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BOLLETTINO ANNO104N9 1 1 QUINDICINA 1GIUGNO1980 SPEDIZIONEINABBONAMENTOPOSTALEGRUPPO2°(70) RIVISTA DELLA FAMIGLIASALESIANA ONDATADASANGIOVANNIBOSCONEL1877

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BOLLETTINO ANNO 104 N 9 • 1 1 QUINDICINA • 1 GIUGNO 1980

SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)

RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA ONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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IL PAPA A VALDOCCO

Il successore di Don BoscoGiovanni Paolo Il dalla parte dei giovani, 3Cronaca della visita Quelle due ore a Valdocco, 4II discorso in piazza Giovani, tornate alla scuola di Cristo! 5Papa Wojtyla e i salesianiUn Papa di casa, in casa Don Bosco, 6-7I commenti in piazza Il Papa? formidabile! 8

LE ORZE

iglie di Maria Aus . Don Bosco ci ha viste in sogno, 12-14Missioni salesiane 109' spedizione e tante prospettive, 28Postulazione generaleAperto il processo a "don" Zatti, 28-29

L'AZIONE

Austria. Un tempio a Don Bosco, 31Brasile . Nuovo vescovo: mons. Legai, 30ilippine. I ragazzi di Papua ci aspettano, 10-11

Haiti. Morto il decano dei salesiani, 31Iran . Tra i cristiani caldei i primi cooperatori, 29Italia . Al Papa la copia numero un milione, 17Gli scugnizzi sono ab aeterno, 28Messico . Ecco i tuoi figli di Coacalco, 18-19Storia di Leandro, ragazzo insopportabile, 31Rep. Dominicana . 60 case ove passò il ciclone, 20Spagna . Perché il centenario risulti fruttuoso, 30Thailandia . Lasceremo tutto nelle vostre mani, 15-16Gli esercizi spirituali viaggiando, 29-30

IL PASSATO

Due attentati nel 1880Scopo: tor di mezzo il nostro Don Bosco, 21In memoria di don Luigi Cocco - 2' partecosì Pare Koko divenne indio Guaica, 22-27

RUBRICHE . II successore di Don Bosco, 3 - Libreria, 9 -Ringraziano i nostri santi, 32 - Preghiamo per i nostri morti,34 - Solidarietà missionaria, 35 .

Copertina : foto Luca VarvelliServizio di copertina : pag . 3-9

VIGNETTA «10 E LODE»

BOLLETTINO

SALESIANORIVISTA DELLA AMIGLIA SALESIANAfondata da san Giovanni Bosco nel 1877Quindicinale d'informazione e cultura religiosa

DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCOCollaboratori . Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-gioanni - Teresio Bosco - Elia errante - Domenica Grassiano -Adolfo L'Arcootografia Antonio Nosko

Archivio salesiano : Guido Cantoni - Archivio Audiovisivi LDCDiffusione Arnaldo Montecchiootocomposizione e impaginazione

Scuola Grafica Salesiana Pio XI - RomaStampa Officine Grafiche SEI - TorinoAutorizzazione Tribunale di Torino n . 403 dei 16 .2 .1949

L'EDIZIONE DI META' MESEdel BS è particolarmente destinata ai Cooperatori Salesiani .Redattore don Armando Buttarelli, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-ma. Tel . (06) 74 .80 .433 .

IL «BOLLETTINO SALESIANO» NEL MONDOIl BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 20 lingue diverse(tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in :Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria - Belgio(in fiammingo)- Bolivia - Brasile- Centro America (a San Salvador)-Cile - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador - ilippine -rancia (per i paesi di lingua francofona) - Germania - Giappone -

Gran Bretagna - India (in inglese, malayalam, tamil e telugù) - Irlanda- Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - BSLituano (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Perù - Polonia -Portogallo - Repubblica Sudafricana - Spagna - Stati Uniti - Thai-landia - Uruguay - Venezuela .

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I LIBRI PRESENTATI SUL BS vanno richiesti alle Editrici- o contrassegno (spese di spedizione a carico del richiedente) ;- o con versamento anticipato su conto corrente postale (spe-

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LIl successore di Don Bosco

Giovanni Paolo I1dalla parte dei giovai

Domanda. Accogliendo il Papa nellaBasilica di Maria Ausiliatrice, lei il 13aprile scorso lo ha salutato : «Benve-nuto a Valdocco, a nome di Don Bo-sco». Perché secondo lei il Papa in vi-sita a Torino ha voluto fare una lungatappa a Valdocco?

Risposta . Anzitutto il Papa ha volu-to fare visita alla Chiesa che è in Tori-no. Dalle affermazioni del card . Bal-lestrero e poi da quelle dello stessoSanto Padre si deduce chiaramenteun motivo centrale nel fatto - com-plesso e dinamico - che la Torino dioggi è diventata una città emblemati-ca che interpella quotidianamente, inquantità e qualità di problemi, la ca-pacità pastorale di una comunità ec-clesiale vivace, tutta tesa nello sforzodi prendere sul serio e tradurre inpratica il rinnovamento conciliare .

Intorno a questo motivo centrale cene sono parecchi altri, che per partemia ho cercato di precisare in unalunga conversazione di preparazionedei torinesi all'arrivo del Papa (l'Os-servatore Romano ne ha pubblicato laparte pertinente sul numero specialedell' 11 aprile) .

Quanto alla tappa del Papa a Val-docco, è ovvio pensare che egli abbiaindividuato nella culla dell'opera diDon Bosco - santo della gioventù -il posto più adatto per dialogare con igiovani. Quei giovani che del resto so-no i più investiti e colpiti dai graviproblemi di Torino .

Crede nei giovani

D. L'incontro del Papa con i giovaniin piazza Maria Ausiliatrice ha rag-giunto momenti di piena intesa, com-mozione, entusiasmo, indimenticabili .Perché questo impatto così efficace delPapa con i giovani?R. Non si può negare che tra i gio-

vani e questo Papa si sta verificandoun crescendo di sintonia fuori da tutti .i quadri di riferimento . Vede in essi ilfuturo dell'uomo, una forza innova-trice dell'umanità; fa affidamentosulla loro generosità e sulla loro viva-cità; li vuole impegnati in grandi

ideali, magnanimi ed esigenti, li esortaa essere aperti all'Assoluto, a Cristoche è chiave di lettura dell'intera loroesistenza e storia .

Lo abbiamo udito in Messico : «Conla vivacità che è propria della vostraetà, con l'entusiasmo generoso delvostro cuore giovane, camminate in-contro a Cristo : solo Lui è la soluzionedi tutti i vostri problemi, solo Lui è via,verità e vita . . . La vostra sete di asso-luto non può essere saziata dai surro-gati di ideologie che conducono all'o-dio, alla violenza e alla disperazione . . .Giovani! impegnatevi umanamente ecristianamente in cose che meritanosforzo, disinteresse e generosità . . .Tornando a casa, dite a tutti che ilPapa conta sui giovani» .E in Irlanda: «Questa mattina il

Papa appartiene alla gioventù dell'Ir-landa. Ho desiderato molto questomomento. Io credo nella gioventù contutto il cuore e con tutta la forza dellamia convinzione . . . Domani voi saretela forza vitale della vostra nazione ;domani voi avrete il potere di fare chei sogni diventino realtà» .

Così il Papa negli Stati Uniti, a Ca-stel Gandolfo, a Roma nelle parroc-chie: è un'immagine ormai familiarevedere il Papa che prova gusto a staretra i giovani .

Il segreto di quest'amicizia

C'è mutua fiducia ; mutua simpatia ;mutua ansia di trascendere l'attualecultura laicista o marxista ; mutua fe-de nella vita, nella sua bellezza, neisuoi compiti di storia ; mutua condan-na della violenza, degli schemi bellici,dei totalitarismi schiaccianti e delleegemonie plagiarie; mutuo amore allanatura, all'audacia atletica, alla lealtàsportiva, alla musica, al canto, all'artee a un nuovo tipo di cultura rivoltaall'uomo, senza illuminismi e senzascientismi. In una parola, direi che igiovani e il Papa si sentono scopritoriin piena sintonia delle attrattive, sem-pre più chiare e formidabili, del Cri-sto .Ecco, a mio avviso, il segreto e il

centro di questa ammirabile e cre-scente amicizia tra il Papa e i giovani èproprio il mistero di Gesù Cristo . ANatale è nato l'Uomo! A Pasqua è sta-to liberato l'Uomo! A Pentecoste è di-vampato l'amore dell'Uomo! Comefar sì che queste tre feste siano il sup-porto della vita umana e della sua piùgenuina cultura?

Nel suo vibrante dialogo con i gio-vani in piazza Maria Ausiliatrice ilPapa ha proclamato l'urgente respon-sabilità per essi di saper trasmetterealle future generazioni il vero amore ela vera libertà. Oggi infatti nelle so-cietà di consumo l'amore viene gros-solanamente adulterato ; e negli statimarxisti la libertà viene perfidamenteconculcata.

Il Papa "lega" con i giovani, e i gio-vani si sentono affascinati dal Papa,perché entrambi avvertono di starevivendo insieme un'ora di Avvento, ein sintonia di cuore vedono apparirela meravigliosa figura del Cristo Re-dentore sugli incerti orizzonti delDuemila .

Imparare dal Papa

D . Che cosa possono imparare i figlidi Don Bosco, gli educatori, i genitori,dal modo con cui il Papa tratta i giova-ni?R. Molto! Il senso vittorioso della

fede ; la psicologia dell'Avvento ; il sa-crificato dinamismo della speranza ; lavisione realista della problematica edell'angustia sociale ed ecologica ri-ferita al quadro oggettivo ed attualedella Risurrezione; la robusta volontàe capacità di prescindere dalle ege-monie culturali orizzontaliste ; il tuttoconcentrato in una grazia di predile-zione verso i giovani che ci richiamafortemente all'originalità del carismadi Don Bosco .E' sintomatico che le fotografie

dello storico incontro dei giovani colPapa a Torino presentino il Santo Pa-dre su di un podio al cui centro sorridela bronzea figura di Don Bosco .

Don Egidio ViganòRettor Maggiore

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CRONACA DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO Il

Quelle due oredel Papa a ValdoccoDalle 16.30 alle 18 .30 il Papa si è fermato a Valdocco, il 13 aprilescorso, per incontrare le suore e la gioventù di Torino . Era il primoPapa in visita a Valdocco. E' stata una festa senza uguali, che avrebbecommosso Don Bosco, e che i suoi figli non potranno più dimenticare

P er il suo incontro con la gio-ventù, Giovanni Paolo Il hascelto la cittadella di Don Bo-

sco. Scelta emblematica, anche se l'e-pisodio è solo una frazione di quell'e-pica giornata il cui significato va benoltre la dimensione salesiana .

I Papi a Valdocco . E' la prima visitadi un Papa che viene da Papa nellacittadella di Don Bosco . Ma diversi deirecenti Papi, prima di salire il sogliopontificio, avevano fatto sosta a Val-docco, e alcuni vi avevano anche in-contrato Don Bosco .

Il 15 .8.1875 il canonico GiuseppeSarto, poi Pio X, sedette a mensaospite di Don Bosco . Nel 1883 il gio-vane sacerdote Achille Ratti, poi PioXI, si fermò con Don Bosco due giornie volle vedere e conoscere tutto diValdocco. Nel 1914 un altro giovanesacerdote, Angelo Roncalli, poi Gio-vanni XXIII, era pellegrino a MariaAusiliatrice ; e lì tornò nel '53 da car-dinale. Don Albino Luciani, poi Gio-vanni Paolo I, più volte si recò al Cot-tolengo in visita a una sorella suora :non tralasciò certo di fare una capati-na a Valdocco. Quanto a Papa Wojty-la, quand'era sacerdote-studente aRoma venne a visitare Valdocco nel1947 (compì in Torino un itinerarioabbastanza simile a quello dell'aprilescorso); probabilmente tornò ancoraa Valdocco per ricerche d'archivio ; disicuro venne 1'1 .9.1978, poco primad'essere eletto successore di Pietro . Eora è tornato, il primo come Papa .Benvenuto a Valdocco . A una visita

simile occorreva prepararsi; e infattila sera dell'11 aprile il Rettor Maggio-re - dietro invito dell'arcivescovo diTorino - parlò nel grande teatro diValdocco pieno di torinesi . u unaconferenza lunga, densa, seguita- conmolta attenzione e molti applausi .

La sera del 12 fu appannaggio deigiovani, che celebrarono la "vegliadella gioventù torinese" . Molti veni-vano da fuori città, con i sacchi a peloe le immancabili chitarre . La veglia sisvolse nella basilica (parlò lo scrittore

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Il Papa "di casa" a Valdocco, sotto lo sguardodi Don Bosco e del card . Silva . ( oto T. Chiesa)

Giovanni Testori), e soprattutto inpiazza dove furono accesi parecchifalò attorno ai quali i giovani canta-rono e suonarono .

Il mattino seguente alle 11 la piazzaMaria Ausiliatrice venne sbarrata contransenne . Alle 14 lo spazio era tuttooccupato da 15-20 mila giovani .

Il Papa doveva arrivare alle 15 .30,arrivò alle 16 .37 . Per strada la sua jeepbianca si era fermata tutti i momenti ;egli aveva stretto migliaia di mani.

Sulla porta della basilica lo atten-devano l'arcivescovo di Torino, ilRettor Maggiore, il card . SilvaHenríquez . Quest'ultimo per quelgiorno aveva altri programmi, magiustificò la sua presenza così: « Sonovenuto apposta da Santiago del Cileperché sono certo che al mio posto ilcard. Cagliero, in un'occasione comequesta, sarebbe venuto a piedi » .

Due radio torinesi, la salesiana Ra-dio Incontri e la diocesana Radio Pro-posta, avevano installato la loro po-stazione su un terrazzo a fianco dellabasilica . Il Rettor Maggiore dette alPapa il « Benvenuto a Valdocco, a no-me di Don Bosco» .

La basilica era stipata di suore, e ilPapa la percorse nei due sensi per sa-lutarne quante più poteva . Poi sostòpresso l'urna di Don Bosco, pregò insilenzio, accese una lampada votiva.Dall'altare maggiore tenne un discor-so che mandò le suore in visibilio : ap-plaudirono una trentina di volte. Poicol Papa recitarono un'Ave Maria al-l'Ausiliatrice. Poi il Papa mentre stavaallontanandosi tornò indietro per direal microfono : «L'ultima volta che hovisitato Torino, il 1" settembre 1978,mi sono trovato a pregare in un bancodi questa parte della chiesa ». Grandeentusiasmo delle suore di quel settore.Ma il Papa aggiunse: «Badate peròche lì si inginocchiano i peccatori, isanti sono da quest'altra parte» . El'entusiasmo cambiò di settore .

Ci aspetta a Roma . Sulla piazza, at-torno al monumento di Don Bosco,era stato allestito il palco . Esso lascia-va emergere solo la figura suggestivadi Don Bosco con i due ragazzi al suofianco. Il Papa vi salì, accompagnatodall'arcivescovo Ballestrero, dal card .Pellegrino, dal card. Silva, dal RettorMaggiore (che durante il discorso sisedettero democraticamente sul pri-mo gradino del palco) . Almeno 500 traiglie di Maria Ausiliatrice e loro al-

lieve guardavano dalla terrazza delloro istituto affacciato sulla piazza .

Il Papa e i giovani erano vicinissimi,anche fisicamente . Il dialogo era di-retto . u una grande festa, uno scam-bio di battute, di consensi, un mo-mento di vita e di comunione .

Poi il Papa sulla jeep bianca passòattraverso i cortili interni di Valdocco,pieni di ragazzi delle scuole elemen-tari e medie . Sostò presso i bambinimalati giunti con le carrozzelle. Unbambino di 10 anni, colpito da unmale incurabile, offrì un mazzetto difiori. Da un piccolo palco un ragazzogli lesse un breve indirizzo: «Grazieper essere venuto tra noi . . . Noi sap-piamo di essere la speranza dellaChiesa perché abbiamo spalancato aCristo le porte della nostra vita . . . » . Al-la fine il Papa scambiò qualche parolacon il giovane speaker . «Che ti hadetto?», gli domandarono i curiosi icompagni. «Che mi aspetta a Roma,che ci aspetta tutti a Roma perchévuole ancora parlarci » .Erano le 18.30 circa, quando la

bianca jeep col Papa uscì dal cortileinterno sulla piazza Sassari, per rag-giungere i 500 mila che attendevano inpiazza Vittorio. Tornerà ancora?

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I l1 Papa fu accolto da grida e ap-plausi, e da un canto in polacco acui si unì cantando a piena voce

con i giovani. Poi esordì dicendo «Quimi trovo meglio che a Roma», e riuscìa frenare l'entusiasmo aggiungendo :«Adesso dobbiamo metterci al lavo-ro» . Seguì il discorso di sette cartelle,arricchito da continue interpolazioni, eprolungato da canti e applausi.

(1 sottotitoli sono della redazione) .

Comincio con una domanda : pote-va mancare, carissimi giovani dellaCittà e della Chiesa di Torino, unospeciale appuntamento con voi in oc-casione di questa mia visita? Potevamancare o no? (I giovani : No!) .

Allora così ci troviamo su un puntofisso . E dobbiamo ringraziare gli or-ganizzatori che hanno provveduto aun tale appuntamento e a un tale pro-gramma .Trovandomi nella vostra terra, io ho

avvertito, più che la convenienza, lanecessità di rivolgervi la mia parola diesortazione e di incitamento, ancheper confortare la speranza di quanti,

IL DISCORSO DEL PAPA IN PIAZZA MARIA AUSILIATRICE

Ecco il testo del discorso pronunciato a Torino dal papa il pomeriggio del 13 aprile 1980, in unapiazza gremita di giovani e ragazzi ai limiti della capienza (e un po' oltre) .

negli anni difficili che stiamo vivendo,si rivolgono a voi con rinnovata fidu-cia .Un primo nome: Don Bosco . Torino

è una città che nel settore religioso-educativo ha tradizioni insigni e lette-ralmente esemplari . Essa ci presentafigure elette di uomini e di giovaniche, pur essendo vissuti in età diversadalla nostra, dimostrano una sor-prendente attualità e possono offrirelezioni validissime al mondo moder-no. Tra i tanti nomi, che potrei fare, nesceglierò solo due .

Il primo è quello di san GiovanniBosco, che dei giovani fu un grandeeducatore, al punto che la sua opera inloro favore ha avuto una vasta irra-diazione non soltanto qui e nella re-gione circostante, ma anche nell'Italiae nel mondo . Che cosa posso dire dellamia Cracovia, della mia Polonia? Visono tanti salesiani! Io sono vissuto inuna parrocchia salesiana per parecchianni. Allora non posso non parlare suSan Giovanni Bosco .Ecco allora che io vorrei chiedere :

che cosa vuol dire essere un grande

educatore? Vuol dire, prima di tutto,essere un uomo che sa «comprende-re» i giovani . E intatti noi sappiamoche Don Bosco aveva una particolareintuizione dell'anima giovanile : egliera sempre pronto e attento nell'a-scoltare e capire i giovani che a luiaccorrevano numerosi nell'oratorio diValdocco e nel Santuario di MariaAusiliatrice . Ma bisogna aggiungeresubito che la ragione di questa pecu-liare profondità nel «comprendere» igiovani fu che con altrettanta profon-dità li «amava» .Comprendere e amare : ecco l'insu-

perata formula pedagogica di DonBosco, il quale - io penso - se oggifosse in mezzo a voi,- con la sua matu-ra esperienza di educatore e col suobuon senso di autentico piemontese,saprebbe in voi ben individuare e di-stinguere efficacemente l'eco, nonmai spenta, della parola che Cristo ri-volge a chi vuol essere suo discepolo :«Vieni, seguimi» . Seguimi con fedeltàe costanza ; seguimi fin da questo mo-mento ; seguimi lungo le varie, possi-bili vie della tua vita! Tutta l'azione di

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san Giovanni Bosco - a me sembra- si riassume e si definisce in questosuo riuscito e magistrale «avvio» deigiovani a Cristo .Il secondo nome: Pier Giorgio. Il

secondo nome è quello di Pier Giorgiorassati, che è figura più vicina alla

nostra età (morì infatti nel 1925) e cimostra al vivo che cosa veramente si-gnifichi, per un giovane laico, dareuna risposta concreta al «Vieni e se-guimi». Basta dare uno sguardo siapure rapido alla sua vita, consumatasinell'arco di appena ventiquattro anni,per capire quale fu la risposta che PierGiorgio seppe dare a Gesù Cristo : fuquella di un giovane «moderno»,aperto ai problemi della cultura, dellosport (un alpinista tremendo), allequestioni sociali, ai valori veri dellavita; e insieme di un uomo profonda-mente credente, nutrito del messaggioevangelico, solidissimo nel caratterecoerente, appassionato nel servire ifratelli e consumato in un ardore dicarità che lo portava ad avvicinare,secondo un ordine di precedenza as-soluta, i poveri e i malati .

Il valore di essere persona. Perché,parlando ora a voi, ho voluto prendereesempio da queste due figure? Perchéesse servono a dimostrare, in un certosenso da due diversi lati, quel che èessenziale per la visione cristiana del-l'uomo. L'uno e l'altro - Don Boscocome vero educatore cristiano e PierGiorgio come vero giovane cristiano- ci indicano che ciò che più conta intale visione è la persona e la sua vo-cazione, così come è stata stabilita daDio. Voi sapete bene che è frequenteormai da parte mia questo richiamoalla persona, perché si tratta vera-mente di un dato fondamentale, dacui non si potrà mai prescindere ; e,dicendo persona, non intendo fare undiscorso di un umanesimo autonomoe circoscritto alle realtà di questa ter-ra. L'uomo - giova ricordare - in sestesso ha un immenso valore, ma nonl'ha da se stesso perché l'ha ricevutoda Dio, dal quale è stato creato « a suaimmagine e somiglianza» . E non c'èuna definizione dell'uomo adeguata aldi fuori di questa! Questo valore è co-me un « talento » e, secondo l'insegna-mento della nota parabola, deve esse-re amministrato bene: cioè, utilizzatoin modo che fruttifichi in abbondan-za. Eccola, o giovani, la visione cri-stiana dell'uomo, la quale, partendoda Dio creatore e padre, fa scoprire lapersona in quel che è e in quel chedeve essere.

L'uomo deve trascendere se stesso.Ho parlato di fruttificazione e mi soc-corre anche in questo il Vangelo al-lorché propone - è lettura che ab-biamo incontrato di recente nella sa-cra liturgia - la similitudine del fico

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UN PAPA DI CASA IN CASA DON BOSCO

«lo sono vissuto in una parrocchiasalesiana per parecchi anni» : questa laconfidenza di Giovanni Paolo Il ai gio-vani radunati in piazza Maria Ausiliatri-ce. Esattamente gli anni sono stati otto :dal 1938 al 1946, quelli - per così dire- di competenza salesiana, cioè dellasua giovinezza . La parrocchia era quelladi San Stanisiao Kostka a Kraków, inPolonia (e ora i salesiani anche in suoonore stanno rimettendo a nuovo la«sua» chiesa) . Abitava in via Tyniecka10. (BS di gennaio 1979, pag . 4-7) .1938 . Karol (per gli amici Lolus, cioè

Carletto) a 18 anni va a Kraków col pa-dre, per frequentare l'università (ma laguerra troncherà i suoi studi) . Nella par-rocchia aderisce alla «Conferenza delrosario vivente», un cenacolo di spiri-tualità giovanile che ha in un laico ec-cezionale, il sarto Jan Tyranowski, il suoanimatore e nel salesiano don WincentyZaleski l'assistente spirituale .1943. Don Zaleski annuncia ai giova-

ni dell'associazione che Karol e un suocompagno entrano in seminario . « En-trare» non è la parola giusta : per ordinedelle autorità più nessun giovane puòesservi accettato, e Karol lo frequenta informa clandestina . Per gli studi trovaaiuto in parrocchia : un salesiano gli fascuola di latino, ha diviso con i mobili lasua stanza in due parti ricavando un an-golino tranquillo per Karol . E' ancora vi-vo, si chiama don Zbigniew Baczkowski .1946 . Karol è ordinato sacerdote .

Celebra a Oswiecim (dove i salesiani

sterile che è minacciato di sradica-mento .

L'uomo deve fruttificare nel tempo,cioè durante la vita terrena, e non sol-tanto per sé, ma anche per gli altri, perla società di cui è parte integrante .Tuttavia questo suo operare nel tem-po, proprio perché egli è "contenuto"nel tempo, non deve fargli né dimen-ticare né trascurare 1' altra essenzialesua dimensione, di essere che è orien-tato verso l'eternità : l'uomo, dunque,deve fruttificare simultaneamenteanche per l'eternità . E se togliamoquesta prospettiva all'uomo, egli ri-marrà un fico sterile .

Da una parte, egli deve «riempire disé» il tempo in maniera creativa,perché la dimensione ultraterrenanon lo dispensa certo dal dovere dioperare responsabilmente e original-mente, partecipando con efficacia e incollaborazione con tutti gli altri uo-mini, all'edificazione della società, se-condo le concrete esigenze del mo-mento storico in cui si trova a vivere .E', questo, il senso cristiano della«storicità» dell'uomo .

D'altra parte, questo impegno di fe-de immerge il giovane in una contem-poraneità, che porta in se stessa, in un

hanno la loro unica scuola in Polonia),per la festa di Don Bosco . Testimonianzadel direttore : «Durante l'omelia rima-nemmo gioiosamente colpiti nel sentirlodire che doveva la sua vocazione sacer-dotale ai salesiani» .

1958, 5 settembre . I vescovi polacchichiedono alla Santa Sede - e ottengo-no - che in Polonia nel giorno 24 mag-gio si possa celebrare la "festa" di MariaAusiliatrice . Tra i firmatari figura il nomedi Carolus Wojtyla, come vescovo ausi-liare di Kraków; nella foto di gruppo deivescovi appare l'unico in semplice talaredi sacerdote : è già eletto vescovo, manon è ancora consacrato . Uno dei pri-missimi atti del suo episcopato, forse ilprimo, è questo omaggio reso alla Ma-donna di Don Bosco .Vescovo, arcivescovo, cardinale .

Nella sua diocesi di Kraków i salesianihanno 4 parrocchie, 6 quasi-parrocchiee 6 cappellanie : sono i suoi collaboratorinell'attività pastorale, sovente si incon-trano con lui, lo accolgono in casa .

Durante una visita alla «sua» parroc-chia una volta «ringraziò tutta la comu-nità parrocchiale per l'aiuto che avevaricevuto nel realizzare la sua vocazio-ne» . In altra occasione, parlando dalpulpito e indicando l'altare laterale diMaria Ausiliatrice, precisò : « Qui davantia questo altare ho pregato la Madonnachiedendo la grazia della vocazione sa-cerdotale. E ora la ringrazio affettuosa-mente per questa grazia» .1969 . II salesiano don Jan Palusinski

certo senso, una visione contraria alcristianesimo . Questa anti-visionepresenta queste caratteristiche, chericordo in modo sia pure sommario .All'uomo d'oggi manca spesso il sensodel trascendente, delle realtà sopran-naturali, di qualche cosa che lo supe-ra. L'uomo non può vivere senzaqualche cosa che vada più in là, che losuperi. L'uomo vive se stesso se èconsapevole di questo, se sa che devesempre superare se stesso, trascende-re se stesso. Questa trascendenza èinscritta profondamente nella costi-tuzione umana della persona . Ecco,nella antivisione, come ho detto, con-temporanea, il significato dell'esi-stenza dell'uomo viene a essere «de-terminato » nell'ambito di una conce-zione materialistica in ordine ai variproblemi, quali ad esempio quelli del-la giustizia, del lavoro ecc . : di qui sca-turiscono quei contrasti multiformitra le categorie sociali o tra le entitànazionali, in cui si manifestano i variegoismi collettivi.

E' necessario invece superare taleconcezione chiusa, e in fondo alie-nante, contrapponendo a essa quel piùvasto orizzonte che già la retta ragionee ancor più la fede cristiana ci fanno

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organizza a Kraków il Sacrosong, «fe-stival della canzone religiosa» . Il card .Wojtyla prende sotto il suo patrociniol'iniziativa, e partecipa tutti gli anni allamanifestazione . La definisce : «Il Sacro-song è l'incontro della parola di Dio nelcanto, è il vangelo che diventa canzo-ne». (BS di aprile 1979, pag . 7-10)1974. I salesiani polacchi celebrano il

75° della loro attività in Polonia, e met-tono anche questa celebrazione sotto ilpatronato del card . Wojtyla : egli parteci-pa alle manifestazioni, sembra il più in-teressato al loro buon esito .1977. II card . Wojtyla torna alla sua

antica parrocchia per un mesto rito :compie «il dovere cristiano di seppellirecon pietà il sacerdote Jósef Matlak», ilsuo vecchio parroco . « Io ho ben pre-sente la sua figura, la sua benevolenzasacerdotale, la sua premura paterna,come pure il suo comportamento genti-le, da fratello maggiore, verso di me . Ri-cordo le parole buone che mi diceva . Dio

intravedere . Lì intatti i problemi tro-vano una soluzione più piena ; lì lagiustizia assume completezza e attua-zione in tutti i suoi aspetti ; lì i rapportiumani, esclusa ogni forma di egoismo,vengono a corrispondere alla dignitàdell'uomo, come persona sulla qualerisplende il volto di Dio .

Cristo completa la vostra persona-lità. Da tutto ciò emerge l'importanzadi quella scelta, che voi giovani dovetefare! atela con Cristo, seguendoloanimosamente e aderendo al suo in-segnamento, consapevoli dell'eternoamore che in lui ha trovato la suaespressione suprema e la sua definiti-va testimonianza.

Nel dirvi questo, io non posso certoignorare gli ostacoli e i pericoli, pur-troppo né lievi né infrequenti, che avoi si presentano nei diversi ambienti

lo ricompensi di tutto ciò di cui gli sonodebitore, specialmente nella mia ultimatappa verso il sacerdozio» .1978, novembre . Da pochi giorni è

Papa, e cinque salesiani polacchi desi-derano vederlo . La sua agenda è pienadi appuntamenti, proprio non sarà pos-sibile . E lui li invita dopo cena, «duranteil mio tempo libero » .1978, 21 dicembre . Il Papa riceve i

superiori salesiani in udienza privata .Vuole sapere quanti sono i figli di DonBosco nel mondo, e esclama : « Ma sietepiù potenti dell'Opus Dei!» II RettorMaggiore cerca di ridimensionare le co-se, ma il Papa ripetendo un concettoespresso poco prima ai superiori deiDomenicani : «No, no! Per realizzare ilbene ci vuole potenza . Lo diceva già sanTommaso d'Aquino». Il commiato delRettor Maggiore : «Santo Padre, DonBosco e i suoi figli saranno sempre conPietro» . (BS di febbraio 1979, pag . 3-4).1979, 14 gennaio . A Roma visita la

Giovanni Paolo Il a tu per tu con Don Bosco, davanti alla sua urna, nella basilica . ( oto A . Mari)

dell'odierno contesto sociale . Ma nondovete lasciarvi sviare; non dovetemai cedere alla tentazione, sottile eper ciò stesso più insidiosa, di pensareche una tale scelta possa contraddiretraddirealla formazione della vostra persona-lità . Io non esito ad affermare chequesta opinione è del tutto falsa : rite-nere che la vita umana, nel processodella sua crescita e della sua matura-zione, possa essere «diminuita» dal-l'influsso della fede in Cristo, è un'ideada respingere . E' vero esattamente ilcontrario : come la civiltà sarebbe de-pauperata e monca senza la presenzadella componente religiosa, dellacomponente cristiana, così la vita delsingolo uomo, e segnatamente delgiovane, sarebbe incompleta e caren-te senza una forte esperienza di fede,attinta da un contatto diretto con Cri-

parrocchia salesiana del quartiere Te-staccio. Un ragazzo ricorda : « Mi ha det-to che sono un bravo ragazzo » ; poi constupore : « Ma è vero che il Papa è infal-libile?» (BS di marzo 1979, pag . 8-9)1979, 5 maggio . Trentamila ragazzi

delle opere salesiane si radunano inpiazza San Pietro per celebrare col Papail 25° della canonizzazione del loro "a-mico" Domenico Savio . Il Papa nel di-scorso li invita a crescere fiduciosi, unitie forti . (BS del luglio 1979, pag . 3-5)1979, 2-10 giugno . Il Papa visita la

Polonia, e i salesiani si fanno in quattroper festeggiarlo . Organizzano pellegri-naggi, mettono le loro opere a disposi-zione dei pellegrini (qualche chiesa inquei giorni si trasforma in dormitorio . . .),collaborano per il servizio d'ordine . Du-rante il soggiorno a Kraków, i giovani delSacrosong (che avevano scelto cometema per quell'anno le parole del Papa«Spalancate le porte a Cristo») tutte lesere vanno sotto le sue finestre a canta-re e suonare per lui . E lui più di una voltasi affaccia alla finestra e si unisce ai cori .(BS di settembre 1979, pag . 29)

1980, 31 gennaio. A Roma si svolge il"sinodo olandese" . Un gruppo di gio-vani d'Olanda manda un messaggio alPapa, accompagnato da un cero, e affi-da tutto al salesiano padre Adriano VanLuyn che partecipa al sinodo . Nell'ultimaconcelebrazione il Papa fa collocare ilcero sull'altare, e lo accende personal-mente. Poi durante l'omelia rivolge unsaluto a quei ragazzi . (BS di aprile 1980,pag . 6)

1980, 13 aprile. Il Papa è in visita aTorino Valdocco .

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sto Crocifisso e Risorto .Il cristianesimo, la fede, credetemi,

giovani, dà completezza e coronamen-to alla vostra personalità : esso, incen-trato com'è nella figura di Cristo, veroDio e vero Uomo, e come tale reden-tore dell'uomo, vi apre alla considera-zione, alla comprensione, al gusto ditutto ciò che di grande, di bello e dinobile è nel mondo e nell'uomo . L'a-desione a Cristo non comprime, madilata ed esalta le «spinte» che la sa-pienza di Dio Creatore ha depostonelle vostre anime .L'adesione a Cristo non mortifica,

ma irrobustisce il senso del doveremorale, dandovi il desiderio e la soddi-sfazione di impegnarvi per «qualcosache veramente vale», dandovi, ripeto,il desiderio e la soddisfazione di im-pegnarvi così . E premunendo lo spiri-to contro le tendenze, oggi non di radoaffioranti nell'animo giovanile, a «la-sciarsi andare» o nella direzione diuna irresponsabile e neghittosa abdi-cazione, o nella via della violenza cie-ca e omicida .

Il cristianesimo è gioia . Soprattutto- ricordatelo sempre - l'adesione aCristo sarà fonte di una gioia autenti-ca, di una gioia intima . Vi ripeto, l'a-

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IL PAPA? ORMIDABILE!(I COMMENTI IN PIAZZA)

Il Papa è appena sceso dal palco,elevato in Piazza Maria Ausiliatrice al-l'altezza del monumento a Don Bosco .Solo Don Bosco, realtà e simbolo, è ri-masto lassù con un ragazzo per mano .Ma la piazza pullula ancora di giovaniaccaldati, rochi dal tanto gridare, ap-plaudire, partecipare . Giovanni Paolo Ilsale sulla sua jeep bianca levando in altouna chitarra che un fortunato è riuscito a"imprestargli" . Scoppia lì intorno un si-bisso di applausi . Afferro un quindicen-ne che sguscia al seguito della jeep . E'tutto agitato, rosso come un gambero .

«Mi lasci andare. Mi lasci andare!»« Un attimo (gli metto il microfono sotto ilnaso). Che ne dici di questo Papa?»« ormidabile» .* Il ragazzo è già scomparso dietro la

jeep, inghiottito dal seguito papale . Ungiovane di 17-18 anni se la ride accantoa me, tra divertito e interessato . orse

desione a Cristo è tonte di una gioiache il mondo non può dare, e che -come egli stesso preannunciò ai suoidiscepoli - nessuno potrà mai to-gliervi anche essendo nel mondo .

Questa gioia, come frutto di una fe-de pasquale e frutto « di contatto » conCristo, come dono ineffabile del suoSpirito, vuol essere il punto d'arrivodell'odierno mio colloquio con voi .Voglio arrivare a questa parola :«gioia» . Voglio arrivare a questa pa-rola, perché viviamo la settimana pa-squale.

Il cristianesimo è gioia, e chi lo pro-fessa e lo fa trasparire nella propriavita ha il dovere di testimoniarla, dicomunicarla e diffonderla intorno asé. Ecco perché ho citato quelle duefigure . Don Bosco : sono andato anco-ra a trovare la sua tomba, e mi è sem-brato che è sempre gioioso, è sempre

uno studente .«Hai sentito il Papa?» «Certo che l'ho

sentito» «Cosa ti ha colpito di più? »« Quando si è messo a cantare con noi » .«Non il suo discorso? Voglio dire : le

cose che ha detto . . . » «Sì, le cose che hadetto . . . Ma poi ha cantato con noi» .«Allora?» «Allora mi ha convinto ancheper le cose che ha detto . Un Papa così èdei nostri : affronta i nostri problemi, ciconvince di quello che dice . . . » .

* Mi viene in mente il Santo che èrimasto lassù, sopra il palco . «Amate lecose che amano i giovani, e riuscirete aconvincerli». Papa Wojtyla è venuto adare una lezione di stile salesiano . Rag-giungo l'altro giovane che è riuscito aoffrire la chitarra al Papa . « E adesso chela tua chitarra è stata "toccata" dal Pa-pa?» « Niente. La suonerò come prima» .«Un bel ricordo, ammettilo» . «L'ammet-to» .«Cerca di mantenerla bene intona-

ta. . . » . Il giovanotto ride : «Ah sì . Nonpotrò più stonare . Proibito fare stec-che». «Anche nella vita» .

sorridente . E Pier Giorgio : era un gio-vane di una gioia traboccante, unagioia che superava anche tante diffi-coltà della sua vita (perché il periodogiovanile è sempre, anche, un periododi prova delle forze) .Tornate alla scuola di Cristo . Come

giovani, voi vi preparate a costruirenon solo il vostro avvenire, ma anchequello delle generazioni future : checosa trasmettere a esse? Vi doveteporre questa domanda . Solo dei benimateriali, con l'aggiunta magari diuna più ricca cultura, di una scienzapiù progredita, di una tecnologia piùavanzata? Oppure, oltre a questo, anziprima ancora di questo, non voleteforse trasmettere quella superioreprospettiva, alla quale ho accennato,quei beni di ordine spirituale, che sichiamano amore e libertà?

Vero amore, vera libertà, vi dico,

Questa conclusione è mia, ma credoche il ragazzo ne fosse già convinto .* Giro intorno gli occhi, a caccia di

qualche altra impressione . Vedo unquindicenne seduto a terra, sul gradinodi una fontana .

«Stanco?» «Be', un pochino» . Guar-do l'orologio : sono le sei pomeridiane, iragazzi sono lì da cinque ore! «Alloranon sei contento?» «Sono contentissi-mo. Che c'entra? Passerei un'altra gior-nata così . . . » .«Che cosa ricordi del discorso del

Papa?» «Mah . . . Ha parlato di Don Bo-sco, di Pier Giorgio rassati . . . Ha dettoche bisogna comprendere e amare igiovani . . . che i giovani devono esserecreativi . . . superare se stessi . . . scegliereCristo . . . Poi ha detto : voglio arrivare allaparola "gioia" . Cose così . Mi è piaciutomolto». «Hai una buona memoria . An-che a scuola?» «Non c'è male . Riescoabbastanza bene» . Lascio il mio interlo-cutore con tanti auguri .

endo la calca . Raggiungo un gio-vanotto probabile studente universitario .Lo vedo ridere mentre sto armeggiandocon il registratore tascabile, il più sem-plice che abbia potuto trovare .

«Senti . Il Papa ha posto un dilemma :da una parte un po' di beni materiali, conl'aggiunta magari di cultura, scienza etecnologia più progredite ; dall'altra i be-ni di ordine spirituale, che si chiamanoamore e libertà, pace e giustizia, intesinel senso del Vangelo e della ede. Tusei d'accordo?» «Sì. Ma il Papa non haposto un dilemma . Ha messo le due coseinsieme, come valori da possedere e datrasmettere . Sono perfettamente d'ac-cordo in questo senso» .

Ho l'impressione che i giovani abbia-no ascoltato e capito il Papa più diquanto noi adulti «preparati», anziani«scaltriti», supponiamo con una certafretta. Chiudo il mio registratore . Tutto ègià registrato nell'animo di questi ra-gazzi, che forse ricorderanno per l'interavita il loro incontro con il Papa .

Marco Bongioanni

perché si possono facilmente strutta-re queste grandissime parole : amore elibertà. Si possono facilmente sfrutta-re. Nella nostra epoca noi siamo testi-moni di uno sfruttamento terribile diqueste parole : amore e libertà .

Vi dico: dovete tornare al Vangelo .Dovete tornare alla scuola di Cristo .Trasmetterete poi questi beni di ordi-ne spirituale : senso della giustizia intutti i rapporti umani, promozione etutela della pace .

E, vi dico di nuovo, sono parolesfruttate, molte, molte volte sfruttate .Si deve sempre tornare alla scuola diCristo, per ritrovare il vero, pieno,profondo significato di queste parole .Il necessario supporto per questi va-lori non sta che nel possesso di unalede sicura e sincera, di una fede cheabbracci Dio e l'uomo, l'uomo in Dio .Dove c'è Dio e dove c'è Gesù Cristo,

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suo iglio, un tale fondamento è bensaldo ; è profondo, è profondissimo .Non c'è una dimensione più adeguata,più profonda da dare a questa parola«uomo», a questa parola «amore», aquesta parola «libertà», a questa pa-rola «pace» e «giustizia» : altra nonc'è, non c'è che Cristo . Allora, tornan-do sempre a questa scuola, ecco la ri-cerca di quei doni preziosi che voigiovani dovete trasmettere alle gene-razioni future, al mondo di domani ;sarà con Lui più facile, e non potrànon riuscire .

Date una prospettiva cristiana almondo . (A questo punto il Papa ac-cenna a concludere il discorso :) Comeavete visto, ho parlato dalla carta, hoparlato fuori carta, devo già termina-re . (I giovani: No!) Sono convinto chesi potrebbe continuare, che si potreb-be testimoniare di più, ma io lo faccioda questa mattina, dalla mattina aveteascoltato il Papa, non si può ascoltaresenza fine . . . Basta! (Ancora proteste eapplausi dei giovani, e canti) .

Allora, se volete ancora sentirmi,dovete andare sulla piazza non so co-me si chiama, piazza Gran Madre diDio . . . Qua sono state sette pagine conalcune aggiunte, là saranno 14 pagine .Ma non ho ancora terminato . . . (E ri-prende la lettura .)

Sul punto di congedarmi da voi, iodesidero sollevarvi a questa visione ditrascendente bellezza, onde la vostravita cristiana acquisti solidità e cresca« di virtù in virtù » (come dice il Salmo83), e fiorisca-perché siete giovani, edovete fiorire - fiorisca in opere, cheanche per la società terrena sianopremessa e promessa di un avvenirepiù umano, e perciò più sereno . E'l'imperativo maggiore di questa no-stra epoca che diventa triste, e saràancora più triste, più tragica, se nonvedrà quella prospettiva che sola-mente voi giovani potete dare a essa,al nostro secolo, al nostro mondo!

(Si susseguono applausi e canti, tracui uno in polacco e un Alleluia, tuttiaccompagnati dal Papa con la sua fortevoce. Poi il Papa rivolge parole scher-zose all'indirizzo del Cardinale di To-rino, e i ragazzi riprendono a cantare.Infine il Papa accenna agli impegni cheancora lo attendono : « Io sono un uo-mo onesto, - dice, picchiettando coldito sul vetro dell'orologio -, nonposso mancare agli appuntamenti», econclude :)

E ora, facciamo venire i Cardinali, iVescovi. Diamo la benedizione a que-sti giovani. Ecco, diciamo una pre-ghiera, il Padre Nostro, e poi, poi da-remo una benedizione a voi tutti quipresenti, i Vescovi insieme con il Ve-scovo di Roma, oggi pellegrino a To-rino. Sia lodato Gesù Cristo . Arrive-derci!

a

Libreria

ALU I ALDOTutto per la comunicazionenel sogno di Papa WojtylaEd. Elle Di Ci 1980. Pag. 360, lire 6.000Accanto a tante altre conclamate teolo-

gia (della liberazione, della rivoluzioneecc.), è stata elaborata da tempo ancheuna teologia della comunicazione . Ma chise ne dà per inteso e si preoccupa di ap-profondirla? Eppure i motivi per farlo nonmancano. L'epoca attuale si definisce co-me epoca della comunicazione. E proba-bilmente solo quando le realtà umane edecclesiali saranno riconsiderate alla lucedi una teologia della comunicazione sicomprenderà esattamente l'uomo e laChiesa oggi .

Questo Papa Wojtyla che tanto interes-se suscita, appare a chi ben lo considerasoprattutto un "uomo di comunicazione",e perciò si offre come spunto ideale per unripensamento del ruolo della comunica-zione nella vita cristiana . Uno spunto cheè stato ben utilizzato dall'autore per ripro-porre con molta opportunità la sua rifles-sione sulla teologia della comunicazione .

TERLOUW JAN

Ed . Sei 1979 . Pag . 184, lire 3.500

Romanzo per ra-gazzi, della fortunatacollana "I nuoviadulti". La corniceesterna è quella dellafiaba : in un paeseimmaginario si deveeleggere il nuovo re,e un ragazzo chiedel'investitura . Per ot-tenerla dovrà affron-tare sette difficiliprove. Ma ecco l'ele-

mento nuovo : le prove a cui viene sotto-posto sono ispirate ai problemi ecologicimoderni, quelli che inquietano i respon-sabili della nostra società . Il racconto,spigliato e piacevole, è scritto da uno stu-dioso dell'uso pacifico dell'energia atomi-ca e membro del parlamento olandese, e ègià stato tradotto nelle principali lingue .

PEREZ JOSELUISGioventù e impeggrnu ud''s : /eo-Ed. Elle Di Ci 1980 . Pag . 176, lire 4.000L'autore è noto come fondatore del

movimento Adsis costituito da "comunitàdi giovani dirigenti laici", una delle pre-senze giovanili oggi più vive in Spagna . Illibro è una raccolta di articoli e conferenzesu argomenti omogenei, centrati sulla fi-gura del giovane nella Chiesa, sulla ne-cessità e i modi di crescerlo nella fede .L'avvicinamento del giovane alla Parola diDio, la preghiera del giovane, il colloquiospirituale, la scuola, l'associazionismocristiano, la comunità testimone, sono al-cuni dei temi affrontati . La riflessione tec-nica trova in essi il robusto sostegno del-l'esperienza dell'autore, maturata in unavita di impegno con la gioventù .

NATTA ENZOilm Cronache

Ed. Elle Di Ci 1979. Pag. 368, lire 5.200Il volume è anzitutto una raccolta di

schede dei film più interessanti e cultural-mente impegnati usciti negli ultimi sei an-ni . In più l'autore - noto critico cinema-tografico - ha condensato nelle pagineiniziali delle utili indicazioni per la letturadel film, e in quelle finali una proposta di"cicli per cineforum" . Si vede subito l'o-rientamento pratico dell'opera, che se puòtornare utile a chiunque voglia affrontare ilmondo della celluloide con spirito critico,è soprattutto uno strumento di lavoro utilein mano a operatori culturali. Specie seimpegnati fra la gioventù .

MEDI ENRICO

Ed. Elle Di Ci, 1980 . Pag. 260, lire 4.600Enrico Medi fu illustre scienziato, uomo

politico, e soprattutto uomo di fede . A seianni dalla morte la sua figura continua asuscitare interesse e così pure i suoiscritti . Questa nuova pubblicazione rac-coglie le sue meditazioni sulle letture delmessale, articolate secondo i tempi litur-gici . E i lettori vi ritroveranno la sua riccaesperienza umana, la sua ricerca appas-sionata di Dio, la ricchezza della sua ani-ma nutrita di fede .

CASALE UMBERTO

ur catechistiEd. LDC 1979. Pag . 104, lire 2.200

E' logico aspettarsi da un catechista(ma non meno da chiunque faccia apertaprofessione di impegno cristiano) che ab-bia per se e per gli altri una chiara consa-pevolezza della propria scelta di fede . Illibro porta il lettore alla conclusione che sipuò «credere in maniera intellettualmenteonesta», che si può «rischiare la propriaesistenza per Gesù di Nazareth, Dio-uomocrocifisso e risorto» .

LADRIERE JEANI ris :_

=inauutCEd . Sei 1978 . Pag. 228, lire 6.000

L'autore, docente all'università di Lova-nio, è considerato il maggior studioso difilosofia della scienza d'impostazione cri-stiana . La sua opera affronta uno degliaspetti nevralgici della crisi del pensieromoderno, vale a dire - come suggeriscelo stesso sottotitolo del libro - "la sfidadella scienza e della tecnologia alle cultu-re" . E' una sfida che tocca da vicino tutti ipopoli, poiché l'attuale potere dellascienza e della tecnologia ha una taleportata che può cambiare il destino delmondo intero . La trattazione di Ladrièreporta a riconoscere - come tentativo disoluzione - una funzione decisiva all'a-zione, intesa come elemento unificante trascienza e tecnica da una parte, e le culturedall'altra .

Per richieste, pagina 2 colonna 2 .

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ILIPPINE

ragazzi di Papua ci aspetta-no » . Lui li ha visti bene, ascuola senza scarpe, senza li-

bri e con una biro . Lui, padre Valeria-no Barbero, è andato là sul posto, avisitare la missione di Araimiri che ilvescovo ora affida ai salesiani . C'è ri-masto per una settimana, a provare, eha riferito : «E' stata una settimanadecisamente dura : ero solo e in uncerto senso impreparato. L'esperienzami sarà utile per quando tornerò defi-nitivamente. Allora il lavoro nonmancherà, e dopo i primi entusiasminon sarà senza sacrificio» . Torna ametà giugno 1980, con altri cinque sa-lesiani, per prendere in mano la mis-sione che ha assoluto bisogno di forzenuove per andare avanti.

Questi filippini straripanti . L'ini-ziativa è partita nel gennaio 1978 damons. Virgil Copas, vescovo di Kere-ma, sul cui territorio si trova la mis-sione. Per essere più persuasivo egliha interessato a Roma la Sacra Con-gregazione per l'evangelizzazione deipopoli, e insieme si sono rivolti alRettor Maggiore . Ad agosto un supe-riore salesiano, don Williams, era sulposto e dava giudizio positivo . Alloradon Viganò invitava i salesiani delleilippine, l'ispettoria vicina più di-

sponibile, a farci un pensierino . Nel'79 anche l'ispettore filippino padreJosé Carbonell ha fatto una visita a haconcluso : «Credo che Araimiri sia uncampo di lavoro veramente adatto aimissionari salesiani» . Poi all'inizio del1980 vi ha accompagnato padre Vale-riano perché provasse per sette giorni .

I salesiani delle ilippine si rivelanostraripanti : 30 anni fa, in quella na-zione non si sapeva chi fosse Don Bo-sco, ora le vocazioni salesiane sonotante che oltre a badare alle proprieopere in continua crescita essi apronoanche missioni all'estero . Sette sale-siani filippini sono già missionari inThailandia, e due in Etiopia ; ora perl'appunto altri sei andranno ad Arai-miri .

E fanno bene, làdi missione .Un paese giovane. La Papua New

Guinea comprende la parte orientaledella Nuova Guinea (la più grandeisola del Pacifico, 160 km a nord delcontinente australiano), più l'arcipe-lago Bismarck e varie isole minori . E'vasto una volta e mezza l'Italia(461 .000 kmq) ma raggiunge sì e no gliabitanti di Roma (2 .900 .000). E' unostato di recente indipendenza (1975),membro del Commonwealth britan-nico. E' una democrazia parlamenta-re, in cui la Chiesa ha grande influen-za : la sua costituzione è stata scrittada un prete, e molti dei suoi attuali

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è veramente terra

I ragazzi di Papuaic aspettano

Sei salesiani delle ilippine questo mese si recano ad Araimiri perprendersi cura della parrocchia e della scuola . Araimiri è un villaggioo poco più, la popolazione è a metà strada fra l'età della pietra e le

condizioni del Terzo Mondo, i ragazzi sono bisognosi di tutto .

governanti provengono dalle scuoledelle missioni .

La capitale Port Moresby è in verti-ginosa crescita : si avvicina ai 150 .000abitanti, mentre dieci anni fa non neaveva la metà. Dai villaggi arrivanofamiglie intere e a volte interi clan . Ungiorno sarà una grande metropoli?uori della capitale si incontrano po-

chi piccoli centri qua e là, e qualcosacome 14.000 villaggi .

La gente lungo le coste, specie a suddel paese, vive in condizioni da terzo equarto mondo . Nell'interno monta-gnoso ci sono ancora tribù primitivedove tutto l'abbigliamento consistenel coprirsi i fianchi, e ci sono zoneancora inesplorate. Un mosaico di 50lingue vere e proprie, e di 700 dialetti,rende difficile tutto, anche l'evange-lizzazione. Ma l'avvenire, del paesenon è poi disperante : il sottosuolo na-sconde oro, argento, manganese, pla-tino, cobalto ; e il terreno fertile pro-duce in abbondanza noce di cocco,caffè, gomma, cacao, arachidi . Pian-tateci quel che volete, e viene su .Una Chiesa giovane . L'isola era

stata scoperta nel 1521, e conobbel'occupazione di olandesi, inglesi, te-deschi. E dei giapponesi durante l'ul-timo conflitto . Il primo annuncio diCristo vi fu portato da anglicani, lute-rani e metodisti. La Chiesa è al lavoroin forma sistematica solo dal 1881, maha già conseguito buoni risultati : nel1977 si contavano 815.000 cattolici,

pari al 28,1% della popolazione . E'dunque una Chiesa giovane e in pienosviluppo .

I buoni risultati sono stati conse-guiti grazie a un pugno di missionaricoraggiosi (Missionari del Sacro Cuo-re, Missionari del Verbo Divino, Mari-sti) che per decenni si prodigarono inun lavoro generoso e sacrificato . Inseguito altre congregazioni si sonoaggiunte, è sorto il clero diocesano, enel 1966 il Papa ha istituito la gerar-chia ecclesiastica . Ora (i dati più re-centi sono del '77) nel paese si contanotre arcidiocesi da cui dipendono 13diocesi, con 243 parrocchie e altri1.212 centri pastorali . I sacerdoti sono480 (per ora solo 52 diocesani, tutti glialtri appartengono a congregazioni), ireligiosi laici sono 280, le suore 927.

Il lavoro dei missionari è stato pre-miato anche dal sorgere delle voca-zioni locali . I sacerdoti papuasiani so-no una sessantina, e quattro sono ve-scovi. Il primo vescovo autoctono fuconsacrato nel 1970 da Paolo VI du-rante il suo viaggio in Australia .

Tra cattolici e fratelli separati c'è unclima abbastanza cordiale ; solo alcu-ne denominazioni portate al fanati-smo, come i Testimoni di Jeova, cau-sano lo scompiglio dove arrivano (earrivano un po' dappertutto). Ma ledifficoltà di questa giovane Chiesasono molte altre : comunicazioni diffi-cili (fuori delle città quasi non esisto-no strade), troppe lingue, mancanza

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DA GIUGNO IN MISSIONE NELLA NEW GUINEA

di scrittura, vita primitiva di moltiabitanti.

La doccia nella palude. La PapuaNew Guinea è un paese in cerca diidentità . L'analfabetismo che rag-giunge il 67% della popolazione adultaè il vero nemico da combattere, e inquesto campo le congregazioni mis-sionarie stanno svolgendo un lavoroprezioso . Nei centri la gioventù è deltutto abbandonata, e quindi il campoper i figli di Don Bosco è pronto .

La diocesi di Kerema, a cui appar-tiene la missione di Araimiri, sorgenella zona più sottosviluppata, più bi-sognosa e più missionaria del paese . Ilvescovo ha sotto di sé dodici preti intutto . La missione affidata ai salesianiconta su trenta ettari di terreno, inparte coltivato a noce di cocco e inparte ancora foresta vergine e palude .Padre Valeriano vi ha trovato le

scuole del vescovo, la cappella di le-gno, una casa di legno occupata daimaestri e da alcuni volontari, i dormi-tori per i ragazzi, due jeep, un trattore,e alcune mucche. I maestri sono delposto, i volontari vengono dalla GranBretagna, e sia gli uni che gli altri sonotroppo giovani per mandare avanti dasoli una scuola . Poco lontano c'èqualcosa di simile per le ragazze, unascuola tenuta da volontarie .La scuola maschile, con i corsi

post-elementari, è un internato concento posti-letto (che potranno diven-tare 150 se i letti si porteranno da duea tre piani) . Gli allievi attuali sonotrecento (un po' meno le allieve) . Inparte i ragazzi sono interni, in partevengono da Araimiri, e altri arrivanodai villaggi vicini .

Le aule, sistemate in moderni pre-fabbricati, contengono solo rozzibanchi, e hanno come unica attrezza-tura scolastica la lavagna . Non ci sonolibri, solo qualche quaderno e una bi-ro per ciascun ragazzo . La cucina èfornita di un'unica grande pentola incui viene fatto bollire il riso . L'ali-mento base per tutti i pasti è riso consardine . A volte i pasti sono rallegratida tortelle di farina e latte di cocco,cotte sopra una lastra di ferro. Dicepadre Valeriano : «In una settimanaho perso due chili, e dire che mangia-vo con i volontari». Per la doccia i ra-gazzi utilizzano una palude, comeservizi igienici il busti (cioè in mezzo aicespugli) . Zanzare dappertutto equindi malaria .

Araimiri è anche parrocchia, o al-meno lo diventerà . «Ho visitato i duevillaggi più vicini che faranno partedella nostra parrocchia - ha raccon-tato padre Valeriano -. A quanto mihanno riferito sono anche i villaggi piùcivili . Mio Dio! Come può la gente vi-

vere in quella maniera? Mi dicevanoche a Papua si è ancora all'età dellapietra e io non volevo crederci, ma avedere la condizione di quelle poveredonne, il pozzo dove la gente va a be-re, i maiali così importanti nella vitadel villaggio, mi dicevo : Valeriano,dove sei venuto a finire? »Dovremo cominciare dal nulla. Pa-

dre Valeriano, un novarese di 42 annipartito missionario nel 1962, dal '76con cittadinanza filippina, ha conclu-so le sue considerazioni su quei settegiorni passati ad Araimiri dicendo :«Però mi sono sentito veramentemissionario». E per questo torna . At-tualmente è economo ispettoriale aManila, ma lascerà i comodi dellagrande capitale filippina per lavoraresodo tra quella gente povera e primi-tiva. Con lui partono un altro sacer-dote, un coadiutore e tre chierici . Ilsacerdote, padre Rolando ernàndez,ha 36 anni ; è filippino e ha un fratellosalesiano. Nei sette anni dalla sua or-dinazione ha lavorato come animato-re spirituale della gioventù in varicentri giovanili e come coordinatoredell'attività catechistica. In Papuanon gli mancherà il lavoro.

ha 21 anni appena, e è anche lui frescodi studi di meccanica .

L'Ispettore padre Carbonell ha in-contrato una difficoltà nel formarel'équipe dei missionari. L'anno scorso,poco dopo aver lanciato la propostadella nuova opera, doveva confessare :« Sul mio tavolo giace ora una lungalista di confratelli generosi che si sonoofferti volontari. C'è vero spirito mis-sionario nei nostri giovani confratel-li» . La sua difficoltà è consistita neldover scartare quelli in più, e nellospiegare i no che era costretto a dire . Il7 .12 .1979 i sei prescelti hanno ricevutoil crocefisso missionario . Il vescovo diKerema li attende cqn impazienza, leautorità civili pure . Vanno a insegnareai ragazzi un mestiere che possanodavvero esercitare nei loro villaggi .alegnameria, riparazioni ai motori

delle barche e delle auto, installazionielettriche, impianti idraulici. Sarebbebello formare muratori capaci di co-struire facili case . Di sicuro verrà av-viata la scuola agricola. E poi unospedale per la gente del posto . Epoi . . .«Dovremo cominciare dal nulla -

prevede padre Valeriano che partecon i gradi di capo spedizione -. Do-vremo farci su la casa, coltivarci la

E quando va bene ci sono le tortelle cotte su piastra di metallo. Sopra Il titolo: ragazzi Papua.

Il nonno della spedizione, ma gio-vanissimo di spirito, è il coadiutoreGiuseppe Kramar, jugoslavo di 61 an-ni, nato a Ljubljana . Capolaboratoriodi falegnameria, animatore di centrigiovanili, ha un tale fascino che di-versi ragazzi si sono fatti salesiani perlavorare tra i giovani come lui .

I tre chierici sono giovani filippini,alla loro prima grande avventura . He-riberto Cordón ha 23 anni e ha appenaterminato gli studi, specializzandosiin meccanica . Ramón de la Cruz ha 22anni, è un artista nato. Levy Lanaria

terra, disboscare la zona, bonificarealmeno vicino alla scuola per com-battere le zanzare e la malaria. Quelche ora è solo un bel sogno, a poco apoco diventerà realtà . E si chiamerà"il Don Bosco di Araimiri"Il trasferimento prevede queste

tappe: 12 giugno 1980 partenza daManila ; 13 giugno arrivo in aereo allacapitale Port Moresby ; 14 giugnoviaggio prima in barca e poi in tratto-re, e arrivo alla sospirata missionedove i ragazzi di Papua li attendonociascuno con la sua biro .

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IGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

Don Boscoci ha vistein sogno

Nei tanti «sogni» di Don Bosco, qual-che volta fa capolino anche l'abitobianco e nero delle sue suore. C'è poiun sogno, detto delle castagne, tuttodedicato al loro Istituto : quasi un trat-tatello ascetico, sviluppato in forma di

garbate metafore .

U n giorno Don Bosco parlò delle« missioni in Cina, accennandoal iume Giallo sulle cui spon-

de avrebbero lavorato salesiani e suo-re». Chi lo stava ascoltando, per uncomplesso di singolari circostanzeavvertiva «di essere vicino al sopran-naturale» . Certo quelle parole ebberoeffetto corroborante sulle MA reca-tesi nel 1923 in Cina, e sulle primegiovani cinesi che andarono,a rinfor-zare le loro file : dicevano di se stesse« Don Bosco ci ha vedute in sogno » .Ma le altre MA hanno non minorediritto di affermare per sé la stessacosa : in più occasioni i sogni di DonBosco sono stati ingentiliti dalla pre-senza delle sue suore .

Che valore si debba dare a questisogni è - e probabilmente resterà -un problema aperto . Don Bosco stes-so li valutò in modo diametralmenteopposto. Un giorno scriveva a mons .Cagliero : « Non credere a tutto ciò chedicono i miei sogni », e in altra occa-sione confidava allo stesso Cagliero :« ra tutte le congregazioni e ordinireligiosi, forse la nostra fu quella cheebbe più parola di Dio» . Un altrogiorno, riferendosi ad alcuni sognifatti attorno al 1844, cioè agli inizi delsuo apostolato, precisò : «Da quelmomento io camminai sul sicuro . . . udopo aver visto (in sogno) chiese, ca-se, cortili, giovani, chierici e preti chemi aiutavano, e il modo di condurreavanti il tutto, che io ne parlavo conaltri e raccontavo la cosa come sefosse già fatta . E è per questo chemolti credevano che io sragionassi, efui tenuto per folle . . . » .

Qualunque valore si voglia attribui-re oggi a questi sogni, resta il fatto cheDon Bosco si affidò ai loro messaggi, e

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così fecero anche i suoi tigli spirituali .Sogni che riguardavano la missione diDon Bosco, i suoi giovani, la sua con-gregazione, il suo lavoro fra i pagani .E alcuni sogni, pochi ma significativi,concernenti anche le MA e il loroapostolato fra la gioventù femminile .Come vedi, siamo abbandonate .

Don Bosco, santo dei ragazzi, fu chia-mato anche all'apostolato fra la gio-ventù femminile? Il suo biografo donLemoyne ritenne senz'altro di sì, an-che se Don Bosco affrontò questo im-pegno molto tardi e non direttamentema attraverso le sue suore . Anzi, donLemoyne ritenne questo apostolatogià contenuto in germe nello stessosogno dei nove anni, quel sogno deglianimali selvatici da cambiare inagnelli, che visitò più volte Don Boscodurante la sua vita arricchendosi manmano di particolari nuovi e suggestivi .Dice quell'attento biografo : «Noi rite-niamo che fin dalla prima scena (delsogno dei nove anni) gli venisse indi-cato che insieme con i fanciulli anchele fanciulle erano raccomandate allasua carità . . . In alcune sue narrazioniemergono vari particolari, che ci fan-no credere essergli stato pure indicatoche la sua missione avrebbe dovutoabbracciare - oltre che i fanciulli -anche le fanciulle» .Le conferme non mancano . Uno dei

primi salesiani, don rancesia, hamesso per iscritto un sogno racconta-to più tardi da Don Bosco ma risalenteal 1860-62. In esso Don Bosco si trovaa Torino in piazza Vittorio, dove ungran numero di ragazze giocano eschiamazzano, abbandonate a sestesse . Appena lo vedono gli corronoincontro e lo supplicano di prendersicura di loro . Don Bosco si schermisce

dicendo che non può, ma le più grandiinsistono: «Come vedi, siamo abban-donate». Ed ecco il personaggio con-sueto nei suoi sogni : una nobile si-gnora risplendente in volto, che gli di-ce e gli ripete : «Abbine cura, sono miefiglie » .

In altro sogno datato con precisione(notte del 6-7 luglio 1862) Don Bosco sitrova accanto quella marchesa di Ba-rolo nei cui istituti aveva lavorato dagiovane sacerdote . Passeggiano suuna piazza piena di gioventù che giocaallegramente, e la marchesa dice : « Vatanto bene che ella si occupi dei gio-vani ma lasci a me soltanto la cura dioccuparmi delle ragazze ; così andre-mo d'accordo ». Ma Don Bosco non èper nulla d'accordo : «Nostro Signoreè venuto al mondo solo per redimere igiovanetti, o non anche le ragazze? » Edopo la risposta scontata conclude :« Ebbene, io devo procurare che il suosangue non sia sparso inutilmente,tanto per i giovani quanto per le fan-ciulle » .

Un altro sogno datato 17-18 luglio1885, quindi appena due anni e mezzoprima della sua morte, ripropone cir-costanze simili a quelle esposte dadon rancesia (personaggi, ambienti etemi si ripetono sovente nei sogni) .Don Bosco cammina in via DoraGrossa (oggi via Garibaldi), e qualcu-no indicandogli un gruppo di ragazzeche giocano in una piazzetta pressovia Po lo consiglia : « In queste parti leidovrebbe fondare un oratorio per leragazze». Esse stesse insistono : «Ciaiuti, ci ricoveri sotto il manto del-l'Ausiliatrice» . Nel sogno gli viene in-dicato perfino il caseggiato, e la per-sona che dovrebbe mettere a disposi-zione i locali (i salesiani andranno a

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vedere, troveranno il caseggiato, mala persona risulterà sconosciuta) .

Il sogno delle castagne . Le primeMA erano persuase - e come dar

loro torto? - che Don Bosco agisse intutto, e in particolare riguardo al loroIstituto, d'intesa con la Madonna . Nel1877 la giovane congregazione avevaaperto una decina di case in Italia, edietro l'incoraggiamento di Don Bo-sco si impegnava a estendere la suapresenza in Europa e nelle missionidell'America Latina . Ma secondo al-cune suore, la prudenza sembrava in-vece consigliare che si dovesse so-prassedere, perché al giovane Istitutomancava ancora tanto dell'esperienzanecessaria . u allora che madre Maz-zarello vinse ogni paura dichiarando :« Se Don Bosco parla così, è perché laMadonna ha parlato a lui . E la Ma-donna sa di che figlie dispone per leopere del suo divin igliolo» .

Quattro anni più tardi madre Maz-zarello aveva abbandonato le suesuore per il cielo, il 14 maggio . Lacongregazione non aveva dieci annidi vita, la nuova superiora madre Ca-terina Daghero aveva appena 25 anni,le case continuavano a moltiplicarsima tutto sembrava fragile . E Don Bo-sco rincuorò le suore con un sogno chesarà considerato "un bel regalo delcielo" .

Il sogno avvenne sulla fine di di-cembre e - fatto non insolito - « peruna settimana intera erasi rinnovatotutte le notti, bastando che Don Boscosi addormentasse perché subito gli siparasse dinanzi la scena» . Don Boscoraccontò tutto a don Lemoyne, chesubito mise il racconto in bella copiasu poche pagine di quaderno, gli detteil titolo "sogno delle castagne", e per

i-

ordine di Don Bosco stesso andò aNizza per esporlo alle suore .

Lo espose il 6 gennaio 1882, e unasuora all'annuncio del titolo subitodomandò : «Siamo noi le castagne diDon Bosco?» Sì, erano loro . O anche,secondo i momenti, le loro case.

Il peso di 504 case . Don Bosco pos-sedeva un castagneto presso Castel-nuovo. Nel sogno vi si ritrova, intentoa raccogliere le castagne . Ce ne sonomolte, belle e grosse, sparse sul prato .Ed ecco apparire una donna, che simette a raccogliere le sue castagne e lepone in un canestro. Don Bosco con-trariato le domanda con quale dirittoraccoglie le sue castagne sul suo ter-reno; e la donna : « Ma io raccolgo ca-stagne anche per te» . Riempito il ca-nestro, la donna gli domanda se saquante castagne contiene. Lui non losa, ma lei lo informa (sono 504), e an-cora gli domanda se sa cosa simbo-leggino. Don Bosco ignora anchequesto, e la donna : «Le case delle fi-glie di Maria Ausiliatrice» .Le suore di Nizza, che hanno già

qualche pratica dei sogni di Don Bo-sco, sanno che questa donna è la Ma-donna, e trovano suggestivo il fattoche la Madonna non solo lavori sulcampo di Don Bosco, ma proprio perlui .

Quanto alle 504 castagne o case, èun numero che inquieta la giovanesuperiora di 25 anni . Madre Mazza-rello morendo gliene aveva lasciatesulle spalle 26, e lei aveva già il suo dafare a seguirle tutte. Ma seguirne 504!La "Cronistoria" dell'Istituto delleMA riporta il commento rilasciato in

proposito da madie Daghero in quellacircostanza: «Se si andrà avanti diquesto passo, con Don Bosco faremopresto ad arrivare a questo numero dicase. E quella poverina (cioè la supe-riora) che dovrà portarsi poi un cosìdolce peso sulle spalle, poverina! po-verina! » Quasi a dire : meno male chequesto peso non toccherà a me .

Infatti. Madre Daghero morì nel1924, dopo 43 anni di governo ininter-rotto della sua congregazione ; il pri-mo gennaio di quell'anno le case delleMA risultavano 484. Le succedette

madre Vaschetti ; e guarda caso, dico-no le statistiche che le case aperte indata 1 gennaio 1925 risultano proprio504. Poverina, poverina madre Va-schetti. E madre Daghero era sfuggitaa quel «docile peso» proprio all'ulti-mo momento . . .

Le castagne bacate. Il sogno dellecastagne però non era tutto lì. DonLemoyne raccontò alle suore una se-conda parte, che comincia con DonBosco tutto intento a scrutare quellecastagne belle e grosse nel canestro .

Osservando meglio scopre che alcunehanno «il buco fatto dal verme». Edomanda alla donna accanto a lui :« Che ne faremo di queste che hanno ilbaco?» Risposta : «Bisogna scartarle,perché non guastino le sane». Poid'improvviso la sua interlocutriceesce di metafora e soggiunge: «Biso-gna mandare via quelle figlie che nonsono buone, che non hanno lo spiritodella casa perché il baco della super-bia o di altri vizi le rode» .

Ora le castagne indicano non più lecase, ma le suore . Don Bosco ne togliedal canestro alcune guaste, e nota chenon sono poi molte. La donna : « Creditu che le rimanenti siano tutte buone?Non ce ne saranno col baco dentro,senza che si veda di fuori?» L'osser-vazione è così sensata che Don Boscosubito vuole sapere : « Ma allora comefare a scoprirle?» E la risposta èpronta: «C'è un solo mezzo : mettilealla prova e tienile d'occhio » .

Il personaggio misterioso proponeallora a Don Bosco diversi tipi di pro-ve, a quanto pare non tutti insieme main sogni diversi. Una volta gli dice :« Mettile alla prova della santa Regola .Vedrai così chi abbia o no lo spirito diDio ». Un'altra volta : « a' la prova ametterle nell'acqua dentro la pentola .La prova è l'obbedienza . alle cuoce-re. Le marce, se si premono con ledita, schizzano fuori il brutto umoreche hanno dentro » .

Ma la pentola serve anche a scopri-

A Barcellona le MA hanno oggi nove opere, etra l'altro una scuola professionale con (fotosopra) specializzazione in chimica . oto ac-canto al titolo : un particolare della cupola nellabasilica di Maria Ausiliatrice .

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re le suore vane: « Le vane, cioè vuote,salgono a galla. Sotto con le altre nonstanno, ma vogliono in qualche modoemergere. Tu prendile con lo schiu-matoio e buttale. . . » .

E la casistica delle castagne nonbuone continua attraverso altre me-tafore curiose ed efficaci . Dice la Cro-nistoria che le suore trovarono nel so-gno «tanta esperienza pratica, e lo ri-tennero, quale è, un dono veramenteceleste. E senza parole, con devozionee commozione, si passavano quellepagine benedette, col proposito diconservarle come ammonimenti pre-ziosi » .

Tu comprerai quella villa . Nel 1886Don Bosco era in Spagna tra i primisalesiani di Barcelona, e qualche mesepiù tardi vi avrebbe mandato anche lesue suore . Le circostanze di questanuova fondazione furono tali che il

«Don Bosco ci ha viste in Cina : questa convinzione ha sostenuto e sostiene le iglie di MariaAusiliatrice che anche oggi lavorano sulla costa cinese, a Hong Kong e Macau .

salesiano più coinvolto nella vicenda- don Giovanni Branda - collegòtutto a una visione di Don Bosco .

Don Branda era il direttore dellacasa salesiana ; la sera del 3 maggiotrovò Don Bosco sul punto di piange-re, e cercando di fargli animo ottenneil risultato che si mettesse a singhioz-zare. Allora chiamò don Rua, e il santonon poté fare a meno di aprire il suocuore. «Bisogna che racconti una vi-sione avuta, non so se sognando ostando sveglio . . . » . In realtà Don Boscodisse poche cose; accennò a vari«centri di opere dall'oriente all'occi-dente, dai quali si dirameranno moltisalesiani e molte suore, e faranno delgran bene», e non aggiunse altro .A sera però Don Bosco in compa-

gnia di don Branda passeggiava nel-l'orto « con le mani dietro la schiena » ;a un tratto alzò gli occhi e li posò suuna casa poco lontana che era « la vil-leggiatura di un ricco signore» . Nonchiese di chi fosse - riferì più tardi

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don Branda - ma la guardò bene,mosse più volte il capo come per as-sentire di averla già vista, e poi disse :«Proprio quella! Proprio quella! Lìverranno le iglie di Maria Ausiliatri-ce». Poi rivolto a me soggiunse : «Tu,don Branda, comprerai quella villa eio manderò le iglie di Maria Ausilia-trice » .

Don Branda più tardi chiese infor-mazioni: il proprietario a tutto pensa-va tranne che a vendere quella casa .Anzi, richiesto se lo avrebbe fatto,andò sulle furie . Don Branda concluseche questa volta Don Bosco si erasbagliato : «Pensai che anche i santihanno le loro stranezze» . Però rice-vette le MA a Barcelona, e trovò perloro una sistemazione di fortuna . Mapoco dopo delle circostanze impreve-dibili rendevano la casa disponibile, ea un prezzo incredibilmente basso .

Non solo, ma si trovò pure chi si offrìper pagare l'acquisto .

A un anno esatto dal sogno o visionedi Don Bosco le sue suore erano nellacasa da lui "vista" e ci sono ancoraoggi. Con le scuole, l'oratorio, i cate-chismi e un sacco di altre attività .

Sul iume Giallo. L'abito bianco enero delle sue suore fece capolino piùvolte anche nei sogni missionari diDon Bosco. A volte era una brevecomparsa, come nel sogno del 29 ago-sto 1883, ritenuto da Don Bosco cosìimportante che volle raccontarlo aisalesiani riuniti in Capitolo Generale .Un fantastico treno a vapore lo tra-sportava in visita ai diversi paesi del-l'America Latina ; giunto in Patagonia,«discesi dal vapore e trovai subito isalesiani. Ivi erano molte case . . . chie-se, scuole, vari ospizi di giovanetti eadulti, artigiani e coltivatori, e uneducandato di figlie (ragazze) che sioccupavano in svariati lavori dome-stici . . . » .

Nel 1886 vide in Cina il iume Giallo(lo Huang Ho, lungo sette volte il Po,nel cui bacino vivono cento e più mi-lioni di persone). Il fatto fu narrato dadon Arturo Conelli, che tutti poi riten-nero destinato a guidare i salesiani nelCeleste Impero . Don Bosco un giornoa San Benigno parlò a lungo con lui,«in tono vibrato, ansioso» ; e quandotacque, parve tornare in sé da unacontemplazione mistica. Dopo unistante di pausa gli domandò : «Checosa ho detto? », e don Conelli dovetteriassumere le sue parole. Allora ripre-se : «Oh, non badare. Don Bosco fab-brica sempre al suo solito castelli inaria». E subito convalidò la tesi oppo-sta: «Del resto, anche quando volevoandare in Patagonia, i cardinali dice-vano che Don Bosco era pazzo . Invecesi è visto» .Bene, secondo quanto riferì don

Conelli, Don Bosco vide che là sullesponde del iume Giallo «avrebberolavorato salesiani e suore» .

Illustrazioni nel testo. Al termine diun altro sogno missionario, datato 31gennaio 1885, Don Bosco concluse lasua solita scorribanda per i vari con-tinenti sostando in compagnia dimons . Cagliero in un'immensa pianu-ra piena di popoli e missionari. « E ec-co - il racconto è molto lungo, qui sene presenta qualche spizzico - inquel momento la pianura divenire unagrande sala . . . L'ampiezza era tale chenon si riusciva a vederne le mura, lavolta terminava con archi altissimi,sembrava che la cupola fosse di uncandidissimo lino . Una gran quantitàdi tavole in forma di mensa concorre-vano a un centro solo . . . Cominciò aentrare gente, tutta vestita di bianco,andavano a sedersi cantando . . . Altreschiere più numerose si alzavanocantando, ogni gruppo che entravaerano altrettante nazioni . . . » .Ed ecco la sorpresa : « Dato un colpo

d'occhio a quelle mense interminabili,conobbi che là sedute e cantando vierano molte nostre suore, e un grannumero di nostri confratelli . Non ave-vano alcun distintivo di essere preti,chierici o suore, ma come gli altriavevano la veste bianca . . . » . Poi vide iloro aiutanti nelle missioni, e i lororagazzi « con aspetto rozzo e strano » . . .E infine un'apoteosi di musiche ecanti, finché «Io caddi in ginocchioesclamando: "Oh, Cagliero! Ma noisiamo in paradiso!"» .

Qualcuno ha definito i sogni «undormire con molte illustrazioni nel te-sto ». Le iglie di Maria Ausiliatrice,ben contente di trovarsi nelle illustra-zioni che decorano il riposo del lorosanto fondatore, possono dire conpiena fiducia : «Don Bosco ci ha vistein sogno» . erruccio Voglino

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THAILANDIA *UN PICCOLO SEMINARIO PIENO DI UTURO

Lasceremo tuttonelle vostre mani

Da quattro anni nella diocesi missionaria di Surat Thani è stato apertoun piccolo "seminario minore" per ragazzi thai che si interroganosulla loro vocazione . Da questo seminario usciranno i primi sacerdotidella diocesi, a cui i missionari salesiani un giorno consegneranno leloro opere e la diocesi stessa. Perché è proprio questo - aprire nuovestrade e poi ritirarsi - il difficile compito di quelle truppe d'assalto

della Chiesa che sono i missionari .

U n bianco edificio a tre piani,moderno ma piccolo, in gradodi accogliere 30 ragazzi e biso-

gnoso di ampliamenti se si volessemetterne uno in più . I ragazzi in divisascolastica con camicetta bianca e cal-zoncini azzurri circolano sui lucidipavimenti sempre scalzi secondo ilcostume thai, e i missionari fanno al-trettanto. Le scarpe restano fuori, co-me in Italia si parcheggiano le auto-mobili. Poi quando c'è da andare ascuola, eccoli prima tutti seduti sulgradino a infilarsi le scarpe, e poi viadi corsa . 1 24 ragazzi (finora la casanon è stata riempita) affrontano lascuola esterna fra gli altri ragazzi, conun gusto e un puntiglio eccezionale : citengono a essere i primi, e di fatto so-no i primi delle varie classi .

Hanno vari stimoli a primeggiare .Tra gli altri, quello di dover succedereun giorno - se le cose andranno se-condo i piani prestabiliti - ai vecchimissionari salesiani, e di prendere inmano la loro diocesi . Padre Ugo San-na, vicario della diocesi e responsabiledel piccolo seminario, ogni tanto loricorda ai ragazzi . L'edificio sorge aSurat Thani, centro della diocesi dimons. Pietro Carretto, vicino alla cat-tedrale e alla residenza vescovile . Cisono anche le scuole elementari emedie, e il circolo giovanile, frequen-tato dai ragazzi cattolici (pochini) e daquelli buddisti . E ogni tanto arrivanolì da lontano i missionari : vengono aparlare al Vescovo, o per i ritiri spiri-tuali . E alcuni sono proprio anziani,con la barba bianca, la pelle tirata dichi non ha mai avuto tempo a metteresu polpa, il passo deciso di chi è supe-rallenato, ma pesante per la stan-chezza. Padre Ugo chiama i ragazzi eglieli indica: «Vedete come sono an-ziani? Un giorno o l'altro se ne an-dranno, sta a voi crescere in fretta eprendere il loro posto» .Anziani, non vecchi. Sono davvero

anziani (non vecchi, perché i missio-nari non invecchiano), ma giovani per

m

Nelle mani di questi ragazzi è posto l'avveniredella diocesi di Surat Thani .

la vita attiva che si ostinano a con-durre. Padre Andrea Vitrano, peresempio: ha 78 anni . Nel 1926 era no-vizio a Macau (Cina) e si preparavaper la Thailandia . E' in Thailandia da53 anni. Gli affidarono la piccola co-munità cristiana di Lak Ha, e lui in unluogo dove i banditi tenevano il lorocovo ha costruito la sua chiesa. E' pit-tore, e l'ha illustrata da cima a fondocon splendidi affreschi . Poi i suoi su-periori hanno deciso di regalare lachiesa al clero della diocesi, e l'hannomandato a Prachuab : è lì dal 1975, eha costruito un'altra chiesa, un po' piùpiccola ma affrescata da cima a fondocon i misteri del rosario . E vive solo,con i suoi 78 anni, e con la sua piccolacomunità cristiana .

Oppure padre Pietro Jellici, 75 anni,novizio in Thailandia nel 1930, poi di-rettore, ispettore, vicario della diocesi .Adesso lavora tutto solo a Ron Phi-bun, dove ha messo su le scuole e un

curioso laboratorio per artigiani. Gio-vani cristiani erano costretti a lasciareil loro villaggio in cerca di lavoro, e luiha offerto un lavoro che possonosvolgere anche in casa : la fabbrica-zione di speciali tappeti . E' tutto unasua invenzione : si prendono le fibredella noce di cocco e si sistemano inuno stampo, si butta sopra la gomma,e poi vengono fuori ottimi tappeti chesi collocano sul mercato con facilità . Icristiani lavorano, e tanti problemisono così risolti .

O padre Domenico Della errera, 74anni, novizio a Macau nel 1926, oratutto solo a Pranburi con la sua co-munità. Ancora qualche anno fa,quando lavorava a Huev Kra Bok, isuoi cristiani si sentivano umiliati :avevano per chiesa poco più che unabaracca, e i buddisti dalle splendidepagode li deridevano : «Abita lì il vo-stro Dio? » Tra i cristiani c'era un riccoproprietario che teneva tutto il denaroper sè; padre Domenico pregò santaTeresina la patrona delle missionifinché ottenne la grazia . Un giornocorse dal suo vescovo a mostrarglil'assegno che il ricco cristiano avevacompilato e donato . La cifra era cosìalta che il vescovo lo guardò scettico :« Va' in banca e vedi se te lo cambiano ;allora ci crederò». Glielo cambiarono,e i cristiani di Huev Kra Bok ebberouna chiesa che regge il confronto conle pagode .O ancora padre Luigi ogliati, 73

anni di cui 51 in missione, che a Thavàda solo manda avanti la chiesa, il leb-brosario, e visita puntualmente i vil-laggi intorno. O padre Ettore rigerio,anni 70 di cui 51 in missione, che fudirettore e ispettore . . . In tutto sononove i missionari salesiani, su 26 allavoro in diocesi, che hanno raggiuntoil traguardo della settantina . E padreUgo li addita ai ragazzi, spiega comesovente mandano avanti la missioneda soli, spiega il loro coraggio, la lorotenacia, l'entusiasmo inesauribile concui tengono le posizioni in prima lineae non vogliono arrendersi .

I ragazzi - sono tutti bravi, benscelti - si fanno pensierosi e sognanoun domani pieno di dedizione e diapostolato .

iero di scortare il vescovo. Il loroseminario minore non ha ancoraquattro anni di vita . Si cominciò a co-struirlo nel '75, e lo si inaugurò il 20giugno 1976 come dono a mons . Car-retto per il 25mo di episcopato. Alloraandarono a stabilirvisi in 14, e qual-cuno dei più grandi è già passato alseminario nazionale : uno è a due annidal sacerdozio, un altro ha cominciatogli studi teologici, altri cinque fre-quentano il ginnasio .In genere questi ragazzi provengo-

no da famiglie che hanno abbracciato

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la fede da alcune generazioni e la vi-vono in profondità . Sono mandati aSurat Thani dai parroci, che scelgonotra i più dotati . Durante l'estate i ra-gazzi sono raccolti in un "campo vo-cazionale" perché imparino a cono-scersi meglio e comincino a interro-garsi sul loro futuro .

Nel seminario minore ricevono unaformazione sana in ambiente al-legro, fatta di studio, di preghiera e digioco secondo lo stile di Don Bosco . Imissionari non hanno molto tempoper organizzare la loro vita, e ciòacuisce il loro senso di responsabilità :imparano ad autogovernarsi, a fare ditutto. Molto dotati per la musica, al-lietano le funzioni con l'organo e lechitarre. Alla domenica, nella chiesapubblica, assicurano il servizio litur-gico e sono fieri di scortare il vescovonelle cerimonie . Nella loro casettahanno una piccola cappella in cuispesso si recano a pregare da soli, se-guendo l'ispirazione della loro animathai fortemente religiosa . In tempo divacanze tornano nelle loro famiglie,nelle comunità cristiane da cui pro-vengono, e sanno rendersi utili alfianco dei missionari parroci che lihanno scelti .

La casetta piena di futuro . I mis-sionari sanno bene che il loro compito- in Thailandia come altrove - èaprire la strada, cominciare la Chiesa,e poi per così dire consegnarla al clerodiocesano. In Thailandia l'hanno giàfatto una volta, nel 1969 .

Essi sono al lavoro in questa diffi-cilissima missione dal 1927 ; appena iltempo di imparare la lingua, e il Papaaffidava loro la «missione sui juris diRatburi» vicino a Bang Kok (118.000kmq. 12 .500.000 abitanti, di cui appe-na 6.600 cattolici). Due anni dopogiungevano al loro fianco le iglie diMaria Ausiliatrice.La missione lentamente cresceva,

veniva elevata a Prefettura Apostoli-

ca, a Vicariato. Ed ecco il primo ve-scovo salesiano: mons . Pasotti . Ma poila seconda guerra mondiale, la parali-si delle attività, l'occupazione giappo-nese, e difficoltà d'ogni genere . Nel1951 don Pietro Carretto, il fratello di" ratel Carlo", alla morte di mons .Pasotti diventa vescovo . Ancora 18anni di lavoro, i cristiani si sono piùche triplicati, e il Papa invita i salesia-ni della diocesi a lasciare le opere alclero autoctono che essi si erano tiratosu, e a ricominciare nella parte sud delpaese, dove la fede ha compiuto ap-pena i primi passi . Così nel 1969 co-minciarono a lavorare nella nuovadiocesi di Surat Thani, la parte meri-dionale della Thailandia (76 .450 kmq,5 milioni di abitanti, di cui 5 mila cri-stiani) . Perché i missionari sono comei niarines, truppe da sbarco che laChiesa manda un po' allo sbaraglio, adissodare i terreni incolti . E ora che-dopo 11 anni di lavoro - qualcosacomincia a germinare anche nellanuova diocesi, questi missionari dasbarco si preoccupano già di far sor-gere il nuovo clero autoctono dioce-sano a cui domani consegnare le ope-re e la vigna del Signore dissodata .

E così nel seminario minore i mis-sionari preparano i loro successori . Ilpiccolo edificio da quest'anno ospi-terà 30 ragazzi, quanti ce ne possonostare. Padre Ugo, additando loro imissionari anziani continua a dire :« Essi preparano la Chiesa per voi, sa-rete voi a prendere in mano tutto, acontinuare il loro lavoro». Mentre icapelli sul capo di quei missionari sil'anno più bianchi e il passo più sten-tato, il piccolo seminario cresce . E'pieno di futuro, è il cuore della spe-ranza per la fede cristiana nel profon-do sud della Thailandia .

Da una conversazionecon padre Ugo SannaVicario della diocesi

di Surat Thani

Padre Ugo Sanna con alcuni ragazzi del seminario minore di Surat Thani : sono ben scelti, e bravi .rxs

ITALIA

L a milionesima copia l'hannospiattellata lì, sotto gli occhi diGiovanni Paolo II, dono tutto

speciale per lui, così come poco più ditre anni prima era stata donata aPaolo VI la copia numero uno. L'u-dienza si è svolta il 20 marzo scorso,nella Sala del Trono, presenti molti diquanti hanno lavorato per la tradu-zione, stampa e diffusione di questolibro che in termini complicati sichiama «Traduzione interconfessio-nale del Nuovo Testamento in linguacorrente», e che in pratica ha il titolosemplice Parola del Signore.

ame e sete della Parola. Il Papa hagradito molto quella milionesima co-pia : « Mi congratulo con tutti voi nonsolo per questo evento editoriale, masoprattutto per ciò che esso significa » .E in realtà significa molte cose, che ilPapa stesso ha evidenziato nel suobreve discorso .

Il successo di vendita, ha osservatoPapa Wojtyla, è anzitutto «segnoconfortante di quella fame e sete dellaparola di Dio di cui parlava già il pro-feta Amos, e che è sempre garanziasicura di rinnovamento e rafforza-mento nella fede» . Non va dimentica-to che quest'ultima versione del Nuo-vo Testamento non ha soppiantato lealtre già presenti in libreria, ma si èsolo messa al loro fianco . C'è dunquenell'uomo d'oggi, in Italia probabil-mente non meno che altrove, un au-tentico bisogno della Parola di Dio . Etutto questo si traduce in un arricchi-mento spirituale della Chiesa .

Uniti dalla Parola. Il Papa ha poivisto, nel modo in cui la traduzione èstata realizzata, un chiaro passo versol'unione dei cristiani, oggi ancora di-visi tra loro da profonde fratture .Questa traduzione si chiama inter-confessionale perché a compierla so-no stati gli studiosi appartenenti a di-verse confessioni, cioè cattolici e fra-telli separati . Otto secoli fa si aprirononell'unità della Chiesa le prime crepeprofonde, lacerazioni che sembrava-no insanabili, ed ecco che dopo ottosecoli teologi delle opposte sponde sisono seduti attorno a un tavolo e sisono intesi . Di comune accordo hannoscelto i vocaboli della nuova traduzio-ne, e la Parola di Dio è diventata oc-casione non più di dispute ma di co-munione. La stessa pubblicazione dellibro è avvenuta sotto l'egida di duecase editrici associate insieme, la cat-tolica LDC e l'ABU (Associazione Bi-blica Universale) protestante .

E' pure significativo che a offrire lamilionesima copia a Giovanni Paolo Ilsia stato il pastore Renzo Bertalot. IlPapa ha subito rilevato «l'impegnoecumenico con cui è stata condotta

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PIENO SUCCESSO DI «PAROLA DEL SIGNORE»

A1 Papa la copianumero un milioneLa prima copia della «Traduzione interconfessionale in lingua cor-rente» del Nuovo Testamento era stata donata poco più di tre anni fa aPaolo VI . Ora il milione di copie vendute in così breve tempo meritavadi essere festeggiato . E Giovanni Paolo II ha detto la sua «gioia

sincera e ringraziamento»

Il Papa con don Mario ilippi, direttore della LDC che ha pubblicato "Parola del Signore" .

l'iniziativa», ha osservato che «la Pa-rola del Signore è unica per tutte leChiese, e queste potranno sempre piùavvicinarsi tra loro nella misura in cuisi porranno insieme in religiosoascolto di quella stessa Parola » .

E' un fatto : cattolici e fratelli sepa-rati si sono trovati uniti, se non ancoranell'interpretazione, già nella tradu-zione della Parola, e hanno realizzatoun nuovo affiatamento fra le diverseChiese. Qualche barriera è caduta, egli studiosi che hanno realizzato latraduzione sono decisi ad andare ol-tre. Lo ha detto al Papa il pastoreBertalot : «Guardiamo con grandesperanze al Signore che regge la sto-ria. La sua Parola può oggi ancoraraccogliere i dispersi, per farne il po-polo che in Lui solo spera» .

Con le parole d'oggi . Parola del Si-gnore ha trovato un altro motivo disuccesso nel tipo di traduzione realiz-zato : è davvero un Nuovo Testamento«in lingua corrente» . Lo hanno rile-vato i giornali intitolando i loro servi-zi : «La Parola di Dio con le parole dioggi» . «Il Nuovo Testamento alla

portata di tutti». Si è osservato chetanti cristiani hanno letto il NuovoTestamento tutto intero per la primavolta, perché trascinati dalla facilitàdella lingua .

Non è stata impresa agevole : tantitermini hanno cambiato di significato,e così diversa è la mentalità di chileggeva il Vangelo appena redatto e dichi lo legge oggi. Un esempio aiuta acapire. Nel testo greco si trova nume-rose volte il termine sarx, la cui tradu-zione più ovvia è carne ; ma-in tantis-simi testi, soprattutto di san Paolo,questo termine nella lingua italianad'oggi non fa più senso. Una tradu-zione letterale, in un punto della pri-ma lettera ai Corinti, dice «sapientisecondo la carne», invece la nuovatraduzione dice «sapienti dal punto divista umano». In altri casi essa hatradotto sarx con : tutti gli uomini, odebolezza umana, o i miei connazio-nali, o semplicemente con io. E questefrasi risultano finalmente comprensi-bili a tutti.

Il difficile per i traduttori è consi-stito nel rimanere fedeli al vero signi-

ficato del testo originale greco, maanche fedeli ai destinatari d'oggi. E sipuò dire che ci sono riusciti .Camminano per il mondo . Altri

motivi non trascurabili di successo : ilprezzo e i formati . I formati sono i piùvari, e i prezzi anche : dall'edizioneeconomica all'edizione regalo . C'è an-che il formato tascabile (lire 2 .000), ilformato normale a 2.500 (cartonatolire 4 .000), l'edizione per anziani concaratteri grandi a 4.000 (cartonato6.000), e l'edizione illustrata a 10 .000(cartonato 12 .000) . Ognuno trova ilsuo libro, e per questo lo acquista, lolegge, lo colloca nella biblioteca fami-liare, lo regala .

Il gruppo dei traduttori ha trovatoin questo buon esito un motivo in piùper lavorare con maggiore impegno .Gli sono giunte osservazioni e critichesul testo attuale, e proposte su comemigliorarlo. Lo faranno. Intanto si so-no buttati a capofitto in un'impresaanche più difficile : la traduzione del-l'Antico Testamento . La traduzionedel Nuovo aveva richiesto tre anni dilavoro, questa ne richiederà non me-no di cinque o sei . Ma ne vale la pena .

Anche perché la Parola del Signorein oltre 150 traduzioni simili a quellaitaliana, frutto sempre di collabora-zione interconfessionale, sta ora cam-minando per tutto il mondo .

Apostolato popolare . Questa feliceiniziativa di Chiesa ha trovato prontialla piena collaborazione i figli di DonBosco. Non solo è salesiana una delledue editrici, ma ha lavorato nel comi-tato di redazione come revisore dellatraduzione il salesiano don Mario Ga-lizzi, biblista del Centro Catechisticosalesiano. E anche questa traduzione«in lingua corrente» è in piena armo-nia con l'impegno di apostolato po-polare voluto da Don Bosco per i suoifigli. Quel Don Bosco che sosteneva lanecessità di rendersi popolari, di nonaver paura d'essere facili, che si face-va revisionare le sue prediche damamma Margherita (« Il Clavigero? -lo interrompeva la sua santa mamma-, Che roba è?», e insieme cercavanola parola comprensibile per tutti) .

Il 20 marzo scorso nella Sala delTrono, a consegnare la milionesimacopia al Papa, i salesiani della LDCerano forse il gruppo più numeroso . Igiornali che hanno riportato la notizia- preoccupati di elencare tutti i ve-scovi e monsignori cattolici e le per-sonalità equivalenti sul versante pro-testante - hanno sorvolato su questoparticolare, ma qui va riferito . Checioè i salesiani impegnati nella lavo-razione della Parola del Signore eranotutti democraticamente presenti da-vanti al Papa e ugualmente fieri di sé :dal direttore della LDC fino al coa-diutore che fa i pacchi .

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MESSICO

Ecco i tuoi figlidi Coacalco

C'è una collina appena fuori Coacalco : 25 anni fa isalesiani collocarono sulla cima una statua di Ma-ria Ausiliatrice, e ora hanno aggiunto una grandeCroce bianca . Ora la collina è suggestiva e ispira-

trice, come un giorno lontano il Golgota .

Coacalco sorge pochi chilometri a nord della capitaleCittà del Messico : è un piccolo centro agricolo sullesoglie dell'industrializzazione, con molti problemi di

sottosviluppo e situazioni di emarginazione. I Salesiani,presenti dal 1952 con una casa di formazione, sono impe-gnati nell'animazione della gioventù . Quel Golgota sugge-stivo che hanno realizzato sulla collina è ora un punto diriferimento spirituale : sostiene i fedeli nella dura lotta per lavita, e incoraggia non meno i salesiani nel loro apostolato .Ecco, in una relazione di Veronica Vidana, la singolare

storia della "collina di Maria Ausiliatrice ".

La "operazione formica" cominciò,e più di 300 persone - padri di fami-glia, giovani, donne e bambini - sali-rono fin sulla cima della "collina diMaria Ausiliatrice", appena fuoriCoacalco, per avviare la costruzionedella croce accanto alla statua dellaMadonna. Ciascuno portava qualcosadell'occorrente al nuovo monumento :mattoni, calce, cemento, sabbia,ghiaia, acqua . . . Poi un potente trattorecon tre viaggi trascinò fino in cima leparti pesanti della croce e il nuovopiedistallo per la Madonna . Poi ci vol-

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le quasi un mese di lavoro perché lazona fosse adeguatamente sistemata,collocato il basamento, e issata lacroce alta 8 metri e pesante 4 tonnel-late. Ora essa domina con le sue brac-cia aperte l'intera valle di Coacalco . Eaccanto alla croce, la statua di MariaAusiliatrice che copre col suo mantoprotettore tutti i fedeli dalla cima del-la sua collina.

Lo hanno notato subito : si sta ripe-tendo la scena suggestiva del Calvario .Si ha l'impressione che Gesù dall'altodella sua croce bianca dica a Maria :

L'hanno chiamata "operazione formica" : in più di 300, un giorno si presero sulle spalle i mattoni, lacalce, la sabbia, la ghiaia, e in fila come tante formiche portarono tutto su in cima alla collina .

«Donna, ecco i tuoi figli», e indican-dola a tutti noi che viviamo in questavalle : « igli, ecco la vostra madre» .

Da 25 anni l'Ausiliatrice ci proteggedall'alto della collina : da quando inovizi salesiani la portarono lassù il 24maggio 1954, e la collina che un temposi chiamava Xolo, d'intesa con le au-torità cominciò a chiamarsi "Cerro deMaria Auxiliadora" . Tanti giovani sa-lesiani su questa collina si sono in-contrati con la Madonna e hanno rin-novato il loro impegno di donazione aigiovani. Tanti fedeli di Coacalco, e deiborghi tutto intorno, sono venuti finquassù a chiedere l'aiuto di Maria . Daallora l'immagine della Madonna èpassata pellegrina di casa in casa, divillaggio in villaggio, portando alle fa-miglie un messaggio di pace e di vitacristiana. Da allora le feste della Ma-donna sono state partecipate con piùimpegno e affetto .

La statua collocata 25 anni fa è unbel blocco monolitico di granito . Ora èstato rinnovato il basamento, e c'è inpiù la bella croce bianca . Tutti hannodato la loro adesione all'iniziativa : lefamiglie, le associazioni, i gruppi gio-vanili, anche la locale squadra di cal-cio. E sono state giornate intense dilavoro, tanti si offrivano volontari,tanti hanno condiviso il sudore, lapolvere, il sole cocente. Anche i chie-rici salesiani lasciavano (magari vo-lentieri) i libri di filosofia e correvanosu perché i lavori finissero in tempo . Ildirettore della casa, padre Argeo Co-

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Ci sono voluti potenti carrucole, cavi robusti, e i calcoli di un ingegnere,

E il giorno della festa di nuovo le "formiche" tutte su verso la cima dellaper issare la croce e darle stabilità anche contro i venti dell'inverno .

collina, precedute dai vispi ragazzi del piccolo clero .

A benedire la croce e incoronare la Madonna nel giorno della festa fuchiamato il vescovo salesiano dei Mixes, mons. Braulio Sànchez .

rona, coordinava l'impegno di tutti,provvedeva all'acquisto del materiale,a chiamare i muratori . Un giovane in-gegnere del movimento giovanile sa-lesiano, Armando de la Rosa, fece ilprogetto e prese su di sé la responsa-bilità della costruzione (che dovevarisultare particolarmente robusta persopportare lassù da sola la furia deiventi invernali) . Alcuni padri di fami-glia procurarono le gru, i cavi, le car-rucole e tutto l'armamentario occor-rente per issare la croce. Ci vollero due

giornate di faticoso lavoro, perché lacroce fosse assicurata al suo solidobasamento .

Poi venne il vescovo salesiano deiMixes, mons. Braulio Sànchez, chebenedisse la croce e ornò il capo dellaMadonna con una nuova corona . Di-scorsi, canti, fiori, allegria, e i bambinidella prima comunione vestiti dibianco. Sette giorni dopo venne il ve-scovo locale mons . Samaniego, dapochi giorni eletto a capo della dioce-si, e volle mettere la diocesi sotto la

Da quel giorno tanta gente, e i salesiani con i loro ragazzi per primi, siarrampicano fin lassù per rendere omaggio a Gesù e alla sua mamma.

protezione di Maria Ausiliatrice . Sicantò il Magnificat con Maria, la ban-da musicale si fece onore, la sera ifuochi d'artificio . Quella sera siamotornati a casa con la gioia di sentireche la croce in cima alla collina era unsegno di benedizione per tutti noi, eraun richiamo costante a vivere secondole leggi della fede e dell'amore . E sisentiva che Gesù indicando gli abi-tanti di Coacalco a Maria le dicevacome un tempo : «Ecco i tuoi figli» .

Veronica Vidaiia

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REPUBBLICA DOMINICANA

Sessanta caseove passò il cicloneA Don Gregorio, dove il ciclone David aveva distrutto il paese, sonostate ultimate le prime case secondo il piano di ricostruzione lanciato

dai igli di Don Bosco e attuato con l'aiuto della popolazione .

Se le scadenze vengono rispettate- ma la voglia di ricostruire ètanta che forse vengono antici-

pate - le prime venti case per 40 fa-miglie sono già ricostruite . E così, do-ve il ciclone David aveva seminato ladesolazione, la vita si riorganizza. Lalocalità è un piccolo centro della Re-pubblica Dominicana a 60 chilometridalla capitale, dove i Salesiani e le i-glie di Maria Ausiliatrice avevanoamici: si trova sulla riva del mare inprovincia di Peravia, e porta il curiosonome di San Gregorio .

Solo 7 case indenni . La vicenda diSan Gregorio è cominciata dramma-ticamente il 31 agosto dell'anno scor-so, quando il ciclone David si abbattèrovinosamente - con raffiche di ven-to a 240 km orari - sulla RepubblicaDominicana (e 5 giorni dopo il ciclonerederic completò l'opera) . Il catacli-

sma lasciò dietro di sè 1 .200 morti, al-trettanti dispersi, e decine di migliaiadi senzatetto . I igli di Don Bosco, chedal 1934 lavorano per la gioventù diquesta piccola repubblica nel mar deiCaraibi, dettero subito il loro contri-buto di braccia e di mezzi per soccor-rere i sinistrati . Dalla capitale i sale-siani e i ragazzi più grandi dei collegi ecircoli giovanili si sono portati suiluoghi più disastrati aiutando a di-stribuire i primi soccorsi. Avendo aDon Gregorio dei giovani amici, ra-gazzi che sovente partecipavano alleloro iniziative come la Pasqua giova-nile, i salesiani andarono a trovarli .

Di 351 case, solo 7, le più solide,erano uscite indenni ; 163 erano statefortemente danneggiate, 181 distrutteo talmente squassate che occorrevademolirle . Di molte case era rimastosolo il pavimento : spariti i tetti, dellemura qualche rudere alla base, porte efinestre scaraventate chissà dove dal-la furia degli elementi . E naturalmen-te le case più danneggiate erano quel-le più fragili, quelle dei più poveri. Ilcentro era abitato da 2 .600 persone,gente abituata alla fatica e alla soffe-renza, agricoltori e pescatori che vi-vevano del duro lavoro delle loro ma-ni. E avevano perso tutto. Stavano

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ammucchiati in rifugi di fortuna,aspettando un po' di cibo dagli entiassistenziali .

Il 13 settembre il Consiglio Ispetto-riale salesiano si riunì a Santo Do-mingo, e prese la decisione : si sarebbemobilitata la famiglia salesiana perricostruire in Don Gregorio quantepiù case possibili . Ci voleva concre-tezza e senso pratico, e perciò l'inizia-tiva è stata affidata all'economoispettoriale padre Jesús Pérez . Pochigiorni dopo, i suoi dépliant e le suefotografie giravano già il mondo, elo-quentissime .

Un ufficio per lo sviluppo. Sapendoche non meno importante era la rico-struzione morale di quella piccola co-munità, si cercò di coinvolgere il piùpossibile nell'iniziativa gli abitanti .Così è stato formato un "Ufficio svi-luppo della comunità", che ha prepa-rato i piani e ora sorveglia i lavori eretribuisce le maestranze . Al progettodi ricostruzione fu dapprima asse-gnato il traguardo di 30 case, per 60famiglie . Le case sarebbero costate1 .800 dollari l'una (poco più di un mi-lione e mezzo di lire), grazie all'acqui-sto all'ingrosso del materiale, e alla

mano d'opera generica fornita gratisdalla stessa popolazione .

Venne lanciato l'appello, e i primiaiuti cominciarono ad arrivare . DallaRepubblica Dominicana, da enti in-ternazionali, dalle più varie parti delmondo. Molti arpici di Don Boscohanno contribuito, anche dall'Italia .Tutto fu depositato presso una cassadi risparmio, a formare un fondo con-sistente. Visto il buon esito dell'inizia-tiva, il 22 novembre si scavavano lefondamenta per le prime due case, il25 per altre, e il 26 si collocavano iprimi blocchi per i primi muri. Sonocase modeste, di tre ambienti più ser-vizi per famiglia, ma a prova di ura-gano. Si costruisce l'essenziale, la-sciando a ciascun nucleo familiare dicompletare le rifiniture secondo ilproprio gusto .

Il progetto è stato raddoppiato . Leiniziative concrete intraprese hannomesso in movimento un po' tutti . E'sorta un' « Associazione cristiana dellagioventù » che persegue un progetto di«sviluppo integrale della comunità»puntando sui valori sociali e spirituali .Lavora a suscitare senso di responsa-bilità nell'assolvimento degli impegnicomuni, coordina le attività economi-che; e poiché tanti giovani di DonGregorio vorrebbero fuggire nei sob-borghi intasati della capitale, cercaposti di lavoro ai giovani disoccupati .Insomma la vita riprende a Don

Gregorio. Le prime 20 case dovrebbe-ro essere già ultimate. E il progetto,che inizialmente comprendeva 30 ca-se in tutto, grazie agli aiuti raccolti èstato raddoppiato : ci sono i fondi percostruire 60 case, per 120 famiglie. Mai salesiani e la gente del posto vorreb-bero fare di più : guardano alle 181case andate distrutte, e si dicono cheraddoppiare non basta . V.

Una delle 60 case . Dove è passato il ciclone ora passa una forza ancora maggiore : la solidarietà .

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Pistole, coltelli, bastoni, veleno : le armi usate in varie circostanze da assassini prezzolati peruccidere Don Bosco, in una ricostruzione del fotografo Leonard Von Matt .

Scopo : tor di mezzoil nostro Don BoscoRacconta lo storico salesiano Eugenio Ceria che cent'anni fa esatti«ben due attentati, forse connessi tra loro, vennero orditi dai settari

per tor di mezzo violentemente il nostro buon padre Don Bosco»

2E

noto l'atteggiamento assuntonel secolo scorso dalla masso-neria nei confronti della Chie-

sa, non solo in Italia. In Torino i "set-tari' sopportavano male il fascino cre-scente di Don Bosco, e lo contrastava-no più che potevano. Giunsero a col-locare giovani di loro fiducia nell'Ora-torio per controllare quanto vi accade-va e organizzare campagne di stampacontro Don Bosco. Giunsero a decre-tare la sua morte violenta : un attentatoavvenne nel giugno 1880, forse ancheun secondo nel dicembre dello stessoanno ebbe i massoni per mandanti .Così le "Memorie Biografiche " di DonBosco raccontano quei malinconicifatti, oggi appena credibili .

Il primo colpo gli doveva essere vi-brato in una delle ultime settimane digiugno da un exallievo dell'Oratorio,che si chiamava Alessandro Dasso eche viveva in Torino . Si presentò eglialla portineria chiedendo di parlare aDon Bosco . Essendo pratico della ca-sa, ne trovò da sè la stanza, nella qualefu introdotto . Aveva gli occhi stravoltie sembrava un uomo astratto epreoccupato di tutt'altro che di chi glistava davanti. Don Bosco lo accolsecon la solita amorevolezza ; ma poichéil giovanotto taceva e un'agitazionecrescente pareva metterlo in orgasmo,egli domandò : «Che cosa vuoi da meParla! Lo sai che Don Bosco ti vuolbene». Egli allora si gettò in ginoc-chio, ruppe in lacrime, e singhiozzan-do gli narrò la brutta storia .Io sono perduto. Il giovane si era

STORIA SALESIANA * DUE ATTENTATI NEL 1880

ascritto alla massoneria; la setta ave-va condannato Don Bosco alla morte ;dodici uomini erano stati estratti asorte ; dodici individui dovevano suc-cedersi con quell'ordine, a eseguire lasentenza. «A me è toccato di essere ilprimo, proprio a me! E sono venutoper questo! . . . lo non farò mai un'azio-ne simile . Mi tirerò addosso la ven-detta degli altri ; svelare il segreto è lamia morte, io sono perduto, lo so : maio uccidere Don Bosco, mai! » Ciò det-to, trasse fuori l'arma nascosta e lascagliò a terra .

Don Bosco lo rialzò, cercò di cal-marlo, di rassicurarlo, ma tutto fuinutile: il poveretto uscì a precipiziodalla camera, come chi sia spinto daforza misteriosa verso l'abisso . DonBosco scrisse subito un biglietto alpadre, uomo assai prudente, invitan-dolo d'urgenza all'Oratorio, dove gliconfidò ogni cosa . Ma suo figlio, stra-ziato dai rimorsi, il 23 giugno, si buttòvestito nelle acque del Po. Le guardiedaziarie, ghermitolo in tempo, lo con-segnarono a due poliziotti, che lo me-narono a casa sua . Di lì a due giorni ilpadre scrisse a Don Bosco per rac-contargli l'accaduto e invocare soc-corso. «Reverendo padre dei figli tra-viati - gli diceva - alla sua inesauri-bile carità, raccomando mio figlio» .

Don Bosco rivide più volte questopadre disgraziato, col quale concertòla maniera di ridurne il figlio sul buonsentiero, sottraendolo in pari tempoalla vendetta dei complici . Infatti, do-po averlo largamente soccorso, gli

potè agevolare la fuga all'estero, pro-curandogli un asilo sicuro, in cui vissesconosciuto fino al termine dei suoigiorni .

"E' questo l'arnese?" II secondoattentato avvenne in forma più tragi-ca, nel dicembre successivo . Un gio-vane sui venticinque anni fece visita aDon Bosco, che gli accennò cortese-mente di sedere accanto a sé sul diva-no. Aveva una faccia che fin dalle pri-me ispirò ben poca confidenza ; spe-cialmente gli lampeggiava negli occhiun che di sinistro, che consigliò subitoa Don Bosco di mettersi in guardia e disorvegliarne le mosse . Un mal repres-so nervosismo lo agitava . Così sedutoparlava, saltando di palo in frasca, ta-lora scaldandosi e gesticolando a gui-sa di un esaltato . Ed ecco nell'agita-zione scivolargli di tasca sul divanouna piccola rivoltella a sei colpi . DonBosco, senza che egli se n'avvedesse,destramente vi pose la mano sopra eadagio adagio se la intascò . Quegli nelsuo inconcludente parlare era ancheuscito in frasi provocanti, quasi aves-se voglia di attaccar briga. A un certopunto gira fulmineamente gli occhiintorno, caccia la destra nella saccoc-cia, fruga e rifruga con segni di mera-viglia e di dispetto, balza in piedi, os-serva di qua e di là, e non sa darsipace .Don Bosco pure si era alzato da se-

dere e, mentre l'altro continuava nellesue frenetiche ricerche, con tuttatranquillità gli domandò : «Che cosacerca, signore?» «Avevo una cosa,qui, in tasca. . . Chi sa come . . . Ma dovesarà andata?»Don Bosco, avvicinatosi rapida-

mente all'uscio e portata la sinistraalla maniglia per essere pronto adaprire, puntò l'arma contro di lui esenza scomporsi gli disse : « E' questol'arnese che cercava, non è vero?»

A tal vista il ribaldo restò di sasso ;poi voleva impadronirsi della sua ri-voltella. Ma Don Bosco in tono ener-gico gl'intimò : «Orsù, esca subito diqui! E Dio le usi misericordia! » Inquella aprì l'uscio, e ad alcuni cheerano nell'anticamera disse di ac-compagnare il signore in portineria .L'assassino esitava ; ma Don Bosco glireplicò : « Esca, e non ritorni più! » i-nalmente uscì .

Due della casa, che capirono di chesi trattava, lo accompagnarono finsulla strada, dove lo attendeva ungruppo di giovinastri che parlavanosottovoce presso una carrozza . Com-preso che il colpo era fallito, partesaltarono sulla vettura che in un bale-no disparve, e parte batterono i tac-chi ; l'amico mogio mogio proseguìper via Cottolengo . . .

IE

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Gigante con piedi enormi3, e barba lunga fino a terra

«Avevo strappato il permesso dipartire per le missioni a 41 anni, ab-bandonando tanti amici . Ero appenaarrivato in Venezuela dove conoscevonessuno, quando sentii uno che dice-va in spagnolo (credendo che non ca-pissi): "Se lo hanno mandato qui, èperché non sapevano che farsene là" .E' stata una coltellata . Ho mandatogiù a denti stretti, ho offerto l'umilia-zione al Signore . Ma è stata dura» .

Così è cominciato alla fine del 1951il rude tirocinio missionario di donCocco, appena sbarcato oltre oceano .Aveva chiesto di lavorare in mezzo aiprimitivi, e lo mandarono nell'AltoOrinoco, nel Vicariato apostolico diPuerto Ayacucho che da una ventinad'anni la Santa Sede aveva affidato aisalesiani .Il Vicariato è enorme (175 mila

kmq., più di mezza Italia) ma contapoco più di 40 mila abitanti . Laggiù infondo, dove l'Orinoco nasce, ci sonogli indios Yanomami, un po' di qua eun po' di là del confine col Brasile . Equanti siano di preciso non si sa,perché la foresta ancora nascondegruppi restii a farsi incontrare . Ma lì aPuerto Ayacucho, centro del Vicaria-to, è facile contarsi : ci sono i creoli

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Alto Orinoco 1951-1974 : cinque anni per ambientarsi, e poi 17 anni nella capanna tra gli indiosvestiti di aria e di sole. Confesserà nel suo libro di studi etnografici: «Per i miei bravi indios ho

dato tutto; e se dovessi nascere un'altra volta, darei di nuovo tutto per loro»

(discendenti di immigrati europei), gliindigeni acculturati, i meticci . Un pri-mo assaggio di ciò che don Cocco èvenuto a cercare.

Nel '54 lo mandano a San ernandode Atabapo, che è la postazione allorapiù avanzata lungo il fiume Orinoco,un centro di 500 abitanti, o megliopionieri . Più in là, lungo il fiume, sispingono solo i commercianti che coni barconi vanno a fare il carico di le-gname o banane, facendosi aiutaredagli indigeni. Li ricambiano conqualche specchio, amo da pesca, ma-chete (il temibile spadone con cui ci siapre la strada nella foresta, si uccido-no gli animali selvatici, e quando oc-corre si accoppano i nemici) . A fineanno don Cocco è stremato, l'impattoè stato troppo duro, rientra a Caracas .Un anno di lavoro tranquillo in col-legio, ma appena ha tempo lui corre alCoche, una zona di periferia. Lì c'è unmercato popolare e un sacco di pove-racci. Parroco senza parrocchia, cele-bra sulla piazza o in un capannone,diventa l'amico di tutti gli sradicati .Ma nel '56 è di nuovo al centro dellamissione : è direttore della scuola, cheha un internato per indietti orfani .L'anno dopo è anche parroco . Ma nonfinirà l'anno : i Guaicas o lyewei-teri,della tribù degli Yanomami, lo aspet-tano nella foresta .

Vestiti di aria e di sole . «Ai primi diluglio 1957 - ha raccontato don Coc-

co - il mio vescovo mons . García michiama insieme con don AlfredoBonvecchio, economo del collegio, e abruciapelo ci propone: "Se ve la sen-tite, fate una puntata esplorativa nellaregione dei Guaicas, e vedete se ci so-no possibilità di fondare una missio-ne. Poi tornate e mi riferite" .« Io guardai don Bonvecchio, don

Bonvecchio guardò me . Ci fu suffi-ciente quell'occhiata . Risposi : "Seproprio vuole. . .", ma il cuore miscoppiava per il desiderio di correrefinalmente tra quei primitivi» .

I due missionari prepararono concura la spedizione. Un negoziante dilegname e il cacico di un gruppo diindigeni acculturati si apprestavano arisalire l'Orinoco, e i due si unirono aloro . La navigazione fu tranquilla ; lasera del 24 luglio giunsero all'angoloformato dalla confluenza dell'Ocamo .In quel punto sorgeva una capanna, e30 indios sembrava li aspettassero .«Erano vestiti di aria e di sole, agita-vano gli archi e le lunghe frecce dicanna. Notai la statura piccola diquesti aborigeni, il labbro inferioresporgente, la testa tonsurata . Guarda-vano in tono di timida curiosità . Sem-brava ci chiedessero : "Che cosa voleteda noi? Avete almeno portato moltaroba?" ; e di fatto scesero nella barca,la ispezionarono per bene, e sembra-rono soddisfatti nel vedere la granquantità di oggetti che speravano di

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IN MEMORIA DI DON LUIGI COCCO * 2a PARTE

ricevere in dono . . . » .Sembrava anche che dicessero :

«Rimanete con noi», e - aggiungedon Cocco - «noi accettammo quel-l'invito. Don Bonvecchio preferì dor-mire all'aperto . Io osai dormire nellagrande capanna. Dormii così la miaprima notte sotto il povero ma gene-roso tetto dei Guaicas, avvolto nellamia amaca, tra le volute di fumo chesalivano dai loro braceri . Notte indi-menticabile, piena di timori, sorprese,strani rumori, sogni interrotti . . . Ilmattino seguente celebrammo lamessa, la prima messa fra gli Yano-mami dell'Alto Orinoco» .L'indomani proseguirono . Quel

viaggio d'ispezione durò 28 giorni, altermine i missionari avevano distri-buito tutti i loro doni (forbici, coltelli,fiammiferi, machete, pantaloni, ca-micie); avevano fatto amicizia con seigruppi di indios, si erano impegnati -con i gesti - a tornare . E il cacico delprimo gruppo incontrato a sua voltaaveva promesso - con i gesti - che"nel tempo di una luna" avrebbe co-struito una capanna per loro .

u di parola : il 15 ottobre i duemissionari erano di nuovo là, decisi afermarsi, e la loro capanna era quasiultimata . Ripresero tutti con lena illavoro, alla capanna aggiunsero an-che una chiesetta, e battezzarono quelluogo col nome solenne di Santa Ma-ria de los Guaicas . Lì don Cocco sa-rebbe rimasto, salvo brevi interruzio-ni, per 17 lunghi anni .

Li vedo infelici . Il villaggio comin-cia a crescere . Giungono altri Guaicas,si fanno case più solide, si semina, sialleva qualche gallina . Il Vescovomanda una dinamo, degli amici man-dano strumenti per una piccola fale-gnameria . Ci sono altri gruppi di in-dios intorno, e i missionari vanno ametter su una capanna fra loro : una aPlatanal, una a La Esmeralda (oggisono piccoli centri missionari) . E cosapiù importante : i missionari a poco apoco imparano la lingua .

Qualche incauto pensatore di altritempi aveva avanzato l'ipotesi del sel-vaggio felice, nel paradiso terrestredella natura incontaminata . Lì la na-tura è incontaminata, ma è quasi uninferno. «I miei Guaicas, io li vedocertamente infelici . E' gente che crepadi fame, che piange per le morti con-tinue. Il loro mondo è dominato daspiriti che sono nell'aria e nelle cose, eche possono fare del male ; per questohanno sempre paura . Le donne nonsono padrone dei loro affetti, sonodestinate fin da bambine a sposare unuomo che non hanno scelto . In certecircostanze non hanno letteralmentenulla da mangiare . Quando la siccità

impedisce la maturazione delle bana-ne, non hanno altre risorse e i più de-boli muoiono di fame» .

La vita della foresta è dura per tutti,anche per i missionari. Nelle acque cisi imbatte in pesci carnivori comel'aimara, il paxara, e nei caimani lun-ghi 4 metri . Ci sono i serpenti anacon-da, anch'essi nell'acqua, lunghi fino a10 metri. Sulla terra il serpente boa, eil terribile quaimapina . . .

E la malaria . Un vero flagello, concui don Cocco impegna una lottaspietata (e alla fine soccomberà) . Lamalaria indebolisce gli indios, stroncai più deboli . Ci vorrebbero quintali dichinino .

Nel febbraio del '59 il male colpisceancora don Cocco : un calcolo renalecosì violento che sviene. Quando ria-pre gli occhi, trova i suoi Guaicas tuttiintorno a lui, che gli soffiano addossoper liberarlo dagli spiriti cattivi . Inqualche modo riesce a ricoverarsi aCaracas, subisce una prima operazio-ne (ne subirà varie altre), e poi torna .

Ragazzo Guaica con pappagallino addomesti-cato. Nella pagina accanto, don Cocco, le trecoraggiose MA della missione, alcuni Guai-cas, e un anaconda ormai non più pericoloso .

Ma quello svenimento è stato per luiprovvidenziale, perché gli ha permes-so di sapere che tra gli indios puòcontare su un amico per la pelle .L'amico Abbe. Chi più soffiava per

cacciare via gli spiriti era lui, Abbe lostregone. Ciò faceva parte della suaprofessione, ma era anche segno dellasua amicizia .Ha raccontato don Cocco : «Dalle

varie parti qua attorno, se qualcuno siammala lo portano subito da lui,perché lo insuffli. E se non basta sof-fiare, ricorre a grida, urla, minacce,

colpi, a tutto ciò che secondo lui puòspaventare gli spiriti e cacciarli via» .La cultura medica dei Guaicas è tuttaqui : « Se un indio si ammala o muore oresta vittima di una disgrazia, è certa-mente perché un suo nemico gli hasoffiato in corpo uno spirito cattivo,causa di ogni male. Il compito dellostregone consiste allora nel toglieredal corpo del malato, o allontanaredalle vicinanze di casa sua, questospirito». In realtà «dissenteria, costi-pazioni fortissime, malaria, sono lemalattie più comuni fra questa poveragente, e fanno vere stragi specie tra ibambini» .

Perciò don Cocco si è messo anchelui a curare, ma «da principio fu im-possibile somministrare medicine pervia orale : neppure una semplice pa-stiglia riuscivano a ingoiare o ritenere .Non mi rimaneva che provare con leiniezioni . Ma se le sarebbero lasciatefare? u proprio il mio amico Abbeche anche senza volerlo mi risolse ilproblema» .Andò così . Da cinque giorni Abbe

stava soffiando e facendo scongiuri suun povero malato ridotto a pelle e os-sa; alla fine, sconfortato, lo aveva ab-bandonato al suo destino . « Abbe,perché non annusi il yopo e non soffi,oggi?» Il yopo è una sostanza alluci-nogena. Rispose : «Perché lo spiritoche tiene Posicagua è maligno, non sene va». Allora don Cocco tirò fuori lasiringa. «Perché non tenti ancora? Tusoffi, e io con questo ago lo punzec-chio : chissà che lo spirito non si spa-venti». Abbe accettò la collaborazio-ne; soffiò e urlò per tre ore, poichiamò don Cocco che amministrò almalato una buona dose di canfoeme-tina. L'indomani l'ammalato era mi-gliorato . Da allora Abbe cura i suoipazienti con la collaborazione delmissionario, e la sua fama di guaritoreè molto aumentata . « Unica difficoltà- precisa don Cocco - è questa : farcomprendere che non è necessariofare l'iniezione nella parte malata .Perfino nell'occhio qualcuno preten-deva che piantassi il mio ago! »

Abbe è fiero della missione . Se arri-vano indios di altre tribù, si trasformain cicerone. « Li porta a vedere le gal-line, i conigli, il gatto, spiega come sala luce delle lampadine elettriche e lamacchina che taglia la legna, e poi favedere l'ombrello : stare sotto il pa-racqua è la sua felicità .

Ebbene Abbe, il giorno in cui donCocco svenne, al risveglio lo confortòcosì: « Ora tu muori perché sei pallido,freddo e sudato . Tu non hai parentiqui fra noi, ma sta' tranquillo: noi tivogliamo molto bene e non ti abban-doniamo. Già abbiamo combinato: tibruceremo con molta legna e mange-remo con grosse banane le tue ceneri

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tutti quanti insieme, come se fossi unparente nostro » . E questo lo dicevacon tanta dolcezza, e insieme contanto dolore, da non lasciare il mini-mo dubbio sulla sincerità del suo af-fetto .

I ricordi di suor Maddalena . I gior-ni passano all'apparenza monotoninella foresta . Don Cocco ha una lungabarba sempre in tempesta, i piediscalzi nelle ciabatte, e un eterno sorri-so. Nel 1960 si stabiliscono a SantaMaria de los Guaicas tre iglie di Ma-ria Ausiliatrice, e la missione cambiavolto. Le donne Guaica trovano nellesuore un aiuto provvidenziale, impa-rano un'infinità di cose ; i bambini so-no più accuditi, crescono sani e amati .

«I primi tempi furono duri - hariferito suor Maddalena Mosso chepassò nove anni accanto a don Cocco-, ma le tante difficoltà furono supe-rate dalla sua grande fede, dalla suasperanza che confinava con il cielo .Nel silenzio della notte, sotto le ma-gnifiche stelle fitte fitte, che in quelcielo terso sembravano a noi così vi-cine, vedevo padre Cocco con la suabarba incolta penetrare nella piccolacappella che aveva costruito con fan-go e paglia. Aveva una candela in ma-no, andava a pregare . Mentre nellecapanne tutti dormivano, don Coccopregava per i suoi indios, per noi, pertutti» .

Suor Maddalena ricorda la sua po-vertà : « Era povero come i suoi indios .Quando gli occorreva qualche capo divestiario lo cercava nei cassoni dove siriponeva quanto era stato donato pergli indios. Nella sua povera capanna,testimone di tante privazioni e sacri-fici, quando noi arrivammo non avevaancora il letto : dormiva per terra .Quella stanza gli serviva per tutti gliusi : ufficio, sala da pranzo, camera daletto, deposito per gli indios .Ricorda ancora suor Maddalena :

«L'ordine - eccetto che nelle idee -non era la sua dote principale, ma sa-peva trovare sempre e subito quantooccorreva. Passava lunghe ore inmezzo alla sua gente assediato da lo-ro ; tante volte l'ho visto mangiare conlo stregone. Alla missione tutti pote-vano accedere con libertà di spirito ; anessuno veniva chiesto qual era il suocredo religioso, e tutti venivano ac-colti sempre con identico amore : in-dios, studiosi, turisti . Estremamentepratico, con poche parole sapeva do-minare le situazioni più difficili .« Don Cocco - ha testimoniato an-

cora suor Maddalena - era stimato eapprezzato non solo dagli indios chetanto lo amavano, ma anche dalle au-torità, civili e religiose, vicine e lonta-ne, e dallo stesso Presidente della re-pubblica. Dopo le visite di personaggiillustri, si sentivano sempre espres-

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4. Questi i Guaiscaso figli della luna

Il nome . Guaica nella loro lingua si-gnifica guerriero ; ma è nome improprio,usato dai bianchi per indicare una partedegli aborigeni dell'Alto Orinoco . Ilgruppo etnico a cui appartengono è latribù degli Yanomami (probabile signifi-cato: casalingo, amico della casa, checostruisce e abita la casa) . Una lorosotto-tribù è quella degli Iyewei-teri (let-teralmente, gente del torrente insangui-nato) : il nome Guaica viene applicato auna parte di questa sotto-tribù .Quanti sono . Gli Yanomami risultano

circa 40 .000 ; un quarto di essi fannoparte della sotto-tribù degli lyewei-teri .

Dove vivono . Gli Yanomami occupanouna zona di circa centomila kmq, partein Venezuela e - parte in Brasile .

Caratteristiche. Si tratta di una popo-lazione mongolide : gli occhi denotanouna marcata plica mongolica, il naso èpiuttosto schiacciato, mai grande . Por-tano i capelli a caschetto, e una grandetonsura circolare (che realizzano conaffilati steli di bambù) . Di indole sono

sioni piene di ammirazione. Ricordol'ambasciatore d'Italia in Venezuela,venuto fino a noi ; se ne andò dicendo :"Di questa visita avrò un ricordo gra-to, una luce che mi accompagnerà pertutta la vita "» .

Un fucile rotto e un piccolo forno .Non che don Cocco fosse l'arrende-volezza in persona, tutt'altro . Ricordasuor Maddalena : «Lottò sempre con-tro ogni ingiustizia di cui fossero vitti-me i suoi fratelli Guaicas . Li vedevadeboli e sentiva il sacro dovere diproteggerli : se qualche volta lui cosìmite fece la voce grossa, era la voce diun popolo che gridava attraverso alui». E racconta di un commerciantedi banane che fece fare la raccolta deifrutti agli indigeni, e dopo aver riem-pito la barca li ripagò con un fucilerotto. «Padre Cocco fece scaricaretutto, controllò ogni cosa, e li fece ri-munerare in maniera adeguata . Rim-proverava quel commerciante : "Sia-mo noi che dobbiamo esercitare lagiustizia . Loro non sanno . Non ingan-niamoli!"»

Ma suor Maddalena ricorda soprat-tutto il suo modo di fare disarmante :« Don Cocco a volte otteneva quantoumanamente sembrava impossibile .Noi desideravamo un piccolo forno,per confezionare un po' di pane . Ciinformarono che una famiglia di ita-liani a Caracas ne aveva uno e inten-deva venderlo ; don Cocco in una visi-ta a Caracas andò a trovare quella fa-miglia. Che cosa abbia detto, norr loso ; so che gli risposero : "Torni doma-

piuttosto diffidenti, ma fatta amicizia sirivelano arrendevoli, calmi, tranquilli .Consuetudini . I Guaicas si costrui-

scono una casa rudimentale consistentein un tetto spiovente di legno e foglieintrecciate, sostenuto da pali . I tetti ven-gono addossati l'uno all'altro lungo unalinea ovale, e tutti insieme formano il sa-pono o villaggio .

I Guaicas vivono di caccia e pesca, edi frutta (soprattutto banane) che rac-colgono senza coltivare . Cacciano conarchi e frecce, le cui punte sono di legnoindurito al fuoco, e avvelenate. abbri-cano pentole coniche, a forma di cam-pana rovesciata : le fissano al suolo eaccendono il fuoco attorno .

anno uso di tabacco e di sostanzestupefacenti. Collocano il tabacco inbocca senza masticarlo, tra la gengiva eil labbro inferiori . Usano inalare il yopo(sostanza allucinogena, ricavata dallapianta omonima) su per le narici, permezzo della cerbottana ; il primo effettodello yopo è vomito e perdita dei sensi ;subito dopo, uno stato di euforia .

Amano dipingersi il corpo con arabe-schi e geroglifici colorati, che disegnanocon grande abilità sulla pelle . Praticanola poligamia, uccidono i bambini gracili,e uno dei due gemelli .

ni, e vedremo di combinare" . L'indo-mani tornò, e la signora : "Padre Coc-co, sapesse. Mio marito da tanto tem-po era lontano dalla Chiesa . Ma dopoche ha parlato con lei, è andato aconfessarsi e ha fatto la comunione .Padre Cocco, il forno lo prenda, glieloregaliamo"» .

Pare Koko è un gigante . Nel 1968arrivò a Santa Maria de los Guaicasuna spedizione di studiosi italiani,guidati dal prof. Paolo Vercellone . Laspedizione si chiamava "Ocamo '68"perché intendeva risalire questo af-fluente dell'Orinoco fino alle sorgentie prendere contatto con i gruppi diprimitivi ancora sconosciuti che vive-vano in quel bacino. Le difficoltà ri-sultarono superiori al previsto, nonultima un attacco di malaria che tennedon Cocco inchiodato a letto per di-versi giorni . Le sorgenti non furonoraggiunte, ma i primitivi sì : furonoincontrati cinque gruppi che non ave-vano mai visto un uomo bianco .

« Sono piccoli gruppi di circa centoindividui ciascuno - ha riferito ilprof. Vercellone -. Sono disseminatinella selva e sui monti, alcuni sullariva dei fiumi . Hanno tra loro rapportisporadici che il più delle volte si con-cretano in guerra, sport nazionale diquesti indios. Dire che sono all'etàdella pietra è una inesattezza : infattinella selva non hanno pietre, e nonconoscono altro strumento salvo identi degli animali, i rami, le liane» .Anche se quegli indios non avevano

mai visto don Cocco, ne avevano però

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Religione . I guaicas hanno un'idea diDio embrionale e confusa. Si ritengonofigli della luna . Credono nell'esistenzadell'anima e nella sua sopravvivenzanell'aldilà, con premi e castighi . La virtùper eccellenza è la generosità, il peccatopeggiore l'avarizia .

Bruciano i cadaveri e ne mangiano leceneri impastate con polpa di banana : èquesta la condizione perché l'anima deldefunto lasci in pace i vivi sulla terra evada a raggiungere l'aldilà . Qualcuno hadetto che «i Guaicas vivono per man-giare e muoiono per essere mangiati»,ma è un giudizio superficiale . In realtàessi hanno un mondo spirituale ricchis-simo. Gli insegnamenti della loro vitamorale e sociale sono racchiusi sottoforma di miti molto belli e originali .

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sentito parlare e subìto il fascino .«Pare Koko pei-masci paca!», diceva-no. E cioè « Padre Cocco è un gigantecon i'piedi enormi» . Non solo, ma «èalto come un albero, e si trascina die-tro una barba lunga fino a terra» . Nelriferire questo ritratto singolare, lostudioso Paolo Henry della spedizioneOcamo spiegava : «Non si può distin-guere fino a che punto ci credano sulserio, e fino a che punto sia un loromodo di dire. La logica di quei popoliha un rapporto con la realtà molto di-verso dal nostro » .

Il bilancio. I giorni passano all'ap-parenza monotoni ; gli episodi si suc-cedono e si dimenticano . La malariainfierisce anche contro don Cocco, lasua salute scricchiola . Ogni tanto egliscende a Caracas, si mette nelle manidei medici, sotto i ferri dei chirurghi,alla fine le operazioni subite sarannosette.

Nel 1972 facendo il bilancio dellasua presenza tra i Guaicas scriveva :«Sono riuscito a stabilire tra loro una

residenza fissa di MA, che sono so-relle, mamme, infermiere, catechiste,tutto (credo sia la cosa più concretache sono riuscito a realizzare). Poi hocostruito un campo di aviazione, per-mettendo un contatto rapido e co-stante col mondo civilizzato (i malatigravi riescono a raggiungere gli ospe-dali di Caracas in aereo; in caso diepidemia i medici e le medicine pos-sono arrivare con rapidità) . Recente-mente abbiamo costruito un dispen-sario e una scuola, che cominciano adare i primi frutti . . . » . Nel suo elenco direalizzazioni don Cocco ha dimenti-cato di dire che i Guaicas hanno fi-nalmente trovato qualcuno che liama .

Due Guaica si soffiano nel naso, attraverso la lunga cerbottana, un allucinogeno in polvere : il yopo.

Mio compito fu seminare~ . altri raccoglieranno

« Parlando con don Cocco - scrisselo studioso Paolo Henry della spedi-zione "Ocamo '68" -, la prima cosache balza agli occhi è che quando dicenoi non intende dire noi europei, o noibianchi, o noi preti. Dice noi yanoma-mi, noi guaicas . Con un'identificazio-ne totale che le prime volte ci facevasorridere, poi ci stupiva, poi ci com-muoveva» .

Rosa-rosae a 18 anni . Il suo primoatto d'amore verso i suoi indios fu distudiarli a fondo, con pazienza e at-tenzione, per capirli . E «nel suo amo-revole lavoro don Cocco divenne -senza saperlo - uno scienziato»(questo riconoscimento è di PietroScotti, dell'Università di Genova) .Davvero scienziato, in grado di discu-tere da pari con gli etnologi che anda-vano a trovarlo, in grado di scriverelibri che ora fanno testo .

Eppure . . . se mai c'era qualcuno al-l'apparenza negato alla ricerca scien-tifica, doveva essere lui . Dopo le ele-mentari aveva interrotto gli studi percinque o sei anni, quanto basta di so-lito perché certi ingranaggi si arruggi-niscano per sempre . A 18 anni comin-ciò a sillabare il rosa-rosae del primolatino, ma era tardi. Durante la pre-parazione al sacerdozio si lamentava :«Trovo difficoltà nello studio, e miscoraggio . . . Non devo farlo, ma confi-dare nel Signore . Procurerò di occu-par bene il tempo, ricordando che la-voro per il Signore » .

Trovò difficile imparare lo spagno-lo, a volte commetteva errori che su-scitavano benevola ilarità . A Caracasin un'omelia annunciò ai fedeli che ilPapa era stato colpito da una malattiae che bisognava pregare per la malat-tia del Papa. Malattia in spagnolo sidice enfermedad, mentre "mala tia"- come dovevano intendere i suoiuditori - significa "cattiva zia" . Così ifedeli se ne uscirono di chiesa preoc-cupati che il Papa venisse colpito dauna cattiva zia, e persuasi che biso-gnava davvero pregare per questacattiva zia del Papa .

Ma nel 1973 usciva in spagnolo ungrosso volume di 500 pagine intitolato"Iyewei-teri, 15 anni tra gli Yanoma-mi", a firma Luigi Cocco . Capitavanelle mani di un etnologo di famamondiale, il francese Jacques Lizot,che stupefatto lo inviava sul tavolo delre degli etnologi Claude Lévi-Strauss .

L'elogio di Lévi-Strauss. Poco dopodon Cocco riceveva questa lettera :«Stimato padre, Jacques Lizot di ri-torno da Caracas mi ha consegnato ilsuo libro. Da quel momento non misono stancato di ammirare quest'ope-ra, le sue illustrazioni di straordinariaricchezza, la quantità prodigiosa diinformazioni etnografiche che unapermanenza di quindici anni fra gliYanomami le ha permesso di mettereinsieme .

« E' un vero tesoro scientifico che leimette a disposizione degli etnologi,una summa paragonabile all'operache un altro membro del suo ordine, ilpadre Cesare Albisetti (del quale mionoro di essere amico), ha realizzatocon la sua "Enciclopedia Bororo" .Ancora una volta i salesiani dannoprova dello spirito scientifico che lianima, e del rispetto col quale sannotrattare le società dove svolgono il lo-ro ministero . Il suo libro trova postofra i grandi testi dell'etnografia sud-americana : resterà come un classicodei nostri studi . . . » .

Quanti studiosi si accontenterebbe-ro della decima parte di questo elogiodi Lévi-Strauss . Ma don Cocco nonaveva ambizioni in questo campo .Tradusse il libro in italiano (è pubbli-

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cato dalla editrice dell'università sale-siana, sotto il titolo "Parima, dove laterra non accoglie i morti", e continuòtranquillo a lavorare per i Guaicas .Non sono cavie da studio . Nel suo

impegno per i Guaicas don Cocco do-vette più volte prendere posizione neiconfronti di persone che nonostantela buona volontà avrebbero potutocombinare non pochi guai . E' stato inpolemica con numerosi etnologi .«Vorrebbero che gli indios fosserochiusi in una specie di parco zoologi-co, dove poter venire anche fra cin-quant'anni a studiarli come oggetti,come animali . Io vorrei ricordare chegli studi sono importanti, ma più im-portanti sono gli uomini . Questi indioshanno una dignità umana che dev'es-sere rispettata. Non possono esseretrattati come cavie da studio » .

Nel libro, riferendosi a un seminariodi studi avvenuto in quegli anni, donCocco bolla quel «gruppo di antropo-logi d'accademia, sdraiati su poltroneodorose a Coppertone, che hannopreteso di mettere fine a ogni attivitàmissionaria . . . Dio sa quali doloroseautocritiche noi stiamo facendo circail modo e il senso della nostra presen-za in mezzo agli indios . Ma non pensoche si possano collocare sullo stessopiano il lavoro di chi dedica tutta lavita in condizioni durissime a gruppicosì inermi e sempre più minacciati, ela critica di chi sta seduto a tavolino,oppure come passatempo va a esplo-rare, senza porsi il problema dei pro-pri giudizi e atteggiamenti » .

Giudizi per esempio riguardo ai ve-stiti. Ci sono etnologi che accusano imissionari di facile moralismo, soste-nendo con una punta di sarcasmo chel'unica opera di carità che i missionarisanno esercitare è "vestire gli ignudi" .«Noi - ha replicato in un'intervistadon Cocco - non imponiamo il vesti-to agli indios . Molti ce lo chiedono perdifendersi dagli insetti che mordonomolto sul serio, per proteggersi quan-do lavorano nella selva tra arbusti erami taglienti. Se ce lo chiedono, noilo diamo. Come diamo il sapone perlavarlo e tenerlo pulito .

Di qui il suo appello : « Chiediamolacollaborazione di antropologi co-scienti, cristiani, in una parola umani .Un'umanità che si risolva nell'amore enel riconoscere nell'indio un autenticofratello, e non solamente un oggetto distudio per una laurea» .

Il peggior nemico, il turista . Nel suolibro, lui così mite, ha scritto parole difuoco contro la pericolosa superficia-lità di troppi turisti . «Il peggior nemi-co è il turista, che sorridente e apertoarriva come un amico, dà pacche ca-meratesche sulle spalle, e regala senzadifficoltà. Anche se non ha intenzioneesplicita, converte fatalmente l'indio

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in fenomeno da baraccone» . Denun-cia i turisti che «pagano gli indiosperché posino senza vestiti davantialla loro macchina fotografica . E' cri-minale accusare noi missionari di fa-cile moralismo, e poi violare la dignitàdi questi uomini per sbandierare unafotografia audace davanti agli amici » .Ancora: « E' uno spettacolo triste, masempre più frequente, vedere degliYanomami il cui mestiere è fare i sel-vaggi per essere scoperti, descritti, fo-tografati e filmati . Insomma, prosti-tuirsi . Così tutto diventa vile, perchétutto diventa merce : i loro antichi co-stumi, la loro nudità prima decorosa, iriti e le feste che scandivano il ritmodella loro vita e le davano un senso .Tutto questo ormai lo offrono comesvago esotico, e poi stendono la manoper chiedere una moneta . E' la strada

Alla scuola delle suore le bimbe, con gli stec-chini della moda guaica, imparano a scrivere .

della degradazione . Tra quelle checonducono all'estinzione, è la più tri-ste. E' l'etnocidio più raffinato» .Salvare l'uomo guaica . Nella sua

preoccupazione per l'uomo guaica,don Cocco si trovò di fronte all'incon-trastabile avanzata dell'uomo bianco.Avevano cominciato i negozianti dilegname o banane, risalendo l'Orino-co con barche sempre più grosse . Equalche raro antropologo. E poi i tu-risti armati di macchine fotografiche ecineprese. Ma ora in prospettiva c'è daattendersi i coloni, le strade, gli aerei,le città. Il progresso dell'uomo biancosi imporrà .Don Cocco ha provveduto a tra-

mandare la cultura guaica con i suoilibri "a futura memoria" . Ma a lui staa cuore l'uomo guaica, quello concre-

to, che può uscire dall'incontro oscontro con l'uomo bianco completa-mente frastornato, destabilizzato, an-nientato. «Non c'è tempo da perdere- ha scritto prima di tutto per sé -,perché la civiltà bianca è frettolosa,drastica, travolgente» . Se nella vitadell'indio qualcosa deve cambiare,dovrà essere però lui a capire, a sce-gliere, a adattarsi. Il cambiamentodeve avvenire dall'interno . « Se credo-no in certe cose - spiega ancora donCocco - qualche motivo ci dev'esse-re. E bisogna prima di tutto che iomodifichi queste motivazioni se vo-glio riuscire a proporre qualcosa didiverso». Don Cocco aveva imparatoa comunicare come i Guaicas, quandoparlava con loro saltellava a piedi nu-di e gridava come loro, per farsi capi-re. Ma nello stesso tempo mise su lascuola perché i ragazzi guaica impa-rassero lo spagnolo, imparassero ascrivere. «Specialmente i bambinicinguettano già - anche se con qual-che improprietà - la lingua spagnola .Durante il mio ultimo soggiorno inItalia ricevetti lettere dei ragazzi pienedi sgrammaticature, ma olezzanti dipreziosa ingenuità, gratitudine e otti-mismo» .

I Guaicas sono generosi per natura,mettono tutto in comune . «Non sivedrà mai un bambino indio mangia-re una banana accanto a un altro chenon ha nulla : gliene darà sempre unpezzo ». Questa virtù sociale diventeràaddirittura pericolosa nel contattocon i bianchi che regolano tutto sul dout des, e don Cocco ha dovuto far ac-cettare ai suoi Guaicas, accanto allagenerosità, anche il concetto di scam-bio (in pratica lo scambio dei prodottidella foresta, delle banane, con glistrumenti dei bianchi : ami per la pe-sca, armi da caccia, motori) . Ma per lasopravvivenza degli indios è necessa-ria una collaborazione generosa deibianchi. « E' già molto - ha detto inun'altra intervista - che questo po-polo, convinto di essere figlio dellaluna, abbia conservato la propria cul-tura e lingua nel tempo in cui i bianchisono calati sulla luna stessa . Oraperché si sviluppino culturalmente ediventino economicamente autono-mi, occorre che al loro sforzo si uniscail nostro » .Seminatore, non mietitore. Don

Cocco aveva attraversato l'oceano eaccettato di vivere per 17 anni in unacapanna in mezzo alla foresta, perportare ai Guaicas il dono della fede .Ebbene, a conti fatti, ha battezzatoquasi nessuno. Solo bambini in puntodi morte, qualche ragazzino orfanoche sarebbe andato a studiare inscuole salesiane e quindi aveva pro-babilità di crescere nella fede . Qual-che anziano malato da lui sommaria-

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mente istruito, e ormai vicino al tra-guardo della morte . Sembra un in-successo .

«Certo, io desidero che diventinocristiani, proprio perché voglio lorobene - spiegava - . Per me diventarefigli di Dio e fratelli di Gesù Cristo,avere la fede e la carità, è il valore piùgrande che un uomo possa avere . Perquesto desidero tali valori anche per iGuaicas. Ma la prima virtù che il cri-stianesimo insegna è il rispetto deglialtri, e io rispetto la loro coscienza e leloro scelte». Infatti, secondo la lorocoscienza e le loro scelte, ancora nonerano pronti a diventare cristiani .

Messi davanti a un crocefisso, nonriuscivano a capire come un uomopossa lasciarsi ammazzare a quel mo-do, ed essere considerato degno diammirazione: gli eroi dei loro miti

erano dei vincitori, non dei miserabilisconfitti .I Guaicas non erano in grado di ac-

cettare una morale più matura . Quellebambine vendute all'età di tre o quat-tro anni come spose a uomini magarigià sposati e con più di una moglie :come far capire che la donna al paridell'uomo ha diritto di scegliere, e asuo tempo, la persona con cui unirsi inmatrimonio? Uccidevano i bambinifragili perché sarebbero stati di pesoinsopportabile per la famiglia ; ucci-devano uno dei due gemelli perché lamamma guaica con due figli da al-levare, appesi uno per fianco, nonavrebbe più potuto lavorare e la vitafamiliare sarebbe diventata impossi-bile. Certo si poteva dire loro che uc-cidere i figli è una colpa orrenda, ma

se non si offre anche concretamente ilmodo di allevarli, la rivelazione diquella colpa li avrebbe gettati in untunnel di disperazione senza uscita .«Nella loro morale - sosteneva

don Cocco- riesco a farli comportarebene ; nella mia dovrei costringerli, enon so se ce la farei . Meglio lasciarglila loro, e creargli a poco a poco dal didentro le esigenze della nostra. E'questione di tempo, di molto tempo» .Così don Cocco quasi non battezzò,non riempì di nomi il registro dei bat-tesimi. Sapeva che a quel rito cristia-no non sarebbe succeduta una vitacristiana. Suo compito fu cominciarea preparare alla lontana le condizioni .Così per 17 anni non fu mietitore, masolo aratore e seminatore .

Se nascessi un'altra volta . L'antro-pologo Jacques Lizot andò a vivere

Nei 1972 don Cocco ha accompagnato in Europa il capo dei suoi Guaicas, il tacito Jodine JustoNunez. Ricevuti da Paolo VI, gli hanno donato un variopinto pappagallo delle loro foreste .

per qualche mese con don Cocco. Allafine riconobbe : «Solo voi missionaripotete fare un lavoro serio fra gli in-dios, perché solo voi li amate sul serio .Non come oggetto di studio, ma comepersone » .

Nel 1972 don Cocco tornato in Italiaera intervistato da Teresio Bosco . Do-manda: gli indios che cosa pensano dilei? « Mi considerano uno di loro . Unoche è più che un amico, è un fratellomaggiore. Sanno che vivo per servirlie aiutarli . E che faccio questo perchémi sento loro fratello in Dio» . E leicome si definisce? «Cosa posso dire?Sono uno che cerca di fare tutto il be-ne possibile. Sono un sacerdote che sispende per gli altri, anche se c'è peri-colo per la mia vita» . Lei è un bianco :perché è andato a insegnare agli in-

dios a vivere come i bianchi? «Io nonsono andato come bianco ma comecristiano, a portare il messaggio dipace e di amore di Gesù Cristo. E soche questo messaggio può essere ac-cettato o rifiutato da chiunque : dalbianco dell'Europa, come dall'indiodell'Orinoco. Io l'ho accettato, e l'of-fro a questi indios . Ecco tutto » .

E' stato un lavoro duro, doloroso, loha ammesso nel suo libro : «Tra gliindios ho dovuto disimpegnare partiben poco gradevoli, non poche voltesu piani di convivenza abbastanzaumilianti per un europeo . Ho condi-viso con loro il mio cibo, ho curato leloro ferite, li ho pacificati nelle fre-quenti liti, ho tollerato i loro capriccicome se fossero bambini viziati e pre-potenti, ho trangugiato l'amara pilloladella loro derisione e commiserazio-ne . . . Adesso posso gloriarmi di esserecittadino Iyewei-teri» .

Nel 1974 era tornato in Italia con lasalute definitivamente compromessa .In seguito, i numerosi ricoveri inospedale non hanno potuto nullacontro la malaria che gli aveva deva-stato il fegato . Lavorò nella sua patriacome animatore missionario finchégli ressero le forze . Si è arreso a 70anni meno un giorno . Se avesse potu-to parlare ancora una volta ai suoiGuaicas lontani, li avrebbe assicuratidella sua gioia nel recarsi al "paesedelle anime" . Avrebbe usato le paroledel loro mito : «Le termiti alate mihanno chiamato e io le ho seguite .State tranquilli e non piangete . Leanime vivono ancora tutte, non la-mentatevi inutilmente. Esse sono im-mortali e tengono ben all'erta i loroocchi . . . » .

Se avesse potuto parlare ai missio-nari che gli sono succeduti a SantaMaria de los Guaicas, avrebbe dettocome nell'ultima intervista a MarcoBongioanni : «Il mio desiderio piùgrande è che gli Yanomami sianoamati come e più di quanto ho potutoamarli io. Che siano salvati con quel-l'amore cristiano che è lungo, che nonimprovvisa niente, che si affida moltoal Padre che è nei cieli» .

Lascerebbe come testamento spiri-tuale parole come queste (e le hascritte nel suo libro) : « Una cosa è cer-ta e mi rallegra quando la penso : unbel giorno gli Yanomami, resi fedelialla patria e alla religione, inietteran-no nel sangue venezuelano e nellacultura latino-americana il preziosoapporto della loro inedita potenzialitàetnica. Sogno questo senza porre dateal compimento. Non mi affanna ilraccolto . . . Per i miei bravi indios Iye-wei-teri ho dato tutto ; e se dovessinascere un'altra volta, darei di nuovotutto per loro» .

Enzo Bianco

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I Brevi da tutto il mondo

MISSIONI * LA 109' SPEDIZIONEE TANTE NUOVE PROSPETTIVE

La spedizione missionaria del 1979,esattamente la 109' a partire da quellecompiute da Don Bosco nel secolo scor-so, ha visto 45 salesiani ricevere il croce-fisso del missionario . E salvo alcuni cheincontrano difficoltà per il visto d'entrata,sono già in territorio di missione .

In questi ultimi anni l'impegno missio-nario salesiano si è intensificato, e haportato la presenza dei figli di Don Boscoin diverse nazioni dove non lavoravanoancora. Vale la pena elencarle .Nel 1975 cominciarono a lavorare in

Etiopia : aprirono una scuola professiona-le e opere sociali a Makallé nel Tigray ; orasi dispongono ad aprire una secondaopera forse nella capitale.

Nel 1978 era la volta della Costa d'Avo-rio, con un'opera singolare per giovaniche si specializzano nell'agricoltura e altempo stesso nella catechesi .

Nel 1979 due salesiani aprirono un cen-tro giovanile a Curagao nelle Antille Olan-desi, di fronte al Venezuela . Nella Liberiasi stanno impostando due opere tra lagioventù . Nelle Samoa Occidentali(Oceania) è stata presa la responsabilità diuna scuola della diocesi di Apia .

Anche nel 1980 molte novità. I salesianisono tornati in sette nella Guinea Equato-riale (da cui erano stati cacciati nel 1976),e altri missionari sono attesi per tre fon-dazioni . Con loro sono entrate per la primavolta anche le iglie di Maria Ausiliatrice .A pag. 10-11 di questo fascicolo si illu-

stra la nuova presenza nella Papua-NewGuinea (Arcipelago Indonesiano) . Dalla

ITALIA * GLI SCUGNIZZISONO AB AETERNO

E' un gruppo scultoreo, opera del sale-siano don Tommaso acchino. E è statodonato al Rettor Maggiore, durante la vi-sita a Napoli nel marzo scorso. Accompa-gnava il dono una garbata descrizionedell'opera, che cominciava spiegando :«Tre teste di ragazzi a grandezza naturale,a tutto tondo, ancorati su base di pietralavica del Vesuvio» . E proseguiva : «Scu-gnizzi '80 : del 1880, o del 1980? gli scu-gnizzi sono ab aeterno, come il sole, comeil mare, al di sopra e al di fuori di ognitempo . Gli scugnizzi sono reperti di storiaumana calati da sempre nella storia napo-letana» .

Il Rettor Maggiore era a Napoli per ce-lebrare con la amiglia Salesiana dell'Ita-lia Meridionale il centenario della visita diDon Bosco alla città del Vesuvio . Gli han-no fatto molte feste . E soprattutto l'hanno

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Spagna alcuni salesiani sono partiti per ilSenegal : stanno studiando la lingua localee attendono rinforzi per assumere poi laresponsabilità di una missione e di unascuola professionale . Da gennaio c'è unsalesiano in Kenya intento a imparare an-che lui la lingua, e a sondare le possibilitàconcrete di lavoro: altri più tardi lo rag-giungeranno .

Intanto si prepara il terreno per nuovefondazioni. Un salesiano destinato adaprire agli altri la strada del Sudan è ora inEgitto alle prese con l'arabo . In Brasile 25salesiani si sono offerti per l'Angola (dovesi parla portoghese) : sei sono stati scelti eora attendono il visto d'ingresso ; apriran-no due missioni . Le cinque Ispettorie del-l'india hanno designato tre salesiani cia-scuna - scegliendo fra i tanti che si eranoofferti - per le nuove missioni africane(tra l'altro, potrebbero svolgere un utilis-simo lavoro fra i loro compatrioti emigratiin Africa) . All'Africa guardano anche i sa-lesiani di Argentina e di altre zone, dove sistanno raccogliendo i nomi dei volontari epreparando i progetti .

Quanto poi ai vescovi del continentenero, hanno sollecitato la presenza sale-siana da almeno nove altri stati : Afar e Issa(già Somalia rancese), Benin (già Daho-mey), Chad, Ghana, Madagascar, Rep .

portato a vedere i veri scugnizzi, non soloquelli scolpiti a grandezza naturale, maquelli che frequentano l'oratorio di Tarsia,quelli del rione Amicizia . E così ha potutorendersi conto che sono davvero i ragazzisu misura per i figli di Don Bosco .

Centroafricana, Tanzania, Uganda, Zam-bia.

In tutte le località raggiunte di recentedai missionari salesiani c'è solo un iniziodi impegno missionario, come il piccologranello di senape nascosto nella zolla .Occorre rafforzare queste presenze inci-pienti . Intanto il Rettor Maggiore ha co-municato che durante l'anno 1979 sonoarrivate sul suo tavolo qualcosa come 149lettere di salesiani che si offrono per par-tire . Non che da oggi a domani possanoprendere il volo, la selezione e la prepara-zione è lunga (12 lettere giungono da gio-vani novizi che dovranno mangiare ancoramolto pane di Don Bosco prima di potersirimboccare le maniche e mettersi al lavo-ro) . Ma è un fatto : da molti anni, da primadella crisi che ha investito la vita religiosa,non si verificavano tante domande .Segno che qualcosa sta cambiando .

ARGENTINA * APERTO IL PROCESSOPER LA CAUSA DI »»DON» ZATTI

Il 22 .3.1980 è stato aperto a Viedma inPatagonia il processo per la causa di ca-nonizzazione del servo di Dio ArtemideZatti, il simpatico salesiano coadiutoreche per 50 anni fu infermiere e ammini-stratore dell'ospedale San José (il primodella Patagonia). La cerimonia, che si èsvolta nella chiesa cattedrale, fu comeuna grande assemblea religiosa cittadina ;vi presero parte il Vescovo di Viedma,l'arcivescovo salesiano di Salta, e il Po-stulatore delle Cause salesiane giunto perl'occasione da Roma .

La cerimonia - ha riferito il Pastulatoredon Luigi lora - ha assunto particolarerilievo anche per una coincidenza che tuttihanno ritenuto significativa . Cent'anni faesatti i salesiani - che nel 1879 avevanogià compiuto una prima rapida esplora-zione in Patagonia - si insediavano aViedma in forma stabile . u appunto nel1880 che quattro salesiani e quattro MA,guidati da mons. agnano, vennero a sta-bilirsi nella vicina parrocchia di Carmen diPatagones, di fronte a Viedma sull'altrasponda del Rio Negro.

Su questi avvenimenti abbiamo postoalcune domande a don iora .Domanda . Quale significato è stato dato

a Viedma a questa coincidenza?Don lora . Veniva spontaneo in tutti ri-

levare che il fatto di iniziare la causa dicanonizzazione d'un salesiano in tale cir-costanza era un premio e un gesto di pre-dilezione da parte del Signore, per quelloche i figli di Don Bosco avevano realizzatoin cent'anni di evangelizzazione in Pata-gonia. Era cioè il riconoscimento, fatto at-traverso lo splendore della santità, delbuon spirito che aveva animato i primimissionari della Patagonia . Artemide Zatti,

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con la sua modestia operosa, è stato vistocome il rappresentante di tanti altri figli diDon Bosco - alcuni ben noti e stimati,altri nascosti e senza fama - che avevanolavorato come lui e nel suo spirito perrealizzare i sogni missionari di Don Bosco .

Si è così constatato che il Signore, co-me avviene spesso nella storia del Popolodi Dio, ha scelto e propone come modellodi santità, vissuta nell'amore di Dio e nelservizio degli uomini, il più umile di tantigenerosi pionieri .Domanda . Ricordano ancora Zatti nella

Viedma di oggi?Don iora. Sì, e il fatto ha dello straordi-

nario . Don Zatti (tutti lo chiamavano così)morì nel 1951, e a trent'anni quasi dallamorte la sua memoria si è mantenuta viva,entusiastica e commossa. Tutti qui lo ri-cordano in camice bianco, nel suo ospe-dale o in bicicletta per le vie della città,pronto a ogni opera di carità verso i poveri .La sua immagine è passata nella storia equasi nella leggenda di Viedma, che dapiccolo avamposto militare è ora diventatala capitale del Rio Negro . Ora la città ha lesue nuove strutture civili e i suoi edificimoderni; le sue vie larghe sono percorseda gente che viene da regioni lontane ; lesue attività hanno preso un ritmo soste-nuto. eppure la figura di Zatti non ha personulla della sua freschezza e del suo fasci-no: si ritrova presente nel ricordo di tuttiper la sua bontà generosa, intraprenden-te, umile, festosa. Quelli che l'hanno co-nosciuto mi volevano parlare di lui che didomenica giocava alle bocce al circolo,che contagiava col canto e la preghieraquanti andavano in chiesa, che è ricordatocome esempio di buon samaritano all'o-spedale . . .Domanda . Di Zatti è rimasto qualche

segno concreto nella città?Don iora . Sì, la sua presenza va ben al

di là del semplice ricordo affidato al filodella memoria . A Zatti è stato eretto un belmonumento in uno dei crocevia centrali diViedma; portano il suo nome il nuovoospedale, una delle vie di maggior traffico,un quartiere della periferia ; ogni anno una"commissione permanente" preparacommemorazioni religiose e civili alla suamemoria. E ora quelli che l'hanno cono-sciuto chiedono di aver l'onore di testi-moniare al processo : hanno dei preziosi

IRAN * TRA I CRISTIANI CALDEIIL PRIMO CENTRO COOPERATORI

Un sacerdote cooperatore nell'aprilescorso ha fondato nella sua diocesi di Te-heran dei Caldei un centro di GiovaniCooperatori salesiani : è il primo gruppo diCooperatori di rito caldeo, a quanto pare ilprimo tra i cattolici di rito non latino .

L'iniziativa di questo centro è stata pre-sa da don Antonio Sandre, già salesianocoadiutore, che pochi anni fa è stato ordi-nato sacerdote nella Chiesa Caldea, e cheora continua il suo impegno nella famigliadi Don Bosco come affezionato e attivocooperatore . Egli infatti lavora nella suaparrocchia con "cuore oratoriano", so-prattutto alla ricerca della gioventù .

I suoi fedeli sono pochi e sparsi in unterritorio vastissimo . Eppure tra i rari gio-

ricordi personali, e non vogliono lasciarlicadere nel dimenticatoio .Domanda. Quale messaggio riscoprono

in Zatti gli abitanti di Viedma oggi?Don iora. A Viedma si constata l'effi-

cacia dell'autentica testimonianza cristia-na, anche quando è vissuta nelle giornatefaticose di un modesto infermiere . I fedelivi riscoprono il senso vero della vita, i suoivalori essenziali, il suo conforto e la suaforza .

Don Zatti vive a Viedma certamente perla simpatia del suo ricordo e per i ricono-scimenti che gli sono stati tributati . Ma piùancora per la sua lezione di vita, che con-tinua a consolare e a elevare gli animi deisuoi concittadini . "Don Zatti è un santovero », dicono tutti ; e la santità, vissuta dalui con tanta serena semplicità, è diventataun richiamo simpatico e un traguardo allaportata di tutti .

(Il BS ha dedicato alla figura di ArtemideZatti un ampio servizio apparso sui fasci-coli di novembre e dicembre 1977).

Viedma: bassorilievo sul monumento di Arte-mide Zatti . Eccolo con l'inseparabile bicicletta,con i poveri e malati che ogni giorno visitava.

vani che può incontrare è riuscito adamalgamarne una trentina, disponendoli afare proprio il "Da mihi animas" di DonBosco. Ha cominciato a raccoglierli attra-verso una serie di incontri realizzati congrandi sacrifici, date le distanze e dataanche la profonda diversità di mentalitàche rende difficile in un paese come l'Iranentrare nell'idea di un impegno apostolicolaicale . Ma grazie anche all'appoggio delsuo vescovo (mons. Youhannan SemmanIssay, che parla di don Antonio e delle suerealizzazioni con grande entusiasmo), èriuscito a formare questo primo gruppo ditrenta Giovani Cooperatori .

Durante la settimana santa don Antonioli ha radunati in un ritiro spirituale di tregiorni presso le case che salesiani e MAhanno a Teheran. Quei giovani hanno po-tuto così immergersi nel clima salesianocome in un nuovo battesimo, e al termine

del ritiro hanno pronunciato la loro pro-messa di Giovani Cooperatori . Ora gli so-no di valido aiuto anche nel ministero sa-cerdotale.

Nell'Iran - l'antica Persia, da cui se-condo la tradizione partirono i Magi incerca del nato Messia - i salesiani lavo-rano da 47 anni . Hanno nella capitale laParrocchia latina e un grande collegio, piùuna parrocchia a Abadan nella zona caldadel petrolio . Le MA hanno anch'esseun'opera nella capitale . Le comunità sale-siane dell'Iran appartengono all'Ispettoriadel Medio Oriente con sede a Betlemmme,dove i Magi trovarono il Messia .

L'antichissima Chiesa Caldea, fondatanei primi tempi dall'apostolo Giuda Tad-deo, nel 4° secolo si era staccata da Romaper aderire all'eresia nestorìana . In segui-to conobbe un periodo di grande espan-sione missionaria, spingendosi a quantopare fino in Cina ; poi fu quasi cancellatadall'ondata incontenibile dell'islam . In se-coli recenti i Caldei sono ritornati all'unio-ne con Roma . Oggi sono poco più di cen-tomila, quasi tutti cattolici (i nestoriani so-no sul punto di scomparire), ma nella li-turgia conservano il rito caldeo . Tra lorolavora don Antonio Sandre, e tra loro èsorto questo singolare ma promettentecentro di Giovani Cooperatori salesiani .

THAILANDIA * ABBIAMO ATTO"ESERCIZI SPIRITUALI VIAGGIANDO"

Una singolare esperienza è stata tentata- pare con buon esito - dai salesianidell'Istituto tecnico professionale DonBosco di Bang Kok : gli "esercizi spiritualiviaggiando ". I ragazzi cattolici e buddistiche hanno scelto di partecipare, sono statiorganizzati in sei turni di 50 ciascuno,quanti ne stanno sull'autobus della scuo-la, e accompagnati in escursioni lungo unitinerario che offriva la possibilità di vede-re luoghi, incontrare persone, ascoltareconversazioni utili per una riflessioneorientatrice . Ecco in condensato la de-scrizione che fa dell'esperimento don An-gelo Regazzo, vicario della comunità sa-lesiana .

Perché "esercizi spirituali viaggiando"?Perché ben dieci ore saranno trascorse inbus: nel bus si canta, si prega, si gioca, sipredica, si intervista, si fanno tante altreattività interessanti (naturalmente prepa-rate prima a tavolino dagli incaricati) .

Dunque alle otto del sabato mattino sisale a bordo dell'autobus, e si fa la primapuntatina alla scuola professionale chesta sorgendo a Ban Pong . oto ricordosotto le capriate di ferro, che sono fruttodel lavoro dei nostri ragazzi . Un breve tra-gitto e si è già al Sarasit College (scuoladiurna e serale dalle elementari alla sogliadell'università, parrocchia, oratorio ecc) .Subito tutti in chiesa per un saluto al Si-gnore, poi visita veloce alla bellissima bi-blioteca, poi don Colombini rivolge ai ra-gazzi un pensiero di meditazione . Tornatisul bus, si riflette in comune su quantoudito .

La tappa seguente è Ratchaburi, pressola bella scuola delle MA. Le suore hannopreparato il pranzetto a base di kao phat(risotto piccante thailandese) ; poi dopo

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un'appassionata ricreazione don Sanitparla ai ragazzi per una buona mezz'ora .Cose interessanti, su cui riflettere e di-scutere cammin facendo .Venti chilometri di strada, ed eccoci al

Bupha Savan, una località a dir poco sin-golare (è un centro per così dire ecume-nico : un insieme di colline sulle cui cimesono state collocate le statue di Budda,Maometto, Confucio, e Cristo Re) . La gui-da spiega tutto ai ragazzi, poi le nostregambe sono messe a dura prova su è giùper quelle colline . Ai piedi della statua diCristo Re sorge una grotta profonda e in-disturbata, e lì ci raccogliamo a meditare .Poi via di nuovo col bus, verso Hua Hin . Sipassa lungo il mare, e se ne profitta perfare un bagnetto e una partita a rugbysulla spiaggia .Intanto a Hua Hin (casa salesiana,

scuole elementari e secondarie, centrimissionari) le cuoche preparano la cena .Prima, per i ragazzi cristiani, una bellamessa; nel frattempo i loro compagnibuddisti generosamente preparano lemense. Dopo cena, per digerire, si va sulmolo per un'intervista con i pescatori : iragazzi si rendono conto di quanto è durala vita sul mare . Dalle 21 a mezzanotteserata allegra, con attività ricreative e for-mative sulla falsariga dei falò degli scouts .

SPAGNA * PERCHE' IL CENTENARIO

RISULTI RUTTUOSO

«qui forse si sono formati di noi unideale troppo grande», scrisse nel 1881 daUtrera (Siviglia) a Torino Valdocco donCagliero, il futuro cardinale .

Aveva accompagnato a Utrera i primi seisalesiani inviati da Don Bosco a comin-ciare la sua opera in Spagna, e li avevavisti accolti con tanta cordialità e fiduciada averne quasi paura . E se le attese nonfossero state appagate? In realtà era laSpagna cristiana che accoglieva Don Bo-sco, faceva propria la sua inquietudine peri giovani, il suo metodo educativo, il suostile di dedizione .

I primi sei salesiani arrivarono a Utrera il16 .2 .1981, e giustamente la amiglia Sa-lesiana di Spagna si prepara a celebrarequesto centenario . Si tratta di fare un bi-lancio sereno e chiaro d'un secolo di sto-ria, di ringraziare il Signore per quanto dibuono è stato compiuto, e proiettare nelfuturo le esperienze maturate . A questoscopo è stato costituito per tempo un« comitato pro centenario », che ha trac-ciato gli orientamenti generali e program-mato le iniziative .

Tra gli obiettivi da perseguire : miglioreconoscenza del carisma salesiano e delsistema educativo di Don Bosco ; maggiorimpegno nella missione giovanile e popo-lare ; più intensa animazione dei vari grup-pi della amiglia Salesiana ; rilancio delladevozione a Maria Ausiliatrice ; più sol-lecitudine nella cura delle vocazioni ; col-laborazione generosa al progetto missio-nario in Africa .La "commissione pro centenario" ha

poi Programmato una serie di manifesta-zioni in grado di coinvolgere tutti . Le prin-cipali sono : un concorso nazionale lette-rario e,un altro con l'impiego degli audio-

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E poi tutti a nanna: dopo una simile gior-nata, non occorrono sonniferi .

L'indomani domenica, levata alle 6,30 ;poi mezz'ora di preghiera e meditazione incomune. Dopo colazione si raccolgono ifrutti del ritiro con una veglia penitenzialee le confessioni, seguite dalla messa in-sieme ai fedeli della parrocchia . E adesso,con la coscienza a posto e sprizzanti digioia, tutti gambe in spalla ; due collinetteprospicienti il mare attendono gli intrepidituristi scalatori . Si torna per il pranzo, siringraziano le cuoche, si spendono almercato gli ultimi spiccioli per avere qual-cosa da rosicchiare lungo il ritorno . E sitorna . . .

L'ultima parte del viaggio è riservata alleinterviste : a turno i ragazzi, col microfonoin mano, dicono il loro parere sull'espe-rienza vissuta . Gli organizzatori sonostanchi morti, ma stanno con le orecchiedritte per scoprire eventuali errori e cor-reggerli alla prossima occasione . Ma i ra-gazzi ringraziano molto contenti, il chevuoi dire due cose : che l'iniziativa è pia-ciuta, e che sono bravi ragazzi . Poi, manmano che si passa vicino alla casa diqualcuno, il bus ferma e lo scodella giù inun fragore di saluti . E per i salesiani orga-nizzatori, il sabato successivo un'altra in-tornata di altri 50 ragazzi . . .

La Spagna salesiana, mentre-si appresta acelebrare il suo primo secolo di vita, si stringeanche attorno a don Modesto Bellido (nella fo-to) per il suo 50° di sacerdozio . Dice un anticoproverbio che «frate Modesto non fu mai prio-re», ma per lui è stata infranta la tradizione: èstato il primo salesiano di Spagna chiamato alConsiglio superiore, a condividere cioè colRettor maggiore le responsabilità di governo' Per17 anni fu consigliere per le missioni, per altrisei direttore spirituale della congregazione . Dal1972 - fedele al suo nome - è rientrato neiranghi e spende i suoi ultimi anni nella Procuradi Madrid a servizio dei missionari spagnoli .

visivi su "Don Bosco e la storia salesianain Spagna"; un convegno nazionale sullacatechesi oggi, e un altro sulla pedagogiasalesiana; assemblee nazionali degliExallievi, dei Cooperatori e dei devoti di

Maria Ausiliatrice ; un documentario filma-to sulla presenza salesiana in Spagna ;stampa di poster e francobolli commemo-rativi ; mostra missionaria ; numeri specialidelle riviste salesiane ; pubblicazione dimonografie storiche sulle varie case sale-siane, e di un volume commemorativo re-datto in stile giornalistico .La "commissione pro centenario" ha

pure fissato le prime date per le diversemanifestazioni. L'anno sarà aperto in cia-scuna ispettoria il 31 .1 .1981, festa di sanGiovanni Bosco. II 16 febbraio sarà «gior-nata di preghiera e di gratitudine al Si-gnore per il dono della Congregazione allaChiesa e alla gioventù in Spagna» .

In maggio altre celebrazioni, presente ilRettor Maggiore . II 14, che è anche ricor-renza centenaria della morte di santa Ma-ria Mazzarello, sarà dedicato all'omaggionazionale alle iglie di Maria Ausiliatrice .Nel giorno seguente il Rettor Maggiore e irappresentanti dei diversi gruppi della a-miglia Salesiana saranno ricevuti dal re diSpagna (che in un certo senso è exallievo,avendo avuto da ragazzo tra i suoi pre-cettori il salesiano padre Alfonso Nacher,oggi missionario a Timor). II 17 maggiosarà giornata conclusiva di alcune mani-festazioni a livello nazionale, come garesportive, festival di musica giovanile, con-corsi di pittura, disegno, scultura e foto-grafia .

Il motivo di queste celebrazioni è piùche legittimo : la amiglia Salesiana è oggiin Spagna una confortante realtà. I sale-siani sono 2 .079 in 147 opere ; le iglie diMaria Ausiliatrice sono 1182 in 82 opere(senza contare quanti sono partiti per lemissioni) . Anche le Volontarie di Don Bo-sco, sorte nel 1963, sono già numerose :cinquanta in 5 gruppi . E poi i Cooperatori,nati cent'anni fa con la prima casa diUtrera ; e gli exallievi al solito difficili dacalcolare . . .

Il centenario di Don Bosco in Spagnasarà dunque l'occasione per contarsi, fareun consuntivo, e - poiché la gioventù at-tende anche oggi un orientamento cri-stiano - programmare il futuro .

(Da una relazione di Angel Martin)

BRASILE * MONS. ERNANDO LEGAL

NUOVO VESCOVO SALESIANO

Don ernando Legai il 2 .4 .1980 è statonominato vescovo dal Papa, e prepostoalla diocesi di Itapeva (arcidiocesi di SàoPaulo). Mons. Legai ha 49 anni ; nato a SàoPaulo nel 1931, a 19 anni era salesiano, a29 sacerdote, a 37 direttore della casa incui si formano i sacerdoti salesiani, a 45superiore dell'Ispettoria di Sào Paulo .

La diocesi di Itapeva che gli è stata affi-data è vasta 16.500 kmq (quasi quanto ilLazio), ma conta solo 320 .000 abitanti,battezzati al 90% . Comprende 20 parroc-chie, e può contare sul lavoro di una tren-tina di sacerdoti (19 religiosi), tre diaconipermanenti, 10 religiosi laici e 40 suore .Non ha sul suo territorio case salesiane .Ma di solito i vescovi salesiani in tali con-dizioni si danno da fare finché . . . riesconoa farne aprire una . Mons . Legai è il 116°vescovo scelto dai Papi nelle file salesia-ne, il terzo nominato da Giovanni Paolo li .

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Il progetto del suggestivo tempio a Don Bosco che presto sarà costruito a Klagenfurt (Austria) .

AUSTRIA * UN MODERNO TEMPIO

l'oratorio quotidiano e il centro giovanile .Questa di San Giuseppe non è l'unica

SARA' DEDICATO A DON BOSCO

parrocchia affidata ai figli di Don Bosco : leloro quattro comunità che lavorano nelcapoluogo della Carinzia mandano avantitre parrocchie, due oratori quotidiani, duecentri giovanili e due pensionati . Anche leiglie di Maria Ausiliatrice hanno un'ope-

ra, con oratorio, scuola materna, associa-zioni varie e catechismi . La posa della pri-ma pietra del nuovo tempio sarà compiutail prossimo 16 agosto, giorno della nascitadi Don Bosco .

I salesiani dell'Austria intendono ricor-dare il 75° della loro Ispettoria costruendoa Klagenfurt un moderno tempio che saràdedicato a Don Bosco . Il progetto (nellafoto) è dovuto ai due valenti architettiSchmiedhofer e Oriessnig . La chiesa sor-gerà nella parrocchia San Giuseppe giàaffidata ai salesiani ; negli edifici annessitroveranno nuova sistemazione anche

MESSICO * LA STORIA DI LEANDRORAGAZZO INSOPPORTABILE

Era maestra nelle scuole statali ; la chia-meremo semplicemente signora Mariaperché non vuole che si dica il suo veronome. Ora è in pensione e ha tempo discrivere le sue memorie . Tra l'altro ha rac-contato la storia di Leandro, che avevaincontrato nei primi anni d'insegnamento .Presentandole la sua nuova classe l'ave-vano avvertita : « I bambini di queste partisono molto docili, studiosi, facili da tenere .L'unico difficile è Leandro : capriccioso,ribelle e maleducato. Ha solo otto anni, maè già il tipo del ragazzo insopportabile .Con lui non si riesce a combinare niente,l'unica è lasciarlo da parte» .La signora Maria sapeva che - come

insegna Don Bosco - con l'amore si puòottenere tutto . Il primo giorno di scuolaassegnò a Leandro un problema molto fa-cile . acendo finta di niente si mise allesue spalle e lo aiutò a risolverlo ; poi sicomplimentò: « Hai visto come l'hai risoltoin fretta? Ora te ne do un altro perché lorisolva da solo» . Glielo assegnò, e conti-nuò a stargli alle spalle osservando comese la cavava . Lo risolse bene . Allora gliprese la testa fra le mani e gli dette unbacio sulla fronte . Lui si voltò di scatto, lafissò un momento in silenzio, poi disse convoce commossa : «E' il primo bacio chericevo nella mia vita» .

La signora Maria gli domandò stupefat-ta: «Bambino mio, non hai una mamma?»«No». «E il papà?» «Sì, il papà ce l'ho» .« E non ti vuole bene? Non ti ha mai datoun bacio?» «Mi dà solo delle botte» . E lasignora Maria : « lo non ti darò mai botte . Tivoglio bene, e tu farai il bravo » .Le cose poi andarono davvero così :

Leandro si corresse ; studiava, arrivava pertempo a scuola, si prestava per piccoli la-vori . Era tanto affettuoso che non si stac-cava mai dalla sua maestra . E negli studiriusciva bene come gli altri .

Il racconto della signora Maria si con-cluse così: «Leandro continuò gli studi eveniva sovente a trovarmi . Durante il ser-vizio militare mi scriveva . Poi passaronogli anni e lo persi di vista . Ma un giornoricevetti una sua lettera. Diceva che si erasnosato, aveva alcuni figli, era felice . E miinvitava qualche giorno a casa sua,"a vedere che educo i miei figli con moltoaffetto . Perché non ho dimenticato il primobacio che ho ricevuto nella mia vita"» .

(Dal BS del Messico)

HAITI * DECEDUTOIL DECANO DEI SALESIANI

II 21 .2 .1980 è deceduto a Pétion Ville(Port-au-Prince) il decano dei salesiani,père Pierre Gimbert : era entrato nel 99°

anno di età . « Mentre stava conversandocon i suoi confratelli andati a trovarlo incamera, alle 8 del mattino, il bravo vec-chietto è partito per la casa del Padre . L'hafatto senza sofferenza né agonia, comeper non disturbare nessuno, secondoquella delicatezza che lo aveva semprecaratterizzato» . Così i suoi confratelli . Po-chi mesi prima il Rettor Maggiore di pas-saggio in Haiti lo aveva trovato ancora vi-spo e intraprendente .

E' una grave perdita per i salesiani delleAntille : père Gimbert è stato il fondatoredell'opera di Don Bosco in quelle isole, ela sua presenza era per tutti un incorag-giamento (BS gli ha dedicato un breveprofilo nel gennaio scorso, a pag . 28) .

Ora la fiaccola della longevità passa apadre Galdino Bardelli di quasi 97 anni,missionario a Hong Kong .

3REVISSIME• II Governo clandestino dell'Alta Ita-

lia verso la fine della seconda guerramondiale si riuniva a Milano nella casasalesiana di Via Copernico : lo ha ricordatoil 25 aprile scorso il Presidente Pertini, invisita a quell'opera . Pertini, che è exallievodi Varazze e Alassio, si è fermato a lungo aconversare con i ragazzi di via Copernico .Il BS nel fascicolo di luglio ricorderà que-sta visita significativa, insieme con le vi-cende calde dei drammatici anni di guerra1944-45 .

• Gli istituti religiosi saranno presential prossimo Sinodo dei Vescovi con dieciloro rappresentanti, e il Rettor Maggioredon Egidio Viganò è uno di essi . La sceltadei dieci nomi è avvenuta per votazionepresso l'Unione Superiori Generali, e èstata confermata dal Papa . II Sinodo, chesi svolgerà in autunno a Roma, ha cometema «I compiti della amiglia Cristiananel mondo contemporaneo" : tema cheinteressa da vicino i salesiani, perché tra icompiti fondamentali riconosciuti alla fa-miglia figura l'educazione dei ragazzi .

• Al volume "Pastorale Giovanile og-gi" di Riccardo Tonelli è stato assegnato ilpremio "Paola Malipiero per la ricercateologica 1980" . II premio, patrocinatodall'Antoniano di Bologna, ha lo scopo distimolare la ricerca e la riflessione teolo-gica ; l'apposita giuria si era riunita il13 .2 .1980, e - come si legge nel verbale- «dopo ampia discussione e un accura-to esame delle opere finaliste fra le 51pervenute, ha assegnato all'unanimità ilpremio» all'opera del noto studioso sale-siano. Don Tonelli attualmente è direttoredella rivista "Note di Pastorale giovanile"e docente presso l'Università PontificiaSalesiana .

• Esercizi spirituali 1980 : ai 30 corsiper Cooperatori salesiani segnalati dal BSdi maggio (pag . 21), vanno aggiunti altriquattro corsi la cui segnalazione è giuntain ritardo. Essi sono :- per Cooperatrici: a Torre Canavese

il 6-10 agosto, a Muzzano Biellese il 6-10agosto e 1-5 settembre ;- misti per Cooperatori/trici e Exallie-

vi/e, a Muzzano Biellese 11-15 agosto .

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Ringraziano i nostri santi

IL MIO PENSIERO CORSE SUBITOALLE PAGINE DEL BOLLETTINO

Il 26 agosto 1979 lamia cara mamma fucolta da violenti do-lori al punto che funecessario portarlaall'ospedale. Ma lecure furono inutili, edopo tre giorni eradiventata tutta gialla .I medici ci disseroche si trattava di uncalcolo al coledoco

che non lasciava passare più niente ; senon si operava la morte era certa a brevescadenza, se si operava la possibilità disalvarla era una su mille, dato anche il suostato diabetico e il cuore in cattive condi-zioni . Decidemmo di tentare quest'unicavia di salvezza, e il mio pensiero corse su-bito alle pagine del Bollettino ove sonopubblicate le grazie dei cari Santi Salesia-ni, invocandoli di tutto cuore .

L'operazione durò oltre 6 ore . I medicici dissero che era riuscita, però la pro-gnosi restava riservata . Infatti il giornodopo subentrò un blocco renale . Corsi al-l'ospedale e trovai la mamma in condizionidisperate . Ma non mi rassegnai . Misi leimmagini di Maria Ausiliatrice, Don Boscoe Domenico Savio sotto il materasso e conmia sorella mi recai nella chiesina dell'o-spedale invocando tra le lacrime il loroaiuto . Ebbene, quando tornai su, la mam-ma aveva superato il blocco con stuporedei medici e dei parenti .Sembrava che tutto andasse bene, ma

dopo soli 4 giorni intervennero complica-zioni al cuore, e la mamma dovette esserericoverata in sala di rianimazione . « E' fini-ta», mi disse con un fil di voce quandoriuscii a vederla . «No, mamma- le risposi- : è l'ultima prova, poi torni a casa» . In-fatti, due giorni dopo fu riportata nella suastanza, e lentamente si riprese . II 29 otto-bre lasciava l'ospedale, e ora sta bene :nonostante l'età e gli acciacchi è ancoraautosufficiente .Montodino (CR)

Angela M. Scalvini

RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICEDON BOSCO E I SANTI SALESIANI

Beltritti Giulia (Cuneo) per la soluzionedi una grave difficoltà, dopo ferventi pre-ghiere .Codegani Giuse (Besate, MI) per la

guarigione ottenuta da lei, dalla cognata,e in attesa di altra grazia a favore di un'al-tra persona della famiglia .

Defendi Ubbiali Clara (Treviglio, BG) peril miglioramento della sorella e per la gua-rigione sua, dopo giorni di angoscia epreoccupazione.Dola Adele (Sondrio) per grazie varie a

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vantaggio della famiglia, e soprattutto perla guarigione del papà .E. C . (Torino) per essere guarita anni fa

da un'ulcera perforata che l'aveva ridottain fin di vita, e recentemente da un altromale preoccupante. Ora invoca una gra-zia per suo marito.

Lazzarato Ines (Venezia) perché il fra-tello, dopo un delicato intervento al cuore,è guarito e è tornato alla vita normale .

Levi Lena ( Imperia) per aver ottenuto lasalute alla cara nonna dopo aver tantopregato .Masi Maria e Gerarda per l'aiuto loro

accordato in un momento particolarmentedifficile .

Musatti Velia e Maria, MA (Reggio E .),per la guarigione della vecchia mamma,ritenuta «prodigiosa» dallo stesso profes-sore curante .

Parodi Adele (Albenga, IM) per la guari-gione del piccolo Davide, dopo due ope-razioni da cui stentava a riprendersi .Rapisarda Domenico (Pedara, CT) per

una grazia invocata per quattro anni, e inattesa di un'altra grazia speciale .Ruggeri Rina ( Iseo, BS) per la guarigio-

ne della piccola nipotina senza cure trop-po penose .

Urso Vicari Pasqualina (San Cataldo,CL) per aver superato felicemente un'o-perazione in difficili condizioni psicologi-che; mentre invoca preghiere per supera-re lo stato depressivo in cui l'ha gettatal'immatura perdita del marito .C. Giovanni ( Torino) per essere guarito

in forma quasi miracolosa da una soffe-renza vertebrale per la quale sembravanecessario almeno un busto ortopedico .Cappa Rina (Torino) per la buona riu-

scita dell'operazione subita dalla nuora .Casalino Pierluigi (Laigueglia, SV) per

aver salvato il papà da morte sicura, e pergli altri favori ottenuti ai suoi cari .Gianna D . (Tortona, AL) per aver ritro-

vato un anello che costituisce per lei uncaro ricordo .

4NTO SPAVENTO E POCO M

Mia figlia col mari-to e un tenero figlio-letto di 15 mesi viag-giavano in macchinaquando un'altra ta-gliò loro improvvisa-mente la strada, e sirovesciarono in unfosso. Papà e mam-ma abbracciarono ilbambino, disposti amorire pur di salvare

la vita a lui . Ma l'Ausiliatrice, Don Bosco ei Santi salesiani, che sempre invocanocon fiducia, li salvarono : se la cavaronocon tanto spavento e poco male, e il pic-colo neanche un graffio .Santhià (VC)

Caterina Bria Burdino

PREGAVA : RA NOI PICCOLICI DOBBIAMO AIUTARE

Il mio bambino di 7anni giocando caddee ne riportò una seriaorchite. Il dottore or-dinò delle iniezioni,che non ebbero nes-sun risultato . Unprofessore ci disseche bisognava ope-rarlo, asportando laparte malata . Ma iomi rivolsi a San Do-

menico Savio, e anche il mio bambino lopregava dicendo : «Mi devi far guariresenza operazione, perché fra noi piccoli cidobbiamo aiutare» . E promise di mandaretutti i suoi risparmi alle opere di don Bo-sco. Ma le cure sembravano inutili, e dopoun mese lo riportai dal professore per l'o-perazione . Egli lo visitò attentamente, epoi mi domandò se credevo ai miracoli :trovava il bambino del tutto guarito, equesto per lui era un miracolo . Così lo ri-mandò a casa, incoraggiandolo a mante-nere la promessa fatta .Palermo

Rosalba Tantillo

ESTA BAMBINA STA VIVENDO

II 1° maggio 1979 la mia cara nipotinaSilvia di 13 mesi fu coinvolta in un inci-dente stradale e ridotta in gravi condizioni .Portata immediatamente all'ospedale, ilprofessore affermò che le restavano po-che ore di vita . Ma con amore e compe-tenza vennero apprestate tutte le cure ne-cessarie, mentre tutti i membri della fami-glia si raccolsero in fervida preghiera, af-fidando la bambina alla protezione di SanDomenico Savio .

La situazione perdurò gravissima fino almattino del 6 maggio, festa liturgica di sanDomenico Savio . Intensificammo la pre-ghiera, con la promessa di rendere pub-blica la grazia . Proprio quel giorno si av-vertì il primo lievissimo ma chiaro miglio-ramento. Nei giorni successivi il migliora-mento continuò lentamente, ma in modosicuro, tanto che i medici affermavano :«Questa bambina sta vivendo un vero mi-racolo» . II 10 giugno fu restituita alla fa-miglia pienamente guarita .Mappano (Torino) Bono Irma e famiglia

)I CORAGGIOIIE NE OCCORREVA MOLT(

I

Invio questa lettera al Bollettino peradempiere alla promessa fatta all'iniziodella gravidanza, quando lo attendevo conansia per poter trovare coraggio nelle let-tere scritte in ringraziamento alla Verginee ai cari Santi salesiani . Perché di corag-gio me ne occorreva molto per portareavanti una gravidanza tanto desiderata masconsigliata da alcuni medici a causa deifarmaci presi nel primo mese, quando an-cora non sapevo di essere in attesa . Lapaura di avere un bambino menomato miterrorizzava e la scienza non poteva farnulla per tranquillizzarmi . I medici ne par-lavano freddamente, come non si trattassedi una creatura, ma di un oggetto da te-nere o meno . Mi raccomandai tanto alla

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Brasilia : interno del tempio che il presidente Kubitschek volle dedicato a San Giovanni Bosco .

Vergine e al santo protettore delle culle,Domenico Savio ; e dopo nove mesi sonodiventata una mamma felice : un partonormale, sereno, con un bel bambino sa-no e robusto .So che tante donne hanno vissuto

un'esperienza simile alla mia, perciò vor-rei dedicare questa lettera a chi è neldubbio, a chi non ha il coraggio di sperare,a chi ha già deciso ; vorrei che desse con-forto e speranza, ma soprattutto fede inColui che di lassù ci vede e ci ama .Alessandria

Ornella Bianchi

IIMMA scDVnencA rfnvGMA

Ricoverato d'urgenza all'ospedale perun'improvvisa emorragia dovuta a gastriteintestinale, di cui soffrivo da tempo, i me-dici volevano tentare un'operazione, delcui esito dubitavano . A chi potevo rivol-germi se non a san Domenico Savio, chegià altre volte si era mostrato valido inter-cessore presso Dio? Assieme ai miei, fecicosì come potei una fervorosa novena alcaro Santo . I giorni passavano nell'incer-tezza e nell'ansia, ma alla fine i mediciconstatarono con meraviglia che non solonon c'era più bisogno di operazione, mache ero perfettamente guarito .San Cataldo (CL)

Antonino Calà

RINGRAZIANO ANCORASAN DOMENICO SAVIO

Settellino Gina (Alba, CN) per una gra-zia già ricevuta e per un'altra di ordinespirituale che le sta ancora più a cuore .Sgobbi Beniamino e Annamaria Trom-

bin ( ontanafredda, PN) per la perfettaguarigione della loro piccola dopo unagrave caduta .

Simonetti Russo Maria (Bari) per esserestata liberata da una penosa situazione dimalevolenza dopo fervide preghiere a DonBosco .Stagno Carmelo (Trapani) per aver feli-

cemente risolto una difficoltà di ordine in-teriore .Coha Angelo e Maria (Torino) per la fe-

lice nascita di Luciano dopo due gravi-danze non portate a termine .

Corvo Giuseppina P . (Pietraperzia, EN)per aver scongiurato una grave anemia alsuo bambino, messo sotto la protezionedel Santo ancor prima della nascita .

Cultrera sac . Salvatore (Pedara, CT) perla sorella allietata dalla nascita di unabambina tanto attesa .

errari-Crivelli Anna e Damiano (Mas-sagno) per la felice nascita della piccolarancesca Maria nonostante i timori che

precedettero il parto .Guazzotti Lauretta (Alessandria) per

aver ottenuto un bambino sano e buonocontro tutte le difficoltà dell'attesa .

Parecchio tempofa ero ricoverata al-l'ospedale San Vitodi Torino . Avevo su-bito un interventochirurgico, e già daqualche giorno mialzavo quando unmattino venni colpitaimprovvisamente daun «ictus» cerebraleche come un fulmine

guizzante mi accecò, mi fece perdere isensi e non capire più nulla . Come unglobo di fuoco, con tutti i colori dell'iride,mi aveva attraversato il cervello e spentitutti i sensi . Stetti per una settimana tra lavita e la morte senza capire - né vederenulla, curata però da valenti professoriche si prodigarono per salvarmi .

Una notte feci un sogno strano . Vidil'America meridionale con la sua meravi-gliosa flora dai colori bellissimi, dominatada una grande fascia luminosa che l'at-traversava dall'Atlantico al Pacifico, e sul-la quale era scritto a caratteri cubitali :Zeffirino Namuncurà . Quando avevo giàudito quel nome? Al risveglio ebbi la sor-presa di sentire che stavo lentamente ri-prendendo coscienza : mi ricordai dov'ero,capivo qualcosa, ma gli occhi continua-vano a essere colpiti da scotomi che miimpedivano di vedere . Mi tornò in mente ilsogno, e cominciai a raccomandarmi alfiglio del grande cacico, giunto alla santità

tra i igli di Don Bosco . Dopo qualchegiorno cominciai a vedere un po' di luce,poi a distinguere le cose e le persone chemi stavano accanto, e riacquistai la paro-la. Allora presi a narrare a tutti il sognofatto, ed ero così entusiasta di Zeffirinoche i professori non mi chiamavano piùsuor Maria, ma suor Zeffirina . Giorno dopogiorno il cervello e i sensi ripresero a fun-zionare . Continuai a pregare il ven . Zeffi-rino finché potei ritornare alla mia casareligiosa e riprendere il lavoro . Ora prego ilprincipe araucano, il «giglio della pampapatagonica», perché mi ottenga una santamorte, quando piacerà al Signore chia-marmi a sé .Torino

Suor Maria Colomba MA

Proprio mentremia figlia era noviziadelle MA, mio mari-to si ammalò di sili-cosi, dopo 22 anniche lavorava in unacava di cemento .Voleva licenziarsi,ma come trovare al-tro lavoro? Una suo-ra di Lu, il paese diDon Rinaldi, mi con-

sigliò di rivolgermi a lui . Don ilippo Ri-naldi ci ha ascoltati : mio marito è riuscito atrovare un altro lavoro confacente alla suasalute . Lo ringrazio anche per mio figlio,exallievo del Colle Don Bosco, che è riu-scito a trovare lavoro mentre continua glistudi .Grazzano (Asti)

Mariuccia Alasio

RINGRAZIANO ANCORA DON RINALDI

Cangemi Maria Costa (Barcellona, ME)per la pace e la serenità tornata tornata infamiglia grazie alla sistemazione definitivadel figlio nell'insegnamento .Ceppi G . (Lecco, CO) per la guarigione

di un fratello che «solo un miracolo potevasalvare», perché i medici l'avevano ormaispacciato .

Amato Crocifissa - Augello Salvatrice - Baffi Daniele Te-resa - Baracco Anna e Pina - Battista Concettina - Be-chelli Rosina - Berard Luisa - Berthod Chabod AnnaMaria - Boeris Rita - Bonfantio Marina - Borgna ederico- Bruni Mary - Buratti Anna Maria - Cacioli Sira - Camo-nita Antonino - Camusso Virginia - Caprioglio Eugenia -Carpinello Carla - Carullo Vittore - Cavagliano Rosanna -Colabianchi ved . Giulia Maneja - Comoli Silvia - DallaGuida Maria Antonietta - Daro Peter e Carolina - DeCampo Maria - De Giorgi Maria - De Giorgi Clelia - Deli-santi Rosa - Delladio Rosina - Demartini Rosetta - DiCicco Michele e Antonietta - Di Piazza Giuseppe - ori-saldi ina - edalto Bruna- Gaggioli Angelina-GagliardiGina - Garuffi Giuseppe - Gastaldi Antonio - GonellaMaria- Grande Mariaguaschi Stefano - Guttilla Serafina-La Corte Gìuseppa - Lento Stefania - Lo monaco Angela- Lucconi Maria - Lurgo Giovanni - Magni Monica -Mambrin Vittorio - Marangoni Lino - Marseglia Gisella -Marseglia raziella - Martinotti Camilla - Meli Rosina -Merlo Rosa - Messina rancesca - Mongiavi Marianna -Morandi Irene - Morello Maria - Motta Giovanni - Musu-raca Cecilia - Nicola Pasqualina - PASERO Maria - PelleAdelina - Pintavalle ranca - Pivetta lora - Poli Mario -Poretto Caterina - Prandini Orsola - Raimondi D . Giu-seppe - Randazzo Maria elice - Ravasio Bastasin -Ronco Giuseppina v. Rubino - Rosin Maddalena - Ros-setti Rosa - Salvo Giuseppa - Sandroni Alba - SaporitiGiuditta - Scaccabarossi Carla - Scribano Maria - Sea-tena Vicuna - Seriani Silvana - Spotti Ernestina -TaldoneAngela - Terzi Armida - Torriglia ranca - Vietto Adelina -Vizzini Carmela -Zingales Nancy

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Preghiamo per i nostri morti

ARDU VINCENZO salesiano coadiutoret a Gualdo Tadino (PG) a 72 anni

Avrebbe desiderato diventare sacerdote,ma disturbi visivi che lo tormentarono pertutta la vita glielo impedirono . Scelse al-lora la vocazione del coadiutore, e si donòcon amore ai vari uffici che gli furono affi-dati, dimostrando un profondo attacca-mento alla Congregazione. OrganizzòScouts, fu abile capocomico e possedevauna facile vena poetica che espresse nellepiù diverse occasioni come svago educa-tivo . La sua morte fu serena e dolce comela sua vita.

BENVENUTI VITTORIO salesiano coa-diutore t a Milano a 67 anniu un lavoratore silenzioso e forte . Per

ben 43 anni fu il sacrestano, cioè il custo-de delle cose sacre, nella basilica di San-t'Agostino a Milano . Ha faticato, sofferto,gioito; ha esercitato un vero ministero : haincontrato tanta gente, lieta e triste, l'haincoraggiata, l'ha indirizzata al confesso-re, ne ha ascoltato le necessità, si è unitonella preghiera. Sempre in compagnia delSignore : l'occhio attento a tutto, il cuorerivolto a Dio .

BERETTA GIUSEPPE salesiano coa-diutore t a Novara a 65 anniDi origine bergamasca, era entrato inCongregazione in età adulta. La sua vitareligiosa fu animata da profondo spirito dipietà liturgica e di devozione al Papa . Dianimo semplice, sempre disponibile alservizio, accettò i disagi della salute ca-gionevole, solo preoccupato di non recardisturbo. II Signore lo chiamò all'improv-viso, ma preparato, dalla mensa terrenaalla mensa celeste .

BONGIANINO MARIA MADDALENAcooperatrice t a Roppolo (VC)Ottima madre di famiglia, educò cristiana-mente i suoi figli, ed ebbe la gioia di ve-derne una tra le MA, suor Maria . u assaigenerosa verso le opere e le missioni sa-lesiane . In particolare aiutò la casa diVercelli nei gravosi lavori degli inizi, e lacasa di Cogne, coadiuvata dal marito, ilbuon "papà Vico" . Passò gli ultimi anninella casa di Roppolo, nella preghiera enel raccoglimento. La morte la colse dopoche si era preparata partecipando confervore agli Esercizi Spirituali delle MA .

CASALEGNO COSTANZA cooperatricet a Torino a 90 anniu sempre animata da grande fede in Dio e

da fervida devozione per l'Ausiliatrice eDon Bosco. u una cooperatrice genero-

sa ; fino all'ultimo si donò alla sorella Luisae al laboratorio "Mamma Margherita" . Inun amen volò al Padre, lasciandoci l'im-magine sorridente della bontà semplice edell'umiltà gentile.

CAVANNA mons. NICOLA, vescovo diAsti t ad Asti a 64 anniEbbe un cuore grande per tutti, profondorispetto per ogni persona, generosità in-stancabile nel servizio pastorale. II sorrisoche gli era abituale manifestava la serenitàe l'ottimismo del suo animo . Cooperatoredi Don Bosco, ne possedeva quasi pernatura lo spirito, e di esso improntò la suavita di pastore: come parroco ad Alessan-dria, poi vescovo a Rieti e Asti, seguendosempre le iniziative del Centro Coopera-tori, partecipando alle conferenze annualie alla festa di Don Bosco .

CORRADO ANTONIO salesiano coad .t a Castellammare (NA) a 57 anni

«Signore Dio, prima di ogni altra cosa siafatta la tua Volontà, sempre e in tutto» : fu ilprogramma della sua vita, che si tradussein un'attività instancabile, nonostante icontinui disturbi di salute . I confratelli loricordano sempre al servizio degli altri,scegliendo per sé l'ultimo posto, la faticanon appariscente, l'umile presenza nel la-voro materiale . E poi il suo stile immediatodi ringraziamento per tutti quelli che glirendevano anche il più piccolo favore .«Qualunque lavoro onesto dà a Dio gloriae a noi grazia», lasciò scritto . Per lui, ora,la grazia del premio eterno.

DE SANTIS MARIA BOSAGINE coope-ratrice t a Teano (CE) a 82 anniVisse per Dio e per la famiglia, sostenutada una fede incrollabile e dalla recitaquotidiana del rosario . La sua opera be-nefica era tutta dedicata a Don Bosco, dicui era tanto devota, e si esprimeva inmodo particolare nell'aiuto alle personepiù povere e bisognose.

ONTANA MARIA cooperatricet a Borgomanero (NO) a 74 anni

Donna serena e generosa, umile e attiva,fu sempre disponibile anche al serviziodella parrocchia . Irrobustiva la sua vitareligiosa con la partecipazione assiduaagli Esercizi Spirituali .

PADULA GEMMA ved . GRECO coope-ratrice t A Gaeta (LT) a 80 anniu zelante e affezionata cooperatrice del-

l'opera di Gaeta fin dai suoi inizi . ecepropri gli ideali di Don Bosco e ne portò lospirito nel mondo della scuola, campo del

A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-sciuta giuridicamente con D .P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTOSALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-cevere Legati ed Eredità .

ormule valide sono :

- se si tratta d'un legato : « . . .lascio alla Direzione Generale OpereDon Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per lemissioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire. . .,(oppure) l'immobile sito in . . . per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-

suosuo apostolato per molti anni . La sua pietàprofonda si esprimeva nella preghiera enella pratica sacramentale, nella devozio-ne all'Ausiliatrice e a Don Bosco .

PELIZZARI RANCESCOcooperatore t ad Acqui (AL)

Era venuto su «dalla gavetta', come di-ceva lui . Con lavoro duro e assiduo giunsea posti di alta responsabilità, e legò il suonome allo sviluppo della Banca Popolaredi Novara nella sede di Acqui . In campobancario fu un vero esperto. Ma fu ancheun uomo di chiara fede, orgoglioso di ap-partenere all'Azione Cattolica parroc-chiale, al gruppo dei Cooperatori salesia-ni, e di avere una sorella MA.

PELLEGRINO GIOVANNA VED . R Ecooperatrice

a Dronero (CN) a 90 anniEducò ben 11 figli con l'esempio e la pa-rola, vivendo in pienezza il suo credo cri-stiano. Al Signore consacrò lietamente sr.Angela, sr . Lucia e sr. Lea nell'istitutodelle MA, e per questo meritò uno spe-ciale diploma con medaglia di cooperatri-ce dal Rettor Maggiore don Renato Zig-giotti . La sua vita si svolse nel duro lavorodei campi, nell'attenzione premurosa allanumerosa famiglia e nella preghiera, dacui attingeva la forza per superare le provee le sofferenze immancabili della vita .Trascorse gli ultimi 10 anni in casa di ri-poso, cercando ancora di rendersi utile, esoprattutto pregando, nell'attesa quasiimpaziente di congiungersi con Dio .

PUNZI MONS. QUIRICO cooperatoret a Cisternino (BR) a 99 anniamoso latinista, medaglia d'Oro al merito

della Pubblica Istruzione, spese la sua vitaper la gioventù studiosa. Per offrire ai figlidelle classi più umili la possibilità di stu-diare donò tutto, anche la casa costruitada suo padre. u cosi tra i fondatori dell'i-stituto salesiano della città, e poi di unarinomata scuola magistrale . Amava l'Au-siliatrice e Don Bosco, e le sue ultime pa-role furono sulla fortuna di Cisternino diospitare un'opera salesiana .

ROSINA GIOVANNI exallievo e coope-ratore t Acqui Terme (AL) a 67 anniormò la sua giovinezza alla scuola di Don

Bosco nell'istituto di Novara, e divenneanimatore operoso del Centro Coopera-tori di Acqui Terme . Era un cristiano senzacomplessi e senza bigottismi, convintodelle proprie scelte, fedele alla Chiesa .Senti il suo "essere cristiano" come im-

pegno di vita e di azione, e ne diede provanell'esercizio del suo lavoro quotidiano enella donazione entusiasta a ogni opera dibene, specie all'O TAL, che ebbe in luinon solo un barelliere insuperabile, maanche un apostolo infaticabile e ottimista .

SALA VILLA EUGENIA cooperatricet a Milano a 60 anni

Rimasta vedova ancor giovane con 4 figlipiccoli, non si perse d'animo ma con co-raggio e fiducia nell'aiuto di Dio affrontòun faticoso lavoro per dare ai suoi figli unadecorosa sistemazione . E proprio quandopoteva godere i frutti delle sue fatiche, unmale poco noto la portò alla tomba, assi-stita dai figli e dalla sorella MA . La Ma-donna, di cui era tanto devota, e Don Bo-sco di cui aiutò sempre le opere, l'hannocondotta alla Casa del Padre per il premiopiù grande .

SCAMPINI sac. GIUSEPPE salesianot a Roma a 46 anni

La sua famiglia era profondamente cri-stiana (altri due suoi fratelli, su tre, segui-rono la vocazione sacerdotale) . Volle es-sere figlio di Don Bosco e chiese « la gra-zia di andare in missione, dove e quando isuperiori avessero voluto' . Essi lo trova-rono maturo e lo mandarono diciasset-tenne nel Mato Grosso (Brasile). Negli an-ni di formazione lo incaricarono di«orientare e dirigere come assistente eguida i suoi compagni di studio' . Com-pletò la formazione filosofica e teologicain Italia ; tornato in Brasile, dapprima sioccupò della formazione dei salesiani ; poilavorò nella scuola superiore di Lins e in-fine a Campo Grande dove diede il megliodi sé. u preside della facoltà salesiana diDiritto, e fondatore e preside della facoltàdi Servizio Sociale . «Era un collega piùche un superiore . Riusciva sempre a tro-vare una soluzione mettendo d'accordogreci e troiani» . u anche apostolo deicarcerati ; fondò un'associazione che sipreoccupava del loro ricupero ; chiamò alavorare in essa docenti e studenti dellasua università; ottenne una riforma del si-stema carcerario . « Difendeva il colpevole,senza difendere la colpa» . «Con padreScampini - ha detto un carcerato - hoimparato che Cristo vive anche qui, dentroquesta prigione, e dentro il mio cuore » .Poi un male incurabile per due anni lo as-sociò alla passione di Cristo . « Il mio desi-derio è tornar a lavorare tra i giovani, il miocuore è nel collegio Don Bosco» . Ma ac-cettò dal Signore la difficile rinuncia, e fe-ce della malattia una lezione di fede e diamore . Alla prima messa aveva scelto ilmotto : « Signore, tu sai cheti amo» . Le sueultime parole furono quelle dell'apostoloGiovanni : «Vieni, Signore Gesù' .

VALENTINI ANNUNZIATA VED. D EPAOLIS cooperatriceGrande devota di Don Bosco, mise sotto

la sua protezione fin dall'infanzia i suoi trefigli, due dei quali divennero sacerdoti . ucooperatrice fedele e benefattrice gene-rosa sia con offerte continue (anche sulletto di morte), sia e più ancora, con la suapreghiera e il suo sacrificio,

colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione, diculto e di religione» .

- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno ol'altro dei due Enti su indicati :

« . . .annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomi-no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco consede in Roma (oppure l'istituto Salesiano per le Missioni con sede inTorino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, pergli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione» .

(luogo e data)

(firma per disteso)

Page 35: RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA ONDATA DA SAN …biesseonline.sdb.org/1980/198009.pdf · 2011. 1. 17. · Gli scugnizzi sono ab aeterno, 28 Messico. Ecco i tuoi figli di Coacalco,

Borsa : In suffragio di elicina, Salvatore eGiosuè, a cura di Costagliola Nicola, Pro-cida (NA) L. 500 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,per grazie ricevute, a cura dell'exallievoT.O. L . 500.000

Borsa : A suffragio di mamma Irma Motto,a cura degli ex-allievi del figlio Don ran-cesco L . 300 .000Borsa: Don Luigi Nano, per riconoscenza,a cura di un exallievo L . 250 .000Borsa: Maria Ausiliatrice e S . DomenicoSavio, per grazie ricevute e invocandoprotezione per la famiglia, a cura di N .N .(Aquila) L . 250 .000Borsa : Sr. Onorina Lanfranco, a cura diLanfranco Luigi, Torino L . 200.000

Borsa : Don Antonio Ressico, a cura diLanfranco Luigi, Torino L . 200 .000Borsa : Don Bosco e Don Rua, a cura diMaria Rosetta e Luciano (TO) L . 200 .000

Borsa : A ricordo di Don G .B . Magistrelli,salesiano, a cura delle Cooperatrici sale-siane di Modena L . 200 .000Borsa : S . Domenico Savio e Santi Sale-siani, chiedendo ancora protezione, a cu-ra di E . . Reggio Emilia L . 200 .000Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in suffragio dell'ex allievo SerafiniAlfonso, a cura degli ex allievi di Biella L.150 .000

Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco eDomenico Savio, invocando protezione, acura di Vinante Pierino e Rita, Tesero (TN)L .120 .000

Borsa : Divina Provvidenza, a cura di Bo-glione rancesco, Torino L . 120 .000Borsa : Don Bosco, a cura di Sardelli Anna,Pagani (SA) L. 100 .000Borsa : Gesù Sacramentato, Maria Ausi-liatrice, Santi Salesiani, per impetraregrazie, a cura di Viberti-Cerri-La Morra(CN) L . 100 .000Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in suffragio dei miei defunti e invocan-do grazie per la famiglia, a cura di SollaiCristiforo Iglesias (CA) L . 100.000Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, proteggete me e i miei cari, a curadi Cellini Rino, Bologna L . 100.000Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in ringraziamento e implorando

Scolaretta africana attenta alla lezione . ( oto Unesco)

Solidarietà missionaria

Borse di studio per giovani missionari salesianipervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco

grazia particolare, a cura di Pugliesi Alina,Nepi (VT) L . 100 .000

Borsa : Maria Ausiliatrice, implorando unaparticolare benedizione sulla mia famiglia,a cura di Rocco Rosa, S . Donato MilaneseL .100.000

Borsa : SS. Cuori di Gesù e di Maria eSanti Salesiani, in ringraziamento e perlasalute dell'anima e del corpo, a cura diMonsorno Rosa, Cavalese (TN) L . 100.000Borsa: Don Bosco, in ringraziamento einvocando protezione, a cura di antinatoLino, Gallarate (VA) L . 100.000

Borsa: Don Bosco, invocando grandegrazia, a cura di Capisano Lina, Saluggia(VC) L. 100 .000Borsa : A Dio, nostro Creatore e Salvatore,ringraziando per le grazie ricevute ad in-tercessione di Maria Ausiliatrice e deiSanti Salesiani, a cura di Nicola Giovanni,Torino L . 100.000

Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffragio del-la moglie Giovanna, a cura di PelliccioniGiovanni, Lucca L . 60 .000Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, in suffragio di Paolo Gaminana, acura dei cognati G .N . L. 60.000

BORSE DI LIRE 50 .000

Borsa : S . Giovanni Bosco e Don Cimatti,aiutatemi, a cura di Carobbio CamillaBorsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, implorando grazie, a cura di N .N ., Poi-rino

Borsa :Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, implorando grazie perla figlia, a cura diNizza Orsolina in Allasina, Venasca (CN)

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Rinaldi, inringraziamento, a cura di Solina Angela,Livorno

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Giovanni

Bosco, in ringraziamento e in suffragiodella mamma e del fratello Elio, a cura diNicolussi Nella in GrecoBorsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, inringraziamento e invocando protezioneper particolare grazia, a cura di TealdiProf . Clelia, Mondovì (CN)Borsa : Maria Ausiliatrice, in memoria esuffragio del mio caro papà Angelo Gatta .Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Rinaldi,invocando protezione sulla famiglia, a cu-ra di Savio E., Chatillon (AO)

Borsa: Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco e S. Domenico Savio, invocandoprotezione e grazie, a cura della amigliaGastaldi, ossano (CN)Borsa : S. Domenico Savio, ringraziando einvocando protezione, a cura della mam-ma Delia Miola e della nonna Pina Nosen-zaBorsa : In ricordo dei nostri parenti e amici,a cura di Calvi Dr . Alfonso e Maria, S . Ma-ria Maggiore (NO)

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in ringraziamento e invocando prote-zione, a delle Sorelle Aymonin, TorinoBorsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, a cura di Pugno Ines, TorinoBorsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco eDon Rua, per intercessione di grazie e insuffragio dei defunti, a cura di L .D .T ., To-rino .Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, in ringraziamento, a cura di C.M .T . ev .M .

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, per grazia ricevuta, a cura di Al-fredi Edoardo, TorinoBorsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, a cura di N .N ., San Cristoforo (AL) .

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, a cura delle Sorelle issore.

Borsa: In suffragio di Corgnati rance-sco-Agata e Spassino Paolo, a cura diN .N ., SanthiàBorsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in ricordo del papà Giuseppe, acura della figlia errando Adriana, Torino

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, a suffragio di Garrone Andrea eCorbellaro Maria, a cura della amigliaCasella

Borsa : Don Bosco e Don Rua, in suffragiodi Garrone Andrea e Corbellaro Maria, acura della amiglia Casella

Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, per grazie e protezione, a cura di O .Prosperina SpinaBorsa : Don Bosco, a cura di Righi Augu-sto, ModenaBorsa : Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,Papa Giovanni, in suffragio dei miei de-funti, a cura di Monti Vittorina v . Buffalora,S. Salvatore Monf.Borsa: S . Domenico Savio, in ringrazia-mento e invocando protezione, a cura diEttore e Maria Pelizza

Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, implorando protezione e in memoria diGiovanni Nicotra, a cura della moglie

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, invocando grazia particolare, a

cura di Galli Teodora, VareseBorsa : Maria Ausiliatrice, tienici sempretutti nel tuo cuore di Madre, a cura di MerloMaria L . Pontello, RomaBorsa : In suffragio dei defunti Calcagno-Maragliano, a cura dei coniugi Vito Cal-cagno e Maria Maragliano .Borsa : In memoria e suffragio di MarosoAlfonso, nel 18 ° anniversario della morte,a cura della amiglia Maroso .Borsa : In memoria di Don Luigi araci, acura dei professori dell'istituto Salesianodi CasertaBorsa : Don Bosco, proteggi noi tutti, acura di Marchese Cristina e A ., GenovaBorsa : Maria Ausiliatrice e S. DomenicoSavio, in suffragio di mio marito, a cura diN.N., CuneoBorsa: Alexandrina da Costa, a cura dellaamiglia G .R .

Borsa: S .a Maria Mazzarello, per graziaricevuta e invocando protezione, a cura diCaporali B . Rosina, RomaBorsa : Maria Auxilium Christianorum, orapro nobis, a cura di N .N ., Viarigi (AL)Borsa : Don Bosco, a cura di Sità austo,Torino

Borsa: Maria Ausiliatrice e S . DomenicoSavio, per grazia ricevuta e invocandoprotezione per Nicoletta, a cura della a-miglia Bassi .Borsa : Don Rua, in suffragio dei miei ge-nitori Antonio e Palmina, a cura di Para-secoli don Nazzareno, ilottrano (AN)Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco,Don Rua, in ringraziamento e invocandoprotezione, a cura di Brusaschetto Agne-se, Villadeati (AL)

Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-ni, invocando protezione, a cura di Dori-guzzi B . Luigi, Danta di Cadore (BL)

Borsa: S. Giovanni Bosco, per grazia ri-cevuta, a cura di Baroncelli amigliaBorsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, insuffragio dei defunti e invocando benedi-zionisulla famiglia, a curadi Girelli M . LinaBorsa : Don Rua, Don Rinaldi, in suffragiodei miei defunti e per una grazia, a cura diPattoni Ersilia, Gravellona Toce (NO)

Borsa : S. Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-ce, S. Giovanni Bosco, per grazia ricevu-ta, a cura di Gugliucci Goffredo, Salerno

Borsa : Don Bosco, chiedendo protezioneper i miei figli, a cura di G .G .B ., Catania

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco, S .Domenico Savio, per grazia ricevuta, acura di Cavigioli Annamaria, Gozzano(NO)

Borsa : S . Domenico Savio, a cura diGrasso Antonio con amici ed exallievi,CasertaBorsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco e S. Domenico Savio, proteggete imiei nipotini Stefano e Serena, a cura diermenti Luisa, Sacconago (VA)

Borsa : In memoria e suffragio di Gian-nantonio Berretta, a cura di Annoni Virgi-nia, Rqnica (BG)

Borsa : S . Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-ce, Papa Giovanni, proteggete il mio ni-potino Paolo, a cura di Clerici ortunato,Dronero (CN)

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Spedii. in abbon . postale - Gruppo 20 (70) - la quindicina

TERESIO BOSCO

VIAGGIOVERSO LA VITA

AWISO PER ILPORTALETTEREIn caso diMANCATO RECAPITOinviare a

TORINOCENTRO CORRISPONDENZAper la restituzione al mittente

Nel suo viaggio verso la vita il pre-adolescente si trova ad affrontare nu-merosi ed inquietanti problemi : primifra tutti, la conoscenza di se stessodal punto di vista psicologico, affet-tivo, intellettuale ; la scelta di un mo-dello di vita a cui ispirarsi (cristiano,marxista o consumista) ; il modo concui inserirsi attivamente nella società(partecipare ai consigli di classe, aimovimenti di quartiere, alla vita po-litica del Paese) .A tutto questo il ragazzo giunge spes-so sprovveduto, disorientato, assillatoda innumerevoli dubbi . Con questolibro Teresio Bosco vuole aiutarlo avederci più chiaro, a leggere meglioin se stesso, a comprendere i difficilimeccanismi che regolano la società,la politica, l'economia, i mass-media,il potere. Affronta temi come l'infla-zione, la disoccupazione, il terrorismo,l'emigrazione, il femminismo, la dro-ga. Traccia una breve storia dei partitiitaliani, dei loro leaders, delle diverselinee politiche ; spiega perché è giu-sto che si lotti per abbattere i con-fini, per costruire un'Europa unita .Con poche parole concise, semplicie chiare, egli risponde alle domandesommesse che, quotidianamente, leg-ge negli occhi dei giovani .

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SOCIETÀ EDITRICEINTERNAZIONALE

TORINO