Roma, una città, un impero - n.2 - 2011

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Rivista di archeologia online

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Editoriale

Risultato della cooperazione pluriennale tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali

della Repubblica Italiana e lo State Administration for Cultural Heritage della Repubblica

Popolare Cinese, la mostra “I due Imperi. L’Aquila e il Dragone” tenutasi nel Museo di

Palazzo Venezia a Roma, ha avuto in esposizione più di 400 capolavori italiani e cinesi che hanno

contribuito ad illustrare la nascita e lo sviluppo di questi due imperi dell’antichità, attraverso la rie-

vocazione degli aspetti della vita quotidiana, del culto religioso e dell’economia. Articolato in due

sezioni differenti, la prima allestita nel suggestivo scenario della Curia del Foro Romano e la secon-

da, più ampia, nelle prestigiose sale di Palazzo Venezia, questo progetto espositivo rappresenta inol-

tre un tassello importante di una positiva collaborazione tra le due Amministrazioni Statali sotto-

lineata anche dall’Anno Culturale della Cina. Una collaborazione suggellata dall’accordo stipulato

tra i due paesi che prevede anche in futuro un forte impulso allo scambio di mostre e collezioni

museali, attraverso l’organizzazione e la coproduzione di progetti espositivi. A questo proposito è

importante sottolineare come il Ministero per i Beni e le Attività Culturali parteciperà attivamente

all’allestimento del nuovo Museo Nazionale della Cina di Piazza Tien nan men, che riaprirà le porte

la prossima primavera diventando uno dei più grandi musei al mondo. Nella mostra di Palazzo

Venezia per la prima volta in assoluto si sono messi a confronto i due imperi più importanti dell’an-

tichità, l’Impero Romano, prima repubblicano e poi imperiale, e l’Impero Cinese delle dinastie Qin

e Han, unendo idealmente l’Occidente e l’Oriente nel periodo che va dal II secolo a.C. al IV secolo

d.C. Cinquanta musei hanno partecipato al progetto con le opere esposte nella mostra, il cui allesti-

mento è stato curato per l’Italia dal Professor Stefano De Caro, Direttore Generale per le Antichità

del Ministero peri i Beni e le Attività Culturali, per la Cina dal Professor Xu Pingfang,

Responsabile dell’Istituto di ricerca e archeologica dell’Accademia Cinese di Studi sociali, Direttore

della Società Cinese di Archeologia, capo editore del Yanjing Xuebao. Questa unione ideale ricreata

nel Museo di Palazzo Venezia mette finalmente in contatto due civiltà che nell’antichità non si

incontrarono mai direttamente, commerciando attraverso la mediazione delle popolazioni poste tra

i loro territori, ma che si conoscevano e stimavano, come provano le parole riportate in un testo cine-

se antico, lo Hou Hanshu in cui è provato che il popolo Han tenesse in grande considerazione Roma,

conosciuta come Daqin “Grande Qin”. Ritrovamenti archeologici lungo la via della seta in cui si

trovano insieme monete romane imperiali e oggetti cinesi testimoniano che ci fu un incontro fra le

due civiltà, seppur indiretto e mediato dai mercanti.

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIA TERESA GARAU

DIRETTORE ESECUTIVOROBERTO LUCIGNANI

DIRETTORE SCIENTIFICOBERNARD ANDREAE

COMITATO SCIENTIFICOPaolo Arata

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleAlessandra Capodiferro

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaFiorenzo Catalli

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaPaola Chini

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleVincenzo Fiocchi Nicolai

Prof. Archeologia Cristiana Univ. Tor Vergata di RomaGian Luca Gregori

Prof. Ordinario di Antichità Romane, ed Epigrafia Latina, Facoltà Scienze Umanistiche, Univ. Sapienza di Roma

Eugenio La RoccaProf. Ordinario Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana,

Univ. Sapienza di RomaAnna Maria Liberati

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleAntonella Magagnini

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleLuisa Musso

Prof. Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana e Archeologia delle Provincie Romane, Univ. Roma Tre

Silvia OrlandiProf. associato di Epigrafia Latina presso la Facoltà di Scienze

Umanistiche, Univ. Sapienza di RomaRita Paris

Direttore Museo di Palazzo Massimo alle TermeClaudio Parisi Presicce

Direttore Musei Archeologici e d’Arte Antica di Roma CapitaleGiandomenico Spinola

Responsabile Antichità Classiche e Dipartimento di Archeologia Musei Vaticani

Lucrezia UngaroFunzionario Sovraintendenza Roma Capitale

Laura VendittelliDirettore Museo Crypta Balbi

CAPO REDATTOREALESSANDRA CLEMENTI

REDAZIONELAURA BUCCINO - ALBERTO DANTI - GIOVANNA DI GIACOMO

LUANA RAGOZZINO - GABRIELE ROMANO

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

TRADUZIONEDANIELA WILLIAMS

GRAFICA E IMPAGINAZIONESTUDIOEDESIGN - ROMA

WEB MASTER – PUBBLICITA’MARIA TERESA GARAU

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Orazio Antinori, 4 - ROMA

È vietata la riproduzione in alcun modo senza il consenso scrittodell’Associazione Rumon Tiber

SAN MARTINO AI MONdi Giulia Evangelisti

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SOMMARIO

MUSEO ARCHEOLOGICONAZIONALE DI SARSINA

di Stefania Perini

L’AQUILA E IL DRAGONEdi Gabriele Romano

NTI

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NAPOLILE TERME DI VIA TERRACINA

di Flavia Piarulli

NERONEdi Alessandra Clementi

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’attuale basilica di SanMartino ai Monti insiste su uncomplesso di edifici, la cui fasepiù antica risale al III secolo d.C.Le fonti letterarie e archeologichenon aiutano a chiarire l’originedel culto ed il suo sviluppo, anco-ra incerte sono la precisa funzio-ne degli ambienti sottostantil’area della basilica e la doppiadenominazione del titulus, altri-menti unica nel suo genere.

LSAN MARTINO

AI MONTI

Nelle due pagine: Facciata dellaBasilica allo stato attuale

A destra: L’abside nella parte poste-riore della Basilica

Nella pagina accanto in alto: Muroantico in blocchi e laterizi

Nella pagina accanto in basso:Interno della Basilica

Secondo il Liber Pontificalis, lafonte maggiore di informazioni,per quanto riguarda l’evoluzio-ne dell’edificio e della sua deno-minazione, Silvestro I (314-335)avrebbe istituito il titulus,“qui cognominabatur Equitius” (L.Pont., I, 170), facendo in seguitorifermento al titulus Sylvestri(Lib. Pont., I 187), posto “in regio-ne III”, nei pressi delle terme diTraiano.

La menzione successivariguarda l’attività di papaSimmaco (498-514), che erige “afundamento” la basilica dei santiSilvestro e Martino (L. Pont., I262) o, secondo quanto riporta il

Fragmentum Laurentianum, dedi-cò una basilica “beati Martini”vicino san Silvestro.

Nel sinodo del 499, firmano isacerdoti del titulus Equitii,men-tre in quello del 595 vengonoricordati quelli del titulusSylvestri.

Fra il 772 ed il 775, durante ilsuo pontificato, Adriano I rinno-va la basilca di San Silvestro,riparandone il tetto crollato ( L.Pont., I 505) , e restaura “eccle-siam beati Martini sitam iuxta titu-lum Sylvestri”. Nell’itinerario diEinsiedeln, vengono distinta-mente nominate le due chiese di

san Martino e San Sivestro traSanta Lucia ed il palazzo neipressi di Santa croce inGerusalemme.

Particolare è il riferimentoalla diaconia di Silvestro eMartino, durante il pontificatodi Leone III (L. Pont., II 12,41,n.64), poiché tale denominazio-ne, mai comparsa precedente-mente, non sarà ulteriormentericordata, né può essere suffra-gata da altre fonti.

Poiché l’edificio era in rovinanel IX secolo, Sergio II fa rico-struire dalle fondamenta la basi-lica di Martino, o di Ss. Martino

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e Silvestro,: dubbiosa la colloca-zione del nuovo edificio, poichéle due versioni del medesimopasso sono discordanti, facendol’uno riferimento alla costruzio-ne “in alio non longe demutansloco”, tacendo, invece, l’altro (L,Pont., II 93). Secondo Duchesne,la versione più vicina al verosarebbe quella in cui non viene

fatto accenno allo spostamento,confrontando il passo con unoanalogo su Santa Prassede, dacui sarebbe direttamente deriva-to. La struttura attuale è, perciò,quella pertinente ai lavori alto-medievali, ancora visibile nellemurature posteriori dell’abside.

L’area archeologica sotterra-nea si estende a 10 metri sotto laquota della chiesa attuale, versoovest, e consiste in un edificio asei vani ( D, E, F, G, H, K). Levolte a crociera sono sorrette dapilastri cruciformi centrali elungo i muri perimetrali; unambiente più ad ovest, denomi-nato C, è pertinente ad una fasesuccessiva, ma comunque ascri-vibile al medesimo periodo, per-ciò considerato parte della strut-tura originale. A nord di C, sisviluppava un cortile (A-B), deli-mitato in un secondo momentoda una parete curva in operalistata, mentre una scala portavaad altri ambienti inferiori oggiinterrati. A est, un altro cortile

Sopra: La basilica in una incisione delXVIII secolo

Sotto: Pianta degli ambienti antichi

Nella pagina accanto in alto: Vistaassonometrica della Basilica

Nella pagina accanto in basso: Lascala che porta agli ambienti antichi

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(M-N) fu in seguito coperto conuna volta a botte.

Al di sopra, si sarebbero svi-luppati due piani ulteriori,distrutti nei lavori degli anni ’30,in quanto pericolanti.

A est del complesso, sottol’attuale basilica, restano sepoltii resti di un altro edificio, di cui ilmuro P costituisce una facciata.

Alla prima fase, corrispon-dente al momento in cui la strut-tura venne edificata, apparten-gono frustuli di affreschi parieta-li e di mosaici pavimentali inbianco e nero, datati al III secolod.C.

Nel IV secolo, il cortile M-Nvenne coperto, gli ambienti cen-trali vennero dotati di bassimuretti in opera listata, poggian-ti direttamente sul pavimento eappoggiati ai pilastri, la cui fun-zione di divisori o di sedili puòessere solo ipotizzata.

Tra il V ed il VI secolo, il muroest di M-N, i pilastri centrali e itre della parete est dell’edificioprincipale vennero foderati conuna spessa muratura in laterizio,poggiante anch’essa direttamen-te sul mosaico pavimentale, alsolo scopo, sembra, di aumenta-re la superficie decorabile. Sonoriferibili a questo periodo leprime testimonianze di unadestinazione al culto cristianodegli ambienti, costituite propriodagli affreschi evangelici negliambienti.

Sono presenti nove pannellisu registri sovrapposti, conscene della vita di Cristo, di cuisono identificabili solol’Annunciazione e la Negazionedi Pietro, la lunetta del vano K èdecorata con una MaiestasDomini.

La nicchia della parete sud diF, sotto il pontificato diSimmaco, con un affresco rap-presentante un personaggio conla mano destra benedicente e lasinistra velata recante un ogget-

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to, identificato con uno dei tito-lari della chiesa. Durante i lavoridel XVII secolo, eseguiti peropera dei padri Filippini, vennecurata la riproduzione dell’ope-ra in mosaico, ma interpretandoi soggetti come san Silvestro e laVergine.

Nel IX secolo, l’edificio di cuiil muro P costituiva la facciata fuinglobato o distrutto e l’ingressotamponato; l’ingresso a D fuaperto solo da K e vennero rea-lizzati nuovi affreschi, rispettan-do la decorazione precedente. InM, sulle nicchie, Vergine fraSante e Cristo fra Pietro, Paolo,

Processus e Martinianus, sull’ar-co verso la sala attigua, Agnellocon i sette sigilli fra il Battista,Giovanni Evangelista e altrisanti; sulla parete est del vano H,Madonna in trono con bambinoe due santi ed in E, la Croce gem-mata.

Comparando le fonti lettera-rie e le evidenze archeologiche,l’origine del complesso puòdunque individuarsi in epocaromana, con una finalità com-merciale: si trattava probabil-mente di magazzini, che occupa-vano ambienti precedentementeconnessi alle terme del colle

Oppio, come i mosaici e le deco-razioni parietali lasciano sup-porre: si tende perciò ad esclude-re le ricostruzioni di Lanciani eApollonj-Ghetti, secondo cui, iresti attualmente visibili sareb-bero pertinenti ad una domus,nella quale, Vielliard e Testini,vedevano la probabile sede delprimitivo culto cristiano; ladomus ecclesiae, inoltre, sarebbestata di proprietà di Equitius e,secondo l’uso consueto, nel IVsecolo, avrebbe preso il nome delcostruttore dell’edificio, papaSilvestro, appunto.

Secondo l’ipotesi attuale, i

primi lavori di riadattamento erestauro sono riferibili all’opera-to di papa Silvestro, che adattò illocale alle esigenze cultuali. Inquest’epoca sarebbe esistito ununico titulus, con il nome deldonatore e del costruttore, alter-nativamente ricordati dal LiberPontificalis, in virtù proprio di

questa nota duplicità, oppure,due tituli distinti, in due edificidiversi, ma contigui. La primaricostruzione non presenterebbedunque problemi nell’attribu-zione, poiché, semplicemente,un unico edificio di culto avreb-be avuto una duplice consacra-zione e l’una avrebbe prevalso,

Sopra: Ingresso agli ambienti del com-plesso antico, in primo piano repertirinvenuti durante lo scavo

In alto a destra: Particolare di affre-sco parietale

A destra: Vano E, parete est. Ai lati idue pilastri centrali della sala, avvoltidalle guaine murarie posteriori

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nel tempo, sull’altra. Tuttavia,ciò non concorda con quantoriportato nei passi successivi delLiber Pontificalis.

Il fatto che nel sinodo del 499venga ricordato il clero del titu-lus Equitii ed in quello del 595, iltitulus Sylvestri potrebbe far sup-porre che, dal VI secolo, il primoscompaia, prevalendo la secon-da denominazione, ma sembrapiù possibile ipotizzare(Cecchelli) che, ancora nel VI enel VII secolo, esistessero duestrutture indipendenti, poiché,come precedentemente riporta-to, iuxta sanctum Silvestrem, papaSimmaco fece edificare la chiesadi san Martino (che non vienedefinita titulus) e l’itinerario diEinsiedeln fa riferimento alledue chiese di Silvestro e Martino

Nella pagina accanto: Particolaredel vano E

Sopra: Particolare di affresco parietalecon, al centro, la Madonna ed ilBambino sul trono

A destra: Particolare dell’ambiente K,parete est

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separatamente, restaurate e rin-novate poi da Adriano I nell’VIIIsecolo.

Appare comunque certo chedal VI secolo non si abbia piùmenzione diretta del titulusEquitii.

La menzione della diaconia diLeone III crea problemi per l’at-tribuzione delle funzioni del-l’area archeologica, non essendorilevabile in altre fonti: essasarebbe stata dedicata a SanMartino, in posizione attigua altitolo di san Silvestro, sfruttan-do, secondo la consuetudine, glihorrea romani; la sua fondazioneè stata abbassata al pontificato diSimmaco dalla Cecchelli, in baseai confronti con santa Maria invia Lata e allo studio delle mura-ture. I due culti di Silvestro eMartino confluirono poi nel-l’unica chiesa fondata da SergioII, annessa al monastero. �

BOAGA E., Il titolo di Equizioe la basilica di san Martino aiMonti, Roma 1988

SERRA S., Titulus Equitii etSylvestri, in LexiconTopographicum Urbis Romae, IV,pp.325-328

TESTINI P., ArcheologiaCristiana, Bari 1980

KRAURHEIMER III, 87-124

A sinistra: Ambiente K. Decorazionedella lunetta della parete est: Cristocon Pietro e Paolo e un Santo che offreuna carona

Sotto: Particolare dell’ambiente N

Nella pagina accanto: Ambiente A-B. Rampa di accesso ai vani sotter-ranei

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“mens sana in corpore sano” cosìGiovenale esordiva nella satira Xnella sua invettiva contro la bramosiadi potere e gli antichi romani compre-sero appieno questo messaggio.

La parola “terme” deriva dalgreco thèrmai (= sorgenti calde),ma la realtà che rappresenta èspecificatamente romana: qui,nei più o meno grandiosi com-plessi dei bagni pubblici cittadi-ni, ci si incontrava, si discuteva,

LE TERME DI VIATERRACINA

Nelle due pagine: Vista dall’esternodegli ambienti termali

A destra: Veduta dei resti dell’apodi-terium e del frigidarium

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ci si rilassava e, perché no, siintrecciavano amori essendounica la piscina per gli uomini ele donne, almeno fino a quando iCristiani non ebbero tanto pote-re da poter imporre la separazio-ne dei sessi.

Recarsi alle terme non erasolo uno dei principali svaghinell’antica Roma: i romani, infat-ti, pur vivendo in una societàavanzatissima nei sistemi idrau-lici, non avevano l’acqua in casae la presenza di un luogo in cuil’igiene era alla portata delle

dei più bei regali che il regimeimperiale abbia fatto, non soloall’arte, ma alla civiltà perchétutti potevano usufruire di que-sto servizio, indipendentementedal ceto sociale.

I primi impianti, risalenti giàal III sec a.C. ebbero grande suc-cesso e, in poco tempo, si molti-plicarono divenendo sempre piùcomodi e attrezzati.

I bagni potevano essere: pub-blici, diretti da un privato ascopo di lucro (balnea meritoria);privati, case particolari con unao più stanze per il bagno e fre-quentate da una clientela ristret-ta che voleva evitare la confusio-ne degli stabilimenti maggiori;costruiti da ricchi cittadini e piùtardi dagli imperatori comedono alla città (le grandi thermaepubbliche).

I principi dei bagni erano glistessi dell’odierna idroterapia,basati sulla brusca alternanza fracaldo e freddo dopo una abbon-dante sudorazione, per agirebeneficamente sul ricambio esulla circolazione, favorendo ladisintossicazione e la riattivazio-ne dell’organismo. Finito ilbagno, si sottoponeva di nuovoil corpo al massaggio con olio.

Non solo nelle grandi cittàesistevano luoghi deputati allacura corporis, ma anche nei picco-li centri e in punti di snodo deiprincipali assi viari in cui sorge-vano stationes e mansiones, ovve-ro luoghi di sosta e di ristoroattrezzati con lo stesso criteriodelle nostre “stazioni di servi-zio”.

È probabilmente quest’ultimoil caso delle terme di viaTerracina, collocate all’incrociotra l’antica via Antiniana (o percolles) che, valicando il Vomero,collegava Neapolis con Puteoli ela via che proseguiva dallaCrypta Neapolitana (la galleriache perforava la collina diPosillipo per mettere diretta-mente in comunicazioneMergellina con Fuorigrotta e per

masse, diventava una vera e pro-pria necessità tanto che l’ingres-so era gratuito e lo Stato le finan-ziava come un servizio sociale.Le terme divenivano così unluogo dotato oltre che di pale-stre, di portici, giardini, fontane,ninfei, di spazi attrezzati per gio-chi e spettacoli, di auditori, saled’esposizione, di ambienti disoggiorno e di riposo in cui rige-nerare il corpo e lo spirito in unadimensione lontana dalle preoc-cupazioni e dalla frenesia dellavita quotidiana. Fu questo uno

collegare più rapidamenteNapoli con Pozzuoli, lunga 705mt e nata alla fine del I sec a.C.dal genio dell’architetto LuciusCocceius Aucto). Proprio qui,lungo il tratto di Via Terracinache si stacca a D al termine di ViaMarconi, durante i lavori per lacostruzione della Mostrad’Oltremare, nel 1939 è venutoalla luce un ben conservato edifi-cio termale di un ipotetico luogodi sosta (statio), un ritrovamentoche suscitò grande fervore nel-l’ottica della costruzione delgrande impianto fieristico. Ful’archeologo Amedeo Maiuri ad

interessarsi del recupero storico-archeologico dell’area e ad occu-parsi del restauro degli ambientitermali, non completamenteesplorati e in parte distrutti inseguito all’apertura dellamoderna via Terracina, come lestrutture del lato NO dell’im-pianto che sono andate perdute.

L’impianto, databile nella suaforma originaria alla prima metàdel II sec. d.C., si articolava sualmeno due piani e risultacostruito prevalentemente inopera reticolata, vittata e lateri-zia. Nel corso del tempo, il com-plesso ha subito diversi inter-venti che ne hanno modificato lospazio e reso illeggibili percorsiin antico abituali. In origine, l’in-gresso doveva aprirsi diretta-mente in una sala che fungevada vestibolo (sala E) e tutto ilcorpo a NE del nucleo originarionon esisteva ancora: oggi, infatti,l’ingresso dell’edificio risultaessere il corridoio A e di epocaaltrettanto posteriore appaionogli ambienti B, disposti sulla suadestra (di difficile identificazio-ne ma che costituivano probabil-mente delle tabernae), e la latrinaC che si apre a emiciclo alla finedel corridoio. La precede unapiccola anticamera che conservaancora l’antica volta a botte e ciòche resta della vasca per le ablu-zioni. La latrina, illuminata dacinque finestre che si aprivanonella parete semicircolare, eraprobabilmente coperta da unasemicupola e adornata di sediliin pietra o in marmo dei qualirestano i fori di supporto dispo-sti a distanze uguali. Le labilitracce di colore sulle pareti atte-stano l’esistenza di antiche pittu-re che il tempo e la mal conser-vazione del sito hanno pratica-mente cancellato. Ancora visibileresta però la decorazione musivadel pavimento le cui tesserebianche e nere disegnano duedelfini che nuotano fra ondemarine nella parte centrale e unaanimale marino fantastico, forse

un grifo marino, in quella infe-riore.

Poco distante dal muro siriconosce una canaletta dimarmo nella quale scorreva l’ac-qua usata per l’igiene personalee proveniente dalla cisterna D. Ilpercorso continua a sinistra delcorridoio B con l’ingresso nelvestibolo E, un ambiente a pian-ta quadrata che si serviva del-l’adiacente sala rettangolare Fcome apodyterium (lo spogliato-io nel quale l’utente riponeva ivestiti ) dal quale si aveva acces-so agli ambienti termali veri epropri.

La sala E in funzione di vesti-bolo era originariamente l’in-

Nella pagina accanto in alto:Pianta del complesso termale di ViaTerracina

Nella pagina accanto in basso:veduta dall’alto del frigidarium

In basso: Panoramica delle strutturedel complesso termale

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gresso dell’impianto termale esolo successivamente venne adi-bita ad apodyterium. Meglioconservato rispetto a quellodella latrina è il mosaico figuratoa tessere bianche e nere che rico-pre il pavimento con il quale èpossibile il confronto con ilgruppo rappresentato nel calida-rium delle contemporanee termedi Buticosus a Ostia. Vi si trovarappresentata, all’interno di unadoppia riquadratura con corniceintermedia piuttosto ampia, unanereide seduta sulla coda di ungiovane tritone; gli angoli supe-riori sono ornati da due amorini,l’angolo inferiore sinistro da undelfino.

Sopravvivono anche le traccedell’antica zoccolatura e delle lastredi marmo che rivestivano le pareti.

Il frequentatore romano delleterme poteva ora scegliere il suopercorso che prevedeva diversesoste nel settore SE del comples-so ovvero negli ambienti caldi atemperatura variata G, H, I, L.

Realizzati tutti in opera laterizia,tranne la sala G in opera reticola-ta che con ogni probabilità siidentificava con il solarium, ave-vano forme e dimensioni diffe-renti, erano sfalsati fra di loroper poter meglio sfruttare il calo-re e fungevano da tepidaria contemperature decrescenti in basealla loro distanza dalla fonte dicalore nelle quali avveniva latraspirazione del corpo e la pre-parazione dello stesso alle tem-perature più elevate. Queste,infatti, terminavano nel calida-rium (M), la stanza più riscalda-ta e più vicina al praefurnium

Nella pagina accanto: Il pavimentomusivo del frigidarium

A destra: Vani di passaggio con scaleche portavano al frigidarium

In basso: Sullo sfondo ambienti caldidel complesso termale

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(O), la cui bocca è ancora visibilealle spalle di quanto resta dellavasca della sala M. Questo com-prendeva, oltre al forno vero eproprio, anche un vano di servi-zio (P), utilizzato forse comedeposito per la legna. Dal prae-furnium si aveva anche accesso alcorridoio di servizio Q che, cor-rendo intorno alla zona calda sulversante est, era adoperato perla manutenzione degli hypocau-sta e per l’alimentazione deiforni secondari.

Secondo le indicazioni diVitruvio il calidarium, orientatoa S o SO per poter meglio utiliz-zare il calore del sole, aveva unaforma rettangolare ed era costi-tuito da due spazi: uno che con-teneva l’alveus, la vasca diimmersione della quale soprav-vive nelle terme di via terracinaparte del vano in muratura chela ospitava, l’altro il labrum,conca rotonda al centro dellaquale zampillava dell’acqua perle abluzioni posta in genere nel-l’abside e qui andata perduta.Nel sito l’ambiente M si presentacon la tipica pianta rettangolare

con una sola abside sul lato NE.La sala riceveva luce da tre gran-di finestre disposte sulla pareteSO. Il crollo parziale delle pavi-mentazioni e la caduta dei rive-stimenti parietali hanno messopienamente a nudo il sistema diriscaldamento artificiale di que-sti ambienti mediante la circola-zione di aria calda nelle interca-pedini laterali, costituite datubuli in terracotta, e in quelle aldi sotto del pavimento (hypo-caustum). La combustione dellalegna determinava il riscalda-mento dell’aria circostante cheveniva immessa nelle intercape-dini, alle quali essa cedeva ilproprio calore che era così tra-smesso agli ambienti.

Attraverso un vano (N), in cuila temperatura si abbassava pro-gressivamente per abituare ilcorpo alle temperature piùbasse, si giunge nel frigidariumR, posto al termine del percorso.Costituisce la stanza centrale delcomplesso termale, a pianta qua-drangolare e come suggerisceVitruvio risulta essere l’ambien-te più vasto al cui interno si tro-

vavano due vasche rivestite inmarmo per il bagno freddodisposte sui lati SE (quella semi-circolare) e NO (quella rettango-lare) della sala. Ben conservatoappare il mosaico del pavimentorealizzato rigorosamente contessere bianche e nere e chemostra un corteo di animali fan-tastici, cavalcati o seguiti dafigure antropomorfe di non faci-le lettura poiché furono modifi-cate più volte nel tempo. Lascena corre lungo i quattro latidella sala: 1)una figura alata cheinsegue una pantera marina por-gendogli un oggetto (NE);

2) un Poseidon seduto su ungrifo marino (NO); La figura fuoggetto di un rifacimento nellaparte superiore: la figura dellaNereide fu modificata all’altezzadelle ascelle, inserendo il volto eil braccio destro con tridente diun Poseidon, i quali però risulta-no più piccoli e non armonicirispetto alla figura primitiva.

3) un amorino con la corpora-tura di un efebo che cavalca unippocampo (SO) oggetto di unintervento su una figura origina-

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di Ostia e con quelle di Agnano.Tutti questi impianti presentanooltre che ambienti di decompres-sione che permettono al corpo diabituarsi gradualmente ad unatemperatura differente, un per-corso ad anello con collegamen-to diretto fra frigidarium e cali-darium. Un ampio passaggiocolonnato fra il vestibolo e il fri-gidarium è presente, così comenelle terme di Fuorigrotta, anchein quelle di Velia e di Cumasegno di un’unicità stilistica earchitettonico-strutturale cheabbracciava tutto l’Impero.

In quasi tutti gli ambienti delcomplesso termale erano presen-ti decorazioni musive a tessere

ria di Nereide, interrompendolaall’altezza della vita e sostituen-dovi, da quel punto, i tratti diImene. La figura della Nereidesu ippocampo si può trovare aOstia nelle Terme di Nettuno (inposizione speculare) e nelleTerme Marittime.

4)una divinità seduta su untoro marino (SE) oggetto di unrifacimento tardo che rappresen-tava in origine una Nereideseduta a ritroso su un toro mari-no, ma gli interventi edili cui si èaccennato resero necessario ilrifacimento della figura umana,sostituita da una rozza immagi-ne di divinità con tridente ispira-ta a Poseidon. Lo scarso valoredel mosaicista è evidenziato,oltre che dalla posizione sgrazia-ta del personaggio, dal fatto chetrascurò di eliminare le gambedella precedente Nereide (lequali sporgono sulla coda del-l’animale), nonché la mano sini-stra, reggente una briglia.

In ogni angolo vi è un delfino.Lungo le pareti del frigida-

rium vi sono numerose aperture,che probabilmente consentivanodi seguire dei percorsi differen-ziati e personali ma di cui non sene conosce ancora l’esatta fun-zione. Il Il frigidarium, si ricon-giungeva infine mediante uningresso tripartito al vestibolo.

Le analogie planimetriche piùstrette le ritroviamo con le termeromane a Velia, le terme del forodi Cuma, le coeve terme del Foro

Nella pagina accanto: Particolaredel pavimento musivo del frigidariumraffigurante un cavallo marino

Sopra: Particolare del frigidarium

Sotto: Particolare del pavimento musi-vo del frigidarium raffigurante undrago marino

Nella pagina seguente in alto:Particolare della latrina

Nella pagina seguente in basso:Particolare delle sospensurae

Nelle due pagine seguenti:Particolare della scala originalecon stucchi e marmi colorati

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bianche con cornice nera ma soloin tre ambienti (vestibolo, frigi-darium e latrina)si articolavanomotivi figurativi, tutti a soggettomarino. Purtroppo a causa diagenti esterni, umidità e infiltra-zioni nel tessuto pavimentale imosaici non ci sono giunti incondizioni ottimali; per esem-pio, il mosaico del vestibolo, rin-venuto integro al momento delloscavo si è poi parzialmentedisfatto rendendo necessarialcuni interventi di restauro. Isoggetti marini risultano essereun tema ricorrente fra i modellidecorativi della prima età impe-riale. Quelli di via Terracinasono stati eseguiti nella primametà del II sec. d.C. e vi sono tut-tavia tracce di rifacimenti avve-

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nuti in età più tarda i quali, purtestimoniando una certa conti-nuità nello spirito della decora-zione originale, mostrano unnetto calo qualitativo. L’analisidei soggetti risulta facilitatadalla possibilità di confronto conalcuni mosaici di Ostia più omeno coevi e che, in qualchecaso, derivano da cartoni estre-mamente simili. Il tema domi-nante è l’incontro e le successivenozze di Poseidon e Anfitrite,cui partecipa tutto l’universomarino con i suoi tritoni, nereidi,animali ibridi e delfini.

Questo complesso archeolo-gico è, a memoria napoletani,sempre stato chiuso al pubblicoe il più delle volte neanche gliabitanti di Fuorigrotta sanno

dell’esistenza a via Terracina diresti pressoché completi di anti-che terme romane. Un sito cherimane chiuso dietro alte cancel-late che ne rendono impossibilela visibilità lasciandolo in unostato di semi-abbandono.

Gli agenti atmosferici stannodeteriorando il tessuto connetti-vo dei mosaici, l’azione deltempo corrode le strutture, l’atti-vità edificatrice dell’uomo ha giàdistrutto parte del complessotermale. Ciò di cui necessita ilsito è un urgente restauro con-servativo. Qualunque sia il tipodi piano adottato occorrecomunque tener presente che uneffettivo controllo è possibilesolo garantendo nel tempo laregolarità degli interventi.Valorizzare siti archeologicicome questo e renderli fruibili alpubblico è possibile ma è neces-sario coinvolgere le associazioni,le scuole e la cittadinanza conun’azione di sensibilità verso ibeni culturali, di promozione econoscenza per capire il valoredel nostro patrimonio archeolo-gico, di quelle che non sono solomacerie ma le testimonianze delnostro passato. �

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el Museo di Palazzo Venezia aRoma, la SoprintendenzaSpeciale per i Beni Archeologicidi Roma ha inaugurato, il 19novembre 2010, la secondasezione della mostra I due Imperi.L’Aquila e il Dragone, che rimarràin esposizione fino al 6 febbraio2011. Più di 400 capolavori italia-ni e cinesi testimoniano e rico-struiscono la nascita e lo svilup-po di questi due Imperi dell’an-

tichità, attraverso la rievocazio-ne degli aspetti della vita quoti-diana, del culto religioso e del-l’economia. Questa mostrasegue l’anteprima della primasezione, allestita nel suggestivo

scenario della Curia del ForoRomano (in mostra dall’8 otto-bre 2010 al 9 gennaio 2011) cheillustra la grandezza politica deidue Imperi. Dieci statue del-l’esercito di terracotta del Primo

In alto: Testa di moro in marmo“bigio morato” II sec. d. C.Roma, Museo Nazionale Romano,Terme di Diocleziano

A destra: Atena, Pegaso e BellerofonteIntonaco dipinto 48 X 55 cm. Metà del I sec. d. C. Da Pompei

Nella pagina accanto: La splendida Venere di Sinuessa.Museo Archeologico Nazionale diNapoli

NL’AQUILA E IL

DRAGONE

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Imperatore, rinvenuto alla finedegli anni Settanta del secoloscorso a Xi’an (Shaanxi), e dueimponenti animali fantastici dipietra che, posti all’entrata dellatomba, preservavano dall’influs-so degli spiriti maligni.

La mostra ha già raccoltomolti e favorevoli consensi nellaprima tappa effettuata aPechino, al Beijing World ArtMuseum (29 luglio - 4 ottobre2009), in occasione delle celebra-zioni per il 60° Anniversariodella fondazione dellaRepubblica Popolare Cinese e,successivamente, a Luoyang, nelLuoyang Museum (29 ottobre2009 - 15 gennaio 2010). In totalesono cinquanta i musei coinvol-ti, la mostra è curata per l’Italiadal Professor Stefano De Caro,Direttore Generale per leAntichità del Ministero peri iBeni e le Attività Culturali, per laCina dal Professor Xu Pingfang(responsabile dell’Istituto diRicerca Archeologicadell’Accademia Cinese di StudiSociali, Direttore della Società

mento sulle strade e per mare,lungo quelle rotte commercialiconosciute con il nome di viadella seta, che erano battute daimercanti che dal Mediterraneoraggiungevano la Battriana e ilTurkestan cinese e viceversa.Plinio il Vecchio riferisce cheogni anno gli affari con l’India,gli arabi e i Cinesi, conosciuti daiRomani con il nome di Seres,costavano almeno 100 milioni disesterzi (Naturalis Historia VI, 26;XII, 41), pari a circa 200 milionidi euro attuali. Anche da partecinese sappiamo della conoscen-za del popolo romano, infatti untesto cinese noto come Annalidegli Han riporta che nel 166 d.C.un’ambasciata inviata dall’impe-ratore romano An-Tun (MarcoAurelio Antonino) era giuntafino ai confini della Cina.Secondo lo stesso testo, i Romaniavrebbero voluto entrare in con-tatto diretto con i Cinesi, maerano stati messi in guardiadagli An-hsi (i Parti) che voleva-no mantenere il controllo esclu-sivo sulla via della seta. I ritrova-menti archeologici lungo questavia commerciale, tra cui i tessutiegizi e i vetri romani rinvenuti a

Cinese di Archeologia, capo edi-tore del Yanjing Xuebao).

Testimonianze di contatti tra idue Imperi le abbiamo da fontiromane soprattutto nel momen-to del suo massimo splendore,quando assai intenso era il movi-

Lou Lan e in Honan e altri reper-ti trovati più lontano, come lemonete di Marco Aurelio eAntonino Pio, rinvenute nelVietnam meridionale a Go OcEo, insieme ad altri oggetti,come uno specchio cinese deltardo periodo Han e alcunimanufatti indiani, testimonianoun contatto -seppure mediato eindiretto - fra le due civiltà.

Nella mostra di PalazzoVenezia per la prima volta inassoluto si sono messi a confron-to i due Imperi più importantidell’antichità, unendo idealmen-te l’Occidente e l’Oriente nelperiodo che va dal II sec. a.C. alIV sec. d.C. Questa mostra cheriunisce l’Impero romano, prima

Nella pagina accanto in alto: Oscillum in marmo di diametro 42,5cm e spessore 3,5 cmI sec. d.C. proveniente da Pompei

Nella pagina accanto in basso:Particolare di affresco con volatile.Proveniente da Pompei

Sopra: Gruppo di due figure (cosid-detto Oreste ed Elettra) Marmo, altezza 150 cm I sec. a.C.-I sec. d. C.Da Pozzuoli, Museo ArcheologicoNazionale di Napoli

A destra: Pitture parietali di“Secondo stile pompeiano” I sec. a. C.Boscoreale

repubblicano e poi imperiale, el’Impero cinese delle dinastieQin e Han, è il risultato dellacooperazione pluriennale tra ilMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali della RepubblicaItaliana e lo StateAdministration for CulturalHeritage della RepubblicaPopolare Cinese. Questo proget-to rappresenta inoltre un tasselloimportante di una positiva colla-borazione tra le dueAmministrazioni, sottolineataanche dall’Anno Culturale dellaCina. L’accordo stipulato tra idue paesi prevede l’istituzionedi una collaborazione plurien-nale che darà un forte impulsoallo scambio di mostre e colle-zioni museali, attraverso l’orga-nizzazione e la coproduzione diprogetti espositivi. Aspettoessenziale di questa collabora-

In alto: Affresco con serpenti prove-niente da Pompei

Al centro: Specchio in argento prove-niente da Pompei

A sinistra: Tesoretto di monete rinve-nuto a Pompei

Nella pagina accanto in alto: Scaldavivande in bronzo. Da Pompei

Nella pagina accanto in basso:Suppellettili in argento. Da Pompei

zione sarà la partecipazione atti-va del MiBAC (Ministero per iBeni e le Attività Culturali) alprogetto di musealizzazione delnuovo Museo Nazionale dellaCina di Piazza Tien nan menche, dopo un lungo e importan-te intervento di restauro, riapri-rà le porte la prossima primave-ra e sarà caratterizzato da192.000 mq espositivi, diventan-do uno dei più grandi musei almondo. Una collaborazioneesclusiva che prevede, inoltre, larealizzazione di un museo stata-le della cultura italiana, vera epropria vetrina delle civiltà edelle testimonianze storico-arti-stiche che si sono sviluppate nelterritorio della penisola italiana.Allo stesso modo, in uno spiritodi reciprocità, l’Italia offre unprestigioso spazio espositivonelle sale monumentali delPalazzo di Venezia, al fine diospitare un museo statale dellacultura cinese.

Nella sezione romana della

mostra di Palazzo Venezia sonoospitati reperti che testimonianola nascita e la strutturadell’Impero romano. Comedocumentano gli esemplariesposti, un importante veicolo ditrasmissione dell’ideologia edella politica, prima repubblica-na e poi imperiale, era costituitodalle immagini e dalle iscrizioniriprodotte sulle monete. A unareligiosità dai tratti fortemente

conservatori, ma nello stessotempo costantemente aperta adapporti esterni, rinviano alcunedelle sculture presenti in mostracome la Venere Pudica del MuseoArcheologico Nazionale diNapoli. Particolarmente ricca lasezione con affreschi comeAtena, Pegaso e Bellerofonte prove-nienti da Pompei, e le pittureparietali da Boscoreale.Testimonianza della vita quoti-

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co e artistico che provengono da61 tra i più importanti Musei,Istituti di Archeologia eAmministrazioni locali di BeniCulturali di ben diciannove pro-vince e città della RepubblicaPopolare Cinese. Il periodopreso in considerazione va dal221 a.C., anno della fondazionedell’Impero da parte della dina-stia Qin (221-206 a.C.) alla finedella dinastia Han Orientale,avvenuta nel 220 d.C. Tra i mate-riali in esposizione vengono pre-sentate splendide giade, lacche,sete, ori, bronzi, terrecotte.Eccezionale per la qualità è l’im-ponente sarcofago di legno,lacca e giada (cm 108 x 280 x 110)appartenuto a un sovrano del-l’antico regno di Chu, rinvenutoa Shizishan nella provincia delJiangsu (II-I secolo a.C.).Altrettanto mirabile è la veste

funeraria del re Jian diZhongshan, rinvenuta aBeizhang nella provincia delloHebei (I secolo d.C.), costituitada migliaia di piastre di giada, divarie dimensioni e diversi spes-sori, cucite insieme con filod’oro: a quel tempo si ritenevache la giada preservasse la salmadalla decomposizione, consen-tendo di raggiungere l’immorta-lità. Di grande interesse sonoanche alcuni drappi funerari diseta, uno dei quali di inestimabi-le valore (ne esiste solo un altrosimile e nessuno dei due era maiuscito, fino ad oggi, dalla Cina).Posto sul sarcofago del figlio delmarchese di Dai (II secolo a.C.),il drappo descrive il viaggio del-l’anima del defunto verso ilCielo. Colpiscono le dimensionidi questo delicato manufatto aforma di “T” (cm 235 ca. x 141),

Sopra: Veste funeraria in placche digiada del re Jian di Zhongshan (I sec.d. C.)

In alto a destra: Supporto per alberodelle monete.Terracotta, dinastia Han Orientale

Nella pagina accanto in basso:Cassaforte in legno con borchie metal-liche

diana è invece l’emblema musi-vo con pesci dal MuseoNazionale Romano e il mosaicocon busto di atleta dai MuseiCapitolini, che ben illustra glisvaghi del tempo libero.

Nella sezione cinese, lamostra presenta al pubblico unaselezione dei tesori più preziosidella millenaria storia della civil-tà cinese, alcuni dei quali inOccidente per la prima volta.Manufatti di grande valore stori-

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la bellezza delle immagini, lastraordinaria ricchezza e com-plessità dei motivi iconografici.Di eccezionale valore è anche ilcosiddetto Albero delle monete, interracotta e bronzo, una sorta dialtare al quale venivano recateofferte in denaro per invocare laprotezione delle divinità. Tra leceramiche, si segnalano alcune

riproduzioni di edifici a piùpiani, tra i quali spicca il model-lo invetriato di una torre ricca-mente ornata, alto 216 cm.

Le varie sezioni in cui è arti-colata la mostra si soffermanopoi su vari elementi caratteriz-zanti la vita dei due Imperi.Particolarmente interessante è ilcommercio lungo la via dellaseta, formata da quelle rottecommerciali lungo le vie carova-niere che collegavano le capitalidell’Impero Han, le odierneXi’an e Luoyang, alle coste delMar Mediterraneo. La seta veni-va indicata dai Romani con ilsostantivo sericum che deriva dalnome dato alla popolazione deiSeres (‘Cinesi’) che si ritenevaabitasse ai confini della Terra eproducesse questo pregiato tes-suto, la cui manifattura rimane-va sconosciuta ai Romani (sol-tanto nel Medioevo se ne conob-bero i segreti). Ma il pregiato tes-suto giungeva, indirettamente, aRoma: infatti la seta lasciava laCina sotto forma di tributo paga-to all’Impero Xiongnu per man-tenere la pace lungo i confini,oppure come dono diplomatico

Sopra: Suppellettili in legno e lacca

Sotto: Miniatura il legno di caratterefunerario

Nella pagina accanto: Particolare ditesta di cavallo in legno

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alle popolazioni dei territorioccidentali, e solo da qui poi,attraverso la mediazione di que-ste popolazioni che controllava-no i commerci delle vie carova-niere, raggiungeva la destinazio-ne finale. Ma il commercio nonera solamente a senso unico e inuna sezione della mostra si deli-neano le esportazioni di Romaverso l’Oriente, caratterizzate davetro, vino, argento e altri metal-li. Oltre che dalle fonti letterariela vitalità commerciale traOccidente e Oriente è attestatada ritrovamenti epigrafici earcheologici: tra gli altri, graffitidei mercanti di Pozzuoli sulle

strade del deserto egizianoorientale; vetri romani e tessutiegizi nel sito di Loulan e nellaprovincia di Honan in Cina; unospecchio cinese del tardo perio-do Han trovato insieme a manu-fatti indiani e monete romane diMarco Aurelio e Antonino Pio aGo Oc Eo nel Vietnam meridio-nale.

Nella sezione cinese soniesposte opere delle dinastie Qine Han, cioè del periodo compre-so tra 221 a.C. e 220 d.C., che purprovenendo quasi esclusiva-mente da contesti funerari, testi-moniano la vita del popolo cine-se. Sono corredi funerari di per-

sone agiate, composti da vasella-me, lampade e bruciaprofumi dibronzo, gioielli di giada, consi-derata pietra dell’immortalità,con cui si facevano anche finitu-re per spade, ganci per cinture,pendenti e vasellame esclusivoper i più ricchi. Sono attestatianche modelli di edifici cheriflettono la complessa tecnicaarchitettonica dell’epoca.Nell’ambito funerario è docu-mentata inoltre la pratica, diffu-sa a partire dal V secolo a.C., diseppellire statuine di terracotta odi legno in sostituzione di esseriumani. Ad eccezione delle statuedei soldati di terracotta dell’eser-cito del Primo Imperatore (espo-ste nella Curia del ForoRomano), le statuette trovatenelle tombe dal periodo Hansono tutte miniature di personee di animali e modelli di edificidi varia natura. Le scultureerano disposte in fosse di accom-pagnamento che circondavanole grandi sepolture nobiliari e loscopo era quello di creare unmondo in miniatura, ordinato edeterno. Dal I secolo a.C. comin-ciò a diffondersi un nuovo tipodi tomba, a camera, divisa all’in-terno in stanze, che riproducevaun edificio vero e proprio. Sullepareti affreschi, lastre di terra-cotta o di pietra scolpite in bas-sorilievo ritraevano attività ine-renti alla vita quotidiana e allaposizione sociale del defunto,scene tratte dall’etica confucia-na, rituali funebri o esserisoprannaturali dell’aldilà. Fra itemi preferiti la processione oviaggio in carrozza che simbo-leggiano il viaggio dell’animadel defunto verso l’ultima dimo-ra, rappresentata da un edificio.

Nella Cina antica la morte erapercepita come passaggio anuova vita, pertanto venivanoofficiati riti atti a traghettarel’anima del defunto nell’oltre-tomba. Alla morte di un uomo sisupplicava l’anima di tornare

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nel corpo. Poi uno sciamanoprendeva l’abito del defunto evolgendosi a nord, punto cardi-nale della morte, porgendo l’abi-to all’anima, chiamava tre voltela persona morente implorandol’anima di tornare indietro. Nonricevendo risposta gettava l’abi-to, che veniva riposto in una sca-tola prima di essere steso sulcorpo del defunto. A questopunto la morte era accettata eavevano inizio i riti funebri. Ifamiliari smettevano le attivitàquotidiane per occuparsi delcorpo del defunto, non più del-l’anima. La salma veniva trasfe-rita nella sezione sud dellacamera mortuaria, punto delsole e della vita; accanto vi ripo-nevano offerte di vino e cibo; poiil figlio maggiore annunciava lamorte del padre e parenti e amiciporgevano condoglianze allafamiglia, offrendo doni per ildefunto. La salma, lavata, eravestita con gli abiti ricevuti indono ed era avvolta in numerosistrati di tessuto. Poi veniva por-tata al luogo di sepoltura.Sigillata la bara, si poneva accan-to ad essa il drappo funebre fis-sato a un’asta (mingjing, ‘sten-dardo con nome’), cui era affida-ta la funzione di identificare ildefunto che, secondo gli antichimanuali sui riti, non era più rico-noscibile dopo la morte. Ilmagnifico drappo funebre a

A sinistra: Ruota di carro in bronzo

In basso: Modello di torre in terracot-ta invetriata. Dinastia Han Orientale

Nella pagina accanto: Drappo fune-rario in seta decorato con inchiostro epigmenti. Dinastia Han Occidentale

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forma di T in esposizione nonreca il nome, ma il ritratto deldefunto, e con le sue dettagliateillustrazioni indica all’anima ilpercorso da seguire per giungerealla sua destinazione finale: ilCielo. Il dipinto si divide inquattro parti: in basso è raffigu-rato il mondo sotterraneo, domi-nato da due grandi pesci e ungigante; segue la rappresenta-zione di un rito, forse il funerale,che si svolge intorno a grandivasi; poi il ritratto del defunto,scortato da due servitori, rivoltoverso due uomini; infine un por-tale a forma di due T rovesciateche immette nel mondo celeste,popolato da figure fantastiche econ la raffigurazione del sole edella luna.

La giada, considerata la pie-tra dell’immortalità, era posta inmodo simbolico in vari strati sulcorpo. Nella tomba erano siste-mate piccole sculture realizzatein questa pietra insieme a tessereper costituire vestiti ricamati confilo d’oro. Anche l’interno delsarcofago veniva rivestito diplacche e dischi di giada. Tuttiquesti ornamenti erano riservatiesclusivamente ai membri dellafamiglia imperiale.

Un altro materiale pregiatoera la lacca, una resina naturaleprodotta da piante di Rhus checrescono in Asia orientale e sud-orientale. Si estrae incidendo lacorteccia degli alberi e poi si fabollire fino a ottenere la giustadensità. Si ottiene così il coloredell’ambra chiara e viene appli-cata a strati sottilissimi (fino atrenta per gli oggetti di migliorequalità), stesi uno dopo l’altro auna distanza di tempo sufficien-te a consentire la perfetta essic-cazione di ciascun velo. Unavolta solidificata, la pellicola dilacca rende l’oggetto perfetta-mente impermeabile all’acqua eresistente agli acidi, permetten-done la conservazione nei secoli.Originariamente i supporti piùutilizzati erano legno e tessuti,

ma poi si aggiunsero bronzo, ter-racotta, bambù, cuoio e carta. Lelacche erano destinate alla Corteche ne offriva una parte all’ari-stocrazia in un sistema di scam-bio di doni politici e diplomatici.

A suggellare il significato diquesta importante mostra sonole parole riportate in un testocinese antico lo Hou Hanshu, incui è provato che il popolo Hantenesse in grande considerazio-ne Roma, conosciuta come Daqin(‘Grande Qin’): il testo riportainfatti che «i suoi abitanti sonoprobi, al pari di quelli del nostroRegno di Mezzo: questo è ilmotivo per cui la loro terra è

detta Daqin» (Hou Hanshu, 118).E una simile descrizione è laprova inconfutabile che i dueImperi debbano collocarsi su ungrado paritario di dignità. �

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ungo la ridente vallata delSavio, tra le sorgenti del Tevere equelle del Rubicone, sorgeSarsina, situata nell’ultimolembo di Romagna, al confinetra Marche e Toscana, città di ori-gini umbre fondata tra il V e il IVsecolo a. C.

Divenne un importante cen-

In alto a destra: Il Mausoleo diObulacco (I sec. a.C.) collocato all’in-terno del Parco delle Rimembranze,all’ingresso del paese, per primo acco-glie il visitatore che arriva a Sarsina

Nella pagina accanto: L’Obulaccorispetta i canoni architettonici delletombe a mausoleo: è suddivisa in treparti , una base, un corpo mediano -che come nella maggior parte dei casiospita una porta come simbolo di pas-saggio dalla vita alla morte - e unacopertura, in questa parte d’Italia aforma di cuspide piramidale

tro in epoca romana -fu conqui-stata da Roma, infatti, nel 266 a.C, diventando prima città foede-rata e poi munipicium- e già nelIII secolo governava un ampioterritorio al di qua e al di là delcrinale appenninico che com-prendeva alcune vallate roma-gnole e l’alto Tevere.

Augusto la assegnò alla RegioSexta, l’Umbria, -e non allaRegio VIII, l’Emilia- riconoscen-do alla città di Sarsina quell’uni-cità e quella tipicità che l’avreb-be sempre contraddistinta nelcorso nei secoli, sia da un punto

di vista sociale che culturale.L’economia della città era

prevalentemente legata all’agri-coltura e alla pastorizia (ricor-diamo i famosi formaggi diSarsina, decantati in particolareda Marziale), unitamente allalavorazione della lana e dellestoffe.

Questo tipo di economia sil-vana giustifica la presenza incittà dei cosiddetti collegia deidendrofori (i boscaioli), dei mulio-nes (costruttori di strade), deifabri (i carpentieri) e dei centona-ri (dal nome di grossi panni in

LMUSEO

ARCHEOLOGICODI SARSINA

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lana chiamati centoni, utilizzatiper spegnere piccoli incendi),una sorta di forma primitiva deiattuali vigili del fuoco, insomma.

I collegia erano vere e proprieaggregazioni di arti e mestieri edavevano grande importanzaall’interno della vita pubblica: imembri di uno stesso collegiumerano estremamente solidali tradi loro, avevano un proprio rap-presentante all’interno della vitasociale e un posto dedicato per lasepoltura all’interno della necro-poli.

Sarsina, infatti, aveva unapropria città dei defunti, situataad un paio di chilometri dal foro-la struttura urbanistica dellacittà non è cambiata granchè nelcorso dei secoli, si muove dallapiazza, situata a pochi metri dal-l’antico forum, fino al sovrastan-te colle di Calbano, dove si troval’arena plautina, sede di rappre-sentazioni e rassegne teatrali

durante i mesi estivi, muoven-dosi per centri concentrici-,lungo gli argini del fiume Savio,ovviamente per ragioni logisti-che ed igieniche.

II Museo ArcheologicoNazionale di Sarsina, sorto conlo scopo di raccogliere i reperti e

le testimonianze sempre piùnumerose disseminate in tutto iltessuto cittadino, ha origine nel-l’ultimo quarto del XIX secolo.

L’allestimento è stato curatodalla Soprintendenza per i BeniArcheologici dell’EmiliaRomagna, seguendo un precisoimpianto museale e didattico.

Cercherò in queste pochepagine di condurvi con me attra-verso un virtuale viaggio all’in-terno del Museo e della necropo-li, per tornare insieme ai fasti ealle suggestioni di quella Sarsinadimenticata.

Nelle prime due sale sonoraccolte una serie di reperti fune-rari provenienti dalla necropoliche durante il III secolo, a causadella deviazione del corso delfiume Savio a seguito di un forteterremoto, fu interamente som-mersa. Il fango preservò la cittàdei defunti con il suo contenutoe ce li restituì in condizioni pres-socchè ottimali tra il 1927 e il1930, gli anni della più massicciacampagna di scavi in quellazona.

Vi sono raccolte tutte le diver-se tipologie di tombe rinvenutenella necropoli cittadina, dallasemplice stele alla tomba a cippo(dall’omonima forma): mi prememenzionare, in particolare, quel-la di Cetrania Severina, sacerdo-tessa del culto di Marcana Vera,

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sorella dell’imperatore Traiano -Sarsina partecipò attivamentecon risorse e mezzi propri allacampagna di conquista dellaDacia, la cui base era fissata nelporto di Classe, nei pressi diRavenna, alle foci del fiumeSavio. Quest’ultimo era all’epo-ca navigabile e permetteva con-tatti continui con Ravenna e lesue influenze orientali -cheriporta su un fianco uno stralciodel testamento della sacerdotes-sa, la quale lasciò seimila sester-zi, di cui quattromila da spen-dersi per l’acquisto di olio pertutti i componenti dei collegiadei dendrofori, fabri e centonari,ed i restanti duemila da utiliz-zarsi per onorare i Mani ognianno nell’anniversario della suamorte.

Nella seconda sala, oltre adun’altra straordinaria ed enig-matica tomba a cippo dedicata aMarcana Vera, che ospita sulfronte un breve carme che ricor-da il ciclo delle stagioni e dun-que il passare della vita giocatosull’acrostico del nome delladefunta, troviamo un esempio distele-ritratto.

Si tratta della sepoltura diLucius Caesellius Diopanes, conmolta probabilità un liberto checonquistò prima della morte lalibertà. Volle, infatti, farsi raffigu-rare sulla propria tomba con gliattributi dell’uomo libero, il volu-men e un grosso anello, a testimo-nianza dell’affrancatura e di unraggiunto prestigio sociale.

Sempre nella stessa sala tro-viamo tombe a tempietto, quali

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quelle di Helvia Arbuscula, su cuiè visibile la raffigurazione di unaporta, il simbolo principe delpassaggio dalla vita alla morte oquella di Antella Prisca (I sec. d.C.), il cui signacolo è inquadratoall’interno di una sofisticata ela-borazione architettonica e sul cuifrontone possiamo notare la pre-senza della testa della Gorgone edue leoni accovacciati su teste dicapri, ad enfatizzare la sacralitàdel sepolcro.

Lungo il corridoio che separale prime due sale dalla IV e dallaV, troviamo diversi elementidecorativi e simbolici provenien-ti dalle tombe della necropoli,tra i quali finte urne cinerarie,fasci littori e pigne. Il reperto piùimportante di questa sezione èl’iscrizione di Horatius Balbus (I

Nella pagina accanto in alto:Splendido esempio di tomba a cippodedicata alla sarsinate Marcana Vera

Nella pagina accanto in basso: La tomba a ritratto di LuciusCaesellius Diopanes, un liberto chevolle farsi raffigurare sul proprio sepol-cro con tutti gli attributi dell’uomolibero, ovvero la toga, il volumen el’anello

Nelle due pagine: Il Mausoleo diPetus (I sec. a.C.), il più antico rinve-nuto a Sarsina

Sotto: Particolare dell’iscrizione

metà del I sec. a.C.), giunta muti-la fisicamente ma nella sua inte-rezza per quanto riguarda iltesto, recuperato e ricopiato inun codice di epoca umanista. Sitratta si un lascito di una porzio-ne di terreno all’interno dellanecropoli, sul quale ogni cittadi-no sarsinate poteva costruirsi lapropria tomba. Erano escluseperò alcune categorie di perso-ne, tra cui gli auctorateis (cioècoloro che si sono arricchiti conla frode), quei sibi laqueo manuattulissent (i suicidi per impicca-gione) ed infine coloro che que-

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Nella pagina accanto: Il mausoleo diRufus (I sec. a.C.) è il più spettacolaretra quelli conservati all’interno delmuseo

Sopra: Particolare del corpo mediano

Sotto: Il grande mosaico raffiguranteil trionfo di Dioniso (III sec d.C.) quiricostruito a parete, ornava il pavimen-to di un triclinium estivo di unadomus dell’antico forum

stum spurcum professi essent,ovvero quelli che svolgevanoprofessioni indegne.

La sala IV ospita il primo epiù antico esempio di tomba amausoleo rinvenuto in città (Isec. a.C.).

Nel IV secolo a.C. Mausolo,sovrano di Alicarnasso in AsiaMinore, si fece costruire per

primo una tomba monumentale,di proporzioni imponenti,dando avvio a quelle tipologie disepoltura denominate “a mauso-leo”, appunto.

Il primo mausoleo che incon-triamo è quello di PubliusVerginius Petus, del quale rimanesoltanto la base, sul cui fronteleggiamo l’iscrizione Petus tribu-nus militum a populo che, insiemeagli attributi iconografici delloscudo e della lancia, della sediacurule, del subsellium e delfascio littorio, ci aiutano a com-prendere come il defunto avesseavuto un importante passatomilitare ed una magistraturacivile.

Accanto al mausoleo di Petustroviamo alcuni blocchi di arena-ria, la pietra serena più diffusanel territorio sarsinate, comple-tamente scavati all’interno echiusi da grappe in ferro origi-nali.

I due blocchi, uno superioreed uno inferiore, servivano a for-mare una sorta di sepolcro inca-vo, all’interno del quale venivaracchiusa l’urna cineraria. I bloc-chi poi, sigillati dalle grappe,venivano interrati al di sotto

della tomba, stele, tempietto,ritratto, cippo o mausoleo chefosse.

La sala successiva, la V, rap-presenta il cammeo del Museo eracchiude il grande mausoleo diRufus (I sec. a.C.), 4,62 metri dibase per un altezza complessivadi 13,35, e il mosaico con il trion-fo di Dioniso (III sec. d.C.).

Il mausoleo di Rufus è statomagistralmente ricostruito nellasua interezza, integrando ovvia-

mente le parti mancanti con altrericostruite per garantirne la sta-bilità e permettere al visitatore difruirne totalmente, ma immedia-tamente identificabili.

Il monumento si compone ditre parti, una base, un corpomediano ed una copertura, inquesta parte d’Italia a cuspidepiramidale. Il podio a dado èdecorato con un fregio a menan-dro e coronato da un fregio dori-co a fiori e bucrani. Sul fronte è

In alto a sinistra: L’immagine cen-trale del mosaico con la raffigurazionedi Dioniso

Sopra: Parte dei molti riferimenti ico-nografici ad animali esotici “orientali”

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Nella pagina accanto in basso:Una delle quattro teste maschilialate a rappresentare i venti

Sotto: Particolare di una baccante

A destra: Particolare del mosaico

visibile l’iscrizione di dedica chein origine ricordava quattro per-sone (le stesse probabilmenteraffigurate dalle due statue fem-minili e due maschili poste

nella cella templare del corpomediano), delle quali soltantouna però effettivamente sepoltaall’interno del mausoleo. Laparte terminale, a cuspide, è cir-condata da quattro sfingi, postead ideale protezione del sepol-cro.

Di fronte al mausoleo diRufus, ricostruito a parete, sitrova il mosaico del Trionfo diDioniso (III secolo d.C.), conce-pito in origine come pavimentodi un triclinium di una domuspoco distante dal centro città. Ilmaestoso mosaico, 8,90 per 6,30metri, fu realizzato con tessere inmarmo e pasta vitrea policrome.

La fascia superiore, decorata conuna scena di caccia in bianco enero, rappresenta con ogni pro-babilità la soglia di ingresso altriclinium, la sala da pranzo,mentre le tre laterali, prive didecorazione, erano destinate aitriclini dei commensali.

Al centro troviamo Dionisoche torna trionfante dall’oriente,laddove aveva esportato la colti-vazione della vite, su di una bigatrainata da tigri e circondato daPan ed un satiro.

Attorno, sono visibili ninfe,putti, animali esotici particolar-mente fantasiosi e, ai lati, quat-tro teste maschili alate, che rap-presentano i quattro venti.

La fattezza e la pregevolezzadei materiali ci fanno capirecome Sarsina non risentisseaffatto della crisi economica del

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tempo, così come lo stile elegan-te e raffinato si mostra davveronella sua unicità.

La sala successiva, ospita unasezione interamente dedicataalle divinità orientali.

Come già accennato, Sarsinapotè godere appieno della vici-nanza con la città di Ravenna,favorita dal collegamento garan-tito dal fiume Savio, tanto dafare proprie stili, influenze e cul-ture di origine orientale. Sarsinaaveva, in effetti, un tempio inte-ramente dedicato alle divinitàorientali.

Esistevano in città addiritturadue filoni di culto, uno egizio(Osiride, Iside ed Arpocrate) eduno frigio-anatolico (Mitra,Cibele ed Attis). Al museo sonovisibili statue appartenenti adentrambi i culti, ma ridotte in

pessime condizioni probabil-mente dai primi cristiani, i qualile trassero chiaramente fuori daltempio e le presero a colpi dimazza, con l’intento di distrug-gere gli idoli pagani.

La statua più interessante,divenuta nel tempo il simbolodel museo e di Sarsina, è l’Attis,divinità fanciulla di origine ana-tolica (ne è simbolo evidente ilberretto frigio qui dai lembi sol-levati e fermati posteriormentesui capelli ricciuti), connessa colculto dei dendrofori e particolar-

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Nella pagina accanto in alto:Statua raffigurante Serapide apparte-nente al filone di culto egizio

Sotto: Statua acefala raffiguranteCibele, appartenente al filone cultuale frigio-anatolico

In basso a sinistra: Particolare distatua raffigurante Iside

A destra: Parte di pavimento in coc-ciopesto con decorazione geometrica afavo

In basso a destra: Particolare dipavimento a tessere musive

mente sentito a Sarsina. Il ritmodella figura è decisamente armo-nico, così come la resa del corpoe dei panneggi.

Passando attraverso l’ultimasala del pianterreno, ricca di

reperti provenienti dal foro, restied epigrafi attestanti la costru-zione della cinta muraria chedifendeva l’intera città, non sipuò non dedicare uno sguardo adue splendide urne cinerarie in

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Nella pagina accanto: La statuasimbolo del museo sarsinate, l’Attis,divinità fanciullo dal tipico copricapofrigio

Sopra: Tubazioni in piombo (fistulae)per la distribuzione dell’acqua agli edi-fici pubblici

A destra: Esemplare di vasellamedomestico a vernice opaca (I - II sec d.C.)

Sotto: Particolare di piatto votivo(linx) in ceramica invetriata decoratacon motivi fitoformi

alabastro, racchiuse in una tecain vetro sulla parete di destra.

Al primo piano troviamo laricostruzione di una tomba “allacappuccina”, proveniente anchein questo caso dalla necropoli, latipica sepoltura che a partire dal-l’età di Augusto e fino agli inizidel III secolo andò a soppiantaredefinitivamente quella a stele. Ilsignacolo era costituito da un’anfora, che fuoriusciva dal terre-no, mentre le spoglie del defuntovenivano interrate e ricoperte dagrosse tegole. Accanto allatomba, così come nelle teche cir-costanti, troviamo una serie dioggetti di uso quotidiano cheandavano a costituire il cosid-

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detto corredo funerario, ovveroquell’insieme di oggetti comuni,domestici che venivano offerticome accompagnamento per lavita ultraterrena.

Altri oggetti che troviamoesposti sono i balsamari per con-tenere le essenze profumate,specchi, spilloni in osso per fis-sare le acconciature, aghi percucire, ciotole e vasellame permescolare le terre colorate,monete utilizzate come oboloper Caronte e lucerne, intese siacome oggetto di uso comune checome simbolo votivo, ovverocome strumento di illuminazio-

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ne del passaggio dalla vita allamorte.

Proseguendo nella nostravisita, troviamo porzioni dipavimento di opus signinum (coc-ciopesto decorato con motivigeometrici e floreali a tesseremusive) della tarda età repubbli-cana (fine del II-I sec. a.C.), tubu-li per condutture idriche, matto-ni per suspensurae (piccole colon-ne per il sostegno dei pavimentiriscaldati) e fistulae, tubazioni inpiombo per la distribuzione del-l’acqua agli edifici pubblici.

L’ultima sala si apre con laricostruzione, ad opera di uno

studio artistico sarsinate tutto alfemminile e la consulenza dellaSoprintendenza per i BeniArcheologici dell’Emilia-Romagna, di un secondo tricli-nium, di cui ci resta il pavimentoa mosaico policromo raffiguran-te Ercole ebbro sorretto da unsatiro ed alcune porzioni del-l’originale decorazione parietale.Partendo da questi elementi si èpartiti per ricostruire in manieraeccezionalmente fedele all’origi-nale l’intero locale, che oggi si

Nella pagina accanto in alto:Ricostruzione di un triclinium

Nella pagina accanto in basso:Coppa in vetro policromo

Sopra: Calice in vetro decorato alosanghe proveniente dall’area delladomus che ha restituito il mosaico deltrionfo di Dioniso

presenta perfino adornato diveri triclinii in legno, unadispensa ed un gioco da tavolocon lucerna fallica, vasetto perl’olio di ricarica, pinzette perstoppino e tessere in pasta vitreaper segnare i punti.

Nelle ultime vetrine segnalia-mo la presenza, oltre che diun’interessante coppa in vetropolicroma di una straordinariamodernità, anche di una testafemminile con diadema (metà Isec. d.C.), proveniente da un edi-ficio pubblico, con ogni probabi-lità riconducibile alla famigliaimperiale e, più precisamente, aLivia, la moglie di Augusto.

La fierezza e l’eleganza di quelvolto resteranno con voi, quandove ne andrete e porterete con voigli echi e le suggestioni di un pas-sato glorioso che tra queste muratorna più vivo che mai. �

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IL TEMPIO DI ROMOLO

n percorso spettacolare cheguiderà i visitatori dell’areaarcheologica centrale, fino al 18settembre, attraverso i luoghiche parlano di Nerone, al di làdella cupa leggenda che ne hafatto per secoli il simbolo ditirannia e nefandezze; un lungo

UNERONE

Nelle due pagine: Interno delTempio di Romolo che ospita unoschermo dove vengono proiettati filminerenti l’imperatore Nerone

Nella pagina accanto in alto adestra: Manifesto del film Quo Vadis

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e suggestivo trekking archeolo-gico che si apre idealmente dallaDomus Tiberiana, dove Neronevisse da giovanissimo, quandola madre Agrippina sposòClaudio, e dove venne incorona-to imperatore, e che si snoda dalcd. Tempio di Romolo alColosseo, passando per la CuriaIulia al Foro Romano e per ilCriptoportico neroniano al CollePalatino.

La mostra dedicata ‘all’im-maginifico’ imperatore, che riu-nisce poco meno di 200 pezzi, èstata inaugurata ad aprile dalsottosegretario ai Beni Culturali,Francesco Giro, e dallaSoprintendente ai BeniArcheologici di Roma, Anna

Maria Moretti, alla presenzadelle curatrici Maria AntoniettaTomei e Rossella Rea, del diret-tore del Foro Romano e Palatino,Roberto Egidi e di studiosi com-ponenti il comitato scientificoquali Andrea Carandini, AndreaGiardina, Marisa RanieriPanetta, solo per citarne alcuni.

Il percorso della mostra sisnoda proprio in quei luoghi chefurono teatro della straordinaria

trasformazione urbana portataavanti da Nerone negli ultimiquattro anni del suo impero etocca tutti i luoghi che sono datempo al centro di attività discavo sostenute dalla gestionedel Commissario straordinario.

Muovendosi dal cuore delForo si può partire per questoviaggio nel tempo dalla CuriaIulia, dove sono esposti i ritrat-ti marmorei della dinastia giulio-claudia, dipinti e sculture di etàmoderna che dimostrano l’inte-

resse suscitato nei secoli da que-sta figura storica ‘complessa econtraddittoria’, come ha ricor-dato la Moretti.

Si prosegue per il Tempio diRomolo, dove un videowall pro-pone un’antologia dei film dedi-cati alla figura di Nerone, imper-sonato da grandi attori comePetrolini, Peter Ustinov eAlberto Sordi.

Dirigendosi poi verso ilPalatino, il Criptoportico nero-niano offre un allestimento

LA CURIA

A sinistra e in alto al centro: Nelledue foto l’interno della Curia con ilnuovo allestimento per la mostra diNerone

Sopra: Ritratto di Nerone rilavoratocome Domiziano e poi restaurato comeNerone in età moderna.Roma, Musei Capitolini

Sotto: Statua loricata di NeroneMarmo , età neroniana.Bologna, Museo Civico Archeologico

Sopra: Interno della Curia, in primopiano il ritratto di Agrippina Minore.Marmo lunenseRoma, Museo dei Fori Imperiali

Sotto: Interno della Curia, panorami-ca di reperti in marmo, in primo pianola statua loricata di Nerone, a sinistrale statue di Messalina (?) e di princi-pessa claudia (Claudia Ottavia ?)

Nella pagina accanto in alto:Ritratto di imperatrice, (PoppeaSabina ?) marmo età neronianaRoma, Palazzo Massimo alle TermeNella pagina accanto in basso:Ritratto di Nerone in basalto

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dedicato al lusso sfrenato e allasontuosità delle dimore imperia-li. Qui spiccano le decorazionioriginali e gli stucchi che rivesti-vano le volte, e alcune statuerecentemente scoperte che svela-no tracce di vivaci pigmenti;sempre nel criptoportico sonoesposti iscrizioni e rilievi cheraccontano le gesta dell’impera-tore e l’importanza della propa-ganda legata al culto imperiale.

Nel Museo Palatino affreschie marmi policromi testimonianola fastosità della DomusTransitoria (la prima casa diNerone imperatore, fatta costrui-re tra il 60 e il 64 d.C.): nei localidell’Antiquarium per la primavolta viene presentato un videoche ne ipotizza la ricostruzione in3D. Una traccia originaria dellapavimentazione è ancora visibilenel secondo livello dell’abitazio-ne che, distrutta dall’incendio del64, sarà poi inglobata dalla

Domus Aurea. Il video con la rico-struzione virtuale ne documentatutta la stupefacente bellezza.

Un sito di inestimabile pre-gio, scavato dai Farnese nelSettecento e riportato alla lucedall’architetto e archeologoGiacomo Boni negli anni Venti

con scavi stratigrafici noti e pub-blicati, poi chiuso per decenni.Ma, come ha annunciato laMoretti, dopo l’estate, con lamessa in sicurezza dei lavori deisolaio realizzato negli anni ‘60,sarà possibile avviare visite gui-date per piccoli gruppi di perso-

ne in quel che resta della Domuse nel ninfeo di grande impattoscenografico, articolato in nic-chie e ornato di colonnine inmarmo colorato.

Proseguendo la visita, pocodistante, nella Vigna Barberini,si può ammirare dall’alto l’ipote-tica ‘Coenatio rotunda’: unaricostruzione virtuale mostracome doveva essere la famosasala da pranzo girevole raccon-tata da Svetonio.

Con questi passaggi ‘spaziali’il percorso punta ad offrire unanuova lettura di quell’ambiziosaattività edilizia portata avantidall’imperatore, illustrata anchedalle recenti scoperte negli edifi-ci neroniani nell’area del

IL CRIPTOPORTICO NERONIANO

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Palatino e quindi, per continuità,presentare al grande pubblico gliscavi condotti nella valle delColosseo, dal 1986 ad oggi.

E’ proprio il II ordine delColosseo a ospitare la ricostru-zione dell’incendio, allestendo

Nella pagina accanto: Veduta gene-rale del criptoportico

Sopra e a destra: Due inquadraturedel criptoportico con il nuovo allesti-mento per la mostra di Nerone

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quei reperti e materiali chehanno consentito di comprende-re la situazione della valle cheospita l’Anfiteatro Flavio il gior-no prima di quell’evento disa-stroso, il giorno stesso (il 18luglio del 64 d.C.) e poi all’iniziodella ricostruzione dell’area.

In questa sede si possonoanche esaminare i grandiosi pro-grammi edilizi promossi daNerone, e, a testimoniare, ancorauna volta, il lusso e lo sfarzoricercato dall’imperatore contri-buiscono una sezione dedicataalla decorazione architettonicadel suo tempo e reperti prove-nienti dalle ville neroniane diAnzio e Subiaco. Gran finale conla ricostruzione in 3D dellaDomus Aurea.

Nella pagina accanto: Statua inmarmo del cd. Britannico.Napoli, Museo Archeologico Nazionale

A destra: Statua in marmo di sacerdo-tessa. Napoli, Museo ArcheologicoNazionale

Sotto: Capitelli di lesena dalla domusdel Gianicolo

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LA DOMUS TRANSITORIA

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L’ANTIQUARIUM PALATINO

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PALATINO VIGNA BARBERINI - LA COENATIO

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IL COLOSSEO

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