Roma, una città, un impero - n 2

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Rivista di archeologia online

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Editoriale

Questo numero è dedicato principalmente ai rinvenimenti archeologici (domus di piazza delTempio di Diana; Thermae Decianae; mitreo di S. Prisca) avvenuti in tempi diversi sulGrande Aventino (Aventinus maior), situato nel settore meridionale della città, tra il

Tevere e l’altura chiamata Piccolo Aventino (Aventinus minor), a cui era collegato tramite una sella. Le due sommità, incluse - almeno dal IV sec. a.C. - all’interno del circuito delle cd. Mura

Serviane, furono divise in età augustea tra regioni diverse: l’Aventinus maior e la pianura sotto-stante, occupata dal porto fluviale (Emporium) e dai grandi horrea per la raccolta e lo smistamen-to di ogni tipo di mercanzie e derrate, furono assegnati alla Regio XIII, denominata appuntoAventinus, mentre l’Aventinus minor alla Regio XII, detta Piscina Publica.

Proprio nella Regio XIII Aventinus, in occasione di alcuni sterri effettuati intorno al 1920 perla realizzazione di una fognatura nell’area della piazza del Tempio di Diana, furono rinvenuti - adieci metri di profondità - diversi ambienti appartenenti ad una ricca dimora privata che conser-vano ancora parte dei pavimenti musivi e dell’elegante decorazione parietale ad affresco. L’ipotesiprospettata da diversi studiosi di riconoscere in questo edificio la (domus) privata Traiani, la casain cui Traiano dimorò prima di accedere al principato, sembra confortata sia dall’inclusione dell’a-bitazione tra i monumenti della Regio XIII Aventinus citati nei Cataloghi Regionari di età costan-tiniana, sia dal fatto che le strutture rinvenute sotto la piazza moderna furono parzialmente coper-te dalla Thermae Decianae, fatte costruire dall’imperatore Decio, che - come ha sottolineato FilippoCoarelli - assunse il nome Traianus proprio per ricollegarsi a questo imperatore. Ai resti delleThermae Decianae, realizzate tra il 249 e il 251 d.C. e ancora visibili al di sotto della piazza delTempio di Diana e nei sotterranei del Casale Torlonia, e soprattutto alla figura storica del loro com-mittente, è invece dedicata la seconda parte dell’articolo che indaga il complesso periodo storiconoto come Anarchia Militare (235-284 d.C.). Sempre sull’Aventinus maior, ma nell’area sottostan-te la chiesa di S. Prisca, gli scavi iniziati nel 1934 dai padri Agostiniani e continuati più tardi dallaScuola Olandese sotto la direzione di C. Van Essen e J.M. Vermaseren, hanno riportato alla luceun mitreo ricavato agli inizi del III sec. d.C. all’interno di una casa privata, identificata dalla mag-gior parte degli studiosi con la domus di L. Licinius Sura, il potente amico di Traiano che ricoprìil consolato nel 97 d.C., ma ritenuta da altri la già citata (domus) privata Traiani.

In linea con il numero precedente, un articolo è dedicato alla storia degli scavi di Ostia anticache, a differenza di Ercolano, sepolta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio e riscoperta solo nelSettecento, rimase anche esposta a sistematiche spoliazioni già a partire dalla tarda antichità. Trale mostre attualmente in corso abbiamo invece scelto quella allestita nelle sale del Museo dellaCiviltà Romana, “Machina. Tecnologia dell’antica Roma”, che illustra il livello tecnologico rag-giunto dai Romani in diversi settori (edilizio, idraulico, bellico, agricolo, ecc.) attraverso ricostru-zioni e reperti archeologici, e l’esposizione dedicata nella sede del Museo Nazionale Romano inPalazzo Massimo alle favolose argenterie dorate della città di Morgantina, rinvenute da scavatoriclandestini e vendute al Metropolitan Museum of Art di New York, che nel 2006 ha firmato unaccordo per la restituzione del tesoro con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Chiude larivista un resoconto sui dati preliminari emersi dall’ultima campagna di scavo condotta dallaSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e l’Università di Roma ‘Tor Vergata’ nel-l’antica città di Gabii, al XII miglio della via Prenestina antica, che ha portato alla scoperta di unedificio tripartito di età arcaica, composto da una sala centrale più ampia e due ambienti lateralicon ingressi decentrati, confrontabile da un punto di vista planimetrico e decorativo con le celebridimore regali (regiae) note a Roma e in Etruria.

Bernard Andreae

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIA TERESA GARAU

DIRETTORE ESECUTIVOROBERTO LUCIGNANI

DIRETTORE SCIENTIFICOBERNARD ANDREAE

COMITATO SCIENTIFICOPaolo Arata

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaAlessandra Capodiferro

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaFiorenzo Catalli

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaPaola Chini

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaVincenzo Fiocchi Nicolai

Prof. Archeologia Cristiana Univ. Tor Vergata di RomaGian Luca Gregori

Prof. Ordinario di Antichità Romane, ed Epigrafia Latina, Facoltà Scienze Umanistiche, Univ. Sapienza di Roma

Eugenio La RoccaProf. Ordinario Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana,

Univ. Sapienza di RomaAnna Maria Liberati

Funzionario Sovraintendenza Comune di RomaLuisa Musso

Prof. Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana e Archeologia delle Provincie Romane, Univ. Roma Tre

Silvia OrlandiProf. associato di Epigrafia Latina presso la Facoltà di Scienze

Umanistiche, Univ. Sapienza di RomaRita Paris

Direttore Museo di Palazzo Massimo alle TermeClaudio Parisi Presicce

Direttore Musei Archeologici e d’Arte Antica Comune di RomaGiandomenico Spinola

Responsabile Antichità Classiche e Dipartimento di Archeologia Musei Vaticani

Lucrezia UngaroFunzionario Sovraintendenza Comune di Roma

Laura VendittelliDirettore Museo Crypta Balbi

CAPO REDATTOREALESSANDRA CLEMENTI

REDAZIONELAURA BUCCINO - ALBERTO DANTI - GIOVANNA DI GIACOMO

LUANA RAGOZZINO - GABRIELE ROMANO

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

TRADUZIONEDANIELA WILLIAMS

GRAFICA E IMPAGINAZIONESTUDIOEDESIGN - ROMA

WEB MASTER – PUBBLICITA’MARIA TERESA GARAU

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Orazio Antinori, 4 - ROMA

È vietata la riproduzione in alcun modo senza il consenso scrittodell’Associazione Rumon Tiber

IL MITREO DI SANTA PRISCAdi Luana Ragazzino

LA REGIA DI GABIIdi Gabriele Romano

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SOMMARIO

ANARCHIA MILITAREGLI ANNI DEL TERRORE

di Alberto Danti

STORIA DEGLI SCAVI DI OSTIA ANTICA

di Gabriele Romano

I IL TESORO DI MORGANTINAdi Laura Buccino

100MACHINA. TECNOLOGIA

DELL’ANTICA ROMAdi Anna Maria Liberati

64I PRIVATA TRAIANI

di Paola Chini

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IL RINVENIMENTO

l colleAv e n t i n o ,incluso nellaRegio XIII, fupopolato per

la prima volta in maniera stabileall’epoca di re Anco Marcio (VIIsec. a.C.) che vi avrebbe trasferi-to gli abitanti di alcuni centrivicini a Roma da lui conquistatie distrutti.

Assegnato ufficialmente allaplebe nel V sec. a.C., con unalegge speciale (lex Icilia deAventino publicando), divenne un‘quartiere’ fittamente popolatofino alla prima età imperialequando, progressivamenteabbandonato dalla stessa plebe,si andò trasformando in zonaresidenziale, come attestano idiversi ritrovamenti di domusappartenenti ad aristocratici.

Rimanendo al di fuori delpomerio, cioè dal limite sacrodella città, divenne sede di alcu-ni santuari dedicati a divinitàstraniere, come quelli dedicati aGiunone Regina e Vertumnus,

IIL MITREO SOTTO S. PRISCA

ALL’ AVENTINO

A destra: Ambiente che costituisce attualeingresso all’area archeologica, particolaredelle macine del XVI sec.

Nella pagina accanto, in alto: Macinedel XVI sec., particolare

rispettivamente provenienti daVeio e da Volsinii (Bolsena). Aquesti si aggiunsero poi santuaridedicati a divinità di culti orien-tali come Giove Dolicheno, Isidee Mitra.

Proprio sull’Aventino è situa-ta la chiesa di S. Prisca dove, nel1934, i Padri Agostiniani, l’ordi-ne che regge la chiesa ancoraoggi, eseguirono alcuni scavisotto l’attuale basilica con l’in-tento di rinvenire il primitivotitulus S. Priscae, menzionato giànel sinodo romano del 499 d.C..Ancor di più, essi indirizzaronole loro brevi ricerche al ritrova-mento della casa di Aquila ePriscilla, i due coniugi menzio-nati negli Atti degli Apostoli(Atti 18, 26) e nelle lettere di S.Paolo (Rom. 16; 1 Cor. 16; Tm. 4,19) che avrebbero abitato in unacasa sull’Aventino. Lo sterrodegli ambienti durò all’incircaun anno e l’unico ritrovamento

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di rilievo, inaspettato, fu proprioil Mitreo. Dopo qualche decen-nio dalla sensazionale scopertafatta dagli Agostiniani, la ScuolaOlandese promosse e realizzònuove campagne di scavo negliambienti sottostanti la basilica.A capo di esse ci furono i duestorici olandesi C. Van Essen eJ.M. Vermaseren, cui si devonola pubblicazione delle campagnedi scavo comprese tra il 1953 e il1959 e le nostre conoscenze sullastoria e le fasi del Mitreo.

Il Mitreo si impiantò, agliinizi del III sec. d.C., in ambientisotterranei preesistenti, di cui siconservano alcune parti, riferibi-li ad una domus databile all’etàtraianea, inizialmente identifica-ta con la (domus) privata Traiani.Oggi questa ipotesi identificati-va, avanzata già dalla scuolaolandese, è superata in favore diuna più probabile identificazio-ne di queste strutture con quelle

della proprietà di L. Licinius Suraricordata dalle fonti.

Il frammento della FormaUrbis con la rappresentazionedelle Terme Surane dimostra chequeste erano immediatamentead ovest di S. Prisca; inoltre, le

arcate dell’Acqua Marcia cherifornivano le Terme passavanoattraverso l’area poi occupatadalla chiesa.

Il primo ambiente dell’areaarcheologica, a cui si accedesotto alla chiesa, è un grandevano con volta a botte ed abside,pertinente alla fase traianea,interpretato inizialmente dallaScuola Olandese come ninfeo eutilizzato dalla stessa, negli anni‘60, come Antiquarium per espor-re i diversi materiali provenientidagli scavi del Mitreo.

Oggi l’ambiente è libero erimangono visibili solo una por-zione di pavimento musivo agrosse tessere, relativo ad unafase più tarda, e resti di macinein pietra, databili al XVI sec. erelative al più tardo monasteroimpiantatosi nello stesso perio-do nell’area della chiesa.

Attraverso un corridoio,aperto dagli stessi Olandesidurante gli scavi degli anni ‘50,si arriva alla Cripta della chiesa esolo da qui si accede al Mitreovero e proprio.

Dalle campagne di scavo ese-guite negli anni ‘50 è emerso cheil Mitreo ha avuto due fasi. Nellaprima fase, databile all’incircaagli anni 195-202 d.C., il Mitreoha occupato solo l’aula mitraicavera e propria. Esso fu diviso in

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un asse centrale con pavimentoin mattoni e furono costruiti idue podia (banconi), alla fine deiquali furono erette le nicchie peri dadofori. L’entrata fu stuccata edipinta di rosso e la volta dipin-ta in blu con le stelle (di tutto ciòoggi non rimane più alcuna trac-cia). I muri laterali al di sopra deibanconi furono decorati con treprocessioni di mystae e con versiaggiunti sopra. Nel fondo del-l’ambiente, ad est, è la nicchia diculto con il gruppo in stucco diMitra Tauroctono.

Alla seconda fase, databileintorno al 220 d.C., è inerentel’allargamento del Mitreo. Ilprimo ambiente, che originaria-

mente era un vestibolo, divenneparte integrante del santuariostesso. La porta fu allargata suun lato e nel vestibolo venneroaggiunti i banconi, in modo dacostituire un prolungamentodell’aula mitraica. Gran partedel Mitreo fu ridipinta e nuoviaffreschi vennero eseguiti suimuri laterali; la nicchia di cultofu parzialmente ridecorata connuove figure in stucco.

Superato il piccolo cancello inferro, si percorre uno stretto pas-saggio e, attraverso la porta, sientra nel primo ambiente. Esso,originariamente, cioè nellaprima fase del Mitreo, nonapparteneva al santuario vero e

proprio, nel senso che non necostituiva ancora il prolunga-mento.

Infatti, proprio alla secondafase appartengono i podia, le cuifronti furono stuccate e coloratein rosso come i podia dell’am-biente principale (alcune traccedel colore, visibili al momentodella scoperta, oggi sono deltutto scomparse).

La porta doppia fu creata nelmomento in cui l’apertura postaal centro dell’aula mitraicacadde in disuso.Immediatamente a destra del-l’entrata, i cui gradini sono staticompletamente ricreati neglianni ‘50, c’è un piccolo recinto in

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A sinistra: Corridoio con esposizione deimateriali inerenti all’area archeologica sottola chiesa

Sopra: Corridoio, particolare delle colonnereimpiegate nella domus di II sec. d.C.

Sotto: Aula di culto,particolare della nic-chia con Caute

muratura formante un angolo,che nella parte inferiore interna ein basso conserva tracce di into-naco colorato in giallo ocra.

Sulla parete a destra dell’en-trata, all’interno del piccolorecinto, c’è un sporgenza nontanto larga da essere considerataun bancone, ma piuttosto usataforse per supportare oggetti diculto. Essa era colorata di rossoanche sulla fronte, come si vedeancora in alcuni punti. Sopra diessa era attaccata a parete unalarga figura in stucco dipinto, dicui oggi rimangono solo pochiresti (parte di una coscia,gambe).

Al momento della scoperta,

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Sopra: Aula di culto, veduta generale

Nella pagina accanto, in alto e inbasso: Vestibolo, ambiente di accesso almitreo. Particolare dei frammenti dellastatua di Gigante anguipede in stucco

c’era ancora qualcosa del torsocon parti genitali maschili.L’intonaco dello sfondo dietro lafigura era colorato in giallo ocra;la figura, date le grandi dimen-sioni, potrebbe essere stata unGigante, come asserito daVermaseren, fatto non eccezio-nale all’interno di un mitreo. Atale proposito, proprio nelmitreo di S. Prisca è stata ritrova-ta la statuetta di un gigante stan-te, con i piedi di serpente. Poichéla battaglia tra Giove e i Gigantiricorre in molti monumentimitraici, è possibile che la figurain stucco possa effettivamenterappresentare un Gigante, alquale furono donate offerte sul-

l’altare accanto. Inoltre, la posi-zione del Gigante nel vestibolosarebbe appropriata, in contrap-posizione al fatto che nell’aulamitraica venivano fatte offerte aldio della Luce, Mitra.

All’interno del recinto si trovauna base, anch’essa in muratura,dipinta di rosso sui lati, la cuifunzione poteva essere quella diun piedistallo o di un altare.

Superato il vestibolo, attra-verso l’apertura si accede all’au-la principale, il luogo deputatoallo svolgimento del banchettosacro durante il rituale mitraico.Nella prima fase del Mitreo ven-nero costruiti i due podia, caratte-rizzati dal piano inclinato verso

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le pareti laterali e la mensa, origi-nariamente rivestita in marmo.A metà circa del bancone destro,l’apertura centrale costituì, nellaprima fase, l’ingresso al Mitreo.Quando questo venne allargatonella seconda fase con l’aggiuntadel vestibolo e fu creato lì ilnuovo accesso; l’entrata prece-dente fu trasformata in un thro-nus, un piccolo sedile (60 x 150 x70 cm) costruito all’interno dellastessa apertura. Da ciò risultache nella prima fase il banconedestro non era continuo fino allanicchia di culto, come lo vedia-mo ancora oggi.

In corrispondenza dell’aper-tura centrale, inserito all’interno

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del bancone destro in basso, c’èun vaso lustrale con un’apertu-ra. Accanto ad esso è un tubo interracotta, che non sembra esse-re collegato al vaso. Sul latoovest del podio, vicino la nicchiadi Caute, ci sono due gradinicreati già nella prima fase perrendere più agevole la salita sulbancone.

All’inizio di ogni bancone, adovest, c’è una nicchia per le sta-tue dei dadofori, Caute a destrae Cautopate a sinistra. Entrambele nicchie sono state stuccate edipinte, all’esterno di rosso eall’interno con colori diversi:quella sinistra in viola scuro(oggi completamente annerito),quella a destra in arancione. Icolori indicano chiaramente chela nicchia a sinistra ospitava lastatua, perduta, di Cautopate, ildadoforo rappresentato con la

fiaccola rivolta verso il basso aindicare la notte; quella di destraospita ancora Caute, con la fiac-cola rivolta verso l’alto e il galloai piedi a simboleggiare il gior-no. Essa, restaurata nel dicembre2002, in origine doveva essereuna statua raffiguranteMercurio, trasformata poi daiseguaci di Mitra in Caute conaggiunte in stucco. Infatti l’arti-giano ha sbozzato entrambe i latidella statua per fare meglio ade-rire la tunica e il mantello instucco dipinto. Di questo nonrimane più nulla, mentre sugliarti inferiori sono ancora visibilile tracce di sbozzatura.

Le due nicchie dei dadofori,pur essendo poste una di fronteall’altra, non sono simmetriche:quella di Cautopate, a sinistra, èinfatti leggermente spostataverso est in modo da lasciare

uno spazio tra essa e il muro,costituente un passaggio perarrivare all’ambiente retrostante.

Sulle pareti laterali dell’aula,al di sopra dei podia, ci sono lepitture riguardanti alcunimomenti del rituale mitraico.Queste pitture non arrivano acoprire completamente le pareti.Infatti la parte inferiore del muroè spoglia e ora si vedono solo imattoni; originariamente pote-va, però, essere ricoperta dimarmo poi asportato. Il motivodell’assenza di affreschi in que-sto punto è perché, probabil-mente, quella parte di pareteveniva costantemente toccatadai piedi degli iniziati.

Sul lato opposto all’entrata, infondo ai due banconi, è la nic-chia di culto con la rappresenta-zione in stucco di Mitra che ucci-de il toro. La nicchia fu costruitanella prima fase del Mitreo conmattoni e tegole nell’arco e inseguito stuccata e dipinta.

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Nella pagina accanto, in alto: Aulamitraica, particolare della nicchia che con-teneva statua di Cautopate

A sinistra: Aula mitraica, parete sinistracon processione di leones

Sopra: Aula mitraica, nicchia con rappre-sentazione di Tauroctonia

All’interno, sulla parete di fondoe su quella laterale destra venne-ro attaccate delle pomici per ren-dere l’idea della grotta. Il colorecon cui era dipinta internamentela nicchia era il blu chiaro adindicare il cielo. Esternamente, ledue ante che sorreggono la voltadella nicchia erano anch’essedecorate in stucco giallo forman-te volute terminanti in rosette.Questa decorazione è oggi quasicompletamente perduta e allu-deva alla ricca vegetazione pro-dotta dall’uccisione del toro.

Al centro della nicchia, sullaparete di fondo, c’è il gruppo in

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stucco di Mitra che uccide il toro.Già durante i primi scavi alcunipezzi furono trovati sparsi all’in-terno del Mitreo, come ad esem-pio la bella testa di Mitra trovatadietro la nicchia di Caute.Questo fatto testimonia che iCristiani, prima di chiudere defi-nitivamente il Mitreo, hannovolontariamente danneggiato lanicchia di culto con Mitra.

Nel biennio 1956-1957 ilgruppo fu restaurato riattaccan-do anche i pezzi trovati nelMitreo. Mitra si presenta in un’i-conografia eccezionale: il suocorpo vigoroso è rappresentatofrontalmente e i suoi occhi sonoalzati come se volesse ascoltare ilcorvo dietro di lui sulla sinistra(deboli tracce delle sue ali furo-no viste al momento della sco-perta). Inoltre non ha il tipicoabbigliamento orientale costitui-to dal berretto frigio e dalla tuni-

ca, ma solo un mantello a pieghesvolazzante verso sinistra,dipinto in rosso scuro.

Del toro rimangono solo latesta e parte della coda, a sinistradel mantello di Mitra, trasforma-ta in spiga. A destra del gruppo,la statua del cane, anch’essorestaurato nel 1957, di razza pro-babilmente danese con orecchiecorte e muso lungo. Si tratta delcane da caccia che accompagnail dio. Completamente perdutisono gli altri animali tipici dellatauroctonia, il serpente e lo scor-pione.

Davanti al gruppo centrale diMitra tauroctono c’è una statuadi grandi dimensioni, occupantela nicchia in tutta la sua lunghez-za e raffigurante un dio recum-bente. La parte più bassa del suocorpo e il suo piede sono copertida un mantello pieghettatodipinto di blu; il resto del corpoè colorato in rosso. Le bracciasono scomparse, ma la manodestra che reca ancora tracce didoratura, è stata ritrovata e inseguito sarà riattaccata. La testaè coperta da un velum blu, largaparte del quale è conservato, elegato alla roccia cui il dio siappoggia. La particolarità diquesta statua, a livello di tecnica,è di essere stata creata con partidi anfore ricoperte dallo stucco.

Per quanto riguarda, invece,l’iconografia, possiamo afferma-re che le sue grandi dimensioni ela posizione in cui si trova laassimilano alle divinità fluviali

Nella pagina accanto: Mitra che uccideil toro, stucco dipinto

Sopra: Aula mitraica, nicchia di culto.Particolare della statua in stucco raffigu-rante Saturno-Chronos

Sotto: Aula mitraica, iscrizione ex-votodedicata a Mitra da parte di un ignotoiniziato

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(cfr. Tevere, Nilo, ecc.); allo stes-so tempo, il velum che copre ilcapo la identifica con Saturno -Crono - Caelus, rappresentatoallo stesso modo che nel mitreodi Dura Europos. Nel mitreo diS. Prisca, quindi, potrebbe avereil doppio carattere di Caelus -Oceano, cosa possibile dato cheentrambe queste divinità favori-scono l’azione creatrice rappre-sentata da Mitra che uccide iltoro.

Sempre di fronte alla nicchiadi culto, su uno dei due gradinisulla destra, si trova un’iscrizio-ne mutila in basso, recante laseguente dedica : Deo Soli invicto

Mithre / quod saepe numini eius /ex audito gratias e[t vota] / [redde-re moniti sunt].

Si tratta di un’iscrizione dedi-catoria al dio Mitra, fatta proba-bilmente da un iniziato a noirimasto ignoto, data la mutilazio-ne della lastra. Da ciò che si leggeal terzo rigo, si capisce che si trat-ta di una dedica fatta come ex votoper ringraziare il dio di qualchegrazia ricevuta. L’invocazione aMitra assimilato al Sole è moltofrequente nel formulario relativoa questa divinità.

Nella parete laterale sinistrasi aprono tre ambienti laterali traloro comunicanti, destinati pro-

babilmente alle cerimonie preli-minari del culto.

Per il primo ambiente a destranon è semplice definire qualefosse l’uso reale della stanzadurante la vita del Mitreo. E’ certoche non era affrescato, poiché nonsi sono trovate tracce di intonacoo pittura. Si può comunque ipo-tizzare un uso riservato al Patercome officiante della liturgia, peril cambio degli abiti da usaredurante la cerimonia (cfr. l’am-biente laterale nel Mitreo delleTerme di Caracalla).

L’ambiente al centro, ha unanicchia che aveva due antae late-rali originariamente dipinte di

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Nella pagina accanto: Ambiente cen-trale, c.d. caelus, per i riti di purificazione.Particolare del bacino lustrale

Sopra: Ambiente centrale, c.d. caelus, par-ticolare

Sotto: Ambiente di servizio, c.d. apparato-rium

rosso, di cui rimane solo qualchetraccia. Lo sfondo era caratteriz-zato da una serie di cerchi concen-trici in parte ancora visibili, chedovevano rappresentare le sfereplanetarie con i segni dello zodia-co; esso era colorato in azzurroverdastro di cui rimane qualchedebolissima traccia. Al momentodello scavo nel 1953, si vedevanoresti di una piccola rappresenta-zione in stucco, forse di sole,posta sullo stesso zodiaco.

Di fronte alla nicchia il livel-lo del podio è stato tutto rialzatoe all’interno di questa costruzio-ne è ancora presente un bacinopoco profondo (71 cm) di cera-

mica rossa grossolana. Il bacinonon reca alcuna iscrizione chepossa identificarne l’uso, che inogni caso si può ipotizzare.Infatti, si può immaginare che ilmystes, si recasse davanti allanicchia con il vaso.Inginocchiandosi sul podio epiegando la testa sopra il vaso, è

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possibile pensare ad una sorta di‘battesimo’ dell’iniziato attraver-so l’acqua. Lo stesso Tertullianoafferma che, sia nel culto isiacoche in quello mitraico, gli inizia-ti ricevevano una purificazioneanche attraverso l’acqua.Un’ulteriore conferma verrebbeanche dal fatto che bacini simili,anche se di diverso materiale,sono stati ritrovati in altri mitreicome quelli di Carnuntum eHeddernheim.

Un diverso utilizzo dovevainvece avere l’altro bacino incas-sato nel podio di fronte allaporta p. Infatti in esso si notanotracce di bruciato e forse si puòpresumere che contenesse ilfuoco. Avremmo così i tre ele-menti di purificazione, sangue-acqua- fuoco, presenti anche nelculto mitraico.

Nel terzo ambiente a sinistra,di fronte alla porta che affacciasull’ambiente centrale, nel pavi-mento rialzato, è inglobato undolium che conteneva un altrovaso con un’iscrizione graffita didubbia interpretazione. Il nostro

mystes, considerando l’ipoteticouso a cui poteva essere destinatoil dolium, avrebbe forse ricevutoqui una sorta di ‘battesimo’ conil fuoco, anche se l’interno deldolio non riporta segni di bru-ciature ma poteva essere usatocome incensiere.

In questo modo, la funzionedei tre ambienti laterali sarebbecosì quella della purificazionedell’iniziato attraverso i tre ele-menti del fuoco, dell’acqua edella terra, prima di parteciparenell’aula mitraica al momentopiù alto del culto che è quello delbanchetto sacro.

Nell’aula mitraica, sopra ipodia, lungo le pareti è presenteuna serie di affreschi inerentialcune fasi del rituale e del cultomitraico. Purtroppo queste pittu-re, già in parte ripulite negli anni‘80, sono oggi meno visibilirispetto al momento della loroscoperta, a causa della forte umi-dità presente nel sito. Su entram-be le pareti dei muri laterali, lepitture si svolgono su un doppiostrato. Lo strato inferiore, di cui

si vedono tracce in molti punti,presenta grosso modo le stessefigurazioni di personaggi affe-renti al culto, presenti anchenello strato superiore, ma conuna sostanziale differenza: inquesto strato abbiamo una seriedi iscrizioni (18 linee in tutto),per la maggior parte in pentame-tri, molto interessanti per il lorocontenuto. Si tratta di brevi frasi,non sempre perfettamente leggi-bili, che possono essere interpre-tate come formule e preghiere,da pronunciare durante il rituale.

Lo strato superiore delle pit-ture, cioè quello che noi vediamoosservando le pareti laterali del-l’aula mitraica, presenta scenediverse inerenti al culto e riportaanch’esso alcune iscrizioni. Sullaparete settentrionale (entrando asinistra), è visibile solo una pic-cola parte della figurazione pre-sente. Abbiamo rappresentatauna processione di Leones, cioèdi iniziati al culto mitraico nelgrado del Leone, che stanno por-tando in mano dei doni diretti aMitra. È certo che si tratti di

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ranno per il banchetto sacro.L’ultimo dei Leones sappiamoche ha in mano delle candele e sipuò immaginare che questa luceservisse proprio ad illuminare lagrotta dove si svolgeva il ban-chetto sacro tra le due divinità.Ma la cosa più interessante è chepossiamo riportare l’immaginedipinta ad una situazione reale equindi immaginare che sotto lascena rappresentante il pastosacro tra Sole e Mitra, fosserosdraiati l’Heliodromus, facente leveci del Sole, e il Pater, rappre-sentante terreno di Mitra. Non èquindi casuale che anche il

Leones perché sopra le teste deipersonaggi si leggono ancoradelle parole che indicano ilgrado e il nome proprio del per-sonaggio.

Di queste figure, quella cheoggi si distingue meglio è il per-sonaggio situato oltre la metàdella parete, progrediente versodestra, vestito con una tunicagiallo marrone. La testa è contor-nata in giallo e i capelli sonocorti. È possibile riconoscerlasoprattutto dall’oggetto cheporta in mano, una candela acce-sa, la fiamma della quale è colo-rata in giallo e rosso; la manosinistra è tesa e porta un mazzodi quattro candele rivolte versoil basso. L’iscrizione sulla testadice: Nama T[inet]lio Le[o]n[i].

Questo è l’ultimo personag-gio facente parte della processio-ne dei Leoni; subito dopo l’im-magine cambia e si vede unfondo di colore blu scuro cheindica il luogo, cioè la grotta,dove si sta svolgendo la scena dibanchetto tra il Sole e Mitra.Deduciamo che si tratta di que-ste due divinità dal fatto che lefigure sono sdraiate e sulle loroteste c’è un’aureola (quella visi-bile oggi è solo l’aureola di Mitrache si individua sulla destradella parete grazie ai raggi ).Accanto al Sole, leggermente piùin basso e sulla sinistra dellascena, è possibile scorgere unaltro personaggio di cui si rico-nosce la parte superiore delcorpo, con la testa caratterizzatada una maschera di corvo. Sitratta infatti del primo grado ini-ziatico, il Corax (“Corvo”) chenella scena serve a banchetto.

Considerando, quindi, laparete nel suo insieme, abbiamouna processione di personagginel grado di Leones che stannoportando doni (pane, anfora,forse un gallo, candele) alla grot-ta, nella quale sono sdraiate abanchetto le divinità di Sole eMitra. Evidentemente gli oggettiportati sono gli stessi che servi-

Nella pagina accanto: Particolare del-l’ambiente interpretato come stanza delleiniziazioni

Sopra: Aula mitraica, parete sinistra, par-ticolare

Sotto: Aula mitraica, parete sinistra, parti-colare con scena di banchetto tra Sol eMitra

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podio posto sotto questa scenasia separato dalla parte restante,lasciando solo due posti.

Sulla parete meridionale(entrando a destra), troviamodipinti altri personaggi.Partendo da destra, all’altezzadella nicchia con Caute, e proce-dendo verso sinistra, vediamorappresentati su questa primaporzione di parete vari perso-naggi, assai meglio conservatirispetto al resto delle pitture. Sitratta ancora di una processionedi Leones che portano oggetti eanimali per il sacrificio che pre-cede il banchetto sacro. Sulladestra distinguiamo molto beneuna figura con capelli corti ebarba, viso e mani rossicci comeper altre figure, che tiene inmano un cratere; davanti, altripersonaggi che portano un arie-te, un gallo, un cinghiale e untoro bianco a capo della proces-sione (purtroppo oggi la visibi-lità di questi animali è scarsa).Sopra le teste degli individui,troviamo ancora la parola nama,nel senso di “lode, onore a”,seguita dal nome proprio e dalgrado rivestito da ciascuno diessi, trattandosi anche in questocaso del grado del Leone.

L’impressione che si ha, ana-lizzando soprattutto gli animaliportati al sacrificio, è di trovarsidi fronte ad una raffigurazione

simile a quella dei suovetauriliaromani, tenendo conto della pre-senza soprattutto del cinghiale edell’ariete. Allo stesso tempo,l’esistenza del toro bianco e delgallo fanno riferimento esclusivoal culto mitraico. Infatti il toro èl’animale simbolo per eccellenzadel sacrificio mitraico, in quantoucciso dallo stesso Mitra; il galloera l’uccello persiano consacratosoprattutto al dio Sole e connes-so con Caute (cfr. statua di Cautenella nicchia, che presenta aisuoi piedi il gallo come simbolodel giorno).

Sull’altra parte di parete, cheva dall’apertura centrale sullastessa fino alla grande nicchia,troviamo ancora un’altra proces-sione, questa volta non di Leonesma dei sette gradi iniziatici.

Partendo dall’apertura e pro-cedendo verso sinistra si intrave-de qualche traccia di colore di unvestito pertinente al grado piùbasso che è quello del Corax(“Corvo”). Sopra di esso era lascritta, completamente perduta,[Nama Coracibus tutela Mercurii].Segue una figura, di cui riman-gono solo tracce del volto rivoltoverso l’interno dell’aula, e coper-to da una sorta di velum. Si trattadel Nymphus (“Sposo”), sopra ilquale si legge: Nama [Ny]mphistut[el]a [Veneris]. Il terzo perso-naggio è rappresentato con la

faccia rivolta verso la fronte, macon gli occhi che guardano dilato. Sulla sua spalla sinistra (oranon più visibile) aveva unaborsa militare (sarcina) che loidentifica nel grado del Miles(“Soldato”); sopra di lui l’iscri-zione Nama Militibus tutelaMart[i]s. Della figura che seguerimangono parte delle gambe etracce del volto; all’altezza dellemani, perdute, si intravede unoggetto oblungo, forse interpre-tabile come una stoviglia dafuoco, con residui di colore rossoe nero. Si tratta del grado del Leo(“Leone”); al di sopra la scrittaNama L[e]on[i]b[us] tutela Iovis. Ilquinto personaggio è quasi com-pletamente sparito, rimane soloqualche indizio della tunicadipinta di marrone e blu.Sappiamo che si tratta del gradodel Perses (“Persiano”), perché aldi sopra si conserva l’iscrizioneNama Persis tutela Lunae. Ilpenultimo personaggio raffigu-rato è abbastanza conservato:rimangono elementi di un lungovestito rosso e lo vediamo nel-l’atto di camminare verso l’ulti-mo grado, il Pater, al quale rivol-ge una sorta di saluto con lamano destra sollevata. Si trattainfatti del grado dell’Heliodromus(“Corriere del Sole”), riconosci-bile dalla testa circondata da unnimbo blu e una corona radiata e

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dal globo che porta nella suamano sinistra (questi particolarial momento non è possibile rico-noscerli a causa del degrado del-l’affresco). Sopra la sua testa tro-viamo la scritta [N]ama H[elio-dro]mis tutela S[ol]is.

L’ultima figura dipinta, manon ultima per importanza, èraffigurata seduta su una sortadi sedia dall’alto schienale, convestito rosso recante un’altafascia gialla in vita e con la manodestra sollevata forse per rispon-dere al gesto rivoltoglidall’Eliodromo. Si tratta delPater della comunità, e ciò è con-fermato anche dall’iscrizioneposta accanto alla sua testa,Nama [Patribus] ab oriente ad occi-dentem tutela Saturni.

La prima notazione da fareconcerne proprio le iscrizioniche troviamo sopra ciascuno dei7 gradi. Si tratta di una sorta dilode fatta a ciascun grado, indi-cato però al plurale, posto sottola protezione di un pianeta.Abbiamo quindi:

1) Nama Patribus ab oriente adoccidentem tutela Saturni

(“Onore ai Padri da Oriente aOccidente, posti sotto la prote-zione di Saturno”)

2) Nama Heliodromis tutelaSolis

(“Onore ai Corrieri del Soleposti sotto la tutela del Sole”)

3) Nama Persis tutela Lunae(“Onore ai Persiani posti

sotto la protezione della Luna”) 4) Nama Leonibus tutela Iovis(“Onore ai Leoni posti sotto la

protezione di Giove”)5) Nama Militibus tutela Martis(“Onore ai Soldati posti sotto

la protezione di Marte”)6) Nama Nymphis tutela

Veneris(“Onore agli Sposi posti sotto

la protezione di Venere”) 7) Nama Coracibus tutela

Mercurii(“Onore ai Corvi posti sotto la

protezione di Mercurio”)Indubbiamente, un’evidenza

che risalta leggendo queste dedi-che, è che i gradi vengono indi-cati al plurale, come se fosserorivolte non al rappresentante diciascuno dei sette gradi raffigu-rati nel nostro Mitreo, ma aigradi di tutte le comunità. Ciòpotrebbe far supporre che ilmitreo di S. Prisca sull’Aventinofosse nel III sec. d.C. uno dei piùimportanti di Roma, vista anchel’accuratezza e la particolaritàdelle decorazioni.

All’interno dell’aula mitraica,sul lato sinistro dell’estradossodella volta della nicchia di culto,si trova inciso un graffito, moltointeressante, che può aiutarci adare una datazione più precisasulla fondazione di questoMitreo. Esso è posto a ca. 3 m.dal terreno ed ha lettere alte 5-6cm. Si legge:

Natus prima luce / duobusAugg(ustis) co(n)s(ulibus) / Severoet Anton(ino)/ XII K(alendas)Decem(bres) / dies Saturni / lunaXVIII (“Nato nella luce primor-diale sotto il consolato dei dueAugusti (Lucio Settimio) Severoe (M. Aurelio) Antonino(Caracalla) il 20 novembre nelgiorno di sabato, diciottesimodopo la luna nuova”).

L’iscrizione non riporta ilnome del dedicante ma solo unadata precisa, che è quella del 20novembre del 202 d.C., anno del

consolato dei due imperatoriSettimio Severo e il figlioCaracalla, nel giorno di sabato.

Inizialmente si interpretòquest’iscrizione come un orosco-po di un iniziato dal nome igno-to, cioè riferito alla nascita misti-ca di un adepto. Tuttavia, sem-bra improbabile che un anonimoiniziato abbia osato graffire l’i-scrizione proprio sull’edicolacentrale del culto.

Ma l’ipotesi più curiosa edaffascinante, nonché l’ultima inordine cronologico, è quella datada Margherita Guarducci.Innanzitutto, la Guarducci esclu-de che possa trattarsi di un oro-scopo perché mancano due ele-menti importanti nell’iscrizione,il nome dell’individuo e l’allu-sione ai pianeti. La data del 20novembre del 202 d.C. potrebbeessere quella della dedica dellostesso Mitreo, poiché presso iromani il dies natalis di un diopoteva essere o il vero giorno dinascita stabilito dalla tradizionereligiosa, o il giorno in cui il san-tuario era dedicato. Questa indi-cazione sarebbe ad oggi un uni-cum nei mitrei di Roma e sipotrebbe ricondurre ad una pro-pizia congiuntura astrale.

M.J. VERMASEREN - C.C. VAN

ESSEN, The Excavations in theMithraeum of the Church of SantaPrisca in Rome, Leiden 1965; L.RAGOZZINO, in A. CAPODIFERRO, Ilmitreo di S. Prisca all’Aventino.Guida, Roma 2009. �

Nella pagina accanto, in alto: Aulamitraica, parete destra, processione dileones che portano oggetti per il sacrificio

In basso, al centro: Estradosso sinistrodella nicchia di culto, iscrizione graffita didedica del mitreo

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GLI ANNI DEL TERRORE

el prose-guire l’analisidelle vicendeche caratte-rizzarono il

cinquantennio dell’AnarchiaMilitare (235-285 d.C.), anchealla luce delle più importantitestimonianze archeologiche edocumentarie, non si può pre-scindere dal gettare un rapidosguardo su quel conflitto trapagani e cristiani che andavasempre più evolvendosi all’in-terno della civiltà romana in tuttii suoi molteplici aspetti (sociale,politico, economico e religioso).Se, infatti, a partire dalla metàdel I sec. d.C. e fino alla fine delII sec. d.C., il conflitto fu in parterisolto a vantaggio dei paganimediante le sanguinose persecu-zioni di Nerone, Domiziano,Traiano, Marco Aurelio eSettimio Severo, fino a spingere icristiani ad operare e riunirsiesclusivamente in luoghi diculto nascosti e sotterranei (titulie catacombe), all’inizio del III

NANARCHIAMILITARE

GLI ANNI DEL TERROE

A destra: Sarcofago di Giunio Basso. SanPaolo condotto al supplizio. Roma, GrotteVaticane.

In alto, a destra: Pannello musivo con laraffigurazione di una Ecclesia Mater

Nella pagina accanto, in alto: Mosaicocon scena di martirio

Nella pagina accanto, in basso:Catacombe di Domitilla (interno)

sec. d.C., la situazione sembravain parte attenuatasi. Difatti,dopo la persecuzione diSettimio, che si limitò ad appli-care leggi già in vigore, nondisdegnando talvolta di difende-re i cristiani, seguì un periodo direlativa pace, sostenuto anchedalla progressiva integrazionedei cristiani nella vita sociale ecivile dell’Impero.

Parallelamente cominciavanoad apparire sulla scena storicaeminenti personalità che, salite

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al soglio pontificio, diederoforza e carattere alla causa cri-stiana. Per questo periodobasterà ricordare i nomi diVittore, Zefirino, Callisto e del-l’antipapa Ippolito. Già sotto ilprincipato di Commodo avven-ne che, per la prima volta,l’Impero negoziasse con laChiesa proprio nella persona delvescovo di Roma, Vittore.Marcia, favorita di Commodo,era anche sostenitrice del cristia-nesimo e in stretta relazione con

il Papa. Per questi motivi, l’im-peratore non solo non confermòle persecuzioni avviate dalpadre, ma volle avere una listadei cristiani condannati ad metal-la in Sardegna per liberarli: fracostoro vi era anche il futuropapa Callisto.

Una certa tolleranza si ebbeanche con Caracalla e in seguitocon Elagabalo, sotto il cui princi-pato la Chiesa fu guidata pro-prio da Callisto, malgrado leaccuse mossegli all’inizio dal

primo antipapa della Chiesa,Ippolito. Di quest’ultimo illustreecclesiastico si conoscono diver-se opere fra cui i Philosophumena,in cui si espongono i sistemi filo-sofici antichi e le eresie che adessi si erano ispirati nel negare lavera conoscenza di Dio. AIppolito è stata per molto tempoanche attribuita una statua rin-venuta nel 1551 nei pressi dellavia Tiburtina. In origine la statuanon doveva raffigurare Ippolitoma l’immagine di una filosofa

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epicurea, simbolo della Sophia etrovare collocazione, secondo ipiù recenti studi, in una bibliote-ca posta nelle vicinanze delPantheon. Ciò che vale ricordareè la presenza sul retro e sullefiancate del trono di un’iscrizio-ne con l’elenco di varie opere,nonché del Computo Pasquale,epigrafato ora a buon diritto enell’intento di dare risalto allapasqua cristiana rispetto a quellaebraica, a testimonianza di unanuova stagione di rapporti fra icristiani e l’imperatoreAlessandro Severo (ricordatonell’epigrafe stessa), consideratoun filocristiano insieme alla suafamiglia.

Ma il nuovo periodo assolu-tista che si instaura con gli annidell’Anarchia Militare, necessi-tava di un riconoscimento totaleed indiscusso della sovranitàimperiale anche sotto l’aspettoreligioso, quale divinità. Fu cosìche Gaio Giulio Vero Massimino,appena prese il potere nel 235d.C., si distinse per una nuovasanguinaria persecuzione che,per la prima volta, fu organizza-ta in modo sistematico, andandoa colpire direttamente il clero e,indirettamente, le diverse comu-nità che a questo facevano capo.Lo storico Orosio, ecclesiasticovissuto a cavallo del III e IV sec.

Sopra: San Callisto papa

Sotto: Ritratto di Massimino il Trace

Sopra: San Zefirino papa

In alto, a destra: Statua di Sant’Ippolitopresso la Biblioteca Vaticana

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Sopra: Ritratto di Gordiano I Sotto: El Diem: anfiteatrod.C., descrive così l’ascesa alpotere di Massimino: «Nell’anno987 dalla fondazione di Roma,Massimino, creato ventiduesimoimperatore da Augusto, non pervolontà del Senato, ma dell’eser-cito, dopo aver condotto conbuoni risultati una guerra inGermania, fu sesto dopo Neronea perseguitare i cristiani».

Massimino, quindi, usurpò ilpotere e venne immediatamentemal visto da Roma. Dipinto afosche tinte dagli storici come unselvaggio semibarbaro di umilis-sima estrazione, un energumenodotato di forza eccezionale, ilTrace (così soprannominato perle sue origini) si distinguerà,invece, nello sforzo di ristabilirel’ordine presso le popolazionigermaniche e lungo tutta la linea

del limes. Per fare questo si acca-parrò immediatamente i favoridelle truppe, grazie all’aumentodel salario e ad altre copioseelargizioni, e poi - senza attende-re ordini o consigli dall’Urbe - simise in marcia verso i territorigermanici, dove inflisse unapesante sconfitta agli Alamanni.Nel 237 d.C. si spostò quindi sulDanubio con accanto l’amato egiovanissimo figlio Massimo,nominato Cesare, penetrandoanche in Pannonia e riportando,al termine della campagna belli-ca, vittorie sulle popolazioni deiDaci e dei Sarmati. Ma per ali-mentare questa militarizzazionedell’Impero e, soprattutto, peraffrontare le considerevoli spesemilitari derivanti dalle sue spe-dizioni, Massimino dovetteattuare un’intollerabile politicafiscale fino a giungere alla confi-sca dei beni di alcune città e alrastrellamento di oro e argentoconservato nei sacri templi. Allaprofonda frattura già esistentetra Massimino e il Senato, siaggiunse anche quella fra lapopolazione civile e i militari,finché la provincia che maggior-mente era stata penalizzata da

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questa politica, l’AfricaProconsolare, non si ribellò.Durante il mese di marzo del 238d.C., alcuni proprietari terrieri,infatti, legati al commercio del-l’olio, esasperati dalle pressantirichieste del procurator fisci, sisollevarono, insieme ai loroschiavi e contadini, uccidendosia il funzionario preposto allariscossione dei tributi, sia i mili-tari al suo seguito. Per suffragarequesta insurrezione, i ribelli eles-sero imperatore il proconsoleMarco Antonio GordianoSemproniano, appartenenteall’ordine equestre, che aveva lasua sede proprio a Thysdrus, l’o-dierna El Djem (Tunisia), dove sierano originati i tumulti.

Questa città, che già nel II

sec. d.C. aveva raggiunto unanotevole importanza tale daessere definita come una vera«capitale dell’olio» (PICARD),toccò il suo apogeo proprio nellaprima metà del III sec. con la

costruzione di grandi edifici, fracui spicca il noto anfiteatro cheper ampiezza e capienza erainferiore solo a quello di Roma edi Capua. Scavi e ricerche hannoanche riportato alla luce le rovi-ne di un piccolo anfiteatro, di uncirco, di terme pubbliche esoprattutto di numerose ville dilusso, magnificamente adornatedi statue e mosaici, che attual-mente sono ammirabili neimusei del Bardo e di Sousse inTunisia.

Gordiano I, dopo aver indu-giato sulla sua nomina, accettò,eleggendo come co-Augusto l’o-monimo figlio, Gordiano II, edopo aver informato Roma dellasua elezione, ne chiese l’imme-diata ratifica. Il Senato accolse larichiesta e iniziò a tramare con-tro l’usurpatore Massimino, get-tando Roma in una morsa di ter-

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Nella pagina accanto, in alto a sinis-tra: El Djem: anfiteatro (particolare)

Nella pagina accanto, in alto a destra:El Djem: pannello musivo

Nella pagina accanto, in basso: ElDjem: domus romana (interno)

In alto: El Djem: particolare di compo-sizione musisa con corteo bacchico

Al centro: Moneta con l’immagine diGordiano II

Al centro, a destra: Ritratto di Pupieno

Sopra: Denario di Clodio Macer per laLegio III Augusta

rore che portò prima all’uccisio-ne di Vitaliano, il fido prefettodel pretorio del Trace, e poi almassacro di molti delatori esostenitori del lontano imperato-re da parte della folla. Sul fronteafricano, intanto, un altro fedeleufficiale dell’esercito diMassimino preparava la suaopposizione ai Gordiani:Capelliano, che a capo dellaLegio III Augusta si oppose aGordiano II in una terribile bat-taglia nei pressi di Cartagine,dove quest’ultimo venne uccisoe sconfitto. Gordiano I alla noti-zia dell’uccisone del figlio, si

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tolse a sua volta la vita, impic-candosi a Cartagine, onde evita-re di cadere nelle mani diCapelliano. Siamo appena allafine di aprile del 238 d.C. e Romacade in un nuovo, pauroso,vuoto di potere, con Massiminopronto a marciare sull’Italia perriprendersi la porpora e scon-trarsi definitivamente con il

Senato. Roma quindi si appre-stava a preparare la difesa deisuoi territori e della città e ilSenato, prendendo in mano lasituazione, istituì una commis-sione di venti uomini, tutti dirango senatorio, con il fine digestire meglio gli eventi e lapolitica interna. Fu proprio inseno a questa commissione, riu-

nitasi segretamente nel tempiodi Giove Capitolino o in quellodella Concordia, che furono pre-scelti due personaggi cui desti-nare il potere supremo nell’am-bito di una rinnovata diarchiaconsolare di stampo repubblica-no: Marco Clodio PupienoMassimo, già valente generale eproconsole di Bitinia, e DecimoCelio Calvino Balbino, di nobilenascita, già console e proconsoledi diverse provincie dell’Impero.

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Avvenne però un fatto cheavrebbe determinato il corsodegli eventi futuri, di cui fu pro-tagonista il popolo di Roma.L’elezione di Pupieno, infatti,non fu ben accolta né dalla pleberomana, né dai pretoriani e daalcuni membri del Senato, cheobbligarono i due nuovi porpo-rati a nominare, quale Cesare, ilgiovane Marco AntonioGordiano Pio, il futuro GordianoIII, di aristocratica nascita e for-mazione, e molto apprezzatosoprattutto da quella fazione delSenato legata alla famiglia deiGordiani che tanto aveva fattoper opporsi all’assolutismo diMassimino.

Per comprendere bene qualesia stato il clima di paura e didiffida che ogni cittadino roma-no provava verso il prossimo,basterà ricordare un singolarefatto accaduto nell’area del Foro

Nella pagina accanto, in alto: Ritrattodi Gordiano III

Nella pagina accanto, in basso:Aquileia: il Foro

Sopra: Aquileia: particolare degli scavi

Sotto: Aquileia: il Porto fluviale

A destra: Aquileia: veduta degli scavi

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A sinistra: Antoniniano di età gallienicaper la Legio II Parthica

Al centro, a sinistra: Ritratto di Balbino

Al centro, a destra: Ritratto della con-sorte dell’Imperatore

In basso: Sarcofago di Balbino presso leCatacombe di Pretestato

Nella pagina accanto: Sarcofago diAcilia: scena della designazione diGordiano III da parte del Senato

Romano, vicino alla Curia, chescatenò gravi disordini fino atrasformarsi in una vera e pro-pria guerriglia urbana. Duranteuna riunione del Senato, duepretoriani, incuriositi, entraronodisarmati nella Curia, ma allaloro vista alcuni senatori, temen-do un nuovo attacco alle istitu-zioni, si avventarono sui militari,uccidendoli. In particolare, ilsenatore Gallicano cominciò afomentare il popolo contro icompagni dei pretoriani uccisi,

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che furono inseguiti finché que-sti non ripararono nel CastroPretorio. La rivolta tuttavia nonsi fermò: i cittadini romani siarmarono e aiutati dai gladiato-ri, portarono un rapido attaccocontro il Castrum fino a tagliarele condutture di adduzione del-l’acqua, scatenando così gli stes-si pretoriani che, a loro volta,con rapide rappresaglie, incen-diarono diverse parti della città.Solo la vista del giovaneGordiano III contribuì a placaregli animi e a riportare a Roma unclima di precaria serenità.

Pupieno fu quindi inviato acontrastare l’esercito diMassimino che - abbandonandoil Danubio e muovendo daSirmio con un poderoso esercito- era già giunto a superareEmona (odierna Lubiana) peravvicinarsi pericolosamente adAquileia. Il piano strategico con-tro il Trace fu semplice: bisogna-va togliere ogni possibilità dirifornimento e di razzia al suoesercito. Fu quindi disposto chetutti gli abitanti di villaggi o cit-tadelle prive di difese abbando-nassero le loro case, portandovia viveri e bestiame per rifu-

giarsi nei centri urbani fortificati.In questo modo Massimino e ilsuo esercito, una volta giunto adAquileia, baluardo dell’Italia set-tentrionale, da assediante diven-ne assediato (MAZZARINO). Il bel-lum Aquileiense non cominciòquindi positivamente perMassimino che aveva già trovatoun primo e notevole ostacolo nelguadare l’Isonzo, dal momentoche gli abitanti di Aquileia ave-vano distrutto il ponte allaMainizza. Una volta giunto aridosso della città, i suoi attacchivennero respinti grazie allemura, che erano state adeguata-mente rinforzate, e al coraggiocon cui gli aquilensi si batteva-no. A questo punto si attuò unespediente da parte dei difensoridi Aquileia che psicologicamen-te diede il colpo di grazia al giàfiaccato esercito di Massimino:venne diffusa la voce che al fian-co di Aquileia e in difesa dellacittà era stato visto combattere ildio celtico del fuoco e della luce,Belen. Questa voce spinse i mili-tari della II Legio Parthica, gliAlbanesi, già stremati e timorosidi ritorsioni del Senato sui lorofamiliari, a rivoltarsi contro

Massimino, che fu ucciso insie-me al figlio agli inizi del maggiodel 238 d.C. Il Senato aveva dinuovo trionfato ed era stata ven-dicata la soppressione dellarivolta africana da parte deiGordiani. Il popolo esultava intutta l’Italia. Erodiano e gli scrit-tori dell’Historia Augusta ricor-dano il macabro rituale riservatoalle salme del Trace e di suofiglio: i corpi dati in pasto aglianimali e le loro teste infilzate sulance e spedite prima a Ravennae poi a Roma, dove furono arsenel Campo Marzio tra le ingiuriedella plebe.

Al termine di questa guerracivile si riaprirono immediata-mente i problemi legati alla dife-sa del limes: in Oriente i Persianiavevano di nuovo invaso laMesopotamia, mentre i Germaniavevano varcato i confini delDanubio. Tra i due imperatori,inoltre, si generò qualche attrito,alimentato anche da un certorancore di Balbino nei confrontiPupieno per i suoi trionfi milita-ri, insieme al timore che l’unovolesse disfarsi dell’altro.Pupieno, quindi, una volta rien-trato a Roma si trovò a rivivere,

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insieme all’altro Augusto,momenti di forte tensione dovu-ta alla rinnovata lotta fra preto-riani e senatori per il controllodello Stato, e nell’intento di eli-minare il pericolosissimo Cesare,Gordiano, imposto dal popolo,ordirono una congiura che fallì.Pupieno e Balbino caddero quin-di in disgrazia e vennero elimi-nati nel luglio del 238 d.C.,durante i Ludi Capitolini, daparte di un drappello di preto-riani penetrati nel Palazzo impe-riale rimasto senza alcuna dife-sa. Seguì per loro la damnatiomemoriae per un principato dura-to circa cento giorni. GordianoIII sembrò la persona giusta perporre fine alla profonda crisipolitica di Roma e fu acclamatoimperatore.

Uno dei più importanti docu-menti artistici che ci siano perve-nuti per questo periodo è rap-presentato proprio dal grandio-so sarcofago di Balbino.Rinvenuto sulla via Appia innumerosi frammenti, in partericomposti e restaurati, e conser-vato presso le catacombe diPretestato, è l’unico sarcofagoimperiale noto. Sul coperchio èraffigurata la coppia imperiale:Balbino e sua moglie, di cui pur-troppo non ci è giunto il nome,sono distesi sulla kline e volgonolo sguardo l’uno verso l’altra. La

fronte presenta a destra ilmomento nuziale fra i due con iltema tanto caro ai romani delladextrarum iunctio. Al centro,invece, i due coniugi offrono unsacrificio di ringraziamento.Balbino, in abiti militari (lorica),è accompagnato anche dalla deaVittoria che gli cinge la testa(perduta) con una corona di allo-ro. Assistono alla cerimoniaalcune importanti divinità e per-sonificazioni: Marte, in nuditàeroica; l’ Abbondanza, riconosci-bile dalla cornucopia che tiene inmano, e, infine, la dea Roma inabiti amazzonici. Di improntaclassicista, questo monumentodell’arte scultorea del III sec.d.C., mostra - accanto al tradi-zionale rigore nella disposizionedelle figure - un notevole aspettopsicologico che emerge dairitratti della coppia imperiale,dove la componente fortementeespressiva è resa nella lavorazio-ne delle superfici dei volti e deitratti somatici.

La designazione di GordianoIII prima a Cesare e poi adAugusto da parte del Senato,dopo la morte di Pupieno eBalbino, è probabilmente ricor-data su di un altro sarcofagoritrovato ad Acilia e conservatoal Museo Nazionale Romano diPalazzo Massimo. Si deve aBianchi Bandinelli l’interpreta-

zione che vede nella figura digiovane rappresentato sul latosinistro curvo Gordiano III,verso cui compie un gesto diindirizzo il personaggio barbato,togato e con diadema, identifica-bile con il Genius Senati. Il sarco-fago, del tipo a tinozza, scolpitoin un unico blocco di marmopario, doveva appartenere aquel filone molto diffuso nel IIIsec. d.C. e caratterizzato dallapresenza di una coppia di sposiuniti nella dextrarum iunctio: alcentro della cassa, anche se nonpiù conservate, dovevano quin-di apparire le immagini dei geni-tori di Gordiano III, MeciaFaustina e il console GiulioBalbo.

Il giovane imperatore, anco-ra tredicenne, all’inizio del suoprincipato ebbe infatti al suofianco tanto la madre, quantoaltri importanti personaggi delSenato o della Prefettura delPretorio che influenzaronomolto le sue decisioni, sostituen-dosi non poche volte allo stessosovrano nell’amministrazionedello Stato. La svolta nel suobreve periodo di supremocomando si avrà solo nel 241d.C., quando - in età ormaimatura - prenderà in sposa FuriaSabina Tranquillina. Questo

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avvenimento portò il padredell’Augusta, Timesiteo, perso-naggio autorevole e provvisto digrande esperienza in campopolitico e militare, alla nomina aprefetto del pretorio. La strettaunione tra i due personaggi, incui la perizia di Timesiteo pri-meggiava sull’inesperienza diGordiano, giunse proprio almomento opportuno.

In quello stesso anno, inPersia, Shapur (Sapore) prese ilpotere e da acerimo nemico diRoma, passata la Mesopotamia,invase la Siria, arrivando adassediare e a conquistareAntiochia. Come al tempo diAlessandro Severo, si rinnovavacosì la secolare lotta fra Romanie Persiani e, soprattutto, tornavain auge il primato e l’importanzadell’esercito, dopo il momenta-neo predominio dell’ordinesenatorio. Agli inizi del 242 d.C.,Gordiano III con al suo fiancoTimesiteo, vero capo della spedi-zione, partì per la campagnad’Oriente dopo aver compiuto

due gesti di particolare rilevanzasimbolica, che ebbero grandeimpatto su tutte le popolazionidell’Impero: l’apertura delleporte del Tempio di Giano e l’i-stituzione di una gara atletica inonore di Atena. Se con il primogesto, Gordiano, volle riallac-ciarsi a quegli ideali guerrieripropri dei primi anni del princi-pato, con il secondo l’intento fupiù lungimirante. OnorareAtena significava onorare quelladea che aveva difeso Atene e latutta Grecia contro quegli stessinemici, i Persiani, che ora, nuo-vamente, minacciavano Roma el’Occidente. In questo modoGordiano chiamò a raccoltaanche tutte le città dell’Orientein nome di una sola civiltà e diuna religione comune. E imme-diata fu la risposta dell’Oriente,che acclamò il giovane imperato-re con termini entusiastici per laritrovata felicità dell’epoca,come nell’esempio di Efeso dove

veniva già onorato quale NuovoSole. Tuttavia, per riorganizzarel’esercito e prepararlo ad unacosì vasta e annunciata spedizio-ne, Gordiano non poteva contaresolamente sui nuovi arruola-menti dei contadini e sulle vec-chie milizie. Si assistette quindi,per la prima volta in manieracosì massiccia, ad un fenomeno,che è stato definito come la «bar-barizzazione dell’esercito», e chesi concretizzò mediante l’arruo-lamento individuale di forzemercenarie, appartenenti soprat-tutto ai Goti e ai Carpi (prove-nienti dall’area dei montiCarpazi). Se da un lato questofenomeno permise di conseguirenuovi successi militari nella dife-sa del limes da parte di Roma e diampliare quel processo di inte-grazione e romanizzazione dellepopolazioni barbariche, dall’al-tro creò non pochi problemi chesi manifesteranno soprattuttonella seconda metà del III sec.

Nella pagina accanto: Sarcofago diAcilia: particolare della testa di Gordiano III

Sopra: Rilievo rupestre sasanide conShapur, Gordiano III e Filippo l’Arabo

In basso: Il Parco dei Gordiani aRoma:Mausoleo

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d.C.La marcia di Gordiano III e

di Timesiteo fu immediata ecoronata da diversi successi. Trail 242 e il 243 d.C. i Persiani furo-no respinti nei loro territori conla liberazione di Antiochia e lariconquista di Carrhae e Nisibis,fino alla definitiva battaglia diResaina (Mesopotamia). A que-sto punto si registra una diver-genza tra le fonti. Da un lato, gliscrittori della Vita di Gordianoesaltano le vittorie riportate daiRomani, che si sarebbero spinti

fino a Ctesifonte, la capitale deiSassanidi, per tentare di conqui-starla, dall’altro, le Res Gestae diSapore, pur ammettendo alcuneperdite, narrano che i Romanivennero sconfitti ai confini conl’Assiria, determinando la fine diGordiano III. Una cosa è certa:Timesiteo, durante la campagnapersiana morì e il nuovo prefettodel pretorio, Marco GiulioFilippo (a cui fu anche attribuitala responsabilità delle morte diTimesiteo), approfittando del’i-nesperienza di Gordiano e di un

momento di sbandamento del-l’esercito in battaglia, sollevò letruppe con un colpo militare efece eliminare il giovane impera-tore, prendendone il posto.Filippo, detto l’Arabo in quantooriginario della Traconitide (asud di Damasco) si affrettò a farepace con Shapur, pagando alsovrano sassanide un pesantetributo tra la fine di febbraio e gliinizi di marzo dell’anno 244 d.C.

Per quanto riguarda l’operadi Gordiano III, nei suoi sei annidi principato la Vita Gordianorumricorda la realizzazione di unmaestoso doppio portico nelCampo Marzio, in cui trovaronoposto una basilica, un deambu-latorio e splendidi giardini.Diversa invece, allo stato attualedelle ricerche, la questione chetende a considerare i resti dellavilla romana posta sulla viaPrenestina come pertinenti aquella Villa Gordianorum menzio-nata nella Historia Augusta. Ilbiografo ricorda la presenzanella Villa di un portico formatoda duecento colonne (per ognilato marmi diversi: cipollino,portasanta, pavonazzetto e gial-lo antico), oltre ad altri splendidiedifici, tra cui si distinguevano

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tre basiliche e impianti termalitra i più fastosi dell’Impero. Ilcomplesso, così come ci è perve-nuto, si articola in diverse strut-ture per le quali sono state indi-viduate almeno tre fasi edilizie apartire dall’età repubblicana (Isec. a.C.) fino agli inizi del IVsec. d.C. Fra i vari edifici conser-vati spiccano l’aula ottagonale,coperta a cupola, e soprattutto ilc.d. Mausoleo di Tor de’ Schiavi,un sepolcro realizzato su duelivelli e decorato da importantipitture, stando anche ai numero-si disegni e acquarelli eseguitinei secoli scorsi dai viaggiatoriammirati dalla campagna roma-na. Alla parte più antica dellaVilla dovevano appartenere iresti di un atrio, di un balneumprivato, di un criptoportico e diun’area produttiva con cisterne,mentre agli interventi realizzatinel II sec. d.C. si deve attribuireuna grande aula termale. E’quindi evidente che siamo inpresenza di una villa che nascein età repubblicana con finalitàproduttive e si trasforma nelcorso dei primi due secolidell’Impero in residenziale,senza tuttavia raggiungere ilfasto che in questo periodo ave-vano le dimore degli imperatori.

Di sicuro la villa entrò a far partedel demanio dell’imperatore allafine del III sec. d.C., come testi-monia la costruzione delMausoleo, destinato senz’altro aun componente della famigliaimperiale.

Con l’avvento di Filippol’Arabo si consolidò il poteredell’esercito e soprattutto lasupremazia del Pretorio sulSenato. Sotto questo imperatoreritornerà anche l’usanza, già

Nella pagina accanto, in alto: Il Parcodei Gordiani a Roma: veduta

Nella pagina accanto, in basso: Shahba(Philippopolis) Veduta generale delle terme

Sopra: Shahba (Philippopolis): ilPhilippeion

Sotto: Shahba: (Philippopolis): le Terme

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attuata tra il principato diAntonino Pio fino a quello deiSeveri, di cooptare alla reggenzadell’Impero un proprio familiarecon l’intento di assicurare la suc-cessione nel creare una nuovadinastia, e di celebrare, pertanto,il prestigio della propria fami-glia. Filippo, non a caso, dopoaver nominato Augusta lamoglie ed aver divinizzato ilpadre (mai salito al porporato),nominerà prima Cesare e poi,nel 247 d.C., Augusto, il figlioMarco Giunio Severo Filippo,

che aveva appena sette anni.Dopo l’onerosa pace stipulata

con i Persiani nel 244 d.C.,Filippo si trattenne, durante laprimavera e parte dell’estate, inOriente, dove ebbe modo diintervenire su alcune città cheerano state devastate da Shapur.In particolare, abbiamo testimo-nianze circa i suoi interventi inPalestina e Siria, soprattuttonelle attuali città di Nablus e diBostra. A soli 12 miglia di distan-za da quest’ultima, nel villaggioche aveva visto la sua nascita,fondò anche la Colonia diPhilippopolis, l’odierna Shahbasiriana.

La città, con il suo impiantoquadrangolare cinto da mura ele porte collocate ai limiti delcardo e del decumano, conserva

Sopra: Shahba: (Philippopolis): il Teatro

In basso, a sinistra: Shahba:(Philippopolis): Mosaico con la raffigu-razione di Aion e le Stagioni

In basso, a destra: Particolare delMosaico con la raffigurazione di Aion e leStagioni

Nella pagina accanto, in alto: Monetadi Filippo l’Arabo con belva a ricordo deigiochi per il millennio dell’Urbe

Nella pagina accanto, al centro: Aureodi Filippo l’Arabo a commemorazione delmillennio dell’Urbe

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ancora oggi gran parte degli edi-fici realizzati da Filippo. Intornoal punto di incrocio fra i dueprincipali assi viari, erano dispo-sti i monumenti più rappresen-tativi: il teatro poggiato su diuna collinetta, la basilica, ilpalazzo imperiale e due templidedicati alla celebrazione dellafamiglia di Filippo e, in partico-lare, del padre Marino divinizza-to (Philippeion). In zone più peri-feriche erano distribuiti gliimpianti termali, le insulae, l’areadella necropoli e alcune villeresidenziali da cui provengonocomposizioni musive di notevo-le bellezza e valore artistico. Lacittà, dopo la morte dell’impera-tore, non venne completatarimanendo così, per certi aspetti,chiusa storicamente nella suabreve parentesi architettonica, epuò essere a ragione consideratal’ultima delle città romane fon-date nel Medio Oriente. Vale lapena soffermarsi su uno deinumerosi mosaici che la coloniadi Philippopolis ha restituito, nelquale - oltre al valore artistico - è

possibile individuare alcunispunti relativi alla mutata visio-ne religiosa avvenuta durante ilprincipato di Filippo l’Arabo.Conservato al Museo diDamasco, il mosaico, che hasubito qualche rimaneggiamen-to nelle epoche successive, è bor-dato da quadrati intorno ai qualisi snoda il motivo della greca. Alcentro si trova la figura di Gea,circondata da quattro puttiniidentificabili con le personifica-zioni romane delle Stagioni(Ore). Alle spalle di Gea, semprein posizione centrale, sono rap-presentati Trittolemo, il geniobenefico delle terre coltivate, acui Demetra insegnò l’uso deglistrumenti per lavorare la terra, ela personificazionedell’Agricoltura, nota col nomedi Gheorghia. Sulla destra compa-re Prometeo, intento a modellarela prima figura umana conaccanto Afrodite e, sul registrosuperiore, Hermes fiancheggiatoda due figure femminili, fra lequali è stata individuata l’imma-gine di Psiche. Sulla sinistra,

invece, sta seduta la figura diAion, nel cui volto si è tentato diriconoscere l’effige dell’impera-tore Filippo. Aion, il tempo asso-luto, la divinità solare suprema eprimordiale, opposta a Cronosproprio perché quest’ultimo rap-presenta il tempo nella suaquantità e relatività, ha alle spal-le le quattro Stagioni. Completala composizione, in alto, la raffi-gurazione dei quattro venti prin-cipali, due per parte, con al cen-tro due Geni che fanno sgorgareacqua sulla terra da due conteni-tori. Il carattere fortemente sim-bolico di tutta la rappresentazio-ne si discosta dalle tradizionaliscene mitologiche in cui com-paiono cicli epici o divinità a séstanti, come era d’uso nel pano-rama iconografico ellenistico-romano. Qui, invece, il principa-le soggetto a cui alludono tuttele figure, divinità comprese, è ilciclo naturale della vita, nellesue continue e periodiche muta-zioni e rinnovamenti. Siamoquindi di fronte alla celebrazio-ne del Buon Governo e delSaeculum Aureum, in cui Aion(con il volto di Filippo) permettee favorisce tutte le attività. Talevisione si inserisce bene in quel-l’atmosfera di unificazione epacificazione tra tutte le genti ele religioni che si stabilisce inquesti anni di principato, ripren-dendo la tendenza già attuatasisotto il regno dei Severi. E que-sto in special modo per quantoriguardava il rapporto con il cri-stianesimo. Filippo, infatti,secondo molti scrittori cristiani,da Eusebio di Cesarea a Orosio,viene considerato il primo impe-ratore cristiano anche attraversoil racconto di vari episodi, fra cuiquello che lo vide presentarsi auna funzione religiosa alla vigi-lia della Pasqua e che gli fuimpedito l’accesso dal vescovodel luogo, se prima egli non sifosse confessato e pentito. A que-sto Filippo si sottomise benevol-mente, dimostrando il suo

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lo e dal senato, il nuovo impera-tore si dedicò per ben due anni aRoma realizzando anche nuovecostruzioni, come ricordaAurelio Vittore, tra cui una fon-tana monumentale nell’area diTrastevere e una nuova residen-za sul Celio. Ma soprattutto l’o-pera di Filippo, nel pieno rispet-to della migliore tradizioneimperiale, fu quella di provvede-re alla sistemazione e al rinnova-mento del complesso sistemaviario, come testimoniano inumerosi miliari che ci sono per-venuti e che riportano il suonome.

Nel frattempo, dalle provin-cie orientali della Mesia e dellaDacia giungevano notizie circale continue scorrerie dei Carpi.Filippo dopo averli placati condonativi, come fu per la paceottenuta con Shapur, fu costrettoa muoversi con l’esercito, ripor-tando vittorie onorevoli che lovidero di ritorno a Roma nellaprimavera del 247 d.C. cometrionfatore. Difficilmente, neiprecedenti decenni, si era giunti,come con Filippo, ad un cosìgrande consenso verso l’impera-tore da parte non solo di Roma,ma anche di molte delle provin-cie romane. Territori pacificati eserenamente amministrati da unabile imperatore; la capitalefinalmente riportata ai massimiallori per la sua secolare tradi-zione di guida politico-culturale.Quale migliore premessa, quin-di, a quel primo Millennio diRoma che stava per celebrarsi e

per il quale fervevano imponen-ti preparativi. Le fonti si soffer-mano molto su questi festeggia-menti, avvenuti il 21 aprile del248 d.C. Tre giorni e tre notti difeste ininterrotte, svolte in tuttele città dell’Impero e in partico-lare a Roma, dove si susseguiro-no spettacoli nei teatri e soprat-tutto nel Colosseo, nonché corsenel Circo Massimo ,a cui l’impe-ratore assistette dall’alto del suaresidenza sul Palatino. Le mone-te di questo periodo ricordanoampiamente questi avvenimenti.Corredati dalla legendaSaeculares Augustorum vengonoraffigurati sui conii animali eso-tici come ippopotami, stambec-chi, cervi e leoni, proprio a ricor-do delle fiere esibite in occasionedei giochi. Altre monete ripro-pongono invece il cippo o lacolonna commemorativa dell’e-vento.

Ma la situazione generaledello Stato, invece, non era pro-prio così radiosa. Nuove e pres-santi difficoltà militari stavanonascendo in Persia; segnali diguerra giungevano dalle popola-zioni della Dacia e soprattuttoda quelle genti Gote, che solopochi anni prima erano state alfianco di Gordiano III, comemercenarie, durante le campa-gne orientali, e che Filippo inseguito aveva liquidato controppa superficialità, togliendoloro il soldo. A questo si aggiun-sero le diverse nuove acclama-zioni di imperatori da partedelle legioni stanziate lungo i

In alto: Ritratto di Traiano Decio

A destra: Moneta con l’immagine diTraiano Decio

Nella pagina accanto, in alto: Piantadelle Terme Deciane sull’Aventino

Nella pagina accanto, in basso: Roma,Terme Deciane: particolare delle fondazioni

nuovo sentimento religioso(EUSEBIO).

Ma l’imperatore siriano fuanche uno strenuo difensore deivalori pagani, da quelli che sileggono sulla sua monetazione,fino alla volontà di divinizzare ilpadre e, come vedremo, attra-verso la forte aspirazione a bencelebrare il Millennio dell’Urbe.Meglio sarebbe considerareFilippo non solo tollerante versoogni credo religioso, ma soprat-tutto desideroso di portare unitàe pace nell’Impero, sotto lasovranità di una nuova famiglia,la dinastia da lui avviata, e acco-gliendo benevolmente tutte lenuove forze ed energie che sta-vano nascendo ed evolvendosi,secondo quel ciclo naturale dellavita che viene così chiaramenteespresso nel mosaico diPhilippopolis.

Giunto a Roma nel luglio del244 d.C. e ben accolto dal popo-

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confini, sempre più affamate dibottino e di potere fino al puntodi schierarsi con il primo genera-le disponibile ad accontentarle.

Filippo, a questo punto, videprobabilmente sfumare il sognodi aver avviato una nuova epocain cui l’Impero fosse felicementeunito sotto la sua guida. Si assi-stette pertanto a un evento chemai era accaduto nell’ambitodella storia di Roma: Filippo sipresentò in Senato per dare lesue dimissioni. Immediata fu lareazione dei senatori che rifiuta-rono tale proposta e, fra tutti, sidistinse il prefetto urbano CaioMesio Quinto Traiano Decio, suoleale collaboratore e amico. Fucosì che l’Arabo, se pur sfiducia-to, riprese il comandodell’Impero e inviò proprioDecio a far fronte agli attacchidei barbari lungo le sponde delDanubio. E qui Decio si distinseper abilità ed esperienza, ricac-ciando i Goti e venendo in segui-to acclamato imperatore dallesue truppe. Le fonti ricordano ilsuo immediato rifiuto, vistianche i rapporti con Filippo el’impegno profuso poco tempoprima nel farlo desistere dallarinuncia al trono. Tuttavia

Filippo non gradì questa accla-mazione e marciò subito controDecio. Nel settembre del 249d.C. i due imperatori-soldati siscontrarono a Verona e Filippotrovò la morte, come era d’uso,per mano amica, nella sua tenda.Poco dopo anche il figlio vennebarbaramente trucidato a Roma.

Così, dopo soli cinque anni emezzo, ad un esponente delPretorio e dell’esercito si sostituìun membro dell’ordine senato-rio. E come i suoi predecessorianche Decio, espressione delSenato, impose nuovamente unapolitica reazionaria e fedele allapiù profonda tradizione dellaromanitas. Uno dei primi atti delnuovo imperatore fu infatti quel-l’editto che è passato alla storiacome una delle più feroci perse-cuzioni contro i cristiani. Ma aben vedere e seguendo in parteuna critica positivista sull’opera-to di Decio, il suo intento fuquello di verificare la fedeltà e lalealtà dei cittadini e dei militariverso quei valori che avevanoreso grande Roma e il suoImpero e tra i quali il paganesi-mo aveva avuto un ruolo essen-ziale. Un gesto che perciò ben si

inseriva all’interno del potereassolutista degli imperatori diquesto periodo. Decio preteseche ogni cittadino sacrificassedavanti a una commissione aglidei e al genio imperiale alloscopo di ottenere una certifica-zione che comprovasse il suoprofondo legame con le istitu-zioni politico-religiosedell’Urbe. L’editto quindi non fuun atto contro la Chiesa diRoma, ma contro tutti coloro chenon intendevano più seguirel’ordinamento dello Stato cosìcome era stato costituito già all’i-nizio dell’età imperiale. Diversidati archeologici confermanoquesta tesi, come il fatto che innessuno dei diversi libelli (certi-ficati) che ci sono giunti, si famenzione del cristianesimo. Siaggiunge che l’atto di idolatrianon venne richiesto solo ai cri-stiani e, poco tempo dopo (sipensa a un periodo di qualchemese), tali disposizioni furonointerrotte senza vessare ulterior-mente la comunità ecclesiastica.Anche le fonti cristiane testimo-niano che nella maggior partedei casi la pena si ridusse al car-cere temporaneo e, in altri, si

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giunse addirittura ad un’assolu-zione. Probabilmente la generalee positiva reazione di massadella plebe romana al paganesi-mo, ancora molto forte in quel-l’epoca, fu sufficiente a Decioper ottenere la risposta che desi-derava in termini di devozione edi vincolo alla figura simbolica ereligiosa del genio dell’impera-tore.

Ma è pur vero che in questidue anni di principato di Deciomorirono martirizzati personag-gi come Apollonia, Agata esoprattutto il vescovo di Roma,Fabiano, che sedeva sul sogliopontificio da ben quattordicianni. Quest’ultimo atto, comun-que, si inserisce in problemati-che di natura economica, come èstato ipotizzato dal Rostovtzeff,dal momento che si volle ancheintervenire sulle sempre più cre-scenti e cospicue proprietà dellaChiesa. E’ noto infatti il passo diCipriano in cui viene ricordatauna frase che Decio rivolse a

Fabiano nell’indicare rispetto estima nei suoi confronti: «Avreipreferito avere un qualunqueforte competitore e rivaledell’Impero e non lottare colvescovo di Roma».

Al contrario, in seno allaChiesa romana, si attuò uno sci-sma. Molti furono infatti i lapsi (icristiani che, con la paura diritorsioni, fecero atti di adorazio-ne agli dei pagani) e molti furo-no i libellatici (quelli che, attra-verso documenti falsi, riuscironoa documentare l’avvenuto sacri-ficio agli dei). Questo determinòil problema se fosse stato lecito omeno riammetterli fra coloro cheprofessavano la fede cristiana,dopo lo sbandamento che lecomunità ebbero a subire a causadell’editto di Decio. Il presbiteroNovaziano, infatti, che successeper qualche mese a Fabianocome vescovo di Roma, si oppo-se fortemente ai moderatiCipriano e Cornelio e quandoquest’ultimo venne eletto papa,fu necessario convocare un con-cilio per affrontare la questione,che chiaramente si risolse a van-taggio delle idee del nuovo suc-cessore di Pietro.

Un’altro dei principali atticompiuti da Decio dopo la suanomina fu quello di nominareCesari i suoi due figli, Etrusco ed

Ostiliano. La sua permanenza aRoma fu brevissima. I confinidell’Impero erano di nuovo esempre più seriamente messi inpericolo dal riaffacciarsi dei Gotilungo la linea danubiana. Questiultimi, oltre ad aver stipulatodiverse alleanze con altre gentibarbariche, fra cui i già temutiCarpi, si erano riorganizzatisotto la guida di un comandanteabile e deciso: Kniva. Tuttavia,nei mesi precedenti alla ripresadelle guerre, Decio ebbe mododi intervenire sulla manutenzio-ne della viabilità e dotò Roma dinuove opere architettoniche.Sull’Aventino, infatti, fu realiz-zato un impianto termale cheportava il suo nome: le TermeDeciane. Ricordate nei CataloghiRegionari del IV sec. d.C., insie-me a quelle di Licinio Sura, que-ste Terme vengono collocate nel-l’area compresa fra l’attualepiazza del tempio di Diana e ilCasale Torlonia, che ne avrebberiutilizzato parte delle murature,ancora visibili nei sotterraneidell’edificio.

Nella seconda parte dell’an-no 250 d.C. Decio mosse guerracontri i Goti di Kniva. Si susse-guono in questi mesi diversebattaglie e scontri, in cui inter-vennero anche atti di sabotag-gio, tradimento e altri tentativiostili a Decio proprio da partedei suoi stessi collaboratori, tra iquali va ricordato il generaleTreboniano Gallo. Dopo avertrionfato su Kniva a Nicopoli

Sopra: Moneta di Treboniano Gallo

In basso: Statua in bronzo di TrebonianoGallo

Nella pagina accanto: Sarcofago GrandeLudovisi: fronte

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(sulla riva destra del Danubio inBulgaria), Decio, nella primave-ra del 251 d.C., andò a difenderePhilippopolis, che era stata attac-cata e saccheggiata dai Goti.L’imperatore, tuttavia, nonpotendo impedire quella distru-zione tentò di bloccare la ritiratadei Goti verso il Danubio.L’astuto Kniva seppe però ten-dere una trappola all’esercitoromano così da scontrarsi di sor-presa in territori a lui favorevoli,riuscendo prima a uccidere ilfiglio di Decio, Erennio, e infinead avere ragione anche dell’im-peratore ad Abritto (importantecittà della Mesia, sui cui restisorge l’odierna città di Razgradin Bulgaria). Le fonti e, in parti-colare, Zosimo riportano le ulti-me, concitate, fasi della battagliain cui ebbe un ruolo decisivo iltradimento di Treboniano.Decio, seguendo i consigli delsuo fidato generale, si gettò nelguado di una zona paludosapensando di attaccare i nemici,ma lì restò bloccato nel fango,subendo così una terribile fine.Treboniano fu quindi acclamatoimperatore e per legalizzare lasua nomina, nascondendo ancheil tradimento, volle accanto a sécome Augusto il figlio maggioredi Decio, Ostiliano, ancora invita. Contemporaneamente ilnuovo imperatore elesse aCesare il figlio Volusiano e con-cesse ai Goti quanto chiedevano:bottino, prigionieri romani e untributo annuo.

Ma Ostiliano poco tempodopo morì, probabilmente anco-ra per tradimento, lasciando cosìTreboniano e il figlio alla guidadell’Impero.

Nel Museo di PalazzoAltemps a Roma è esposto il sar-cofago noto come GrandeLudovisi, rinvenuto nel 1621 inuna vigna fuori Porta S. Lorenzo.Quasi sicuramente - secondo glistudi più recenti - nella scenadella fronte si potrebbe ricono-scere la rappresentazione della

battaglia di Abritto. Romani eGoti combattono la furiosa batta-glia in un groviglio di corpi; iloro volti esprimono con grandepathos la furia e l’angoscia deivinti, nonché il fervore e l’esalta-zione dei vincitori. I barbari sonoraffigurati con pantaloni orienta-li e copricapi frigi, dimostrandocome le genti gote avevano presole abitudini e i costumi dellepopolazioni del basso Danubio edel Ponto, in cui si erano stanzia-ti da tempo. In alto, al centro,campeggia la figura del coman-dante delle truppe romane, cir-condato e difeso dalla sua caval-

leria (protectores) e da altri soldatiche portano le insegne e incitanoi compagni alla guerra con trom-be e corni. Nella figura delcomandante, fra le tante ipotesi,si è ora propensi a riconoscerel’immagine di Ostiliano (menoprobabilmente quella del fratelloErennio), non solo per i confronticon altri ritratti noti, ma soprat-tutto per la presenza al centrodella fronte di una croce-sigillo,simbolo della sua appartenenzaal culto di Mitra, che si ritrovaanche in altre immagini del gio-vane rampollo imperiale. �

(Continua)

BIBLIOGRAFIA (alla bibliografiagenerale pubblicata nella primaparte, segue ora quella relativa alleprincipali fonti antiche pertinenti ilperiodo in questione): DIONE

CASSIO, Historiarum romanarum quaesupersunt (“Storia romana”), trad. acura di G. NORCIO, BUR, Milano1995; Epitome de Caesaribus. Libellusde vita et moribus imperatorum brevia-tus ex libris S. Aurelii Victoris, pas-sim; ERODIANO, Tà metà Màrku basi-leìas historìas (?Storia dell’ImperoRomano dopo Marco Aurelio?),trad. a cura di F. CASSOLA, Sansoni,Firenze 1967; EUSEBIO DI CESAREA,Ekklïsiastikè historía (?Storia ecclesia-stica?), trad. a cura di F. MASPERO -M. CEVA, Rusconi, Milano 1979;EUTROPIO, Breviarium ab Urbe condita(“Breviario dalla fondazione di

Roma”), trad. a cura di A. ARANCINI,Vallardi, Milano 1933; P. OROSIO,Historiarum paganos libri I-VII (“Lestorie contro i pagani”), trad. a curadi A. BARTALUCCI - G. CHIARINI,Mondadori, Milano 1976; Res gestaeDivi Saporis and Dura, in Berythus, 8,1943, pp. 19-60; The History ofZonaras: From Alexander Severus tothe Death of Theodosius the Great,trad. inglese a cura di T.M.BANCHICH - E.N. LANE, Routledge2009; Vitae diversorum principum ettyrannorum a Divo Hadriano usque adNumerarianum a diversis compositae(“Storia Augusta”), trad. a cura di F.RONCORONI, Rusconi, Milano 1972;ZOSIMO, Historía néa (“Storianuova”), trad. a cura di F. CONCA,BUR, Milano 2007.

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I RINVENIMENTI

er delinea-re una storiadegli scavi diOstia anticabisogna con-

siderare brevemente l’epoca dideclino della città, quando con illento e progressivo spopolamen-to dell’area urbana ebbero inizioi primi riutilizzi di materiali e leprime spoliazioni di marmi earredi degli edifici ostiensi.Dopo gli anni della Repubblica ei primi secoli dell’Impero, perio-do di massimo splendore per leattività commerciali che caratte-rizzavano la città, l’inizio deldeclino avvenne a partire giàdalla metà del III sec. d.C. con lacrisi politica ed economica checolpì l’intero Impero romano.Nel caso di Ostia un ulterioreelemento critico si aggiunsedurante il principato diCostantino: la cresciuta impor-tanza di Porto che assunse ilnome di Civitas FlaviaConstantiniana Portuensis edottenne piena autonomia muni-

PSTORIA DEGLI

SCAVI DI OSTIAANTICA

In alto, a destra: Visita di Pio IX agliscavi di Ostia

Nella pagina accanto, in basso: Labattaglia di Ostia dell'849 raffigurata daRaffaello nelle stanze Vaticane

cipale, non dipendendo più daOstia. Da questo momento leattività portuali che erano statela vera ragione di esistenza del-l’abitato ostiense cessaronoquasi completamente ed Ostia,che in un primo momento si tra-sformò lentamente in città resi-denziale, altrettanto lentamentecominciò a perdere abitanti. Idati archeologici mostrano comel’ultima fase di vita urbana, nelIV sec. d.C., fu caratterizzata daalcune eleganti domus, che sorse-ro riutilizzando decorazioni emateriali prelevati da altri edificiormai in rovina, e da alcunirestauri degli edifici più impor-tanti, come il Teatro e le Termedel Foro, effettuati anche in que-sto caso con i materiali degli edi-fici ormai abbandonati.Significativo il fatto che neirestauri del Teatro di questoperiodo siano state utilizzate le

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basi delle statue dei personaggiillustri che sorgevano al centrodel Piazzale delle Corporazioni.Nel 359 d.C. AmmianoMarcellino ricorda un sacrificioeffettuato dal prefetto urbanoTertullo in onore dei Dioscuriall’interno di un tempio ad essidedicato al fine di calmare leacque del mare, notizia che con-sente di valutare come ancoraalcuni edifici monumentalivenissero utilizzati. La popola-zione rimasta nel IV sec. d.C.comunque si concentravasoprattutto nel quartiere extra-urbano fuori Porta Marina, dovela presenza sul litorale della viaSeveriana garantiva il passaggioe la comunicazione con la città diPorto. Tra gli edifici ostiensiormai abbandonati e in rovinaerano numerosi horrea dislocatiin varie parti dell’abitato, ilPiazzale delle Corporazioni e la

Caserma dei Vigili, strutturesimbolo della ormai scomparsaattività portuale ed economica diOstia. È in questo periodo e inquesto scenario, verso la fine delIV sec. d.C., che S. Agostinogiunge ad Ostia per imbarcarsiper l’Africa nel suo viaggio diritorno da Milano, ed è proprioqui che sua madre S. Monicamorì in un albergo durante ilsoggiorno di nove giorni, proba-bilmente a causa della malariache cominciava ad invaderetutta la zona (anche S. Agostinosi ammalò, ma riuscì a guarire).Tra il V e VI sec. d.C. avvenne ildefinitivo declino e abbandonodella città testimoniato dal disti-co di Rutilio Namaziano che nel414 d.C. visita questi luoghi:Laevus inaccessis fluvis vitatur are-nis, hospitis Aeneae gloria solamanet. Di Ostia rimane solo lagloria dei tempi passati. Anchel’acquedotto che riforniva lacittà era ormai fuori uso e pozzivennero scavati all’interno delcentro abitato per procurarsil’acqua, come quello situato sulDecumano in prossimità delle

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Sopra: Stampa del XVII secolo con ilCastello di Giulio II sulla riva dell'anticoletto del Tevere

Sotto: Pianta del 1804 eseguita da PietroHoll degli scavi condotti sotto Pio VII

Nella pagina accanto, in alto: Vistagenerale dei saggi nell'area del Foro diOstia

Nella pagina accanto, in basso: Il Forodi Ostia dopo la fine dello scavo visto dalCapitolium

Terme di Nettuno. Procopio nel540 d.C. conferma il totaleabbandono della città e delle suevie di accesso descrivendo la viaOstiense come trasandata e inva-sa dai boschi ed il Tevere privodi barche perché di difficile navi-gazione. Ulteriore testimonianzadell’abbandono quasi totale del-l’abitato è il fatto che durantel’invasione dei Visigoti diAlarico nel 408-410 d.C., la cittàvenne ignorata e il saccheggiointeressò soltanto la vicina cittàdi Porto.

Le poche persone rimasteall’interno del centro abitato,dopo il VI sec. d.C. e, soprattut-to, dopo la guerra di Giustinianocontro i Goti che avevano occu-pato tutto il litorale, cominciaro-no a spostarsi più verso il fiumeTevere e, in particolare, nellazona centrale della città, intornoall’area del castrum, dove poverecase costituite prevalentementecon materiale di riutilizzo siaddossarono alle strutture, inter-rate per buona parte, degli edifi-ci più antichi. Intanto un piccolo

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agglomerato di case era sortointorno alla chiesa di S. Aurea,costruita nel V sec. d.C. fuori lemura della città, nel luogo nelquale più tardi sorgerà il Borgodi Ostia antica. Le incursioni deiSaraceni sul litorale, che segne-ranno anche la fine della città diPorto nel IX sec., indusseroanche le poche persone rimasteal centro di Ostia a spostarsiverso il Borgo, che fu creato pro-prio in questo secolo con lacostruzione di edifici e strutturefortificate da papa Gregorio IV

(827-844 d.C.), prendendo ilnome di Gregoriopoli. Fino aquesto momento Ostia avevafornito materiali per restauri delproprio abitato e per la costru-zione del Borgo nato a difesadelle incursioni dei pirati, men-tre proprio in questo periodo ini-ziarono vere e proprie spoliazio-ni dei monumenti ostiensi per lacostruzione di edifici in altrecittà. In particolare, numerosiblocchi di marmo vennero presie portati ad Orvieto per lacostruzione del Duomo e altri

furono condotti a Pisa, dove ser-virono per l’edificazione e ladecorazione di edifici all’internodella Piazza dei Miracoli. Ilrischio delle invasioni da partedei corsari rimase sempre vivoad Ostia e questo è dimostratosia dalle continue opere di forti-ficazione realizzate nel corso deisecoli fino al Cinquecento, siadalle numerose battaglie com-battute nelle acque del litoralelaziale: Leone IV (849 d.C.) pro-prio ad Ostia benedisse la gran-de flotta che Napoli, Amalfi eGaeta mandarono in aiuto diRoma e che sconfisse i nemicivenuti dalla Sardegna, episodioimmortalato nelle pitture diRaffaello nelle Stanze Vaticane.Ancora nell’856 d.C. il capo deiMusulmani, Albelcaysto, sbarcòad Ostia, assediò Roma ed fusconfitto da Berengario I;nell’877 d.C. Giovanni VIII, par-tito con la flotta da Ostia, disper-se le navi saracene al largo diTerracina. Alle incursioni sarace-ne si aggiunsero quelle deiBarbareschi, che minacciaronoOstia dal Cinquecento fino alXIX sec., e così quelle di altre

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forze militari provenienti daaltre città italiane, come Pisa eGenova che la saccheggiarono, ole galee di Napoli che la cinserod’assedio nel 1408 e nel 1482. Adifesa ulteriore della costa sicostruì prima la TorreBovacciana, realizzata tra tra il1451 e 1454 sotto Martino V, poila Rocca al Borgo di Ostia, volu-ta nel 1485 da Giuliano DellaRovere (papa Giulio II) su dise-gno di Baccio Pontelli, e da ulti-mo, nel 1569, durante il pontifi-cato di Pio V, la Torre di S.Michele. Tutti questi avvenimen-ti permettono di capire come nelcorso dei secoli le rovine di Ostia

siano state comunque oggetto disaccheggi e spoliazioni da partedi invasori e difensori grazie allaloro presenza alla foce delTevere, punto di approdo per larisalita del fiume verso Roma.Proprio a causa di questo conti-nuo passaggio e frequentazionedella zona, il ricordo di Ostianon andò mai perduto e le spo-liazioni e il riutilizzo di materia-li, come già visto, iniziarono finda subito. Indicativa la testimo-nianza del passaggio ad Ostia diRe Riccardo Cuor di Leone nel-l’agosto del 1190 tra boschi, restidi strade (la via Severiana) erovine di edifici da cui si ricava-

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va materiale per le costruzioni:Intravit Tyberim; ad cuius introi-tum est turris sed solitaria. Sunt etibi ruinae maximae muro rum anti-quorum (…) Vicesima sexta dieAugusti transivit rex per quoddamnemus quater viginti miliaria.

Una bolla papale di CelestinoIII, datata al 30 marzo 1191, indi-ca nelle rovine di Ostia una loca-lità definita la Calcara: (...) nonlonge ab eadem Hostiensi civitate(…) in loco, qui vocatur Calcaria.Questo dato è stato confermatodal ritrovamento di molte calca-re all’interno dell’abitato ostien-se, con il relativo utilizzo dellerovine della città - già a partire

Nella pagina accanto, in alto: Scavonella Piazzetta dei Lari

A sinistra: Terra di risulta degli scaviintorno al Foro

In alto, a destra: Scavo nelle Terme deiSette Sapienti

Sopra: Scavo nel Caseggiato a piantabasilicale

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Nella pagina accanto, in alto:Operazioni di scavo nel Caseggiato degliAurighi

Nella pagina accanto, in basso: Lavoridi scavo nel Caseggiato dei Triclini

Sopra: Ricostruzione degli HorreaEpagathiana

A destra: Dida

da epoca altomedioevale - comevera e propria cava di marmi edi materiale da costruzione.Abbiamo inoltre notizie dellasicura presenza di materiali pro-venienti da Ostia a Salerno,Amalfi, Civitavecchia, Orvieto,Firenze, Pisa e in Sardegna. AFirenze si trovano molti materia-li ostiensi, in particolar modo nelBattistero di S. Giovanni, dove siconserva, presso il Coro, la basedei Fabri Tignarii con dedica aLucio Vero. Anche nella catte-drale di Pisa, iniziata nel 1063 efinita nel 1118 da papa Gelasio II,ci sono numerosi blocchi dimarmo provenienti da Ostia e daRoma, tra i quali si distinguequello con la rappresentazionedel Genio della colonia ostienseinserito nel lato sud-occidentaledella navata trasversale.

Da un punto di vista antiqua-rio i primi ritrovamenti di iscri-zioni ed opere d’arte ad Ostia,intenzionali ed occasionali,avvengono già a partire dallaprima metà del Quattrocento,quando Poggio Braccioliniaccompagna sulle rovineCosimo De’ Medici e molte sta-tue ed iscrizioni ostiensi entre-ranno nel 1488 proprio nella col-lezione di Lorenzo il Magnifico,

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tra cui una testa di bambino egioielli d’oro. Ulteriori spoliazio-ni alle rovine vengono fatte daEugenio IV (1431-1441) perrestaurare i danni fatti agli edifi-ci del Borgo dal re Ladislao diNapoli, che assediò e depredòOstia all’inizio del secolo. Ma inquesto periodo molti materialiostiensi furono utilizzati ancheper eventi bellici, come testimo-nia un documento del 15 luglio1484 che informa di come un taleDomenico scalpellino e i suoicompagni ricevettero la sommaconsiderevole di 205 fiorini perla produzione di palle e bombar-de effettuate con marmi e pietredi scavo. Ulteriore informazionesullo stato degradato delle rovi-

ne di Ostia a causa dei saccheggiviene dai Commentarii di Pio II(1458-1464): Fuisse olim magnam(scil. Ostiam) ruine probant, quaemultum agri occupant… Visunturdirutae porticus et colomnae iacen-tes et statuarum fragmenta: extantet veteris templi parietes marmorespoliati, qui nobile quondam fuisseopus ostendunt. Cernitur et parsaquaeductus (…).

Durante il Rinascimento ini-ziò la ricerca di tesori dell’arteantica e la raccolta di iscrizioni.Roma ovviamente aveva una viadi accesso privilegiata al mate-riale ostiense anche grazie allavia di comunicazione del Tevere.Nel 1598, sotto il pontificato diClemente VIII, si sancisce il dirit-

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to di cavare marmi dalle rovinedi Ostia per utilizzarli nellaFabbrica di S. Pietro e, in genera-le, per i lavori edilizi nella città.Un grande blocco di marmo afri-cano proveniente dagli edificiostiensi viene utilizzato comebase per la statua di S. Pietrosulla sommità della ColonnaTraiana, mentre altri marmifurono riutilizzati nella Basilicadi S. Giovanni in Laterano.

Dopo un periodo più o menolungo di disinteresse per le rovi-ne di Ostia, un nuovo ciclo diricerche inizia nel Settecento condiversi scavi condotti all’internodell’area urbana. Nel 1783 abbia-mo notizie di scavi effettuati dalDe Norogna, Ministro del

Nella pagina accanto, in alto: Vedutaaerea degi scavi di Ostia eseguita dal pal-lone aereostatico nel 1911

Nella pagina accanto, in basso:Ritrovamento di un torso di Giove negliscavi di Ostia

Sopra: Scoperta della statua di CartilioPoplicola ad Ostia

Sotto: La via delle Tombe

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Portogallo presso la Santa Sede,che portarono alla scoperta diparecchi busti, statuette, colonnee mosaici pavimentali, tra cuiquello con rappresentazione diMarte e Rea Silvia, prima entratonella collezione della famigliaAltieri e successivamente porta-to a Lisbona, e quello con rap-presentazione della testa diMedusa; circa trenta grandi doliafurono inoltre acquistati dalprincipe Chigi che li usò perornare il piazzale di CastelFusano e Villa Borghese a Roma.Nello stesso anno eseguì ricer-che di antichità anche l’incisoreVolpato e il pittore La Piccolacon ritrovamenti di alcune sta-tuette di bronzo e numerosemonete; nel 1788 scavi condottidal pittore scozzese GavinHamilton nella zona delle Termedi Porta Marina portarono sulmercato antiquario europeonumerose opere d’arte prove-nienti da Ostia che finirono nellecollezioni inglesi, francesi erusse. In particolare, fu trovatauna statua di Venere seminuda,una statua colossale di Antinooe, fatto indicativo per la storiamedioevale di Ostia, una calcaracon all’interno quattro gruppiscultorei antichi di Ercole, poiportati nella Sala degli Animalidei Musei Vaticani. Ancora nel

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1796, ulteriori scavi vennerocondotti dall’inglese RobertFagan con numerosi ritrovamen-ti di statue (alcune delle qualipresero la via per l’Inghilterra),busti ed erme.

A partire dai primi annidell’Ottocento Pio VII vietò que-sti scavi «che si facevano tumul-tuariamente qua e là da gente, laquale per lo più altro non avevain cuore che di rinvenire cose divalore per farne commercio,senza verun utile per l’antichità,per l’erudizione e per la storia» estabilì scavi pubblici per la cono-scenza della città, spinto in veritàanche da ragioni economico-politiche legate in primo luogo aldesiderio di incrementare le rac-colte dei musei papali. Affidòquindi gli scavi condotti dal 1802al 1804 a Giuseppe Petrini, sottoil controllo del DirettoreGenerale per l’Antichità CarloFea, scavi che in definitiva furo-no ricchi di ritrovamenti, mapoveri di dati storici. Si liberò inparticolare l’area intorno alTempio di Vulcano (Capitolium).Tra il 1824 e il 1825 altre indaginifurono eseguite dal signorCartoni nella zona del sepolcretosulla via Ostiense e quindi da

Pietro Campana, su incarico delcardinal Bartolomeo Pacca,vescovo di Ostia, che portaronoalla scoperta di molte iscrizioni estatue, sistemate in un primomomento nell’episcopio ostien-se, ma in seguito portate nellavilla romana del cardinale aPorta Cavalleggeri. Ancora tra il1831 e il 1836 si scavò in piùpunti, presso Tor Boacciana epresso il c.d. Palazzo Imperiale.

Ma il vero inizio delle ricer-che archeologiche ad Ostia furo-no le indagini volute a partiredal 1855 da Pio IX e affidate alladirezione di Pietro Ercole

Nella pagina accanto, in alto: Restaurodelle colonne del c.d. Macellum

Nella pagina accanto, in basso:Restauri della pavimentazione nella domusdi Amore e Psiche

Sopra: Il quartiere meridionale visto dalCapitolium

Sotto: Veduta aerea dal dirigibile degliscavi di Ostia nel luglio del 1919

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In alto: Scoperta della statua di GiuliaDomna ad Ostia

Sopra: Gruppo di satue scoperte all'inter-no del cortile degli Augustal

A destra: Il Teatro di Ostia prima dellafine dei lavori di restauro

Visconti. A questi scavi condotticon la manodopera di condan-nati ai lavori forzati, partecipa-rono anche Pietro Rosa eRodolfo Lanciani. Scrive ilVisconti all’inizio dei lavori: «laSantità di nostro Signore inmezzo alle tante e si gravi curedella Chiesa e dello Stato, aven-do l’animo inteso a promuoverei vantaggi delle antichità e dellearti, dopo aver dato tanti lumi-

nosi esempi del suo sovranofavore verso di esse, ha di recen-te ordinato che siano riaperti econtinuati gli scavi di Ostia, statigià fruttuosi e si celebri nelPontificato del suo predecessorePio VII». L’interesse di Pio IX perle rovine ostiensi è testimoniatodalle sei visite agli scavi effettua-te dal pontefice nel periodo com-preso tra 1855 e 1866, e dalladisposizione che le rovine venis-sero lasciate visibili e i marmi,per quanto possibile, lasciati sulluogo, mentre gli oggetti d’arteraccolti fossero conservati in duesale appositamente create nelMuseo Lateranense. Con il pro-gredire dei lavori e il susseguirsidelle scoperte si decise di stabili-re un Museo degli Scavi all’inter-

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no di Ostia, e per questa funzio-ne fu scelto l’antico Casone delSale, che venne restaurato esistemato per accogliere i repertipiù significativi, ma che, comevedremo in seguito, entrò in fun-zione solamente un secolo piùtardi. Nel 1857, dopo la fine deilavori, vennero pubblicati alcunirapporti di scavo, in cui risaltacome il Visconti, pur obbedendoall’ordine papale di ritrovareopere d’arte, si preoccupò anchedella topografia della città. Inquesti scavi si individuò la viadei Sepolcri e si identificò con lavia Ostiense, poi si scavò laPorta Romana e i quartieri adia-centi. Si passò quindi alla zonadel Campus della Magna Mater ead altri edifici, in cui si recupera-

rono numerose opere d’arte cheandarono ad impreziosire ilLaterano, come una statua diVenere in bronzo e una statuaraffigurante Attis giacente.Furono inoltre esplorate letombe sulla via Laurentina, nellequali si trovarono pitture chefurono staccate e portate aRoma; si scavarono le termemarittime verso Tor Bovaccianae fu riportato alla luce il c.d.Palazzo Imperiale, dal quale sistaccarano un grande e magnifi-co mosaico policromo, poi porta-to in Vaticano e inserito nelladecorazione della Saladell’Immacolata Concezione, eun mosaico con la rappresenta-zione delle stagioni, che fu inse-rito nel pavimento della chiesa

di S. Paolo alle Tre Fontane.Visconti proseguì anche le inda-gini nella zona del Capitolium,indagini che in seguito furonocontinuate dal nuovo GovernoItaliano con la direzione diPietro Rosa (1871-1872), cheliberò la vasta area adiacente escoprì abitazioni con elegantipitture. I lavori furono poi affi-dati dal 1878 al 1888 a RodolfoLanciani, che proseguì gli scavidel Visconti nel Piazzale delleCorporazioni, indagò il Teatro,che fu completamente liberato,scoprì nelle immediate vicinanzeil mitreo delle Sette Sfere, trovòinoltre il mitreo di Felicissimo, eintraprese gli scavi nell’areadella Caserma dei Vigili e delleTerme di Nettuno. Dopo le inda-

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gini dirette dal Lanciani pocovenne fatto. Si registra infattisoltanto uno scavo in via dellaFontana ad opera di Gatti eBorsari tra il 1897 e il 1899, che fucontemporaneo all’inizio delleopere di bonifica di tutta la zonacondotte dai coloni di Ravenna.In questo periodo i reperti e glioggetti d’arte trovati sugli scavivennero conservati all’internodel castello di Giulio II, in alcunesale con funzione diAntiquarium, ma abbiamo noti-zia che molte iscrizioni e statueandarono ad incrementare la col-lezione conservata all’interno

del Museo Nazionale Romano.Con l’inizio del Novecento si

studiò una nuova strategia discavo per portare alla luce tuttal’area della città. A dirigere que-sti nuovi e innovativi lavori fuchiamato Dante Vaglieri cheseguì l’andamento degli scavidal 1909 fino al 1913, anno dellasua morte. Indicativo il suo pro-gramma dei lavori, articolato intre semplici punti: completare loscavo degli edifici precedente-mente non messi del tutto inluce, curando insieme la conser-vazione delle rovine già scavate;congiungere i singoli gruppi di

rovine; fare degli scavi inprofondità e chiarire lo svolgi-mento della storia di Ostia.Seguendo questi propositi si riu-scì a liberare i quartieri a norddel Decumano fino alla Casermadei Vigili, con il ritrovamentoimportante dei quattro TempiettiRepubblicani. A queste indaginiseguì la prima monografia dedi-cata ad Ostia ad opera diLudovico Paschetto. I lavorifurono in seguito affidati primaalla direzione di RobertoParibeni (dal 1914 al 1922) equindi a Guido Calza, che liguidò, a partire dal 1924, peroltre venti anni. Tutti questiscavi, che proseguirono abba-stanza lentamente, portarononell’anno 1938 alla scoperta diun terzo dell’abitato ostiense.Nei quattro anni successivi(1938-1942) la velocità delleindagini venne incrementatanotevolmente, tanto che in occa-sione dell’EsposizioneUniversale Romana del 1942 l’a-rea liberata fu raddoppiata, conun’estensione di 34 ettari e lascoperta di due terzi della città.Venne effettuata l’importantescoperta del Castrum di IV sec.

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a.C., scavato e studiato, fu trova-ta la cinta muraria di epoca silla-na e liberato il Foro, con la Curia,la Basilica e i portici circostanti.Così Guido Calza, sulla scia delVaglieri, indicava i risultati rag-giunti: «Lo scavo ha portato alcongiungimento di tutte le rovi-ne parzialmente scoperte, eccet-to il cosiddetto PalazzoImperiale; l’intero scoprimentodelle due massime arterie dellacittà, il Decumano Massimo daPorta Romana a Porta Marina, eil Cardine Massimo da PortaLaurentina al Tevere, con lecostruzioni adiacenti; l’esplora-zione di Ostia non solo sul lato

settentrionale dal Decumano alTevere, come era stata praticatafinora, ma anche sul lato meri-dionale verso le mura, in unazona cioè interamente ignota,raggiungendo di conseguenza ilimiti della città sia dalla partedel mare (ovest), sia dalla partedi Laurentum (sud), in modo daconseguirne la più completaconoscenza topografica; la conti-nuazione, dove è stato possibiledella esplorazione del sottosuoloper la conoscenza della cittàrepubblicana». Bisogna dire chein questo quadriennio, a causadella fretta - legata alle esigenzedella propaganda fascista - di

Nella pagina accanto, in alto: Il Teatrodi Ostia dopo il restauro

Nella pagina accanto, in basso: PortaMarina subito dopo lo scavo

Sopra: Il quartiere occidentale visto dalCapitolium

Sotto: Restauri delle pitture alle paretinella Casa delle Muse

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portare alla luce più strutturepossibili, venne in pratica opera-to un grande sterro nel quale furaggiunto freneticamente il livel-lo di II sec. d.C., precisamente dietà adrianea, senza un’adeguatadocumentazione degli strati piùtardi, eliminati senza alcunoscrupolo. In questo modo moltidati relativi alla fase tardo-anticadi Ostia vennero totalmentepersi. Si aggiunge che moltirestauri e ricostruzioni furonoeffettuati in modo sommario espesso falsante.

Prima di proseguire con lastoria degli scavi è necessariofermarsi un attimo per descrive-re la storia del Museo degliScavi. Come già anticipato, alpontefice Pio IX e al Visconti sideve l’ideazione nel 1865-1866 diun museo posto direttamenteall’interno degli scavi. Fu sceltoa questo scopo il Casone del Sale(odierno Museo degli Scavi),costruito nel 1571 con materialiantichi. L’edificio fu restauratoed adattato alla nuova funzionedall’architetto Romiti con lacostruzione dell’odierna facciataneoclassica. L’iscrizione al diso-pra dell’ingresso ricorda proprio

questa nuova sistemazione. Mail sopraggiunto Governo Italianopreferì trasferire l’esposizioneall’interno del castello di GiulioII, finché nel 1933 l’idea non furipresa da Calza e Gismondi conun’ulteriore sistemazione delCasone del Sale, usato fino adallora come Direzione delCantiere degli Scavi, e la costru-zione di tre eleganti sale per l’e-sposizione delle opere ritrovatenegli anni 1938-1940. La secondaguerra mondiale impedì la rea-lizzazione dell’opera, che fufinalmente portata a termine neldopoguerra con l’aggiunta dialtre sale espositive e la creazio-ne di un altro edificio legatoall’originario Casone del Sale,che oltre alle opere d’arte anticaospita oggi anche gli uffici dellaSoprintendenza Archeologica.

Nel secondo dopoguerra gliscavi subirono un momento distasi, mentre continuò l’opera direstauro delle strutture riportatealla luce negli anni precedenti.Soltanto a partire dagli anniSessanta del Novecento si assistead una ripresa delle indagini,questa volta limitate a singoliedifici e, in molti casi, specifica-

tamente dedicate al ritrovamen-to degli strati relativi al periodorepubblicano della città, comenello scavo del Caseggiato deiDipinti. Sempre in questi anni sichiarì la complessa ristruttura-zione edilizia di età adrianea delquartiere a nord del Decumano,e nel 1961 si scoprì anche laSinagoga. Molti saggi venneroinoltre condotti nella zona delleTerme del Nuotatore, nel

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Piazzale delle Corporazioni,nell’Insula dell’Invidioso e inquella delle Pareti Gialle. Questeindagini proseguirono negli anniSettenta e Ottanta del Novecentofino a ricevere un nuovo impul-so dagli anni Novanta dello stes-so secolo con l’entrata in scenadei ricercatori di Università edIstituti stranieri, a cui si deve lascoperta di importanti edificicome la Basilica Cristiana di etàcostantiniana (scavi 1996-1999dell’Istituto ArcheologicoGermanico), i Navalia e ilTempio dei Dioscuri (saggi discavo 2000-2001), e la ripresa discavi come quello nella Scholadel Traiano a partire dal 1997.Nuove indagini furono inoltreeseguite su strutture ed edifici

già scavati, come la Casa diDiana (scavi 1994-1997), che por-tarono all’acquisizione di ulte-riori dati, utili a nuove ricostru-zioni e interpretazioni sullo svi-luppo degli edifici e dello stessotessuto urbano della città. Siriprese anche lo scavo dellacisterna terminale dell’acque-dotto ostiense nel settore a suddi Porta Romana, iniziato neglianni Ottanta del Novecento e

riaperto dal 2003 a cura di unaéquipe francese. Il nuovo inte-resse per le rovine ostiensi solle-citò inoltre il fiorire di dibattitisulle prime fasi di vita di Ostia esul periodo repubblicano, finoad arrivare, in tempi recenti, astudi completi sulla vita econo-mica della città e sui traffici com-merciali che caratterizzaronointensamente la vita quotidianadi Ostia, antico porto di Roma. �

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: A.NIBBY, Analisi della carta de dintorni diRoma, Roma 1849; R. LANCIANI,Storia degli scavi di Roma, I-VII,Roma 1902-1916; D. VAGLIERI, Ostia,Roma 1914; G. CALZA, Ostia, Roma1936; ID. (a cura di), Scavi di Ostia I.Topografia generale, Roma 1953; G.TOMASSETTI, La Campagna Romana, V,Roma 1977; R. CALZA - M. FLORANI

SQUARCIAPINO, Museo Ostiense,Roma 1962; C. PAVOLINI, Ostia,Roma-Bari 2006.

Nella pagina accanto, in basso: L'areaintorno al settore nord del CardineMassimo. sulla destra è visibile il Nuseodegli Scavi ricavato nell'antico Casone delSale

In alto, al centro: Una saladell'Antiquarium ostiense all'interno delcastello di Giulio II

Sopra: Il Decumano Massimo in prossim-ità di Porta Marina

In basso: Disegno dell'Ottocento delMuseo degli scavi, realizzato nell'anticoCasone del Sale, con la nuova facciata ese-guita sotto il pontificato di Pio IX

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IL COLLE AVENTINO

’etimolo-gia del nomeAventino èincerta e glistessi scrittori

antichi davano diverse spiega-zioni. Per alcuni Aventinus era unre albano nato dall’unione dellavestale Rea con Ercole (Virgilio,Aeneis, VII, 656 ss.), per altri ilnome derivava da ab adventuhominum, riferendosi alla molti-tudine che si recava al tempio diDiana situato sul colle (Varrone,de lingua latina, V, 43). Secondouna tradizione riferita da Servio(Ad Aeneis, VII, 657), Romoloconcesse la rupe ad una popola-zione della Sabina, che l’avrebbechiamata Aventinus in ricordo delfiume Avens, che scorreva nelloro paese di origine.

Anche la delimitazione topo-grafica è stata oggetto di contro-versia presso gli antichi scrittori.Fino alla tarda età repubblicanasembra che sotto la denomina-zione di Aventino fossero com-prese ambedue le sommità:

LI PRIVATA TRAIANI

In alto, a destra: La zona dell’aventinonel particolare del plastico di Roma anticain età costantiniana. Museo della CiviltàRomana. Roma

Nella pagina accanto, in basso: Trattodelle Mura Serviane ancora esistentisull’Aventino

l’una verso nord-ovest, prospi-ciente il Tevere, l’altra più a sud,confinante con il Celio. Tutte edue erano racchiuse, almeno dalIV sec. a.C., entro il circuito dellecosiddette Mura Serviane ederano separate da un avvalla-mento percorso dal vicus PiscinaePublicae e dal suo prolungamen-to, il vicus Portae Raudusculanae.La strada prendeva il nome dauna delle porte che si aprivanosul versante ovest del circuito.La Porta Naevia, dalla quale usci-va la via Ardeatina, era invecesituata a sud, e la Porta Capena,dalla quale aveva origine la viaAppia, ad est.

Le due alture, da alcuni scrit-tori antichi distinte in maior (col-lina settentrionale) e minor (colli-na meridionale), vennero sepa-

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rate nella divisione amministra-tiva augustea in due regioni:l’una nella Regio XIII, denomina-ta Aventinus (comprendente ilgrande Aventino, la pianura diMarmorata e il Testaccio), l’altranella Regio XII, detta PiscinaPublica (collina di S. Saba).L’Aventinus minor (“piccoloAventino”) era percorso da unastrada principale, il vicus PortaeNaeviae, dall’omonimo nomedella porta del circuito murarioserviano, che, partendo dal vicusPiscinae Publicae, tagliava l’alturauscendo dalla porta e prose-guendo - come già detto - con lavia Ardeatina.

Se le fonti antiche (Virgilio,Aeneis VIII, 235; Plutarco, Numa,XV, 3) sono concordi nel dareuna descrizione dell’Aventino

come un luogo in origine disabi-tato, ricoperto di boschi, ricco dipascoli e popolato soprattutto dauccelli, dobbiamo supporre chesi riferissero a tutte e due le altu-re. Ugualmente non viene fattaalcuna distinzione riguardo aquale delle due aree, o se adambedue, fosse destinata la lexIcilia de Aventino publicando, conla quale nel 456 a.C. l’Aventinoveniva assegnato ai plebei.Quindi, dobbiamo immaginareanaloghe vicende storiche e tra-sformazioni topografiche pertutte e due le alture, compreseoriginariamente nella medesimaregione: prima quartiere plebeoe mercantile (anche se non inmaniera intensivo nella collinadi S. Saba), poi, a seguito dellospostamento del porto fluvialenella pianura del Testaccio,luogo prediletto dall’aristocraziaromana. Anche dopo che le duecolline furono separate in dueregioni distinte, a partire dall’etàaugustea, si deve supporre, sullabase delle notizie desunte dallefonti letterarie, una corrispon-denza di insediamenti. Durantel’epoca tardo repubblicana eimperiale l’Aventinus (maior e

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minor) accolse ricche dimore,note perlopiù dalle fonti lettera-rie ed epigrafiche, le cui vestigiasono riemerse, parzialmente,durante l’urbanizzazione dell’a-rea avvenuta soprattutto neiprimi decenni del Novecento.

Non sempre è facile distin-guere quali abitazioni dei perso-naggi famosi citati dalle fontifossero sull’una o sull’altra altu-ra. Sembra che il poeta Ennio(239-169 a.C.) abitasse presso laporta Nevia e, nell’area dove poisorsero le Terme di Caracalla, vifossero le proprietà dei Servili(Horti Serviliani). Queste ultimeerano impreziosite da sontuoseopere d’arte, tra le quali sembravada annoverato il famosomosaico pavimentale denomina-to non spazzato (dal tipo di deco-razione che ricorda un pavimen-to ricoperto di avanzi di cibi),copia di un’opera del celebreSosos, mosaicista greco attivo nelII sec. a.C., che ora è conservatonei Musei Vaticani.

Nella zona della chiesa di S.Balbina esistevano gli HortiAsiniani, dove, secondo Plinio

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(Naturalis Historiae, XXXV, 5, 10),era un’altra celebre opera d’arte,il Supplizio di Dirce, eseguita daApollonio e Taurisco, scultorirodii attivi alla fine del II sec.a.C. Il gruppo scultoreo fu tra-sportato a Roma da Rodi pervolontà di Asinio Pollione nel 40a.C. circa, per ornare la sua resi-denza. La scultura è conosciutaoggi dall’altrettanto famosareplica, denominata Toro Farnese,realizzata probabilmente in etàclaudia (o secondo altri in etàseveriana), che adornava la pale-stra delle Terme Antoniniane,dove fu rinvenuta, e che attual-mente è esposta nel MuseoNazionale di Napoli.

Vanno ricordate, inoltre, lecase prestigiose di proprietàimperiale o di personaggi dellacorte nominate dalle fonti lette-rarie: tra queste la domus di L.Licinius Sura, amico di Traiano,situata probabilmente nei pressidelle Thermae Suranae, identifica-te nell’area di S. Prisca (o secon-do un’altra ipotesi più ad ovest,in un’area più vicina alla chiesadi S. Sabina). Sull’Aventinusmaior (“Aventino maggiore”) vacollocata la dimora di PactumeiaLucilia (forse parente diPactumeio Clemente, consolenel 138 a.C.) che fece erigere lacasa nell’area dove ora sorge lachiesa di S. Anselmo. In questacasa sembra che vi dimorasse

successivamente l’imperatoreVitellio. Altri imperatori aveva-no abitato sull’Aventino primadi essere eletti: Traiano, che andòa vivere non lontano dal suoamico Sura e Adriano che preferìstanziarsi sull’Aventinus minor. Illuogo dove sorsero i cosiddettiprivata Hadriani è da ricercarsi

forse nella zona di S. Saba, osecondo altri è da identificarsicon la dimora successivamentedata in dono da Settimio Severoall’amico L. Fabius Cilo (praefec-tus Urbis nel 203 d.C. e consolenel 204 d.C.). L’edificio si è volu-to identificare nel complesso sulquale poi sorse il convento di S.

Nella pagina accanto, in alto:Particolare del mosaico denominato del“pavimento non spazzato” Musei Vaticani.Roma

Nella pagina accanto, in basso:Particolare di resti antichi rinvenutidurante gli scavi del 1935 davanti al chiesadi Santa Balbina

In alto: Il gruppo scultoreo denominato“Toro Farnese” esposto al MuseoArcheologico Nazionale di Napoli

A sinistra: Viale Aventino. Pavimentomusivo rinvenuto durante l’allargamentodella strada nel 1931

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Sopra: Particolare di una parete affrescatarinvenuta durante gli scavi nel giardino diSant’ Alessio sull’aventino

Nella pagina accanto: Interno dellaDomus appartenuta a Annia CornificiaFaustina sull’Aventino

Balbina (oggi ospizio di S.Margherita): le strutture in operamista potrebbero risalire all’etàadrianea con rifacimenti succes-sivi dell’epoca di Marco Aurelioe severiana. Le indagini, esegui-te anche recentemente all’inter-no dell’area, non hanno chiaritol’estensione e la planimetria del-l’edificio che, dall’abbondanzadi materiale marmoreo rinvenu-to, sembra essere appartenutosicuramente ad un personaggiodi alto rango. Il complesso conti-nuò ad essere abitato ancora nelIV sec. (forse di proprietà diFabius Fortunatus, nipote ederede di L. Fabius Cilo) e succes-

sivamente trasformato in tituluscristiano.

Un’altra importante domus,ricordata dalle fonti letterarie, èquella di proprietà di AnniaCornificia Faustina, sorella mino-re di Marco Aurelio e moglie diUmmidius Quadratus (che avevadelle proprietà sull’Aventino,citate sopra a proposito dellacasa di Ummidia Quadratilla). Ladomus Cornificia si è voluta rico-noscere nelle strutture rinvenutenel 1934 (parzialmente viste dalLanciani nel 1887) durante ledemolizioni di un casale che sor-geva su via della Porta di S.Paolo, odierna viale Aventino(corrispondente al tracciato delvicus Piscinae Publicae).

Resti di un’altra domus furonorinvenuti intorno al 1920 nelcorso di lavori di sterro effettua-ti per eseguire una fognaturanell’area della piazza del Tempiodi Diana. Gli ambienti affrescatifurono solo parzialmente inda-gati: almeno due stanze risulta-no ancora interrate. Questiambienti erano stati forse giàvisti, tra il 1867 e il 1870, insiemead altri conservati al di sotto diun fabbricato che si affaccia sullapiazza, il casale Torlonia. A quel-l’epoca il Casale era stato com-preso all’interno di un sistemafortificato eretto in difesadell’Aventino contro iGaribaldini. Durante i lavori perla costruzione della fortezzafurono scoperti sedici ambienti,databili tra la fine del II sec. a.C.e i primi decenni del II sec. d.C.,poi chiusi e distrutti dalle fortifi-cazioni. Dopo la presa di Roma(1870) il sistema fortificatovenne abbattuto e altre indaginifurono eseguite sotto gli edificiappartenenti ai Torlonia, tra iquali la Casa del Giardiniere, cheprobabilmente si trovava nell’a-rea dell’attuale piazza delTempio di Diana. In quell’occa-sione furono forse visti nuova-mente gli ambienti sottostanti lapiazza, che poi furono obliterati

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e riscoperti negli anni ‘20 delNovecento. In quest’epocavenne probabilmente eseguitauna planimetria schematicadelle strutture (rielaboratarecentemente), conservatanell’Archivio Disegni dellaSovraintendenza Comunale.

Sollevando un tombino,posto all’incirca al centro dellapiazza in prossimità di via S.Melania, si scende nel sottosuoloper circa 10 metri. Ci si ritrova inun’ampia stanza dall’alto soffit-to a botte impostato agli angolisu piedritti in muratura e pavi-mentata a mosaico bianco (par-zialmente conservato). La paretenord è stata inglobata all’internodi un muro a cortina laterizia lacui fondazione in opera cementi-

Sotto: Particolare della scala di discesa, adestra, e del primo ambiente della Domussotto l’attuale Via di Santa Melaniasull’Aventino

Sopra: Pianta dell’area con l’indicazionedei resti dei Privata Traiani

Sotto: Muro di fondazione riconducibilealle Terme Deciane

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zia è costituita da scapoli di tufoe da materiale marmoreo di riu-tilizzo, nel quale si riconosceun’antefissa ornata da una fogliadi acanto e un frammento diiscrizione. Nella parte inferioresono riconoscibili le improntedel palancato dell’armaturalignea di “sbatacciamento” cherivestiva la fossa di fondazione,all’interno della quale era statapoi gettata “l’opera a sacco”(miscela di malta e sassi).

All’epoca degli scavi, in corri-spondenza dell’angolo nord-est,venne demolito un tratto di talemuro di fondazione e venneriportata alla luce la muraturaaffrescata dell’ambiente. Nellademolizione fu scoperto undiscendente di scarico in terra-cotta che era stato inglobatonella struttura di fondazione.

Questo scarico scende ancora aldi sotto dell’attuale piano pavi-mentale, probabilmente raccor-dandosi ad un sistema fognarioprobabilmente realizzato ad unlivello inferiore. Tale fondazionee il muro in laterizio soprastanteappartengono al complesso ter-male che venne eretto nell’areadall’imperatore Decio intorno al251 d.C. e le cui strutture, soloparzialmente conservate, sonoinglobate nel vicino CasaleTorlonia. Il discendente è, quin-di, da riferirsi ad uno scarico infogna di acque termali.

I cinque ambienti attualmentevisibili, che inglobarono proba-bilmente le strutture di una pre-cedente domus tardo-repubblica-na, della quale si conservanoscarsi resti (un muro in tufellinella parete est e una colonna intravertino nel primo ambiente;un pavimento a scaglie coloratedi marmo nel quarto ambiente),sono in opera laterizia di buonafattura. Il soffitto e le pareti delprimo ambiente sono decorateda affreschi con partiture linearia riquadri su fondo bianco,all’interno dei quali sono raffi-

Sopra: Resti di affreschi inglobati nellefondazioni delle Terme Deciane

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gurati paesaggi idillico-sacrali enature morte con maschere.Nella parte inferiore, al di sopradi uno zoccolo di marmo, oraquasi del tutto perduto, vi è unazona a riquadri rettangolari eromboidali resi con fasce di colo-re giallo e celeste. Lunghi ed esilicandelabri separano gli ampiriquadri centrali. Al di sopra,inquadrate da due fasce, unagialla, l’altra azzurra, compaio-no sottili paraste rese schemati-

camente da linee di colore gri-gio-marrone e giallo.

Questa fase pittorica risaleprobabilmente ai primi anni delregno di Adriano, in accordoanche con la struttura ediliziadegli ambienti, e trova confronticon gli schemi decorativi di etàadrianea largamente usati adOstia, dove, a causa di un’urba-nizzazione su vasta scala nelbreve periodo fra il regno diAdriano e quello di Antonino, sirese necessario adottare un pro-cedimento pittorico più sempli-ficato.

Sopra: Pianta degli ambienti dei PrivataTraiani

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In un secondo momento, pro-babilmente in occasione di unaristrutturazione della casa, fupraticata un’apertura nell’ango-lo sud-ovest del primo ambien-te, deturpando lo schema com-positivo della decorazione.

Gli altri due vani, coperti davolte a crociera, sono affrescatida una decorazione lineare ariquadri all’interno dei qualicompaiono ramoscelli fioriti,uccelli in volo, fiori e gazzelle.Questa decorazione sembraappartenere ad una fase succes-siva, probabilmente tardo-adria-

nea o antonina, periodo in cui siriscontra l’uso di ornare i soffitticon una ripartizione dell’area incerchi e ottagoni, complicata dal-l’accostamento di altre figuregeometriche: rombi, rettangoli,quadrati.

Ad un’ultima fase pittoricadovrebbe appartenere un trattodi affresco, rinvenuto nella voltadell’ultimo ambiente, ancoraquasi del tutto interrato, decora-

Nella pagina accanto e in questa pagina:Particolari degli affreschi parietali delprimo ambiente

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Nella pagina accanto: Particolare del sof-fitto con volte a crociera relativo agli ambi-enti 2 e 3

Sopra: Particolare dell’ambiente 3 conl’ingresso all’ambiente 4

A destra: Particolare del pavimento musi-vo a tessere bianche

In alto, a destra e sotto: Particolari diaffreschi parietali

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Sopra: Particolare dell’ingresso all’ambi-ente 5 to da larghe fasce di colore

rosso-violaceo e rosso, e da unquadretto rosso-bruno nel qualeè campito un cavallo marino. Allato vi è una coppa ricolma difiori, posta su un piedistallo. Inun riquadro romboidale e in unorettangolare (nei cui lati brevisono inseriti due semicerchi),sono dipinte figurine di animali(un cavallo marino e uno stam-becco). Questo tipo di decorazio-ne, in cui predomina l’interesseper l’accostamento di colori con-trastanti nelle fasce e nei pannel-li, trova confronti con le fasiseveriane delle case ostiensi,come ad esempio la III fase della

Casa delle Volte Dipinte, e a Romanegli affreschi del Criptoporticodi via Lucullo.

Possiamo supporre che que-sto affresco appartenga all’ulti-ma ristrutturazione che la riccadimora subì prima del completoabbandono dovuto alla costru-zione delle terme Deciane. Negliambienti individuati sotto piaz-za del Tempio di Diana, si èvoluto riconoscere il complesso

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Sopra: Particolare dell’ambiente 5 ancoradel tutto interrato

Sotto e a destra: Particolari degli affreschirelativi all’ultimo ambiente

dei Privata Traiani, la casa priva-ta di Traiano (da altri identificatacon gli ambienti sottostanti lachiesa di S. Prisca), che iCataloghi Regionari localizzanosull’Aventino e citano nella listasubito dopo il Dolocenum di etàcostantiniana. �

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: D.FACCENNA, Criptoportico decorato conpitture nel giardino della VillaBoncompagni-Ludovisi, in Notiziedegli Scavi, 1951, pp. 107-114; B.FELLETTI MAJ, in Ostia I-II, Le pitturedelle Case delle Volte Dipinte e dellePareti Gialle, Roma 1961, pp. 12-13,36-37, tav. III; B. FELLETTI MAJ - P.MORENO, in Ostia III, Le pitture dellaCasa delle Muse, Roma 1967, pp. 35-38, 58-59; H. MIELSCH, HadrianischeMalereien der Vatikannekropole “adCircum”, in Rendiconti PontificiaAccademia Romana di Archeologia, 46,1973-1974, pp. 79-87; ID., Verlorene

römische Wandmalereien, inMitteilungen des DeutschenArchaeologhischen Instituts. RömischeAbteilung, 82, 1975, p. 117 ss.; L. LA

FOLLETTE, Le Terme Decianesull’Aventino, in Archeologia Laziale,7, 1985, pp. 139-144; F. COARELLI, LaCasa Privata di Traiano, in RomaSepolta, Roma 1984, pp. 157-165; L.LA FOLLETTE, The Baths of TrajanDecius, in Journal of RomanArchaeology Suppl., 11, 1994, pp. 51-54.

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LA SCOPERTA

’ a n t i c acittà di Gabiisi trova acirca 20 kmda Roma,

all’altezza del XII miglio dell’an-tica via Gabina, poi Prenestina,sul limite meridionale del crate-re di Castiglione, facente partedel sistema vulcanico dei ColliAlbani e occupato fino alla finedel XIX secolo da un lago di ori-gine vulcanica, il lago diCastiglione. L’area archeologica,oggi con un’estensione di circa70 ettari, venne creata nel 1987,

LLA REGIA DI GABII

quando il demanio dello Statocomprò i terreni e li mise adisposizione dellaSoprintendenza Speciale per iBeni Archeologici per la creazio-ne di un parco archeologico.Caratterizzata dalla presenza delsantuario di Giunone Gabina,l’area dell’antica città fu oggettodi scavi già a partire delSettecento, quando lo scozzeseGavin Hamilton, non distante daquesto tempio, trovò i resti diquello che tradizionalmenteviene identificato come il Forodella città. Da questo sito, risco-perto recentemente, furonoestratte inoltre, sempre nellastessa epoca, molte statue ebusti, tra cui l’Artemide Gabina,che vennero in un primomomento sistemati nel MuseoGabino (attuale Casinodell’Orologio a Piazza di Siena,Villa Borghese) e poi venduti nel1808 alla Francia dalla famigliaBorghese, proprietaria delmuseo e dei terreni dai qualiprovenivano. Scavi condotti inseguito, fino a quelli più recenti,hanno permesso la scoperta dialtre strutture e settori dellacittà, tra cui il santuario orienta-le fuori le mura (campagne rea-lizzate a più riprese negli annisettanta e novanta delNovecento e nel triennio 2007-2008), tratti del circuito di muracaratterizzato anche da un siste-ma difensivo con aggere (scavi2007-2008) e un lungo trattodella via Prenestina antica, sullaquale si affacciano diversi edifici

In basso: Pianta topografica con l’indi-cazione di Roma e Gabii

Nella pagina accanto: Panoramica aereadell’area archeologica di Gabii

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Sopra: La statua di Artemide Gabina

In alto: Particolare dell’area archeologicadi Gabii

A destra: Il sottosegretario ai Beni eAttività Culturali On. Francesco Girodurante la presentazione alla stampa dellascoperta

Nella pagina accanto, in basso: Unmomento della conferenza stampa davanti iresti della Regia

(scavi ancora in corso iniziati nel1990). Importanti inoltre glistudi nel territorio gabino chehanno consentito di delineareanche le fasi precedenti la forma-zione urbana e hanno rilevato lapresenza di diversi abitati situatisulla cresta del lago diCastiglione che ad un certo

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punto, verso l’VIII sec. a.C., siconcentrarono nella zona in cuinascerà la città di Gabii. In parti-colare, l’importanza che questoterritorio assunse nella sua faseprotostorica e alto arcaica è testi-moniata dalla grande necropolidi Osteria dell’Osa e dalla pre-senza, all’interno di questa, di

una tomba dove è stata trovata,secondo le interpretazioni dialcuni studiosi, la più anticatestimonianza di scrittura incaratteri greci nata in Italia.Questo dato si accorda bene conle testimonianze degli autoriantichi che ricordavano Gabiicome uno dei centri culturali più

importanti, e dove, secondoDionigi di Alicarnasso, gli stessiRomolo e Remo furono mandatiper ricevere la loro istruzione,imparando il greco, le lettere, lamusica e l’uso delle armi greche.

L’interesse per l’antica Gabiisembra rinnovarsi grazie agliscavi recenti all’interno dell’areaurbana, che hanno riportato allaluce strutture pertinenti ad unedificio di età arcaica che è statoriconosciuto come la dimora delre della città. Le indagini archeo-logiche, finanziate dallaSoprintendenza Speciale per iBeni Archeologici di Roma, con-dotte dall’archeologo StefanoMusco insieme all’Università diRoma Tor Vergata, e alla Scuoladi Specializzazione inArcheologia di Matera (MassimoOsanna), sull’altura da tempoindicata come l’acropoli dellacittà, i cui risultati sono statirecentemente presentati allastampa dal sottosegretario aiBeni Culturali On. FrancescoGiro e dal Prof. Marco Fabbridell’Università di Roma TorVergata. Qui, sotto un cumulo dipietre, è stato ritrovato l’edificio,tripartito, composto da unagrande sala centrale affiancatada due ambienti laterali. I muriche lo compongono sono in pie-tra gabina e sono conservati,caso unico in Italia per un edifi-cio di epoca arcaica, fino a due

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metri di altezza. Gli ambientisono caratterizzati da ingressiindipendenti che si aprono suun’area esterna, che dovrà inseguito essere indagata archeolo-gicamente, e sono tutti caratteriz-zati dalla presenza di sepoltureinfantili poste al loro interno esotto l’originario piano pavimen-tale. Queste sepolture sono statecollegate a complessi rituali difondazione dell’edificio e diinaugurazione di uno spaziosacro, visto che si dispongonosecondo i punti cardinali. Dalpunto di vista strutturale questa‘Regia’ può essere messa a con-fronto con le altre dimore regali

ritrovate in Etruria (Murlo eAcquarossa) e soprattutto con laRegia di Roma. La strutturaemersa dagli scavi a Gabii rap-presenta probabilmente solo unaparte di un complesso più artico-lato ed esteso che doveva averealmeno un cortile antistante i treambienti. La conoscenza comple-ta dell’edificio sarà quindi obiet-tivo delle prossime campagne discavo che dovrebbero essereintraprese nei prossimi mesi.

I dati emersi dagli scavi fino-ra effettuati rilevano che la Regiadi Gabii, a sua volta precedutada un edificio più antico (ancorasolo parzialmente indagato) che

probabilmente aveva analogafunzione, venne costruita, utiliz-zata e alla fine distrutta nell’arcodel VI sec. a.C. Gli scavi hannoinfatti evidenziato come la cessa-zione della vita di questa dimoraavvenne per mano umana. Imuri della struttura venneroinfatti rasati all’altezza di duemetri e l’edificio, dopo esserestato privato del tetto, dei pavi-menti e delle decorazioni che lorivestivano, venne obliterato daun tumulo di pietre. Da questopietrame, che caratterizza tuttala sommità della collina, sonousciti alcuni frammenti delladecorazione architettonica, tra

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Sopra: I tre ambienti identificati comeappartenenti alla Regia

In alto, a destra: Particolare di uno degliingressi avente la strattura ad arco

A destra: Particolare dei tre ambienti congli ingressi indipendenti

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Sopra: Particolare dell’interno di uno deitre ambienti

Sotto: Particolare della base della pavi-mentazione di uno degli ambienti

Nella pagina accanto, in alto:Particolare di una tomba infantile rinvenu-ta all’interno di uno degli ambienti

Nella pagina accanto, al centro: Il prof.Marco Fabbri durante la conferenza stampa

Nella pagina accanto, in basso:Particolare di una lastra con raffigurazionedi Minotauro

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accostarsi alle notizie delle fontiantiche, soprattutto Livio (I, 53, 4-11; I, 54, 1-10; I, 60, 2), che ricorda-no come Sesto Tarquinio, figlio diTarquinio il Superbo, riuscì adassumere il potere a Gabii graziead uno stratagemma e di come,una volta espulso il padre daRoma, i Tarquini furono cacciatianche da Gabii. Le fasi di vita del-l’edificio risultanti dalle evidenzearcheologiche potrebbero testi-moniare materialmente la cessa-zione del potere monarchico aGabii e a Roma, simboleggiatodalla distruzione e dall’obliodella dimora del re, e l’inizio diun nuovo assetto politico, larepubblica.

Alla luce di questa recentiscoperte possiamo pertanto sot-tolineare l’importanza storico-archeologica dei dati provenien-ti dall’antica città di Gabii, chepuò considerarsi, almeno per lesue fasi più antiche, una piccolaRoma, e che, non avendo subitonel corso dei secoli le trasforma-zioni di Roma stessa, conservaancora nel sottosuolo le traccedella città romana ed edifici,come quello ultimamente sco-perto, che possono aiutare aconoscere e comprendere l’evo-luzione storica e topografica diuna città romana fin dalle sueorigini. �

cui, importante ai fini dell’iden-tificazione funzionale dell’edifi-cio, una lastra del fregio con raf-figurazione del Minotauro asso-ciato a felini, motivo che, presen-te anche nella decorazione dellaRegia di Roma, rimanda allacelebre saga di Teseo impiegatada Servio Tullio per legittimare ilproprio potere. Dovremmo dun-que trovarci di fronte ad un chia-ro rimando alla dinastia etruscadei Tarquini che regnò su Romaalla fine del periodo monarchico.Questo dato archeologico può

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RITORNA DANEW YORK IL

TESORO DI MORGANTINA

al 20 mar-zo al 23 mag-gio 2010 Pa-lazzo Mas-simo alle Ter-

me, una delle sedi più ricche efunzionali del Museo NazionaleRomano, si arricchisce di un’ul-teriore mostra, oltre a quella giàin corso su I marmi dipinti diAscoli Satriano.

Anche nel caso del Tesoro diMorgantina si tratta del recuperodi un complesso di manufattistraordinario, per qualità e mate-riale. Grazie alle indagini delmeritorio Comando Carabinieriper la Tutela del PatrimonioCulturale e degli archeologiMalcolm Bell III e Pier GiovanniGuzzo è stato possibile ricostrui-re a ritroso la vicenda: gli argen-ti furono rinvenuti nel corso diuno scavo clandestino al princi-pio degli anni Ottanta del XIXsecolo a Morgantina, antico cen-tro siculo ellenizzatosi sin dal VIsecolo a.C., situato nel cuoredella Sicilia, nei pressi di Aidone

DIL TESORO DI

MORGANTINA

(provincia di Enna); finiti sulmercato antiquario, tra il 1981 eil 1984 gli argenti vennero acqui-stati dal Metropolitan Museumof New York, che ne ha deciso larestituzione all’Italia nel 2006.Infatti, sin dal 1987, MalcolmBell III, professore di archeologiaclassica all’University ofVirginia e direttore della missio-ne americana di scavi aMorgantina dal 1980, identificòil tesoro esposto a New York conquello su cui circolavano vocicircostanziate che fosse stato tro-vato a Morgantina, in base alladescrizione dei pezzi che com-ponevano l’eccezionale rinveni-mento. Gli scavi condotti tra il1997 e il 1998 in una casa delquartiere occidentale di

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Morgantina hanno confermatola provenienza degli oggetti: inuno degli ambienti al pian terre-no della casa, estensivamentescavata dai clandestini, è statarinvenuta una buca profonda,praticata al momento dell’occul-tamento del tesoro, occultamen-to datato fortunatamente allafine del III secolo a.C. dal ritro-vamento di una moneta bronzeadel 216-212 a.C. Invece, il reperi-mento di una moneta da 100 liredel 1978 su uno dei pavimenti diterra battuta della casa ha per-messo di fornire un terminus postquem per l’attività dei trafugatori!

Molto probabilmente, cosìcome ci è pervenuto, il comples-so di oggetti preziosi appartene-va all’ultimo proprietario, che

Sopra: La Dott.ssa Rita Paris, direttore delMuseo di Palazzo Massimo alle Terme,mentre presenta la Mostra ai giornalistiintervenuti alla conferenza stampa

Sotto: Il Dott. Giuseppe Proietti, al centro,nuovo Soprintendente archeologo di Romadurante la conferenza stampa

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Sopra: Pianta topografica della Sicilia conl’indicazione, in maiuscolo, della città diMorgantina

Sotto: Panoramica dell’area archeologica diMorgantina

Nella pagina accanto, in alto e al cen-tro: Iscrizioni incise sul fondo dei manufat-ti

Nella pagina accanto, in basso: Pissidecon il coperchio decorato a sbalzo

deve aver deciso di nasconderloin momenti di grande difficoltà eagitazione: si può pensare all’ap-prossimarsi dell’esercito roma-no, che nel 211 a.C., nel corsodegli eventi bellici della secondaguerra punica, conquistòMorgantina. Il proprietario pote-va essere un abitante della città,ma non possiamo escludere,anche per la raffinatezza degliargenti, che si trattasse di un sol-dato mercenario o di uno deiSiracusani che avevano trovatorifugio a Morgantina in seguitoall’assedio e alla caduta dellaloro città in mani romane, appe-na un anno prima.

È suggestivo pensare che ilnome Eupolemos, inciso al geniti-vo di possesso (“(io sono) diEupolemos”) sul fondo della pis-side e dell’altarino (nonché forseabbreviato Eu. sull’orlo di unodei grandi recipienti con piedi aforma di maschere teatrali), sia ilnome dell’ultimo possessore deltesoro.

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Questo è costituito da oggettidiversi per produzione, cronolo-gia e funzione, e quindi deveessersi formato progressivamen-te per aggiunte successive. Imateriali sono realizzati in lami-na d’argento parzialmente dora-ta, con alcuni elementi fusi aparte e saldati. I motivi decorati-vi geometrici, floreali e figurati,sono eseguiti a sbalzo. Le duebellissime pissidi con il coper-chio decorato a sbalzo e l’altari-no a corpo cilindrico ornato daun fregio dorico e bucrani, con irelativi piattelli, dovevano servi-re per contenere aromi da bru-ciare e compiere riti sacri, comeconfermano anche le iscrizionidi dedica agli dei incise in greco;aveva forse funzione sacra anchela bassa coppa ombelicata (phialemesomphalos), decorata da raggidorati, una tipologia utilizzatasolitamente per le libagioni. Ledue corna erano invece applicate

in origine a un elmo da parata,del tipo portato dai guerrieri ita-lici, come documentano pitturefunerarie campane, raffigurazio-ni su ceramica apula e il rinveni-mento di analoghi esemplari inargento in una tomba di Canosa.Il resto degli oggetti appartengo-no a un servizio da simposio: trecoppe dal profilo conico, elegan-temente decorate da medaglionifloreali al centro, in due casi conun granato incastonato al centro;una lamina sbalzata con la rap-presentazione di Scilla che sca-glia un masso contro malcapitatinaviganti; un attingitoio(kyathos); una tazza con due anse(skyphos); una coppa emisfericadecorata da pentagoni e unacorona dorata; una brocchetta(olpe) e due grandi coppe conmaschere teatrali applicate, nellaprima all’attacco dell’ansa, neirecipienti come piedi sul fondoconvesso.

L’approfondito studio di PierGiovanni Guzzo ha consentito diriconoscere nuclei di manufatti,legati da motivi decorativi e affi-

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Sopra: Pisside con il coperchio decorato asbalzo

Sotto: Altarino di forma cilindrica decora-to con bucrani e fregio dorico

Al centro, in alto: Coppa ombellicata dec-orata con raggi dorati

A destra: Coppa biansata in argento

Al centro, in basso: Particolare della dec-orazione dell’altarino

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In alto: Corna probabilmente applicate adun elmo da parata

Sopra: Lamina sbalzata con rappresen-tazione di Scilla

A destra: Brocchetta in argento con deco-razione in oro

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nità stilistiche, oltre che dallapresenza di iscrizioni puntinate(le più antiche) e incise, moltedelle quali consistono in nota-zioni ponderali espresse con unsistema numerale tipico dellaSicilia, che conferma ancora unavolta la provenienza del tesoro.Gli oggetti più antichi, databiliin base ai confronti di forma edecorazione tra il IV e il III seco-lo a.C., sono lo skyphos (che recainciso sul fondo il nome Erma), ilkyathos e forse anche la phiale. Glialtri argenti risalgono invece allafine del III secolo a.C. e trovano iparalleli migliori in manufatti divetro e di argento rinvenuti nellaTomba degli Ori di Canosa e

Nella pagina accanto, in alto: Grandecoppa con “piedini” raffiguranti maschereteatrali

Nella pagina accanto, in basso:Particolare del fondo della coppa

In alto, a sinistra e sopra: Coppe elegan-temente decorate con medaglioni florealidorati

In alto, a destra: Attingitoio in argento

nella pisside Rotschild, trovata aTaranto e conservata al Louvre,attribuiti in genere dagli studiosialla produzione di lusso dellagrande capitale ellenistica diAlessandria d’Egitto, con laquale sicuramente la potentecittà di Siracusa era collegata dascambi commerciali, artistici eculturali.

Il tesoro, dopo una sostaespositiva a Palermo, sarà resti-tuito al Museo Archeologico diAidone, che si sta arricchendo dicapolavori antichi provenientida Morgantina e man manorestituiti all’Italia: i due acrolititardoarcaici, esposti al museodal dicembre 2009, cui si aggiun-gerà, ben presto, anche la cosid-detta Dea di Malibu, una splen-dida scultura femminile eseguitain marmo e calcare. �

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IN MOSTRA ALMUSEO DELLA

CIVILTÀ ROMANA

resso ilMuseo dellaC i v i l t àRomana èattualmente

in corso la mostra dal titolo“Machina. Tecnologia dell’anticaRoma”.

Il tema oggetto dell’esposi-zione si riferisce ad un ambitoabbastanza inconsueto e di soli-to quasi mai considerato nellapanoramica delle discipline cheinteressano l’archeologia, la sto-ria e la conoscenza in genere del-l’antica Roma. Scorrendo levarie sezioni della mostra ci sirende invece conto di come ogniaspetto della vita e dell’attivitàdei Romani, in pace e in guerra,sia stato commisurato, arricchitoo condizionato, in relazioneall’applicazione di specificheconoscenze di natura tecnica. Lamostra, che si avvale dell’espo-sizione di reperti provenienti dadiverse istituzioni museali, ha lacaratteristica di presentare sva-riati modelli di macchine e

PMACHINA. TECNOLOGIA

DELL’ANTICA ROMA

In alto, al centro: Panoramica della primasala

Nella pagina accanto, in basso:L’ingresso alla mostra

dispositivi antichi che costitui-scono il polo d’attrazione e ilcarattere distintivo dell’iniziati-va.

Il termine generico machinaveniva usato dagli antichi perindicare un meccanismo costrui-to sfruttando l’ingegno, alloscopo di migliorare l’attività del-l’uomo in vari campi d’applica-zione: è sintomatico che lo stessotermine stesse anche ad indicareespediente, astuzia, finanche insi-dia, quasi a sottolineare il signifi-cativo apporto concettuale sotte-so a tali realizzazioni. In effetti,esaminando le machinae presentiin mostra si intuisce come l’uo-mo romano seppe tradurre inpratica ed adattare alle proprieesigenze un cospicuo bagaglioculturale mutuato il più delle

PROROGATA AL 23 MAGGIO

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volte dai Greci o da altri popolicon i quali venne man mano acontatto, ma rivisitato alla lucedi quello spirito pratico e razio-nale proprio della sua stessanatura.

Grazie alle scoperte archeolo-giche si è venuti a conoscenza dinumerosi dispositivi, strumentied anche oggetti d’uso quotidia-no dei quali si percepisce l’im-portante valenza, pur non com-prendendoli a volte in manieraimmediata, poiché in alcuni casine risulta problematica persinol’identificazione. Molto spessovengono in nostro aiuto le fontiletterarie, ma il più delle volte sirivelano di difficile interpreta-zione, trattandosi infatti per lopiù di testi di natura tecnica.Raramente si ha la fortuna inve-ce di poter usufruire di fonti ico-nografiche che, se non altro perla loro specifica natura, appaio-no essere di maggior ausilio. Inalcuni eccezionali casi le imma-gini forniscono la straordinariatestimonianza di meccanismi lacui rappresentazione è chiarifi-catrice anche del loro funziona-mento, come nel caso della dop-pia sega idraulica per materiali

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Sopra: Ricostruzione del meccanismo diun orologio ad acqua secondo le indicazionidi Ctesibio

Sotto: Ricostruzione di una groma. Lostrumento serviva a tracciare linee ortogo-nali e veniva usato per la suddivisione delterreno

In alto, al centro: Ricostruzione di uncorobate. Questa macchina aveva la fun-zione di una grande livella ad acqua. Eradotata anche di diversi fili a piombo

In basso, a destra: Piccola meridiana por-tatile con disco metallico inciso per indicarel’ora

litici rinvenuta di recente aHierapolis di Frigia, datata al IIIsec d.C.

Detto ciò, occorre anche spe-cificare che un campo d’applica-zione, prima limitato all’estero,ma da alcuni decenni operanteanche in Italia, è proprio quellodell’archeologia sperimentale,reenactment, che vede collaborarespecialisti delle varie materie:risulta infatti sempre più spessoindispensabile unire diverseprofessionalità e permettere

all’ingegnere, all’architetto, almatematico, al giurista, al bota-nico, al musicologo, di poterlavorare insieme all’archeologo,al fine di ricreare la tecnologia ele tecniche artigianali del passa-to per costruire, con i mezzi dicui disponevano i Romani, mac-chine, strumenti e oggetti conl’obiettivo di raggiungere risul-tati attendibili e impedire la rea-lizzazione di sperimentazioniunicamente teoriche e, quel che èpeggio, scarsamente aderenti

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Sopra: Abaco tascabile costituito da unsupporto metallico con scanalature munitedi piccole sfere mobili che servivano adeseguire calcoli aritmetici

Sotto: Gru calcatoria ricostruita in base alrilievo degli Haterii. Serviva per il solleva-mento dei blocchi di pietra

alla realtà, ottenendo nel con-tempo la comprensione esattadelle potenzialità di ciò che siricostruisce.

Quando si parla di tecnologiadei Romani, la tendenza è quelladi mostrarsi poco inclini a giudi-carla sufficientemente avanzata,operando in maniera spessosuperficiale e soprattutto com-piendo l’errore di commisurarlasecondo moderni parametri.Basterà infatti fornire alcuniesempi per dimostrare il contra-rio. La doppia sega idraulica diHierapolis, sopra citata, era con-gegnata in modo tale che il motoimpresso dalla forza dell’acquaalla grande ruota a pale andassea incidere sull’oscillazione delleseghe: fino a non molto tempo fasi riteneva invece che la trasfor-mazione di un moto circolare inorizzontale fosse stata ideata nelRinascimento. Altro esempiointeressante è costituito dal testodello scienziato alessandrinoErone quando descrive il mecca-nismo grazie al quale le portedel tempio di Serapide adAlessandria si aprivano e sichiudevano da sole, accendendoo spegnendo il fuoco dell’ara

sacrificale posta a lato del tem-pio stesso. Essendo l’altare posi-zionato al di sopra di un sistemaidraulico collegato a pesi e car-rucole, il calore provocato dalfuoco determinava un processouguale a quello prodotto dallamacchina a vapore, che avrebbe

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fatto la sua comparsa solo adistanza di molti secoli. Talemeccanismo, rimasto alla stre-gua di curiosità erudita, avrebbepotuto certamente dare avvioallo sfruttamento dell’energiaderivante dai gas compressi, senon fosse stato per i costi alta-mente elevati delle materieprime indispensabili per il suofunzionamento.

Le varie sezioni della mostracontemplano quasi tutti i campidell’attività dell’uomo romano,si parla infatti di costruzioni,idraulica, medicina, comunica-zioni, agricoltura, industria nellesue varie applicazioni, spettaco-lo e guerra.

Proprio lo studio della com-plessa macchina da guerraromana offre la possibilità dimettere in luce il raffinato tecni-cismo alla base di tutti gli arma-menti, comprendenti le armi dei

singoli, sia quelle destinateall’offesa che quelle relative alladifesa passiva, come pure lemacchine belliche. La ricerca dimiglioramento delle prestazioniportò ad un continuo studio,svoltosi nell’arco di più secoli,che si avvalse anche delle cono-scenze derivate dalle popolazio-ni con cui i Romani furono a con-tatto. Un esempio è offerto dalgladium, l’arma romana pereccellenza, con cui si identifica-no le stesse legioni e che costitui-sce un valido esempio di come leconoscenze tecnologiche propriedi altri popoli siano state abil-mente sfruttate allo scopo di rag-giungere un’elevata capacità dioffesa. Il gladium, idoneo a colpi-re soprattutto in scontri ravvici-nati, venne soppiantato solo inetà tardo-imperiale dalla spatha,a seguito delle profonde trasfor-mazioni in atto nell’organizza-

zione dell’esercito. Come in altricampi, la scienza alessandrinarivestì molta importanza nellacostruzione delle macchine belli-che, comprendenti sia i meccani-smi per il lancio di proiettili,dardi o pietre, sia quegli appara-ti destinati ad agevolare l’ap-proccio e l’assalto alle difese

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Nella pagina accanto, in alto:Ricostruzione di una gru secondo le indi-cazioni di Vitruvio

Sopra: Valvola in bronzo usata per l’ad-duzione o l’arresto del flusso idrico

Sopra: Particolare della ricostruzione dellacoclea o vite di Archimede. Questa macchi-na era in grado di sollevare con il minimosforzo grandi quantità di acqua

Sotto: Ricostruzione di una torre arietata edi una testuggine coperta arietata. Questemacchine belliche erano usate negli assedi

fisse nemiche. Anche lo studio dell’ingegne-

ria rivela le grandi capacitàromane in campo tecnologico,basti pensare alle opere presentilungo i vari limites dell’Impero,postazioni fortificate di varianatura, fossati, palizzate, pernon parlare poi della costruzio-ne di ponti, strade e accampa-menti. La costruzione di uncastrum costituiva di per sé un’o-pera complessa, per la cui realiz-zazione si coniugavano più com-petenze, dal geografo al groma-tico, dall’architetto al legionarioche sappiamo essere sempreimpiegato sia per il semplicereperimento del materiale dacostruzione, sia per l’edificazio-ne di opere murarie.

Anche nel campo delle comu-nicazioni e sulla conseguentepossibilità di inviare e riceverenotizie nel minor tempo possibi-le sui teatri operativi, i Romanifurono gli artefici di preziosecodificazioni rielaborate daiGreci e perfezionate a tal puntoda rendersi efficaci anche sulunghe distanze.

I Romani sono generalmentericordati anche per la sopravvi-venza di molte delle loro opereche ancora oggi destano meravi-glia, tra queste le strade, la mag-gior parte delle quali ancora per-corriamo. La rete stradale pub-blica si snodava lungo tutto

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l’Impero e grazie ad essa Romariusciva a tenere insieme, con-trollandolo, un vastissimo terri-torio. Tali opere non furono -secondo la famosa affermazionedi Frontino - come le «inutili matanto celebrate opere d’arte deiGreci», ma rappresentarono l’e-spressione più eloquente dellacultura e della civiltà di Romaantica. Come non parlare poi deiponti, dei viadotti e soprattuttodegli acquedotti che con i loroimponenti resti caratterizzanoancora le campagne intorno aRoma.

Creazione tipicamente roma-na, la conduzione dell’acqua fudi fondamentale importanza perlo sviluppo e il benessere dellapopolazione. L’acqua, soventecaptata anche in luoghi moltodistanti, era fatta arrivare adestinazione superando valli e

montagne, mediante la risolu-zione di problemi, anche com-plessi, di natura tecnica. Ogniacquedotto costituisce uno stu-dio a sé ed è rappresentativo delgrande genio romano. Le arcate,l’elemento più appariscente diqueste opere, non sono altro cheil mero sostegno del canale discorrimento. L’acqua venivacondotta in città utilizzandosemplicemente la forza di gra-vità, mediante un attento studiodelle quote e delle pendenze trala sorgente e il luogo di destina-zione, perforando montagne esuperando vallate. Nel caso incui ciò si fosse rivelato impossi-bile a causa della presenza divalli lunghe e poco profonde,veniva adottato un sistema dicondotte forzate, di cui rimango-no ancora pochi ma efficaciesempi, sfruttando il principiodei vasi comunicanti. L’acquaera immessa anche in piscinelimarie, appositi bacini per ladecantazione e da ultimo neicastella di distribuzione, secondocriteri ben precisi, rispondentialle disposizioni vigenti.

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Nella pagina accanto, in alto:Ricostruzione di una ruota idraulica per ilsollevamento dell’acqua

Nella pagina accanto, in basso:Ricostruzione di un Tornio da vasaio. In primopiano un’anfora da trasporto Dressel 20

A sinistra: Ricostruzione di una sezione dinave romana della prima guerra punica. Sulponte si nota la passerella girevole per gliarrembaggi denominata “corvo”

Sotto: Cornice di stucco colorato. I sec. d.C.

Destano meraviglia per la lorosemplice ma raffinata funziona-lità alcuni apparecchi quali val-vole, rubinetti, calices, ma soprat-tutto i rari e preziosi frammentidi pompe di sollevamento, di cuisi conoscono svariati esemplari.

Oltre agli acquedotti, ognicostruzione d’epoca romana ingenere suscita ammirazione,basti pensare ai grandi monu-menti pubblici quali teatri, anfi-teatri, terme, circhi, con tutte lesoluzioni tecniche che contribui-

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rono a caratterizzarli, alcunedelle quali ancora apprezzabili,come quelle relative alle operemurarie, a particolari architetto-nici o a sopravvivenze d’altranatura, altre invece note soloattraverso le fonti. Conosciamoinfatti l’esistenza di artifici sceni-ci quali apparecchiature com-plesse, smontabili e rimontabili,per far apparire all’improvvisofondali e prospettive scenografi-che o l’uso di attrezzature fun-zionali agli spettacoli con gli ani-mali, come ascensori, piani incli-nati e meccanismi quali la coclea,l’ericius e il contomonobolom. Latecnologia degli spettacoli com-prendeva inoltre l’ottemperanzaa precise e codificate regole diacustica, oltre che di ottica, di

idraulica, con riferimento allenaumachie e ai tetimimi, e lapadronanza delle conoscenzecollegate alle manovre per ilvelarium o ancora al meccanismodi controllo dei giri nelle garedel circo, mediante l’ ovarium e ildelphinium

Ugualmente apprezzabile è ilsistema di riscaldamento delleterme, basato sul semplice maefficacissimo principio della cir-colazione dell’aria calda, sfrut-tando il quale si era in grado diraggiungere notevoli risultati.Un altro sistema, applicatoanche nelle residenze più lus-suose, è quello testimoniato daun singolare apparecchio rinve-nuto nella villa della Pisanella aBoscoreale. Si tratta di una cal-

daia scalda acqua del tipo diquella descritta da Vitruvio, dacui si dipartivano diversi ordinidi tubi, corredati da chiavi inbronzo, in grado di erogare l’ac-qua alla temperatura desiderata.Le stesse case inoltre, almenoquelle delle persone più bene-stanti, conservavano innumere-voli oggetti realizzati con l’im-piego di precise conoscenze tec-niche, basti citare ad esempio laproduzione di particolari oggettiin vetro, bronzo ed argento.

A questo proposito occorrericordare le avanzate conoscenzetecniche che i Romani ebbero nelcampo dell’estrazione dei mine-rali, senza dubbio tra le piùsignificative fino al XIX secolo.Talmente incisiva fu l’attività inquesto campo che recenti studihanno dimostrato come i livellidi inquinamento causati propriodall’estrazione mineraria roma-na si collocano tra i più alti inassoluto, uguagliati solo daquelli raggiunti all’epoca dellarivoluzione industriale. Ciò inriferimento soprattutto all’estra-zione di rame, argento e oro,dovuta alle consistenti emissionimonetarie che, tra il I sec. a.C. eil II d.C., dovettero supportarel’incremento dei traffici commer-ciali.

La lavorazione della terraintroduce all’utilizzo dell’ener-gia animale, e riporta alla mentele parole del grande Vitruvio:«Quanto al nutrimento nonavremmo poi abbastanza cibo senon fossero stati inventati i gio-ghi e gli aratri per i buoi e pertutte le bestie da soma». Edancora: «E se non fossero statiideati per la torchiatura delleolive dei torchi, dei verricelli,delle leve, noi non avremmopotuto godere del piacere dell’o-lio limpido o dei frutti della vite;e il trasporto di questi prodottisarebbe impossibile se non fos-sero stati inventati i congegnimeccanici….».

Le parole di Vitruvio fanno

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riflettere su come tutte le conqui-ste del sapere operate daiRomani, arricchite dalle espe-rienze fatte in campo tecnologi-co, siano rimaste pressochéimmutate dall’antichità all’av-vento di alcuni dispositivi che,come la macchina a vapore, dicui si è parlato sopra, ‘riscoperta’intorno alla metà dell’Ottocento,rivoluzionò il settore dei tra-sporti. Non di rado però accadedi scoprire come nelle campagneo in alcune particolari aree sicontinui ad adoperare strumentiche ricalcano o si ispirano a quel-li romani, azionati da energiaumana, idraulica, eolica, termicae solare. Pare utile ricordare inol-tre che, proprio nei confrontidell’energia solare, quale fontealternativa, si è attivato datempo un rinnovato interesse,incentrato tra l’altro anche sullostudio delle applicazioni romanein tale campo.

Da ultimo, come non rimane-re meravigliati nell’apprenderel’esistenza di congegni creati

anche «per generare meravi-glia», quali ad esempio gli auto-mata, destinati a stupire per ilvirtuosismo della loro realizza-zione e l’originalità del funzio-namento: fontane animate, gio-cattoli e addirittura gli antesi-gnani dei moderni robot, ingrado di muovere autonoma-mente gli arti.

Forse non tutti sanno che l’e-sposizione del cadavere diCesare si avvalse di una sapienteregia politica che mise in scenaun meccanismo recante una sta-tua di cera del dittatore che, fattaappositamente muovere,mostrava agli intervenuti lavisione del corpo martoriatodalle numerose pugnalate.

Non a caso Roma è descrittacome «il paese degli automi» inun testo birmano dell’XI-XII sec.,proprio a ribadire - se ancora cene fosse bisogno - la sua estremavocazione tecnologica. In unodei saggi introduttivi al catalogoMarco Galli scrive: «In Oriente,al tempo dell’Impero romano, si

favoleggiava di un paese dovevivevano molti fabbricanti dimacchine veicoli di spiriti . Questemacchine venivano usate comestrumenti di protezione (blocca-no, arrestano, respingono, fannoostacolo), svolgevano attivitàcommerciali, coltivavano icampi, effettuavano catture edesecuzioni. Questo paese eraRoma…».

La mostra “Machina.Tecnologia dell’antica Roma”,ospitata nelle sale del Museodella Civiltà Romana delComune di Roma,Sovraintendenza ai BeniCulturali - Assessorato allePolitiche Culturali e dellaComunicazione, è a cura di RitaCorrenti - Associazione PiazzaDuomo, con la collaborazionedell’Università degli Studi diRoma “Sapienza”.

Le macchine sono state ideatee ricostruite da GabrieleNiccolai. Il catalogo, edito daPalombi Editori, è a cura diMarco Galli e Giuseppina PisaniSartorio. La mostra termina il 23maggio 2010. �

Nella pagina accanto: Particolare dellaricostruzione al vero di un mulino idraulico

Sotto: Bottiglia a corpo sferoidale in vetrosoffiato incolore. II – III sec. d.C.

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