Sociologia - Unità 2

download Sociologia - Unità 2

of 30

description

Sociologia - Unità 2

Transcript of Sociologia - Unità 2

INTRODUZIONE

21La sociologia classica. mile Durkheim

31.1mile Durkheim e il suo mondo

51.2Solidariet meccanica e solidariet organica

71.3Le regole del metodo sociologico

101.4Il suicidio

181.5La morale laica

201.6Sacro e religione

231.7I durkheimiani

1 La sociologia classica. mile Durkheim

Se le opere di Montesquieu e Rousseau preparano la strada al nuovo pensiero sociologico, quelle di Comte e Spencer possono essere gi considerate, a tutti gli effetti, le prime opere sociologiche vere e proprie. La sociologia, del resto, fa il suo ingresso ufficiale nel mondo del pensiero proprio con Comte, che conia il nome della nuova disciplina pensandola sul modello delle scienze naturali, tanto da intenderla come una sorta di fisiologia sociale.

Il destino di questi autori, tuttavia, piuttosto paradossale. Non c manuale di sociologia che possa permettersi il lusso di non ricordare la legge dei tre stadi di Comte, la legge dellevoluzione di Spencer, linsistenza del primo sul bilanciamento tra ordine e progresso e la fiducia del secondo in un mondo mosso dagli interessi individuali. Ciononostante, il richiamo ad autori come Comte e Spencer sembra oggi in un certo senso ritualistico. Essi rimangono importanti, ma da un punto di vista storico-ricostruttivo, per la storia della sociologia in altri termini. Nessuno oggi pi userebbe la legge dei tre stadi di Comte o la legge dellevoluzione di Spencer per interpretare un fenomeno sociale contemporaneo, diciamo per esempio la direzione di sviluppo dei paesi del terzo mondo. I presupposti evoluzionistici e positivistici che caratterizzano le pagine di entrambi, malgrado il carattere collettivistico del pensiero del primo e quello individualistico del pensiero del secondo, sono oggi ormai del tutto insostenibili. Nessuno pi oggi ritiene che lo sviluppo delle societ abbia un punto di partenza e uno di arrivo predeterminati e univoci, quali che siano le societ in questione, n che la sociologia possa formulare leggi universali e necessarie (sul modello appunto delle scienze naturali) che possano spiegare lo sviluppo sociale, nonch consentirci di prevedere con esattezza il futuro svilupparsi degli eventi. Sarebbe come dire che sulla base di leggi di questo genere si possa prevedere che i processi di globalizzazione daranno necessariamente vita nei paesi del terzo mondo a modelli di vita uguali in tutto e per tutto a quelli egemoni nelle societ occidentali, e che questo quanto necessariamente avverr per ragioni scientifiche. La diffusa ostilit a un certo modo di intendere la globalizzazione rivolta esattamente contro questo carattere uniformante ed etnocentrico di una parte del pensiero occidentale. Le linee di sviluppo, oggi sappiamo e auspichiamo, sono differenziate in base ai diversi contesti socio-culturali. La realt sociale talmente complessa che impossibile, e neanche auspicabile, ricondurla entro gabbie predeterminate dal pensiero. Lo scientismo positivista di autori come Comte e Spencer, in altri termini, ha una natura riduzionistica (della complessit della realt sociale) che oggi non possiamo pi accettare.

Rievocare un autore per ragioni puramente storiche o rievocarlo per la sua perdurante attualit (nonostante le critiche, i se e i ma), quel che fa la differenza tra un autore come gli altri, bench importante, e un classico. Un classico non viene rievocato per ragioni storiche, ritualistiche o celebrative. I modelli di analisi, le teorie, i concetti del pensiero di questultimo sono costantemente usati dai sociologi di oggi nel loro lavoro quotidiano. Anzi, in buona parte la cassetta degli attrezzi di un sociologo di oggi fatta dai concetti messi a punto dai classici. Basta un semplicissimo test per capirlo: guardando la sera il telegiornale possiamo fare ordine nel caos della realt sociale che le notizie ci restituiscono (un concetto fa esattamente questo, aiuta a classificare, a ridurre la complessit del reale senza perderne del tutto la ricchezza, se si tratta di un buon concetto) usando le categorie dei classici. Pi avanti vedremo qualche esempio di questo tipo. Il punto che le teorie dei classici sono ancora vive, e ci aiutano a orientarci nella realt sociale che viviamo quotidianamente. Il primo dei classici che incontriamo mile Durkheim.

1.1 mile Durkheim e il suo mondo

Uscendo dalla prima sala del nostro museo, il nostro visitatore viene guidato verso una seconda sala. Sulla prima parete, subito allingresso della sala, campeggia una fotografia. la fotografia di un uomo sui quarantacinque anni, alto, magro, quasi calvo, con una folta barba, vestito di nero. I suoi contemporanei, amici e allievi, ce lo descrivono come un uomo dalla straordinaria forza retorica e argomentativa, dalla grande disponibilit con i suoi allievi, ma anche estremamente rigido, severo, ascetico. Gi allet di trentaquattro anni aveva impressionato la commissione chiamata a giudicare la sua tesi di dottorato alla Sorbona di Parigi (quella che poi sarebbe stata la Divisione del lavoro sociale, una delle opere fondanti la tradizione sociologica) per la forza del suo pensiero, lampiezza del sapere e la sicurezza nella parola.

mile Durkheim era nato il 15 Aprile del 1858, a pinal, una cittadina della regione della Lorena. Il suo primo nome era Davide, a testimoniare lebraismo della famiglia, sicch la scelta, pi avanti, del secondo nome mile sar indicativa del suo rapporto con lebraismo. Il padre, Mise Durkheim, era rabbino di pinal, come anche il nonno e molti altri avi di mile. Lo stesso mile era destinato a seguire la medesima strada. Sappiamo che da giovanissimo frequent le scuole ebraiche locali, impar lebraico, studi il Talmud (il padre apparteneva a un ramo anti-messianico dellebraismo rabbinico, legalista, di origine lituana). Il clima che respirava in casa era quello che possiamo provare a immaginare proprio di una pia famiglia di ebrei askenaziti provenienti, generazioni prima, dallEuropa dellEst.

Con questo contesto mile ruppe piuttosto presto, malgrado ancora oggi si discuta di quanto la sua educazione e il successivo rapporto con la cultura ebraica possano aver influenzato il suo pensiero. Nel 1879 si trasfer a Parigi, e superato il concorso di ammissione dopo un primo tentativo fallito si iscrisse alla cole Normale. Qui incontrer giovani della sua stessa generazione chiamati nei decenni successivi a scrivere la storia politica e culturale della Francia laica e repubblicana della Terza Repubblica, uomini come Lvi-Bruhl, Jaurs (il futuro leader socialista), Bergson. Qui studier con filosofi e storici neo-kantiani, come Renouvier, Boutroux, Foustel de Coulanger. Nel 1882 ottiene la sua agrgation, e inizia a insegnare in diversi licei parigini. In questi stessi anni, dal 1885 al 1887, matura la sua vocazione sociologica. Nel 1885 compie un viaggio di studi in Germania, durante il quale pu toccare con mano levoluzione delle scienze sociali tedesche. Nel 1887 viene incaricato di tenere un corso di scienze sociali e pedagogia presso la Facolt di lettere di Bordeaux, dove rimarr fino al 1902. In questi anni, i pi fecondi della sua produzione intellettuale, pubblicher, tra laltro, La divisione del lavoro sociale (1893), Le Regole del metodo sociologico (1895), Il Suicidio (1897), e fonder limportante rivista Anne sociologique (1898). Nel 1902 viene incaricato di ricoprire una cattedra di Pedagogia alla Sorbona di Parigi, cattedra che diventer di Pedagogia e sociologia dal 1913. Nel 1912 pubblica la sua ultima opera importante, Le forme elementari della vita religiosa. Gli ultimi anni della sua vita saranno spesi nellimpegno per il sostegno morale e culturale alla Francia nella prima guerra mondiale. Nel 1915, dopo molti altri giovani collaboratori, muore sul fronte balcanico il figlio (promettente studioso e allievo) Andr. Da qui in poi si aggrava una malattia di carattere nervoso che ha accompagnato Durkheim nel corso di tutta la sua vita, ed egli morir a Parigi il 15 novembre del 1917.

La guerra signific per Durkheim molto di pi che la perdita di un mondo affettivo fatto di amici, allievi, e naturalmente dello stesso figlio. Essa signific il crollo di un intero mondo e delle speranze a esso legate. Durkheim, infatti, colse nella prima guerra mondiale il sintomo di una profonda crisi morale delle societ europee, una crisi iniziata allindomani della Rivoluzione francese. La Rivoluzione, per Durkheim, era stato lultimo momento in cui la societ francese aveva dato prova di saper vivere intensi momenti di vita associata, momenti, scriver nelle Forme elementari della vita religiosa, di effervescenza collettiva, in cui nuovi valori emergono, vengono creati e condivisi, nuove forme di moralit penetrano nei cuori delle persone. La Rivoluzione, quindi, non viene interpretata da Durkheim, come nel caso dei Tradizionalisti cui si accennato sopra, come essa stessa la causa del malessere della modernit, il punto di svolta di un mondo che rinuncia ai valori naturali delle societ premoderne, ma al contrario il luogo di elaborazione di nuove forme di moralit collettiva, pi adeguate alle societ moderne. Non c nessun vangelo, scriver Durkheim nellopera del 1912, che sia eterno, ma al tempo stesso non c societ che non senta il bisogno di generare e rinsaldare a intervalli regolari un nucleo di credenze condivise. Senza di esse non c societ che possa durare nel tempo. Dopo la Rivoluzione, sostiene ancora Durkheim, solo la mobilitazione collettiva in difesa del generale Dreyfus, che vide lalleanza della Francia repubblicana e socialista contro i tradizionalisti cattolici e la destra antisemita, fece segnare un nuovo momento di effervescenza collettiva, il momento di svolta di una societ impegnata a difendere lindividualismo inteso come fede comune della modernit.

Le genuine convinzioni repubblicane e socialiste di Durkheim (un socialismo senza lotta di classe, bisogna precisare), dunque, ne fecero un esponente di spicco della cultura laica della Francia della sua epoca. Al contempo, vedremo che la sua rara e spiccata sensibilit nei confronti delle condizioni della solidariet sociale ne fece uno strenuo difensore di una forma laica di moralit capace di assolvere a quelle funzioni di integrazione sociale un tempo assolte dalle credenze religiose. Il problema teorico e pratico di Durkheim, in altri termini, fu sempre quello di capire la natura e il modo di funzionare delle norme sociali e di quelle religiose, al fine di trovare un equivalente laico e moderno di queste ultime, per sottrarre le societ moderne a una devastante lotta di interessi contrapposti. In questa ricerca, Durkheim dialog con tutti coloro che potevano aiutarlo e capire la natura e il funzionamento delle norme sociali e religiose. Guard alle nascenti scienze sociali positive e empiriche in Germania, alla tradizione della filosofia sociale francese, alle scienze delle religioni anglo-americane. Il risultato fu la consacrazione della sociologia tra le scienze moderne, e la costruzione di un pensiero che ancora oggi sorprende per la sua forza e il suo coraggio.

1.2 Solidariet meccanica e solidariet organica

Il problema della solidariet sociale nel nuovo contesto rappresentato delle societ moderne costituisce il punto di partenza della ricerca di Durkheim. Lobiettivo critico del pensiero di Durkheim costituito dalle teorie contrattualiste e utilitaristiche, di cui La divisione del lavoro sociale una serrata critica, con un riferimento implicito (ed esplicito ad un certo punto del libro) alle posizioni di Spencer. Durkheim non intende negare la dimensione contrattuale della societ, ma solo dimostrare la sua insufficienza ai fini di un ordine sociale stabile: [] se poi consideriamo attentamente le cose, vediamo che ogni armonia di interessi cela un conflitto latente o semplicemente differito. Dove infatti linteresse regna da solo, siccome nulla interviene a porre un freno agli egoismi che si affrontano, ogni io si trova di fronte allaltro sul piede di guerra, e nessuna tregua a questo antagonismo pu essere di lunga durata. Linteresse infatti la cosa meno costante del mondo: oggi unirmi a voi utile, domani, la medesima ragione far di me il vostro nemico.

Le relazioni contrattuali, per loro natura, sono instabili e soggette a revoca. Ma ancora pi importante il fatto che esse si inscrivono in un quadro di norme che precedono il contratto stesso. Non tutto nel contratto contrattuale, secondo la celebre espressione durkheimiana. La dimensione non-contrattuale del contratto data, da una parte, da quelle norme giuridiche che non vengono contrattate ogni singola volta, ma che sono gi date allinterno del singolo scambio e, dallaltra, da un insieme di norme che pur non essendo giuridiche hanno comunque un forte carattere vincolante, e che sono costituite dalla consuetudine e dalla convenzione: Quando decidiamo della maniera in cui concludere ed eseguire i contratti, siamo tenuti a conformarci a regole che, anche se non sono sanzionate n direttamente n indirettamente da nessun codice, non mancano perci di essere imperative. Vi sono obbligazioni professionali e puramente morali, che tuttavia sono rigorosissime.

La prima conclusione dunque che il contratto non autosufficiente; esso possibile solamente in virt di una regolamentazione del contratto di origine sociale.

Lindividuazione di una zona di origine sociale alle spalle delle relazioni utilitaristiche di soggetti concepiti razionalmente porta Durkheim a mettere laccento sullimportanza rivestita dai valori comuni allinterno di una societ. Se il reciproco vantaggio non pu che dar vita ad un ordine sociale precario, i valori comuni costituiscono una base morale ben pi salda. Sono quei valori comuni che costituiscono la base non-contrattuale del contratto, ed allinterno di essi che si inscrivono le relazioni contrattuali.

La sfida che raccoglie Durkheim, e che era invece estranea a Comte, quella di cercare di spiegare come possano esistere e quali siano eventualmente valori comuni propri di societ come quelle moderne, in cui lomogeneit culturale ormai venuta meno. Il concetto con cui Durkheim designa il corpo di valori comuni propri di una comunit quello di coscienza collettiva: Linsieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri della stessa societ forma un sistema determinato che ha una vita propria; possiamo chiamarlo coscienza collettiva o comune [...] essa indipendente dalle condizioni particolari nelle quali gli individui si trovano; questi passano, e quella resta.

Sulla base del rapporto che questa coscienza collettiva intrattiene con la coscienza dei singoli individui la cui coscienza globale per cos dire data da quella della societ e da quella individuale Durkheim distingue due tipi di solidariet: quella meccanica e quella organica. Nel primo caso la solidariet in ragione inversa alla personalit. In questo caso, cio, le somiglianze tra gli individui sono maggiori delle differenze: La solidariet che deriva dalle somiglianze al suo maximum quando la coscienza collettiva ricopre esattamente la nostra coscienza totale, e coincide punto per punto con essa: ma in quel momento la nostra individualit scomparsa [...] nella societ in cui questa solidariet molto sviluppata, lindividuo non appartiene a se stesso [...] esso letteralmente una cosa di cui la societ dispone.

Lindice empirico che permette di misurare lintensit di questa solidariet dato dal diritto. Nel caso delle societ a solidariet meccanica, il diritto in vigore per lo pi quello penale. Mediante la pena, infatti, la societ reagisce con forza pari alloffesa ricevuta verso quei suoi membri che ne hanno violato le regole di condotta. La reazione alloffesa un modo in cui la societ ricorda a se stessa la sua solidariet interna, di fronte a chi la mette in questione: Se quindi, quando il delitto si produce, le coscienze che esso urta non si unissero per testimoniarsi reciprocamente che restano in comunione e che quel caso particolare unanomalia, queste non potrebbero evitare a lungo andare di perdere il loro vigore. Esse devono riconfortarsi e rassicurarsi a vicenda, dimostrando che sono sempre allunisono: e per farlo hanno un solo mezzo, di reagire in comune.

Quando, tuttavia, le societ si sviluppano, si estendono e la loro popolazione aumenta, loriginaria omogeneit si frammenta. Le societ moderne non sono composte di individui simili, bens differenti tra loro. In questo caso il tipo di solidariet non potr essere quella meccanica, bens quella organica. Questultima, per Durkheim, sembra derivare proprio dalla divisione del lavoro. La divisione del lavoro assume, rispetto a Smith o Spencer, una valenza morale, perch essa crea le condizioni per un nuovo tipo di solidariet, basato sullinterdipendenza. Cos Durkheim sintetizza la differenza tra i due tipi di solidariet: Completamente diverso il caso della solidariet prodotta dalla divisione del lavoro. Mentre la precedente (quella meccanica) implica una somiglianza tra gli individui, questa presuppone la loro differenza. La prima possibile soltanto nella misura in cui la personalit individuale assorbita dalla personalit collettiva; la seconda possibile soltanto se ognuno ha un proprio campo di azione, e di conseguenza una personalit. La coscienza collettiva deve quindi lasciare scoperta una parte della coscienza individuali.

Nelle societ rette dalla solidariet organica la preponderanza del diritto penale viene sostituita da quella del diritto civile. Ci indica che a una forza repressiva che deve sancire la compattezza della coscienza collettiva si sostituisce il criterio del risarcimento, che indica invece la differenziazione sociale.

La distinzione tra solidariet meccanica e solidariet organica, che Durkheim non riprender in questi termini mai pi nel corso della sua opera, rimane un passaggio fondamentale nella tradizione sociologica. Essa, infatti, vale a stabilire a livello idealtipico una differenza tra il tipo di solidariet proprio delle societ tradizionali e quello proprio delle societ moderne. Inoltre, essa vale a definire i caratteri generali del concetto di solidariet inteso in senso sociologico. Nel vocabolario sociologico, infatti, solidariet non sta a indicare la generica disponibilit allaltruistico aiuto nei confronti del prossimo in difficolt, una sorta di mano tesa verso gli altri, come indica il senso comune. Solidariet, piuttosto, indica un insieme di regole e/o valori condivisi in grado di coordinare in termini non solo volontaristici le azioni degli individui allinterno dello spazio sociale.

1.3 Le regole del metodo sociologico

Con Durkheim, per la prima volta, la sociologia si trova a riflettere sistematicamente sul proprio oggetto dindagine e sul proprio metodo. Abbiamo gi sottolineato come, per il sociologo francese, lindividuazione tanto di un oggetto quanto di un metodo autonomi fossero condizioni indispensabili per poter accreditare la natura scientifica della nuova disciplina. Da questo punto di vista, Durkheim scriver le Regole del metodo sociologico in polemica con Auguste Comte, la cui riflessione sociologica era rimasta, a suo giudizio, priva di quel rigore metodologico che ne garantisce la scientificit.

Le Regole si presentano come una serie di prescrizioni che un buon sociologo deve seguire nel corso della sua analisi se vuole che essa produca un conoscenza sociologica valida. Ripercorriamo dunque le indicazioni durkheimiane. In primo luogo, loggetto della ricerca sociologica:

( Oggetto della ricerca sociologica sono i fatti sociali.

Questi ultimi hanno una loro natura propria, che li rende irriducibili ai fatti psicologici e ai fatti storici. La societ, si detto, una realt sui generis, cio autonoma e diversa rispetto alla semplice somma delle parti che la compongono. Cos, i fatti sociali non sono la somma dei fatti psicologico-individuali. La natura, le disposizioni e le motivazioni degli individui non possono esaurire la natura dellordine sociale: In base a questo principio, la societ non una semplice somma di individui, ma il sistema formato dalla loro associazione rappresenta una realt specifica con suoi caratteri propri. Indubbiamente, non pu prodursi nulla di collettivo se non esistono coscienze particolari; ma questa condizione necessaria, non una condizione sufficiente. necessario anche che queste coscienze siano associate, combinate e combinate in un certo modo. Da questa particolare combinazione risulta la vita sociale e, di conseguenza, in questa combinazione si trova la sua spiegazione. Aggregandosi, penetrandosi, fondendosi, le anime individuali danno origine a un essere, psichico se si vuole, ma che costituisce unindividualit psichica di un nuovo genere. Nella natura di questa individualit, e non in quella delle unit che la compongono, vanno dunque ricercate le cause prossime e determinanti dei fatti che vi si producono. Il gruppo pensa, sente, agisce in modo del tutto diverso da quel che farebbero i suoi membri se fossero isolati. Pertanto, se si parte da questi ultimi, non si potr capire nulla di ci che avviene nel gruppo. In una parola, tra la psicologia e la sociologia vi la stessa soluzione di continuit esistente tra la biologia e le scienze fisico-chimiche. ( In secondo luogo, perch un fatto sia sociale non basta che abbia una natura sua propria rispetto ai fatti psicologici, storici o anche biologici (Durkheim si opponeva ad entrambi i tipi di riduzionismo, alla tendenza cio a spiegare i fatti sociali con la psicologia o con la loro base biologica), ma deve avere anche altre caratteristiche: un fatto sociale qualsiasi modo di fare, stabilito o no, suscettibile di esercitare sullindividuo una costrizione esterna o anche che generale allinterno di una data societ, in quanto ha una sua propria esistenza, indipendentemente dalle sue manifestazioni individuali.

I fatti sociali, secondo la celebre, controversa e spesso fraintesa espressione durkheimiena, vanno trattati dallo scienziato sociale come cose. Non nel senso che siano di natura materiale i fatti sociali sono rappresentazioni collettive, abitudini, aspettative, maniere di agire e modi di sentire ma nel senso che, come gli oggetti materiali e gli stati del mondo naturale, non sono proiezioni del nostro volere, hanno unesistenza esterna, al di fuori di noi e oppongono inoltre una resistenza al nostro agire. Ci vuol dire che i fatti sociali sono prima di tutto fatti.

Fatti di questo genere, inoltre, fatti sociali cio, esercitano una qualche costrizione, pressione, condizionamento sullagire individuale. I fatti sociali sono fatti che ci spingono a fare una cosa piuttosto che unaltra. I fatti sociali, dicevamo, sono modi di agire, pensare, abitudini, e, a livello pi istituzionalizzato, regole del diritto, che spingono (inducono, costringono, a seconda dei casi e delle circostanze) gli individui a comportarsi in un modo anzich in un altro. Durkheim, in altri termini, sottolinea il condizionamento che la societ ha sui comportamenti individuali, la pressione sociale (nascosta o manifesta) che costringe, volente o nolente, a comportarsi in determinati modi, secondo modelli di comportamento che preesistono ai singoli individui.

( Se i fatti sociali costituiscono loggetto della ricerca sociologica (fatti, quindi, con una loro realt sui generis, esterni e coercitivi rispetto allindividuo), il problema successivo riguarda il modo in cui studiare fatti di questo genere.

Nello studio dei fatti sociali intesi come cose, sostiene Durkheim, bisogna preliminarmente azzerare tutti i pregiudizi. Questo non significa, come spesso si erroneamente sostenuto, che Durkheim chiedesse allo scienziato sociale di astrarsi completamente dalla societ in cui vive e mettersi in una ipotetica terra di nessuno da cui guardare in modo assolutamente oggettivo e neutrale ai fatti sociali. Significa, semplicemente, che un sociologo che si accinge a studiare un certo fenomeno deve cercare di non farsi guidare acriticamente dalle opinioni e credenze che, riguardo a tale fenomeno, possiede in quanto membro della societ a cui appartiene, dalle opinioni e credenze che gli sono state inculcate dalla sua educazione. Nelle Forme elementari della vita religiosa Durkheim sosterr a chiare lettere che la scienza sempre in un rapporto complesso e inaggirabile con lopinione, con il senso comune, e che anzi dallopinione trae al fondo la propria legittimazione: la scienza, quindi, non vive in un mondo incontaminato dai pregiudizi della cultura in cui calata. Al tempo stesso, se nellindagine, per esempio, del significato e della natura delle credenze religiose ci facessimo guidare dalle nostre personali opzioni teologiche di cristiani (protestanti, cattolici, ortodossi), o di buddisti, o di musulmani o di ebrei ecc. ecc., la nostra indagine risulterebbe inevitabilmente compromessa. Invitandoci a azzerare i pregiudizi, Durkheim invita semplicemente il sociologo a non muovere acriticamente dai propri valori e dalle proprie convinzioni, ma tenere conto del fatto che la realt sempre pi complessa di quanto il proprio personale angolo visuale, considerato naturale e ovvio in base alla propria educazione, lascia intravedere.

( Fin qui, abbiamo visto quale sia loggetto della ricerca sociologica e quale debba essere il corretto approccio allo studio dei fatti sociali. Il primo passo che concretamente un sociologo deve muovere, una volta scelto il proprio argomento di studio, darne una definizione che possa orientare il seguito del lavoro, che costituisca una sorta di bussola con laiuto della quale selezionare quel che rientra e quel non rientra nel proprio campo dindagine.

Allinizio di ognuna delle opere di Durkheim troviamo sempre infatti una definizione del fenomeno in questione. Questa teoria della definizione insiste sul fatto che la definizione deve essere operazionale, cio fare riferimento a tratti osservabili del fenomeno, che ci possano aiutare a riconoscere i fatti pertinenti senza dipendere dalle valutazioni comuni e inquinate dallopinione socialmente corrente, dai pregiudizi cio non criticamente vagliati. Facciamo un esempio: nelle Forme elementari della vita religiosa, Durkheim offrir ben presto una definizione provvisoria della religione, intesa come un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre, cio separate e interdette, le quali uniscono in ununica comunit morale, chiamata chiesa, tutti quelli che vi aderiscono. Questa definizione, bench giunga allinizio dellopera e sia dunque solo provvisoria, serve appunto come criterio per vagliare criticamente altre possibili definizioni, compromesse da pregiudizi soggettivi o indotti dal senso comune, come quella per esempio che fa coincidere la religione con la credenza in Dio. Bench questa sia unidea diffusa e tipica del senso comune, Durkheim mostra come vi siano religioni senza dio, e come dunque la definizione di religione debba catturare altre caratteristiche dei fenomeni religiosi in analisi. Un altro esempio possibile lo vedremo tra breve a proposito dello studio sul suicidio.

( Nellisolare per via definitoria i fatti che costituiranno loggetto della sua ricerca, il sociologo deve classificarli in una di due grandi categorie: fatti normali e fatti patologici. Per Durkheim, che tramite la distinzione tra normale e patologico si dota anche di uno strumento concettuale critico nei confronti di certe forme sociali assunte dalla modernit, la normalit di un fenomeno data dal nesso tra generalit e tipicit. Da un lato, infatti, normale ci che pi comune, pi generalmente presente nella societ. Il fenomeno della criminalit, presente in tutte le societ di tutti i tempi, ancorch moralmente condannabile, per esempio assolutamente normale sempre che non ecceda, per ciascun tipo sociale, un certo livello. Ma non dobbiamo pensare a questa generalit come una generalit astratta. Infatti, scrive Durkheim: A nessuno mai passato per la mente che ci che normale per un mollusco lo sia anche per un vertebrato. Ogni specie ha la sua propria salute, perch ha il proprio tipo medio.

Lo stesso principio vale in sociologia: Bisognerebbe rinunciare allabitudine ancora troppo diffusa di giudicare unistituzione, una pratica, una massima morale, come se fossero buone o cattive in s e per s, per tutti i tipi sociali indistintamente. Dal momento che il punto di riferimento nei confronti del quale giudicare lo stato di salute o malattia varia con le specie, esso pu variare anche per una sola e unica specie se questa muta. [...] Ci che normale per il selvaggio non lo sempre per luomo civile, e viceversa. [] La salute del vecchio non la salute delladulto, come questultima non quella del bambino; e lo stesso vale per la societ.

Quindi un certo fenomeno pu sopravvivere, per inerzia, abitudine, o vari fattori contingenti, allo stadio dellevoluzione sociale al quale appropriato o normale, e diventare patologico nonostante la sua presenza generalizzata. Questultima, dunque, non un criterio sufficiente per decidere della normalit di un fenomeno. Dunque la normalit non solo un fatto di generalit, ma di appropriatezza contestualizzata al tipo di societ.

( Una volta isolati, i fatti sociali devono essere spiegati. Spiegare sociologicamente un fatto sociale, per Durkheim, significa metterlo in una relazione causale con altri fatti sociali, ad esso antecedenti, che possano costituirne la causa. Ancora una volta, nel caso del suicidio, per esempio, troveremo una esemplificazione di questo metodo.

1.4 Il suicidioIl Suicidio (1897) unopera fondamentale nella storia del pensiero sociologico, per diverse ragioni. Da una parte, esso rappresenta il luogo di elaborazione di concetti destinati a rimanere parte integrante del vocabolario sociologico fino ai nostri giorni; dallaltra, esso rappresenta anche uno dei primi studi empirici che la storia della sociologia abbia conosciuto. In quegli stessi anni, solo Max Weber, in Germania, andava conducendo ricerche empiriche che vedevano lesordio di metodi di ricerca innovativi (per quanto diversi da quelli usati da Durkheim). La sociologia, come abbiamo detto pi volte, era ancora una scienza insicura di s e della propria identit. Il Suicidio rappresenta una tappa cruciale nella costruzione di questa identit.

Nonostante la sua fortuna sia legata tanto alla sua forza di innovazione sul piano concettuale quanto a quella sul piano delle tecniche di ricerca empirica, c da dire che, dal secondo punto di vista, esso risulta oggi decisamente superato. Come ricerca empirica, infatti, esso mostra oggi una serie non indifferente di limiti e difetti, che lo confinano alla storia delle ricerche sociologiche empiriche, svuotandolo di ogni rilevanza attuale. Dal punto di vista concettuale, al contrario, la sua attualit ancora indiscussa, giacch alcuni dei concetti e delle teorie formulate nelle pagine del Suicidio rimangono di importanza indiscussa.

La scelta del suicido come oggetto di indagine da parte di Durkheim si spiega in diversi modi. Da una parte, si trattava di continuare sulla linea di ricerca inaugurata dalla Divisione del lavoro. Vedremo tra breve, infatti, che la riflessione sul suicidio si legava strettamente, per Durkheim, a quella sulla natura della solidariet sociale nelle societ moderne, e sui rapporti tra individuo e societ nella modernit. Con la ricerca sul suicidio, in altri termini, Durkheim faceva quello che ogni buon ricercatore sociale dovrebbe fare, e cio tenere la barra ferma su una serie di problemi circoscritti, con la capacit, anno dopo anno, di guardare al proprio set di problemi da un punto di vista diverso. Inoltre, il tema del suicidio offriva a Durkheim loccasione per cercare di mostrare la bont, lautonomia e la specificit di quella conoscenza sociologica che egli cercava di accreditare, misurandosi con altre discipline su un terreno di primo acchito assai inospitale per la sociologia stessa, quello, cio, di un fenomeno tradizionalmente e da senso comune ascrivibile ai fenomeni tipicamente individuali e spiegabili per via psicologica. In terzo luogo, misurandosi con una sfida intellettualmente cos impegnativa, e stimolante, Durkheim aveva loccasione di mostrare tutta la bont di quelle regole del metodo sociologico che aveva appena sistematizzato nellopera del 1895. Da ultimo, con la scelta del suicido Durkheim approfondiva lanalisi delle patologie della societ moderna, un tema che aveva gi toccato nellultima parte della Divisione del lavoro sociale non senza imbarazzi, difficolt e incertezze.

Coerentemente con le indicazioni metodologiche fornite nelle Regole del metodo sociologico, Durkheim inizia offrendo una definizione del fenomeno in esame. Per suicidio, egli afferma, bisogna intendere ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un atto positivo o negativo compiuto dalla stessa vittima pienamente consapevole di produrre questo risultato.

Questa definizione vale a escludere dal computo dei suicidi (Durkheim lavorava con statistiche ufficiali messe a disposizione dalle istituzioni giudiziarie e carcerarie dei diversi paesi europei che rientrano nel suo studio) le morti che sono conseguenza solo indiretta o accidentale di determinati atti. Lintenzione di causare la propria morte, deliberata e pienamente cosciente, un requisito necessario perch si possa parlare in senso proprio di suicidio, indipendentemente dal fatto che questa intenzionalit si manifesti con atti diretti (tagliarsi le vene) o indiretta (un malato che rifiuta di prendere una medicina salvavita, per esempio).

Una volta definito il suicidio in questi termini, Durkheim chiarisce quale sia lobiettivo del suo studio: individuare le cause che spiegano la variazione nei tassi di suicidi tra i diversi paesi dEuropa. Ad una osservazione preliminare, infatti, si pu notare che il numero di suicidi nei diversi paesi rimane, nel lungo periodo, sostanzialmente costante, ma che le percentuali dei tassi di suicidi variano invece moltissimo, a parit di riferimento temporale, da paese a paese. Come si spiegano questa variazioni nei tassi di suicidi tra i diversi paesi? Considerare i tassi di suicidi anzich i singoli suicidi, significa considerare il suicidio come un fenomeno sociale, come qualcosa che va al di l del singolo individuo, come un fenomeno collettivo. Spiegare sociologicamente un fenomeno sociale, si ricorder, significa individuare altri fenomeni, anchessi di natura sociale, ad esso antecedenti che ne possano costituire la causa. Lo studio sul suicidio, allora, volto alla ricerca delle cause di natura sociale che determinano la variazione nei tassi di suicidi tra i diversi paesi presi in considerazione.

Seguendo uno schema argomentativo che tipico di molte delle sue opere, Durkheim procede in primo luogo per esclusione, criticando cio quelle spiegazioni del suicidio, o almeno le pi diffuse alla sua epoca, che risultano insostenibili. Qui, senza poter scendere nel dettaglio, troviamo la confutazione delle spiegazioni psicologiche del suicidio (le pi diffuse, come dicevamo prima: il suicidio appare per definizione anche al senso comune qualcosa di individuale e che ha cause psicologiche) legate per esempio ad alcune forme di malattie mentali (nel linguaggio dellepoca: monomanie, crisi melanconiche, ossessive, nevrasteniche); troviamo la confutazione della tesi che vuole il suicidio dipendente dalla diffusione dellalcolismo, o ancora a cause antropologiche (la diversit delle razze, concetto che Durkheim rifiuta in quanto non scientifico), o anche a fattori come lereditariet; per finire, troviamo la confutazioni di tesi (ancora oggi diffuse nel senso comune) che legano il suicidio a fattori cosmici, come le variazioni della temperatura. In altri termini, la prima parte dellopera dedicata a una sistematica e accurata critica di tutte quelle teorie che spiegano il suicidio con cause di natura extra-sociale: si tratta cio della pars destruens dellopera di Durkheim. Nella pars costruens, finalmente, troviamo enunciata la famosa teoria e tipologia durkheimiana dei suicidi.

In termini generali, la tesi pu essere espressa come segue: il suicidio un fatto sociale che assume le connotazioni del fatto patologico nel momento in cui i tassi di suicidio superano una certa soglia, che si misura lungo le due dimensioni che costituiscono, nel loro insieme, il legame sociale. I due ingredienti del legame sociale, cui Durkheim aveva gi accennato senza distinguerli chiaramente nella Divisione del lavoro sociale, sono la coesione sociale, da una parte, e la regolamentazione sociale, dallaltra. Il legame sociale, in altri termini, fatto da queste due componenti, integrazione (o coesione) e regolamentazione. Quando una societ presenta forme di integrazione e di regolamentazione sociale ben equilibrate, il tasso di suicidi rimane entro percentuali normali (di per s, infatti, non patologico che una societ presenti un certo tasso di suicidi). Tuttavia, quando si danno degli squilibri o nella dimensione dellintegrazione o in quella della regolamentazione, ecco che si possono dare delle forme patologiche, e conseguentemente un incremento di suicidi. Immaginiamo le due dimensioni come due assi cartesiani. A seconda che si dia un eccesso di integrazione o, viceversa, un deficit di integrazione, avremo suicidi altruistici o egoistici; a seconda che si dia un eccesso o un deficit di regolamentazione, avremo suicidi fatalistici o anomici. Cos, Durkheim distingue tra quattro diversi tipi di suicidio: altruistico, egoistico, anomico e fatalistico. Il primo si d come conseguenza di un eccesso di integrazione, il secondo di un deficit di integrazione; il terzo come conseguenza di un deficit di regolamentazione, il quarto di un eccesso di regolamentazione. Come si vede, ed questa la cosa essenziale, le cause che spiegano i quattro tipi di suicidi sono tutte di natura sociale. Le variabili esplicative del suicidio inteso come fatto sociale, per dirla con un vocabolario tecnico, sono anchesse di natura sociale, sono forze sociali, e cio lintegrazione e la regolamentazione sociale. Vediamo ora i quattro tipi di suicidi un po pi nel dettaglio, uno per uno.

Cominciamo dal suicidio altruistico. Questo un tipo di suicidio che, secondo Durkheim, si d come conseguenza di un eccesso di integrazione sociale. In questi casi, cio, per riprendere la terminologia della Divisione del lavoro sociale, la coscienza collettiva di un gruppo prevale su quella individuale, fino ad annientarla. In questi casi, in altri termini, lindividuo (a rigore quasi non si potrebbe parlare, in questi casi, di individuo) si annulla completamente nella coscienza collettiva, si identifica completamente con i valori del proprio gruppo, e vede se stesso e il proprio valore solamente in relazione al gruppo, al ruolo che esso gli assegna, al posto che gli attribuisce nella societ, ai fini che prestabilisce per la sua vita. Il suicidio, in questi casi, direttamente o indirettamente un segno di questa inseparabilit dellindividuo dalla societ, una sorta di atto damore nei suoi confronti, di testimonianza del valore assoluto che questa ha per il soggetto. Due esempi, tra quelli fatti dallo stesso Durkheim, possono forse bastare a chiarire il punto in questione. Uno quello delle vedove indiane, che si gettano sul rogo in cui viene cremato il corpo dei mariti defunti. Pensiamo alla distanza che separa il comportamento normale di una donna di una societ moderna occidentale di oggi da quello delle vedove indiane prese in considerazione da Durkheim. Cos che spinge una vedova indiana a gettarsi sulla pira di legna? Il senso, sostiene Durkheim, della sua inutilit sociale a fronte della morte del marito. Il valore della vita di una donna, in una societ di questo genere, non legato alla vita della donna in quanto individuo, ma della donna in quanto soggetto inserito in una trama di ruoli sociali, di valori condivisi da una societ tradizionale. Si tratta di un valore derivato, non autonomo. Al di fuori del ruolo di moglie che la societ le assegna, la vedova indiana non vede un valore nella propria vita, e per questo pu arrivare a sacrificarla. la societ stessa, in un certo senso, che glielo chiede, anzi che glielo impone. In questo caso, infatti, il suicidio (altruistico perch fatto per eccesso di identificazione con la societ) socialmente prescritto. In altri casi, come nel secondo esempio che stiamo per fare, il suicidio altruistico solo facoltativo, ma non meno indotto dalla societ. Si tratta del caso, oggi purtroppo particolarmente attuale, dei martiri per fede. Costoro sono persone che sacrificano la propria vita per la totale identificazione con un credo religioso che, per un motivo o per laltro, pu chiedere loro un segno cos radicale di lealt. Il punto fondamentale , ancora una volta, il prevalere della coscienza collettiva sulla coscienza individuale.

Si ricorder che quando la coscienza collettiva prevale su quella individuale ci si trova di fronte a forme di solidariet meccanica, tipiche delle societ premoderne. Ci significa, ed in effetti la tesi durkheimiana, che il suicidio altruistico era proprio soprattutto delle societ premoderne, e che nelle societ moderne rimane solo come rara eccezione allinterno di enclave sociali rette da residui di solidariet meccanica, come per esempio lesercito. Lesercito rappresenta una sorta di piccola societ premoderna, con i suoi codici donore e la sua scarsa differenziazione individuale. Allinterno di un gruppo del genere possono ancora darsi forme di suicidio altruistico.

Se il suicidio altruistico dato da un eccesso di integrazione sociale, il suicidio egoistico invece espressione di un deficit di integrazione sociale. Esso corrisponde, di conseguenza, a casi in cui la coscienza individuale prevale su quella collettiva, lindividuo come scollegato dai gruppi che compongono la societ in cui vive. Questa una delle due forme tipiche, secondo Durkheim, di suicidio nelle societ moderne. Lanalisi del suicidio egoistico particolarmente importante, e a questo tipo Durkheim dedica particolare attenzione. Non a caso, lanalisi del suicidio egoistico differenziata per gruppi sociali. Durkheim, cio, prende in considerazione come variano i tassi di suicidio in relazione allintegrazione allinterno della societ domestica (la famiglia), allinterno della societ politica e allinterno dei gruppi religiosi, volta per volta incrociando diverse variabili (sesso, et, ecc.), arrivando comunque sempre alla medesima conclusione: il tasso di suicidi varia in ragione inversa del livello di integrazione sociale.

Per ragioni di sintesi prendiamo in considerazione la sola analisi del modo in cui i tassi di suicidio variano in relazione allintegrazione interna alla societ religiosa. Questo caso, infatti, ha un duplice interesse. Da una parte, mostra quanto e come vada aumentando in Durkheim linteresse per un fenomeno che di qui a pochi anni diventer loggetto quasi ossessivo dei suoi interessi intellettuali, dallaltra mostra come Durkheim vada progressivamente correggendo una tesi che, seppure non senza contraddizioni e tentennamenti, era avanzata nella Divisione del lavoro sociale: la tesi, cio, secondo cui le societ moderne potrebbero fare a meno di forme di solidariet meccanica.

Il ragionamento di Durkheim prende le mosse da un dato, che necessita di essere spiegato, e cio il fatto che il tasso di suicidi sia pi alto nei paesi prevalentemente protestanti e pi basso in quelli cattolici. Inoltre, confrontando ancora le diverse confessioni religiose tra loro, Durkheim nota che il tasso dei suicidi ancora pi basso tra gli ebrei. Perch allora i protestanti si suicidano pi dei cattolici e degli ebrei e i cattolici pi degli ebrei? La spiegazione di Durkheim, come ormai possiamo aspettarci, mette in evidenza la diversa struttura sociale delle varie societ religiose. Non si tratta di differenze teologico-dottrinali (tutte e tre le religioni vietano il suicidio), ma del modo in cui esse sono organizzate al loro interno, dello spazio che attribuiscono allindividuo e del modo in cui legano lindividuo alla comunit dei fedeli: Non pu esistere una societ religiosa senza un credo collettivo ed essa tanto pi una e forte quanto pi esteso questo credo. Essa, infatti, non unisce gli uomini con lo scambio e la reciprocit dei servizi, legame temporale che comporta e presuppone persino delle differenze, ma che essa incapace di allacciare. Li socializza annettendoli tutti ad un medesimo corpo di dottrine, e tanto pi li socializza quanto pi vasto e saldamente costituito il corpo dottrinario. Pi sono numerosi i modi di agire e di pensare marcati da carattere religioso, e quindi sottratti al libero esame, pi lidea di Dio presente in tutti i particolari dellesistenza e fa convergere verso un unico e medesimo fine le volont singole. Viceversa, pi cose il gruppo confessionale lascia al giudizio dei singoli, pi esso rimane fuori dalla loro vita, con minore coesione e vitalit. Giungiamo perci alla conclusione che la superiorit del protestantesimo in materia di suicidio proviene dal fatto che la sua Chiesa meno fortemente integrata della Chiesa cattolica.

Il punto, in altri termini, dato dallo spazio che viene lasciato, nel caso del protestantesimo, al libero esame e alla libera interpretazione delle sacre scritture. La presenza, nella Chiesa cattolica, di un corpo di mediatori del sacro, di funzionari del sacro (sacerdoti, vescovi ecc. ecc.) preposti alla corretta interpretazione delle scritture, fa s che il fedele sia compres(s)o in una rete di relazioni che se ne riducono la libert pure lo integrano e proteggono da spinte autodistruttive: Il cattolico riceve la fede belle fatta, senza esame. Non pu sottoporla a un controllo storico perch gli sono vietati i testi originali sui quali essa si appoggia. Ha un sistema gerarchico autoritario, organizzato con arte meravigliosa per mantenere invariata la tradizione, e tutto quanto possa essere variazione in orrore nel pensiero cattolico. Il protestante, invece, lautore precipuo della sua fede. Gli stata messa in mano la Bibbia e nessuna interpretazione gliene imposta []. Arriviamo dunque a questo primo risultato, che la tendenza del protestantesimo per il suicidio deve essere in rapporto con lo spirito di libero esame di cui questa religione animata.

Rimane il caso degli ebrei. In questo caso, per Durkheim, il basso tasso di suicidi si spiega con lo status di minoranza da sempre perseguitata. Questa condizione ha costretto le diverse comunit ebraiche a cementare la propria unit per fronteggiare le ostilit del mondo esterno. Le comunit ebraiche, quindi, sono fortemente integrate al loro interno, e questa forte integrazione rappresenta un coefficiente di preservazione nei confronti del suicidio.

Se lasciamo lasse dellintegrazione sociale e ci spostiamo su quello della regolamentazione sociale, incontriamo il suicidio anomico. Questo si d, come si detto, come conseguenza di un deficit di regolamentazione.

Anomia uno dei concetti pi classici della tradizione sociologica (come solidariet meccanica, organica, coscienza collettiva), la cui paternit dobbiamo ancora una volta a Durkheim. Alla lettera, anomia significa assenza di norme. Ora, bene precisare che, per Durkheim, una societ totalmente anomica una sorta di contraddizione in termini: nessuna societ, infatti, se vuole esistere, pu essere totalmente priva di norme. E tuttavia, alcune patologie sociali corrispondono a un indebolimento anormale delle norme stesse. Le norme, infatti, sono lo strumento attraverso il quale la societ regolamenta, disciplina, i comportamenti individuali. Perch norme e regolamentazione sono cos essenziali?

La risposta di Durkheim , in un certo senso, freudiana. Per Freud, si ricorder, la societ possibile solo a prezzo di una certa repressione degli istinti e delle pulsioni libidiche individuali. La societ un agente di sofferenza perch costringe gli individui a reprimere alcune delle loro pulsioni pi forti e istintive. La stessa cosa vale per Durkheim. Ma per Durkheim non solo la societ ad avere bisogno, per mantenersi in una condizione sana, delleffetto repressivo delle norme sociali. Anche la sanit (noi diremmo forse lintegrit) della vita individuale ne ha bisogno. Una vita sana, infatti, per Durkheim una vita limitata, una vita cio nella quale si ponga un limite allinfinit dei desideri, delle aspettative, dellimmaginazione. L dove non esiste congruenza tra desideri individuali e possibilit di realizzarli, si produce una sofferenza e una frustrazione ancora maggiore di quelle imposte dalla natura limitante delle norme sociali. La vita sana inizia laddove si limita la passione per linfinito. Il senso del limite, in altri termini, necessario per provare soddisfazione per i risultati parziali che si in grado di conseguire nella propria vita. Delle aspirazioni squilibrate non sono indice di coraggio, capacit di osare, sana ambizione potremmo dire, ma al contrario il primo passo per cadere vittime della passione dellinfinito. Ora, per Durkheim, solo la societ dispone di quellautorit superiore in grado di dettare e imporre agli individui i limiti di cui la loro vita necessita. Laddove la societ non in grado di fornire questi limiti, in quei contesti dunque in cui si d un deficit di norme e di regolamentazione sociale da esse dipendente, gli individui possono perdere il senso del limite, e soffrire delle relative conseguenze.

Tra i diversi esempi fatti da Durkheim, che impossibile riportare tutti per ragioni di sintesi, classico rimasto quello legato alle variazioni repentine di una congiuntura economica. In condizioni di improvvisa crisi economica, ma anche di improvviso boom economico, il tasso di suicidi aumenta anchesso in modo repentino. Come si spiega un fatto simile, che risulta controintuitivo soprattutto nel caso di una congiuntura economica felice? Per Durkheim si spiega proprio con il venir meno di un senso consolidato dei limiti, delle possibilit legittime, delle aspirazioni ragionevoli. In casi di rapido mutamento della congiuntura economica, cio, non si sa pi ci che possibile e ci che non lo , ci che giusto e ci che non giusto, quali sono le rivendicazioni e le speranze legittime, quali quelle che vanno oltre la misura.

Fare sei al superenalotto, per intenderci, potrebbe per esempio far saltare il senso della misura in cui si muovono ordinariamente le nostre vite. E a differenza di quel che ciascuno di noi sarebbe portato a pensare, le conseguenze potrebbero essere ben meno piacevoli del previsto.

Del resto, lanalisi di Durkheim mostrava come la mancanza di limiti sia correlata ad alti tassi di suicidi in diversi ambiti della vita sociale. Non solo in quella economica, ma anche nella vita affettiva e sessuale, per esempio. Linstabilit matrimoniale infatti un altro fattore positivamente correlato al tasso di suicidi. Ora, se si pensa allalto tasso di divorzi delle societ moderne, e allinstabilit delle relazioni economiche e dei cicli produttivi che caratterizza la societ moderna (quella del tempo di Durkheim come tutto sommato anche la nostra), si capisce facilmente perch Durkheim ritenesse che il suicidio anomico fosse quello pi tipico, insieme al suicidio egoistico, di questultima.

Lultimo tipo di suicidio quello fatalistico, causato, come si ricorder, da un eccesso di regolamentazione. Ad esso, in realt, Durkheim dedica solo una nota a pi di pagina, e gli studiosi ancora discutono delle ragioni di questa asimmetria. Dalle poche righe dedicate a questo tipo di suicidio, capiamo che si tratta della conseguenza appunto di norme sociali talmente asfissianti da chiudere le prospettive future individuali, da togliere agli individui ogni senso della futura libert. Durkheim fa lesempio di coloro che si sposano troppo presto. La vita matrimoniale, abbiamo appena visto, rappresenta una forma di regolamentazione di passioni che per non diventare distruttive hanno bisogno essere canalizzate su un oggetto determinato e fisso, ma laddove questa regolamentazione dovesse avvenire in et molto giovane la conseguenza sarebbe egualmente distruttiva. Il punto importante, non solo perch la logica del suicidio fatalistico sarebbe potenzialmente applicabile anche ad altre situazioni (Durkheim lo riteneva un fatto raro data la libert delle societ moderne, ma i totalitarismi del Novecento, per esempio, sono stati contesti in cui potevano darsi forme di suicidio di questo genere), ma anche perch ci dice che, per Durkheim, gli stessi limiti imposti alle passioni individuali dalle norme sociali hanno a loro volta bisogno di essere limitati. Il legame sociale, in altri termini, per non risultare patologico, fatto di limiti limitati. Tanto luna quanto laltra dimensione, i limiti e la loro limitazione, risultano fondamentali.

In conclusione di questo paragrafo, riprendiamo il filo del ragionamento durkheimiano lasciato a partire dai risultati della Divisione del lavoro sociale, in modo da poter valutare il posto che il Suicidio ha nello sviluppo del pensiero durkheimiano. Al termine della Divisione del lavoro sociale, rimaneva aperto il problema di capire donde la solidariet organica, derivata dalla divisione del lavoro, traesse la sua forza vincolante, dal momento che linterdipendenza delle societ moderne non esprime un carattere propriamente morale, ma se mai pu fondare la solidariet sullabitudine e la consuetudine. Quello che da La divisione del lavoro sociale non emerge con chiarezza quale sia lelemento non-contrattuale che sta alla base della solidariet organica. Sembra quasi che solidariet se ne possa dare solo nel caso in cui sia la coscienza collettiva ad assorbire completamente quella individuale.

Questo problema trova una soluzione pi brillante nel Suicidio. In questopera si chiariscono due cose. In primo luogo, Durkheim riconosce nel culto dellindividuo, nel rispetto sacrale per la personalit, quellelemento non contrattuale che alla base della solidariet organica e, in secondo luogo, riafferma prepotentemente il legame tra la libert della persona e la coscienza collettiva. Vediamo di chiarire brevemente questi due punti. Generalizzando i risultati ottenuti dallanalisi del suicidio egoistico tra i protestanti, Durkheim arriva a chiarire come la fede nelle antiche divinit sia oggi stata sostituita da una fede altrettanto salda nel valore etico della persona nella sua individualit. Questa fede diventa il credo comune della societ moderna, il suo elemento unificante. Il rispetto di un contratto stipulato tra individui non lo si deve a questo punto al solo vantaggio reciproco che essi ne ricavano, ma al fatto che la comune fede nel rispetto che essi si devono come persone costituisce lelemento pre-contrattuale capace di imbrigliare il contratto. Al tempo stesso, Durkheim sottolinea con forza il carattere sociale di questa fede nellindividuo. Si tratta anche in questo caso di una pressione esercitata dalla coscienza collettiva, e non di un processo che aliena lindividuo dalla societ: Lindividualismo moderno, compresa la componente egoistica del suicidio, non coincide con lemancipazione dalla pressione sociale, ma con un tipo particolare di pressione sociale.

Al contrario, se ci fosse una completa emancipazione dalla pressione sociale, non avremmo laffermazione del valore dellindividuo, ma semmai quello stato di anomia che definisce proprio una condizione deficitaria di regolamentazione sociale delle passioni individuali. La libert dellindividuo, cio, o garantita dalla regolamentazione morale di una societ solidale o non affatto. La libert dellindividuo la pre-condizione di ogni societ contrattuale, ma se questa libert non fosse collegata positivamente alla coscienza collettiva di quella societ che della libert fa la sua religione, allora verrebbe meno il terreno su cui quella libert pu fiorire, e rimarrebbe solo il terreno bruciato di una societ anomica.

Le pagine del Suicidio, particolarmente quelle sui rapporti tra religione e suicidio, aprono la strada alle riflessioni svolte ne Le forme elementari della vita religiosa. Nellopera del 1897, Durkheim stabiliva limportante legge per cui il suicidio varia in ragione inversa al grado dintegrazione anche religiosa della societ. La religione, gi da allora, appariva come un importante fattore di integrazione e di regolamentazione. Ne Le forme elementari della vita religiosa Durkheim approfondisce il nesso che lega religione e societ. Dal risultato di questa indagine emerge, tra laltro, una duplice tesi: quella per cui la religione un fatto sociale, nel senso che tramite essa la collettivit celebra in realt delle idee morali, e quella per cui pi ancora che essere la religione un fatto sociale la societ un fatto religioso, ossia la societ ad avere un carattere sacrale. In sostanza, quello che la collettivit celebra nel corso di un rito religioso solo se stessa, rinsaldando cos i propri legami interni. Sulla sociologia della religione durkheimiana torneremo tra poco, qui ci basta sottolineare che questa conclusione, anzich togliere terreno di sotto ai piedi alla religione, prefigura la possibilit della sua sopravvivenza anche in una societ altamente secolarizzata come la nostra. Il fatto che la religione tradizionale vada perdendo la sua centralit, non vuol dire n che la societ sia destinata allanomia, n che la religione non possa pi avere alcun ruolo, o che sar solo un fatto privato. La societ avr sempre bisogno di celebrare se stessa attraverso la celebrazione di simboli di diverso genere, perch cos facendo manterr la sua coesione. Cos, le societ moderne hanno fatto dellindividualismo la loro religione, e celebrando questultimo, o il progresso o lidea di nazione, rinsaldano il loro idem sentire, e con ci la possibilit stessa di essere.

1.5 La morale laica

Durkheim fu, al di l di ogni ragionevole dubbio, un moralista nel senso pi alto dellespressione. Nel corso della sua vita, cio, non solo cerc di gettare le basi di una scienza della morale vale a dire di una riflessione scientifica sulla natura, la funzione sociale, le regole di funzionamento delle norme morali , ma anche di individuare quale morale potesse considerarsi appropriata alla societ moderna, e costituire cos il cuore di un insieme di valori condivisi in grado di renderla coesa e ben regolamentata. La riflessione del Durkheim moralista si articola su due piani, uno formale e uno contenutistico. Sul piano formale, egli cercava di scoprire la natura delle norme morali, lorigine della loro forza vincolante, mentre sul piano contenutistico si sforzava di mettere in luce quali specifiche norme morali potessero risultare appropriate alle societ moderne.

Dal punto di vista formale, linteresse sempre pi accentuato per i fenomeni religiosi si spiega con la convinzione che andava maturando nel suo pensiero che le norme sociali fossero comprensibili solo in quanto modellate sullo stampo delle norme religiose. Il compito che Durkheim fissava cos per s e per la scienza della morale, era quello di andare a cercare, in seno alle stesse concezioni religiose, quelle realt morali che vi sono disseminate e dissimulate e liberarle, capire in cosa consistano, determinarne la natura propria e esprimerla in un linguaggio razionale. Occorre, in una parola, scoprire i sostituti razionali di quelle nozioni religiose che tanto a lungo hanno servito da veicolo alle pi essenziali idee morali.

Si trattava, dunque, di trovare dei sostituti laici e razionali delle vecchie morali religiose, capaci di conservarne la forza vincolante e motivante lazione. Questa laicizzazione si configurava da una parte come un processo di traduzione, di norme un tempo religiose in norme laico-razionali, dallaltra anche come un processo di traduzione che implica un arricchimento. Infatti, una societ godrebbe di una mediocre moralit se non vi fossero conflitti di sorta generatori di nuovi ideali. La traduzione non deve solo conservare il passato in altra forma, ma preparare al futuro. Una morale razionale non pu essere identica nel contenuto a una morale che si basi su unautorit diversa dalla ragione.

Dal punto di vista formale, le norme morali (laiche) hanno la stessa natura di quelle religiose in quanto ad uno studio scientifico evidenziabile che hanno le stesse caratteristiche, e cio hanno una componente di obbligatoriet e una componente di desiderabilit. I doveri religiosi e la forza vincolante del sacro, come vedremo pi avanti, risultano vincolanti, obbligatori, sono anzi il paradigma del dovere e dellobbligatoriet. Essi si pongono allindividuo come forze superiori dotate di una autorit esterna e coercitiva (sono, appunto, dei fatti sociali). Le norme morali hanno lo stesso carattere esterno e vincolante nei confronti dellindividuo. Da questo punto di vista, Durkheim era perfettamente kantiano: non si adempie a un dovere morale in vista dellutile, del vantaggio, della convenienza, ma si adempie al dovere per il dovere. Il dovere morale ha la propria giustificazione in s. Al tempo stesso, a differenza di Kant che su questo punto viene esplicitamente criticato, perch le norme morali possano avere una effettiva forza motivante, esse devono risultare anche desiderabili, attraenti. La loro desiderabilit la seconda caratteristica che le norme morali ereditano da quelle religiose. Il fedele desidera essere come il proprio dio, fondersi con lui, cos come gli individui desiderano entrare in comunione con i gruppi sociali (famiglia, gruppi professionali, concittadini ecc.). Il desiderio di appartenenza ai gruppi sociali quel che spiega la desiderabilit delle norme sociali, la motivazione individuale a rispettarne il carattere vincolante.

Dal punto di vista dei contenuti, si detto che per Durkheim la morale laica non pu limitarsi a tradurre in termini laici e razionali (a secolarizzare, diremmo noi oggi) il contenuto proprio delle norme religiose. Nelle Forme elementari della vita religiosa, Durkheim dir espressamente che i vecchi ideali sono morti, e che bisogna trovarne di nuovi; che i comandamenti delletica cristiana, per esempio, ci appaiono troppi timidi di fronte allesigenza di giustizia nelle relazioni economiche, ecc. Il contenuto proprio di unetica laica moderna, per Durkheim, deve avere al proprio centro quello che egli definiva il culto dellindividuo, il rispetto sacrale per la persona. Quello che a noi oggi pu sembrare un elemento quasi ovvio, il cuore di quei diritti umani che si vorrebbe fossero al centro del nuovo ordine mondiale, era, ancora ai giorni di Durkheim, un fattore di divisione e polemica. Lindividualismo veniva giudicato dalle correnti tradizionaliste cattoliche, per esempio, il responsabile primo della degenerazione delle societ moderne, effetto e causa al tempo stesso della corruzione di un ordine tradizionale secolare. Durkheim, nel contesto della polemica sullaffaire Dreyfus, si schier apertamente in difesa dellindividualismo, considerato non solo una cosa distinta e diversa dallanarchia, ma anzi come lunico sistema di credenze che possa assicurare lunit del paese. Egli, naturalmente, criticava lindividualismo utilitarista di Spencer e degli utilitaristi, come abbiamo avuto modo di vedere, ma riteneva inammissibile che si potesse fare di questa lunica forma possibile di individualismo. Esiste un altro individualismo, su cui meno facile trionfare. Esso stato professato, da un secolo, da quasi tutti i grandi pensatori: lindividualismo di Kant e di Rousseau, degli spiritualisti, quello che la Dichiarazione dei diritti delluomo ha tentato, pi o meno felicemente, di tradurre in formule, quello che correntemente insegnato nelle scuole e che divenuto la base del nostro catechismo morale.

Questo tipo di individualismo non ha come oggetto di culto linteresse egoistico del singolo, ma quanto vi di universale nella persona umana in s. questultima che viene sacralizzata, e che oggi ispira un rispetto religioso simile a quello proprio di ogni culto (anche laico, dunque): Questa persona, la cui definizione come la pietra di paragone con cui si distingue il bene dal male, considerata come sacra, nel senso rituale del nome; essa ha qualcosa della trascendente maest che le Chiese di ogni tempo conferiscono ai loro di; essa concepita come investita di una propriet misteriosa che isola le cose sante, le sottrae ai contatti volgari e le ritira dalla circolazione comune. Da qui precisamente deriva il rispetto di cui oggetto. Chiunque attenti alla vita di un uomo, alla libert di un uomo, allonore di un uomo, ci ispira un sentimento di orrore, da ogni punto di vista analogo a quello provato dal credente che vede profanare il proprio idolo. Una simile morale non dunque una disciplina igienica o una saggia economia dellesistenza: una religione in cui luomo , contemporaneamente, il fedele e il Dio.

Un aspetto poco noto del pensiero di Durkheim, e che purtroppo non possiamo approfondire in questo contesto pur presentando ragioni di grande interesse, lanalisi dei modi in cui questa religione dellindividuo maturata storicamente nelle credenze educative e pedagogiche delle diverse societ, dal medioevo al rinascimento fino alla modernit, marciando di pari passo con una concezione via via pi empirica della scienza.

1.6 Sacro e religione

A questo punto, il terreno maturo per presentare sinteticamente lanalisi durkheimiana dei fenomeni religiosi.

Il problema fondamentale della sociologia durkheimiana, ripensare basi della solidariet sociale compatibili con le caratteristiche socio-culturali della modernit, trover dopo il 1895 una nuova modalit di soluzione nello studio sociologico della religione. Questultima era sempre stata al centro dellinteresse di Durkheim, tanto che non c opera maggiore o minore che sia in cui essa non faccia almeno capolino. Ma lincontro con la letteratura etnografica, e in particolare lo studio del totemismo, aprirono a Durkheim nuove prospettive. La grande opera del 1912, Le forme elementari della vita religiosa, cos chiamata nonostante si presenti come uno studio sul sistema totemico in Australia a offrire lultima formulazione durkheimiana del travagliato rapporto tra solidariet sociale e libert individuale nella modernit, sotto forma di uno studio sulla natura essenziale della religione.

Nella Divisione del lavoro sociale, Durkheim aveva indicato nelle credenze religiose il contenuto proprio della coscienza collettiva delle societ a solidariet meccanica; nella religione aveva individuato un potenziale fattore integrativo, cos come pure in alcune religioni come nel protestantesimo una ragione al contrario di debolezza dellintegrazione, e dunque di malessere della modernit, come per esempio sostenuto nel Suicidio; ancora, in diversi scritti antecedenti a Le forme elementari, in particolare in alcuni dei corsi tenuti a Bordeaux e a Parigi e in un articolo pubblicato su LAnn sociologique, egli aveva definito la religione e la divinit come forme di rappresentazione simbolica della societ. Tuttavia, lo studio del totemismo permise a Durkheim di individuare attraverso un esperimento ben condotto cio lo studio metodico di un singolo caso da cui trarre indicazioni valide universalmente lesatta natura dei fenomeni religiosi.

Dopo aver rigettato le principali spiegazioni della religione che venivano allora offerte nella letteratura antropologica e nella storia delle religioni (le discipline in dialogo con le quali egli costru la sua opera), in primo luogo lanimismo e il naturismo, nellopera del 1912 Durkheim defin la religione come un sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre, cio separate e interdette, le quali uniscono in ununica comunit morale, chiamata chiesa, tutti quelli che vi aderiscono.

Gli elementi fondamentali di questa concezione della religione sono tre. In primo luogo, la radicale distinzione tra sacro e profano. La religione ha a che fare con il sacro, che si pu incarnare in qualsiasi cosa: piante, animali o rocce (come nel caso del totemismo e delle religioni primitive), lidea di una divinit (ma non necessariamente, si pensi al buddismo), come anche nei moderni emblemi rappresentati dalle bandiere nazionali o dalle carte costituzionali. Ci che viene ritenuto sacro, infatti, viene sempre espresso simbolicamente, attraverso un totem di qualche genere. In secondo luogo, la religione un insieme di credenze e pratiche relative a ci che viene ritenuto sacro. Essa, quindi, ha un contenuto cognitivo (le credenze, i dogmi) e uno pratico-rituale, espressivo. In terzo luogo, la religione caratterizzata dal fatto che queste credenze relative a cose sacre vengono condivise da una comunit di fedeli, chiamata chiesa. La religione, dunque, un fatto eminentemente collettivo, per almeno due ragioni. Da una parte perch, come detto, cementa una comunit di credenti, e dallaltra perch questi ultimi nel sacro che adorano non fanno altro che proiettare limmagine, idealizzata, della societ stessa. Questo quel che Durkheim cerca di mostrare attraverso lo studio del sistema totemico australiano.

Ci significa, dal punto di vista durkheimiano, che il credente nel momento stesso in cui ritiene di venerare un essere trascendente a lui superiore che identifica con Dio o con delle forze misteriose , al tempo stesso, in errore e dalla parte della ragione. in errore nella misura in cui il contenuto di ci che egli si rappresenta mediante le credenze religiose non quello che egli ritiene (cio Dio o unaltra forza extra-sociale), ma dalla parte della ragione nella misura in cui si tratta pur sempre di qualcosa a lui superiore e trascendente, cio la societ. La religione, in altri termini, non una semplice illusione, ma una forma di delirio ben fondato, poich ci che viene rappresentato indirettamente sotto forma di simboli corrisponde a un contenuto oggettivo. La sua verit non per la divinit, n luomo; la religione non risolta in antropologia, come in Feuerbach; la sua verit la societ, non nel senso di una piena identit tra Dio e la societ, ma in quello di un forte parallelismo simbolico.

Tutto ci, per Durkheim era egualmente vero per la trib australiana degli Arunta (il caso empirico al centro delle Forme elementari) come per noi moderni. Se la religione riguarda in primo luogo la sacralizzazione dei sentimenti collettivi che uniscono una societ e che integrano un individuo allinterno di una comunit, regolando e limitando al tempo stesso le passioni infinite che ne minano la sopravvivenza, secondo quando affermato nel Suicidio, ci significa che c qualcosa di eterno nella religione, destinato a sopravvivere a tutti i suoi simboli particolari. Daltra parte, considerata da questo punto di vista, cio in relazione alla sua dimensione collettiva, quale differenza essenziale c tra unassemblea di cristiani che celebrano le principali date della vita di Cristo, o di ebrei che festeggiano luscita dallEgitto o la promulgazione del Decalogo, e una riunione di cittadini che commemora listituzione di una nuova carta morale o qualche grande avvenimento della vita nazionale?.

Pur nellambito di questa breve sintesi, un ultimo punto merita di essere sottolineato. Il parallelismo che Durkheim stabilisce tra Dio e la societ non implica una sacralizzazione idolatrica della societ. Al contrario oltre al fatto che Durkheim stabilisce una relazione simbolica e non una identit tra Dio e la societ esso significa ricondurre il sacro al sociale, umanizzare la divinit piuttosto che divinizzare la societ. E la societ, malgrado tutto, unentit contingente e fragile. Essa dipende come la divinit, daltro canto dalle rappresentazioni dei singoli individui. Sono essi a deciderne la vita o la morte, in base alla loro capacit di superare gli egoismi individuali (di qui limportanza attribuita da Durkheim alleducazione morale dei soggetti): Dun lato lindividuo riceve dalla societ il meglio di se stesso, tutto ci che gli d fisionomia e un posto particolare tra gli altri esseri la sua cultura intellettuale e morale []. Ma daltra parte la societ esiste e vive soltanto negli e mediante gli individui. Se lidea della societ si estingue negli spiriti individuali, se le credenze, le tradizioni, le aspirazioni della collettivit cessano di essere sentite dai singoli, la societ deve morire. Di essa si pu quindi ripetere quanto si era detto della divinit: essa ha una realt nella misura in cui occupa un posto nelle coscienze umane, e questo posto siamo noi a farglielo. Noi intravvediamo adesso la ragione profonda per cui gli dei non possono fare a meno dei loro fedeli, pi che questi degli dei: la ragione che la societ di cui gli dei costituiscono lespressione simbolica non pu fare a meno degli individui, pi che questi della societ.

Tra individuo e societ permane, in altre parole, una non pacificata tensione. Se luna dipende dallaltro, e viceversa, la religione esprime in un codice che la scienza deve de-criptare tanto le ragioni di questa dipendenza, quanto quelle della sofferenza che luna impone allaltro.

1.7 I durkheimiani

C un elemento che distingue Durkheim dagli altri classici della storia della sociologia: tra Weber, Marx e Simmel, egli fu lunico a essere un caposcuola. Non sono esistite, loro in vita, n una scuola weberiana n una scuola simmeliana o marxiana. Dai primi del Novecento, invece, Durkheim diede vita a un circolo di giovani, soprattutto di formazione filosofica, che collaborarono con lui in maniera determinante a dare vita a quella che poi sarebbe stata la sociologia francese, per lungo tempo saldamente di ispirazione durkheimiana.

Il centro di questa scuola fu lAnne sociologique, un annuario sociologico che mentre dava conto anno per anno della migliore produzione sociologica mondiale, attraverso recensioni, note critiche, schede di centinaia di libri, costruiva la sociologia, ne fissava i confini rispetto alle altre scienze, ne articolava le suddivisioni interne e cos via.

Spesso si parlato del gruppo dei durkheimiani come di un circolo completamente soggiogato allautorit indiscussa del maestro. In realt, studi approfonditi ci mostrano il profilo di un gruppo al suo interno non privo di contrasti teorici e di dissensi rispetto alla teoria durkheimiana e al metodo sociologico che in essa si andava delineando. Inoltre, con il tempo emerso il profilo autonomo di alcuni studiosi, per nulla assimilabili in tutto e per tutto a Durkheim e alla sua opera, e che anzi spesso furono una fonte di ispirazione per lo stesso Durkheim. Tra questi, il caso di citare almeno tre nomi, quello di Marcel Mauss, nipote e collaboratore pi stretto di Durkheim, quello di Robert Hertz, morto ancora giovanissimo sul fronte durante la prima guerra mondiale, e quello di Maurice Halbwachs, morto in un campo di concentramento nazista. Il primo conosciuto soprattutto per il famoso Saggio sul dono, in cui mostra il valore del dono come mezzo di scambio extra-utilitaristico atto a creare forme di legame sociale. Mauss , a tuttoggi, un riferimento centrale non solo di una corrente sociologica che da lui prende il nome (il M.A.U.S.S., movimento anti-utilitarista nelle scienze sociali), ma stato anche una fonte importantissima del pensiero antropologico di Lvi-Strauss. Robert Hertz ricordato invece soprattutto per lo studio sul significato sociale della morte, e per lapprofondimento del concetto, gi durkheimiano, di sacro impuro. Dopo Hertz questo concetto stato al centro anche della sociologia sacra di Bataille e degli altri autori del Collge de sociologie, ed valso ad approfondire il legame tra sacro e violenza. Maurice Halbwachs, infine, ricordato non solo per uno studio che riprendeva il tema del suicidio, ma forse pi per avere intrapreso uno studio di ispirazione durkheimiana della rilevanza sociale della memoria.

Questi pochi cenni vogliono solo sottolineare come, per una comprensione piena del pensiero di Durkheim, andrebbe approfondito il legame complesso e i rapporti che lo univano al gruppo dei suoi giovani allievi e collaboratori. Qualcosa che, naturalmente, non possibile fare in questa sede. Per finire, questi cenni vorrebbero anche mostrare come, fin da quando Durkheim era in vita, ma soprattutto dopo la sua morte, la sua opera inizi ad essere fonte di ispirazione per ricerche e approfondimenti in una molteplicit di direzioni e sottobranche della sociologia. Ad alcuni dei temi di ricerca e indirizzi teorici di ispirazione durkheimiana torneremo ad accennare nella quinta Unit Didattica del presente corso, laddove introdurremo sinteticamente i principali approcci sociologici contemporanei.

. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Edizioni di comunit, Milano, 1989, p. 212.

Ivi, p. 222.

Ivi, p. 101.

Ivi, pp. 144-145. *

Ivi, p. 121. *

Ivi, p. 145. *

. Durkheim, Le regole del metodo sociologico, Edizioni di Comunit, Milano, 1996, p.19 *

Ivi, p. 27. *

. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Edizioni di Comunit, Milano, 1963, p. 50. *

. Durkheim, Le regole del metodo sociologico, cit. p. 66. *

Ibid.. *

. Durkheim, Il suicidio,UTET, Torino, 1969, p. 63. *

Ivi, pp. 200-201. *

Ivi, p. 1999. *

Ivi, p. 307. *

Cfr. a questo proposito, J. C. Alexander, Lo sviluppo intellettuale del pensiero di Durkheim, in M. Rosati e A. Santambrogio (a cura di), Ripensare Durkheim. Contributi per una rilettura critica, Meltemi, Roma, 2001. *

T. Parsons, La struttura dellazione sociale, il Mulino, Bologna, 1986, p. 381. *

. Durkheim, LEducazione morale, Utet, Torino, 1985, p. 475. *

Ivi, p. 475. *

Ivi, p. 481. *

E. Durkheim, Lindividualismo e gli intellettuali, in La scienza sociale e lazione, Il Saggiatore, Milano, 1996, p. 289. *

Ivi, p. 283. *

Ivi, p. 284.

Cfr. . Durkheim, Lvolution pdagogique en France,Presses Universitaires de France, Paris, 1969.

Cfr. . Durkheim, Per una definizione dei fenomeni religiosi, a cura di E. Pace, Armando, Roma, 1996.

. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, cit. p. 50.

Ivi, p. 467.

Ibid.

Ivi, pp. 379-380.

Domande di verifica dellUnit 2 (la risposta esatta sempre la A)

Cosa intende Durkheim con il concetto di coscienza collettiva?

Linsieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una stessa societ

La consapevolezza che tutti i membri di una societ hanno degli obiettivi comuni da raggiungere

La somma delle coscienze individuali

La base utilitaristica del contratto sociale

Quali sono i due tipi di solidariet distinti da Durkheim?

Solidariet meccanica e solidariet organica

Solidariet operaia e solidariet borghese

Solidariet di classe e solidariet meccanica

Solidariet organica e solidariet disorganica

Quali sono le caratteristiche dei fatti sociali?

I fatti sociali sono esterni e coercitivi rispetto agli individui

Soggettivit e coercitivit

Esternalit e individualit

Si tratta di fatti unici e irripetibili

Cosa significa spiegare un fatto sociale?

Metterlo in relazione causale con altri fatti anchessi sociali che possano costituirne la causa

Metterlo in relazione causale con fatti psicologici che possano costituirne la causa

Immedesimarsi in esso per coglierne la natura unica e irripetibile

Costruire un ideal-tipo di quel fatto e confrontarlo con la realt empirica

Quali sono i tipi di suicidio individuati da Durkheim?

Altruistico, egoistico e anomico

Collettivo, egoistico e anomico

Collettivo, egoistico e anonimo

Individuale, altruistico e anonimo

Quali sono le variabili che spiegano il suicidio?

Integrazione e regolamentazione sociale

Clima e ragioni psicologiche

Fattori ereditari e alcolismo

Follia e integrazione sociale

Che cosa vuol dire per Durkheim fondare una morale laica?

Individuare i sostituti razionali delle credenze religiose

Riconoscere il carattere oramai superato della religione

Opporsi al potere della Chiesa e dei preti

Difendere la separazione tra Stato e Chiesa

Cosa intende Durkheim con lespressione culto dellindividuo?

Il rispetto sacrale e religioso per quanto di universale c nella persona umana

Il rispetto per la capacit imprenditoriale degli individui

Il rispetto sacrale e quasi religioso per gli interessi egoistici degli individui

Il tipo di individualismo professato dagli utilitaristi

Quale la definizione pi appropriata di religione da una prospettiva durkheimiana?

Un sistema solidale di credenze e pratiche relative a cose sacre che uniscono in una chiesa tutti coloro che vi aderiscono

Lesperienza soggettiva del contatto con il sacro

La credenza in un Dio

La credenza negli spiriti

Qual per Durkheim il futuro della religione

In essa c qualcosa di eterno destinato a sopravvivere ai diversi simboli religiosi

Va perdendo ogni ruolo e funzione in seguito ai processi di secolarizzazione

Si fa sempre pi privata e individuale

destinata a tornare in auge nelle societ post-comuniste

PAGE 25