Dio Lui stesso, perché una cosasola col Padre, perché è l’emana-zione del Padre, perché è l’irra-diazione del Padre e chi vede Lui,vede il Padre, attraverso la suavita e attraverso il suo insegna-mento.Egli è la Via, la Verità, la Vita. LaVia, che dobbiamo percorrerefino in fondo per arrivare al Padree per diventare suoi discepoli,una cosa sola con Lui. Egli èanche il “Figlio dell’uomo”,l’Uomo per eccellenza, l’uomoche ha voluto assumere la nostranatura umana per elevarla fino alpiano di Dio e salvarla interamen-te. Per noi uomini e per la nostrasalvezza discese dal cielo es’incarnò nel seno della VergineMaria, per cui è diventato anche ilFiglio di Maria. Egli è il BuonPastore, che va in cerca dellapecorella smarrita e, una voltatrovatala, l’afferra tra le suebraccia e se la pone sulle spalle.Egli è il “pane vivo” disceso dalcielo per farsi nostro cibo enostra bevanda, per farsi nostronutrimento e nostro sostegno.

Egli è la “manna celeste”, checi dà forza e conforto neldeserto della vita. Egli è “laluce del mondo”, la stella delmattino, che ci guida e ciprotegge. Egli è il “Maestro” ditutti, che rivela alla nostraumanità i segreti del Padre e lemeraviglie dell’universo. Egli è“il Salvatore del mondo”, cheha preso su di sé le nostremiserie e le nostre debolezze.Egli è Colui che ci libera dalpeccato e ci fa diventare figli diDio e membra vive del suoCorpo, che è la Chiesa. Egli èl’“Amore”, che si fa uomo ediventa nostro amico e nostrasperanza. Egli èl’“Emmanuele”, il Dio con noi,il Dio in mezzo a noi, per darcifiducia e gioia, per esserenostra guida e nostra salvezza,per infonderci forza e coraggioin mezzo alle difficoltà e alleprove della vita.Egli è venuto a dirci: “Su,coraggio, non temete, sono Io.Io sono in mezzo a voi persempre, sino alla fine delmondo, sino alla fine dei secoli,fino al di là del tempo e dellospazio, fino a quando sarò lavostra mercede e il vostrotutto. Voi, intanto, seguitemi,gettate in Me ogni vostrapreoccupazione. Io mi prende-rò cura di voi, Io vi porterò frale mie braccia, voi siederetesulle mie ginocchia e succhie-rete all’abbondanza del mioseno”.Sì, venite a me, voi tutti, chesiete stanchi ed affaticati ed Iovi darò ristoro. Voi troverete inme la fonte della vita; voitroverete in me rifugio econforto; voi troverete in meriparo dal caldo e dalle tempe-ste, dalle arsure e dal freddo.Io sarò per voi un porto sicuroper sempre. E tutto ciò perchéIo sono il Buon Pastore, Iosono la Risurrezione e la Vita,Io sono la Luce del mondo, Iosono l’Amore eterno ed univer-sale.

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