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SETTECENTO E OTTOCENTO

Storia del restauro

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Introduzione

Verso la fine del Settecento si ha la nascita dello studio storico-archeologico dei beni del passato, avvenuta a seguito degli scavi di Pompei ed Ercolano, alla riscoperta delle antichità greche ed alla scoperta di quelle egizie avvenuta con la campagna d'Egitto di Napoleone.

Ne consegue che: Si avverte la necessità di interrogare monumenti antichi conosciuti

sulla base delle nuove scoperte archeologiche. Questo passaggio fondamentale della conoscenza dell'arte antica porta

ad un cambiamento nel rapporto con le opere del passato, con la nascita del restauro modernamente inteso.

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Johann Joachim Winckelmann 1717- 1768

Il suo capolavoro "Storia delle arti del disegno presso gli antichi” fu ben presto riconosciuto come contributo importante alla letteratura europea. In quest'opera la storia dell'arte antica è considerata come il prodotto di determinate condizioni politiche, sociali e intellettuali che erano alla base dell'attività creativa e quindi frutto di successive evoluzioni, in questo modo fonda le sue partizioni cronologiche, dall'origine dell'arte greca all'Impero romano, su l'analisi stilistica.

Il vero artista seleziona dalla natura i fenomeni adatti per i suoi

propositi e li seleziona per mezzo dell'immaginazione, creando un tipo ideale, caratterizzato dalla nobile semplicità e quieta grandezza.

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Johann Joachim Winckelmann 1717- 1768

Winckelmann fu il primo a: Cercare concetti generali per la ricostruzione del tessuto cronologico

delle opere classiche. (stile antico; sublime;bello; decadente.) Cercare di comprendere l’opera in se stessa. Ricerca di regole estetiche assolute. In questo fu sfortunato tuttavia perché: Le fonti elencavano solo gli artisti maggiori. Il 98% delle opere greche erano copie romane.

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Conservazione: una nuova visione

Sul finire del Settecento s'inizia a parlare di

tutela dell'opera. Il merito è di pochi illuminati studiosi che sensibilizzano i collezionisti, i quali incominciano a

rifiutare opere restaurate o rifatte e pretendono un restauro diverso. La nuova richiesta, contribuisce alla formazione di una diversa figura del restauratore che

sostituisce l'artista restauratore. Si pubblicano manuali per restauratori e, intorno alle diverse problematiche del restauro, si fa

timidamente luce una vera coscienza in difesa delle opere d'arte. Si incomincia ad analizzare con metodologia le cause del deperimento delle opere e le varie

soluzioni da apportare. Si strappano i primi affreschi per toglierli da ambienti umidi Si delinea, per la prima volta, l'interesse per una "normativa" delle procedure attinenti la

conservazione e il restauro e, quindi, si ha un più cosciente controllo dell'operato: in particolare ciò si attua nei restauri diretti da Pietro Edwards a Venezia.

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L’Ottocento

partire dall'Ottocento la disputa sui metodi e sulle concezioni del restauro si fa

accesissima per l'affermarsi di concezioni teoriche a volte opposte. All'origine di un così ampio dibattito si pone il grandissimo numero di restauri monumentali operati in Francia durante il periodo Romantico. Questo nuovo interesse sorto intorno al restauro è determinato dalla volontà di recuperare le proprie origini culturali "nazionali", ravvisate nelle vestigia di epoca medievale.

In questo periodo sono presenti due linee di tendenza principali: Quella che tende a preferire la distinguibilità dell'intervento integrativo rispetto alla

parte preesistente, integrando le lacune in maniera riconoscibile attraverso la distinzione del materiale o la semplificazione delle forme

Quella secondo cui il restauratore deve immedesimarsi nel progettista originario e

integrarne l'opera nelle parti mancanti, perché mai realizzate, perché successivamente distrutte o degradate, perché alterate da nuovi interventi.

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Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879)

Dizionario ragionato dell'architettura francese dal sec. XI° al XVI° Secondo Viollet-le-Duc «Restaurare un edificio non è conservarlo, ripararlo o rifarlo, è ripristinarlo in uno stato di completezza che può non essere mai esistito in un dato tempo». Questa posizione è abitualmente definita restauro stilistico. Ricordiamo anche i restauri del medioevo bolognese: palazzo RE Enzo: con un medioevo inventato, con code di delfino, mai esistite e documentate.

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Antirestoration movement

Come reazione a queste due tendenze nasce in Inghilterra l'Antirestoration movement, che - promosso da William Morris - si rifà alle teorie di John Ruskin (1819-1900), secondo il quale il restauro è «la più totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere, una distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa che abbiamo distrutto».

L’inglese J.Ruskin ritiene il consolidamento l'unico intervento valido

sui monumenti, insieme alla tutela costante di essi, che ne scongiuri gli interventi diretti.

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Nuove tendenze

Verso la fine dell'Ottocento in Italia nascono due nuovi modi di intendere il restauro:

Restaurto storico, che afferma la necessità che le integrazioni

all'opera debbano essere fondate su documenti storici (Luca Beltrami, Torre del Castello Sforzesco di Milano).

Restauro filologico che ha come caposcuola Camillo Boito

(1836-1914): riprende il concetto di riconoscibilità dell'intervento; prevede il rispetto per le aggiunte aventi valore artistico, che nel corso del tempo sono state apportate al manufatto; tutela i segni del tempo (patina).

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Camillo Boito

1) Il rifiuto del restauro stilistico. 2) La necessità di rispettare e tutelare i valori artistici e storici del monumento.

Boito asserisce inoltre l'importanza della conservazione dei segni lasciati dal trascorrere del tempo sulle superfici architettoniche.

3) Boito redige una gerarchia fra i possibili interventi sul monumento, preferendo conservazione al consolidamento consolidamento al restauro, ritenuto come estremo rimedio contro la perdita del

monumento. 4) Quando le opere di restauro si rendono indispensabili per il mantenimento

dell’edificio, allora queste devono essere fatte in modo che le aggiunte non possano essere confuse con le parti originarie. Le aggiunte dovranno essere quindi rese distinguibili mediante la riduzione ai soli volumi essenziali eliminando o stilizzando gli elementi decorativi, senza però stonare con il complesso dell’edificio.

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Il Novecento

Già nel IV congresso artistico tenutosi a Torino nel 1880 si propose di sostituire, dalle circolari ministeriali e da tutti gli atti pubblici, la parola restauro, "mal fida di significato", con quella di conservazione. Alla fine non se ne fece nulla, si ritenne che non era questione di parole mal interpretate ma di sostanza.

Sappiamo che quasi tutti gli artisti del passato si sono interessati di

restauro . Le opere che avevano bisogno di interventi riparatori potevano essere

affidate ai soli artisti poiché mancava la figura del restauratore.

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Il Novecento

Il 20 giugno 1909 venne promulgata la legge n. 3646 che, rappresentando un grande progresso rispetto a quelle precedenti tutelava cose mobili ed immobili che avessero interesse storico - artistico - archeologico, escludendo gli oggetti di autori viventi o risalenti a meno di cinquanta anni.

CAPO I - Delle cose di proprietà dello Stato e degli enti morali. Sezione I - Norme particolari

alle cose di proprietà dello Stato. § 1 - Generalità. 1. Le cose mobili o immobili di proprietà dello Stato, le quali abbiano l'interesse di cui all'art. 1 della L. 20

giugno 1909, n. 364, sono sotto la vigilanza del Ministero della pubblica Istruzione, per quanto riguarda la loro conservazione, anche se amministrate da uffici dipendenti da altri Ministeri.

La vigilanza del Ministero dell'istruzione è esercitata per mezzo della sovraintendenza competente, ai termini della L. 27 giugno 1907, n. 386 (3) sul consiglio superiore, gli uffici e il personale delle antichità e belle arti.

2. Quando nelle cose di cui all'articolo precedente si manifestino segni di deterioramento, che ne possano

compromettere in tutto o in parte l'integrità, gli uffici che le amministrano sono tenuti a farne subito denuncia al sovrintendente competente, il quale farà al Ministero della pubblica istruzione le opportune proposte e presenterà il progetto dei lavori occorrenti.

Ugualmente farà il sovrintendente nei casi in cui sia venuto a cognizione del deterioramento della cosa prima di riceverne avviso dall'ufficio che l'amministra.

Il Ministero dell'istruzione decide sulle proposte del sovraintendente. Qualora si tratti di cose in consegna di altre Amministrazioni, il Ministero comunicherà a queste il progetto approvato, affinché venga eseguito sotto la sorveglianza della sovraintendenza.

In casi di grande urgenza i detti uffici possono provvedere direttamente, al fine soltanto di eliminare un pericolo immediato, denunziando subito il fatto al Ministero dell'istruzione. Similmente, quando trattisi di cose amministrate dal Ministero dell'istruzione, il sovrintendente potrà, nei casi suddetti, provvedere direttamente e riferire poi al Ministero.

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Gustavo Giovannoni (1873-1947)

Promotore di una sistematizzazione della teoria del restauro che va sotto il nome di Restauro scientifico.

Giovannoni ritiene infatti necessaria la compartecipazione al progetto di restauro, sotto la direzione ed

il coordinamento dell'architetto, di alcuni specialisti (chimici, geologi, ecc.) in grado di apportare utili contributi alla conoscenza del manufatto e delle tecniche di intervento.

Giovannoni propone inoltre di ricondurre gli interventi di restauro a varie categorie: Restauro di consolidamento, consistente nell'insieme di opere necessarie a ristabilire un adeguato

livello di sicurezza statica. Restauro di ricomposizione o anastilosi, ovvero ricomposizione di un monumento frammentario

del quale si conservino le parti. Restauro di liberazione, ovvero rimozione di superfetazioni ritenute di scarso valore storico-

artistico. Restauro di completamento, con l'aggiunta di parti accessorie realizzate secondo il criterio della

riconoscibilità. Restauro di innovazione che aggiunge parti rilevanti di nuova concezione che talvolta risultano

necessarie per il riuso del manufatto.

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Cesare Brandi

E' con Cesare Brandi che s' inizia il restauro scientifico ed è merito suo se oggi l'Italia vanta la scuola di restauro più importante al mondo.

La figura di Cesare Brandi è legata anche al lavoro di direttore

dell' Istituto Centrale del Restauro che contribuì a progettarlo, con Giulio Carlo Argan nel 1938 ed istituito nel 1939.

L'istituzione fu la conseguenza di un rinnovato interesse per la

conservazione del nostro enorme patrimonio artistico e fu vanto per la cultura italiana se, nel 1931, fu elaborato un documento che fu definito Carta del Restauro.

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La carta del Restauro

1931: Stesura della prima Carta del Restauro (carta di Atene – carta italiana del restauro) Si volevano stabilire le norme fondamentali della conservazione emendando "gli arbitri del

restauro di ripristino". Con Brandi si afferma il principio che l'opera d'arte deve essere goduta nella sua integrità, dove questa fosse menomata o lacunosa, l'intervento di restauro deve interessare le sole parti rimaste.

Le lacune sono l'argomento più spinoso per i teorici e i tecnici, dovrebbero essere trattate con

colori neutri che non disturbino l'opera, che siano visibili senza particolari strumenti e reversibili in qualsiasi momento.

Anche le patine, che non sono altro che l'invecchiamento delle opere, sono argomenti di analisi

e discussioni serrate. L'eliminazione della patina sarebbe una falsificazione storica perché l'opera sarebbe

privata dell'antichità e la testimonianza del tempo trascorso. Per cui la conservazione della patina, scrive Cesare Brandi, "non solo è ammissibile ma tassativamente richiesta".

Lo studioso è tacciato di feticismo per il frammento dai fautori del restauro di risarcimento integrale delle opere. Lo stesso Brandi però, afferma che ogni restauro è un caso a sé e va valutato di volta in volta.

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Carta di Atene I - La Conferenza, convinta che la conservazione del patrimonio artistico ed archeologico

dell'umanità interessi tutti gli Stati tutori della civiltà, augura che gli Stati si prestino reciprocamente una collaborazione sempre più estesa e concreta per favorire la conservazione dei monumenti d'arte e di storia; ritiene altamente desiderabile che le istituzioni e i gruppi qualificati, senza minimamente intaccare il diritto pubblico internazionale, possano manifestare il loro interesse per la salvaguardia dei capolavori in cui la civiltà ha trovato la sua più alta espressione e che appaiono minacciati; emette il voto che le richieste a questo effetto siano sottoposte alla organizzazione della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e benevola attenzione dei singoli Stati. Spetterà alla Commissione internazionale della cooperazione intellettuale, dopo richieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e dopo aver raccolto dai suoi organi locali le informazioni utili, di pronunciarsi sulla opportunità di passi da compiere e sulla procedura da seguire in ogni caso particolare.

II - La Conferenza ha inteso la esposizione (lei principi generali e delle dottrine concernenti la protezione di monumenti. Essa constata che, pur nella diversità dei casi speciali a cui possono rispondere particolari soluzioni, predomina nei vari Stati rappresentati una tendenza generale ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitare i rischi mediante la istituzione di manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione degli edifici.

Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni, raccomanda di rispettare l'opera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di alcuna epoca. La Conferenza raccomanda di mantenere, quando sia possibile, la occupazione dei monumenti che ne assicura la continuità vitale, purché tuttavia la moderna destinazione sia tale da rispettare il carattere storico ed artistico.

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Carta di Atene

IV - La Conferenza constata con soddisfazione che i principi e le tecniche esposte nelle differenti comunicazioni particolari si ispirano ad una comune tendenza, cioè: quando si tratta di rovine, ma conservazione scrupolosa si impone, e, quando le condizioni lo permettono, è opera felice il rimettere in posto gli elementi originari ritrovati (anastilosi); e i materiali nuovi necessari a questo scopo dovranno sempre essere riconoscibili. Quando invece la conservazione di rovine messe in luce in uno scavo fosse riconosciuta impossibile, sarà consigliabile, piuttosto che votarle alla distruzione, di seppellirle nuovamente, dopo, beninteso, averne preso precisi rilievi. È ben evidente che la tecnica dello scavo e la conservazione dei resti impongono la stretta collaborazione tra l'archeologo e l'architetto. Quanto agli altri monumenti, gli esperti, riconoscendo che ogni caso si presenta con carattere speciale, si sono trovati d'accordo nel consigliare, prima di ogni opera di consolidamento o di parziale restauro, una indagine scrupolosa delle malattie a cui occorre portare rimedio.

V - Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative all'impiego di materiali moderni per il consolidamento degli antichi edifici; ed approvano l'impiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e più specialmente del cemento armato.

Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di rinforzo debbano essere dissimulati per non alterare l'aspetto e il carattere dell'edificio da restaurare; e ne raccomandano l'impiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli elementi in sito evitando i rischi della disfattura e della ricostruzione.

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Carta di Atene

VII - La Conferenza raccomanda di rispettare, nelle costruzioni degli edifici, il carattere e la fisionomia della città, specialmente in prossimità dei monumenti antichi, per i quali l'ambiente deve essere oggetto di cure particolari. Uguale rispetto deve aversi per talune prospettive particolarmente pittoresche.

Oggetto di studio possono anche essere le piantagioni e le ornamentazioni vegetali adatte a certi monumenti per conservare l'antico carattere. Essa raccomanda soprattutto la soppressione di ogni pubblicità, di ogni sovrapposizione abusiva di pali e fili telegrafici, di ogni industria rumorosa ed invadente, in prossimità di monumenti d'arte e di storia.

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Carta Italiana del Restauro

Premessa

Il Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti portando il suo studio sulle norme che debbono reggere il restauro dei monumenti, il quale in Italia si eleva al grado di una grande questione nazionale, e edotto dalla necessità di mantenere e di perfezionare sempre più il primato incontestabile che in tale attività, fatta di scienza, di arte e di tecnica, il nostro paese detiene:

convinto della multipla e gravissima responsabilità che ogni opera di restauro coinvolge

(sia che si accompagni o no a quella dello scavo) con l'assicurare la stabilità di elementi fatiscenti; col porre le mani su di un complesso di documenti di storia ed arte tradotti in pietra, non meno preziosi di quelli che si conservano nei musei e negli archivi, col consentire studi anatomici che possono avere come risultato nuove impreviste determinazioni nella storia dell'arte e della costruzione;

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Carta Italiana del Restauro

convinto perciò che nessuna ragione di fretta, di utilità pratica, di personale suscettibilità possa imporre in tale tema manifestazioni che non siano perfette, che non abbiano un controllo continuo e sicuro, che non corrispondano ad una ben affermata unità di criteri, e stabilendo come evidente che tali principi debbano applicarsi sia al restauro eseguito dai privati sia a quelli dei pubblici enti, a cominciare dalle stesse Sopraintendenze preposte alla conservazione e alla indagine dei monumenti

considerato che nell'opera di restauro debbano unirsi ma non elidersi, neanche in

parte, vari criteri di diverso ordine: cioè le ragioni storiche che non vogliono cancellata nessuna delle fasi attraverso cui si è composto il monumento, né falsata la sua conoscenza con aggiunte che inducano in errore gli studiosi, né disperso il materiale che le ricerche analitiche pongono in luce;

considerato il concetto architettonico che intende riportare il monumento ad una

funzione d'arte e, quando sia possibile, ad una unità di linea (da non confondersi con l'unità di stile); il criterio che deriva dal sentimento stesso dei cittadini, dallo spirito della città, con i suoi ricordi e le sue nostalgie; e infine, quello stesso indispensabile che fa capo alle necessità amministrative attinenti ai mezzi occorrenti e alla pratica utilizzazione;

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Carta Italiana del Restauro

ritiene che dopo oltre un trentennio di attività in questo campo svoltosi nel suo complesso con risultati magnifici, si possa e si debba trarre da questi risultati un complesso di insegnamenti concreti a convalidare e precisare una teoria del restauro ormai stabilita con continuità nei deliberati del Consiglio Superiore e nell'indirizzo seguito dalla maggior parte delle Soprintendenze alle Antichità e all'Arte medioevale e moderna; e di questa teoria controllata dalla pratica enuncia i principi essenziali.

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Le cose di interesse storico-artistico

Legge 1 giugno 1939, n. 1089, Stesura, nella Costituzione italiana,

dell’articolo 9 dedicato alla dignità legislativa del patrimonio culturale ed ambientale: “La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089, CAPO I:

Disposizioni generali.

CAPO II: Disposizioni per la conservazione, integrità e sicurezza delle cose.

CAPO III: Disposizioni sulle alienazioni e gli altri modi di trasmissione delle cose.

CAPO IV: Disposizioni sulla esportazione ed importazione.

CAPO V: Disciplina dei ritrovamenti e delle scoperte.

CAPO VI: Disciplina delle riproduzioni e del godimento pubblico.

CAPO VII: Disciplina delle espropriazioni.

CAPO VIII: Sanzioni.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089 CAPO I.

Disposizioni generali. art. 1.

Sono soggette alla presente legge le cose, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, compresi: a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà; b) le cose d'interesse numismatico; c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, i documenti notevoli, gli incunaboli, nonchè i libri, le stampe e le incisioni aventi carattere di rarità e di pregio. Vi sono pure compresi le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico. Non sono soggette alla disciplina della presente legge le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.

art.3. Il Ministro per l'educazione nazionale notifica in forma amministrativa ai privati proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo, le cose indicate nell'art. 1 che siano di interesse particolarmente importante. Trattandosi di immobili per natura o di pertinenze, si applicano le norme di cui al secondo comma dell'articolo precedente. L'elenco delle cose mobili, delle quali si è notificato l'interesse particolarmente importante, è conservato presso il Ministero dell'educazione nazionale e copie dello stesso sono depositate presso le prefetture del Regno. Chiunque abbia interesse può prenderne visione.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089

art. 4. I rappresentanti delle provincie, dei comuni, degli enti e degli istituti

legalmente riconosciuti devono presentare l'elenco descrittivo delle cose indicate nell'art. 1 di spettanza degli enti o istituti che essi rappresentano. I rappresentanti anzidetti hanno altresì l'obbligo di denunziare le cose non comprese nella prima elencazione e quelle che in seguito vengano ad aggiungersi per qualsiasi titolo al patrimonio dell'ente o istituto. Le cose indicate nell'art. 1 restano sottoposte alle disposizioni della presente legge, anche se non risultino comprese negli elenchi e nelle dichiarazioni di cui al presente articolo.

art. 7. Il Ministro per l'educazione nazionale vigila perchè siano rispettati i

diritti di uso e di godimento che il pubblico abbia acquisito sulle cose soggette alla presente legge.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089 CAPO II.

Disposizioni per la conservazione, integrità e sicurezza delle cose. art. 11.

Le cose previste dagli articoli 1 e 2, appartenenti alle provincie, ai comuni, agli enti e istituti legalmente riconosciuti, non possono essere demolite, rimosse, modificate o restaurate senza l'autorizzazione del Ministro per l'educazione nazionale. Le cose medesime non possono essere adibite ad usi non compatibili con il loro carattere storico od artistico, oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione o integrità. Esse debbono essere fissate al luogo di loro destinazione nel modo indicato dalla sopraintendenza competente.

art. 12.

Le disposizioni di cui al 1/a e 2/a comma dell'articolo precedente si applicano anche alle cose di proprietà privata notificate ai sensi degli articoli 2, 3 e 5 della presente legge. Nel caso in cui il trasporto di cose mobili notificate sia in dipendenza del cambiamento di dimora del detentore, questi dovrà darne notizia alla competente sopraintendenza, la quale potrà prescrivere le misure che ritenga necessarie perchè le cose medesime non subiscano danno.

art. 13.

Chi dispone e chi esegue il distacco di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni, tabernacoli ed altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, deve ottenere l'autorizzazione dal Ministro per l'educazione nazionale, anche se non sia intervenuta la notifica del loro interesse.

art. 14.

Il Ministro sentito il consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti, ha facoltà di provvedere direttamente alle opere necessarie per assicurare la conservazione ed impedire il deterioramento delle cose indicate negli articoli 1 e 2, appartenenti a provincie, comuni, enti o istituti, legalmente riconosciuti, e, se trattasi di cose mobili, di farle anche trasportare e temporaneamente custodire in pubblici istituti. In caso di urgenza il Ministro può adottare senz'altro provvedimenti conservativi di cui al comma precedente.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089

art. 15. Le disposizioni di cui all'articolo precedente si applicano anche alle cose di proprietà privata, che abbiano formato oggetto di notificazione ai sensi degli articoli 2, 3 e 5.

art. 16. Il Ministro, sentito il consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti, ha facoltà d'imporre, per le cose di cui all'art. 14, le provvidenze necessarie per assicurarne la conservazione ed impedirne il deterioramento. La spesa occorrente è a carico dell'ente proprietario. qualora l'ente dimostri di non essere in condizione di sostenerla, il Ministro può, con suo decreto, stabilire che l'onere sia assunto in tutto o in parte dallo stato.

art. 17. Nei casi di cui agli articoli 14, 15 e ultimo comma dell'articolo precedente, gli enti e privati interessati hanno l'obbligo di rimborsare allo stato la spesa sostenuta per la conservazione della cosa. L'ammontare della spesa è determinato con decreto del Ministro. qualora la spesa non sia rimborsata, il Ministro ha facoltà di acquistare la cosa al prezzo di stima, che essa aveva prima delle riparazioni. Ove il Ministro non ritenga di avvalersi di detta facoltà, l'ammontare della spesa sarà riscosso con le forme previste per la riscossione delle entrate patrimoniali dello stato.

art. 18. I proprietari, possessori e detentori, a qualsiasi titolo, delle cose mobili od immobili, contemplate dalla presente legge, hanno l'obbligo di sottoporre alla competente sopra intendenza i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva approvazione. La disposizione del comma precedente si applica alle cose di proprietà privata, nel solo caso in cui sia intervenuta la notificazione di cui agli articoli 2, 3 e 5. In sede di ricorso gerarchico avverso i provvedimenti del soprintendente, il Ministro per l'educazione nazionale decide sentito il consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti.

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Legge 1 giugno 1939, n. 1089

CAPO VI. Disciplina delle riproduzioni e del godimento pubblico.

art. 51. E’ vietato di trarre calchi dagli originali di cose indicate nell'art. 1 di proprietà dello stato o di altro ente o istituto pubblico. Il Ministro per l'educazione nazionale sentito il consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti, può autorizzare la esecuzione di calchi, qualora le condizioni dell'originale lo consentano.

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La carta di Venezia 1964

Art. 1; La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l'ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un'evoluzione significativa o di un avvenimento storico. (questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale.

Art. 6; La conservazione di un monumento implica quella della sua condizione ambientale. Quando sussista un ambiente tradizionale, questo sarà conservato; verrà inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione, distruzione ed utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori.

Art. 14; Gli ambienti monumentali debbono essere l'oggetto di speciali cure, al fine di salvaguardare la loro integrità ed assicurare il loro risanamento, la loro utilizzazione e valorizzazione. I lavori di conservazione e di restauro che vi sono eseguiti devono ispirarsi ai principi enunciati negli articoli precedenti.

Art. 16; 1 lavori di conservazione, di restauro e di scavo saranno sempre accompagnati da una rigorosa documentazione, con relazioni analitiche e critiche, illustrate da disegni e fotografie. Tutte le fasi di lavoro di liberazione, come gli elementi tecnici e formali identificati nel corso dei lavori, vi saranno inclusi.

Tale documentazione sarà depositata in pubblici archivi e verrà messa a disposizione degli studiosi.

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Patrimonio culturale

In campo internazionale bisogna aspettare il 1954, durante la Convenzione dell’Aja sulla protezione dei beni culturali in caso di guerra, per vedere il termine “patrimonio culturale” sostituire quello di “cose di interesse storico, artistico, archeologico e le bellezze ambientali” indicato nell’art.1 della legge 1089 del 1° giugno del 1939 “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”.

In Italia bisogna attendere altri 13 anni per vedere questa dizione per la prima

volta in un atto ufficiale. Nel 1967, si conclusero, dopo tre anni, i lavori della “Commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, archeologico e del paesaggio” meglio nota come “Commissione Franceschini”, nel documento conclusivo fu proposto per la prima volta la definizione di "patrimonio culturale" e quindi in definitiva di bene culturale

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Commissione Franceschini

La Commissione proponeva anche una classificazione dei seguenti beni: beni archeologici “Si intendono per beni archeologici, ai fini della legge, indipendentemente dal loro pregio artistico, le

cose immobili e mobili costituenti testimonianza storica di epoche, di civiltà, di centri od insediamenti la cui conoscenza si attua preminentemente attraverso scavi e rinvenimenti.”

beni artistici e storici “Sono beni culturali d' interesse artistico o storico le cose mobili o immobili di singolare pregio,

rarità o rappresentatività, aventi relazione con la storia culturale dell'umanità.” beni ambientali “Si considerano beni culturali ambientali le zone corografiche costituenti paesaggi, naturali o

trasformati dall'opera dell'uomo, e le zone delimitabili costituenti strutture insediative, urbane e non urbane, che, presentando particolare pregio per i loro valori di civiltà, devono essere conservate al godimento della collettività. Sono specificamente considerati beni ambientali i beni che presentino singolarità geologica, floro-faunistica, ecologica, di cultura agraria , di infrastrutturazione del territorio, e quelle strutture insediative, anche minori o isolate, che siano integrate con l'ambiente naturale in modo da formare un' unità rappresentativa.”

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Commissione Franceschini

beni archivistici “Sono oggetto di questo titolo le fonti documentarie dell'attività dei pubblici poteri sotto specie di

documenti prodotti, ricevuti od acquisiti in svolgimento della loro attività; e altresì quelle della attività di ogni altro soggetto il cui notevole lavoro valore di testimonianza storica ne raccomandi la conservazione.”

beni librari “Sono beni culturali di interesse librario: a) i volumi manoscritti di particolare importanza per antichità, valore paleografico, storico,

letterario, scientifico, artistico; b) i documenti relativi alla produzione letteraria e delle altre opere dell'ingegno anche in ordine alle

persone e all'ambiente, ivi compresi gli autografi, i carteggi, gli inediti, i lavori preparatori; c) gli incunamboli, i libri rari, i libri di pregio; d) le incisioni, le carte geografiche, i manifesti, il materiale filatelico, le fotografie ed ogni altra opera

comunque ottenuta con mezzi grafici o meccanici che presenti particolare importanza ai fini della lettera a) nonché le loro raccolte di particolare rappresentatività;

e) le legature di particolare pregio documentario o artistico;

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Commissione Franceschini

centri storici urbani. “In particolare sono da considerare Centri storici urbani quelle strutture insediative urbane che costituiscono unità culturale o la parte originaria e autentica di insediamenti, e testimonino i caratteri di una viva cultura urbana.” La definizione proposta dalla Commissione Franceschini soprattutto nella parte che dice: ogni altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà può essere interpretata in modo estensivo, in quanto gran parte delle cose che ci circondano, sono in qualche modo testimonianza di civiltà (o inciviltà). Lo stesso concetto di bene culturale come testimonianza è espresso dall’articolo della Legge regionale siciliana 1 agosto 1977 n°80 “Norme per la tutela, la valorizzazione e l’uso sociale dei beni culturali ed ambientali nel territorio della Regione siciliana” dove si parla di: bene che possa costituire testimonianza di civiltà. Lo stesso concetto di “testimonianza di civilta” è stato ripreso nel D.L. 31 marzo 1998, n. 112 “ "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 - Supplemento Ordinario n. 77 dove al Capo V “Beni e attività culturali” art. 148 viene data la seguente definizione di beni culturali: Si intendono "beni culturali", quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civilta Da una espressione iniziale qual era quella del 1939 “cose d interesse storico, artistico e archeologico” si arriva quindi al concetto molto ampio di bene culturale, definizione che abbraccia tutto ciò che acquista significatività documentaria di civiltà. Ecco quindi che può essere accettata, a questo punto anche la seguente definizione, anch’essa in senso onnicomprensiva come le precedenti:

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Ministero per i Beni e le attività Culturali

Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali fu istituito da Giovanni Spadolini, (con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito nella legge 29 gennaio 1975, n. 5 - G.U. 14 febbraio 1975, n. 43), con il compito di affidare unitariamente alla specifica competenza di un Ministero appositamente costituito la gestione del patrimonio culturale e dell'ambiente al fine di assicurare l'organica tutela di interesse di estrema rilevanza sul piano interno e nazionale.

Raccolse le competenze e le funzioni in materia che erano prima del Ministero della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti, Accademie e Biblioteche), Ministero degli Interni (Archivi di Stato) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Discoteca di Stato, editoria libraria e diffusione della cultura).

Nel 1998 con Decreto Legislativo n. 368 del 20 ottobre, viene istituito il nuovo Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a cui sono devolute le attribuzioni spettanti al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali alle quali si va ad aggiungere la promozione dello sport e di impiantistica sportiva e la promozione delle attività dello spettacolo in tutte le sue espressioni: dal cinema al teatro, alla danza, alla musica, agli spettacoli viaggianti.

Con Decreto-legge del 18 maggio 2006 n. 181, le competenze dello sport sono assegnate al nuovo Ministero per le Politiche Giovanili e Attività sportive

Con la fine del 2006 i Dipartimenti sono stati sostituiti dal Segretariato Generale. Il Segretario generale, per quanto attiene all'attuazione delle linee programmatiche dell'Area, si avvale delle competenze dei Direttori Generali, dei Dirigenti dei servizi, e, con funzioni di consulenza su temi specifici, dei Dirigenti Generali.