Rivista Senso & Gusto - Febbraio 2013

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Ricette, Curiosita, Moda & Tendenze, Nutrizionista, Wedding Planner, Inchieste, Storie del Cibo,e tanto altro .....

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sommario

Senso&Gusto - mensile gratuitoAutorizzazione del Tribunale di Velletri n. 08/12 del 19/04/12

EditoreAC Management di Cristiano Buccierovia dei Ciliegi, 1 - 00040 Pavona (RM)cell. 392 3884281

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Redazione e segreteriaVia Latina, 23 - 00041 Albano Laziale (RM)Tel. 392 3884281 - 335 309696Fax 06 [email protected]

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Editoriale 5

Le storie del cibo 7

Il parere dell’esperto 11

Raccontando... 13

La ricetta del mese 15

Il mondo delle donne 9

L’angolo dei golosi 19

Pianeta vino 21

Magie di notte 23

Il benessere a tavola 25

La curiosità 27

Moda e tendenze 29

Il Ristorante 17

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Non amo i reality che la televisione pubblica e privataci rifilano a ripetizione. Li trovo noiosi, banali nelleargomentazioni. In poche parole: costruiti. Sono

quasi sempre delle recite incentrate su risentimenti perso-nali, su dispute, su litigi. Mai un pò allegria. Oppure, comeavviene in Masterchef 2, in onda su Sky Uno, dove il copio-ne prevede che gli esperti di cucina chiamati a giudicaredegli indifesi partecipanti, assumano atteggiamenti sgarbati,irriverenti, addirittura vessatori, tanto da farti venire la vogliadi riempirli di “bastonate”, detto in senso metaforico.Abbiamo detto prima, che tutto ciò è figlio di un copione,che vuole dare alla “recita”, un indirizzo di odio-amore tra igiudici e i partecipanti. Però a tutto c'è un limite. Dirigendo questa rivista, che si occupa di ristorazione e delsuo mondo, mi sono imposto di seguire una puntata di que-sta serie, esageratamente pubblicizzata. Per capire e farmi un opinione in merito. Il mio primo com-mento? Ma che razza di trasmissione è? Pensare che è addi-rittura alla seconda edizione. Il “leit motiv” è quello di unatrasmissione, i cui protagonisti sono dei giudici perfidi e con-correnti impauriti costretti a subire umiliazioni su umiliazioni.Personalmente, non credo che questo atteggiamento, anchese imposto dal copione, giovi moltissimo a Bruno Barbieri,Carlo Cracco e Joe Bastianich, i primi due chef di riconosciu-ta bravura, il terzo titolare di ristoranti negli USA, chiamati afar da giudici. Sicuramente non ispirano simpatia. La confer-

ma lo avuta,imbattendomiper caso nei“tre”, ospitidella trasmis-sione “InvasioniBarbariche”inonda su “La 7”e condotta daDaria Bignardi.Anche in questao c c a s i o n e ,

dove la brava conduttrice riesce a ben miscelare domandeserie con domande semiserie, gli ospiti che soprannomino“aglio, olio e peperoncino”, forse, troppo immedesimati nellaloro parte, hanno continuato ad atteggiarsi, conservandoquel comportamento di supponenza, che potremmo con-

densare nella famosa frase di Alberto Sordi nel film “Il Marchese del Grillo”: “io so io, voi non siete un c....”. Non è il mio, un eccesso di perbenismo, non è nella miaindole, ma a tutto c'è un limite. Costretti a trattare male unapersona che è chiamato a sostenere una prova d'esame, èuna cosa insopportabile. Non accade da nessuna parte. Dire ad un aspirante chef,costretto a cucinare con una pressione incredibile addossoe per giunta in tempi brevi, che il suo piatto è nefando, èqualcosa di più di un'offesa. Non riesco a comprendere qua-l'è il messaggio che questa trasmissione vuole trasmettere.Anche negli spot promozionali hanno la faccia truce, dasanta inquisizione. Non sarebbe stato molto più bello che le stesse cose, glistessi giudizi fossero espressi in maniera più garbata, piùumana, in maniera simpatica e ironica: “Mi dispiace, ma Iltuo piatto non è all'altezza della situazione” oppure, in modoscherzoso, “Questa pasta mangiatela te”, o, “caro amico lacucina non fa per te. Tanti saluti e grazie di aver partecipa-to”. Tutto con il sorriso sulle labbra, sottolineando senzabenevolenza gli errori commessi dall'aspirante chef. E' pursempre un gioco e come tale va trattato. Certi modelli non fanno bene a nessuno nella televisione ditutti, compresa quella a pagamento.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

E ditoriale

Masterchef, serie tv di cucinaall'insegna del cattivo gusto

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L e storie del cibo

Dalla Romanella al “Roma doc” il vino laziale si tuffa nel futuro

Roma doc, ultima denominazione nata nell’universodell’enologia laziale è un progetto che affascina, maci sono molti aspetti da considerare. L’iniziativa, pro-

posta dall’Arsial, si inserisce in un progetto di comunicazio-ne globale in cui si intende sfruttare le suggestioni evocatedalla Roma Caput mundi per favorire il consumo di prodottilocali, che proprio nella Città Eterna, trovano coltivazioni dilivello. Molti dirigenti delle ditte vitivinicole castellane,impegnati da anni a piazzare i loro prodotti nei mercati este-ri, ritengono che in una carta dei vini di una Nazione stranie-ra la denominazione Roma doc affibbiata ad un vino possaavere maggiore attenzione dei brand locali, tra cui fannospicco il Frascati, il Marino ed il Castelli Romani doc. Nontutti i creativi, però sono d’accordo. Il brand Roma, infatti, nell’immaginario collettivo degli euro-pei, dei giapponesi e degli americani non è strettamente col-legato al vino e richiama sensazioni legate alle vacanze, allecittà d’arte, alla “Dolce vita” e non certo al mangiare ed albere. Qualcuno ha anche detto che l’operazione potrebbeessere velleitaria, perché con questa logica si potrebberopensare a progetti di comunicazione che considerino Viennacome capitale dei wurstel o New York come capitale deglihot dogs. Il grande enologo Carlo Trimani, scomparso dapoco, mi ha confessato che “Roma è l’unica città italiana adessere realmente una metropoli e mentre a Torino è logicoche nei locali si promuovano Barolo e Barbaresco, a Firenzeil Chianti, ecc. è quasi impossibile che nei ristoranti romanisi costruisca un rapporto virtuoso con i brand locali”. Alcunietichette, inoltre, sono più idonee a comunicare la tradizioneenologica locale. L’esempio più clamoroso si è avuto quando la sciatrice italia-na Daniela Ceccarelli, nata a Frascati, ha vinto la medaglia

d’oro alle Olimpiadedi Salt lake city,conquistando i titolidi tutti i giornali cheaggiunsero automa-ticamente al nomedella città tuscolanal’aggettivo wine. Da considerare c’èanche la riabilitazio-ne della Romanella,

inserita nella gamma dei prodotti a marchio Roma doc. LaRomanella è stata scoperta nei Castelli Romani all’incirca nel1600, quando veniva denominata “Zenzeru”. Questo tipo divino, nel territorio in cui ci sono ben 8 doc che devonorispettare rigidi disciplinari, è a schema libero. Infatti non cisono etichette che qualifichino le metodologie di produzione,che indichino vitigni, il nome del produttore, ecc. Insomma èun vino “fai da te”, prodotto dai vecchi contadini che le“Fraschette” usano per fare un omaggio ai clienti a finepasto. Il prezzo è quasi sempre inferiore ai due euro. Di questo vino c’è scarsissima considerazione. Basta fare ungiro su Internet e si nota subito l’opinione negativa chehanno gli esperti. L’opera di riabilitazione dell’Arsial cheintende risollevare dalla polvere un prodotto tradizionale,potrebbe anche essere meritoria, sempre che si inseriscanel quadro di un riordino generale di strategie di comunica-zione, qualificazione dei prodotti e di marketing.

Luigi Jovino© RIPRODUZIONE RISERVATA

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I l mondo delle donne

Uomini e donne scopronovirtù e difetti anche a tavola

Vi ricordate il motto“dimmi con chi vai e tidirò chi sei”? Roberta

Schira, critico gastronomicodel Corriere della Sera, scrit-trice-gourmet ed esperta dipsicologia del gusto, l'ha tra-sformata in “vedo comemangi e ti dirò se sei l'uomogiusto”. Nel suo gradevolissi-mo libro “Il nuovo bon ton atavola e l'arte di conoscere glialtri”, la Schira porta numero-si esempi che potrebbero sembrare paradossali, quasiimpossibili a verificarsi, ma che, invece, rispecchiano la real-tà più di quanto si immagini. Il libro riporta situazioni chenon sono frutto di esagerate fantasie, perché, purtroppo, gliuomini si perdono, spesso e volentieri, in un bicchiere d'ac-qua. Vogliono stupirti, però ti portano a mangiare cinese per-ché si risparmia. E da qui, per una donna, è facile tirare leconclusioni: avaro di soldi, avaro anche di sentimenti.Quindi, meglio lasciar perdere. E che dire di quel “lui” che ostenta saccenza da tutti i pori?Che sa tutto di cibo e che, sul vino, ne sa più di un sommeil-ler, ma dimentica di versarvelo? Il passo è breve: scarsagalanteria e poca attenzione, anche in un ipotetico futuro,alle vostre necessità. Il cibo, come l'eros, procura piacere e,nel libro, non mancano dunque riferimenti alla sfera sessua-le. Lui, a tavola, trangugia di corsa il cibo senza assaporarlo?A letto, potrebbe usare la stessa velocità. Oppure sboccon-cella senza piacere quel che ha nel piatto? Con la stessa tra-scuratezza potrebbe trattare il corpo della donna. Unacenetta romantica a casa di lui: candele accese, tovagliolipiegati minuziosamente, tutto curato nei minimi particolari,ma cibo magari ordinato alla rosticceria all'angolo. Troppaattenzione alla forma più che al piacere vero e condiviso. Sisa. Le donne hanno una sensibilità molto spiccata in gene-rale e ancor di più quando si rapportano all'altro sesso.Generalmente non si lasciano sfuggire neanche una sfuma-tura. Certo, non basta un semplice incontro per tracciareuna mappa approfondita di chi si trovano di fronte. Ma è pur vero che, a volte, i particolari e gli atteggiamentirivelano molto più di quanto non si creda.

Viceversa gli uomini – non tutti, per fortuna – troppo presidall'ansia di farsi scegliere, spesso scivolano su una bucciadi banana proprio al primo incontro.E quella “lei” che è atavola con voi, graziosa in quell'abitino che le sta d'incantoe dalla quale non riuscite a staccare gli occhi, vi guarda asua volta senza lasciarsi sfuggire nulla e facendo attenzionea ben altri particolari, dopo aver dato una breve scorsa aquelli estetici. Dunque, il semplice gesto come quello diprendere la forchetta o fare la “scarpetta”, mangiare lenta-mente o trangugiare, non bere ma tracannare rumorosa-mente, continuare a chiacchierare con la bocca vistosamen-te piena, può fare la differenza, eccome. Ma, a tavola, nonsono solo le donne a studiare “l'avversario” e Roberta Schirane ha anche per loro. Uomini, fuggite da quelle che avete difronte e che non stanno zitte nemmeno un momento, daquelle che vi lascianoper andare ad inci-priarsi il naso, pertornare dopo un'eter-nità, con la conse-guenza di aver fattofreddare il cibo, vistoche, per galanteria,l’avete aspettata. Fuggite dalle “dami-gelle” che arriccianoil naso per aglio ecipolla, che snoccio-lano una quantitàindustriale di intolle-ranze ed allergie,perché è facile neabbiano altrettantenell'affrontare la vitastessa, anche nell’intimità. Attenzione, dunque. La tavola èuna giudice implacabile per entrambi. Siate, comunque, voistessi. Infatti, ci si può autocontrollare ed ingannare il par-tner al primo incontro ma, prima o poi, il vostro “io” a tavo-la e nella vita si rivela. Quindi rilassatevi e buon appetito.

Antonella Lorini© RIPRODUZIONE RISERVATA

Roberta Schira

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Proprio come si fa con le sardine. Le ricopri di sale, questo gliporta via l’acqua, le asciuga e le mantiene; e così è per “sapompìa”, un frutto, bruttissimo a vedersi, che nasce in

Sardegna: la fai bollire nel miele millefiori, questo gli porta via l’ac-qua, le candisce e via, la gusti a fette sottili, dolci-amare, sature dimiele fluido. Se vuoi, la conservi per un anno e più, in terracotta”.Questo più o meno ci dicevamo, giorni fa, con un fotografo inten-to ad ultimare un reportage magistrale su “sa pompìa”, il citrusmostruosa dei botanici, il misterioso agrume a buccia crespa gial-lo zolfo, un curioso ibrido che la Natura ha generato chissà quan-do in palmi di terre intorno a Siniscola, nei pressi della costasarda di levante. Sa pompìa”, i canditi, le sardine salate. Il baccalà, la marmellata, il parmigiano. Il prosciut-to, gli spaghetti, i grissini; e cento altri alimentipoveri di acqua.A proposito di acqua, processivitali, digestione. L’acqua è la sostanza che pre-mette lo svolgersi delle reazioni chimiche e biochi-miche: la vita è immersa nell’acqua; senza acquala vita si ferma o, quanto meno, rallenta il passo.Esi fermano anche i microrganismi: alcune speciemuoiono e altre si addormentano in attesa ditempi più...umidi.I microbi, quindi, prosperanobene dove trovano acqua ed elementi nutritivi: se ne cibano, lidigeriscono e producono scorie che li rendono quasi sempreinappetibili e in molti casi nocivi. Buona parte degli alimenti si alte-ra quindi perché viene... digerita. La digestione - lo diciamo in forma semplificata - è un processobiochimico attraverso cui trasformiamo l’alimento con l’aiuto diparticolari sostanze - veri e propri micro-arnesi chimici - che spez-zettano le grandi molecole (ad es. le proteine della carne, l’amidodella pasta) trasformandole in molecole più semplici, che poi sonoutilizzate - assimilate - dall’organismo, che così cresce e ricaval’energia per mantenersi... vitale.Questo vale per noi, per gli altriorganismi animali e per i microrganismi. E sempre in presenza diacqua.Tra gli “arnesi da taglio” impiegati nella digestione vi sonosostanze acide (nel nostro stomaco c’è acido cloridrico in abbon-danza) e gli enzimi, come ad esempio la pepsina che demolisce leproteine (carne, pesce, uovo, formaggio, legumi ecc.), l’amilasiche demolisce gli amidi (patate riso, pane, polenta ecc.) e la latta-si che demolisce il lattosio, lo zucchero del latte. Quando l’altera-zione ci piace. Riprendiamo a questo punto l’articolo di gennaio,dove avevamo risposto ad una serie di domande su come evitareo rallentare il guastarsi di un alimento a causa di microrganismi:adottare pulizia e igiene (sempre!), usare il freddo o il caldo, con-sumare (preferibilmente, o necessariamente) in tempi ragionevol-mente brevi. Avevamo lasciato in sospeso una domanda: cosapossiamo fare se vogliamo che un alimento fresco duri molto,

oltre la sua vita ordinaria? La risposta è: gli leviamo l’acqua.Levargli l’acqua. Metodo antichissimo: prima offerto dal caso, poidiventato espediente, poi evoluto in tecnica empirica, ora in tec-nologia. Allora, basta far seccare un alimento perché duri di più,così lo possiamo consumare più in là? Sì, ma non esattamente.Immaginiamo un caciaro del Lazio che prende la cagliata fresca,appena spremuta dal siero e la fa seccare tout court in forno ven-tilato: in questo modo elimina tutta l’acqua, ma ottiene dei pezziduri, legnosi, perenni. Se è vero che la cagliata secca mantieneintatti gli elementi nutritivi di partenza, è anche vero però che,quando la riprendiamo con acqua per consumarla, ci troviamo difronte a un coagulo insipido e indigesto. Dovremo faticare un po’

per renderlo appetibile. Per fortuna il caciaro non sisognerebbe mai di fare una cosa del genere (a menoche non debba preparare un semilavorato destinato aulteriori trasformazioni): l’esperienza, la tradizione, latecnologia, gli hanno insegnato che la cagliata seccanon è buona.Lui produce formaggio, invece. Ha leva-to l’acqua dalla cagliata. Ma a poco a poco, e nontutta. Con il sale e con l’esperienza prima l’ha spurga-ta bene, l’ha compattata, poi le ha dato una formacome se fosse creta, e l’ha immersa in acqua ben

salata, in salamoia. Come si fa per le olive.Il sale, si sa, ha sempresete; l’acqua non gli basta mai; e così a poco a poco, senza fret-ta, si prende l’acqua della cagliata; quasi tutta l’acqua. Cosa succede nel frattempo? Alcuni microrganismi che abitanonella cagliata, e che riescono a sopravvivere in presenza di pocaacqua, si nutrono, liberano i loro enzimi, demoliscono le gigante-sche proteine del latte, pizzicano i grassi, rompono gli zuccheri,producono scorie, muoiono. E così, lentamente, la cagliata si gua-sta, si altera, ma in modo controllato. Non sa di marcio, di putri-do, come avverrebbe se, invece che salata, fosse stata abbando-nata, fresca, in un ripiano del caseificio al caldo e all’umido. No,senti aromi, profumi, che stimolano il senso e deliziano il gusto.La cagliata è diventata formaggio.In questi casi non si parla di alte-razione, ma di maturazione. La maturazione, (del formaggio, deisalumi, e di altri prodotti sotto sale) è un processo complicato,affascinante. E’ la sua complessità e variabilità che genera i milleformaggi, unici, diversi, nobilissimi, creati da mille caciari italiani.E’ quella diversità che mi fa apprezzare i robusti pecorini del Lazioe gli assaggi di quegli irripetibili, delicati formaggi vaccini e capri-ni, che solo Romeo Molin Pradel, gelatiere a Vienna e alpino inquel di Zoldo, sa trovare nelle malghe disperse del Bellunese.

Antonino Addis© RIPRODUZIONE RISERVATA

I l parere dell’esperto

Quel “profumo” d'alterazioneche ci fa venire l'acqualina

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Una volta il t�è � era considerata una bevanda d'è�lite, moltoin voga fra la nobiltà� e l'alta borghesia. Probabilmenteperchè� il suo sapore delicato e profumato faceva pensa-

re a qualcosa di effimero, privo di sostanza e di concretezza.Non era il latte, che per i meno abbienti rappresentava il pastoprincipale. Non era il caffè�, considerata una bevanda capace didare una scossa, ignorando che la teina, contenuta nelle fogliedel t�è, � forse più� eccitante del caffè�. Soltanto da una ventina dianni il t� ha acquisito un suo spazio anche in Italia, che lo reputa-va soltanto come un qualcosa da consumarsi in estate ben fred-do, quando il caldo ci soffoca. Comunque, chi ama bere il t�è � unpensatore, un meditativo, perchè� lo si degusta sorseggiandololentamente, quasi ci si volesse appropriare del suo sapore finoin fondo, di quelle sfumature che ogni tipologia di tè� ha al suointerno. Perchè� non sono tutti uguali e hanno caratterizzazionidiverse. C'è� il tè� per la prima colazione, quello del primo pome-riggio e della tarda serata. Come, a volte accade, noi tutti consumiamo cibi e bevandesenza minimamente conoscere la sua storia, la sua provenienza.Mangiamo e beviamo a scatola chiusa e siamo certi che in pochisono a conoscenza che il tè� non il “frutto” dalla pianta omoni-ma, ma proviene da una altra pianta: la camellia sinensis . Tuttii tipi di t�è traggono origine dalla lavorazione delle foglie, dei ger-mogli e di altre parti di questa pianta: soltanto i metodi di lavo-razione differenziano le varie tipologie. Il nome sinensis in latinosignifica cinese. Camellia deriva, invece, dal nome latinizzato delreverendo Georg Joseph Kamel (1661-1706), un gesuita cecoche fu sia missionario nelle Filippine, sia celebre botanico.Tuttavia non fu Kamel a scoprire la pianta, nè� tanto meno adattribuirle il nome: fu infatti Carlo Linneo, l'ideatore della tasso-nomia, ancora oggi in uso, a scegliere la denominazione di que-sto genere in onore al contributo che il gesuita dette alla scien-za. Altri nomi della pianta in passato furono Thea bohea, Theasinensis (dai quali si credeva derivasse il t�è nero) e Thea viridis(che si credeva essere all'origine del t�è verde). La Camellia sinensis � un arbusto eretto, dalle foglie ovato-acumi-nate, con il margine dentato, di colore verde-chiaro lucente; ifiori semplici di piccole dimensioni, di colore bianco, portanonumerosi stami color giallo-oro; � originaria della parte continen-tale del Sud e Sudest Asiatico, ma ad oggi � coltivata in tutto ilmondo, soprattutto in regioni a clima tropicale e subtropicale.Allo stato naturale può crescere ben oltre i due metri ma, perfacilitarne la coltivazione, generalmente si mantiene a dimensio-ni di cespuglio sempreverde o di piccolo albero. Generalmentele foglie pi� giovani sono destinate alla raccolta per la produzionedel t�è e sono caratterizzate da una leggera peluria bianca o

argentata. A seconda della foglia si hanno qualità� di tè� diverse,dal momento che, con la maturazione, la composizione chimicapuò subire dei cambiamenti.In base al tipo di trattamento cuivengono sottoposte le foglie, si possono ottenere prodotti diver-si per forma, colore, aroma e sapore: trattando le foglie con ilcalore subito dopo la raccolta si ottiene il tè� verde; essiccando-le all'aria si ottiene il tè� bianco; lasciando ossidare completa-mente le foglie si ottiene il t�è nero; lasciandole parzialmenteossidare e poi trattandole con il calore si ottiene il t�è oolong. Lefoglie di tè� trattate ed essiccate vengono usate per prepararel'omonima bevanda tramite infusione o decozione. La Camellia �coltivata soprattutto in zone tropicali e subtropicali, nelle quali leprecipitazioni possono raggiungere i 2 metri all’anno; il terrenopi� adatto � quello acido e permeabile, senza ristagni d’acqua. Tuttavia, � necessario ricordare che questa pianta � coltivata in

tutti i continenti, anchein regioni molto più� aNord delle areesopraccitate: � il casodella Cornovaglia edello Stato diWashington, negli StatiUniti. I nItalia la coltivazionedella pianta del tè� iniziò

verso la fine del 1800 presso l'Orto botanico di Pavia grazie aGiovanni Briosi, professore di botanica e direttore dell'orto dal1883 al 1919. Dalla pianta originale negli anni '30 Gino Pollacci,anch’egli professore di botanica, riuscì ad ottenere una variet�àdiversa che chiamò Camellia “thea ticinensis”, in grado di resi-stere al gelido clima invernale della pianura padana. Nel corsodegli anni 30 si tentò di sperimentare la produzione su largascala di questa varietà�. Tuttavia le piante coltivate fuori dal loroambiente naturale possedevano una concentrazione di sostanzechimiche e nutritive diverse. Di conseguenza, le caratteristicheorganolettiche di questo t�è non riuscirono a soddisfare i gustidelle persone. Il risultato portò alla rinuncia della produzione ditè� "ticinensis". A partire dagli anni '80 Guido Cattolica ha ini-ziato un esperimento di coltivazione della Camellia sinensis, uti-lizzando semi e piantine ottenuti dall'Orto botanico di Lucca,messi a dimora nell'area del Compitese (Capannori, LU). In talezona, caratterizzata da terreni acidi e un microclima particolareche ne fanno l'habitat ideale per le camelie e le piante acidofile,la Camellia sinensis ha trovato le condizioni ideali per il suo svi-luppo.

R.G.

R accontando...

Una splendida cameliaè la madre di tutti i tè del mondo

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L a ricetta del mese

Se siete degli appassionati della cucina di mare, oggi vivoglio proporre una ricetta veramente sfiziosa, anchese dovrete dedicarle un po' di tempo. Vi dico subito

che a me piace moltissimo inventare ricette, che hannocome protagonisti il pesce. Secondo me, c'è una maggiorepossibilità di dare sfogo al proprio estro, alla propria fanta-sia. Il pesce, in virtù della sua carne, per lo più delicata, tipermette di fare molti abbinamenti, sfruttare al meglio ortag-gi e verdure, che poi li accompagneranno in cottura.Ricordatevi soltanto che non dovete mai esagerare con isapori forti per non uccidere il gusto dei nostri pesci. Ancheuna zuppa di pesce o un sugo allo scoglio, piatti dai saporidecisi, devono essere fatti con molta attenzione, selezionan-do la tipologia degli ingredienti che andrete ad utilizzare. Per prima cosa, molta attenzione all'uso del pomodoro, chenon deve essere esagerato. D'estate è di rigore un bel SanMarzano fresco, d'inverno pelati in scatola (evitate le passa-te) o pomodorini freschi. Anche per quanto riguarda il pesce,non abusate l'utilizzo di calamari e polpi, perché, con il lorosapore deciso, finiscono per prevalere su tranci di palom-bo, su scorfani e gallinelle, sugli stessi crostacei, che puressendo saporiti, hanno, comunque, carni delicate.Quindi, come potete constatare dai miei ragionamenti, lacucina di mare richiede una maggiore capacità e tempi piùlunghi in fase di preparazione, compensate dalle cotture, chesono più brevi. Inoltre, se commetti qualche errore, è più dif-ficoltoso correre ai ripari. Cosa che non accade con la carne, dove l'uso di spezie ealtri correttivi (funghi, patate, verdure di stagione) di frontead un preparazione priva di personalità e di sapore, ti per-mette di poter correggere il tutto in corso d'opera. Fatte queste considerazioni, entriamo nel merito della ricet-ta di questo mese, che, per l'appunto, vede come protagoni-sti un crostaceo, il granchio e i tonnarelli all'uovo. Molti sono contrari all'utilizzo della pasta all'uovo con ilpesce. Assorbe molto sugo e l’insieme è sempre un po'pastoso. Il sugo non scivola come con la pasta di semola. Ilsegreto è fare un sugo più liquido e aggiungerne un paio dicucchiai, dopo averlo impiattato. Procediamo. In una casseruola far rosolare le cipolle taglia-te a pezzi grossolani, le carote, il sedano, il peperoncino,l’aglio e i granchi tagliati e privati della polpa e delle chele (laparte dove c'è la polpa).

Far rosolare fintanto che i pezzi del granchio siano ben tosta-ti. Aggiungere il brandy e la salsa whorchester. Fiammare ilbrandy e aggiungere 3 litri di acqua fredda. Portare ad ebol-lizione, salare e abbassare il fuoco, in modo da far sobbolli-re il fumetto per circa un’ ora. In una padella a parte, far sal-tare con un po’ di olio , aglio e peperoncino la polpa dei gran-chi e le chele. Bagnare anche queste con un po’ di brandye aggiungere i pomodori lavati e tagliati a cubetti.Aggiungere il sale e del prezzemolo tritato, lasciar cuocereper 8\10 minuti. Quando il fumetto sarà pronto, sistemarlodi sale, filtrarlo con un passino fine e legarlo leggermentecon un po’ di roux. Aggiungere questo fumetto alla salsa dipomodori e granchi e quando i tonnarelli saranno cotti, sal-tarli con le due salse, decorare con del prezzemolo tritato eservire.

Paolo Martizi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti (per 8 persone)

2 granchi interi circa 1kg 1,5kg di tonnarelli3 cipolle, 1 testa di aglio, 2 carote, 1 stanga di sedano, 1 mazzetto di prezzemolo, 1 peperoncinoQ.B. olio extra vergine1kg di pomodorelle mature120 gr di roux (60 gr burro e 60 gr di farina)1 bicchiere di brandy2 cucchiai di whorchester shire sauce

Tonnarelli alla polpa di granchiosapore di mare a tavola

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Agriturismo la Tenuta Due Pini

Via Campoleone Tenuta n.28 Aprilia (Rm)

tel.06 92970068

Aperto: pranzo e cena

Riposo: lunedì

Ferie: mai

Carte di credito: si

Site Web: www.latenutaduepini.it

Prendete due imprenditori, lei Germana Jacoangeli con studiin Legge alle spalle, lui Marco Fortini con studi in Economia,che decidono, nonostante le loro molteplici attività, di met-

tersi a fare i ristoratori. Il primo pensiero che ci frulla nella testa è:ma che c'entrano con pentole e fornelli? Assolutamente nulla.Infatti, in cucina, ci sono due chef giovani e in gamba, DaniloGiunti e Fateh Sugh, indiano, che ci sanno veramente fare. Loro, che nella vita sono moglie e marito, che sono giovani egagliardi, che sanno tutto di business, si sono messi in testa dirilanciare l”Agriturismo Due Pini”, un grande ristorante, proprietàdi famiglia, che lo aveva creato e lanciato in orbita 13 anni fa, chedopo due anni di fermo, aconclusione di una gestioneprecedente non tanto per laquale, ha riaperto i battenti.Germana, volitiva ed esube-rante, un vulcano sempre ineruzione e Marco, silenzioso,concreto e produttivo ci stan-no riuscendo. Una scelta coraggiosa, com-pensata da una struttura cheha grandi potenzialità (puòospitare fino a mille coperti),contornata da un magnificoparco (dieci ettari), parte delquale è stato sapientementedestinato a produrre vino, olio, verdure ed ortaggi vari per il risto-rante. Il tutto, lontano dal centro abitato, in piena campagna. E' una location dove non si va soltanto per mangiare bene, maanche per trascorrere una giornata all'aria aperta, dove i bambinihanno spazio, giochi e contatto con la natura. E il sabato sera siballa. Una struttura, come si può constatare, che ha una doppiaanima: ideale per i banchetti e gli eventi con proposte da 25, 30,35 euro (per chi vuole si possono fare menu personalizzati a prez-zo diverso), ideale anche per la gita della domenica. Come si puòconstatare , in entrambe le circostanze, si può mangiare conprezzi accessibili a tutti e cosa importante, senza penalizzare laqualità del cibo. Dall'antipasto al caffè si spende ogni giorno, festività comprese,18 euro. Volendo ce n'è uno più economico a 16 euro.Un'equazione che ha dato un buon risultato. Merito di Germana eMarco, che sono riusciti a trovare il giusto equilibrio, mettendo inpratica il “fai da te”, che è sempre la soluzione migliore. Loro incabina di regia ad occuparsi della gestione, della spesa e dell'or-ganizzazione, in campo, invece, personale giovane, capace e moti-vato, con due chef in cucina che lavorano sodo, tirando pasta

all'uovo, preparando ogni tipo di dolce, studiando e provandonuove ricette o rivisitando quelle tradizionali, per offrire ai clientisempre qualcosa di nuovo, di originale come gli spaghetti “ajo, oioe peperoncino” dello chef Danilo, delicati, direi light, ideali per chiha qualche problema con l'aglio. Tutto ciò rigorosamente prepara-to al momento, utilizzando i prodotti dell'orto di casa oppureacquistando al mercato merce esclusivamente di prima qualità,cosa di cui si occupa personalmente Marco. Trovandosi la struttura in piena campagna, ma con il mare ad unpasso, si doveva fare una scelta: cucina di terra o di mare, o tuttee due? Si è puntato su quella di terra, in modo da rispecchiare i

sapori e i profumi della stessa,accompagnata la sera dallapizzeria. Una caratterizzazione,che ha dato i risultati sperati.Così potete assaggiare degliottimi paccheri allo speck,pachino e pesto genovese; lacalamarata con carciofi, salsic-cia e pachino, fettuccine alragù bianco e scamorza affu-micata.I secondi sono tutti incentratisulla carne, per scelta solonazionale, ma di grande livello,con bistecche, filetti in primafila. Meritano una citazione il

filetto di manzo brasato al radicchio e la pancia di vitella ripienacon cicoria e provola. E per concludere un festival di dolci al cucchiaio, sempre fatti daDanilo, con il cioccolato grande protagonista.

Paolo Caprio© RIPRODUZIONE RISERVATA

I l ristorante

All'Agriturismo Due Piniva in tavola genuinità e fantasia

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PIROTTINI CUORE

Conf. 50 pz. (da cm 3) € 2,90

Conf. 50 pz. (da cm 5) € 4,00

TEGLIA PER DOUGHNUT

A CUORE

€ 11,80

TORTIERA CON RIPIENO A CUORE

€ 21,00

TAGLIAPASTA INOX ASSORTITI

FORMA A CUORE

€ 1,50 cadauno

STAMPO DOLCI CON RIPIENO

€ 7,10

TIMBRATORE FORMA CUORE

PER PASTA ZUCCHERO

€ 8,80

TAGLIAPASTA ASSORTITI

IN PLASTICA

€ 0,90 cadauno

TAGLIAPASTA INOX

A CUORE CURVO

€ 2,50

Noi ci mettiamo il Cuore

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In tutti i Paesi del mondo esistono dei dolci tradizionali che“santificano” una ricorrenza speciale. In Italia, diciamoche è la norma, visto, che oltre al Natale e alla Pasqua, ci

sono un’altra infinità di ricorrenze, spesso locali, caratteriz-zate da cibi, che vengono preparati in occasione di quelladeterminata festa. Vengono addirittura organizzate dellesagre, con lo scopo di esaltare e promuovere un cibo tipicodella zona, che, in alcune circostanze, ha molti punti incomune con quello del paese vicino. A volte, si tratta di pic-cole sfumature, che possono riguardare un ingrediente, unaforma, una cottura diversa, ma sufficienti a dare una carat-terizzazione al prodotto finale. Perché ho fatto questa pre-messa? Perché siamo in un periodo particolare, in un mesein cui trionfano i dolci fritti. Prima ci sono quelli di Carnevale e poi più in là, a marzo, pernoi del Lazio, ma non solo, le strepitose zeppole di SanGiuseppe, una vero delirio per chi è “dolce dipendente”, dicui mi riprometto di parlarvene quanto prima. Allora, seavete la pazienza di fare una piccola ricerca gastronomica, virenderete conto che, dello stesso dolce, cambia il nome, manon la ricetta. Iniziamo, comunque, dai dolcetti di Carnevale,che da un po' di giorni hanno invaso le vetrine delle pastic-cerie, dei forni ed anche delle rosticcerie. In poche parole, ovunque funzioni una friggitrice. Due sono ipiù famosi, almeno per noi romani: le frappe (in altre partid'Italia sono conosciute come chiacchiere) e le castagnole.Queste due, sono le leccornie le “regine” di questo mese,anche perchè sono dei dolci semplici, che vanno giù facil-mente, specie quando si è in compagnia. Sopratutto, se vengono accompagnate da un buon vinodolce, da un passito o da una spumante, dolce o secco aseconda dei gusti. Le frappe sono croccanti, dalla forma sot-tile e allungata, ricoperte da zucchero a velo. Le castagnole, invece, sono tonde, ricoperte da zuccherogranulare e le possiamo trovare semplici oppure farcite. Io,da buon goloso, vi parlerò di quest'ultime, cioè quelle farci-te: bianche con la ricotta, nere al cioccolato e rhum. Ora vidico come potete farle. Non sono complicate come prepara-zione, serve soltanto un po’ di pazienza. Cominciamo, lavorando e montando il burro con lo zucche-ro; aggiungiamo la ricotta, il sale, le uova una alla volta, infi-ne il latte. In questo modo, otterrete un composto moltoliquido. Dividiamo a metà il composto; nel primo aggiungia-

mo il rhum con 200 gr di farina, il cacao e metà del lievito.Nel secondo, il restante di farina e lievito. A questo punto, i composti risultano ben amalgamati edabbastanza elastici. Ne prendiamo un pò per volta e lo fac-ciamo rotolare con la farina, come se dovessimo fare deglignocchi. Tagliamo l'impasto che abbiamo ottenuto della grandezzadesiderata e friggiamo subito nell'olio a temperatura. Una volta terminata la cottura, "panarle" con dello zuccherosemolato e servirle in tavola.

Gabriele Zanini© RIPRODUZIONE RISERVATA

1919

L’angolo dei golosi

Ingredienti (per 4 persone)

50 gr di burro

250 gr di zucchero

200gr di ricotta

15 gr di sale

3 uova

150 ml di latte

25 ml di rhum

500 gr di farina

10 gr di lievito

scorza grattuggiata di un arancio

50 gr di cacao

olio di girasole per friggere

E' tempo di dolci frittiprovate le castagnole ai due colori

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P ianeta vino

Nerello Mascalese, un rosso che sprigiona i profumi dell'Etna

L’Etna è una terra dalla bellezza struggente e dai trattiprimordiali, divenuta, negli anni, dimora di tanti appas-sionati vignaioli provenienti dalle zone più disparate del

mondo. La filosofia di vita che accomuna gli abitanti de “aMuntagna” è di spirito estremo, distinto dal grande rispettoper la natura, incondizionato, rigoroso, appassionato.La viticoltura qui esiste da sempre e le voce leggendaria diOmero disse pure che Ulisse offrì proprio un vino dell’Etna aPolifemo; il terroir è caratterizzato dalla sovrapposizionedelle molteplici colate laviche, innumerevoli e costanti neltempo, che hanno costruito uno scheletro di natura vulcani-ca dal residuo sabbioso, che si mescola a cenere, lapilli epietre. Tale incessante attività vulcanica ha partorito unpanorama dotato di avvallamenti ed altopiani che si attorci-gliano a vista d’occhio, girando quasi di tre quarti attorno alcono vulcanico, creando un’infinita progressione di terrazze.Così, affacciati nei tre versanti esposti a Nord/Nord Est, Este Sud, tra i 500 e gli 800 metri slm, vivono antichi vigneti,disseminati in modo scomposto, che il tempo ha visto resi-stere persino alla fillossera, il devastatore d’Europa. Le viti si fanno maturare dal sole, compagno dell’intera mitegiornata. Poi alla sera, l’incredibile escursione termica ripor-ta il pensiero ad un’enclave nordico; la Montagna ripristinal’ordine ed avverte tutti della sua asprezza per tanti indeci-frabile e non idonea a vitigni qualsiasi. Qui, di casa, ci sono Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio,

Carricante e Minnella; su tutti, il primo riesce ad interpreta-re la terra e trasmetterla nel bicchiere con una stupefacen-te eleganza, dai termini sinuosi, tutta giocata sulle sensazio-ni minerali, nette e decise di cenere, pietra lavica, grafite etoni salmastri, accompagnati da piccoli frutti rossi. In boccaè il tannino ad essere protagonista della beva, mostrando undisegno pieno ed avvolgente dalla lunga persistenza. Tuttoquesto è il bicchiere dell’Etna Rosso Doc 2008 dell’Azienda

Cottanera, un’altra eco dalla viti-coltura di qualità italiana.

Carlo Di Fazio© RIPRODUZIONE RISERVATA

90% Nerello Mascalese 10% Nerello Cappuccio

Alcool: 13,5°L'Etnarosso DOC è prodotto dalle uve

di Nerello Mascalese e NerelloCappuccio. Un vino elegante e prezio-so, dalla personalità unica, ricco di

aromi floreali particolarmente intensicon note che possono variare anchesui frutti rossi, in condizioni di

elevata freschezza aromatica, qualisono quelle che si verificano

sull'Etna. In bocca il vino ha grandestruttura con tannini molto fitti ed

austeri ma non secchi. La grande lun-ghezza nel finale ci conferma che citroviamo di fronte ad un grande vino

destinato alla longevità.

Etna Rosso DOC 2008

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La cantante Madonna affermò in un intervista su Vogueche il “Cosmo” (abbreviazione americana per ilCosmopolitan) era il suo drink preferito. I barman italia-

ni ne conoscevano appena l’esistenza, ma in America era giàuna leggenda. Sex and the City, la famosa serie televisiva, fece il resto nelcontribuire a rendere il Cosmo un drink di fama internazio-nale.I barman americani erano convinti che si trattasse di un ideapubblicitaria della Cointreau, produttrice dell'omonimoliquore e il New York Times raccontò, in un edizione domeni-cale, che ad inventarlo fu un barman di Miami. Il “Journal ofthe american cocktail”, trattato annuale ad opera delMuseum Of The American Cocktail, ha individuato il veroartefice del Cosmopolitan nella Barlady Cheryl Cook barten-der allo Strand di South Beach, Miami.La storia vuole che la grand-ambassador del marchioAbsolut vodka, Cristrina Solopuerto, era stata inviata inAmerica per promuovere il nuovo prodotto della casa.Parliamo di Absolut Vodka Citron la prima vodka aromatizza-ta, in questo caso al limone, destinata al mercato degliStates. Nel locale di Miami appunto, Cheryl nel 1985 servì ilsuo primo Cosmo a Cristina, che gli aveva chiesto di prepa-rare un drink con la propria vodka. Nel giro di un quartod’ora tutti al banco avevano un Cosmo e in un altro quartod’ora tutto il locale aveva in mano un coppa Martini colorrosa.Cheryl, inoltre, dichiara che all’epoca, tutti, donne compre-se, bevevano Martini Cocktail solo magari per avere quel bic-chiere cosi trandy in mano e molte donne non riuscivano maia finirlo, essendo il Martini un drink forte e secco. Così,Cheryl ebbe la brillante idea di modificare la ricetta di uncocktail, chiamato kamikaze, un cocktail a base di vodkasecca, cordiale di lime e triple sec. Un drink che andava bevuto con ghiaccio tutto di getto, cheera molto di moda tra i ragazzi per alzare un pò il livello dellaserata e si credeva che berlo in eccesso portasse al suicidio.Cheril aggiunse un tocco di mirtillo e nel locale cominciaro-no ad ordinare, il Kamikaze con vodka Citron e succo diMirtillo. Una evoluzione sostanziale il Cosmo la subisce conToby Cecchini, barman, autore del libro “Cosmopolitan: A Bartender’s life”, dove Toby dichiara di entrare in contattocon il Cosmo nel 1987 in una versione che prevedeva

cordiale di lime e granatina quindi molto dolce. Gli vennecosi l' idea di sostituire il cordiale di lime con del succo diLime fresco e la granatina col cramberry, succo di mirtillonero americano. A Dale “The King of Cocktail” De Groff , luminare e innova-tore del mondo dei Bar, spetta il merito di averlo fatto cono-scere al mondo, nel 1996, lo inserisce nel menu nel miticobar di New York del Rockefeller Center e comincia a parlar-ne a media, giornali, riviste specializzate ecc ecc. Si deve alui l’introduzione del Cointreau al posto del generico Triplesec, che dona più secchezza e aroma di arancia amara aldrink. Il suo tocco personale Dale, l'ha dato con la flambatu-ra della buccia di arancia o limone ricca di oli essenziali, chea contatto con una fiamma bruciano, dando un'aroma e unprofumo intenso al bicchiere e al cocktail e rende scenica lapreparazione del cocktail. Questo drink fantastico, si può bere come piace a me, conqualche goccia di essenza al cardamomo e due fettine dicetriolo….Cheers!

Simone Francini© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Magie di notte

IngredientiVodka 45 ml.

Triple Sec 15 ml.Succo di lime 10 ml.

Succo di Cramberry 20 ml.

GuarnizioneTwist Pompelmo

o Arancia o Limone

Vi presento il Cosmoil drink preferito da Madonna

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Siamo a PAVONA (Albano Laziale) in via Siena, 22 (RM)da Lunedì a Venerdì: 14,00-20,00 - Mercoledì anche 10,00-12,00 - Sabato: 10,00-12,00

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E COLLETTIVE

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I l benessere a tavola

Una dieta ricca di fibreha una funzione di “salvavita”

Cari Lettori, in questo numero vorrei illustrarvi i benefici diuna alimentazione ricca di fibre. Tutti noi sappiamo che lefibre aiutano la digestione ed il nostro intestino; ma sape-

te che una dieta ricca di fibre aiuta a mantenere sano il nostrocuore? L'American Heart Association ha confermato che cibi ric-chi in fibre, mangiati regolarmente, diminuiscono il rischio dellemalattie cardiovascolari. Per fibre alimentari si intendono alcunicarboidrati, dai vegetali agli ortaggi e grani.Una dieta ricca di fibre è stata associata a:•Abbassamento dei livelli di colesterolo "cattivo" LDL•Abbassamento dei livelli di glicemia nei pazienti con diabete•Abbassamento della pressione nelle persone ipertese•Diminuzione del rischio di malattie cardiache•Diminuzione del rischio di diabete•Mantenimento del peso corporeo.Ci sono diversi tipi di fibre alimentari, le fibre solubili e insolubili. E tutte due hanno effetti benefici.Le fibre solubili, si trovano in ali-menti come farina d'avena e crusca di avena, noci, mele, fragole,fagioli e orzo. Questa fibra, che si trasforma nell'intestino in ungel, rallenta la digestione. Queste fibre solubili, in particolare,hanno evidenziato un effetto nell'abbassare il colesterolo. Le fibreinsolubili non si scompongono e rimangono tali e quali. Si trovanonei cereali integrali, nelle verdure come carote, pomodori e seda-no. Alcune fibre, inoltre, come le fibredei semi di Psyllum (pianta officinale)assunte prima dei pasti con un bicchie-re di acqua, si rigonfiano formando ungel. Questa ha molteplici effetti benefi-ci. Aumenta il senso di sazietà, aiuta lamotilità intestinale, aiuta a tenere sottocontrollo i picchi glicemici, aiuta adabbassare il colesterolo. E tutto scien-tificamente provato. Quale tipo di fibrasi dovrebbe mangiare di più?Entrambe. A questo proposito, vi daròalcuni consigli, che fanno parte delsistema dietologico-nutrizionaleNutriSalus ([email protected])1) In genere non mangiamo abbastanza fibre, addirittura menodella metà. E' bene quindi fare colazione con i cereali integrali ofarina d'avena con 3 o più grammi di fibre per porzione.Aggiungete frutta fresca e sarete sulla strada giusta per l'obiettivogiornaliero di assumere 38 grammi per gli uomini e 25 grammi perle donne di fibre.2) Utilizzate la frutta fresca per uno spuntino sano. Non tutta lafrutta apporta la stessa quantità di fibre. Una grossa pera appor-ta 9,9 grammi di fibre. Altri frutti ricchi di fibre sono i lamponi (4grammi per 1/2 tazza), more (3.8 grammi per 1/2 tazza), banane

(2,4 grammi ciascuna), e mirtilli (2 grammi per 1/2 tazza). Pere emele - con la pelle - sono anche ricchi di fibre scelte.3) A pranzo sostituite, come a cena, il pane fatto con farina bian-ca raffinata con un panino integrale. Oppure utilizzate crackerintegrali per accompagnare le vostre pietanze. Molti studi hannodimostrano, che l'aggiunta di cereali integrali e altri cibi ricchi difibre alla dieta, può ridurre il rischio di malattie cardiache e diabe-te di tipo 2.4) Alcune verdure e vegetali con un alto contenuto di fibre verdu-re sono cuori di carciofi, i piselli, spinaci, mais, broccoli e patate.Ma tutte le verdure apportano un po' di fibra - da 1 a 2 grammiper porzione ( 1/2 tazza). Per aumentare l'apporto di fibre giorna-liero, aggiungete le verdure alla vostra omelette, ai panini, allapasta, alla pizza. Oppure provare ad aggiungere alcune verdureinteressanti - come barbabietole bianche, i topinambur, il sedanorapa. Un'insalata mista e colorata, è l'ideale.5) Le prugne secche sono ben note per la loro proprietà digestivae lassativa. Il loro contenuto di fibre è di circa 3,8 grammi in una1/2 tazza. La maggior parte dei frutti essiccati sono ricchi di fibre,che possono aiutare a regolare i movimenti intestinali e alleviarecostipazione. Prova, per lo spuntino, a mangiare una manciata didatteri, qualche fico secco, uva passa, albicocche secche (abitu-dine che dovremmo dare ai nostri ragazzi). O tritateli, ed aggiun-

geteli alla colazione del mattino, insie-me ai cereali integrali. 6) Anche i fagioli, di tutti i tipi, sono ric-chi di fibre, ricchi di proteine e poveri digrassi. Provate a mangiare una porzio-ne di fagioli al posto della carne duevolte a settimana, per aumentare laquota di fibre. Usali nelle zuppe, neglistufati, in insalata (tonno e fagioli), conle uova, e con piatti e pasta. La famosapasta e fagioli che faceva la nonna, ora-mai si mangia solo al ristorante. Anchele lenticchie e piselli hanno un alto con-tenuto di fibre e proteine e sono poveridi grassi. Ceci cotti possono essere

mangiati anche la sera. 7) Molte persone evitano di mangiare noci, mandorle, e semi ingenerale, perché sono ad essere ad alto contenuto di calorie egrassi. Questo è vero tanto quanto è vero che non mangiarle cipriva di una fonte nutrizionale importante. Nessuno è mai diventa-to obeso o sovrappeso per una manciatina di frutta secca al gior-no. Nel sistema nutrizionale NutriSalus, si consiglia di mangiare3/5 mandorle dopo i pasti.

Angelo De Martino© RIPRODUZIONE RISERVATA

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L a curiosità

Può essere descritto come «l'insieme di tutte le sensa-zioni olfattive». Stiamo parlando del Laurax, il cosidet-to odore bianco, la "summa" di tutti gli aromi. Il suo

profumo non è né piacevole, né sgradevole. L'incredibile stanel fatto che le miscele, contenenti trenta aromi, vengonopercepite simili tra loro, pur essendo diverse.«Non è né pia-cevole, né sgradevole». È così che i ricercatori definiscono laloro recente scoperta: l’odore bianco. Mescolando molecole di aromi provenienti da tutto l’insiemedelle essenze, gli studiosi si sono accorti che due misceleche non avevano niente in comune, tendevano ad avere unprofumo sempre più simile mano a mano che venivano

aggiunti nuovi aromi. Fino a quando, raggiunti i trenta com-ponenti circa, la maggior parte delle miscele aveva lo stes-so profumo. L’hanno chiamato Olfactory white. L’odore bian-co sarebbe il parallelo della «luce bianca» e del «rumorebianco», ottenuti rispettivamente combinando lunghezzed’onda dello spettro visibile differenti o frequenze sonorediverse. La ricerca, pubblicata sulla rivista Pnas dell'Accademia diScienze degli Stati Uniti, è il risultato di uno studio delWeizmann Institute di Rehovot, Israele. Noam Sobel, neuroscienziato ha spiegato la stranezza delrisultato: «Date le centinaia di ricettori olfattivi che risiedo-no nel nostro naso, si sarebbe portati a pensare che piùodori si aggiungono a una miscela, più questa diventa spe-ciale e non che si confonde con altre».

E invece accade il contrario. I ricercatori hanno ottenuto 86singole molecole odorose e le hanno utilizzate per prepara-re diverse miscele di profumo, che sono state sperimentatesu circa 200 volontari. L'esperimento ha dimostrato che lemiscele contenenti trenta o più aromi vengono percepitesimili tra loro, anche nel caso in cui non condividono nem-meno un singolo componente. In seguito, i ricercatori hannocondotto ulteriori test, combinando tra loro alcune delleottantasei molecole. Anche in questo caso i volontari hanno indicato come odorebianco solo le miscele ottenute da trenta o più componenti.Una tendenza che implica che ci sia una soglia limite di con-vergenza percettiva oltre la quale non si avvertono più diffe-renze tra le varie miscele di profumo. Questo odore, al quale è stato dato il nome di Laurax, è statodescritto dai partecipanti al test come un profumo dalle pro-prietà neutre. Alcuni ricercatori di altri laboratori hanno commentato irisultati spiegando che lo studio rafforza l'idea che il sistemaolfattivo non rileva singole molecole, ma gli odori nel lorocomplesso.

Cristiano Bucciero© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tanti aromi, lo stesso profumolo chiamano "Odore Bianco"

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Cari amici, care ami-che, se vi dicessi ele-ganza, successo o

attenzione al dettaglio, acosa pensereste?Beh, io penserei subito adun oggetto di gran lusso chepossa distinguermi ovun-que, e visto che la mia pas-sione più grande sono gliorologi, in questo numerovorrei parlarvi del Rolex,quello con l'inconfondibilestemma a cinque punte. Un Rolex è molto più di un semplice orologio, ognuno di lororacconta una storia, un traguardo raggiunto, un successo; èmolto più di uno status symbol, è un vero e proprio compa-gno di avventure.Rolex lanciò nel 1926 l'Oyster, il primo orologio da polsoimpermeabile, e a più di 80 anni di distanza, rimane l'orolo-gio più affidabile in qualunque circostanza.Questo tipo di orologio è stato testato sulle montagne piùalte, in regioni polari e nei fondali più profondi, in condizioniestreme, insomma tutto il mondo è stato un laboratorio nelquale testare gli orologi.Molti sportivi sono stati i testimonial per questa casa, nello

sci, ad esempio, fu Jean-Claude Killy nel 1968, Arnold Palmernel 1967, ma ancor prima negli anni '30 negli sport auotomo-bilistici Rolex divenne Official timekeeper della 24 ore di LeMans, diventando poi negli anni 50 una partnership con ilmondo delle regate. I modelli, sempre molto eleganti, sono svariati e tutti hannouna propria vita, sia per l'uomo che per la donna, caratteriz-zati anche da diamanti per i modelli più esclusivi. Il RolexPaul Newman, definito il Pre-Daytona, è tutt'oggi l'orologio dicasa Rolex più costoso al mondo, sia per la sua tiratura, siaper la storia che racchiude in se. Infatti questa serie venneprodotta in piccole quantità dal 1960 ai primi anni 1980.Dunque, da queste date si può dedurre che questo splendi-do Rolex Paul Newman custodisce dentro di se, e non parlia-mo solo del rarissimo e antichissimo meccanismo che vi èall'interno, ma della storia vera e propria che lo avvolge e lorende ancora più prezioso. Quest'orologio nasce prima del Daytona, e lo si può definireun vero e proprio trampolino di lancio per la casa Rolex, epossedere un orologio simile, è l'equivalente di avere unpezzo di storia Rolex al proprio polso, o più segretamentenella propria cassaforte!!!Un caro saluto a tutti voi, seguiteci mi raccomando .....

Antonella Lamboglia© RIPRODUZIONE RISERVATA

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M ode e tendenze

Nell' immaginario collettivoc'è una corona a “Cinque Punte”

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