Roma, una città, un impero - n.4

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Rivista di archeologia on line

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Editoriale

Apre questo numero un articolo dedicato ai tre colombari scoperti tra il 1840 e il 1852 nel-l’area della vigna Codini, situata all’interno delle mura Aureliane, tra la via AppiaAntica e la via Latina. L’interesse di questi sepolcri collettivi è legato soprattutto al ricco

corredo epigrafico in essi rinvenuto, composto prevalentemente di iscrizioni incise su lastrine affis-se sotto i loculi che contenevano le olle cinerarie. I testi restituiscono i nomi, i dati biometrici, i rap-porti di parentela e i mestieri svolti da defunti e dedicanti, talvolta sottolineando anche i rapportidi dipendenza (schiavi) o patronato (liberti) che li legavano a membri della casa imperiale o di altrefamiglie dell’aristocrazia romana. Per quanto riguarda il secondo colombario Codini, un contribu-to di Daniele Manacorda ha evidenziato, in particolare, un possibile rapporto di questo monumen-to con il mondo del teatro e della musica. Il programma decorativo, imperniato sul tema della musi-ca, e soprattutto i mestieri ricordati in alcune iscrizioni, sembrano infatti suggerire che la nascitae lo sviluppo del sepolcro possano ricondursi all’iniziativa di un gruppo di personaggi legati allasfera ludica e gravitanti intorno a membri della famiglia imperiale. Il primo documento epigraficoè la lastra che commemora la cerimonia ufficiale di inaugurazione del sepolcro ad opera del colle-gio funeratizio responsabile della sua costruzione, inaugurazione che sappiamo celebrata nel 10d.C. (datazione consolare) con una distribuzione di olle cinerarie e con la relativa incisione deinomi dei destinatari sulle lastrine ad esse pertinenti (CIL, VI 4418): [S]er(vio) Lentul(o)Malug(inense) Q(uinto) Iunio co(n)s(ulibus). / [- Oct]avio Silanioni, quinquennal(i), / [C.I]ulio Orpheo Pyladis l(iberto), cu(atori) iter(um), / ollae distributae / [et] inscriptae exd(ecurionum) [d(ecreto)]. Il curatore del collegio, C. Iulius Orpheus, noto anche da un’altraiscrizione del colombario (CIL, VI 4418), è un liberto di Philades, il famoso attore di età augusteacui si deve nel 22 a.C. l’introduzione della pantomima, e il suo cognome, Orpheus, potrebbe esse-re un “nome d’arte” collegato al ruolo di musico o cantante che egli aveva svolto al fianco del pro-prio patrono. E ancora. La lastrina CIL, VI 4649 ricorda un archimimus (archimimo), forse liber-to di Scribonia, prima moglie di Augusto, mentre la sepolcrale CIL, VI 4472 il symphoniacus(musico) Syneros, servo vicario di Pamphilus, a sua volta schiavo dell’imperatore Tiberio. Ilmestiere di Syneros permette inoltre di attribuire al colombario anche la lastra posta dal colle-gium symphoniacorum (collegio dei musici) che accompagnava le cerimonie sacre pubbliche(CIL, VI 4416). A questo documento si aggiunge la lastrina sepolcrale di Ti. Claudius Corinthus(CIL, VI 4454), liberto di Claudio o Nerone, che fu membro dell’orchestra (musicarius) di Paris,un famoso pantomino vissuto durante il principato di Nerone, e forse la sepolcrale di Ti. ClaudiusEros, di professione fistularius, da intendere - secondo Manacorda - come suonatore di trombapiuttosto che come artigiano specializzato nella realizzazione di tubazioni (CIL, VI 4444).Un’ultima connessione tra il colombario e il mondo teatrale è infine offerta dall’iscrizione pavi-mentale che ricorda i curatori del collegio funeratizio che, in occasione della loro riconferma in cari-ca, realizzarono a proprie spese il pavimento del colombario (CIL, VI 4416). Uno dei due curato-ri, Eros, si qualifica come schiavo di Sesto Pompeo, forse da identificare nel console ordinario del14 d.C., amico del poeta Ovidio, che apparteneva alla discendenza di Sesto Pompeo, zio paterno diquel Pompeo Magno cui si deve la costruzione in Campo Marzio del primo teatro stabile di Roma.

Ancora ai rinvenimenti archeologici della capitale è dedicato l’articolo che illustra l’architettu-ra e gli arredi del mitreo scoperto nel 1931 presso il Circo Massimo, nei sotterranei del palazzo giàsede del pastificio Pantanella, mentre all’Italia romana sono riservati i due contributi che descri-vono la sontuosa villa ereditata da Augusto sul promontorio di Pausilypon in Campania e gliimponenti resti archeologici dell’antica città di Urbs Salvia nella regione Marche.

Chiudono questo numero un approfondimento sulle diverse interpretazioni della scena scolpitasul monumentale sarcofago a vasca rinvenuto ad Acilia nel 1950 e conservato nella sala XIV delMuseo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, e la presentazione della mostra temporaneaGladiatores, allestita nella suggestiva cornice dell’Anfiteatro Flavio, che illustra per la primavolta al grande pubblico il tema della gladiatura nel mondo romano attraverso ricostruzionimoderne delle armature che connotavano le diverse classi gladiatorie.

GIOVANNA DI GIACOMO (redazione)

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIA TERESA GARAU

DIRETTORE ESECUTIVOROBERTO LUCIGNANI

DIRETTORE SCIENTIFICOBERNARD ANDREAE

COMITATO SCIENTIFICOPaolo Arata

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaAlessandra Capodiferro

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaFiorenzo Catalli

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaPaola Chini

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaVincenzo Fiocchi Nicolai

Prof. Archeologia Cristiana Univ. Tor Vergata di RomaGian Luca Gregori

Prof. Ordinario di Antichità Romane, ed Epigrafia Latina, Facoltà Scienze Umanistiche, Univ. Sapienza di Roma

Eugenio La RoccaProf. Ordinario Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana,

Univ. Sapienza di RomaAnna Maria Liberati

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaLuisa Musso

Prof. Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana e Archeologia delle Provincie Romane, Univ. Roma Tre

Silvia OrlandiProf. associato di Epigrafia Latina presso la Facoltà di Scienze

Umanistiche, Univ. Sapienza di RomaRita Paris

Direttore Museo di Palazzo Massimo alle TermeClaudio Parisi Presicce

Direttore Musei Archeologici e d’Arte Antica Comune di RomaGiandomenico Spinola

Responsabile Antichità Classiche e Dipartimento di Archeologia Musei Vaticani

Lucrezia UngaroFunzionario Sovraintendenza Comune di Roma

Laura VendittelliDirettore Museo Crypta Balbi

CAPO REDATTOREALESSANDRA CLEMENTI

REDAZIONELAURA BUCCINO - ALBERTO DANTI - GIOVANNA DI GIACOMO

LUANA RAGOZZINO - GABRIELE ROMANO

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

TRADUZIONEDANIELA WILLIAMS

GRAFICA E IMPAGINAZIONESTUDIOEDESIGN - ROMA

WEB MASTER – PUBBLICITA’MARIA TERESA GARAU

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Orazio Antinori, 4 - ROMA

È vietata la riproduzione in alcun modo senza il consenso scrittodell’Associazione Rumon Tiber

I COLOMBARI DI VIdi Gabriele Rom

IL S

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SOMMARIO

IGNA CODINImano

URBISAGLIAdi Enrico Proietti

PAUSILYPONdi Noemi Rea

SARCOFAGO DI ACILIAdi Sara Zappalà

GLADIATORESdi Alessandra Clementi

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L’ANTICA AREACIMITERIALE

l settorecompreso trai tratti urbanidella viaAppia e della

via Latina aveva nell’antichitàfunzione prevalentemente fune-raria. Testimonianze in questoproposito furono trovate già apartire dalla metà del XV sec.,quando si scoprì un colombariodi I sec. a.C. appartenente ailiberti di Nerone Druso, fratellodell’imperatore Tiberio, chedoveva contenere almeno uncentinaio di urne cinerarie ealtrettante iscrizioni che vennerosubito disperse tra le varie colle-zioni private del tempo. Di que-ste iscrizioni rimane un piccologruppo, circa 12, nei MuseiVaticani. Altri colombari venne-ro scoperti nella zona tra il 1559e il 1566 e testimonianze dellaloro struttura ne abbiamo graziea Pirro Ligorio che ne disegnòuno appartenuto ai liberti dellagens Pompeia. Esempio dellasorte di queste sepolture può

II COLOMBARI DIVIGNA CODINI

A destra: Veduta della parte emergente delprimo colombario

Nella pagina accanto, in alto: Nellafotografia d’epoca un particolare dell’inter-no del secondo colombario

ricavarsi dal resoconto diFlaminio Vacca, che nella secon-da metà del XVI sec. ricorda lascoperta e l’istantanea distruzio-ne di un sepolcro, ad opera delcardinale Prospero Santacroce, edi alcuni sarcofagi con iscrizioniscoperti presso Porta Latina esubito acquistati dallo stesso car-dinale. Per avere ancora di più lagiusta impressione riguardo allaricchezza archeologica di questazona è la testimonianza di altrivari scavatori ed eruditi, come ilBartoli, che ricorda cimiteripagani e cristiani scoperti pressola biforcazione della via Latina edella via Appia, più precisamen-te all’interno della vignaOrlandi, il cui proprietario riuscìa raccogliere ingenti quantità dicammei, pietre incise, statuettefittili e di bronzo, urne cinerariedi metallo, vetro, terracotta emarmo e altri oggetti mirabili.Per quantificare meglio questi

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ritrovamenti basti pensare chel’intera raccolta fu acquistatadalla famosa Donna OlimpiaPamphili, cognata del papaInnocenzo X, e portata nelPalazzo Pamphili di PiazzaNavona su quattro carri. Ancoranegli anni 1726-1733 furono sca-vati altri colombari all’internodella vigna Sassi, la stessa pro-prietà in cui fu trovato il sepol-cro degli Scipioni, e nella vignaCodini, nelle quali furono sco-perte una quantità di sepolture edi oggetti vari che all’epoca fudefinita “prodigiosa”.

Nella seconda metàdell’Ottocento, grazie ad altreesplorazioni in questa zonaarcheologicamente ricchissimacompresa tra i tratti urbani dellavia Appia e della via Latina, inprossimità delle MuraAureliane, vennero scoperti i trecolombari all’interno della vignadi proprietà della famiglia

Codini. Situati poco oltre ilSepolcro degli Scipioni, questiedifici funerari furono scavatinel 1840 e nel 1847, uno dopol’altro, da Pietro Campana, men-tre l’ultimo fu individuato nel1852 da Pietro Codini, proprieta-rio del terreno. Questi tre colom-

bari, insieme a quello diPomponio Hylas e a quello sco-perto vicino il sepolcro degliScipioni, sono gli unici superstitidella vasta necropoli che occu-pava tutto questo settore.

Il primo colombario di vignaCodini fu trovato da Pietro

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Campana nel 1840 e presentauna pianta rettangolare (5,08 x7,06 m). Costruito in opera late-rizia, è caratterizzato da un pila-stro centrale, di forma rettango-lare (3,58 x 1,68 m), che sorreggela volta. La parte dei muri delsepolcro che emerge dal terrenoè di restauro, con vari frammen-ti di oggetti e iscrizioni trovatiqui intorno che vi sono statiapplicati dopo lo scavo e la siste-mazione dell’area. Si accede alcolombario semi-ipogeo tramiteuna rampa di scale, costituita da20 gradini originali, che scendefino a 6 metri di profonditàrispetto al piano attuale. I loculisemicircolari, contenenti dueolle cinerarie ciascuno, sonodisposti su tutte le pareti dell’e-dificio su nove e undici filesovrapposte, ed anche sui quat-tro lati del pilastro centrale e nelsottoscala. Sopra ogni loculo, sitrova una targhetta dipinta chedoveva ospitare, dipinto o graffi-to, il nome del defunto (ritrovaticirca 60 graffiti); in molti casi,sopra queste targhette dipinte,furono applicate lastrine mar-moree, di cui si conservano piùdi duecento esemplari. Altrioggetti qui ritrovati, tra cui urnee cippi marmorei, furono portatial Museo Nazionale Romano.Tra le varie iscrizioni sepolcralisi ricorda quella relativa a unbuffone muto della corte diTiberio; quella di un viaggiatoreche nella sua ultima dimoravolle ricordare il viaggio di 80miglia affrontato ai confinidell’Impero, tra la frontiera diCilicia e Cesarea di Cappadocia;quella di un cassiere del fiscodella provincia di Lione e, infine,l’epitaffio dedicato da SenzioFelicissimo per la figliolettamorta all’età di quattro anni,undici mesi e otto giorni. Lepareti del colombario, che si con-servano per un’altezza di più di6 metri, erano originariamentedecorate con pitture rappresen-tanti motivi vegetali, uccelli e

altri animali. I banconi in operareticolata lungo le pareti furonocostruiti in un secondo momentoper accogliere ulteriori urnecinerarie e implementare ilnumero delle deposizioni, chepuò stimarsi quindi intorno adun totale di cinquecento. Nellaparte superiore dei lati minoridel pilastro sono conservati partidelle pitture decorative, suddivi-

Nella pagina accanto: Particolare dell’in-terno del primo colombario

Sopra: Un lato del pilastro centrale delprimo colombario

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se in riquadri con scene di sog-getto dionisiaco. Alcuni loculipresenti nel pilastro centralesono più grandi degli altri per-ché dovevano contenere urnemarmoree più grandi, che pro-babilmente erano destinate apersonaggi più importanti e piùricchi. Dal punto di vista struttu-rale, per facilitare l’accesso alleurne cinerarie poste più in alto, ilcolombario aveva dei ballatoi dilegno sostenuti da travi, la cuipresenza è testimoniata daibuchi quadrati sulle pareti tra laquarta e la quinta fila di loculi.

Questo monumento, in base allostile delle decorazioni e alle testi-monianze epigrafiche trovate alsuo interno, può datarsi intornoalla tarda età tiberiana. Al suointerno, inoltre, si trova un rilie-vo marmoreo più tardo, realiz-zato in età antonina (cioè di unperiodo in cui probabilmente ilcolombario non svolgeva più lasua attività) con scena di dextra-rum iunctio tra due coniugi, lacui presenza qui non può spie-garsi facilmente. In sostanza sitratta di un sepolcro collettivodestinato prevalentemente a

schiavi e liberti, anche imperiali,appartenenti a diverse famiglie,come si ricava dall’analisi ono-mastica dei loro epitaffi.

Il secondo colombario,costruito in opera reticolata escavato sempre da PietroCampana nel 1847, è ipogeo epresenta una pianta quasi qua-drata (5,90 x 5,20 m). Il pavimen-to, realizzato in cocciopesto conqualche piastrella marmoreanella parte centrale, si trova a 7m di profondità. Anche qui iloculi ad arco con doppia depo-sizione sono disposti su tutte le

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pareti in nove filari sovrapposti;sul bancone costruito lungo imuri perimetrali sono inoltrepresenti anche urne cinerarie perun numero totale di oltre trecen-to deposizioni. Alcuni loculi ave-vano una decorazione a stuccocon piccola edicola timpanata,mentre altri erano ornati da pit-ture con motivi vegetali. In alcu-ni settori delle pareti si conservaqualche traccia della pitturadecorativa, caratterizzata datralci vegetali dai quali pendonosiringhe, cembali, maschere,corni potori e altri oggetti. A dif-ferenza del primo colombario,non ci sono targhette dipinte, masolo piccole lastre marmoree,alcune delle quali senza nome,che in seguito furono sostituiteda lastre marmoree di maggioridimensioni. Difficile risulta l’at-tribuzione delle epigrafi a que-sto colombario poiché nel corsodei restauri ottocenteschi molteiscrizioni provenienti da altrimonumenti furono collocate quiarbitrariamente. Se provenisserotutte con certezza da questo edi-ficio funerario, alcune iscrizionipotrebbero ricordarne la storia: ilmonumento dovrebbe esserestato costruito nel 10 d.C., cometestimonia l’iscrizione che ricor-da la vendita e la distribuzionedi olle cinerarie fatta dai membridi un’associazione funerariadurante il consolato di ServioLentulo Maluginense e Quinto

Nella pagina accanto a sinistra: Nelprimo colombario un raro esempio dicinerario con coperchio in marmo di tipoarchitettonico

Sopra: Particolare dell’interno del secondocolombario

A destra: Lapide relativa alle urne di uncollegio di musici (Sinfoniaci)

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Giunio Bleso; un’altra iscrizione,sicuramente appartenente alcolombario, è quella presente sulpavimento che ne ricorda lasistemazione, avvenuta ad operadi due curatores del collegiofunerario, uno schiavo di SestoPompeo, discendente di PompeoMagno, e un liberto di CaioMemmio; molte iscrizioni quiconservate appartengono aschiavi e liberti di MarcellaMaggiore, moglie di Agrippa ein seguito di Giulio Antonio, e diMarcella Minore, moglie diPaolo Emilio Lepido e poi diMarco Valerio Messalla; altreiscrizioni su cippi permettereb-

bero di ricostruire una piccolaporzione della topografia di que-sta zona funeraria, caratterizzatadalla vicinanza ai colombaridegli ustrina, cioè i forni crema-tori, che erano anch’essi di pro-prietà dei collegi funerari chepossedevano i singoli sepolcri.Tra le iscrizioni, utile per la pos-sibile datazione dell’edificio, èquella di C. Iulius Eutiches,addetto all’amministrazione pri-vata di Giulia Augusta, la figliadi Augusto. Interessanti anchel’iscrizione di un collegio disymphoniaci (musici), a cui pro-babilmente va ricondotta laprima proprietà del colombario,

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grazie alla presenza nella deco-razione parietale di strumentimusicali, e quella posta da uncollegio di coronarii (fiorai). Tragli altri ritrovamenti all’internodel colombario, si segnalanovarie urne di poco rilievo e trebusti marmorei, due maschili(uno di età claudia-neroniana el’altro di età flavia) ed uno fem-minile (di età neroniana), portatial Museo delle Terme e sostituitisul posto da copie. Il colombariopuò datarsi nella tarda età augu-stea (10 d.C.), ma con alcunemodifiche successive, come lepitture alle pareti che risultanodi uno stile più tardo, probabil-

Nella pagina accanto in alto: Loculocon decorazione ad edicolette con colore estucco nel secondo colombario

A sinistra: Lapide relativa all’urna di unpersonaggio del collegio dei musici chesuonava i cimbali (piatti), nel secondocolombario

Sopra: Loculi relativi a componenti delcollegio dei musici

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mente di età flavia. Tra le iscri-zioni compaiono molti membridella corte imperiale: nel sotto-scala si trova l’iscrizione diHymnus Aurelianus, amministra-tore del colombario e impiegatopresso la biblioteca latina delPortico di Ottavia; nel terzo ordi-ne di loculi, sulla parete opposta,si trova l’epitaffio di un’ostetricache si faceva chiamare Hygia(come la figlia di Esculapio); poisi legge di un Sinnius, guardiapersonale dell’imperatore, eancora di un giardiniere (topia-rius) e di un banchiere (argenta-rius).

Il terzo colombario di vignaCodini fu scavato nel 1852 daPietro Campana, proprietariodel terreno. Si tratta del piùgrande dei tre monumenti, com-posto da tre corridoi comunican-ti intorno ad un cortiletto centra-le a giardino, che conferisconoalla struttura una pianta a formadi “U”. L’ingresso avviene gra-zie ad una scala con due rampedi gradini che permette di giun-gere al piano pavimentale, dacui si possono osservare le pare-ti scandite da loculi, più grandirispetto a quelli trovati negli altridue colombari e di forma rettan-golare, che potevano contenerequattro urne ciascuno o urnemarmoree più grandi. La mag-gior ricchezza di questo sepolcropuò desumersi, oltre che dallamaggiore dimensione dei loculi,anche dal rivestimento di lastremarmoree degli stessi, con pic-cole edicole con trabeazioni,dalle paraste con capitelli dimarmi colorati che scandisconole pareti e dalla decorazione pit-torica, con motivi vegetali e ani-mali, conservata in gran partedella volta. Tra i loculi, che sualcune pareti sono semicircolari,trovano inoltre posto molte edi-cole e arcosoli, che testimonianoin modo ulteriore la maggioredisponibilità economica deidefunti qui ospitati rispetto aquelli degli altri due colombari.

Al Museo Nazionale Romanodelle Terme sono stati portatimolti cippi e urne di notevolepregio provenienti da questomonumento, nonché un sarcofa-go che ne testimonia un utilizzoper inumazioni in una fase piùtarda: si tratta della sepoltura diAelia Veneria, moglie di un liber-to di Adriano, che si trovavaall’estremità dell’ultimo corri-doio, accanto all’apertura di unpiccolo dromos che collega que-sto colombario con l’ustrinum adesso pertinente. Sulla sommitàdelle pareti rimangono le fine-stre che danno luce ai corridoi eche affacciano su un cortilettocentrale. Lungo le pareti, tra ilquarto e il quinto ordine di locu-li, si conservano alcune mensole

di travertino che dovevanosostenere il tavolato ligneo delsoppalco che serviva per accede-re alle urne cinerarie più in alto.Per quanto riguarda il materialeepigrafico, sono state trovate quicirca 150 iscrizioni, poche rispet-to alla grandezza del colomba-rio, che testimoniano anche inquesto caso la presenza di schia-vi e liberti imperiali con i relativiruoli svolti all’interno della cortedell’imperatore. Ricordiamo tragli altri Crescens, cubicularius(addetto alle stanze private) del-l’imperatore; C. Iulius Andronicusche aveva acquistato, per se e unsuo amico, alcune urne cinerarieda C. Iulius Hermes, lasciandoanche la raffigurazione dellastretta di mano per il raggiungi-

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mento dell’accordo; Ti. ClaudiusChryseros, liberto di Claudio oNerone, Iulia Theone e ClaudiaDorcas, che hanno voluto lasciaretestimonianza del loro attacca-mento ai valori romani attraver-so le raffigurazioni, sulle proprieurne cinerarie, della lupa cheallatta i gemelli e dell’aquila,simbolo del potere imperiale; Ti.Iulius Donatus, esattore delletasse, che aveva acquistato 36urne cinerarie; e infine IuliusChrysantus, custode di un colle-

gio di bottegai (tabernarii). Lacostruzione del colombario risa-le all’età giulio-claudia, cometestimonia anche lo stile delladecorazione pittorica riferibilealla fine del I sec. a.C., e la suaattività si protrasse per tutto il IIsec. d.C. visto che al suo interno,oltre a liberti degli imperatoridella dinastia giulio-claudia eflavia, si trovano anche libertidegli imperatori Adriano,Antonino Pio e Marco Aurelio, lecui spoglie vennero ospitate sulpavimento. Questa sistemazionetestimonia un riutilizzo delcolombario in un’epoca successi-va alla sua creazione, che puòtrovare spiegazione nella diffi-coltà di reperire in quei tempispazi liberi, a prezzi accessibili,per le sepolture in prossimitàdella città.

A pag. 14 e 15: Due fotografie d’epoca rel-ative all’interno del terzo colombario

Sopra: Particolare dell’interno del terzocolombario allo stato attuale

Nelle due pagine: Loculi ad edicolaall’interno del terzo colombario

Nella pagina accanto in alto: Grandeloculo con rivestimento in marmo a forma diarco relativo al custode del collegio dei bottegai

Nella pagina accanto in basso:Particolare di loculi collocati nel sottoscalacon uno dei quali avente la chiusura aforma di porta

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zione e pubblici) come provano iresti emersi sotto S. Cesareo e laCasina del cardinal Bessarione, opresso lo stesso sepolcro degliScipioni. Rispecchia questafusione tra gli edifici abitativi equelli sepolcrali, tra vita e morte,l’uso che i Romani avevano -attraverso le loro iscrizioni fune-rarie - di parlare ai vivi, ai pas-santi che percorrevano le strade,quasi chiamandoli e invitandolia fermarsi per ricordare la pro-pria vita, il proprio nome e ilproprio lavoro, e cercando alcu-ne volte di strappare una lacrimao un sorriso. In questo contestorientra un’iscrizione funeraria,riportata dal Lanciani e trovataproprio all’interno della vignaCodini, che incarna perfettamen-te l’animo romano: il defuntostesso ammonisce i malintenzio-nati e gli avvocati a girare allargo dalla sua tomba. �

BIBLIOGRAFIA: R. LANCIANI,Rovine e scavi di Roma antica,Roma 1985, 291-295; F. ASTOLFI, Icolombari di vigna Codini, inForma Urbis (supplemento), 3,1998, pp. 5-30; L. PARRI, Iscrizionifunerarie, colombari e liberti. Ilterzo ipogeo di Vigna Codini edalcuni dei suoi epitaffi, in Atene eRoma, 43, 1998; L. SPERA - S.MINEO, Via Appia. I, Roma 2004,43-45; C. CALCI, Roma archeologi-ca, Roma 2005, 335-337.

A questo proposito basti pen-sare che in questo settore funera-rio triangolare, formato dal biviodella via Appia e della via Latinafino alle Mura Aureliane, solonei terreni delle ex vigne Sassi e

Codini, sono state ritrovate piùdi 1500 tombe (senza contare ilSepolcro degli Scipioni), cifrache rappresenterebbe soltantouna minima parte dell’enormequantità di sepolture ospitate inquest’area nell’antichità. A ulte-riore prova di questa ricostruzio-ne topografica, alcune indaginiarcheologiche eseguite nel 1970nel terreno compreso tra i primidue colombari di vigna Codini, equasi a ridosso di questi, hannoportato alla luce una serie di gal-lerie riferibili ad altri sepolcriipogei, a loro volta collegati,verso la zona più a nord, ad altregallerie con sepolture in loculo.Un’estesa area funeraria quindi,in cui erano comunque presentialtre tipologie di edifici (di abita-

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L’AREA ARCHEOLOGICA

a moder-na città diUrbisaglia, inprovincia diM a c e r a t a ,

sorge sopra una collina a circa310 metri s.l.m. e prende il suonome dall’antica Urbs Salvia, iresti della quale sono tutt’oravisibili sia fuori dall’attuale abi-tato, sia lungo la strada statale78, che ricalca l’antico tracciatodella Salaria Gallica.

L’antico nome di Urbs Salviaderiva forse da un culto terapeu-tico legato in età imperiale alladea Salus, al quale era probabil-mente collegato il culto imperia-le o alcuni aspetti dello stesso.

Gli scavi archeologici, iniziatialla metà del XX sec. e tuttora incorso, hanno dimostrato che nonesistono tracce di una occupa-zione precedente a quella roma-na del territorio. Possiamo peròsupporre che già dal III sec. a.C.vi fosse una delle prefetturecreate in questa zona del Picenodopo la sua conquista.

LURBISAGLIA

In alto, a destra: La cittadina diUrbisaglia. Lungo il pendio della collina,sulla destra, si possono vedere i ruderi delteatro tra gli alberi

Nella pagina accanto, in basso: Nellafoto si notano, inglobati all'interno dellacasa colonica del 1800, i resti dei pilastri diuna porta urbica

Mentre per lungo tempo si èpensato che la città fosse già ele-vata al rango di colonia sottoAugusto, a seguito della suaopera di colonizzazione di tuttoil territorio italico, oggi si stafacendo strada l’ipotesi che lacittà fosse una colonia fondatanel II sec. a.C. Questo grazie adue epigrafi rinvenute durantegli scavi degli anni Cinquantadel XX sec., che ricordano ilnome e la carriera politica delmagistrato che aveva col propriodenaro finanziato la costruzionedell’anfiteatro, Lucio FlavioSilva Nonio Basso, che nell’81d.C. pervenne anche alla sommacarica del consolato.

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Di maggiore importanza è ilfatto che Lucio Flavio SilvaNonio Basso abbia ricoperto inambito locale la carica di praetorquinquennalis. Questo incarico,ricoperto da Silva all’inizio dellasua carriera, dimostra che UrbsSalvia non faceva parte deimunicipi romani: la preturacome massima carica politica èpresente infatti nell’ordinamen-to delle colonie di antica fonda-zione, cioè quelle anteriori al Isec. a.C., come, ad esempio,Potentia (Porto Recanati) eAuximum (Osimo) fondate,rispettivamente, nel 184 a.C. enel 157 a.C.

Plinio il Vecchio ricorda il

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Sopra: Vista panoramica di un tratto dellemura

Sotto: Un tratto delle mura urbiche. Alcentro vi sono i resti di una torre

Nella pagina accanto, in basso: Restidelle mura di Urbs Salvia

nome degli abitanti di UrbsSalvia, chiamandoli Urbe SalviaPollentini (“Pollentini di UrbsSalvia”). Questa informazionesuggerisce che forse, nel II sec.a.C., la città si chiamavaPollentia, nome considerato dibuon auspicio, che troviamosimile o uguale in altre colonie

proprio in tale periodo. Anche segli scavi archeologici hanno con-fermato una continuità topogra-fica, purtroppo ignoriamo quan-do la città cambiò il suo nome.

Urbis Salvia è l’unica città,oltre ovviamente a Roma, adaverci restituito un frammentodei Fasti Trionfali ed il fatto chein questo elenco di generali cheavevano celebrato il trionfo suipopoli vinti, vi siano gli stessierrori presenti nei Fasti di Roma,fa pensare che la lista di UrbsSalvia sia stata copiata diretta-mente da quella esposta nel ForoRomano.

Come per la maggior partedei centri dell’Impero Romano,il declino di Urbs Salvia è da col-locarsi nel periodo tardo-antico,quando oramai sia la crisi politi-ca che quella economica eranodivenute insostenibili.

Procopio di Cesarea raccontache durante la guerra greco-goti-ca, la città fu saccheggiata daiVisigoti di Alarico, ma nonvenne completamente distrutta ela sua esistenza continuò ancoraper un certo periodo. Alcune

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iscrizioni confermano la notiziadell’esistenza di una sede epi-scopale, dataci dalle scarse fontitardo-antiche che possediamo suUrbs Salvia.

Nei primi secoli delMedioevo gli abitanti si sposta-rono sulla collina, dando vita aquello che conosciamo comeCastro de Orbesallia; nelle vici-nanze della città sorse nel XIIsec. anche l’Abbazia Cistercensedi Chiaravalle di Fiastra.

Perfino Dante Alighieri men-ziona Urbisaglia nella DivinaCommedia (Paradiso, XVI 73-78):

Se tu riguardi Luni e Urbisaglia/ come son ite, e come se ne vanno/ di retro ad esse Chiusi eSinigaglia, / udir come le schiatte sidisfanno / non ti parrà nova cosané forte, / poscia che le cittadi ter-mine hanno.

I monumenti visibili e discre-

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tamente conservati di Urbisagliasono le mura urbiche con le treporte, la cisterna dell’acquedottodel Serino, il teatro, l’anfiteatro esoprattutto il complesso santua-riale consacrato alla dea Salus.

MURA E PORTE URBICHE

L’attuale zona archeologicaoccupa praticamente quasi tuttoquello che era lo spazio, cintodalle mura difensive, dell’anticaUrbs Salvia.

Le mura si sono conservate inquasi tutta la loro lunghezza,tranne che nella zona ovest,dove non è rimasto nulla. Sonorealizzate in opera laterizia, esono interrotte a distanze regola-ri da torri di forma poligonale eottagonale. Su una torre, sonoancora visibili le feritoie ed i foridelle travature che formavano ilsolaio del primo piano dellatorre stessa.

Sono arrivati fino a noi i restipiù o meno conservati di tredelle porte che originariamentedovevano aprirsi lungo il circui-to delle mura. Una delle meglioconservate è quella nord, acavallo della SS 78, della quale siconserva ancora bene il mesopir-go, cioè lo spazio trapezoidaledavanti alla porta formato daquattro segmenti di muro e dadue torri poste agli angoli.

Più a ovest, lontano dal restodelle rovine, si conservano gliimponenti piloni in operacementizia di un accesso monu-mentale alla città, denominatoporta Gemina, che oggi sonoinglobati in una casa colonicaottocentesca, in grave stato diabbandono.

A sud, l’altra porta postalungo la Salaria Gallica, non èoggi praticamente quasi più esi-stente, se non, forse, per alcuniframmenti di muratura in opera

cementizia probabilmenteappartenenti ad un pilastro.

Le mura di Urbs Salvia sononate sicuramente con l’impiantourbanistico e la monumentaliz-zazione della città e sono quindicollocabili in un intervallo ditempo compreso tra il I sec. a.C.e il I sec. d.C.

ACQUEDOTTO E CISTERNA

Situata sulla parte più altadella città antica, cioè sulla som-mità del colle di San Biagio, acirca 310 metri s.l.m., è la grandecisterna di Urbs Salvia formatada due gallerie parallele, tra lorocomunicanti mediante due aper-ture, ognuna delle quali misurain lunghezza 170 piedi romani(50 m ca.).

Le gallerie sono alte e larghe14 piedi (4 m ca.) e le loro paretiinterne sono completamenterivestite in cocciopesto, perfetta-

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A pag. 24: La Porta Sud con in primopiano il Mesopirgo, attraversata dalla SS 78

A pag. 25: Visione dell'esterno della PortaSud, sovrastata dal moderno attraversa-mento della SS 78

Sopra: Una delle due aperture che mettonoin comunicazione tra loro le due galleriedella cisterna

Al centro: Al centro della foto è il condot-to di immissione della cisterna, con abbon-danti incrostazioni calcaree

In alto, a sinistra: Il foro dal quale parti-vano le tubazioni che distribuivano l'acquaalla città

Nella pagina accanto, in basso: Lacavea del teatro ed i resti della scena. Sipossono inoltre notare le lesioni prodottedal movimento franoso della collina

mente conservato, al fine digarantire impermeabilità allastruttura. Lo stato di conserva-zione globale della struttura èottimo e i pochi danni visibilisono da imputare soprattuttoalla soprastante vegetazione.

All’estremità sud della galle-ria occidentale, è visibile, subitosotto l’imposta della volta, il forodi immissione dell’acqua.All’interno della cisterna, l’ac-qua veniva fatta decantare e poiveniva convogliata nella cittàsottostante tramite tubature interracotta. Un foro posto a metàdi una delle due gallerie è ciòche resta del sistema di adduzio-ne dell’acqua dalla cisterna.

L’acquedotto di Urbs Salviacaptava l’acqua da una sorgente

sita a pochi chilometri a norddall’attuale città di Urbisaglia,presso il Fosso del Rio, in unalocalità chiamata Acqua Santa. Lospeco dell’acquedotto, mante-nendo una pendenza costante,attraversa tutta la cittadina inmodo rettilineo sotto l’attualeCorso principale, dove si posso-no ancora vedere i pozzi di ispe-zione (lumina).

La prima parziale esplorazio-ne del condotto, compiuta nel1854, tramite uno dei pozzi divia Bellonico, lungo CorsoGiannelli, ha permesso di valu-

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tarne forma e dimensioni.L’acquedotto presenta uno specoalto 5 piedi romani (1, 50 m ca.) elargo 2 piedi (0,60 m ca.) ed èrealizzato in tegole sesquipedali(m 0,44 x 0,32 x 0,05) con unacopertura del tipo a cappuccina.

All’interno dello speco furo-

no rinvenute quattro tegoledipinte, raffiguranti alcune divi-nità, Giove, Minerva con serpen-te, una Vittoria alata, e un quartoesemplare, in pessime condizio-ni, oggi perduto. Con ogni pro-babilità queste divinità eranostate poste a protezione dell’ac-quedotto cittadino.

Nel museo di Fermo si con-serva un’epigrafe nella quale silegge una dedica alle NimphaeGeminae da parte di C. FufiusGemini l(ibertus) Politicus, il qualeaveva dotato la città di un acque-dotto. Da questa iscrizione sipuò con buona probabilità ipo-tizzare che il patrono del libertoC. Fufius Politicus sia il medesi-mo Fufius Geminus al quale sideve la costruzione del teatro edel complesso idrico di UrbsSalvia.

TEATRO

Posto subito sotto la cisterna,seguendo il naturale decliviodella collina, è il teatro di UrbsSalvia, uno dei più grandidell’Italia centrale.

La cavea, orientata verso sud-est, è stata ricavata direttamentenel fianco della collina, secondoil classico modello dei teatrigreci. Realizzato su uno dei piùalti terrazzamenti su cui erastata edificata la città, si presentaancora oggi in tutta la sua impo-nenza e monumentalità, anchese purtroppo ridotto in pessimostato.

I gravissimi danni subiti dallastruttura sono dovuti ai movi-menti franosi della collina sullaquale sorge, movimenti già con-sistenti in epoca romana, tantoche il teatro risultava già grave-mente lesionato e quindi abban-donato in epoca tardo-antica.

Il monumento fu completa-mente scavato negli anni ‘50 delsecolo scorso, ma era già statoriportato alla luce nel Settecento.La struttura è realizzata in operacementizia rivestita da cortinalaterizia e specchiature in operareticolata. La cavea misura 350piedi romani (104 m ca.) e si pre-senta divisa in tre settori di gra-dinate: ima, media, e summa cavea.Sono ancora visibili e, in alcuni

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Sopra: Visione panoramica del teatro

Sotto: In primo piano i resti della scena delteatro di Urbs Salvia

Nella pagina accanto: Visionedell'Edificio a Nicchioni

casi, ancora praticabili, i vomito-ria, ossia gli accessi posti su tuttii livelli della cavea, tramite iquali gli spettatori potevano rag-giungere le gradinate.

La cavea è completamentecircondata da un ambulacroanulare avente la funzione di

drenare, isolare e fare da contro-spinta al terreno retrostante.Sulla summa cavea sono visibili iresti di un piccolo tempio diforma quadrangolare, fiancheg-giato dal colonnato presente nel-l’ultimo settore della cavea.

Non si è conservato pratica-

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mente nulla della scena del tea-tro, tranne il disegno realizzatoin laterizio - sulla base delle labi-li tracce della muratura antica -in occasione dei moderni restau-ri. La scena del teatro aveva unpodio rettilineo e tre aperture, lamaggiore delle quali, la centrale(porta regia) si apriva nell’esedracentrale. Sulle due esedre mino-ri, poste ai lati della maggiore edi forma quadrangolare, si apri-vano le altre due porte minori(portae hospitales). Sono ancoraparzialmente visibili le canaliz-zazioni per il drenaggio dell’ac-qua e, sotto il pulpitum, si notanosei pozzetti che erano usati perposizionare le intelaiature ligneeutili al funzionamento del sipa-rio (auleum), che in epoca roma-na veniva alzato e abbassato ilmodo verticale, e raccolto poi inun apposito canale posizionatodavanti alla scena.

Si entrava nel teatro dalla por-ticus post scaenam, cioè dal gran-de portico quadrangolare postoalle spalle della scena, nel qualesi aprivano due ambienti, i para-scaenia, posti simmetricamentealla scena, che immettevanodirettamente all’orchestra, nella

quale si trovavano i sedili riser-vati alle maggiori personalitàcittadine.

Nel 1955, nella zona prossimaal teatro, venne rinvenuta unaiscrizione nella quale si leggeche il teatro era stato costruitointorno al 23 d.C., sotto il princi-pato di Tiberio, a spese di un altomagistrato cittadino, C. FufiusGeminus, che viene definitopatronus coloniae.

EDIFICIO A NICCHIONI

Posto sotto il teatro, conti-nuando la discesa della collina, èun altro dei terrazzamenti e quiè possibile vedere i resti di unimponente muro in operacementizia, il quale aveva la fun-zione di sostruzione della terraz-za sulla quale sorge il teatro.

Nel muro sono visibili sei nic-chie di notevoli dimensioni chelo hanno per molto tempo fattoritenere un ninfeo monumenta-le. Oggi si è invece giunti all’ipo-tesi che le nicchie svolgevano uncompito pratico, cioè quello dicreare una controspinta allapressione del terreno retrostante,fungendo così in pratica da verie propri contrafforti.

Questo perché - come abbia-mo visto in precedenza - la partedi collina e il terrazzo sul qualesorge il teatro erano già franosiin età antica.

Alle spalle del cosiddetto edi-ficio a nicchioni vi è un’interca-pedine che aveva il compito diraccogliere l’acqua che drenavadal terreno retrostante e che, tra-mite canalizzazioni, era fattasgorgare da apposite bocche, tut-tora visibili nei nicchioni, le qualimostrano abbondanti incrosta-

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zioni calcaree. Tale struttura furealizzata sicuramente nelmomento della costruzione stes-sa della città, ma poi fu modifica-ta con l’aggiunta di una copertu-ra realizzata con la costruzionedi un criptoportico quadrangola-re, detto Criptoportico superiore,per distinguerlo dal criptoporti-co del complesso santuarialedella dea Salus.

Restano tracce di intonacodipinto in pessimo stato di con-servazione e resti del pavimentoad un livello più basso dell’at-tuale piano di campagna.

Ad oggi non si è ancora capi-to l’uso di tale struttura cheappare come un portico che cir-conda un grande spazio centralescoperto.

Resti del Decumano Massimosono stati individuati a sud del-l’edificio. Si può vedere infattiuna strada basolata con direzioneest-ovest, con ai lati i marciapiedi.Questa si incrociava perpendico-larmente con il Cardo Massimo,attualmente ricalcato dalla SS 78.

FORO

Il foro di Urbs Salvia è ad oggisostanzialmente inesplorato.Sono infatti stati eseguiti soloalcuni sondaggi che hanno inter-cettato il pavimento della piaz-za, realizzato con lastre calcaree,ed hanno rivelato la presenza distrutture interpretate come ilpodio di un tempio con una sca-linata frontale. Davanti a questovi è un monumento onorario.

Sono state identificate anchealtre strutture in posizione dicrollo, come due pilastri appar-tenenti forse ad un arco. Tutte lestrutture viste, presentano unpreciso orientamento sud-nordrispetto alla piazza del foro,costituendo di fatto il limitedella stessa.

Il foro era dominato ad estdalla mole monumentale deltempio della dea Salus ed era cir-condato da edifici e con buonaprobabilità da portici.

TEMPIO DELLA SALUS AUGUSTA

Il principale monumento diUrbs Salvia è sicuramente il tem-pio dedicato alla Salus Augusta,intesa come divinità protettricedella persona dell’imperatore. Ilmonumento è formato dalTempio-Criptoportico avente lafronte orientata verso ovest. Lacostruzione sorge su una grandepiattaforma che venne creataaccumulando terreno all’internodi murature ed è circondata daun portico monumentale artico-lato su due piani.

La facciata del complesso

dava sulla Salaria Gallica, e crea-va poi una monumentale scenaarchitettonica verso tutti gli edi-fici del foro, divenendo essostesso un monumento forense. IlTempio era prostilo esastilo, cioèaveva sei colonne sulla fronte edue colonne sui lati corti del pro-nao e misurava 55 x 102 piediromani (ca. 16 x 30 m).

Della struttura resta soloparte del podio in opera cemen-tizia e tracce dei muri interni didivisione, mentre non sono con-servati i blocchi di calcare biancolocale con cui la struttura erasicuramente rivestita.

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Il tempio presentava unprofondo pronao ed una cellapraticamente quadrata, sulfondo della quale si aprivaun’abside che creava col muro difondo due piccoli ambienti dirisulta. L’edificio venne modifi-cato nel tempo. In un primomomento, infatti, l’accesso eragarantito da una vasta scalinataposta al centro della fronte, masuccessivamente, forse a causadel crollo di un corridoio tuttoravisibile, vennero realizzate duescalinate poste simmetricamenteai lati, le quali portavano ad unapiattaforma, dalla quale partivala scalinata che permetteva l’ac-cesso al pronao.

Dal pronao era possibileentrare nella cella tramite unamonumentale porta. Sul fondodella cella, come visto, vi eral’abside nella quale era collocatala statua della divinità. Alle spal-le della cella vi è una superficieche anche anticamente era sco-perta, forse tenuta a giardino,con al centro un basamento diforma circolare (6 m di diame-tro), probabilmente con la fun-zione di accogliere gruppi sta-tuari.

Il criptoportico che circondavail podio del tempio vero e pro-prio, era costituito da quattro cor-ridoi semisotterranei, tre deiquali erano divisi in due navate,mediante una serie di arcate pog-

Sopra: Visione d'insieme dei resti del com-plesso Santuariale della Dea Salus

A destra: Interno del criptoportico

Nelle due pagine successive: Internodel criptoportico. Si vedono al centro learcate ancora in posizione di crollo

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gianti su pilastri rettangolari.Ancora oggi è possibile avere

un’idea dell’aspetto di tali arca-te, poiché queste, crollate aseguito di un sisma avvenutonella metà del XIX sec., sonostate ritrovate dagli archeologiin posizione di crollo e alcune diqueste sono state conservate cosìcome vennero scoperte, cioè pra-ticamente intatte, ma coricate suun fianco e appoggiate ai detriti.I due lati maggiori del criptopor-tico misurano 52 m; quelloposteriore al tempio, che raccor-da i due maggiori, misura 42 m.

Le pareti del criptoportico, ipilastri con le arcate che divide-vano i corridoi, erano completa-mente intonacati e dipinti. Sonotuttora visibili abbondanti traccedi pittura in discreto stato diconservazione, soprattutto nelcorridoio meridionale. La pittu-ra era stata divisa in tre fasce: laprima, quella più bassa, imitavail marmo con pennellate di colo-

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Nella pgina accanto, in alto: Un altrobraccio del criptoportico con resti di pitture

In basso, al centro: Pitture parietali delcriptoportico del Santuario della Dea Salus

Sotto: Scene di caccia della fascia alta dellepitture

Al centro: Scene di caccia. Un leoneinsegue una preda

In basso: Scena di caccia con animali sel-vatici locali

re scuro; la fascia centrale, piùampia, era a sua volta divisa ingrandi riquadri mediante listelliverticali decorati e candelabri.Su tali riquadri dal fondo bianco,sono raffigurati trofei militari,composti da armi, tra le qualisono ancora identificabili lance,scudi, elmi, ecc. La terza fascia,quella più alta e anche la più sot-tile, è forse quella che desta mag-giore meraviglia. In essa sonoinfatti rappresentate scene natu-ralistiche con animali feroci eso-tici e scene di caccia, intervallatetra loro da maschere lunari.

Gli scavi archeologici hannopermesso di datare la costruzio-ne del complesso santuariale inun arco cronologico che va dal-l’età di Tiberio a quella dell’im-peratore Claudio. Tale datazioneera già stata ipotizzata sulla basedell’analisi stilistica delle pitturedel criptoportico, appartenential III stile pompeiano e riferibiliquindi ad un arco cronologicooscillante tra il 15-20 d.C. e il 45d.C.

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MONUMENTI FUNERARI

All’interno dell’area archeo-logica, subito fuori le mura, tro-viamo una strada sterrata cheporta all’anfiteatro e corre grossomodo parallela alla SS 78, ai latidella quale sorgono i resti di duemonumenti funerari, che - comein tutte le città del mondo roma-no - sono collocati appunto all’e-sterno dell’abitato.

Si tratta di tombe a torre altecirca 6 m con il nucleo in conglo-merato cementizio, nel quale sipossono notare bene i segni oriz-zontali delle varie gettate dimalta, che originariamentedovevano essere rivestite conlastre calcaree, oggi completa-mente scomparse. I sepolcridovevano avere sulla fronteprincipale una nicchia, all’inter-no della quale era posta la statuaraffigurante il defunto, corredatada un’iscrizione con il suo nomee forse quello del dedicante.

Dai resti attuali è difficile sta-bilire il loro aspetto antico, sitratta però di tombe che contene-vano l’urna con le ceneri all’in-terno del conglomerato cementi-zio. Sulla base si confronti tipo-logici si è giunti a datare i duemonumenti in un periodo com-preso tra la fine dell’età flavia el’inizio del II sec. d.C.

ANFITEATRO

Proseguendo la strada sterra-ta fiancheggiata dai due monu-menti sepolcrali, si giunge all’an-fiteatro di Urbs Salvia, che è collo-cato, come in molte città romane,all’esterno dell’abitato. Questosoprattutto per motivi di caratte-re pratico, quali la presenza spes-so di animali pericolosi destinatialle cacce (venationes) e soprattut-to il problema delle grandi folleche affluendo negli anfiteatriavrebbero provocato problemi dicongestione delle strade cittadi-ne.

Di forma leggermente ellitti-ca, misura all’esterno, sugli assimaggiori 93 x 73 m e presenta unorientamento nord-est/sud-ovest. Sappiamo, grazie ad un’i-scrizione rinvenuta in frammentinel 1957, che venne costruitonell’81 d.C. da Flavio SilvaNonio Basso, generale dell’impe-ratore Tito, che lo aveva accom-pagnato nelle guerre giudaiche eche per conto dello stesso impe-ratore le aveva portate a termine.

In basso: Monumenti funerari posti lungola strada sterrata che conduce all'anfiteatro

In alto: Visione panoramica dell'anfiteatrodi Urbs Salvia

Sopra: Visione panoramica dell'arena del-l'anfiteatro

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Resta praticamente intatto ilperimetro dell’edificio, finoall’altezza del primo ordineinterno della cavea (ima cavea),compresi i vomitoria di tale livel-lo. All’esterno si conservano par-zialmente i pilastri del corridoiodel primo ordine di quella cheera la facciata esterna del monu-mento. Dallo studio delle archi-tetture superstiti, si è suppostoche la cavea era sicuramentedivisa in tre ordini di gradinate,ossia ima, media e summa cavea.

La summa cavea poggiava suipilastri esterni che, come detto,formavano la facciata esternadell’anfiteatro. Oggi all’esternosi vede un muro che regge il ter-rapieno sul quale poggiavano legradinate dell’ima cavea, articola-to da una serie di nicchie semi-circolari, anche queste con fun-zione di controspinta.

In una fase successiva, all’in-terno di alcune nicchie, a inter-valli regolari, furono costruitedelle rampe di scale in muratu-ra, ancora parzialmente conser-vate, che avevano la funzione di

portare ai livelli superiori dellacavea.

Sull’asse maggiore, alle sueestremità, si aprono gli unici dueaccessi monumentali all’arena.Accanto all’accesso sud, si apreun piccolo corridoio con volta abotte, anch’esso conducenteall’arena, preceduto esternamen-te da un piccolo vano quadran-golare, del quale resta solo ilperimetro visibile sul piano dicampagna. Questo corridoio èstato identificato come la portalibitinense, la porta presente intutti gli anfiteatri, attraverso laquale erano portati via dall’are-na i corpi dei gladiatori e dellebelve uccisi, mentre la piccolastanzetta è stata interpretatacome il luogo nel quale venivanomomentaneamente adagiati icadaveri o come una sorta di pic-cola infermeria in cui prestarecure ai feriti.

L’arena è circondata da unpodio non molto alto, che simostra abbondantementerestaurato, ma suscitano partico-lare interesse i due condotti con

copertura a cappuccina che siaprono su questo, e che permolto tempo sono stati visticome la prova dell’allagamentodell’arena per lo svolgimento dibattaglie navali (naumachie).

Tuttavia, sia la scarsa altezzadel muro del podio, sia le mode-ste dimensioni dell’arena, hannosuggerito di scartare l’ipotesidelle naumachie, ritenendoinvece più plausibile che i con-dotti servissero all’immissione eall’espulsione di acqua destinataalla pulizia dell’arena alla finedei combattimenti. �

BIBLIOGRAFIA: G. PACI et alii,Urbs Salvia tra storia e archeologia,in Cittàideale. Cultura ambienteturismo nelle Marche, 3, 2000;

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LA VILLA DI PUBLIO

VEDIO POLLIONE

etera noliputare amabi-liora fieri possevilla, litore,p r o s p e c t u

maris, tumulis his rebus omnibus.(Cicerone, Ad Att. XII, 9)

“Niente, credimi, è più ama-bile della villa, della spiaggia odella vista del mare e di tuttequeste cose messe insieme”

Mai come in primavera,quando la temperatura è mite eil sole ci accarezza, ci si rendeconto del perché a partire dal-l’età repubblicana e per quasidue secoli i romani scelsero lacosta campana come luogo pri-vilegiato per il loro otium. Infatti,sul litorale, che dalla Punta dellaCampanella arriva fino a Baia eMiseno, si susseguono una seriedi testimonianze archeologiche,in prevalenza appartenenti aville, alcune delle quali luogo diimportanti avvenimenti. Così,ad esempio, nella villa, inglobatanella fortezza costruita nel XVI

CPAUSILYPON

In alto: Spettacolare panoramica sulmare vista dalla villa di Publio VedioPollione

Nella pagina accanto in basso: Altrapanoramica sul mare

secolo, oggi carcere minorile,sull’isoletta di Nisida (dal grecoNesìs, “piccola isola”) prospi-ciente il promontorio diPosillipo, secondo le testimo-nianze, i due cesaricidi, Bruto eCassio, tramarono la congiuracontro Cesare e, sempre nellastessa villa, Bruto, dopo l’omici-dio, nel 44 a.C., accolse Ciceroneper discutere le conseguenzepolitiche dell’uccisione. Infine,la stessa villa fu teatro, secondo

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quanto racconta Marziale in unepigramma (I, 42), del suicidiodella moglie di Bruto e figlia diCatone, Porzia, che, appresa lanotizia della morte del maritonel 42 a Filippi, si uccise ingoian-do carboni accesi (… ardentisavido bibit ore favillas). Questavilla - alla pari delle altre costrui-te nella zona - rientra nella cate-goria delle “ville marittime”, concui designiamo le lussuose resi-denze private realizzate per sod-

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disfare i capricci dell’aristocraziadell’epoca e, per questo, colloca-te in luoghi panoramici e ameni,perfettamente integrati in un’ar-chitettura articolata in porticatiaperti sul mare, lunghi percorsipanoramici, ambienti destinatial diletto come le peschiere(strutture per la pescicoltura) estanze riservate al riposo e alledotte discussioni fra uomini dicultura.

In questa elegante corniceresidenziale di età tardo-repub-

blicana si inserisce anche la villache il ricco cavaliere PublioVedio Pollione costruì sul pro-montorio di Posillipo e che nel15 a.C., dopo la sua morte, lasciòin eredità all’imperatoreAugusto, insieme alla domus cit-tadina nel quartiere della Suburasull’Esquilino. Il nome del luogoscelto per la villa risulta già elo-quente, se pensiamo che in greco(Pausilypon) significherebbeluogo che animi moerorem sedat(?luogo che placa la tristezza

dell’animo?). Secondo la leggen-da Posillipo, figlio di una divi-nità marina, cercò di possederecon la forza una splendida fan-ciulla, Nisida, che, per sfuggir-gli, si gettò in mare; così, entram-bi furono trasformati in scogli,lui per aver disubbidito al voleredivino e lei per aver rifiutato l’a-more di un figlio degli dei.

Originario di Benevento,Publio Vedio Pollione, nonostan-te le origini libertine, riuscì araggiungere il rango equestre e

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Sopra: Particolare di resti di muraturedella villa con tracce di intonaco colorato

In alto a destra: Particolare delle strut-ture della villa

A destra: Strutture murarie realizzate inopera reticolata e ricoperte con intonacocolorato

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A sinistra: Una delle scale che portavanoai piani superiori della villa

In basso: Uno degli ambienti più grandidella villa

Nella pagina accanto in alto:Particolare esterno degli ambienti dellavilla

quindi ad assumere, benchécavaliere, il governo della riccaprovincia dell’Asia, come testi-moniano alcune dediche in suoonore, la coniazione di monetecon il suo nome e il suo ritratto el’emissione di una constitutioVedii Pollionis. Tuttavia, questofacoltoso romano non godevanell’Urbe di buona fama:Cicerone lo definiva l’uomo piùiniquo e lo stesso imperatoreAugusto lo osteggiava in quantoultimo esponente dei ricchi scia-lacquatori della tarda età repub-blicana, tanto che impedì, allamorte di questi, l’erezione di unmonumento funebre a spese

pubbliche e - coerentemente conil suo programma politico -ordinò di radere al suolo la riccadomus di Pollione nella Subura,divenuta emblema provocatoriodell’ostentazione del lusso pri-vato, per costruire al suo postoun edificio pubblico, la PorticusLiviae.

Dopo la morte di Pollione e ilpassaggio nel patrimonio diAugusto, il nucleo originariodella villa fu ampliato e articola-to in più pertinenze riportatealla luce a partire dalla metà delXIX secolo: dell’intero comples-so oggi si possono visitare ilcosiddetto Tempio, il Teatro e

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l’Odeion, che insieme fanno partedella pars publica della villa.

Il primo edificio, che proba-bilmente permetteva un ingressomonumentale alla zona pubbli-ca, presenta una forma quadrata,absidata sul lato occidentale, eun ambiente interno articolato intre navate.

L’edificio più significativo ètuttavia il teatro, che nel suogenere costituisce un unicum.Secondo il celebre architettoVitruvio (De Architectura, V, 6),infatti, la sua pianta canonicaconsisteva in un cerchio nelquale erano inscritti quattrotriangoli equilateri che divideva-

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Nella pagina accanto in alto:Particolare dell’ingresso della villa

Sotto: Panoramica del teatro

A destra: Il teatro visto dall’interno dellavilla

no la circonferenza in dodiciarchi uguali; il muro di fondodella scena coincideva con labase di uno dei quattro triangoli.I vertici, poi, segnavano i puntidi partenza di sette file di gradi-ni che dividevano la cavea in seisezioni (cunei) fino all’altezzadel primo corridoio (praecinctio),al di sopra del quale il numerodei gradini raddoppiava; lerimanenti estremità fissavano laposizione delle tre porte sulmuro di fondo (la valva regia e idue hospitalia). La lunghezzadella scena era pari a due volte ildiametro dell’orchestra e l’altez-za del proscenio non dovevasuperare il metro e cinquanta,per dar modo agli spettatori,occupanti l’orchestra, di potervedere comodamente gli attori.Mediante sottopassaggi a voltasui quali si disponevano gradi-nate con sedili per i personaggidi riguardo (tribunalia), l’edificioscenico era collegato alla caveautilizzando quegli spazi lateraliche nel teatro greco rimanevanoaperti. La cavea era sostenuta daarcate sovrapposte che nella fac-ciata esterna erano scandite datre ordini di colonne (rispettiva-mente doriche, ioniche, corinzie)e mentre i primi due ordini sipresentavano come una succes-sione di porticati aperti, l’ultimopiano, invece, era un porticato

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continuo chiuso; sugli archi delpiano terra, poi, vi erano delleindicazioni numeriche corri-spondenti alla tessera, general-mente in osso o in avorio, di cuiogni spettatore era munito inmodo che fosse garantito unaccesso ordinato di pubblico;l’afflusso e il deflusso era, infine,assicurato dai vomitoria, ingressia volta, posti sui corridoi lateralioppure nel mezzo dei cunei.Nell’orchestra semicircolareprendevano posto, sulle sediecuruli, i senatori, nell’ima cavea siaccomodavano gli esponentidell’ordine equestre, nella mediacavea uomini e soldati, mentrenella summa il popolo e le donne.

Nel caso, invece, del teatrodel Pausilypon ci troviamo difronte ad una struttura che soloin parte rispetta lo schema vitru-viano, in quanto la cavea èappoggiata ad un declivio dellacollina retrostante, secondo unatecnica costruttiva tipicamentegreca e non romana. Essa, poi,seppure divisa in ima, media esumma cavea, presenta un nume-ro di cunei e gradini inferiorerispetto a quello previsto emanca degli ordini di arcatesovrapposte a sostegno dellegradinate, mentre presenta i tri-bunalia in corrispondenza del-l’ottava fila dei gradini dellamedia cavea, su cui dovevanoprendere posto spettatori parti-colarmente in vista.Dall’orchestra semicircolare, conpavimentazione in marmo, oggiperduta, partiva, poi, una lungavasca di forma rettangolare, chedoveva servire per spettacolid’acqua e che presenta una seriedi quaranta fori, disposti su duefile parallele, destinati ad allog-giare pali lignei per il manteni-mento di un tavolato che servi-va, quindi, come palcoscenico.

Dalla parte opposta, forse aldi là di un viridarium (“giardi-no”) sorge, invece, l’Odeion, opiccolo teatro coperto, che findalle origini nel mondo greco

Nella pagina accanto: Nelle due immagi-ni, due particolari del piccolo teatro coperto(odeion)

Sopra: Strutture della villa inglobate nellafitta vegetazione

serviva per le audizioni musicaliche accompagnavano la recita-zione delle odi e dei passi diretorica. Anch’esso è costituitoda una cavea, in parte appoggia-ta ad un pendio e in parte susostruzioni laterali. All’altezza,poi, della quarta fila di gradini,una piattaforma aveva la funzio-ne di ospitare il seggio imperialee, alle sue spalle, un’abside cir-colare serviva per accogliere unastatua, presumibilmente dellostesso imperatore. La scena pre-senta, invece, nella parte bassatre nicchie semicircolari affianca-te da due stanze che prendevanoil posto dei parascaenia, nellaparte alta, infine, vi è un’ampia eprofonda esedra con sei colonneaddossate alla parete.

Completano la villa una seriedi altre strutture, non ben identi-ficate nella forma e nella destina-zione d’uso, molte delle quali,oggi, al di sotto del livello delmare, coperte dalla fitta vegeta-zione o interrate. Tra queste spic-cano una struttura dalla formaquadrata absidata, provvista dinicchie, forse da identificare conun ninfeo, ma in cui la tradizio-ne erudita riconosce la“Scuola diVirgilio”, e una struttura a due

piani in opera reticolata indicatacol nome di “Palazzo degliSpiriti”, dove nei secoli passati iseguaci dello spiritismo parteno-peo si riunivano per evocare“presenze” soprannaturali.

L’accesso all’intero complessoera assicurato nel periodo impe-riale da una grande galleria, sca-vata nel tufo e nel terreno pozzo-lanico, lunga quasi un chilome-tro (770 m ), usata per collegarela zona di Coroglio con quelladella Gaiola e definita dalPontano “Grotta di Seiano”, per-ché, secondo l’umanista, proprioil ministro dell’imperatore

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Tiberio ne sarebbe stato l’artefi-ce. Questa grotta, scoperta nel1840 durante il regno diFerdinando II venne, per voleredello stesso re, ripulita del terre-no, ricostruita nei tratti crollati,rinforzata con sottarchi in tufo e,così, inserita negli itinerari delGrand Tour. Durante la secondaguerra mondiale, invece, lastruttura fu usata come rifugioper gli abitanti della zona indu-striale di Bagnoli e, infatti, a que-sto periodo risalgono i sedili intufo e le latrine visibili, ancoraoggi, nella zona dell’ingresso daCoroglio.

La struttura presenta unasezione quadrata, la cui ampiez-za aumenta in altezza e larghez-za man mano che si avvicina agliingressi, per consentire unamaggiore luminosità e areazio-ne, assicurate, del resto, anchedai tre cunicoli laterali, il mag-

giore dei quali presenta una lun-ghezza di 129 m. L’andamento èpressochè rettilineo, tranne nellaparte centrale, probabilmenteper un errore di calcolo, dalmomento che lo scavo iniziòcontemporaneamente dal lato di

Nella pagina accanto: L’attuale ingressoalla grotta di Seiano

A sinistra: Particolare dell’interno dellagrotta

Sotto: Particolare dell’uscita della grotta diSeiano

Coroglio e da quello dellaGaiola. La realizzazione delloscavo, inoltre, fu contemporaneaal rivestimento: prima vennerorealizzate le pareti verticali, chenella parte bassa presentano unamuratura interna con riempi-mento a sacco e rivestimento inopera reticolata o incerta, e poi lavolta, leggermente ogivale,riempita con malta e pietrame esostenuta con centinature inlegno, di cui rimangono in vistaancora oggi i fori destinati a reg-gere le centine. �

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UNA TESTIMONIANZAMONUMENTALE DELLA

SCULTURA DEL III SEC. D.C.

curiosocome da azio-ni, gesti,oppure ope-razioni che si

ripetono quotidianamente pro-vengano grandi ed importantiscoperte che condizionano ilcorso della storia. Uno dei tantiesempi è rintracciabile proprionel frammento del sarcofago cheandremo ad analizzare, ritrovatoper un caso fortuito nei pressi diAcilia, località situata tra Romaed Ostia, e oggi conservato nelMuseo Nazionale Romano diPalazzo Massimo.

Nel luglio del 1950, durante iconsueti lavori di aratura, uncontadino rinvenne nel sotto-suolo (per sua fortuna, osereidire, visto che per la scoperta glivenne donato un premio di200.000 lire) numerosi frammen-ti marmorei, in gran parte com-bacianti, in cui erano riconosci-bili almeno quindici figure, tramaschili e femminili, tutte ricca-mente panneggiate, cinque teste

ÈIL SARCOFAGO

DI ACILIA

In questa pagina e nelle seguenti:Resti del sargofago c.d. di Acilia e vari par-ticolari dello stesso

virili e una testa femminile nonricomponibile, ma solidale, oltrea mani, arti e resti di panneggi.E’ stato possibile ricostruireparte di quanto rinvenuto grazieal confronto con altri sarcofagidella stessa tipologia a lenós, cioèa forma di vasca o tinozza divino, prodotti a Roma nel III sec.d.C., e sui quali, solitamente,erano presenti scene dionisiache.

Un primo confronto è il sarco-fago Casali, in cui sono raffigu-rate scene bacchiche con figure

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che girano tutt’intorno allasuperficie. Il secondo è il sarcofa-go Torlonia, sul quale è presenteuna coppia di sposi al centro,mentre ai lati troviamo una seriedi figure disposte in primo e insecondo piano. In quest’ultimosupporto compaiono elementiche ritroveremo sia nel sarcofagooggetto di questo studio, ovveropersonaggi con ròtuli in mano,lo scrinium e altre carte poggiatea terra, sia nel sarcofago diPlotino, in cui sono presenti due

fasce di ròtuli ai piedi di alcunefigure.

Da questi raffronti si puòdedurre quali siano le caratteri-stiche precipue dei sarcofagi alenós: essi sono decorati con figu-re che occupano tutta l’altezzadella superficie, disposte supiani di profondità diversi, conla presenza di un gruppo centra-le, ai lati del quale si dispongonofigure femminili (sulla destra) efigure maschili (sulla sinistra); lesculture sono di solito ad altori-

lievo e quindi libere di muoversinello spazio, oppure sono incor-niciate da un listello semplice,senza decorazioni; il coperchio -come nel nostro caso - appareliscio.

Si propone, ora, un’interpre-tazione della scena rappresenta-ta sul sarcofago.

L’opera, di marmo greco,misura 149 cm in altezza, 248 cmin lunghezza e 128 cm in profon-dità ed è stata ricomposta dall’u-nione di 35 frammenti (ne

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rimangono altri 72 non comba-cianti).

Le figure realizzate all’ester-no - in tutto quattordici - indos-sano pesanti panneggi intagliaticon grande abilità tecnica e forteplasticismo. Il punto focale dellascena è nella parte frontale, sucui sono rappresentate al centrodue figure, una maschile, con latoga trabeata e con la barba apizzo, e una femminile, dellaquale resta solamente parte dellaveste e il piede sinistro. Sullasinistra della figura femminilerimangono pochissimi fram-menti di quello che doveva esse-re un gruppo di donne, mentresulla destra dell’uomo si dispon-gono altre figure maschili.

È interessante notare alcunidei particolari di queste figure,utili per capire cosa fosse raffi-gurato sul sarcofago e a cosa siriferisse il gruppo che procede incorteo.

La figura maschile al centro èdefinita dalla contabulatio, untipo di panneggio della toga

affermatosi a partire dal III seco-lo d.C.; sulla barba a pizzo sonovisibili segni di gradina e diraspa. Purtroppo sono andatiperduti l’avambraccio sinistro, ipiedi e parte del volto. La testa èrivolta verso sinistra e sopra l’a-scella destra è presente un pun-tello che la lega alla figura suc-cessiva; la superficie della toga èlucida, con tracce di colore rossa-stro, che probabilmente dovevaessere bolo. Alla destra del pro-tagonista troviamo, in secondopiano, una figura mutila infe-riormente, di cui rimane soloparte del busto e la testa con unafolta chioma ricciuta. Su tutta lasuperficie della figura restanotracce di lucidatura e di bolo.

Proseguendo si colloca inprimo piano una figura conser-vata interamente (tranne il piedee la mano sinistra) che porta undiadema sul capo, regge il sinusdella toga e con la mano destraindica il personaggio alla suadestra. Anche in questo caso lasuperficie è lucida e rimangono

tracce di bolo. Questo soggetto èstato identificato con il GeniusSenatus, cioè la personificazionedel senato romano, e quindi,molto probabilmente, nellamano sinistra reggeva uno scet-tro. In terzo piano si nota unvolto girato a sinistra, quasi cer-tamente un riempitivo, con trac-ce di bolo sulla barba. Il perso-naggio maschile che segue ha ilcapo calvo e la barba folta; èsituato in secondo piano e vieneindividuato dal BianchiBandinelli come la figura di unletterato, sulla base del ròtulotenuto tra le mani, di cui restauna parte che sporge al di sopradella mano e che era legato adessa da un puntello all’altezzadel petto. Alcuni atteggiamentidel suo corpo - come la spallasinistra, l’avambraccio e la manosporgente - sembrano indicareche il soggetto stia parlando.

La figura successiva rappre-senta un giovane con la manodestra che regge l’orlo del sinusdella toga. Nella mano sinistra

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tiene i resti di un oggetto cilin-drico andato perduto, moltoprobabilmente un ròtulo, la cuiparte superiore era legata allafigura con un puntello.Sull’anulare della mano sinistra,grossolana e segnata da vene(cosa anomala per la rappresen-tazione di un giovane), porta unanello a gemma ovale. La testa èa tutto tondo e ha i capelli ese-guiti a piccole squame. Gli occhisono grandi, con iride e pupillaprofondamente segnati dal tra-pano, diversi rispetto a quellidelle altre figure, meno marcati.La superficie è ruvida con segnidi gradina e di raspa ben visibili;il resto della figura, invece, èlucido e presenta forti tracce dibolo sulla toga.

Su uno dei lati del sarcofago,in secondo piano, troviamo,invece, l’immagine di un uomorappresentato nella sua pateti-cità con la bocca semiaperta econ la mano portata al mento.Non ha la barba e la sua partico-larità è data dalla torsione delvolto verso destra, cioè dallaparte opposta rispetto agli altripersonaggi. L’ultima figura rico-noscibile è quella sul lato estre-mo del sarcofago, conservata daipiedi fino all’altezza delle spalle.Tra alcune figure sono inseritidei ròtuli, tenuti insieme da unnastro a metà della loro altezza.

Sulla parte posteriore del sar-cofago troviamo solo i piedi concalcei e parte delle gambe di untogato. Sono visibili, infine, unlembo di veste militare e unoggetto non identificabile concertezza. Grazie ad altri fram-menti rinvenuti - ai quali, pur-troppo, gli studiosi non sono riu-sciti a dare una collocazione pre-cisa - siamo in grado di ricostrui-re la parte posteriore del sarcofa-go, composta da figure virili.

Si osservi ora la parte occupa-ta dalle figure femminili. Al cen-tro, la donna di cui resta solo ilpiede sinistro calzante una scar-pa chiusa, doveva essere rivolta

dalla parte dell’uomo che le èaccanto. La figura successiva èandata perduta. La terza inprimo piano, leggermente obli-qua verso destra, è conservatafino all’altezza della spalla; lasuperficie è completamenteraschiata.

Delle figure successiverimangono solo piedi con calzariche sono alternativamente inprimo e secondo piano. Di que-sta parte dell’opera ci è pervenu-ta solamente una serie di fram-menti che, sfortunatamente, nonhanno trovato collocazione. Traquesti, tuttavia, troviamo unamano che sorregge un oggettocilindrico e parte di una gamba,forse appartenenti ad Eroti ven-demmianti.

Secondo Bianchi Bandinelliessi erano collocati tra le figureintorno al sarcofago, come giànel sarcofago Torlonia; mentreHimmelmann li posiziona sullato anteriore del coperchio,decorato da un fregio con glistessi soggetti. Al coperchiodovrebbe appartenere anche ilframmento n. 31 con una ruotadi plaustrum, veicolo usato per iltrasporto dell’uva.

Per quanto concerne la data-zione, in passato erano state fattealcune ipotesi: BianchiBandinelli - seguito da altri stu-diosi - datava l’opera alla primametà del III sec. d.C., grazieall’analisi di alcuni elementi,quali l’acconciatura dei capellidella testa femminile (frammen-

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to n. 34), le modalità di lavora-zione del sarcofago, ricca e viva-ce, caratteristica ancora delbarocco antoniniano, e soprat-tutto l’identificazione del giova-ne con Marco Antonio Gordiano,cioè l’imperatore Gordiano III,nato nel 225 d.C. da MeciaFaustina e dal console GiulioBalbo, che - subito dopo la mortedel padre, a tredici anni - venneproclamato Cesare e poco dopoAugusto. La scelta di Gordianosarebbe accettabile anche grazieal confronto con la sua immagi-ne rappresentata sulle monete enei ritratti, e potrebbe essereconfermata dalla presenza dialtri elementi che rinviano allostesso periodo.

La testa femminile (frammen-to n. 34) era inserita nel sarcofa-go con il profilo rivolto dallaparte opposta rispetto a quellodelle altre figure femminili dello

stesso gruppo. L’espressione èpatetica e sembrerebbe quasi inlacrime, ma grazie al confrontocon altre teste coeve, siamo ingrado di capire che l’angololacrimatorio dell’occhio venivafortemente accentuato con il tra-pano. Il volto, tuttavia, non èequiparabile ad un ritratto,nonostante l’acconciatura seguala moda del momento (la petti-natura con due ciocche di capel-li raccolti e portati sopra la testaè infatti tipica degli anni 230-240d.C.). Si può ipotizzare che que-sta figura rappresenti laConcordia e fosse inserita tra ledue figure centrali.

La datazione sarebbe quindiconfermata dallo stile delladecorazione del sarcofago che èancora ricco e pieno di movi-mento. Il rilievo è particolar-mente alto con figure che si stac-cano quasi completamente dal

fondo. Tale rilievo si appiattisceal centro, mentre è più forte neipersonaggi effigiati sul latocurvo: questo fa sì che le figurelaterali abbiano la stessa inten-sità e lo stesso effetto di quellecentrali quando il sarcofagoviene osservato dal centro. Ciò èsignificativo perché, comevedremo in seguito, è proprio lafigura laterale la vera protagoni-sta della scena.

Da studi più recenti la data-zione del sarcofago risale allafase finale o immediatamentesuccessiva al regno di Gallieno(253-268 d.C.) o, comunque, allametà del III sec. d.C.

Non siamo di fronte ad unsolo artista, ma ad una bottegadi marmorari che sa utilizzaresapientemente il trapano e rea-lizzare le pieghe delle vesti inuna maniera fortemente plasticae virtuosistica. La particolaritàdella realizzazione risiede nelledifferenze emergenti tra alcunefigure rispetto ad altre; ciò, quin-di, ha fatto supporre al BianchiBandinelli che abbiano operatodue tradizioni artistiche diffe-renti. Ad esempio, il volto diGordiano ha una fattura diversarispetto a quello degli altri per-sonaggi e la figura del GeniusSenatus è realizzata con una forteaccentuazione della figura, tipi-ca di quell’“espressionismo anti-co”, che abbandona elementiclassici come la simmetria afavore di un carattere più pateti-co. L’ipotesi più plausibile oggiaffermata è che il sarcofago siaattribuibile all’attività di maestriasiatici operanti a Roma: questospiegherebbe una così fortecaratterizzazione barocca tipicaproprio di questi scultori.

L’interpretazione di questaopera è stata a lungo dibattuta.Inizialmente, infatti, BianchiBandinelli aveva letto la scenacome la designazione di un gio-vane principe, indicato con ilbraccio destro dalla figura dia-demata, ma la più convincente

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risulta essere quella per cui lascena raffigura la dextrarum iunc-tio, l’unione delle destre tra duesposi, circondati da figure chesembrerebbero essere filosofialla destra dell’uomo e Muse allasinistra della donna. I primi sonoinfatti caratterizzati dai ròtuliche tengono in mano e sono innumero di sette, proprio come iSapienti, mentre le donne sononove come le Muse. Questa rap-presentazione, forse, facevaparte dell’idea originaria di farapparire il defunto, verosimil-mente il personaggio al centrodella composizione, come unuomo colto, secondo una con-suetudine diffusa nei sarcofagidel III sec. d.C.

L’opera, tuttavia, si distaccada questa serie per un insieme dielementi, tra cui, ad esempio, lapresenza del Genius Senatus.Inoltre vi è una figura ambigua,non riconducibile ai tipi dei filo-sofi, quella del giovane cheabbiamo identificato conGordiano III, anche se non tuttigli studiosi sono d’accordo nelconfermare questa ipotesi.

L’Heintze, per esempio, attri-buisce per ragioni stilistiche ilsarcofago al 270–280 d.C. e desi-gna il giovane come Nigrignano,figlio di Carino e di MagnaUrbica, che morì prima delpadre. Quest’ultimo fece realiz-zare l’opera in onore del figlio,utilizzando un sarcofago nuzialecon filosofi e facendovi applicarein seguito il ritratto del figlio.Altri invece credono sia il giova-ne Ostiliano con i genitori, Decioed Etruscilla.

Negli anni Ottanta delNovecento viene adottata la tesidell’Andreae che vede nellascena la rappresentazione di unprocessus consularis. Nella pro-cessione il console appena eletto,cioè il personaggio maschile cen-trale, preceduto dai cavalieri eseguito dai senatori, vieneaccompagnato dai littori e dagliamici che si trovano alla sua

destra. Il corteo si sta recando inCampidoglio a compiere il sacri-ficio prescritto. Il personaggioche indica la strada è proprio ilGenius Senatus, che non si rivol-ge al fanciullo - come ritenevaBianchi Bandinelli - ma alla figu-ra centrale con toga trabeata, ilsenatore, che a sua volta si staaccomiatando dalla moglie; idue coniugi sono legati dallafigura della Concordia, tipicadelle scene nuziali. Questa inter-pretazione giustifica, quindi,altri elementi presenti nel sarco-fago: il gesto di Gordiano dialzare la toga e mettersi in cam-mino, l’identificazione dellafigura posta nella parte posterio-re del sarcofago con un littoregrazie all’abbigliamento, e, infi-ne, le figure femminili che rap-presentano le amiche della sposae che prenderanno parte al cor-teo. Tutto ciò giustificherebbe

anche l’anello all’anulare delfanciullo: essendo figlio di unsenatore, il giovane è cavalierefin dalla nascita e gli unici cheportano l’anello sono proprio icavalieri. Di conseguenza il gio-vane risulta essere il figlio dellacoppia che ha ordinato il sarco-fago, facendo ritrarre il padre nelgiorno più importante della suacarriera. Il corpo di Gordianosembra essere di un uomo piùmaturo rispetto al giovane, e ciòpuò essere spiegato con il fattoche in un primo momento il sar-cofago sia stato realizzato con lafigura del figlio in età maggioree senza il volto, credendo diinserirlo in un lontano futuro;ma a causa della morte prematu-ra del ragazzo il volto inserito èquello dell’età adolescenziale.Tutta la famiglia, molto proba-bilmente, ha trovato sepolturaall’interno del sarcofago. �

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IN MOSTRA ALCOLOSSEO

gladiatoritornano alColosseo.

Dopo lamostra di

grandissimo successo del 2001,Sangue e arena, tra le esposizionipiù visitate del decennio anchegrazie al successo mondiale delpressoché coevo film Il gladiatore,il Colosseo, dal 26 marzo e finoal 3 ottobre prossimo, accoglie lamostra Gladiatores.

Una mostra innovativa nelsuo intento dichiaratamentedidattico, che segue però unaprecisa politica legata al target eagli interessi degli oltre tremilioni di visitatori annuali (tremilioni e duecentomila dicono lecifre ufficiali) del monumentoromano per eccellenza: accantoai reperti antichi, una raccolta dioggetti moderni e di grandeimpatto scenico, la cui ricostru-zione, realizzata sul filone del-l’archeologia sperimentale sultema della gladiatura e, in parti-colare, della gladiatura a Roma,

IGLADIATORES

In questa e nella pagina accanto:Particolari dell’allestimento della mostraall’interno del Colosseo

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Nella pagina accanto e in alto: Altriparticolari delle vetrine contenenti repertioriginali e copie degli stessi e di abbiglia-mento relativo ai gladiatori

In basso: La dott.ssa Rossella Rea cura-trice della mostra, e Direttrice del Colosseo,durante la conferenza stampa

è stata voluta in prima personadalla curatrice e direttricedell’Anfiteatro Flavio, RossellaRea, della SoprintendenzaSpeciale per i Beni Archeologicidi Roma.

Mentre nella grande mostradel 2001 la gladiatura era illu-strata mediante l’esposizione dinumerosi reperti storici, tra cuiarmature e calchi, ma soprattut-to affreschi, mosaici e plastici, inquesto allestimento la maggiorparte delle armi e degli accessoriesposti, eseguiti da moderni arti-giani, «sono - come spiegaRossella Rea - il prodotto di unostudio molto approfondito, tut-tora in corso, delle testimonian-ze pervenute dal passato: descri-zioni nelle opere degli autoriantichi; raffigurazioni su affre-schi, rilievi, mosaici, graffiti;oggetti di uso quotidiano qualistatuette, lucerne, vasi; repertiautentici, primi tra tutti le armirinvenute a Pompei», qui espo-ste in vetrine allestite negliambulacri del secondo ordinedell’Anfiteatro Flavio.

Una coincidenza mediaticanotevole, che ci auguriamopossa essere bene augurante peril successo dell’allestimentocome nel caso della mostra del2001, è il contemporaneo lancionegli Usa della serie tv Spartacus,una ricostruzione a puntate, instile Rome - Graphic Novel, dellavita del più noto dei gladiatoridell’antichità, e non c’è dubbio

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Sopra: Ricostruzione realizzata dall’ar-chitetto Silvano Mattesini. Il nemico piùdiretto del gladiatore Murmillo è il Thraex.Periodo Imperiale o I sec. d.C.

Sotto: Ricostruzione di calzari

Nella pagina accanto: Elmo in bronzo diHoplomachus con visiera a copertura totaledel viso e cimiero terminante a testa digrifo, dal Quadriportico dei Teatri diPompei, età giulio-claudia.Napoli, Museo Archeologico Nazionale

che, in caso di lancio internazio-nale, la serie potrà fare da volanoall’evento romano.

Tornando alle caratteristichedella mostra, come ha spiegatobene la curatrice nelle sue pagi-ne di presentazione: «È propriodal contrasto tra il nuovo cheriproduce l’antico e l’antico, chel’esposizione trae il suo senso,mostrando quanto del passato

sia, ormai, irrimediabilmenteperduto: i colori, la lucentezza,che svolgevano un ruolo fonda-mentale negli spettacolidell’Anfiteatro».

Lo sfarzo e la grandiosità del-l’apparato scenico erano neces-sari poiché man mano che le gra-dinate e i posti si allontanavanodall’arena - come ha ricordatol’architetto Silvano Mattesini,responsabile dell’allestimento -«non si percepivano le singolefigure, ma gruppi di combattenticolorati e luccicanti sotto i raggidel sole, composti anche da 80gladiatori». L’elaborato sistemascenico delle arene trovò il suoculmine proprio con l’inaugura-zione del Colosseo nell’80 d.C.,che durò cento giorni con com-battimenti di gladiatori (munera)e venationes in cui furono uccisimigliaia di animali.

L’esposizione, un centinaio dipezzi tra originali e ricostruzio-ni, spiega con l’ausilio di cartellie disegni la cronologia e il tipo diarmatura (classe gladiatoria)

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Nella pagina accanto: Elmo gladiatorio,Napoli, Museo Archeologico Nazionale

In questa pagina: Ricostruzioni realiz-zate dall’architetto Silvano Mattesini inoccasione della mostra Gladiatores

A pag. 70 in alto: Schiniere bronzeo condecorazioni su più registri (dall’alto inbasso: rami di alloro, maschere bacchiche,festoni vegetali, aquila), dal Quadriporticodei Teatri di Pompei.Napoli, Museo Archeologico Nazionale

A pag. 70 in basso: Spada nel fodero.Napoli, Museo Archeologico Nazionale

A pag. 71: Elmo in bronzo di Provocatorcon gladiatore a rilievo sulla calotta, dalQuadriportico dei Teatri di Pompei.Napoli,Museo Archeologico Nazionale

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indossata dai gladiatori nell’are-na, la loro condizione giuridica,l’origine delle diverse classi gla-diatorie e le specialità del com-battimento. Come è noto, nontutte le classi gladiatorie sonoinfatti esistite contemporanea-mente e le armi di difesa e diattacco subirono notevoli tra-sformazioni per foggia e tipo di

INFORMAZIONI

La mostra Gladiatores, curatada Rossella Rea e promossa dallaSoprintendenza Speciale per iBeni Archeologici di Roma incollaborazione con Electa, saràospitata nella suggestiva sededel Colosseo fino al 3 ottobre2010.

Dal 26 al 27 marzo: 8.30 -17.30(ultimo ingresso ore 16.30). Dal28 marzo al 31 agosto: 8.30 -19.15 (ultimo ingresso ore 18.15).Dal 1 settembre al 30 settembre:8.30 -19.00 (ultimo ingresso ore18.00). Dal 1 al 3 ottobre: 8.30 -18.30 (ultimo ingresso ore 17.30).Non si effettua chiusura settima-nale. La biglietteria chiude un’o-ra prima.

Biglietto intero € 12,00; ridot-to € 7,50 (lo stesso biglietto con-sente l’accesso al Palatino e alForo Romano). Per informazionie visite guidate rivolgersi aPierreci (tel. 06.39967700 -www.pierreci.it).

lavorazione tra l’epoca repubbli-cana e quella imperiale.

Le armature, ricostruite inbase alle descrizioni degli anti-chi e alle fonti iconografiche,sono anche state indossate percomprendere quanti e qualimovimenti potesse compiere chile portava: «Attraverso vari ten-tativi e modifiche si è spesso riu-

sciti ad attribuire a un tipo digladiatore, piuttosto che a unaltro, una determinata arma. Unprocedimento di archeologiasperimentale che sta contribuen-do - come ha spiegato RossellaRea - a individuare figure di gla-diatori finora avvolte nel dub-bio». �

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