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Roma illustrata, P. Fleury, O. Desbordes (dir.), Caen, PUC, 2008, p. 261-290 L’EVOLUZIONE URBANISTICA DI ROMA DALL’ETÀ ARCAICA AL TARDO IMPERO ATTRAVERSO IL DIRITTO E LE SUE FONTI. ALCUNI ESEMPI In occasione del Convegno “Rome an 2000” tenutosi presso questa Università nel set- tembre dell’anno 2000, i cui atti hanno visto la luce nel giugno 2003, avevo illustrato la rappresentazione di Roma antica nel grande plastico che si trova a Roma presso il Museo della Civiltà Romana. In quella circostanza era stata mia cura descrivere la genesi, le caratteristiche, i limiti e le prospettive future dell’opera, mostrando anche documenti d’archivio e par- ticolari dell’esecuzione fino ad allora inediti. Avevo in tal modo realizzato un approc- cio a questa rappresentazione di Roma che, pur se completo, rappresentava però una chiave di lettura volta unicamente alla conoscenza dell’opera. Il plastico del Museo della Civiltà Romana rappresenta Roma nel momento della sua massima espansione, sotto l’imperatore Costantino. Riflettendo su quest’aspetto, mi sono resa conto che sarebbe stato interessante interrogarsi sulla genesi e l’evolu- zione dello spazio urbano al di fuori della maniera consueta, ricercandone le cause anche sotto il profilo dello sviluppo delle istituzioni e del diritto, fruendo di un par- ticolare tipo di fonti : quelle giuridiche. Esaminando alcune di esse ho compreso come lo sviluppo dell’urbanistica e dell’ordinamento giuridico di Roma si siano vicendevolmente influenzati alla luce degli avvenimenti storici, politici e sociali e come tali fonti, raramente sfruttate in ambito archeologico, si rivelino invece particolarmente utili a supporto o integra- zione di dati di natura storico-topografica. Scopo della presente comunicazione è quindi offrire, possibilmente in una visione diacronica, alcuni esempi in merito all’utilizzo dello spazio urbano, relativamente a specifiche funzioni che verranno esaminate di volta in volta alla luce delle fonti del diritto pubblico e di quello privato 1 . 1. Non è certo questa la sede per trattare esaustivamente del Diritto romano e delle sue fonti : sarà sufficiente qui ricordare alcuni dati. Esso ebbe una durata convenzionale di oltre 1300 anni, dalle origini di Roma alla morte dell’imperatore Giustiniano nel 565 d.C. Quello di Roma è dunque l’ordinamento giuridico durato più a lungo nella storia, non essendoci stata alcuna soluzione di continuità tra l’ordinamento romuleo e

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Roma illustrata, P. Fleury, O. Desbordes (dir.), Caen, PUC, 2008, p. 261-290

L’EVOLUZIONE URBANISTICA DI ROMADALL’ETÀ ARCAICA AL TARDO IMPERO

ATTRAVERSO IL DIRITTO E LE SUE FONTI.ALCUNI ESEMPI

In occasione del Convegno “Rome an 2000” tenutosi presso questa Università nel set-tembre dell’anno 2000, i cui atti hanno visto la luce nel giugno 2003, avevo illustratola rappresentazione di Roma antica nel grande plastico che si trova a Roma presso ilMuseo della Civiltà Romana.

In quella circostanza era stata mia cura descrivere la genesi, le caratteristiche, ilimiti e le prospettive future dell’opera, mostrando anche documenti d’archivio e par-ticolari dell’esecuzione fino ad allora inediti. Avevo in tal modo realizzato un approc-cio a questa rappresentazione di Roma che, pur se completo, rappresentava però unachiave di lettura volta unicamente alla conoscenza dell’opera.

Il plastico del Museo della Civiltà Romana rappresenta Roma nel momento dellasua massima espansione, sotto l’imperatore Costantino. Riflettendo su quest’aspetto,mi sono resa conto che sarebbe stato interessante interrogarsi sulla genesi e l’evolu-zione dello spazio urbano al di fuori della maniera consueta, ricercandone le causeanche sotto il profilo dello sviluppo delle istituzioni e del diritto, fruendo di un par-ticolare tipo di fonti : quelle giuridiche.

Esaminando alcune di esse ho compreso come lo sviluppo dell’urbanistica edell’ordinamento giuridico di Roma si siano vicendevolmente influenzati alla lucedegli avvenimenti storici, politici e sociali e come tali fonti, raramente sfruttate inambito archeologico, si rivelino invece particolarmente utili a supporto o integra-zione di dati di natura storico-topografica.

Scopo della presente comunicazione è quindi offrire, possibilmente in una visionediacronica, alcuni esempi in merito all’utilizzo dello spazio urbano, relativamente aspecifiche funzioni che verranno esaminate di volta in volta alla luce delle fonti deldiritto pubblico e di quello privato 1.

1. Non è certo questa la sede per trattare esaustivamente del Diritto romano e delle sue fonti : sarà sufficientequi ricordare alcuni dati. Esso ebbe una durata convenzionale di oltre 1300 anni, dalle origini di Roma allamorte dell’imperatore Giustiniano nel 565 d.C. Quello di Roma è dunque l’ordinamento giuridico duratopiù a lungo nella storia, non essendoci stata alcuna soluzione di continuità tra l’ordinamento romuleo e

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La principale fonte di cognizione di cui mi sono avvalsa è il Corpus Iuris Civilis,denominazione con cui si indica dal XVI secolo un’estesa raccolta di giurisprudenzaclassica, iura, e costituzioni imperiali, leges, fatta redigere dall’imperatore Giustiniano,completata dopo il 534 con leges emanate dallo stesso imperatore. Tornato alla luce in

Fig. 1 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Plastico di Roma in età imperiale. L’evoluzione urbanistica di Roma può essere letta anche in funzione e come risultato delle sue istituzioni e

in generale del suo diritto, che regolava anche i più minuti rapporti tra le persone.

quello tardo antico. Convenzionalmente, il Diritto romano viene ripartito in diversi periodi, scanditi pren-dendo in considerazione o il diritto pubblico o il diritto privato o lo sviluppo della giurisprudenza. Nelprimo caso si distinguono i seguenti periodi : arcaico-monarchico (dalla fondazione dell’Urbe sino allafine della monarchia), repubblicano (dall’inizio della repubblica sino ad Augusto : è essenziale l’anno 367a.C., data di promulgazione delle leges Liciniae Sextiae, che segnano l’avvio della “costituzione perfetta”),principato (dal 36-23 a.C. sino al 284, anno della fine della seconda anarchia militare) e dominato (dal 284d.C. al 565, anno della morte di Giustiniano). Secondo lo sviluppo del diritto privato, invece, si distingueun periodo arcaico (dalle origini sino alla fine del IV sec. a.C.), uno pre-classico (dal III sec. a.C. sino allafine della repubblica), uno classico (corrispondente al principato) ed infine uno post-classico (che con-venzionalmente si fa terminare con il 565 d.C.). Seguendo lo sviluppo della giurisprudenza romana, si dis-tinguono invece i periodi arcaico (dalle origini sino alla seconda guerra punica del 218-202 a.C.), ellenistico(dalla fine della seconda guerra punica alla fine della repubblica), classico (coincidente con il principato) epost-classico (coincidente con il dominato e caratterizzato dalla tendenza dei giuristi ad identificarsi sem-pre più con i funzionari delle cancellerie imperiali, favorendo la scomparsa di figure di spicco, che restanooperanti quasi solo nelle università : per tutto ciò questo periodo è detto anche burocratico. Esso terminaconvenzionalmente nel 565 d.C.).

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Occidente dopo il X secolo, il Corpus è composto da quattro parti : Institutiones, Digestao Pandectae, Codex e Novellae. Pur se questa monumentale opera risente nella formae, a volte, nella sostanza, dello stato del diritto vigente in età giustinianea, è fonte ine-sauribile di studio anche per il tema oggetto della presente comunicazione.

Ugualmente importante si è rivelata la lettura di fonti quali le Institutiones di Gaioe il Codex Theodosianus di Teodosio II, la prima databile all’età adrianea, mentre laseconda fatta compilare da Teodosio II nel 438 d.C.

Quando si parla di fonti di cognizione del diritto, tuttavia, non è bene fermarsi aquelle di natura strettamente tecnica. Anche una fonte storica, ad esempio, può rive-larsi una fonte di cognizione : è il caso di Livio che, descrivendo il processo di Oraziosotto il regno di Tullo Ostilio, cita la lex horrendi carminis, su cui avremo modo ditornare 2.

Parimenti, altre fonti di cognizione possono rivelarsi quelle abitualmente usatein archeologia, quali, ad esempio, l’epigrafia e la numismatica3.

Trovando possibile questo interagire tra fonti tradizionalmente usate ed altreneglette, ho pensato alla possibilità, dunque, di allargare il campo di indagine versoqueste ultime, impiegandole in tal modo nella ricerca sull’origine e lo sviluppo degliedifici e, più in generale, degli spazi urbani che maggiormente caratterizzarono l’ur-banistica di Roma antica 4.

2. Liv. 1, 26, 6. Cfr. a questo proposito la nota nota 16.3. Valga ad esempio l’epigrafe di età augustea, CIL X 787, riguardante la costruzione di un muro lungo il lato

Ovest del quadriportico del tempio di Apollo a Pompei. L’operazione venne effettuata allo scopo di isolarel’area sacra rispetto all’attigua casa di Trittolemo.

4. Quelle fonti di cui si è ora detto, costituiscono le “fonti di cognizione”, cioè quelle da cui si viene a cono-scenza della norma. Accanto ad esse si distinguono le “fonti di produzione”, cioè tutti quegli atti o fatti dacui nasce la norma. In questo senso, in età arcaica sono fonti del diritto le consuetudini degli antenati, imores, e il complesso delle norme di carattere religioso-sacrale, il fas. Tra il 451 ed il 450 a.C. l’appositamagistratura dei decemviri legibus scribundis redasse il primo testo scritto giuridico romano : la Lex XIITabularum. Nella successiva età repubblicana la fonte di diritto per eccellenza sarà la lex rogata, cioè lalegge proposta dal magistrato e fatta votare nelle assemblee popolari regolarmente riunite. Nel 287 a.C. iplebis scita, in principio vincolanti per sola plebs vennero resi tali per tutto il populus Romanus ad operadella lex Hortensia. Inoltre sino dall’età più arcaica la funzione di creazione del diritto attraverso l’inter-pretazione delle norme già esistenti è riconosciuta anche ai pareri, responsa, dei giuristi. In principio questisi identificavano con il collegio dei pontifices, mentre in seguito tale attività venne “laicizzata”. E’ impor-tante comprendere come le fonti sinora richiamate costituissero il nucleo più antico del Diritto romano,lo ius civile o ius Quiritium. Esso, però, tra il III-II sec. a.C. non era più sufficiente a fare fronte alle mutateesigenze socio-politiche, così intervenne il pretore che, nei suoi edicta, individuò quelle posizioni giuridi-che che pur non essendo contemplate nello ius civile erano meritevoli di tutela, creando così un sistemagiuridico non alternativo ma complementare a quest’ultimo : lo ius honorarium. Nella successiva etàimperiale venne riconosciuta portata normativa alle deliberazioni, consulta, del Senato, che saranno par-ticolarmente importanti per lo sviluppo del diritto privato. La vera novità del principato, tuttavia, fu lacreazione di fonti emananti dallo stesso imperatore : le constitutiones principum, cui in questo periodo èancora riconosciuto soltanto “valore di legge”. Esse potevano avere valenza generale, edicta e mandata, oessere rivolte a casi particolari e, in teoria, applicabili a quelli soltanto, decreta, epistulae e rescripta. Nellafase del dominato sopravvissero gli edicta ed i rescripta, mentre scomparvero decreta e mandata. Venneintrodotta la adnotatio (forma solenne di rescriptum) e la pragmatica sanctio, inerente di solito l’attivitàamministrativa, emanata con procedura snella e spesso come misura d’urgenza su richiesta delle autorità

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Del resto, l’intima connessione tra il Diritto romano e lo stesso tessuto urbanodella città è connaturata al fenomeno più caratteristico dell’esperienza giuridicaromana, la giurisprudenza, su cui sarà opportuno soffermarsi brevemente prima diaffrontare altre questioni. Sin dall’età arcaica essa appare collegata a luoghi pubblicied all’esercizio del potere, essendo monopolio del collegio dei pontifices, cui spettavain questo caso “mediare” tra il singolo cittadino ed un ordinamento giuridico le cuinorme erano ancora tramandate oralmente proprio all’interno di quella stessa cer-chia. Nel 304 a.C., tuttavia, Cneo Flavio, segretario di Appio Claudio Cieco, rese notii fondamenti essenziali del diritto, legis actiones e fasti, e questa “laicizzazione” deldiritto venne accelerata quando nel 280 il primo pontifex maximus plebeo, TiberioCoruncanio, inaugurò il pubblico insegnamento della scienza giuridica. Da questomomento e sino a tutto il principato il cuore dell’attività giurisprudenziale, cioè ladiscussione e l’insegnamento, fu fortemente ed intimamente connaturato nel tessutourbano di Roma, poiché i giuristi svolgevano la loro opera di consulenza ed insegna-mento soprattutto nelle proprie abitazioni. In seguito, come avverrà per altri feno-meni, lo sviluppo del diritto e la storia politica si influenzeranno reciprocamente e

Fig. 2 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Calco dell’epigrafe nota come ius luminum obstruen-dorum. Nel testo si ricorda l’innalzamento di un muro atto a impedire la visione dell’interno

dell’area sacra del tempio di Apollo a Pompei da un lumen della vicina abitazione. Età augustea.

locali. In questo periodo le fonti del diritto si riducono a due : i pareri dei giuristi, detti ora iura, e le costi-tuzioni imperiali, che persero il “valore di legge” per divenire la legge per eccellenza, tanto da essere dettesemplicemente leges.

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già in età severiana i giuristi non furono più tanto privati cittadini versati nello studiodel diritto, ma spesso alti funzionari imperiali, almeno per alcuni periodi : Papiniano,Paolo ed Ulpiano, ad esempio, che agendo all’interno di un quadro urbanistico cre-ato e modificato proprio per accogliere gli uffici delle cariche da essi ricoperte, benpossono simboleggiare quanto andiamo dicendo. Nel tardo impero, infine, si assistettead un’altra trasformazione : non il ritorno della grande giurisprudenza all’internodelle domus cittadine, ma il suo arroccarsi in grandi centri di cultura quali le univer-sità di Berito e Costantinopoli.

Sarà ora, tuttavia, opportuno illustrare più concretamente, attraverso alcuniesempi, in che modo lo sviluppo del diritto si rifletta su quello dell’urbanistica ecome questa possa essere letta anche alla luce di quello.

Tra le classi di edifici che meglio possono esprimere il concetto della connessionetra l’evoluzione dello spazio urbano e lo sviluppo del diritto fin dall’epoca arcaica, èsenz’altro opportuno trattare dei luoghi deputati all’amministrazione della giustizia.Prendendo in esame il processo criminale è bene chiarire che per l’età più arcaicarisulta difficile riuscire a separare il diritto pubblico da quello privato. Roma è ancoraun modesto abitato, la cui società si muove secondo poche e semplici norme. Gestirituali e determinate formule, certa verba, costituivano i fondamenti su cui si basavail diritto in età arcaica, fondato sui mores maiorum, i costumi degli antenati.

In questo momento, l’esercizio della giustizia appare chiaramente una delle fun-zioni essenziali della nuova comunità e tale attività trova spazio nei nascenti luoghiistituzionali e di riunione del popolo. E’ proprio questo il periodo in cui dopo unafase proto-urbana, collocabile tra il 900 ed il 750 a.C., nasce sull’altura del Cermalus,sul Palatino, un nuovo abitato che si configura da subito come un centro urbano dipotere 5. Siamo nella data tradizionale della nascita di Roma e all’incirca nell’arco ditempo di cento anni nuove capanne sostituiscono quelle esistenti. Fra queste si distin-gue la c.d. “capanna regia”, che sembra assorbire una precedente capanna c.d. “delcapo”, con accanto un’altra capanna, a due vani, probabile sacrario dei culti regi diMarte ed Ops. In seguito alla cerimonia di rifondazione di Numa il primitivo santua-rio di Marte viene spostato a valle presso le porte Romanula e Mugonia. Con analogatrasposizione verrà collocato più a valle il Mundus.

Depositario e amministratore della giustizia era dunque il rex che, in virtù del suopotere di comando, imperium, verificava eventuali violazioni infliggendo le relativepene. La sua potestà di comando, l’imperium, non appare ancora distinta tra quellaesercitabile presso l’esercito e quella esercitabile nella gestione degli affari civili 6.

5. Circa la nascita della monarchia, la fondazione della città, la dissoluzione delle primitive comunità di vil-laggio e le connesse modificazioni sociali in questo periodo, cfr. L. Capogrossi Colognesi, Lezioni di Storiadel Diritto romano. Monarchia e repubblica, Napoli, Jovene Editore, 2004, p. 1-19.

6. Pur coscienti di semplificare di molto una questione su cui è ancora intenta l’attenzione dei romanisti,potremmo definire l’imperium come la forma più alta di potere riconosciuta in Diritto romano. Sarebbearduo dare di esso una definizione positiva, sia data l’ampiezza della sua sfera di attività sia considerato

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Sempre della stessa epoca è il tratto di muro che correva ai piedi del Palatino, edi-ficato nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. che, identificato anche come limite delpomerio, probabilmente segnava il confine oltre il quale poter agire mediante l’usodelle armi. Le stesse pene capitali comminate dal rex nell’esercizio della giurisdizionecriminale, dovevano essere eseguite fuori dal pomerium.

A partire dalla metà del VII secolo, si creò un’ampia area pavimentata ai piedi delcolle capitolino, ampia circa 700 mq, ottenuta asportando una grande quantità di ter-reno e creando una sorta di depressione profonda più di 2 metri. Nella prima età regia,dunque, si individua e viene prescelta come luogo di riunione del popolo, ancoradiviso in curiae, un’area pianeggiante oltre le mura, ai piedi del Campidoglio, essendol’area opposta, e cioè quella verso l’Aventino e la Valle Murcia, interdetta per motivisacrali. In questa zona, chiamata Comitium, il cui antico nome italico deriva dallafunzione svolta, non troppo estesa e poco salubre, ma in posizione chiave, si svolgeràgran parte della vita politica e giudiziaria di Roma 7.

Fig. 3 – Roma, Museo della Civiltà Romana (deposito Università degli Studi di Roma“La Sapienza”). Plastico ricostruttivo in scala 1:15 della cosiddetta Capanna Regia e dei santuari

di Marte ed Ops. Seconda metà del VIII sec. a.C.

7. come esso sia un istituto che si estese per tutta la durata della storia romana, intrecciandosi e relazionandosipertanto, in modo di volta in volta diverso, con altri poteri pubblici o figure istituzionali portatrici di questi.In effetti l’imperium suole essere piuttosto definito in via negativa, identificandone cioè i limiti : in epocarepubblicana il maggiore è senz’altro la provocatio ad populum e la connessa distinzione tra imperium domi,gestione degli affari civili, e imperium militiae, comando militare vero e proprio sottratto a provocatio.

7. La creazione, durante le prime fasi della monarchia latina, del sistema delle tribù e delle curie e la previ-sione di un apposito spazio urbano preposto alle loro riunioni, è stata anche recentemente sottolineatacome momento fondamentale della storia arcaica di Roma. Tutto ciò, infatti, concorreva a determinarel’attenuazione dei legami tra gruppi parentali di epoca pre-civica, rinforzando viceversa la nuova civitase le sue istituzioni. Su ciò e sul connesso problema della cronologia relativa delle tribù e delle curie, v.L. Capogrossi Colognesi, Lezioni di storia del Diritto romano. Monarchia e repubblica, Napoli, Jovene Edi-tore, 2004, p. 12-19 ; 23-29.

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Il Comitium, di forma quadrangolare, orientato secondo i punti cardinali, siritiene fosse assimilato alla Roma quadrata e come tale dotato anch’esso di un Mun-dus, identificato con l’Umbilicus Urbis, quasi una proiezione dell’abitato del Palatinonelle sue varie componenti di potere. Tra i monumenti che ivi avevano sede, era pre-sente anzitutto un luogo di amministrazione della giustizia, in seguito detto tribunal,e la curia Hostilia 8.

Il primitivo tribunal doveva essere una struttura mobile situata a Ovest del Comi-tium 9 presso la sede dei triumviri capitales ed il Carcer. Da quest’area il magistrato, dal367 a.C. il pretore, eserciterà la giurisdizione nelle materie criminali e civili di suacompetenza.

Fig. 4 – Area dell’antico Comitium. Questa zona sin dalla metà del VII sec. a.C. fu deputata alle riunioni del popolo costituito in comitia curiata. In questo stesso spazio si svolgevano anche i

processi civili e quelli criminali almeno sino all’inizio della repubblica (foto autrice).

8. Per quanto riguarda il Mundus, il monumento viene oggi identificato con la costruzione posta nell’angoloSud-Ovest dell’arco di Settimio Severo, tradizionalmente nota come Umbilicus Urbis, ed aderente ad unaltro monumento arcaico tradizionalmente identificato con il Volcanal, ma in cui deve piuttosto ricono-scersi l’ara Saturni più volte indicata dalle fonti in quella zona del Foro. Interessa qui sottolineare come ilMundus fosse un monumento strettamente connesso alle origini della costituzione romana. In primoluogo, infatti esso era costruito in modo da rappresentare il fulcro della zona delimitata dal solco di fon-dazione, rappresentando pertanto un elemento fisico essenziale del diritto augurale. Contemporanea-mente questo monumento illustrava il fondamentale aspetto del sinecismo romano, poiché al suo interno,Plutarco, Romulus XI, sarebbero state gettate primizie e zolle di terra provenienti dai luoghi di origine diquelli che si apprestavano a diventare nuovi cives Romani. Su tutto ciò v. F. Coarelli, Il Foro Romano. I :periodo arcaico, Roma, Quasar, 1992, p. 207-225, nonché “Mundus”, in Lexicon Topographicum Vrbis Romae,E.M. Steinby (dir.), vol. III, Roma, Quasar, 1996, p. 288 ss.

9. Liv. 1, 36, 5.

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La curia Hostilia, cui sembra appartenere un gruppo di tegole facenti parte delprimo livello del pavimento, secondo gli scavi del Boni, venne fondata, a detta diVarrone 10, da Tullo Ostilio. Ospitava le riunioni del Senato ed era situata a Nord delComitium, costituendo quest’ultimo quasi un vestibulum all’edificio 11. Il Comitiumarcaico era perciò delimitato a Nord dal Forum Iulium, ad Ovest dall’arco di SettimioSevero, ad est dalla curia Iulia. Ancora ben individuabile è il lato Sud, caratterizzatoda una linea pozzetti che distinguevano l’area al momento della sua inaugurazionecome templum.

Sempre in quest’arco temporale, nella repressione arcaica degli atti illeciti, purnell’estrema incertezza delle ricostruzioni, fondamentale appare l’istituto della fami-lia che, in età arcaica manteneva ancora molte attribuzioni in seguito proprie dellasfera dei poteri pubblici. Infatti il suo patriarca, il paterfamilias, deteneva il potereassoluto, manus, sugli uomini, sia liberi che schiavi, sugli animali e sulle cose del pro-prio gruppo, esercitando la giustizia nello spazio fisico dell’atrio, centro di aggrega-zione e rappresentanza della domus primitiva, ove erano conservati i simboli civili ereligiosi dell’autorità del pater. Queste competenze non vennero del tutto meno nep-pure quando furono creati gli organi della nuova civitas 12.

Nella seconda età regia si assiste ad un ampliamento ed ad una stabilizzazione delpomerio che comprenderà tutti i colli, ad eccezione dell’Aventino. Sempre allo stessoperiodo la tradizione fa risalire l’istituzione dell’ordinamento centuriato. A ServioTullio infatti è attribuita la riforma degli antichi comizi e l’introduzione della divisionedel popolo in classi in base al censo. Con questa importante riforma costituzionalemuta il ruolo stesso del cittadino, che diviene sempre più parte attiva nella conduzionedella cosa pubblica. Polibio dice, riferendosi al popolo “esso infatti è il solo arbitronell’assegnazione degli onori e delle funzioni, […] il solo ad avere il diritto di inflig-gere la pena di morte […]”.

Risulta chiaro come, pur mantenendo la primitiva area del Comitium le funzionigiudiziarie soprattutto civili, si ebbe la necessità di riunire l’assemblea popolare degliuomini in armi, composta da 193 centurie, in un’area più ampia che venne individuata“nel campo che giace tra il Tevere e le mura di Roma”, come dice Livio 13 : il campus

10. Varro, ling. 5, 155, 2.11. Liv. 45, 24, 12.12. E’ infatti attribuita a Romolo, Dionigi di Alicarnasso 2, 25, 6, la norma secondo cui “la moglie fosse punita

dai parenti in caso di rapporto sessuale illecito o qualora avesse bevuto vino”. Usualmente la pena venivainflitta facendo morire di inedia la colpevole. Del resto non mancano nelle fonti esempi di punizionirivolte dal pater anche ai figli maschi. Valga per tutti il caso del supplizio di Spurio Cassio nel 485 a.C. che,durante il suo consolato aveva tentato di far promulgare una legge agraria particolarmente favorevole alpopolo e per questo, una volta tornato privato cittadino, il pater, accusandolo di aspirare al regno, “ordinòche fosse fustigato a morte e consacrò a Cerere il suo peculio”. Ancora durante la congiura di Catilina siregistra un caso eclatante di giustizia domestica, nondimeno accettato come giusto, per la repressione diun comportamento che sarebbe stato forse di competenza degli organi pubblici. Si tratta di Aulo Flavio,Valerio Massimo 5, 8, 5 e Sallustio, Catil. 39, 5, che mise a morte il figlio mentre si apprestava a raggiungerel’accampamento di Catilina.

13. Liv. 21, 30, 11.

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Martius. Quest’area è collegata peraltro a testimonianze molto antiche, quali la morte-scomparsa di Romolo avvenuta durante un’assemblea del popolo che, significativa-mente, viene individuata sia presso la palus Caprae, appunto nel Campo Marzio, chepresso l’ara Saturni del Comitium del Foro. Ciò indica chiaramente una continuità difunzioni ed uno spostamento di alcune di esse al di là del muro-pomerio entro lequali non potevano più essere esercitate. Altrettanto significativamente le funzioniche Romolo stava svolgendo al momento della sua scomparsa sono dalle fonti latineriferite sia all’esercito che alla iurisdictio.

L’area adibita ai comitia, chiamata Ovile in epoca risalente e Saepta in quella augu-stea, venne anch’essa inaugurata come templum e risulterà avere lo stesso orientamentodel Comitium del Foro.

Proprio la sede dei comitia centuriata è legata ad una grande innovazione deldiritto criminale romano, per comprendere appieno la quale sarà però opportunofare alcune precisazioni. Come già accennato, nel quadro della distinzione tra la sferadel pubblico e del privato, i mores vennero integrati da leges publicae, cioè da provve-dimenti normativi collegati alla volontà popolare espressa nei comitia. Tra le più anti-che si ricorda la Lex XII Tabularum, risalente agli anni 451-450, di cui si discute tuttavial’effettiva votazione da parte del populus Romanus. Doveva quasi sicuramente trattarsiinfatti di una legge pronunciata dai magistrati, i decemviri legibus scribundis, davantial popolo riunito in assemblea. Queste leggi, incise su tavole di bronzo erano affisse

Fig. 5 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Archivio Storico G. Gatteschi. Disegno eseguito nel 1902. In questi anni si iniziava a scavare l’area del Comitium e la rappresentazione, che si

riferisce alla cancellazione dei debiti avvenuta sotto Traiano, ha soprattutto una valenza estetica.

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ai rostra arcaici, nel Comitium 14. Esse andarono distrutte nel corso dell’invasione gal-lica del 387 a.C., ma furono conservate per lungo tempo oralmente e molti dei loroprecetti sono giunti fino a noi grazie alle fonti scritte 15.

Come esito di tutto ciò, nel quadro dello scontro tra patrizi e plebei, dal punto divista del diritto criminale tra il V ed il IV sec. a.C., venne creato l’istituto della provo-catio ad populum, di grande importanza anche ai fini dello sviluppo dello spaziourbano. In precedenza, l’amministrazione della giustizia criminale era esercitata dalsolo magistrato munito di imperium anche in caso di crimini puniti con la pena capi-tale, né era prevista la partecipazione del popolo riunito in assemblea. Ciò significava

Fig. 6 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Ricostruzione calligrafica della Lex XII Tabularum secondo l’interpretazione dello storico del diritto P. Bonfante.

14. Diodoro Siculo 12, 26, 1 ; Dig. 1, 2, 2, 4. L’uso di affiggere in quest’area tavole contenenti leggi e disposizionipubbliche è altresì attestato in altre fonti con riferimento al podio del tempio di Saturno, come ad esem-pio Varro, ling. 5, 42, 3.

15. La codificazione delle XII Tavole non deve intendersi come l’esito di un processo teso in primo luogo allarazionalizzazione del diritto vigente, ma come un episodio della lotta tra patrizi e plebei, a seguito delquale questi ultimi ottennero che fosse fissato in forma scritta quel diritto sino ad allora tramandato oral-mente ed interpretato solo all’interno della cerchia dei pontifices, emanazione dell’aristocrazia. Su ciò v.L. Capogrossi Colognesi, Lezioni di storia del Diritto romano. Monarchia e repubblica, Napoli, Jovene Edi-tore, 2004, p. 95-98.

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che il magistrato cum imperio, così come già il rex, avrebbe potuto giudicare un civisRomanus e condannarlo a morte senza che la stessa comunità civica, in ultima analisidestinataria dell’atto criminale della persona sottoposta a giudizio, potesse interve-nire in alcun modo nel processo decisionale. L’istituto della provocatio venne intro-dotto invece proprio per limitare la possibilità di condannare a morte un cittadino,avendo il presunto colpevole la facoltà di perorare la propria causa nei comitia centu-riata.

Abbiamo già parlato del luogo designato per tali riunioni. L’atto materiale dellaprovocatio, che originò dunque quella procedura criminale che in Diritto romano ènota come “processo comiziale”, doveva invece svolgersi entro il pomerium e comun-que prima della zona in cui iniziava la validità dell’imperium militiae, che avrebbeconsentito al magistrato di condannare a morte il civis senza ricorso alla provocatio 16.

Nel processo comiziale, la discussione della causa, l’audizione delle parti, l’escus-sione dei testimoni, le questioni relative alle prove, si svolgevano nel corso di riunionidel populus Romanus dette contiones e che precedevano la formale riunione del comi-zio. Esse avevano luogo nello spazio di tre nundinae, cioè nel corso dei giorni di mer-cato in cui, dopo aver lavorato otto giorni nei campi, i Romani […] nono autem die,intermisso rure, ad mercatum legesque accipiendas Romam venirent 17.

In tale fase la partecipazione popolare era garantita dalla coincidenza con i giornidi attività commerciale : il commercio dunque, come polo di aggregazione urbana,con le sue tabernae nel Foro e nelle adiacenze, forniva l’occasione per queste assem-blee che si svolgevano nella parte Sud del Foro, presso i rostra, ma che potevano ancheavere luogo in altre zone, come ad esempio gli abituali luoghi di riunione del CampoMarzio, del resto prossimi alla sede dei comitia centuriata.

Lo svolgimento delle contiones doveva dunque in qualche modo integrarsi conl’attività giudiziaria tipica di uno specifico settore del Comitium. E’ infatti documen-tata, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo l’esistenza di una tribuna, i rostra, cui si ègià accennato, proprio in coincidenza con la data tradizionale dell’istituzione dellarepubblica. Viene addirittura ricordata nell’età di Tarquinio Prisco con riferimento alfoedus Cassianum e, come già detto, in epoca decemvirale a proposito della Lex XIITabularum. Varrone ne dà l’esatta collocazione a Sud-Est del Comitium 18.

16. Incerta è la data in cui venne creato l’istituto della provocatio, né può escludersi come esso possa aversubito alterne vicende. La tradizione, a tratti contraddittoria, ricorda ad esempio una lex Valeria de pro-vocatione del 509 a.C., una lex de provocatione ad populum del 449 ed una lex Valeria de provocatione del300. A questo proposito giova qui ricordare come la provocatio invocata da Orazio nel racconto liviano delnoto episodio occorso durante il regno di Servio Tullio, venga usualmente considerata dalla dottrina unanacronismo dello storico antico, mentre viene viceversa ritenuto affidabile il testo della lex horrendi car-minis, anche se si discute sulla corretta qualificazione del fatto criminale da parte di Livio : se cioè essocostituisse veramente alto tradimento, perduellio, o omicidio di un familiare, parricidium. Su ciò v. E. Can-tarella, I supplizi capitali, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2005, p. 143-147.

17. Macrobio, Sat. 1, 16, 34. Si veda su questo argomento G. Crifò, Lezioni di Storia del Diritto romano, VIII ed.,Bologna, Monduzzi, 2000, p. 88-91.

18. Varro, ling. 6, 2, 5.

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La primitiva tribuna da cui parlavano gli oratori era orientata in modo tale daconsentire loro di rivolgersi verso la Curia a Nord. Intorno alla fine del IV secolo, ilpodio di questo primitivo suggesto venne innalzato, forse per l’inserimento dei rostratolti alle navi di Anzio durante la guerra latina. Successivamente, intorno al 263 a.C.,tutta l’area del Comitium e di conseguenza tutti i relativi monumenti subirono unospostamento, assumendo una forma circolare. E’ in quest’epoca che mutò anche laposizione verso cui l’oratore si rivolgeva : non più a Nord, ma a Sud-Est verso il Foro.In epoca sillana, in occasione dell’ampliamento della Curia, venne eseguita una nuovapavimentazione che in parte cancellò antichi monumenti tra cui il tribunal del pre-tore, distrutto nell’80 o nel 52 a.C. 19.

Chiaramente, a partire dai rostra Augusti, la funzione giudiziaria, che era statauna di quelle proprie di questi monumenti, andò sempre di più a diminuire, comepure del resto cambiò la vocazione stessa del Comitium, che diventò sempre più luogodi rappresentanza e non di vita politica attiva.

La vera e propria decisione della causa avveniva dunque nella sede dei comitiacenturiata, la cui indizione il magistrato, esercitando il suo ius agendi cum populo,aveva preventivamente fissato facendo in modo che fosse preceduta dalle tre nundi-nae di cui si è sinora detto. Nel Campo Marzio, dunque extra pomerium, il populusRomanus esprimeva il giudizio definitivo.

A partire dal II sec. a.C. si affermò un altro tipo di processo criminale che preve-deva la creazione di diverse corti per i singoli crimina e che prendeva il nome dallatipologia della corte, le quaestiones perpetuae. Tralasciando aspetti che qui non pos-sono essere affrontati, è interessante notare l’istituzione di un numero limitato di cit-tadini, una sorta di giuria, avente il compito di esprimere il verdetto : la composizionesociale di queste corti, specie di quelle collegate alla repressione del reato di concus-sione, sarà uno dei terreni di scontro delle factiones della tarda repubblica 20.

19. E’ in questa fase del processo criminale che i rostra ed in generale il Comitium si identificano perfettamentecome uno dei luoghi in cui si svolge il processo : il successivo processo delle quaestiones perpetuae non necessa-riamente dovette fruire di quegli spazi urbani, mentre la successiva cognitio extra ordinem si svolse del tuttoall’interno di nuovi edifici costruiti per i funzionari imperiali. Quanto allo sviluppo successivo dell’area, giovaricordare come Cesare mise mano ad un’ampia opera di ristrutturazione in tutta la zona, demolendo l’anticatribuna, la curia Hostilia e la Graecostasis, ricostruita lungo il lato Ovest. Proprio lungo questo lato si apprezzatuttora quanto rimane del complesso dei rostra che generalmente passano sotto il nome di rostra Augusti. Fraquesti si nota una struttura ad emiciclo che presenta una rampa curva di sei gradini di travertino. Da alcuniattribuita alla Graecostasis, si tratta invece quasi sicuramente dei rostra di Cesare, datati ai primi mesi del 44 a.C.Tra il 42 ed il 12, proseguendo la ristrutturazione intrapresa da Cesare, Augusto mise mano alla nuova sistema-zione dell’area, costruendo nuovi rostra e cambiando tutto l’assetto della piazza, come si può notare dalladisposizione dei monumenti successivi. La tribuna augustea, alta m 3,70 e lunga 23 presenta sulla fronte e suilati una fodera di marmo composta da lastre verticali di africano alternate ad altre di portasanta. I rostraregistrano anche una fase flavia ed una severiana connessa con le radicali alterazioni subite dall’area a causadella costruzione dell’arco. In età tardo-antica i rostra vennero fatti avanzare verso il Foro. Ben riconoscibilinella parte frontale, passano generalmente sotto il nome di rostra Vandalica, anche se sono da attribuire a Dio-cleziano o Aureliano. Occorre infine menzionare i rostra Diocletiani, da collocare a Est dell’antico Comitium.

20. A partire almeno dalla metà del V sec. a.C., i Romani non consideravano tutti gli atti illeciti come rilevantisul piano del diritto criminale, poiché distinguevano tra quelli incidenti sulla sfera del diritto privato e quelli

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20. incidenti sulla sfera del diritto pubblico. Delicta vennero detti gli atti illeciti di diritto privato che creavano trale parti la nascita di un diritto di obbligazione che, dalla media repubblica veniva estinto attraverso il paga-mento di una sanzione in denaro detta poena. Tutti i delicta romani costituiscono oggi reati veri e propri, punitidai codici penali o comunque sempre nelle forme del diritto pubblico : furto, danneggiamento, oltraggio, per-cosse, lesioni e, in certa misura, la rapina. Accanto ai delicta dello ius civile, lo ius honorarium previde altreforme di illeciti che vennero detti “quasi delitti” : il getto di cose dagli edifici, l’incauto posizionamento di cosesopra un luogo di pubblico passaggio o il furto in tabernae, cauponae, stazioni di posta ed altri luoghi. I fatti ille-citi rilevanti sul piano del diritto criminale, invece, venivano detti crimina. In linea generale si trattava di com-portamenti ritenuti così gravi da mettere in pericolo l’incolumità di tutta la comunità. Infatti i primi crimina dicui si ha notizia sono l’alto tradimento, perduellio, e l’assassinio di un pater, il parricidium. L’elenco dei criminasi ampliò nel corso del tempo, insieme allo sviluppo della relativa procedura processuale. Infatti, a differenzadei delicta, i crimina erano puniti nelle forme del processo criminale, cioè di un processo di diritto pubblico.

Fig. 7 – Area del Comitium dall’età arcaica alla fine della repubblica. Da L.T.U.R., I, p. 469.

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Non trattandosi più di contiones, collegate in qualche modo ad altri aspetti dellavita urbana, né di comitia centuriata, risulta chiaro come questo tipo di corte stabilegiudicante dovesse riunirsi in altri luoghi. Uno dei monumenti individuati ricolle-gabili alle quaestiones perpetuae è il tribunal Aurelii, peraltro noto solo dalle fonti,ove venivano discusse le cause di concussione, quaestiones de repetundis. Il monu-mento, eretto dal pretore C. Aurelius Cotta nell’81 a.C., probabilmente era unito aigradus Aurelii, costruiti nel 74 circa, una sorta di gradinata dalla quale era possibileassistere alle sedute giudiziarie. Ambedue andarono distrutti nel corso dell’incendiodel 52 a.C. 21.

Con l’impero si assiste, come del resto in altri campi, ad un radicale cambiamentodel processo criminale attraverso la creazione di una nuova procedura gestita diretta-mente dai nuovi funzionari imperiali, detta cognitio extra ordinem. Il processo extraordinem trae la sua denominazione dalla circostanza che si svolgeva al di fuori delleregole dell’ordo iudiciorum publicorum. Esso, pur configurandosi come uno sviluppotipico del nuovo regimen, da un punto di vista procedurale permise che il funzionarioimperiale, libero di indagare e di inquadrare il crimine al di fuori dei rigidi schemidelle quaestiones, potesse adeguare la pena alla gravità del fatto realmente commesso.Si venne perciò creando anche una certa discrezionalità da parte del giudice, nel sensoche costui poteva tener conto ai fini della decisione di elementi soggettivi, circostanzeattenuanti e di ogni altro elemento utile 22.

Per un certo periodo di tempo i tre sistemi, il comiziale, le quaestiones perpetuaee la cognitio extra ordinem coesistettero, sovrapponendosi, fino ad un progressivo ina-ridimento delle istituzioni repubblicane. Questo cambiamento si può seguire anchein ambito topografico ed anzi si presta ad alcune considerazioni. I comitia, che untempo costituivano il nucleo pulsante della città in quanto legiferavano e svolgevanoattività giurisdizionale, perdono di importanza e l’assemblea popolare per eccellenzadiventa di fatto quella che si aggrega nelle grandi adunanze dove si svolgono gli spet-tacoli pubblici.

Lo spazio urbano dove si celebravano i processi extra ordinem erano gli uffici deivari funzionari imperiali, che giudicavano in prima istanza o in grado d’appello sudelega del principe : i praefecti Urbi, praetorio, vigilum ed annonae.

21. Per la menzione del tribunal Aurelii v. ad es. Cicerone, Sest. 15, 34, mentre per i gradus Aurelii, v. sempreCicerone, Cluent. 34, 93.

22. Nel processo delle quaestiones perpetuae era pressoché impossibile valutare elementi del comportamentocriminale se questi non fossero già stati previsti dalla legge, generando così un automatismo eccessivonell’irrogazione della sanzione. Nella cognitio extra ordinem, invece, il funzionario proprio perché giudi-cava al di fuori delle norme processuali delle quaestiones poteva valutare circostanze incidenti sulla penaquali la mancata attuazione del disegno criminoso o il concorso di persone. Attraverso la procedura cri-minale extra ordinem si giunse anche a dare diverso rilievo a elementi di fattispecie criminali già previsteovvero a moltiplicare le ipotesi di reato anche indipendentemente dalle figure di reato previste dalle qua-estiones perpetuae. In taluni casi si assistette anche alla repressione come crimina di comportamenti inprecedenza configurabili come delicta.

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Ogni prefetto organizzò un proprio tribunale secondo le rispettive esigenze ecompetenze.

Non molto sappiamo della praefectura vigilum e di quella annonae. La prima eraospitata probabilmente all’interno della caserma, statio, della I coorte, nell’area dell’odierna Piazza dei SS. Apostoli, la seconda aveva sede nel Foro Boario e se ne possonovedere ancora i resti all’interno della Chiesa di S. Maria in Cosmedin. Nulla si sa dellapraefectura praetorio, la cui sede presumibilmente si trovava all’interno dei castraomonimi. Meglio conosciuta è invece la sede del praefectus Urbi. Inizialmente situatain una basilica, probabilmente la Paulli, per la successiva età domizianea è stata loca-lizzata all’ingresso della Subura presso l’Argiletum all’interno del templum Pacis. Neltardo impero questa prefettura aveva sede presso il templum Telluris, nelle Carinae eda esso prendeva il nome : secretarium Tellurense. Era composta da aule per processi,tribunalia, ed uffici amministrativi, scrinia. Le sue strutture, viste nel 1500, si trova-vano nell’area compresa tra la basilica di Massenzio e il Colosseo. Vi si accedeva sullato Est ed era collegata alla basilica stessa, sede delle attività del praefectus in deter-minate circostanze solenni.

Proprio in età imperiale e nell’ambito della procedura extra ordinem, si assisteanche all’assunzione di funzioni giudicanti da parte della Curia. In effetti il Senato, inepoca repubblicana non aveva avuto funzioni giurisdizionali o normative ed il suointervento aveva rivestito piuttosto un carattere politico. Viceversa esso si presentaora come organo giudicante, in grado di pronunciare sentenze su ordine del principee specie nei procedimenti per i crimina politici de maiestate. Del resto non manca-rono casi in cui il principe, che giudicava assistito da un proprio consilium, assegnò alSenato anche procedimenti di sua competenza.

Abbiamo già parlato della curia Hostilia, come la sede che in epoca arcaica ospi-tava le sedute del Senato. Venne ampliata da Silla e successivamente nel 52 a.C. dalfiglio di costui, Fausto. Cesare, in connessione con il suo Foro volle edificare unanuova curia, la Iulia, inaugurata da Augusto nel 29 a.C. Essa sostituì la precedente,Hostilia, ed è quella che attualmente si vede nella ricostruzione dioclezianea. Altresedi ove poteva riunirsi il Senato erano la curia Pompei, in Campo Marzio, divenutafamosa per l’uccisione di Cesare, e la biblioteca del tempio di Apollo sul Palatino,soprattutto con Augusto. Occorre far notare come, per l’esercizio delle funzioni giu-diziarie dell’imperatore, pur esistendo luoghi a ciò istituzionalmente deputati, adesempio la c.d. basilica Iovis della Domus Flavia sul Palatino, in realtà potessero essereusati quegli spazi urbani che il principe stesso avesse ritenuto opportuni. Del restol’impiego di spazi monumentali al di fuori delle funzioni loro proprie, è testimoniatoanche dal fatto che proprio il Diribitorium dei Saepta sia stato usato da Caligola qualeteatro in occasione di forti calure estive 23.

Come si è visto, l’esame del processo criminale ci ha dato modo di penetrareall’origine di molti edifici e delle loro funzioni, seguendone l’evoluzione attraverso i

23. Cassio Dione 59, 7.

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dati di una disciplina che a torto viene scarsamente considerata nel corso dell’inda-gine storico-archeologica. In questo senso, anche il processo privato può rivelarsiutile, ma vediamo come.

Semplificando di molto, il processo privato si può dividere in tre grandi periodi :il processo per legis actiones, quello per formulas, e la cognitio extra ordinem, le cuicaratteristiche, per ciò che qui interessa, non si discostano da quanto detto con rife-rimento al diritto processuale criminale. L’arcaico processo per legis actiones si imper-niava, come espresso dal suo stesso nome, sulle actiones, ossia sulle formule, retaggiodel periodo dell’origine, che le parti dovevano recitare davanti al magistrato per deli-neare il contenuto della controversia 24. Il dato caratterizzante di questo tipo di pro-cesso, era proprio l’estrema rigorosità formale, che imponeva la pronuncia di certaverba. A partire dal 367 a.C. il magistrato incaricato di dirimere la maggior parte delle

Fig. 8 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Archivio Storico G. Gatteschi. Ricostruzione della fronte del complesso dei Saepta Iulia con il Diribitorium nel Campo Marzio.

L’edificio è erroneamente posto all’inizio della via Lata.

24. Questo arcaico tipo di processo trae la denominazione dalla centralità, nella sua economia, delle legisactiones, cioè di precise e rituali formule da recitare davanti al magistrato per richiedere la tutela dei pro-pri diritti. Come per altri aspetti del diritto arcaico, anche in questo caso la forma si identificava con lasostanza dell’atto. Tali actiones, formalizzate dalla Lex XII Tabularum ma certo più risalenti, erano di duetipi : dichiarative, tese ad ottenere la pronuncia del giudice su di una certa questione, ed esecutive, teseinvece ad ottenere l’esecuzione di una precedente pronuncia del giudice. Erano dichiarative la legis actiosacramento in rem aut in personam, quella per iudicis arbitrive postulationem e quella per condictionem.Erano invece esecutive la legis actio per manus iniectionem e quella per pignoris capionem.

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controversie civili fu il pretore. Proprio in quel periodo la società andava rapida-mente evolvendosi e a fronte della mutata realtà economico-sociale, le legis actionesnon risultavano più sufficienti a tutelare tutti i nuovi rapporti giuridici sorti di con-seguenza.

Proprio per questo, il pretore decise di usare il suo imperium per garantire comun-que una tutela in sede processuale a quei rapporti che, pur non contemplati dall’an-tico ius Quiritium, egli avesse ritenuto meritevoli di tutela25. Ciò avveniva attraversol’emanazione, all’atto dell’entrata in carica, di un editto che conteneva le formulaeidonee a tutelare questi nuovi rapporti. Proprio nell’età in cui il processo per legisactiones iniziava a sostituirsi a quello per formulas, in età sillana, a causa dei lavori diristrutturazione effettuati nell’area del Foro, scomparvero i tribunalia posti ai cornuadel Comitium. L’attività del processo privato si spostò nella parte Sud del Comitiumstesso, non lontano dal tribunal Aurelii, di cui abbiamo già detto parlando del processocriminale. Sappiamo che la nuova sede del tribunal del pretore doveva caratterizzarsiper la presenza di strutture in legno, poiché nel corso di una nuova pavimentazionedell’area, nel 12 a.C., il pretore L. Naevius Surdinus ne curò il rifacimento e la monu-mentalizzazione. Di questo magistrato resta, incassata nelle lastre di pavimentazionedel tribunale l’iscrizione che lo ricorda, verosimilmente in relazione ai lavori di res-tauro di quell’area del Foro. Sappiamo che Surdinus dovette essere pretore peregrino,cioè quel pretore istituito nel 242 a.C., cui era affidata la iurisdictio peregrina e l’indi-viduazione del tipo di diritto da applicare.

Sia il processo per legis actiones che quello per formulas si svolgevano anche all’interno delle basiliche ed erano composti da due fasi, in iure e apud iudicem. Nellaprima le parti recitavano davanti al magistrato la legis actio o la formula, onde con-sentirgli di verificare la corretta impostazione della lite dal punto di vista sia formaleche sostanziale. Nella seconda fase le parti venivano assegnate ad un giudice privatoo ad un collegio di giudici privati che, applicando le indicazioni del magistrato, ascol-tava il caso concreto ed emanava la sentenza. Anche in questo caso le fonti giuridichecontribuiscono a specificare meglio ciò che concretamente doveva accadere all’internodegli edifici pubblici. Per l’età arcaica, quando non si ha notizia di basiliche e l’interoprocesso privato doveva svolgersi nel Comitium, si consideri ad esempio la previsionedella Lex XII Tabularum secondo cui le parti avrebbero dovuto esporre la causa entromezzogiorno : il giudice avrebbe dato ragione alla parte presente se l’altra non si fosse

25. Le antiche legis actiones e lo stesso ius civile non consentivano di tutelare tutte le nuove situazioni giuridi-che sorte con la crescita dell’Urbe. In questo senso, sin dal IV-III sec. a.C. il magistrato introdusse nei pro-cessi tra cittadini stranieri o tra stranieri e Romani, cioè nei casi in cui non poteva comunque applicarsi ildiritto romano, delle formulae che, recitate in sede giudiziaria, sostituirono le arcaiche legis actiones, con-sentendo una difesa più articolata delle proprie ragioni nonché maggiormente aderente alle nuove realtà.L’estensione di questo processo, detto per formulas, anche alle cause tra soli cittadini Romani fu graduale.Tappe fondamentali furono una lex Aebutia del II sec. a.C., che consentì l’applicazione delle formulaeanche quando si trattasse di difendere rapporti sorti sulla base dello ius civile, e la lex Iulia iudiciorum pri-vatorum del 17 a.C. di Augusto, che abolì definitivamente il processo per legis actiones con la sola eccezionedelle cause di competenza del tribunale dei centumviri litibus iudicandis.

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presentata in giudizio entro quell’ora, post meridiem praesenti litem addicito. Riguardola durata di questa fase, la norma prescriveva anche : “Se sono entrambi presenti, iltramonto del sole sia l’ultimo momento”. E’ anche alla luce di questo dato giuridicoche va valutata la circostanza come all’epoca delle XII Tavole una delle funzioni delComitium fosse quella di grande orologio solare, appare perciò naturale ritenere chetale valenza fosse anche funzionale alla scansione temporale delle attività richiamate 26.

Oltre che nel tribunal del pretore, una parte del processo privato, essenzialmentequella apud iudicem, si svolgeva all’interno delle basiliche. La prima basilica venneedificata dopo l’incendio del 210 a.C. sul lato Nord-Est del Foro ed è tradizionalmenteconosciuta con il nome di Aemilia. Fu costruita da M. Aemilius Lepidus ed è cono-sciuta anche come Fulvia dal nome del collega di Emilio Lepido, M. Fulvius Nobiliormorto nel 179, prima che l’edificio fosse compiuto. Sappiamo dalle fonti che si trovavadietro le nuove botteghe degli argentarii, post argentarias novas, e, sempre a seguitodelle testimonianze delle fonti pare accertato che già intorno al 195-191 esistesse unabasilica nei pressi del sacello di Venere Cloacina. Nel 55 a.C. la basilica cambiò nome,diventando Basilica Paulli in seguito alla ricostruzione effettuata da L. Aemilius Paul-lus. Con il suo alzato a tre piani, Plinio la enumera tra gli edifici più belli del mondo.Quasi coeva, del 184 a.C., era la basilica Porcia, situata presso la curia Hostilia, dirim-petto al Carcer, distrutta nell’incendio del 52 a.C. successivo alla morte di Clodio.Un’altra basilica in cui probabilmente si svolgeva attività giudiziaria fu la basilicaOpimia, costruita dall’omonimo console intorno al 120 a.C. Essa si trovava nell’areaOvest dell’antico Comitium ed andò distrutta nel corso della ristrutturazione augu-stea della zona. Sicuramente collegata ai processi fu la basilica Iulia, sorta sul luogodell’antica Sempronia, costruita da Ti. Sempronius Gracchus nel 169. Fu inauguratanel 46 a.C. e divenne sede del tribunal centumvirale 27.

Quanto alla cognitio extra ordinem, anche in questo caso essa risale all’età augu-stea e veniva celebrata nella sede delle grandi prefetture. Tra le cause più note, è quellariguardante il processo dei fullones, discussa davanti al tribunale del praefectus vigilumtra il 226 ed il 244 d.C. Si trattava di una causa promossa dal fisco e dall’erario controun collegium di fullones e tesa ad ottenere il pagamento del canone per il godimentodi un acquedotto e del luogo circostante. Furono pronunciate ben tre sentenze, essendol’autore ricorso al nuovo praefectus per ben due volte.

26. Lex XII Tab. 1, 7-9.27. I centumviri litibus iudicandis erano i giudici che, nella fase apud iudicem erano competenti per le cause

ereditarie, sullo status delle persone e su alcune cause di proprietà. La loro corte sorse durante la vigenzadelle legis actiones, ma rimase attiva anche durante il principato. In generale si ritiene che i centumviri sidistinguessero in qualche modo dai giudici privati, pur non essendo enumerati tra le magistrature. Eranoinvece magistrati i decemviri litibus iudicandis che, in età imperiale dirigevano le quattro sezioni, hastae,del tribunale centumvirale. Gli stessi decemviri in passato avevano presieduto corti loro proprie in materiadi status libertatis. Quintiliano, inst. 12, 5, 5 ss., informa che le quattro hastae potevano riunirsi in sedutacomune. Sappiamo poi che l’attività all’interno dell’edificio era continua e frenetica, al punto che, quandole sezioni erano divise, da una poteva udirsi l’avvocato che stava patrocinando nell’altra, come nel caso diGalerius Trochalus nel 68 d.C.

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Fig. 9 – Roma, Foro repubblicano, basilica Aemilia. L’attività giudiziaria che si svolgeva nelle basiliche era relativa soprattutto alla fase apud iudicem del processo privato (foto autrice).

Fig. 10 – Roma, Foro repubblicano. I quest’area, adiacente alla basilica Aemilia, insiste il sacello di Venere Cloacina, presso il quale, secondo la tradizione sarebbe avvenuta l’uccisione della

fanciulla Virginia ad opera del padre al fine di sottrarla al decemviro Appio Claudio. L’episodio è ancora oggetto di interpretazioni e costituisce uno degli eventi più controversi del secondo

decemvirato legislativo (foto autrice).

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Fig. 11 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Archivio Storico G. Gatteschi. Disegno ricostruttivo raffigurante l’area Nord-Est del Foro in età tardo-imperiale. Dalla ricostruzione si può apprezzare la sostanziale trasformazione dell’area dell’antico Comitium già iniziata alla fine della repubblica.

Fig. 12 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Archivio Storico G. Gatteschi. Il disegnoriproduce la basilica Iulia nell’anno 300 d.C. I processi privati continuarono a tenersi nelle

basiliche anche in età imperiale.

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Come per il processo criminale, le tre fasi di quello privato coesistettero per uncerto lasso di tempo. La procedura imperniata sulle legis actiones durò fino al 17 a.C.,anno in cui essa venne sciolta, con eccezione della corte centumvirale, dalla lex Iuliaiudiciaria. La procedura per formulas, invece, cadde progressivamente in desuetudine,sino ad essere formalmente cancellata da Giustiniano nel quadro dell’abolizione delladistinzione tra ius civile e ius honorarium. Infatti giova qui ricordare che il complessodelle formulae elaborate dal pretore è alla base di quel sistema giuridico coesistente enon alternativo all’antico diritto civile noto come “diritto onorario”, che le stesse fontici informano essere nato con lo scopo di “aiutare, correggere e supplire” l’antico iuscivile 28.

Fig. 13 – Roma, Museo della Civiltà Romana. Calco dell’epigrafe nota come lex fullonum de pensione non soluenda. Si tratta di una causa condotta davanti al tribunale del praefectus vigilum.

Prima metà del III sec. d.C. Dall’Esquilino.

28. Così Papiniano in Dig. 1, 1, 7, 1.

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Come si è detto, le formulae del processo privato romano erano elaborate non inastratto, ma con un immediato aggancio alla realtà ed alla concretezza dei rapporti : ivari istituti cioè non venivano riconosciuti giuridicamente solo perché erano statiteorizzati, ma perché il magistrato aveva regolamentato delle situazioni già esistentiin concreto che egli riteneva essere meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento.

Molte di queste situazioni sono ricollegabili a quelli che noi moderni chiamiamo“diritti reali”, cioè a quei diritti che esprimono una forma di signoria, diversa a secondadel tipo di diritto, su una cosa. Attualmente il principale diritto reale è la proprietà,ma essa nasce come noi la conosciamo soltanto in epoca moderna ed infatti i Romaniavevano diversi tipi di “proprietà”, di cui quello più antico fu il dominium ex iure Qui-ritium 29.

Esso derivava storicamente dall’arcaica manus del paterfamilias, che era indistintasia per le persone che per le cose. In età successiva, tuttavia, non tutte le cose, pote-vano essere oggetto del dominium, ma soltanto quelle che dall’antico ordinamentoerano ritenute pretiosiores : tra queste i fundi Italici. In questi casi il diritto del pro-prietario si estendeva “usque ad sidera et usque ad inferos”, pur essendo ammessa inseguito la presenza di più proprietari nelle forme della communio o del condominium.La risalente antichità del dominium ex iure Quiritium è data anche dalla circostanzache alcuni dei negozi giuridici finalizzati al trasferimento della proprietà della cosarisentivano anch’essi di quel rigido rituale che si è visto essere caratteristico delle epo-che più antiche. Ci si riferisce in particolare alla mancipatio, impiegata ancora inepoca storica secondo il rigido formalismo che la caratterizzava in età arcaica, quandoquello stesso formalismo costituiva in realtà anche la sostanza dell’atto.

In età arcaica la signoria sulle terre, prevalentemente adibite a pascolo, si espri-meva in una sorta di proprietà comune della collettività. Accrescendosi la continuaespansione di Roma, si venne configurando l’ager publicus, che progressivamente econ diverse modalità venne concesso ai privati con vari rapporti giuridici, che nonnecessariamente si identificavano però nel dominium ex iure Quiritium.

L’origine di questo è stata piuttosto messa in relazione alla circostanza che dopola fondazione della città il rex provvide a distribuire la terra a tribù, curie e capi fami-glia. Vennero assegnati i bina iugera, due iugeri, corrispondenti ad un quadrato di m240 per lato, pari alla porzione di terra arabile in un giorno. La distribuzione di questilotti, destinati all’abitazione e all’hortus, segnano forse la nascita della proprietà urbana.

29. Il moderno diritto reale di proprietà è un risultato della Rivoluzione Francese. Presso i Romani, pertanto,esisteva un diverso tipo di proprietà, anzi ne esistevano diversi tipi : il giurista Gaio nel II sec. d.C. parla alproposito di un duplex dominium. La figura più antica era il dominium ex iure Quiritium, arcaico istitutodi ius civile, che era però applicabile solo ad una limitata serie di res enucleatasi in età risalente : schiavi,animali da lavoro e fundi Italici, ad esempio. Nell’ambito dello ius honorarium il pretore predispose appo-site formulae al fine di consentire che rapporti meritevoli di tutela ma non configurabili come dominiumfossero opportunamente protetti : si creò così un secondo tipo di proprietà detta in bonis habere. Esiste-vano inoltre diverse tipologie di possessio di ager publicus e di “proprietà” provinciali, per le quali venneroapprestate di volta in volta forme di tutela modellate sul dominium o sull’in bonis habere.

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L’heredium, distribuito mediante limitatio, costituisce, come indicato dallo stessotermine un bene gestito dal paterfamilias, in funzione della sua trasmissione ai legit-timi discendenti. E’ dunque forse proprio in questo periodo che venne a configurarsiquella proprietà di ius civile che verrà poi chiamata dagli stessi Romani dominium exiure Quiritium e che, quanto agli immobili, poteva applicarsi soltanto a quelli in soloItalico. Naturalmente la proprietà immobiliare poteva essere sia urbana che rustica esulla proprietà urbana l’evolversi stesso della città impose di creare altri diritti realiche consentissero una migliore fruizione dello spazio urbano da parte dei cittadini :ci si riferisce qui soprattutto alle servitutes, alla superficies, ed alla habitatio, di cui cioccuperemo tra breve.

Quanto agli aspetti più strettamente inerenti alla proprietà urbana, molti sonorinvenibili nelle actiones processuali e nella stessa Lex XII Tabularum. La tavola VII,ad esempio, le cui norme furono discusse in seguito da Varrone, Plinio, Festo, Cice-rone ed altri, tratta dell’ambitus, cioè dello spazio di cinque piedi che doveva esserelasciato fra gli edifici. Per tale motivo non poteva essere costruito un muro sul con-fine, dovendo essere distante almeno due piedi e mezzo dal confine stesso. Successi-vamente fu possibile costruire il proprio muro sul confine, in aderenza a quello delvicino, secondo il regime della communio. La norma aveva in principio lo scopo evi-dente di garantire una pur minima viabilità urbana, analogamente a quanto previstoin ambito rurale, anche se, essendo alquanto risalente si adattava maggiormente aduna edilizia caratterizzata da domus che, ricevendo aria e luce dall’interno, presenta-vano all’esterno un fronte chiuso e compatto. Tale norma divenne insufficiente a par-tire dal III / II secolo a.C. e l’esigenza venne affrontata con i nuovi diritti reali diservitù e successivamente con regolamenti urbani30.

Come si è visto, il principio della proprietà come dominio assoluto usque adsidera, usque ad inferos, trovava in realtà molteplici limitazioni, anche in tema dialtezze degli edifici e di materiali con cui, in certe circostanze di pubblica sicurezza,questi dovevano essere costruiti. Risalenti a varie epoche sono infatti una serie didisposizioni tese a preservare lo stato degli edifici. Sempre più frequenti erano infattii crolli e gli incendi, dovuti in gran parte al tipo di materiale impiegato. Il giuristaPaolo ricorda il divieto di commerciare in immobili al fine di ricavare materiale edi-ficabile dalla loro demolizione. A partire da Augusto, una serie di interventi riguarda-rono i limiti di altezza. Questo imperatore fissò l’altezza massima degli edifici in 70piedi, abbassati poi a 60 da Tiberio. Esempio di costruzione ai limiti della legalità senon oltre è l’insula Felicles, nella Regio IX, citata nei Cataloghi Regionari, probabil-mente per la sua notevole altezza. Quanto finora considerato costituisce una premessaper tutta una serie di regolamenti edilizi e urbanistici tardo imperiali. In quest’epoca,infatti, vennero emanati vincoli e limitazioni allo scopo di preservare e incrementare

30. Per l’ambitus si vedano Festo, De verborum significatu 5, 6 ; 15, 20 Lindsay, e Varrone, ling. 5, 22, 1. I variregolamenti urbani sono riportati soprattutto in Ulpiano, specie in riferimento ai nuovi strumenti giuri-dici a tutela della proprietà.

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il decoro urbano delle grandi città imperiali e soprattutto della nuova capitale, Cos-tantinopoli. La raccolta più completa di tale normativa è rappresentata dalla costitu-zione di Zenone della fine del V secolo d.C. In essa, sono tra l’altro stabiliti in 12 piedigli spazi minimi tra gli edifici e il divieto di costruire anche a distanza di 100 piedi sefacendo ciò venisse impedita la vista del mare fino ad allora goduta. Molte di questenorme, il divieto di utilizzare materiale incendiabile nelle sopraelevazioni, l’obbligodi completare gli edifici già iniziati, l’altezza degli stessi, saranno ancora riprese epuntualizzate nella successiva legislazione di Giustiniano 31.

Tra le altre limitazioni poste alla proprietà urbana sin dall’età arcaica si devemenzionare anche il divieto di effettuare inumazioni e incinerazioni all’interno dellacinta urbana e queste ultime anche fuori della città, a meno di sessanta piedi da unedificio 32.

Nel corso del tempo vennero creati numerosi mezzi processuali per la difesa dellaproprietà immobiliare, sia rustica che urbana. In quest’ottica, lo stesso diritto arcaicoimponeva certi comportamenti tesi a stabilire rapporti di collaborazione nel quadrodi una corretta conservazione del bene, nell’interesse dell’intero comprensorio. Tra imezzi processuali più comuni si ricordano ad esempio l’actio aquae pluviae arcendae,da ricollegare alle numerose testimonianze di bonifica mediante canalizzazione di unterritorio che, come quello nei dintorni di Roma era facilmente oggetto di impaluda-mento, l’interdictum de arboribus caedendis e quello de glande legenda. Sono inoltre diparticolare interesse per la loro applicazione in ambito urbano la cautio damni infectie la operis novi nuntiatio, di cui la prima sicuramente databile all’età arcaica. Il dam-num infectum di cui si è detto, costituiva il danno che si temeva potesse avverarsi : ilcrollo di una casa fatiscente o di un albero pericolante, ad esempio. Questa azioneprocessuale, intentabile sia per gli eventi naturali che per le opere dell’uomo, preve-deva che il pretore adottasse tutta una serie di misure idonee a tutelare colui che avevapromosso l’azione, anche attraverso una promessa scritta della controparte a coper-tura del possibile danno. L’azione del pretore poteva anche giungere al punto di ren-dere la parte attrice partecipe, in misura sempre maggiore, della proprietà altrui.L’operis novi nuntiatio, invece, si applicava nell’ipotesi in cui nel fondo del vicino fos-sero in corso lavori di costruzione o demolizione potenzialmente lesivi dei propribeni. L’azione conduceva alla sospensione dei lavori, ovvero, se non si ottemperava,alla demolizione di quanto già costruito.

Come si accennava in precedenza, nel quadro della nuova organizzazione dellospazio rurale, la creazione di nuovi diritti reali quali le servitù rustiche garantivano

31. In merito alla sorveglianza del prefetto dei vigili sugli incendi ed i materiali infiammabili e sulla connessagiurisdizione, si veda Dig. 1, 15, 3, 1-3. Per il divieto di commerciare in materiale ricavato dalle demolizionidi immobili, Paolo in Dig. 18, 1, 52. Per quanto riguarda le disposizioni in materia di altezza di edifici, oltrealle fonti giuridiche si ricordino Svetonio, Aug., 89 e lo Pseudo Aurelio Vittore, epit. 13, 13. Relativamentealle norme comprese nella costituzione di Zenone, imperatore d’Oriente del 468, si veda Cod. Theod. 8,10, 12, Cod. Theod. 15, 1, 4 ; Nov. 63 ; Nov. 165 ; Cod. 3, 34, 14, 1.

32. Lex XII Tab. 10, 1.

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che fondi altrimenti “disagiati” fossero messi in condizione di operare al meglio laloro funzione socio-economica. Così, il proprietario di un fondo, detto “dominante”,poteva pretendere da un vicino proprietario che costui tollerasse che si facesse unadata azione nel suo fondo, detto “servente”, ovvero che si astenesse dal compiere unacerta azione. In caso di alienazione, il rapporto continuava ad esistere in capo ai diversiproprietari.

Le servitù potevano anche riguardare gli edifici urbani : “servitutes […] aedificiisinhaerent” 33. Nel secondo libro delle sue Institutiones il giurista Gaio riporta interes-santi esempi di iura praediorum urbanorum : sunt veluti ius altius tollendi aedes suas etofficiendi luminibus vicini aedium aut non extollendi, ne luminibus vicini officiatur.Item fluminum et stillicidiorum idem ius est ut vicinus flumen vel stillicidium in areamvel in aedes suas recipiat ; item cloacae immittendae et luminum immittendorum 34. Lostesso Gaio continua dicendo che le servitù urbane possono essere trasmesse anchesenza l’uso degli arcaici negozi 35, a differenza di quelle rustiche che, sorte in età piùrisalente, potevano essere trasmesse ancora solo con gli antichi strumenti a ciò pre-posti, come la mancipatio : appare evidente come tale regime di trasmissione delleservitù sia una spia dell’evoluzione del contesto urbano nel tempo. Non è un caso chele prime sicure attestazioni delle servitù urbane appaiano tra il III ed il II sec. a.C. :già le servitù rustiche avevano posto in essere le premesse per individuare nuovi inte-ressi ed esigenze fra proprietari diversi. Parallelamente, nell’Urbe inizia una fase diintensa attività edilizia, facilitata dall’introduzione dell’opera cementizia che, semprepiù perfezionata, permetteva il sorgere di colonnati, piani alti, archi e volte in tutte leloro possibili applicazioni. Questo nuovo movimento edilizio cambiò il volto allacittà che oltre a dotarsi di numerose opere pubbliche, si rinnovò pure sotto il profilodell’edilizia privata.

Anche nelle Institutiones di Giustiniano si parla delle servitù urbane, specifi-cando come esse siano quelle che riguardano i praedia urbana, cioè quelli situati incittà e che si identificano con gli edifici. L’imperatore classifica come urbanae anchequelle servitù che insistevano in una villa, mostrando così, a parere della più accredi-tata dottrina, di considerare non solo lo spazio fisico della città o della campagna, maanche la funzione economico-sociale della servitù ai fini della sua assimilazione nellacategoria di quelle rustiche o di quelle urbane. La fonte, dopo aver posto la regolagenerale ut vicinus onera vicini sustineat, elenca poi alcuni esempi : ut in parietem eiusliceat vicino tignum immittere ; ut stillicidium vel flumen recipiat quis in aedes suas velin aream, vel non recipiat et ne altius tollat quis aedes suas, ne luminibus vicini officia-tur 36.

33. Inst. Iust. 2, 3, 1.34. Gaio, inst. 2, 14.35. Gaio, inst. 2, 29.36. Inst. Iust. 2, 3, 1.

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Il tema delle servitù è affrontato anche nell’VIII libro del Digesto, ove vengonoriportati alcuni dei pareri dei maggiori giuristi intorno ai casi concreti del vivere quo-tidiano. Così, secondo Ulpiano : “chi volesse togliere la luce ai vicini (costruendodavanti alla loro casa) e fare ciò danneggiandoli, sappia che deve mantenere l’aspettoe lo stato degli antichi edifici. Se fra te ed il tuo vicino non ci sarà accordo in meritoall’altezza cui innalzare i fabbricati che hai stabilito di fare, se è il caso, potrai ricorrereal magistrato” 37.

Sempre Ulpiano, in un passo del Digesto richiamandosi alla legislazione più arcaicapone l’attenzione sulla tutela dell’edificio in relazione all’ombra causata dagli alberidel vicino sul confine. Proculo, invece, in un frammento tratto da suo secondo librodelle epistulae riporta ad esempio il caso del potenziale danneggiamento di una pareteaffrescata a causa del surriscaldamento provocato dai tubi di un adiacente edificiotermale. Il parere del giurista è nel senso di negare la nocività in sé del posizionamentodei tubi rispetto all’affresco, qualora l’attività dello stabilimento termale rientri neinormali parametri. La soluzione adottata in questo caso è analoga a quella propriadelle immissioni di fumo, vapori, acqua o altri agenti potenzialmente nocivi prodottida un fondo vicino, che infatti erano tollerate solo se dipendenti da un uso normaledell’immobile che le produceva.

Paolo, in un frammento tratto dal suo quindicesimo libro ad Sabinum fa un’ampiarassegna di servitù, riferite agli edifici urbani, tra queste è il caso del tignum immis-sum, ossia il divieto della separazione della trave-materiale da costruzione congiuntaall’edificio altrui, e lo stillicidium, la caduta continua di acqua dai balconi e dai tetti,con una vasta casistica di servitù elencate dal giurista.

Di grande interesse per la nostra materia è anche il diritto reale di superficie,superficies, definito già dai Romani come il diritto di proprietà su di una costruzionesvincolato dal diritto di proprietà del suolo su cui la stessa poggiava : si trattava insostanza di un diritto di proprietà che estendeva per piani orizzontali. Al titolare deldiritto di superficie veniva contestualmente riconosciuto un diritto di servitù sul ter-reno o costruzione sottostante la propria. L’esigenza di creare questo istituto si posedalla fine della repubblica, in risposta a esigenze pratiche sorte in relazione allo svi-luppo urbanistico della città. Venne così superato l’antico principio superficies solocedit, secondo cui l’unica forma di proprietà era quella per piani verticali usque adsidera usque ad inferos. La stretta relazione tra la genesi del diritto di superficie e leesigenze pratiche di una città in crescita è data anche dal suo diversificato svilupposecondo due filoni : l’uno privato e l’altro pubblico. In ambito pubblico, già dal II sec.a.C., le costruzioni eseguite sulla base di quel diritto assumevano la denominazionedi aedes vectigales o superficiariae, i cui proprietari corrispondevano allo stato uncanone detto vectigal : ne sono un esempio le tabernae. Sul piano privato, invece, dallafine della repubblica si registrano casi di diritti di superficie configurati dalle particome locationes o venditiones, a seconda se venisse previsto un canone a scadenze,detto solarium, o in un’unica soluzione. Non mancarono i casi di figure miste.

37. Dig. 8, 2, 11.

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Di particolare interesse appare anche la disciplina della locatio vera e propria degliedifici. Il locatore di un immobile era detto inquilinus, egli riceveva la cosa esente davizi dichiarati, assumeva l’obbligo di mantenerla nelle condizioni in cui gli era stataconsegnata e pagava per essa un canone. Il termine locatio non identificava però sol-tanto il nostro moderno “affitto” di un appartamento, ma poteva avere più significati.Così nella locatio operarum il locatore riceveva dal conduttore l’incarico di effettuareuna data prestazione : ad esempio edificare una casa per conto di quest’ultimo, rea-lizzando così una sorta di moderno contratto di appalto38.

Di particolare interesse è anche il diritto reale di habitatio, che deriva direttamentedall’antico usufrutto, cioè da quel diritto reale che, a partire dal III sec. a.C., permet-teva al titolare di usare le cose altrui e di percepirne i frutti ma senza modificare ladestinazione economico-sociale del bene stesso. Nel I sec. a.C. da esso i giuristi deri-varono il nuovo diritto di usus, che si distingueva dall’usufrutto perché al titolare nonera concesso di fruire dei frutti della cosa. Così, ad esempio, l’usuarius di un immo-bile avrebbe potuto risiedervi con tutta la familia, ospiti e clientes, ma non gli era con-sentito locare l’immobile : se l’avesse fatto avrebbe percepito il relativo canone, che inquesto caso sarebbe stato il fructus dell’immobile stesso. Giustiniano, nel VI sec. d.C.configurerà l’usus di un’abitazione come diritto reale autonomo, creando l’habitatio.Il nuovo diritto reale, tuttavia, non si distingue in nulla da un usufrutto, dal momentoche l’habitator può anche locare l’immobile e dunque goderne i frutti come un usu-fruttuario.

Lo sviluppo della città, com’è noto, aveva provocato la creazione di un contestourbano piuttosto complicato e caotico e non doveva essere raro che molti pericoli all’incolumità dei cittadini venissero proprio dagli edifici. Infatti nel quinto titolo del IVlibro delle Institutiones di Giustiniano, si trattano le obbligazioni da “quasi-delitto”39.Senza entrare troppo a fondo in questa materia, ci limiteremo a dire che con taleargomento tralasciamo i diritti reali per occuparci di un altro tipo di diritto, quello diobbligazione. L’obbligazione può essere definita come un dovere giuridico impostosu di una persona a vantaggio di un’altra. Quest’obbligo può, a seconda dei casi con-figurarsi come un’azione o un’omissione. Naturalmente un rapporto di obbligazionedeve avere le sue fonti : fatti concreti, cioè, che costituiscano l’origine di quel rapporto.In età giustinianea, i Romani avevano identificato cause lecite, i contratti ed i “quasi-contratti”, e cause illecite, i delitti ed i “quasi-delitti”.

38. In Diritto romano la locazione, locatio conductio, identificava non soltanto la locazione di immobili, maanche diverse altre ipotesi, tutte unificate però dai reciproci obblighi che il contratto creava : una parte, illocator, doveva mettere a disposizione dell’altra, il conductor, una cosa mobile o immobile per un datoperiodo di tempo e con uno scopo preciso. Il conductor si obbligava anche a prendere in consegna la cosae restituirla alla data pattuita. La locazione di immobili, che qui più interessa, era la locatio rei, mentre lalocatio operis e la locatio operarum prevedevano lo svolgimento di lavori da parte del conductor a beneficiodel locator, con la differenza che nel primo caso le res su cui svolgere il lavoro erano messe a disposizionedallo stesso locator.

39. Sulla distinzione tra crimina e delicta in Diritto romano v. nota 20.

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Proprio ai “quasi-delitti” appartengono due categorie di azioni processuali stret-tamente connesse con lo sviluppo urbanistico della città : l’actio de effuso vel deiecto el’actio de posito aut suspenso. La prima puniva il titolare dell’appartamento, fosse egliil proprietario o il conduttore, posto ai piani alti di una casa, cenaculo, da cui fosserostati gettati oggetti che avessero prodotto danni a cose o a persone, anche se ciò fossestato fatto da uno schiavo o da un filius familiae, che non avevano una responsabilitàgiuridica civile loro propria. La pena pecuniaria era diversa in relazione al dannoprodotto. Per i danni a cose era fissata al doppio del loro valore, per l’uccisione di unuomo libero Giustiniano la stabilì in 50 aurei, mentre per altre lesioni doveva esserecalcolata in base all’aequum. A tale proposito, l’imperatore dice che “il giudice deveanche tenere conto delle spese mediche e delle altre spese sostenute per la cura, inol-tre (deve tenere conto) del lavoro di cui (il ferito) rimase o rimarrà privo, dal momentoche divenne inabile” 40. Questa azione poteva essere intentata dal danneggiato, ma seil delitto avesse avuto come conseguenza la morte, avrebbe potuto essere intentata dachiunque.

L’actio de posito aut suspenso, invece, puniva il fatto d’aver poggiato su balconi oaltri elementi architettonici sporgenti oggetti che avrebbero potuto cadere sulla pub-blica via e provocare danno. Come per il caso precedente, l’azione era rivolta controil titolare dell’appartamento e poteva essere intentata da chiunque. La poena pecu-niaria era fissa e consisteva in 10 aurei 41.

Giustiniano enumera infine tra i “quasi-delitti” anche i furti nei negozi e nel corsodel tempo gli editti del pretore individuarono altre azioni processuali attraverso cuiottenere la poena per altri e diversi comportamenti illeciti. Tra quelli maggiormentericollegabili agli spazi urbani o a quelli ad essi immediatamente adiacenti, appareopportuno ricordare l’actio sepulchri violati, che sanzionava appunto la violazionedel sepolcro.

Termina qui questa rapida rassegna alla luce delle fonti del Diritto romano. Nonsi pretende di essere stati esaustivi, né di aver preso in rassegna tutte le fonti utili alnostro discorso attraverso le varie epoche della storia di Roma. Si è voluto però dimo-strare che è possibile una chiave di lettura in più rispetto a quelle normalmente usate.Certamente non è un approccio né semplice né immediato e dovrà essere sicuramenteaffrontato per singoli temi, settori o classi di edifici, ampliato e integrato in molte sueparti.

Anna Maria Liberati

Université de Rome « La Sapienza »Directrice du Musée de la civilisation romaine

40. Inst. Iust. 4, 5, 1. Cfr. Dig. 9, 3, 5, 6.41. Circa le condizioni di vita e il caos imperante nell’antica Roma, che sono evidentemente sottesi a queste

norme, v. ad es. Giovenale, sat. 3, e Marziale, 7, 61 ; 9, 68 e 12, 57.

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