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SOGGETTI IN DIALOGO REPORT DEI FOCUS GROUP DI APPROFONDIMENTO A cura di Alessandra Campani, Letizia Lambertini e Associazione Il progetto Alice

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SOGGETTI IN DIALOGO REPORT DEI FOCUS GROUP DI

APPROFONDIMENTO

A cura di Alessandra Campani, Letizia Lambertini e Associazione Il progetto Alice

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Indice

Introduzione …......................................................................................................... p. 2

Percorsi per l’attivazione ......................................................................................... p. 7

Formazione ............................................................................................................ p. 10

Criticità .................................................................................................................. p. 16

Normativa .............................................................................................................. p. 20

Partecipanti ............................................................................................................ p. 22

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INTRODUZIONE

Questo report presenta i risultati dei focus group realizzati all’interno del progetto Primo passo:

Educare, svoltosi durante il periodo 2016-17. La realizzazione dei focus group ha costituito la

seconda fase del progetto e rappresenta il proseguimento della prima fase, dedicato alla

Mappatura, ovvero l’indagine dei soggetti impegnati e delle esperienze realizzate a livello regionale,

su educazione al genere, educazione sessuale/affettiva/sentimentale (in forme che mantengano

centrali i temi delle differenze/relazioni di genere), prevenzione della violenza contro donne e

minori, contrasto delle discriminazioni LGBTQI che rappresentano, su questi temi, specifiche

competenze e metodologie.

Il percorso di ricerca intrapreso dal Gruppo di Lavoro Scientifico ha preso le mosse dall’analisi dei

risultati contenuti nelle schede raccolte durante la fase di Mappatura. Il primo step è stato di

identificare le informazioni e i risultati che denotavano i percorsi più strutturati nel tempo e nella

proposta formativa. A partire da questa prima selezione, il GLS ha selezionato gli stakeholders che

su base provinciale sono risultati più rappresentativi per le attività di educazione che erano state

svolte nel corso degli ultimi cinque anni. L’individuazione degli stakeholders è stata finalizzata al

coinvolgimento diretto degli stessi nel secondo step della ricerca, ovvero una serie di incontri che si

sono svolti su tutto il territorio regionale attraverso la metodologia dei focus group. In particolare

gli stakehodlers coinvolti provenivano da: assessorati di enti pubblici sul tema delle pari

opportunità, centri anti violenza e centri per uomini maltrattanti, associazione di donne,

associazioni femministe, associazioni e gruppi LGBTQ, dirigenti scolastici, insegnanti, singole

persone attive nei territori sul piano educativo.

Dopo l'invio di una lettera di invito alla partecipazione al Focus Group avvenuta nei mesi di

marzo-aprile, nel mese di maggio 2017 si sono svolti 7 focus group di approfondimento a Bologna,

Modena, Reggio Emilia, Parma, Ravenna, Forlì e Ferrara che hanno coinvolto in tutto 53 diversi

stakeholders rappresentativi di Scuole, Istituzioni e Associazioni. Solo in due casi sono stati

aggregati soggetti di province diverse laddove non è stato possibile raggiungere un numero

adeguato per lo svolgimento del focus group. Gli incontri si sono svolti fra l'8 e il 29 maggio 2017.

Il focus group è una tecnica di ricerca sociale che mira ad approfondire un tema o particolari

aspetti di un argomento, mediante un’intervista rivolta ad un gruppo omogeneo di persone. E’ stato

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scelto di svolgere l’approfondimento delle tematiche dell’educazione al genere utilizzando la

tecnica dei focus group per favorire la possibilità di interazione e dialogo tra i/le partecipanti

stimolando un dialogo multi-prospettico sui temi oggetto della ricerca. Questa tipologia di ricerca ci

è parsa particolarmente adeguata per gli obiettivi della ricerca che ha cercato – in una prospettiva

olistica – di cogliere il “muoversi comune” dei diversi soggetti sul territorio regionale identificando

sia le sinergie e le reti esistenti, che i movimenti “in solitudine”.

La traccia del focus group si è sviluppata attorno a due macro temi principali:

1) Come, quando, dove e perché fare progetti educativi/formativi su educazione al genere,

educazione sessuale/affettiva/sentimentale, prevenzione della violenza contro donne e

minori, contrasto delle discriminazioni LGBT;

2) Quali sono i bisogni del territorio dal punto di vista formativo, metodologico, politico e

economico.

Il primo cluster è stato suddiviso in domande volte a cogliere i processi e i presupposti che guidano

l’implementazione dei progetti:

! Quali sono i percorsi per l’attivazione delle attività educative su educazione al genere,

educazione sessuale/affettiva/sentimentale, prevenzione della violenza contro donne e

minori, contrasto delle discriminazioni LGBTQI? In particolare, come si attivano le scuole?

Gli enti locali? Le associazioni?

! Quali sono i presupposti metodologici, tematici, di linguaggio e di monitoraggio per una

formazione efficace?

Mentre il secondo cluster si è focalizzato sugli aspetti di bisogno e sulla rilevazione di criticità e

strategie di superamento:

! Quali sono le criticità rilevate e come superarle?

! Se e quale una normativa è sentita come necessaria dagli stakeholders attuatori di percorsi

di formazione?

! Quali sono le proposte che giungono dai territori? Il Risultato è stata la redazione di un

report generale contenente anche una serie di dieci proposte rivolte alla Regione Emilia-

Romagna.

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Di seguito riportiamo gli esiti più produttivi del dialogo dei focus group, dopo aver raccolto le

registrazioni e averle ricomposte non tanto per ambito territoriale – giacchè l’appartenenza ad una

provincia piuttosto che a un’altra si è rivelata avere una rilevanza relativa – quanto utilizzando un

criterio tematico, che segue un filo temporale: da quando si intende attivare un percorso

educativo, fino ad una valutazione ex post degli interventi realizzati, per capirne le luci, ma anche le

criticità.

La principale riflessione generale che si può trarre dall’analisi dei focus group è che esiste e si va

rafforzando una galassia di soggetti, in taluni casi vere e proprie reti di soggetti, che si impegnano

per sensibilizzare i e le più giovani sulle forme di discriminazione e violenza a partire

dall’educazione, in particolare sulla violenza contro le donne. Molti stakeholders coinvolti

dimostrano una forte capacità organizzativa e grande consapevolezza del proprio operato, come

testimoniano le reti di collaborazioni create nel corso degli anni, i contenuti affrontati, le

metodologie innovative e non frontali impiegate, l’attenzione per il linguaggio non neutro. Questa

prima conclusione si può trarre considerando la molteplicità delle tematiche affrontate nei percorsi

educativi in oggetto che vanno da tematiche di carattere giuridico, sociologico, storico e economico

– come ad esempio, i diritti di pari opportunità, il diritto alla differenza di genere e il contrasto della

violenza contro le donne; il Gender gap; la storia delle donne; documenti/trattati/piani

internazionali, europei nazionali e regionali per il contrasto della violenza e la prevenzione; quali

servizi esistono/sono in grado di rispondere sul territorio – per affrontare tematiche riconducibile

alla sfera dell’identità e dell’intimo e delle nostre relazioni con gli/le altre: la consapevolezza di sé; il

saper chiedere aiuto/a chi chiedere aiuto/come chiedere aiuto; gli strumenti per la trasformazione

personale e sociale; il mettersi in gioco in prima persona come attività principale di consapevolezza

e dunque di autoformazione.

E’ chiaro che per affrontare queste tematiche, gli strumenti di conoscenza e apprendimento non

possono essere solo quelli tradizionali della didattica frontale, ma rimandano a metodologie

interattive e inclusive, che interpellano strumenti diversi di carattere interdisciplinare come ad

esempio: la letteratura per l’infanzia e la graphic novel per adolescenti; il teatro e il teatro forum;

l’ideazione e la realizzazione di campagne per il contrasto alla violenza; l’istituzione di premiazioni

dei lavori prodotti; la narrazione autobiografica; ecc.

A questa prima riflessione se ne affianca un’altra, che ne costituisce la premessa: l’educazione è

percepita pressoché unanimemente come leva del cambiamento. Intendere l’educazione come leva

del cambiamento significa riconoscere all’educazione, e alla scuola in particolare, la capacità di

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saper aprire uno spazio trasformativo dove gli stereotipi di genere dominanti sono messi in

discussione e decostruiti, a favore di modelli e immaginari individuali e collettivi alternativi più

rispondenti alle esigenze di ognuno/a. L'educazione in generale e in particolare le attività di

formazione messe in atto dagli stakeholders interpellati durante i focus group emerge chiaramente

come uno strumento forte e necessario per il suo carattere preventivo, ovvero perchè permette di

operare prima che le forme di violenza e discriminazione avvengano o nelle fasce di età in cui si

possono verificare le prime relazioni fra pari contraddistinte dalla diseguaglianza di potere e dal

sopruso, come ad esempio violenza nelle relazioni intime fra adolescenti, la violenza online,

l'hatespeech, il bullismo omofobico, ecc.

Fra le necessità evidenziate dagli stakeholders e discusse nei focus group ricopre un ruolo

significativo la normativa in materia. Da una parte, una normativa di riferimento sull’educazione a

differenze/genere e contrasto delle violenze di genere è sentita come strumento indispensabile per

per forzare indifferenza e resistenza generalizzate, dall'altra però è necessario tenere presente che

una formazione su identità/differenze/relazioni di genere non è paragonabile a una formazione su

arte o musica perché tocca l’esperienza profonda di ogni soggetto coinvolto e implica la

negoziazione, caso per caso, dei punti di arrivo rispetto a quelli di partenza. Altresì è stato valutato

come nonostante l'esistenza a livello regionale e nazionale di strumento normativo, tuttavia è la

volontà politica di progettare e realizzare questi percorsi che fa la differenza. Va aggiunto inoltre

una informazione importante: al momento in cui sono stati realizzati i focus non erano ancora state

emesse le Linee guida nazionali per l'attuazione del comma 16 della legge 107 del 2015 per la

promozione dell'educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere, che

costituiscono una tappa importante nel processo di riconoscimento delle competenze

dell'educazione alle differenze e che permetteranno di predisporre politiche scolastiche, piani

d’azione e strumenti educativi appropriati per contrastare gli stereotipi di genere e per prevenire le

violenze. Tuttavia ad oggi l’applicazione di tali Linee é appena iniziata e non si possono trarre

valutazioni generali.

Le proposte emerse durante i focus in materia normativa sono state molteplici: dal richiedere

«una normativa abbastanza elastica e ampia (ma non generica), in modo che ogni singola

progettualità possa essere bilanciata sulla osservazione e lettura del contesto»; a una normativa

che «vincoli le Città Metropolitane/Province (alle quali, per la Legge Del Rio, è stata demandata

competenza su pari opportunità e controllo dei fenomeni discriminatori) alla costituzione di

coordinamenti politici e tecnici di pari opportunità»; un'altra proposta ha riguardato una normativa

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che «individui dei criteri di “protezione” delle competenze effettivamente maturate in ambito

educativo sui temi legati a differenze di genere e contrasto della violenza» e una normativa che

preveda di «istituzionalizzare la figura referente/funzione obiettivo scolastica dedicata alle pari

opportunità».

Le criticità emerse durante i focus group sono sostanzialmente legate ad alcuni nodi ricorrenti

che toccano «la scarsa o nulla attenzione su temi legati alle discriminazioni o alle differenze di

genere da parte degli Uffici scolastici Regionale e Provinciali» e i «pochi/e dirigenti sensibili» per

quanto riguarda il versante scuola; mentre sul versante istituzionale è emersa «la mancanza di

coordinamento tra enti territoriali (Unioni, Comuni, Scuole)» e il venir meno della persona referente

delle «Pari Opportunità e della Provincia». E' chiaro dunque che queste criticità comportano

direttamente una «mancanza o carenza di risorse economiche dedicate» e di conseguenza

comportano anche delle «difficoltà a garantire la continuità dei progetti». Si realizzano quindi

interventi sporadici o una tantum, senza obbligatorietà formativa, senza un buon coordinamento

fra attori istituzionali e non, senza azioni di monitoraggio né di valutazione, aspetti che concorrono

a rendere le stesse attività di formazioni poco efficaci e dispersive.

In generale, si potrebbe ipotizzare che le criticità siano a livello meso. Da una parte si riscontra

l'esistenza di una rete di associazioni, gruppi e insegnanti molto attivi e motivati, che seppur fluida,

è portatrice di competenze e metodologie innovative. Dall'altra ci sono istituzioni che come la

Regione e alcuni Comuni hanno saputo contribuire attivamente a promuovere e diffondere

iniziative. Mancano però all'appello gli anelli intermedi di questo dialogo, ovvero i dirigenti scolastici

e gli Uffici scolastici, percepiti spesso dagli stakeholders come indifferenti alla prospettiva di genere

e al tema della prevenzione della violenza maschile contro le donne e talora ancora caratterizzati da

una arretratezza culturale secondo cui la dimensione del genere e le discriminazioni ad esso

connesse non sono ritenute un problema, al pari della disabilità o l'esclusione sociale.

Un discorso a parte merita la riflessione emersa sul tema relativo ai progetti realizzabili

attraverso i bandi, in particolare regionali, ma non solo. Si richiede infatti che i bandi possano

«essere biennali o triennali anziché annuali», e si lamenta che «i tempi sono troppo brevi tra l'uscita

bandi e le scadenze per presentazioni e che dovrebbe essere eliminata la sfasatura dei tempi tra

uscita dei bandi e programmazione scolastica». Infine, è stato sottolineato come «la soddisfazione

di tutti i soggetti richiedenti ha posto il dubbio sui criteri per la graduatoria e sulla valutazione delle

expertise che sono fatte di formazione/competenza/esperienza specifica e consolidata (l’ultimo

bando ha visto il riciclo di diversi soggetti sui temi di pari opportunità e contrasto)».

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1. PERCORSI PER L’ATTIVAZIONE 1a. Da dove cominciare nella Scuola

Dalla presa d’atto dei bisogni di bambine/i o ragazze/i e a loro misura (età e “interessi medium” specifici);

Avendo cura di individuare una proposta cornice ampiamente condivisibile (per esempio: identità personale e differenze di genere);

Che si agganci a un’attività già esistente (per esempio: il lavoro sull’identità personale);

Che si che sviluppi in modo sistematico articolandosi per diversi anni consecutivi e per tutto l’arco dell’anno scolastico;

Che coinvolga classi diverse ogni anno in modo da coprirle tutte nell’arco di diversi anni;

Che tenga insieme la formazione insegnanti, le attività nelle classi e il coinvolgimento dei genitori (in particolare attraverso la restituzione del lavoro fatto);

Che sia condivisa dal collegio di istituto;

Che sia inserita nel POF;

Che sia presentata ai genitori in modo chiaro e autorevole;

Che tenga conto di episodi o situazioni avvenute nel contesto territoriale.

Dall’attenzione/promozione di una cultura dei diritti e delle tutele;

Diritto alla differenza;

Diritto alle pari opportunità;

Diritto a non subire discriminazione;

Diritto a non subire violenza.

Da se stesse (attraverso la cura della sensibilità personale);

Avendo cura di promuovere percorsi di crescita personale e professionale: l’educazione al genere implica un disvelamento “a partire da sé” e quindi deve avvenire nella considerazione dell’“inizio” di ciascun insegnante.

Dalle/dai colleghe/i (attraverso la cura della loro sensibilizzazione);

Avendo cura di approfittare di tutte le occasioni formali (collegi di istituto e di classe) e informali.

Dalla formazione (delle/dei dirigenti, delle/degli coordinatrici/tori pedagogici, delle/degli insegnanti);

Avendo cura di poter garantire l’accreditamento dei percorsi formativi da parte degli Uffici scolastici Regionale/Provinciali.

1b. Dove arrivare nella Scuola

Fino alla trasformazione da attività specifica e occasionale ad attività trasversale a tutte le materie e permanente;

Fino al limite posto dalle risposte di bambine/i e ragazze/i.

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1c. Con quali interlocutori/proposte della/nella Scuola

Uffici scolastici Regionale e Provinciali: attraverso la sensibilizzazione su questi temi e il riconoscimento delle attività formative che vengono svolte sia a favore di docenti che di

studenti attraverso la diffusione delle iniziative attraverso i propri canali e l’emissione di crediti formativi;

Dirigenti: attraverso la sensibilizzazione e la formazione su questi temi;

Insegnanti: attraverso la formazione specifica su questi temi;

Classi: attraverso attività extracurricolari e curricolari, attraverso peer education, con figure esperte e operatrici/tori di servizi specificamente dedicati;

Studenti: adolescenti che possono diventare soggetto politico che fa pressione;

Consulta studenti;

Associazioni giovanili;

Genitori: attraverso l’illustrazione chiara e trasparente di POF che contemplino anche l’educazione al genere e il contrasto di discriminazioni e violenza di genere, attraverso una documentazione curata delle attività svolte in classe intesa sia come restituzione che come formazione indiretta .

1d. Con quali accortezze

Considerando che le Scuole sono una realtà molto frammentata che non è possibile continuare a pensare di coinvolgere singolarmente attraverso contatti personali di/con persone sensibili, che sono anche soggette al turn over e con le quali quindi non è possibile intrattenere rapporti continuativi nel tempo;

Coinvolgendo le Istituzioni per gli aspetti amministrativi, di coordinamento e finanziari;

Con il coinvolgimento di Associazioni dedicate a questi temi per le attività specifiche formative e laboratoriali;

Con il coinvolgimento di esperte/i accreditate per le attività specifiche formative e laboratoriali;

Partendo dalle fasce di età più basse (dal nido/Scuola dell’infanzia);

Con percorsi che immaginino la continuità degli interventi attraverso tutti gli ordini di servizio/Scuola;

In modalità condivisa tra insegnanti donne e insegnanti uomini;

Con il coinvolgimento necessario delle famiglie avendo ben presente che, considerata la Scuola un presidio di libera cittadinanza, tali interventi intendono “fare cultura” senza imposizioni di sorta, ma piuttosto favorendo il dialogo e i confronto anche tra posizioni valoriali diverse.

1e. Da dove cominciare sul territorio

Creando tavoli di lavoro permanenti interistituzionali che garantiscano il lavoro di rete (conoscenza e collaborazione di tutti i soggetti del territorio e delle loro iniziative) e che funzionino anche come luoghi di accreditamento;

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Da un lavoro di analisi territoriale condiviso da più soggetti (Istituzioni, Associazioni, Scuola, cooperazione sociale);

Utilizzando tutti gli strumenti di rete per la comparazione della lettura (tavoli permanenti, Uffici di Piano, incontri di coordinamento dei Piani di Zona);

Utilizzando mappature disponibili e integrandole periodicamente;

Per proporre “dall’alto” temi/iniziative stimolo (iniziative pubbliche, formazione per adulte/i, laboratori per bambine/i e ragazze/i) senza aspettare che arrivi una manifestazione di interesse “dal basso”;

In modo da rendere presente il tema dell’educazione alle differenze e al genere e del contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere come base di dispositivi educativo/pedagogici che potranno poi essere organizzati in modalità diverse;

Attraverso la proposta, da parte dei Comuni, di cataloghi di offerte mirate e validate (contenti proposte sia del territorio che dell’associazionismo) che possono essere integrate nei POF scolastici.

1f. Dove arrivare sul territorio

Fino alla creazione di coordinamenti politici e tecnici competenti ed efficaci nella analisi/progettazione/reperimento risorse;

Con una maggiore responsabilizzazione dell’Ufficio scolastico provinciale se firmatario di protocolli locali sul contrasto della violenza sulle donne.

1g. Con quali interlocutori/proposte del/nel territorio

Biblioteche: attraverso letture guidate per adulte/i, bambini/e e ragazze/i;

Centri giovanili: attraverso laboratori di sensibilizzazione;

Alternanza Scuola-lavoro: attraverso approfondimenti specifici e tirocini all’interno di servizi dedicati alla prevenzione e al contrasto;

Università: con la richiesta/proposta di percorsi formativi specifici e di attivazione di tirocini

Formazione universitaria: con una declinazione specifica e obbligatoria;

Con la collaborazione di Associazioni con esperienza comprovata sulle tematiche della violenza maschile sulle donne in termini preventivi;

Fondazioni e Istituzioni che supportano percorsi di intervento di tipo socio-educativo.

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2. FORMAZIONE

2a. Prerequisiti per una formazione efficace

Scuola: sarebbe utile l’istituzione di una figura referente/funzione obiettivo di pari opportunità in grado di raccogliere/valutare/coordinare progetti e azioni di educazione alle differenze e contrasto della violenza.

Istituzioni: è importante creare un contenitore stabile dentro il quale poter garantire continuità dei progetti e poter contare su risorse economiche stabili e vincolate.

Associazioni: Chi è titolato a svolgere interventi di educazione al genere e di prevenzione di discriminazioni e violenza? Quali siano i soggetti titolati a svolgere interventi educativi per competenze, esperienze e prospettive che adottano? È molto importante che si individuino e si adottino dei chiari criteri di valutazione e linee guida anche a carattere legislativo a cui fare riferimento a livello territoriale, regionale e nazionale, per stabilire quali soggetti con quali esperienze e competenze possono lavorare nelle Scuole per evitare che gruppi senza competenze operino nelle Scuole.

2b. Metodologie

Dove possibile è bene che la formazione alle figure docenti preceda il lavoro con le classi;

Dove non è possibile lavorare con le classi è bene che vengano comunque fatti incontri con le figure docenti che servono a motivare e a rafforzare, nonché a creare una rete tra la Scuola (docenti, operatrici/tori degli Sportelli d’Ascolto, personale non docente) e le Associazioni sia per affrontare le situazioni di difficoltà che per costruire azioni di prevenzione strutturali;

È importante tenere in considerazione la possibilità di lavorare in coppie uomo/donna intese come coppie educative che condividono linguaggi, esperienze e intesa.

2c. Tematiche generali

Dai diritti di pari opportunità, attraverso il diritto alla differenza di genere fino al contrasto della violenza contro le donne;

Normativa di riferimento;

Il linguaggio non sessista;

Il linguaggio dell’educazione al genere;

La declinazione culturale di differenze/stereotipi/discriminazioni di genere;

Il Gender gap;

La storia delle donne;

La consapevolezza di sé;

La comunicazione non aggressiva;

Saper chiedere aiuto/a chi chiedere aiuto/come chiedere aiuto;

I meccanismi della prevaricazione e la misura di prevaricazione siamo disponibili ad accettare

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La violenza contro le donne (fenomenologia e metodi/luoghi di intervento);

La violenza assistita;

Documenti/trattati/piani internazionali, europei nazionali e regionali per il contrasto della violenza e la prevenzione;

L’orientamento sessuale;

Bullismo e cyber bullismo;

L’omofobia e il bullismo omofobico;

Gli strumenti per la trasformazione personale e sociale;

Quali servizi esistono/sono in grado di rispondere sul territorio;

Educazione e rispetto;

Mettersi in gioco in prima persona come attività principale di consapevolezza e dunque di autoformazione;

Strumenti per la valutazione, da parte della Scuola, di proposte congruenti, competenti ed efficaci in ordine a differenze/discriminazioni/violenze di genere.

2d. Temi per la formazione su differenze di genere e discriminazioni/violenze negli interventi per insegnanti

Il linguaggio dell’educazione al genere e del contrasto;

Perché è così difficile parlare di genere?;

Una cassetta degli attrezzi per la prevenzione della violenza;

Orientamento sessuale e omofobia;

Libri liberi dal sessismo.

2e. Temi di educazione a differenze e genere negli interventi con bambine/i

Gli stereotipi di genere;

Comportamenti non aggressivi e comunicazione non violenta.

2f. Temi di educazione a differenze e genere negli interventi con ragazze/i

Come si costruisce uno stereotipo;

Cosa innesca la discriminazione;

Gli stereotipi di genere;

L’omofobia e il suo contrasto.

2g. Temi di contrasto alla violenza negli interventi con ragazze/i

Le loro esperienze affettive;

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Cosa significa amore?;

Cosa c’entro io con la violenza?;

Come si può chiudere bene una relazione;

La disparità di potere nella relazione.

2h. Suggerimenti su modalità e strumenti

Letteratura per l’infanzia;

Attività ludiche e giochi didattici per i/le più piccoli

Graphic novel per adolescenti;

Teatro;

Costruzione di campagne per il contrasto;

Istituzione di premiazioni dei lavori prodotti;

Partecipazione alle assemblee studentesche;

Al di là della sensibilità individuale dovrebbe essere obbligatorio introdurre questo tema nel campo educativo;

Non solo con riferimento all’ambito scolastico, ma anche con la possibilità di interrogare la vita, costruendo una sorta di manuale per insegnanti che possa suggerire domande/percorsi adeguati alle loro esperienze;

Con lentezza e dolcezza ma producendo cambiamenti dirompenti anche nei programmi scolastici;

Tenendo collegate tra loro la formazione nella/per la Scuola con quella per operatrici/tori sociali, sanitarie/i, dello sport, dei centri di aggregazione giovanile, associazionismo e Forze dell’Ordine;

Correlando gli interventi nella Scuola a iniziative pubbliche.

2i. Il monitoraggio

Monitoraggio degli interventi: attraverso questionari di valutazione e discussioni di verifica con tutti gli interlocutori direttamente e indirettamente coinvolti (classi, insegnanti, genitori);

Monitoraggio anche come fonte di suggerimenti per nuove proposte.

2l. Riflessività

Importanza di un tempo e di strumenti di autoanalisi per ripercorrere e rielaborare il lavoro fatto. Per questo è importante poter accompagnare la formazione e la didattica su questi temi con degli incontri di supervisione che consentono di rielaborare la fatica personale e emotiva, di confrontarsi con i/le colleghi/e e mantenere una linea condivisa di fronte a possibili episodi di boicottaggio o di ostruzionismo.

2m. Il linguaggio

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Fare chiarezza sulle terminologie perché aiuta a sostenere un pensiero: il linguaggio è pensiero;

Dare un nome alle cose definendone anche il genere;

Il linguaggio non deve cadere dall’alto, ma essere attraversato in maniera graduale e come parte del proprio vissuto;

È necessario un passaggio di transizione perché vengano accolte alcune parole che oggi fanno paura: identità, sesso, differenza sessuale, educazione sessuale, genere, differenza di genere;

Fa paura l’idea di “educare a” perché esiste l’opinione diffusa che la Scuola debba solo “istruire” e si ha timore che l’educazione vada a toccare una sfera percepita ancora come privata e intima;

C’è molta ignoranza sull’uso dei termini e c’è tanta confusione, la maggiore emergenza oggi è l’educazione degli/delle adulti/e (in particolare dei genitori) non dei/delle giovani;

Nelle Istituzioni vengono usati solo certi termini e non altri per evitare polemiche. Parliamo di educazione all’affettività per dire anche altro ma non ci assumiamo nemmeno noi la possibilità di prendere una posizione chiara;

A volte invece l’uso di certo linguaggio è strategico perché l’obiettivo è quello di far passare progetti che altrimenti non sarebbero presi in considerazione: sono strategie che ripropongono il dilemma tra il censurarsi/autocensurarsi e non censurarsi e il rischio di normalizzazione e edulcorazione della realtà;

Linguaggio rispettoso ma anche una giustizia delle parole, oggi si usano troppe parole gonfiate

Educare alle differenze implica una osservazione lenta: un linguaggio attento al significato originale delle parole, al significato etimologico;

Esiste anche molta ignoranza e confusione sulla cosiddetta questione gender e spesso a essere confusi e ignoranti non sono solo i genitori e gli attori presenti nella Scuola ma anche i Servizi Sociali.

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3. CRITICITÀ

3a. Criticità dei territori

Latitanza delle amministrazioni su questi temi: l’abolizione delle Province ha comportato in molte realtà il venir meno di un collettore importante sia dei bisogni (espressi e inespressi) che dell’operatività;

Invisibilità del genere, sottovalutazione delle discriminazioni di genere e della violenza contro le donne: spesso la dimensione del genere e le discriminazioni ad esso connesse non sono ritenute un problema;

Mancanza di competenza specifica della parte politica (Assessore/i con delega alle Pari Opportunità);

Mancanza o carenza di risorse economiche dedicate;

Mancanza di coordinamento tra enti territoriali (Unioni, Comuni, Scuole);

La prevenzione (rilevazione/progettazione/monitoraggio attività) non è oggetto di analisi/elaborazione da parte degli Uffici di Piano territoriali;

Difficoltà tecniche di piccole realtà istituzionali;

Difficoltà a garantire continuità dei progetti a motivo della carenza di risorse economiche;

In molti contesti istituzionali le Pari Opportunità non ci sono più: è importante perciò lavorare con gli assessorati alle Politiche Educative perché sono presenti ovunque ed è il modo per arrivare direttamente ai progetti scolastici;

Difficoltà a intervenire in casi di attacchi a Scuole e insegnanti da parte dei movimenti no gender: la Scuola risponde al MIUR che non dialoga con i territori.

3b. Criticità della Scuola/formazione

Scarso o nulla attenzione degli Uffici scolastici Regionale e Provinciali;

Poche/i dirigenti sensibili: le rigidità maggiori sono tra le/i dirigenti scolastiche/i su temi legati alle discriminazioni o alle differenze di genere;

Casi via via più frequenti di dirigenti che si oppongono alle attività di educazione al genere a causa delle pressioni dirette e indirette del movimento politico che dietro i cartelli del no gender raggruppa genitori e associazioni conservatrici di matrice clerico-fascista;

La richiesta di intervento proviene sempre dagli stessi soggetti (Scuole e/o insegnanti);

La richiesta è comunque molto limitata in rapporto al tema/problema;

La raccolta dei bisogni formativi fatta attraverso le/i referenti della formazione rileva e suggerisce molto poco su queste tematiche oltre che in modo confuso e influenzato dalle difficoltà del momento;

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La Scuola manca di strumenti di valutazione degli interventi proposti non avendo al proprio interno una competenza specifica in materia di pari opportunità, educazione alle differenze e contrasto della violenza;

Coinvolgimento dei Coordinamenti Pedagogici;

Coinvolgimento degli enti di formazione;

Non è prevista obbligatorietà formativa su questi temi;

Sporadicità dei progetti;

Non c’è garanzia di continuità di anno scolastico in anno scolastico;

Limitatezza nel tempo degli interventi (interventi spot scollegati dal lavoro curricolare);

Carenza di risorse economiche;

I docenti sono molto restii ad affrontare queste tematiche per una serie di paure soprattutto per le possibili reazioni dei genitori: il timore è degli adulti nei confronti di altri adulti;

Eccessivo affidamento sulla sensibilità di singole Scuole e/o insegnanti;

Eccessivo affidamento sul lavoro volontario di operatrici/tori esperte/i;

Carenza di coordinamento tra soggetti interessati del territorio (Comuni/Unioni, AUSL Scuole, associazionismo, altro);

Mancanza di supervisione per insegnanti che avviino percorsi educativi nelle proprie classi;

Gli interventi, anche quando vengono realizzati, non vengono sempre inseriti nei POF;

Comitati genitori no gender: l’educazione al genere, già poco richiesta, si è trasformata, per l’influenza di questi comitati, in educazione affettiva o è addirittura scomparsa;

Laddove si svolgono interventi: le richieste sono maggiori di quelle che la Scuola riesce a esaudire e il lavoro in classe è molto faticoso (soprattutto nelle classi a maggioranza maschile) perché implica la rilevazione di situazioni complesse e un farsi carico che va ben oltre l’intervento;

Obbligatorietà formativa nei percorsi universitari di formazione alle professioni dell’educazione/formazione;

Nelle Scuole dove c’è una forte presenza multiculturale le famiglie spesso si oppongono a proposte su queste tematiche: c’è ritrosia a proporre e ritrosia ad accettare.

3c. Criticità degli enti finanziatori

Messa a bando delle risorse piuttosto che istituzione di un fondo per una distribuzione uniforme agli istituti scolastici (anche a scopo di incentivazione) che sarebbe più utile per costruire permanenza e continuità degli interventi;

Non c’è una proposta da parte dell’amministrazione pubblica permanente e continuativa;

Gli obiettivi dei progetti nei bandi regionali devono essere più chiari e con delle priorità definite;

È importante che i fondi siano dedicati alle tematiche di genere nella loro interezza/complessità e non solo alla specificità del contrasto della violenza e che parte di questi fondi siano destinati direttamente alle Scuole;

I bandi dovrebbero essere biennali o triennali anziché annuali;

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I finanziamenti non dovrebbero essere destinati per zone ma su valutazione dei singoli progetti;

Tempi troppo brevi tra uscita bandi e scadenze per presentazioni;

Sfasatura dei tempi tra uscita dei bandi e programmazione scolastica;

I progetti dedicati non dovrebbero garantire la copertura di voci di costi che sono già in capo alle amministrazioni locali;

La soddisfazione di tutti i soggetti richiedenti ha posto il dubbio sui criteri per la graduatoria e sulla valutazione delle expertise che sono fatte di formazione/competenza/esperienza specifica e consolidata (l’ultimo bando ha visto il riciclo di diversi soggetti sui temi di pari opportunità e contrasto);

Mancano criteri chiari per la valutazione delle competenze dei soggetti proponenti: è importante difendere la competenza;

È importante che sia valutata la qualità dei progetti da un coordinamento pedagogico con competenze specifiche a supporto dell’ente finanziatore e in raccordo con gli enti locali: se è la Regione che valuta, si alza la competizione e questo fa ipotizzare di avere una qualità più alta; se è l’ente locale che assegna, riusciamo a far lavorare meglio il territorio perché lo conosciamo;

La riduzione delle risorse obbliga i soggetti partecipanti al bando a cofinanziamenti non previsti e spesso difficilmente sostenibili;

La parcelizzazione delle risorse ha incentivato la frantumazione del territorio e non ha contribuito alla creazione/consolidamento delle reti territoriali;

Mancanza di una valutazione di merito sui progetti presentati e realizzati;

Poco controllo in fase di rendicontazione.

3d. Criticità relative alle figure esperte

Pericolosità dell’improvvisazione dei soggetti “esperti”: se l’identità di genere è un’esperienza che tutte/i facciamo quotidianamente non tutte/i siamo in grado di elaborarla riflessivamente e di tradurla in attività educativa;

Mancanza di un albo di figure accreditate che certifichi le competenze/esperienze in materia delle figure esperte: un accreditamento che potrebbe essere svolto dalla Regione al fine di evitare la proliferazione di interventi che dietro generiche etichette propongono attività discriminanti e che perpetrano stereotipi, disparità e violenze;

Mancanza o carenza di risorse umane espressamente dedicate e formate: il lavoro nella Scuola non può essere improvvisato, è necessario un lungo apprendistato perché sia significativo ed efficace.

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4. NORMATIVA

4a. Pro e contro

Una normativa di riferimento sull’educazione a differenze/genere e contrasto delle violenze di genere è importante per forzare indifferenza e resistenza generalizzate, ma è necessario tenere presente che una formazione su identità/differenze/relazioni di genere non è paragonabile a una formazione su arte o musica perché tocca l’esperienza profonda di ogni soggetto coinvolto e implica la negoziazione, caso per caso, dei punti di arrivo rispetto a quelli di partenza con l’obiettivo di far crescere consapevolezza e autorevolezza individuale (insegnante) e di gruppo (collegio) e non solo informazioni e apprendimenti;

La difficoltà è tenere l’equilibrio tra cosa si deve fare, cosa si può fare e cosa ogni persona è in grado di fare;

Le leggi sulla parità ci sono, ma la cultura non si è parallelamente modificata;

La normativa non sostituisce la volontà politica, se non c’è disponibilità a realizzare progetti di educazione al genere e di contrasto delle discriminazioni e della violenza non è un legge che riesce a imporlo (vedi l’esempio della Buona Scuola);

Il potere e la gerarchia presenti nella Scuola non possono essere negate perché è da lì che si trasforma il proprio modo di fare Scuola e i rapporti di forza quotidiani non devono essere sottovalutati.

4b. Suggerimenti

Una normativa abbastanza elastica e ampia (ma non generica), in modo che ogni singola progettualità possa essere bilanciata sulla osservazione e lettura del contesto, nonché sulle età, sui bisogni di ogni bambina/o e del gruppo classe/sezione.

Una normativa che sottolinei la responsabilità di chi la interpreta operando scelte decisionali, in modo da ridurre il rischio che sia prevalentemente/esclusivamente uno strumento per tutelare chi la applica piuttosto che per raggiungere il fine dichiarato.

Se il livello nazionale fa fatica a muoversi, potrebbe intanto muoversi il livello regionale.

Occorre un maggior filo diretto con la politica locale e regionale.

Sarebbe utile che una normativa vincolasse le Città Metropolitane/Province (alle quali, per la Legge Del Rio, è stata demandata competenza su pari opportunità e controllo dei fenomeni discriminatori) alla costituzione di coordinamenti politici e tecnici di pari opportunità.

Sarebbe utile che una normativa vincolasse le Città Metropolitane/Province alla costituzione di un capitolo di bilancio specifico dedicato alle pari opportunità con una voce relativa all’educazione alle differenze e al contrasto della violenza.

Le amministrazioni locali hanno un potere abbastanza forte anche sui finanziamenti dei POF: si potrebbe assumere la decisione di finanziare per cinque anni questi temi, in questo modo si lancerebbe un segnale che sottolinea il coraggio di stabilire e mantenere un certo tipo percorso e di priorità.

Sarebbe utile che una normativa individuasse dei criteri di “protezione” delle competenze effettivamente maturate in ambito educativo sui temi legati a differenze di genere e contrasto della violenza.

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Sarebbe utile che una normativa istituzionalizzasse una figura referente/funzione obiettivo scolastica dedicata alle pari opportunità.

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5. LE/I PARTECIPANTI

a. Bologna

Renzo Ricchi, Liceo Classico Minghetti - Bologna

Sandro Casanova, Maschile Plurale – Bologna

Virginia Peschiera, Regione Emilia Romagna

Alex Mosconi, Centro LGBT Il Cassero – Bologna

Samantha Picciaiola, insegnante e presidente dell’Associazione Falling book - San Pietro in Casale

Mariangela De Gregorio, Associazione Deneb – Bologna

b. Modena

Vittorina Maestroni, Centro Documentazione Donna - Modena

Laura Corsini, Ufficio Servizi Sociali - Unione Terre di Castelli

Perla Cecoli, Servizio Cultura Turismo Volontariato - Comune di Castelnuovo Rangone

Elisa Deiana, Progetto Pari Opportunità - Comune di Castelnuovo Rangone

Anna Carotenuto, Direzione Didattica Vignola – Scuola dell’Infanzia

Agata Iotti, Fondazione Cresciamo – Scuola dell’Infanzia - Modena

Maria Piacentini, Scuole Parrocchia Madonna Pellegrina – Modena

Valentina Graziosi, Assessorato Pari Opportunità - Comune di Castelfranco Emilia

Marinetta Campioli, Multicentro Educativo Sergio Neri - Comune di Modena

Grazia Stefanini, Assessorato al Welfare - Comune di Modena

Paola Santoro, Associazione Casa delle Donne contro la violenza - Modena

Patrizia Galantini, Ufficio Pari Opportunità - Unione Terre d’Argine

c. Reggio Emilia

Antonella De Silva, Ufficio Pari Opportunità - Comune di Reggio Emilia

Francesca Angelucci, Ufficio Pari Opportunità - Comune di Reggio Emilia

Monica Saracca, Ufficio Pari Opportunità - Comune di Reggio Emilia

Adriana Lusvarghi, Associazione Nondasola – Reggio Emilia

Amedea Donelli, Consigliera Comunale - Comune di Cavriago

Francesca Francialacci, Istituto Professionale Carrara - Guastalla

Antonella Festa, Associazione Sinonimia – Reggio Emilia

Lauro Menozzi, Associazione Prodigio – Reggio Emilia

Catia Grisendi, Responsabile Centro per le Famiglie - Unione colline matildiche

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d. Parma e Piacenza

Alice Mauri, Centro Antiviolenza - Parma

Mariaelena Velicogna, Centro Antiviolenza - Parma

Roberta Solari, Servizio Pari Opportunità - Provincia di Piacenza

Maria Sapone, Centro Antiviolenza Piacenza

Maria Teresa Bertè, Centro Antiviolenza - Piacenza

Giulia Casana, Centro Antiviolenza - Piacenza

e. Ravenna

Ouidad Bakkali, Assessora a Pubblica Istruzione, Infanzia, Istruzione superiore, Formazione professionale, Politiche e culture di genere - Comune di Ravenna

Mariagrazia Bartolini, Coordinatrice pedagogica - Comune di Ravenna

Caterina Pinna, insegnante, socia del Movimento di Cooperazione Educativa

Lauana Vacchi, insegnante e socia UDI - Ravenna

Raffaella Meregalli, Associazione SOS Donna - Faenza

Francesca Impellizzeri, Associazione Linea Rosa - Ravenna

Renzo La Porta, Associazione Maschile femminile plurale - Ravenna

Giancarla Tissessli, Associazione Maschile femminile plurale - Ravenna

f. Forlì, Cesena e Rimini

Monica Esposito, Centro Donna - Comune di Cesena

Roberta Mazza, Servizio Pari Opportunità e Casa delle Donne - Comune di Rimini

Giulia Civelli, Centro Donna - Comune di Forlì

Andrea Montesi, Centro Trattamento Maltrattanti - Forlì

Elvira Ariano, Centro Antiviolenza Rompi il silenzio - Rimini

Manila Ricci, Associazione Rumori Sinistri ONLUS - Rimini

Enrica Tullio, insegnante

e. Ferrara

Michele Poli, Centro Ascolto uomini Maltrattanti - Ferrara

Micaela Gavioli, UDI - Ferrara

Paola Castagnotto, Centro Donna Giustizia – Ferrara + Ufficio per l'Integrazione Socio-Sanitaria – Comune Ferrara

Donatella Mauro, Istituzione Servizi Educativi Scolastici e per le Famiglie – Comune di Ferrara