se faccio, capisco · moso proverbio cinese" Se ascolto dimenti-co, se vedo ricordo, sefaccio...

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se faccio, capisco Riflessioni con il TI LOGO sul "nuovo pensiero costruttivo" Giovanni Lariccia Istituto per le Applicazioni del Calcolo "Mauro Picone" Consiglio N azionale delle Ricerche I lettori che seguono questa serie di arti- coli ispirati all'informatica cognitiva non avranno probabilmente dimenticato l'arti- colo su "Bambini e Calcolatori" in cui si riferivano i contenuti di una visita fatta al Museo dei Bambini di Washington. Il motto del Museo dei Bambini, ricorderete, è ilfa- moso proverbio cinese" Se ascolto dimenti- co, se vedo ricordo, sefaccio capisco". Que- sto proverbio, tra l'altro, è stato già preso come base di un bellissimo progetto per !'in- segnamento integrato della matematica e delle scienze alla scuola elementare, svilup- pato in Inghilterra negli anni '60 dallafon- dazione Nuffield e successivamente tradotto e divulgato in Italia dalla Zanichelli. Origine delle nostre conoscenze "Se faccio, capisco", pur essendo un proverbio molto antico, esprime concetti ancora nuovi e tutti da approfondire: ci fa riflettere sulla natura del nostro sapere, sull'origine e sul tipo di "disponibilità" del- le nostre conoscenze. Il nostro cervello è certamente "pieno" 30 di conoscenze. Non nel senso che non ci sia più spazio per altre conoscenze. I neurolo- gi ci dicono che il cervello umano è ancora largamente sottoutilizzato, nel senso che un notevole numero di collegamenti tra i neuroni che lo costituiscono possono esse- re ancora stabiliti, aumentandone così la capacità di contenere informazioni. Ma il vero problema non è tanto quello di "met- tere dentro" altre conoscenze, ma piutto- sto quello di "tirarle fuori", in tempi ade- guati alle necessità che si presentano, e con la sicurezza richiesta dalle circostanze. La situazione delle conoscenze nel cervello è un po' quella di una città piena di automo- bili in cui il problema non è tanto o non è solo avere l'automobile, ma essere in grado di utilizzarla. O se volete, non è quello di raggiungere un certo posto (per esempio il centro) con la propria automobile, ma an- che o soprattutto quello di eseguire il pro- cesso inverso (per esempio "uscire dal cen- tro"). Tutti noi abbiamo sperimentato in diverse circostanze il fatto che alcune co- noscenze (o per dir meglio alcuni ricordi, eventualmente immagini, suoni, etc.) pos- sono essere, in particolari circostanze emo- tive, "recuperati più facilmente" dalla no- stra mente dove evidentemente si trovava- no quasi in letargo. Questa esperienza di- mostra, al tempo stesso, che su queste co- noscenze (o ricordi) non possiamo fare conto, per la nostra vita pratica. Le conoscenze che ci servono, in altre parole, sono quelle che sappiamo recupe- rare, tirare fuori dalla nostra mente ogni volta che occorre con efficienza, rapidità e, soprattutto, con sicurezza. Molto spesso, infatti, una certa conoscenza può essere recuperata alternativamente dalla nostra mente o da ... una mente altrui, ovvero da qualche altro deposito di conoscenze. Si tratta, come sempre, di pagare un certo prezzo. Se il prezzo necessario per tirare una certa conoscenza fuori dalla nostra mente è superiore a quello che occorre pa- gare per tirare fuori la stessa conoscenza dalla mente di un'altra persona (un esper- to), è chiaro che, a meno di casi particolari, uno è portato a scegliere la soluzione eco- nomicamente più vantaggiosa (in questo caso: il ricorso all'esperto). Questo processo è anche favorito dallo sviluppo delle comunicazioni. Nella misu- ra in cui il mio "esperto" è facilmente rag- giungibile per telefono, al prezzo di una telefonata, io finirò certamente con il far conto più spesso sulla sua disponibilità che sulla mia capacità di recuperare le cono- scenze dalla mia mente (e dalle sue esten- sioni materiali). Si finisce così, inconsape- volmente, per favorire la specializzazione esasperata: ognuno di noi finisce per di- ventare "superesperto" in un piccolissimo settore e solo in quello, ricorrendo agli altri superesperti nei settori confinanti. E si fini- scono così per moltiplicare gli esperti e, di conseguenza, i cataloghi di esperti e dei loro prodotti. Siamo infatti nell'epoca del- le enciclopedie a fascicoli, delle enciclope- die che trattano ormai qualunque argo- mento. E cos'altro è un'enciclopedia se non una raccolta organizzata di conoscen- ze che riassume in qualche maniera l'espe- rienza di diversi superesperti? La paralisi del sapere: le enciclopedie elettroniche È di questi giorni la notizia di un proget- to per realizzare su un sistema elettronico, presso la Presidenza del Consiglio dei Mi- nistri, un'intera enciclopedia (chiamata confidenzialmente "enciclopedia dell'at- tualità "). Progetto certamente meraviglio- so, illuministicamente proiettato verso il futuro, che schiuderà l'epoca del sapere per tutti, a costi irrisori, predigerito e riselezio- nato da un supercervello elettronico. Queste notizie che provengono dal no- stro paese mi fanno tenerezza: perché nel frattempo nella lontana Repubblica del Venezuela, paese notoriamente in via di sviluppo (e quindi appartenente a un mon- do per definizione "inferiore" al nostro) è stato completato un progetto molto più ambizioso, anche se centrato su un altro MCmicrocomputer 18

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se faccio, capiscoRiflessioni con il TI LOGO sul "nuovo pensiero costruttivo"

Giovanni LaricciaIstituto per le Applicazioni del Calcolo "Mauro Picone"

Consiglio N azionale delle Ricerche

I lettori che seguono questa serie di arti-coli ispirati all'informatica cognitiva nonavranno probabilmente dimenticato l'arti-colo su "Bambini e Calcolatori" in cui siriferivano i contenuti di una visita fatta alMuseo dei Bambini di Washington. Il mottodel Museo dei Bambini, ricorderete, è ilfa-moso proverbio cinese" Se ascolto dimenti-co, se vedo ricordo, sefaccio capisco". Que-sto proverbio, tra l'altro, è stato già presocome base di un bellissimo progetto per !'in-segnamento integrato della matematica edelle scienze alla scuola elementare, svilup-pato in Inghilterra negli anni '60 dallafon-dazione Nuffield e successivamente tradottoe divulgato in Italia dalla Zanichelli.

Origine delle nostre conoscenze

"Se faccio, capisco", pur essendo unproverbio molto antico, esprime concettiancora nuovi e tutti da approfondire: ci fariflettere sulla natura del nostro sapere,sull'origine e sul tipo di "disponibilità" del-le nostre conoscenze.

Il nostro cervello è certamente "pieno"

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di conoscenze. Non nel senso che non ci siapiù spazio per altre conoscenze. Ineurolo-gi ci dicono che il cervello umano è ancoralargamente sottoutilizzato, nel senso cheun notevole numero di collegamenti tra ineuroni che lo costituiscono possono esse-re ancora stabiliti, aumentandone così lacapacità di contenere informazioni. Ma ilvero problema non è tanto quello di "met-tere dentro" altre conoscenze, ma piutto-sto quello di "tirarle fuori", in tempi ade-guati alle necessità che si presentano, e conla sicurezza richiesta dalle circostanze. Lasituazione delle conoscenze nel cervello èun po' quella di una città piena di automo-bili in cui il problema non è tanto o non èsolo avere l'automobile, ma essere in gradodi utilizzarla. O se volete, non è quello diraggiungere un certo posto (per esempio ilcentro) con la propria automobile, ma an-che o soprattutto quello di eseguire il pro-cesso inverso (per esempio "uscire dal cen-tro"). Tutti noi abbiamo sperimentato indiverse circostanze il fatto che alcune co-noscenze (o per dir meglio alcuni ricordi,eventualmente immagini, suoni, etc.) pos-

sono essere, in particolari circostanze emo-tive, "recuperati più facilmente" dalla no-stra mente dove evidentemente si trovava-no quasi in letargo. Questa esperienza di-mostra, al tempo stesso, che su queste co-noscenze (o ricordi) non possiamo fareconto, per la nostra vita pratica.

Le conoscenze che ci servono, in altreparole, sono quelle che sappiamo recupe-rare, tirare fuori dalla nostra mente ognivolta che occorre con efficienza, rapidità e,soprattutto, con sicurezza. Molto spesso,infatti, una certa conoscenza può essererecuperata alternativamente dalla nostramente o da ... una mente altrui, ovvero daqualche altro deposito di conoscenze. Sitratta, come sempre, di pagare un certoprezzo. Se il prezzo necessario per tirareuna certa conoscenza fuori dalla nostramente è superiore a quello che occorre pa-gare per tirare fuori la stessa conoscenzadalla mente di un'altra persona (un esper-to), è chiaro che, a meno di casi particolari,uno è portato a scegliere la soluzione eco-nomicamente più vantaggiosa (in questocaso: il ricorso all'esperto).

Questo processo è anche favorito dallosviluppo delle comunicazioni. Nella misu-ra in cui il mio "esperto" è facilmente rag-giungibile per telefono, al prezzo di unatelefonata, io finirò certamente con il farconto più spesso sulla sua disponibilità chesulla mia capacità di recuperare le cono-scenze dalla mia mente (e dalle sue esten-sioni materiali). Si finisce così, inconsape-volmente, per favorire la specializzazioneesasperata: ognuno di noi finisce per di-ventare "superesperto" in un piccolissimosettore e solo in quello, ricorrendo agli altrisuperesperti nei settori confinanti. E si fini-scono così per moltiplicare gli esperti e, diconseguenza, i cataloghi di esperti e deiloro prodotti. Siamo infatti nell'epoca del-le enciclopedie a fascicoli, delle enciclope-die che trattano ormai qualunque argo-mento. E cos'altro è un'enciclopedia senon una raccolta organizzata di conoscen-ze che riassume in qualche maniera l'espe-rienza di diversi superesperti?

La paralisi del sapere:le enciclopedie elettroniche

È di questi giorni la notizia di un proget-to per realizzare su un sistema elettronico,presso la Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri, un'intera enciclopedia (chiamataconfidenzialmente "enciclopedia dell'at-tualità "). Progetto certamente meraviglio-so, illuministicamente proiettato verso ilfuturo, che schiuderà l'epoca del sapere pertutti, a costi irrisori, predigerito e riselezio-nato da un supercervello elettronico.

Queste notizie che provengono dal no-stro paese mi fanno tenerezza: perché nelfrattempo nella lontana Repubblica delVenezuela, paese notoriamente in via disviluppo (e quindi appartenente a un mon-do per definizione "inferiore" al nostro) èstato completato un progetto molto piùambizioso, anche se centrato su un altro

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Se faccio capisco

tipo di cervello, che guarda caso è il cervel-lo umano.

Insegnare a pensare:Il Progetto Intelligenza

Il Ministero per lo Sviluppo dell'Intelli-genza Umana della Repubblica del Vene-zuela ha commissionato all'Università diHarvard che a sua volta ha richiesto lacollaborazione di una famosa società diconsulenza americana, la Bolt Beranek &Newman (che è stata, tra l'altro, la primaculla del LaGO) un progetto orientato al-lo sviluppo della capacità di pensare neibambini intorno ai tredici anni.

Pensare, si comincia a considerare inmolte nazioni, è più importante che cono-scere, o meglio: è la premessa necessariaper conoscere. Insegnare a pensare signifi-ca insegnare ad usare le conoscenze al tem-po stesso in cui si forniscono le conoscenze.Il minimo che uno si può aspettare, infatti,quando "compra" una cosa è di sapere acosa serve e come si usa. Questo non èmeno vero nel caso delle conoscenze, an-che se noi siamo abituati a "comprarle"senza sapere che cosa farcene per un perio-do di tempo talmente lungo che, nel frat-tempo, le conoscenze si sono svalutate, osono andate smarrite nel nostro cervello, equindi non servono praticamente più.

Il nuovo pensiero costruttivo

Quello che abbiamo detto sopra si rias-sume con il dire che (l) pensare è importan-te almeno quanto conoscere; (2) occorreimparare a pensare, così come si impara aparlare, a camminare, etc.

A questo punto il problema si sposta suun altro interrogativo: come si impara apensare? Ci sono, come in tutte le cose,diversi metodi, diverse "strategie di ap-prendimento". Uno è quello di imitare chipensa: imitando un matematico si imparaa pensare come i matematici; imitando unavvocato si impara a pensare come gli av-vocati. Imitando un musicista si impara apensare come i musicisti. Ci sono, in effet-ti, tanti modi di "pensare", ciascuno legatoad un tipo di applicazione o di "dominio"del pensiero. Ed è certo che, in ciascundominio, le persone che hanno più espe-rienza e più successo, rappresentano anchei modelli migliori di "pensiero pensato".Tuttavia, se trasferiamo questo problemain sede educati va, non possiamo pensare dimettere davanti ai nostri figli un modellodi avvocato, un modello di medico, unmodello di matematico, per tutto il temponecessario ad assimilare appieno tutte que-ste categorie di pensiero.

Esiste inoltre un "pensiero pratico", un"pensiero comune", di tutti i giorni, che èalmeno altrettanto importante, per la gen-te comune, del pensiero specialistico. Cosìè importante sapersi organizzare la giorna-ta in modo da fare più cose possibili.

È importante sapere fare un regalo aun amico per il suo compleanno[CHARNIAK,**). È importante saper

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mettere a posto i libri e i giochi nella pro-pria camera. Questo tipo di pensiero prati-co è relativo al "mantenere" un certo tipodi organizzazione delle cose.

Ma è anche più importante pensare infunzione di cose che non esistono, ma chedevono avere certe caratteristiche. Pensareper costruire. È quello che possiamo chia-mare pensiero costruttivo. Il pensiero co-struttivo è molto sviluppato in tutte le atti-vità che richiedono, come dice la parola, lacostruzione di un nuovo oggetto. L'arti-giano che costruisce un mobile, l'architettoche progetta una casa, l'urbanista che co-struisce una città, rappresentano altrettan-ti esempi di pensiero costruttivo concretoapplicato ad una certa sfera di attività.

Ma il pensiero costruttivo si incontraanche nella vita quotidiana, nella propriasfera personale. Ed è importante, nell'epo-ca dei personal e degli home computer, es-sere in grado di riconoscere le manifesta-zioni di questo pensiero costruttivo nellasfera individuale.

Così saper inventare (o costruire) unnuovo criterio di ordine per i propri libri;una nuova disposizione dei mobili dellapropria casa; un nuovo progetto per i fioridel proprio giardino,. sono altrettantiesempi di pensiero costruttivo nella sferaindividuale o personale, che è bene saperriconoscere, allevare, valorizzare. Perchéfa parte integrante della nostra cultura,della nostra civiltà: la cultura non scritta,che si tramanda per tradizione orale, dipadre in figlio, di vicino in vicino, di casa incasa. L'elettronica ci darà un mondo migli-ore soltanto se saprà integrare questoenorme bagaglio di cultura sommersa (oinvisibile) all'interno di quella ufficiale,scritta, sancita dai curricoli scolastici.

Il pensiero costruttivo concreto incontradegli ostacoli nell'organizzazione deglistrumenti e nel dominio delle tecnologieoperative, concrete. A ciascuno di noi pia-cerebbe, credo, essere in grado di costruirsida solo i propri mobili: disegnare lo scaffa-le più adatto per la propria camera e per glioggetti che si amano (le bottiglie di vino ola collezione di conchiglie). Chi ha provatoa fare il "bricoleur" sa bene, tuttavia, cheper riuscire a costruire un mobile, non ba-sta saper fare un bel progetto di mobile.Occorre anche saper padroneggiare tutte lediverse tecniche di taglio, di trattamentodel legno, di assemblaggio, etc. D'altraparte, inversamente, sino a che non si pa-droneggiano queste tecniche, non si riesceneppure fare un progetto molto dettagliatodel mobile. Sembra il cane che si morde lacoda, ma è un dato di fatto, che se non sidominano le tecniche per realizzare i parti-colari, non si è neppure in grado di svilup-pare un progetto sufficientemente chiaro epreciso da essere privo di qualunque ambi-guità.

Procedere dal basso(la pedagogia dell'artigiano)

Da dove si deve incominciare, allora?Dal progetto globale o dal dominio delle

singole tecniche? L'addestramento profes-sionale ed ancor più l'apprendistato, ten-devano a privilegiare la padronanza delletecniche. A un apprendista falegname vie-ne prima insegnata la tecnica per scarta ve-trare, poi quella per lucidare, poi quella diavvitare i pezzi. Soltanto dopo diversi annigli vengono comunicati i "segreti" del pro-gettare. Questo naturalmente risponde a

Una griglia isomefric(l di punti su carla è lo strumentomigliore per fare delle prove sulla costru:ione degli al·veari. Non si tral/a di giochi riservati ai soli bambini.M.C. Escher. autore della litograjìa in apertura dell'arti-colo. deve essere partito da un 'esplorazione grafica diquesto tipo.

dei criteri di difesa della professionalità chel'artigiano esperto istintivamente mette inopera nel trasmettere le sue conoscenze.Prima di rivelare i "segreti" ai suoi disce-poli, il maestro vuole mettere alla prova laloro "fedeltà". Non risponde quindi neces-sariamente a dei criteri ottimali di appren-dimento. Anche nella scuola, in manieraforse del tutto pedissequa, per molti anni siè usato un metodo analogo, cha va dalparticolare al generale: così si insegnanoprima le aste e i puntini, poi le lettere del-l'alfabeto e finalmente leparole, come se lapadronanza delle tecniche particolari fossesufficiente (oltre che necessaria) a garanti-re la migliore base di partenza per il domi-nio delle tecniche generali (la scrittura).

Questo modo di procedere nell'appren-dimento si può chiamare dal basso, ripren-dendo in italiano un termine molto comu-ne nella programmazione strutturata (bot-tom up).

Procedere dall'alto(la pedagogia dell'esploratore)

Ci sono infiniti casi in cui procedere dalbasso non è né consigliabile né, a volte,addirittura praticabile. Pensate a un esplo-ratore, prendete il caso di Ambrogio Fogarche vuole raggiungere il polo nord a piedi.In questi casi, non c'è verso, la situazionereale non può essere altro che ipotizzata,non c'è modo di esercitarsi sui particolari

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C'p?H~~I

La stessa griglia, riprot/olla in TI LOGO. mediante la procedura RETE. Nella prima/olo i punIi sono sostituili dastelle. nella seconda da piccoli esagoni.

Se faccio capisco

altro che per analogia. In questi casi si èguidati dallo scopo da raggiungere.

Ed è ben noto che l'uomo, come essereintelligente, è attratto dagli scopi, dalle fi-nalità raggiungibili con le sue azioni, assaipiù che dalle azioni stesse. La storia delleesplorazioni geografiche, dai fenici ai vi-chinghi, per arrivare alle grandi scopertedel rinascimento che aprono l'epoca mo-derna, è tutta fatta guidata dagli scopi,dall'alto, piuttosto che dai mezzi (cioè dalbasso). Fissato lo scopo, e immaginati gliscopi intermedi, si cercano i mezzi. Nelcaso della bottega dell'artigiano, al contra-rio, e, soprattutto nei confronti dell'ap-prendista, si può dire che l'esplorazione deimezzi porta gradualmente alla definizionedegli scopi.

Anche nell'apprendimento spontaneodei primi anni di vita, quando il bambinoinizia a muovere i primi passi viene attrattopiù dagli oggetti da raggiungere che dalfatto di esercitare i muscoli della deambu-lazione. Addirittura i primi movimenti de-gli occhi sono indotti dagli oggetti esterni,come è intuitivo e del tutto comprensibile.

Conoscere la meta che si vuole raggiun-gere aumenta a dismisura le energie e lerisorse che si riescono a mettere in gioco. Sidice che rappresenta la motivazione, che èuno degli aspetti più importanti del com-portamento umano.

Indichiamo con il termine procedere da/-l'alto il comportamento di chi, individuatouno scopo da raggiungere, cerca di trovarei mezzi, di mettere in atto un sistema diazioni e di relative rappresentazioni, perraggiungere lo scopo. Procedere dall'alto,dunque, è uno dei comportamenti più tipi-ci e "intelligenti" dell'uomo, il più qualifi-cante e certamente il più significativo.Procedere dall'alto(definizione delle mete) e dal basso(definizione degli spazi) oscillando

Se invece dell'apprendista consideriamol'attività dell'artigiano esperto, ci rendia-

mo conto che nel costruire non si procedemai interamente dall'alto o dal basso. Ilprocedimento più tipico è invece basato suun comportamento oscillante, un po' dal-l'alto, per definire le mete, e un po' dalbasso, per definire o ridefinire le mappe e ipercorsi possibili. In questa oscillazione sipuò partire dall'alto (dal progetto) o dalbasso, a seconda dei casi. Molto spessopuò mancare la capacità di partire da unprogetto, che è la condizione necessariaper poter passare dal fine ai mezzi che con-sentono di realizzarlo. Ma quando, nellastrategia oscillante, si parte dal basso, nonsi può confondere questo procedere dal

L 'esecu:ione della procedura ESA J.

basso con quello dell'apprendista falegna-me o del bambino che impara le aste o levocali in prima elementare. Si tratta piut-tosto di un procedimento dal basso che inrealtà mira a costruire gli strumenti, cer-cando di mantenere al tempo stesso il con-trollo delle finalità. Questo tipo di pensiero"oscillante", che si chiama più propria-mente "pensiero euristico", o "pensierocreativo", è in effetti alla radice della solu-zione dei più complessi problemi matema-tici.

Per calare nella realtà queste riflessionivogliamo, come la volta precedente, fareuna nuova passeggiata in TI LOGO. Comela volta precedente si tratta del racconto,un po' idealizzato, di una esperienza didat-tica realmente avvenuta nell'ambito deicorsi LOGO dedicati agli insegnanti dellascuola elementare Piccinini e della scuolamedia Buonarroti. Esperienza che nasce,come abbiamo già detto la volta scorsa, dal

progetto TI LOGO IT, promosso dallaTexas Instruments Italia Semiconduttoriin collaborazione prima con il CNITE epoi con il laboratorio SISCO.

Ringrazio quii, ancora una volta, gli in-segnanti che partecipano con entusiasmo aquesti corsi e che mi hanno consentito diapprofondire la riflessione su questi argo-menti che senza il confronto con loro ri-marrebbero del tutto superficiali e sterili.In particolare desidero sottolineare che ilprocedimento ESA3, il più significativodal punto di vista euristico, è nato dal lavo-ro di gruppo svolto con Concetta, Fiorella

e Mara, un venerdì pomeriggio nellabora-torio SISCO.

I SEGRETI DI UN ALVEAREL'esperienza è partita dal desiderio di

esplorare il mondo dei poligoni nel lin-guaggio TI LOGO. Su iniziativa della soli-ta professoressa Kusterman, i ragazzi dellaII" si sono proposti di disegnare un esago-no. Poi - l'appetito vien mangiando -due esagoni adiacenti (con un lato in co-mune). Hanno rapidamente scopertd che,per non ripetere il lato del secondo esago-no, era ragionevole disegnare il primo ruo-tando in un senso, e il secondo ruotandonel senso opposto. Da qui l'idea di conti-nuare: uno, due, ... tanti esagoni (come nelcaso, già visto nel numero precedente, deitriangoli e dei quadrati). A questo puntol'appetito è diventato una fame da lupi: si

Il~- Il

Una procedura per disegnare gli alreari partendo dall'esterno. ripresa in {re momenti della sua esecu:;one.

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Se laedo capisco

vorrebbe addirittura disegnare un alveare.Si continuano a mettere esagoni uno ac-canto all'altro in maniera frenetica. Unintero gruppo di insegnanti della Buonar-roti, guidato (o meglio frenato) dal sotto-scritto, ha passato un intero pomeriggio acercare di ricavare un alveare da un muc-chio di esagoni appiccicati l'uno all'altro.Niente da fare. I limiti del procedere dalbasso sono proprio questi: non è detto chequalsiasi punto di partenza sia buono.Così come, se dovete attaccare una salita inmontagna, è bene che cerchiate il sentiero:altrimenti rischiate di perdervi per fratte.Occore dunque l'idea del sentiero. L'ideache ci sono, sotto all'alveare, delle regolari-tà che consentono di disegnare l'alvearemediante procedimenti semplici e sintetici.

La ricerca si sposta allora in due direzio-ni opposte: da un lato l'alveare si scompo-ne in una collezione di collane di esagoni diraggio crescente. Se uno fosse in grado didisegnare una collana di raggio qualsiasi,avrebbe per induzione, realizzato l'alveare.Con un po' di fatica si ricava la legge perdisegnare una collana di esagoni di raggiocrescente.

Con fatica maggiore si riescono a mette-re le collane una dentro l'altra, in modo daformare, appunto, un alveare. La ricorsi vi-tà del LOGO aiuta a creare poche proce-dure, con delle strutture di controllo moltoefficaci. Ma l'alveare comincia dall'ester-no, e questo disturba l'occhio. Siamo tutticonvinti che le api procedano dall'interno.(Successivamente, nei prossimi mesi, ciproponiamo di verificarlo dal vero). Si cer-ca, comunque, di perfezionare il procedi-mento per renderlo più accettabile da unpunto di vista sia estetico che funzionale.

si basa su un procedimento oscillante comequello che abbiamo descritto nella primaparte dell'articolo. Si basa quindi su unaoscillazione tra un procedere dal basso, perarrivare a definire uno spazio di lavoroadeguato, ed un procedere dall'alto, perdefinire con maggiore chiarezza la rappre-sentazione ottimale della meta da raggiun-gere (l'alveare).

A un primo livello di astrazione lo spa-zio di lavoro viene dunque individuato inun reticolo isometrico, una specie di grigliadi punti a maglia triangolare (RETE). Larete può essere disegnata su un foglio efotocopiata quante volte si vuole. Sullagriglia si possono disegnare con facilitàtutti gli esagoni che servono. La grigliarisolve la nostra difficoltà ad eseguire di-verse prove in maniera sistematica, perchénessuno di noi è capace di disegnare tantiesagoni con scioltezza. E quindi i tentatividi scoprire i segreti dell'alveare disegnandoa mano libera su un foglio bianco produ-cono rapidamente dei disegni orribili, cheinducono facilmente in errori di ogni tipo.Sulla griglia invece è possibile disegnare

uno, due e tre. Le abbiamo chiamateESA I, ESA2 ed ESA3.

Non occorre mettere in evidenza la sem-plicità di queste procedure. Ci limitiamo asottolineare che il problema generale è or-mai quasi risolto, anche se manca una pro-cedura (che possiamo chiamare ESA N, ose si vuole, AL VE N) che disegna un alvea-re di raggio N qualsiasi.

Conclusioni:azioni, parole, oggetti

Non abbiamo più parlato del TI LOGO.In effetti il pregio maggiore del TI LOGO èquello di .... scomparire di fronte ai proble-mi. Intendiamo dire che, una volta creatouno spazio di problemi, ovvero un sistemadi oggetti e di azioni per manipolarli, ilLOGO si riduce a pochissime parole chia-ve: le parole fondamentali per eseguire leazioni sono ormai parole derivate dal LO-GO, come M e T. Il bello del LOGO è chenelle procedure (e nella costruzione dellestesse) la sintassi è cosÌ semplice, quasi ele-mentare, che non crea problemi. Quello

La soluzione euristicaLa procedura ESA 3, allernala ad Wl semplice sposlamenro del punlo di a{{acco, produce quesli gradevoli effe{{i, conillusioni perce{{il'e di concavo/convesso.

La soluzione che proponiamo ai lettori

Elenco delle procedurePfRfSéGUIRt. I*TI: A ,PASSO~ RI~AWI:.RTI IARlAsu PLRESEGVIRE l'V;:>COlORESl-a-oo :VlkDE RlPOR1A l (CV - ,PASSO I (Al;COl 111/1H.X) fiNEAS..<i 'PASSO lOASS 'XI l 1101 PERE:SEGlJIRE l'XIASS 'Xi' 101101 RII"(lRTA HCX - ,PASSO I ( X}IASS 'VI 1.961 FINEASS 'v2 I 961ALlO PERESEOU l RE H2SINI RIPORTA ICX • ,PASSO I ) X21ALIU~NA FII'E"..•

esagoni con enorme facilità. E inanellarecollane con colori diversi, in modo da per-cepirne le regolarità. A questo scopo è statoutile servirsi di lucidi per lavagna luminosa.Su ogni lucido si disegna una collana, so-vrapponendo i lucidi si riottiene l'alveare.

I movimenti sulla griglia elettronica

che rimane in evidenza è la rappresentazio-ne degli oggetti, delle azioni, dei problemi edelle soluzÌoni. Il pensiero si concentracosì, in maniera naturale, sulla costruzionedegli oggetti e non sulle tecniche per padro-neggiare gli strumenti.

BIBLIOGRAFIA

(BEZUSKA, KENNEY, SILVEY, 77)Stanley Bezuska. Margaret Kenney. Linda SilveyTessellalions: The Geomelry oJ Pallerns Palo Alto:Creative Publications, 1977(NICKERSO ,PERKINS, SMITH, 80)Raymond S. Nickerson, David N. Perkins, Ed-ward E. Smith Teaching Thinking Cambridge,Mass: Bolt Beranek & Newman, Inc.Appendice A del Projecl Intelligence: Ihe Develop-menI oJ Procedures IO Enhance Thinking Skills,preparato per l'Università di Harvard e destinatoal Ministero per lo Sviluppo dell'IntelligenzaUmana. Repubblica del Venezuela(SIMON,69)Herber A. Simon Le scienudell'arlifìciale Milano:[SEDI. 1973 (edizione originale The MIT Press,1969)

Ma il momento decisivo, dal punto divista euristico, è nato quando abbiamo ri-creato la griglia sullo schermo mediante ilTI LOGO (procedura RETE).

Sulla rete sono stati individuati due mo-vimenti fondamentali che sono sufficientia esplorare la rete (e quindi a disegnare sudi essa qualunque configurazione). I movi-menti sono una rotazione di sessanta gradi(R) e l'avanzamento di un passo (M), pas-so naturalmente riferito alla griglia. Percomodità si possono introdurre i movi-menti inversi T (rotazione di 60 gradi asinistra) ed N (tornare indietro di un pas-so), che consentono di eseguire diverseprove annullando i tentativi sbagliati.

A questo punto è stato facile costruire leprocedure di base, che costruiscono rispet-tivamente una collana di esagoni di raggio

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Sull'agenda, di tuo pugno,segna presto il9 GIUGIO,

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17°salone internazionale della musica e high fidelityinternational video and consumer electronics show

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Ingressi: Porta Meccanica (Piazza Amendola) - Porta Edilizia (Viale Eglnardo) - Padiglioni: 16-17-18-19-20-21-26-41 F-42Orario: 9,00-18,00 - Giornate per il pubblico: 9-10-11-12 Giugno - Giornate professionali: 13-14 Giugno (senza ammissione del pubblico)

Segreteria Generale SIM-Hi-Fi - IVES - Via Domenichino 11 - 20149 Milano - Telefono 02/49.89.984 - Telex 313627 - Gexpo I

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Harden Italia S.p.A. Direzione generale e uffici commerciali20121 Milano - via dei Giardini, 4 - tel. (02) 651645Sede operativa e uffici commerciali26048 Sospiro (CR) - tel. (0372) 63136 - telex: 3205881

Dal personal computeral professional computer.Nel quadro di una filosofia aziendale in evoluzione,

Harden Italia riconferma la validità della proposta del Sirius 1.n Sirius 1, con tutta la potenza del suo microprocessore a 16 bit,con 5 MHz, e una memoria centrale che può arrivare 896KBytes, è uno dei più avanzati della nuova generazione deiPersonal.

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Oltre che sul software vero e proprio(programmi come il Dbase II, il SuperCalc,il Multiplan o l'Harden-text e l'Harden-data) il Sirius l si avvale dei così detti"Tool Kits", una serie cioè di utilitiescompatibili con qualsiasi linguaggio chepermettono una stesura dei programmi più facilee più completa come ad esempio l'AutoSort, ilFABS, una gestione sofisticata IS, ecc.In più, il Sirius l è distribuito e assistito dallaHarden Italia su tutto il territorio nazionale.

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