Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo...

39
Rivista di educazione, formazione e cultura 2012_XVI_4 - € 9 Educare al tempo della crisi Rivista trimestrale di educazione, formazione e cultura - Registrazione Tribunale di Milano n.187 del 29/3/1997 Sped. in abb. post. 45% ART.2, COMMA 20B, LEGGE 662/96 FILIALE DI MILANO - ISSN 1593-2559 In caso di mancato recapito restituire al mittente presso CMP Padova che si impegna a pagare la tassa di restituzione

Transcript of Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo...

Page 1: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Ped

agog

ika.

it 2

012

X

VI_

4

Educ

are

al t

empo

del

la c

risi

Rivista di educazione, formazione e cultura 2012_XVI_4 - € 9

Educare al tempo della crisi

Rivista trimestrale di educazione, formazione e cultura - Registrazione Tribunale di Milano n.187 del 29/3/1997

Sped. in abb. post. 45% ART.2, COMMA 20B, LEGGE 662/96 FILIALE DI MILANO - ISSN 1593-2559

In caso di mancato recapito restituire al mittente presso CMP Padova che si impegna a pagare la tassa di restituzione

Di prossima uscita la collana

100 pagine

Page 2: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Rivista di educazione, formazione e cultura

anno XVI, n° 4

Ottobre, Novembre, Dicembre 2012

Page 3: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Rivista di educazione, formazione e cultura

Pedagogika.it/2012/XVI_4/

esperienze - sperimentazioni - informazione - provocazioni

Anno XVI, n° 4 – Ottobre/Novembre/Dicembre

Direttrice responsabile

Maria Piacente - [email protected]

Redazione

Fabio Degani, Marco Taddei, Mario Conti,

Dafne Guida Conti, Nicoletta Re Cecconi, Carlo

Ventrella, Mariarosaria Monaco, Liliana Leotta,

Cristiana La Capria, Serena Bignamini, Emanuele

Tramacere, Massimo Jannone, Coordinamento

pedagogico Coop. Stripes.

Comitato scientifico

Silvia Vegetti Finzi, Fulvio Scaparro, Duccio Demetrio,

Don Gino Rigoldi, Eugenio Rossi, Alfio Lucchini, Pino

Centomani, Ambrogio Cozzi, Salvatore Guida, Pietro

Modini, Angela Nava Mambretti, Anna Rezzara, Lea

Melandri, Angelo Villa

Hanno collaborato

Laura Balbo, Raffaele Mantegazza, Crisitina

Bonino, Alberto Pellai, Jole Orsenigo, Franco

Blezza, Claudio Giunta, Giulio Ferroni, Mario

Ambel, Sergio Premoli, Federica Fenili, Giovanni

Brembilla, Roberto Moretti, Emma Tellatin, Angelo

Romeo, Vanna Iori, Claudia Alemani, Marcello

Morale, Nando Dalla Chiesa.

Fotografie: www.sxc.hu

Edito da StripesNetwork s.r.l - www.stripes.it

Direzione e Redazione

Via G. Rossini n. 16 - 20017 Rho (MI)

Tel. 02/9316667 - Fax 02/45500911

e-mail: [email protected]

Sito web: www.pedagogia.it

FaceBook: Pedagogika Rivista

Rivista di educazione, formazione e cultura

Responsabile testata on-line

Igor Guida - [email protected]

Progetto grafico/Art direction

Raul Jannone - [email protected]

Promozione e diffusione

Fabio Degani, Federica Rivolta

Pubblicità

[email protected]

Registrazione Tribunale di Milano n.187 del

29/3/1997 - Sped. in abb. post. 45%

ART. 2, COMMA 20B LEGGE 662/96 FILIALE DI

MILANO - issn 1593-2559

Stampa: Logo Press - Borgoricco (Pd)

Distribuzione in libreria:

Clueb Distribuzione - Via Marsala, 31 - Bologna

Distribuzione biblioteche, scuole e altri enti:

Ls Distribuzione - Servizio Biblioteche Via Badini

17, Quarto Inferiore (BO)

è possibile proporre propri contributi inviandoli

all’indirizzo e-mail [email protected]

I testi pervenuti sono soggetti all’insindacabile giu-

dizio della Direzione e del Comitato di redazione e

in ogni caso non saranno restituiti agli autori

Questo periodico è iscritto a

Unione Stampa Periodica Italiana

Coordinamento Riviste

italiane di cultura

Page 4: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/

33

5 Editoriale Maria Piacente

../Dossier/Educare in tempo di crisi

8 Introduzione

10 L'educazione al tempo della crisi Laura Balbo

14 Costruir su macerie... Raffaele Mantegazza

20 La crisi può essere una risorsa? Cristina Bonino

23 Crescere in tempo di crisi: oltre i limiti, le sfide possibili

Alberto Pellai

32 Educare al desiderio Jole Orsenigo

38 La rivoluzione di Paestum Maria Piacente

42 Alla ricerca del "padre" e della "madre"

Franco Blezza

47 A chi mai può stare a cuore l’uguaglianza a scuola?

Claudio Giunta

53 Concreta, forte e autorevole: una scuola a misura di presente

Giulio Ferroni

58 Cinque antitesi paradossali per uscire dalla crisi

Mario Ambel

../Temi ed esperienze

66 Gli operatori, la crisi e la risorsa della supervisione

Sergio Premoli

72 Un modello educativo per la prevenzione dell'HIV con l'aiuto di Facebook

Federica Fenili, Giovanni Brembilla, Roberto Moretti

78 Genesi della famiglia e camici bianchi

Emma Tellatin

85 Società dei consumi e nuovi modelli culturali

Angelo Romeo

93 Neutralità e saperi di genere Vanna Iori

../Cultura

99 A due voci Angelo Villa, Ambrogio Cozzi

103 Scelti per voi, Libri - Ambrogio Cozzi (a cura di) Musica - Angelo Villa (a cura di) Cinema - Cristiana La Capria (a cura di)

114 Arrivati in redazione

117 ../In vista

118 ../In breve

119 Carnet - La redazione consiglia

s o m m a r i o

Page 5: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it

4

Rivista di educazione, formazione e cultura

Numero di c/c postale 001003749668intestato a Stripes Network s.r.lvia Marziale, 9 - 20017 Rho (Mi)L’abbonamento annuale per 4 numeri è: € 30 privati € 60 Enti e Associazioni € 90 Sostenitori

Insieme alla ricevuta di avvenuto pagamento inviare il coupon presente all’interno della rivista, una volta compilatolo, al n° di fax 02-45500911 o per posta ordinaria al seguente indirizzo: Redazione Pedagogika.it, via Rossini, 16 - 20017 Rho (Mi)

Pedagogika.it è disponibile presso tutte le librerie Feltrinelli d’Italia e in altre librerie il cui elenco è consultabile sul sito www.pedagogia.it

Per ordini e abbonamenti on line: www.pedagogia.it - [email protected]

Page 6: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/

5

Della crisidi Maria Piacente

Oggi da più parti si sente parlare di crisi, crisi in senso lato: crisi dei valori, crisi economica, crisi sociale, crisi della famiglia, crisi della coppia, sia di quelle datate dagli anni e ancora di più delle nuove coppie, crisi nelle e delle relazioni.

Liquidità, polverizzazione, vaporizzazione, incertezze, demotivazione, perdite di identità e così via sembrano le parole chiave di questo nostro mondo occidentale.

Nessuno degli ambiti prima indicati ne sembra immune e tutti si affannano a parlarne, a interrogarne contesti e circostanze cercando di dare delle spiegazioni e delle risposte ai tantissimi perché che avvolgono la parola “crisi” che di per sé non ha necessariamente un significato negativo.

In effetti le “crisi” dovrebbero aiutare a crescere; anche sul piano psicologico e fisico abbiamo tutti e tutte sperimentato questo stato, questo rito di transizione: quanta frustrazione per il brutto anatroccolo prima di diventare cigno!

Ma la sensazione che provo (oddio, sto invecchiando?) è che è diventato diffi-cilissimo di questi tempi interrogare le difficoltà dello stare al mondo senza indi-viduare immediatamente qualcosa o qualcuno a cui dare la colpa. Insomma che quell’esercizio legato alla ricerca della verità sia ormai caduto un po’ in disuso e che la virtù del coraggio è sempre di più merce rara. Ogni giorno sentiamo discorsi o leggiamo sui giornali della crisi o delle crisi con le quali dovremmo convivere, dei limiti che ciascuno di noi è tenuto ad accettare. Insomma svariati punti di vista che nell’imbarbarimento generale vorrebbero parlarci di pari opportunità, di giustizia e di cittadinanza per tutti gli individui. Ci sembra, per questo, di potere accedere a luoghi e contesti che vorremmo abitare, dove pensiamo potrebbe fare capolino la nostra singolare soggettività, ma in particolare oggi, come dice Salvatore Natoli (in L’edificazione di sé, istruzioni sulla vita interiore, Laterza 2010,) “Oggi a preva-lere è l’impersonalità della serie. La nostra è una società dell’addestramento, non certo delle virtù, vale a dire della coltivazione della propria singolare eccellenza. Certo, le virtù possono anche essere non richieste, ma vicende recenti – e si può dire la storia in generale – stanno lì a mostrare che laddove mancano le virtù, le società tendono alla lunga a scomporsi, a disfarsi. O, comunque, si riducono a una condizione in cui non è bello vivere”.

Credo che sia diventato ormai improcrastinabile per chi desidera davvero la-sciare un segno del suo passaggio, agire in prima persona con la responsabilità, l’eticità che stare al mondo comporta. Allora Educare al tempo della crisi può di-ventare un’opportunità di crescita reale e quindi gli adulti dovrebbero fare propria quell’assunzione di responsabilità che si nutre della testimonianza umile e sincera di ciascuno e di ciascuna, dentro e fuori dai contesti espressamente educativi o sco-lastici, assunzione di responsabilità a tutti i livelli sociali, ambientali, politici. Non

Page 7: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

6

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_al_tempo_della_crisi

possiamo più storcere il naso e sentirci al di sopra delle parti. Noi siamo dentro le parti e questo agire deve coinvolgere tutti i passaggi d’età; giovani e meno giovani, dovremmo prendere in mano la nostra vita e tentare di tessere con il nostro lavoro e le nostre sapienze un mondo più umano, prima di tutto da vivere.

Primum vivere nell’incertezza. La sfida femminista nel cuore della politica è stato il titolo del convengo di Paestum che tra molte altre cose ha rimesso al centro il tema della giusta rappresentanza femminile nell’ambito politico per aiutare ad operare un cambiamento radicale nel nostro Paese, per tracciare qualche percorso e uscire da questa crisi. Altre sfide sono quelle portate avanti da chi, pur parlando di crisi e scarsa educatività, recuperando suggestioni antiche di vecchie istanze di distruzione della scuola, alla Ilich per intendersi, professa invece, come fa Paolo Mottana nel suo Piccolo manuale di controeducazione, una sincera fiducia in una riscossa possibile: “Occorre ripensare lo spazio, il tessuto fisico dell’esperienza giova-nile, sgomberarlo, liberarlo, disseminarlo di opportunità di nuovo cimento, di nuova sperimentazione”.

Occorre, in altre parole, smettere gli abiti di improbabili Cassandre e cimentarsi a vivere, educare, imparare, agire, anche, come dicevano i nonni, rimboccandosi le maniche, quelle che intorpidiscono e rallentano azioni e pensieri.

Page 8: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Dossier

Page 9: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_in_tempo_di_crisi

8

Educare al tempo della crisi

La crisi economico-finanziaria pone oggi sfide inedite anche per i luoghi dell’educazione e della formazione; il momento che stiamo attraversando infatti sta avendo un impatto importante sul welfare, sui diritti ed anche sui processi di rappresentanza democratica. Ma democrazia, partecipazione, solidarietà non sono valori innati nell’uomo, bensì prodotti della cultura, cioè dell’educazione. Educare al tempo della crisi allora può forse voler dire promuovere il ruolo dell’educazione in relazione alla politica e alla comunità, intendere l’educazione come fondamento per la costruzione di una nuova visione delle relazioni e dei rapporti di potere.

La crisi che stiamo attraversando è anche una crisi educativa: dopo decenni di promesse di facile “successo”, è oggi fondamentale ri-educare i giovani e gli adulti a progettare percorsi, a porsi obiettivi a lungo termine, a ricostruire il valore e la capacità di fare sacrifici, a recuperare attitudini quali la sobrietà, il risparmio, il “fare tesoro” di risorse, di esperienze e di relazioni.

Educare in tempo di crisi allora significa soprattutto non farsi travolgere dalle “passioni tristi” che la accompagnano, significa allenare i giovani alla speranza, al sogno e al desiderio; e stimolare gli adulti a raccontare le proprie imprese, a costru-ire narrazioni generative che siano di esempio per nuove imprese ed avventure per le nuove generazioni. Educare cioè gli adulti ad avvertire il dovere di essere punti di riferimento per i giovani, in un momento in cui si sta allargando il divario socio-economico tra le generazioni ed aumenta l’ansia per il futuro.

Proprio in un periodo di forte ridimensionamento del welfare e di rischio per la tenuta della coesione sociale, crediamo sia necessario promuovere una cultura della solidarietà e del prendersi cura dell’altro: passare dalla concorrenza alla con-curanza, auspicabile anche in una società competitiva e concorrenziale a livello globale come quella attuale.

Secondo noi quindi il modo migliore di occuparsi di educazione in tempo di crisi è quello di mettersi alla ricerca delle opportunità di cambiamento, contaminazione, ibridazione, in essa contenute.

Page 10: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Dossier

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_in_tempo_di_crisi

9

Education in crisis time

Nowadays the economic-financial crisis puts out new challenges also for the places of education and of pedagogy; indeed the moment that we are going through has an important impact on the welfare, on rights and also on the process-es of democratic representation. Yet democracy, participation and solidarity are not innate values in human being, but the products of culture, that is of education. To educate in crisis time, then, means to promote the role of education in connection to politics and to community, to consider education as the basis for the construc-tion of a new relation and connections of power.

The crisis that we are going through is an educational crisis: after decades of promises of easy “success”, today it is fundamental to re-educate the young and the adults to plan paths, to set themselves long term targets, to reconstruct the value and the ability to make sacrifices, to recover attitudes as sobriety, saving, “to treas-ure” resources, experiences and relationships.

To educate in crisis time means, then, most of all, not to let oneself be over-whelmed by the “sad passions” that come with it, it means to train the young to hope, to dream, to desire; and to spur the adults to tell their deeds, to construct generative narrations that are the example for new deeds and adventures of new generations. Educate, then, adults to feel the duty to be points of reference for young people, in a moment in which the socio-economic gap between generations continues to widen and increases the anxiety for future.

In a period of great welfare reduction and of risk for social cohesion resistance, we think it is necessary to promote a culture of solidarity: to move from competition to take care of other people, that is desirable also in a global competitive society like the current one.

In our opinion then the best way to deal with education in crisis time is to go in search for opportunities of change, of cultural fusion and cross, that are in it.

Page 11: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

18

Page 12: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_in_tempo_di_crisi/

La crisi può essere una risorsa?Solo quando la pedagogia leggerà nella crisi una sfida educativa sarà possibi-le recuperare le origini del concetto e riconoscere una scelta e una possibilità formativa-educativa. Occorre ritornare al verbo: solo “separando” e “scegliendo”, quindi operando un movimento di discriminazione ed elezione, sarà possibile per la pedagogia ripensare se stessa dentro la crisi considerando tale momento un’opportunità per una lettura critica e progettuale.

Cristina Bonino*

Educazione e crisi due termini che insieme trasmettono disorientamento, con-fusione e preoccupazione. Eppure questo non è solo un tema scelto dalla rivista Pedagogika e dai suoi lettori, questo è un argomento che interessa (o dovrebbe inte-ressare) tutto il mondo educativo. Il problema è: da dove partire? Come affrontare la questione senza perdersi in perentorie disquisizioni?

Ecco, noi crediamo che quando non si sa da dove iniziare e si teme di aprire un discorso vuoto di significato e significati sarebbe opportuno compiere un passo indietro e riflettere sulle origini dei concetti di base e di come questi siano in rela-zione tra di loro.

Pensiamo alla definizione etimologica del termine “crisi”, una parola che oggi ha invaso non solo il mondo scientifico, politico ed economico, ma ogni tipo di ambiente da quello accademico a quello popolare. Il termine “crisi”, di derivazione greca (Krisis), proviene dal verbo greco “separare” e originariamente indicava la “separazione”. Infatti, il verbo era utilizzato in riferimento alla trebbiatura, cioè all’attività conclusiva nella raccolta del grano consistente nella separazione della granella del frumento dalla paglia e dalla pula. Da qui deriva sia il primo significato “separare” sia quello traslato di “scegliere”.

Il termine crisi iniziò ad essere utilizzato in italiano a partire dal XIV secolo, in francese dal XVII secolo e in tedesco dal XVIII secolo, in tutti questi casi tale concet-to caratterizzò dapprima situazioni militari in difficoltà per poi denotare circostanze politiche che esigevano decisioni e interventi concreti e immediati da parte degli at-tori coinvolti. Inoltre, è probabile che sia in questo periodo che il termine crisi abbia iniziato ad essere velato di una connotazione negativa, infatti, concepito come una perturbazione delle relazioni all’interno di un sistema (o ambiente) il concetto di crisi iniziò ad indicare qualcosa in grado di mettere in pericolo la sopravvivenza dello stesso sistema o di una sua parte. L’ulteriore evoluzione ha fatto sì che con tale termine sia-no, soprattutto, messi in primo piano i problemi che riguardano l’adattamento di un sistema in un dato ambiente. Ricordiamo, inoltre, che è proprio in questo periodo che le discussioni sociologiche si sono maggiormente concentrate sullo studio e sull’analisi dei meccanismi dei conflitti sociali. D’altronde, sarà la filosofia marxista che, avviando un’apertura di interesse della storia nei confronti della sociologia, permetterà di guarda-re in modo differente ai fenomeni di crisi. Lungo queste evoluzioni terminologiche si

20

Page 13: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_in_tempo_di_crisi/La_crisi_può_essere_una_risorsa?

è accentuato il significato tecnico del termine “crisi” soprattutto in direzione di quella polarizzazione negativa del vocabolo che esploderà prepotentemente nel 1929 con il crollo di Wall Street e che conseguentemente, nel secondo Novecento, consoliderà la sua definizione come qualcosa di sfavorevole e nocivo. E’ solo a questo punto che il termine “crisi” usato dal modo economico, dalla sociologia e dalla storia ha iniziato ad interessare anche la psicologia e le altre giovani discipline che studiano l’essere umano e le sue relazioni sociali. Se leggiamo la definizione di “crisi” dal Dizionario di Psicologia di Galimberti scopriamo che la crisi “in ambito psicologico si riferisce ad un momento della vita caratterizzato dalla rottura dell’equilibrio precedentemente acquisito e dalla necessità di trasformare gli schemi consueti di comportamento che si rivelano non più adeguati per far fronte alla situazione presente” (ad esempio pensiamo alle fasi di crescita di Erikson in cui ad ogni fase della vita corrisponde non solo un compito evolutivo, ma anche una crisi specifica da affrontare e superare, difatti, solo attraverso la crisi è possibile passare alla fase successiva). Ed ecco che il concetto di crisi, che in passato indicava “una decisione e una scelta” iniziò da una parte a connotarsi sempre più negativamente indicando “un deterioramento”, “un turbamento”, “un’incrinatura” o “uno sconvolgimento e rottura” di un certo status quo, mentre dall’altra incominciò ad indicare stati situazionali “transi-tori, normali e utili” in cui si verifica il passaggio da una fase all’altra.

A questo punto, dopo questo veloce excursus sull’evoluzione etimologica del concetto di crisi, ci chiediamo che interesse e beneficio ne potrebbe trarre la peda-gogia dalla conoscenza delle radici di tale termine. Per meglio orientarci e giungere così ad una unione terminologica dei due concetti permetteteci un rapido sguardo anche per il termine “educazione”. Infatti, nonostante tutti conosciamo le radici di questa parola e il suo principale riferimento alla figura di Socrate, è opportuno sapere che in questa sede ci siamo soffermati a riflettere soprattutto sul suo doppio significato: da una parte “educare” come “trarre fuori”, dall’altra “educare” come “allevare, istruire e accompagnare”.

A questo punto è arrivato il momento di tentare di legare insieme il concetto di crisi con quello di pedagogia. Per una lettura propositiva e costruttiva rispetto l’unione di questi due concetti crediamo sia opportuno citare Bertolini il quale aveva già intravisto nel concetto di crisi un richiamo alla realtà concreta delle cose soprattutto considerandolo un lento processo di astrazione e polarizzazione nega-tiva. Forse, solo attraverso “un autentico ripensamento pedagogico della pedagogia” è possibile permettere e “contribuire in modo decisivo (…) all’assunzione delle sfide che la crisi del mondo contemporaneo propone”.

Solo quando la pedagogia leggerà nella crisi una sfida educativa sarà possibile recuperare le origini del concetto e riconoscere una scelta e una possibilità forma-tiva-educativa. Occorre ritornare al verbo: solo “separando” e “scegliendo”, quindi operando un movimento di discriminazione ed elezione, sarà possibile per la peda-gogia ripensare se stessa dentro la crisi considerando tale momento un’opportunità per una lettura critica e progettuale.

Secondo noi la centralità della questione etimologica e la sua definizione pedago-gica sono di vitale importanza per una diversa visione di questa tematica. La riflessio-

21Dossier

Page 14: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Educare_in_tempo_di_crisi/La_crisi_può_essere_una_risorsa?

ne sull’origine di questi due concetti, in particolare del termine crisi, può far emer-gere un quadro ancora più complesso e sfumato in cui la discussione sulla tematica di “educare in tempi di crisi” si intreccia da una parte con la storia del termine crisi e dall’altra con il concetto di educazione. Ma, forse, è proprio all’interno di questo quadro concettuale che diventa decisiva la maturazione del senso di costruire un “Educare nella Crisi” come una possibilità e un’opportunità educativa-pedagogica. In questo contesto teorico-culturale può prendere forma una riflessione sulle risorse, sulle competenze, sulle possibilità, sulle scelte e sulle decisioni che la pedagogia deve sostenere in visione di un progetto rivolto al futuro.

D’altronde, l’attenzione al possibile non è il fulcro della riflessione teorica e dell’impegno pratico della pedagogia in cui diventano essenziali sia le dimensioni della intenzionalità educativa e sia della progettualità pedagogica? Lasciando in so-speso questa domanda ci avviciniamo alla conclusione di questo articolo ricordando che la pedagogia deve sempre partire dalla realtà in cui si trova perché l’educazione opera innanzitutto nella realtà del Presente e dell’Adesso. E allora, se da una parte non è sicuramente negando la crisi che è possibile costruire dei progetti educati-vi aderenti alla realtà, dall’altra, forse, la pedagogia si ritrova a dover fare un passo indietro recuperando la storia e le evoluzioni dei concetti che le gravitano attorno. Solo attraverso una differente riflessione sarà possibile guardare la realtà con occhiali differenti e sciogliere i nodi che imprigionano, oggi, il movimento educativo.

Ma allora “Educare in tempi di crisi è possibile”?Non solo è possibile, ma sarà proprio passando attraverso la crisi che la peda-

gogia potrà recuperare possibilità educative dimenticate e soffocate da quell’alone negativo che circonda superficialmente il termine crisi. Come nelle fasi di Erikson l’educazione si trova in un momento di crisi-passaggio, ma forse sarà proprio attra-versando la transizione ed esperienza di questo momento che la pedagogia svolgerà e costruirà il suo compito educativo.

*Pedagogista

BibliografiaBertolini P., L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenolo-

gicamente fondata, Firenze, La Nuova Italia, 1988.Galimberti U., Dizionario di Psicologia, UTET, Torino, 1994.Milani L., Competenza pedagogica e progettualità educativa, Editrice La Scuola, Brescia, 2000.

22

Page 15: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

38

Pedagogika.it/2012/XVI_4/dossier/

La rivoluzione di PaestumEducare con la politica delle donne

In mezzo alla grande crisi politica, alla corruzio-ne che ha invaso e pervaso varie correnti politiche nel nostro Paese, alla durezza dei molti che quasi invocano il “Muoia Sansone con tutti i Filistei!” palpita la “rivoluzione necessaria” delle donne, un desiderio di cambiamento fatto di “passioni dura-ture” che, come ha detto Lea Melandri in apertura delle due giornate dell’incontro Nazionale di Pae-stum Primum vivere anche nella crisi: la rivoluzione necessaria, la sfida femminista nel cuore della politica, non si è mai spento e che non ha mai smesso di essere al centro del movimento femminista.

Seppure con diversi accenti e molte contrapposizioni il nucleo palpitante della politica delle donne è rimasto vivo e vegeto e oggi, con ancora più forza e consapevolezza, riemerge chiaro.

Forte e chiara è stata, secondo me, la voce del movimento femminista che dopo quasi quarant’anni si ritrova a Paestum con il desiderio vero di ascoltare ed ascoltarsi e questo è stato possibile grazie alle modalità organizzative utilizzate, al clima di fiducia reso possibile anche dal “passo indietro” che le grandi femministe storiche presenti hanno saputo fare. Questo ha permesso di far dire a delle ragazze “siamo tutte femministe storiche!” e ad altre di affermare, con un riconoscimento non scontato, che tanto è stato trasmesso alle nuove generazioni! Tanta storia che dovrebbe lasciare soddisfatte le più “vecchie” che hanno saputo “curare” il passaggio delle consegne testimoniando con le loro pratiche l’accessibilità a nuove politiche.

Certo il clima che si è respirato dentro l’immensa sala del Centro Congressi dell’Hotel Ariston di Paestum non ha nulla a che vedere con la politica (?) urlata e stiracchiata a destra e a manca dalla maggior parte degli uomini che oggi detengono il “potere del disastro” nel nostro Paese. Perlopiù loro non vogliono “ascoltare ed ascoltarsi”, vogliono prendere tutto e subito senza ascoltare chi non condivide, impegnato nella riflessione su quanto potrebbe essere dissennato rimuovere quel che invece andrebbe interrogato.

Page 16: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

39Temi ed esperienze

Pedagogika.it/2012/XVI_4/dossier/La_rivoluzione_di_Paestum

Ma ora è chiaro che a Paestum i segni si sono lasciati, eccome! Le quasi mille donne singole o legate a gruppi, associazioni, arrivate da cento e più città d’Italia sanno che “qualcosa è cambiato” perché si sono potute contare: vecchie, giovani e giovanissime interessate prima di tutto a vivere la loro vita senza schizofrenia. Dove l’ambito personale non è slegato da quello della politica, dell’economia, del lavoro e della cura. E noi donne lo sappiamo bene che la

pratica del “partire da sé” sa che la cura non è un ambito domestico. “Cosa vuol dire portare cura?” si chiedeva Bia Sarasini a Paestum nell’ambito della discussione avviata tra donne in un gruppo più ristretto; “vuol dire scompaginare il potere!”, ribaltare le logiche del vecchio potere urlato e imbarbarito.

A Paestum ho chiaramente percepito che qualcosa si è mosso e continua a muoversi: tutte abbiamo capito che il movimento femminista è vivo e vegeto e che ha prodotto e sta producendo ancora politica e che in questa politica noi donne non possiamo più fare a meno di entrarci usando la nostra forza e le nostre regole. La forza delle donne, come diceva Laura Fortini sempre a Paestum, “che ha tenuto insieme questo Paese anche per gli uomini, fatta di relazioni tra donne; anche se ora hanno bisogno di Rivoluzione”.

Una rivoluzione che parte dalle nostre narrazioni politiche all’interno delle istituzioni; senza trionfalismi, senza ideologia, ma con quella forza necessaria con la quale ci siamo tutte congedate da Paestum, con desiderio e radicalità.

Page 17: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

98

Page 18: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

99Cultura

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/A_due_voci

Nella ricostruzione sistematica dell’i-dentità che è la Recherche proustiana l’inizio non viene situato nell’infanzia, non c’è un percorso sistematico rispetto alla storia, ma nelle incertezze che in-sidiano il quotidiano. Le prime pagine parlano dell’indeterminatezza del dor-miveglia, delle illusioni della coscienza, dove la percezione di un odore porta al sovrapporsi dei tempi, allo slittare degli

stessi nella presenza di sé all’ambiente. Il qui e adesso si svela come un precipitare di tempi passati, in una ricerca che pos-sa dare coerenza e continuità all’esserci al mondo, all’esserci stati. Ma i tempi si sovrappongono il passato scorre nel presente, vi proietta la sua ombra, rende impossibile liberar-sene e mina la cer-tezza della presenza.L’inizio del roman-zo di Gustafsson si avvicina allo stesso tema, ma con una radicalità differente “Supponiamo, per-ché assurdo, che io non sia mai esisti-to. Supponiamo che fosse caduta troppa neve quella sera... E così scompaiono da

A due Voci

Le età della vita orientano e definisco-no taluni generi letterari. Il più noto, ad esempio, è quello del romanzo di forma-zione. Un genere nel quale si annoverano celebri capolavori dove si narra l’iniziazio-ne del protagonista alla vita adulta. Una nuova fase della vita si apre, nel mentre, sullo sfondo, l’inquietudine che assedia la figura centrale del racconto celebra il lutto per la perdita inconsolabile dell’infanzia. Una stanza della casa dell’essere è lasciata per entrare in un’altra.Ma cosa succede, in-vece, nella vecchiaia, quando è la casa stes-sa ad esser prossima a venir abbandonata? Il massiccio aumento, almeno in occidente, della popolazione an-ziana pone una serie di questioni di varia natura a questo livel-lo, di cui, forse, si può ritrovare un’eco anche in campo letterario. Si può ipotizzare, di con-seguenza, la nascita di un genere che vi faccia da specchio?Uno, mi pare, lo si può già circoscrivere. E’ quello del “memoir”. Lo scrittore ricostru-isce attraverso ricor-di talune vicende di quel che ha vissuto. In gioco non c’è più un

Lars GustafssonLe bianche braccia della signora SorgedahlIperborea, Milano 2012, pp. 240, € 15,50

Ang

elo

Villa

Am

brogio Cozzi

Page 19: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

100100

attraversamento, come nel romanzo di formazione, ma, mi si passi il termine che non vuole sembrare insensibile, un’uscita. Il “memoir” rappresenta, infatti, una sorta di testamento consegnato ai posteri. Ope-razione umanamente comprensibile che comporta, tuttavia, un prezzo, alquanto esoso, quello cioè di immolare sull’altare del narcisismo individuale il demone sa-cro e bizzarro della finzione.Più interessante, mi pare invece la po-sizione di chi, non rinuncia al suo vec-chio amore, croce e delizia della sua esi-stenza: la finzione. E non tradisce così la sua vocazione letteraria e offre un’altra versione dell’“uscita”. Più seduttiva e condivisibile. E’ ragione per cui, legitti-mandomi megalomanicamente a pun-tuto critico letterario, battezzerei (sic!) il primo genere di scrittura “agée” , quello del “memoir” insomma, come espressio-ne di una letteratura del lascito o del, doppio sic, del lasciato a cui ne con-trapporrei un’altra, quella che chiame-rei del dono involontario. La finzione e dunque l’inganno permette allo scritto-re anziano di meglio distillare il senso implicito di una vita, la sua, of course. Consegnando così al lettore, appena ap-pena nascosta dietro il velo che l’incon-scio distende, un dono raro, un dono, malgré soi, evitando le ambigue insidie del porsi come vittima o come statua. Nel regalo che offre e che, ovviamente, gli sfugge, l’autore allude agli oggetti che hanno segnato la propria vita, quasi una confessione, proprio quando la vita sta per prendere congedo. E’ l’oggetto che la mano tratteneva presso di sé e che, nel cedere al sonno o alla stanchez-za (o all’approssimarsi della morte?), la-scia cadere per terra nella speranza che un’anima curiosa lo raccolga.

questa storia. In realtà prima ancora di aver fatto in tempo a entrarci. E io con loro: Io non esisto. Non sono mai esisti-to. Tutto qui.” Supponiamo allo stesso modo che il tempo sia una somma im-perfetta di ricordi e cicatrici: un luogo remoto dove il possibile non si avvera mai, e l’assurdo trova sempre una via per manifestarsi, dove il passato sfuma nel presente, quasi vi si sovrappone, un tempo affollato di morti e sopravvissu-ti che camminano fianco a fianco sbu-cando sull’orlo della memoria, senza una ragione specifica, creando un altro tempo, un tempo onirico.“La memoria sceglie un testo particolare e io ignoro come chiunque altro il per-ché. E perché non il resto? Tutto il resto che ho senza dubbio dimenticato? Lo spazio tra i caratteri, dice Wittgenstein, è parte di ciò che da ai caratteri un sen-so. Se qualcuno ricordasse tutto, non gli rimarrebbe nessun presente in cui vivere. O vivrebbe in un eterno presente? Ho la strana sensazione che la memoria scelga per proprio conto. E mi domando che cos’è è che vuole. Ricordo la signora Sorgedahl così bene. Pensate! Nei cinquant’anni che sono trascorsi, non ho mai fatto strana-mente nessun tentativo di rintracciare la signora Sorgedahl, non ho neanche cer-cato il suo nome nell’elenco del telefono”. Il tempo è denso e dilatato in questo romanzo-monologo, non c’è azione, la trama coincide con il percorso acciden-tato dell’esistenza in cui i fili intessono un arazzo che solo a posteriori assume senso, non è una storia che si dipana in un crescendo narrativo è più che altro un viaggio nella memoria e negli ingan-ni della memoria. Una memoria filtrata per certi versi, e per altri sfuggenti come il senso dell’esistenza, dove la fantasia

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/A_due_voci

Page 20: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

101Cultura

Lars Gustafsson è un bravo e pensoso scrit-tore svedese, nato nel ’36, di cui Iperborea ha tradotto diversi romanzi di meritato suc-cesso. L’ultima sua pubblicazione nella no-stra lingua è Le bianche braccia della signora Sorgedahl, un testo che iscriverei all’intero di quella letteratura “agée” del dono. Un ex-professore di filosofia a Oxford s’interroga sul suo angosciante vissuto, quello cioè di non avere avvertito il senso della sua esistenza, del suo esserci nel proprio corpo, nel mondo. Era effettivamente nato?, è questa la dolorosa domanda con cui si apre il romanzo. E cosa gli ha regalato poi il senso di un esserci? Il protagonista del romanzo si guarda alle spal-le, fruga tra pensieri e ricordi alla ricerca di quell’atto che gli ha restituito a posteriori il senso di una nascita, lui ossessionato com’era dalla ricerca di un posto, collocazione che lo legasse alla vita, sino a dare a quest’ultima il suo potere sulla morte e sull’inconsistenza, quantomeno durante la vita stessa. Come o dove reperire, allora, quest’evento particola-re? L’infelicità e la solitudine erano le fedeli compagne del protagonista nella sua giovi-nezza. Poi, finalmente, un incontro, a tutti gli effetti, salvifico, quello con una donna di vent’anni più grande, la signora Sorgedahl: “era bella? Ricordo i suoi capelli rossi e le sue mani bianche mani morbide mentre accarez-zava delicatamente il dorso del gatto acciam-bellato sulle mie ginocchia. Certo che era bella, molto bella. La cosa più bella che avessi mai visto”. Moglie di un ingegnere “insignifican-te”, lei è una donna italiana (o, forse, ticinese, mah?). Il protagonista se ne innamora e lei, lei… Quel che era destinato ad accadere, ac-cade, in una sera d’aprile, con buona pace di T. S. Eliot. Possedere totalmente una donna, godere di lei, con lei: “Vedere, prima vedere ma poi percepire, tutte le sue risposte sempre più intense a tutto quello che riuscivo a inventarmi e a fare con il suo corpo”. Aggiunge Gustafs-

(o i propri fantasmi?) cerca di sistema-re gli eventi in una ricerca di coerenza, ma il ricordo duplica l’evento, gli resti-tuisce un senso altro collocandolo nel tempo. Il tempo di cui Proust andava alla ricerca viene qui sezionato, qua-si in una nuova contrapposizione tra analitici e continentali, se ne cercano gli snodi, attraverso artifici retorici che fanno riferimento al campo scientifico si cerca di trattenerlo di dargli una di-mensione (si veda il capitolo Il funerale del cosmologo) dove il lavoro di scrit-tura sembra riprendere il tentativo di Strindberg, che lo stesso Gustafsson in un’intervista così definisce:“In Inferno, Strindberg non descrive tanto una crisi personale, quanto la crisi di una visione del mondo che si condensa nel delirio. Ma prova, prova a cartografare un’altra descrizione del mondo... Nell’Inferno di Stringberg, quindi, come lei ha scritto, la cosa più sconcertante che si possa ri-conoscere è che dietro il velo del delirio, tutto sembra rispondere al richiamo del vero”. Allora le digressioni filosofiche non sono solo digressioni, cercano piuttosto di rendere conto del rappor-to tra la visione del mondo di oggi e l’esistenza del singolo, di come questa sia influenzata dai risultati della scien-za, dalla visione del mondo plasmata e diffusa dalla scienza.Ma s’incontra anche altro in questo la-voro di scavo “tutt’a un tratto, nel mez-zo dell’inquietudine, della sofferenza e dell’estasi di quella famosa estate, avevo trovato una crepa che sembrava portare dentro me stesso… Che cosa è più na-turale da immaginare, più a portata di mano, del credere che io esisto presso l’al-tro allo stesso modo in cui esisto in me stesso? Ma non dev’essere così”.

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/A_due_voci

Page 21: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

102

son: “Mi sembrava come se realmente avessi ricevuto, alla fine, una risposta alla domanda se esistevo”. Passati gli anni, il protagonista fatica a ricordare il viso, ma l’unica cosa che ricorda è che era memorabile. La risposta era giunta, questo è l’importante. E, insieme ad essa, l’insegnamento di una vita…Questo è quel che sembra suggerire lo scrit-tore svedese, scomodando il lavoro della memoria, nell’epoca in cui, invecchiando, l’età ci trasforma in pericolosi sentimenta-li, specie gli uomini, capaci di far male agli altri e a sé stessi pur di assecondare la vo-luttuosa ingordigia di un cuore che irrompe nell’esistenza con più forza e arroganza di quanta non ne avesse nell’adolescenza.La malinconica coscienza del tempo irrime-diabilmente perduto elargisce al cuore una spropositata autorevolezza, elevandolo a esclusivo depositario di una saggezza che pa-reva condannata a incarnare la sua più acer-rima nemica. Come se lui, e solo lui, non la ragione, il sapere o la morale comune, po-tesse indicarci quel che ha reso vivibile un’e-sistenza. Tocca al cuore custodire il tesoro di ciò che è contato in una vita, fosse anche un incontro amoroso dal carattere inequi-vocabilmente incestuoso, ma, proprio per questo unico e meraviglioso. Lì, il tempo, quest’esattore impietoso appollaiato sulle nostre fragili spalle come un cupo avvolto-io su un ramo annerito, sembra, una volta tanto, sospendersi, dissolversi. E’ l’eternità che si congiunge all’istante e lo riprende nel suo grembo, illuminandolo di un bagliore folgorante. Un attimo prima che l’orologio riprenda il suo cammino. C’est tout.

Questi interrogativi sull’altro e su se stesso trovano un punto di precipi-tazione, un punto di non ritorno che segna l’ingresso nella maturità. “Io ero sostanzialmente solo. Molto solo. Molto fragile. E spaventosamente forte. Ades-so me ne rendo conto. Essere fragili può essere in effetti un presupposto per essere forti”. Una solitudine adulta, dovuta al fatto che nessuno ci può sostituire, che le scelte possiamo farle solo noi.Qualche recensore ha accostato questo romanzo a L’educazione sentimentale di Flaubert, ma come ha ben evidenzia-to Moretti ne L’inanto dell’indecisione, il momento culminante nel bordello in Flaubert è un momento in cui non accade nulla, tutto viene rinviato. In Gustafsson “Senza aver fatto in effetti alcuno sforzo avevo raggiunto le porte del Paradiso. Sì. Ed erano realmente spalancate. C’era solo da entrare. E la permanenza poteva durare all’infinito. E’ così strano che esitassi?” Ma l’esita-zione non impedisce di andare oltre per accorgersi che “Non era niente di straordinario, davvero, ma quell’attimo non lo scorderò mai”.Un percorso labirintico nei ricordi, dove gli eventi ci restituiscono sfuma-ture perdute, dove la grandinata si so-vrappone all’incontro, a quell’incontro dove “Mi sembrava come se realmente avessi ricevuto, alla fine, una risposta alla domanda se esistevo”.

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/A_due_voci

Page 22: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

103103Cultura

Scelti per voilibri, cinema, musica

Maria Rosa Cutrufelli, I bambini della ginestra, Sperling & Kupfer per Edizione Frassinelli, Milano 2012, p. 276, € 18,50.

A Portella della Gine-stra, un momento pri-

ma della strage, prima che Salvatore Giulia-no ordini ai suoi uomini di sparare sulla folla radunata per assistere al comizio della festa del Lavoro, si apre il romanzo. È il 1947.Al Sasso Barbato, una specie di podio na-turale che si erge sulla conca di Portella, la stessa roccia da cui si apprestava a parlare l’oratore in quella mattina di maggio, il ro-manzo si chiude. È il 1972.Tra questi due momenti si dipanano le vicen-de dei protagonisti del romanzo, Enza e Lillo. Sono loro a raccontare, in prima persona, la storia di quei venticinque anni, la loro storia e, insieme, i processi per la strage, capaci al più di punire qualche esecutore ma impotenti a identificare i veri mandanti, il coinvolgimento di politici che non si possono né si vogliono chiamare in causa, il succedersi delle misteriose morti le cui circostanze mai saranno chiarite.Due momenti e un luogo solo, Portella della Ginestra dominata dal Sasso Barbato, un luogo dal quale Enza e Lillo non possono che fuggire via, lontano, ma a cui inesorabilmente devono tornare. Soltanto prendendo il coraggio di ri-vedere il luogo da cui tutto ha avuto inizio e la piccola lapide, tante volte distrutta, potranno accettare, senza esserne preda, l’amarezza e la disillusione di chi non ha avuto giustizia, ma potranno anche pacificarsi con la propria terra

e provare -forse- a costruire, un futuro comune.Maria Rosa Cutrufelli propone nel suo ultimo romanzo una storia densa e appassionante, nella quale come in altri lavori della scrittrice (La bri-ganta, La donna che visse per un sogno) la Storia riveste un ruolo fondamentale. Le vicende dei protagonisti sono infatti ambientate in un con-testo storico preciso che non costituisce solo uno sfondo indistinto, ma che si fa materia viva del raccontare. Rigore storico e capacità immagina-tiva si fondono e sanno restituire, con nitidez-za quasi cinematografica, immagini di un’Italia lontana nel tempo: i viaggi in treno su sedili di legno, la vita quotidiana in piccole province peri-feriche, i colori delle stagioni che si avvicendano.Le voci che compongono il quadro, come si diceva, sono quelle di due reduci della strage. Un bambino e una bambina che diventano un uomo e una donna. E sono proprio il lin-guaggio del pensare di sé e la reazione alla tra-gedia che rendono conto della loro differenza sessuale: un sentire che li accomuna, ma che marca al contempo il confine e la distanza tra loro. Per questo ciascuno dei due dovrà farci i conti da solo e da sola, dovrà cercare il proprio modo di andare e tornare.Solo nel primo e nell’ultimo capitolo la voce narrante non appartiene ai due prota-gonisti quasi a richiamare comunque anche un’oggettività della piccola storia di due personaggi comuni, costretti dalla grande Storia a subire un destino imprevisto.Agisce la costruzione sapiente di una scrittri-ce che conosce bene i dispositivi narrativi e li usa dosandoli con maestria. Ma gioca anche la passione civile di una donna che si interro-ga e interroga lettori e lettrici: quante sono in questo Paese le stragi di cui non conosciamo i mandanti? Che ne è dei sopravvissuti, delle loro esistenze, delle loro disperazioni?Raccontare diventa allora – anche – un modo per testimoniare.

Claudia Alemani

libri

a cu

ra d

i Am

brog

io C

ozzi

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura

Page 23: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

104

Angelo VillaLa mano nel cappello. Psicoanalisi ed handicap graveStripes Edizioni, Rho (MI), 2009, pp. 183, € 16,00

Un criceto nella ruota, una mano nella gabbia. Sostenere un incontro impossibile.Mi chiedevo ragione, mentre leggevo il libro di Angelo Villa, di una sorta di difficoltà o di-sagio che avevo avvertito mentre percorrevo le prime pagine del testo e che di tanto in tan-to riemergeva, come per non consentirmi di avanzare troppo rapidamente, spingendomi a soffermarmi un po’ per guardare meglio e non dare per scontato il panorama. Un libro chiaro, scritto anzi con un gusto da narratore, che talvolta può far sentire il lettore come di fronte ad un romanzo: come andrà a finire? Non erano certo un linguaggio troppo astrat-to o specialistico, o un argomentare intricato, o un mio disaccordo con i concetti espressi a farmi esitare. Al contrario. Dunque cosa?È con questo interrogativo come guida che ten-terò di dire qualcosa del lavoro di Villa, consape-vole del fatto che - probabilmente per un fatto più di stile, di modo d’interrogazione, che di so-stanza - qualunque tentativo di entrare nel me-rito dei “concetti” non gli renderebbe giustizia.La mano nel cappello è un libro scritto attor-no all’esperienza quotidiana, si potrebbe dire anche alla contingenza. Una precisa, appro-fondita, talvolta dura indagine della pratica che mira a interrogarne ogni aspetto: i piccoli particolari che divengono abitudini condivise, come i piccoli o grandi soprusi, talvolta rima-sti persino inavvertiti, persi negli automatismi del fare di ogni giorno, i buoni luoghi comuni di “integrazione” e “autonomia”, l’affaccen-

darsi riabilitativo che talvolta non lascia spazio ad altro, satura ogni cosa, non consentendo di dare accoglimento e ascolto al soggetto, il ruo-lo di tutto questo nel mascherare la posizione dell’operatore, o più in generale del “norma-le”, i suoi imbarazzi, le sue difficoltà, la sua impotenza di fronte all’abisso che lo separa dal disabile che vorrebbe aiutare.Il lavoro di Angelo Villa non è una lettura co-moda; punta senza sconti alle finte ovvietà che minano la pratica, che fanno lievitare l’imbaraz-zo da cui vorrebbero proteggere, che aumentano il disagio (del normale come del disabile) pro-prio con quelle azioni, spesso troppe, con cui si vorrebbe mettere quel disagio in disparte. Come pensare ad un’autonomia proprio là dove le azio-ni stesse, o i giudizi, o i buoni propositi dell’o-peratore riempiono ogni spazio, facendo coinci-dere l’agire del disabile “riabilitato” con il volere del normale che educa? Come pensare un’auto-nomia senza separazione, se è il normale stesso a “incollare” il suo giudizio e le sue aspettative a ciò che chiede al disabile, a voler modellare la vita di quest’ultimo sulla sua? Si tende appunto a non pensarla perché, se si tentasse, si finirebbe per vedere che non ve ne è una la logica; ma pro-prio lì sta l’intoppo: posta la domanda una volta, calata nel proprio quotidiano di “normale”, nulla si può più dare per scontato e l’interrogativo ha un costo, brucia, scava.Eccoci dunque tornati a quella certa scomodi-tà, difficoltà, disagio di cui avevo fatto accen-no qualche riga sopra. Si tratta solo di questo? Una lettura che può spingere a interrogativi scomodi, là dove ci sarebbe stata una certa ca-renza nel porsene? Può essere, se è da questa posizione che si parte.Vi è probabilmente altro da considerare, tanto più che La mano nel cappello non è un gesto di accusa o polemica; nonostante le considerazioni precedenti, non si avverte nel testo un desiderio di “mettere il dito nella piaga”, ma piuttosto di interrogare veramente, senza sconti, l’umanità

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Page 24: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

105105Cultura

che sta al fondamento di ogni incontro di cura, in primo luogo - Villa ne da continua testimo-nianza - quella dell’autore stesso, che non esista a mettere sotto la lente di ingrandimento le sue proprie impasse e che anzi sembra mirare, col suo stile e col suo modo di procedere peculiare, ad una costruzione “in soggettiva”, fondata su uno sguardo particolare di cui l’autore fa dono ai suoi lettori, base su cui costruisce anche le sue considerazioni più astratte e complesse.Se qui troviamo buona parte del valore e della sin-golarità di questo libro, è pur in questo stile così atipico che intravedo nel contempo parte della radice del disagio di cui ho posto la questione. Le molte vignette cliniche, su cui poggia l’indagine e la riflessione dell’intero testo, possono rievocare l’esperienza di ciascuno lettore, ma non lasciano spazio ad alcuna immedesimazione. Tanto più lo sguardo di Villa si mostra come proprio, singo-lare, si fa l’esperienza di una differenza, di una distanza; se anche le occasioni possono apparire simili, è la loro lettura, la costruzione che ciascu-no ne ha fatto, se ha potuto tentare, che mostra un buco in cui si può inciampare ma che solo può creare le condizioni per un effetto di sog-gettivazione per il lettore, a maggior ragione se ha già lui stesso voluto avventurarsi sul cammino d’indagine cui l’autore ci invita.È su questo piano, dove i percorsi diversi di scrittore e lettore divergono o si sovrappongono formando figure sempre nuove, che l’esperien-za, anche quella di aprire un libro, può diven-tare un’occasione d’invenzione per la propria pratica. Una teoria la si può amare o odiare, la si può far propria o respingere, la si può svilup-pare o tentare di confutare. Uno sguardo lo si incrocia e non è mai una cosa facile; ma questo incrocio è anche un incontro, pur se mediato da delle lettere su un foglio di carta.Un vero incontro - proprio perché scomodo, in qualche modo impossibile perché sempre parziale, bucato - è cosa comune che si tenti per lo più di evitarlo, cosa di cui nel testo si tro-

vano molti esempi. Che si tratti di una lettura scomoda, come di una persona in difficoltà, è sempre della distanza incommensurabile dell’alterità che si tratta, è sempre da questa che si tenta di ripararsi, è sempre di essa che non può fare a meno ogni sforzo di soggettivazione, che sia di un “normale”, di un “disabile”, di un “operatore-lettore” o di uno “scrittore-analista”. Senza tale sforzo, tuttavia, ogni azione – un intervento educativo come un’elaborazione te-orica – rischia di girare a vuoto: l’affannarsi di un criceto sulla sua ruota che lascia ogni cosa, in particolar modo se stesso, nel suo triste po-sto, pur nella fatica e talvolta con tutte le buo-ne intenzioni. Se una lettura può contribuire a trovarsi ad essere un po’ più soggetto e un po’ meno “criceto”, varrà la pena di tentare? Il salto fuori dalla gabbia non è mai una volta per tutte e ogni dito che può indicare, testimoniandolo, che vi sono delle vie di uscita, o che si possono ricavare, è ben venuto, per quanto una mano nella “piccola casetta” possa essere inizialmen-te un ospite scomodo. Ad ognuno la scelta se fargli posto.

Marcello Morale

Emmanuel CarrèreVite che non sono la miaEinaudi, Torino 2011 pp. 240, € 20,00

Si pensa di solito che il dolore unisca gli indivi-dui, che possa accomu-

nare. Se però ci soffermiamo sulle esperienze quotidiane, ci viene facile pensare all’imbarazzo che ci coglie quando facciamo le condoglianze a qualcuno. Cominciamo a pensare a che cosa dovremmo dire, a cercare le parole possibili, per poi finire spesso nel pronunciare banalità, frasi

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Page 25: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

106

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

che ci lasciano insoddisfatti, con un senso spia-cevole di non essere stati in grado di esprimerci, di poter stare vicini alla persona che ha subito la perdita. A volte ci limitiamo ad un abbraccio timido, impacciato, quasi che il gesto potesse sostituire le parole che non troviamo, che ab-biamo faticosamente cercato rinunciando per-ché ne coglievamo l’insufficienza.Sembra che le parole non siano in grado di colmare la distanza che ci separa dagli altri, che la suddivisione tra “noi” e “loro” sia in-colmabile. “Ci siamo noi, puliti e ordinati, ri-sparmiati, e intorno a noi il cerchio dei lebbro-si, degli irradiati, dei naufraghi regrediti allo stato di selvaggi. Soltanto il giorno prima erano come noi, noi come loro, ma a loro è accaduto qualcosa che a noi non è accaduto e adesso ap-parteniamo a due umanità distinte”.Durante le feste di Natale del 2004, Emmanuel Carrère è in vacanza con la famiglia in Sri Lanka. Sono i giorni in cui lo tsunami devasta le coste del Pacifico: tra le migliaia di morti c’è anche Juliette, la figlia di quattro anni di una coppia di francesi a cui Carrère – accidentale testimone dello strazio di una famiglia – si lega. Qualche mese dopo, al ritorno in Francia, un altro lutto: la sorella della compagna dello scrittore – che ca-sualmente si chiama anche lei Juliette – ha avuto una ricaduta del cancro che già da ragazza l’aveva colpita rendendola zoppa. Ha trentatré anni, un marito che adora, tre figlie, un lavoro come giu-dice schierato dalla parte dei più deboli, e sta mo-rendo. Da questi eventi parte il testo di Carrère, da questo incontro con la perdita che divide: noi siamo ancora qui insieme, possiamo abbracciarci e contarci senza timore. L’evento tragico ha in-trodotto una cesura, per loro nulla sarà come pri-ma, noi possiamo contare su una continuità con il prima. Di qui partono le “Vite che non sono la mia”, dal poter raccontare, dal poter trovare le parole in una distanza minima ma incolmabile, dal pensare di poter condividere e nel contempo in questo atto misurare una distanza enorme,

come quella che misura Philippe, che si ritiene parte dei pescatori grazie alla sua lunga frequen-tazione di quei luoghi in Sri Lanka, ma si ritrova respinto pur credendosi uno di loro.L’uso dei tempi nel racconto scandisce questa operazione, al tempo indicativo presente della cronaca si contrappone l’imperfetto della neces-sità di arrendersi all’accaduto. Ad un passato che non passa, prolungando la sua ombra sul pre-sente, si contrappone una necessità che consegni alla memoria l’evento, operazione imperfetta, che non si può fare senza residui, senza strascichi che come cicatrici segnano di nuovo il presente. Tempi che separando l’evento collocano nell’og-gi l’accaduto e nello ieri l’azione interna, conse-gnando al passato la propria storia vissuta sino a quel momento; si fondono e si sovrappongono nella narrazione, in cui l’uso dei tempi gramma-ticali cerca di introdurre un ordine possibile, una necessità di poter dire e andare oltre.Sfuggendo a rappresentazioni retoriche ca-tastrofiste che sconfinerebbero nell’horror, Carrère ci rappresenta l’arrivo dell’onda gigan-tesca, ma il senso dell’evento ci viene restituito attraverso il silenzio che cala dopo, la ricerca di notizie, il vagare a vuoto, l’essere confinati in assenza di informazioni che possano rende-re conto, raccontare, trovare parole. L’evento è muto, è accaduto e lascia ora gli strascichi delle perdite, del dolore che separa.Al ritorno a Parigi arriva la notizia che Juliette, la sorella della moglie, è ammalata di tumore e sta morendo. Il dolore che sembrava lontano fa irruzione nella vita dell’autore, lo costringe a fare i conti con questa dimensione dell’esisten-za, a cercare attraverso la scrittura di colmare questa distanza, a trovare le parole per osare dir-ne qualcosa: la vita, la morte, l’amore e il dolore come elementi essenziali della nostra esistenza si snodano nel testo. Una storia che cerca di ri-annodare i fili prima che sia troppo tardi, prima che si perda memoria, che le orme sbiadiscano sino ad essere introvabili.

Page 26: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

107107

L’incontro con Etienne, collega ed amico di Ju-liette da una svolta al racconto, inserisce Etien-ne e, attraverso i ricordi e le parole di questi, Juliette in una dimensione diversa, ci parla di due magistrati che hanno dedicato la loro vita a combattere, dalla posizione di semplici giudici di pace, in difesa di persone sovra-indebitate e contro il para-strozzinaggio di banche e società finanziarie. Qui il testo ci offre uno spaccato della società francese (e anche della nostra), popolata di figure per cui la giustizia è una chi-mera, afflitte dall’impossibilità della giustizia nell’incontro con la legalità, dalla loro mancata coincidenza che li consegna ad una solitudine cui i due magistrati cercano di porre rimedio, non tanto come novelli don Chisciotte, ma come soggetti che nell’esercizio della loro pro-fessione cercano di coniugare legalità e giustizia, cercano nel labirinto delle leggi la possibilità di ritrovare un equilibrio che possa rimediare allo sbilanciamento di partenza.La figura di Juliette assume allora uno spessore, attraverso le parole di chi la sta perdendo come amica, di chi per pudore la va a trovare quando sa di saperla sola, ritroviamo il senso di una pre-senza al mondo per una donna che ha saputo far i conti con la malattia, ha saputo conviverci conscia che l’esito poteva essere questo, ma ha rinunciato a perdere subito, senza clamori, in una quotidianità che è stata segnata da incon-tri e passioni vitali. Una donna che attraverso il lavoro egli affetti ha saputo andare oltre la malattia, non con spirito titanico e incoscien-te, ma come desiderio di lasciare un segno nel quotidiano, quel segno che ora si ritrova nella scrittura e viene “raccontato”, “detto” per chi l’ha conosciuta come memoria e a noi che non l’abbiamo conosciuta rimane questo scritto per capire, per interrogarci sulla sua mancanza.Non è un banale tentativo di rielaborazione del lutto, è un tentativo di andare oltre l’insensa-tezza del lutto. Sherazade sopravvive perché e finché sa raccontare, l’insensatezza trova nella

parola un senso, una direzione che non cancel-la l’esito, ma va oltre l’esito attraverso le parole dei testimoni, di coloro che possono trovare le parole per dire che anche questo è stato.

Ambrogio Cozzi

Andrei MakineIl libro dei brevi amori eterniEinaudi, Torino 2012, pp. 176, € 14,00

In lingua inglese vi è una distinzione tra history e story, quasi a significare una mancata coincidenza

tra lo scorrere del tempo collettivo e gli eventi che lo scandiscono e il significato che questi eventi assumono nella vita quotidiana, una difficoltà insomma a dire che cosa ha creato le scansioni del tempo, i suoi intervalli. Questa differenza in italiano viene resa attraverso una pluralizzazione tra storia e storie, dove la Sto-ria. Ma che cosa resiste alla Storia e sopravvive nella memoria dell’altro, di chi attraversa la Storia? Domanda a cui gli stessi storici di pro-fessione hanno cercato di rispondere, attraver-so la Oral history, un approccio che cercava di intrecciare storia e storie, incontrando così la dimensione del ricordo. Ricordo che spesso sfuggiva alla ricostruzione degli eventi che la storia aveva prodotto, dove gli eventi veniva-no piegati alla ricerca di una coerenza interna, dove le immagini si confondevano, rifacendo-si ad un’iconografia che non coincideva con la memoria fotografica degli eventi stessi, li rielaborava facendo ricorso ad altre immagini che potessero meglio rendere conto delle emo-zioni di cui gli avvenimenti erano intrisi.Makine ci dice che l’amore, magari breve, magari colto in un attimo, lascia un’impronta, un segno nell’esistenza di chi lo vive, procede

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Cultura

Page 27: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

108

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

parallelo e impalpabile rispetto alla Storia che invece procede seminando torti e ingiustizie, senza lasciare scampo e tregue nel suo incede-re. E’ come se quell’attimo, quel tempo breve bucasse la linearità di una storia consegnata ai documenti, segnata da grandi avvenimenti che segmentano il tempo, senza render conto di quel che accade nel soggetto che la attraver-sa e vive nella storia. Quell’attimo è un segno nella vita dell’individuo, un punto di svolta che illumina la comprensione della storia, che la fa precipitare nelle storie con una im-mediatezza e di ritorno ci restituisce un sen-so rispetto alla storia, agli avvenimenti che ci coinvolgono collettivamente e che risultano il-luminati in modo differente, una lama di luce che cambia la prospettiva della Storia.Otto capitoli e otto momenti della vita di un uomo, dall’infanzia passata in un orfanotrofio russo negli anni Sessanta, all’età adulta, quan-do il sistema in cui inizialmente aveva creduto si dissolve. E in ciascuna di queste narrazioni è l’amore di o per una donna a risvegliare un frammento di coscienza: la giovane senza nome che sulle tribune per il corteo dell’anniversario della Rivoluzione d’ottobre piange sommes-samente il compagno morto in un sottoma-rino, incrina la fiducia del giovane in quelle meticolose e vacue messinscena, contrappone al rumore di quelle sfilate un silenzio ben più assordante, dove le parole della propaganda ri-suonano prive di senso. Maja, la nipote della «donna che ha visto Lenin», gli svela la brutalità del leader bolscevico, straccia il velo che copre le miserie quotidiane. Vika, che vive con la madre accanto alla fabbrica in cui il padre è costretto ai lavori forzati, gli apre gli occhi sul carattere repressivo del regime, con quella mano tesa che non riesce a raccogliere il fagotto che rotola a terra tra l’indifferenza delle guardie. Leonora, con la quale il narratore ormai adulto vede un film occidentale in cui la chiave di una camera d’albergo strappa gli applausi, in cui alla smania

erotica fatta di amplessi sudaticci (“per lasciarci alle spalle i beccamorti di un’ideologia pietrificata dovevamo correre, con le ali di equilibristi sulla fune, da un amore all’altro, da un piacere effimero al successivo”) si contrappongono i gesti amo-revoli di una coppia di anziani coniugi, con-trappunto alla volgarità e al grigiore dell’epoca brezneviana. Jorka, il compagno di giochi mu-tilato dall’esplosione di una granata, che coglie dei fragili bucaneve da regalare «a qualcuno» e pochi giorni dopo si avvia verso il bosco ancora disseminato di mine, quasi a tornare attraverso il luogo al tempo dove la vita si è spezzata. Kira, che in un enorme e improduttivo frutteto si sforza di spiegare gli alti ideali dell’arte e della lotta al regime, in un luogo dove la grandiosità coincide con la sterilità, poiché il frutteto gene-rato dal furore ideologico è disertato dalle api. E infine quella donna grassa e volgare, espressione al contempo della vecchia e della nuova Russia: in gioventù era stata il grande amore di Dmi-trij Ress, il dissidente, il «poeta» che anche nei lunghi anni trascorsi in un gulag non smise mai di amarla, che è ancora fermo a quel volto col-to nella giovinezza, che contrappone alla corsa sfrenata ad arricchirsi di chi in tempo ha saputo tradire. E qui nella figura finale di Ress il libro si chiude su un martire della “rivolta contro un mondo in cui l’odio è la regola e l’amore una stra-na anomalia”.Sbaglieremmo perciò a vedere il testo come un’antologia di amori impossibili, gli incontri sono l’occasione anche per aprirsi sulla Storia, storia di un’educazione politica sullo sfondo di un regime tanto oppressivo quanto ottuso. Makine è capace di mostrarci anche le analo-gie tra la propaganda e l’ottusità del regime e la dissidenza dell’intelligentja, entrambi governati e guidati dalla volontà di omologare, entrambi accomunati dai confini rigidi dell’appartenen-za, senza rendersi conto della loro solidarietà di fondo, della riduzione di ogni domanda di senso al silenzio. allora l’accesso alla verità deve

Page 28: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

109109

sfuggire all’ideologia, non passa attraverso essa, ma attraverso lo sguardo amoroso.“Intuivo che la verità non stava né dalla loro parte né nel campo opposto, tra i contestatori. Mi appariva semplice e luminosa come quella giornata di febbraio, sotto gli alberi appesantiti dalla neve. La bellezza umile del volto femmi-nile dalle palpebre abbassate rendeva ridicole le tribune e chi le occupava, e la pretesa degli uo-mini di ergersi a profeti della Storia. La verità era espressa dal silenzio di quella donna, dalla sua solitudine, dal suo amore così grande che perfino il bambino sconosciuto che scendeva i gradini ne era rimasto abbagliato per sempre”.In questo quadro allora l’amore si pone come un punto di sovversione, un incontro al qua-le non ci si può sottrarre, attraverso il quale si assumono nuove prospettive e nonostante la precarietà della vita, quei momenti rimangono come incancellabili, dove ogni incontro rappre-senta un’intuizione che lega la storia personale a quella della Russia. Un’intuizione che assume a volte valore a posteriori, in un tempo altro che le dota di significato e illumina gli eventi in al-tro modo, replicando gli incontri nel tempo e configurando il tempo di un’altra storia:“Mi ci vollero molti anni anche per imparare a riconoscere, dietro una breve storia di tenerezza adolescenziale, la felicità luminosa che la mia amica e sua madre mi avevano trasmesso con tanta discrezione. Mi ricordavo certo della loro ospitalità, della dolcezza con cui avevano attor-niato il giovane ragazzo selvatico che ero, un esse-re indurito dalla brutalità e dalla violenza. Con l’età, mi rendevo sempre più conto che la pace che grazie a loro regnava in un luogo così desolato, sì, quella serenità indifferente alla bruttezza e alla volgarità del mondo, era una forma di resisten-za, forse perfino più efficace dei sussurri di prote-sta che avrei udito negli ambienti intellettuali di Leningrado o di Mosca. La rivolta di quelle due donne non era appariscente…”

Ambrogio Cozzi

Grazia GiuratoAncora ci credoLa Tecnica della Scuola, Catania 2012, pp.153

I libri. Santo cielo, i libri... Perché si scrivono? Perché fare torto alla natura, ai boschi della Finlandia o alle foreste dell’Amazzonia

solo per togliersi il piacere di scrivere e pubblica-re? Perché farlo se non sei Dostoevskij o Proust, Leopardi o Joyce? Già: perché ha scritto questo libro – agile, fragile – Grazia Giurato? Posto in questi termini, l’interrogativo può produrre solo un sentimento di imbarazzo. Anzi, finisce per avere un suono sgradevolmente ricattatorio. Perché nessuno mai potrebbe rispondere “sì, sono io il nuovo Dostoevskij” e sentirsi dunque a posto con la coscienza per avere compensa-to l’umanità, una volta di più colpita nel suo ecosistema, con un nuovo, prezioso gioiello di letteratura e spiritualità.Scrivere può essere un gesto di arroganza. Può tradire l’ambizione di spiegare il mondo così come nessuno lo ha mai spiegato. O di offrire potenza di romanzo o a soavità di poesia a un’e-poca impoverita nella bellezza e nelle arti. Poi però c’è Grazia. Che scrive senza arroganza. Ci sono le donne come lei che cercano solo di ri-comporre storie lunghe e difficili, percorse dalla dignità di chi non piega mai la schiena e se è co-stretta a farlo giura dentro di sé che non dovrà accadere mai più. Né a lei né a quelle come lei. Scrivere diventa allora un modo per offrirsi con discrezione e al tempo stesso con un’ombra di orgoglio. Mi avete conosciuta così. Molto o poco abbiamo condiviso, ma forse questo episodio non lo sapevate. Forse questo retroscena che mi sta inchiodato nell’anima o nelle retine degli oc-chi non lo conoscevate. Perché non ve l’ho mai raccontato per timidezza. O per sovrappormi ai vostri racconti, alle vostre confessioni. Perché

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Cultura

Page 29: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

110

volevo ascoltarvi perché parlo tanto – e Grazia parla tanto – ma c’è sempre un momento in cui mi fermo. Un momento in cui capisco che voi avete più bisogno di me di parlare. Oppure ho taciuto di me e del mio passato, delle immagini che più mi inquietavano, anche del bene che ho fatto a una donna o a una famiglia sconosciuta, perché cose diverse urgevano. Altro che le mie paturnie, le mie emozioni private. Dovevamo di-fendere Catania e la Sicilia dagli sfregi della mafia e dei cavalieri del lavoro, ve li ricordate vero?, li applaudivano in tanti poi è finita come è finita. Quella storia che non si può seppellire, con un giornalista a fare da vittima sacrificale per una città intera. E che doveva fare, Grazia, mettersi a raccontare allora del padre scomparso dopo la battaglia del Don, la madre bella e schiacciata con il viso contro il cuscino e donne giovani e anziane a popolare una casa e a far mestieri di donna sempre per compiacere un “lui”, qualun-que ne fosse la provenienza?E fossero solo Catania e la Sicilia... L’Italia addirittura si è dovuta difendere, avviata – irreversibilmente, sembrava – a perdere onore e giustizia A settant’anni e più grazia di è dovuta mettere a marciare e a manife-stare in strada. “Dovuta”, poi...Dovuta niente, lo ha voluto fare, perché per mol-te altre, anche più giovani di lei di generazioni, non c’era proprio alcun dovere. Con un fazzo-letto colorato intorno ai capelli grigi a chiedere legge uguale per tutti o pace nel mondo per i via-

li di Roma. E che avrebbe dovuto fare? Mettersi allora a raccontare storie di stupri lontani, incesti terribili, donne uccise quasi davanti a lei, tanto son mafiose, insomma gli incubi e le prove della sua vita? O narrare della sua fede conquistata nel confronto aspro e inesauribile con le cose e con gli uomini? O di don Piro e don Resca? Non poteva. Perché Grazia, matura e ormai anziana ragazzina aveva altro da fare.Poi, a un certo punto, chissà in che minuto, ha pensato che però qualche traccia fosse giusto la-sciarla. O magari ha deciso che la doveva lascia-re. Anche se non era agitata dalle passioni e dal-la letteraria, sovrumana potenza di Dostoevskij. Tracce, sassolini bianchi di una Pollicina adulta. Vita di una donna che ha amato le donne e per le donne si è battuta, che ha conosciuto il senso totale, antropologico, che ha in certi momenti il lavaggio dei calzini. Che dalla sua condizio-ne di donna è partita mille volte per ritornarci ogni volta più ricca, perché mai chiusa alle altre condizioni. Che ha fatto della vita una battaglia generosa e anche spigolosa.È questo, in fondo, il libro che avete tra le mani. Segno di modestia e non di arrogan-za. Rimedio di lunghi silenzi passati, custo-diti sotto la vitalità scoppiettante della pa-rola. Un piccolo libro nato da qualcosa che più che alla umana vanità assomiglia alla timida fierezza di chi ha vissuto a testa alta.

Nando Dalla Chiesa

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

musica

Leonard CohenOld ideasColumbia, 2012€ 18,90

Bruce SpringsteenWrecking ballColumbia, 2012€ 18,90

Menù ricco, anzi ricchissimo, questa volta! Ini-ziamo dai ritorni, dai grandi classici, da quegli

autori che insensibili all’incedere impietoso del tempo continuano a sfornare prodotti di

Page 30: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

111

a cura di Angelo Villa

indubbia qualità. Per l’occasione ne annove-riamo tre e, scusate se è poco, di primissima scelta. Ecco il primo: Leonard Cohen. One-stamente, mettetevi la mano sul cuore: si può parlar male del sublime ebreo errante canade-se, il sensibile testimone di un’esistenza nella quale trovano voce gli umori più profondi della nostra incerta umanità? Ovviamente no, e noi non lo faremo. Il signorile vecchietto ha superato da molte lune l’età pensionabile, ma non demorde, quasi che, alla faccia di Landi-ni, dovesse confermare le più ardite e futuriste tesi dei tecnocrati di osservanza montiana. E così facendo sforna un capolavoro dei suoi di rara e semplice bellezza, di toccante intensità. Old ideas è il titolo dell’album, come a dire o, meglio, a ribadire che cocciutamente le idee a cui Cohen rimane fedele sono sempre le stes-se… Ai critici che gli rimproverano di usare solo tre accordi, lui ribatte che sono ingiusti, puntualizzando, non senza ironia, che ne co-nosce almeno cinque! L’uomo, si sa, ha classe da vendere, pare una sorta di Bataille in ver-sione cantautorale. Un mistico libertino ca-pace come pochi di intrecciare sapientemente grandi temi tra di loro, da Dio alla sessualità, alla morte… Old ideas contiene solo dieci can-zoni, ma è un album, mi verrebbe da dire, sin-ceramente autentico. Si sente Cohen dietro le sue parole, la sua musica, nulla appare artefat-to o costruito strumentalmente. Lui canta con l’anima, quasi parlasse, alla fine, mettendosi a nudo con semplicità. Chi possiede oggi quel tocco, quella grazia, quell’onestà? Old ideas è una sorta di testamento spirituale unico nel suo genere. Imperdibile.

Veniamo al secondo ritorno, quello del Boss. Wrecking ball è il nuovo cd di Bruce Springste-en. La critica si è alquanto divisa sul giudizio. C’è chi ha gridato al capolavoro, così come c’è stato chi ci è andato più cauto. Personalmente, il Boss non se n’abbia a male, sarei più d’ac-cordo con i secondi. Indubbiamente si tratta di un bel disco rock impreziosito da sonorità irlandese, ma, a mio parere, nulla aggiunge o nulla toglie al grande cantautore americano. E’ un disco di Springsteen, nel senso più lette-rale del termine. La tautologia, alquanto idio-ta per la verità, pretende indicare quel che mi pare l’essenza del problema. In TV ho sentito Ligabue, lo Springsteen padano, tesserne le lodi. Appunto, ho pensato tra me e me. Forse, mi son detto, non è affatto un caso. Ligabue non mi piace perché mi dà l’impressione che faccia sempre la medesima canzone. Fatte le debite differenze, mi sembra l’accusa che indi-rizzerei anche al Boss e a quest’album. A mol-ti, il cd del Boss è apparso epico, a me, in tutta sincerità, un po’ tronfio, pesante… Wrecking ball, la “palla che distrugge”, vuole esser un album impegnato, come si dice una volta. So-ciale, popolare, a suo modo, politico, contro gli squali di Wall Street, i “grassi banchieri”, gli affamatori dell’America che lavora, della “wor-king class”. Da questo punto di vista, il cd è anche vigoroso, forte, trascinante… Rimango un po’ perplesso di fronte a tanto ardore. Sarà, ma qualcosa mi resta indigesto, si trattasse di un giovane squattrinato e rabbioso che si pro-diga a cantare simili brani ne sarei entusiasta, ma Springsteen è (giustamente) ricco. Anzi, probabilmente ricchissimo, e quindi…

Cultura

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Artisti variChimes of freedom. The songs of Bob DylanUniversal, 2012€ 27,90

Neil Young, Crazy horseAmericanaWarner Bros, 2012€ 20,90

Page 31: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

112

Terzo ritorno è quello dell’immenso Bob. Pre-ciso, non sua “bobbità” in persona. Amnesty International per celebrare i suoi cinquant’anni di attività ha chiamato un sacco di artisti a rein-terpretare qualcosa come più di settanta canzoni di Dylan. Ne è uscito un cofanetto di quattro cd. C’è di tutto, nel senso pieno della parola. Sia in termini di qualità che di quantità. Andando da cantanti celebri, da Sting a Adele tanto per dirne due, a altri pressoché sconosciuti, passando da versioni originali a altre, poco o nulla creative o, peggio ancora, forzatamente stravolte in cer-ca di un’invenzione che non trovano. Occorre pur ammetterlo, l’impresa non è facile. Provate voi a rifare “Like a rolling stone” o “Mr. Tam-bourine man” senza scadere nel già sentito, nel dilettantismo o senza lasciarsi prendere la mano da un esasperato narcisismo… Non, non è fa-cile. Onore, dunque, al merito e all’impegno, aldilà dei risultati che tuttavia nel loro insieme sono più che buoni. Ah, dimenticavo, il cd por-ta il titolo di una bellissima canzone di Dylan che viene riproposta dal grande vecchio alla fine della maratona canora: la splendida “Chimes of freedom”. Ovviamente, il cofanetto costa, ma per il suo contenuto, nonché per la causa che so-stiene, io lo consiglio. Ne vale la pena, in attesa, ovviamente, dell’ultima fatica del nostro schizo-frenico e proprio per questo inarrivabile profeta: Tempest. Nel frattempo, giusto per rimanere sull’argomento, ne approfitto per consigliare una lettura in tema: Un’aria da Dylan di Enrique Vila-Matas, edito da Feltrinelli. Intrigante e deli-zioso romanzo, ottimamente scritto, traboccante di rimandi e suggestivi echi letterari, non ultimo quello a Amleto. Decisamente originale, imper-dibile per chi ama Borges.Ultimo ritorno è, infine, quello del vecchio Neil Young, the loner. Ha pubblicato un cd che è stato fonte di un certo dibattito con il mio “pusher” di fiducia. Più di una volta, lui me lo ha propo-sto, dicendomi: “fidati, te l’assicuro!”. Io tiravo in lungo, storcevo il naso, fiutavo l’inganno. Tra

me e me mi dicevo: “è solo una furbata per man-tenersi al centro della scena, l’ultima spiaggia per un artista a corto ormai di idee, quel che ha dato, ha dato e, donc, forgettiamoci o’ passato!”. E invece no! Maledetto Neil e maledetto pure il “pusher”. Alla fine di un estenuante tira molla ho ceduto e ho acquistato Americana che non è la ristampa della celebre antologia di Vittorini. E, mannaggia, ho fatto bene. Il cd inizia con “Su-sanna” e termina con… “God save the queen”, ma il canadese è d’altra pasta dei Sex pistols. Ri-sultato: un gran bel disco, per nulla scontato, dal sound corposo e sanguigno, impreziosito dalla voce inconfondibile dell’autore di “Heart of gold”. Neil suona e canta con passione e senti-mento, rifà pezzi tradizionali infondendoci nuo-va linfa. Lo affiancano, come in tutte le sue mag-giori imprese, i fidatissimi Crazy horse, i quali, come loro per primi ammettono, non saranno i più grandi musicisti sulla faccia della terra, ma suonano con l’anima e si sente. Chapeau a Neil e a suoi compari.

Angelo Villa

di Ursula MeierSisterSvizzera, Francia 2012Distribuzione: Teo-dora Film e spazio-CinemaProduzuibe: Archipel 35, Vega Film in co-produzione con RTS

Radio Télévision Suisse, Bande à part Films

Il gioco invertito delle partiA raccontare questa storia di infanzia negata ar-riva una favola grigia che, come tutte le favole, funziona in ogni tempo (anche in tempo di cri-si) e, come ogni grigio, stempera il colore vivo del cambiamento.

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

cinema

a cura di Cristiana La C

apria

Page 32: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

113Cultura 113

Il film tratteggia una condizione che sta lì, ferma, senza evolvere, senza mutare e senza neppure es-sere corretta. Chi va al cinema perché della storia vuole sapere come va a finire, sappia che il film va a finire come è iniziato. Ma ciò che conta è cosa viene mostrato e soprattutto come.L’inquadratura di apertura è per il primo piano di un water su cui sta appollaiato un ragazzino che ficca nello zaino diversi oggetti da neve, in-dossa un passamontagna, su di esso un casco, ancora una tuta da sci, delle calzature professio-nali, anche gli occhiali antinebbia. Ma lui non sa neppure sciare; sa rubare però. Quando esce dal bagno si porta fuori, sulle piste di una sta-zione sciistica svizzera, dove ci sono quelli ricchi che fanno la bella vita, che se la spassano sulla neve. A costoro il ragazzino sottrae sci e accessori che poi rivende per guadagnarsi da vivere. A fine giornata prende la funivia e scende a valle, a casa sua, una zona nuda occupata da case popolari e da terreno incolto. Ogni giorno è sempre lo stes-so spostarsi dalle zone basse e stagnanti di casa sua alle alture biancheggianti delle piste turisti-che, dall’inferno al paradiso. La desolazione del paesaggio interiore del protagonista sta tutta in un rapporto smembrato con la sorella, una sban-data di circa il doppio dei suoi anni. Nessun altro vive nella loro casa. Lui porta avanti la baracca, lei un po’ lavora un po’ no, se la spassa con dei bellimbusti, beve volentieri alcolici.La trama della storia sta concentrata sugli zampilli di amore feroce, bugiardo, traditore, squilibrato che la “sister” del titolo mostra al fratello, che poi fratello non è. Lo veniamo a sapere a metà della storia che Simon, il nostro giovane ladro, chiama sorella colei che invece è sua madre, ma che sua madre non voleva diventare. L’impalcatura men-tale che ci siamo costruiti fino a metà storia e ci ha fatto immedesimare nelle carni di un piccolo orfano con una sorella debosciata si devono ria-dattare a una nuova visione: un bambino chiama sorella la donna che sa essere sua madre a cui egli stesso fa da padre. L’esasperante stravolgimento

dei ruoli è devastante per chi vede questo ritratto disegnato con mano delicata e asciutta.Senza fare fracasso scenografico, ogni fotogram-ma ci trasferisce il dolore assordante di un prea-dolescente che della giovinezza ha solo la pelle e la corporatura, un piccolo adulto che non ride e non gioca. Senza amici, senza parenti toglie og-getti a chi ne ha tanti per darne un po’ a sé e a co-lei che di lui poco si cura. Gli adulti nel film sono di sue categorie: quelli a cui Simon ruba gli og-getti e quelli a cui Simon vende gli oggetti rubati. Poi c’è la madre/sorella, dissipata nello sguardo a cui Simon, almeno una volta nel film, chiede di fargli fare il bambino, implorando un abbraccio di mamma nella notte fonda. Ma lei non vuole. Allora lui le mette sotto il naso 200 bigliettoni. Lei gli concede l’abbraccio e si prende i soldi.Non una sbavatura retorica nell’esposizione filmica che riduce all’osso le parole e anche la visione delle componenti emotive derivate dai gesti degli interpreti che ruotano intorno a se stessi senza cambiare strada, senza scap-pare, senza fermarsi. Continuano imperterriti il drammatico gioco delle parti invertite. Fino a che Simon ci prova a cambiare, a sfuggire al meccanismo, a rimanere una notte, da solo, lì, sulla montagna del paradiso. Però dopo, per la paura e il freddo piange e all’alba corre per ritornare a casa, la sola, l’unica casa che cono-sce. Mentre è sulla funivia che scende, dal vetro incrocia lo sguardo di una donna che è nella funivia che sale. E’ sua sorella che sta andando a cercarlo. E ancora una volta le loro strade si in-crociano ma le direzioni sono opposte. E siamo di nuovo al punto di partenza. E anche se io spettatrice ho imparato il segreto della relazione tra i due personaggi continuo a voler chiamare la donna “sister”, non mamma. Anche questo, alla fine del film, non cambia. Ma quegli sbagli di amore cui ho assistito sono immagini, me-ravigliosamente squilibrate, che si incastrano nella memoria. Da vedere per reagire.

Cristiana La Capria

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Scelti_per_voi

Page 33: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

114

ARRIVATI_IN_REDAZIONE

Albert BanduraAdolescenti e autoefficacia

Centro Studi Erickson, Trento 2012, pp. 84, € 10,00Tra i più importanti progressi nella storia della psicologia, il concetto di autoefficacia ha dato un contributo decisivo alla descrizione di fenomeni quali la motivazione, l'apprendimento, l'autoregolazione e il successo scolastico. Questo saggio fondamentale di Bandura, padre della teoria cognitiva e del costrutto di autoefficacia, spiega come le credenze sulle proprie capacità personali influiscano sulla vita degli adolescenti, condizionandone il rendimento scolastico, i rapporti familiari, la regolazione emotiva e la

propensione a comportamenti a rischio.

Assunta Sarlo, Francesca ZajczykDove batte il cuore delle donne?

Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 156, € 12,00C'è uno scandalo, in Italia, che fa ancora poco scandalo. Lo scandalo sta nei numeri molto bassi della presenza delle donne nelle stanze decisionali della politica. Sta in quella media del 19 per cento che ci pone al cinquantaquattresimo posto nella classifica mondiale della presenza delle donne nei parlamenti nazionali. E sta nel ritardo particolarmente accentuato rispetto agli altri Paesi europei. L'Italia non è un paese per donne: a dirlo sono

i numeri esigui della presenza femminile nelle istituzioni...

Enrico MiattoGiovani verso il futuroCleup, Padova 2012, pp. 240, € 17,00Il volume entra nel merito della doppia transizione che i giovani sono chiamati a sperimentare, quella verso l'età adulta e quella dalla scuola al lavoro. Il vertice osservativo mantiene una cifra squisitamente pedagogica integrando i contributi forniti da altre scienze umane nell'interpretazione dell'età giovanile. Il testo si compone di tre parti. Nella prima, tema centrale è sì la transizione, ma anche il progetto di vita verso l'autonomia. Nella seconda parte viene approfondito il tema della transizione scuola-lavoro rispetto alle implicazioni teoriche...

Pino TossiciCento giorni sul comòBook Salad, Anghiari 2012, pp. 160, € 12,00Il libro è la storia di Peppino, un bambino impertinente, imprevedibile e sognatore alle prese con una famiglia scombinata e una madre decisamente impegnativa. Piena di flashforwards che ci riportano all'attualità del quotidiano, è ambientata negli anni '50 e '60 di un'Italia uscita a pezzi dalla guerra, un paese che si andava ricostruendo con orgoglio e fatica e che stava vivendo un periodo di straordinaria prosperità che verrà ricordato come l'epoca del boom economico. Con leggerezza, compassione e ironia ma anche con grande coraggio, l'autore racconta la sua storia di formazione...

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura

Page 34: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

115115Cultura

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Arrivati_in_redazione

Lella Ravasi BellocchioL'amore è un'ombra

Mondadori, Milano 2012, pp. 159, € 17,00Le mamme non hanno sempre ragione, non sono sempre buone; spesso, nella vita quotidiana, fanno del male, più o meno involontariamente, ai propri figli e a volte possono arrivare persino a ucciderli in maniera efferata. Quante sono le madri che non vogliono saperne di lasciare il privilegio della bellezza alle proprie figlie? Quante vedono i figli come prolungamento narcisistico di sé? Quante, sigillate nel proprio dolore, sono incapaci di prendersi cura dei bambini? Leila Ravasi Bellocchio, analista, in questo libro mostra il lato

nascosto e taciuto della maternità...

Edith PiafMio azzurro amore

Archinto, Milano 2012, pp. 105, € 15,001951: ha inizio la tormentata passione tra la più grande cantante francese di tutti i tempi e Louis Gérardin, famoso ciclista, più volte campione di Francia, un atleta come Marcel Cerdan, il grande amore della Piaf scomparso tragicamente in un incidente aereo - un lutto dal quale la cantante pensava di non riprendersi più. Poi, quando Gérardin entra nella sua vita, Edith è subito travolta. Letteralmente soggiogata da quest'uomo sposato, lo supplica di divorziare, vuole costruirgli

una casa, dargli un figlio, offrirgli la propria fortuna, avviargli un'attività...

Diemoz ErikaA morte il tiranno. Anarchia e violenza da Crispi a MussoliniEinaudi, Torino 2011, pp. 377, € 32,00Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento gli anarchici italiani rappresentarono una minaccia terroristica globale. Sia per l'importanza politica dei loro bersagli (miravano ai primi ministri come alle teste coronate), sia per la risonanza sociale della loro propaganda (si battevano per il trionfo di una giustizia proletaria), furono le bestie nere delle polizie di tutto il mondo. [...] Ma chi erano i cattivi della favola, e chi i buoni? Quali le forze del progresso, e quali della reazione? Muovendo dall'Italia liberale per approdare all'Italia fascista, il libo di Erika Diemoz ritrova i fili nascosti che mantennero unita questa trama storica di anarchia e di violenza.

Bruno RossiL'organizzazione educativaCarocci, Roma 2011, pp. 224, € 23,00Nell'economia dell'intangibile alla persona si guarda come alla principale risorsa generativa di valore. Il soggetto (pluri)competente è posto al centro della vita organizzativa ed è accreditato variabile indipendente di vantaggio in direzione della capacità trasformativa, della produttività creativa e della qualità. La valorizzazione, la cura e lo sviluppo del capitale umano vengono a costituirsi pertanto come compiti organizzativi irrinunciabili. L'apprendimento è stimato variabile critica e ineliminabile per lo sviluppo aziendale.

Page 35: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Guillermo RosalesLa casa dei naufraghiFandango Libri, Roma 2011, pp. 110, € 15,00William Figueras, scrittore cubano inviso al regime, uomo passionario che coltiva le illusioni nel buio della sua mente, è in fuga dalla cultura, dalla musica, dalla letteratura, dalla televisione, dalla storia e dalla filosofia di Cuba. Nelle tasche non ha nient'altro che le edizioni rilegate dei Romantici inglesi, e a Miami qualche parente che possa ospitarlo. Ma William è malato di nervi, e dopo l'esilio le voci che sente rimbombano forte nella testa. Talmente tanto, che la zia che l'accoglie deve arrendersi. La “casa” in cui viene deportato è una clinica ai confini con la realtà.

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Arrivati_in_redazione

Manuel CruzL'amore filosofo

Einaudi, Torino 2012, pp. 235, € 25,00L'idea dell'amore, presente nel discorso filosofico fin dalle origini, si è evoluta adattandosi ai contesti storici e sociali, assumendo diverse forme e funzioni, senza perdere mai il proprio ruolo di primo piano nella sfera dei condizionamenti culturali. Ma come si legano queste forme dell'idea dell'amore all'esperienza amorosa? Come hanno amato i filosofi che riflettono sull'amore? Manuel Cruz ricostruisce le vicende esistenziali di alcune grandi figure della storia del pensiero, di cui è noto non solo l'interesse verso l'amore in quanto tema, ma anche il

coinvolgimento personale nelle relazioni amorose.

Anna GranataIntercultura. Report sul futuro

Città Nuova, Roma 2012, pp. 216, € 18,00Solo da pochi decenni, per effetto dell'immigrazione e della globalizzazione, la società italiana sta sperimentando l'incontro con la differenza (culturale o di altra natura). È un fenomeno troppo recente per cui la nostra società fatica ancora ad accettare di essere divenuta una società multiculturale e multireligiosa, al pari di altri Paesi europei. Scopo del libro è contribuire a diffondere l'idea che la pluralità è oggi la norma entro la nostra società. In questo ambito, l'approccio interculturale

può costituire una straordinaria risorsa in campo educativo...

Matteo Rizzato, Davide DonelliIo sono il tuo specchioEdizioni Amrita, Torino 2011, pp. 120, € 11,50Scoperti dal professor Giacomo Rizzolatti, che firma la prefazione di questo libro, i neuroni specchio sono una delle scoperte più straordinarie delle neuroscienze contemporanee; in sostanza, si tratta della spiegazione scientifica del perché comprendiamo a livello profondo il comportamento altrui. Questo agile libro mira proprio a far conoscere a tutti, con un linguaggio chiarissimo e molte brillanti vignette, sia il contenuto scientifico essenziale di tale scoperta, sia, cosa ancora più importante, le sue ripercussioni nella nostra vita...

116

Page 36: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

117117In Vista

Pedagogika.it/2012/XVI_4/In_vista

Donne in movimentoUn tema non solo particolarmente interessan-

te, ma anche di grande attualità è stato affron-tato nel numero 112 di quest'anno della rivista Lettera internazionale, interamente dedicato alle Donne in movimento.

Al centro le donne e, in particolar modo, la loro capacità di appartenere a mondi diversi e di “interpretare” ruoli diversi nella vita di ogni gior-no. Una versatilità, questa, tanto fisica quanto mentale che mette alla prova la cultura patriarcale dominante e che consente alle donne di elabora-re il dolore e di trasformarlo in forza tramite la condivisione di esso con le altre donne. É pro-prio a questa capacità femminile che Biancamaria Bruno, la direttrice della rivista, fa riferimento

all'interno del suo editoriale scrivendo: “Al centro di questa visione del mondo, c'è la forza che viene dall'essere nomade – cioè la capacità di portarsi dietro le proprie radici aeree, la capacità di essere in un mondo, ma anche in un altro e in un altro ancora. Di portare con sé il dolore e la violenza che si sono subiti, ma senza che ciò significhi silenzio e rinuncia alla vita”.

Tra i molti contributi interessanti indichiamo:Nuove riflessioni sul dominio maschile, di Pierre Bourdieu; Donna nomade e plurale, di Rosi Braidotti; Ricordi di una donna, memorie degli italiani, conversazione tra Agnese Moro e

Biancamaria Bruno; Una storia tra tante, di Manuela Dviri;Disobbedisco e ti porto al mare, di Michela Mastrodonato; Donna italiana: digitale o analogica? intervista di Biancamaria Bruno a Massimiliano

Mazzarella;Il viaggio delle donne è appena iniziato... di Marina Calloni; Attraversare le frontiere, di Anna Zoppellari; Le donne del Mediterraneo. Tra primavere arabe e crisi, di Rita El Kahyat; Immaginario post-sovietico: una prospettiva di genere, di Madina V. Tlostanova; La questione della donna nell'Argentina, di Gina Lombroso; Un ponte fra tanti mondi, di Gloria Anzaldúa; Per una frontiera invisibile, di AnaLouise Keating.

in_v

ista

Page 37: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/In_breve

Novità Stripes edizioni – ottobre

in_b

reve

118

Collana PolisFabio Lucchini (a cura di)Prefazione di Fabio CavaleraSocietà in rivolta.Alle radici del disagio collettivo nel XXI secoloAnno 2012, Pagine 200

Dopo la breve illusione delle ripresa economica globale, il costante peggio-ramento degli indici borsistici, l’erosio-ne del potere d’acquisto e la consistente perdita di posti di lavoro preannunciano un futuro prossimo carico di incertezze. Mentre cresce il fronte dell’insoddisfa-zione sociale, muta anche l’obiettivo degli strali popolari: non più il delin-quente o l’immigrato riottoso all’inte-grazione, ma i “poteri forti”, incapaci di gestire il sistema globale e le sue risorse finanziarie e tecnologico-ambientali. Tuttavia, è bene precisare che scagliare anatemi e additare nuovi responsabili serve a poco, se non a fomentare la rab-bia sociale, a stressare pericolosamente i nervi già tesi della coscienza colletti-va. Come ha insegnato lo straordinario e terribile ventesimo secolo, l’unica via per uscire dalla crisi complessiva che sta investendo il nostro mondo è cercare di comprendere, evitare semplificazioni e operare per il necessario cambiamento.

Con i contributi di:Fabio Lucchini, Gianni Silei, Anne Po-wer, Guido Martinotti, Marco Lom-bardi, Paolo Bellini, Vincenzo Marino, Salvatore Licata.

Collana PedagogikaBarbara Mapelli, Stefania Ulivieri Stiozzi (a cura di)Uomini in educazione.La scomparsa di un genereAnno 2012, Pagine 190

Se si parla di uomini in educazione, si parla, soprattutto, di un’assenza, un as-senza che non stupisce. Le professioni educative appartengono a quell’area di lavori definiti lavori di cura e della cura se ne occupano le donne. Si tratta ancora di una serie di stereo-tipi, di un problema di culture tradi-zionali che non corrispondono più alla realtà e alle necessità del nostro tempo. Un problema culturale, come tale su-perabile, perché le culture, anche le più tenaci, si possono trasformare, adeguare alle nuove domande. Basta che queste domande si cominci finalmente a por-sele. Domande serie, che chiedono lo sforzo di superare l’ovvio, il già dato, l’invisibilità delle evidenze.Ed è urgente farlo perché le assenze ma-schili in educazione creano problemi gravi, soprattutto tra chi è più giovane e viene educato o educata in un mondo tutto femminile e cresce nella convin-zione che a prendersi cura siano sempre e soltanto le donne, che gli uomini non sanno, possono o vogliono farlo e quin-di si occupano di altro.

Page 38: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Carnet

RomaEuropaFestival 201226 settembre - 25 novembreRoma 43 spettacoli tra teatro, musica , danza ed arte e numerosi incontri con autori ed artisti. “All that we can do”, tutto quello che noi possiamo fare, è l'invi-to che il Romaeuropa Festival rivolge quest'anno al suo pubblico, sensibi-le all'urgenza della creazione artistica contemporanea, protagonista di una società che cambia. Info: http://romaeuropa.net/festival.html

Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità 20123 dicembre 2012Varie CittàIl 3 dicembre ricorre la “Giornata Internazionale dei diritti delle perso-ne con disabilità” come stabilito dal “Programma di azione mondiale per le persone disabili” adottato nel 1982 dall’Assemblea generale dell’ONU. L’evento ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi legati alla disabi-lità per sensibilizzare l’opinione pub-blica ai concetti di dignità, diritti e benessere delle persone disabili accre-scendo la consapevolezza dei benefici che possono derivare dall’integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale.

MIRÓ! Poesia e luce5 ottobre 2012 - 6 aprile 2013GenovaPalazzo Ducale ospita una rassegna esaustiva dell’opera di Joan Miró (1893-1983), il grande artista catala-

no che lasciò un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee. La mostra presenta oltre 80 lavori mai giunti prima nel nostro Paese, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli.info: http://www.mostramiro.it

Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese27 settembre 2012 - 6 gennaio 2013Roma Per la prima volta a Roma una rasse-gna su Johannes Vermeer, massimo esponente della pittura olandese del XVII secolo. La mostra delle Scuderie del Quirinale include una preziosa se-lezione di opere di Johannes Vermeer - rarissime e poco distribuite nei musei di tutto il mondo - e all'incirca cin-quanta opere degli artisti olandesi suoi contemporanei. info: http://www.scuderiequirinale.it

Festival Verdi 20121 - 28 ottobreParmaRitorna ad Ottobre (mese in cui ricorre l'anniversario della nascita), l'annua-le appuntamento in onore del grande maestro Giuseppe Verdi.Il Teatro Regio di Parma, celebrerà il grande maestro con 2 grandi opere:L'Otello in data 1, 5, 12, 18, 26 ottobre; La battaglia di Legnano in data 6, 9, 13, 20, 27 ottobre.info: http://www.teatroregioparma.org/verdifest/index.htm

Carnet - La redazione consigliaEventi, festival, incontri di interesse in giro per l'Italia

119Carnet

Page 39: Educare al tempo Pedagogika.it 2012 XVI 4 Educare al tempo …backend.pedagogia.it/UserFiles/File/T-NewPedagogika_XVI_4_rev3.pdf · Pedagogika.it 2012 XVI_4 Educare al tempo della

Pedagogika.it/2012/XVI_4/Cultura/Carnet

Diario di provincia6-10 novembre 2012MilanoIn una scena vuota, poche luci efficien-ti ma scarne, un solo attore, Oscar De Summa, e la sua voce danno vita ad uno spettacolo che dipinge lo scorcio di una vita di provincia opprimente, da cui si può solo fuggire per sentirne, forse, la mancanza. Niente, non succe-de niente, solo la depressione da calura estiva. La noia è la sovrana di un regno bruciato, in cui uomini e donne indu-giano senza concludere nulla, rassegna-ti. Stare nella piazza deserta a guardare le cosce delle donne, bere e rubare alla luce del sole: questo è il Sud raccontato da Oscar De Summa, questa è la Puglia amata e odiata. Al Teatro Sala Fontana in Via Gian Antonio Boltraffio 21.

MILANoLTRE 2012 3 ottobre – 2 dicembre 2012MilanoLa danza protagonista della ventise-iesima edizione di MilanOltre. Tre le opportunità per il pubblico: spettacoli, incontri, workshop. Tre le sezioni tema-tiche: Vetrina Italia, con le realtà più in-teressanti della scena italiana, e i profili dedicati a due compagnie di fama inter-nazionale, la Spellbound Contempora-ry Ballet diretta da Mauro Astolfi e la compagnia catalana Gelabert/Azzopar-di Companyia de Dansa. Al Teatro Elfo Puccini, e alla DanceHaus di Milano.

Festival della scienza25 ottobre – 4 novembre 2012GenovaÈ un punto di riferimento per la divul-gazione della scienza. È un’occasione di incontro per ricercatori, appassionati, scuole e famiglie. È uno dei più grandi eventi di diffusione della cultura scien-

tifica a livello internazionale. Incontri, laboratori, spettacoli e conferenze per raccontare la scienza in modo innovativo e coinvolgente, con eventi interattivi e trasversali. 11 giorni in cui le barriere fra scienze matematiche, naturali e umane, verranno abbattute e la ricerca si potrà toccare, vedere, capire senza confini.

Il Barbiere di Siviglia9 dicembre 2012MilanoIl barbiere di Siviglia, opera buffa in due atti di Gioachino Rossini, è l'a-pertura di una stagione, InCanto in Musica, premiata da un caldo consen-so di pubblico, che ha apprezzato non solo la qualità degli allestimenti e degli interpreti, ma anche le due principali novità della scorsa edizione: l'aggiunta dell'orchestra ed il servizio di accom-pagnamento a casa al termine dello spettacolo. In particolare Il barbiere di Siviglia è arricchito dalla presenza nel cast di veri specialisti del repertorio rossiniano. Al Teatro Sala Fontana in Via Gian Antonio Boltraffio 21.

Festival dei popoli10-17 novembre 2012FirenzeL'associazione Festival dei Popoli orga-nizza a Firenze il principale festival in-ternazionale del film documentario in Italia con convegni e tavole rotonde che sono considerati parte integrante della manifestazione. Lo spirito originario del Festival dei Popoli è di essere testi-mone e promotore delle innovazioni e delle tendenze che investono il cinema del reale: un cinema estremamente mo-bile ed innovativo che descrive il mon-do che ci circonda con originalità e partecipazione emotiva.info: http://www.festivaldeipopoli.org/

120