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Il modello F.A.R.O.

fra tradizione ed innovazione

Isp. Sebastiano PulvirentiPalermo, 1 aprile 2008

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Il contesto dell’Autonomia strumentale:la cultura dell’autovalutazione

• Dalla rigidità dell’adempimento formaleallo sviluppo della cultura del servizio di qualità

• Dalla organizzazione piramidale e burocratica alla decisionalità diffusa

• Dalla rigidità dell’adempimento formaleallo sviluppo della cultura del servizio di qualità

• Dalla organizzazione piramidale e burocratica alla decisionalità diffusa

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L’autovalutazione nella normativa e nelle raccomandazioni

DPR 275/99, art. 4, comma 4

Indicazioni per il curricolo 2007

Quaderno bianco 2007 (Min. Ec. e Finanze/ Min. P.I.)Intesa tra Min.

Riforme, Min. Finanze, Min. P.I. e OO.SS.

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DPR 275/1999 Art. 4, comma 4

• Nell’esercizio dell’Autonomia didattica le istituzioni scolastiche … individuano … i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi prefissati

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Intesa 27 giugno 2007Min. per le Riforme/Min. Economia/Min. P.I.

• Promuovere l’autovalutazione della singola istituzione scolastica intesa come capacità di confrontare i risultati ottenuti con quelli attesi

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Indicazioni per il curricolo 2007

• Alle singole istituzioni scolastiche spetta la responsabilità dell’autovalutazione, che ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta educativa e didattica della scuola ai fini del suo continuo miglioramento

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Quaderno bianco sulla scuola (settembre 2007)

• Complementare alla realizzazione di un sistema di valutazione è una forte azione nazionale di supporto all’autovalutazione …

• Rafforzare … la fase decisionale e operativa che deve seguire a ogni azione di autovalutazione o di valutazione esterna, affiancando i docenti e i dirigenti scolastici nell’uso consapevole dei risultati per individuare punti di forza e aree da migliorare e agire di conseguenza

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La scuola come ambiente professionale plurale

Scuola come comunità di pratiche: tutti gli operatori agiscono in situazione impegnati in un compito comune per conseguire un risultato

Scuola come comunità di dialogo: gli operatori discutono mettendo a confronto idee, saperi professionali, metodologie

Scuola come comunità di persone per sviluppare l’identità personale e professionale

Scuola come comunità di diversità

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C.I.P.P. Model

Valutare per Aree di osservazione

Input

Contesto processi

Prodotti

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CAF CAF

Common Common Assessment Assessment FrameworkFramework

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Common Assessment Common Assessment FrameworkFramework

Il CAF si prefigge quattro scopi principali:Il CAF si prefigge quattro scopi principali:

cogliere le specifiche caratteristiche cogliere le specifiche caratteristiche delle organizzazioni del settore pubblicodelle organizzazioni del settore pubblico

servire da strumento per gli servire da strumento per gli amministratori pubblici che desiderino amministratori pubblici che desiderino migliorare le performance della propria migliorare le performance della propria organizzazioneorganizzazione

fungere da "ponte" di collegamento tra i fungere da "ponte" di collegamento tra i vari modelli e le metodologie utilizzate vari modelli e le metodologie utilizzate nella gestione della Qualitànella gestione della Qualità

consentire l'introduzione di studi di consentire l'introduzione di studi di benchmarking tra le organizzazioni del benchmarking tra le organizzazioni del settore pubblicosettore pubblico

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La struttura del CAF – I criteri

1. Leadership

3. Personale

2. Politiche e strategie 4. Partnership e

risorse

5. Processi

Fattori abilitanti (Cosa si fa/come si fa)

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La struttura del CAF – I criteri

6. Cittadini/utenti

7. Personale

8. Società

9. Performance chiave

Risultati ottenuti

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Il modello F.A.R.O.

Approccio olistico all’autoanalisi Attenzione a tutti gli aspetti dell’organizzazione nel duplice versante dei processi e dei risultati Ponderazione dei dati Rapporto di scuola come lettura ragionata e condivisa Progetto di qualificazione Rapporto di rete

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Quando gli studenti ci danno una lezione di Marco Lodoli

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Quando gli studenti ci danno una lezione di Marco Lodoli

A scuola tante parole volano via senza lasciare alcun segno: il professore parla e i ragazzi guardano le mosche, oppure prova a lanciare un argomento di discussione che deperisce dopo due o tre svogliati interventi.

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Ma a volte capita la giornata d´oro, quella in cui le parole pesano e lasciano un segno profondo negli studenti ma anche nel professore, al quale si rivelano intuizioni sbalorditive. E così l´altro giorno in classe si parlava di desideri, di consumismo, di intontimenti pericolosi, tema che torna spesso e che sembra non avere soluzione.

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Ma stavolta Manolo, un ragazzetto scapigliato e nervoso, ha fatto in tre minuti un´analisi chiarissima, di quelle che aprono e chiudono ogni discorso.

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«Voi insegnanti ci dite che i desideri sono la nostra rovina, che ci costringono in una situazione di affanno perenne, di dipendenza, di mortificazione del pensiero. I desideri ci spingono nei centri commerciali dove siamo come pecore al pascolo, e noi sbaviamo dietro un telefonino, un paio di scarpe firmate, una maglia da cento euro, e intanto non ci accorgiamo che il lupo si sbrana la nostra vita.

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Ci parlate di Leopardi e di Schopenhauer, insistete perché noi ragazzi non perdiamo tempo ed energie a rincorrere false soddisfazioni, che in realtà ci impoveriscono sempre più. Ci leggete in classe articoli di scrittori, preti, filosofi che condannano il consumismo. Tutto vero, probabilmente, tutto fila senza una grinza.

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Però io mi domando: come mai queste sante parole non producono alcun effetto? È semplice. Non producono alcun effetto perché tutto il mondo occidentale si regge sull´eccitazione dei desideri, e se di colpo prevalesse San Francesco sarebbe lo sfacelo. Si ricorda professore quella pubblicità in cui si vedeva la gente per la strada che ringraziava un tipo con una busta in mano? Lo ringraziavano perché aveva comprato qualcosa, una cosa qualunque, forse una cosa inutile, ma che permetteva all´economia di girare, di creare ricchezza, di aumentare i posti di lavoro, o almeno di non perderli. Ecco dov’è l’ipocrisia.

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Tutti i sapientoni ripetono che bisogna accontentarsi, senza sciupare la propria esistenza dietro alle sciocchezze che ci vengono proposte a getto continuo, ma poi l´Occidente si regge solo sulla frenesia, sull´avidità, sul desiderio folle. Tutto il nostro immaginario è costruito ad arte per sedurre e farci sentire partecipi di una comunità che esiste finché può spendere. La ruota gira e non si può assolutamente fermare, e neppure rallentare.

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Gli adulti al comando gestiscono la fantasia nazionale, la spingono dove più conviene. Il Pil deve crescere, gli stipendi devono aumentare per rilanciare i consumi, le industrie devono incrementare i profitti per far guadagnare i padroni ma anche per non mandare a casa gli operai. Senza desideri assatanati l´Occidente precipita. Pubblicitari, creativi, uomini del marketing, belle ragazze in mutande, politici, televisioni, tutti soffiano a pieni polmoni nelle vele del desiderio, perché è da lì che vengono i soldi e il benessere.

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Magari poi la gente impazzisce, si perde, si indebita, i giovani si confondono, si viziano, diventano sempre più deboli, ma non c´è niente da fare, se il desiderio non pompa l´acqua non sgorga. Se il desiderio si blocca, si blocca tutto. E poi arrivate voi professori, che siete tagliati fuori dal mondo, che contate sempre meno perché avete poco da spendere, e ci rifilate questi pistolotti inutili.

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Dite che il desiderio porta alla depressione o alla criminalità, che separa e contrappone gli esseri umani, che genera un arraffa arraffa individualista e degradante, predicate il rigore, lo studio, il sacrificio, ma nessuno vi sta a sentire. Noi no, perché siamo ragazzi e vogliamo divertirci, ma neanche gli adulti che valgono davvero vi prestano ascolto. Loro lo sanno cento volte meglio di voi come funziona la baracca. Funziona solo se i nostri desideri la sostengono minuto per minuto, altrimenti si sbraca.

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Fortunatamente oggi la cultura è inutile, ma se veramente fosse assorbita profondamente dalla gente comune sarebbe addirittura nociva, saboterebbe la macchina o l´autobus su cui viaggiamo, e questo non può accadere».

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Sono rimasto a bocca aperta. L´immaginario che la scuola prova a costruire è una gondoletta di fronte a una portaerei. È un ostacolo da travolgere, o meglio ancora, da ignorare. La diffusa pedagogia sociale ha un solo chiaro argomento: se spendi ci sei, se spendiamo tutti il paese va avanti, il resto sono solo chiacchiere inconsistenti, inconsapevolmente sovversive.

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Gli altri ragazzi hanno guardato in silenzio il compagno filosofo, poi uno ha preso la parola: «Non ho capito quasi niente di quello che hai

detto, ma mi sembra giustissimo».

Rassegna Nazionale    Marco Lodoli 21/11/07Repubblica: Quando gli studenti ci danno una lezione