trinità e liberazione novembre 2010

32
1 rinità T Liberazione Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale –70% DCB S1/LE T rinità Liberazione Periodico dei Trinitari in Italia www.trinitaeliberazione.it Anno II/n. 9 - 20 novembre 2010 ib razione nuova serie P. Jose Narlaly Anche noi come Maria LAVORI IN CORSO/LE DUE PROVINCE TRINITARIE ITALIANE VERSO L’UNIFICAZIONE La comunione fa la forza Il 2011 sarà l’Anno Mariano dell’Ordine Trinitario LAVORI IN CORSO/LE DUE PROVINCE TRINITARIE ITALIANE VERSO L’UNIFICAZIONE La comunione fa la forza NUOVE SCHIAVIT Ù Usciti dal carcere Usciti dal carcere

description

trinità e liberazione n9 anno2 novembre 2010

Transcript of trinità e liberazione novembre 2010

Page 1: trinità e liberazione novembre 2010

1rinitàTL iberazione

Pos

te It

alia

ne S

.p.A

. - S

pedi

zion

e in

abb

onam

ento

posta

le –

70%

DC

B S

1/LE

TrinitàL iberazionePeriodico dei Trinitari in Italiawww.trinitaeliberazione.it

Anno II/n. 9 - 20 novembre 2010

ib razionenuo

va s

erie

P. Jose NarlalyAnche noi

come Maria

LAVORI IN CORSO/LE DUE PROVINCETRINITARIE ITALIANE VERSO L’UNIFICAZIONE

La comunionefa la forza

Il 2011 sarà l’Anno Mariano dell’Ordine Trinitario

LAVORI IN CORSO/ LE DUE PROVINCETRINITARIE ITALIANE VERSO L’UNIFICAZIONE

La comunionefa la forza

NUOVE SCHIAVITÙ

Uscitidal carcereUscitidal carcere

Page 2: trinità e liberazione novembre 2010

2 rinitàTL iberazione

anno II numero 9so

mm

ario

20 novembre 2010

LE RUBRICHE

3 EditorialeNicola PaparellaTalentida mettere a frutto

5 OrizzontiP. Fr. Jose Narlaly2011 - ANNO MARIANODEI TRINITARICome Mariaanche noi riscattoper chi aspettala liberazioneda ogni schiavitù

9 Pensandoci beneP. Luca Volpe

31 Perché Signore?P. Orlando Navarra

24 Lo scaffale del mese

26 PresenzaCracoviaRomaMedeaVenosaRocca di PapaCori

I SERVIZI

6 Secondo le ScrittureDai brandellialla setaAnna Maria Fiammata

2011 - V ASSEMBLEAINTERTRINITARIARadicati in Cristocresciamoin Famiglia

Non più schiavima fratelliin CristoAndrea Rega

8 Pagine santeLa lucenascostaAndrea Pino

10 Magistero vivoLa speranzaoltre le sbarreGiuseppina Capozzi

12 Catechesi & VitaPena conclusa.Riprende la vita?Franco Careglio

20 IstantaneaLIVORNO

Dietro le sbarrequanti fruttidi beneP. Michele Siggillino

Al di là del cancellola società che ci rifiutaCesare BrunoLa preghiera che spezzale catene del cuoreMichele Guzzardi

L’OSPITEDEL MESE

14 A tu per tuDon Franco Esposito

Dal carcereuna grandeattesadi fiduciaVincenzo Paticchio

Tre progettia Poggioreale

19 ApprofondimentiCura & Riabiltazione

Malattiegenetiche,prevenzioneanzituttoClaudio Ciavatta

20 SpecialeVERSO L’UNICAPROVINCIA ITALIANA

La comunionefa la forzaAnnalisa Nastrini

Visita il nuovo sito della rivistawww.trinitaeliberazione.it

Page 3: trinità e liberazione novembre 2010

3rinitàTL iberazione

Editoriale

Nicola PaparellaDIRETTORE RESPONSABILENicola Paparella

[email protected]

AMMINISTRATORE UNICOLuigi Buccarello

EDITORIALEEdizioni di Solidarietà

Media e Comunicazione

CONSULENZA EDITORIALEVincenzo Paticchio

AMMINISTRAZIONEREDAZIONE E PUBBLICITÀ

Piazzetta Padri Trinitari 73040 Gagliano del Capo (Le)

Tel. 3382680900Fax 08321831477

[email protected]

STAMPACartografica Rosato

Via Fra’Nicolò da Lequile, 16/Awww.cartograficarosato.it

73100 Lecce

ABBONAMENTIAbbonamento ordinario annuale

Euro 30,00Abbonamento sostenitore

Euro 50,00 da versare su

Conto corrente postalen. 99699258

oppureCodice Iban

IT 77 K 07601 16000 000099699258

da intestare a Edizioni di SolidarietàMedia e Comunicazione srl

Piazzetta Padri Trinitari 73040 Gagliano del Capo (Le)

Periodico dei Trinitari in Italia

Iscritto al n. 1020 del Registrodella Stampa del Tribunale di Lecce

il 30 aprile 2009

Talentida mettere a frutto

Nei giorni dell’incertezza edell’insicurezza o nella stagio-ne del dubbio e dell’angoscia,la capacità di accoglienza èmessa a dura prova. E noi oggiviviamo come sospesi fra irichiami del piacereincontrollato e la perdita dellastoria e della memoria; fra ilchiasso della pubblicità e glismarrimenti della cronacaquotidiana; fra i vizi dei politicie i fantasmi di una imminenteapocalisse.E’ difficile accogliere mentre siè in questi travagli.Gli altri non sono più nostricompagni di viaggio, ma nostriconcorrenti: coloro che posso-no arrivare prima di noinell’area di parcheggio; o forsenostri nemici: che possonomettere a repentaglio il nostroriposo e la nostra quiete.In una cultura di questo tipo èfacile il rischio della stereoti-pia, ossia delle etichette cheservono a condannare giàprima di sapere, che servono aescludere, già prima di incon-trare, che servono a chiuderele porte, negando persino lapossibilità del dialogo e delconfronto.Le etichette sono come degliabiti confezionati addosso allepersone e dai quali nessunopuò liberarsi. Il nostro vicinodiventa un irresponsabile,quell’altro viene giudicatocome un giocherellone, equell’altro ancora non può cheessere un ladro privo di valorimorali…Se questa operazione è possibi-le con chi ci passa accanto ognigiorno, a maggior ragione èpossibile con chi ha sbagliato esi è oggettivamente comportatomale.Quel che egli ha compiutodiventa il suo abito, la suacondanna per sempre.In un mondo in cui tutto èmobile, tutto è flessibile, tuttoè incerto, dove persino i pattipiù sacri non sembrano resi-stere alla prova del tempo,

escludere qualcuno per semprediventa una sorta di sicurezzad’accatto, una valvola di sfogo,un meccanismo di difesaesemplare.Per questo è oggi difficile –molto più di quanto non siasempre stato – accogliere gliex-detenuti. Anzi, sapere che cisono delle persone da cuidobbiamo guardarci, chedobbiamo tenere lontano danoi perché in loro sono lesorgenti del male, è come aversconfitto Lucifero e averloimprigionato per sempre.In ogni stagione della storial’uomo ha costruito catene eha costretto il fratello inprigione. Ma le catene delladiffidenza, della incomprensio-ne, della esclusione sonosicuramente fra le più resi-stenti e le più dure.Attorno alle carceri c’è dunquebisogno di un duplice movi-mento di liberazione: quelloche agisce all’interno degliistituti di pena perché siasempre salvaguardata ladignità della persona e perchéla pena possa valere comepercorso di riscatto e di eman-cipazione, e contestualmente ilmovimento di liberazione cheagisce all’esterno, per nonlasciare l’ex-detenuto nellacondizione di isolamento e diesclusione che offende econdanna senza colpe e senzagiudizi.Ancora una volta le chiavidelle catene che costringono ipolsi degli altri sono a nostradisposizione: si chiamanocultura, accoglienza,condivisione, senso dellastoria, memoria.Chi ricorda è sempre pronto adinterrogarsi, a sfidare il presen-te e il futuro con le sue doman-de di senso, a trovare nei suoiinterrogativi, le risposte cheaprono alla comprensione ealimentano l’ascolto.Anche questo è un compito,anche questo è un talento damettere a frutto.

Page 4: trinità e liberazione novembre 2010

4 rinitàTL iberazione

Come Maria, anche noiriscatto per chi aspettala liberazioneda ogni schiavitù

Orizzonti

M iei cari Fratelli, alla vigilia del-la celebrazione dell’Anno Mariano nel2011, in occasione del cinquantesi-mo anniversario della proclamazionedi Nostra Signora del Buon Rimediocome Patrona Principale dell’Ordine,voglio invocare l’intercessione di unatanto gloriosa e poderosa Madre per-ché venga in nostro aiuto per potervivere la nostra vocazione trinitaria eredentrice, con gioia e fedeltà. Findalle stesse origini dell’Ordine, la pre-senza di una Madre così affettuosa èstata una reale e costante fonte di for-za per la perseveranza dei nostri an-tenati nella loro vita consacrata e nel-la loro missione redentrice. Lei ha of-ferto un aiuto inesauribile al nostroPadre San Giovanni de Matha neimomenti di grande e urgente neces-sità nel reperire i mezzi materiali per laredenzione dei fratelli schiavi. Non haavuto dubbi nel venire in soccorsodel nostro santo Riformatore, quan-do questi ha sperimentato l’ansia el’incertezza di raggiungere la nobileed eroica avventura della Riforma del-l’Ordine. “Madre del Buon Rimedio”è il nostro titolo preferito per Lei. Tra-dizionalmente, questo titolo le è sta-to attribuito grazie al suo interventonel corso della vita del nostro Fonda-tore che aveva bisogno urgentemen-te di denaro per liberare i cristianischiavi. Perciò, le immagini di NostraSignora del Buon Rimedio sono rap-presentate con la consegna di unaborsa di soldi a San Giovanni de Ma-tha. Questa borsa rappresenta il prez-zo del riscatto simile al prezzo dellanostra redenzione, cioè, il sangue pre-zioso di Gesù. Nel passato i nostri fra-telli hanno pagato un alto prezzo peril riscatto dello schiavo, separandofedelmente la terza parte di tutti i lorointroiti, scambiandosi eroicamentecon lo schiavo e, a volte, donando lapropria vita per il riscatto di chi eraprivato della libertà, come il caso deinostri fratelli martiri di Algeri.

Poiché il titolo con cui onoriamonostra Signora si relaziona con il ri-scatto dello schiavo, quest’AnnoMariano è un’occasione piena di gra-zia per animarci ad intraprendere lanostra missione di liberazione conmaggior entusiasmo e fedeltà. Ancheil 2011 sarà un periodo significativoper rinnovare il nostro amore e devo-zione alla Madre del Buon Rimedio.Lei è intimamente unita alla Santissi-ma Trinità e il suo ruolo è inseparabi-le dal suo Divino Figlio Gesù nellanostra redenzione. Questa bella real-tà è fonte di immensa gioia ed entu-siasmo per far vivere la nostra voca-zione e il nostro carisma. Dobbiamo

riflettere sulla collaborazione di Ma-ria al piano di Dio di salvarci e cercaredi imitare la sua disponibilità e le vir-tù che l’hanno resa strumento effica-ce e rimedio duraturo di tutte le no-stre pene e miserie. Voglia il Signoreche aumentiamo la nostra motivazio-ne e rinforziamo il nostro impeto perrispondere più autenticamente e ge-nerosamente alla nostra vocazione emissione. Dal primo momento, Mariaha detto “si” alla parola di Dio ed èrimasta fedele ad essa fino alla morte.Anche quando era ai piedi della Cro-ce di suo Figlio, ha continuato a dire“si” a Dio. Nessuna sofferenza o dif-ficoltà l’hanno allontanata da suo Fi-glio dalla nascita fino al momento dellamorte per redimerci. Così, Maria è in-trinsecamente parte del Rimedio cheDio offre all’umanità. Quale miglioreo maggiore testimone prossimo ab-biamo, che la presenza, l’esempio el’intercessione di una tale Madre nel-la nostra vita e nella nostra missioneliberatrice?

Domandiamoci se la nostra fede eil nostro impegno sono fermi nella ri-sposta quotidiana alla nostra voca-zione. Tutti i giorni Dio ci parla, so-prattutto nelle nostre celebrazioni li-turgiche. La Parola di Dio ci offre laforza vitale e l’energia per continuare

a credere e avere fiducia nei momentioscuri e dubbiosi della nostra vita. Ilpotere della Parola di Dio ci aiuta adessere fedeli a ciò che promettiamo alSignore nel momento della nostraconsacrazione religiosa. La fede nel-la vita eterna è un insegnamento es-senziale del Vangelo. Quando Gesùha curato la salute fisica e spiritualedi coloro che soffrivano, Lui insiste-va più sull’importanza della salvezzadelle anime. Vediamo che Gesù hasubito perdonato i peccati mentre of-friva il rimedio dei dolori fisici. Gesù,vista la loro fede, disse al paralitico:“Figliolo, ti sono rimessi i tuoi pecca-ti” (Mc 2, 5).

Noi Trinitari nasciamo per riscat-tare coloro la cui fede è in pericolo.La nostra missione si può compieresolo se noi abbiamo una fede forte eun grande spirito di sacrificio. Il no-stro impegno religioso è basato nellafede nel Dio vivente delle promesse,fede nella nostra vocazione come unachiamata e invito di Dio, fede sullanostra comunità religiosa che è prin-cipalmente una comunità di fede. Dioscelse la sua Benedetta Madre perdarci Gesù nostro Redentore, perchélei era una donna di fede imperturba-bile. La fede ci fa sognare la vita eter-na e ci invita a preferirla alla vita ter-

2011: un anno di grazia

Questione di fede

Alla scuola della Parola

IL 2011 ANNO MARIANO DEI TRINITARINel cinquantesimo Anniversario della proclamazionedi Nostra Signora del Buon Rimediocome Compatrona dell’Ordinefondato da San Giovanni de Matha.Il Messaggio del Ministro Generale

Come Maria, anche noiriscatto per chi aspettala liberazioneda ogni schiavitù

Page 5: trinità e liberazione novembre 2010

5rinitàTL iberazione

Orizzonti

Come Maria, anche noiriscatto per chi aspetta

di P. Fr. Jose Narlaly *

rena. La scelta per la vita consacratadi povertà, castità e obbedienza, èbasata fondamentalmente sul valoresupremo della vita eterna. La vita reli-giosa è segno e piacere anticipatodella vita futura; di conseguenza,dobbiamo preferire le ricchezze cele-sti a quelle terrene, l’amore divino al-l’umano, la sottomissione alla volon-tà di Dio invece degli interessi perso-nali. Se la nostra fede in Dio e nellasua Parola non è abbastanza forte, ciesporremo al pericolo di dubitare del-la nostra volontà facendo scelte equi-voche o perseguendo successi uma-ni col rischio di essere infedeli allavolontà di Dio. La fede costante dellanostra Benedetta Madre e la sua fe-deltà alla volontà di Dio, ci ispirano emotivano fortemente a nutrire la no-stra fede costantemente con la paro-la di Dio.

Il secondo aspetto della vita pie-na di virtù di Nostra Signora del BuonRimedio al quale vorrei prestare at-tenzione, è la sua profonda umiltà.Insieme alla sua viva fede, la sua umil-tà la svuota di se stessa e la rendegradita davanti alla Trinità Beata finoal punto di renderla strumento piùdegno della nostra salvezza. La schia-va umile di Nazareth è stata esaltataper essere la Regina dell’Universo

grazie alla sua piccolezza e alla suadisponibilità totale al piano di Dio.“Ecco la serva del Signore, si compiain me la tua Parola”. Qui comincia larealizzazione della nostra liberazioneintegrale. Come tutti sappiamo, l’umil-tà è intimamente unita alla verità e laverità alla libertà: “Se rimanete fedelialla mia parola, sarete davvero mieidiscepoli; conoscerete la verità e laverità vi farà liberi” (Gv 3,31-32). Sesiamo veri amanti della verità e dellalibertà, non possiamo che essere umi-li. L’umiltà è il primo passo verso lalibertà, la persona umile riconosce chiè, conosce i suoi limiti ed errori. Soloammettendo i nostri difetti, possiamosuperarli e ottenere la libertà reale.Gesù dice che chi pecca si rende schia-vo del peccato. In questo contesto, mipiacerebbe che ricordaste la letteraaperta che ho scritto in occasione del-la festa di San Giovanni Battista dellaConcezione il 14 febbraio 2010. Si trat-tava di un esame di coscienza apertoper tutti noi, vuole essere il riconosci-mento delle nostre debolezze ed erroriperché l’accettazione umile di ciò chesiamo, ci aiuterà nel nostro camminoverso l’autentica libertà. Se ci dirigia-mo umilmente verso l’umile schiava diNazareth, lei ci farà avere il dono del-l’umiltà che preparerà le nostre mentie i nostri cuori per un autentico rinno-vamento spirituale. La Vergine umile,non si è mai posta su un piedistallo;ha obbedito totalmente al piano di Dio,

ha evitato il plauso pubblico e ha par-lato solo quando era necessario a tem-po debito. “Fate quello che vi dirà”(Gv 2, 5). Maria ha collaborato attiva-mente al piano redentore di Dio con ilsilenzio e la discrezione possibile.L’umiltà ci aiuterà a cercare Dio e il suoRegno per primo, gli altri e il loro be-nessere poi e, in fine, noi stessi. L’umi-le e gratuito servizio di Gesù ci ha por-tato la salvezza. Si è svuotato total-mente di se stesso e ci ha dato tutto.La stessa Madre di Gesù non ha dubi-tato affatto sulla totale cooperazioneper ottenere la liberazione eterna pertutti noi. Voglia Dio che il prossimoAnno Mariano sia per noi un’oppor-tunità per alzare i nostri occhi versonostra Madre del Buon Rimedio, chie-dendole che interceda per noi perchéle nostre vite siano un’offerta umile epiena di fede alla Santissima Trinità.Magari, questo anniversario ci aiuti acercare presto la compagnia della Ma-dre perché il nostro impegno religiososi intensifichi; che Maria ci conducaall’autentica libertà e ci renda appas-sionati nel nostro ministero di libera-zione in favore dei nostri fratelli priva-ti della libertà. Chiediamo alla Madredel Buon Rimedio che, come Lei si ètrasformata per la parola di Dio e ilpotere dello Spirito Santo, così anchenoi ci nutriamo e ci lasciamo illuminaredagli stessi doni divini.

*Vostro fratello nella TrinitàMinistro Generale OSST

Umili e liberi per liberare

Nel cinquantesimo Anniversario della proclamazione

Come Maria, anche noiriscatto per chi aspetta

Page 6: trinità e liberazione novembre 2010

6 rinitàTL iberazione

Secondo le Scritture

LO SPIRITO DEL SIGNORE È SU DI MECarcere è anche la speranza negata,il corpo disprezzato, la tirannia del vizio,la famiglia distrutta;carcere è l’oblio dei sentimenti

Dai brandellialla setaDalle tenebre alla luce. Dall’abis-so al vertice. Dalla prigionia alla li-bertà. Chi non vorrebbe muoversinella luce, provare l’ebbrezza di tro-varsi su una cima, assaporare ilgusto inenarrabile della libertà?

Eppure non sempre accade, néè da tutti riuscire a compiere quelpassaggio grazie al quale la feritadell’errore si rimargina, il corpo elo spirito diventano come il vestitoe la sua fodera, l’uno accanto al-l’altro integri, e il cuore si riprendeil calore e la bontà della vita.

Il carcere è il luogo dei ceppi edelle catene; il luogo estremo ovesi salda un debito per aver com-messo azioni riprovevoli ai danni delprossimo, ma anche della propriadignità. La moneta usata per que-sto pagamento, però, è quella piùpreziosa; tanto invisibile che sem-bra di non possederne neanche unpo’, così che uno si accorge diaverla solo quando è costretto aconsegnarla: la libertà.

“Contro chiunque non osserve-rà la legge del tuo Dio e la legge delre, si faccia con sollecitudine unprocesso e lo si punisca con lamorte o una pena corporale o

un’ammenda in denaro o il carce-re” (Esd 7, 26).

Tuttavia carcere è anche la spe-ranza negata, il corpo disprezzato,la tirannia del vizio, la famiglia di-strutta; carcere è l’oblio dei senti-menti, è la fine sciagurata del pro-prio essere dono per gli altri. Nelsuo spazio inviolabile, nel luogo dellafisionomia sua più profonda, la fedein Cristo Gesù è desiderio umanodi speranza, voglia di parlare e diincontrare Qualcuno che al di là ditutto e al di là del tempo è SignoreDio, ma anche Padre. Questa con-quista o dono che è la fede si orientaalla speranza che il Servo di Javhèverrà: “...per la giustizia... perché...apra gli occhi ai ciechi e faccia usci-re dal carcere i prigionieri, dalla re-clusione coloro che abitano nelletenebre” ( Is 42, 6-7). Immaginia-mo Gesù che apre il rotolo del pro-feta Isaia in un momento in cui re-almente si compie quanto sta perleggere, in cui tutto ha una densitàdi senso che supera la capacità dicomprensione degli uditori e dice:“Lo Spirito del Signore è sopra dime, … e mi ha mandato a portareai poveri il lieto annuncio, a procla-

mare ai prigionieri la liberazione aiciechi la vista; a rimettere in libertàgli oppressi...” (Lc 4, 18-19). Il cuo-re stesso di Gesù è aperto alla sof-ferenza degli ultimi, anche dei car-cerati ai quali aprirà le porte delleprigioni.

Non possiamo non vedere lostesso moto dell’animo che da uncerto punto della vita fino alla suamorte ha ispirato e guidato San Gio-vanni de Matha, il Santo che del ri-scatto degli schiavi ha fatto la ra-gione della sua vita.

Anche il profeta Isaia annunciala missione del Servo di Javhè cheaprirà le porte del carcere ai prigio-nieri; tuttavia questa apertura nonfacilita una “fuoriuscita”, un pren-dere una direzione invece di un’al-tra soltanto perché non vi sonoostacoli al fluire, ma indica l’iniziodi una vita buona, risanata; l’iniziodi una libera scelta nel segno di unaresponsabilità adulta e matura. Car-cere è allora anche il luogo del do-lore e della croce; lo spazio nel cuirecinto si può sperimentare la chia-mata nel tribunale della propria co-scienza per prendere consapevolez-za degli errori e delle colpe com-

Radicatiin Cristo,cresciamoin Famiglia

Un’immagine della IV Assemblea svoltasi in Messico nel 2005

Page 7: trinità e liberazione novembre 2010

7rinitàTL iberazione

Secondo le Scritture

di Andrea Rega

Non più schiavi ma fratelli in CristoIL CASO DI ONÈSIMO

messe e gridarne la disapprovazio-ne. La coscienza del credente inCristo Gesù, se ormai guarita o tra-sformata, trova in Dio la fonte del-la giustizia ed è con questo spiritoche Paolo dice: “… perché io pos-sa conoscere lui, la potenza dellasua risurrezione, la comunione allesue sofferenze, facendomi confor-me alla sua morte, nella speranzadi giungere alla risurrezione deimorti”(Fil 3, 10-11). Per diventarevero abbandono del carcere non èsufficiente cambiare luogo per po-ter decidere secondo la propria vo-lontà di essere in un posto anzichéin un altro; questa condizione la-sciata sola può generare schiavitùse la propria volontà e il propriocuore permangono orientati ad unpassato lontano dall’amore per ilbene in quanto tale e per la vita delprossimo.

Il carcere come sepolcro delleiniquità; le colpe come il sudarioriposto e lasciato là, a testimonian-za che per la nuova vita servononuovi abiti, una volontà purificata,un cuore e una mente rinnovaticome solo lo splendore della lucepuò esprimere.

Il Consiglio Generale dell’Ordinedella SS. Trinità. presieduto dalMinistro Generale Padre JoseNarlaly ha annunciato la celebra-zione della “Vª AssembleaIntertrinitaria della Famiglia” chesi svolgerà ad Avila (Spagna)presso il Centro InternacionalTeresiano Sanjuanista, dal 22 al26 agosto 2011. Il tema dell’as-semblea, nella quale si celebrerà il25º anniversario dell’Assemblea

di Anna Maria Fiammata

NEL 2011 AD AVILA LA V ASSEMBLEA INTERTRINITARIAIntertrinitaria di Majadahonda(Spagna 1986), è il seguente:Radicati in Cristo, cresciamo inFamiglia.L’Assemblea Intertrinitaria “[…]è segno di comunione di tutta laFamiglia, mediante i suoi rappre-sentanti che, in spirito di carità,esprime la ricerca e la partecipa-zione del bene dell’intera Fami-glia nella sua vita e nella suamissione... All’Assemblea parte-

cipano i membri del Copefat eidelegati e di ogni Istituto edelle Associazioni del LaicatoTrinitario, tenendo conto, agiudizio del Copefat, di unagiusta proporzione tra laici,religiose e religiosi” (Statuti delCopefat, nº. 11).Il Vicario Generale e il SegretarioGenerale si impegnano ad inviareai fratelli, non appena pronto, ilprogramma dettagliato dell’evento.

in Cristo,cresciamoin Famiglia

Persone diverse che per altrettantedisparate colpe si trovano a trascorrereuna parte, più o meno lunga, della loroesistenza terrena in carcere trovano, inquesto angusto luogo di pena, grazie alnascosto quanto instancabile lavoro deisacerdoti - religiosi che nel carcererealizzano la propria chiamata vocazionalee il loro servizio alla comunità e allaChiesa - il dono della fede.La galera diventa, in questa accezione, illuogo che permette ai detenuti di fare,dall’inserimento all’uscita dalla prigionia,esperienza tangibile di fede, contrariamen-te alle tante e altre situazioni della loro vitanelle quali, però, le singole libertà indivi-duali non hanno voluto aderire alla stradadel Cristo preferendo la spaziosa via checonduce alla perdizione (Mt 7,13).Quando tutto sembra venir meno nell’espe-rienza di vita di una persona che, a causa diuna scorretta condotta individuale, passadallo stato di libertà a un regime coatto -con tutte le gravi difficoltà di adattamento,oltremodo, inasprite dal sovraffollamentodelle strutture penitenziarie - proprio intale frangente ha l’occasione di ascoltareparole di vera speranza dal cappellanocarcerario.Per il carcerato ha, quindi, inizio unpercorso di senso là dove, effettivamente,avviene l’espiazione terrena, la riconcilia-zione e la rieducazione delle inclinazionidistorte dell’animo e infine la rinascita diun uomo nuovo in Cristo.San Paolo apostolo nell’epistola a favore diOnèsimo schiavo fuggito dalla casa diFilèmone si rivolge a quest’ultimo,destinatario della lettera, dicendo: “Te lorimando lui che mi sta tanto a cuore […]per questo forse è stato separato da te perun momento: perché tu lo riavessi persempre; non più però come schiavo, mamolto più che schiavo, come fratellocarissimo, in primo luogo per me, ma ancor

più per te, sia come uomo che come fratelloin Cristo”( Fm 1, 12-17).Onèsimo, come è noto, abbandonata la casadel padrone Filèmone - ricca persona diColosse convertito al Cristianesimo,congiuntamente, alla sua famiglia, proprio,dall’Apostolo delle genti - incontrerà,all’epilogo delle sua fuga, nel carcere,prigioniero di Cristo Gesù (Fm 1, 9), lostesso San Paolo. L’Apostolo, durante laprigionia, convertirà al CristianesimoOnèsimo che si renderà disponibile perservirlo nell’evangelizzazione. TuttaviaPaolo, servo di Gesù Cristo e apostolo perchiamata (Rm 1,1), pur potendo noncontravverrà, formalmente, le leggi deltempo indirizzando, un’altra volta,Onèsimo da Filèmone, legittimo proprieta-rio della vita del suo schiavo, nella consape-volezza sostanziale di avergli restituito unuomo nuovo: non più schiavo ma fratello inCristo.La prigionia, come dimostra questa brevequanto significativa Lettera a Filèmone, seilluminata dalla luce di Cristo, attraversoun’esperienza reale come l’incontro conun sacerdote, può, realmente, trasformaregli uomini e le loro vite. Il caso di Onèsimo,certamente eccezionale, da schiavo a uomolibero riaccolto, con molta probabilità,quale fratello nella casa di Filèmone, può atutt’oggi insegnare molto. Ai nostri giorni,infatti, la schiavitù, nell’antichità rappre-sentata dal dominio di una persona sull’al-tra, ha volti nuovi: droga, alcool, prostitu-zione ecc.. Ragion per cui per moltidetenuti, che come Onèsimo incontranoCristo in galera, l’uscita dal carcere è, alcontempo, liberazione dalle sbarre e dallaschiavitù. Questa liberazione renderà lapersona, finita la sua detenzione, capace dievincersi dagli errori del passato e direstituirsi alla vita di tutti i giorni, allavoro e alla famiglia orientati alla lucedella Verità.

Page 8: trinità e liberazione novembre 2010

8 rinitàTL iberazione

Pagine sante

La luce nascosta

UN BELLISSIMO AFFRESCO DI SPERANZAJacques Fesch: nella tragedia della propria vitala scoperta della santità. La grazia di Dio attraverso la preghierae la vicinanza del cappellano benedettino padre Thomas

Salito al patibolo,volle, come suoultimo gesto,baciare il Crocifisso,perdonando tuttie a tutti chiedendoperdono

Non è semplice prendere son-no quando si è consapevoli chequella che trascorre è l’ultima not-te della propria vita. Quando si ècerti che all’alba il sorgere chiarodelle luci porterà un nuovo giornosu tutta la terra, ma proprio in queimomenti, negli attimi in cui il buioandrà via lasciando schiudere tuttala bellezza del miracolo di una nuo-va aurora, proprio allora si dovràmorire. Eppure, Jacques non eratriste. L’angoscia profonda per ciòche viveva, per essere stato causadella propria tragedia personale, quelsenso di naturale terrore che pren-derebbe qualsiasi uomo di frontealla morte, per lui era durato un solominuto. Tragedia poi, la sua? No,non era stato così. Era invece comeun fiume di Grazia che l’aveva tra-volto, improvviso, potente, amore-volissimo, e aveva invaso e con-quistato la sua povera persona, perdonargli una pace assoluta, mai pri-ma d’ora provata.

Si alzò, tanto mancava poco al-l’esecuzione. Rifece addirittura illetto, mettendo ordine nella sua cel-la, quasi fosse un’ultima delicatez-za per quanti gli stavano vicino. Allafine, aveva imparato. Lui, giovaneinquieto e disordinato, alla fine avevacapito quanto amore silenzioso edelicato ci fosse in questi umili ge-sti e come faceva bene quell’amo-re così piccolo e semplice al pros-simo. Dopotutto, scherzando l’ave-va detto anche al suo avvocato chenon aveva lasciato nulla di intenta-to per farlo sfuggire alla pena capi-tale: “Dovrò morire, e sarà davve-ro la prima cosa in cui riuscirò benenella vita”. In tutti questi mesi sa-peva che diversi detenuti eranousciti. Scontavano la loro pena,com’era giusto, e poi uscivano,potevano ricominciare. Per lui, lecose erano diverse, troppo gravierano le accuse. Sarebbe uscito,solo per andare al patibolo. Pensa-va alla sua casa, a come la figliolet-ta sarebbe stata a dormire tranquil-la nel suo lettino, mentre si esegui-va la condanna. Era ancora troppo

piccola e forse da grande non loavrebbe avuto tra i suoi ricordi. Omagari sarebbe divenuto solo unalontanissima immagine scura epoco nitida in qualche remoto an-golo della sua memoria. Era l’ideache più lo faceva soffrire. Per que-sto in carcere aveva scritto per leiun quadernetto. Rileggeva spessoquella prima pagina: “Bambinamia, questo è il mio giornale, tuttoil mio bene che ti lascio in ereditàper mancanza di altri beni che ipapà usano donare ai loro figli.Ciò che ho, te lo dono per il gior-no in cui, divenuta donna, potraiattraverso queste righe seguire lavita di colui che fu tuo padre e chenon ha mai cessato un solo istantedi amarti. Guardo le tue foto e fis-so i tuoi capelli biondi che tantoamerei accarezzare. Questo papàche amavi con tutto il cuore di bim-ba quando eravamo insieme e chela tua spensieratezza attuale ti faignorare, certamente un giorno tiinterrogherai chi era. Ti dirannoche è un omicida. Ebbene, io tiracconto chi era tuo padre”. Com-muovono ancora queste parole sesi riflette che a scriverle fu JacquesFesch, un ragazzo di 27 anni ghi-gliottinato il 1 Ottobre 1957 e di cuiora è in corso il processo di Beati-ficazione. Fu uno degli ultimi a sa-lire sul palco di quel tremendo sup-plizio, in quella laicissima Franciadove la pena di morte per decapita-zione sarà abolita solo negli anniottanta. La sua è una storia di san-tità sconvolgente, di quelle che la-sciano interdetti. Una continua,

drammatica, dolorosa ricerca diqualche spiraglio di luce che possapermettere una risalita dall’abissoin cui si è precipitati, gettando viain maniera assurda e sconsideratala giovinezza. Un tragico ma inten-sissimo slancio di Fede per affer-rare un’ultima tavola di salvezza nelcompleto naufragio della vita. Pro-prio come confidò in una letterainviata dal carcere ad un amico:“ Amatissimo Fratello, Gesù atten-de che io creda nel Suo amore. Nonsono io che sono andato verso diLui, ma è Lui che è venuto versodi me. E anche la mia morte è unagrazia”. Già, una grazia autentica,un miracolo. Perché lo Spirito diCristo l’aveva come circondato econdotto al Padre, facendolo incam-minare con fatica e gioia insieme,per la via della più pura e profondaconversione, fino a giungere allevette altissime di una spiritualità lu-minosa. Vette da cui Jacques teme-va addirittura di scendere se la con-danna non fosse stata eseguita: vo-leva la croce, ormai non aspettavaaltro che di abbracciarla, anzi dicompiere quell’ultimo salto, ora chestava lassù in cima, per lasciarsiabbracciare per sempre dal suo Si-gnore: “Sì, io tendo una mano allaVergine e l’altra alla piccola santaTeresina. In tal modo non corroalcun rischio ed esse mi attireran-no a sé per consegnarmi a Gesù perl’eternità”. Sì, era pienamente con-sapevole che gli avrebbero tolto lavita, ma l’unico modo per liberarsidalla disperazione era allora questo,donare la sua esistenza, unendolaal sacrificio di Cristo. Accettare conserenità il supplizio, versando il san-gue per vedere finalmente il pro-prio Redentore che ultimo si erge-rà sulla polvere. Uscire dal buio delmondo per ritrovarsi nell’universodi quella luce, per tanto tempo sco-nosciuta e nascosta ma di cui orane sentiva tutta la bellezza e il calo-re, proprio attraverso il sottile spi-raglio aperto dalla sua condanna.

Era stato un giovane difficile,sempre pronto ad evadere la realtà

di Andrea Pino

Page 9: trinità e liberazione novembre 2010

9rinitàTL iberazione

Pagine sante

PENSANDOCI BENEa cura di P. Luca Volpe

Caro DioUn ragazzo sulla trentina, girovago e sognatorecome molti della sua età, era capitato in una casareligiosa che portava il nome di “casa di acco-glienza” ed espresse il desiderio di passare alcunigiorni in essa, in compagni dei frati.Con gioia e sollecitudine la risposta fu positiva.Sul far della sera nel primo giorno della suapermanenza, giunse una chiamata telefonica dallaSicilia, sua terra di origine e si presentò in qualitàdi sua madre, lieta che suo figlio che pur portavasulle spalle problemi di una certa gravità sitrovasse in una casa del genere. Ancora piùsollecite le attenzioni. Il giorno tra il fare qualco-sa, il muoversi alla ricerca di nuovi incontriinterpersonali e i compiti che gli si assegnavano,trascorreva un pochino lento ma senza grandiostacoli. La notte invece ...ma la notte no! Comedice l’antico ritornello del famoso programmatelevisivo di arboriana memoria. Dal terrazzo allacantina dall’attacca-brighe alla voglia di mangia-

re, dall’importunare chi dormiva al suonare unvecchio piano forte; in una parola per andarecontro e disturbare. Era la quinta volta cheveniva a bussare alla mia porta e domandò coninsistenza la mia presenza fisica. Tutt’e dueseduti, verso le tre di notte, io mezzo addormen-tato e lui molto sveglio sulle scale del secondopiano dell’edificio. Mi chiese di fare una preghie-ra insieme e poi io una per lui e lui una per me.Gli misi le mani in testa e domandai per lui, conuna certa staticità e sonnolenza, benedizione,luce interiore, salute dell’anima e del corpo,come un classico prete.Lui invece mi guardò negli occhi, poggiò le suemani sulle mie spalle e alzati gli occhi al cielodisse: “Caro Dio, dagli pazienza perché ne servemoltissima per sopportare un tipo come me.”Mi piacque allora, ricordo ora e mando un carosaluto a Calogero, dovunque sia. Da allora la suabenedizione mi accompagna.

ho veramente la certezza di cominciare a vivere per laprima volta”, così lascerà scritto poco tempo primadella morte. Salito al patibolo, volle come suo ultimogesto, baciare il Crocifisso, perdonando tutti e a tuttichiedendo perdono. La storia di Jacques Fesch, purnella sua essenza tanto drammatica, è divenuta nel tem-po un bellissimo affresco di speranza. Essa rimanetragica immagine di come sia facile il rischio di spre-care il dono della vita se l’uomo non viene educatosulla via liberante del riconoscimento della propria di-gnità e della scoperta dei propri talenti, ma è capace didimostrare in maniera eloquente l’opera dell’unico veroliberatore, lo Spirito del Signore Gesù, che compie iSuoi trionfi di Fede facendo schiudere, anche in cir-costanze disperate, lo sguardo intimo dell’animo ver-so quella luce nascosta, l’unica in grado di dare un’au-tentica pace al cuore umano.

concreta per lanciarsi alla rincorsa di pensieri sconfi-nati, appassionandosi ad immaginare lontanissime mètetropicali e fantastici viaggi esotici. I genitori non era-no riusciti a stargli dietro, né a tenere unita la famigliae così era cresciuto insicuro, abbandonato a sé stes-so, troppo solo e triste, senza alcun interesse per qual-siasi studio o lavoro. L’unica a dimostrargli un senti-mento d’amore sincero, seppure immaturo, era stataPierrette, una coetanea di origini ebraiche, che l’avevareso un giovane quanto impreparato padre di una me-ravigliosa bambina. Pur provando per un certo tempoa vivere insieme per costruire una vera famiglia, orga-nizzando una normale vita coniugale, l’estrema fragi-lità di entrambi alla fine prevalse irrimediabilmente ePierrette fece ritorno dai suoi. Jacques si era ritrovatocosì veramente solo stavolta, e senza occupazione,senza un vero scopo della vita, prese l’assurda deci-sione di compiere una rapina per scappare poi conuna barca verso le isole del Pacifico. Impadronitosi diuna pistola che doveva servire a spaventare il malca-pitato, tentò di attuare il piano, ma nella concitazionedi quei momenti aveva esploso un colpo e preso dalpanico si era dato alla fuga. Individuato subito dallagendarmeria e ormai fuori di sé, si mise a sparare al-l’impazzata uccidendo un agente e ferendone un se-condo, fino a quando non venne bloccato. Nei lunghie infelici mesi di prigione che seguirono, riuscì ad apriredavvero gli occhi sul suo stato. Venne lo sconfortoper l’irrimediabile male commesso e l’amarezza per iltenero sentimento d’affetto ormai sciupato verso quellache sarebbe dovuta essere la sua sposa e la figlia chegli aveva dato. Ma fu allora che la grazia di Dio inter-venne, potente e salvifica, e attraverso la vicinanza delbenedettino padre Thomàs, si svilupperà veloce nel-l’animo di questo giovane così provato un intenso iti-nerario di Fede capace di condurre non solo al mira-colo di una conversione ma anche ad un profondocompiersi di bene: sarà finalmente celebrato il matri-monio con Pierrette e Jacques riuscirà addirittura nel-l’intento di riconciliare tra loro i propri genitori. “ Ora

Jacques Fesch

Page 10: trinità e liberazione novembre 2010

10 rinitàTL iberazione

Magistero vivo

Ogni detenuto reinserito nel-la società è un criminale in menoper la società. Partendo da un sif-fatto slogan, ci si può approcciarealla problematica degli ex detenuti,nell’ottica pragmatica della societàaccogliente. Le stime relative allareiterazione dei crimini da parte dicoloro che escono dal carcere (siparla dell’80-90%), rappresentanoeffettivamente il segnale di allarmedi una società in affanno, una so-cietà che fatica ad assorbire le di-namiche di marginalità dei detenutimessi in libertà e delle loro fami-glie. Le difficoltà e gli ostacoli nelreinserimento lavorativo, e quindisociale, sono la conseguenza delladifficoltà da parte dell’ex detenutodi maturare, in costanza di deten-zione, le relazioni, le motivazioni,le attitudini ed i comportamenti ri-chiesti dal mondo del lavoro e del-l’impresa, e spesso anche le com-petenze adeguate. Ma come ogniproblema, la prospettiva è almenoambivalente. Ed anche in questocaso la situazione va affrontata sianella prospettiva del soggetto di-scriminato, che in quella della so-cietà discriminante. Ora, l’etichet-tamento e la conseguente margina-lizzazione dell’ex detenuto rappre-sentano un problema culturale limi-tante per la sua e l’altrui libertà dipensiero e azione. Diventa, infatti,difficoltoso valutare con serenità lacondizione di “persona” dell’uomo-detenuto. E da questo deriva uncondizionamento della società che,attribuendo l’etichetta di devianza,stigmatizza nel soggetto interessa-to questa medesima convinzione.Ma la società è fatta di persone e ilvalore di ognuno è vitale per l’equi-librio della società stessa. Come haaugurato Benedetto XVI ai detenu-ti del supercarcere di Sulmona nelluglio u.s., ognuno può trovare lavia per dare un contributo alla so-cietà secondo le capacità e i doni diDio. E non è impensabile, non èutopia, come affermava GiovanniPaolo II (Giubileo nelle carceri, 5),costruire dei cammini di redenzio-ne umana e proporre il bene comu-ne a partire dal grigio mondo delcarcere. Quello che condiziona ilcomportamento del soggetto è lamancanza di futuro. E consideran-do gli elementi basilari per l’imme-diato inserimento nel tessuto sociale(ricerca di una abitazione, riconci-liazione con la famiglia, adattamentoal nuovo stile di vita, sostegno nel-la ricerca di un’occupazione) è ne-cessario innanzitutto prevedere unamediazione familiare che prepari la

famiglia di origine e l’ex detenuto aristabilire i rapporti. Considerare,poi, il lavoro come elemento fon-dante di sostentamento e risocia-lizzazione è nelle priorità di speri-mentali progetti che fondazioni eassociazioni cattoliche stanno av-viando in Italia. Fornire opportuni-tà di lavoro e ripristino di una di-gnità ai detenuti è un’esperienza im-portante per dimostrare che tut-to è possibile, basta volerlo; ognipersona può essere reinserita nellacomunità sociale tramite un lavorodignitoso e questo richiede unacomplessa ed articolata opera diformazione. I tecnici del settorestudiano percorsi personalizzati diorientamento, avviamento e inseri-mento professionale, con l’obietti-vo concreto di ridurre la recidivain uscita dal carcere. Evitare for-me di marginalizzazione e creareoccasioni di riscatto si intrecciano,così, con il sostegno alle famigliedegli ex detenuti nelle indicazioniprogrammatiche di coloro che sonoimpegnati in siffatti progetti. Che illavoro sia la condizione di partenzaper il riscatto appare evidente, an-che perché rappresenta il punto diforza per il reclutamento da partedelle organizzazioni malavitose.Queste peraltro sostenendo le fa-miglie in difficoltà dei carcerati, in-nescano un meccanismo di grati-tudine che rimane, ad oggi, il pri-mo grande sistema di affiliazione.Ecco che trascurare le famiglie dei

detenuti vuol dire liberare il campoal malaffare. La cultura al lavororappresenta quindi il volano per lariabilitazione e include, in primo luo-go, la riprogettazione del sé inun’ottica della legalità. Le tappe diquesto processo devono vederecoinvolte diverse professionalità evanno di pari passo con la soluzio-ne delle problematiche di tipo bu-rocratico e amministrativo, soluzio-ne che consenta, a chi è uscito dalcarcere, di superare gli ostacoli cheil mondo del lavoro frappone al suoinserimento. Ma la necessità di unaadeguata legislazione e normativa,quindi di procedura, allarga l’oriz-zonte sulla complessità e necessitàdi una sensibilizzazione della cultu-ra sociale. Il vero nodo problema-tico è nella umanizzazione di unasocietà distratta e individualista, chesembra aver perso la percezionedella sua essenza. Un processo disviluppo umano integrale vede lasua principale forza e principio nellacarità (Caritas in Veritate, 20) e nonsi tratta di un coinvolgimento pret-tamente intellettuale, ma, come tro-viamo nelle parole pronunciate daBenedetto XVI a Fatima il 13 mag-gio di quest’anno, di una saggezzadel cuore “che offra creatività allevie conoscitive ed operative tese adaffrontare una così ampia e com-plessa crisi”. La cultura dominanteè improntata ad uno stile di vita fon-dato sulla legge del più forte, sulguadagno facile e allettante, sulla

10

Page 11: trinità e liberazione novembre 2010

11rinitàTL iberazione

Magistero vivo

La speranzaoltre le sbarre

PAPA WOJTYLACostruirecamminidi redenzioneumanae proporreil bene comunea partiredal grigio mondodel carcere

logica dell’efficienza. L’impegno adessere vicini ai marginalizzati dellasocietà, come chi è uscito dal car-cere, richiede soluzioni che contra-stino la logica materialistica dell’at-tuale società. A coloro che, dopoaver perso temporaneamente la li-bertà ma non la dignità e vivono larealtà dell’isolamento, del rifiuto edella vergogna, si può far riscopri-re il senso di un progetto, che pos-sa riformare le loro vite (BenedettoXVI, 6 settembre 2007).

Quando si parla di dignità si al-lude ad un proprium, in forza delquale ogni essere umano ha in sé eper sé un valore incommensurabi-le: significa che non esiste corri-spettivo con cui possa esserescambiato, non esiste scopo così

grande da giustificare l’uso dellapersona come mezzo per raggiun-gerlo. La dignità è propria della per-sona umana essenzialmente per dueragioni. La prima è che non esistenell’universo visibile altro soggettospirituale, capace di conoscere escegliere liberamente; la secondaragione è nella nobiltà del fine cuila persona è destinata. Essendo lospirito di apertura illimitata, la per-sona non può avere come fine unarealtà limitata, e questo è dimostra-to dall’insoddisfazione che albergaperennemente nell’animo umano(Card. C. Caffarra, 11 febbraio2006). Ogni essere umano è desti-nato a Dio stesso e solamente inquesta destinazione l’uomo sciogliele sue catene di inquietudine e dimancanza di senso. Dal riconosci-mento di questa evidenza, scaturi-sce il rispetto per la libertà altrui diessere se stessi. Qui si scopre ladignità dell’ex carcerato, il suo di-ritto ad essere “libero” come per-sona al pari di tutti gli altri e il valo-re della persona consiste nella suavita morale, cioè nella risposta li-bera ai valori propriamente morali.Ecco che la riscoperta dello spiri-tuale che è in noi e il recupero delsenso della trascendenza si concre-tizzano nella voglia di vivere e difar vivere il bene; questo garanti-sce la vera libertà, che è quella spi-rituale. La libertà dalla condizionecarceraria, infatti, si può definire “li-berazione”, cioè solo apparente li-bertà. L’itinerario per raggiungerela vera libertà necessita di un orien-tamento morale che faccia acqui-sire il senso della propria vita e que-sto orientamento è nella prospetti-va verticale verso la bontà divina(Benedetto XVI, 18 marzo 2007),la quale affonda nel bene comune.Quanto più la vita si direziona ver-

so il basso, tanto più scende nelpeccato e nella non-libertà. La li-bertà che il detenuto ha interpreta-to come mancanza di regole e di-sciplina, vivendo solo per sé, allon-tana dal bene comune. Allora la rie-ducazione agli affetti, ai sentimen-ti, all’interiorità passano inevitabil-mente attraverso il rispetto delladignità. Di conseguenza “l’ugua-glianza tra gli uomini poggia essen-zialmente sulla loro dignità perso-nale e sui diritti che ne derivano”(C.C.C., 1935) e l’uguaglianza sirealizza nella solidarietà, che è esi-genza di ordine morale. La solida-rietà è strettamente collegata al benecomune; essa, infatti, consiste nel-la carità consapevole della interdi-pendenza di ogni uomo nel benecomune.

Quest’ultimo può essere intesoin modo utilitaristico (come insiemedi condizioni necessarie alla realiz-zazione del singolo), oppure in mododiverso. Esiste un bene comune chenon è semplicemente funzionale albene del singolo, ma il mio bene “è”il bene di ognuno: è un bene comu-ne. Io mi realizzo nell’altro, non hoinvece “bisogno” dell’altro per rea-lizzarmi. La differenza è di tipo an-tropologico: il bene comune consi-ste nella mia partecipazione profon-da e indissolubile alla prossimità in-tesa come prossimo (superlativo diprope). In quanto essere in relazio-ne è un bene insito nella personastessa in quanto tale. La credibilitàdelle proposte di solidarietà per gliex detenuti nasce, quindi, da un pro-fondo e sentito senso di responsa-bilità condiviso dalla società. Il benecomune e la sicurezza sociale sonointrinsecamente collegati alla tuteladei diritti fondamentali di ogni per-sona, che è la connotazione prima-ria della sua dignità.

di Giuseppina Capozzi PAPA RATZINGERL’itinerario per raggiungerela vera libertà necessitadi un orientamento morale che facciaacquisire il senso della propria vita

11

Page 12: trinità e liberazione novembre 2010

12 rinitàTL iberazione

Catechesi & Vita

di Franco Careglio ofm conv.MARCHIO INDELEBILETestimoni di ieri e di oggial fianco di chi tenta di ricostruireuna vita distrutta e provaa ricomporla come un grande puzzle

12

Pena conclusa.Riprende la vita?

Don OresteBenzi

Mons. AntonioRiboldi

Don LuigiCiotti

Pena conclusa.Riprende la vita?

Page 13: trinità e liberazione novembre 2010

13rinitàTL iberazione

Catechesi & Vita

13

scomparsi, anzi, oggi sembranoaumentare. Le prigioni, tutti losanno, scoppiano. I suicidi incarcere non sono infrequenti.Agli avvocati penalisti e aigiudici il lavoro è raddoppiato.Qualcosa, dunque, non hafunzionato a dovere nellarealizzazione di questa societàtanto progredita.Uno dei problemi meno appari-scenti, anche perché ad essi sidà minore importanza, risultaessere quello del dopo-carcere.Questo problema, per chi lovive, costituisce una schiavitùtetra che, a chi non ha maifatto conoscenza della prigione,appare inesistente. Non è così,purtroppo. Chi esce, dura talefatica a togliersi il marchio chetalora gli fa rimpiangere lagalera. La situazione di chiesce non può non esseretragica, e molte volte quasiimpossibile a sopportarsi. L’ex-detenuto porta un marchio,che gli resta indelebile, nonperché lo dice la fedina penale,ma perché lo dice la società.Anche contro questa schiavitùsono chiamati a combattere icristiani.Non si tratta, qui, di un “buo-nismo” ad ancor più buonmercato. Non sono pochi icristiani, preti e laici, chehanno avuto il coraggio diaffrontare questa schiavitù.Vedi un Don Benzi, un DonCiotti e molti altri. Vedicomunità nuove come “NuoviOrizzonti”, come la comunitàdi Capodarco, come la comuni-tà “Exodus”. Vedi in altritempi uomini come il nostroGiovanni de Matha.In letteratura esistono esempidi buoni che redimono appienogli infelici (chiunque commetteun reato, grave o lieve, èsempre un infelice, sul quale ètroppo facile infierire. Atten-zione: anche con questa frasenon si fa del “buonismo”. Simette piuttosto il reo dinnanzial suo reato, e “con una manogli si stringe la sua, con l’altragli sbatte in faccia la suacolpa”, così Mons. Riboldi siespresse un giorno a propositodi un delitto di camorra). Andòbene a Jean Valjean, redentodal vescovo di Digne (I Misera-bili, V. Hugo), andò bene aRaskòlnikov, redento da unasventurata (Delitto e castigo,F. Dostoevskij), all’Innomina-

to, redento dal Cardinale (Ipromessi sposi). Ma sono tuttiesempi letterari. Non possonoessere modello concreto.Un esempio reale è quello cheha lasciato una persona chedonò tutto per gli ex-carcerati:vorrei ricordare qui la profes-soressa Giuseppina Marcheselli(1920-2009), con la quale ilsottoscritto ebbe una lungaamicizia diretta ed epistolare.Una signora bolognese, inse-gnante di latino e greco,trasferita nelle Marche, nonricca, coltissima, madre diundici figli, devotissima dellaTrinità, consapevole del fattoche la vita degli altri, a comin-ciare da quella dei miei figli,dipende da me, dalle mieparole, dalle mie azioni, dalmio essere. Una semplicitàstraordinaria, unita ad unacultura vastissima, una fiduciaillimitata in Dio e nel prossi-mo, un’attenzione incredibilealle cose quotidiane come laspesa, come le cose da riciclaree riutilizzare, le permisero didonare a tutti i figli non solo ilbenessere economico e lacultura, ma prima di tutto iltesoro maggiore di una madre:la fede. Ella l’aveva, fortissi-ma, indefettibile, si potrebbedire caparbia. Non le passavaper la mente il fatto che l’ex-galeotto potesse mentirle(come talora le accadde). Lasua fede era fondata sullaverità divina di cui lei stessaera portatrice, in famiglia, ascuola, in parrocchia. Gliinsuccessi, evidenziati dallalunga pazienza che i figlidovettero usare, non la scorag-giarono mai. Continuò acredere, sempre, in ognioccasione, alla grazia di Dio.Persone di questo genere, nonprive di comuni lacune, nonsoggette anche a paure, sonouna lezione che nessun testo diteologia può offrire. Tutti,certamente, ne abbiamoconosciute. È in questa tenacia“folle”, che spinge ad accoglie-re in casa un ex-carcerato, chela fede dovrebbe manifestarsi.Se su questo punto - sulcoraggio - la fede è sterile, nonci resta quel che abbiamo oggi:predicare all’infinito il Vangeloin un mondo che vive come seil Vangelo non fosse mai statoda nessuno annunziato e,soprattutto, sofferto.

Quando si usa il terminecarcere il pensiero va subito alreato e alla pena che da essoconsegue. Il carcere si potreb-be definire come un luogochiuso e isolato dalla societàlibera, destinato a custodirecoloro che sono ritenuti autoridi reati, sia in attesa di giudi-zio, sia definitivamente con-dannati. L’origine delle moder-ne istituzioni carcerarie coinci-de con il periodo in cui, abban-donate le pene corporali eridotto il ricorso alla penacapitale, il carcere diviene lostrumento principale percolpire i trasgressori dell’ordi-nato vivere sociale. Soltantonella seconda metà del Sette-cento si assiste alla nascita delcarcere come organizzazionedestinata alla punizione deitrasgressori della legge. Nel-l’antichità il carcere non eraconosciuto: esistevano luoghidi reclusione temporanea,dove, in un’allucinante promi-scuità, erano ammassatidelinquenti comuni, alcolizzati,prostitute, folli, vagabondi inattesa del processo o dell’ese-cuzione capitale. Tutt’al più ilcarcere poteva essere una penasussidiaria destinata a coloroche erano stati condannati aduna sanzione pecuniaria sino ache non fossero in condizioni dipagare (vedi Mt18,34).Oggi il problema, sia delcarcere come luogo e comesituazione umana temporaneao perpetua, sia come situazioneumana successiva, sta assu-mendo proporzioni di entitàsuperiori ad ogni più cupaprevisione. Certo, l’idealesarebbe che la persona nonfacesse mai conoscenza con larealtà del carcere. È quanto siattendeva una società evolutache si lusingava che nessunuomo o donna soffrisse più lafame, il freddo, l’ingiustizia, lasopraffazione del forte suldebole. Questa società le hapensate tutte: ha inventato imezzi più efficaci per la veloci-tà delle comunicazioni, hamesso a punto la programma-zione di figli belli e forti, harealizzato conquiste di ognigenere. Ha pensato moltomeno all’aspetto morale. Diqui, ancora, nonostante leconquiste, la necessità irrinun-ciabile del carcere. I perturba-tori dell’ordine non sono

Page 14: trinità e liberazione novembre 2010

14 rinitàTL iberazione

A tu per tu

A colloquiocon il cappellanodel carceredi Poggioreale,responsabiledella Pastoralecarceraria dellaChiesa di Napoli

di Vincenzo Paticchio

Dal carcere una grandeattesa di fiducia

rinitàTL iberazione14

Don Franco, lei da un po’ dianni, fa il prete in carcere, aPoggioreale. Cosa si attendono idetenuti da un prete?

Anzitutto il prete viene visto noncome appartenente al carcere, idetenuti ci vedono più dalla loroparte che dalla parte dell’istituzio-ne, il carcere è purtroppo prevalen-temente una struttura repressiva, ilcappellano e anche le suore e i vo-lontari in questa struttura sono for-se l’unica realtà che richiama allamente “il mondo libero”. I dete-

nuti dal prete e dalla presenza del-la Chiesa nel carcere si attendonoancora che qualcuno creda in loro,che ci sia chi gli dia ancora fidu-cia, e questo vale molto di più diqualsiasi rieducazione. Alla basestessa dell’evangelizzazione che sia-mo chiamati come Chiesa a incar-nare nel carcere, ci deve essere in-nanzitutto una risposta a questaattesa di fiducia: solo così si rie-

sce a far breccia nei cuori di tantidi loro per poi iniziare anche uncammino di fede.

Cosa c’è prima e dietro l’even-tuale proposta di un cammino difede? Esistono le conversioni incarcere?

Certamente esistono le conver-sioni in carcere, ma ogni conver-sione è un mistero, sappiamo bene

SACERDOTE DAL 1988Don Franco Esposito, nato nel 1960 a Napoli, è statoordinato sacerdote nel 1988. Parroco prima ad Afragola epoi per quindici anni al Santuario Eucaristico di S.Pietro, attualmente è cappellano al carcere diPoggioreale, parroco del Rione De Gasperi nel difficilequartiere di Ponticelli, assistente del Movimento Aposto-lico Ciechi e direttore dell’Ufficio Diocesano di PastoraleCarceraria, voluto dal cardinale Crescenzio Sepe.Ha pubblicato di recente Liberi di pregare, una guidaspirituale, ma forse anche un diario dell’anima che donFranco Esposito ha premurosamente e amorevolmentepreparato per i carcerati e per quanti con essi, in qualchemodo, si incontrano e dialogano, siano essi familiari,amici, volontari, assistenti, guardie, cappellani.Don Franco, attraverso gli scritti raccolti in Liberi di pregare hadimostrato come e quanto si possano amare le persone detenute,facendo il Cappellano nelle carceri, dopo aver operato una scelta di vitache è impegno pastorale, nel dono di sé.

Page 15: trinità e liberazione novembre 2010

15rinitàTL iberazione

A tu per tu

rinitàTL iberazione15

Continua a pag. 16

che la conversione non dipendedall’operato dei cappellani né dal-le attività religiose che si svolgononel carcere. Queste forse possonospianare la strada all’incontro conGesù, ma quest’incontro che solopuò cambiare la vita delle personeè ciò che avviene nel segreto, nel-l’intimo dei cuori. Qualche voltanoi cappellani abbiamo la graziadi vedere Gesù all’opera, che tra-sforma, che converte, ma tante vol-te questo avviene nel mistero del-l’intimo delle coscienze, e solodopo anni porta frutto.

Quali situazioni difficili vivo-no oggi i detenuti? Oltre al so-vraffollamento, che è una piagadiffusa in molti istituti peniten-ziari italiani, quali sono gli altridisagi dei carcerati?

Oggi tutti i disagi sembrano pro-venire dal sovraffollamento, questoperché si dimentica che il detenutoè persona e come ogni persona por-ta in sé il desiderio irrefrenabiledella libertà della comunione. Solouna risposta positiva a questo desi-derio può migliorare l’uomo e puòfargli prendere coscienza del malecommesso. Quindi, fatta questa pre-messa, il carcere come luogo di pri-vazione della libertà e di distaccodagli affetti è una istituzione di persé contro l’uomo ed essendo control’uomo è anticristiana.

È in questa realtà che noi comeChiesa siamo chiamati a portare

l’annuncio della liberazione che ini-zia sempre dalla liberazione interio-re.

I disagi dei carcerati nascono,credo, proprio dall’impossibilità diriscoprire il positivo della propriaumanità. Questo potrebbe esserepossibile attraverso progetti di “so-cializzazione”: il recupero della per-sona o avviene attraverso l’incon-tro vero e disinteressato con l’altroo non avviene. È proprio la man-canza di attività, che costringe astare chiusi 22 ore al giorno, il pri-mo grande disagio e di conseguen-za i problemi psichici, la facile ir-ritabilità, anche il malanno più co-mune come un mal di testa, o unmal di denti in carcere possono di-ventare una tragedia.

Altro disagio che io continuo adenunciare ma senza nessun ascol-to è quello del vitto.

Poggioreale, ma è solo unesempio, ha due sole cucine di cuiuna serve il vitto quotidiano per2000 persone (la legge italiana im-pone ad ogni tipo di struttura unacucina per un massimo di 300 pa-sti).

Di conseguenza il cibo, quan-do arriva nelle celle ai detenuti, èimmangiabile e almeno il primopiatto viene rimandato indietro ebuttato; tonnellate di cibo quoti-dianamente finiscono nella spazza-tura questo moltiplicato per tantis-sime altre carceri che si trovano nel-le stesse condizioni. Inoltre c’è daconsiderare che in carcere cucina-no i detenuti senza alcuna qualifi-ca e guidati dalla buona volontàdi un agente della polizia peniten-ziaria che fa “da capocuoco”: i di-sagi che ne conseguono sono im-maginabili.

Il malessere si percepisce intante maniere. Aumentano i casidi suicidio e di tentato suicidio...

Lei, in altre occasioni, ha di-chiarato che nelle carceri, cosìcome sono concepite e organiz-zate in Italia, i detenuti rischia-no di diventare più delinquenti diprima. Perché? È vero che la ma-lavita organizzata, è ben strut-turata anche dietro le sbarre?

Voglio precisare che il fatto chedal carcere si esce più delinquentinon è colpa della malavita orga-nizzata che anche in carcere dettale sue regole, ma la colpa è di que-sto carcere che si preoccupa solo difar pagare una pena, e si disinte-ressa totalmente di tutto il resto.

La realtà è che in questo carce-re si entra colpevoli di un reatocommesso e si esce arrabbiati e conla consapevolezza di essere vittimedi un reato subito che è quello diessere stati parcheggiati in una si-tuazione disumana per alcuni annie poi riammessi nella società senzanessuna possibilità di riscatto.Questa è una pena che non finiscecon gli anni di carcere.

Spesso, purtroppo, è una pena

15

DON FRANCO ESPOSITO

Nella foto un gruppodi detenuti con don Franco econ il card. Crescenzio Sepe

durante la celebrazioneeucaristica in una parroc-

chia di Nepoliin occasione della Giornata

del Carcerato 2010

Page 16: trinità e liberazione novembre 2010

16 rinitàTL iberazione

A tu per tu

che qualcuno (i più deboli) la risolvono condannan-dosi a morte.

Che cosa dovrebbero inventarsi le Istituzioniper consentire ai detenuti che scontano la pena diprendere davvero coscienza degli errori commes-si e avviare concreti processi di ricostruzione e direcupero personale?

Se lo Stato vuole dare una vera risposta alla giu-sta domanda di sicurezza che chiede la società civile,deve anzitutto superare l’idea che il carcere così co-m’è sia la soluzione al problema della delinquenzacomune. I tossicodipendenti autori di reati dovrebbe-ro stare nelle comunità di recupero, non certo par-cheggiati per 22 ore al giorno per alcuni anni in unacella con altri 10 e più persone, per poi essere ributta-ti in strada. Gli autori di reati minori (furti, scippi,reati contro il patrimonio, ecc.) dovrebbero essere instrutture o centri sociali che li riabilitino anche attra-verso attività che abbiano come obbiettivo la ripara-zione del danno commesso.

Se il denaro speso per mantenere i detenuti in car-cere (circa 300 euro al giorno) fosse investito in strut-ture diversificate secondo i reati commessi non solo sirisponderebbe, veramente, alle esigenze di sicurezzama si risolverebbe anche il problema del sovraffolla-mento.

Quale ruolo ancora più efficace di quanto nonlo sia già, può avere il volontariato carcerario?

Il volontariato se vuole avere un ruolo sempre piùincisivo e importante in questa realtà complessa che èil mondo penitenziario, deve anzitutto organizzarsi inrete: non è più il tempo del singolo volontario che vain carcere per compiere la sua opera buona. In carcereil volontariato è chiamato ad essere un ponte tra ildentro e fuori le mura, deve essere per il detenuto unpunto di riferimento positivo, al quale rivolgersi perconfrontarsi e trovare ascolto.

Proprio per questo il nostro centro diocesano dipastorale carceraria ogni 2 anni organizza un corsodi formazione per coloro che desiderano svolgere que-sto servizio. E per tutti i volontari si tengono incon-tri di spiritualità e di verifica.

In quale maniera con l’Ufficio diocesano dipastorale carceraria, a Napoli sostenete le fami-glie dei detenuti? In qual modo tentate di coin-volgere le comunità parrocchiali?

La pastorale carceraria tende a coinvolgere la co-munità cristiana in un percorso di attenzione verso larealtà del carcere per sentirla come parte integrante

del cammino della Chiesa diocesana; nello stesso tem-po tende a far sentire il detenuto inserito pienamentenella famiglia della chiesa locale attraverso iniziati-ve e cammini di fede che devono incarnare nella si-tuazione la pastorale della diocesi.

Il soggetto della pastorale carceraria, come di ognipastorale, è la comunità cristiana tutta, sotto la gui-da del suo pastore. Non può quindi essere delegataalla sola persona del cappellano o a qualche gruppoe associazione di volontariato, ma deve nascere dallacomunità e coinvolgere la comunità stessa nelle suediverse espressioni, dentro e fuori le mura del carcere.

La Chiesa è sempre stata molto impegnata nelmondo del carcere e lo è ancora. È presente istituzio-nalmente con i cappellani, con qualche gruppo di vo-lontariato, suore e associazioni che si occupano deicarcerati, vengono promosse anche alcune iniziative…ma questo impegno, ancora limitato ai soli addetti ailavori, non è partecipato da tutta la Chiesa, non ècertamente sufficiente per far fronte alle richieste ealle esigenze. La comunità in genere è insensibile eindifferente culturalmente, è contraria al mondo delcarcere, alla riconciliazione e all’accoglienza dellapersona detenuta.

Il carcere non è un isola, anzi, rappresenta quellarealtà di Chiesa che soffre a causa del male, del pec-cato, e lì dove un membro soffre tutto il corpo soffre.Il cristiano e le nostre comunità sono chiamati a guar-dare a questa realtà con occhi diversi da chi giudicacon il metro della giustizia umana (spesso vendicati-va e farisaica), ma con occhi di misericordia: ciò nonsignifica assolutamente addolcire il male o cercare digiustificarlo, ma andare alle radici, per scoprire doveha origine, dov’è la fonte della malattia di cui spessoil condannato ne rappresenta solo il sintomo.

I Trinitari da sempre si occupano anche dellapastorale nelle carceri e hanno nel loro carisma ilministero della “liberazione”. È un servizio anco-ra attuale?

Certamente, un carisma così bello come quello del-la “liberazione” è sempre attuale soprattutto nella no-stra società dove le nuove schiavitù hanno diversesfaccettature.

Occuparsi oggi del problema penitenziario signi-fica incarnare quest’annuncio di liberazione non solonel carcere, dove il detenuto attraverso un camminodi fede può prendere coscienza del male e iniziare unpercorso di redenzione. Ma significa anche creare quel-le strutture di accoglienza fuori dalle mura dove lapersona potrebbe,vivendo in una dimensione comuni-taria con l’apporto delle misure alternative al carcere

Il carcere rappresenta quella realtàdi Chiesa che soffre a causa delmale, del peccato, e lì dove un mem-bro soffre tutto il corpo soffre.Le nostre comunità sono chiamate aguardare a questa realtà con occhidiversi da chi giudica con il metrodella giustizia umana

Page 17: trinità e liberazione novembre 2010

17rinitàTL iberazione

A tu per tu

che la legge prevede, riscoprire il senso della legalità non come costri-zione o pena da pagare, ma come un vero cammino di liberazione cheparta dall’interiorità per poi allargarsi al vivere civile e così prepararsiad un reinserimento nella società come uomo nuovo.

In questa prospettiva credo che il carisma dei padri Trinitari sia piùche attuale e possa dare un notevole contributo alla pastorale carcera-ria.

Riscoprire il senso della legalitànon come costrizione o penada pagare ma come un vero camminodi liberazione che partadall’interiorità per poi allargarsial vivere civile e così prepararsiad un reinserimento nella societàcome uomini nuovi

PERCHÈ SIGNORE?a cura di P. Orlando Navarra

Desiderio di cieloDisteso in mezzo agli alberi,sento un fruscio lievedi foglie secche,odo una musica patetica,che mi attrae e mi ponein profondo silenzio.Vaga il pensier meditabondoin rimembranze dolci,che il cor pacificae l’alma spingeverso ideali eterni.Vieni, Amore, vieni presto,non tardare!Sento che la meta è vicina,sento che il traguardosi accorcia,un dì dopo l’altro.Sento che il desiderio di teogni giorno si fa più acutoe pressante.Vieni, Amore, mostramiil tuo viso leggiadro,avvolgimi tra le tue bracciapossenti,mettimi al centrodel tuo cuore.Ch’io resti con teper sempre,con lo sguardo fissonei tuoi occhi,con lo spirito avvoltonel tuo mistero.Vieni, Amore, Vieni!Intanto le foglie secchecontinuano a frusciar lievifra gli alberi intorno al lago.Io invece mi addormentodolcemente,sognando l’Amore,che mi porta via!

TRE PROGETTI A POGGIOREALELIBERI DI VIVERE

1 L’agricoltura sociale ha un ruolo fondamentale nelle relazionicon la terra e fra le persone, una trasparente adesione ai principidi legalità, portano con sé, quasi inevitabilmente, processi virtuosi di

inclusione sociale delle fasce deboli, tramite il lavoro. Partendo da questepremesse si è pensato di dare vita ad un’iniziativa finalizzata all’inclusionesocio-lavorativa di persone detenute per sostenerle nel percorso di riabili-tazione personale. Tale iniziativa prevede la creazione di una unità agricolaautosufficiente (5 detenuti in particolare stato di bisogno) attraverso larealizzazione di in una “filiera breve” che prevede la produzione di 40.000piante aromatiche e officinali e la loro commercializzazione. Le attività sirealizzeranno all’interno della struttura carceraria dove verrà utilizzata l’areacoltivabile e le serre.

NON PIÙ ‘LEGAMI’Le parrocchie adottano un carcerato

2 Solo nel carcere di Poggioreale, nel padiglione Firenze, vivono circa500 detenuti per la maggior parte giovani alla loro prima esperienzacarceraria. Molti di questi hanno moglie e figli. La gran parte dei reati

che li accomuna sono legati allo spaccio di stupefacenti, sentinelle, rapine,riscossione di estorsioni, piccoli furti. Nei primi giorni o mesi di detenzione,per tanti, iniziano momenti di profonda crisi e di ripensamento. È quindiquesto il tempo più opportuno per un intervento. È però un tempo che nondura molto infatti, presto arrivano le rassicurazioni degli “amici” per i qualihanno “lavorato” sul sostegno a loro e alle loro famiglie. Intanto i legami sifanno piu forti, si passa avanti di “grado” e si mettono le basi per rafforzarela manovalanza. Il progetto prevede l’intervento della parrocchia durante edopo la detenzione su indicazioni del centro diocesano (avvocato, soste-gno alla famiglia, reinserimento sociale).

NON PIU AI MARGINI

3 Il progetto, rivolto principalmente a ex detenuti, prevede un piano diazione sociale integrato tra il carcere e il territorio che individui e attui ipercorsi, necessariamente personalizzati, dal penitenziario verso il rein-

serimento sociale e lavorativo. L’intervento vede il coinvolgimento di tuttigli attori direttamente ed indirettamente coinvolti in un’azione di rete che sibasa sulla necessità di creare un ponte tra le attività educative e la vitaall’esterno delle mura del carcere. Le attività prevedono la disponibilità dispazi di accoglienza notturna e diurna all’interno della struttura individua-ta per far fronte al problema abitativo per due persone per tutto l’anno(principalmente a ex detenuti e anche a senza dimora) e dell’attivazione di8 borse lavoro per un periodo di 9 mesi.

Page 18: trinità e liberazione novembre 2010

18 rinitàTL iberazione

CASA PER FERIESanta Maria alle Fornaci

La Casa per Ferieè integrata nelComplessoApostolico collegatoalla Chiesa di SantaMaria delle Graziealle Fornaci,costruita nel 1694.La casa è statarecentementeristrutturatapensando ancheai diversamenteabili: dall’esterno siaccede da unacomoda rampae all’internol’ascensore permettedi raggiungereagevolmente i piani.La Casa per Ferieè dotata di un’ampiasala per la primacolazione,di una saletta TVe di un angolocon la distribuzioneautomaticadi bevande caldee snack.

P.zza S. Maria alle Fornaci, 27 - RomaTel. +39 06 39367632 - Fax +39 06 39366795

Nel cuore della capitalea due passi da S. Pietro

La Sala Convegni è in grado di ospitare80 persone in un ambiente confortevolee dotato di video proiezione e impiantoaudio. La Reception è a completadisposizione degli ospiti, 24 ore su24, per le prenotazioni e perfornire informazioni su Roma.E’ possibile anche richiedereconsigli sulla scelta di risto-ranti ed eventi.

www.trinitaridematha.itwww.trinitaridematha.it

Nel cuore della capitalea due passi da S. Pietro

Page 19: trinità e liberazione novembre 2010

19rinitàTL iberazione

Approfondimenti

di Claudio Ciavatta*CURA&RIABILITAZIONE

A colloquio con il dott. Leopoldo Zelante, Primario di Genetica medicapresso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo

Malattie genetiche, prevenzione anzitutto

Il dott. Leopoldo Zelante

*Case managerCentro di Riabilitazione e formazione

professionale Padri Trinitari Venosa

Negli ultimi anni è cresciuta lasensibilità nei confronti degli inter-venti di prevenzione. Grazie alla sem-pre maggiore consapevolezza circal’efficacia degli interventi di preven-zione nel contrastare l’insorgere dellepatologie o nel contenerne gli effet-ti, i sistemi di cura promuovono invari ambiti azioni per il contenimen-to dei fattori di rischio. Un settoreche presenta importanti implicazio-ni etiche è quello della genetica. Lemalattie genetiche sono causate inmodo esclusivo o parziale da un di-fetto del patrimonio ereditario. Le al-terazioni possono riguardare il nu-mero o la struttura dei cromosomi,oppure la struttura e la funzione deigeni. Altre malattie, inoltre, sonocausate dall’interazione tra i geni el’ambiente. Abbiamo chiesto al dot-tor Leopoldo Zelante, Direttore delDipartimento dell’Età evolutiva e Pri-mario di Genetica medica pressol’Irccs “Casa Sollievo della Soffe-renza” di San Giovanni Rotondo, inprovincia di Foggia, di parlarci dellaprevenzione in ambito genetico.

Cosa si intende per Preven-zione Primaria dei Difetti Con-geniti?

Il termine “prevenzione” è sta-to usato ed abusato nel tempo a talpunto da perderne il significato eti-mologico. Prevenzione significa ar-rivare prima che un evento si veri-fichi. Pertanto, il termine preven-zione non dovrebbe essere seguitoda alcuna specifica, primaria, se-condaria o terziaria che sia. In ge-netica, la prevenzione ha assunto,nel tempo, un significato molto par-ticolare che, in qualche modo, si di-scosta dalla etimologia di base.Essa, infatti, comprende l’insiemedelle conoscenze, trasmesse e co-municate con professionalità, checonsentono alla coppia una sceltariproduttiva libera e consapevole.La coppia è messa in condizioni di

vo l’inserimento nella normalitàdel soggetto con difetti congeniti.

Cosa intende per “normali-tà”?

La normalità comprende lacompresenza di soggetti sani e disoggetti ammalati. Aiutare il sog-getto ammalato a vivere nella nor-malità, a mio parere, è l’ideale te-rapeutico della medicina. Non tut-te le patologie sono guaribili matutte curabili e il malato ha il di-ritto a vivere la normalità. Inten-do dire che la cura delle malattienon comprende solo la somministra-zione di farmaci ma soprattuttol’inserimento dell’individuo con di-fetti congeniti nella routine dellaquotidianità.

I “sani” sono abituati ad or-ganizzare la vita in funzione delleloro abilità ed esigenze. Questetendono ad emarginare i non effi-cienti e creano inevitabilmente lecosiddette “barriere architettoni-che”. Queste barriere sono soprat-tutto di tipo culturale che premia-no l’efficienza e ignorano l’han-dicap. Lì dove la cultura conside-ra normale anche l’handicap, l’or-ganizzazione sociale si strutturasenza barriere. Il sano convive se-renamente con l’ammalato e que-st’ultimo è di stimolo per una cre-scita dei valori umanistici. Vedereun soggetto in carrozzella rag-giungere con naturalezza il suoufficio, osservare i parcheggi ri-servati ai portatori di handicapliberi, nonostante il sovraffolla-mento di veicoli, non meravigliar-si di un soggetto con sindrome diDown che frequenta le scuole su-periori, desiderare che un giornosi organizzino solo Olimpiadi enon anche giochi Paraolimpici, èsintomo di crescita civile.

fare liberamente le proprie scelteriproduttive; libera anche di conce-pire un bambino con difetti conge-niti. “Prevenzione genetica”, per-tanto, non è sinonimo di non con-cepimento bensì di informazione,comunicazione e libera scelta ripro-duttiva. Il termine “prevenzione”,inserito nella consulenza genetica èandato ancora oltre e si è arricchitodel concetto di presa in carico.

Cosa dobbiamo intenderedunque per Consulenza Gene-tica?

L’Organizzazione mondiale del-la sanità ha definito la “consulen-za genetica” come un “processo dicomunicazione” finalizzato ad aiu-tare gli individui affetti da (o a ri-schio per) una malattia genetica erenderli in grado di comprendere lanatura della patologia, l‘eventua-le trasmissione alla prole, le opzio-ni possibili per una pianificazionefamiliare e per la gestione dellamalattia stessa.

Di fronte alla nascita di unbambino con difetti congeniti, ilgenetista ha il compito istituziona-le della presa in carico del sogget-to ammalato e della sua famiglia,per un percorso terapeutico ed as-sistenziale che abbia come obietti-

Visita il nuovo sito della rivista: www.trinitaelib erazione.it

Page 20: trinità e liberazione novembre 2010

20 rinitàTL iberazione

Tutte le generazionitrinitarie hannofatto davanti almosaico la stessaesperienza di SanGiovanni de Mathadurante la suaprima messa, tuttiabbiamo “guardatoin alto e abbiamovisto la maestàdi Dio, e Dio cheprende con le suemani due schiavi…”

SSpecialepecialeVERSO L’UNICA

PROVINCIA ITALIANA

20 rinitàTL iberazione

La comunioneLa scelta

I l termine “unificare”, dal latinounus (uno) e ficàre per fàcere (fare),significa letteralmente “ridurre in uni-tà, in una cosa sola”, annullando con-fini, separazioni, dissomiglianze. È daquindici anni, e precisamente dal Ca-pitolo generale di Pikesville (Mary-land-Usa1995), che questa parola tor-na e si rinnova, concretamente e ci-clicamente, all’interno della grandecomunità trinitaria. L’ultimo CapitoloGenerale (Moramanga Madagascar2007), “constatando la necessità dicrescere in comunione tra le giurisdi-zioni e tra le comunità”, ha chiestoufficialmente al governo generaled’incoraggiare e favorire tutte le ini-ziative per l’unificazione delle giuri-sdizioni. Tale processo di sensibiliz-zazione verso la riunificazione delledue province italiane è poi approda-to negli ultimi Capitoli Provinciali (Na-poli, Roma 2009), con l’approvazionecapitolare.

Già nell’ottobre dello scorsoanno, all’indomani dei due capitoliprovinciali, Padre Giuseppe D’Ago-stino, sulle pagine di Trinità e Libe-razione, ne aveva così, laconicamen-te, riassunto le motivazioni: “Non uti-litarismo ma significatività”. PadreNicola Rocca, sulla medesima scia, siera poi così pronunciato: “Non pos-siamo predicare la vita trinitaria sen-za prima averla vissuta nel nostrocuore e in ciascuna comunità (…). LaTrinità è dinamismo comunitario, nonè solipsismo, non è egoismo divino.E’ totale donazione, continuo amarsisenza riserve”.

A che punto è il processo di ri-unificazione delle dueprovincie italiane? Voci dalle comunità del nord e del sud

Le opinioni oggi

Oggi, ad un anno esatto dalle di-chiarazioni dei due ministri provincia-li, Trinità e Liberazione, frutto primodi questo processo di unificazione,torna a parlare del lungo iter che por-terà ad un futuro in cui confini ideo-logici e geografici si eclisseranno de-finitivamente, e si rivolge, per cono-scerne le considerazioni, ad alcunedelle figure più rappresentative dellafamiglia trinitaria. Padre Orlando Na-varra , una vita religiosa spesa al ser-vizio della comunità trinitaria, tornacon la mente a quando i trinitari italia-ni erano riuniti in una sola provinciadedicata a San Giovanni de Matha:“In quel tempo ci sentivamo una solafamiglia; ci s’incontrava molto spes-so ed eravamo molto uniti”. Poi ci fula proposta della divisione, che ven-ne accettata con una votazione quasiparitaria: “Io personalmente - conti-nua Padre Orlando - fui contrario alladivisione, malgrado ciò fui eletto Mi-nistro Provinciale della nuova Provin-cia, che prese il nome di “Provinciadella Natività della Beata Maria Ver-gine”. Ciò avvenne l’ 8 febbraio 1974”.Oggi, a distanza di 36 anni da quelladivisione, Padre Orlando si prepara arivedere unite le due provincie e rico-nosce, rispetto all’unificazione, l’esi-stenza di “pro” e di “contra”. “Tutta-via - si confessa Padre Orlando - ri-tengo che i “pro” siano notevolmen-te superiori ai “contra”, per cui, oggisoprattutto, vale la pena di far rivive-re la situazione precedente, quandovi era una sola Provincia religiosa.Non possiamo dimenticare che il nu-

mero dei religiosi, in entrambe le Pro-vincie, si è ridotto ai minimi termini,per cui avendo due Padri Provinciali,due Consigli Provinciali, due Segre-tari Provinciali, due Economi Provin-ciali, due Noviziati, due Mastri deinovizi e via dicendo, non ne vale pro-prio la pena”. Dello stesso parerePadre Angelo Cipollone che, chiaren-do una questione fondamentale, af-ferma: “Con la riduzione dei Religio-si, quella di unire le forze in un’unicagiurisdizione è una necessità dettatadal buon senso, oltre che dall’orien-tamento del nostro direttorio che nonpermette di fondare una Provincia seil numero di Religiosi è al di sotto di45”. Ma non è soltanto una mera que-stione di numeri. “I Religiosi - desi-dera sottolineare Padre Angelo - so-gnano la riunione per condividere lafraternità. Mettere insieme i carismi ele doti di ognuno, in un momento incui ci si affanna a portare avanti lenumerose attività pastorali, significaavere un aiuto in più. Non ultima c’èla possibilità di poter risiedere in piùnumerose Case, diverse per clima, perambiente cittadino e per attività pa-storali”. Padre Lorenzo Moretti sidichiara favorevole all’unificazionedelle due provincie italiane e, anzi,sostiene la necessità e l’urgenza diuna unificazione generale, che coin-volga tutte le giurisdizioni, le provin-cie, le comunità del mondo, e possaincludere tutti in un’unica famigliaall’interno della quale acquisisconomaggiore responsabilità, potere e au-tonomia il Padre Generale e il Consi-glio. “Facciamo un esempio concre-to. In India, la comunità trinitaria ègestita dalla provincia americana. IlPadre generale, così come in molti al-tri casi, è costretto a chiedere, per laformazione dei giovani, aiuto alla pro-vincia. Non sarebbe più consono eopportuno se il Padre Generale aves-se maggiore autonomia e maggiorepossibilità di gestione? Ci vuole piùunità, che coinvolga tutti”. AnchePadre Giovanni Martire Savina, in-terpellato sugli eventuali benefici chel’unificazione potrà portare all’interafamiglia trinitaria, sottolinea, nel suointervento, gli aspetti che riguardanola vita intra e inter-comunitaria: “Conl’unificazione, ci sarà una maggiore

La provincia italiana di San Giovanni di Matha comprende le comunitàtrinitarie dell'Italia del centro-nord, con l'adesi one della delegazionetrinitaria del Messico, e alcuni religiosi missionari del Madagascar.Oggi questa provincia è soprattutto dedita all'assistenza spirituale emorale dei detenuti, sia in Italia che in Messico, dove dirige la Delega-zione Episcopale della pastorale penitenziaria. A Medea (Gorizia), ha unistituto per il recupero dei bambini che presentano deficienze mentali acarattere patologico; a Palestrina (Roma) ha un centro di accoglienza eassistenza per i profughi di varie nazionalità; a Roma, a Rocca di Papa(Roma) e Cori (Latina) ha centri di accoglienza per pellegrini e ospiti digruppi ecclesiastici. Una decina di comunità della provincia sonoimpegnate nella pastorale parrocchiale, con importanti gruppi di laicatotrinitario.

QUI PROVINCIA NORD

Il Consiglio della ProvinciaSan Giovanni De Matha

Page 21: trinità e liberazione novembre 2010

21rinitàTL iberazione

di Annalisa Nastrini

21rinitàTL iberazione

La comunione fa la forzaA che punto è il processo di ri-unificazione delle dueprovincie italiane? Voci dalle comunità del nord e del sud

comunione e interscambio di perso-ne, si potenzierà la formazione inizia-le e permanente, si parleranno linguenuove, poiché confluirà nella nuovarealtà provinciale unificata la ricchez-za vocazionale, rappresentata dallenuove presenze, Brasile, Messico,Congo, Gabon, Polonia, Vietnam, In-donesia, della stessa Italia con i suoipiccoli, ma significativi segnali di ri-presa vocazionale! Godremo - conti-nua Padre Giovanni - della preziosatestimonianza di tutti i missionari ita-liani, ancora presenti in Madagascar,e dei frati malgasci e di un giovanePadre trinitario indiano che collabora-no attualmente nelle nostre giurisdi-zioni. Ci sarà un’ economia più forte esolidale in vista della comune missio-ne carismatica trinitaria”. Allo stessomodo, e con lo stesso costruttivo rea-lismo, Padre Giovanni non nasconde irischi e le perplessità rispetto ad alcu-ni problemi di natura logistica, seppur,a suo avviso, pienamente sostenibili:“Lo scetticismo e l’età avanzata di al-cuni frati italiani - sostiene Padre Gio-vanni - potrebbero scoraggiare, e for-se potremmo ascoltare qualcuno af-fermare che nulla cambierà! L’accomo-damento in un posto e la sedentarietàsono e saranno delle minacce; perciòoccorrerà muoversi con spirito di fede,sull’esempio del nostro padre Abra-mo, e come lui siamo invitati a passa-re dal noto al meno noto”. Molto luci-de e piene di speranza, infine, le paroledi Padre Pietro Lorusso, che così siesprime: “Reputo questa nostra unifi-cazione un’occasione provvidenziale,un adempimento di una norma cano-nica, data la situazione di precarietà,da non disattendere. Un recupero del-la famiglia trinitaria come comunità dipreghiera, di lavoro e di testimonianzaefficace del nostro carisma. Un moti-vo per rendere sterili futili personali-smi ed interessi egoistici ed attuare iti-nerari condivisi attraverso interscam-bio di personale e specifiche esperien-ze. Occasione di rinnovamento”.

Trinità e Liberazione

Tanti, quindi, i traguardi, i proget-ti e le aspettative per il futuro, in vistadi una nuova rinascita che annulleràcompletamente i confini e le separa-

zioni. Tra i primi risultati del processodi unificazione c’è la rivista Trinità eLiberazione, che nasce, più di un annoe mezzo fa, con l’obiettivo di riuniretutte le comunità attorno ad un pro-getto comune, attraverso il quale tut-ti possano esprimersi e raccontarsi aifratelli. Padre Angelo Cipollone di-chiara: “La rivista Trinità e Liberazio-ne è molto utile al processo dell’uni-ficazione. Può prima di tutto sensibi-lizzare i Religiosi e quanti apparten-gono alle loro cure pastorali sullabontà dell’operazione. Essa stessa,inoltre, è testimonianza di una colla-borazione fattiva delle due Provinceattuali dell’Italia”. Dello stesso avvi-so Padre Giovanni Savina: “In que-sto processo, la rivista può occupa-re, e di fatti lo occupa, un posto im-portante, riportando testimonianze,informando, e spronando alla condi-visione delle comuni ricchezze spiri-tuali e materiali”. Addirittura “indi-spensabile” per Padre Orlando Navar-ra. Egli sostiene che, “essendo unorgano speciale per la trasmissionedella spiritualità trinitaria, delle inizia-tive trinitarie, della comunione trini-taria, è un elemento indispensabileper mantenere in piedi la famiglia tri-nitaria e farla crescere sempre più nellarealizzazione della sua finalità, cheviene eloquentemente sintetizzata nelsuo titolo così significativo e cioèTrinità e Liberazione”. A propositodella rivista, ma con uno sguardo checoinvolge tutta la famiglia trinitaria,Padre Lorenzo Moretti ritiene sia op-portuno, in linea generale, soffermar-si sull’interpretazione generale dellaparola “schiavi”, che spesso, a suo

avviso, ha portato fuori strada. “Laregola trinitaria parla di Captivis, fa-cendo riferimento a coloro i quali sono‘imprigionati per la fede di Cristo’. ICaptivis sono dunque, non gli ‘schia-vi’ del corpo, ma i ‘non fedeli al pen-siero del fondatore’. Capisco perfet-tamente, quindi, l’impegno della rivi-sta, che apprezzo, di voler contestua-lizzare i captivis nel mondo contem-poraneo, ricercandoli negli schiavi delcorpo, della pubblicità, della droga,ma bisogna stare attenti a non dimen-ticare che i captivis sono primariamen-te coloro che vivono lontani dallafede e da Cristo”. In conclusione, ri-portiamo la riflessione di Padre GinoBuccarello, il quale ritiene che la rivi-sta rappresenti bene, a livello simbo-lico, il processo di unificazione: “Cre-do che vi sia una bella analogia tra ilprocesso di unificazione e il lavorosvolto con la rivista Trinità e Libera-zione. Mi riferisco all’importanza del-la trasmissione del messaggio di Cri-sto e del nostro Fondatore, un mes-saggio che, come tale, per sua natu-ra, necessita di essere primariamenteveicolato: non esiste comunicazione,e quindi, trasmissione di un messag-gio, se questo rimane confinato al-l’interno di un gruppo, di una comu-nità, di un istituto. Far circolare il mes-saggio trinitario significa spalancarele porte, esprimersi con un linguag-gio comprensibile a tutti, contestua-lizzarlo e renderlo attuale, moderno,riconoscibile”. Padre Savina conclu-de così: “Lasciatemi sognare: ‘Saràuna nuova pentecoste, sperimente-remo la convivialità delle differenze,un riflesso della Trinità!’”.

QUI PROVINCIA SUDLa provincia napoletana ha tredici case, una delle quali si trovain Brasile ed un'altra nel Congo, una in Gabon e due in Polo-nia. Esercita il suo apostolato, in Italia, da Roma in giù nelleparrocchie, nei santuari, nelle missioni e assistendo i disabiliper consentirne l'inserimento nella società. Tra i santuarimerita di essere nominato quello di Venosa, imponente operamedievale dedicata alla Santissima Trinità collocata su di unantico tempio paleocristiano, centro di pellegrinaggio nazionale.La provincia è presente anche in Madagascar con diversireligiosi. Da pochi anni opera con due comunità anche a Craco-via e a Lubinice. Orizzonti nuovi anche in Austria.

Il Consiglio della Provinciadella Natività B.M.V.

Page 22: trinità e liberazione novembre 2010

22 rinitàTL iberazione

Istantanea

Parlare o leggere di esperienzedi vita provenienti dall’interno di uncarcere provoca spesso un istinti-vo senso di curiosità che nasce dal-l’innata ricerca di ciò‘ che è ignotoe lontano. La realtà‘ carceraria agliocchi di tanti appare proprio cosi,come un mondo remoto, distantedalla realtà sociale circostante espesso, da tenere il più lontano pos-sibile dalla società civile al fine dibonificarla da tutti i suoi mali. Quel-la che vogliamo mostrarvi è unarealtà carceraria fatta di mescolan-ze di tante vite umane che si sonoritrovate insieme nello stesso luo-go di pena. Vite umane diverse consvariate sfaccettature e con molte-plici percorsi ed esperienze vissu-te, diversissime tra loro. Il carce-re, chiamato anche contenitore dipena , è essenzialmente privazionedi libertà e questo porta spesso ildetenuto, abituato prima ad una li-bertà senza confine, a chiudersi inun mondo relativo, che tappa le alidella propria fantasia ed oscura lericchezze umane e spirituali checiascuna persona possiede e, a vol-te, lo spinge a gesti inconsulti di au-

Dietro le sbarrequanti frutti di bene

tolesionismo, fino al suicidio. Lastruttura carceraria ha nel suo com-pito anche quello di salvaguardarela dignità della persona detenuta erieducarla in un futuro reinserimentosociale. Il lavoro, lo studio, la so-cializzazione, e diversi incontri disvago (tornei di calcio e spettacolivari) sono fattori importanti per ilmantenimento di un giusto equili-brio interiore. Evangelizzazione epromozione umana è il compitoprecipuo del Cappellano, aiutato inquesto dal volontariato che operain diversi campi di azione: vestia-rio, sussidi economici, rapporti coni familiari e con il mondoesterno,catechesi, etc…

La presenza continua del Cap-pellano di poco più di tre ore al gior-no, complessivamente di diciottoore settimanali nelle diverse sezio-ni, fatta di umile ascolto, di dialo-go, di assenza da ogni pregiudizio,di incoraggiamento e di invito allapreghiera, diventa un punto di rife-rimento importante per il detenuto,al di là di ogni differenza di cultura,nazione e religione.

La comunità religiosa trinitaria

di Livorno opera nel carcere da piùdi trent’anni in sintonia col suo ca-risma redentivo. Per me, che ope-ro da solo quattro anni, è stataun’avventura nuova ma ricca disoddisfazione e di particolare gra-zia.

Vedere persone che nel mondoerano forti e sicure di sé diventared’un tratto fragili e bisognose ditutto a contatto con la dura realtàdel carcere è una esperienza chesegna. Ecco perché il Vangelo e lapreghiera per loro sono preziosi, liriporta alla realtà di creati e redenti.

Abbiamo all’interno del carcereun bel gruppo di preghiera di dete-nuti che ogni giorno, per un’ora, siriuniscono per la recita del Rosarioe la lettura di alcuni brani del Van-gelo.

Gli stessi con altri detenuti for-mano il gruppo di preghiera del Rin-novamento nello Spirito Santo.Ho visto in tanti di loro il coraggiodi uscire da situazioni interiori didisperazione o di estrema povertàmorale, sospinti dalla fede ricevutao ritrovata. È una lezione impor-tante per tutti.

di P. Michele Siggillino

Dietro le sbarrequanti frutti di bene

Foto di Ippolita Franciosi

ComunitàReligiosa

S. Ferdinando Re

PastoraleCarceraria

Livorno

La comunitàreligiosatrinitariadi Livornoopera nel carcereda piùdi trent’anni

Page 23: trinità e liberazione novembre 2010

23rinitàTL iberazione

Istantanea

di Cesare Bruno

Sono attualmente detenuto presso la Casa circon-dariale di Livorno e ho già avuto occasione in passa-to di scrivere, per ringraziare della sua opera quoti-diana, il nostro Cappellano, Padre Michele, che portasempre bene in vista il signum Trinatis e non ci famancare mai la sua parola di aiuto, di conforto e so-prattutto sa infondere in tutti la certezza di un domanimigliore.

Attraverso la vostra rivista, che ognitanto ci viene portata dal nostro Cappella-no, ho saputo del Giubileo per gli otto seco-li del Mosaico di San Tommaso in Formis aRoma e vorrei esplicitare una mia riflessio-ne sul Mosaico posto all’ingresso princi-pale della prima casa romana dell’Ordine,donata dal Papa Innocenzo e sulla figuradel Cristo Redentore che tiene per mano idue schiavi.

L’opera del Cappellano e dei suoi colla-boratori è sempre indirizzata a prenderci peril braccio e a spingerci fuori con la mente,con il cuore, senza discriminazione per ap-partenenza confessionale diversa, come ilCristo che per mano tiene lo schiavo nero equello bianco, per condurli verso la vita “li-bera”.

Finché dura la nostra permanenza all’in-terno di questo contenitore di pena, la pre-senza quotidiana del Cappellano e dei suoi collabora-tori ci aiuta, ci fa sentire protetti, sicuri, ma credo cheabbiamo la stessa necessità al momento in cui si escedefinitivamente dal cancello principale per aver ter-minato di pagare il nostro debito a “Cesare”.

Ognuno, al di là di quel cancello, non ha più quelliche per mesi o anni sono stati dei punti di riferimento:il Cappellano, gli operatori penitenziari in divisa e non,perché non sa cosa l’aspetta. All’improvviso l’impat-to con una società che non ci rigetta, ma che certa-mente non fa salti di gioia per accoglierei, pronti tutti,ad elargire forse un piccolo sussidio, ma non certo asostenerci, ad aiutarci nel nostro reinserimento defi-nitivo.

Il Cristo Redentore, liberatore degli schiavi, certa-mente con la forza delle sue mani li sostiene verso lalibertà, ma oggi attraverso l’opera dei Trinitari inten-de anche continuare ad assisterli, aiutarli in un mon-do libero perché avvenga un pieno reinserimento nellasocietà.

Quella società che per tale fine non ha allestitoalcuna struttura, anzi sembra tanto che ritenga il car-cere come una pattumiera maleodorante, su cui pigia-re con forza un coperchio, per impedire di sentire ilpuzzo del contenuto.

Perciò penso che oggi la parte militante della Chie-sa, quella che con orgoglio mostra il suo sigillo, ilsignum debba sopperire alle assenze della società econtinuare, come Cristo Redentore, a sorreggerci, adaiutarci, dopo aver pagato il prezzo delle nostre col-pe.

Sono il referente di un gruppo di preghiera sortoall’interno della casa circondariale di Livorno. Il no-stro cappellano padre Michele ogni tanto ci fa trova-re in cappella alcune copie della vostra rivista. Sfo-gliamo le pagine un po’ per curiosità e un po’ perriempire le nostre giornate grigie, con tanti momentidi tristezza e di pensieri che partendo da un lontano

passato ci proiettano in un futu-ro. pieno di incertezze. Quest’an-no ci è capitato tra le mani anche ilcalendario del 2010 in cui si daampio spazio al giubileo dei Trini-tari per gli otto secoli del mosaicodi S. Tommaso in Formis a Roma.

L’icona che più di ogni altrarappresenta il nostro piccolo grup-po di preghiera, all’interno del-l’istituto di pena del carcere di Li-vorno, è senza dubbio il CristoPantocratore dell’Ordine dei Pa-dri Trinitari.

Questo Cristo che tiene permano due schiavi strappandolidalle catene, rappresenta, per noidetenuti, la speranza nell’affidarea Dio le nostre vite. La nostra pic-cola comunità, formata da detenutiprovenienti da realtà diverse, è

stata fondata, sostenuta e guidata da padre MicheleSiggillino, cappellano delle “Sughere”; questo fa sìche, qui più di ogni altro luogo, nel momento delladisperazione e dello sconforto la Parola di Cristo aiutia scegliere la giusta strada per ritrovare la fede in Dioe l’abbandono totale nell’Altissimo.

Quest’ordine dei Padri Trinitari nasce con l’inten-to di alleviare e liberare dalle sofferenze, anche fisi-che, l’uomo sottoposto alle pesanti ingiustizie pre-senti nel nostro mondo; l’intento è di rompere le bar-riere sociali e le discriminazioni in base al colore dellapelle, e rendere gli uomini coscienti di essere tuttiuguali e fratelli senza alcun ostacolo.

Nelle comunità del mondo occidentale non esi-stono più gli schiavi, ma l’ideologia missionaria e laspiritualità di quest’ordine sono più necessarie e piùvive che mai; infatti, sebbene le catene non siano piùvisibili sul nostro corpo, continuano ad esistere neinostri cuori. Quando ci riuniamo in preghiera, insiemea padre Michele, la piccola cappella di questo carcerenon ha più mura che la chiudono; i nostri cuori vannoalle nostre vite interrotte, alle nostre famiglie e siamoinvasi da una grande pace interiore che solo la fede inDio, e la fiducia nelle parole di chi ci assiste e ci guida,possono dare.

Voglia la Santissima Trinità benedire le nostre vitee le nostre famiglie e portare sostegno a quest’Ordi-ne dì Amore che ha accompagnato e accompagna colsacrificio missionario, di cui padre Michele è un esem-pio, tutti gli uomini che soffrono nel mondo.

DUE TESTIMONIANZE DAL CARCERE DI LIVORNO

di Michele Guzzardi

Al di là del cancellola società che ci rifiuta

La preghiera che spezzale catene del cuore

Foto di Ippolita Franciosi

Page 24: trinità e liberazione novembre 2010

24 rinitàTL iberazione

Lo scaffale del mese

A. AUTIEROL’enigma corporeità:sessualità e religione

20,50euro

18,00euro

L. PAOLININuovi mediae web 2.0

16,50euro

AA.VV.Nati altroveStorie di adozioni

15,00euro

U. TERRINONII Salmi insegnanoa pregare

24

La corporeità umana,di cui la sessualitàcostituisce un aspettofondamentale, si ponecome tema di ricercadi diverse discipline.Ma nonostante glisforzi analitici disociologia, biologia,filosofia, storia eteologia, essa rimanesostanzialmente unmistero. Ci si puòavvicinare alla suaessenza solo attraversouno studio dei varinessi che si intreccianoall’interno del comples-so mistero dell’essereumano.I contributi presentatinel volume trattanodella relazione trareligione ed esperienzadel divino da un lato, ecorporeità e sessualitàvissuta materialmente econcretamente dall’al-tro. Nella loro varietàdi prospettive, essisvelano scenari interes-santi mostrando chequesti aspetti sonointrecciati in tanti modinell’incrocio trareligione, società eindividuo corporeo.

I nostri ragazzi comu-nicano tra loro conMessenger, guardano ivideo su Youtube,aprono uno spazio suMyspace e aggiornanoil proprio profilo suFacebook, comincianofin da bambini ascrivere nei blog, aelaborare immagini escaricare musica,giocano con la Wii o laPlaystation e lo fannosimultaneamente, tantoche si parla di genera-zione multitasking. Igiovani parlano questilinguaggi, che noi lo

Il libro dei Salmi è uncondensato di tutta laBibbia, l’anima dell’an-tica e della nuovaeconomia di salvezza.Lungo venti secoli distoria, la Chiesa vi haattinto abbondante-mente per ispirareantifone, introiti,offertori, canti alVangelo. Nei Salmi sicoglie tutta la gammadei sentimenti umani ereligiosi; in essi siripropongono tutte lesituazioni del vivereferiale: gioie e dolori,trepidazioni e sollievi,vittorie e sconfitte,grandezze e miserie,slanci e disfatte,sviluppi eripiegamenti...L’autore considera iSalmi una grandescuola di preghiera.Per aiutare a valoriz-zarli in tal senso, nesceglie alcuni comeprototipo di unasituazione o di ungenere letterario,cosicché a partire daquesti sia agile ilpassaggio alla letturadel resto del salterio.

“Ci accetterà comegenitori? Che cosaproveremo? Ivan, conun sorriso, ha fermatoil tempo e lo spazio, hacancellato in un attimotutte le nostre paure,che si erano trasforma-te in intimità... inquell’abbraccio diappartenenza c’eratutto…”. È una delletestimonianze riportatenel libro. Parlare diadozioni internazionalisignifica raccontarefatiche, attese, trafilaburocratica chescoraggia chi intra-prende questa strada.

Page 25: trinità e liberazione novembre 2010

25rinitàTL iberazione

Lo scaffale del mese

25

18,00euro

19,50euro

D. TETTAMANZISinfonia del presepeLettere di Natale

AA.VV.A messacon i piccoli

6,50euro

B. DEL COLLECattolici, dal potereal silenzio

AA.VV.Bans per animare,educare, insegnare

16,50euro

Le lettere di Natale delcardinal Tettamanzi,parole forti e sincerecapaci di toccare ilcuore delle genti.In queste lettere leparole del cardinalTettamanzi, Arcive-scovo di Milano,risuonano forti emelodiose allo stessotempo, ricche diumanità e compassio-ne, capaci di andare alcuore di tutti gliuomini. Le lettere cheil cardinale indirizzaogni anno ai malati, aimigranti, agli inse-gnanti di religione, allefamiglie, ai detenuti eai bambini, rappresen-tano un messaggio disperanza e un richia-mo al vero senso delNatale e della cristiani-tà, in nome di unafratellanza e di unasolidarietà che nondevono mai andardimenticate.Contiene la nuovalettera per il Natale2010.

Una guida semplice edi facile consultazione,indirizzata a tutti coloroche lavorano in ambitogiovanile per l’appren-dimento e lasperimentazione deibans, semplici canzonia cui si abbinano gestie movimenti, daproporre a bambini eragazzi in svariaticontesti, per facilitarneil coinvolgimento el’aggregazione.Il cd connesso al librocontiene dieci canzoni,insieme alle basimusicali, tratte dalrepertorio delle Paoline.

Dall’Unità ai giorninostri, un libro intervi-sta che fa il punto sullapresenza dei cattoliciitaliani in politica.Quanto hanno contato icattolici nella vitaitaliana? Quantocontano? Domandesemplici, rispostedifficili, ma conun’unica certezza: illoro ruolo nella vita delPaese non è maivenuto meno.Hanno dato al Paese ilsenso di una coerenzadi valori sociali epolitici ispirati alladottrina sociale dellaChiesa e confluiti,prima, nel programmadel Partito popolareitaliano e, nel secondodopoguerra, in quellodella Democraziacristiana.Del Colle e Pellegrini ciregalano un libro utile edi grande attualità perriflettere - in tempi buie concitati come ilnostro - sul ruolo e lafunzione storica svoltadei cattolici italiani inpolitica e sul lorofuturo

Spesso partecipareall’Eucaristia domeni-cale quando si hannofigli piccoli puòdiventare un problema:o si rinuncia, o sipartecipa con lanecessità di gestire ipianti e la vivacità deipiccoli e gli sguardi diquei parrocchiani chemal sopportano ibambini in chiesa. C’èun modo di parteciparealla Messa con ibambini piccoli? Il librofornisce dieci buoneidee scaturite dall’espe-rienza di giovani coppiecristiane.

Page 26: trinità e liberazione novembre 2010

26 rinitàTL iberazione

Presenza

QuiCracovia

Ecco i sette nuovi fratelli professi. In PoloniaLa Famiglia Trinitaria

si è arricchita di sette nuo-vi fratelli Professi Solen-ni. Si sono definitivamen-te incorporati all'Ordinedella Santissima Trinità,nella Provincia della Nati-vità, durante una celebra-zione eucaristica tenutasinella Chiesa della SantaTrinità di Cracovia il 26settembre 2010. Un buonnumero di religiosi trinitariprovenienti da Polonia, Ita-lia, Austria e Brasile, ha par-tecipato a questa solennecelebrazione presieduta daP. Nicola Rocca, Ministroprovinciale. Tra loro, si se-gnala la presenza dei rap-presentanti della Curia Ge-neralizia, i padri Pedro Alia-ga Asensio, consigliere generale e di-rettore dell’Apps (Anno di Prepara-zione alla Professione Solenne), Al-bert Anuszewski, economo genera-le, Padre Pietro Lorusso rappresen-tante della Provincia di San Giovan-ni de Matha (Italia nord), e numero-si religiosi, seminaristi e sacerdotidella diocesi.

I nuovi professi solenni sono:Fr. Charles Christian Mpiaka (Con-go Brazzaville); Fr. Ken ClarenceSamba (Congo Brazzaville; Fr. Al-ban Martial Ebe Zogo (Gabon); Fr.Maciej Kowalski (Polonia); Fr. EmilKolaczyk (Polonia); Fr. Ailton An-tunes de Almeida (Brasile); Fr.Clayton dos Santos (Brasile). Da uncuore colmo di gioia, questi fratellivogliono rendere grazie alla Trinitàper un tale dono. Fr. HajanirinaRakotoarisoa, anche lui membrodell’Apps, ha emesso la professio-ne solenne lo scorso 8 ottobre nel-la sua Provincia d’origine in Mada-gascar. La celebrazione ha avutoluogo a Moramanga ed è stata pre-sieduta da P. Pierre Ramananandro,Ministro Provinciale. Con lui han-no fatto la prima professione 19novizi malgasci e due africani ap-partenenti alla Provincia d’ItaliaSud.

Page 27: trinità e liberazione novembre 2010

27rinitàTL iberazione

Il Centro Ascolto della Famiglia Trinitaria Romana

Presenza

QuiRoma

La Famiglia Trinitaria Romana,comprendente tutte le comunità diReligiosi, religiose e Laici trinitari,operanti a Roma e comunità limi-trofe (Setteville di Guidonia, RM),nasce nel 2002, come risposta allachiamata della III Assemblea Inter-trinitaria della Famiglia ad Ariccia (Roma) dal 25 al 29 agosto del 1999.

Un po’ di memoria storica

Nell’ottobre del 2002, P. Gio-vanni M. Savina, in qualità di Con-sigliere generale e Presidente delsegretariato generale della Famiglia,rivolse un invito personale, direttoai responsabili di ogni fraternità, ariprendere il cammino in famiglia.C’era voglia di camminare insiemecondividendo lo stesso carisma insintonia con gli appelli della Chiesae i desiderata del Capitolo Genera-le. L’appello fu accolto molto posi-tivamente. Con una commissioneche si formò sin dai primi giornivenne elaborato un calendario diincontri liturgici e fraterni in ognicomunità. Oltre ai Frati Trinitari(Curia Generale, San Tommaso inFormis, San Crisogono, San Carli-no, le Fornaci,) si unirono al grup-po le suore Trinitarie di Roma, diMadrid, di Valencia, le Oblate dellaSS.ma Trinità e numerosi laici tri-nitari. Dopo qualche anno, si avver-tì il bisogno di fare un passo in avan-ti, cioè di impegnarsi insieme inun’opera caritativo-misericordiosa.Padre Giovanni convocò tutti i re-sponsabili delle comunità: si riuni-rono nel dicembre del 2003 sotto lapresidenza del Rev.mo P. José Her-nández Sánchez, Ministro Genera-le emerito. In quell’occasione laComunità di San Crisogono diedela disponibilità del salone parroc-chiale, con il Ministro locale, P.Michele Sigillino, e il P. Provincia-le, Luca Volpe.

Il centro d’ascolto

In quel luogo, come il seme disenape evangelico, nacque il servi-

zio nel “Centro d’ascolto”. Gli in-contri avvengono i sabati a pome-riggio, dalle 16 alle 18. Si inizia conuna piccola preghiera trisagio bre-ve, segue la lettura del vangelo, ola testimonianza di qualche santo,beato o venerabile trinitario; poi unbreve commento; mentre si sta in-sieme si cerca di ascoltare i pro-blemi delle persone povere presentinel salone, prive di mezzi materia-li, vestiti, case, cibo, ma ricche inumanità. Finito il commento al van-gelo della Domenica, tutti i respon-sabili della comunità di turno ser-vono la merenda o cena, si restainsieme, più o meno due ore, e siconclude, con i saluti fraterni. Ilcibo della parola e quello materialesono settimanalmente a carico dellerispettive comunità. La prima set-timana corrisponde a San Carlino:sono presenti i Religiosi, le Reli-giose Trinitarie di questa comuni-tà e quelle della Curia generaliziadelle Trinitarie di Roma, insiemecon i Laici Trinitari e i volontari,accompagnati assiduamente dallaSignora Giovanna Cossu Meren-dino. La seconda a S. Maria alleFornaci: partecipano i religiosi, maparticolarmente si distingue per lapresenza dei Laici Trinitari, sottola guida forte e sicura della Signo-ra Teresa Gervasi-Rabitti. La terzaa San Crisogono: sempre presentii religiosi Sacerdoti, Studenti pro-fessi, Postulanti e Aspiranti, con lafondamentale e stabile presenza delProf. Nicola Calbi accompagnatodai laici Trinitari della parrocchia,e da altri volontari. La quarta alla

Curia Generalizia dell’Ordine Tri-nitario: vi hanno aderito tutti i mem-bri della comunità, sia quelli del pri-mo sessennio (2001-2007); comeanche del secondo, iniziato a Giu-gno 2007, accompagnati spessodalle Religiose Trinitarie di Roma,fino a quando sono state presentinella Curia generale (Giugno 2009),e da qualche laico dell’Adeat Pa-squale Lamacchia. La quinta Do-menica corrisponde all’Istituto Se-colare delle Oblate della SS. Trini-tà, con una presenza costante inquesta iniziativa caritativa miseri-cordiosa.

Gli Istituti, i Frati le religiose e ilaici non menzionati, s’inseriscononel momento che desiderano. “Sap-piamo - dichiara P. Giovanni M.Savina - che non abbiamo la chia-ve per risolvere tutti i problemi diogni genere (come la casa, medici-ne, viaggi, documenti) della pove-ra gente che ci frequenta (tra 50-60 persone ogni sabato, e nei mo-menti delle festività il numero lievi-ta di altre 20- 30 persone). E’ ap-pena una goccia nell’oceano, macome disse la beata Teresa di Cal-cutta, se mancasse tale goccia diamore, mancherebbe qualcosa. Ènostro desiderio che tale esperien-za sia presente in ogni comunitàtrinitaria, perché, come affermaSant’Agostino, “se vedi la caritàvedi la Trinità!”. Quello che abbia-mo fatto ai poveri lo abbiamo fattoa Gesù. Ciò che si dona ai poveri siimmagazzina nei granai del cielo,dove la tignola non corrode e i ladrinon scassinano.

Page 28: trinità e liberazione novembre 2010

28 rinitàTL iberazione

Presenza

QuiMedea

Luci e ombre: premiato Mauro e tagliati i fondiIn ottobre si è tenuta, nel muni-

cipio di Medea, una festa in onoredel neocampione europeo MauroCominotto, ospite del Centro resi-denziale "Villa Santa Maria dellaPace", di Medea, e vincitore di duemedaglie d’oro ai recenti “GiochiEuropei Estivi Special Olympics” diatletica leggera, disputati a Varsa-via in Polonia e riservati ad atleticon disabilità intellettiva. Un dop-pio oro che Cominotto, tesseratoper il gruppo sportivo "G. Schul-tz", che opera all'interno del centromedeense stesso, ha fatto suo nel-le specialità 400 marcia e nella staf-fetta 4 x 100. Una grandissima sod-disfazione per l’atleta e per tutto ilgruppo sportivo, che da anni operacon impegno e lodevoli risultati al-l’interno del centro trinitario. Nelcorso dell'incontro presso la salamunicipale di Medea, il sindaco Al-berto Bergamin , dopo aver donatouna medaglia al neocampione eu-ropeo, ha espresso la sua ricono-scenza e ha sottolineato come tuttala comunità di Medea si senta par-ticolarmente orgogliosa del doppiotitolo continentale con cui Cominot-to ha dato ulteriore lustro al paesee all'istituto che lo ospita. Durantela festa, però, accanto alla gioia ealla soddisfazione per le medaglie eper il successo dell’atleta, c‘è sta-to anche qualche momento di ama-rezza, rammarico, e delusione, do-vuto al taglio dei fondi a sostegnodelle persone disabili che praticanosport a livello internazionale. Ber-gamin ha accusato la Regione diprestare poca attenzione a questiatleti che al contrario meriterebbe-ro una più stretta riconoscenza evicinanza e ha auspicato che que-sta nuova impresa possa scuoterequelle istituzioni che spesso fannoenormi sacrifici per reperire i fondia favore degli atleti normodotati enegano il sostegno ai disabili, chepraticano uno sport puro, lontanodal denaro e dal doping. Parla fi-nanche di “scorrettezza e disone-stà” Giovanni Finotto, presidentedel gruppo “G. Schultz”, facendo

riferimento alle tante promesse nonmantenute, per le quali le famigliedei disabili e l'istituto di Medea sonostati costretti ad autotassarsi pur dipartecipare alle diverse manifesta-zioni sportive in giro per il mondo.Rammarico è stato espresso pureda Luciano De Mitri, responsabiletecnico del gruppo Schultz, il qua-le ha comunicato che dopo quattroanni di successi raccolti in tutto ilmondo dagli atleti, nel 2011, a dif-ferenza degli altri anni in cui loSchultz ha organizzato dei campio-nati italiani in diverse disciplinesportive, non vi terrà nessuna ma-

nifestazione per mancanza di finan-ziamenti. È quindi intervenuto l'exconsigliere regionale Adriano Rito-sa, che ha donato al gruppo Schul-tz poco più di 2700 euro, mentresono poi intervenuti anche FrancoStacul e padre Pietro Lorusso, di-rettore del centro residenziale diMedea.

Ha poi concluso la cerimonia dipremiazione lo stesso Mauro Co-minotto, che ha ringraziato tutti eha attribuito il merito dei suoi suc-cessi alla figura del papa GiovanniPaolo II, che gli ha dato la forzaper vincere.

Page 29: trinità e liberazione novembre 2010

29rinitàTL iberazione

Presenza

QuiLe Fornaci

Si sono da poco conclusea Medea le 6 giornate dedica-te alla formazione teatrale peroperatori del sociale, organiz-zate dall’Associazione cultu-rale “Il Cerchio” con il con-tributo della Fondazione Cas-sa di Risparmio di Gorizia.L’associazione opera da anniall’interno del centro residen-ziale Villa Santa Maria dellaPace di P.P. Trinitari di Me-dea, che ha sostenuto l’inizia-tiva mettendo a disposizione ipropri locali per lo svolgimen-to dei laboratori.

I partecipanti provenientida tutta la regione e da realtàanche molto diverse tra loro,hanno potuto sperimentare trediversi approcci al teatro so-ciale in tre laboratori condottida altrettanti professionisti delsettore. Le prime due giorna-te sono state dirette dall’atto-re e regista teatrale milaneseGennaro Ponticelli, il quale haguidato i presenti verso l’af-fascinante mondo del teatrodelle ombre attraverso il gio-co e la riscoperta della spon-taneità. Il secondo fine setti-mana ha avuto invece come

La parrocchia Santa Maria delle Grazie alleFornaci invita tutti i fedeli ad aprirsi alla Paroladi Dio. Ogni mercoledì a partire dalle 19 sitiene infatti il nuovo ciclo 2010-2011 della “Lec-tio Divina”, una serie di incontri di ascolto dellaParola di Dio e di riflessione sulle letture bibli-che della domenica. La Parrocchia è lieta diannunciare, anche attraverso le pagine di Tri-nità e Liberazione, due importanti novità: in-nanzitutto alcuni appuntamenti della Lectio po-tranno essere presieduti, quest’anno, da Mons.Aldo Martini, esperto biblista che i fedeli dellaparrocchia conoscono bene, essendo stati dalui accompagnati nel ritiro del 25 gennaio 2008su San Paolo e nel pellegrinaggio di San Paolo.La seconda novità è che le Religiose della Cro-ce seguiranno “a distanza" la Lectio Divina conla preghiera, durante la loro adorazione eucari-stica giornaliera e notturna.

protagonista la danza; i parte-cipanti, grazie ai suggerimen-ti ed alle preziose indicazionidell’insegnante e ballerina Mi-chela Braida (Manzano), han-no mosso i primi passi nelcampo dell’improvvisazione edella gestualità rivissuta comemezzo di comunicazione pri-vilegiato. Gli ultimi giorni diformazione sono stati dedica-ti alla conoscenza dei princi-pali personaggi della Comme-dia dell’Arte nazionale; a muo-vere i fili l’attrice Claudia Con-tin “Arlecchino”, fondatriceassieme a Ferruccio Merisidella Scuola Sperimentale del-l’Attore di Pordenone. Il ri-scontro dei partecipanti è sta-to molto positivo, dilagantil’entusiasmo e la voglia di por-tare anche nella vita di ognigiorno e nel proprio lavoro gliinsegnamenti ricevuti. Questesei giornate si sono rivelatedunque una valida base di par-tenza per ulteriori percorsi diconoscenza e formazione. Gliorganizzatori sono già al lavo-ro per garantire lo svolgimen-to di ulteriori laboratori per ilprossimo autunno.

Sei giorni dedicati al teatro

Le lettere possono giungerealla nostra rivistainviandole [email protected]

Caro direttore, da tempo leggo con inte-resse la rivista Trinità e Liberazione. Il nume-ro di ottobre mi ha sorpreso per le splendidefoto sulla visita del Papa al Santuario dellaMadonna del Tufo, per l'impaginazione e per icontenuti, in particolare per quanto è statoscritto sulla malattia mentale. Da molti annidevo affrontare ogni giorno questo proble-ma. Comprendo molto bene le parole del Prof:Cantelmi quando parla di società spietata, iso-lamento, stigmatizzazione, senza valutare lasofferenza interiore. Sembra che la nostra so-cietà ami solo l'efficientismo. È consolante leg-gere articoli dove oltre alla competenza vienecomunicata una notevole carica umana arric-chita da quella spirituale. Anche attraversouna rivista ci si può sentire meno soli e capiti.Mi sono commossa quando ho letto il titolo"Liberare i disabili mentali, gli ultimi tra gli ul-timi: è la missione dei Trinitari". Grazie, ora soche qualcuno guarda a questo disagio anchecon il cuore. Vi auguro di poter andare avantinel trattare problemi attuali con umanità. Viauguro un buon lavoro per il futuro e grazieancora. (Lettera firmata)

Ecco la Lectio Divina

Page 30: trinità e liberazione novembre 2010

30 rinitàTL iberazione

QuiVenosa

Presenza

Servizio Civile per la vita

QuiRoccadi Papa

Nel Santuario della Madonna del Tufo, uno dei faridella carità, come il S. Padre ha definito i santuarimariani, e faro d’amore, “amore eterno”. In occasio-ne della celebrazione di un venticinquesimo anniver-sario di matrimonio si è verificata una particolare coin-cidenza legata ad una delle numerose e ricche tovaglied’altare di cui il Santuario è corredato. Tovaglie chevengono sostituite con notevole frequenza. La mag-gior parte sono bianche, ornate di splendidi pizzi e ri-cami di preziosa fattura con simboli dell’iconografiacristiana come angeli, calici, croci, spighe di grano,grappoli d’uva, pesci e pellicani; alcune, colorate, hannobordi e merletti molto antichi, una è addirittura dipintacon la raffigurazione del pane e del vino. In onoredella Madonna, quel giorno, era stata scelta una tova-glia bianca interamente ricamata all’uncinetto con unagrande emme al centro, due putti ai lati con un carti-glio dove si legge l’invocazione “ave” ed altri decoritradizionali.

Il banco degli sposi era disposto di fronte all’altaree la cerimonia si è svolta con il consueto clima di ca-lore e familiarità, ormai ben noto ai frequentatori delSantuario, e con la partecipazione di tutti i presentiche sono stati invitati dal celebrante a parlare al mi-crofono per raccontare episodi di vita della coppia oper esprimere il proprio augurio.

Al termine della Messa, dopo le fotografie di rito,uno dei due papà si è rivolto al Rettore per dirgli cheun parente aveva fornito la sua opera all’epoca dellaricostruzione della chiesa e che una zia aveva lavoratoper svariati mesi all’uncinetto per la realizzazione diun quadro o forse di una tovaglia da offrire al Santua-rio. L’anziano genitore ed il sacerdote sono lì, viciniall’altare. Alla parola tovaglia, P. Luigi, incuriosito,solleva un lembo di quella che ricopre l’altare e, consorpresa, legge da un lato la dedica al Santuario e dal-l’altro il nome della donatrice “A.M. Ferri”. Anna Ma-ria Ferri, la zia che era stata appena ricordata.

La tovaglia dunque era proprio quella, ed il ricamo,che con tanto amore la signora aveva pazientementeeseguito, forse accompagnando il lavoro manuale conla recita di qualche Ave Maria e di tante giaculatorie,spiccava su uno sfondo damascato rosso per conti-nuare a rendere omaggio alla Madonna nel mese incui, in un santuario mariano, ancora più viva è l’espres-sione della devozione dei fedeli.

Una semplice coincidenza che sottolinea la conti-nuità di un legame d’amore con Maria trasmesso infamiglia di generazione in generazione. Una coincidenzache ha reso più lieta e solenne una giornata già di persé molto significativa.

Da sempre il Centro di Riabilitazione e di Forma-zione Professionale dei Padri Trinitari di Venosa sicontraddistingue per essere aperto a tutte le personeche vogliono vivere accanto ed insieme ai nostri ospitiuna vera e propria esperienza di vita rendendosi parteintegrante ed integrata nel tessuto socio-economicodella nostra Città. Nel solco di questa tradizione radi-cata và ad inserirsi il progetto, ormai portato avanti daotto anni, del Servizio Civile Nazionale. Ogni annopartecipa al bando per l’ammissione di giovani, dai 18ai 28 anni, che intendono cogliere l’opportunità di de-dicare un anno della propria vita a favore di un impe-gno solidaristico che garantisce ai giovani una fortevalenza educativa e formativa, un’importante e spes-so unica occasione di crescita personale ed una op-portunità di educazione alla cittadinanza attiva, nel cam-po della solidarietà sociale e dell’assistenza alle perso-ne più deboli. Si impara ad essere più attenti alle esi-genze degli altri e, soprattutto, si cerca di valorizzarela propria presenza nella società. Questi ragazzi chenell’anno di volontariato vivono accanto alla personadisabile, imparano a conoscere e confrontarsi con la“diversità” con la “disabilità” superando spesso bar-riere e pregiudizi che portano a rinchiudersi in modellidi vita tendenti ad eliminare o emarginare i “diversa-mente uguali”. D’altro canto non si può trascurarel’evidente crescita personale e sociale della personacon disabilità che diventa attore protagonista dell’even-to, che impara a relazionarsi con nuovi “operatori”migliorando e accrescendo le proprie conoscenze e leproprie autonomie dando forma a veri e propri feno-meni di inclusione sociale, accrescimento dell’auto-stima, in un continuo scambio che sempre più avvici-na la disabilità, all’abilità del fare. Nei valori a cui sirifà l’idea e l’ideale del Servizio Civile Volontario sirispecchia l’anima cattolica-cristiana fondamento del-l’ordine dei Padri Trinitari, cui l’Istituto di Venosa ap-partiene, ed è in questo comune e fertile “humus valo-riale” che l’esperienza nel Centro ha una valenza uma-na e spirituale ancora più evidente, intensa e profon-da. Ritrovarsi insieme ad altre persone che hanno lastessa sensibilità e lo stesso desiderio di donarsi aglialtri, confrontandosi, aiutano a ridimensionare l’io perun noi proteso verso il bene. Ricordiamo le parole diGiovanni Paolo II: “ Il volontario cristiano cerca l’as-sistenza e la giustizia, opera per modificare le causedella sofferenza, tenta di dare risposte nuove ai pro-blemi emergenti originati dalle forme di moderna emar-ginazione, agisce come fermento interno del tessutosociale, si pone dalla parte di che ha dei problemi peraiutarlo a compiere un cammino di liberazione e pro-mozione autenticamente umano. Promuove la culturadella vita e della autentica solidarietà”.

Una gradita coincidenzadi Filippo Orlando di Paola Casetti

Page 31: trinità e liberazione novembre 2010

31rinitàTL iberazione

Presenza

La professione di quattro novizi. Donazione totale

L’8 ottobre 2010 è stata un’al-tra data che riaccende la speranzanel cuore dei trinitari italiani. Quat-tro giovani hanno fatto la loro pri-ma professione e si sono consacratial Signore, hanno emesso il voto dicastità, povertà e obbedienza peressere liberi e liberatori. Liberi dal-la concupiscenza della carne, dallaconcupiscenza del denaro e dall’or-goglio dei propri progetti e sposarei progetti del Signore, per esserepromotori di comunione e solida-rietà fra gli uomini e quindi opera-tori di liberazione dalle schiavitù cheaffliggono gli uomini di oggi. I Tri-nitari non sono stati disinteressatiall’evento e molti hanno partecipa-to all’Eucaristia, svoltasi nel San-tuario della madonna del Soccorsoa Cori (Latina) durante la quale si èsvolto il rito della professione. Era-no presenti infatti P. Nicola e P.Gino da Gagliano del Capo, P. Ga-etano da Napoli, P. Piotr. polacco,venuto da Esperia, da Roma tuttala nostra gioventù di San Crisogo-no e il loro superiore, P. Saverio.Erano presenti, oltre ai parenti eamici di Fr Pasquale, anche moltivietnamiti, sacerdoti, suore e laici,che in qualche maniera rappresen-tavano i famigliari dei tre vietnamitiprofessandi. Anche se distanti,però, di oltre 15 000 km, i loro pa-renti in Vietnam era uniti spiritual-mente poiché quasi nella stessa orasi sono incontrati per pregare e fe-steggiare insieme. Soprattutto han-no voluto manifestare il loro inco-raggiamento i Consiglieri generali:P. Pedro, P. Albert e P. Thierry (P.Savina, impossibilitato era venutoalcuni giorni prima). Riportiamo diseguito il testo della professione chetutti e 4 con voce ferma hanno pro-clamato davanti al provinciale e tuttii presenti: “Io (Fra Pasquale, fraAgostino Huy, fra Chuong Giusep-pe, Fra Bang Emanuele) emetto lamia professione e davanti alla co-munità e nelle tue mani P. Giusep-pe D’Agostino, ministro provincia-

di P. Angelo Buccarello

QuiCori

le, per un anno, prometto alla San-tissima Trinità, castità, povertà eobbedienza, secondo la regola e lecostituzioni dell’Ordine della SS.Trinità. Così prometto, così mi ob-bligo; e la grazia dello Spirito San-to, con l’intercessione della BeataVergine Maria, dei nostri SantiPadri Giovanni e Felice, mi aiutia custodire fedelmente queste pro-messe”. Dopo la proclamazioneognuno ha deposto l’atto di profes-sione scritto di proprio pugno sul-l’altare e l’hanno firmato. Natural-mente la professione di fra’ Pasqualeè stata ricevuta dal Padre NicolaRocca provinciale della provincia acui appartiene il detto neoprofes-so. Un altro bel gesto commoventeè stato all’offertorio, quando i no-vizi, oltre a portare le offerte con ilpane e il vino, simbolo del dono disé al Signore, con le quali in qual-che maniera volevano significare laloro disponibilità a consumarsi perchi ha bisogno di loro, hanno of-ferto anche un mappamondo, se-gno che amando e seguendo più davicino Gesù Cristo, si diventa uni-versali, e quindi nessuno sarà esclu-so dalla loro “carità”. Più toccanteancora quando una mamma, l’uni-ca presente, quella di Fra’ Pasqua-le, ha portato all’altare il figlio e loha consegnato al Signore, per lemani del Sacerdote celebrante. Unevento ma anche una festa poichédopo la messa presieduta dal P. Giu-

seppe D’Agostino, provinciale delNord-Italia ha fatto seguito un lau-to pranzo con prodotti vari offertigenerosamente da amici e devoti delsantuario, a cui tutti i presenti sonostati invitati, e ognuno ha dovutomettere a dura prova la gola, la cu-riosità, e i limiti dello stomaco.Scherzi a parte, la gioia spiritualevissuta in chiesa si è trasformataed è esplosa in un’agape fraternadi allegria, amicizia e condivisionecristiana. Il pranzo a buffet era statopreparato per dare la possibilità atutti di scegliere ciò che volevano enello stesso tempo poter incontra-re, conoscere e dialogare con tutti.Circa 120 persone erano presenti,ma le cose da gustare e mangiareerano veramente tante. Dopo la gio-ia condivisa anche con le buone egustose specialità del pranzo, lagrande pena, sia per i novizi che siapprestavano a lasciare Cori, e so-prattutto per i fedeli e gli amici chehanno visto partire questi giovaniche erano comunque un motivo inpiù per venire a visitare il santua-rio, visto che era migliorato il cli-ma di accoglienza. Ora continue-ranno la loro formazione a Roma,e nello stesso tempo continueran-no gli studi universitari per prepa-rarsi al sacerdozio. Tutto il nostroaugurio che la grazia della consa-crazione possa trasformare la lorovita in quella di Cristo, glorificato-re del Padre e redentore dell’uomo.

Page 32: trinità e liberazione novembre 2010

32 rinitàTL iberazione

Un regalo specialeper chi sottoscriveo rinnova per il 2011

Pre

zzo

di c

oper

tina

Eur

o 15

,00

Sco

nti s

peci

ali a

chi

pre

nota

alm

eno

cinq

ue c

opie

Abbonamento ordinario annuale: Euro 30,00Abbonamento sostenitore: Euro 50,00

da versare suConto corrente postale : n. 99699258

oppure in bancaCodice Iban : IT 77 K 07601 16000 000099699258

COME ABBONARSIa Trinità e Liberazione

da intestare a Edizioni di Solidarietà. Media e Comunicazione srlPiazzetta Padri Trinitari - 73040 Gagliano del Capo (Le)

l’abbonamentol’abbonamentoentro il 31 dicembre