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RIVISTA FONDATA DA S. GIOVANNI BOSCO NEL 1877 Ottobre 2008 Mensile - Anno CXXXII - nr. 9 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PD Spedizione nr. 9/2008

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RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Ottobre 2008Mensile - Anno CXXXII - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2008

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Sulla soglia dei qua-rant’anni, Don Boscoha preso consape-

volezza che Dio lo chia-mava a una missione tra igiovani e che nell’Orato-rio avrebbe raggiunto loscopo della sua vita. L’O-ratorio si inserisce cosìnell’economia della salvezza,come risposta a una vocazionedivina, non come un’opera fondatasulla buona volontà di una persona.Ma dovette superare molti ostacoli:difficoltà nel radunare i giovani,mancanza di risorse economichee ambienti adatti, necessità di unanuova strategia pastorale e di un’i-nedita proposta di formazione comerisposta all’immigrazione che in die-ci anni aveva visto aumentare lapopolazione di Torino del 17%3. Eglinon considera lo sviluppo economi-co cattivo di per sé; l’istruzionepopolare – che suscita le appren-sioni degli ambienti più conservatori– non la vede come un male daesorcizzare, ma come una risorsa

sa del tipo di uomo che si vuoleformare. Al centro vi è la personadel giovane, visto nella totalità dellesue dimensioni (corporeità, intelli-genza, sentimenti, volontà) e deisuoi rapporti (con se stesso, con glialtri, con il mondo e con Dio). IlPEPS presta un’attenzione priorita-ria ai giovani più poveri e in diffi-coltà. Prima ancora che un testo, èun processo mentale e comunita-rio di coinvolgimento, chiarificazio-ne e identificazione, che tende agenerare sinergie operative attornoa criteri educativi, obiettivi e linee diazione comuni, evitando così ladispersione nell’azione. II PEPS èla “carta d’identità” di ogni operasalesiana. La società è sempre piùcomplessa e globale; emerge unacultura planetaria di natura massifi-cante e di carattere pluralistico,dove i mezzi di comunicazionesociale diffondono con rapidità valo-ri, linguaggi, criteri, modelli e stili divita sovente contradditori e ambigui.Con frequenza i giovani si trovanosoli nella ricerca di senso; timorosidi fronte a un futuro incerto, incapa-ci di decisioni chiare e di lungadurata. Famiglia, scuola e Chiesasembrano perdere il ruolo privile-giato di riferimento che avevano untempo. In questa situazione il PEPSdeve presentarsi come un’offertavalida che, prendendo il giovanenella sua realtà concreta, favoriscain lui un processo che lo conducaalla piena maturità umana, lo rendaprotagonista della propria vita.

da valorizzare per la forma-zione dei giovani. Presoatto che le strutture eccle-siastiche “organizzate” nonreggono, nel confrontocon gli squilibri sociali e imutamenti culturali, tentanuove vie, apre nuovi frontia vantaggio dei giovani

sradicati dal loro habitatnaturale e prospetta nuovi e più

coraggiosi orizzonti educativi4, dan-do vita a iniziative e opere. Cosìredige il “Piano di Regolamento perl’Oratorio” per mettere in opera ilproprio stile educativo: è la primapietra del “Progetto Educativo/Pa-storale Salesiano”, il PEPS.

LO STRUMENTO OPERATIVO

Il PEPS è la mediazione storica elo strumento operativo della missio-ne salesiana, la manifestazione del-la mentalità progettuale che deveguidare lo svolgimento della missio-ne nelle diverse opere, la guida delprocesso per incarnare la missionein un contesto determinato, laproposta e la formulazione preci-

EDUCARECON IL CUORE DI DB

IL PROGETTO EDUCATIVO“Il Progetto educativo salesiano è l’elemento d’inculturazionedel carisma”1. “[Esso] orienta e guida un processo educativo

dove i molteplici interventi, risorse e azioni si intreccianoe si articolano al servizio dello sviluppo

graduale e integrale della persona del giovane”2.

STRENNA 2008di Pascual Chávez Villanueva

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OTTOBRE 2008 BS

Ragazzetti di Torino(Dalla fiction “Don Bosco”).

Al centro del PEPS vi èla persona del giovane, vistonella totalità delle sue dimensioni(corporeità, intelligenza,sentimenti, volontà).

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In copertina:L’amicizia non deve

essere un problema mauna risorsa; è comunquemateria grande e delicata

che impegna genitoried educatori allo spasimo.Foto: Cipriano Demarie

Ottobre 2008Anno CXXXII

Numero 9

RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Ottobre 2008Mensile - Anno CXXXII - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2008

Mensile di informazionee cultura religiosa editodalla Congregazione Salesianadi San Giovanni Bosco

Direttore:GIANCARLO MANIERI

CHIESA12 Quo vadis Europa? (22) di Silvano Stracca

MISSIONI14 Cronaca di una bella realizzazione di A. Ela Enam e J. Beraud

VIAGGI18 L’esclusione di Giancarlo Manieri

EVENTI20 Bertie Gran Maestro / Doctor speculativus di R. Saccarello

INSERTO CULTURA23 Teatro espressione di una comunità di Michele Novelli

FMA28 Buone notizie in periferia di Maria Antonia Chinello

RUBRICHE2 Il Rettor Maggiore – 4 Ribalta giovani – 6 Lettere al Direttore – 8 In Italia & nel Mon-do – 11 Osservatorio – 16 Box – 17 Zoom – 22 Lettera ai giovani – 27 Bagliori – 30 Li-bri – 32 On Line – 34 Come Don Bosco – 36 Arte Sacra – 37 Laetare et benefacere… –38 Sfide etiche – 40 Dibattiti – 41 Note sulle note – 42 I nostri morti –43 Il mese – 44 Prima pagina – 45 Relax – 46 I nostri santi – 47 In primo piano/Focus

L’OBIETTIVO DEL PEPS

Le attese dei giovani si presentanodifferenziate. Molti si trovano lontanidalla fede quasi inconsapevolmen-te. Altri vivono una religiosità debo-le, con una pratica religiosa occa-sionale. In tutti però è possibilescorgere un bisogno di verità, diliberazione, di crescita umana, e ildesiderio, anche se implicito, di unapiù profonda conoscenza del miste-ro di Dio. Quindi, nella prospettivadi un’educazione che evangelizza edi un’evangelizzazione che educa,l’obiettivo del PEPS è che ogni gio-vane arrivi alla sintesi fede-culturanella propria vita: maturare unafede che costituisca il valore centra-le della persona e della sua visionedel mondo, sia aperta a tutte le sfi-de culturali, impegnata a tradurrenella prassi la propria scelta divalori; che stimoli e approfondisca iprocessi di promozione delle perso-ne secondo il modello del Vangelo.Veramente il PEPS è l’espressionedel Sistema Educativo di DonBosco in questo tempo, la media-zione storica e lo strumento opera-tivo attraverso il quale Don Boscovuole manifestare la sua passioneper la salvezza della gioventù erealizzare il sogno di fare di ognigiovane “un onesto cittadino e unbuon cristiano”. �

È possibile leggere in anticipoil prossimo numero, collegandosi

al sito Internet:http://biesseonline.sdb.org

Redazione: Maria Antonia ChinelloNadia Ciambrignoni - Giancarlo De Nicolò - Franco LeverNatale Maffioli - Francesco Motto - Vito OrlandoSegreteria: Fabiana Di BelloCollaboratori: Severino Cagnin - R.DesideratiGraziella Curti - Enrico dal Covolo - Bruno FerreroCesare Lo Monaco - Giuseppe Morante -Vito OrlandoMarianna Pacucci - Gianni Russo - Roberto SaccarelloArnaldo Scaglioni - Silvano Stracca - Maria Antonia ChinelloFotoreporter: Santo Cicco - Cipriano DemarieChiara Fantini - Tadeo Martin - Vincenzo OdorizziGuerino PeraProgetto grafico: Laura TononiImpaginazione: Puntografica s.r.l. - Torino

Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondoin 56 edizioni e 29 lingue diverse. Raggiunge 131 Nazioni,più di quelle in cui operano i salesiani.

Direttore Responsabile: Antonio MartinelliRegistrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949Diffusione e Amministrazione:Giovanni Colombi (Roma)Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova

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BS OTTOBRE 2008

1 CG24 5.2 La Pastorale Giovanile Salesiana, Ro-ma 1998, p. 26.3 F. MOTTO, Ripartire da Don Bosco, LDC2007, p. 76.4 Cfr. F. MOTTO, op.cit., p. 76.

Don Bosco a poco piùdi quarant’anni(foto archivio storico salesiano).

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RIBALTARIBALTA IOVANIGdi Gionata Di Cicco

presenza di extracomunitari sono statiambigui e di difficile gestione. La

prima legge organicasull’immigrazione è del 1998. Si sono

avvicendati sino a oggi, attraversodifferenti legislature, tentativi fruttuosi

quanto incompleti per migliorarel’approccio legislativo al fenomeno

migratorio. Il 24 giugno 2008 al Senatoè stato approvato il pacchettosicurezza, dove viene anche

contemplato il reato di immigrazioneclandestina. Le leggi del mondo

politico cercano di interpretare letensioni presenti tra i cittadini,

riflettendo le varie sensibilità di frontea un fenomeno complesso e a tratti

inquietante come l’immigrazioneclandestina. Del resto la storia insegnacome solo in maniera convulsa siano

nate dal crogiolo di popoli formesociali più o meno stabili. Noi giovanivorremmo un mondo, dove si agisca

sulle cause economiche checostringono tanti ragazzi a fuggire lapovertà. Non è solo ricacciando in

mare i clandestini che si potrà arginareun fenomeno dalle proporzioni

transnazionali. L’Europa non puòdiventare una fortezza assediata.Vorremmo poter parlare di questi

ragazzi in fuga non come la storia diuomini infami, ma come una risorsa.Del resto sui banchi di scuola il 5%

degli alunni è straniero. Il futuro saràmultietnico. Dall’altra parte vannoassolutamente compresi anche gli

atteggiamenti di paura di tanti italiani,specialmente lì dove

l’extracomunitario arricchisce la zonad’ombra di criminalità e illegalità.

Un’integrazione senza regole diventadisintegrazione. L’ingresso

sconsiderato è pura demagogia. Perl’agire di noi giovani cristiani di fronteal problema povertà-immigrazione è

giusto ricordare accoglienza emisericordia, così come ci è testimoniata

nel Vangelo secondo Luca 16,19-31dalla parabola: “Lazzaro e il ricco

Epulone”. Con una speranza sempreviva: che l’umanità non sia solo esodo,ma anche e soprattutto amore.

L’

BS OTTOBRE 2008

NAUFRAGHILa polizia di Tripoli ha recuperato un solo sopravvissuto,

e solo 40 corpi inanimati dei 150 migranti che il 7 Giugno 2008erano al largo della costa libica. Naufraghi e immigrati…

due vocaboli che stanno diventando sinonimi.

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L’ennesimo giro di vite ingoiato dalmare. Le statistiche parlano di almeno3000 vittime nel solo canale di Siciliadal 1990 a oggi esclusi i dispersi. Ad

attraversare il mare sono giovani comenoi, ragazzi e ragazze che spesso

hanno meno di 30 anni. Nessuno è ingrado di dire con certezza quante viteumane si perdono nel viaggio verso

l’Eldorado che non c’è. Analisidettagliate dell’UNHCR contano, nelsolo 2007, 12.200 persone giunte via

mare a Lampedusa. Tale cifracostituisce oltre il 60% delle 20.000

persone arrivate nello stesso periodosu tutte le coste italiane. Noi giovani

siamo indignati di fronte a questetragedie e vogliamo cercare di

riconoscere un volto umano tra lenude braccia tese dei naufraghi che

chiedono aiuto o asilo politico.Le cause dell’esodo annoverano:

guerre, carestie, persecuzioni religiosee soffocanti debiti economici che

inducono intere economie nazionali alcollasso. Circa 100 mila persone dalle

aree sub-sahariane annualmenteattraversano il deserto in viaggi di

morte, per arrivare stremati nei paesidel Maghreb dove sovente sonorinchiusi in centri di detenzione

disumani. Solo una parte di loro osaattraversare il Mare Nostrum con

imbarcazioni clandestine. I traghettatori,tremendi come Caronte, ricavano da

questi uomini in fuga centinaia dimilioni di euro. Dopo la decimazioneper gli stenti, queste orde giungono

stremate sulle coste dello Stivale.L’Italia è stata a lungo un paese di

emigrazione, e di emigranti, ma solocon un’impennata incredibile neglianni Novanta, è divenuta meta dei

sogni di masse in fuga dal sud edall’est del mondo. La globalizzazioneha incentivato i flussi migratori dalle

aree povere a quelle sviluppate,causando inediti e difficili processid’integrazione con cui la politica ha

dovuto confrontarsi per la prima volta.Anche in Italia, così come avviene inmolti altri paesi industrializzati, gliatteggiamenti nei confronti della

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fessarsi. Il suo è un permissivi-smo non lecito […]

Enrica, prov. Palermo

Cara signora, le rispondo co-me ho risposto a qualche al-tro lettore. Io ho scritto lette-ralmente: “Chi si trova nel-l’impossibilità immediata diaccedere alla confessione puòaccostarsi ugualmente alla co-munione…” . La tesi mi sem-bra chiara e logica. Dire chepuò comunicarsi chi si trovanell’impossibilità immediatadi confessarsi equivale a direche, se ne avesse la possibi-lità, si confesserebbe perché èpentito del male fatto. Ecco,ci siamo: centro di tutto è ilperdono e Dio lo concede achi glielo chiede. È dottrinadi fede. Perciò, un fedele pen-tito, disposto a confessarsiappena ne ha l’opportunità, è“in coscienza” pronto a rice-vere la comunione.Insomma, la condizione perfare la comunione è esseredegni di accostarsi a essa, eper esserne degni occorrepentirsi dei propri errori.Questo è l’essenziale. Tant’èche se uno muore pentito del-le proprie colpe anche se nonsi è confessato è salvo, comeinsegna il catechismo. Perchémai, se uno è pentito e fa lacomunione dovrebbe esseredannato? Non le sembra in-congruo e contraddittorio?Del resto, quanto ho espostoa suo tempo, non è, le ripeto,opinione personale, ma teolo-gia morale.I sacramenti in questione, si-gnora, sono due non uno solo:Eucarestia e Penitenza. Cia-scuno dei due è indipendente, èa sé, non legato all’altro comese costituissero un unico sa-cramento. Nella mia rispostaal lettore (che risale a qualcheanno fa – luglio ’05 ) ho scrittoche “restano gli obblighi mo-rali prescritti da espletare pri-ma o dopo”. Il che vuol direche l’aver assunto la comunio-ne non ha abolito l’obbligodella confessione sacramenta-le. Non c’è dunque permissivi-smo nella mia risposta.Certo può succedere che ciòche scrivo sia frainteso e/o

I DIVI. Caro direttore,[...] avevo una fiducia esa-

gerata verso un uomo dellospettacolo. Ero una fan “sfe-gatata”, come si usa dire dallemie parti che sono anche lesue. Ho fatto di tutto per avvi-cinarlo [...]. Dopo tentativi etentativi, ci sono riuscita, con-tro tutto e tutti [...], mammamia, che delusione!!! Mi per-metta di non firmarmi. Nonpretendo una risposta [...].

N.N.

Cara anonima, mi permetto dioffrirti un consiglio, non mio,ma di un vecchio poeta roma-nesco, Checco Durante:

“Pe’ nun avecce mai disillu-sione

nun annà mai vicino a le per-sone

che senti chiamà “Celebre”...“Divino”...

perché quanno l’accosti unmomentino

finischi guasi sempre da testesso

a fatte ’ste dimanne:– com’è che da vicino è tanto

fessoe da lontano pare tanto gran-

ne?”.

Ciao.

L A COMUNIONE. [...]Caro direttore, […] un’a-

mica mi ha riferito che lei auna persona che le chiedeva sesi può fare la comunione aven-do dei peccati sulla coscienzain pratica permetteva di fare lacomunione. Mi stupisce nonpoco. […] Non si può fare lacomunione senza prima con-

LETTERE AL DIRETTORE

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CONTRADDIZIO-NI DEI PRETI. [...]

Vorrei saperne di più sullecontraddizioni in cui più diuna volta cadono certi pretiper esempio il mio parroco[...] [che] una volta dicedell’assoluta impossibilitàdi errori nella Bibbia (parladi inerranza); un’altra voltache ci sono molti errori[...]. Insomma a chi vuoleprendere per i fondelli?[...]

Marsilio, Firenze

Caro signor Marsilio,nessuno vuol prendereper i fondelli nessuno.Men che meno lei cheha un nome “pesante”(Marsilio Ficino –1433/1499 – è il massimoesponente dell’umanesimofiorentino). Ragioniamo unpo’. La Bibbia – dicono i ri-cercatori – è in assoluto il li-bro più trascritto nel corsodei secoli, pensi solo che sicontano dalle 24 alle 25 milatrascrizioni (a mano), un nu-mero spropositato se si fa ilconfronto con le trascrizionidi altri testi greci o latini fa-mosi che tutt’al più raggiun-gono qualche centinaio ditrascrizioni. Questo tra le al-tre cose significa che è facileincorrere in qualche errore,nonostante la buona volontà el’attenzione del copista ama-nuense. Gliene faccio un cen-no. Esistono errori di “aplo-grafia” (dimenticare unaconsonante doppia e scriveread es. loto al posto di lotto);“dittografia” (è l’opposto:mettere una doppia dove c’e-ra una sola consonante e scri-vere ad es. notte invece di no-te); “fissione” (dividere invo-lontariamente una parola, ades. pescecane in pesce ecane); “fusione” (fonderel’ultima lettera di una parolacon la prima della successiva,il contrario insomma di fis-sione); “metatesi” (scambia-re la successione delle letterein una parola, ad es. capra di-venta carpa, trota torta, ecc.);“omofonia” (scrivere unaparola che ha stessa pronun-cia ma significato diverso da

OTTOBRE 2008 BS

Ho 58 anni e sono un uomoseparato e molto impegnatonelle opere sociali. Desiderocorrispondere con signoraper condividere i problemidella vita e gli impegni alservizio del prossimo. Ser-gio Cosentino, Via Dome-nico Morelli 5, 80034 Ma-rigliano (NA).

Mi chiamo Nicoletta e sonouna trentenne che vive a Mi-lano, mi piacerebbe moltocorrispondere con chi, comeme, crede ancora nelle picco-le cose, nelle solidarietà e nelgrande valore della famiglia.E-mail:[email protected],cell. 338/9746045.

Appelli

un’altra, ad es. loro e l’oro).Comunque, per sua (e mia)“consolazione” le dirò chegli studiosi affermano che piùo meno il 98% del testo bibli-co corrisponde all’originaledopo che le tecniche modernedi indagine hanno scovato ecorretto molti errori. C’è an-cora da dire che l’inerranzabiblica non riguarda l’orto-grafia, e nemmeno la storia,l’astronomia, le scienze, lacultura del tempo insomma,ma l’identità della fede cri-stiana: Dio c’è, è Creatore ePadre, è intervenuto nella sto-ria di un piccolo popolo, si èincarnato, ecc. Insomma chela Bibbia dica che la terra èpiatta e non rotonda, che lalepre è un ruminante, cheBaldassar è re e figlio di Na-bucodonosor (non era né rené figlio di Nabucodonosor),ecc. questo non c’entra conl’inerranza biblica.

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OGNI MESECONDON BOSCOA CASA TUAIl BollettinoSalesiano vieneinviato gratuitamentea chi ne fa richiesta.Dal 1877 è un donodi Don Bosco a chisegue con simpatiail lavoro salesiano trai giovani e le missioni.

Per la vostra corrispon-denza:

IL BOLLETTINOSALESIANOCasella post. 1833300163 ROMA Bravettafax 06/656.12.643E-mail: [email protected]

Diffondetelo tra iparenti e gli ami-ci. Comunicatesubito il cambiodi indirizzo.

BS OTTOBRE 2008

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perfino dei tuoi sentimenti epensieri. Il che vuol dire chela vita, appena nati, “passa diproprietà”. Da quando sei ve-nuto al mondo diventi respon-sabile – tu, e nessun altro – diquanto hai ricevuto. E proprioa questo deve mirare l’educa-zione dei genitori, della scuo-la, e di tutti i formatori in ge-nere: a rendere autonomi i fi-gli, gli alunni, gli educandi!La vera educazione è quellache rende liberi. Liberi anche,e soprattutto, di costruirsi ilproprio futuro, di scegliere lapropria strada, di seguire “lavoce interiore”, come giusta-mente dici tu. Non dimentica-re: il “tuo” futuro dipendeunicamente dalle “tue” scelte,non da quelle che altri fannoper te. Potresti avere una car-riera invidiabile, diventare unpersonaggio famoso, un capodi stato, un magnate a cui isoldi scappano anche dalleorecchie… ma se quella nonera la tua strada, non potraiche essere un infelice.

R ELIGIONE SCHIA-VISTA. [...] C’è chi dice

tra i miei amici, ma l’hannosentito a scuola, che le religio-ni sono nefaste perché incorag-giano le genti ad assoggettarsiall’autorità religiosa. Insommarendono schiavi [...]. Se si vuo-le essere liberi occorre abban-donare le religioni [...].

Mariano, Berna

E chi ti resta? Su chi riponi lasperanza? Chi invochi nel do-lore? Chi cerchi nella dispera-zione? A chi ti affidi nellamorte? Che senso ha veniredal nulla per ripiombare nelnulla? Emergere dal buio peressere soffocati dal buio?Camminare la vita senza unperché, senza una meta, senzauna ragione sufficiente? Sareb-bero giustificati i tanti chi melo fa fare? di coloro che, sco-prendo di abitare il nonsenso,decidono di abbandonare que-sta “valle di lacrime” senza al-cun rimpianto. Comunque, ciòche mi infastidisce un po’ dellatua lettera è l’affermazionesulla schiavitù che indurrebbe-

ro le religioni nei confronti deicredenti. La storia, caro amico,predica il contrario. Sono statisempre i movimenti religiosiche si sono ribellati alla schia-vitù, alla tirannia. L’indaginepotrebbe cominciare da moltolontano, ma sarei inutilmenteprolisso. Mi accontento dell’e-ra cristiana. Nel 2° secolo d.C.è stata la grande rivolta delmovimento religioso taoistadei “Turbanti Gialli” che si ri-bellò al dispotismo e alla cor-ruzione dell’imperatore Huane, in pratica determinò la finedi quella dinastia. A metà del19° secolo i Taiping, facendoleva sulla religiosità del popo-lo, chiamarono a raccolta mas-se di contadini contro lo stra-potere schiavista dei Mandari-ni. È cosa recente la rivolta deimonaci birmani contro la ditta-tura militare e ancor più recen-te quella dei monaci tibetanicontro l’occupazione cinese...Ho scelto appositamente unareligione non cristiana, perchéper quanto riguarda la storiadel cristianesimo dovrebbe sa-perne abbastanza. Fu il Papa asalvare l’Europa raccogliendol’armata che sconfisse gli otto-mani a Lepanto. E a Viennachi infiammò gli animi deicombattenti per l’ultima deci-siva battaglia, fu il frate Marcod’Aviano. Ma il pezzo fortedell’argomentazione è un fattoinequivocabile: la stragrandemaggioranza di tiranni, despo-ti, dittatori, autocrati, ecc. laprima cosa che fanno, saliti alpotere, è quella di imbavaglia-re la Chiesa e la religione. Sefosse come dici tu dovrebbeavvenire il contrario no? Imartiri cristiani si sono giocatila vita sotto regimi assoluti etirannici. Come te lo spieghi?Allora, non è come dicono ituoi amici... è il contrario: lareligione è un ostacolo alla ti-rannia, perché incoraggia ilpopolo a opporsi all’ingiusti-zia, lo spinge a combatterecontro i regimi che tolgono lalibertà di parola e di azione erendono sottomessi i sudditi.La storia della libertà dei po-poli è piena di “martiri” e sonomolti di più i martiri religiosiche quelli civili.

interpretato da chi gli fa co-modo “ad usum delphini – asuo uso e consumo”, ma restavero che chi si accosta al cor-po e sangue di Cristo inde-gnamente… dovrà risponder-ne a Dio.

L A PROPRIA STRA-DA. Vorrei chiedere

qualche consiglio per poteraccogliere la chiamata dellamia vocazione […] nata tantianni fa frequentando la miaparrocchia. Vorrei entrare inseminario. Dubbi ce ne sonotanti, ostacoli anche, ma c’èanche la voce interiore che tispinge su una strada più chesu un’altra […]

giuseppe@…

Caro Giuseppe, seguire la“voce” interiore che t’indiriz-za su una strada piuttosto chesu un’altra è quello che si de-ve fare – è un obbligo morale– e significa per l’individuoassicurarsi un futuro senzatroppi traumi o patemi. Pur-troppo sono tanti – troppi – igiovani che abbandonano lapropria strada per paura opusillanimità, o per non fareun torto a genitori, parenti e/oamici (come se imboccare lapropria strada significasse di-struggere quella degli altri).Una cosa occorre non dimen-ticare: ognuno deve affrontarenon poche difficoltà per “si-stemarsi” nel proprio futuro,qualunque esso sia. Costruirela propria vita è per tuttiun’impresa ardua, ma esaltan-te. È perciò essenziale che siaccetti il combattimento concoraggio e si sia disposti a tut-to, perché... la tua vita appar-tiene a te e a nessun altro, co-me la mia a me, quella dell’a-mico a lui stesso, ecc. Ungiorno ciascuno sarà chiama-to “personalmente” a rispon-dere su come ha gestito il do-no che gli è stato fatto. Per-ché, è vero che si nasce per unatto d’amore dei genitori, masi nasce liberi, non schiavi.Dal momento in cui hai l’usodi ragione, diventi responsabi-le in toto di te stesso, delle tueazioni, dei tuoi programmi, e

Non ci è stato possibile pub-blicare tutte le lettere perve-nute in redazione. Ce nescusiamo. Provvederemo asuo tempo alla pubblicazio-ne o alla risposta personale.

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TORINO ELLEDICI,ITALIA

UN CONCORSO

Centinaia di catechisti in tut-ta Italia hanno aderito alconcorso lanciato da “Dos-sier Catechista” Ec-co com’è Dio.In redazio-ne sono arri-vate le rispo-ste di ol t re4000 bambinisorprendendotutti: una par-tecipazione in-sperata, ma so-prattutto unainaspettata ca-pacità dei bam-bini del catechismo che harivelato un terreno fertile perla Parola di Dio. Il diretto-re della rivista, don Umber-to de Vanna, stupito e felice

IN ITALIA NEL MONDO&

DUBLINO (IRLANDA)

UN FASCICOLOPER I RIFUGIATI

A febbraio, presso il CentroSan Vincenzo de Paoli di Du-blino, alla presenza del Mini-stro per l’Integrazione Conor

Lenihan, è stato presentato iltesto “Living in My Home”(Vivere a casa mia), opera disuor Ursula Mullan FMA, im-pegnata nel Centro per Rifu-giati. «L’idea mi è sorta duran-te le visite a rifugiati e immi-grati, dall’ascolto dei loro rac-conti. Mi chiedevano ogni tipodi aiuto: come gestire gli appa-

recchi elettrici, come districar-si nella burocrazia quotidiana.Ho compreso che potevo inse-gnare loro tutto questo, ma an-che che c’era bisogno di qual-cosa di più». Il fascicolo infor-mativo è stato pubblicato nelle8 lingue usate al Centro: arabo,inglese, francese, polacco, ru-meno, russo, somalo e slovac-co, ma se ne prevedono altre.L’intento del testo è prettamen-te educativo.

del successo, hadeciso con la suaéquipe di pre-miare tutti i bam-bini.

ROMA, ITALIA

L’ACCREDITAMENTOONUALL’ISTITUTOFMA

Il 6 giugno scorso è stata ac-colta la richiesta delle FMA diottenere l’accreditamento al-l’ECOSOC (Consiglio Econo-mico e Sociale) delle NazioniUnite). Tale riconoscimentopermette di essere presenti co-me Istituto alle riunioni indettedall’ONU ed apre all’UfficioDiritti Umani di Ginevra lapossibilità di agire autonoma-mente riguardo al Vides Inter-nazionale, associazione chegià aveva avuto in precedenzatale accreditamento. Si tratta diuna grande opportunità che èpure una forte responsabilità:sia il Vides, come ONG, sia lostesso Istituto FMA, potrannoessere voce dei giovani piùpoveri e abbandonati in questogrande areopago mondiale.

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BS OTTOBRE 2008

redazionale

FILATELIAa cura diRoberto Saccarello

OPERA D’ARTE DI SAN MARINOA NAZARETH

Le Poste della Repubblica di San Marino hannoemesso un raffinato francobollo da 1 €, riprodu-cente un bassorilievo in bronzo che verrà collocatosulla facciata della Basilica dell’Annunciazione aNazareth. Il bassorilievo è intitolato “Verso le origi-ni ”, poiché rappresenta un percorso a ritroso neltempo e verso il luogo simbolo della fede cristiana,il villaggio dov’era la casa di Maria, madre diGesù.

Tale bassorilievo si ispira all’immagine della“Madonna della Misericordia”, che da sempre èvenerata nella Basilica di San Marino, in stile neo-classico, costruita nella prima metà dell’Ottocentosulle rovine dell’antica Pieve dedicata a san Mari-no, su disegno dell’architetto bolognese AchilleSerra.

Afferma l’autore Leonardo Blanco: “Penso allaMadonna della Misericordia dentro la Basilica diSan Marino e la vedo guardarsi nello specchio col-locato sulla facciata esterna della Basilica di Naza-reth, da Basilica a Basilica scorgo lo sguardo diMaria che si aggetta per 2000 chilometri e altret-tanti anni come se fosse un ponte, un legame tradue terre lontane…”.

La tiratura è di 100.008 serie complete.

Per informazioni: Azienda Autonoma Filatelia eNumismatica della Repubblica di S. Marino,tel.0549.882350/70 – e-mail [email protected]

AAHHMMEEDDNNAAGGAARR ((IINNDDIIAA))

PREMIATA!

Il 27 aprile ultimo scorso,suor Meena D’Silva FMA èstata premiata da Snehalaya(una ONG che difende i dirittidella gente bisognosa chevive ai margini della so-cietà) per il suo impegnoa favore degli altri. Allasuora è stato consegnatoil premio Smt. VijayataiLavate per il suo specifi-co contributo nei con-fronti della gioventù ru-rale e povera di Ahmed-nagar, in particolare at-

MAMA AFRICA

di Simona Ghezzi

Opportuna la copertina del vo-lume di SimonaGhezzi, un colla-ge di stoffe mul-ticolori africane,com’è precisa-mente il suo li-bro: un collagedi esperienze inuna terra datroppi sfruttatapoi abbandona-ta a se stessa,dove povertà emiseria si me-scolano in unc o m p o s t oesplosivo dal-le conseguenze imprevedibili;l’intero continente è a rischio“disastro”. La Ghezzi, musico-terapeuta, filosofa, abituata apercepire i suoni della vita, co-glie nelle sue esperienze di vo-lontariato aspetti seducenti einquietanti; di ricchezza spiri-tuale e miseria materiale; dibellezza e mostruosità, di vitae di morte: gli estremi insom-ma con tutta la gamma di si-tuazioni intermedie che offro-no uno spaccato conturbantema veritiero delle contraddi-zioni del continente nero. LaGhezzi sa entrare nella grande

pancia di Mamma Africa, per-cepire la vita che vi scorre epresentirne i desideri, i sogni,le speranze, le aspettative chela colmano... Inutile ragionareda occidentali in Africa... “Se

piove piove,se non piovenon piove!”,il “governo la-dro” non c’en-tra nemmenoun po’! Fata-lismo? No, cul-tura: si viveil presente. Lastoria di Ma-riama, che chiu- de il volume, èemblematica: inpoche pagine vie-ne descritta latragica condizio-

ne di una giovanissima africa-na per inferire quella di MamaAfrica, il suo grido, la forzadella sua disperazione e la vo-glia di emancipazione. È ancheun monito per tutti. Da legge-re, anche perché il ricavato è…per Mama Africa. Per sapernedi più: Bellavite Editore, Via IMaggio 41, 23873 Missaglia(LC).Tel. 039/92.00.686Fax 039/92.00.688Web: www.bellavite.ite-mail [email protected] e nelle migliori li-brerie.

traverso il suo lavoro nel-l’Auxilium Community Colle-ge, sostenendo i giovani nel-la ricerca di un lavoro al ter-mine degli studi. Suor Meenaè stata l’unica donna cattoli-ca e religiosa ad avere il pre-stigioso riconoscimento, con-segnato di fronte a una follanumerosa.

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OTTOBRE 2008 BS

Il 23 agosto si celebrò la festa di S. Luigi Gon-zaga con intervento del dott. D. Francesco Cer-ruti Direttore Generale degli studi della Pia So-cietà Salesiana. I numerosi giovanetti dell’ora-torio davano prova della loro pietà fin dal matti-no accostandosi alla santa Comunione. Al corodevoto dei giovani che pregavano nella cappellafestosamente adorna, si univano note toccanti dimusica sacra; era la piccola Schola Cantorumdell’Oratorio, che sebbene incipiente eseguì consufficiente correttezza alcuni mottetti del Gou-nod. Dopo la messa venne distribuita una mode-sta colazione che servì mirabilmente a renderepiù animata la ricreazione protratta sino al mez-zodì nel cortile imbandierato. Nel pomeriggio igiovanetti si raccoglievano nuovamente in chie-sa, ove udivano il panegirico del Santo, dettodal rev. Teol. Torta che seppe avvincere l’atten-zione loro con uno stile pieno di fascino e di fa-migliarità affettuosa; quindi benedizione solen-ne con Tantum Ergo in musica del Perosi. Dallachiesa si passò al teatrino, ove insieme coi gio-vani un pubblico numeroso assisté ad una bel-l’accademia per la distribuzione dei premi. Se-guì poscia nel vasto cortile e chiuse la lieta festail saggio ginnastico offerto dalla squadra Leo.Al suono di allegre marcie e nella festiva sere-nità del cielo, i piccoli atleti eseguirono parec-chie evoluzioni di plotone, una serie di esercizia corpo libero, un’altra con i bastoni francesi,una terza con gli appoggi, ed infine alcuni grup-pi su le parallele.

Nel BS di ottobre 1908 c’è il resoconto della festadi san Luigi Gonzaga nell’oratorio di Chieri.Interessante il volume e l’intensità delle attività,soprattutto religiose, oggi quasi impensabili.

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BONN, GERMANIA

NUOVA PRESIDENZA

La DBN Don Bosco Network,la rete internazionale delleONG Organizzazioni Non Go-vernative, che si ispirano alsanto dei giovani, ha eletto per

CITTÀ DEL VATICANO

nellate. Mercoledì 25 giugno2008, papa Ratzinger con unasolenne cerimonia ha benedet-to l’opera già collocata nellasua nicchia.

la prima volta una donna allapresidenza; si tratta della si-gnora Françoise Léonard, spo-sata, madre di due bimbi. Avràil compito di trasformare l’o-dierna rete in una federazionemondiale delle organizzazionidi ispirazione salesiana nelcampo della cooperazione allosviluppo.

DONORIONE A SANPIETRO

Una delle nicchieesterne della ba-silica Vaticana,presso l’entrataal cupolone mi-chelangiolesco, èstata occupatae riempita dal-l’imponente sta-tua di san Lui-gi Orione (1872-1940), già allievodi Don Bosco al-l’oratorio e fon-datore della Con-gregazione deifigli della DivinaProvvidenza, det-ti orionini, e del-le suore sacramentine. La sta-tua, opera dello scultore Ales-sandro Romano (classe 1944),è in marmo bianco di Carrara,alta 5,50 m e pesante 25 ton-

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O SSERVATORIO Anna Rita Delle Donne

ALICE E GLI ALTRI (16)Divagazioni (mica tanto) su una annuale normalità non del tutto normale:

una vacanza “non” organizzata.

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che decidiamo di andare dalla nonna…”. “Vabbè,adesso è diverso, taglia corto Alice, e poi c’è Viola,non posso lasciarla sola. A proposito, papà, staserami accompagni all’ospedale? “D’accordo! Maadesso, donne, a tavola, che è pronto il pranzo!”.

>>Dopo cena Alice è in salotto con la mamma chesta allattando Beatrice. “Allora com’è questo bam-bino? Hanno già scelto il nome?”, chiede mammaStefania. “Valeria e Paolo hanno deciso di chiamar-lo Ludovico, come il nonno di Paolo. Avresti dovu-to vederli stasera, scoppiavano tutti di orgoglio! Seripenso alle tragedie di quando hanno avuto lanotizia che Valeria era incinta…”. “È normale. Igenitori si preoccupano sempre per il futuro deipropri figli, una prima reazione negativa è più checomprensibile. Poi per fortuna tutto si è sistemato.Adesso speriamo per il futuro. Non pensare che siafacile, Alice, crescere un bimbo all’età di Valeria ePaolo”. “Ma con l’aiuto dei genitori… I genitoristanno lì apposta, per aiutare i propri bambini, no?Qualsiasi età essi abbiano”. “A proposito, di questooggi ho parlato con zia Carla, dice che la casa ègrande e ci sarebbe posto non solo per una signo-rina, ma anche per la sua migliore amica cherischia anche lei di saltare le vacanze”. ”Mamma!Davvero?”, chiede Alice, incapace di nascondereun guizzo di felicità. Interviene papà Giulio: “Già!Ho appena finito di parlare con lamamma di Viola. Lei e il maritosarebbero ben contenti di la -sciar partire Viola insieme ate. Solo che adesso devi deci-dere tu”. “Esatto, l’ultimadecisione spetta a te. Ormaisei grande. E poi, la mammadi Fabio ha detto che la prossi-ma settimana lui tornerà dall’In-ghilterra e passerà lì vicino ilresto delle vacanze”, dicemamma Stefania con unsorriso. “Oh, mà, pà, sie-te sempre i soliti! Beh,adesso chiamo Vio la,così magari decidiamoquand’è che possiamopartire”. �

“Ènato!”, urla Violanel telefono. “Ev - vai!”, risponde Ali-

ce e le due amiche scoppianoa ridere felici. “Quando vienia conoscerlo?”. “Passo stase-ra in ospedale, mamma epapà vi fanno i miglioriauguri. A dopo, Viola”. L’e-state è al culmine, la città

quasi deserta, a parte pochefamiglie, ma le due ragazzine non sono dispiaciute.L’eccitazione di diventare rispettivamente zia esorella supera di gran lunga il desiderio di vacanza.Giorgia, la sorellina di Alice è nata dieci giorni pri-ma e la vita in casa è radicalmente cambiata, scan-dita dagli orari di pappe e pannolini, di pianti esonnellini. Mamma Stefania sembra di nuovo unaragazzina e papà Giulio passa ogni momento possi-bile con la bimba in braccio. Alice svolge una seriedi compiti in casa che inizialmente hanno lasciatiperplessi i due genitori: “Sei sicura di non volerraggiungere zia Carla al mare?”, le chiede per l’en-nesima volta papà Giulio mentre sono in cucina apreparare il pranzo insieme. “Papà, ti assicuro chesto bene qui”, risponde Alice. “Non è che hai pau-ra di perdere il posto?”, chiede provocatorio ilpapà. “Papà, quando fai così sei davvero odioso”.“Ti assicuro che la tua stanza non sarà toccata”,insiste papà Giulio con un sorriso malizioso. “L’uni-co motivo per cui andrei via, è per prendermi unavacanza da te”, risponde Alice facendo al padreuna boccaccia. “Che succede qui?”, chiede mam-ma Stefania entrando in cucina. “Papà è sempre ilsolito spiritosone”, risponde Alice. “Stavo esortan-dola ad accettare l’invito di Carla. Un paio di setti-mane di mare le farebbero bene”, spiega papà Giu-lio. “Beh, questo è sicuro… Però, forse ormai è ingrado di prendere da sé le sue decisioni”, rispondemamma Stefania. “Ma se è solo una bambina… lamia bambina!”, dice Giulio abbracciando Alice estringendola forte a sé. “Già, è quasi alta come te,ormai, scherza mamma Stefania. Comunque pensa-ci bene, Alice, non mi sembra giusto che ti sacrifi-chi”. “Ma tra due settimane non andiamo in cam-pagna dalla nonna?”. “Alice, ti ricordo che sonoanni che metti il broncio per settimane ogni volta

Fabiana Di Bello

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“C aro presidente, men-tre i nostri amici evicini ci riconosco-no come italiani,

l’attuale legge impedisce a molti dinoi di essere italiani anche sullacarta. Noi giovani figli di immigratici troveremo presto a decidere suun futuro che sembra già così pre-cario. Cominciare l’età adulta co-me ’italiani con permesso di sog-giorno’ rende il nostro passo anco-ra più incerto…”. Questa lettera èarrivata al Quirinale, sulla scrivaniadel capo dello stato, giusto un annofa, ma poco è cambiato da allora.L’hanno scritta i ragazzi di ReteG2, un’organizzazione creata da fi-gli d’immigrati nati e cresciuti inItalia, che si batte per i diritti negatialle seconde generazioni. Fotografabene, la lettera, lo stato d’animo diquesti giovani una volta diventatiadulti e che, magari, in passatohanno frequentato asilo, elementari,medie e persino liceo nel “Bel Pae-se”. Per loro il diciottesimo com-pleanno rischia di segnare l’iniziodi un’esistenza particolare che glistessi ragazzi descrivono così: “Sa-rai costretto, volente o nolente, asentirti ‘straniero in patria’.”

CHIESA

sieduto legalmente – e senza inter-ruzioni – nel nostro Paese fino allamaggiore età. Un requisito e un iterche possono diventare abbastanzacomplessi da dimostrare. Di qui laproposta di una modifica radicaledelle norme che preveda che sia di-chiarato cittadino italiano alla nasci-ta chi viene al mondo nel “Bel Pae-se” da coppie di stranieri. Automati-camente, senza necessità di richiestada parte dei genitori.

Il problema non riguarda soltantoil nostro Paese. Ci sono “secondegenerazioni” che non hanno la citta-dinanza di uno stato dell’Unione eu-ropea e magari hanno il passaportodel Paese da cui vengono i genitori,e quindi hanno bisogno del visto. In

DIRITTO DEL SUOLO E DIRITTO DEL SANGUE

A fronte di un’immigrazione stan-ziale e di una crescente sensibilitàper i diritti dei minori, quasi tutti gliStati europei hanno introdotto, orafforzato, l’elemento dello “jussoli”, cioè l’acquisto della cittadi-nanza per nascita sul territorio. InItalia, invece, vige il principio dello“jus sanguinis”, ovvero l’acquistodella cittadinanza per discendenza ofiliazione, cosicché il figlio di stra-nieri nato tra le Alpi e Lampedusanon è italiano. Le norme in vigore,infatti, vincolano la cittadinanza allapossibilità di dimostrare di aver ri-

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QUO VADISEUROPA? (22)Giovani immigratitra integrazione ed esclusionedi Silvano Stracca

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L’Europa unita...

Un giorno arrivò una lettera alQuirinale. Incisiva, con richie-ste legittime e sensate, inviatada un’organizzazione creatada figli di immigrati.

Immigrato di Mario Bogani.

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aule un clima di reciproco rispetto edialogo tra tutti gli allievi, sulla basedi quei principi e valori universaliche sono comuni a tutte le culture”.I giovani immigrati vivono in so-stanza la tensione di una duplice ap-partenenza. Respirano cioè l’ariadelle realtà giovanili del Paese che liospita e ricevono l’influsso scolasti-co degli ambienti di socializzazionegiovanile nei quali sono inseriti as-sieme ai loro coetanei. Allo stessotempo, però, hanno “radici” diversedai loro compagni locali e nel lorointimo e nella percezione della so-cietà si considerano “figli di stranie-ri” e, quindi, “stranieri” essi stessi. Ilgiovane immigrato è così soggetto aun’altalena di identificazione, a vol-te con la società dove risiede e altrein contrapposizione a essa. Spesso sitrova solo, a metà strada tra due cul-ture, in una terra di nessuno. A volteè una gioventù irrequieta e abbando-nata a se stessa e l’incertezza molti-plica i fattori che portano all’emar-ginazione e spalancano le porte allamalavita con la criminalità, la pro-stituzione, l’alcool, la droga.

“Cari giovani migranti – è la rac-comandazione accorata del Papa –costruite accanto ai vostri giovanicoetanei una società più giusta efraterna. Adempite con scrupolo eserietà i vostri doveri nei confrontidelle vostre famiglie e dello Stato.Siate rispettosi delle leggi e non la-sciatevi mai trasportare dall’odio edalla violenza”.

(Continua)

glie, senza che tuttavia questo com-porti una completa assimilazione ela conseguente perdita delle tradi-zioni”. Come rispondere alle attesedei giovani migranti? Che fare pervenire loro incontro? “Occorre certopuntare in primo luogo sul supportodella famiglia e della scuola”, affer-ma papa Ratzinger, nonostante ledifficoltà che i giovani incontranonei loro contesti familiari e scolasti-ci. “All’interno delle famiglie, infat-ti, sono venuti meno i tradizionaliruoli che esistevano nei paesi d’ori-gine e si assiste spesso a uno scontrotra genitori, rimasti ancorati alla lorocultura, e figli velocemente accultu-rati nei nuovi contesti sociali”.

ITINERARI FORMATIVIPER IMMMIGRATI

Né va sottovalutata – secondo Be-nedetto XVI – la fatica che i giovaniincontrano per inserirsi nei percorsieducativi vigenti nei Paesi in cuivengono accolti. Lo stesso sistemascolastico pertanto dovrebbe tenerconto di queste loro condizioni e

prevedere per i ra-gazzi immigrati spe-cifici itinerari for-mativi d’integrazio-ne, adatti alle loroesigenze. Importan-te è anche l’impe-gno di creare nelle

Italia, quando un figlio di immigraticompie i 18 anni, si accorge subitodelle tante limitazioni che ha rispet-to ai suoi coetanei, a cominciare dal-la scelta del lavoro. Alla fine le per-cepisce come ingiustizie. Il fatto èche quasi un quarto dei 3.982.000immigrati presenti nel “Bel Paese”(al 2007) sono nati qui o arrivati dapiccoli. È l’equivalente del 5,6 percento degli alunni che frequentanole scuole della Repubblica. Sono icompagni di banco, di squadra, digioco, dei figli degli italiani. I mino-renni, di fatto, sono oltre un quartodella popolazione immigrata (datiCaritas). Un piccolo esercito di 700mila minori, classificati come stra-nieri, registrati su permessi e carte disoggiorno dei genitori.

DUPLICE APPARTENENZA

Di fronte ai sentimenti contrastantiche suscita in Europa la società mul-tietnica, non può stupire che anche ilPapa inviti a guardare con particola-re attenzione al ruolo delle nuovegenerazioni nei flussi della mobilitàumana. Ricordando che “dai Paesid’origine se ne va spesso la gioventùdotata delle migliori risorse intellet-tuali, mentre nei paesi che ricevonoi migranti vigono normative cherendono difficile il loro effettivo in-serimento”. Per i giovani immigrati,sottolinea Benedetto XVI, “risultaparticolarmente sentita la problema-tica costituita dalla cosiddetta “diffi-coltà della duplice appartenenza”:da un lato, essi sentono vivamente ilbisogno di non perdere la culturad’origine, mentre, dall’altro, emergein loro il desiderio di inserirsi orga-nicamente nella società che li acco-

La difficoltà di essere immigrati… Nelle nostre città – qui siamo a Roma – scene di questo genere sono sempre più frequenti. Sono uomini come noi, oltre ai “doveri” avranno pur diritto a qualche diritto!

Gli immigrati s’incontrano per la strada, nelle piazze, nei bar, sul lungomare, nei parcheggi, agli angoli delle strade, nei campi,sulle impalcature…

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Molti bambini figli di immigrati, anche se nati in Italia, restano immigrati.

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CRONACA DI UNA BELLA REALIZZAZIONEdi André Ela Enam e Jean Beraud

GIOIA E RINGRAZIAMENTOL’orchestra dei teologi ritma l’en-

trata solenne del corteo liturgico. Lalunga teoria dei direttori delle operesalesiane arrivati dalle sei nazioni checompongono l’ispettoria dell’AfricaTropicale/Equatoriale, ai quali si so-no aggiunti molti parroci amici, pre-cede il presidente dell’assemblea eu-caristica monsignor Christophe Zoa,nominato da non molto tempo vesco-vo ausiliare dell’archidiocesi diYaoundé. Sul vasto spazio all’apertonegli scranni loro riservati di frontealla nuova cappella, hanno preso po-sto le numerose delegazioni della Fa-miglia Salesiana presente in Came-roun. Alcuni salesiani cooperatori af-fiancano le suore di don Variara, leFiglie di Maria Ausiliatrice, e il grup-po di giovani giornalisti denominato“Francesco di Sales”. Autorità civili ereligiose sono presenti. Ma anche lagente che abita nei dintorni e gli ami-ci dell’opera salesiana hanno rispostoin massa all’invito. E non è tutto. In-fatti, hanno voluto partecipare alla fe-sta anche gli operai del cantiere, chenei lunghi mesi di lavoro hanno avu-to tempo e modo di familiarizzarecon i salesiani e di conosce-re Don Bosco, e sonodiventati amici

dell’opera. Chiudono la serie dei pre-senti alcuni rappresentanti delle co-munità religiose della città, gli stu-denti dell’istituto teologico San Ci-priano di Ngoya e, buoni ultimi manon meno importanti, giovani e bam-bini del quartiere che frequentano lacasa e sono clienti abituali ed entu-siasti dei suoi vasti campi da gioco.Non mancavano, ovviamente, i sale-siani delle opere viciniori diYaoundé-Mimboman ed Ebolowa. Aidue lati di monsignor Zoa, concele-brano don Francesco Cereda, consi-gliere generale della congregazionesalesiana per la formazione, venutoappositamente dalla Casa Generaliziadi Roma, e don José Antonio Vega,ispettore dell’ATE, con tutti i membridel suo consiglio, oltre a Eleuterioche nel corso della cerimonia sarà or-dinato diacono.

UNA LUNGAMATURAZIONE

Alla fine della celebrazione, l’i-spettore traccia la storia del nuovoimpianto. Nel 1989, un centro diformazione per i salesiani che sipreparano a diventare sacerdoti aLubumbashi nella Repubblica De-mocratica del Congo apre le sueporte agli studenti dei Paesi dell’A-frica francofona, sia a quelli di lin-gua spagnola sia a quelli di linguaportoghese. Un’altra possibilità vie-ne offerta a Nairobi in Kenya a tutticoloro che possono seguire facil-mente i corsi in lingua inglese.Nell’ottobre del 1998, poiché la si-tuazione politica dell’ex-Zaire si fasempre più delicata, l’allora supe-riore regionale dell’Africa e Mada-

gascar, don Antonio RodriguezTallon, concede l’autorizzazio-ne a tre confratelli dell’Africa

centrale e occidentale a co-minciare gli studi teo-

logici a Yaoundéin Cameroun.

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ISSIONIM

Èuna mattinata radiosa che av-volge una folla festante suidolci pendii delle colline diNkol-Afeme, delimitanti la

grande “banlieue” di Yaoundé!Persone in macchina e a piedi inva-dono il breve percorso boscoso cheporta al grazioso villaggio disant’Agostino, colorato dalle suefacciate ocra e dai tetti verdi. “Ungioiello di architettura!”, esclamaammirata una giovane salesiana.Oltre all’inaugurazione del plesso,c’è anche l’ordinazione diaconaledi Eleuterio Evita, salesiano, stu-dente del quarto anno di teologia.Molti dei parenti presenti alla ceri-monia sono emigrati dalla GuineaEquatoriale, loro Paese natale.

Gennaio 2008: vieneinaugurato il nuovostudentato teologicosalesiano in Cameroun,iniziato quattro anni fa,quando si sonopresentati i primi quattroseminaristi.

Il complesso del nuovo studentato teologico di Yaoundé sulle colline di Nkol-Afeme, nei suoi diversi padiglioni.

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di perfezionare nel più breve tempopossibile l’acquisto del terreno. Co-sì il 9 giugno 2004, si concludel’accordo di vendita e d’acquisto ditre ettari di terreno con i signoriOnana Nzou e Manga LaurentDieudonné. Il 26 giugno 2006,monsignor Victor Tonye Bakot, ar-civescovo di Yaoundé, firma il de-creto di erezione canonica della ca-sa religiosa. Meno di un mese piùtardi, il 13 luglio 2006, il RettorMaggiore don Pascual Chávez fir-ma a sua volta il decreto di insedia-mento della comunità sotto il patro-nato di sant’Agostino. I teologi neprendono possesso il 27 settembredello stesso anno.

PROMOZIONE UMANA ED EVANGELIZZAZIONE

Don Cereda si rivolge a tutti ipartecipanti. Parlando in successio-ne in italiano, francese e spagnolo,reca i saluti del superiore genera-le, don Pascual Chávez. Poi sirallegra per la realizzazionedi quest’opera destinataa offrire una forma-zione teologica aigiovani salesia-

ni che vanno a lavorare nei paesidell’Africa francofona: “L’apportoche rappresenta questo studentatoper la congregazione e la Chiesa sulcontinente nero è un segnale per lapromozione umana e l’evangelizza-zione!”.

Accompagnato dal consigliere ge-nerale per la formazione, dall’ispet-tore e dal nuovo diacono, monsi-gnor Zoa si avvia a benedire solen-nemente i differenti fabbricati delnuovo complesso. Il vescovo vadalla cappella ai due complessi resi-denziali che ospitano 64 camere, allargo spazio di campi sportivi, allabella sala da pranzo e infine alla bi-blioteca già conosciuta e apprezzataper i suoi settemila volumi.

Felice di ritrovarsi nei boschi enei prati della sua infanzia “dove cidivertivamo a scoprire i nidi di uc-celli”, affascinato da Don Bosco perle sue opere, il vescovo ausiliareZoa non esita a concludere: “Stiamovivendo un momento storico per laChiesa e l’Africa”. �

Durante quell’anno accademico, es-si vivono nella comunità salesianadi Mimboman e seguono i corsi nelteologato San Cipriano di Ngoya.L’anno dopo, 1999-2000, gli stu-denti diventano quattro e nell’aprile2000 vanno ad abitare nella nuovacasa provinciale. Il 23 giugno 2001,un incontro tra i due ispettori del-l’AFO (Africa Occidentale Fran-cofona) e l’ATE (Africa TropicaleEquatoriale) con i superiori di Ro-ma permette di fare il punto della si-tuazione. Poiché la città offre dellebuone possibilità a causa della pre-senza dell’UCAC (Università Catto-lica dell’Africa Centrale) e dellascuola teologica San Cipriano, vie-ne presa la decisione di aprire uncentro studi di teologia a Yaoundé econtemporaneamente di preparareun’équipe di formatori. L’anno scola-stico 2001-2002 accoglie cinque stu-denti. Il 2003-2004 quattordici, nel2005-2006 il numero degli studentiarriva a 19. Nel 2002 l’ispettore Mi-guel Olaverri chiede al Rettor Mag-giore l’autorizzazione a comprare ilterreno necessario alle costruzionidel nuovo studentato. Parecchi passisuccessivi vengono fatti in quest’ot-tica. È don Jean Baptiste Beraud co-me direttore che prende la decisione

A colloquio con il vescovo monsignor Christophe Zoa.

Don Francesco Cereda, consigliere generale per la formazione, con i giornalisti del gruppo “Francesco di Sales”.

L’offerta dei doni durante la celebrazione da parte dei giovani teologi.

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nonni è dedicata la graziosapoesia di don Angelo Roma-nelli che riportiamo.

Ecco la nipotina che ognigiorno

lieta si reca dal suo vecchiononno.

”Ciao, nonno!”, lei s’informacome sta,

lo bacia… “È arrivata labontà”:

il nonno una lacrima s’asciu-ga

mentre commosso la testinafruga.

“La casa è tanto triste senzate:

un angelo del cielo sei perme!”.

TORINO, ITALIA

CONCERTO A FAVORE DEI RAGAZZI DI STRADA DI HAITIIl 23 giugno u.s. a Torino, inPiazza Vittorio Veneto, si ètenuto il megaconcerto pre-sentato dalla FondazioneDon Bosco nel Mondo con laproduzione esecutiva dellaPrime Time Promotions. Al-l’evento hanno partecipato di-versi big della musica tra iquali Albano, Eugenio Ben-nato, Matia Bazar, Andrea

BOXredazionale

FESTA DEI NONNI

Il 2 ottobre è la festa degliangeli custodi e... la festa na-zionale dei nonni istituita conla legge 3131 del 2005. Felicecoincidenza: i nonni sono unpo’ gli angeli custodi dei ni-potini, soprattutto quando am-bedue i genitori lavorano. Trai tanti pregi (la pazienza, lasaggezza, l’esperienza, l’auto-rità, la tenerezza...), hanno an-che qualche piccolo difetto:tendono a viziare un poco ipiccoli dei loro figli. C’è unostrano contrappasso. Quantopiù sono stati rigidi con i pro-pri figli piccoli, tanto più sonopermissivi con i nipotini! Ai

Mingardi, Roberto Vecchioni,PFM, Frankie Hi NRG, Ma-rio Rosini, Mory Kante, LaLeggenda dei New Trolls,Modena City Ramblers, BifoBand, Slow Feet e alcuni gio-vani emergenti tra cui CristelCarrisi, Ariel, Francesco Ra-petti (figlio di Mogol), LaScelta, Miodio, Naik. Nellaprima parte il concerto è statopresentato dall’attore EnzoDecaro il quale, sostituito nel-la conduzione da MassimoGiletti e Sonia Grey, si è esi-bito in veste di cantore. La se-rata di beneficienza, nellasuggestiva cornice di PiazzaVittorio Veneto gremita difolla, ha riscosso un grandesuccesso. Gruppi di fan hannoa lungo applaudito e incitato ipropri beniamini che si susse-guivano sul grande palco,

Fabi

ana

Di B

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Lei rifà il letto, pulisce la casa,perfino è pronta a fargli la

spesa.Lui le consegna un pacco, è

per mamminaChe ha messo al mondo sì

brava bambina.E il vecchio molto prega la

Madonna

affinché la conservi bravadonna.

cantando le loro più bellecanzoni. La manifestazione è stata poitrasmessa il 28 giugno suRaiuno. Il ricavato ottenutotramite l’sms solidale al48566 è stato interamente de-

voluto al sostegno del proget-to “FOYER-LAKAY” che siprefiggeva di salvare dallastrada 300 ragazzi haitiani dipadre Attilio Stra con un cicloformativo di tre anni.

(Foto della manifestazione)

JUINA, BRASILE. Ciscrivono dal Brasile chealcuni ragazzini di religio-ne evangelica che frequen-tavano l’oratorio salesianodove praticavano sport,andavano al doposcuola ericevevano regolarmenteuna cesta con alimenti dibase per la famiglia pove-rissima, sono stati costrettidal loro pastore a ritirarsi:

B R E V I S S I M E D A L M O N D O

“Essere evangelici e man-giare pane cattolico fa an-dare all’inferno”. Bell’e-sempio di cristianesimo!

SYDNEY, AUSTRALIA.Interessante sito web “vo-cazionale”, realizzato dai“Fratelli de la Salle” in oc-casione della GMG delloscorso luglio. Interattivo,adatto alla “Internet Ge-

neration/ generazione In-ternet”, che usa più imma-gini che parole, poiché og-gi i giovani adoperanosempre meno parole esempre più immagini, esanno leggere più le im-magini che le parole. Cipare un esempio da nonsottovalutare, e forse daimitare. wwwwww..ddeellaassaallllee--bbrrootthheerrss..ccoomm

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BS OTTOBRE 2008

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MODENA, ITALIASono 88 anni suonati chegli exallievi di Modena cele-brano il loro convegno. Illuogo ideale è la Città deiRagazzi. Gli annuali incontrinon possono essere soloriunioni di nostalgici né di ri-

cordi: oggi gli exallievi sonochiamati a impegnarsi nellaChiesa, ad acquistare la vi-sibilità di “onesti cittadini ebuoni cristiani”, come vole-va Don Bosco. Gli exallievimodenesi cercano di segui-re questa linea.

CATANIA, ITALIA24 maggio: cinquanta nuovisoci hanno emesso la pro-messa dopo un anno di for-mazione e preparazione,entrando ufficialmente a farparte del gruppo ADMA,che dal 1989 fa ufficialmen-

te parte dei 23 gruppi dellaFamiglia Salesiana. La suaorigine comunque risale al-lo stesso Don Bosco che inMaria Ausiliatrice aveva ri-posto la sua completa fidu-cia ed esortato i suoi figli afare altrettanto.

CIVITANOVA MARCHE,ITALIADon Alessandro Canu, 95anni, e una bontà da... alta-re, celebra 75 anni di votireligiosi, tre quarti di secolodi “bene” fatto bene. Gli ac-ciacchi degli anni non glipermettono più di correre,

ma testa e cuore corronoancora, come quand’eragiovane, e sempre per lostesso ideale, lavorare contutte le forze a favore deigiovani e della gente. Oggilo fa soprattutto con la con-fessione e la direzione spiri-tuale, ed è ricercatissimo.

DHARAN, NEPALNella missione salesianadi Sirsia, in Nepal, a 45km da Dharan, la nottedel 29 giugno u.s. ungruppo di 4/5 persone ar-mate di fucili e bombe amano ha fatto irruzionenella missione salesiana.

Quasi un assalto. Forseper rapina (o terrori-smo?). Raggiunta la ca-mera di don JohsonMoyala, salesiano ses-santenne, ne sono uscitilasciando a terra privo divita il sacerdote, uccisocon due colpi di fucile.

TROMELLO, ITALIANiente è impossibile perchi ha buona volontà e co-raggio: il centro coopera-tori di Tromello (in provin-cia di Pavia), estinto da 50anni è... “risuscitato”. Do-menica 8 giugno, 12 aspi-ranti, dopo il percorso di

preparazione di oltre dueanni, hanno emesso lapromessa di “salesianicooperatori”, ricostruendoquello che fu un gruppoglorioso, nato con le FMAche a Tromello hanno la-vorato lasciando una trac-cia indelebile.

a cura del direttore

RONDONOPOLIS, BRASILEUna simpatica iniziativa peril mese di maggio ha mes-so in piedi la parrocchia diS.ta Terezinha di Rondono-polis: “un mese per FAMEZERO”. Tutte le famiglie maanche le singole persone

sono state sensibilizzateperché i risparmi di un me-se venissero accantonatiper i bambini più poveri. Lacarità è uno dei pilastri por-tanti del cristianesimo:“Senza la carità non sononulla”, diceva san Paolo (1Cor 13,2).

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L’ESCLUSIONE

UN POPOLO TRADITOFu un duro colpo per la tribù

e certamente Ceferino, cheaveva otto anni ed era un bimbo vi-spo e intelligente, ha sentito dentro disé la prima grande “esclusione”, con-dividendo la sofferenza della suagente che viveva in grande penuria ein una decadenza che sembrava inar-restabile. Ci si mise anche il Rio Ne-gro che affrettò l’esodo da Chimpay.Nel 1899, infatti, una grande esonda-zione del fiume allagò e quasi som-merse l’insediamento mapuche cosìche anche Namuncurá che era rima-sto sul posto si vide costretto a rag-giungere la sua gente a San Ignacio,ultimo della sua tribù, come ognibuon capitano, a lasciare la nave cheaffonda. Ceferino era già a BuenosAires dal 1897, con la volontà appli-cato agli studi ma con il ricordo el’affetto ancorato a Chimpay, il luo-go della sua infanzia dal quale ormaila sua gente era stata allontanata…

Chimpay, dove la mattina venivasvegliato dal canto della calandria“que sacude nuestras almas – chescuote l’anima”; dove a ogni alba,uscito dalla ruca e rivolto al sole na-scente, pregava Ngueneuchén perchéconcedesse una giornata tranquilla epace e prosperità al suo popolo; doveaveva imparato a tirar d’arco, caval-care, pescare, cacciare con le bolea-dora... Ricordi struggenti di un tempoche presentiva non sarebbe più torna-to. Ma non furono le uniche sofferen-ze che lo visitarono. Nel 1900 a 77anni, Manuel Namuncurá decise disposarsi con rito religioso e scelsecome moglie la 37enne Ignacia

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OTTOBRE 2008 BS

IAGGIV

Ceferino viene al mondo il26 agosto 1886. Solo dueanni prima il padre, caciccoManuel Namuncurá, si era

arreso al tenete colonnello Paolo C.Belisle. Proprio in quell’anno le terredi Chimpay vennero concesse ad al-cuni militari che avevano partecipatoalla “Campagna del Deserto”, nono-stante che fossero state promesse aManuel e che egli e la sua tribù vi sifossero insediati, vi avessero costrui-to le loro ruca e vi dimorassero in re-lativa libertà, sebbene in grandi ri-strettezze. Otto anni dopo, stante lasituazione quasi insostenibile, il caci-que si recò nella capitale per cercaredi ottenere più terra: quella assegna-tagli dopo la resa era decisamentetroppo poca. Gli vennero concesseotto leghe: “a Chipael (sic) o in unaltro posto”, recitava l’articolo 1°della apposita legge. Pochi mesi do-po, infatti, il gran capo mapuche do-vette apprendere che le terre, ahimè,erano “in altro posto”, non a Chi-mapy (Chipael) sul Rio Negro ma aSan Ignacio, nella provincia del Nen-quén, sulle sponde del rio Aluminé.

Nella vita dei santi nontutto fila sempre liscio,anzi quasi mai la loro vitaè tranquilla e passa trastudio e preghiera, senzaaltre preoccupazioni. Molte furono anche lesofferenze cheaccompagnarono la vita del piccolomapuche Ceferino,alcune delle qualilancinanti.

di Giancarlo Manieri

Sulle sponde del Rio Negro, terra assegnata ai mapuche di Namuncurá ma anche ai soldati della campagna del deserto.

La desolata piana di San Ignacio, assegnata proditoriamente a Namuncurá e alla sua gente, in sostituzione di Chimpay.

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BS OTTOBRE 2008

conosciuto e abitato, e non era maistato a San Ignacio, dove la sua tribùaveva preso definitivo alloggio dopol’esodo dal Rio Negro. Un’altra dolo-rosa esclusione.

Il padre Jesús Carnoto, un vec-chietto ultranovantenne, arzillo co-me un settantenne, intervistato a Ju-nin de los Andes, mi confidò di es-sere convinto che Ceferino avessesofferto per tante cose, ma soprat-tutto per il fatto che intuì di esserediventato figlio illegittimo, dopo ilmatrimonio religioso del suo vec-chio padre con la giovane Rañil. Ta-le sofferenza dovette acuirsi a Vied-ma, quando i suoi compagni otten-nero tutti la copia dell’atto di batte-simo, necessario per essere ammessicome aspiranti al sacerdozio e luinon riuscì mai ad averla, perché daquel documento risultava che era fi-glio illegittimo: “L’attuale moglie disuo padre non era sua madre, rac-contava padre Jesús; doña RosarioBurgos, del resto, non era più nem-meno presso la sua tribù, si era spo-sata in un’altra agrupacion, nellaprovincia del Neuquen, da dove poiper lavoro si trasferì con il marito aComallo, sul Rio Negro”.

SALUTE SEMPRE PIÙ IN DECLINO

“Ma anche la salute di Ceferino,doveva dare preoccupazione a Cefe-rino!”, affermò ancora padre Carno-to, perché una delle principali condi-zioni di accettazione per entrare a farparte della schiera degli aspiranti alsacerdozio era quella di essere inbuona forma fisica. In effetti, il pic-colo mapuche dovette soffrire nonpoco quando fu deciso di trasferire i18 aspiranti salesiani da Viedma inuna nuova sede a Patagones. Nel nu-mero dei ragazzi che dovevano tra-slocare mancava Ceferino. Partironoinfatti in 17, mentre lui fu trattenuto aViedma. Per il piccolo indigeno do-vette essere straziante il congedo, en-nesima esclusione, dai suoi compa-gni, quando il direttore, don Vacchi-na, radunò i giovani attorno a sé persalutarli uno per uno. C’era anche il“figlio del deserto”, ma in un angolo,solo, la testa bassa e le lacrime agliocchi. Non era commozione, era tri-stezza, o forse desaliento/scoraggia-mento. E il missionario, che conside-rava l’indio il migliore di tutti, cercòdi rincuorarlo: “Ceferino, ven acá,despídete (saluta) de tus compañe-ros... vamos... hay que ser fuerte...¡caramba!”. Forse per la prima voltaegli intuì di non poter realizzare il suosogno, quello di “ser util a su gente”.

La tosse maligna e l’espettorato disangue che lo tormentavano non face-vano presagire nulla di buono. Nessu-na medicina e nessun medico, nem-meno le cure e le preghiere del signorZatti, il grande infermiere ora beatocome Ceferino, riuscirono a bloccarela devastante avanzata del male.

Fu allora che monsignor Caglierodecise di condurlo in Italia. “Chissàche la medicina europea non riesca afare il miracolo!”. �

Rañil. Così Ceferino si ritrovò condue mamme, quella naturale e quellaacquisita che egli accettò; tuttavia do-vette essere un’esperienza durissimaper la sua sensibilità religiosa, l’ap-prendere che mamma Rosario s’eraallontanata dalla tribù, si era rifugiatain quella di Yanquetruz e s’era acca-sata con Francesco Coliqueo, dalquale avrà cinque figli. Fu una crocepesante per quel figlio collegiale, chetuttavia continuò a tenersi in contattocon lei, scrivendole e assicurandoladel suo perenne affetto.

LA SPINA PERSONALEVerso la fine del 1901 appaiono i

primi sintomi della malattia che loporterà alla tomba. Probabilmente latbc se l’è presa in collegio, forse tra-smessagli dagli huinca, dai bianchi.Lo credono in molti. Potrebbero esse-re stati gli stessi padri salesiani, por-tatori del virus al quale essi erano im-muni, avendone sviluppato le difeseimmunitarie; ma non lo erano certa-mente gli aborigeni della Patagonia.È una possibilità come altre. Fatto stache il ragazzo fu costretto a lasciare ilcollegio che aveva cominciato a con-siderare la sua seconda casa e forsepiù, dal momento che non aveva piùla ruca a Chimapy, l’unica che aveva

La cappella dedicata a Ceferino a San Ignacio.

Fortunato Coifin, nipote di Ceferino, nella valle di San Ignacio.

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BERTIE GRAN MAESTROdi Roberto Saccarello

secolo, venne eletto alla supremadignità dell’Ordine del ConsiglioCompito di Stato.

>> Molti i cambiamenti avvenutinell’ordine sotto la sua guida: la mo-dernizzazione delle strutture ammini-strative, l’aumento del numero deimembri, l’incremento degliaiuti ai Paesi in via disviluppo, il potenzia-mento delle mis-sioni umanitarie.Sotto il GranMaestro Bertieè stata emanatauna nuova CartaCostituzionalenel 1997, e l’Or-dine è stato am-messo come Osser-vatore Permanente alleNazioni Unite.

Essendo un ordine sovra-no, non vi sono condiziona-menti da parte della SantaSede a quella che è la vita po-litica e giurisdizionale dell’Or-

dine, rimanendola dipendenza so-

lo per i membrireligiosi e la

vita spiri-tuale.

>> In occasione dei solenni fune-rali svoltisi il 16 febbraio nella ba-silica di Santa Sabina all’Aventinoalla presenza delle alte cariche del-l’ordine, di cardinali e vescovi in-signiti della Croce di Malta, dei fa-miliari, e di cavalieri e dame giuntida ogni parte del mondo, il “cardi-nalis Patronus” Pio Laghi ha ricor-dato il Gran Maestro: “Fra’ An-drew possiamo senza dubbio defi-nirlo un giusto, nel senso biblicodel termine: giusto è infatti coluiche si apre al progetto di Dio, chevuole tracciare nella storia un or-dine nuovo e ne diventa appassio-nato collaboratore nell’amore”.La salma è stata tumulata nellachiesa di Santa Maria del Prioratoa Roma.

>>Con una storia di oltre 9secoli, l’Ordine è l’unicoerede degli Ospedalieri diSan Giovanni di Gerusa-lemme, fondato dal beatoGerardo nel 1048 perl’assistenza ai pellegrini

e agli ammalati ericonosciuto con

la bolla del1113 di papaPasquale II.È il solo aessere con-t e m p o r a -n e am e n t eordine reli-

gioso e ordinecaval le resco .

L’Ordine non hamai cessato di essere riconosciutocome sovrano, anche se sprovvistodi un proprio territorio dopo la per-dita di Rodi e Malta. Il Gran Mae-stro è universalmente riconosciutocome capo di stato al quale spettanoonori sovrani. La vita e l’attivitàdell’Ordine sono regolate dalla Car-ta Costituzionale e dal Codice. Èpresente in 55 Paesi. Gestisce nu-merosi ospedali, centri medici, am-bulatori, corpi di soccorso, fonda-zioni, strutture sanitarie specializza-te che operano in 120 Paesi. L’Ordi-ne, infine, mantiene relazioni diplo-matiche con la Santa Sede e altricento Stati ed è accreditato anchepresso il Consiglio d’Europa. �

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VENTIE

Bertie (Willoughby Ninian)dei conti di Lindsay è statoil primo britannico a rico-prire la carica di Gran Mae-

stro nel corso dei 900 anni dell’Or-dine. Aveva studiato dai Benedetti-ni di Amplefoth nello Yorkshire.Per 20 anni fu docente di linguemoderne (francese, spagnolo, rus-so). Entrato nell’Ordine, vi pro-nunciò i voti perpetui nel 1981 e,nel 1988, alla morte di fra’ Angelode Mojana di Cologna che avevagovernato per oltre un quarto di

Il 7 febbraio 2008 si èspento a Roma SuaAltezza Eminentissimafra’ Andrew Bertie, 78° Principe e GranMaestro del SovranoOrdine Militare di Malta.

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BS OTTOBRE 2008

>>Su designazione del PrioreGenerale dell’Ordine, fu no-minato Maestro Reggente del-lo Studio parigino. In tale cari-ca di alta specializzazione teo-logica Giacomo rivelò piena-mente quel particolare acume di ca-rattere speculativo che gli valse il ti-tolo di “Doctor speculativus”. Tor-nato in Italia verso la fine del 1299,venne designato Definitore dellaProvincia Romana per il Capitologenerale del 1300, tenutosi a Napolialla presenza del re Carlo II d’An-giò. Nella capitale del Regno an-gioino Giacomo rimase per due annicome direttore dell’insegnamentonello “Studio Generale” di Sant’A-gostino alla Zecca che gli agostinia-ni avevano fondato in quella città.Proprio durante il soggiorno napole-tano Giacomo venne nominato arci-vescovo di Benevento da papa Bo-nifacio VIII. Si trattò, evidentemen-te, di un riconoscimento per la dife-sa che egli aveva fatto pochi mesiprima dell’autorità e del primato delPapa con il suo ”De regimine chri-stiano”. Dopo poco più di un anno,il 12 dicembre 1203, su istanza diCarlo II, fu trasferito alla sede me-tropolitana di Napoli.

>>Giacomo seppe guadagnarsi lastima e la venerazione del re Carloe del figlio Roberto, duca di Cala-bria. Tra i meriti di maggior rilievo,quale arcivescovo di Napoli, vi èl’impegno costante nel promuoverei lavori per la costruzione della nuo-va cattedrale. Il 13 maggio 1306 co-minciò a trattare la causa di cano-nizzazione di papa Celestino V, affi-datagli da Clemente V. A tale atti-vità si dedicò fino alla morte, avve-nuta verso la fine del 1307 o agli

inizi del 1308. La suo zelo pastoralefu esemplare, sia nel breve periododi governo a Benevento sia nei cin-que anni trascorsi alla guida delladiocesi di Napoli. In vari passi delDe regimine christiano, specialmen-te nella parte seconda, capitolo IV,Giacomo si era, peraltro, espressocon chiarezza sull’ufficio e sui do-veri del vescovo, insistendo sull’ob-bligo di pascere il gregge di Cristo“verbo, exemplo et temporali subsi-dio”, cioè “con la predicazione, conl’esempio e con l’elemosina”. Lasua memoria fu subito circondata divenerazione nell’ordine agostiniano,sia a Viterbo sia nelle diocesi di Be-nevento e Napoli, divenendo benpresto oggetto di culto.

>> Il culto pubblico venne confer-mato ufficialmente da Pio X nel1911, su istanza del suo Ordine. Lamemoria liturgica cade il 12 dicem-bre. Molte furono le opere compo-ste da Giacomo durante il soggiornoparigino e in tempi successivi: ope-re teologiche, filosofiche e giuridi-che. La sua fama è legata soprattut-to al De Regimine christiano, scrittonel 1301-1302 in occasione dellalotta tra papa Bonifacio VIII e il redi Francia, Filippo il Bello e chepuò essere considerato uno dei pri-mi e più significativi trattati medie-vali sul governo della cristianità el’ordinamento gerarchico dei poteridella Chiesa. �

Giacomo da Viterbonacque intorno al 1255.Abbracciò ben presto la vita religiosa, entrandonel 1272 tra gli Eremitanidi sant’Agostino.Intraprende il curriculumdi studi umanistici nelconvento della SS. Trinità,rivelando sin dagli inizi le sue doti di profondoingegno. Lo ricordiamo a 700 anni dalla morte.

DOCTORSPECULATIVUSdi Roberto Saccarello

Nel 1274, giovane frate, fuinviato a Parigi presso lafacoltà teologica dell’Uni-versità, l’Ateneo più cele-

bre dell’Europa medievale, dove in-contrò due altri brillanti studentiagostiniani, i romani Egidio e Gia-como Colonna. Alla morte di sanTommaso d’Aquino ebbe per con-corso la cattedra per commentare ilMaestro delle sentenze. Nel 1281,conseguì il titolo di Lector novus evenne destinato a incarichi autore-voli che dimostrano quanto fossestimato all’interno del suo Ordine.Ritornò a Parigi nel 1286 per ri-prendervi gli studi teologici, conse-guendo il dottorato nel 1293.

� Per saperne di più:Tel. 0761.342808 - 0761.307124E-mail: [email protected]

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Professionista di alto profilo, uomo di grandecuore. “Non ci resta che i l cardiochirurgo,mettersi una mano al cuore. Sbaracchiamo: via lepillole per la pressione, via le analisi da mettere aconfronto. Imballiamo l’eco-cardiogramma, l’eco-doppler e la famiglia dei guardoni per quanto riguarda il cuore. Passo la mano allaTAC e alla sala operatoria. Ti assicuro, il cuorepuò essere espugnato dai suoi nemici”. Finqui la sua disanima.Il cuore è lodato più di qualsiasi altracosa.Più del denaro perché non può esseremesso in vendita. Più del successoperché senza cuore non c’è vita. Più diogni altro organo del tuo corpo.Puoi fare a meno di un occhio, diuna mano, di un polmone, di unrene… ma senza cuore c’è solo lamorte.Amare è uno di quei verbi che tuttiusano, ma pochi sanno coniugarlocome si deve. È un verbo: fluisce,scorre, ha bisogno di tempi lunghi:passati, presenti e futuri. Più dai, piùricevi. È una comunione: occhi negli occhi,cuore a cuore, mano nella mano.L’amore è come il respiro. Senza respiro la vita sispegne, senza cuore l’anima intristisce. È comeun albero: puoi concimarlo, potarlo, curarlo ognigiorno, non puoi mettergli fretta. Devi attendere aprimavera inoltrata o in autunno i suoi frutti.L’albero ha un suo cammino da fare.Amare non è un sostantivo. La luna di miele siesaurisce in una notte.Il tempo e l’amore vanno a braccetto, come le dueali dello stesso cigno.Ogni passo è una scelta. Un solo passo è unaresponsabilità da dividere in due.Ma perché?L’amore è un nutrimento. Al tuo bambino puoidare tutto: biscotti, medicine, vitamine, ma se

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non lo nutri di amore, se non lo baci, coccoli,abbracci incomincerà a indebol irsi f inoall’esaurimento, fino al rifiuto del cibo.L’amore è un dono. Appartiene alla divinità, almistero, al sacro. “Chi tocca muore” leggi suitralicci dell’alta tensione. Non puoi scherzare conil fuoco. Non puoi barare. Dono è dono. Se ami nonpuoi battere moneta falsa. In amore esistono ifalsari. Ci sono segnali chiari per smascherarli:tristezza, depressione. Indizi e tracce delleloro carenze: bugie a tutto carico, le parolediventano trappole e trucchi del mestiere.L’amore è un impegno. Il cuore ti dice siiamorevole in tutte le situazioni della vita, siiamabile con chi vuol condividere con te ilviaggio della vita. Ti accorgerai che amare

significa accorgersi di essere amati.Questo viaggio d’amore ti fa capireil segreto dell’uomo.Dio non è lontano o estraneo seami. È vicino. È la fonte del tuo

amore.Dio è nel battito del tuo cuore.Quando ami chiudi gli occhi per conoscerela grandezza della tua esistenza e Diodentro di te. Se riesci a cogliere nell’amore

il senso della vita, ti accorgi di Dio. Equando scegli l’Amore, l’Amore hascelto te. Sei diventato l’eletto, ildiscepolo, l’amante.

I filosofi dicono agere sequitur esse /ilfare segue l’essere.I teologi possono correggere amare sequituramari / l’amare segue l’essere amato, ovvero seami incontri l’Amore (con la A maiuscola). Ilcriterio? La gioia è la componente di un’esistenzad’amore.Quando sei felice o no, lo sai. La gioia non falsa latua vita. Sarà la pietra di paragone per la tua vitainteriore.

Carlo Terraneo

SE VUOIPUOI GUARIRE

Elogio del cuore

AI GIOVANI LETTERA

Lettera “moderatamente”

provocatoria ai giovani...

a partire dalla realtà dei fatti

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OTTOBRE 2008 BS

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BS OTTOBRE 2008

Un teatro educativo deve prima di tutto educare al senso di appartenenza.

È, insomma, uno spettacolo che rifugge da personalismi e individualismi che non forgia divi,

al contrario amalgama, crea coesione e intesa.

IL TEATRO

DI DON BOSCO

TEATROESPRESSIONE

DI UNA COMUNITÀdi Michele Novelli

Non esisteva, per Don Bosco, il teatro per pochi addetti ai lavori,per privilegiati, per “impallinati”: il “Teatrino” è funzionale

alla Comunità Educativa in cui sono inseriti i giovani che recitano.Il respiro comunitario induce chi recita a farlo non per sé,

ma per creare un ambiente di famiglia.

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per andare avanti alla meglio,anche se il vitto era grossolano eappena sufficiente, preparato dacuochi improvvisati o per nullaabili. Si sapeva che si viveva dicarità”.

PEDAGOGIA DELLA GIOIAL’allegria è alla base della vita di

famiglia. Don Bosco intuì che ilragazzo va accettato com’è, conla sua componente di libertà,gioco e spensieratezza. Taleconvincimento era penetrato cosìprofondamente nell’animo deisuoi giovani, che DomenicoSavio, volendo esprimere qualefosse il segreto della santitàall’Oratorio, ebbe a dire a unnuovo arrivato: “Sappi che noifacciamo consistere la santitànello stare molto allegri”. La frasecampeggiava sul boccascena deinostri teatrini d’un tempo. Era latradizione salesiana cheindividuava nel teatro l’ambienteideale dove poter esprimere inpienezza il bisogno dei giovani e”il segreto” di un percorsopedagogico e formativo. Lo stessoDon Bosco, tra i sette “segreti” delbuon andamento dell’Oratorio,ribadisce: “Allegria, canto, musicae libertà nei divertimenti” (MB XI,222). Il calendario dell’Oratorioera seminato di ricorrenze piccole

e grandi, solennizzate dacelebrazioni che avevano ilduplice volto: religioso ericreativo.1 In questa atmosferabanda musicale e “Teatrino”erano protagonisti, a volte conspettacoli e commedie, altre conaccademie e collage di numeri divario genere. Anche in occasionieccezionali, la festa si concludevacon una rappresentazioneteatrale. Il Lemoyne riferisce dellaprima visita dell’arcivescovo diTorino all’Oratorio peramministrarvi oltre trecentocresime: “Se fu divota la funzionein chiesa, non fu meno dilettevolela festa preparata fuori, a cui dopo

Iprincipi del sistema educativodi Don Bosco non avrebberoefficacia se non trovassero laloro naturale collocazione nel

clima di famiglia che Don Boscovoleva e sapeva creare nelle suecase, fatto di confidenzaaffettuosa tra educando ededucatore, di amicizia tra igiovani, di schietta solidarietà tratutti. Leggiamo la testimonianza diuno dei primi giovani di DonBosco che ricorda: “A Valdocco ipensionati prima e gli internidopo, facevano una vita difamiglia alla buona, quasirusticana, senza pretese, nellapersuasione di non poter esigeredi più né da Don Bosco, né daaltri. Da tutti si faceva il possibile

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1 Tra le solennità liturgiche emergonoNovena e Festa di Natale, Epifania,Settimana Santa, Pasqua, Ascensione,Pentecoste, Corpus Domini; alcunecelebrazioni mariane (Natività,l’Immacolata Concezione, MariaAusiliatrice); le ricorrenze di santispecialmente cari (s. Giuseppe, s. LuigiGonzaga, s. Giovanni Battista, s. Pietro,Ognissanti, il patrono di ciascuna casa).Interi mesi hanno una commemorazionespeciale: maggio a Maria, marzo a San Giuseppe, ottobre al Rosario.Riflessivi e festosi sono i ritiri mensili,gli esercizi spirituali, il triduointroduttivo all’anno scolastico conannesse escursioni e feste: dell’uva,delle castagne, delle premiazioni. (Cfr. BRAIDO, Esperienze..., p. 373).

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un qualche ristoro, degnossiprender parte anche MonsignorArcivescovo. Era quello eziandio,il suo giorno onomastico(21/06/1847) e quindi, colta lapropizia occasione, i giovani glilessero da bel principio variicomponimenti in poesia e prosa.Fra gli altri piacque assai ungrazioso dialoghetto tenuto daalcuni fanciulli e condotto conuna mirabile disinvoltura. Dopoqueste letture cominciò il teatrino,e venne fuori il celebre ‘Caporaledi Napoleone’. Costui altro nonera che un graduato in caricatura,il quale, ad esprimere la suacontentezza in quella solennità,usciva in mille facezie. Esso fu disì amena ricreazione per l’esimioprelato, che ebbe a dire di nonaver mai riso cotanto in vita sua”.L’anno successivo ci rimanememoria di un simile programma.Era l’anno dei moti rivoluzionari eper dimostrare quanto sensocivico fosse presente all’Oratorio,

Don Bosco, con molta fatica,organizzò uno spettacolo per il 15 agosto 1848: “Il giornodell’Assunzione di Maria incielo… egli preparòun’accademia di tal natura chetestimoniasse eziandio i suoisentimenti patriottici” (MB III,428). Il programma era compostodi sei quadri sulla storiadell’Antico Testamento,intervallati da inni religiosi.Chiudevano lo spettacolo due innicantati, uno in onore di CarloAlberto, l’altro di Pio IX, e undialogo sulla storia dell’Oratorio.Allo spettacolo erano intervenutimolti personaggi distinti delgoverno, della nobiltà e perfinodel Partito Liberale. La cronacaconclude che “la festa riuscì ameraviglia!”. Tra le righe, e con gliocchiali di oggi, non possiamonon rimanere ammirati dallaprova di “equilibrismo” politico di Don Bosco e da unaesemplificazione lampante delsuo assunto educativo: buonicristiani e onesti cittadini.

PROTAGONISTI DI FESTACi siamo intrattenuti su come

Don Bosco utilizzasse il suo“teatrino”: polo intorno a cuifaceva ruotare l’allegria e lasolennizzazione delle feste.Questa caratteristica è decisiva nel rintracciare le linee portantidell’esperienzadrammaturgicadel teatro

all’Oratorio: essere in funzionedell’intera comunità educativa,nonché dei suoi scopi istituzionali.Molto teatro salesiano, lungo ilcorso degli anni, si è rintanato nelguscio di interessi parziali, limitatia piccoli gruppi di “aficionados”, a compagnie e filodrammatichechiuse nell’orizzonte dei fondatoristorici, tollerando nuove adesionisolo mirate ai personaggi di cui cifosse bisogno nel nuovoallestimento. I contrasti con idirettori d’oratorio nonmancavano, dal momento chedivergevano i fini su cui si fondaval’attività teatrale. Non sarà questouno dei motivi per cui si è chiusal’epoca d’oro dellefilodrammatiche? C’era rimasto

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altra spesa. Per quanto il nomefosse di richiamo, nella piazza lagente continuava a passeggiaredistrattamente e tirare oltre. Unanno si accettò di fare unesperimento. L’Oratorio contavaoltre mille iscritti, nelle varie enumerose associazioni. Si deciseche lo spettacolo della festa lofacessero i ragazzi dell’oratorio. Sitrovò un testo adatto all’occasionee ai gruppi che lo avrebberorealizzato e “L’Arca di Noè” andòin scena, in piazza, nel momentoclou della festa, con lapartecipazione di circa 500ragazzi (una cinquantina perognuna delle 10 associazioni).Non solo i costi furono pressochéazzerati e la piazza pullulava digenitori attenti ed entusiasti, ma,quel che più contava, fu chel’oratorio si era riappropriato diuna festa offrendo ai suoi ragazzil’opportunità di diventarne iprotagonisti.

IL TEATRO COSTRUISCELA COMUNITÀAbbiamo parlato del clima di

famiglia che Don Bosco volevaall’interno delle sue opere, comefondamento e premessa del suointervento educativo. E tuttaviaquel clima non nasce come l’erbasui muri. Occorrono interventispecifici e mirati perché possavivificare l’intera comunità. Senzadubbio Don Bosco addita il suo“teatrino” come una delle chiaviper aprire porte spessoostinatamente chiuse. Spessoincaricati di oratorio, parroci,presidi, animatori, ecc. peraggregare le varie componentidelle loro opere adoperano cene,“pizzate”, gite, ecc.L’aggregazione dura il tempodella consumazione. Sono pochia “provare” con il teatro. Non unospettacolo affidato a un grupposelezionato, ma il “Teatro diComunità”. Che sogno unarappresentazione che possacoinvolgere l’intera comunità!Mamme e nonne a provvederealla messinscena, papà aorganizzare struttura e supportitecnici, figli e figlie a prepararerecite, canti, danze… Centinaia dipersone protagoniste della propriafesta della Comunità! Comesentirsi un tutt’uno? Comesottolineare l’appartenenza aun’unica famiglia? Come sentirsicoinvolti nei problemi comuni,conoscersi di più, stimarsi,aiutarsi, abbattere ogni traccia di concorrenzialità? Unaparrocchia/oratorio ha tentato con “Caino e Abele”, di TonyCucchiara che gli animatori ditutti i gruppi hanno allestitoinsieme. Sono riusciti acoinvolgere anche gli “sportivi”tendenzialmente alieni dal saliresu un palco. Risultato: animatori eaiuto-animatori di tutti i gruppi,nessuno escluso, sono testimonidell’aria diversa che si respirava,dopo l’esperienza teatrale, neicorridoi dell’oratorio.

Michele Novelli

un vuoto, banalmente coperto datanto cinema domenicale. Èevidente, oggi, una ripresa diattività teatrale in moltissime operesalesiane, sovente su quella lineadi coniugare il binomio“comunità-festa”. Ma non èancora dappertutto così. A mo’d’esempio: una parrocchiaorganizzava la sua bella festapatronale annuale. Ilcomitato/festeggiamenti era alacrea raccogliere, di casa in casa, icontributi per sopperire agli onerifinanziari. Poi si dava alla cacciadi un “nome” di richiamo per lospettacolo serale.Compatibilmente con ladisponibilità finanziaria s’invitavail “cantante di grido” che, magari,fosse più rinomato di quelloinvitato dalle parrocchiecirconvicine. Certo, quella voce diuscita era la più “salata” di ogni

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Si può essere eroi a 16 anni, negli annitumultuosidell’adolescenza. Antoniane è esempio fulgido.Gente che non sembrapiù di moda, eppure…

C’è un eroismo vissutonel silenzio dello spiri-to, nella forza granitica

della fede, nella lotta nonviolentacontro ogni brutalità. Non sono po-chi gli esempi che la Chiesa ha damostrare al riguardo. Uno di questiè quello di Antonia Mesina chevive la stessa tragica vicenda chepochi anni prima toccò Maria Go-retti. Nell’asprezza geografica dellaBarbagia nasce il 21 giugno 1919 aOrgosolo, 18 km da Nuoro, Anto-nia. È figlia di gente laboriosa e si-lente, dedita al lavoro solitario emassacrante della pastorizia, rudeil cuore, severi i costumi, solida lafede. Seconda di dieci figli, riceveil battesimo il 30 giugno dello stes-so anno e l’anno dopo la cresima,decisione, questa, presa diretta-mente dal vescovo, causa il dilaga-re della febbre chiamata “spagno-la” che in quegli anni seminò vitti-me in tutta Europa. I suoi genitoridesideravano per i figli l’istruzio-ne, per questo Antonia iniziò a fre-quentare le elementari e nello stes-so periodo, era il 1926, ricevette laprima comunione. La sua maestracosì la ricorda: “Era una bambinanormale, molto attiva, generosa eservizievole, d’indole vivace maobbediente; ebbe la prima educa-

zione religiosa e morale in fami-glia, poi m’interessai io stessa dellasua educazione negli anni del corsoelementare... Antonia andava d’ac-cordo con tutti e non si permisemai di venire a scuola impreparata.È stata sempre rispettosa verso igenitori, gli educatori, i compagnie verso tutti”.

� A dodici anni con dispiaceredovette però abbandonare gli studie le sue compagne per dedicarsicompletamente ai lavori in campa-gna e alle faccende domestiche.L’umile lavoro e le quotidiane dif-ficoltà non furono mai un limitealla sua dedizione forte e sempliceverso Dio che i suoi genitori le in-segnarono ad amare, continuandoessa stessa a coltivare nel propriocuore una fede sincera e matura.L’appartenenza al’Azione Cattoli-ca e la “crociata per la purezza”indetta dall’Associazione nel 1935contribuirono ad accrescere e con-fermare il suo credo. L’esempio diMaria Goretti diede senso alla suavita, ma ancor più alla sua morte.Aveva solo 16 anni quando il suo“Sì” deciso e chiaro divenne sacri-ficio estremo. Si era alzata di buonmattino con l’intenzione di andarein campagna a fare legna per ilfuoco: era il giorno della cotturadel pane e poiché non si sentiva si-cura di camminare per quei sentierisolitari, chiese alla sua amica, An-na Maria, di accompagnarla.

� A una certa altezza del sentieroscorgono un ragazzo che Anna co-nosceva solo di vista, un certo Gio-vanni Ignazio Catgiu, ma entrambe,cercando di ignorarlo, continuando

a camminare. Di lì a poco avvennel’impensabile. Lo racconta Anna.“Stavamo per completare il carico,legare le fascine e prendere la viadel ritorno, quando sentii il gridoaccorato di Antonia ‘Annedda! An-nedda!’ Mi voltai e vidi quel giova-ne zoppicante che sospingeva Anto-nia, incalzandola, verso il bosco…Antonia per due volte riuscì a svin-colarsi dalla stretta, tentò di venireverso di me, ma l’aggressore la ri-prese slanciandosi verso di lei comeuna furia. Io, sopraffatta dal dolore,scappai e mi allontanai senza ren-dermi conto di dove andassi. Giunsipresso una roccia e proprio inquell’istante mi arrivò all’orecchioun urlo come di belva ferita a mor-te”. Era il 17 maggio 1935 quandoselvaggiamente sfigurata da colpi dipietra, Antonia moriva raggomito-lata su se stessa per difendere la suaintegrità. Il processo di beatificazio-ne iniziò il 17 aprile 1939. Il 4 otto-bre 1987 Giovanni Paolo II la pro-clamava beata. �

ANTONIA COME MARIAGORETTI

[email protected]

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Antonia Mesina (1919-1935).

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BUONE NOTIZIEIN PERIFERIA

“I l mio quartiere è Librino. Èun mondo sottosopra, senzaregole. Siamo abbandonatida tutti. Ognuno qui può

fare quello che vuole: spaccio, rapi-na, droga, prostituzione, abusivi-smo, corruzione. Solo l’oratorio èun punto di riferimento per noi. Lesuore ci accolgono, insieme alle no-stre famiglie. Lì impariamo a cono-scere Gesù e a donare noi stessiagli altri».

La voce narrante è di Stefano, ungiovane nato a Librino, il grandequartiere di Catania ideato da Ken-zo Tange. Il progetto ambizioso difare di Librino una città satelliteprende vita intorno agli anni Settan-ta: zone suddivise in grossi anelli,collegate attraverso un sistema dilarghe strade e isole alberate, chedovevano ospitare più di 60 milaabitanti con strutture sociali, scola-stiche, religiose, amministrative talida renderlo perfettamente autonomodalla vicina città. Ma il futuro è bendiverso. Il progetto venne disatteso

in diversi punti fino a essere com-pletamente stravolto per via dellamassiccia edificazione abusiva edella cattiva gestione delle ammini-strazioni locali. Ancora oggi, ilquartiere risulta in “fase di realizza-zione”: è la storia di un progetto diurbanizzazione incompiuta e, sottotanti aspetti, fallita.

L’assenza di molte infrastruttureessenziali, il degrado ambientale epaesaggistico, la mancanza di luo-ghi di incontro e di aggregazione, lacarenza di strutture di servizio indi-spensabili ne fanno soltanto ungrosso contenitore di popolazioneiscritta, purtroppo, tra le fasce piùdeboli della vicina Catania. Il quar-tiere è abitato da famiglie giovani,una sorta di “parcheggio” dove vi-vere in attesa di tempi e opportunitàmigliori. In questo contesto, i piccolie i giovani faticano a trovare puntidi riferimento solidi a garantire unaformazione culturale adeguata e unasana socializzazione.

SO-STARE CON TELe storie e le strade di Catania/Li-

brino si incrociano nel 2005 conquelle delle Figlie di Maria Ausilia-trice. È di quell’anno, infatti, la de-cisione di aprire la comunità Gio-vanni Paolo II. Tre suore che con-ducono una vita semplice, essenzia-le, sobria, che fanno del loro essercitra la gente una dimora che accogliee consola, guarisce e risana.

«La sensibilità nei confronti dellasofferenza di persone costrette a vi-vere nella miseria, nonostante igrandi progressi della scienza e dellatecnica, sollecita la comunità a vi-vere come Maria a Cana – spiegasuor Lucia Siragusa, animatrice del-la comunità –. È questa l’icona checi guida a coordinare con trasparen-za e legalità il nostro servizio per lo

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice e la scommessa MAF

di Maria Antonia Chinello

Tre figlie di MariaAusiliatrice e tantigiovani, donne,volontari e volontarie,sacerdoti e famiglie uniti contro il degrado e l’abbandono di unintero quartiere. Una comunitàeducante che chiamaa raccolta per educarealla legalità, allaresponsabilità personalee sociale, al servizio.Perché tutti abbianopresente e futuro. In abbondanza.

Catania Librino: suor Enza Cavallaro con alcuni giovani.

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UN SERVIZIOCHE VALE UNA VITA

«Nonostante abiti in un quartierelimitrofo – racconta Veronica, vo-lontaria del Servizio Civile – nonmi ero mai resa conto delle diffi-coltà e delle problematiche che sivivono a Librino. Essere in servizioqui, mi ha obbligato a guardare me-glio dentro me stessa. Sono molte lesensazioni che provo: rabbia per ilmenefreghismo delle istituzioni e dichi potrebbe fare e non fa nulla,senso di impotenza per le ingiustiziesociali. Ma mi si mescolano anchesentimenti di tenerezza, affetto egioia per poter stare insieme a bam-

bini, ragazzi, giovani e adulti chesubiscono e affrontano ognigiorno, nonostante tutto, la vita

a testa alta».L’oratorio è punto di riferi-

mento dove i ra-gazzi possonostu diare, impara -re a socializzare,

sviluppare le lo-ro potenzia-lità e rappor-tarsi con gliadulti in mo-do positivo,dove impara-no ad averecura di se

stessi, a rispettare l’ambiente e le per-sone che le circondano.

Vi è lo sportello multifunzionaleCIOFS, con il Progetto Arianna perle donne in cerca di lavoro. «A par-tire dall’apprendimento delle tecno-logie informatiche – narra Concetta– impariamo a conoscerci meglio, avalorizzare talenti nascosti, risorse ecompetenze impensate. Lo sportel-lo, attraverso la ricerca del lavoro,ci fornisce anche gli strumenti perimmetterci con più precisione nelmondo del lavoro. Gli incontri perl’orientamento tra noi e con gli ope-ratori sono importanti e ormai indi-spensabili. Il Centro è antidoto ainostri palazzi di cemento, ai topiche vi scorazzano indisturbati, alleacque nere, alle malattie dei bambi-ni, al marito e ai figli reclusi».

TUTTO A POSTO?No! I problemi sono tanti, ma Dio

ha scelto di abitare in periferia: goc-cia dopo goccia, le pozzanghere di-venteranno un mare. �

sviluppo integrale e solidale dellavita umana; a non avere paura di an-dare incontro ai poveri e a denun-ciare le ingiustizie sociali, a scom-mettersi in prima persona; ad andaredi casa in casa, nonostante i perico-li, per portare conforto, amore, co-raggio; a trasmettere gioia a chi noncrede più nella gioia, speranza a chinon crede più nella speranza; a te-stimoniare e a far sperimentare l’a-more misericordioso del Padre at-traverso l’animazione del territorio,l’educazione di strada, la catechesinelle parrocchie, la gestione a tem-po pieno dell’oratorio, l’evangeliz-zazione nell’istituto penitenzialeminorile, la realizzazione di progettidi promozione sociale in collabora-zione con altri enti».

Oggi sono tre i centri di aggrega-zione attivi nel quartiere: due gestitidalle FMA e uno, il Centro TalitaKum, tenuto dalla Caritas diocesa-na. Ma il tutto è il risultato di unasinergia tra la comunità educante,la Famiglia Salesiana, la Chiesa lo-cale, l’amministrazione comunale,alcune fondazioni e agenzie educa-tive, associazioni ONLUS di volon-tariato, cooperative sociali. C’è po-sto per tutti per camminare insieme,per alleviare e condividere diffi-coltà e gioie, fatiche e speranze, la-voro e preghiera, per tracciare per-corsi educativi di pastorale integra-ta a favore delle giovani e dei gio-vani, delle famiglie.

della speranza in uno dei quartieri più difficili di Catania.

Via di corsa.

Suor Renata Soldati con alcune donne.

Suor Lucia Siragusa.

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CONFRONTI

VITA FAMILIARE

UNA FAMIGLIASTRAORDINARIA Sette passi per vivere e amare insieme di Ross PorterEdizioni dell’Immacolata,Borgonuovo Marconi (Bo)2008, pp. 190

PICCOLE STORIE PERDIVENTARE GRANDI Da leggere di sera peraffrontare le paure,le preoccupazioni, le domande del propriobambino di Sophie Carquain ELLEDICI Leumann (To)2008, pp. 270

FAMIGLIA, CREDI IN CIÒ CHE SEI 16 esperti si confrontanosul Vangelo della Famiglia a cura di Nicoletta e Davide OregliaEffatà Editrice, Cantalupa (To)2008, pp. 208

Il primo volume aiuta i geni-tori a mettersi davanti ai lorobambini per far superaresenza traumi le paure incon-sce dell’infanzia, che spessoè piena di nubi e incertezzeche ricavano dal mondo del-la comunicazione. Il secon-do offre una riflessione va-riegata che, partendo dapunti di vista diversi, ha co-me collante comune unaprofondità di analisi e unanovità di prospettive. Il testopuò essere apprezzato dachi voglia affacciarsi al “van-gelo” della famiglia, e puòcostituire un sussidio inte-ressante per fidanzati, sposi,gruppi-famiglia e operatori dipastorale familiare. La forzae la speranza della Chiesavivono oggi nella famiglia.

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a cura di Giuseppe M

orante

IL MESE IN LIBRERIA

CON IL VANGELO IN TASCA7 percorsi di felicità di Domenico Sigalini,pp. 10

FELICITÀ CON LE ALILe beatitudini di Gesù di Pino Fanelli, pp. 132 Paoline, Milano, 2008

Due volumetti per aiuta-re animatori e giovani acamminare alla ricercadi un’autentica felicità. Ilprimo propone 7 percor-si verso la felicità piùprofonda, quella chenon dipende da emozio-ni passeggere, ma coin-volge tutto l’essere e di-venta sigillo per la vita.Un cammino non facilema certamente sicuro. Ilsecondo aiuta il lettorenella sua “salita” verso ilmonte delle “beatitudi-ni” (la vera felicità) riflet-tendo sui salmi delleascensioni. Sono lettureche offrono ai giovani unulteriore strumento diconoscenza del mes-saggio centrale del Van-gelo, un invito a cammi-nare verso la felicità. Al-le “beatitudini” Cristo af-fida la risposta alle atte-se profonde del cuoreumano, il “bene” versocui ciascuno mira.

DUBBI E MISTERI

QUANDO LA FEDEDIVENTA DIFFICILEDomande e risposte su Dio, Gesù, la Chiesa, la morte, l’aldilà di Tonino Lasconi ELLEDICI Leumann (To) –Vicenza ISG, 2008pp. 184

C’è un momento nella vitadi ogni persona, in partico-lare dei giovani, in cui la fe-de ricevuta inconsapevol-mente da bambini non èsufficiente a sostenere lafatica della vita. Mille do-mande si affacciano all’o-rizzonte, mille interrogativiesplodono: perché c’è bi-sogno di credere? Cosac’è dopo la morte? Perchédevo andare a messa?...Si tratta di un momento im-portante in cui la fede di-venta adulta, rompe cioècon le abitudini del passatoper diventare più vera e piùforte. Il libro si offre comeun vademecum da consul-tare quando – davanti aifatti della vita – la fede di-venta difficile, perché tor-menta, interpella, provoca.A partire da testimonianzedi giovani sui problemi vis-suti, l’autore offre spunti dirinforzo e di orientamentoesistenziale per scelte divita cristiana.

Si tratta di un volume chevuole aiutare la coppia e lafamiglia a confrontarsi conla vita e il vissuto quotidia-no, offrendo piste concretedi cammino e di verifica,dal punto di vista sia spiri-tuale sia umano. Che cosarende le famiglie felici?Che cosa rende alcune ec-cezionali? Che cosa hannoin comune? Intrecciandoinsieme sapienza spiritualee dinamicità psicologica,l’au tore propone un cam-mino in 7 passi per rispon-dere a queste domande ead altre, e offre un percor-so che può condurre a rag-giungere la pienezza dellavita. L’esperienza dice chealcune persone rimangonoschiacciate dalla famiglia,mentre altre sono salvateda essa. Perché? Qualun-que cosa si pensi oggi sul-la famiglia, è indubbio cheessa poggia sul fondamen-to del mondo psichico diogni persona.

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VIVERE...a cura di Giuseppe Ruta CNOS-FAP Roma 2007

VIVERE IN… 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa a cura di Giuseppe Ruta CNOS-FAP Roma 2007pp. 104; guida pp. 80

ISTRUZIONE

SULLE ORME DEL DIVINO VIANDANTE Riflessioni sulla vita consacrata di Vincenzo Bertolone, ELLEDICI – Velar Leumann (To) – Bergamo2007, pp. 124

Il denso libretto, rivolto nonsolo agli uomini e alle don-ne che hanno fatto unascelta di vita radicale per ilVangelo, ma anche a tantiche guardano a essi conammirazione e senso digratitudine, è frutto di unaspontanea e appassionatariflessione sul significato esul valore della vita consa-crata. L’autore accomuna illoro sentire a quello deiconsacrati che talvolta si ri-fugiano in sterili autocriti-che, rinunciando a lasciarsiavvicinare e sorprenderedal misterioso Viandanteche cammina con loro. Loscritto, pertanto, vuole pro-prio farsi eco della voce diquesto Viandante, il qualeanche oggi rammenta aiconsacrati le ragioni profon-de della chiamata. È, infatti,l’incontro con Cristo chesvela alla vita consacrata lanarrazione di un amore cheesiste da sempre.

FAMIGLIE AFFIDATARIEE WELFARE SOCIETY a cura di Andrea Farina e Mario TosoLAS, Roma, 2008, pp. 148

PROBLEMA

VOCAZIONIINFANZIA

DA PROTEGGERE

PERSONE & PAROLE/4di Cesare Cavalleri ARES, Milano 2008pp. 224

Un utilissimo volume, cor-redato anche dall’indicedei nomi, che nelle oltreduecento pagine presentacon un linguaggio scorre-vole e accattivante alcunitemi attualissimi, frutto diarticoli dell’autore scrittiper l’“Avvenire” dal 2005 atutto il 2007, nella fortunatarubrica Persone & Parole.Curioso e sagace, comeogni vero giornalista, sen-sibilissimo alle tematichepiù scottanti, attento aglieventi, critico pacato e ve-ritiero senza essere cata-strofico, l’autore affrontacon sottile ironia temi dimoda, personaggi famosi,eventi importanti della vitapubblica e privata, situazio-ni ed emozioni da non di-menticare... Una letturagradevolissima che offre aognuno spunti notevoli diriflessione e spazio di ap-profondimento.

ATTUALITÀ

Documentare e rifletterecriticamente sull’alto sensodi responsabilità, sul nobileimpegno educativo-socialesottesi all’organizzazionesia di una Casa Famigliaper minori dai 12 ai 18 an-ni, sia sul Movimento Fa-miglie Affidatarie – sortientrambi dalla sinergia deiSalesiani del Borgo Ra-gazzi Don Bosco e dei lorocollaboratori – significa farconoscere un’importante econcreta via di realizzazio-ne del bene-essere socia-le. Le famiglie affidatarie eil loro Movimento, mentredanno corpo a politiche so-ciali più commisurate ai bi-sogni delle persone, speciedei minori, contribuisconoefficacemente alla produ-zione di un nuovo welfarequalitativo e relazionale e,quindi, alla realizzazionedel bene comune, in lineacon una corretta interpreta-zione della solidarietà edella sussidiarietà.

La dimensione religiosa del l’e-ducazione è una componen-te essenziale di ogni istituzio-ne scolastica e formativa. LaFederazione CNOS-FAP, cheha finalità di orientamento,formazione e aggiornamentoprofessionale, ha risposto atale istanza elaborando spe-cifici sussidi e strumenti de-stinati sia ai formatori sia agliallievi. Viene perciò offertauna proposta organica di for-mazione nella dimensioneetico-religiosa della persona.Il curatore ha realizzato primail volume Etica della personae del lavoro (2004) ristampa-to nel 2007, con una Guidaper il formatore. I formatoricoinvolti sono stati soprattut-to quelli che hanno operatonell’area della cultura gene-rale, denominata area dellecompetenze di base. A que-sto seguiranno i volumi sulla“relazione” e sul “progetto”.

NON SI FA VENDITA PER

CORRISPONDENZA. I libri

che vengono segnalati si pos-

sono acquistare presso le li bre -

rie cattoliche o vanno ri chie sti

direttamente alle ri spet tive Edi-

trici.

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anche lui fece la domanda e fu destinato al Giappone.Lo conosceva già, perché leggeva sempre sul BollettinoSalesiano gli articoli di Don Cimatti, che incontrò il 27novembre del 1939 al porto di Kobe, dove era venutoad accogliere i sei nuovi missionari, di cui tre ancora invita. Furono gli ultimi dell’anteguerra. Nelle sue memo-rie scrisse: “Ora bisogna ambientarsi, iniziare lo studiodella lingua molto difficile; altro tenore di vita, altri costu-mi… Un po’ di nostalgia della patria non manca. Nonmancano i sacrifici, ma è meglio non parlarne. Il futuroera incerto per la guerra del Giappone contro la Cinache durava da qualche anno con il pericolo di una guer-ra mondiale”. Facile profezia: il conflitto cominciò pocodopo e fu terribile. Anche per i missionari. Dopo un an-no di studio della lingua, fu destinato al Piccolo Semina-rio di Miyazaki, sulle sponde dell’Oceano Pacifico al suddel Giappone, con l’incarico di provveditore per unaquarantina di ragazzi e giovani, parecchi dei quali di-vennero salesiani, e altri sacerdoti in varie diocesi. Nonera il suo campo, ma vi si adattò con generosità; è unacaratteristica dei salesiani: devono sapersi adattare aqualsiasi lavoro. “Avevo la fortuna di essere con monsi-gnor Cimatti – dice – e fu per me un grande aiuto”.

Crebbe a Viola in provincia diCuneo, con papà, fratelli e sorelle,ma a lui, più che studiare piacevalavorare i campi. Nel 1936 il fratello,sacerdote salesiano, gli propose dientrare al Colle Don Bosco. Nellecondizioni di accettazione c’erascritto anche di essere disposto a diventare missionario.

ON LINE ALESIANI COADIUTORI

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Era il 27 febbraio 1928. Aveva 6 anni, e la mammamorente gli disse: “Fa sempre il bravo!” Lui moltianni dopo scrisse: “Per me era impossibile crede-

re che la mamma l’avessero messa in una cassa e se-polta nel cimitero. Un giorno mi trovai solo in casa, mirecai in camera, mi inginocchiai per terra e guardai sottoil letto pensando di ritrovare la mamma… Rimasi deluso

e mi rassegnai; la mam-ma non c’era più”.Quando lo lesse si mi-se a piangere: erasempre vissuto in unpiccolo paese ai piedidelle Alpi. Quando sitrovò nella piccola ca-setta di Don Bosco,davanti al suo quadrogli chiese aiuto. Poi simise a studiare e a la-vorare nella scuolaagricola. Da qui ognianno partiva un grup-po per le missioni. Al-la fine del noviziato,

Breve profilo di un grande salesiano coadiutore missionario, Giulio Maestro (1929-2005).

DALLE ALPI AL PAESE DEL SOL LEVANTE

a cura di Giancarlo Manieri

Il signor Giulio Maestro (1922-2003).

Giulio Maestro e i frutti del suo orto.

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MIYAZAKI E LA GUERRAMa lo fu solo per un anno, perché quando il Giapponeentrò in guerra, don Cimatti si trasferì a Tokyo. Su quelperiodo, il signor Maestro lasciò scritto: “Quando nel1943 l’Italia si arrese, la sorveglianza divenne più rigo-rosa, dovevamo restare nel nostro territorio e nonuscire in città. Il 18 marzo 1945, improvvisamenteapparvero i primi caccia americani... Poi arrivavano acentinaia i B29 dirigendosi verso le città ove scarica-vano bombe incendiarie ed esplosive di ogni genere.Un giorno, finito il bombardamento sulla ferrovia, lasirena annunciò il cessato pericolo. Non sentendo piùgli aerei, ci avviammo verso casa, quando a un trattoun pauroso scoppio ci scaraventò a terra; era scoppia-ta un bomba a orologio, provocando lo scoppio di trevagoni di munizioni. Morirono molti militari che sta-vano scaricando il materiale. Il cielo divennebuio, il fumo oscurò il sole… schegge e pezzi dilamiera ovunque… un pezzo di rotaia di duemetri cadde davanti alla nostra chiesa. Due alidel fabbricato restarono senza finestre, conschegge conficcate nei muri di calce e ilsoffitto di assi a penzoloni. Un vero disa-stro, ma nessuno di noi ebbe la minimascalfittura”. Poi gli avvenimenti e lo svolgersidella guerra misero i giapponesi in situazioneda non poter più sostenersi. Noi stranieri fum-mo internati in una zona montuosa ai piedidel vulcano Aso. Requisirono un hotel persistemarci. Il pianterreno ai padri delle mis-sioni estere di Parigi, il secondo ai padriconventuali di Nagasaki. Al terzo c’erava-mo noi salesiani, che ci prendemmo curaanche di due civili: un tedesco di 80 anni euno della Russia Bianca sposato con unagiapponese. Il governo ci offriva una razio-ne di riso al giorno. Alla nostra partenza daMiyazaki ci mise a disposizione un vagone ferrovia-rio, che abbiamo riempito di viveri e con quelle provvi-ste siamo riusciti ad aiutare anche i francescani e altrifino alla fine della guerra”. Furono giorni tristi, che siappesantirono ancora di più quando arrivò la notiziadella prima bomba atomica sganciata su Hiroshima;

poi quella su Nagasaki. Finalmente il 15 agosto lavoce dell’Imperatore annunciò la resa incondizionata.Fu un sollievo ma colmo di lacrime: l’imperatore, l’in-vincibile, era stato sconfitto. Scrive Maestro: “Da quelgiorno più nessuno si interessò di noi. Dopo alcunigiorni di attesa, decidemmo di far ritorno, e arrivati aMiyazaki trovammo una vera desolazione. Tutto eradistrutto. Ci siamo messi a raccogliere il salvabile inmezzo ai rottami”.

DA MIYAZAKI A TOKYOL’arrivo di don Cimatti a Miyazaki, dopo un viaggioavventuroso ed enormi disagi, li incoraggiò a continua-re, senza rimpianti per quello che avevano perso. Mon-signore sapeva guardare avanti e mai indietro. Per ilsignor Maestri, che proprio allora emise i voti perpetuinelle sue mani, cominciò una vita nuova. Solo nel 1951Giulio poté rivedere l’Italia e s’accorse con dolore chetanti, troppi amici mancavano all’appello.Tornato in Giappone, cominciò per lui il periodo piùfruttuoso della sua vita missionaria. Fu destinato all’o-pera sociale di Tokyo, che ospitava circa 260 ragazzidai 6 ai 18 anni, quasi tutti orfani di guerra. Scrive: “Mioccupai della scuola agricola e delle necessità di tuttala comunità. Ero l’unico ad avere la patente, perciòdovevo essere sempre a disposizione. Quante volte hoportato ragazzi all’ospedale per infortuni, per operazio-ni di appendicite, dovendo pure assistere all’intervento.Gli ospedali erano locali di emergenza, ridotti tali acausa della guerra; mancavano cibo e medicinali e iragazzi erano molto deboli. Io sono rimasto in questoorfanotrofio per 36 anni. Il nostro fine è stato sempreconcentrato sull’educazione: prepararli alla vita nellasocietà e insegnar loro la religione cattolica. Sei

ragazzi sono diventati sacerdoti salesiani e altrisono entrati in altre congregazioni. Si è formatoun buon gruppo di cristiani sposati che hanno atti-rato anche le loro mogli alla fede e altri sonoimpegnati nelle parrocchie. Il Signore ha bene-detto il nostro lavoro e il nostro sacrificio”.Dal 1987 fu destinato allo studentato salesianodi Chofu dove tutti poterono scoprire e ammi-rare la sua grande bontà e la sua totale dedi-zione al Signore e a Don Bosco. Tantissimepersone gli chiedevano consigli. Con lui il giar-dino diventò un eden, fiorito durante tutto l’an-no. Era innamorato dei fiori e della natura econ questo conquistava il cuore dei giappo-nesi che venivano ad ammirarele sue piantee si fermavano a parlare con lui. Una conver-sazione sempre piacevole e un sorriso checonquistava i cuori. Lo si vide bene durantela lunga degenza all’ospedale: non solo cri-

stiani, ma anche pagani venivano a trovarlo.C’è un bigliettino inviatogli da don Cimatti: “Mio

carissimo Giulio, ti ricordo cotidie e tu non dimenti-care il vecchio amico che ti abbraccia e benedice. Epregate per me. Saluti a tutti”. Il 27 dicembre 2003, certamente don Cimatti l’avràabbracciato in Paradiso.

Don Gaetano Compri, missionario salesiano

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ON LINE ALESIANI ALESIANI CCOADIUTORIOADIUTORI

Un Giappone presto risorto dalle macerie della guerra.

Hiroshima dopo l’atomica.

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COME DON BOSCO l’educatoredi Bruno Ferrero

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paure e timori che gli adulti faticanoa capire. Tutte le amicizie fannocrescere, anche quelle in cui ilbambino rifiuta o si sente ri fiutato. Igenitori non hanno un compito faci-le in questo campo: devono lasciarelibertà di scelta ai figli, ma devonoassolutamente mantenere un con-trollo autorevole. Tutto quello chehanno insegnato con tanta fatica ailoro figli dovrà superare il banco diprova più severo che esiste: il grup-po dei coetanei e degli amici. Igenitori devono restare al fianco deifigli anche se in modo progressiva-mente più discreto e senza intro-missioni troppo visibili. Il primomodo, come sempre, è l’esempio.I bambini si ispirano ai modelli chevedono perciò, se i genitori e gliinsegnanti hanno amici, sono cor-diali e aperti, è facile che ancheloro si comportino in modo analogo.Essi notano infiniti dettagli: si accor-gono, ad esempio, se con un estra-neo i genitori si limitano a un salutoformale o se si intrattengono coninteresse, se sono tesi, imbarazzatioppure divertiti e rilassati. In fami-glia si impara il “metro” con cuimisurare il resto del mondo.

�� I genitori devono conoscere evalutare con la massima attenzio-ne l’atmosfera che regna nell’am-biente extrafamiliare: a scuola, nelpaese, nel quartiere, nell’oratorio.Sono la palestra in cui quotidiana-mente si esercitano i loro figli.Spesso le amicizie sono strade insalita e i genitori devono affrontareinsieme ai figli le piccole e grandidifficoltà nelle relazioni. Con corag-gio, decisione e senso della realtà.Senza minimizzare e senza facilo-neria. Le sofferenze dei piccolisono sempre crudelmente sottova-lutate dagli adulti. Se un figlio fafatica a fare amicizia, non gettate-lo “nella mischia”, ma accettate lasua timidezza. Invitate in casa isuoi compagni per qualche festa erimanete con lui. La vostra presen-za, purché silenziosa, lo rassicureràe lo spingerà ad aprirsi. Se il bam-bino è isolato o maltrattato dalgruppo è necessario fargli acquisi-re un’abilità che gli altri bambini

Ignorare ciò che accade tra i pro-pri figli e i loro amici significa tra-scurare una parte fondamentale

della loro vita fin dai primi anni. Lerelazioni con i coetanei sono fon-damentali per lo sviluppo armoni-co della personalità. Aiutare i figli acoltivarle fin da piccolissimi, passodopo passo, significa insegnare acomporre il puzzle della loro identitàe fornire gli strumenti sociali indi-spensabili per tutte le forme di “con-vivenza” futura. Tra i due e i cinqueanni, imparano come giocare e co-me dividersi le cose tra di loro, ini-ziano un rapporto fatto di grandi av-venture e piccoli screzi, gioie e la cri-me, risate e gelosie, spesso sotto-valutato dagli adulti. «Giochiamo aipirati?», chiede Leonardo, tre anni emezzo, al compagno di scuola ma-terna Enrico, che accetta con entu -

siasmo. Ecco allora che i due piccoliamici partono su una nave immagi -naria (costruita con le sedie), alla ri-cerca del tesoro (i mattoncini del Le-go) nascosto su un’isola deserta (iltavolo). Il gioco è uno straordinariostrumento di apprendimento e poneanche le basi per riconoscere i sen-timenti degli altri. Fino a 7-8 anni,l’amicizia è fatta di compagnia, inti-mità e affetto. Avere un coetaneoaccanto aumenta la fiducia in sé, in-dirizza verso l’autonomia e attutiscelo stress nei momenti delicati. Soloa partire dalla preadolescenza siag giungono la lealtà e l’impegno.

�� Avere un amico come spallasu cui piangere, come orecchiopronto ad ascoltare, segna l’iniziodi una nuova autono mia rispetto aigenitori. Per mette di esorcizzare

Pensare o parlare male dell’amicizia è praticamente impossibile.

GLI AMICI FANNO CRESCERE

«L’amicizia è un frutto che matura lentamente» ha affermato Aristotele. È quindi qualcosa che può essere

seminato e coltivato. I genitori possono fare molto per aiutare

i figli “a entrare in società”, a diventare persone capaci di relazioni costruttive e soddisfacenti con gli altri.

MG

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il genitoredi Marianna Pacucci

Pensare o parlare maledell’amicizia è pratica-mente impossibi-

le; dire che è un pro-blema, è segno ditempi che davve-ro sono grami. Setrasmettiamo ainostri figli la dif-fidenza verso ilprossimo, la pau-ra di vivere espe-rienze affettive im-pegnative, il rifiutodi accettare per-sone che inevita-bilmente sono di-verse da noi, ren-diamo loro un catti-vo servizio; li con-danneremo alla solitudine, all’indivi-dualismo, alla mancanza di comunica-zione e di relazione. Né possiamoavere la pretesa di soddisfare tutte leloro esigenze di integrazione: la fami-glia è un trampolino di lancio per la vi-ta affettiva, non un mondo chiuso incui intrappolare i ragazzi. Detto que-sto, è però vero che occorre ricono-scere che il valore dell’amicizia non sitrasferisce automaticamente alle per-sone che cercano di vivere questaesperienza. L’amico è, inevitabilmente,un essere umano con i suoi limiti e lesue fragilità; soprattutto se è ancoraacerbo – per l’età, per la sua partico-lare situazione di vita, per il tipo dieducazione ricevuta –, può affrontarela relazione affettiva in modo inade-guato. Fra adolescenti, poi, l’amiciziatende a sommare i pregi individuali,ma a moltiplicare in modo esponen-ziale le povertà tipiche di questa fasedella crescita.

�� Pertanto, è importante non la -sciare che i nostri figli vivano leloro amicizie come qualcosa di esclu-sivo, che non deve essere riversatonella comunicazione ordinaria della

famiglia. Quando i ragazzi scelgonola strada del silenzio in casa, quan-do evitano di far conoscere i loroamici ai genitori, è un cattivo segno:o ritengono che i grandi non sono ingrado di capire i loro sentimenti e illoro vissuto (e bisognerebbe chiede-si perché sono arrivati a questa con-clusione); oppure pensano che icoetanei abitualmente frequentatinon sono presentabili (e alloradovrebbero interrogarsi sulle scelteche fanno quotidianamente). Talvolta,invece, si tratta soltanto di pudore:gli adolescenti, si sa, in certi periodie su certi argomenti non amano par-lare con gli adulti; quando sonoimpegnati nella costruzione del labo-ratorio interiore, hanno poche ener-gie da dedicare alla comunicazionecon i genitori. Tocca allora a noi fareil primo passo: con delicatezza ediscrezione, perché non ci giudichinoinvadenti; con prudenza e pazienza,perché temono valutazioni tropponette; ma dobbiamo anche sforzarci

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ammirano. Vestire come gli altri ovenire in possesso di un determina-to oggetto a volte è sufficiente percambiare il tipo di rapporti; maanche chi riesce in uno sport o famusica o ha successo in una qual-che attività scolastica suscita inte-resse e ammirazione. D’altronde,possedere qualche competenza oriuscire in qualcosa dà un senso diorgoglio e produce un’autostimasufficiente a tollerare poi eventualidifficoltà nei rapporti con gli altri.

�� Avvicinare altre persone signi-fica anche correre il rischio diessere criticati o rifiutati; un ragaz-zo (o una ragazza) sufficientementesicuro di sé affronta questo rischioe non si lascia deprimere da diffi-coltà passeggere. Se è rifiutatodai compagni, esaminate la situa-zione con vostro figlio, tenendoconto anche delle motivazioni chespingono gli altri bambini ad adotta-re un atteggiamento di rifiuto o discherno. E mettete in atto i rimedinecessari. Spiegate anche che nel-la vita non si può piacere a tutti, néessere sempre vincenti (“Se i tuoicompagni ti deridono, non significache non vali nulla. Hai tante buonequalità...”). Se un figlio subiscesenza reagire, alzate le antenne ecercate di captare i segnali, verbalie non, tipici del “bullismo”, come ildesiderio di non andare più a scuo-la, la chiusura in se stessi, il rifiutodi parlare dei problemi, i brutti voti,i pianti nel cuore della notte... Nonesitate e siate diretti: “Penso chequalcuno ti stia facendo del male,che sia prepotente con te, parlia-mone”. Dite a vostro figlio che sietepronti ad ascoltarlo quando lovorrà. Informate le insegnanti e nonsentitevi troppo responsabili. Gli altie bassi nelle relazioni sono norma-li, anche in quelle dei bambini. �

RISORSA/AMICIZIAL’amicizia è una risorsa indispensabile per la crescita armonica

dei nostri figli. Impensabile farne a meno: le conseguenzepotrebbero farsi sentire. È tuttavia una risorsa che va guidata,

soprattutto in questo tempi.

l ’educatore

L’amicizia è una risorsa indispensabile per la crescita armonica dei nostri figli.

I genitori devono conoscere e valutare con la massima attenzione l’atmosfera che regna nell’ambiente extrafamiliare: a scuola, nel quartiere, nell’oratorio, al campeggio…

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MGS Triveneto

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di essere chiari nel sottolineareche le loro esperienze di amiciziaci riguardano, perché sono la pale-stra nella quale si allenano perraggiungere la maturità. In questiinterventi, dobbiamo però guardar-ci da un rischio: quello di addossa-re ai compagni la responsabilità diatteggiamenti e comportamenti chenon condividiamo. Non possiamofare molto per modificare il mododi vivere degli altri ragazzi (a menoche non accettiamo di percorrerela strada impegnativa di fare retecon le altre famiglie per orientare ilcammino di crescita dei giovaniattraverso un’azione educativa dif-fusa; ma questa è una scelta chenon si può improvvisare e cherichiede, in noi adulti, una buonadose di lungimiranza e una certacompetenza esistenziale).

�� Abbiamo invece il diritto e ildovere di chiedere ai nostri figlialcune cose precise: l’attenzione amantenere sempre vivo il sensodella responsabilità individuale, per-ché non si nascondano nel confor-mismo di gruppo; la capacità dicustodire la loro autonomia di pen-siero, di valutazione e di azione,affinché l’amicizia non sviluppi for-me di dipendenza affettiva; la vogliadi accrescere la disponibilità al con-fronto, in modo da non vivere lerelazioni interpersonali in modo sta-gnante; il gusto di allargare pro-gressivamente la cerchia delle co -noscenze, così da superare la logi-ca ghettizzante che talora pervade igruppi giovanili; la disponibilità ditransitare pian piano dalla logicadello “stare con” a quella dell’“esse-re per”. Tutto questo significa, so -stanzialmente, che dobbiamo sem-pre ricordare ai nostri ragazzi chebisogna rimanere se stessi anchenello scambio affettivo, perché lafedeltà alla propria identità non puòessere svenduta per avere in cam-bio la sensazione di sentirsi accet-tati dai coetanei. È una verità, que-sta, che rimanda a un’altra verità:se non si è esigenti, non si costrui-sce mai un’autentica qualità dellavita. È chiaro che traguardi cosìimpegnativi non si possono raggiun-gere in fretta, né una volta per tutte;è però importante tenere alta latensione verso un’esperienza fonda-mentale per la loro felicità. ��

Che cosa c’è dietro quel Cri-sto, ritratto a occhi chiusi,viso candido e corpo tume-fatto a causa delle percosse

ricevute? È proprio tutto nelle formeche ci appaiono il suo significato? Èun interrogativo legittimo, che ac com -pagna in genere ogni prodotto artisti-co e, ci pare, l’opera che presentiamodel pittore Marcel Ballan, passatoattraverso una multiforme formazioneculturale che si è articolata dall’Acca-demia di Pittura, alla Facoltà di Giuri-sprudenza, all’appartenenza ad alcunigruppi rock, prima di trovare definiti-vamente nella pittura la dimensioneideale entro cui indagare il mondo, lavita e le do mande eterne che accom-pagnano l’uomo. Tale indagine è con-dotta affrontando apertamente la que-stione del significato “nascosto” die-tro ogni pittura, che torna in manieradel tutto particolare nel Crocefisso,oggetto della nostra riflessione.

>> A un’occhiata superficiale, lapittura potrebbe non colpire per ori-ginalità, richiamando piuttosto echidel passato, come altri hanno giàosservato: il surrealismo dei vari DeChirico, Magritte, Sciltian ecc. perarrivare a Gauguin… Echi che delresto non nascondono un personalis-simo gusto del pittore, un tocco deltutto peculiare che guarda ben al dilà della “fisicità” dell’opera, allaricerca di ciò che non può esserevisto, di ciò che l’arte dice ma nonspiega, spiega ma non presenta, pre-senta ma non svela. In realtà – è sta-

to detto di lui – “ciò che l’artistadipinge è quello che non vede”. Ora,tralasciando per un attimo le impli-cazioni di carattere generale di que-sta pur vera affermazione, non ci sipuò esimere dal rapportarla alla rap-presentazione sacra per eccellenza,alla crocefissione. Non c’è crocefis-sione che non intenda rappresentarealtro da se stessa: in fondo l’eventostesso del calvario ha significato tut-to l’opposto da se stesso: si assistevaa una morte che significava in realtàla vittoria sulla morte.

>> Nel Cristo di Ballan netta è ladistinzione tra volto e corpo: que-st’ultimo pare appena abbozzato, nonrifinito e il sangue, versato finoall’ultima goccia ma in parte rimastoancora a marcare lo strazio ricevuto,è lavato lentamente via da una stranapioggia, che pian piano sembra im -mergere Gesù nel suo stesso sangue.Unico elemento rimasto senza appa-rente sofferenza – appunto – il volto.Tocca nel profondo il volto di Gesù eBallan è riuscito a imprimere in Cri-sto ciò che i vangeli hanno lasciatointendere: la calma, la pa zienza, latranquillità del Figlio di Dio di fronteall’oltraggio supremo, di fronte allamorte: è la calma di chi sa di avercompiuto ciò che gli è stato chiesto,la pazienza di chi ha amato i proprinemici in ogni istante, la tranquillitàdell’essere figlio del Padre e dell’avercompiuto fino in fondo la Suavolontà che è volontà salvifica, nono-stante le apparenze. � �

Marcel Ballan, di Castelfranco Veneto, classe 1944. L’originalità dell’opera, che presentiamo ci induce al tentativo di una riflessione.

ARTE SACRA: CROCIFISSIdi Filippo [email protected]

MARCEL BALLANOLTRE IL VISIBILE

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AFORISMI di Francesco Ferrara1) I “vincenti” non sempre stanno con i vincitori.2) Chi non sa che pesci prendere, non può fare

il pescatore.

LAETAREET BENEFACERE…

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di Aloi & César

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La coscienza è unadelle espressioni piùalte della dignità dellapersona. È laconsapevolezza di dueverità: quella di essereuna persona umana e la verità morale.Occorre distinguere lacoscienza come intimonucleo della persona e la coscienza comecapacità di giudiziomorale pratico.

Senz’altro la coscienza non èun semplice processo di con-dizionamenti psicologici rela-tivi ai sentimenti, che appro-

vano o disapprovano. La coscienza èpiù dei sentimenti e più della ragione,in quanto è più di un semplice agenteesecutivo di leggi morali. “La co-scienza è il nucleo più segreto e il sa-crario dell’uomo, dove egli si trovasolo con Dio, la cui voce risuona nel-l’intimità propria” (Gaudium etSpes). La coscienza è, pertanto, fa-coltà che, situata nella profondità e alcentro della persona, conferisce al-l’uomo la comprensione del suo si-gnificato e del suo destino, la consa-pevolezza di un piano divino nelmondo e la percezione della sua vo-

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APPELLO ALLA COSCIENZAdi Giovanni Russo [email protected]

F IDE ET ICHEper ragazzi, genitori, educatoriS

cazione personale all’interno di que-sto piano. Come diceva il cardinaleNewman, “la coscienza è una leggedel nostro spirito, ma che lo supera,che ci dà degli ordini, che indica re-sponsabilità e dovere, timore e spe-ranza... la messaggera di Colui che,nel mondo della natura come in quel-lo della grazia, ci parla velatamente,ci istruisce e ci guida. La coscienza èil primo di tutti i vicari di Cristo”.

VOCE DI VERITÀLa coscienza quindi è anche una

facoltà che l’uomo possiede per di-scernere ciò che deve fare per piacereal Signore. Essa non si riduce a unasemplice valutazione astratta, ma èluce e forza per l’uomo che si senteinterpellato da Dio. Il primo impegnodella coscienza è allora il discerni-mento della voce di verità del Signo-re, per saper applicare la norma mo-rale al caso personale concreto senzaerrori, non giudicando buona un’a-zione difforme dalla richiesta di Dioo cattiva un’azione conforme alla vo-lontà del Signore. La coscienza deveessere “illuminata dallo Spirito San-to” (Rm 9,1), deve essere “pura”(2Tim 2,3), non deve comportarsi“con astuzia, né falsificare la Paroladi Dio”, ma “annunziare la verità”(2Cor 4,2). La coscienza esige perciòdi essere educata nella ricerca dellaverità, esposta com’è alle influenzenegative del peccato. Come affermail Catechismo della Chiesa Cattolica,la coscienza deve essere educata e ilgiudizio morale illuminato. Una co-scienza ben formata è retta e veritie-ra. Essa formula i suoi giudizi se-guendo la ragione, in conformità alvero bene voluto dalla sapienza delCreatore. Nella formazione della co-scienza la Parola di Dio è luce sul no-

“La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria”.

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COSCIENZA E LEGGE MORALE

L’appello alla propria coscienzamorale, mai può esimere dal rispettodovuto alla legge morale naturale,che è quella legge iscritta nella vita enella natura come progetto ori gi na -rio. Ogni uomo, a prescindere dallacultura in cui è inserito, scopre questalegge come inscritta nella sua stessanatura umana. È un progetto per l’uo- mo e per la crescita della vita stessa,che gli consente di riconoscere la vitanel suo valore originario e nel suoprogetto intrinseco. Non si imponeall’uomo come legge di necessità, maè operante per la libertà dell’uomo:precede la libertà, ma nello stessotempo l’accompagna. La legge natu-rale è il significato del senso della vitae della natura, che consente all’uomodi capire verso dove portare la pro-pria vita e come architettare i propriprogetti. È legge per l’uomo e non ri-gida legge sovrastante, legge per lapersona chiamata – proprio per talelegge – alla reciprocità e alla comu-nione con gli altri esseri umani e conil resto della natura. È quindi leggeinterculturale, perché trascende le di-verse etnie e culture e consente il ri-conoscimento della dignità umananelle diversità culturali. � �

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stro cammino; la dobbiamo assimila-re nella fede e nella preghiera e met-tere in pratica. Dobbiamo anche esa-minare la nostra coscienza rapportan-doci alla Croce del Signore. Siamosorretti dai doni dello Spirito Santo,aiutati dalla testimonianza o dai con-sigli altrui, e guidati dall’insegna-mento della Chiesa.

IN CONFLITTOSi danno situazioni in cui la co-

scienza si trova in situazione di per-plessità, di dubbio, di conflitto. Inogni caso bisogna arrivare a una de-cisione, che spesso non può essere ri-mandata. Il Catechismo offre delleindicazioni preziose. Alcune normevalgono in ogni caso: a) non è maiconsentito fare il male perché ne de-rivi un bene; b) la “regola d’oro”:“Tutto quanto volete che gli uominifacciano a voi, anche voi fatelo a lo-ro” (Mt 7,12); c) la carità passa sem-pre attraverso il rispetto del prossimoe della sua coscienza.

La coscienza morale può rimanerenell’ignoranza o dare giudizi erro-nei. Rimanendo però il fatto chel’essere umano deve sempre obbe-

dire al giudizio della propria co-scienza, va accertato se questa igno-ranza è imputabile alla persona pernegligenza o altro, e se è vincibilecon un’adeguata formazione. Se l’i-gnoranza è invincibile, o il giudizioerroneo è senza responsabilità daparte del soggetto morale, il malecommesso dalla persona non puòessere imputato. Nondimeno restaun male, una privazione, un disordi-ne. È quindi necessario adoperarsiper correggere la coscienza moraledai suoi errori.

L’artista Olindo Malvisi in “Le forme della coscienza” rappresenta opportunamente questa qualità dello spirito nella sua inquietante complessità.

La coscienza quindi è anche una facoltà che l’uomo possiede per discernere ciò che deve fare e ciò che non deve fare, insomma il bene dal male.

(Pittura di René Magritte). La coscienza è una legge del nostro spirito, che scava dentro di noi, che apre orizzonti altri, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e doveri, timori e speranze…

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17 ottobre 2008: XX Giornata Mondialecontro la povertà. Gli obiettivi delMillennio per losviluppo interpellanogenti e culturediverse. I credentisono in prima linea nel III Mondo e tra i baraccati dellegrandi metropoli.

se salverà dalla morte per dissente-ria, aids e infezioni.

>> È possibile tutti insieme, se ipoveri saranno persone con di-ritti umani. La “Giornata MondialeContro la Povertà” del 17 ottobre èproposta come “globalizzazione deidiritti umani per il rifiuto della mi-seria”, non secondo i Paesi ricchi,tra cui l’Italia, che vogliono l’ap-provazione degli OGM, gli organi-smi geneticamente modificati. Ma ildeserto da solo non produrrà maipomodori, con o senza pioggia!

Invece la “rivoluzione verde perl’Africa”, secondo l’ex segretariodell’ONU Kofi Annan, avverrà conuna grande riforma agricola a soste-gno dei produttori locali, per accre-scere del 6% annuo i frutti di quelleregioni. Per incentivare la coltiva-zione di vegetali compatibili è ur-gente promuovere non tanto unamaggiore liberalizzazione dei mer-cati, quanto piuttosto una trasforma-zione più profonda dell’agricoltura

dei Paesi più poveri, che parta dalcoinvolgimento dei contadini locali.

>> Africa, salva te stessa! Su que-sta prospettiva, recenti segni positi-vi ci danno fiducia.

Ed è anche la direzione auspicatada Benedetto XVI nell’ultimo mes-saggio alla FAO: “La fame non èuna fatalità; occorre incrementare ladisponibilità di cibo, valorizzandol’industrializzazione dei piccoliagricoltori e garantendone l’accessoal mercato”. E specifica due condi-zioni necessarie: “L’aumento globa-le della produzione agricola potràessere efficace solo se sarà accom-pagnato dall’effettiva distribuzionedi tale produzione e se sarà destina-ta primariamente alla soddisfazionedei bisogni primari”.

I costruttori di case, scuole, ospe-dali ci daranno la gioia di vedererealizzata, almeno in parte, la Cam-pagna del Millennio delle NazioniUnite entro il 2015? �

40

Bambini nudi rovistano sulmonte della spazzatura allaperiferia di Nairobi. Fannomucchietti di scatolette di

latta, stracci utili, rottami di plasticada scambiare. Ogni tanto portanoalla bocca rifiuti di cibo, non deltutto avariato e ancora utile a unoche non vuole morire subito. Fotodel genere hanno fatto il giro delmondo, ma ci vorrebbe una cinepre-sa per mostrarceli quando si aggre-discono rabbiosamente e si rubano avicenda il boccone migliore! Si ètanto parlato di fame nel mondo, diPaesi poveri in via di sviluppo e di50.000 persone che al giornomuoiono per mancanza di un pugnodi riso, che ormai non ci facciamopiù caso, anzi ci tranquillizziamopensando che altri faranno ben qual-cosa! I mass media non ci dicono dadove arriverà in quel villaggio il ri-so, chi e in che modo lo distribuirà e

I BATT I T IGiornate MondialiD

STOPALLA POVERTÀdi Severino Cagnin

OTTOBRE 2008 BS

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&trice ed esecutrice live, è ancheattrice nella parte di Ariel.

>> Nella “seconda fase” del suopercorso artistico Meg proponemelodie eleganti, ricerca sonora,strutture formali dilatate, testi so-spesi tra poesia, invettiva sociale,esistenzialismo e una vocalitàdalla vasta gamma espressiva.Tut te caratteristiche che, inevita-bilmente, le fanno raccogliere fa-vori più dalla critica che dal mer-cato e dalle classifiche di vendita.Anche il recente Psychodelice(suo secondo disco come solista)si muove su questo solco e, anzi,alcuni aspetti sono spinti versol’estremo. Gli arrangiamenti e leprogrammazioni ritmiche sonorealizzate insieme a Stefano Fon-tana, meglio conosciuto comeStylophonic: il suono di tutto l’al-

bum, completamente elettronico,è freddo, glaciale e cozza spessocon le melodie semplici, aperte,calde dal sapore mediterraneo.

>> È questo anche il caso di Di-stante, la canzone di apertura deldisco, in cui una melodia a trattieterea a tratti brillante ma nelcomplesso piuttosto orecchiabilesi dipana sopra un tappeto di rit-miche ossessive dominate dal re-gistro più grave. L’effetto stranian-te, oltre a colpire l’orecchio, dàgrande forza alle parole della can-zone. Nel testo, infatti, è descrittoil desiderio di trovare qualcosa oqualcuno che ci faccia sentire lon-tano dalle piccole e grandi ango-sce quotidiane; la classica oasi dipace discosta dalla frenesia in cui,invece, ogni momento sembracruciale, in un istante tutto puòaccadere. Ma, come nella musicanon si giunge a risolvere la dicoto-mia, anche nel testo le contraddi-zioni sono palesi: si vorrebbe pro-lungare la notte ma si sa che pri-ma o poi il giorno verrà e il tor-mento ricomincerà; si vuole scap-pare ma si sa che allontanarsi daciò che procura dolore vuol direin buona sostanza allontanarsi daciò che più a cuore mi sta. �

DISTANTE di Lorenzo Angelini

BS OTTOBRE 2008

41&Svegliami prima dell’alba / portami dovela luce non c’èCosicché il sole non illumini più tutte lepaure / tutto questo doloreOgni momento sembra cruciale / in unistante tutto può accadereIn un attimo solo tutto può cambiare /passami le sneakers… meglio scappare!

Fammi sentire distante / da ciò che più acuore mi staFammi sentire distante / lontana anni luceda qua

Svegliami (wake me up wake me up!) pri-ma dell’alba (before the sun rise)portami (take me away take me away) do-ve la luce non c’è (where there is no light)

Cosicché il sole (so that the sun) non illu-mini più (anymore anymore) tutte le paure (all the pain) tutto questodolore (of the world)

Fammi sentire distante / da ciò che più acuore mi staFammi sentire distante / lontana anni luceda qua

Inventa per me nuove parole / suoni ine-diti e dolci / per non farmi soffrireRegalami tutte le stelle cadenti / uno solosarà il mio desiderio

Fammi sentire distante / da ciò che più acuore mi staFammi sentire distante / lontana anni luceda qua

DISTANTE di Maria Di Donna

Quando la fatica, il dolore diventano insopportabili il desiderio è staccarsene, anche solo per un attimo, anche se significa allontanarsi da ciò che si ama.

NOTE

SULLE NOTE

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Meg, per l’anagrafe MariaDi Donna, trentacinquen-ne, napoletana verace, è

artista dal percorso “doubleface”.Prima (siamo negli anni ’90) ècantante “arrabbiata” e “contesta-trice del sistema” nei 99 Posse,gruppo rap legato ai centri socialiautogestiti e ai temi politico-cul-turali cari a quegli ambienti. Poiè cantautrice raffinata e speri-mentatrice che si autoproduce at-traverso l’etichetta indipendenteMultiformis da lei fondata. Inmezzo una miriade di collabora-zioni, l’impegno per la denunziadelle contraddizioni nella suacittà e una “contaminazione” conil teatro (sotto la sigla Nous) nellacolonna sonora di uno spettacoloteatrale tratto da “La tempesta” diShakespeare, in cui, oltre che au-

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OTTOBRE 2008 BS

I NOSTRI MORTIPER SOSTENERELE OPERE SALESIANE

Notifichiamo che la DirezioneGenerale Opere Don Bosco consede in Roma, riconosciuta conD.P.R. 2-9-71 n. 959, e l’Isti tu toSalesiano per le Mis sio ni consede in Torino, a ven te per sona-lità giuridica per Regio De cre to13-1-1924 n.22, possono ri ce ve -re Legati ed Eredità. Que ste le formule:

se si tratta di un Legatoa) di beni mobili“… Lascio alla Direzione Ge ne -rale Opere Don Bosco, con se dein Roma (o all’Istituto Sa le sianoper le Missioni, con se de in Tori-no) a titolo di legato la somma di€ … o titoli, ecc. per i fini isti-tuzionali dell’Ente”.

b) di beni immobili“… Lascio alla Direzione Ge ne -rale Opere Don Bosco, con se dein Roma (o all’Istituto Sa le sianoper le Missioni, con sede in Tori-no) l’immobile sito in… per i fi-ni istituzionali del l’En te”.

Se si tratta invece di nominareerede di ogni sostanza l’u no ol’altro dei due enti sopraindicati“… Annullo ogni mia preceden-te disposizione testamentaria.Nomino mio erede universale laDirezione Generale O pe re DonBosco, con sede in Ro ma (o l’I-stituto Salesiano per le Missioni,con sede in Torino) la sciando adesso quanto mi ap partiene aqualsiasi titolo, per i fini istitu-zionali dell’Ente”. (Luogo e data) (firma per disteso)

NB. Il testamento deve essere scritto perintero di mano propria dal testatore.

INDIRIZZIDirezione Generale Opere Don BoscoVia della Pisana, 111100163 Roma-BravettaTel. 06.65612678 – Fax 06.65612679C.C.P. 462002

Istituto Salesiano per le MissioniVia Maria Ausiliatrice, 32 10152 TorinoTel. 011.5224247-8 – Fax 011.5224760C.C.P. 28904100

TIBERTI sr. Rosalinda, Figlia di Maria Ausiliatrice,† Roppolo Castello (BI), il 17/03/2008, a 85 anni

Dopo la Professione religiosa andò ad aiu-tare in cucina presso i Salesiani a Chieri eanche a Monte Oliveto con i Novizi, occu-pandosi del guardaroba e della lavanderia.Molte persone custodiscono un ricordo bel-lo e riconoscente della sua presenza sem-plice e cordiale. Nel periodo della malattiaha dato un esempio di costante preghiera eofferta, soprattutto per i Sacerdoti.

BATTISTI sac. Giovanni, sacerdote, † Mestre (VE), il 08/04/2008, a 86 anni

“Un uomo di cui ci si può fidare”. La fraseriassume il tratto caratteristico di questo sa-cerdote salesiano che per oltre quarant’an-ni ha svolto in varie comunità l’ufficio di eco-nomo. Nel 1982 è stato chiamato presso laCasa Generalizia dove per 15 anni ha rico-perto il delicato incarico di RappresentanteLegale della Congregazione. Vigile, pruden-te, assennato, quasi scrupoloso, ha svolto ilsuo lavoro come il buon servo fedele delVangelo, che amministra i beni con rettitudi-ne senza indulgere a sentimentalismi, e sen-za sprecare nulla. Nonostante un carattereun po’ riservato e schivo, sapeva coltivareamicizie e aveva rapporti sereni con tutti.

BÖHM sr. Antonietta, Figlia di Maria Ausiliatrice,† Città del Messico (Messico), il 27/04/2008, a 101 anni

Nona di 10 figli, è cresciuta in un ambientefamiliare profondamente cristiano. Dopo laprofessione religiosa rimane in Italia per seianni, impara la musica, è assistente dellenovizie. Parte per le Missioni in Patagonia elì insegna musica, è direttrice e anche infer-miera. Nominata Ispettrice di Rosario SantaFe, anima le suore con semplicità e pruden-za. Passa poi a Lima (Perù) ancora comeIspettrice. Nel 1969 riceve una nuova obbe-dienza: partire per il Messico. Orienta le so-relle a vivere con radicalità la sequela di Cri-sto. La sua presenza è stata un dono che ir-radiava semplicità, allegria, bontà ecoerenza nella fedeltà, e un grande amorea Gesù e Maria. Nel 1973 riceve da MadreCrugnola la statuetta della Madonna e iniziaa ottenere molte grazie. La sua vita è stataun crescendo di donazione, aiuto, simpatia,capacità di soffrire e di offrire. È morta inconcetto di santità.

ARCIDIADONO sig.ra Maria,salesiana cooperatrice, † Nunziata di Mascali (CT), il 07/05/2008,a 95 anni

Exallieva delle FMA, per anni ha lavoratocon passione e dedizione presso il loro col-legio intitolato all’“Immacolata”, creando conle sue abilissime mani piccoli capolavori sulegno, ma anche pitture su tela, su cartonci-no e su stoffa, come tovaglie per l’altare, pa-ramenti liturgici, che hanno dato prestigio alcollegio e hanno fatto conoscere la signoraMaria nei dintorni e non solo. Donna buona,amabile, sempre disponibile, di fede profon-da e di nobili sentimenti, ha sempre dato unamano a chi gliela chiedeva, e a chi ne aveva

bisogno anche se non chiedeva nulla. Il suoricordo rimarrà in benedizione presso colo-ro che l’hanno conosciuta.

VELLA sac. Biagio, salesiano, † Pedara (CT), il 10/04/2008, a 86 anni

La scomparsa dopo tante sofferenze di donBiagio, figura carismatica e popolare apo-stolo dei giovani poveri e abbandonati, harattristato profondamente chi lo conosceva:confratelli, amici, familiari e tanti suoi assi-stiti e beneficiati. Da ragazzo frequentò a Pa-lermo l’oratorio “Santa Chiara”, dove sboc-ciò la sua vocazione. Dal 1977 al 2001 fudell’oratorio dei “Filippini”, il primo di Cata-nia, voluto dal beato Dusmet. Era un pretestraordinario, don Biagio; tutti ricordanoquando salì sul tetto del carcere di piazzaLanza per riportare la pace tra i detenuti inrivolta; e quando, il 4 novembre 1994, nell’e-piscopio di Catania, presentò a papa Wojtyłauna delegazione di ragazzi detenuti nel car-cere della Bicocca, dov’era cappellano, cheil Papa avrebbe voluto incontrare personal-mente il 29 aprile di quello stesso anno, senon avesse avuto l’incidente che lo obbligòa rinviare la visita. Una grande perdita per laChiesa catanese e la comunità salesianadella città.

FACCHINETTI sig.ra Sandra,salesiana cooperatrice, † Bardolino (VR), il 06/05/2008, a 98 anni

Salesiana Cooperatrice attiva e attenta al-l’Associazione, ai giovani, a tutti coloro concui ha collaborato con l’azione, la testimo-nianza, la preghiera, la lettura e lo studio.Abituata a mettere le sue capacità a dispo-sizione della congregazione salesiana conaltre collaboratrici, curava il guardarobadelle chiese nelle case salesiane di Bardo-lino e Albaré. A 72 anni si è coinvolta neicampi di animazione estiva preparando ifazzolettoni da donare alle centinaia di ra-gazzi dei paesi del lago e dell’entroterra.Appassionata nella preghiera, nella lettura,del lavoro a uncinetto, a favore delle mis-sioni, offriva con pazienza i suoi problemidi salute e di relazione soprattutto per l’a-postolato fra i giovani. Ricordava con rico-noscenza i sacerdoti salesiani da cui avevaricevuto incarichi di fiducia. Ci teneva a es-sere informata sulla vita della Famiglia Sa-lesiana a tutti i livelli.

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“Reciso in terra

torna a fiorire

nel giardino di Dio”

Agne

se G

aspa

rotto

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Ottobre

Savina Jemina

IL BESTIARIO DELL’ANTICOTESTAMENTOASINA DI BALAAML’importanza di questo animalenella vita quotidiana degli ebrei èconfermata dal numero delle suecitazioni bibliche: 156. In tutte leculture, al contrario del cavalloche va domato ed è utilizzatosoprattutto in guerra, l’asino èsimbolo di resistenza, pazienzae umiltà. E se non mancano iriferimenti alla testardaggine,spesso le sue lunghe orecchiehanno assunto significatosapienziale e della sua capacitàdi ascoltare e mettersi in contat-to con il mondo invisibile. È lacavalcatura preferita da re e pro-feti biblici, oltre che da Gesù, perl’entrata in Gerusalemme (Mt21,2-7). È anche l’unico animaleche parla nella Bibbia: Balaamcavalca contro Israele e nonvede l’angelo che sulla strada loostacola con la spada sguainata;l’asina invece sì e gli evita ilpericolo, nonostante sia bastona-ta, e anzi, parla al suo padrone,che è costretto a ravvedersi(Num. 22,28-30).

LA NOSTRAPATRIA EUROPA• 1° ottobre:1996: il Consiglio decide un’azio-ne comune sul bando totale dellemine antiuomo;1998: entra in vigore la conven-zione Europol sulla lotta contro ladroga.• 2 ottobre 2001: Si adotta un“libro verde” sulla protezione deiconsumatori.• 3 ottobre 2005: avviati i nego-ziati di adesione dell’UE con laTurchia e la Croazia.• 7 ottobre 1988: la Comunitàratifica la convenzione di Viennasulla protezione dello strato diozono.• 15 ottobre 1998: la Commissio-ne adotta un “libro verde” sulla lot-ta alla contraffazione e alla pirate-ria.• 15-16 ottobre 1999: a Tampere,in Finlandia, il Consiglio europeoconcorda orientamenti e prioritàpolitiche su diritto di asilo, immi-grazione, accesso alla giustizia elotta alla criminalità.• 18-19 ottobre 2007: a Lisbona,si raggiunge un accordo su untesto preciso per il nuovo “Trattatodi Lisbona”, che sarà formalmentefirmato il 13 dicembre 2007.• 21 ottobre 1991: il Consiglio siaccorda sulla creazione delloSpazio economico europeo.• 23 ottobre 1954: a Parigi, sotto-scritti gli accordi per una modificadel trattato di Bruxelles; nascel’Ueo, Unione dell’Europa occi-dentale.• 25 ottobre 1977: a Lussembur-go, sessione costitutiva della Cor-te dei conti delle Comunità euro-pee, che sostituisce la commissio-ne di controllo Cee ed Euratom eil revisore dei conti Ceca;• 27 ottobre 1970: gli Stati appro-vano la “relazione Davignon”, tesaa ottenere che l’Europa si espri-ma con una sola voce sulle princi-pali questioni internazionali.• 29 ottobre 2004: i capi di Stato e

di Governo e i ministri degliEsteri dell’UEfirmano il Trat-tato che isti-tuisce la Co-s t i tuz ioneper l’Europa.

LE MONETEAI TEMPI DI GESÙ

IL MESEIL MESE

BS OTTOBRE 2008

STATEREÈ il nome di variemonete battute innumerose città dellaGrecia antica e della Magna Gre-cia, in genere auree, ma ancheargentee e quindi di valore diver-so. La massima diffusione si regi-stra attorno ai sec. VI-IV a.C. Ilnome deriva da stadera, la bilan-cia a piatti. Il peso era di 8,70 g eil valore era pari a due dramme.Lo statere più noto è quello dell’i-sola di Egina, la prima a emetteremonete, dove compare una tarta-ruga (la città rivaleggiò con Atene,che la sconfisse nel sec. V a.C.).Sullo statere ateniese, invece,sono raffigurate la testa della deaAtena e la civetta, suo animalesacro, mentre su quello di Corinto,compaiono la dea Atena e Pega-so. Famoso è anche lo statereemesso da Filippo II di Macedo-nia (359-336 a.C.), e non a casodetto anche “filippi”, con raffigura-ta la testa di Apollo e al rovesciouna biga. Dato il suo elevato valo-re, si ritiene che lo statere abbiaavuto più funzione di conto o dipaga di soldati e funzionari pubbli-ci, mentre nella vita quotidianacircolava l’obolo.

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OTTOBRE 2008 BS

P RIMA PAGINAEmanuela Chiang

tenuto: “Questo è Vangelo, mi sono detto, nono-stante non vi sia neppure un riferimento”. E quan-do i musulmani lo leggono, dicono: “Corrispondealla nostra religione”. Più di 10 anni di attuazionedimostrano che è possibile, per cristiani e musul-mani, condividere uno stesso progetto educativo,stabilire obiettivi comuni e lavorare in armonia. Lanostra esperienza educativa è un esempio rilevantedi ciò che può il dialogo interreligioso. A Kenitra loviviamo intensamente.

>>Ora, i salesiani di Kenitra promuovono l’educa-zione ai e per i diritti umani. Perché oggi, a diffe-renza di pochi anni fa, nelle scuole del Marocco sipuò leggere, commentare ed esporre pubblicamen-te nelle bacheche la Dichiarazione Universale deidiritti umani. Così anche nel PEC l’educazione aidiritti umani è applicata in forma trasversale comeeducazione ai valori che sostengono e informano

la Dichiarazione. In tantiambiti, senza fare rumoree senza pronunciarediscorsi, influiamo positi-vamente: la promozionedell’associazionismo, lapartecipazione politica,la democratizzazionedelle istituzioni, la pro-mozione dell’istruzione edell’opera di serviziosociale, la dignità e l’u-guaglianza della donna,la libertà nella formazio-ne della famiglia... Lanostra presenza in terraislamica e il nostro

lavoro gomito a gomito con i musulmani aiutamolti a constatare l’evidenza del fatto che la frater-nità può e deve essere universale. Per molti, lanostra presenza è l’elemento scatenante di un cam-biamento di mentalità che porta all’apertura versol’altro, verso lo straniero, il diverso; un’aperturaall’universalità della famiglia umana, al fatto chetutti gli uomini hanno la stessa origine e lo stessodestino; che tutti siamo uguali al di là della religio-ne, della nazionalità e della razza. �

Kenitra1 è una città di mezzo milione di abitan-ti, 40 chilometri a nord della capitale. I sale-siani vi arrivarono nel 1937 ai tempi del “pro-

tettorato” francese, quando i cristiani erano decinedi migliaia e la vita parrocchiale simile a quella diqualsiasi parrocchia euro-pea. Oggi, la comunitàcristiana, animata da trepreti salesiani, è compostada un centinaio di perso-ne: europei, figli e nipotidegli antichi coloni o inMarocco per motivi profes-sionali, e africani studentiuniversitari e militari didiversi Paesi dell’AfricaSub-sahariana. Alla messadomenicale partecipano65/70 persone di 15 nazio-nalità differenti. Questa“insignificante” comunitàsvolge un “significativo”compito educativo in città. Di fatto i salesiani sonoresponsabili di un complesso educativo che com-prende tra scuola materna, primaria, secondaria eprofessionale, 1200 alunni e fa parte dell’Insegna-mento Cattolico in Marocco (ICM), anche se alun-ni e genitori sono musulmani; tra i docenti ci sonotre cristiani e due sacerdoti salesiani; mentre ilresto dei 70 professori è musulmano.

>> Il Progetto Educativo Comune (PEC) alle 16scuole dell’ICM è stato elaborato dai direttorimusulmani e cristiani delle scuole cattoliche, pub-blicato in francese e in arabo ed è disponibile inInternet. Mi sono riconosciuto pienamente nel con-

KENITRAPICCOLOPONTE

Dopo 15 anni con le comunità Rom della Spagna, e 18 anni in Paraguay, da 5 anni

vivo e lavoro nella comunità salesiana di Kenitra, in Marocco, in un contesto

musulmano quasi al 100%.

1 Kenitra in lingua araba significa “piccolo ponte”.

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LE PREGHIEREDELLA MAMMA E DELFRATELLINO

Michele è nato il 27 agosto 2007,al termine di una gravidanza du-rata solo 26 settimane, mediantetaglio cesareo, effettuato d’urgen-za a causa di un grave iposvilup-po del bimbo, in assenza quasi to-tale di liquido amniotico e man-canza di flusso a livello diplacenta. Quando la mamma, am-malata di gestosi, l’ha partoritopesava solo 620 g ed era lungo 29cm, non respirava autonomamen-te e soffriva di vari squilibri meta-bolici. Per venti giorni le condizio-ni del piccolo Michele rimaserocritiche; poi gradualmente, supe-rando infezioni e varie avversità,poté lasciare l’incubatrice, inco-minciare ad alimentarsi e a cre-scere. Grazie ad alcune terapie abase di cortisone, verso metà no-vembre ha ripreso a respirare be-ne, fino al giorno in cui i medicil’hanno ospitato nel reparto di te-rapia intensiva prenatale. Dal 4 di-cembre 2007, quando Michele èarrivato a casa, si sono sussegui-te visite specialistiche e di con-trollo, soprattutto per togliere ognidubbio circa possibili danni all’u-dito e alla vista. Alla fine di gen-naio è giunto il confortante re-sponso medico: “Michele ci vedee ci sente”. La mamma ha tenutoaccanto a sé per tutta la gravi-danza l’abitino di san DomenicoSavio e ha sempre pregato con ilfiglio più grande Gabriele, nato nel2002, affinché il piccolo santo pro-teggesse Michele. E quando Mi-chele è improvvisamente nato, gliha appeso al collo l’abitino e nongliel’ha più tolto, finché non è sta-to dimesso dall’ospedale. Anchela nonna Maria ha pregato sanDomenico Savio chiedendogli disalvare quella piccola vita.

Binello Silvia e Gianni, Albugnano (AT)

DUE “MIRACOLI”

Abito a Locarno, nel Canton Tici-no. Tanti anni fa ero molto malatadi depressione e stavo per giun-gere a un gesto disperato per por-

GUARITO DA BASILIOMA

Sono un uomo di 93 anni, guaritoda “vasta neoformazione ulcera-ta infiltrante il muscolo del bracciodestro”, in seguito a un interventochirurgico, eseguito presso la Ca-sa di cura “Città di Parma”. Da al-cuni anni offro la mia attenzionealla missione salesiana di Krish-nagar in India, dove ha esercitatoil suo apostolato il servo di Diodon Francesco Convertini, sa-lesiano. Tramite una corrispon-denza che m’informava su questamissione e sulla popolazione lo-cale, mi era pervenuta una letteracon allegata l’immagine di Con-vertini, ritratto con un largo sorri-so rasserenante. Da quel giorno

I NOSTRI SANTIa cura di Enrico dal Covolo postulatore generale

Per la pubblicazione non si

tiene conto delle lettere non

firmate e senza recapito. Su

richiesta si potrà omettere

l’indicazione del nome.OTTOBRE 2008 BS

vita l’ho sempre pregato. L’11maggio scorso, mentre in mac-china percorrevo l’autostrada indirezione di Palermo, fui tampo-nata da un camion che viaggiavaa grande velocità e scaraventatalungo la corsia d’emergenza sot-to un altro camion. Subito dopo loschianto e dopo aver perso co-noscenza, ho riaperto gli occhi.La prima cosa che vidi fu l’imma-ginetta di Domenico Savio, chemi sorrideva e che mi ha subitorassicurata per il mio bimbo. Pre-si tra le mani quel santino e gli af-fidai la mia creatura. Dopo la ne-cessaria visita effettuata in ospe-dale, ho potuto accertare chetutto in me era in ordine: il bimboera vivo e io non avevo subitodanni dallo schianto. Intendo te-stimoniare l’intercessione di Do-menico Savio in questa fase im-portante della mia vita e, assie-me a mio marito, lo ringrazio contutto il cuore.

Piazza Marianna, Caccamo (PA)

LO PORTOSEMPRE CON ME

Nel marzo 2004, con grandegioia ho scoperto di essere in at-tesa, ma la gravidanza era a ri-schio. L’11 giugno ho avuto unaborto interno da cui rimasiscossa. Per dimenticare l’acca-duto, io e mio marito abbiamodeciso di andare in vacanza. Il 3settembre, non essendo avvenu-te le mestruazioni, mi sottoposi aun test che risultò positivo. Por-tavo in grembo una nuova crea-tura. Nel timore che succedessequalcosa di spiacevole ogni set-timana controllavamo come sisviluppava il nascituro e intantochiesi l’abitino di san DomenicoSavio, portandolo sempre conme e invocando spesso. L’hosentito vicino specialmente du-rante il parto, che avvenne alla33a settimana. La mia creatura èrimasta nella termoculla 15 gior-ni. Al mio bambino ho dato il no-me di Rosario Domenico. Que-st’anno (2007) abbiamo decisodi dargli un fratellino o una sorel-lina. Con felice sorpresa mi sonoritrovata di nuovo incinta. Oracontinuo a invocare DomenicoSavio, affinché la nuova gravi-danza proceda bene, fino alprossimo parto.

Giuca Giuseppina, Pozzallo (RG)

TROVATA LA TERAPIAEFFICACE

Mia figlia, ora ventenne, all’etàdi 15 anni era affetta da emi-crania cronica, molto forte, chele impediva di studiare e con-durre una vita sociale norma-le. Dopo tante terapie risultateinefficaci, pregai tanto Mam-ma Margherita affinché ci aiu-tasse a trovare una terapiaadeguata alle sue condizioni.Con mia grande gioia, tuttoquesto è accaduto. Mia figliasta bene, ha terminato le scuo-le superiori con buon punteg-gio, ed ora si accinge a fre-quentare l’università.

V.M., Gravina di Puglia (BA)

Mamma Margherita.

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Attilio Giordani Matilde Salem

la sua amabile figura mi occupòmente e cuore e la scritta postasul bordo dell’immagine “Pregatequesto santo missionario e avre-te grazie e miracoli”, mi riempìsperanza. Ne sentivo il bisogno,trovandomi solo, ultranovantennee da dieci anni sofferente per unagrossa piaga sanguinolenta nel-l’alto braccio destro. Il 5 giugno2007, dovetti farmi ricoverarepresso la Casa di cura citata persottopormi a un intervento che,per le difficoltà stesse del caso, sipresentava assai pericoloso. Ese-guita in anestesia locale assistita,l’operazione ha permesso un’am-pia resezione radicale della lesio-ne, compresa parte del muscolobicipite. Il 9 giugno, fui dimesso.Sono certissimo che la guarigio-ne, avvenuta in un breve periododi tempo, sia da attribuire all’in-tercessione di don Francesco, acui mi ero rivolto. In lui ho ritrova-to una fiducia potente, per cui glisarò riconoscente fino al mio ulti-mo respiro.

Cavalca Adamo, Parma

SCARAVENTATASOTTO UN CAMION

Ho 31 anni e sono in attesa delmio primo figlio. Fin dalla nascitamia madre mi ha affidato a sanDomenico Savio, chiamandomiDomenica. Durante tutta la mia

re fine alla mia vita. Un giorno,mentre portavo al collo l’abitino disan Domenico Savio, e stavoper annegare nel lago, lo invocai :“Aiuta me e i miei bambini!”. Hosentito subito l’impulso di usciredall’acqua. Lui mi ha salvato e loringrazio. Un’altra grazia ha rice-vuto mia sorella. Operata cinqueanni fa per un nodulo al seno, hadovuto in seguito iniziare una che-mioterapia e radioterapia. Con-temporaneamente assumeva deifarmaci molto costosi. Il mesescorso in occasione di una visitadi controllo presso il suo oncolo-go, si accorse di un altro noduloche si era formato. Il medico feceuna piccola biopsia per analizzarela parte malata e le fisso un ap-puntamento la settimana seguen-te per comunicarle gli esiti dell’e-same. La diagnosi dell’oncologoprevedeva il ricovero di mia sorel-la per un altro intervento chirurgi-co. Avrebbe dovuto entrare inospedale l’8 gennaio per essereoperata il giorno dopo. Il giornoprima di ricoverarsi, 7 gennaio, sirecò dal suo medico di famigliaper un ultimo controllo, e congrande stupore lui le disse che ilnodulo era sparito. Mi sorella glispiegò che aveva recitato con al-tri parenti una novena a san Do-menico Savio. Il medico le racco-mandò di continuare a pregareper ringraziare il santo.

Cipolla Valeria, Locarno (Svizzera)

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IN PRIMO PIANO redazionale

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VITTORIAVittoria, 15 anni, era anemi-

ca, stremata e all’ottavo mese digravidanza quando gli operatorisociali l’hanno trovata su un cu-mulo di rifiuti al mercato di Ac-cra. Era arrivata da un villaggiopovero con la speranza di gua-dagnare qualcosa. Era uno dei10 mila ragazzi di strada – dicui 4 mila femmine – che vivo-no nella capitale del Ghana. Perun po’ aveva venduto ghiaccioal mercato di Accra ma con ilpassare del tempo si era dovutatrovare, come molte altre ragaz-ze, un protettore. “Cosa puoifare per una ragazzina incintache vive in strada e sta al gradi-no più basso della scala socia-le?”, dice padre Patrick Sha-nahan, presidente del ricoveroMamobi per le ragazze che vi-vono nella strada di Accra. Il ri-covero è stato istituito nel 1994da Response, un gruppo diONG che si occupa dei bambinidi strada. Grazie agli operatoridel Mamobi, Vittoria ha trovatoun ambiente sicuro per portarea termine la gravidanza; il suobambino è nato in una clinicasostenuta dall’UNICEF e dopodue mesi è riuscita a tornare alsuo villaggio. Ma non tutte leragazze riescono a mantenersi,così molte ritornano a prosti-tuirsi, anche a soli 11 anni.

• Monsignore, ci fornisce qualche dato della sua diocesi?Era l’antica diocesi di monsignor Mathías, uno dei primi salesiani

italiani sbarcati in India e il primo vescovo salesiano nel suo paese. Ha350 mila cattolici su 8 milioni di abitanti. Il 12% degli abitanti è di reli-gione musulmana, il 2% sono protestanti, tutti gli altri sono indù. Ho150 preti diocesani e 240 religiosi con circa 1500 suore.

• Qual è la situazione dei giovani?Il vero problema dei giovani è purtroppo la mancanza di lavoro. I

salesiani hanno organizzato una specie di “informagiovani” per l’o-rientamento e il sostegno di coloro che sono in cerca di primo impie-go. Dal punto di vista personale sono molto religiosi. L’induismo, lar-gamente maggioritario, è una religione dalla forte spiritualità che faancora presa sulle giovani generazioni: infonde il senso di Dio, il ri-spetto per i genitori e gli anziani, il senso della famiglia.

• I cristiani hanno buoni rapporti con lo Stato?Adesso sì. Anche perché nelle ultime elezioni i partiti religiosi hanno

stretto un patto per arrivare a non essere discriminati e a contare di piùnella vita pubblica. Proprio questo raggruppamento ha vinto le elezioni.

• Come sono i rapporti con l’islam e l’induismo?In Tamil Nadu si vive in pace, e c’è tolleranza reciproca.

• Qual è la priorità della sua diocesi? Con il Consiglio Pastorale diocesano abbiamo individuato l’emargi-

nazione e la povertà come priorità per la nostra azione. I dalit (i fuoricasta) sono una parte della società che va decisamente ricuperata. Suquesta priorità è impostato il Progetto Pastorale della diocesi.

• Lo Stato vi aiuta?Finanzia i progetti degli istituti e delle scuole purché accettino come

alunni il 50% di poveri ed emarginati sul totale. Ci pare un’iniziativaformidabile.

• L’India è in vertiginoso sviluppo. Qual è il settore che tira di più?Il settore tecnologico e informatico. È vero: abbiamo una serie di in-

gegneri informatici che non hanno nulla da invidiare ai grandi inge-gneri occidentali, europei o americani che siano. È un po’ questa la no-stra speranza di futuro.

Monsignor CHINNAPPA MALAYAPPANArcivescovo di Madras (Chennai) -Mylapore dal 1993. Salesiano, ha studiato due anni presso l’Università Salesiana di Roma.

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