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M.Balconi, Economia dell’innovazione: dispensa 2 - 1 - DISPENSA 2 - ECONOMIA DELL’INNOVAZIONE Ricerca e progresso tecnico 1. Introduzione Attraverso l'introduzione di nuove tecnologie è stato possibile nel corso degli anni aumentare continuamente la produttività del lavoro 1 e di conseguenza elevare il reddito pro- capite e il livello di vita delle popolazioni, almeno nei paesi industrializzati. L’aumento di produttività si è manifestato a partire dal settore agricolo soprattutto in quello industriale, ma nei tempi più recenti anche nei servizi, grazie all’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT). La performance dinamica dei paesi (la crescita economica) è dipesa quindi in modo fondamentale dalla capacità di sviluppare e applicare il progresso tecnico. Bisogna poi tenere conto del fatto che le statistiche sugli aumenti di produttività non tengono conto del miglioramento dei prodotti nel corso del tempo e dell’introduzione di nuovi prodotti, alcuni dei quali hanno trasformato le abitudini di vita delle popolazioni, contribuendo in larghissima parte all’aumento del benessere. Inoltre sempre più nel corso del tempo la capacità di introdurre innovazioni è diventata per le imprese fondamentale per avere successo nel contesto della competizione internazionale. Per riuscire a generare un flusso continuo di innovazioni, le imprese sono attivamente impegnate in attività di ricerca e sviluppo. 2. La ricerca e sviluppo (R&S) I moderni paesi industrializzati dedicano una parte significativa del loro reddito e della loro forza lavoro ad attività formalizzate di ricerca pura (o di base), di ricerca applicata e allo sviluppo tecnologico, sia entro le organizzazioni non profit, quali università e laboratori pubblici, sia entro le imprese private. Il ruolo degli inventori individuali è andato progressivamente riducendosi a partire dalla fine del secolo diciannovesimo, quando con la seconda rivoluzione industriale hanno cominciato a essere sviluppati dalla imprese laboratori interni di ricerca e sviluppo (R&S). E' correntemente utilizzata una distinzione concettuale tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo, basata sulle seguenti definizioni: Ricerca di base: si tratta di un’attività di ricerca finalizzata all'aumento delle conoscenze senza diretti fini applicativi, basata sulla pura curiosità intellettuale e sulla volontà di scoprire le leggi fondamentali che spiegano i fenomeni della natura. La ricerca di base esplora ciò che è sconosciuto, ampliando il campo del possibile, e produce conoscenza per lo più generale e teorica. 1 Ricordiamo (vedi dispensa 1) che la produttività del lavoro è misurata come prodotto per ora di lavoro e orelavorat N output . , o, in modo meno preciso, come prodotto per occupato occupati N output . .

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M.Balconi, Economia dell’innovazione: dispensa 2 - 1 -

DISPENSA 2 - ECONOMIA DELL’INNOVAZIONE

Ricerca e progresso tecnico

1. Introduzione

Attraverso l'introduzione di nuove tecnologie è stato possibile nel corso degli anni aumentare continuamente la produttività del lavoro1 e di conseguenza elevare il reddito pro-capite e il livello di vita delle popolazioni, almeno nei paesi industrializzati.

L’aumento di produttività si è manifestato a partire dal settore agricolo soprattutto in quello industriale, ma nei tempi più recenti anche nei servizi, grazie all’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).

La performance dinamica dei paesi (la crescita economica) è dipesa quindi in modo fondamentale dalla capacità di sviluppare e applicare il progresso tecnico. Bisogna poi tenere conto del fatto che le statistiche sugli aumenti di produttività non tengono conto del miglioramento dei prodotti nel corso del tempo e dell’introduzione di nuovi prodotti, alcuni dei quali hanno trasformato le abitudini di vita delle popolazioni, contribuendo in larghissima parte all’aumento del benessere.

Inoltre sempre più nel corso del tempo la capacità di introdurre innovazioni è diventata per le imprese fondamentale per avere successo nel contesto della competizione internazionale. Per riuscire a generare un flusso continuo di innovazioni, le imprese sono attivamente impegnate in attività di ricerca e sviluppo.

2. La ricerca e sviluppo (R&S)

I moderni paesi industrializzati dedicano una parte significativa del loro reddito e della loro forza lavoro ad attività formalizzate di ricerca pura (o di base), di ricerca applicata e allo sviluppo tecnologico, sia entro le organizzazioni non profit, quali università e laboratori pubblici, sia entro le imprese private. Il ruolo degli inventori individuali è andato progressivamente riducendosi a partire dalla fine del secolo diciannovesimo, quando con la seconda rivoluzione industriale hanno cominciato a essere sviluppati dalla imprese laboratori interni di ricerca e sviluppo (R&S).

E' correntemente utilizzata una distinzione concettuale tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo, basata sulle seguenti definizioni:

Ricerca di base: si tratta di un’attività di ricerca finalizzata all'aumento delle conoscenze senza diretti fini applicativi, basata sulla pura curiosità intellettuale e sulla volontà di scoprire le leggi fondamentali che spiegano i fenomeni della natura. La ricerca di base esplora ciò che è sconosciuto, ampliando il campo del possibile, e produce conoscenza per lo più generale e teorica.

1 Ricordiamo (vedi dispensa 1) che la produttività del lavoro è misurata come prodotto per ora di lavoro

eorelavoratN

output

., o, in modo meno preciso, come prodotto per occupato

occupatiN

output

..

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Ovviamente la ricerca di base, dato il carattere di bene pubblico (publicness2) della nuova conoscenza che essa genera, è realizzata soprattutto dai laboratori pubblici e dalle università. Ma anche l'industria svolge ricerca pura, finanziando una quota significativa delle spese complessive in questo campo. Negli Stati Uniti tale quota è pari a circa il 30%.

Ricerca applicata: si intende l’attività di ricerca a volta ad ottenere determinati risultati applicativi e a esplorare strade e metodi alternativi per realizzare fini pratici. Produce modelli, metodi e prototipi. Negli Stati Uniti è finanziata per quasi il 70% dai privati.

Sviluppo: è l'attività volta a passare dalla fase prototipale alla vera e propria fase di produzione. Questa fase implica una ricerca sui dettagli che in genere finisce con l'assorbire una grande quantità di risorse economiche. Ovviamente lo sviluppo viene condotto (prevalentemente dalle imprese) sulla base anche di una finalità commerciale, cioè con l'obiettivo di realizzare un nuovo prodotto da vendere o una nuova tecnologia da applicare nel processo produttivo. E’ finanziata dai privati per l’80% circa (dato USA).

Nell’anno 2000 il 18% delle spese di R&S negli USA è stato dedicato alla ricerca di base, il 21% alla ricerca applicata e il 61% allo sviluppo. Considerate tutti i vari tipi di spesa, il settore privato ne ha finanziato circa il 70%.

Sectors of R&D performance and funding (da: OECD Scoreboard 2003) DEFINIZIONI The R&D effort (expenditure and personnel) is usually broken down among four sectors of performance: business enterprise, higher education (= sistema universitario), government and private non-profit institutions (PNP). R&D has various sources of financing. Five are generally considered: the four R&D-performing sectors mentioned above and funds from “abroad”. What is measured are direct transfers of resources used to carry out R&D; other government provisions to encourage R&D, such as tax concessions, the payment of bonuses for R&D, exemption from taxes and tariffs on R&D equipment, etc., are excluded. TENDENZE • The business sector is the major source of financing of domestic R&D and accounted for more than 63% of funding in OECD countries in 2001. • The role of the business sector in funding R&D differs sharply across the three main OECD regions. The business sector funds 73% of R&D in Japan and 68% in the United States, but only 56% in the European Union (43% in Italy). During the second half of the 1990s, the share of business funding of R&D increased significantly in the United States, moderately in Japan and only slightly in the European Union. • Also, government funding of R&D retreated in all countries. • Foreign funding of R&D has increased in recent years. Canada, the United Kingdom, Iceland and Austria receive more than 15% of their R&D funding from abroad and Greece receives almost one-quarter. • The business sector also performs most R&D. Its contribution to the overall R&D effort has increased since the mid-1990s and, according to the latest available data, accounts for about 70% of total R&D expenditure. • The higher education and government sectors perform 31% of all R&D funded in the OECD area.

2 Con publicness si intende il fatto che i risultati della ricerca di base sono pubblicati sulle riviste scientifiche e quindi resi pubblici e disponibili a tutti. Ricorda che per bene pubblico si intende un bene per il quale non vi è rivalità nel consumo ed escludibilità (es. l’aria che si respira in un luogo aperto, la difesa nazionale ecc).

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La ricerca di base offre almeno tre contributi cruciali all’innovazione tecnologica.

1) Innanzitutto aumenta i rendimenti economici della ricerca applicata, consentendo la comprensione di fenomeni fondamentali, e in generale offrendo spiegazioni dei fenomeni. Può aprire inoltre nuovi orizzonti alla ricerca applicata. In questo senso contribuisce allo sviluppo economico.

2) In secondo luogo, soprattutto per quanto riguarda la ricerca condotta nelle università, nel realizzare programmi di ricerca vengono formati giovani ricercatori, parte dei quali opereranno nell’industria e nella ricerca applicata.

3) In terzo luogo, durante la ricerca di base vengono sviluppati nuovi strumenti e nuove tecniche che potranno servire in successivi programmi di ricerca di base e applicata. 3. Il modello lineare e il suo superamento3

Le definizioni sopra esposte di ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo implicano una evidente sequenza di stadi.

La ricerca di base traccia il corso per l’applicazione pratica, eliminando i percorsi morti. La ricerca applicata elabora e applica ciò che è conosciuto in teoria, mirando a convertire il possibile nell’effettivo, mentre lo sviluppo trasforma le scoperte della ricerca in materiali, dispositivi, sistemi e processi. Se si aggiunge la produzione, lo stadio finale della conversione della ricerca di base in nuovi prodotti e processi, e infine la commercializzazione del nuovo prodotto, il modello lineare che parte dalla scienza e termina con la realizzazione di un'innovazione è completo.

Il modello lineare: la ricerca come primo stadio nel processo innovativo

3 Si veda Stokes D.E., 1997, Pasteur’s Quadrant: Basic Science and Technological Innovation, Brooking Press, Washington D.C. p.10 e seguenti.

Ricerca di base

Ricerca applicata

Sviluppo

Produzione

Marketing

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Secondo tale approccio (noto appunto come modello lineare) le università – in quanto produttrici di conoscenza scientifica di base – e i laboratori di R&S si situano al vertice del processo, fornendo conoscenze che vengono man mano elaborate e trasformate negli stadi successivi dalle imprese. Nel corso di questo processo muta la natura della conoscenza (da scienza a tecnologia, da pubblica a privata) e mutano le motivazioni degli agenti coinvolti (dalla ricerca “disinteressata” della comprensione della realtà alla ricerca del profitto). Questo modello di science push prevalse fino agli inizi degli anni sessanta.

Esaminiamo ora due tipi di critiche fortemente complementari. Il primo tipo si focalizza sulla concettualizzazione della ricerca su cui si basa il modello lineare e sviluppa una concettualizzazione più sofisticata, mentre il secondo tipo pone l'attenzione sulla presunta sequenzialità delle fasi, proponendo una visione del processo innovativo più articolata e integrata.

a) La nuova concettualizzazione della ricerca

Gli studi più recenti sulla reale esperienza scientifica hanno evidenziato che gli obiettivi della comprensione e dell’uso non sono inerentemente in conflitto e che le categorie della ricerca di base e applicata non sono necessariamente separate. Anche se una gran parte della ricerca è completamente guidata da uno o dall’altro dei fini – comprensione e utilizzo – molte ricerche sono influenzate da entrambi questi obiettivi.

Questa possibilità è illustrata con chiarezza dalla nascita della microbiologia nel diciannovesimo secolo. Nessuno può dubitare che Pasteur cercasse una comprensione fondamentale del processo della malattia e degli altri processi microbiologici che egli scoprì più avanti nella sua carriera. Ma nemmeno ci sono dubbi che cercasse questa comprensione per realizzare i fini applicati di prevenire la fermentazione della birra, del latte, del vino, il colera nei polli, la rabbia negli animali e negli uomini.

Le moderne scienze biologiche ben difficilmente possono essere inserite nella visione dicotomica – o/o, o questo o quello - della scienza di base e applicata. La rivoluzione nella biologia molecolare ha posto domande del tipo: “come opera l’interferone?”, che erano enormemente importanti sia per l’avanzamento della conoscenza fondamentale sul DNA ricombinante che per cruciali applicazioni – alcune delle quali enormemente profittevoli. Simili osservazioni possono essere fatte per la parte non molecolare della biologia moderna.

Né la fusione degli obiettivi è limitata al campo delle scienze biologiche. Gli obiettivi di capire e utilizzare sono strettamente uniti sia nelle scienze della terra che nelle scienze della vita. I campi della sismologia, della scienza atmosferica e oceanica sono nati spinti dal timore dei terremoti, delle tempeste, inondazioni, siccità ecc.

Quanto detto può essere rappresentato graficamente attraverso due figure. La figura 1 rappresenta il modello dicotomico che contrappone la ricerca di base a quella applicata, mentre la figura 2 rappresenta il modello più complesso, che considera la possibilità di combinare gli obiettivi delle comprensione fondamentale e della considerazione dell'utilizzo, nella ricerca di base ispirata all’uso.

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Fig.1 Visione dicotomica tra scienza di base e applicata Scienza di base 0 Applicata Pasteur?

Fig.2 - Modello a quadranti della ricerca scientifica

Considerazione dell’utilizzo? No Si Si Ricerca di comprensione fondamentale? No

Va notato che il quadrante in basso a sinistra, che include la ricerca che non è ispirata né dallo scopo di capire né dallo scopo di usare, non è vuoto in realtà, in quanto include la ricerca che esplora sistematicamente particolari fenomeni, senza avere come obiettivo né di arrivare ad una spiegazione né a qualche particolare uso. La ricerca di questo tipo può essere motivata dalla curiosità dell’investigatore intorno a cose particolari. Si considerino gli osservatori di particolari specie animali che hanno raccolto un’importantissima quantità di informazioni. Louis Pasteur (1822-1895) - If one were to choose among the greatest benefactors of humanity, Louis Pasteur would certainly rank at the top. He solved the mysteries of rabies, anthrax, chicken cholera, and silkworm diseases, and contributed to the development of the first vaccines. He debunked the widely accepted myth of spontaneous generation, thereby setting the stage for modern biology and biochemistry. He described the scientific basis for fermentation, wine-making, and the brewing of beer. Pasteur's work gave birth to many branches of science, and he was single handedly responsible for some of the most important theoretical concepts and practical applications of modern science.

Pura ricerca di base (Bohr)

Pura ricerca applicata (Edison)

Ricerca di base ispirata all'uso (Pasteur)

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N. H. D. Bohr (1885 -1962) - Bohr is best known for the investigations of atomic structure and also for work on radiation, which won him the 1922 Nobel Prize for physics.

Thomas Alva Edison (1847-1931), inventor of the phonograph, the incandescent light bulb, and many other devices that make our lives fuller and simpler obtained more than 1000 patents

D'altra parte va notato un altro aspetto. In campi di indagine applicata, come quello dei circuiti elettronici, i ricercatori accademici o industriali impegnati nelle ricerche più a lungo termine esplorano nuove vie facendo ricorso a metodologie di base. Infatti cercano di comprendere a livello teorico i limiti fondamentali dei circuiti e creano sofisticati modelli matematici, per evitare di perdere tempo in inutili tentativi. In questo caso abbiamo ricerca applicata guidata da metodi scientifici di base.

La figura 3 mostra le possibili traiettorie di sviluppo e di interazione tra le conoscenze scientifiche e quelle tecnologiche. A sinistra è rappresentata una traiettoria tutta interna al sapere scientifico, a destra un traiettoria tutta interna al sapere tecnologico, mentre in diagonale sono delineate due diverse possibili traiettorie di interazione: dalla scienza alla tecnologia e dalla tecnologia alla scienza.

Fig.3 – Modello dinamico di Stokes (modificato tenendo conto della ricerca applicata guidata da metodi scientifici)

Migliore Migliore comprensione tecnologia

P

Comprensione esistente Tecnologia esistente

Pura ricerca di base

1)Ricerca di base ispirata all’uso 2)Ricerca applicata fondata su metodi scientifici di base

Ricerca e sviluppo puramente applicati

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b) Il modello a retroazione o modello a catena (chain linked model) dei processi innovativi

Bisogna ricordare che sulla base di studi empirici condotti negli anni sessanta su importanti innovazioni, cominciò ad essere contrapposto al modello lineare di technology push anche il market pull model, il quale enfatizzava il ruolo del mercato nella generazione dell’innovazione.

Secondo questo punto di vista, le imprese innovano - ossia realizzano nuovi prodotti, tecnologie e pratiche produttive - mosse dalla necessità di soddisfare i bisogni dei clienti; per riuscire ad innovare le imprese sono quindi spinte a dedicare risorse alla ricerca. Abbiamo pertanto ancora una sequenza di fasi, ma la successione è rovesciata rispetto a quella stabilita dal modello lineare. Il punto di partenza è il mercato.

Negli anni settanta, tuttavia, anche il modello market pull cominciò ad essere considerato troppo semplicistico e, soprattutto negli anni ottanta, diversi contributi hanno notevolmente affinato la comprensione dei processi innovativi realizzati dalle imprese.

Kline e Rosenberg4 (da ora KR), innanzi tutto, hanno riconosciuto che:

i cambiamenti tecnologici sono spesso indipendenti dalla ricerca;

in molte industrie la scienza ha conseguenze sull’innovazione solo con ritardi molto lunghi;

la tecnologia anticipa le spiegazioni scientifiche in molte occasioni (l’esempio tipico è quello della termodinamica). Quindi offre alla scienza problemi da risolvere.

la tecnologia offre input essenziali alla ricerca scientifica nella forma di strumentazione.

Ci troviamo quindi anche qui (negli ultimi due casi) di fronte a un rovesciamento della direzione di causalità, oltre che della sequenza temporale. E in molti casi questa è una buona rappresentazione di come procedono i processi innovativi.

Inoltri questi autori sottolineano che a partire dalla seconda guerra mondiale l’innovazione tecnologica incrementale è stata estremamente importante. Nelle parole di KR (1986, p.282):

“There is a tendency to identify technological innovation with major innovations of a highly visible sort…The fact is that much technological change is of a less visible and even, in many cases, an almost invisible sort. A large part of the technological innovation that is carried out in industrial societies takes the form of very small changes, such as minor modifications in the design of a machine that will enable it to serve certain highly specific end users better, or that make it easier and therefore cheaper to manufacture ...”

In questo contesto, secondo KR, lo step iniziale della maggior parte dei processi di trasformazione tecnologica è tipicamente la progettazione (design), invece della ricerca.

Most innovation is done with the available knowledge already in the heads of the people in the organization doing the work, and, to a lesser extent, with other information readily accessible to them. It is only when those sources of information fall short of solving the problem that there is a need for research in order to complete a given innovation…The notion that innovation is initiated by research is wrong most of the time…Had the idea been true that science is the initiating step in innovation, we would never have invented the bicycle (KR, p.288).

4 Kline S. and Rosenberg N., 1986, ‘An Overview on Innovation’, in R. Landau and N. Rosenberg, (eds.), The Positive Sum Strategy, National Academy Press, Washington D.C.

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…Contrary to much common wisdom, the initiating step in most innovations is not research, but rather a design (p.302).

I casi in cui la nuova scienza è all’origine di un processo innovativo, secondo KR, sono rari.

Sulla base dell’asserzione del ruolo fondamentale della progettazione nel dare il via all’innovazione, KR negano il supposto carattere sequenziale del processo innovativo, sottolineando che le attività che concorrono nella sua realizzazione hanno luogo simultaneamente o con continui feedback tra loro. Pertanto, non è corretto rappresentare il processo innovativo come una sequenza di step, ma come una costellazione di compiti concomitanti, necessari per ottenere un prodotto vendibile, a partire da un progetto iniziale.

Secondo il modello integrativo (chain-linked model) sviluppato da tali autori, sia la ricerca, lo sviluppo del prototipo, la produzione, il marketing sono compartecipi del risultato finale e l’intero processo è sviluppato da individui, team e organizzazioni che lavorano in modo integrato. Sono sottolineate le continue mutue relazioni tra scienza e tecnologia, che si influenzano reciprocamente attraverso numerosi feedback (Figura 4).

Ricerca, sviluppo, progettazione, produzione e vendita sono svolti in parallelo e legati da una serie di cicli di feedback che collegano le fasi a monte con il mercato ed i consumatori, i cui bisogni sono una spinta alla produzione di nuovi prodotti e servizi.

Per quanto riguarda le università, esse non intervengono solo al vertice, fornendo conoscenze di base sviluppate poi dall’industria, ma anche nelle fasi “intermedie” attraverso attività specifiche di soluzione di problemi tecnici (consulenze e ricerca su commessa) e inoltre ricevono stimolo a nuove ricerche dai puzzle evidenziati nel corso dell’attività innovativa.

Figura 4. Il processo innovativo secondo il chain-linked model

Mercato potenziale

Generazione nuovo

progetto analitico

Progetto dettagliato, prototipazione, test

Riprogettazione e produzione

Distribuzione e vendita

Conoscenza esistente

Ricerca

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Considerazioni sul dibattito sopra esposto

Il modello lineare, considerando la tecnologia come stadio successivo di un avanzamento scientifico, senza tenere conto delle influenze che provengono dal mercato, degli avanzamenti della tecnologia su sé stessa (che spesso precedono la comprensione scientifica del perché si riescono a fare e a far funzionare i ritrovati o i processi che si fanno e che funzionano), delle retroazioni dalle applicazioni alla ricerca di base è chiaramente una concezione unilaterale e semplicistica.

Tuttavia riconoscere le complessità e la ricchezza dei possibili percorsi, non vuol dire escludere che ci siano campi in cui la ricerca di base inspirata all’uso (tipo: la lotta al cancro) possa portare ad una fase successiva di applicazione, che a maggior ragione sarà finalizzata ad un uso pratico. I campi del sapere in cui è possibile scandire fasi in successione a partire dalla ricerca di base ispirata all’uso fino alla realizzazione di prodotti vendibili sul mercato hanno avuto un forte sviluppo negli ultimi venti anni. Si pensi alle biotecnologie o alle nanotecnologie. In questi casi è difficile negare una fondamentale linearità del processo innovativo (nell’industria farmaceutica, si parla chiaramente di pipeline, che parte dalla ricerca e si conclude col farmaco commerciabile).

Le relazioni tra università e industria

Relativamente al problema del rapporto università-industria, il modello lineare e il modello integrativo pongono le basi per due approcci diversi.

Secondo il modello lineare, infatti, il problema è essenzialmente impostato in termini di trasferimento della conoscenza, dall'università all'industria.

Sulla base del modello integrativo, invece, sono al centro dell’attenzione non tanto i meccanismi di trasferimento delle conoscenze, quanto soprattutto i processi di integrazione, di apprendimento e di produzione congiunta di nuova conoscenza attraverso la ricerca in collaborazione tra ricercatori accademici e industriali, o l'esternalizzazione da parte delle imprese alle università di fasi di problem solving, sulla base delle esigenze maturate nel contesto dello sviluppo dei mercati e delle sfide competitive.

4. Le caratteristiche della conoscenza scientifica e le ragioni per il finanziamento pubblico della ricerca di base

Tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta sono stati pubblicati due contributi fondamentali sulle caratteristiche economiche della ricerca di base e della conoscenza scientifica che essa produce, ad opera di R. Nelson5 (1959) e di K. Arrow (1962)6. Vediamo quindi una sintesi delle principali argomentazioni elaborate dai due autori, che rappresentano le basi dell’economia della scienza.

Entrambi gli autori sottolineano i seguenti aspetti:

a) Valore economico incerto

La ricerca di base ha valore economico per un’ impresa

5 Nelson, R. R. ,1959, “The Simple Economics of Basic Scientific Research”, Journal of Political Economy 67 (3): 297-306. 6 Arrow, K., 1962, “Economic Welfare and the Allocation of Resources for Invention”, in R.R. Nelson (ed.), The Rate and Direction of Inventive Activity, Princeton: Princeton University Press.

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i) se può essere usata per rendere più produttiva la ricerca applicata, la quale è volta a trovare soluzione a problemi pratici e a realizzare beni vendibili sul mercato. Pertanto maggiore è la conoscenza di base sottostante, minore sarà il costo della realizzazione di invenzioni che sono il risultato della ricerca applicata.

ii) se i risultati possono essere venduti sul mercato.

Ma poiché la ricerca di base esplora le frontiere della conoscenza, i suoi risultati sono altamente incerti. Inoltre spesso si manifesta un lungo ritardo tra l’inizio di un progetto di ricerca di base e la creazione di qualcosa che abbia un valore commerciabile. Quindi il valore economico della ricerca di base è difficile da prevedere e perfino da giudicare in retrospettiva.

Tale incertezza e tale ritardo indurrà gran parte delle imprese, interessate innanzi tutto alla sopravvivenza nel breve termine, ad assegnare ai progetti di ricerca di base un valore minore rispetto al valore che per la società tali progetti avrebbero.

Qual è il valore per la società della ricerca di base? Se i risultati della ricerca di base fossero diffusi, per molte altre imprese la produttività della ricerca applicata sarebbe aumentata e sarebbe possibile incrementare l’output di innovazione date le risorse investite. Ciò provocherebbe maggiore sviluppo economico.

b) Rendimenti privati incerti

Il fatto è che l’impresa ha difficoltà a trarre profitti privati dalla ricerca di base, in quanto essa produce conoscenza generale e astratta.

E’ difficile mantenere tale conoscenza al proprio interno o stabilire dei chiari diritti di proprietà (come vedremo meglio discutendo del sistema brevettuale) su un bene che ha la natura di bene pubblico (data la non rivalità nel consumo e difficile escludibilità). Di conseguenza i risultati della ricerca di base sono in effetti “regalati” in larga misura alla società e alle imprese concorrenti, che possono approfittare della scarsa appropriabilità di questo bene. Ciò fa sì che gli incentivi a impegnare risorse in questo tipo di attività siano bassi.

Di conseguenza le imprese indirizzano alla ricerca di base una minore quantità di risorse di quanto sarebbe socialmente auspicabile.

La divergenza tra i rendimenti privati e sociali della ricerca di base crea un sistematico fallimento del mercato nell'allocazione delle risorse alla ricerca di base, che in essenza di azioni volte a porvi rimedio, risulteranno in un sottoinvestimento, ossia in un finanziamento della ricerca di base da parte delle imprese sotto il livello che sarebbe socialmente ottimo.

Se le forze del mercato sono inadeguate nel raggiungere il livello socialmente ottimale della ricerca scientifica come risultato di questo fallimento del mercato, lo Stato dovrà assumersi la responsabilità di finanziare gran parte della ricerca scientifica7.

L'argomento del fallimento di mercato ha rappresentato la principale ragione economica del finanziamento pubblico della scienza negli ultimi cinquant'anni. Il caso della ricerca di base è divenuto un’applicazione classica nell’economia del benessere sociale ed un esempio molto citato di come gli accademici possano influenzare la politica pubblica.

7 Si ricordi lo Stato, oltre a fornire di finanziamenti le università e gli enti pubblici di ricerca, offre sussidi anche alle imprese for profit (cioè alle normali imprese industriali) per finanziare la R&S, evidentemente ritenendosi che i diritti di proprietà e gli altri incentivi a fare ricerca e sviluppo (segretezza, vantaggi della prima mossa, disponibilità di risorse complementari efficaci ecc.) non siano sufficienti a superare il problema dello strutturale sottoinvestimento in R&S.

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Le argomentazioni di Nelson

In particolare Nelson sviluppa il ragionamento secondo le linee sotto esposte.

Le imprese (volte alla ricerca dei massimi profitti) avvieranno progetti di ricerca se i benefici privati attesi superano i costi attesi. Ciò è più facile che si realizzi nel caso della ricerca applicata.

Nella misura in cui i risultati della ricerca applicata sono prevedibili e si riferiscono solo ad una specifica invenzione desiderata dall’impresa e nella misura in cui l’impresa può ottenere sul mercato il pieno valore dell’invenzione per la società, le opportunità di profitto privato derivanti dalla ricerca applicata ne uguaglieranno i benefici sociali e l’allocazione delle risorse nella ricerca applicata sarà ottimale per la società.

Ma la linea di demarcazione tra ricerca di base e applicata è difficile da tracciare. L’incertezza aumenta quanto più la ricerca è di base; gli obiettivi della ricerca diventano meno chiaramente definiti e legati alla soluzione di un problema specifico o alla creazione di un particolare oggetto.

Il problema fondamentale è che la ricerca non strettamente volta alla soluzione di un problema molto specifico tende a generare economie esterne.

Nelson sottolinea in particolare l’esistenza di economie esterne nella forma di potenziali applicazioni multiple e nuove combinazioni che, in condizioni di incertezza, non verrebbero completamente esplorate o sfruttate se le imprese, che intraprendono la ricerca di base, tentassero di appropriarsi di tutti i benefici da essa derivanti, o attraverso il segreto oppure avvalendosi dei diritti di proprietà.

Le scoperte più importanti spesso infatti hanno un valore pratico in molti settori. Sono poche, però, le imprese che operano in un campo di attività economica così esteso da essere in grado di trarre beneficio direttamente da tutte le nuove possibilità tecnologiche offerte dai risultati di uno sforzo di ricerca di base di successo. Soltanto un’ampia base tecnologica può assicurare che, qualunque direzione possa prendere la ricerca, i risultati saranno vantaggiosi per l’azienda finanziatrice del progetto. Non è tanto la dimensione delle imprese in quanto tale che fa sì che valga la pena per loro impegnarsi nella ricerca di base, quanto appunto la loro vasta base tecnologica sottostante e la gamma diversificata di prodotti che esse producono. (D’altra parte la dimensione conta da un altro punto di vista: in quanto data l’incertezza dei risultati dei progetti di ricerca di base, sono solo le grandi imprese che riescono a diminuire il rischio realizzando un ampio portafoglio di progetti.)

Sono le economie esterne, secondo Nelson, il principale fattore che determina un gap tra il beneficio marginale privato ed il beneficio marginale sociale che deriva dalla ricerca di base.

Le indicazioni di politica della ricerca che Nelson deriva dalle argomentazioni precedenti sono le seguenti:

--- Nell’ambito di quella che potrebbe essere chiamata “basic-research industry”, i laboratori universitari, gli enti pubblici di ricerca (tipo INFM, INFN, o CNR in Italia) e i laboratori di altre istituzioni non-profit dovrebbero giocare il ruolo più importante. Vi è infatti una contraddizione cruciale tra le condizioni necessarie per una ricerca di base efficiente – nessuno o pochi vincoli agli obiettivi della ricerca con distribuzione completa e gratuita dei risultati della ricerca – e la totale appropriazione dei benefici derivanti dal finanziamento della ricerca di base in una economia concorrenziale. Se la società conferisce il peso maggiore della ricerca di base alle università, dovranno essere forniti dei fondi a tale proposito, che il governo raccoglie attraverso la tassazione. Secondo Nelson, in effetti, le università possono intraprendere ricerca applicata ma il loro vantaggio relativo si trova nella ricerca di base. E'

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chiaro che il volume di spesa pubblica nella produzione di conoscenza e l'allocazione della spesa per la produzione di differenti tipi di conoscenza sono entrambe decisioni pubbliche, ossia prese dal governo.

--- Un ruolo sempre più importante, inoltre, dovrebbe essere svolto 1) da laboratori orientati all’industria non posseduti da specifiche imprese, ma che fanno ricerca su contratto per un set diversificato di clienti. Tali laboratori, di solito, dovrebbero avere almeno un cliente che possa beneficiare di quasi tutte le nuove conquiste scientifiche della ricerca. 2) da organizzazioni di ricerca industriale cooperativa, in grado di beneficiare dei risultati di quasi tutti i progetti intrapresi. La ragione di questi laboratori di ricerca cooperativa è soltanto in parte l’alto costo della ricerca. Principalmente, questi laboratori sono motivati dal fatto che la maggior parte delle imprese trarrà vantaggio dai risultati della ricerca di base svolta, sia che l’abbiano finanziata oppure no.

Le argomentazioni di Arrow

Secondo il successivo e complementare contributo di Arrow (1962), “il fatto economico centrale che caratterizza i processi di invenzione e di ricerca è che essi sono destinati alla produzione di informazione”.

Tale bene è caratterizzato da un paradosso: il “paradosso dell’informazione”. Esso consiste nel fatto che per il consumatore il valore è valutabile solo quando l’informazione è posseduta, ma a quel punto l’ ha comprata gratuitamente.

L’informazione è una “commodity” costosa da produrre ma pochissimo costosa da riprodurre, da trasmettere e riutilizzare e, quindi, possiede le proprietà di un bene pubblico che deve essere difeso dallo stato. Inoltre, a differenza di altri beni pubblici, lo stock di conoscenza non diminuisce con l’uso, ma al contrario ne viene incrementato, in quanto l’informazione genera nuova informazione. Da questo punto di vista la ricerca scientifica è caratterizzata da rendimenti crescenti (indiretti, in quanto derivano dall’uso).

Conoscenza tacita e codificata

Informazione = conoscenza convertita in messaggi che possono essere facilmente comunicati tra gli agenti. La riduzione e conversione della conoscenza in informazione è una condizione necessaria allo scambio di conoscenza come bene (commodity).

La conoscenza convertita in informazione è conoscenza codificata in un linguaggio condiviso.

La codificazione rende la trasmissione, la verifica, lo storage e la riproduzione della conoscenza meno costosi. La conoscenza codificata è assimilabile ad un “bene non-rivale”, ossia un bene infinitamente espandibile senza perdita delle sue qualità intrinseche, così che può essere posseduto e usato congiuntamente da quanti lo vogliano.

Pertanto, la conoscenza codificata possiede le caratteristiche di un bene pubblico. Si tratta in particolare di un bene pubblico durevole in quanto: (i) non perde validità per l’uso o il passaggio del tempo di per sé; (ii) può essere goduta congiuntamente; (iii) misure costose devono essere prese per limitare l’accesso a quelli che non hanno un diritto di usarla.

In contrasto, la conoscenza tacita si riferisce ad un fatto di comune percezione, cioè che non tutto ciò che sappiamo è facilmente articolabile e trasferibile ad altri in forma codificata. La conoscenza tacita è acquisita attraverso l’esperienza ed è per lo più di natura procedurale, cioè

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riguarda il “come si fa a fare una cosa”, come si fa a creare qualcosa di nuovo, a risolvere un problema ecc.

Talvolta si intende invece per conoscenza tacita la conoscenza trattenuta di proposito da un individuo che non vuole comunicarla ad altri, cioè conoscenza segreta. Ma è meglio distinguere i due concetti con chiarezza.

La codificazione della conoscenza tacita può richiedere alti costi, che non sempre vale la pena di sostenere.

La codificazione della conoscenza è in generale largamente incompleta, in quanto una completa codificazione può essere eccessivamente time consuming (quindi costosa) e portare ad un esplosione delle informazioni contenute sinteticamente, in modo poco articolato ma efficace, nella conoscenza tacita (e nella testa di chi la possiede).

Un libro di ricette a codificazione completa, per esempio, sarebbe invendibile (se non in pochissime copie) e inutilizzabile, perché (quasi) nessuno ha voglia di leggere decine di pagine prima di mettersi a cucinare un certo piatto e di acquistare un volume di migliaia di pagine. Ma la Campbell o un produttore qualsiasi di cibi pronti surgelati attuano una completa codificazione della ricetta di un certo piatto, per poterlo produrre su scala industriale in modo sempre esattamente identico. Il grado di codificazione dipende quindi dagli incentivi economici, oltre che dai costi di per sé (nel nostro esempio, conta comunque il fatto che il costo fisso di codificazione viene largamente ammortizzato nella produzione e vendita di massa).

Ma gli incentivi non arrivano a determinare tutto, in quanto non tutta la conoscenza è codificabile: processi di interpretazione di pezzi di realtà o di immaginazione del nuovo, per esempio, sono intrinsecamente non codificabili.

In generale conoscenza tacita e codificata sono complementari in un dato momento, ma nel corso del tempo si è avuto un ampio processo di codificazione della conoscenza (sostituzione di conoscenza codificata a quella tacita), grazie soprattutto all’utilizzo delle ICTs (che hanno ridotto drasticamente i costi delle codificazione).

Il fatto che la codificazione sia incompleta fa sì che in buona misura gli scambi di conoscenza debbano avvenire attraverso rapporti faccia a faccia tra le persone. Inoltre se buona parte del know-how, non solo tecnologico, ma anche scientifico non è codificato, non tutta la conoscenza è assimilabile ad un bene pubblico. Le imprese che fanno ricerca, quindi, non devono temere una facile e immediata fuoruscita di quello che sanno da questo punto di vista. Devono però temere la mobilità dei loro ricercatori, che con sé portano una parte della conoscenza tacita posseduta dall’impresa.

Con conoscenza aperta si intende la conoscenza codificata disponibile a tutti perché pubblicata.

La pubblicazione consente svariati vantaggi, che rafforzano i vantaggi della semplice codificazione:

-- una convalida della conoscenza stessa;

-- una sua distribuzione rapida e ampia, generando vantaggi in termini di verifica, trasferimento e generalizzazione dei risultati;

-- eliminazione dei costi connessi ad eccessive duplicazioni nella ricerca;

-- aumento della probabilità di creare innovazione e crescita del suo valore sociale, in quanto diminuisce la possibilità che le nuove conoscenze rimangano non sfruttate per mancanza di risorse/capacità sufficienti o adeguate

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Rischiosità dei progetti di R&S realizzati dalle imprese

Un famoso studio di Mansfield mostra che in media i progetti di R&S sono notevolmente rischiosi per le imprese.

Mansfield distingue tra probabilità di successo tecnico, di successo commerciale e di successo finanziario. Infatti una volta dimostrata la fattibilità tecnica di un prodotto, l'impresa deve ancora superare il test del mercato e anche se il prodotto è venduto bisogna vedere se i profitti realizzati consentono di coprire le spese di ricerca e di ottenere un tasso di rendimento adeguato al rischio sostenuto.

I valori medi delle probabilità di successo ottenuti da Mansfield sono i seguenti:

- successo tecnico ,57

- successo commerciale 0,65

- successo finanziario 0,74

Probabilità di successo dei progetti avviati 0,27

Ovviamente i vari casi mostrano un'alta varianza intorno alla media.

5. La Repubblica della Scienza e il Regno della Tecnologia

La Nuova Economia della Scienza a partire dai risultati di Arrow e Nelson (e dai contributi di Merton nel campo della sociologia della scienza) traccia una cruciale distinzione tra l'organizzazione sociale della scienza (ossia il mondo della ricerca accademica) e della tecnologia (il mondo della ricerca e dello sviluppo industriale e militare).

Secondo Dasgupta e David8, ciò che distingue le due comunità di ricercatori - rispettivamente appartenenti alla Repubblica della Scienza e al Regno della Tecnologia - non sono i metodi di indagine né la natura della conoscenza ottenuta, né le fonti del loro sostegno finanziario. Le fondamentali differenze strutturali tra il perseguimento della conoscenza intrapreso nei due diversi ambiti sono infatti dovute a:

---i diversi scopi accettati come legittimi entro le due comunità di ricercatori;

---le norme di comportamento, specialmente per ciò che riguarda la disclosure (rivelazione) della conoscenza;

---le caratteristiche dei sistemi di remunerazione (reward systems).

In altri termini, ciò che rende un lavoratore della conoscenza un tecnologo piuttosto che uno scienziato non sono le particolari skill cognitive o il contenuto della esperienza. Lo stesso individuo può essere nello stesso giorno l'uno e l'altro, ossia tecnologo o scienziato. Ciò che conta sono le strutture di regole socio-economiche sotto cui ha luogo la ricerca, e soprattutto, ciò che i ricercatori fanno con le loro scoperte: la ricerca intrapresa con l'intenzione di mantenere i frutti in segretezza appartiene senza ambiguità al regno della tecnologia. Ciò non implica che le imprese che cercano profitto non trovino utile investire alcune risorse anche nella ricerca di base, o organizzare la ricerca in modo che emula l'ambiente aperto e cooperativo caratteristico dei 8 P. David e P. Dasgupta, 1994, “Towards a New Economics of Science”, Research Policy, 23, 487-521.

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campus universitari. Né ciò implica che gli scienziati accademici non cerchino mai di beneficiare materialmente attraverso i brevetti delle loro invenzioni, o si astengano sempre dal trattenere le loro scoperte, a causa di un atteggiamento di rivalità verso i colleghi.

Nel complesso i due sistemi sono adatti a servire differenti scopi: la comunità della scienza si occupa dell'ampliamento dello stock di conoscenza pubblica, mentre la comunità della tecnologia si occupa di realizzare profitti dal possesso e del diritto di usare conoscenza privata. Per assicurare un'allocazione delle risorse ragionevolmente efficiente nella produzione di conoscenza, le società moderne si devono basare su entrambe le comunità e mantenere un equilibrio sinergico tra loro.

DD mostrano che gli assetti di ciascuno dei due mondi hanno una interna coerenza e logica e sono adatti a servire gli scopi.

Poiché nel mondo della tecnologia l'obiettivo che le imprese perseguono è la realizzazione dei profitti, i ricercatori industriali fanno carriera in quanto contribuiscono a realizzare tale obiettivo. Sono pertanto limitati nella libertà di scegliere gli argomenti della ricerca che svolgono e nella libertà di rendere pubblici i risultati. In cambio ottengono in generali stipendi più alti dei più liberi ricercatori accademici.

Nel sistema di remunerazione che governa la comunità degli scienziati accademici, la fondamentale moneta (currency) è la reputazione di un individuo per i contributi riconosciuti all'interno del suo gruppo di riferimento scientifico. La priorità della scoperta è la base della costruzione di reputazione, che nel contempo svolge la funzione di affrettare le scoperte e la loro divulgazione. Chiaramente non è possibile controllare gli sforzi che gli scienziati fanno, ma invece sono controllabili le pubblicazioni che rendono pubblici i contributi originali degli individui. Le forme di remunerazione (più o meno materiali) che gli scienziati ottengono grazie alla reputazione consistono in aumenti di stipendio e di posizione accademica, finanziamenti alla ricerca, eponimie, premi scientifici e, più in generale, nella conquista della stima dei colleghi.

Tuttavia se chi arriva secondo non ricevesse assolutamente nulla, tutti i rischi insiti nella produzione di conoscenza sarebbero posti sulle spalle degli scienziati. Questo non può essere un sistema efficiente se gli scienziati, come gli altri mortali, sono avversi al rischio per quanto riguarda la loro sopravvivenza e il loro comfort. Pertanto gli scienziati devono essere pagati qualche cosa indipendentemente dalla misura del loro successo nelle gare scientifiche. Altrimenti ben pochi sarebbero gli scienziati. È pertanto desiderabile uno schema di pagamento che consiste in qualcosa come uno stipendio fisso per chi entra nella scienza, a cui si aggiungono remunerazioni per i vincitori delle competizioni scientifiche.

Per fortuna per l'evoluzione della scienza accademica, è stato possibile agganciare il salario fisso a un’attività complementare: l'insegnamento. In termini rozzi, si può dire che un moderno ricercatore accademico è pagato nella forma di uno stipendio fisso (per l'insegnamento) e di bonus (promozioni, premi scientifici e generale riconoscimento) per la priorità nelle scoperte e nelle invenzioni. Naturalmente, il sistema di remunerazione crea un'immediata tensione tra l'adeguamento cooperativo alla norma di piena divulgazione e l'ansia competitiva degli individui di vincere le corse alla priorità. Ciò può generare comportamenti devianti di tipo ricorso al segreto. In altri casi, le pubblicazioni appositamente non trasferiscono tutta l'informazione in modo da non permettere la replica dei risultati sperimentali.

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Ma perché anche le imprese pubblicano articoli scientifici?

E’ un fenomeno largamente noto il fatto che gli autori di numerosi articoli scientifici siano ricercatori affiliati a imprese. In altre parole, anche le imprese pubblicano (in particolare, sempre maggiore, tra gli articoli scientifici delle imprese, è la quota di quelli nel campo farmaceutico e biotecnologico, mentre è diminuita nel tempo la quota nell’elettronica). Ma che senso ha tale fatto, alla luce di quanto visto fin qui?

Le imprese pubblicano i) per acquistare reputazione, non tanto con l’ambizione di vincere premi Nobel, ma perché la reputazione è un mezzo cruciale per entrare nel network delle imprese leader nella ricerca, per far parte della comunità epistemica all’interno della quale avvengono importanti scambi di conoscenza (spesso faccia a faccia tra ricercatori), ii) per attrarre ricercatori di talento, i quali ci tengono molto a ottenere un riconoscimento pubblico delle loro attività. Tale riconoscimento facilita la mobilità dei ricercatori stessi. Se la mobilità in uscita può essere un danno per un’impresa, ciò tuttavia è compensato dalla mobilità in entrata. E nel complesso la circolazione delle idee e delle conoscenze è utile, se viene gestita correttamente (problema di knowledge management)

Che tipo di ricerca fanno (USA, milioni di dollari in valori costanti anno 2005):

The republic of science (universities)

2000 2011

million $ % million $ %

Basic research 29.062 71% 38.078 63%

Applied research 8.775 21% 15.815 26%

Development 3.231 8% 6.444 11%

Total 41.068 100% 60.337 100% The realm of technology (industry)

2000 2011

million $ % million $ % Basic research 8.551 4% 13.922 5% Applied research 44.459 20% 43.586 16% Development 174.623 77% 158.865 78% Total 227.633 100% 208.133 100%

Come è finanziata l’Università (USA, anno 2000)

Ricerca di base Ricerca applicata Sviluppo Totale

Fonti di finanziamento

Governo federale 67% 54% 77% 65% Industria 6% 8% 4% 6% Autofinanziamento 16% 22% 11% 17% Non profit 6% 8% 4% 6% Governi statali 6% 8% 4% 6% Totale 100% 100% 100% 100%

Fonte: National Science Foundation, Science and Engineering Indicators.

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6.La natura delle tecnologie e del cambiamento tecnologico

6.1. L'evoluzione combinatoria

A questo punto concentriamo l'attenzione sul mondo delle tecnologie, presentando la visione del cambiamento tecnologico elaborata da B.Arthur9.

Partiamo dalle definizioni di tecnologia:

A livello individuale una tecnologia è un mezzo per soddisfare uno scopo umano: può essere un metodo o un processo o un dispositivo.

A livello meso (di cluster, industria), la tecnologia è un insieme di pratiche e componenti che costituiscono campi tecnologici o domini (elettronica, biotecnologie , ecc ). Questi domini nascono e si sviluppano intorno a certi fenomeni e componenti.

A livello di tutta l'economia, la tecnologia è l'intera collezione di dispositivi e pratiche ingegneristiche a disposizione di una cultura.

Le tecnologie, considerate individualmente, sono combinazioni di componenti: gruppi, sottogruppi, sotto-sottogruppi, fino ad arrivare a singole parti. Ogni tecnologia consiste di blocchi che sono tecnologie (poiché hanno un compito da svolgere), che consistono di ulteriori blocchi che sono pure tecnologie, con questo pattern ripetuto fino al livello dei componenti elementari.

Abbiamo un gerarchia ad albero: la tecnologia generale è il tronco, i principali gruppi sono i principali rami, le sottounità i rami secondari e così via (non è un albero perfetto poiché i rami e i rami secondari interagiscono e hanno legami trasversali).

Le tecnologie inoltre sfruttano un effetto (un fenomeno) e si basano su un principio, che costituisce la base del loro funzionamento.

Qual'è la differenza tra principi e fenomeni?

Fenomeni sono effetti naturali e come tali essi esistono indipendentemente dagli esseri umani e dalla tecnologia, sono privi di "utilizzo".

Un principio è l'idea di utilizzo di un fenomeno per qualche scopo. Ad esempio, il fatto che alcuni oggetti - pendolo o cristalli di quarzo - oscillino ad una data frequenza costante è un fenomeno. L'utilizzo di questo fenomeno per misurare il passaggio del tempo è il principio su cui si basa l'orologio.

La tecnologia si basa sullo sfruttamento di fenomeni in gran parte scoperti dalla scienza. Per esempio la tecnologia del motore jet sfrutta, tra le altre cose, la terza legge di Newton e l'effetto Bernoulli. Parimenti la scienza si basa sulla tecnologia, utilizzando gli strumenti e i metodi offerti da questa.

Scienza e tecnologia di co-evolvono in una relazione simbiotica.

Il fatto che le tecnologie sfruttano un effetto o fenomeno connette le tecnologie alla "natura", in quanto i fenomeni sono naturali.

Fatte queste premesse, vediamo in che cosa consiste il cambiamento tecnologico. Possiamo distinguere diversi tipi di cambiamenti tecnologici.

9 B.Arthur, The nature of technologies, Allen Lane, London, 2009

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1) Nuove soluzioni possono messe a punto nel lavoro di ingegneria standard, realizzando un nuovo progetto, secondo principi che sono noti e accettati.

Queste attività di problem solving (che possono variare notevolmente in termini di complessità delle sfide affrontare) producono:

i) l'accumulo graduale di cambiamenti, attraverso le migliaia di piccoli avanzamenti e correzioni introdotti per spostare in avanti la pratica;

ii) la creazione di nuove varianti di una tecnologia nota, utilizzando i componenti disponibili di un dominio, anche per mercati e finalità diversi. In generale, quando si costruisce una nuova versione di una tecnologia esistente, ogni modulo ad ogni livello deve essere ripensato;

iii) creazione di nuovi blocchi, che sono nuove tecnologie. Infatti una nuova combinazione intelligente di componenti e metodi che risolve un problema standard può diffondersi e trovare impiego generale, diventando così una nuova tecnologia in sé.

Quanto detto finora corrisponde all’idea di innovazione incrementale.

2) Tecnologie radicalmente nuove nascono dal processo di invenzione: una tecnologia radicalmente nuova (un'invenzione) è quella che utilizza un principio nuovo o diverso per un dato scopo. La scoperta di nuovi principi è oggi principalmente un risultato della ricerca scientifica. Ma un principio a volte è preso a prestito da qualche altro scopo o dominio che lo utilizza.

Le invenzioni si dividono in due tipologie.

• Possono iniziare da un fenomeno o effetto appena scoperto, trovando un principio di utilizzo.

• Possono iniziare da un determinato bisogno umano, trovando un principio per soddisfarlo.

Tecnologie radicalmente nuove possono avere un impatto molto diverso, a seconda che siano tecnologie abilitanti che danno luogo a un nuovo dominio o meno.

Nel 1970 la stampa da computer era effettuata da stampanti a linea, che erano essenzialmente macchine da scrivere elettroniche con un insieme di caratteri fissi. Con l'avvento della stampante laser, il computer stampa dirigendo un laser a dipingere testo su un tamburo xerografico, un principio diverso. L'effetto è stato limitato. Al contrario, l'effetto dell'invenzione del DNA ricombinante10 è stata la nascita dell'ingegneria genetica.

3) Nel tempo queste nuove tecnologie sono sviluppate cambiando le loro parti interne, o aggiungendone in un processo di approfondimento strutturale (structural deepening);

4) Nuove campi tecnologici (domini) emergono, e creativamente trasformano alcune industrie.

Le industrie combinano costantemente pratiche e processi esistenti con nuove funzionalità/tecnologie basate su nuovi domini. Si ha una riespressione di vecchi compiti - la contabilità, o il trasporto o la diagnostica medica - all'interno di un nuovi domini (redomaining of old tasks).

10 Stanley Cohen e Herbert Boyer hanno sviluppato la tecnologia del DNA ricombinante nel 1973. Essa ha consentito di superare due limitazioni che avevano impedito lo sviluppo della tecnologia genetica, introducendo la capacità di prelevare i geni da un organismo e di metterli in un altro organismo, e la capacità di fabbricare le proteine artificialmente per scopo umano.

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Un nuovo dominio importante (come quello digitale) viene adottato da tutte le industrie in un'economia.

Il processo di creazione di tecnologie radicalmente nuove: casi storici

Un' invenzione derivante dalla necessità di superare alcune limitazioni tecniche (quindi che nasce da un bisogno) è quella del motore jet (a reazione).

Nel 1920 i progettisti aeronautici si resero conto che avrebbero potuto ottenere maggiore velocità nell'aria sottile ad alta quota. Ma a queste altitudini i motori a elica avevano problemi. I creatori del motore a reazione, Frank Whittle e Hans von Ohain, erano ben consapevoli dei limiti del motore tradizionale e hanno espresso la necessità di superare queste limitazioni come un problema tecnico: una serie di requisiti da soddisfare.

Cercavano un nuovo concetto di base: qualche effetto grazie al quale si potessero soddisfare i requisiti del problema, insieme ad una concezione dei mezzi per raggiungere questo obiettivo. Il principio è abbastanza semplice: bruciare il combustibile in un flusso costante di aria pressurizzata ed espellere il gas risultante ad alta velocità all'indietro (dalla terza legge di Newton questo produce una forza in avanti uguale e opposta).

Il concetto deve ancora essere tradotto in un prototipo di tecnologia. Questa seconda fase del processo dell'invenzione (sviluppo) si sovrappone con la prima. Portare il concetto a realtà piena significa che un'architettura dettagliata deve essere elaborata; componenti chiave devono essere costruiti; strumenti di misura devono essere messi a punto; calcoli teorici devono essere fatti. Tutto questo deve essere sostenuto dalla finanza. Molti sotto-problemi devono essere affrontati, le soluzioni falliscono, vi è la necessità di riprogettare e testare.

Un' invenzione che nasce dalla scoperta di un fenomeno è quella della penicillina. La creazione di un farmaco basato sull' effetto di Fleming richiese una serie ben definita di tecnologie. Processi biochimici per isolare il principio attivo, altri processi per purificarlo, e ancora altre tecnologie per produrlo. Non sarebbe stato possibile creare la penicillina in una società che non avesse posseduto tali elementi.

Tutte le tecnologie nascono quindi sulla base delle tecnologie esistenti, anche se partono da scoperte di natura scientifica.

Tra la scoperta di Fleming e la produzione della penicillina sono passati tredici anni.

Le forze trainanti dell'evoluzione tecnologica

La distinzione tra il modello technology push e quello demand pull è sostanzialmente ripresa da Arthur, che considera come driving forces del cambiamento tecnologico:

1) la capacità dell'insieme delle tecnologie esistenti di "offrire" le basi di nuove tecnologie. Queste ultime possono essere ottenute mettendo insieme varie parti di tecnologie esistenti in nuove combinazioni, oppure utilizzando le tecnologie esistenti per catturare fenomeni. Le potenzialità di nuove combinazioni sono tanto maggiori quanto più elevato è il numero delle tecnologie esistenti.

2) la "domanda" di nuovi mezzi per realizzare gli scopi, ovvero i bisogni (needs) di nuove tecnologie.

Insieme queste forze della domanda e dell'offerta portano alla creazione di nuovi elementi.

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In realtà "domanda" non è un buon termine. Non c'era domanda nell'economia specificamente né per la penicillina né per la risonanza magnetica prima queste tecnologie fossero realizzate. Meglio parlare di opportunità per nuove tecnologie.

Nicchie di opportunità sono generate da bisogni umani. Ma i bisogni umani non sono solo creati dalla prosperità, sono creati direttamente dalle tecnologie stesse. Una volta che noi possediamo i mezzi per diagnosticare il diabete, generiamo un bisogno umano - una nicchia di opportunità - per un mezzo per controllare il diabete. I nostri bisogni crescono man mano che le tecnologie si espandono e dipendono dallo stato della società.

La stragrande maggioranza di nicchie per nuove tecnologie sono originate dalle esigenze delle tecnologie stesse per varie ragioni:

1) tutte le tecnologie stabiliscono con la loro stessa esistenza opportunità per adempiere il proprio scopo in modo più economico ed efficiente;

2) tutte le tecnologie richiedono tecnologie di supporto: per la loro fabbricazione, per organizzare la distribuzione, per la manutenzione. Queste a loro volta richiedono tecnologie di supporto.

L'automobile nel 1900 ha creato una serie di esigenze complementari - nicchie di opportunità - per la produzione della catena di montaggio, per strade asfaltate, per la benzina adeguatamente raffinata, per gli impianti di riparazione e stazioni di servizio. E la benzina, a sua volta ha creato altri bisogni, per le raffinerie, per l'importazione di petrolio greggio e per l'esplorazione di giacimenti di petrolio;

3) le tecnologie spesso creano problemi (come l'inquinamento) e questo genera bisogni e opportunità per le soluzioni dei problemi.

Redomainings (riorganizzazione delle attività economiche sulla base di un nuovo dominio)

Abbiamo accennato all'inizio di questo paragrafo ai domini (livello meso). I domini sono insiemi coerenti, famiglie di dispositivi, metodi e pratiche la cui nascita e sviluppo differiscono da quelli delle tecnologie individuali (ferrovie, elettrificazione, la produzione di massa, la tecnologia dell'informazione). Essi non sono inventati, emergono, cristallizzandosi intorno a una serie di fenomeni o a una nuova tecnologia abilitante, e crescono organicamente da questi.

I domini possono cristallizzare intorno a una nuova tecnologia abilitante, o svilupparsi da una famiglia di fenomeni. Solitamente passano diversi decenni tra la venuta di tecnologie abilitanti che fanno nascere un nuovo dominio e l'impatto completo del dominio.

La macchina a vapore di James Watt è stata sviluppata nel 1760, ma l'energia a vapore non è entrata in uso diffuso fino al 1820 prima rivoluzione industriale.

Le tecnologie abilitanti di elettrificazione, il motore e il generatore elettrico, sono arrivate nel 1870, ma i loro effetti sull'industria non si sono fatti sentire fino agli anni 1910 e 1920 (vedi P. David, 1975) seconda rivoluzione industriale.

In tempi più moderni, le tecnologie abilitanti della digitalizzazione, il microprocessore e Arpanet (il precursore di Internet), erano disponibili dai primi anni 1970, ma il loro impatto nella digitalizzazione dell'economia non sono ancora pienamente realizzati.

Quello che succede non è un semplice processo di adozione, ma un più ampio processo di adattamento reciproco tra il dominio e l'economia. L'economia reagisce alla presenza del nuovo corpo e così facendo cambia le sue attività, le sue industrie , le sue modalità organizzative - le sue strutture. Se il cambiamento risultante è abbastanza importante, lo chiamiamo rivoluzione.

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Una rivoluzione si realizza pienamente solo quando le attività economiche sono riorganizzate sulle base delle tecnologie del nuovo dominio, e fino a che queste tecnologie non si adattano ad un utilizzo senza intoppi.

Perché avvenga una rivoluzione tecnologica:

• il nuovo dominio deve raccogliere aderenti e guadagnare prestigio;

• si devono trovare molti utilizzi e quindi mercati;

• le sue tecnologie centrali devono superare alcuni ostacoli e colmare alcune lacune nei suoi insiemi di componenti;

• gli ingegneri praticanti che padroneggiano i vecchi domini devono imparare le regole del nuovo dominio.

Tutto questo deve essere mediato dalla finanza, dalle istituzioni, dal management, dalle politiche del governo, e dalla disponibilità di personale qualificato nel nuovo dominio.

Così il transistor è entrato a far parte della collezione delle tecnologie intorno al 1950; ha sostituito la valvola termoionica in molte applicazioni; ha creato l'esigenza di fabbricare dispositivi al silicio; ha causato la morte dell'industria delle valvole termoioniche; è diventato un componente chiave di innumerevoli dispositivi elettronici che hanno sostituito quelli analogici.

L'arrivo dell'automobile nel 1900 ha causato la sostituzione del trasporto a cavallo. La morte del trasporto a cavallo ha eliminato il bisogno di fabbri e di fabbriche di carri. Il crollo dei fabbri a sua volta ha eliminato la necessità di costruire incudini. Crolli hanno causato ulteriori crolli in una progressiva successione.

Queste sono le ondate di distruzione creatrice secondo Schumpeter, ma secondo Arthur sarebbe meglio parlare di catene di crolli ad effetto domino, valanghe di distruzione (a chain of domino-like collapses - avalanches of destruction).

Il ciclo di vita dei domini

Fase di decollo

Imprenditori pionieri formano piccole imprese che producono gli elementi del nuovo dominio, una serie di miglioramenti segue, e le prime fortune sono fondate.

Fase di maturazione

Successivamente i nuovi domini cadono in un periodo di crescita stabile. Le piccole imprese sopravvissute ad un processo di selezione diventano grandi aziende. Questo periodo può durare decenni (si pensi alle ferrovie) e durante questa fase il nuovo campo può essere il motore della crescita dell'economia.

Fase di vecchiaia

Nuovi brevetti sono ancora concessi, ma per invenzioni meno importanti. Alcuni domini in questa fase sono sostituiti da quelli nuovi e lentamente muoiono (i canali quando le ferrovie vengono sviluppate). Ma la maggior parte sopravvive.

Ringiovanimento

Non tutti i domini passano attraverso questo ciclo di giovinezza, età adulta e vecchiaia. Alcuni interrompono il ciclo per reinventarsi ogni pochi anni. Essi si trasformano.

Un dominio si trasforma quando una delle sue principali tecnologie subisce un cambiamento radicale.

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L'elettronica ha cambiato il suo carattere quando la valvola termoionica è stata sostituita dal transistor, una tecnologia abilitante che ha permesso il pieno impatto del dominio.

Più solitamente un dominio si trasforma quando le sue aree di applicazione cambiano.

Computation è la manipolazione di oggetti che possono essere rappresentati numericamente.

Nel 1940 il calcolo aritmetico era effettuato da mezzi elettromeccanici ed era in gran parte un aiuto per il calcolo scientifico a fini bellici. Il computer è poi stato realizzato da circuiti relè elettronici, un principio diverso. Negli anni 1960, l'epoca dei grandi mainframe, si usava per la contabilità. Negli anni 1980, l'epoca del personal computer, si usava per applicazioni per l'ufficio. E dagli anni 1990 è stato fortemente coinvolto nei servizi di Internet (commercio ecc.). Ora sta diventando basato sulla intelligenza di rete. Le reti di sensori a basso costo possono vedere, ascoltare e passare i messaggi in modalità wireless tra loro. Ma anche con queste trasformazioni, i principi di base del settore sono rimasti gli stessi.

Una teoria dell'evoluzione per le tecnologie

I fondamentali meccanismi dell'evoluzione darwiniana sono:

Ereditarietà

Come può funzionare l'ereditarietà nella tecnologia? Se le nuove tecnologie emergono dalla combinazione di tecnologie esistenti e le tecnologie esistenti generano ulteriori tecnologie, allora abbiamo un meccanismo ereditario per l'evoluzione delle tecnologie.

Evoluzione per combinazione, o evoluzione combinatoria.

Variazione e selezione

Se, come avviene, esistono tecnologie in più versioni e quelle superiori vengono selezionate dal mercato, possiamo dire che i meccanismi darwiniani di variazione e selezione funzionano anche per l'evoluzione della tecnologia. Ma le variazioni non sono casuali, in quanto sono dovute agli sforzi deliberati dei progettisti per trovare le soluzioni migliori ai problemi.

Infine, la tecnologia si espande non solo dalla combinazione di ciò che già esiste, ma anche dalla nuova cattura e sfruttamento di fenomeni naturali, utilizzati per qualche scopo, come si è detto. La comparsa di tecnologie radicalmente nuove, che implicano dei salti in avanti rispetto all’esistente, non trova posto nel darwinismo.

Il laser, il motore a reazione, il radar, ecc. non sono le versioni di oggetti precedenti. Il motore a reazione non è una variante del motore a combustione interna, e non è venuto in essere dal costante accumulo di piccoli cambiamenti dei suoi predecessori. Il radar "discende" dalla radio. Ma si possono variare i circuiti radiofonici del 1930 quanto si vuole e non si otterrà mai un radar. Il radar richiede un principio diverso da quello della radio (alla base del radar il nuovo fenomeno catturato è la riflessione delle onde elettromagnetiche e la finalità originaria del radar è stato il rilevamento di aeromobili nella seconda guerra mondiale).

6.2. I paradigmi tecnologici e le traiettorie

Un'altro punto di vista sul cambiamento tecnologico è quello elaborato da G. Dosi11. Secondo Dosi, come nella scienza si parla di paradigmi scientifici (o programmi di ricerca scientifici), 11 Si veda G.Dosi, 1982, “Technological Paradigms and Technologial Trajectories”, Research Policy, 11, 147-162.

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così nella tecnologia si può parlare di paradigmi tecnologici (PT). Entrambi incorporano un certo "punto di vista" (outlook), una certa definizione dei problemi rilevanti, un modello di indagine. Un PT può essere definito come un modello di soluzione di determinati problemi tecnologici basato su determinati principi delle scienze naturali e specifiche regole volte all'acquisizione di nuova conoscenza.

Dati taluni generici compiti tecnologici (a cui corrispondono più o meno direttamente bisogni degli uomini) quali quelli, per esempio, di trasportare merci e persone, di produrre composti chimici dotati di certe proprietà, o di commutare e amplificare segnali, emergono specifici paradigmi che propongono la loro soluzione dei problemi escludendone altre almeno concettualmente possibili, come ad esempio il motore a combustione interna, i processi petrolchimici o i semiconduttori.

L'identificazione di un paradigma tecnologico fa riferimento al compito generico al quale è applicato (come l'amplificazione e la commutazione dei segnali elettrici), ai materiali scelti (per esempio semiconduttori e più specificamente silicio) alle proprietà fisico-chimiche sfruttate (per esempio 1'“effetto transistor” e “1’effetto di campo” dei materiali semiconduttori) alle dimensioni tecnologiche ed economiche che il paradigma sottolinea (per esempio: densità dei circuiti, velocità, non interferenza, dispersione, spettro di frequenza, costi unitari, ecc.). Il progresso non è altro che il miglioramento relativo a queste dimensioni.

Un PT è al tempo stesso un esemplare - un artefatto da sviluppare e migliorare (come un automobile, un circuito integrato, un tornio, ciascuno con le sue caratteristiche tecno-economiche) e un insieme di euristiche (Dove si va avanti? In che direzione si deve cercare? Da che tipo di conoscenza si deve attingere?).

Lo sviluppo e il miglioramento di questi esemplari richiede lo sviluppo di competenze, procedure ed euristiche specifiche.

Un PT contiene al suo interno forti prescrizioni sulle direzioni in cui il cambiamento tecnologico deve procedere e su quelle che deve scartare, cioè contiene una sorta di programma tecnologico di ricerca.

Viene definita traiettoria tecnologica (TT) l'attività innovativa che si svolge lungo le dimensioni economiche e tecniche definite da un paradigma. Ovvi esempi di dimensioni rilevanti sono il consumo di energia e la potenza nel caso dei motori a combustione interna, la velocità e la densità dei circuiti nel caso dei semiconduttori.

Un cambiamento di paradigma implica un cambiamento di traiettorie. Può diventare più semplice realizzare certe caratteristiche, nuove desiderabili caratteristiche possono emergere, altre perdono importanza. Così la TT nei componenti elettrici attivi basati sulle valvole termoioniche aveva come dimensioni fondamentali i parametri della perdita di calore, la miniaturizzazione e l'affidabilità nel tempo. Con l'apparizione dei componenti allo stato solido, la perdita di calore è diventata molto meno rilevante, mentre la miniaturizzazione è cresciuta enormemente di importanza ed è esplosa la velocità alla quale potevano essere ottenuti miglioramenti.

Il processo di cambiamento tecnologico lungo una traiettoria ha carattere cumulativo.

Il modello dei paradigmi e delle traiettorie si applica particolarmente bene al campo della microelettronica, che al ritmo della legge di Moore (che nel 1965 ha correttamente previsto il raddoppio della densità di un chip ogni 18 mesi) ormai da cinquanta anni continua a percorrere il sentiero della miniaturizzazione dei componenti di base (transistors).

Va anche ricordato che traiettorie prima separate possono convergere (es. internet, dove convergono telefonia, televisione e trasmissione dati) e che nuove traiettorie possono svilupparsi

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nell’ambito di un paradigma ampio (la proteomica nell’ambito della genetica).

Nel linguaggio di Arthur, grosso modo i nuovi paradigmi corrispondono alle tecnologie radicalmente nuove, mentre le traiettorie ai processi di structural deepening.

7. Le diverse fasi del processo innovativo

Negli anni recenti il fenomeno della creazione di nuovi prodotti/tecnologie è diventato particolarmente rilevante (soprattutto nelle biotecnologie e nel campo dell’ICT).

La letterature economica distingue le diverse fasi del processo innovativo che hanno come esito l’affermazione di un nuovo prodotto.

1) Invenzione: consiste nella concezione di un nuovo prodotto (modello per un congegno, sistema nuovo o migliore di quelli già esistenti) e nella soluzione dei problemi tecnici legati alla sua creazione.

2) Innovazione: Secondo C. Freeman, una innovazione in senso economico viene realizzata solo con la prima transazione commerciale riguardante il nuovo prodotto, processo, sistema o congegno, sebbene il termine sia usato per descrivere l’intero processo.12

Bisogna notare che la fase innovativa è molto più lunga e costosa della fase inventiva, in quanto comprende l’esplorazione del mercato, la valutazione economica sulla convenienza dello sviluppo dell’invenzione, la specificazione dettagliata della nuova idea, la costruzione del prototipo, l’ingegnerizzazione del nuovo prodotto e le spese iniziali di marketing.

Inoltre secondo J. Shumpeter, che ha in mente l’innovazione realizzata da parte di imprese start-up, l’innovazione comprende l'espletamento delle funzioni imprenditoriali necessarie a tradurre una nuova possibilità tecnica in pratica economica per la prima volta, ossia:

Identificazione del mercato

Raccolta dei fondi necessari per coprire le spese di sviluppo dell’innovazione

Realizzazione di una nuova organizzazione.

3) Imitazione e diffusione: Stadio in cui un nuovo prodotto o processo entra in uso su larga scala, allorché un'impresa dopo l'altra segue la guida del leader innovatore.

8. Innovazione di prodotto e di processo

Si è soliti tracciare una distinzione tra innovazioni di processo e innovazioni di prodotto, adottando, per così dire, il punto di vista delle imprese che innovano.

Con innovazioni di processo si intendono nuovi macchinari, strumenti, metodologie e procedure di conduzione degli impianti, nuovi lay-out.

L’innovazione di processo può quindi essere incorporata (embodied) nell’hardware o non incorporata (disembodied).

Nel primo caso in generale l’innovazione è acquistata dai fornitori di macchinari (ma nuovi macchinari possono anche essere progettati internamente dall’utilizzatore), mentre nel secondo caso è generalmente creata dagli stessi utilizzatori.

12 Si veda C.Freeman, 1974, The economics of industrial innovation, Penguin, Londra.

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Soprattutto nei campi manifatturieri in cui si utilizzano tecnologie complesse, è necessario che gli utilizzatori abbiano le competenze per integrare i vari macchinari comprati da diversi fornitori specializzati, per progettare il lay-out, per studiare il processo e migliorarlo. I vantaggi competitivi dal lato dei costi di produzione sono basati su queste capacità, oltre che sulla prontezza ad adottare nuove generazioni di macchinari. Inoltre, siccome i macchinari di nuova generazione hanno spesso problemi di funzionamento, le capacità dell’utilizzatore di farvi fronte, magari in collaborazione col fornitore, risultano fondamentali anche sotto questo aspetto.

Le innovazioni di processo possono avere come effetto per le imprese adottatrici:

---una riduzione dei costi: abbassamento dei coefficienti tecnici, cioè delle quantità di input per unità di output. Può diminuire il consumo di energia, di materiali, di capitale e di lavoro. In quest'ultimo caso si ha un aumento delle produttività del lavoro;

---un aumento della qualità del prodotto (maggiore precisione, per esempio);

---un aumento della flessibilità del processo produttivo;

---una diminuzione dei costi per ottenere varietà dei prodotti;

---la capacità di realizzare nuovi prodotti, o tipologie più sofisticate dei prodotti esistenti.

Con innovazione di prodotto si intendono in generale le innovazioni e che riguardano il prodotto che l'impresa produce e vende. Quindi con il termine innovazione di prodotto non ci si riferisce solo ai beni di consumo. Infatti, dal punto di vista di chi li produce, la creazione e commercializzazione di nuovi beni di investimento (macchinari, dispositivi ecc.) costituisce un’innovazione di prodotto (ma per chi li acquista, adottandoli, si tratta di un’innovazione di processo).

Naturalmente le imprese che producono nuovi beni sperano di attrarre vecchi e nuovi acquirenti verso l'acquisto di questi beni e nel complesso di espandere il mercato, il fatturato e il livello di profittabilità. Se hanno successo, guadagnano quote di mercato e rafforzano i propri vantaggi competitivi. Ma il successo per gli innovatori è tutt’altro che garantito.

Bisogna infine sottolineare (come già accennato sopra) che in molti casi innovazione di processo e di prodotto non sono disgiunte: in particolare per realizzare innovazioni di prodotto significative è di solito necessario introdurre nuovi processi.

Ricordiamo che Arthur non faceva nessuna distinzione tra tecnologie (e innovazioni) di processo e tecnologie (e innovazioni) di prodotto. Infatti, dal suo punto di vista di osservatore dei cambiamenti tecno-economici, non è rilevante tale distinzione. Anche i processi sono comunque tecnologie dalle caratteristiche generali: sono combinazioni di altre tecnologie e possono cambiare radicalmente con lo sfruttamento di nuovi effetti. Se invece si studiano i comportamenti delle imprese, la distinzione è fondamentale.

9. Le diverse modalità di generazione delle innovazioni

Ci sono spiccate differenze intersettoriali nell'allocazione di risorse alla ricerca. In qualsiasi paese, settori come la farmaceutica sono ad alta intensità di R&S, mentre settori come l’abbigliamento basano l’innovazione, invece che sulla ricerca, su cambiamenti di stile.

In effetti sarebbe molto riduttivo considerare l'innovazione unicamente come risultato delle spese formalizzate di ricerca (learning by searching).

L'innovazione infatti - oltre che essere di diverso tipo, nel senso di incrementale piuttosto che più o meno radicale - è originata attraverso varie vie ("entra da tante porte"):

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1. l'adozione di innovazioni sviluppate da altre industrie e incorporate nei beni capitali o nei prodotti intermedi.

2. processi informali di diffusione dell'informazione e delle capacità tecnologiche (via pubblicazioni, associazioni tecniche, osservazione di ciò che fanno i concorrenti, trasferimenti di personale);

3. varie forme di apprendimento non formalizzato quali:

--il learning by using: si migliorano le macchine incrementalmente grazie all’esperienza ottenuta durante l’utilizzo. Gli operatori tecnici delle imprese utilizzatrici hanno un ruolo primario nello scoprire i possibili miglioramenti dei mezzi che usano. Tali miglioramenti possono essere realizzati direttamente dagli utilizzatori, oppure gli utilizzatori stimolano i produttori di macchine a realizzarli. La letteratura (Von Hippel13) in particolare ha sottolineato l’importanza dei lead users, cioè degli utilizzatori leader, nell’individuare nuove opportunità di miglioramento degli strumenti usati. Il riferimento non è solo alle imprese che utilizzano macchinari, ma anche agli sportivi o ad altri consumatori individuali molto esperti (come medici ecc.) nell’utilizzo dei loro attrezzi. Un’ esempio è costituito dalle molteplici innovazioni ideate dai più appassionati praticanti nel campo della mountain bike.

--il learning by doing: nel corso dell’attività produttiva, gli operatori imparano procedure migliori o semplicemente fanno meno errori con l’esperienza. I miglioramenti nei costi che si ottengono grazie al learning by doing vengono misurati attraverso la cosiddetta curva di apprendimento.

--il learning by interacting: si impara interagendo con i fornitori o con i clienti o anche cooperando con imprese della stessa industria, come avviene nei distretti.

Se si tiene conto di questi aspetti si comprende che le imprese innovative non sono solo quelle ad alta intensità di ricerca.

Tipicamente molte imprese italiane nei settori tradizionali innovano nei modi sopradescritti o anche semplicemente introducendo innovazioni stilistiche, che nei beni di consumo hanno estremamente importanza.

10. La curva di apprendimento

Le “economie di scala dinamiche”, o economie di apprendimento, sono importanti in numerosi settori produttivi (da settori high-tech come aeronautica e semiconduttori, ad altri medium-tech come quello degli pneumatici prodotti con le nuove tecnologie, quali i processi MIRS della Pirelli, o delle minimills per prodotti piani in siderurgia) ecc.

Esse si riferiscono al fatto che l’esecuzione di certe operazioni produttive migliora con l’esperienza. In origine ci si riferiva ad operazioni manuali complesse, come appunto quelle che in passato dovevano essere compiute in una fabbrica dove si fabbricavano i chips sulle fette di silicio. Quindi la maggiore produttività era ottenuta attraverso la ripetizione manuale di certe operazioni. Oggi ci si riferisce in larga misura al miglioramento delle procedure di utilizzo di macchinari automatizzati (vedi riquadro sotto).

La curva di apprendimento è del tipo AC = f (V), dove AC è il costo medio per unità di prodotto e V è il volume cumulato di produzione (la somma delle quantità prodotte a partire dal

13 Si veda per esempio von E.Hippel (1994) “Sticky information” and the locus of problem solving: implications for innovation, Management Science 40 (4), 429–439 e von Hippel et alii (2005) “User-innovators and “local” information: The case of mountain biking” Research Policy 34, 951–965.

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momento in cui ha inizio la produzione di un nuovo bene o della nuova generazione di un bene esistente).

Analiticamente, la forma di curva di apprendimento che più frequentemente viene stimata è la seguente:

AC = a V b

Dove a > 0 è il costo della prima unità prodotta e b < 0 rappresenta l’elasticità di AC rispetto a V. Infatti :

dV

dAC =

dV

daV b

= b a V b-1 = V

baV b

= bV

AC

da cui deriva che:

b = dV

dAC

AC

V =

V

dVAC

dAC

La curva di apprendimento mostra quindi i costi unitari che decrescono in funzione del volume cumulato di produzione:

Curva di apprendimento

Le curve di apprendimento furono “scoperte” in relazione alla produzione bellica di aeroplani, il cui costo di produzione diminuiva del 20% ogni volta che la produzione raddoppiava. Ciò corrisponde ad un coefficiente di elasticità pari a –0,33.

A causa del fenomeno dell’apprendimento, l’impresa che inizia per prima la produzione di un certo bene (first comer) ottiene un vantaggio competitivo rispetto a chi inizia più tardi (late comer). Vediamo, nella figura, che l’impresa che ha prodotto 350 ha costi unitari inferiori rispetto all’impresa che ha prodotto solo 100. Ciò le consente di ottenere maggiori profitti a

100 350 Output cumulato

AC

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parità di prezzo, oppure di fare prezzi più bassi che le permettono di guadagnare quote di mercato, di abbassare quindi ulteriormente i costi grazie agli aumenti di produzione consentiti dal mercato, realizzando in tal modo dinamicamente un circolo virtuoso.

Lettura: Economie da apprendimento nelle produzione di chip al silicio

The main problem for semiconductor producers is coming up with new types of devices and getting new products on the market in a short period of time.

In order to produce a new elementary device (which will be more miniaturised than those previously produced) it is necessary to develop new processes, which involves innovating in both the individual steps in the productive process as well as the integration of the various steps. On the basis of the elementary devices made feasible, the design engineers are able to create new products, keeping in mind the useful functions the new products can offer to the market.

New generation plants are offered by the plant suppliers (who develop these new plants in collaboration with their users) with the basic know-how - use specifications - for their utilisation. Given the importance of a rapid time to market (in terms of profit margins and market share opportunities) the production of a new device is started as soon as an acceptable yield is obtained, with the aim of improving it over time. Thus while production takes place numerous problems must be solved: first, the so called “electrical yield” (namely the percentage of the chips produced which functions properly) must be increased, by improving the plant use specifications. The learning curve for a product essentially refers to the improvement in the “electrical yield”.

Over the last thirty years manufacturing activity has undergone fundamental changes, which were necessary to permit an increasing level of precision and miniaturization, the circuitry geometry of chips having shifted from 30-40 microns to 0,9 microns (the 0.35 micron level currently being approached). The degree of complexity of the production process has exponentially increased, with the growth of the diameter of processed silicon wafers from 2 to 12 inches and of the number of maskings (which is a fundamental phase in the photo-lithographic cycle of chips production) from about 6 to about 17.

In short, while in the past the task of producing was largely entrusted to the hands, eyes and head of the workers, the use specifications of plants being poorly codified, today production activities are entirely automated (the role of the workers has become that of controlling the functioning of the plants and the success of the various steps, of dealing with general maintenance, and of moving pieces among the various plants).

In the 1970s, when silicon wafers were 2 inches in diameter size and 6 or 7 maskings were done, production of semiconductors was almost entirely manual. The few machines available were operated by workers seated in front of a microscope. The personnel were highly involved in an intense job that required great care. Women were predominant in those departments, such as photolithography and diffusion, requiring much manual precision (consider, for example, the manual positioning of the masks). The manual execution of tasks improved with experience, and this was at the basis of the learning curve.

With the acceleration in the pace of the introduction of new products the group of “engineers” (for the most part technicians with a degree in physics) responsible for in-line technological support acquired increasing importance.

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They have the task of introducing new products and processes and improving “the electrical yield”, productivity, production cycle times, the efficiency of the facilities and the use of resources. The process engineers assigned to the new machines, interacting with the device engineers (the technicians whose task is to follow the functioning of the various devices) with the design engineers (who design the product), are the currently the main actors underpinning the learning curve. In the case of a low yield, determining which step causes it requires time, since the number of steps is high (in the order of 200, each being subdivided into micro phases). At first, it is not at all clear which is the critical step. Then a suspicion arises; in a particular batch a certain number of wafers are separated out from a certain step in order to check if there is a difference in yield from introducing some change; finally, an evaluation can be made when the cycle time, which lasts about two months, has ended. When the causes of the low yield have become clear, the fine tuning of the process may be realised, by modifying the specifications of the new machines, and improvements may be proposed in the design of the device.

Thus an increasingly demanding learning activity - understood as problem solving linked to continuous innovation - has heightened the role of humans in the production process, even though the latter is fully automated. The man-embodied (personal, tacit) competences relying upon experience are complementary to the codified knowledge base.

11. I modelli settoriali di progresso tecnico

Ricordiamo ora la tassonomia di Pavitt14, che divide i settori industriali in 4 gruppi, sulla base delle specifiche caratteristiche dell’attività innovativa svolta dalle imprese che appartengono ai diversi settori.

1) Settori "dominati dai fornitori" (supplier-dominated). Le innovazioni di prodotto sono di tipo incrementale e riguardano per lo più lo stile. Possono anche essere incorporate negli inputs (nuovi materiali o nuovi componenti, realizzati dai fornitori). Le innovazioni di processo sono incorporate nei beni capitali e anche in questo caso sono originate dai fornitori. In questa categoria sono compresi l'industria tessile, dell'abbigliamento, calzaturiera, editoria, dei mobili ecc. La cumulatività e l'appropriabilità delle capacità tecnologiche sono relativamente limitate e le imprese tipicamente non sono molto grandi.

2) Settori "fornitori specializzati" (specialized suppliers). Sono i settori fornitori di cui si è detto sopra: fanno prevalentemente innovazione di prodotto e i loro prodotti (macchine, inputs intermedi) entrano nella maggior parte dei settori a valle. Le imprese sono spesso relativamente piccole, ma sono presenti anche grandi gruppi (si pensi al gruppo Danieli specializzato nell’impiantistica siderurgica). La conoscenza è specializzata nella progettazione e costruzione di impianti ed è molto importante l’interazione con i settori utilizzatori, sia per conoscerne nel dettaglio le esigenze sia per il feed back sul funzionamento degli impianti. E’ molto importante la reputazione che le imprese di questo gruppo si costruiscono, vendendo impianti che funzionano bene; infatti la reputazione rappresenta la principale barriera all’entrata per nuovi entranti. Grazie a questa difesa, per le tecnologie più complesse, prodotte in condizioni oligopolistiche, esiste un notevole grado di appropriabilità. Le opportunità di innovare sono ampie, ma sono spesso sfruttate attraverso attività informali di miglioramento dei progetti. Le

14 Si veda K.Pavitt, 1984, “Sectoral Patterns of Technical Change: Towards a Taxonomy and a Theory”, Research Policy, 13, 343-373.

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skill idiosincratiche e cumulative rendono l'innovazione appropriabile anche nei campi meno oligopolistici, con maggior presenta di PMI (piccole e medie imprese).

3) Settori "ad elevate economie di scala" (scale intensive). Questo gruppo include i mezzi di trasporto, vari beni di consumo durevole, alimentari, una parte dei settori metallurgici. Le imprese sono in generale grandi, in quanto le economia di scala di qualche tipo (nella produzione, pubblicità, ricerca, reti distributive) sono significative e l'attività produttiva implica la gestione di sistemi complessi. Spesso dedicano risorse importanti all'innovazione, sia di prodotto che di processo, facendo R&S formalizzata. La cumulatività della conoscenza è alta. Per quanto riguarda l’innovazione di processo, contribuiscono in misura rilevante all'innovazione non incorporata negli impianti, ma riguardante il lay-out e l'integrazione delle varie fasi del ciclo produttivo. Inoltre collaborano coi produttori di impianti a cui esprimono le esigenze che essi devono soddisfare offrendo nuovi macchinari. In vari casi, inoltre, possiedono anche le competenze ingegneristiche per costruire macchinari al loro interno, ma la tendenza è verso l’esternalizzazione della fornitura di impianti. Dal momento che operano in settori oligopolistici, con alte barriere all’entrata (economie di scala, spese pubblicitarie, di marketing, alta intensità di impianti specializzati, importanza di marchio e immagine) l’appropriabilità è alta.

4) Settori "basati sulla scienza" (science based). L'innovazione è direttamente legata a nuovi paradigmi tecnologici; l'opportunità tecnologica è molto alta; le attività innovative sono formalizzate nei laboratori di R&S e comportano un alto impegno; la cumulatività può essere più o meno alta, a seconda dei settori (per esempio, molto alta nella microelettronica, più bassa nelle biotecnologie); una parte dell'innovazione di prodotto entra in altri settori come inputs e componenti; le imprese tendono ad essere grandi (con l'eccezione delle piccole imprese ad alta tecnologia, che però spesso finiscono con l’essere acquistate dalle grandi imprese già affermate da tempo). L’appropriabilità è legata alla brevettazione (anche se non strettamente in tutti i casi, come la microelettronica). Questo gruppo comprende la farmaceutica, le industrie elettroniche e dell’hardware per le telecomunicazioni, la chimica organica, le biotecnologie, l’aerospaziale ecc. L'industria aerospaziale e varie branche dell’elettronica sono a cavallo tra questo settore e quello precedente.

1 3 . I s i s t e m i d i i n n o v a z i o n e

Il sistema è globale

Innanzi tutto il sistema di ricerca e di innovazione è un sistema globalizzato. Da sempre la comunità scientifica è internazionalizzata, ma qui non si allude solo a questo aspetto ben noto. Si vuole invece porre l’accento sul fatto che il mondo è in larga misura integrato a livello di sistema della ricerca e dell’innovazione.

Gli Stati Uniti hanno le università e i centri di ricerca più avanzati al mondo e spendono in ricerca più di tutti gli altri. Attirano quindi ricercatori, scienziati e tecnologi da tutto il mondo.

Senza i ricercatori stranieri, molti posti nelle università sarebbero sguarniti, come pure nei laboratori delle imprese. Nel settore dell’ICT circa il 30% dei ricercatori nei laboratori delle imprese sono stranieri. Ciò è anche dovuto al fatto che i giovani americani più brillanti tendono ad avviarsi verso la finanza o gli studi in legge, in quanto è in questi settori che si ottengono le remunerazioni più elevate, molto più che nelle posizioni scientifiche o tecniche.

Si possono quindi considerare gli Stati Uniti come il luogo principale della ricerca a livello planetario, a cui affluiscono i ricercatori da tutto il pianeta, che in quel luogo trovano le migliori condizioni per svolgere la loro attività.

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Alcuni paesi asiatici, come Taiwan, stanno ora facendo una politica attiva per far rientrare i ricercatori taiwanesi nella madrepatria, perché lo sviluppo dei settori high-tech ha bisogno di loro. Il rientro dei ricercatori e manager irlandesi nel decennio scorso è stato fondamentale per l’Irlanda per avviare un rapidissimo processo di sviluppo dei settori high- tech e, sulla scia, di tutto il paese.

Una seconda ragione per cui il sistema della ricerca è globalizzato è che moltissime imprese, da qualsiasi paese abbiano origine, sono globali, ossia operano in ogni parte del mondo. Sempre più tali imprese sono spinte a collaborare con le università di tutto il mondo, alla ricerca delle eccellenze nelle aree di conoscenza a cui ritengono strategicamente importante accedere. Se è vero che nei settori high-tech le migliori imprese di tutto il mondo collaborano da qualche parte e in qualche misura con i centri di ricerca USA, recentemente lo sviluppo di aree di eccellenza anche in altri paesi ha portato ad una maggior diversificazione geografica della presenza delle imprese globali nella ricerca.

Inoltre in settori in cui i costi della ricerca sono estremamente elevati, può succedere che essi vengano sostenuti insieme da imprese di diversi paesi, attraverso un’alleanza internazionale. Si pensi allo sviluppo del settore dell’aeronautica civile in Europa.

…Ma i sistemi nazionali di innovazione contano molto

Quando si parla di sistemi nazionali di innovazione, si ha in mente l’influenza che esercitano le istituzioni, le organizzazioni e le scelte politiche di un paese sulla capacità di innovare delle imprese. Con istituzioni si intendono, gli usi, la cultura, le regole, le norme consolidate e le leggi che regolano e plasmano l’interazione tra gli agenti economici (imprese e persone). Con organizzazioni si intendono il sistema della ricerca (università e laboratori pubblici e privati), il sistema educativo (secondario e terziario) e il sistema finanziario principalmente.

Per esempio, il sistema italiano di innovazione è sicuramente influenzato dal familismo del sistema industriale, cioè dal dominio dell’impresa familiare e dalla difficoltà a sviluppare una cultura manageriale e organizzativa adeguata.

Per quanto riguarda l’influsso delle organizzazioni, è fondamentale la capacità del sistema finanziario di riallocare le risorse verso gli attori e i settori più innovativi. Certamente il sistema finanziario italiano è stato molto carente sotto questo punto di vista, dal momento che tipicamente i prestiti delle banche sono fatti dietro garanzie reali, senza che le banche conoscano o vogliano valutare la validità delle idee. Se due imprenditori si rivolgono ad una banca chiedendo un prestito per avviare un’impresa, il primo con un progetto promettente ma senza case da impegnare, il secondo con un progetto molto meno innovativo ma una garanzia reale, è tipicamente favorito il secondo. Ciò è stato fortemente criticato dalla letteratura economica, ma non è noto in che misura siano stati compiuti miglioramenti.

Inoltre è importante lo sviluppo del venture capital (VC), cioè di imprese finanziarie private che offrono capitale di rischio alle imprese. Le società di venture capital possono specializzarsi in vari campi: nel finanziamento di acquisizioni, per esempio, o nel finanziamento di imprese high tech. Le società di VC di questo secondo tipo sono particolarmente poco sviluppate in Italia.

E’ importante sottolineare che le società di VC non si limitano a offrire finanziamenti, in quanto hanno uno staff manageriale in grado di aiutare lo sviluppo delle imprese in cui hanno investito.

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…e contano anche quelli regionali e locali

I luoghi nei quali c’è una forte concentrazione di imprese che operano nello stesso settore, come i distretti industriali italiani, rappresentano, in molti casi, un “ambiente innovatore” molto favorevole per le imprese.

I distretti sono caratterizzati dalla presenza di molte piccole imprese, specializzate ciascuna in una fase del processo produttivo, che operano attraverso una rete informale di relazioni a lungo termine. Poiché le persone in un luogo ristretto si conoscono, le relazioni tra imprese sono rese più forti dalle relazioni sociali. Queste ultime nutrono la fiducia, che costituisce uno straordinario lubrificante delle relazioni economiche, riducendo i costi delle transazioni. Le relazioni personali sono inoltre estremamente importanti anche per la trasmissione di conoscenza non codificata. Le nuove idee hanno questa caratteristica.

Nei distretti si sviluppano economie di scala esterne alle imprese, ma interne ai distretti stessi quali: la presenza di manodopera specializzata (grazie anche a scuole locali tecniche specializzate), di fornitori specializzati, di clienti esperti in grado di suggerire miglioramenti ai prodotti e di centri di servizi tecnici e/o commerciali adeguati alle esigenze delle imprese.

E’ chiaro quindi che i distretti industriali sono un luogo propizio allo sviluppo delle attività innovative. Chi è all’interno di un distretto forte è sempre al corrente delle ultime novità che aleggiano nell’industria.

Quindi i distretti hanno la capacità di attrarre anche investimenti di imprese multinazionali (si pensi al distretto delle scarpe sportive di Montebelluna (Treviso), o a quello del bio-medicale di Mirandola, nel modenese), che riconoscono l’importanza di essere non tanto in una certa nazione invece che in un’altra, ma in un particolare contesto locale, dove si trova il capitale umano più competente in una certa attività e si possono tessere relazioni con le imprese più qualificate (purché, oltre a ricevere, si abbia qualcosa da dare).

14. Misurazione dell’efficienza dinamica dei paesi

Variabili usate per misurare l’efficienza dinamica dei paesi:

1) Tasso di crescita della produttività

2) Rapporto tra spese di ricerca e sviluppo e PIL (prodotto interno lordo)

3) Numero di brevetti depositati

4) Numero di laureati in materie tecnico-scientifiche

5) Numero di pubblicazioni scientifiche.

Le pubblicazioni scientifiche forniscono un'indicazione dell'output scientifico di un paese o di una istituzione; sono disponibili per area scientifica, paese, istituzione (impresa, università ecc. Thomson Reuters (prima ISI) è il centro di ricerca privato che ha creato il più noto database sulle pubblicazioni scientifiche mondiali. I dati sulle singole istituzioni non sono liberamente accessibili, ma a livello aggregato sono resi disponibili da varie fonti (si veda Science and Engineering Indicators, del National Science Board, USA). Inoltre vengono usati anche i dati sulle citazioni che le pubblicazioni ricevono, in quanto le citazioni sono indicative del valore e dell’impatto delle pubblicazioni sulla comunità scientifica

Science & Engineering journal articles produced, by selected region/country: 1995–2009

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6) Presenza nei settori manifatturieri a più rapida crescita della domanda (quote di valore aggiunto realizzati da tali settori sul valore aggiunto totale del settore manifatturiero).

7) Dati di bilancia commerciale relativi ai settori low/medium/high tech: le statistiche sul commercio internazionale dei prodotti (settori) ad alta tecnologia (sono così definiti quelli aventi un elevato rapporto tra R&S e fatturato) forniscono un'indicazione della posizione dei paesi nei prodotti (settori) in cui l’innovazione e la tecnologia sono un elemento rilevante della competitività.

Share of high- and medium-high-technology industries in manufacturing exports, 2007

High-technology manufactures

Medium-high-technology

manufactures

Total high- and medium-high technology

manufactures

Ireland 46,9 36,2 83,1 Japan 23,1 56,6 79,6 Hungary 31,9 44,7 76,6 United States 32,9 40,3 73,2 Germany 18,8 50,8 69,6 United Kingdom 28,6 40,4 69,0 Korea 33,0 35,7 68,7 OECD 22,6 42,0 64,6 France 22,8 40,2 63,0 EU19 19,8 42,1 61,9 Sweden 19,2 38,9 58,1 China 32,8 23,8 56,6 Spain 10,3 45,2 55,6 Italy 9,4 41,2 50,7 Finland 20,1 29,6 49,7 BRIICS 24,6 23,5 48,1 Israel 25,0 19,5 44,5 Portugal 11,6 31,5 43,1 Turkey 4,5 32,1 36,6 Norway 10,9 21,7 32,6

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Greece 10,8 19,7 30,5 India 5,8 19,3 25,1 Iceland 19,3 4,0 23,3 Russia 2,3 16,8 19,1

Fonte: OECD scoreboard 2009, tab.3.6.

Dall’analisi dei dati risulta che l’Italia ha una quota di esportazioni soddisfacente nei settori medium-tech, mentre è debole nei settori high-tech.

E’ importante per un paese essere forte nei settori high tech per molte ragioni:

perché sono questi i settori più dinamici, che vedono uno sviluppo più rapido negli scambi internazionali;

perché sono questi i settori che danno occupazione alla manodopera più qualificata, e un paese nel corso del suo sviluppo deve tendere ad una qualificazione sempre maggiore della sua forza lavoro;

perché sono questi i settori meno immediatamente attaccabili dai paesi in sviluppo a basso costo del lavoro.

8) Indicatori di vantaggio tecnologico rivelato. Secondo l'OECD15, "the revealed technology advantage (RTA) index provides an indication of the relative specialisation of a given country in selected technological domains and is based on patent applications filed under the Patent Cooperation Treaty.16 It is defined as a country’s share of patents in a particular technology field divided by the country’s share in all patent fields. The index is equal to zero when the country holds no patents in a given sector; is equal to 1 when the country’s share in the sector equals its share in all fields (no specialisation); and above 1 when a positive specialisation is observed."

Revealed technology advantage in selected fields

Bio- and nano-technologies ICT Environment-related technologies

RTA (1997-

99)

RTA (2007-

09)

Share of patents filed by PRIs

(2005-09)

RTA (1997-

99)

RTA (2007-

09)

Share of patents filed by PRIs

(2005-09)

RTA (1997-

99)

RTA (2007-

09)

Share of patents filed by PRIs

(2005-09)

Belgium 1,7 1,7 20,4 0,5 0,6 17,4 0,8 0,8 5,6 Brazil .. 1,0 35,0 .. 0,3 10,1 .. 1,0 6,1 Canada 1,6 1,5 39,7 0,9 1,1 9,1 1,5 1,1 8,4 China 0,6 0,4 28,9 0,5 1,3 2,8 0,9 0,6 5,0 Finland 0,3 0,6 3,1 1,3 1,3 0,4 0,6 0,7 1,2 France 0,9 1,0 38,5 0,8 0,8 13,3 1,0 1,1 14,0 Germany 0,5 0,7 14,3 0,8 0,6 3,5 1,6 1,3 1,5 Greece .. .. .. .. .. .. .. .. .. Hungary .. 1,0 23,5 .. 0,8 6,7 .. 1,5 0,4 India .. 1,0 17,5 .. 0,7 6,4 .. 0,7 11,2 Ireland .. 1,4 56,9 .. 1,1 20,8 .. 0,8 7,3 Israel 1,1 1,3 35,8 1,4 1,1 8,7 0,6 0,7 14,5 Italy 0,6 0,8 25,3 0,4 0,5 9,0 0,7 0,9 4,8Japan 0,8 0,7 26,2 1,1 1,2 4,0 1,4 1,4 2,9

15 Methodological Annex to the 2012 OECD STI Outlook Country Profiles 16 Di questo trattato si parlerà nel prossimo capitolo.

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Korea 0,8 0,7 28,4 1,1 1,3 5,5 1,2 0,9 8,8 Netherlands 0,6 1,2 14,6 1,4 1,0 1,7 1,1 1,0 2,2 Norway 0,5 0,6 17,8 0,7 0,7 3,1 1,2 1,5 2,0 Spain 0,7 1,5 30,9 0,4 0,6 24,3 1,1 1,2 12,6 Sweden 0,5 0,6 0,5 1,1 1,1 0,0 0,9 0,8 0,0 Switzerland 0,7 1,2 7,8 0,6 0,6 3,8 0,7 0,7 3,5 Turkey .. 0,1 .. .. 0,4 3,7 .. 0,6 1,4 United Kingdom 1,1 1,0 27,2 0,9 0,9 16,0 0,8 0,8 6,8 United States 1,3 1,4 35,2 1,1 1,0 7,3 0,7 0,7 9,2 BRIICS 1,1 0,6 .. 0,6 1,1 .. 1,1 0,7 .. EU27 0,7 0,9 21,4 0,9 0,8 6,8 1,2 1,1 4,6OECD sample median

0,8 1,0 22,2 0,8 0,8 7,6 1,0 0,9 5,6

Legenda: PRIs= Public research InstitutionsFonte: OECD

9) Dati della bilancia tecnologica dei pagamenti.

La bilancia tecnologica dei pagamenti fornisce un'indicazione del trasferimento tecnologico da un paese ad un altro. Essa registra i flussi finanziari legati a transazioni di diritti di proprietà intellettuale e allo scambio di servizi di assistenza tecnica.

Lo schema della BPT suggerito dall'OCSE risulta costituito da quattro componenti principali:

1. Il commercio in tecnologia (trade in technics) che costituisce il nucleo centrale delle transazioni internazionali in tecnologia; si tratta di trasferimenti di brevetti, invenzioni e know-how ed i relativi diritti di sfruttamento.

2. Le transazioni riguardanti la proprietà industriale (transactions involving trademarks, designs, patterns) che non fanno direttamente riferimento alla conoscenza tecnologica, ma spesso ne implicano un trasferimento; si tratta sostanzialmente di marchi di fabbrica e disegni industriali.

3. I servizi con contenuto tecnologico (services with a technical content): si tratta di servizi di assistenza tecnologica e formazione, che spesso accompagnano il trasferimento vero e proprio di tecnologie (chi compra tecnologia deve accedere anche alle conoscenze tacite, oltre che codificate, del fornitore) e di servizi di progettazione ingegneristica (civile e industriale).

4. La ricerca e sviluppo realizzata/finanziata a/dall'estero (industrial R&D performed abroad/financed from abroad). Il finanziamento dell'attività di ricerca ha assunto un ruolo centrale nell'ambito dei processi di diffusione e trasferimento di tecnologia. Secondo l'OCSE, i relativi flussi internazionali vanno trattati insieme alle altre transazioni di tecnologia, nonostante si riferiscano ad un fenomeno atipico. Tali flussi infatti non corrispondono ai frutti diretti dell'attività di ricerca e sviluppo, ma servono a finanziarne l'input; sono quindi un contributo per l'accesso ai risultati futuri della ricerca tecnologica e in questo senso costituiscono un pagamento per un output.

Si noti che è esclusa dalla BPT la voce relativa al software, in quanto si tratta di un fenomeno variegato, non sempre a carattere innovativo, eventualmente protetto da copyright ma non da leggi di proprietà industriale.

La tabella seguente mostra la BPT dell’Italia nel 2009. A partire dal 2006 la BTP dell’Italia ha registrato un saldo positivo, invertendo una dinamica storica sempre negativa. Ciò è avvenuto soprattutto grazie agli incassi crescenti della voce “servizi con contenuto tecnologico” offerti

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dagli studi tecnici e di engineering. Chi fosse interessato a conoscere l’andamento storico della BTP dell'Italia può consultare il sito della Banca d’Italia.

Fonte: Banca d'Italia.

15. I principali indicatori di innovazione per le imprese

Indicatori di input innovativo: la spesa in R&S e il capitale umano impiegato

Il numero di addetti dotati di competenze tecnico scientifiche (laureati, dottorati) impegnati in attività di ricerca o di progettazione e la spesa in R&S (in proporzione al fatturato) rappresentano indicatori ampiamente usati per esaminare l’input o lo sforzo innovativo delle imprese e di altre organizzazioni. La spesa in R&S coglie però soltanto l'attività innovativa formalizzata in laboratori di ricerca ed è particolarmente efficace nei settori basati sulla scienza, mentre lo è meno in settori quali la meccanica, i servizi e il software. Inoltre non coglie l'innovazione delle piccole imprese che non hanno molto spesso un laboratorio di R&S. Le statistiche di R&S vengono fornite per settore e paese, ma raramente per singola impresa. A livello italiano l’ISTAT e l’AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale) e, a livello internazionale, l'Unione Europea e l’OECD sono le principali fonti di dati.

Indicatori di output innovativo: i brevetti

I brevetti forniscono all'inventore il diritto esclusivo sulla sua scoperta per un determinato periodo e, in quanto documento pubblico, pubblicizzano e diffondono le informazioni sull'invenzione realizzata.

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Sono comunemente considerati un indicatore di output innovativo.

Tuttavia sarebbe più rigoroso considerarli indicatori di output inventivo e non necessariamente di innovazione, per due ragioni: a) verifiche econometriche hanno mostrato una contemporaneità tra R&S e brevetti, indicando che il brevetto è in generale richiesto assai presto nel processo innovativo; b) numerosi brevetti non si tramutano mai in prodotti commercializzati.

È certamente corretto considerare i brevetti come segnale della capacità tecnologica di un'impresa in una certo campo. La richiesta di un brevetto significa infatti che un'impresa è in grado di padroneggiare una tecnologia e che si sta muovendo alla frontiera. Quindi il brevetto indica una risorsa conoscitiva dell'impresa su un certo ambito tecnologico e in questo senso andrebbe fatto ricadere tra gli input innovativi.

Va notato che i brevetti proteggono più o meno efficacemente le innovazioni in prodotti e processi manifatturieri, ma molto meno le invenzioni nel software e nei servizi. La propensione a brevettare è quindi diversa tra le industrie, ma non solo. Anche a livello di imprese (piccole e grandi, per esempio) e di paesi (per ragioni legate anche alle caratteristiche dei sistemi brevettuali dei vari paesi) la propensione a brevettare è in genere diversa.

Pur tenuto conto dei limiti sopra indicati, una grande quantità di innovation studies si basa sui brevetti. Le informazioni sui brevetti sono infatti disponibili pubblicamente e consentono indagini quantitative dettagliate su tecnologie, imprese e paesi.

Le analisi di brevetto possono essere condotte in termini di "domande di brevetto" oppure di "brevetti concessi". Le domande consentono di utilizzare serie più aggiornate; le concessioni sono più rigorose dal punto di vista dell'effettiva bontà e novità delle invenzioni. Le fonti principali di dati brevettuali sono l'Ufficio Brevetti Europeo (EPO) e quello americano (USPTO).

Infine vi sono dettagliati indicatori quantitativi riferiti però a singoli settori, valutazioni qualitative di esperti sulle principali innovazioni o analisi questionario che tendono a cogliere diversi aspetti del processo innovativo. In particolare vanno ricordate le CIS (Community Innovation Survey) dell'Unione Europea sull'innovazione nei diversi paesi europei, che vengono fatte regolarmente a cadenza biennale a partire dagli anni '90. Queste indagini pongono domande alle imprese con risposte a punteggio sulle fonti e gli ostacoli dell'innovazione, i meccanismi di appropriabilità, i costi e i benefici dell'innovazione ecc.