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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI Anno Accademico 2016/2017 Materiale didattico del Corso di “Economia Bilancio e Controllo delle Amministrazioni Pubbliche – II° modulo”

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI

Anno Accademico 2016/2017

Materiale didattico del Corso di “Economia Bilancio e

Controllo delle Amministrazioni Pubbliche –

II° modulo”

A cura di

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Fausto Fracchia

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INDICEINTRODUZIONE PAG. 1

I. I BISOGNI, LE ISTITUZIONI, GLI ISTITUTI E LE AZIENDEII. LE FUNZIONI ED I SERVIZI PUBBLICIIII. LE FUNZIONI FONDAMENTALI DEI COMUNI

PARTE 1 PAG. 12

1.1 I SERVIZI PUBBLICI LOCALI – ELEMENTI DEFINITORI E DI CLASSIFICAZIONE1.2 LE FORME DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI 1.3 LA CONCESSIONE E L’APPALTO DI SERVIZI1.4 I SERVIZI PUBBLICI LOCALI NEL QUADRO SCATURENTE DALLA LEGGE FINANZIARIA 20041.5 LE LINEE DIRETTRICI DELLE NORME DI RIFORMA SUCCEDUTESI DAL 2005 AL 2008 IN

TEMA DI AFFIDAMENTO DELLA GESTIONE1.6 LE MODALITA’ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA –

L’ART. 23 BIS COME MODIFICATO DALL’ART. 15 LEGGE 135/091.7 IL QUADRO NORMATIVO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DOPO IL REFERENDUM

ABROGATIVO DEL 2011 E LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE DEL 20121.8 LA SCELTA DELLE MODALITA’ DI AFFIDAMENTO – CONSIDERAZIONI ECONOMICHE1.9 IL CONTENUTO DELTESTO UNICO IN MATERIA DI SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA

PARTE 2 PAG. 52 2.1 L’ATTIVITA’ PUBBLICA ED IL VALORE DELLA STRATEGIA NEGLI ENTI TERRITORIALI LOCALI 2.2 LE LINEE PROGRAMMATICHE DI MANDATO PER AZIONI E PROGETTI2.3 IL SISTEMA DEI DOCUMENTI DI PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E DI

PROGRAMMAZIONE GESTIONALE2.4 IL DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE DEGLI ENTI LOCALI: LA SEZIONE

STRATEGICA E LA SEZIONE OPERATIVA2.5 IL PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE – FINALITA’ E CARATTERISTICHE2.6 IL PIANO DETTAGLIATO DEGLI OBIETTIVI DI GESTIONE2.7 IL SISTEMA DI VALUTAZIONE E MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE AZIENDALE

PARTE 3 PAG. 843.1 GLI OBIETTIVI DELL’INFORMAZIONE AZIENDALE PUBBLICA – LA FUNZIONE DEL SISTEMA

DEGLI INDICATORI3.2 LA RILEVAZIONE DELLA SITUAZIONE DI DEFICITARIETA’ STRUTTURALE3.3 IL PIANO DEGLI INDICATORI DI BILANCIO E DEI RISULTATI ATTESI

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PARTE 4 PAG. 101 4.1 LA RENDICONTAZIONE OVVERO IL SISTEMA DELLE RILEVAZIONI CONSUNTIVE DEGLI

ENTI LOCALI 4.2 IL CONTO DEL BILANCIO4.3 LA SEZIONE ECONOMICO – PATRIMONIALE DEL RENDICONTO4.4 IL CONTO ECONOMICO4.5 LO STATO PATRIMONIALE E L’INVENTARIO4.6 LA RELAZIONE AL RENDICONTO GENERALE

PARTE 5 PAG. 116

5.1 IL SISTEMA DEI CONTROLLI NEGLI ENTI LOCALI 5.2 LE TIPOLOGIE DEI CONTROLLI INTERNI

PARTE 6 PAG. 135

6.1 LE FUNZIONI DI CONTROLLO DELL’ORGANO DI REVISIONE6.2 IL CONTROLLO ESTERNO DELLA CORTE DEI CONTI

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

- ANSELMI L. (a cura di) (2005), Principi e metodologie economico aziendali per gli enti locali: l’azienda Comune, Giuffrè, Milano.

- BORGHI A., POZZOLI S. (2016), Revisore degli Enti Locali, Ipsoa, Milano.

- BORGOGNOVI E., (2004), Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, Milano.

- CAVALIERI E., (2010), Le nuove dimensioni dell’equilibrio aziendale, Giappichelli, Torino.

- GROSSI G., MONFARDINI P., MUSSARI R. (2005), Le performance dell’azienda pubblica locale, Cedam, Padova.

- MULAZZANI M., POZZOLI S. (a cura di) (2005), Le aziende dei servizi pubblici locali, Maggioli, Rimini.

- PAOLONE G., D’AMICO L. (2001), L’economia aziendale nei suoi principi parametrici e modelli applicativi, Giappichelli, Torino.

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INTRODUZIONE

I. I BISOGNI, LE ISTITUZIONI, GLI ISTITUTI E LE AZIENDE

Una delle caratteristiche fondamentali della vita dell’uomo è data dal continuo sorgere di bisogni e dalla necessità continua di appagarli.

Si definiscono bisogni le “sensazioni spiacevoli connesse a stati di disequilibrio psico-fisico, sentite (o supposte) in un dato periodo, che si vogliono eliminare od attenuare o evitare”.

I bisogni oltre ad essere classificati in primari e secondari, a seconda che senza il loro soddisfacimento l’uomo non possa vivere oppure (nel secondo caso) siano necessari per un’esistenza migliore (qualità della vita), si possono distinguere in bisogni individuali o collettivi. I primi sono ascrivibili ad un dato soggetto nella sua sfera privata mentre quelli collettivi sono ascrivibili ad un insieme di soggetti e di norma “indivisibili”.

Nell’ambito dei bisogni collettivi rientrano certamente i bisogni cosiddetti pubblici, detti anche “di pubblico interesse” o “di pubblica utilità”, quelli cioè di pertinenza di una collettività nell’ambito di un determinato territorio.

In particolare si afferma, in tema di interessi pubblici che “non sussiste una serie di interessi cristallizzati nel tempo e non sottoposti ad evoluzione, anzi col progredire, coll’evolversi dello Stato sociale nuove attività vengono ad emergere e a stagliarsi norme di interesse pubblico (pertinenti cioè ad esigenze di ordine collettivo). Inoltre, tutte le volte che vengono istituiti enti, organi, uffici (ad esempio anche nel caso un cui si voglia istituire o potenziare una azienda municipalizzata o consortile per la gestione dei servizi avanzati come quelli energetici ) anche in questo caso si riscontra la preposizione ad un determinato settore che viene ravvisato di interesse pubblico...

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E’ evidente poi che il tema degli interessi pubblici, quando si parla di attività amministrativa in senso tradizionale, troverà soprattutto la propria chiave di esplicazione e di soddisfazione nell’ambito del provvedimento amministrativo; nel caso invece dell’espletamento dei servizi pubblici di matrice industriale e commerciale... la soddisfazione degli interessi pubblici trova il proprio fondamento in ben precise scelte organizzative, che vengono delineate dalle comunità locali ed attuate dalla struttura preposta alla gestione del servizio”.

Nella società umana, nel tempo, per rispondere alla necessità di soddisfacimento dei bisogni pubblici o “di pubblico interesse” nascono una grande varietà di “istituzioni”, intese come consuetudini e norme morali, politiche e sociali sostanziantesi in manifestazioni durature, a livello comportamentale di singoli individui e di gruppo degli stessi.

A questi comportamenti si sono collegati nel tempo la formazione di “Istituti” intesi quali insieme “di elementi e di fattori, di energie e di risorse personali e materiali. ... Il suo permanere è della specie dinamica, sia per i fenomeni interni, sia per quelli di rapporti esterni con l’ambiente. Come complesso è ordinato secondo proprie leggi anche di varia specie ed in multiforme combinazione”.

Poiché il concetto di istituto racchiude tutte le relazioni che caratterizzano la realtà (quindi relazioni politiche, sociali, etiche, morali, religiose oltre che economiche) si ritiene opportuno sottolineare che la presente analisi vuole qualificarsi come “approccio di tipo aziendale” in quanto si concentra essenzialmente sulle relazioni di carattere economico. “L’attività economica non può (...) essere significativamente osservata come se fosse svolta da individui che agiscono isolatamente e cercano di rendere massimo il soddisfacimento dei propri individuali bisogni e delle proprie individuali aspirazioni; i bisogni e le aspirazioni dell’uomo sono soddisfatti nell’ambito delle aziende degli istituti, nelle quali si sviluppa il “lavoro” specializzato ed organizzato per la produzioni e per il consumo; le aziende rappresentano lo strumento dell’operare umane in campo economico...”. Ancora “l’attività economica è svolta interamente nell’ambito di aziende di istituto, intese - per

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astrazione di ordine economico - quali centri nei quali sono assunte tutte le più rilevanti decisioni economiche circa l’investimento, la produzione, il consumo e il risparmio della ricchezza”.

Vi possono essere peraltro Istituti privati o Istituti pubblici a seconda che siano organizzati e intendano soddisfare bisogni di singoli individui o di un insieme degli stessi e perciò delle collettività. Nell’ambito degli Istituti pubblici hanno notevole rilevanza gli Istituti pubblici territoriali costituiti, nel nostro ordinamento statuale, dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni. In tali Istituti pubblici che hanno come base fondante il territorio è configurabile in particolare, per astrazione, una “azienda composta di consumo e di produzione”, se si osserva l’Istituto sotto il profilo dell’ordine economico espresso dai processi di consumo correlato a bisogni pubblici e dalla produzione dei beni e dei servizi necessari a soddisfare tali bisogni.

Dunque per azienda composta pubblica si intende, per astrazione, nell’ambito degli Studi di Economia Aziendale, l’ordine economico dell’Istituto di natura giuridica. La Pubblica Amministrazione quindi si può definire come quell’insieme di Istituti (ordine giuridico) e di connesse Aziende (ordinamento economico) rivolte a soddisfare bisogni pubblici. I bisogni per i quali, quale ulteriore criterio distintivo, non è sufficiente il ricorso all’iniziativa privata ed individuale e nel cui contesto i meccanismi di mercato e di scambio non garantiscono un’adeguata considerazione. La ragion d’essere della Pubblica Amministrazione, concepita quale insieme di Istituti tra loro connessi, va ascritta perciò all’esistenza evidente di bisogni di carattere collettivo ed alla necessità di farvi fronte in modo stabile e duraturo.

L’azienda pubblica nasce e si afferma perché le viene riconosciuta la possibilità e l’opportunità di gestire i servizi pubblici attraverso gli strumenti (e rispettando le leggi) dell’economia aziendale. Infatti l’azienda come tale è lo “strumento” posto in essere dal soggetto economico per l’ottenimento del proprio scopo e quindi subisce i cambiamenti nelle politiche aziendali e di bilancio, rimanendo però legata alla necessità di perdurare economicamente.

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Analizzare le amministrazioni pubbliche (il termine amministrazione pubblica lo si fa coincidere generalmente con quello di enti pubblici) come aziende non significa ispirarsi a modelli di impresa (organismi dotati di diverse caratteristiche: il concetto d’impresa sottolinea le finalità ed il tipo di meccanismo tramite il quale vengono determinate le condizioni di acquisizione dei fattori e di cessione dei risultati), ma utilizzare schemi concettuali idonei a comprendere e valutare i processi d’impiego di risorse, aventi valore economico nell’ambito di combinazioni operative degli istituti pubblici rivolti ad ottenere certi risultati d’intervento, ed in ultima analisi, ad soddisfare bisogni.

Il concetto di azienda sottolinea la strumentalità dell’attività organizzativa (risorse umane e materiali) rispetto ai fini politici, economici e sociali perseguiti e quindi “malgrado la sua esplicita qualificazione “pubblica” e l’opinione diffusa che gli unici criteri di gestioni delle attività pubbliche siano quelli politico-sociali, deve essere considerata un’azienda come tutte le altre ed avere, di conseguenza un fondamento in termini di equilibrio economico a valere nel tempo”.

In altre parole, ormai caduta la distinzione tra azienda di erogazione caratterizzata da obiettivi sociali di soddisfacimento dei bisogni umani, assenza di rischio economico e natura pubblicistica, è azienda di produzione identificabile dal fine di lucro, dalla natura privatistica e dal privatistico rischio di gestione, si ritiene ormai che l’unità economiche aventi carattere di azienda “pur svolgendo attività diverse, hanno in comune lo scopo di conseguire un determinato equilibrio economico, a valere nel tempo, suscettibile di offrire una remunerazione adeguata ai fattori utilizzati ed un compenso, proporzionale ai risultati raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge”.

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Il fine dell’equilibrio economico nel tempo non è infatti caratteristica delle aziende di produzione “private”, ma è anche l’esigenza delle aziende “pubbliche” perché anche esse, come ogni organismo economico, esistono solo se nel tempo possono raggiungere e mantenere un sano equilibrio tra ricchezza consumata e ricchezza prodotta. Questa è la condizione generale per la quale ogni attività aziendale può esistere.

L’aumento del valore economico dei risultati dell’attività svolta nell’ambito di istituti (valore della produzione ceduta sul mercato o quantità e qualità dei bisogni soddisfatti) è principio guida dell’economia aziendale, mentre l’equilibrio di lungo periodo tra valore della ricchezza impiega nei processi di produzione e di consumo e ricchezza disponibile è criterio-vincolo per il permanere dell’autonomia di ogni tipo di azienda e quindi di istituto.

Rispetto alle imprese, tuttavia, gli istituti pubblici territoriali manifestano rilevanti specificità in termini di: natura dei processi economici attuati: di produzione per l’impresa (rispetto

alla quale si individua appunto l’ “azienda di produzione”), di produzione e di consumo per l’istituto pubblico territoriale (da cui il concetto di “azienda composta pubblica”);

composizione del soggetto economico: almeno in prima approssimazione, il soggetto economico dell’impresa è costituito dai portatori di capitale risparmio e di lavoro. Quello dell’azienda composta pubblica dai portatori di lavoro e da “tutti i membri della popolazione riunita in comunità territoriale”;

aspettative del soggetto economico e traduzione in termini operativi del concetto di economicità. le finalità istituzionali dell’impresa sono essenzialmente rappresentate dalla produzione di soddisfacenti remunerazioni di capitale e del lavoro; quelle dell’azienda composta pubblica si riassumono nel soddisfacimento dei bisogni pubblici, nella redistribuzione della ricchezza e nella remunerazione dei collaboratori.

Il superamento del principio guida e criterio di valutazione della massimizzazione del profitto e la sua sostituzione con quello della

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“economicità” intesa come capacità di soddisfare in modo fisiologico le diverse categorie di interessi facenti capo all’istituto hanno inoltre consentito lo sviluppo di un concetto unitario finalizzato a promuovere un miglioramento equilibrato dei processi di produzione e di quelli di consumo. Ciò riguarda in generale l’attività economica svolta dall’uomo per il soddisfacimento dei bisogni umani l’attributo dell’economicità “dato dalla congruenza tra risorse e obiettivi” secondo il principio del “minimo mezzo” minimizzando le risorse impegnate a parità di risultati o perseguendo risultati più elevati a parità di risorse impegnate.

E’ vero che le amministrazioni, enti ed aziende pubbliche presentano un insieme particolare di problemi che attengono alla determinazione della volontà, inclusi i condizionamenti alle scelte strategiche, oltre ad un insieme di vincoli posti a singoli atti di gestione; la presenza di condizionamenti e di vincoli, però non è caratteristica unica delle aziende pubbliche e la si può trovare, sia pure con modalità diverse, nelle più varie tipologie aziendali.

Ciò non vuol dire trasporre principi, tecniche e modalità proprie del mondo delle imprese private in quello delle aziende pubbliche; piuttosto si pone il problema di riscoprire le comuni radici delle due tipologie aziendali, da cui emergeranno regole comuni che trovano fondamento nei principi stessi dell’economia aziendale.

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II. LE FUNZIONI ED I SERVIZI PUBBLICI

Per rispondere alla varietà e complessità dei bisogni pubblici o collettivi sono necessarie modalità di gestione, orientate all’economicità sul concetto di economicità della gestione ci si soffermerà in seguito, in un’ampia differenziazione di forme di gestione dei servizi pubblici.

A tale visione è connesso il ruolo dell’Istituto pubblico quale responsabile di Funzioni o quale erogatore di Servizi pubblici.

In sintesi la Funzione rappresenta una responsabilità dell’Ente rispetto ad un’area di bisogno espressa dai cittadini-utenti, mentre il Servizio pubblico può essere ricondotto alla produzione tecnica ed alla erogazione di una definita quantità e qualità di prestazione, sempre a fronte di un ben identificato bisogno.

Le Funzioni e i Servizi hanno caratteristiche tra loro sostanzialmente differenziate; nella Funzione si sostanzia, in fondo il ruolo svolto dall’intervento pubblico nei confronti del privato, in cui il mutare degli atteggiamenti si sviluppa in tempi non brevi. In fondo le pubbliche Funzioni caratterizzano, in ultima analisi, la forma di Stato e gli obiettivi di fondo che si riconnettono agli Istituti pubblici.

Nei Servizi invece le modalità di cambiamento e di estrinsecazione dello stesso servizio possono essere frequenti e si sviluppano anche in base a nuove tecnologie disponibili ed a nuove modalità di rendere il servizio.

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In buona sostanza in altre parole la Funzione sostanzia il ruolo dell’Istituto pubblico nel definire gli interventi dell’Istituto stesso per rispondere ad identificati bisogni ed a fronte del quale vengono stanziate apposite risorse finanziarie; mentre nel Servizio pubblico l’Istituto è innanzitutto chiamato a rispondere ad una domanda del cittadino utente, erogando prestazioni ben definite.

Servizi e Funzioni pertanto si integrano all’interno di Istituti pubblici che rispondono ad una definita Funzione attraverso la diretta od indiretta predisposizione del Servizio.

Peraltro ciò che rende pubblico un servizio è la rilevanza che tale attività ha verso interessi e finalità collettive, indipendentemente dal fatto che la gestione sia affidata o meno ai pubblici poteri.

Bene pubblico è infatti quello che il mercato di per sè non produrrebbe o produrrebbe non rispettando condizioni di pari accessibilità per l’utenza e di equità distributiva.

La pubblicità della prestazione di un servizio nasce allora dalla sua “meritorietà”, dal fatto ciò che la sua erogazione viene ritenuta talmente importante per la collettiva da richiedere l’intervento dell’operatore pubblico, il quale attribuisce al suo consumo un prelievo che prescinde dalle preferenze individuali.

Pertanto si producono “beni pubblici” alternativamente quando: si tratta di beni individuali e/o non esclusivi, cioè l’utilità per il singolo

membro della collettività non esclude l’utilità per altri membri ( es. il bene difesa, giustizia;

s’intende sottrarre la produzione degli stessi da condizioni di “monopolio” da parte del mercato;

si tratta di beni che sono messi a disposizione dei cittadini, nei casi di bisogno a prescindere dalle loro condizioni economiche.

Si può affermare che i vari livelli di governo, sostanziantesi negli Istituti, hanno proprie Funzioni e gestiscono propri Servizi.

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Il concetto di Funzione quindi non può essere contrapposto a quello di Servizio. In ultima analisi la Funzione viene ascritta ad un’area di competenza dell’istituto pubblico su cui lo stesso ha autonomia di regolamentazione; in tale ambito sarà necessario per lo stesso definire priorità di ordine sociale ed economico, definire criteri d’intervento, individuare modalità di svolgimento dei Servizi ed infine dedicare adeguate risorse, ai fini dello svolgimento ordinato degli atti di gestione. Si può allora affermare che il servizio identifica attività poste in essere, chiaramente identificabili che necessitano di processi di produzione tecnica, di risposta alla domanda scaturente dai bisogni collettivi, da meccanismi di scambio economico e da valutazioni attinenti la qualità e la quantità dei beni ceduti o delle risorse erogate.

Pertanto le Funzioni, alla luce di quanto detto, possono sostanziarsi, indifferentemente o meglio a secondo del tipo di bisogno da soddisfare, in approntamento di servizi pubblici, oppure tramite l’indirizzo e il coordinamento, o la regolamentazione di definiti campi di attività di pertinenza dell’Istituto.

Numerosi sono comunque i contributi che gli studiosi, di tempo in tempo, hanno reso al tema dei Servizi, sviluppando sistematizzazioni teoriche ampie e dal contenuto assai diversificato.

In realtà è convincimento di chi scrive che nell’ambito delle Aziende e degli Istituti pubblici ci si trovi di fronte a processi economici sui quali insistono rilevanti elementi di particolarità e di complessità che richiedono innanzitutto di essere studiati nella loro natura, prima di porre per essi proposizioni normative che rischiano di risultare non fondate.

In fondo la distinzione tra processi di produzione di beni e l’approntamento di servizi privati e di servizi pubblici vuole qualificare il finalismo ultimo degli stessi ed esplicitarne la funzione strumentale diversa delle Aziende che li esprimono, piuttosto che differenziarli sul piano delle prestazioni e sul piano delle caratteristiche fisiche o merceologiche. In effetti vi sono molti casi di servizi con le stesse caratteristiche tecniche di base che possono essere gestiti sia da soggetti pubblici che privati, esempio trasporti, farmacie, distribuzione dell’acqua, della forza motrice, ecc.

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Un’importante ordine di riflessione per dare specificità ai servizi pubblici può essere svolto in relazione agli effetti che l’applicazione del principio dell’interesse generale produce sul sistema dei valori dell’azienda.

Il riferimento ai bisogni della collettività (bisogni pubblici) ha quale requisito necessario il rinunciare ai meccanismi di mercato ed al connesso criterio della convenienza economica aziendale quali unici strumenti di selezione dei servizi pubblici stessi. Da ciò ne discende che i risultati della produzione vengono ceduti attraverso un sistema di scambi, le cui finalità sono diverse da quelle di “oggettivare” il giudizio di utilità che gli utenti od i consumatori annettano alle prestazioni stesse, nel frangente in cui attivano lo scambio.

Pertanto l’utilizzo del corrispettivo scaturente dallo scambio risponde a finalità diverse rispetto a quelle scaturenti dall’utilizzo dei meccanismi di mercato e, normalmente, viene utilizzato per acquisire mezzi alle finanze dell’Ente, ma soprattutto per indirizzare il consumo su dati beni, rispetto ad altri ritenuti socialmente degni di minore attenzione.

Certo è che le tecniche utilizzate dalle Aziende e degli Istituti pubblici nel determinare il costo di un prodotto o di un servizio. accessibile tramite lo scambio, risentono ancora della cultura di tipo garantista ed orientata ai processi piuttosto che ai risultati; quindi le metodiche di analisi dei costi, su questo versante, risultano ancora approssimate e perseguite con tecniche poco oggettivate.

Pertanto il corrispettivo monetario può essere anche utilizzato dall’Istituto pubblico per disincentivare od al contrario incentivare il consumo di un bene o l’utilizzo di un servizio, il tutto comunque nell’ambito di un contesto gestionale in cui all’Istituto pubblico venga assicurato un pareggio sostanziale alla propria gestione finanziaria.

Per concludere su questo versante si può affermare che ai concetti di Funzione e Servizio pubblico possiamo ascrivere tutte le problematiche scaturenti dai criteri utili per rapportarsi con la collettività dei cittadini-utenti (bisogni ed aspirazioni), e quali possano essere le forme organizzative più

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opportune per raggiungere gli obiettivi prefissati e, da ultimo, quali siano i migliori sistemi per programmare le azioni pubbliche.

In effetti nell’evoluzione del “modello burocratico” di cui la “direzione per obiettivi” rappresenta il superamento, le relazioni tra i componenti dell’organizzazione aziendale vengono regolate attraverso l’indicazione e la prescrizione di obiettivi piuttosto che attraverso l’indicazione di procedure e di regole comportamentali.

III. LE FUNZIONI FONDAMENTALI DEI COMUNI

L’articolo 19 della Legge 135/2012, ridefinisce le funzioni fondamentali ascritte alla competenza comunale, in connessione con l’indicazione costituzionale normata all’art. 117 secondo comma, alla lettera p, e così le identifica:

a) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale, di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d) pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra comunale;

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e) attività, in ambito comunale, di pianificazione, di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

f) organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h) edilizia scolastica (per la parte non attribuita alle competenze delle Provincie), organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia servizi anagrafici, nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale.

È di tutta evidenza che l’indicazione normativa fa rilevare quali siano le funzioni che , a livello di uniformità e continuità , debbano essere esercitate da tutti i livelli comunali e costituiscano per il Legislatore gli elementi di base del welfare locale.

PARTE 1

1.1 - I SERVIZI PUBBLICI LOCALI – ELEMENTI DEFINITORI E DI CLASSIFICAZIONE

La definizione di “servizio pubblico”, come detto, nella prospettiva economico-aziendale è legata alla natura del bisogno che l’attività produttiva od erogativa tende a soddisfare. Si possono considerare pubbliche tutte le attività finalizzate al soddisfacimento dei bisogni pubblici.Definizione di servizio pubblico: i servizi pubblici sono quei “beni economici” suscettibili di valutazione, con contenuti immateriali e materiali, che la Pubblica amministrazione riconosce di pubblica utilità in maniera esplicita e ne assicura la realizzazione e il controllo, per garantire a tutti i cittadini ed altre utenze interessate, la possibilità di soddisfare i bisogni e le proprie esigenze. Il

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momento deliberativo della Pubblica Amministrazione è l’atto che ne decreta il formale riconoscimento. (atto amministrativo) Secondo l’approccio giuridico, un bisogno acquisisce la natura pubblica non in funzione dei caratteri che esso manifesta, bensì perchè è un Ente pubblico che interviene per il suo soddisfacimento. (concezione soggettiva) Assecondando l’approccio economico-aziendale il servizio può essere definito “pubblico” quando si estrinseca in un’attività economica che ha ad oggetto la produzione di beni e di servizi diretti a soddisfare le esigenze dei cittadini, lo stesso può essere apprestato sia da aziende pubbliche che da quelle private di norma indirizzato da Enti pubblici, purché esse siano orientate in via prioritaria alla tutela dell’“interesse generale” (concezione oggettiva). Il carattere pubblico del servizio non dipende quindi dalla “veste giuridica” (pubblica o privata) assunta dall’azienda che lo produce, ma dal fatto che soddisfa bisogni collettivi. Il concetto risulta dinamico nel tempo, in ragione dei mutevoli bisogni; strettamente legato allo specifico scenario economico, politico e sociale di riferimento. (ambiente)Verso la fine del ventesimo secolo, l’aumento quantitativo e qualitativo della domanda di servizi (fenomeno dell’inurbamento) da parte della collettività provocò la crisi dello “Stato liberale” e la graduale affermazione dello “Stato sociale”, caratterizzato da un forte intervento pubblico finalizzato alla diretta produzione di beni e servizi. Si segnala, quindi, che gli Enti locali, nel tempo, hanno modificato ed adeguato le proprie modalità d’intervento in relazione al modificarsi dei bisogni avvertiti dalla collettività amministrata.

Breve considerazione retrospettiva

A dimostrazione della ciclica oscillazione tra posizioni semplicisticamente a favore o contro l’intervento pubblico, nell’ambito dei servizi, valga per tutti l’esempio dei servizi pubblici degli Enti locali che sino alla fine del secolo diciannovesimo erano gestiti da imprenditori privati: il criterio dell’interesse particolare, naturale ispiratore del comportamento aziendale dei medesimi, condusse peraltro a situazioni insostenibili dal punto di vista sociale ed economico, che stavano bloccando la crescita e le potenzialità di sviluppo delle concentrazioni urbane necessarie al decollo industriale.

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Dunque, il fatto che le Imprese concessionarie dei servizi fossero di proprietà privata e presentassero bilancio decisamente positivi non garantiva la condizione che esse fossero funzionali a risolvere i problemi ed i bisogni delle collettività cittadine, al punto che il 29 marzo 1903 venne approvata la Legge n.103, con la quale veniva sancita la possibilità, in via normale e da parte degli Enti Locali, di assumere direttamente la gestione dei servizi pubblici.

Peraltro la norma giuridica più completa di quella fase storica arrivò con il Testo Unico, approvato con R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578 e riguardava la gestione diretta, in concessione a terzi oppure mediante Azienda Municipalizzata dei servizi pubblici di interesse dei Comuni e delle Province, in cui si prevedevano, in modo esemplificativo, 19 tipologie di servizi erogabili dall’Ente locale. Alcuni ancora di attualità: acquedotti, illuminazione pubblica, farmacie; altri non più: fabbrica e vendita del ghiaccio, costruzione ed esercizio di mulini, essiccatoi e depositi di granoturco.

In seguito date le attività caratteristiche dell’Istituto locale , le tipologie di servizi pubblici locali che esso potrà gestire non solo quelle dirette alla produzione di beni e servizi pubblici, nelle funzioni assegnate dal Legislatore ma anche tutte quelle attività economiche rivolte a realizzare, in modo diretto ed anche mediato, fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità. – Legge delega 42/2009 – Riforma Federalismo Fiscale .

Si segnala che già in quel particolare momento storico la “concezione soggettiva” di servizio pubblico non era più accettata, in quanto veniva considerata più aderente alla realtà la “concezione oggettiva” in base alla quale era pubblico il servizio indipendentemente dal soggetto, pubblico o privato, che lo apprestava alla collettività, dovendo riscuotere lo stesso l’interesse da parte della collettività.

Dopo molti anni il Legislatore interviene con una legge organica di Riforma (anno 1990): un nuovo concetto di “servizio pubblico locale” appare nella Legge n. 142/90, in cui all’art. 22, confluito nell’art. 112 dell’attuale Testo unico

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(D.Lgs. 267/2000) si precisa che “gli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni e attività rivol te a realizzare fini sociali e a promuovere lo svi lup po economico e civile delle comunità locali” .

Quindi non più una elencazione degli stessi, ma una delimitazione unicamente dell’ambito operativo, lasciando ampia autonomia agli Enti nel definire produzione, forma, modalità di gestione e momento finalistico.

Ancora una volta, dall’esame pur sommario di queste norme si evince che la “funzione” rappresenta una responsabilità dell’Ente locale rispetto ad un’area di bisogni da soddisfare (definizione criteri di intervento, forme di svolgimento attività); mentre il “servizio pubblico” è legato alla “produzione tecnica di una definita prestazione” diretta a soddisfare i bisogni della collettività amministrata (consta nella valutazione tecnica circa le modalità operative di erogazione del servizio stesso).

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Classificazione di tipo economico - aziendale – “natura dell’attività svolta”

Accanto alle attività tradizionali di :a) “Produzione di norme e regolamenti e loro osservanza”

dell’Amministrazione locale, attività di tipo autorizzativo tipica di un Ente Pubblico;

b) si è andata affermando anche la produzione di “ beni pubblici puri ” , ovvero quei beni che hanno un’ “utilità indivisibile”, non hanno prezzo unitario e non possono, quindi essere scambiati normalmente sul mercato.

Caratteriristiche:I “beni pubblici puri” sono gratuiti, non rivali e non esclusivi nel consumo.

per non rivalità si intende che la domanda di ciascun utente non influenza il costo di produzione, per cui la numerosità degli utenti serviti risulta irrilevante;

la non esclusività si riferisce all’utilità dei destinatari, la quale non muta per ciascuno al variare del numero di beneficiari.

I servizi pubblici puri, poi, vengono erogati senza la richiesta di alcun corrispettivo diretto (gratuità), ma possono essere considerati come la “controprestazione” dei tributi raccolti.Esempi di beni pubblici puri: l’attività di illuminazione pubblica, la costruzione e la manutenzione delle strade, il servizio di polizia municipale, l’igiene urbana, etc.L’ampliarsi della gamma di attività e funzioni attribuite all’Ente locale ha determinato anche il trasferimento della responsabilità di produrre ed erogare beni e servizi destinati al vero e proprio scambio di mercato.Tali servizi si distinguono dai “beni pubblici puri” (processi produttivi di carattere erogativo), realizzati dai processi produttivi finalizzati al consumo e vengono denominati c)“servizi a domanda”, in quanto sono ceduti esclusiva-mente a coloro che ne fanno richiesta contro il pagamento di un determinato prezzo , con processi produttivi vocati quindi allo scambio sul mercato.

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Va rimarcato, peraltro, che i prezzi di tali servizi vengono determinati, in larga parte, in base a motivazioni di natura sociale, (possibilità di accesso al servizio in funzione del bisogno) da ciò consegue anche la presenza di “prezzi politici” ( con necessaria riconsiderazione alla luce della crisi finanziaria in atto) che non risultano normalmente sufficienti a coprire il relativo costo di produzione del servizio reso.Esempi: il trasporto pubblico urbano, , la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti , i servizi sportivi e ricreativi, le mense scolastiche, la gestione dei parcheggi, dei teatri, musei, etc..Peraltro, secondo l’ottica e dal punto di vista economico-sociale, i servizi erogati dalle Amministrazioni locali possono, poi, essere distinti in tre categorie:

1) servizi indispensabili : cioè irrinunciabili, quelli “che rappresentano le condizioni mini me di organizzazione dei servizi pubblici locali e che sono diffusi sul territorio nazionale con caratteristiche di uniformità” per i Comuni e le Province.(si parla di “Funzioni fondamentali” in sede di Riforma Federale) , esempi: istruzione primaria e secondaria, distribuzione dell’acqua potabile, servizio di nettezza urbana, viabilità e illuminazione pubblica, polizia locale, etc.

2) servizi a domanda individuale : non sono erogati alla generalità della popolazione, ma solo a coloro che ne richiedono la produzione mediante il pagamento di un determinato corrispettivo. Il Decreto Ministeriale 31 dicembre 1983 ne elenca, in modo non tassativo, 19 categorie. (Esempi: asili nido, case di riposo, impianti sportivi, mense scolastiche e non, mercati e fiere, parcheggi custoditi, teatri, musei)

3) servizi di carattere produttivo : come la gestione di farmacie, la distribuzione di gas metano ed il trasporto pubblico urbano che presentano un marcato carattere imprenditoriale.

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Quindi anche dalla enunciata classificazione si evince che le attività economiche svolte dall’Istituto pubblico locale hanno per oggetto la produzione di beni e servizi, destinate alla popolazione insediata sul territorio di propria pertinenza , volte a realizzare in modo diretto ,anche indiretto e mediato , fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità.

Infine , una ultima classificazione di matrice europea ( Libro Verde della Commissione Europea del 21 maggio 2003 e Libro Bianco della Commissione Europea del 12 maggio 2004 ) si rintraccia con la deliminazione dei “servizi di interesse generale” e dei “servizi di interesse economico generale”.

I primi sono definibili nelle attività di produzione e fornitura di beni e servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica , continuità , non discriminazione,qualità e sicurezza , che le amministrazioni pubbliche , nell’ambito delle rispettive competenze , assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento , così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale ; la seconda tipologia è rinvenibile nei servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati , dietro corrispettivo economico , su un mercato .

Dette definizioni sono rinvenibili all’articolo 2 del D. Lgs. 19 agosto 2016 ,n.175 , decreto delegato riguardante il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica.

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1.2 - LE FORME DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Nello scenario attuale, emerge una netta differenza tra la responsabilità di soddisfare i bisogni della collettività di riferimento (Funzione), che spetta all’Ente locale in qualità di rappresentante degli interessi collettivi e di titolare dei Servizi pubblici locali e la responsabilità per la produzione fisica ed economica di servizi e beni (Servizio) che risultano essere in capo alle singole Aziende.

Il processo di trasformazione in atto si caratterizza per una diffusa “esternalizzazione” dei servizi e per una rilevante innovazione gestionale; condizioni utili per realizzare una reale liberalizzazione del mercato.

In questo contesto l’Istituto Pubblico assume sempre più la connotazione di Holding pubblica locale, avente la responsabilità di “rispondere” alla necessità delle Comunità insediate sul territorio di riferimento diversi facendo i vari sistemi di produzione dei S. P. Locali.

La gestione diretta od “in economia”

Con la gestione diretta ci si riferisce alla gestione dei servizi pubblici

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nell’ambito delle tradizionali strutture organizzative che caratterizzano le Amministrazioni pubbliche locali.Con tale forma, l’attività gestionale viene affidata, nell’ambito della propria organizzazione, ad una struttura cui compete la produzione e l’erogazione del servizio pubblico.Siccome questa forma viene proposta “quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno costituire una Istituzione od un’Azienda”, i servizi che dovrebbero essere gestiti in questo modo sono caratterizzati dalla non rilevanza od addirittura dalla mancanza di ricavi di gestione. – Servizi di carattere produttivo -Pertanto, la gestione in economia risulta essere opportuna per i servizi di natura istituzionale quali la Segre te ria comunale , la manutenzione delle strade comu nali , in cui le spese vengono finanziate tramite tributi propri, trasferimenti provenienti da Enti pubblici sovraordinati, ma normalmente non per mezzo di ricavi rivenienti dalla cessione di beni e servizi.In sintesi, le possibili carenze e limiti, derivanti dalla gestione in economia, possono essere così individuati:

- la non adeguatezza in termini di risposta ai diversificati bisogni dell’utenza, che deriva da:

- la scarsa flessibilità organizzativa;- i problemi connessi alla responsabilizzazione del personale verso gli

obiettivi di gestione.

In base a tali argomentazioni, risulta condivisibile la scelta del legislatore di lasciare questa forma gestionale come “residuale”, in quanto la scarsa flessibilità gestionale e la rilevata lentezza negli adeguamenti operativi si ripercuotono sui risultati in termini di economicità di gestione e di efficacia ed efficienza del servizio.

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LE FORME DI GESTIONE ASSOCIATA – D.LGS. 267/2000 (estratto)

Articolo 30 Convenzioni

1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.

2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.

3., 4. …omissis … - Opzione:

a) Costituzione uffici comuni con personale distaccato;

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b) Delega di funzioni da parte di uno degli Enti partecipanti da parte degli altri.

Articolo 31Consorzi

1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più “servizi” e l'esercizio associato di “funzioni” possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.

2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio.

3. …omissis…

4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti pubblici diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio e' composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o

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di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota % di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.

5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.

6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio.

7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di Consorzi obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l’attuazione alle leggi regionali.8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all’art. 113 bis si applicano le norme previste per le aziende speciali.

Articolo 32Unioni di comuni

1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una “pluralità di funzioni” di loro competenza. 2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure aggravate e la maggioranza qualificata richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse. 3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.

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4. …omissis…5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni. (…omissis…)

Per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, oppure fino a 3.000 abitanti se montani, nell’ottica di dar corso ad economie di scala a livello sovra comunale, risulta essere obbligatoria la gestione in forma associata, mediante Unioni di Comuni oppure tramite Convenzione delle Funzioni Fondamentali, individuate tali dall’articolo 19 della Legge 135/2012 .Tale obbligo decisionale a livello amministrativo, più volte rinviato, è stato ultimamente fissato alla data ultima del 31 dicembre 2016.Si sottolinea infine che la Regione deve individuare, previa concertazione con i Comuni interessati, la “dimensione territoriale ottimale ed omogenea” per area geografica, per lo svolgimento delle funzioni fondamentali, secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese.

Articolo 34

Accordi di programma

1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento

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delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

2. – 8. …omissis…

La Concessione a terzi

Dal Testo Unico degli Enti locali risulta che la Concessione viene suggerita “quando sussistono ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale”; rientrando, peraltro, le concessioni nella categoria dei Negozi giuridici adottati dalle Aziende Composte Pubbliche quando, con la loro espressione di volontà, attribuiscono diritti e connessi doveri ad un altro soggetto gestore.Sotto il profilo economico-aziendale la forma gestionale della concessione si attiva: quando l’Ente Pubblico concede, sulla base di un accordo contrattuale, ad un soggetto estraneo, ad un terzo (un Ente Pubblico o un Soggetto privato), la produzione di un servizio e la relativa gestione per i fini di pubblico interesse.Peraltro, la concessione può anche riguardare la costruzione di impianti e, successivamente, la gestione degli stessi in funzione della produzione di beni e servizi (Project financing).

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Di solito, comunque, questa forma è utilizzata quando il Comune o la Provincia non dispongono delle necessarie capacità finanziarie e competenze tecnico-organizzative.

Il processo di attivazione della formula concessoria si inizia con la Delibera consiliare di indizione della gara (quale esplicazione del potere di indirizzo) con cui vengono definiti i rapporti tra Ente concedente ed il Soggetto concessionario del servizio; rapporti sostanziatesi nella durata della Concessione, negli obblighi del concessionario, nelle tariffe da adottare, nella vigilanza dell’Ente locale sul funzionamento del servizio, con le previste penalità per l’inosservanza degli obblighi contrattuali, con la fattispecie in cui si rileva la decadenza della concessione e le modalità per la definizione delle possibili controversie.

Il concessionario, infine, può essere impersonato da un’Azienda privata, da un’Azienda speciale di altro Ente locale, oppure può avvenire che la concessione si effettui a favore di Società a partecipazione pubblica locale.È chiaro che alla scelta per una delle tre possibili soluzioni, sottostanno sostanziali e diversificate valutazioni di tipo istituzionale ed economico-gestionale.

L’Azienda speciale

L’attuale Azienda speciale presenta le seguenti caratteristiche:- è una formula per la gestione di servizi non aventi rilevanza economica;

- è un Ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica;

- è un Ente strumentale dell’Ente locale o degli Enti locali in caso di Azienda consortile, pur essendo dotata di autonomia imprenditoriale propria;

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- è in possesso di autonomia statutaria, la cui competenza è attribuita al Consiglio comunale, oppure dell’Assemblea consortile.

Con l’emanazione del proprio Statuto e l’iscrizione al Registro delle Imprese, l’Azienda speciale acquisisce personalità giuridica.

L’Azienda speciale ha l’obbligo di perseguire il pareggio del bilancio “attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti in funzione della copertura dei “costi sociali”. – Politica dei prezzi vo/ Accesso consentito al servizio, in genere segmentazione Utenza. -In merito ai rapporti tra l’Azienda speciale ed Istituto locale, si segnala che compete all’Istituto:

- determinare le finalità e gli indirizzi da perseguire;- conferire il capitale di dotazione;- “approvare gli atti fondamentali” ed esercitare la vigilanza;- verificare i risultati gestionali e coprire i costi sociali e gli eventuali disavanzi. – vo/”Prezzi politici”

Il conferimento del capitale di dotazione consta nel passaggio in proprietà dei beni (finanziari/strumentali) già a disposizione dell’Azienda municipalizzata (pri-mogenitrice dell’Azienda Speciale) e/o dell’Ente locale. Il ruolo dell’Istituto risulta essere quello di definire la strategia, definendone i parametri, i vincoli e le priorità.

Detto ruolo si esplica mediante l’approvazione di “atti fondamentali”, quali:

- il “Piano-programma”, comprendente il “contratto di servizio” che disciplina i rapporti tra l’Ente locale e l’Azienda speciale;

- i “Bilanci economici di previsione” pluriennale ed annuale, Budget almeno triennale;

- Piano degli indicatori di bilancio;- il “Bilancio d’esercizio”.

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APPR

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Il “Contratto di Servizio” risulta essere lo strumento attuativo del Piano programma in quanto consente di esplicitare gli obblighi individuati nelle cessioni di beni o prestazioni di servizi che l’Azienda speciale deve garantire funzionalmente agli utenti e contrattualmente all’Istituto locale.

In tale documento, elemento rilevante risulta essere la previsione degli oneri destinati alla copertura dei “costi sociali”, definibili quali oneri impropri che l’Azienda sopporto a fronte di “tariffe sociali” imposte dal Comune, le cui caratteristiche sono quelle di non remunerare, compiutamente, i fattori della produzione, generando quindi minori ricavi e tendenziali perdite.

L’Istituzione

Una innovativa forma di gestione nei servizi pubblici locali è costituita dalla nuova figura giuridica della “Istituzione”: organismo strumentale dell’Ente locale che si caratterizza per l’esercizio di servizi sociali privi di rilevanza economica.La sua funzione viene assicurata tramite le risorse finanziarie che gli sono trasferite dall’Ente locale, impiegandole in modo economico, in un contesto di pareggio di Bilancio.Le regole di funzionamento delle Istituzioni sono fissate negli Statuti e nella normativa regolamentare adottata dal Comune.

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I servizi che l’Istituzione gestisce non sono connotati dal carattere della redditività, ma si limitano a utilizzare risorse pubbliche a favore delle identificate finalità sociali (esempi: servizi di carattere culturale: musei, teatri e biblioteche, servizi sportivi e ricreativi, servizi di assistenza sociale agli anziani, all’infanzia ed ai disabili).L’istituzione è un organismo aziendale privo di personalità giuridica, con la conseguenza che il funzionamento di tale organismo è definito, nel suo contenuto e caratteristiche, dal Regolamento adottato dall’Ente locale, in cui vengono fissate le competenze, si disciplinano le modalità di funzionamento degli organi, si stabiliscono le regole per l’ordinamento degli uffici e del personale e per la gestione amministrativa contabile ed infine si individuano le procedure per l’approvazione degli atti fondamentali e per il concreto esercizio della vigilanza sulla gestione.L’Istituzione, quindi, è dotata unicamente di autonomia gestionale; ha un proprio Bilancio in tale funzione ed è tenuta ad osservare i criteri di efficacia e di efficienza, in un contesto di equilibrio tra risorse trasferite e costi gestionali sostenuti. L’eventuale risultato positivo di gestione dovrà essere destinato, nell’esercizio successivo, alla riduzione dei trasferimenti a carico del Comune; nell’ipotesi di risultato negativo, il Consiglio di Amministrazione deve darne immediata comunicazione all’Ente, contestualmente individuando i provvedimenti ammi-nistrativi per il superamento della perdita di gestione.In tema di Bilancio delle Istituzioni, il Ministero del Tesoro ha stabilito che lo stesso debba seguire le regole della contabilità economica, di fatto equiparando le Istituzioni alle Aziende Speciali, almeno in ordine all’obbligo del pareggio di Bilancio ed inducendo, quindi, in tema di valutazioni economiche dei fatti di gestione aziendali.

La Società di Capitali a partecipazione pubblica locale

La previsione nel nostro ordinamento giuridico della tipologia gestionale della Società di capitali (Società per azioni), a maggioranza pubblica, quale strumento privatistico per la gestione dei servizi pubblici locali, è avvenuta,

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organicamente, nell’anno 1990 e con l’adozione della Legge di Riforma di ordinamento pubblico locale e prevedendo la possibilità di farvi ricorso qualora “si rendesse opportuna in relazione alla natura economica ed imprenditoriale del servizio da erogare e la partecipazione, in posizione minoritaria, di altri soggetti pubblici o privati.”

In seguito, la Legge n.498 del 1992 ha introdotto, poi, la facoltà di costituire Società per azioni, con capitale minoritario pubblico, per “l’esercizio dei servizi pubblici, la realizzazione di opere necessarie al corretto svolgimento del servizio e la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di pubblico interesse, purché non rientranti nelle competenze istituzionali di altri Enti”.

Infine, con la Legge n.127/97 viene organicamente prevista anche la Società a responsabilità limitata, a maggioranza pubblica, quale forma di gestione dei servizi pubblici locali.

È ovvio che le Società di capitali a partecipazione comunale sono da considerarsi Aziende a tutti gli effetti e, come tali, caratterizzate da autonomia giuridica, gestionale, organizzativa e contabile. –regolate dalle norme del Codice Civile –

Le Società di Capitali, in specie nella versione a maggioranza pubblica presenta, comunque, un soggetto giuridico di diritto privato, il cui obiettivo gestionale è produrre per lo scambio sul “mercato” beni e servizi pubblici, mediante l’impiego efficiente delle risorse utilizzate nel processo tecnico di produzione e l’efficace soddisfazione dei bisogni del Cittadino / Contribuente /

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Utente / Cliente.

Tale affermazione non vuol significare, però, che si debba rinunciare ad una gestione che dia adito all’utile aziendale, rimarcando peraltro che tale risultato è subordinato alla creazione di valore sociale (legittimazione missione Azienda pubblica) concretamente destinato al soddisfacimento dei bisogni della collettività amministrata.

Tale formula gestionale, di tipo privatistico, costituisce certamente la tipologia gestionale dei servizi locali più libera e flessibile, in quanto gli Organi dell’Istituto possono indicare unicamente, gli obiettivi amministrativi da raggiungere, appartenendo le scelte operative ai compiti dei Responsabili aziendali.

Nell’ultima legislazione risulta essere tale formula prescritta dalla normativa europea, recepita nel nostro ordinamento, per quanto attiene i Servizi pubblici locali di rilevanza economica .

1.3 – LA CONCESSIONE E L’APPALTO DI SERVIZI

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Il D.Lgs. 163/2006 (Codice Unico degli appalti di lavori, servizi e forniture) definisce in maniera chiara che cos’è l’appalto di servizi e la concessione di servizi. In particolare:

l’appalto pubblico di servizi è un contratto regolato dall’art. 1655 del Codice Civile, a titolo oneroso, stipulato tra una stazione appaltante ed uno o più operatori economici, avente ad oggetto l’erogazione o la fornitura di servizi; in questo caso il servizio viene erogato direttamente all’Ente appaltante;

la concessione di servizi è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che la peculiarità della fornitura consiste nel diritto del concessionario di gestire il servizio richiedendo un prezzo; in tale contesto l’impresa eroga il servizio direttamente agli utenti esterni all’Ente.

Nella concessione l’impresa concessionaria eroga i servizi ai cittadini singoli ed associati e si assume il rischio economico della gestione del servizio, in quanto almeno una parte significativa dello stesso servizio viene finanziato dagli utenti mediante la richiesta di un prezzo/tariffa; nell’appalto tale citato rischio di impresa non si appalesa, in quanto l’appaltatore viene compensato, unicamente, tramite l’erogazione di somme dall’amministrazione pubblica aggiudicatrice.

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1.4 - I SERVIZI PUBBLICI LOCALI NEL QUADRO SCATURENTE DALLA LEGGE FINANZIARIA 2004 ( LEGGE 24/12/2003 N. 350 )

La Legge Finanziaria statale, riferentesi all’anno 2004, ha innovato profondamente nel sistema di offerta e di regolazione dei servizi pubblici locali, riferendosi, peraltro, ad approfondimenti tematici che la Commissione delle Comunità Europea aveva precedentemente effettuato tramite la pubblicazione del Libro Verde e del Libro Bianco sui Servizi di interesse generale, resi noti , rispettivamente , nel mese di maggio dell’anno 2003 e nel mese di maggio 2004.- Concetti e tematiche oggetto di Direttiva specifica -

Con tali documenti la Commissione, dopo aver affermato che i servizi di interesse generale svolgono un ruolo sempre più rilevante e fondamentale per migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini e per superare l’emarginazione e l’isolamento sociale, si sofferma a classificare gli stessi in servizi di interesse generale e servizi di interesse economico generale .

La suddetta distinzione risulta essere importante in quanto le due tipologie di servizi non sono soggette alle stesse norme del Trattato: 1) le disposizioni quali il principio di non discriminazione ed il principio della libera circolazione delle persone valgono per l’accesso a tutti i tipi di servizi, mentre 2) la libertà di fornire servizi, il diritto di stabilimento, le norme sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato, si applicano unicamente alle attività di rilevanza economica o di interesse economico generale.

Ai fini della classificazione, si definisce servizio di rilevanza economica: ogni attività che implica l’offerta di beni e servizi su un dato mercato, potenzialmente concorrenziale, quindi suscettibile di essere remunerativo tramite l’utilizzo della leva del prezzo , in funzione di oggettivare la convenienza dello scambio economico e non in funzione meramente sociale.

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Sulla tematica della rilevanza economica o meno del servizio pubblico si è significativamente pronunciato il Consiglio di Stato , con Sentenza del 10/9/2010 n. 6529 – Sez. 1° - : “E’ l’Ente locale che decide se un servizio affidato sia più o meno della rilevanza economica, questo perché la scelta delle modalità di erogazione e del regime giuridico, al quale le varie attività sono sottoposte, dipende, in definitiva, più da valutazioni politiche che dai caratteri intrinseci dei servizi” .

Quindi , in ultima analisi , la rilevanza economica o meno di un certo servizio pubblico compete alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione pubblica locale.

Peraltro nelle sue comunicazioni la Comunità Europea ha fornito alcuni esempi di attività non di rilevanza economica , identificandole in settori quali la cultura, l’istruzione, i servizi sanitari e sociali.

La normativa italiana, recependo queste indicazioni, sul versante dei servizi pubblici di interesse locale, ha prefigurato una diversa tipologia di offerta per le due categorie di servizi prima definite, modificando, conseguenzialmente, i contenuti del Testo Unico sulle Leggi degli Enti locali - artt. 113, 113bis; quest’ultimo però abrogato con Sentenza 272 del 2004 della Corte Costituzionale in quanto , afferma la Corte , la normativa riguardante l’ambito dei servizi pubblici, non di rilevanza economica, rientra nelle materie di competenza esclusiva dell’ordinamento regionale.

In ultima analisi, il rapporto tra domanda ed offerta dei servizi pubblici locali coinvolge tre attori:

i Cittadini / Utenti / Clienti che esprimono il Bisogno;

l’Ente locale che si focalizza sulla titolarità della Funzione, con il compito di indirizzare, coordinare e controllare l’intero sistema di offerta dei Servizi;

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l’Azienda di produzione di Servizi pubblici locali che assume la piena titolarità del Servizio.

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5. Le Forme di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica

Le Forme di gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica

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Ente Locale per l’erogazione dei servizi

affida a:

Società di capitali a totale partecipazione pubblica – condizioni: parte più importante propria attività con Enti pubblici proprietari esercitanti un controllo analogo a quello effettuato sui propri servizi

Società di capitali mista con socio privato scelto con procedure ad evidenza pubblica

Imprese - Società di capitali

Affidamento diretto – in house providing

Affidamento diretto Affidamento / Individuazione con l’espletamento di gare ad evidenza pubblica

Ente Locale per l’erogazione dei servizi ha le

seguenti opzioni:

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Gestione InEconomia Tramite

IstituzioneTramite Azienda

speciale anche consortile

Affidamento a Società di capitali a totale partecipazione pubblica – condizioni: parte più importante propria attività con Enti pubblici proprietari esercitanti un controllo analogo a quello effettuato sui propri servizi

Affidamento a Associazione /

Fondazione, costituita o

partecipata dall’Ente -limitatamente ai

servizi culturali e del tempo libero

Affidamento diretto

Gestionediretta

Affidamento diretto

Affidamento diretto – in

house providing

Affidamento diretto

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Tipologia delle relazioni che gli Enti locali sono chiamati ad intrattenere con le

Aziende / Società pubbliche

- relazioni contrattuali in senso stretto tra Soggetto gestore del servizio ed Ente locale;

- relazioni di regolazione tra l’Ente locale ed il Soggetto gestore del servizio, in cui viene richiesto all’Ente di influenzare / condizionare le relazioni di scambio tra l’utente ed il fornitore del servizio;

- relazioni di governo collegate all’esercizio delle prerogative dell’attività aziendale che assumono rilevanza nella misura cui gli Enti, oltre che acquirenti e/o regolatori del servizi, partecipano anche al Capitale sociale del Gestore.

Le relazioni tra Utenti, Ente locale ed Azienda di servizi pubblici vengono, pertanto, governate:

dal Contratto di servizio in cui l’Ente locale è acquirente del servizio per conto dei Cittadini ed in cui ne definisce le condizioni con l’Azienda , gestore del servizio ;

dalla Carta dei Servizi attraverso cui l’Azienda si impegna ad erogare un certo livello quali-quantitativo di servizi ai Cittadini ;

dal Contratto di utenza che gli Utenti stipulano direttamente con il Gestore.

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1.5 - LE LINEE DIRETTRICI DELLE RIFORME SUCCEDUTESI DAL 2005 AL 2008 IN TEMA DI AFFIDAMENTO DELLA GESTIONE DEI SERVIZI

PUBBLICI

In sintesi, le linee direttrici consistono nell’estensione dell’obbligo di gara per l’affidamento dei servizi di rilevanza economica e nella drastica limitazione dell’affidamento in house a Società di capitale totalmente pubblico.

In sostanza, la deroga all’affidamento del servizio mediante procedure competitive deve dipendere da “peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento” e motivata in base ad una analisi di mercato, contestualmente inviando una Relazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per l’espressione di un Parere in merito.

Degne di menzione sono, poi, le indicazioni normative tese a definire le partecipazioni in Società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dagli Istituti pubblici territoriali in funzione della “produzione di beni e servizi strumentali”.

A tal proposito si rammenta che la differenza, a livello concettuale, tra Servizio pubblico locale e Servizio pubblico di carattere strumentale risiede nel fatto che:

i Servizi pubblici locali vengono identificati nelle attività di qualsiasi natura connesse alla cura di interessi collettivi, realizzabili da soggetti pubblici o privati, finalizzati alla produzione di beni e svolgimento di attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle Comunità locali. (verso cittadini) I parametri per la qualificazione di un attività come servizio pubblico, quindi, possono essere rinvenuti nella risposta ai bisogni della collettività e

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nella fruizione diretta da parte dei soggetti facenti parte della comunità locale.L’eventuale esternalizzazione gestionale, pertanto, comporterà per l’Ente locale una “sostanziale trasformazione organizzativa” nell’ambito della quale l’Ente trasferisce tutte le attività al nuovo gestore mantenendo all’interno, unicamente, le “attività di regolazione”.

I Servizi pubblici di carattere strumentale, per converso, vengono connotati come attività finalizzate a sostenere la migliore realizzazione degli scopi istituzionali dell’Amministrazione. Tali attività garantiscono agli Enti il corretto sviluppo dei processi gestionali intermedi, utili per migliorare l’efficienza gestionale del servizio pubblico locale. (“cliente interno”)

Le indicazioni per qualificare, quindi, un servizio strumentale sono da rinvenire nella risposta ad un bisogno dell’amministrazione connessa ad un’esigenza di tipo organizzativo interno e nella fruizione dedicata agli operatori interni all’Ente.L’esternalizzazione gestionale comporta, quindi unicamente, il trasferimento di alcune attività di carattere ausiliario, mantenendo in capo all’amministrazione le attività di governo del servizio.

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1.6 - LE MODALITÀ DI GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA – L’ART. 23 BIS del d.l. 112/2008 COME

MODIFICATO DALL’ART. 15 LEGGE 135/2009

I principi: Applicazione della disciplina comunitaria in materia di affidamento e

gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica Favorire la più ampia diffusione dei principi di libertà di stabilimento e di

libera prestazione dei servizi Garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei

servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni (art. 117, comma 2, lettere e) e m), Cost.), assicurando un adeguato livello di tutela utenti

Inapplicabilità delle disposizioni ai servizi di distribuzione del gas (art. 30, comma 26, L. 99/09), di distribuzione di energia elettrica, gestione delle farmacie comunali, trasporto ferroviario regionale

Fissazione al 31.12.2012 del termine entro il quale dovranno essere stabiliti gli ambiti territoriali minimi per l’affidamento con gara del servizio di distribuzione di gas.

Conferimento gestionale spl a rilevanza economica, modalità ordinaria:lett. a) in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

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lett. b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40%.

Conferimento gestionale spl a rilevanza economica, la deroga in house (comma 3 e 4) :

per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta "in house" e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di “controllo analogo” sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa verso l'ente o gli enti pubblici che la controllano.Si sottolinea che il Controllo Analogo emerge in presenza di una situazione in cui l’Ente locale esercita sulla società un controllo in analogia a quello esercitato sui propri servizi , concretandosi tale attività in una influenza dominante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata .

L’ente affidante che effettua tale scelta deve dare adeguata pubblicità alla decisione di affidare “in house” il servizio, motivandola in base ad un’analisi del mercato e, contestualmente, trasmettere una Relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per l’espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta Relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole (silenzio assenso).

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1.7 - IL QUADRO NORMATIVO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DOPO Il REFERENDUM ABROGATIVO DEL 2011 E LA SENTENZA DELLA

CORTE COSTITUZIONALE DEL 2012

IL REFERENDUM ABROGATIVO DEL 12 – 13 GIUGNO 2011

L’intera disciplina prevista dall’art. 23 bis, come successivamente modificata, integrata dal regolamento di delegificazione, è stata travolta dall’esito delle consultazioni referendarie del 12 – 13 giugno 2011, aventi per oggetto quattro quesiti, tra cui uno di abrogazione dell’art. 23 bis del DL 112/08 sui servizi pubblici locali.

Per colmare il vuoto normativo lasciato dall’abrogazione dell’art. 23 bis, è stato emanato sulla materia l’art. 4 del DL 138/11, convertito nella legge 148 del 2001, prevedendo una nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali.

LA SENTENZA 199/12 DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Il 19 luglio 2012, la Corte Costituzionale con sentenza 191, ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni adottate con l’art. 4 del DL 138/11, in quanto

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dirette a ripristinare norme abrogate dalla volontà popolare espressa nel referendum del 2011 e quindi in contrasto con le prescrizioni previste dall’art. 75 della Costituzione.

Dopo la sentenza costituzionale sono intervenute ancora due fonti normative: l’art. 34 del DL 179/12 convertito dalla legge 221/12 e l’art. 3 del DL 174/12 convertito in legge 231/12. La prima recante disposizioni di natura generale, la seconda ispirata ad esigenze di maggior controllo della spesa locale.

La normativa prevista dall’art. 34 del DL 179/12 prevede che l’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica si basi su una relazione dell’ente affidante da rendere pubblica sul sito internet dell’ente stesso.

Costituisce contenuto necessario della relazione:

- l’indicazione delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta;

- la definizione dei contenuti specifici degli obblighi del servizio pubblico, universale.

Obiettivi dell’obbligo di pubblicare la relazione sono:

- il rispetto della disciplina europea;

- la parità tra gli operatori;

- l’economicità della gestione;

- l’adeguata informazione della collettività di riferimento.

Dalla disposizione risulta chiaro l’intento del legislatore teso a demandare alla valutazione dell’ente locale la scelta delle modalità di affidamento del servizio, nel rispetto dei vincoli comunitari prima illustrati.

L’art. 3 del DL 174/12 , poi , ha modificato il sistema dei controlli interni degli enti locali sul versante dei servizi pubblici erogati ed in particolare all’art. 147 del Tuel si prevede che venga esperito un controllo della qualità dei servizi erogati sia direttamente sia mediante organismi gestionali esterni, con l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni ed interni all’ente.

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L’altro versante del sistema dei controlli interni modificato consiste nel fatto che vengano esercitati dalle strutture proprie degli enti, in base a preventiva decisione degli obiettivi gestionali, controlli mediante un sistema informativo che rilevi i rapporti finanziari, gestionali, organizzativi della società affidata mediante lo strumento e la stipula di contratti di servizio.

In base a questo sistema informativo l’ente locale monitora periodicamente l’andamento della società, analizzando gli scostamenti eventuali dei risultati aziendali rispetto agli obiettivi prefissati ed individuando le opportune azioni correttive.

1.8 - LA SCELTA DELLE MODALITA’ DI AFFIDAMENTO -CONSIDERAZIONI ECONOMICHE

I parametri di valutazione e scelta sono riconducibili all’efficacia rispetto agli obiettivi e all’efficienza ed all’economicità in termini di costi. Posto che l’efficacia è potenzialmente conseguibile con qualsiasi modalità di affidamento, il discrimine è costituito dall’efficienza e l’economicità ed in particolare dall’analisi dei costi e dei ricavi associabili alle diverse forme di affidamento.

In relazione ai costi vanno separatamente considerati quelli di produzione dei servizi e quelli di agenzia:a) i primi dipendono da due distinti drivers: la produttività “fisica” dei fattori produttivi ed il loro costo di acquisizione;b) i secondi includono i costi per la ricerca e la selezione dell’impresa, per la raccolta delle informazioni, per l’attività di controllo, per l’enforcement del contratto, per eventuali contenziosi e per la copertura dei rischi.

I costi di produzione fanno dunque direttamente capo al gestore, quelli dell’agenzia all’ente concedente.In linea generale ed in relazione ad entrambe le tipologie di costo, si può ritenere che rispetto alla dimensione del servizio l’eventuale conseguimento delle economie di scala può riguardare tutte le modalità di affidamento. Riguardo ai diversi tipi di affidamento i costi di produzione e quelli di agenzia

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presentano andamenti divergenti: per quanto riguarda i costi di transazione un minore impatto nell’affidamento diretto.Date le tariffe, la massimizzazione dei ricavi è legata all’introduzione di forme incentivanti nei contratti di servizio che forniscono il miglioramento delle performance, in quanto consentono di adottare sistemi di premi e sanzioni per il management ed i lavoratori.In conclusione è ragionevole attendersi che livelli e composizione dei costi varino anche in funzione delle modalità di affidamento. In termini economici la modalità di affidamento da scegliere dovrebbe essere quella che minimizza i costi totali attesi.

Per i servizi di rilevanza economica , in linea di principio:a) la scelta dell’in house potrà essere tanto più conveniente quanto minore è la dimensione del servizio e quanto maggiore la quota dei contributi pubblici;b) la scelta dell’affidamento esterno può giustificarsi invece per le dimensioni della commessa ed il maggior potenziale di efficienza ed economicità;c) il ricorso alla società mista costituisce una forma intermedia che può comportare benefici comparativi, a condizione che l’assetto dei rapporti fra concedente ed affidatario sia trasparente. A questo riguardo valgono le esposte argomentazioni: (i) sotto il profilo produttivo, se il privato è effettivamente socio operativo, i vantaggi in termini di efficienza dovrebbero essere analoghi quelli dell’esternalizzazione, mentre minori dovrebbero essere i costi di agenzia; (ii) rispetto all’affidamento esterno, seguendo più direttamente la gestione, l’ente locale sarebbe in grado di controllare meglio l’adempimento del contratto, l’acquisizione delle informazioni, l’insorgere di rischi (in sostanza la catena che lo lega all’agente è più corta); (iii) tuttavia, affinchè i costi di agenzia si riducano nel loro insieme e non si verifichi una loro mera traslazione dall’ente concedente all’impresa, è essenziale che si evitino commistioni fra la figura del socio pubblico e quella del concedente, le quali finirebbero anche per mettere a repentaglio una gestione efficiente. E’ quindi indispensabile un sistema di regole di governance che attribuisca agli stakeholders ruoli ben definiti.

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L’economicità della scelta, infine, andrebbe estesa anche alla salvaguardia del valore dell’asset dell’ente locale. In particolare, allorchè l’impresa oggi affidataria in house versi in condizioni reddituali e patrimoniali critiche, l’immediato “ricorso al mercato”, rispetto al suo affidamento a risanamento dell’azienda realizzato, comporterebbe per l’ente locale delle perdite, in contrasto con l’obbligo di ottimale utilizzazione delle risorse pubbliche, sancito dall’art. 97 della Costituzione; obbligo che non riguarda la sola gestione corrente ma anche valore patrimoniale e di mercato della stessa. In questi casi la via che potrebbe essere seguita è quella di includere nella analisi comparativa dei costi e dei benefici economici delle diverse modalità anche l’emergere di perdite nette di valore capitale.

1.9 - IL CONTENUTO DEL TESTO UNICO IN MATERIA DI SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA –D. LGS. 175/2016

Il contesto normativo della Legge 190/2014 – Legge di Stabilità 2015 – stabiliva all’articolo 1, che , al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, gli enti locali sono chiamati ad avviare, a decorrere del 1 gennaio 2015, un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute.

Il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, entrato in vigore dal 23 settembre 2016, ricomprende tale attività di revisione all’interno di una serie di indirizzi ed indicazioni operative che rendono fisiologica, annualmente, tale ricognizione.

In particolare l’articolato normativo si sofferma sulle disposizioni che hanno per oggetto la costituzione di società da parte delle amministrazioni pubbliche, la detenzione di quote societarie e la partecipazione pubblica diretta ed indiretta allo strumento societario.

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Gli argomenti più rilevanti trattati sono così rinvenibili.

Il perimetro dell’azione societaria

Le amministrazioni pubbliche, in generale, possono partecipare alle società per azioni, anche consortili ed anche a società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.

Gli oggetti per costituire, acquisire oppure mantenere partecipazioni societarie, sono:

- la produzione di un servizio di interesse generale;

- la progettazione/realizzazione di un’opera pubblica su una base di accordo di programma tra amministrazioni pubbliche;

- la realizzazione/gestione/organizzazione di un’opera pubblica, oppure di un servizio di interesse generale attraverso una “gara a doppio oggetto” (scelta del socio ed assegnazione del servizio);

- l’autoproduzione di beni e servizi strumentali, nel rispetto del quadro normativo europeo;

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- lo sviluppo di servizi di committenza;- la gestione e la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni partecipanti, anche mediante il conferimento di beni immobili;

- la partecipazione a gestioni fieristiche.

Ancora il Teso Unico prevede la possibilità di costituire Holding di partecipazione societaria per mantenerne quote societarie, sempre nell’ambito degli oggetti di intervento prima definiti.

Infine per i Comuni montani viene consentita la partecipazione a società esercenti impianti di trasporto a fune.

L’onere della motivazione analitica

La riforma sottolinea l’esigenza di evidenziare le ragioni e le finalità che giustificano la costituzione o la partecipazione al modello societario.La motivazione dovrà comprendere e sviluppare le ragioni legate:- alla convenienza economica;- alla sostenibilità finanziaria, sviluppando in conseguenza un Business Plan;- alle possibilità di destinazione alternativa delle risorse;- alla possibilità alternativa di una gestione diretta.Si sottolinea peraltro la necessità che la società intenda perseguire le finalità istituzionali dell’Ente pubblico e che nella motivata scelta si dia conto, in una visione prospettica, del rispetto dei principi di efficienza, di efficacia e e di economicità dell’azione amministrativa.

Il Sistema dei controlli

Con l’entrata in vigore della nuova normativa, viene attivato, in modo organico, un Sistema di controlli preventivi utili per verificare i principi di economicità e di legittimità dell’atto deliberativo avente ad oggetto l’intervento societario. A

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tal fine gli Enti locali sottopongono lo Schema di atto deliberativo, a forme di consultazione pubblica, realizzando preliminarmente una forma di controllo sociale in grado di influire sui contenuti della motivazione.Successivamente l’amministrazione invia l’atto deliberativo di costituzione della Società o di acquisizione della partecipazione societaria alla Corte dei Conti, ai fini conoscitivi ed alla Autorità garante della concorrenza e del mercato, per consentire l’esercizio delle sue competenze. Per consentire il controllo di natura successiva poi l’Ente invia il Piano di revisione straordinario delle partecipazioni societarie alla Corte dei Conti ed alla struttura del Ministero dell’economia e delle finanze, competente per il controllo sull’attuazione dei contenuti del Testo unico normativo.Ugualmente l’adozione della Delibera di adozione del Piano di razionalizzazione annuale viene trasmessa in uno con la relazione sull’attuazione del piano, alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti ed alla struttura del Ministero dell’Economia e delle Finanze competente al monitoraggio sull’attuazione del Testo Unico.

La revisione straordinaria e la razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie

In ideale continuità con la disciplina di revisione straordinaria, a livello societario, contenuta nella Legge di Stabilità per il 2015, la normativa prevede che si dia corso ad un atto di ricognizione che costituisce l’aggiornamento del piano di razionalizzazione adottato precedentemente; inoltre si prevede una revisione ed un’analisi annuale delle partecipazioni societarie, i cui effetti andranno a regime nell’anno 2018.Per entrambe le operazioni si fa riferimento alle partecipazioni direttamente od indirettamente possedute, che possono essere mantenute oppure essere alienate, essere oggetto di fusione o soppressione, ed anche di messa in liquidazione societaria.I piani di razionalizzazione, corredati da un’apposita Relazione tecnica, in cui si indicano modalità e tempi di attuazione, sono adottati con azioni tese a alienare, fondere o sopprimere le partecipazioni societarie ove ricorrano le seguenti fattispecie:

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a) partecipazioni societarie che non rientrino nelle finalità fissate dal Testo Unico;

b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di Amministratori superiore al numero di dipendenti;

c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte in altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

d) partecipazioni in società che nel triennio precedente abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di Euro;

e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio di interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f) Necessità di contenimento dei costi di funzionamento;

g) Necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività e le funzioni previste dalla normativa contenuta nel testo unico.

Risulta quindi evidente come l’analisi delle fattispecie che danno adito ad una Revisione straordinaria delle partecipazioni e che impongono periodicamente l’adozione di un Piano di razionalizzazione, produca una restrizione operativa aggiuntiva rispetto a quelle finalità fissate precedentemente, ed indicano quale sia il perimetro societario, a regime, che può far capo annualmente alla Amministrazione pubblica.

Novità in tema degli affidamenti in house

Nel solco dei principi fissati dall’art. 12 della Direttiva U.E. 2014/24, il Testo unico ammette che le società a controllo pubblico, beneficiarie di affidamenti diretti, possano svolgere la propria attività con soggetti diversi dai propri soci, nella misura massima del 20%.

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Inoltre sempre rifacendosi ai contenuti della normativa prima citata, il Decreto introduce nell’ordinamento italiano una eccezione al principio secondo il quale nelle società affidate in house non vi possa essere partecipazione di soggetti privati.

Infatti, in futuro, sarà ammessa in tali società anche la partecipazione di soggetti privati, purchè tale circostanza avvenga in forme che non comportino controllo, oppure potere di veto e neppure l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata dagli Enti pubblici.

D.LGS. 175/2016 – TESTO UNICO

Definizioni

1. Ai fini del decreto si intendono per:2.

a) “amministrazioni pubbliche”: le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità portuali;

b) “controllo”: la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile*. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione

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delle norme di legge o statutarie o di parti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono i controllo;

c) “controllo analogo”: la situazione in cui l’amministrazione esercita su una società il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinate sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante;

d) “controllo analogo congiunto”: la situazione in cui l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

e) “enti locali”: gli enti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

f) “partecipazione”: la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi;

g) “partecipazione indiretta”: la partecipazione in una società detenuta da un’amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica;

h) “servizi di interesse generale”: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono

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come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale;

i) “servizi di interesse economico generale”: i servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato;

l) “società”: gli organismi di cui al titolo V del libro V del codice civile;m)“società a controllo pubblico”: le società in cui una o più

amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b);

n) “società a partecipazione pubblica”: le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico;

o) “società in house”: le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto;

p) “società quotate”: le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati; le società partecipate dalle une e dalle altre, salvo che le stesse siano controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche.

* Art. 2359 Codice Civile – Società controllate e società collegate.

Sono considerate società controllate:

1. Le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

2. Le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria;

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3. Le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Omissis…

Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la Società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

2.1 – L’ATTIVITA’ PUBBLICA ED IL VALORE DELLA STRATEGIA NEGLI ENTI TERRITORIALI LOCALI

Gli Istituti pubblici territoriali, nel tempo, hanno sviluppato sistemi di indirizzo e controllo che hanno dato adito nel tempo a riscontrati livelli di autoreferenzialità, da cui è emerso, inevitabilmente, il divario quali-quantitativo tra domanda esterna di servizi in funzione di rappresentati bisogni da soddisfare e capacità di predisposizione e cessione di beni e servizi da parte degli Enti. Nel tempo, in effetti, tali comportamenti hanno evidenziato situazioni in cui non veniva adeguatamente valutato il profilo socio-ambientale ed i vincoli che il Bilancio dell’Ente necessariamente presentava.

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In particolare, negli ultimi anni, il rallentamento dei processi di crescita economica, da un lato e dall’altro l’accresciuta coscienza civile degli attori operanti sul territorio, hanno fatto sì che all’Ente locale venisse richiesto di essere attore di politiche di sviluppo scaturenti da un crescente coinvolgimento dei soggetti che necessariamente interagiscono con l’Ente sullo stesso territorio e che comunque si pongono il problema di essere attori coinvolti nei percorsi di crescita socio-economica del territorio.L’obiettivo di fondo, in generale, viene identificato nel migliorare la competitività economica del territorio stesso, enucleando prioritariamente i “punti di forza e di debolezza” che vanno necessariamente esaminati quando si voglia attivare percorsi di sviluppo urbano.Quindi, percorsi ed indirizzi aziendali da costruire con la condivisione degli stakeholder di riferimento, aventi poi come risultante programmi e progetti legati tra di loro da obiettivi definiti strategici e prioritari.É palese che tale processo non potrà che fondarsi su un sistematico e continuo dialogo tra le parti sociali, utile per la definizione della missione che si vuole perseguire e che dovrà essere identificata come l’elemento primario per la conseguente definizione di azioni programmatiche e progettuali che dovranno caratterizzare il programma amministrativo nell’arco del mandato ricevuto dal corpo elettorale e nell’arco temporale di riferimento.

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Il significato di strategia nell’ambito pubblico locale

Il significato prevalente che ha influenzato profondamente la dottrina italiana pare essere quella riconducibile a Coda che ricomprende nell’ambito strategico i fini dell’azienda e le risorse utili per poterli raggiungere. Peraltro va rilevato che, in specie negli ultimi anni, si è assistito ad un rinnovato interesse per le tematiche e le metodologie relative all’ambito strategico della Pubblica Amministrazione, facendone derivare dal contesto privatistico in cui avevano avuto origine.Su questo versante si vuole accennare ai contenuti del new public management che ha influenzato in modo rilevante i processi di attivazione strategica nel settore pubblico, ipotizzando percorsi strategici percorribili dalla Pubblica Amministrazione e finalizzati a definire attori, strumenti e meccanismi operativi. In questa sede, dunque, nel definire una strategia alludiamo: ad una o più scelte destinate ad influenzare in via sistematica l’orientamento di una determinata area territoriale in termini di percorsi amministrativi di sviluppo, coerenti e comunque connessi al sistema di opportunità e vincoli che il tessuto locale potrà razionalmente sostenere in un percorso prospettico di medio-lungo periodo.L’amministrazione, quindi, dovrà necessariamente estendere l’ambito di analisi e poi di operatività anche al di fuori della propria organizzazione, confrontandosi con le tendenze dell’ambiente esterno, determinando percorsi di azione in modo dinamico, ipotizzando l’adozione di scelte organizzative e gestionali.La strategia di un’amministrazione pubblica locale assumerà, in tale ottica, una dimensione incentrata, precipuamente, su tre elementi essenziali da valutare in via preventiva e prospettica:

la missione aziendale determinata dallo scopo ultimo e dalla giustificazione stessa della sua esistenza con al contempo connessi i caratteri distintivi che la contraddistinguono;

la legittimazione socio-politica derivante dalle forme di consultazione e di consenso all’azione da intraprendere;

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la sostenibilità operativa e finanziaria definibile in ambito tecnico, ambientale e delle risorse finanziarie attivabili.

Le caratteristiche, pertanto, della dimensione strategica nell’ambito pubblico locale per essere ritenute valide, dovranno prevedere attività, produzione di beni e servizi per i propri cittadini / utenti comunque destinatari dei servizi pubblici, approntati a basso costo ed a livelli qualitativi ritenuti adeguati.

Ancora, l’indirizzo strategico dovrà essere ritenuto politicamente sostenibile e legittimato per potersi realizzare dando atto che per finanziare le azioni strategiche occorrerà coinvolgere gli attori fondamentali operanti sul territorio e utilizzare risorse finanziarie anche di tali operatori.

In tale ottica dovrà risultare, infine, percorribile tecnicamente e sostenibile con le risorse umane strumentali e finanziarie ipotizzabili ed utilizzabili nell’ambito della durata del mandato amministrativo del Sindaco oppure del Presidente della Provincia. Qualora dovessero mancare alcune delle condizioni prima evocate si potrebbero ottenere i seguenti paventati scenari:

un organo politico che propone una serie di scelte strategiche non condivise dalla struttura amministrativa, finirebbero per restare inattuate;

per converso obiettivi strategici supportati dalla struttura manageriale e non completamente assecondati dal vertice politico tenderebbero a non essere raggiunti a causa di non assegnate risorse da parte dell’Organo Esecutivo, nel corso della durata del mandato amministrativo

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Per quanto argomentato, il ricorrere ad un approccio proattivo consente di far conoscere e poi di far condividere alla struttura ciò che è insito nell’indirizzo politico istituzionale.Di fatto adottare strutturalmente un indirizzo strategico comporta l’adozione di alcune fasi in sequenza logica:

la ricerca di informazioni, articolata in: analisi degli mutamenti in atto, verifica delle connesse implicazioni, connessa riflessione su ciò che si conosce e si sarà in grado di

conoscere;

la formulazione degli indirizzi articolati in: previsione “dove si sta andando”, decisione “dove si vorrebbe andare”, misurazione dell’eventuale divario tra la prima osservazione e la

formulazione d’ipotesi;

la pianificazione delle azioni definibili nel: identificazione delle opzioni possibili, valutazione della loro percorribilità, decisione su come implementarle.

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Pertanto nella definizione adottata, la strategia contiene alcune evidenti caratteristiche:

- si basa su un modello decisionale unitario, coerente, intergrato e flessibile;- consente di esplicitare gli scopi e le finalità dell'Ente definiti dagli

obiettivi di medio-lungo termine, in termini di programmi, progetti, e priorità prospettate, alla luce delle risorse attivabili nel quinquennio relativo al mandato amministrativo in esame;

- permette la selezione delle aree di attività in cui l'amministrazione intende operare, coerentemente al sistema dei vincoli e delle opportunità rilevabili dalle dinamiche territoriali ed al quadro dei punti di debolezza e forza rilevabili all'interno dell'Ente;

- necessita il coinvolgimento di tutti i livelli decisionali all'interno dell'amministrazione;

- richiede e consente l'identificazione delle modalità di comunicazione delle linee di azione che l’amministrazione vuole far conoscere ai propri stakeholder.

Nella formulazione del percorso strategico prefigurato risulta , quindi , essenziale, nell’ottica della condivisione degli obiettivi generali, l’identificazione degli stakeholder rilevanti territorialmente, per la definizione e sviluppo delle politiche urbane.

Dunque la definizione di un orientamento strategico di fondo si giustifica ampiamente per la necessità di dare corso in forma sinergica alle linee di utilizzo del capitale ambientale, sociale, umano e strumentale, secondo una visione a lungo termine, richiedente precipuamente l’attivazione di un processo partecipato e condiviso.

Naturalmente, l’attivazione di un percorso di formulazione delle strategie comunali e provinciali costituisce, inoltre, un momento centrale di attivazione dei poteri dei Consigli comunali e provinciali, consentendo loro di espletare le

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rilevanti funzioni generali di indirizzo e controllo; alle volte troppo preoccupati dalla necessità di conseguire obiettivi di breve-medio periodo.

2.2 - LE LINEE PROGRAMMATICHE DI MANDATO PER AZIONI E PROGETTI

L’art. 46, c. 3, del Tuel fissa comportamenti in materia di linee programmatiche per azioni e progetti stabilendo che entro il termine fissato dallo Statuto, il Sindaco, sentita la Giunta, presenta al Consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.

Tale documento di piano, il primo dopo l’insediamento di una nuova amministrazione, si caratterizza per il fatto di rappresentare:

- il piano strategico di mandato dell’Ente, definito sulla base del programma elettorale del Sindaco;

- un documento da concertare con gli Assessori e, anche se la legge non ne fa menzione, da verificare con i Dirigenti in tema di fattibilità tecnica (almeno di massima);

- la base di riferimento per la predisposizione degli strumenti ed atti di pianificazione, programmazione e budgeting (in tal senso hanno funzione autorizzatoria di tipo programmatico);

- il documento propedeutico alla definizione del bilancio di mandato (al termine del periodo amministrativo).

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Dal punto di vista operativo è opportuno precisare che le linee programmatiche potrebbero venire strutturate per programmi in modo tale da rendere più agevole ed integrata la successiva stesura della relazione previsionale.

Ovviamente, non sarà necessario giungere ad un grado di approfondimento quale quello richiesto dalla sezione 3 del Dpr 326/87 (Programmi e Progetti).

Sarebbe però utile adottare, quantomeno, i seguenti elementi della struttura della sezione in oggetto:

- la descrizione del programma – nella quale occorrerà concentrarsi sui principali servizi da erogare;

- la motivazione delle scelte – che dovrà evidenziare le risultanze dell’analisi dei bisogni che hanno portato l’Ente a decidere per certe scelte politiche di mandato piuttosto che per altre.

Il taglio del documento sarà, naturalmente, marcatamente politico nel senso che lo stesso dovrà costituire l’esplicitazione a tutti gli attori organizzativi dell’indirizzo strategico dell’amministrazione.

La concretezza della sua stesura e la fattibilità e la compatibilità delle linee programmatiche adottate, potrà favorire:

- lo sviluppo dei programmi su base triennale all’interno della relazione previsionale e programmatica;

- la quantificazione finanziaria di tali programmi nei bilanci pluriennale ed annuale di previsione;

- la stesura del Piano Esecutivo di Gestione.

L’art. 42, c. 3 del Tuel stabilisce che lo Statuto disciplina i modi della

partecipazione del Consiglio alla definizione, all’adeguamento e alla verifica

periodica dell’attuazione delle linee programmatiche per azioni e progetti.

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Da quanto detto si trova la conferma della validità della tesi che ritiene tale documento la base per la stesura del bilancio di mandato e, in fase intermedia, del rendiconto di gestione di ciascun esercizio.

2.3 – IL SISTEMA DEI DOCUMENTI DI PIANIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E DI PROGRAMMAZIONE GESTIONALE

Con le Leggi di riforma dell’ordinamento degli Enti locali, avvenute a far tempo dal 1990, sono state apportate molteplici innovazioni ai sistemi gestionali e contabili degli Enti locali.

Tra i tanti elementi di cambiamento quelli che meritano particolare attenzione riguardano:

a) il ciclo della pianificazione e controllo, come strumento di regolazione dei rapporti tra Amministratori e Dirigenti in osservanza del principio di separazione delle funzioni;

b) il concetto di Sistema dei documenti di Pianificazione e Controllo.

I contenuti di tali innovazioni si ispirano al sistema di Planning, Progamming, Budgeting System –P.P.B.S., metodologia utilizzata, in ambito anglosassone, ad iniziare dalla seconda parte del secolo scorso, in ambito pubblico, per ottimizzare la formulazione e la presentazione dell’insieme dei documenti costituenti il Bilancio pubblico ed articolantesi nelle fasi di Planning, per la determinazione degli obiettivi di pianificazione di lungo periodo, di Programming, consistente nella programmazione e nella scelta degli strumenti alternativi per il raggiungimento degli obiettivi annuali pubblici, nel medio periodo e di Budgeting, per la predisposizione dei contenuti inerenti più

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strettamente il Bilancio e di delega gestionale, con cui le scelte compiute nelle due fasi precedenti, vengono tradotte in termini finanziari e di obiettivi gestionali; facendo rilevare altresì che il sistema prevede momenti di Monitoraggio infrannuale e di Rendicontazione annuale.In ultima analisi la logica alla base del PPBS ha origine nel tentativo di offrire un meccanismo decisionale moderno ed aziendale alle Pubbliche Amministrazioni: tale metodo, infatti, si concreta nell’indicare le modalità di assumere le decisioni di natura pubblica , a livello di piano e di programma.

IL CICLO DELLA PIANIFICAZIONE E CONTROLLO E I MODELLI DI RELAZIONE TRA AMMINISTRATORI E DIRIGENTI

Nell’”amministrazione per programmi”, sistema adottato dalle Leggi di riforma, il Modello di governance e di relazione è di tipo razionale e prevede una delimitazione delle sfere di competenza basata sulla distinzione tra le fasi di Pianificazione, Programmazione, Gestione e Controllo e sulla conseguente divisione dei poteri tra Amministrazione, Governo e Gestione.

MODELLO DI RELAZIONE TRA AMMINISTRATORI E DIRIGENTINELL’AMMINISTRAZIONE DEI PROGRAMMI

Atti Organi

PIANIFICAZIONE / PROGRAMMAZIONE

GESTIONE CONTROLLO

AMMINISTRATORI D.U.P., Bilancio, PEG

Referto del controllo

DIRIGENTI

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determinazioni dirigenziali

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a) gli Amministratori pianificano e programmano la gestione; b) i Dirigenti esercitano autonomi poteri di gestione, di entrata e di spesa,

assumono atti a rilevanza esterna ed attuano tutte le funzioni e le prerogative gestionali;

c) gli Amministratori poi esercitano un controllo di merito sulla dirigenza e ne valutano l’operato in termini di risultati ottenuti e di risorse utilizzate.

È evidente che il modello descritto sia riconducibile ad una razionalità prevalentemente di tipo economico-gestionale.Tenuto conto del modello di relazione tra Amministratori e Dirigenti cui si fa riferimento, diviene, quindi, di estrema rilevanza il concetto di SISTEMA DEI DOCUMENTI DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO.

Con il termine “Sistema” si intende un insieme di documenti integrati dal punto di vista logico, strutturale e temporale.

LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA

La pianificazione strategica è il processo attraverso il quale si definiscono le finalità dell’ente, le principali linee strategiche ed i connessi limiti autorizzatori pluriennali.

Alla pianificazione strategica sono associati i seguenti documenti: le Linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato, il Documento Unico di Programmazione – Sezione Strategica.

LA PROGRAMMAZIONE

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La programmazione è il processo attraverso il quale si identificano i limiti autorizzatori nel profilo programmatico per Missioni e Programmi, ambiti definiti nel Bilancio.Alla programmazione sono associati i seguenti documenti: il Documento Unico di Programmazione – Sezione Operativa ed il Bilancio Finanziario Pluriennale ed Annuale.

IL BUDGETING

Il budgeting è il processo attraverso il quale si negoziano e definiscono gli obiettivi gestionali ed i connessi limiti autorizzatori (per Obiettivi di gestione e risorse di Entrata e di Spesa).

Lo strumento tipico di budgeting per gli Enti locali è il Piano Esecutivo di Gestione – P.E.G. ed il Piano Dettagliato degli Obiettivi – P.D.O.

LA VERIFICA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO E DI UTILIZZO DELLE RISORSE

La verifica degli equilibri di Bilancio è un processo diretto ad accertare il grado di realizzazione dei contenuti del D.U.P. – Sezione Operativa e di utilizzo delle risorse di Bilancio. Tale verifica viene effettuata grazie all’utilizzo di due documenti:

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- la Verifica dello stato di utilizzo delle risorse finanziarie e degli equilibri di bilancio, da effettuarsi con periodicità stabilita dal Regolamento di contabilità dell’Ente locale e comunque almeno una volta, entro il 31 luglio di ciascun anno;

- il Rendiconto della gestione – comprendente il Conto del Bilancio, il Conto Economico ed il Conto del Patrimonio – a cui è allegata la Relazione illustrativa dell’Organo esecutivo che esprime le valutazioni di efficacia e di efficienza dell’azione condotta, sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai Programmi decisi e ai Costi sostenuti.

GLI STRUMENTI DELLA PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE PREVISTIDALLA RIFORMA

1. il Documento unico di programmazione (DUP), presentato dal Consiglio, entro il 31 luglio di ciascun anno, che sostituisce la Relazione previsionale e programmatica ed il Piano generale di sviluppo;

2. l’eventuale Nota di aggiornamento del Documento unico di programmazione (DUP), da presentare al Consiglio entro il 15 novembre di ogni anno;

3. la schema di delibera del Bilancio di previsione finanziario, da presentare al Consiglio entro il 15 novembre di ogni anno;

4. il Piano esecutivo di gestione, comprendente obiettivi, risorse e performance, approvato dalla prima Giunta dopo l’approvazione del bilancio;

5. il Piano degli indicatori di bilancio presentato al Consiglio unitamente al Bilancio di previsione e Rendiconto;

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6. lo schema di delibera di Assestamento del bilancio, comprendente lo Stato di attuazione dei programmi ed il controllo della salvaguardia degli Equilibri di bilancio;

7. le Variazioni di bilancio;

8. lo schema di Rendiconto della gestione, che conclude il sistema di bilancio dell’ente, da approvarsi , dal Consiglio , entro il 30 aprile dell’anno successivo l’esercizio di riferimento.

2.4 – IL DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMAZIONE DEGLI ISTITUTI PUBBLICI TERRITORIALI LOCALI: LA SEZIONE STRATEGICA E LA

SEZIONE OPERATIVA

Entro il 31 luglio di ciascun anno la Giunta presenta al Consiglio il Documento Unico di Programmazione (DUP), con riferimento all’esercizio 2014, il termine di presentazione del DUP non è vincolante.

Il DUP è lo strumento che permette l’attività di guida strategica ed operativa degli enti locali.

Il DUP costituisce, nel rispetto del principio di coordinamento e coerenza dei documenti di bilancio, il presupposto necessario di tutti gli altri documenti di programmazione.

L’orientamento alla Pianificazione e Programmazione

Il DUP si compone di due sezioni: la Sezione Strategica (SeS) e la Sezione Operativa (SeO).

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La Sezione Strategica sviluppa concretizza le linee programmatiche di mandato (5 anni) ed individua, in coerenza con il quadro informativo di riferimento, gli indirizzi strategici – missioni – obiettivi strategici dell’ente.Il contenuto della Sezione Operativa, predisposto in base alle previsioni ed agli obiettivi fissati nella SeS, è redatta, per il suo contenuto finanziario, per competenza e cassa, si fonda su valutazioni di natura economico – patrimoniale e copre un arco temporale pari a quello del bilancio pluriennale: Programmi – Obiettivi operativi.

La SeO si struttura in due parti fondamentali:Parte 1, nella quale sono descritte le motivazioni delle scelte programmatiche effettuate e definite, per tutto il periodo di riferimento del DUP, i singoli programmi da realizzare ed i relativi obiettivi annuali;Parte 2 contenente la programmazione dettagliata delle opere pubbliche, del fabbisogno di personale e delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio.LA SEZIONE STRATEGICA (SeS)

PRIMO LIVELLO

La SeS sviluppa e concretizza le linee programmatiche di mandato ed individua, in coerenza con il quadro normativo di riferimento: GLI INDIRIZZI STRATEGICI DELL’ENTE.

In particolare, la sezione individua, le principali scelte che caratterizzano il programma dell’amministrazione da realizzare nel corso del mandato amministrativo e che possono avere un impatto di medio e lungo periodo.Nella SeS sono anche indicati gli strumenti attraverso i quali l’ente locale intende rendicontare il proprio operato nel corso del mandato in maniera sistematica e trasparente.

SECONDO LIVELLO

Nel 1° anno del mandato amministrativo, individuati gli indirizzi strategici, sono definiti, per ogni missione, GLI OBIETTIVI STRATEGICI da perseguire entro la fine del mandato.L’individuazione degli obiettivi strategici consegue ad un processo conoscitivo di analisi strategica delle condizioni esterne all’ente e di quelle interne, sia in

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termini attuali che prospettici ed alla definizione di indirizzi generali di natura strategica.

Verifica delle Condizioni esterne in termini attuali e prospetticiCon riferimento alle condizioni esterne, l’analisi strategica richiede, almeno, l’approfondimento dei seguenti profili:

I. Gli obiettivi individuati dal Governo per il periodo considerato anche alla luce degli indirizzi e delle scelte contenute nei documenti di programmazione comunitari e nazionali;

II. La valutazione coerente e prospettica della situazione socio – economica del territorio di riferimento e della domanda di servizi pubblici locali anche in considerazione dei risultati e delle prospettive future di sviluppo socio – economico;

III. I parametri economici essenziali utilizzati per identificare, a legislazione vigente, l’evoluzione dei flussi finanziari ed economici dell’ente e dei propri enti strumentali, segnalando le differenze rispetto ai parametri considerati nella Decisione di Economia e Finanza (DEF).

VERIFICA DELLE CONDIZIONI INTERNE IN TERMINI ATTUALI E PROSPETTICI

Con riferimento alle condizioni interne, l’analisi strategica richiede, almeno, l’approfondimento dei seguenti profili con riferimento al periodo di mandato (5 anni):

1. Organizzazione e modalità di gestione dei servizi pubblici locali tenuto conto dei fabbisogni e dei costi standard.

2. Indirizzi generali di natura strategica relativi alle risorse e agli impieghi e sostenibilità economico finanziaria attuale prospettica.

A tal fine, devono essere di specifico approfondimento:

1. La realizzazione di opere pubbliche con indicazione dei riflessi sulla spesa corrente;

2. I programmi ed i progetti di investimento in corso di esecuzione e non ancora conclusi;

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3. I tributi e le tariffe dei servizi pubblici;4. La spesa corrente con specifico riferimento alla gestione delle funzioni

fondamentali anche con riferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi di servizio;

5. L’analisi delle necessità finanziarie e strutturali per l’espletamento dei programmi ricompresi nelle varie missioni;

6. La gestione del patrimonio; 7. Il reperimento e l’impiego di risorse straordinarie ed in conto capitale;8. L’indebitamento con analisi della relativa sostenibilità e andamento

tendenziale;9. Gli equilibri della situazione corrente e generali ed i relativi equilibri in

termini di cassa;10. Disponibilità e gestione delle risorse umane con riferimento alla

struttura organizzativa alla sua evoluzione nel tempo anche in termini di spesa;

11. Coerenza e compatibilità presente e futura con le disposizioni del patto di stabilità interno.

LA SEZIONE OPERATIVA (SeO)

La SeO ha carattere generale, contenuto programmatico e costituisce lo strumento a supporto del processo di previsione definito sulla base degli indirizzi generali e degli obiettivi strategici fissati nella SeS del DUP. In particolare, la SeO contiene la programmazione operativa dell’ente avendo a riferimento un arco temporale sia annuale che pluriennale.Il contenuto della SeO, predisposto in base alle previsioni ed agli obiettivi fissati nella SeS, costituisce guida e vincolo ai processi di redazione dei documenti contabili di previsione dell’ente.La SeO è redatta, per il suo contenuto finanziario, per competenza con riferimento all’intero periodo considerato, e per cassa con riferimento al primo esercizio, si fonda su valutazioni di natura economico – patrimoniale e copre un arco temporale pari a quello del bilancio di previsione.La SeO supporta il processo di previsione per la predisposizione della manovra di bilancio.

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La SeO individua, per ogni sua missione, i programmi che l’ente intende realizzare per conseguire gli obiettivi strategici definiti nella SeS.Per ogni programma, e per tutto il periodo di riferimento del DUP, sono individuati gli obiettivi operativi annuali da raggiungere.

Per ogni programma sono individuati gli aspetti finanziari, sia in termini di competenza con riferimento all’intero periodo considerato, che di cassa con riferimento al primo esercizio, della manovra di bilancio.La SeO ha i seguenti scopi:

1) definire, con riferimento all’ente ed al gruppo amministrazione pubblica, gli obiettivi dei programmi all’interno delle singole missioni. Con specifico riferimento all’ente devono essere indicati anche i fabbisogni di spesa e le relative modalità di finanziamento;

2) orientare e guidare le successive deliberazioni del Consiglio e della Giunta;

3) costruire il presupposto dell’attività di controllo strategico e dei risultati conseguiti dall’ente, con particolare riferimento allo stato di attuazione dei programmi nell’ambito delle missioni ed alla relazione al rendiconto di gestione.La SeO si struttura in due parti fondamentali:

Parte 1 , nella quale sono descritte le motivazioni delle scelte programmatiche effettuate, sia con riferimento all’ente sia al gruppo amministrazione pubblica, e definiti, per tutto il periodo di riferimento del DUP, i singoli programmi da realizzare ed i relativi obiettivi annuali;

Parte 2 , contenente la programmazione dettagliata, relativamente all’arco temporale di riferimento del DUP, delle opere pubbliche, del fabbisogno di personale e delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio.

Il contenuto minimo della SeO è costituito:a) Dall’indicazione degli indirizzi e degli obiettivi degli organismi facenti

parte del gruppo amministrazione pubblica;

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b) Dalla dimostrazione della coerenza delle previsioni di bilancio con gli strumenti urbanistici vigenti;

c) Per la parte entrata, da una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l’andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli;

d) Dagli indirizzi in materia di tributi e tariffe dei servizi;e) Dagli indirizzi sul ricorso all’indebitamento per il finanziamento degli

investimenti;f) per la parte spesa, da una redazione per programmi all’interno delle

missioni, con indicazione delle finalità che si intendono conseguire, della motivazione delle scelte di indirizzo effettuate e delle risorse umane e strumentali ad esse destinate;

g) dall’analisi e valutazione degli impegni pluriennali di spesa assunti;h) dalla valutazione sulla situazione economico – finanziaria degli organismi

gestionali esterni;i) dalla programmazione dei lavori pubblici svolta in conformità ad un

programma triennale ed ai suoi aggiornamenti annuali;j) dalla programmazione del fabbisogno personale a livello triennale ed

annuale;k) dal piano delle alienazioni e valorizzazioni dei beni patrimoniali.

2.5 IL PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE – FINALITA’ E CARATTERISTICHE

Il Piano esecutivo di gestione (PEG) è il documento che permette di declinare in maggior dettaglio la programmazione operativa contenuta nell’apposita Sezione del Documento Unico di Programmazione (DUP).I contenuti del PEG, fermi restando i vincoli posti con l’approvazione del bilancio di previsione, sono la risultante di un processo interattivo e partecipato che coinvolge la Giunta e la dirigenza dell’ente.Il PEG rappresenta lo strumento attraverso il quale si guida la relazione tra organo esecutivo e responsabili dei servizi. Tale relazione è finalizzata alla definizione degli obiettivi di gestione, alla assegnazione delle risorse necessarie al loro raggiungimento e alla successiva valutazione.

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Il piano esecutivo di gestione ha le seguenti caratteristiche: È redatto per competenza e per cassa con riferimento al primo esercizio

considerato nel bilancio di previsione; È redatto per competenza con riferimento a tutti gli esercizi considerati

nel bilancio di previsione successivi al primo anno; Ha natura previsionale e finanziaria; Ha contenuto programmatico e contabile; Può contenere dati di natura extracontabile; Ha carattere autorizzatorio poiché definisce le linee guida espresse dagli

amministratori rispetto all’attività di gestione dei responsabili dei servizi e poiché le previsioni finanziarie in esso contenute costituiscono limite agli impegni di spesa assunti dai responsabili dei servizi;

Ha un estensione temporale pari a quella del bilancio di previsione; Ha rilevanza organizzativa, in quanto distingue le responsabilità di

indirizzo, gestione e controllo ad esso connesse.

Il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’art, 108, comma 1, del TUEL ed il piano della performance di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel piano esecutivo di gestione.Il PEG facilita la valutazione della fattibilità tecnica degli obiettivi definiti a livello politico orientando e guidando la gestione, grazie alla definizione degli indirizzi da parte dell’organo esecutivo, e responsabilizza sull’utilizzo delle risorse e sul raggiungimento dei risultati. Inoltre costituisce un presupposto del controllo di gestione ed un elemento portante dei sistemi di valutazione.Il PEG chiarisce ed integra la responsabilità tra servizi di supporto (personale, servizi finanziari, manutenzioni ordinarie e straordinarie, provveditorato, economato, sistemi informativi, ecc.) e servizi la cui azione è rivolta agli utenti finali. Favorendo l’assegnazione degli obiettivi e delle relative dotazioni all’interno di un dato centro di responsabilità favorisce, di conseguenza, il controllo e la valutazione dei risultati del personale dipendente.

STRUTTURA E CONTENUTO

Il PEG assicura un collegamento con:74

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La struttura organizzativa dell’ente, tramite l’individuazione dei responsabili della realizzazione degli obiettivi di gestione;

Gli obiettivi di gestione, attraverso la definizione degli stessi e degli indicatori per il monitoraggio del loro raggiungimento;

Le entrate e le uscite del bilancio attraverso l’articolazione delle stesse al quarto livello del piano finanziario;

Le dotazioni di risorse umane e strumentali, mediante l’assegnazione del personale e delle risorse strumentali.

Nel PEG devono essere specificamente individuati gli obiettivi esecutivi dei quali occorre dare rappresentazione in termini di processo ed in termini di risultati attesi al fine di permettere:

a) La puntuale programmazione operativa;b) L’efficace governo delle attività gestionali e dei relativi tempi di

esecuzione;c) La chiara responsabilizzazione dei risultati effettivamente conseguiti.

Le risorse finanziarie assegnate per ogni programma definito nella sezione operativa del DUP sono destinate, insieme a quelle umane e materiali, ai Dirigenti per la realizzazione degli specifici obiettivi di ciascun programma.

Nel PEG le risorse finanziarie devono essere destinate agli specifici obiettivi facendo riferimento al quarto livello di classificazione del piano dei conti finanziario (capitoli, ed eventualmente articoli).

Gli “obiettivi di gestione” costituiscono il risultato atteso verso il quale indirizzare le attività e coordinare le risorse nella gestione dei processi di erogazione di un determinato servizio.Le attività devono necessariamente essere poste in termini di obiettivo e contenere una precisa e specifica indicazione circa il risultato da raggiungere.

La struttura del PEG deve essere predisposta in modo tale da rappresentare la struttura organizzativa dell’ente per centri di responsabilità individuando per

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ogni obiettivo o insieme di obiettivi appartenenti allo stesso programma un unico dirigente responsabile.In ogni caso la definizione degli obiettivi comporta un collegamento con il periodo triennale considerato del bilancio finanziario. In tale ambito, il PEG riflette anche la gestione dei residui attivi e passivi.

Gli obiettivi gestionali, per essere definiti, necessitano di un idoneo strumento di misurazione individuabile negli indicatori. Essi consistono in parametri gestionali considerati e definiti a preventivo, ma che poi dovranno trovare confronto con i dati desunti, a consuntivo, all’attività svolta.

Il PEG contribuisce alla veridicità ed attendibilità dalla parte previsionale del sistema di bilancio, poiché ne chiarisce e dettaglia i contenuti programmatici e contabili.

APPROVAZIONE DEL PEG

Il Direttore generale ed il Segretario comunale nelle ipotesi di cui all’articolo 108, comma 4, del testo unico degli enti locali, avvalendosi della collaborazione dei Dirigenti e dei Responsabili dei servizi, propongono all’Organo esecutivo il PEG per la sua definizione ed approvazione.

Il PEG deve essere approvato dalla Giunta contestualmente all’approvazione del bilancio di previsione. Per contestualmente si intende la prima seduta di giunta successiva all’approvazione del bilancio da parte del Consiglio.

OBBLIGATORIETA’ DEL PEG76

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Il PEG è uno strumento obbligatorio per le Provincie e per i Comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti. Per i restanti Comuni è facoltativo ma se ne auspica l’adozione anche in forma semplificata, in funzione della sua utilità ai fini della “delega a gestire”, essendo impensabile una delega di obiettivi gestionali ed assegnazione di risorse in forma orale.

2.6 - IL PIANO DETTAGLIATO DEGLI OBIETTIVI DI GESTIONE

Sostanzialmente il Piano Esecutivo è il documento attraverso il quale la Giunta assegna responsabilità gestionali ai propri Dirigenti e Responsabili dei servizi e consente il collegamento tra indirizzi strategici e quelli gestionali che vengono, poi, sottoposti ad una puntuale analisi nel PIANO DETTAGLIATO DEGLI OBIETTIVI – PDO (art. 197 c.2 T.U.E.L.) .

Infatti, il PEG e il PDO sono i documenti su cui, variamente secondo le dimensioni aziendali, si svolgerà il monitoraggio degli obiettivi assegnati facendo riferimento ai Centri di Responsabilità ed ai Centri di Costo.

A tal proposito, il Principio Contabile dell’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli Enti locali riguardante le fasi amministrative di programmazione e previsione nel sistema di Bilancio, argomenta che gli Obiettivi gestionali sono “le attività, le azioni, gli interventi individuati con il

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supporto degli Organi tecnici, come funzionali e diretti alla realizzazione di un risultato definito a livello previsionale (generalmente collegabile e finalizzato alla realizzato di un programma della Relazione Previsionale Programmatica).

Le attività devono necessariamente essere poste in termini di obiettivo e contenere una precisa ed esplicita indicazione circa il risultato da raggiungere. Quest’ultimo può essere espresso in termini di tempo, volume d’attività, costo, etc. oppure in termini qualitativi, ma devono risultare comunque verificabili e trovare un riscontro oggettivo.

…omissis…

Gli obiettivi gestionali presenti nel PEG hanno valenza annuale e, qualora si riferiscano ad azioni che si protraggano per periodi più lunghi devono essere riproposti nei vari anni e misurati correttamente nel loro stato di avanzamento.

…omissis…

Gli obiettivi gestionali, per essere definiti, necessitano di un idoneo strumento di misurazione individuabile negli indicatori. Essi consistono in parametri gestionali considerati e definiti a preventivo, ma che poi dovranno trovare confronto con i dati desunti a consuntivo, dall’attività svolta.

La loro individuazione è fondamentale per la concretezza del PEG, per la sua capacità di essere guida nei riguardi della struttura operativa, ma anche termine di raffronto a consuntivo, per favorire il buon andamento e assicurare nel contempo condizioni di trasparenza”.

Si sottolinea invece che le finalità assegnate al Piano Dettagliato sono rinvenibili:

nell’essere strumento di guida di tutta l’attività gestionale dell’ente attraverso la definizione operativa degli obiettivi e la loro comunicazione e divulgazione dell’ente;

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nel consentire la responsabilizzazione e motivazione del Personale attraverso l’individuazione degli obiettivi individuali, di gruppo e di carattere organizzativo; dal punto di vista tecnico della Programmazione l’Obiettivo gestionale rappresenta il risultato che deve essere raggiunto entro un determinato periodo di tempo dal Centro di Responsabilità, in relazione alla tipologia del risultato atteso gli obiettivi di gestione si possono suddividere in:- obiettivi di mantenimento: quando sono finalizzati a garantire

stabilmente le performance gestionali già in essere, in quanto considerate positivamente in relazione al livello delle risorse assegnate;

- obiettivi di miglioramento: quando sono finalizzati ad aumentare le performance gestionali (a livello di efficacia e/o di efficienza) in essere, oppure ottenute negli anni passati, rientrando in tale fattispecie l’innalzamento della qualità del servizio, oppure la diminuzione del costo unitario per prodotto o per utente da sostenersi a livello produttivo;

- obiettivi di sviluppo: quando sono finalizzati all’attivazione di un nuovo servizio, all’acquisizione di una nuova competenza, oppure alla modifica sostanziale del sistema di produzione ed erogazione dei servizi pubblici esistenti: si è in presenza di tale fattispecie in occasione della modifica delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali;

nell’essere strumento funzionale al Sistema di controllo dei fatti di gestione consentendo il “controllo concomitante” sullo stato di attuazione degli obiettivi, intervenendo positivamente sulle azioni in essere e la loro “rendicontazione” a fine periodo individuando i possibili scostamenti tra gli obiettivi assegnati ed i risultati conseguiti;

nel fare da supporto documentale al coordinamento organizzativo e temporale delle svariate attività assegnate alle Unità organizzative attraverso l’evidenziazione degli “obiettivi di gruppo” e delle “attività di supporto”, nella logica del “Fornitore di servizi” verso il “Cliente interno”.

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Riassumendo: il PEG rappresenta l’atto di indirizzo politico amministrativo sulla gestione, mentre il PDO ne è lo strumento gestionale analitico, utile per l’attività del controllo di gestione e strutturato in ossequio alle caratteristiche del sistema dei controlli interni attivati dal singolo Ente.

In conclusione si può affermare che in sede di Rendiconto il Servizio di Controllo di Gestione, potrà predisporre un Report sintetico sul grado di raggiungimento degli obiettivi gestionali sulla base delle informazioni inserite nel PEG, da allegarsi alla Relazione al Rendiconto della Gestione; mentre dovrà predisporre un Report analitico sulla base delle informazioni inserite nel PdO che sarà inviato al Sindaco, al Direttore Generale, al Segretario Generale, ai Dirigenti ed al Nucleo di Valutazione / Organismo Indipendente di Valutazione, consentendo l’attivazione della successiva e connessa fase di Valutazione delle Performance gestionali.

2.7 – IL SISTEMA DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE AZIENDALE

La Performance è il contributo (risultato e modalità di raggiungimento del risultato) che una entità (individuo, gruppo di individui, unità organizzativa, organizzazione, programma o politica pubblica) apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi ed, in ultima istanza , alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita.

Che cos’è la misurazione delle performance?

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Processo formalizzato, che mira ad ottenere ed esprimere informazioni descrittive riguardo alle proprietà di un oggetto (ad es. un processo, un’attività, un gruppo di persone).Il sistema di misurazione svolge le funzioni di acquisizione, analisi e rappresentazione di informazioni.

Un sistema di misurazione delle performance consiste :

1. Indicatori: strumenti che rendono possibile l’attività di acquisizione di informazioni. Gli indicatori devono essere legati agli obiettivi e devono puntare a generare risultati adeguati a questi obiettivi.

2. Target: il risultato che un soggetto si prefigge di ottenere, ovvero il valore desiderato in corrispondenza di un’attività o processo. Tipicamente questo valore è espresso in termini di livello di rendimento entro uno specifico intervallo temporale.

3. Struttura di supporto: sistema informatico/informativo e i soggetti che consentono che i dati siano acquisiti, confrontati, selezionati, analizzati, interpretati e diffusi.

Tipi di indicatori

(Input Processi Output (Soddisfazione utente) Outcome)

di Efficacia, di Efficienza, di Economicità

Esempi :

• relazione finale;81

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• schede elaborate;

• percentuale di cittadini che possono accedere al servizio;

• soddisfazione degli utenti.

LA MISURAZIONE E LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE ORGANIZZATIVA

ED INDIVIDUALE

Occorre innanzitutto sottolineare che la misurazione e la valutazione della performance non deve rappresentare un semplice adempimento burocratico, fine a sé stesso, ma la ricaduta interna ed esterna all’ente deve essere reale e tangibile.

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È l’art. 3 del D.Lgs. n. 150/2009 che, nell’ambito dei principi generali, ne afferma la validità solo se il sistema porterà un miglioramento della qualità dei servizi offerti e un accrescimento della professionalità dei dipendenti.

L’oggetto della valutazione

A specificare cosa debba essere valutato soccorre il primo comma dell’art. 7 del decreto legislativo 150 dove si legge che le pubbliche Amministrazioni valutano la performance organizzativa e quella individuale con periodicità annuale.Per la definizione di performance organizzativa si devono leggere in maniera combinata l’art. 3 e l’art. 8. Quest’ultimo, seppur non richiamato espressamente dall’art, 16 come applicabile agli enti locali (né come norma imperativa, né come norma di principio), risulta, quindi, seppur in via indiretta, interessare anche Comuni, Province e gli altri Enti territoriali, almeno come riferimento di valutazione. La performance organizzativa ha come obiettivo, spiega l’art. 3, l’ente nel suo insieme o parti omogenee di esso che il decreto definisce come unità organizzative o aree di responsabilità. Si possono, quindi, individuare due tipi di performance organizzativa: la prima riguarda l’intera area di amministrazione, mentre la seconda solo una parte di essa, alla quale, per la sue caratteristiche, saranno attribuiti i medesimi obiettivi. L’art. 8, invece, specifica gli ambiti nei quali la performance organizzativa si può spingere, che vanno dalle azioni mirate alla soddisfazione dei cittadini/utenti all’attuazione di piani e programmi, dalla qualità e quantità dei servizi erogati alla riduzione dei costi ed all’ottimizzazione dei tempi di resa dei servizi stessi.Per la performance individuale, invece, si fa riferimento all’art. 7 della riforma Brunetta, il quale suddivide il personale dipendente in due categorie: i Dirigenti e i Titolari di posizione organizzativa, da un lato, in quanto sono loro attribuite funzioni di direzione e coordinamento ed il restante Personale.

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Per la prima categoria di dipendenti, i fattori di valutazione sono quelli che, tradizionalmente, si possono riscontrare, vale a dire: obiettivi di gestione , che la norma specifica possano essere individuali,

oppure attribuiti alla struttura diretta dal dirigente o, infine, all’ente; in quest’ultimo caso sarà considerato l’apporto manageriale dato nel conseguimento della performance di tutta l’amministrazione, considerata nel suo complesso;

comportamento organizzativo , nel quale rilevano le competenze professionali e manageriali dimostrate (esempio: capacità di definire un clima lavorativo positivo in cui siano valorizzate le risorse umane, attitudine alla risoluzione di problemi, capacità di proporre soluzioni innovative);

a questi elementi, si aggiunge un terzo fattore, innovativo nel sistema, vale a dire la capacità di valutare i propri collaboratori: il Dirigente in particolare dimostrerà tale capacità se riuscirà a differenziare, secondo parametri comunicati e possibilmente condivisi, la valutazione dei dipendenti assegnati.

Non sussistono impedimenti ad individuare una serie di sotto-elementi per ciascun fattore, che possono portare a facilitare, il compito del valutatore. In questo ambito, un altro problema da risolvere è rappresentato dal peso che ciascuno dei tre fattori ha nell’ambito della valutazione complessiva. I fattori si possono diversificare, considerando che, in alcuni Enti, l’organo di indirizzo politico-amministrativo può voler valorizzare maggiormente gli obiettivi, in altri, per problemi di relazioni, può puntare maggiormente sul comportamento organizzativo. Si può arrivare a diversificare anche all’interno della medesima amministrazione, ritenendo alcuni settori più orientati verso gli obiettivi (quale può essere quello dei lavori pubblici), mentre in altri, essendo di supporto, risulta più rilevante il comportamento organizzativo (quale quello economico finanziario).

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L’introduzione di tale fattore di valutazione, poi, deve essere accompagnato dalla previsione di incontri periodici fra valutato e valutatore, nei quali si mettano in luce i punti di forza e di debolezza dell’azione del valutato, al fine di consentirgli, in corso d’opera di ripensare il proprio modo di agire e di comportarsi. Per il restante personale, non dirigente e non titolare di posizione organizzativa, gli elementi di valutazione sono rappresentati dagli obiettivi sia di carattere individuale, sia dall’apporto al raggiungimento degli obiettivi dell’unità organizzativa di appartenenza, che dal comportamento organizzativo, inteso quali competenze dimostrate e comportamenti professionali; naturalmente diversificando i pesi da attribuire ai singoli fattori.

I Soggetti della valutazione

Sono tre i soggetti individuati dall’art.7 del D.Lgs. n.150/2009: 1) la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’intergrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), ora Ministero della Funzione Pubblica ;2) l’Organismo indipendente di valutazione della performance (OIV);3) i Dirigenti.

Al Ministero sono demandati compiti di indirizzo e di coordinamento nella funzione di valutazione delle performance, che vengono concretizzati, attraverso deliberazioni e risposte a quesiti, nei quali si forniscono agli Enti e agli Organismi indipendenti per la valutazione, linee guida e chiarimenti sulle modalità di attivazione e implementazione del nuovo sistema di valutazione nelle singole amministrazioni. L’Organismo indipendente di valutazione della performance è disciplinato dall’art. 14 del D.Lgs n. 150/2009. Il suo compito principale può riassumersi nel sovraintendere all’applicazione dei sistema di valutazione all’interno della singola amministrazione, segnalando all’Organo di governo eventuali criticità. In quest’ottica è chiamato a validare la Relazione sulla performance e a

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proporre all’Organo di indirizzo politico-amministrativo la valutazione dei Dirigenti di vertice. È previsto in ogni amministrazione ed è formato da uno o più soggetti di comprovata esperienza nel campo del management e della valutazione del personale della pubblica Amministrazione. A supporto dell’attività dell’Organismo è prevista una struttura tecnica permanente, il cui responsabile deve possedere specifiche conoscenze nel campo della misurazione delle performance nella pubblica Amministrazione.Nell’ambito dell’auspicata collaborazione tra Commissione e gli Enti locali, è stato sottoscritto il protocollo fra Civit e Anci in data 16 settembre 2010, da cui sono scaturite Linee guida attinenti l’attuazione della Riforma, in particolare in ambito comunale. Individuati i soggetti, la nomina avviene da parte del Sindaco.Oltre ai compiti sopra descritti, la riforma Brunetta affida all’Organismo due compiti previsti dai D.Lgs. n. 286/1999 e fino ad oggi attribuiti a strutture interne all’Ente ed in particolare nell’indirizzo dei controlli interni e del controllo strategico.

Dalla lettura della norma, si può facilmente intuire quali siano le difficoltà che possano essere riscontrate in sede di svolgimento delle suddette funzioni soprattutto se si considera che i componenti dell’Organismo possono essere tutti soggetti esterni all’amministrazione.

Ultima, ma non meno importante, categoria che fa parte dei soggetti della valutazione è la Dirigenza. I soggetti appartenenti a tale categoria, da sempre, provvedono alla valutazione del personale assegnato alla struttura di cui sono a capo. In questo ambito non vengono citati, sempre nell’art. 7, i Titolari di posizione organizzativa, sebbene l’art. 9, al c. 1, lett. d), indica per tali soggetti, quale fattore di valutazione della performance individuale, la capacità di valutazione dei propri collaboratori.

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A tale proposito è opportuno che il Regolamento di organizzazione specifichi i rapporti tra i vari livelli gerarchici, quando a più di un livello è attribuito l’obbligo di valutare.

IL PROCESSO DI VALUTAZIONE

Si ritiene che il compito del Regolamento di organizzazione sia anche delineare tempi e modalità di articolazione del sistema di misurazione e valutazione della performance. A tale proposito si può pensare che il procedimento prenda inizio con la proposta dei Dirigenti di Obiettivi da concertare con l’Assessore competente, che discendono dalla Sezione Operativa del D.U.P. , ovvero scaturire dall’iniziativa del Dirigente stesso. Come richiesto da più parti del D.Lgs. n. 150/2009, l’obiettivo, per essere considerato tale, deve trovare la sua corrispondenza negli strumenti di programmazione economico-finanziaria, e deve presentare le caratteristiche indicate nel comma 2 dell’art. 5, che possono riassumersi in: rilevanti, chiari, concreti, misurabili e confrontabili.

Queste proposte vengono raccolte dall’Organo di vertice amministrativo, rappresentato dal Segretario generale, il quale li sottopone ad una prima analisi e, se ritiene necessario procedere a modifiche e integrazioni, ne concorda il contenuto con il Dirigente interessato. Viene così predisposta una bozza di Piano delle performance. Documento che, seppur non obbligatorio per gli Enti locali in quanto l’art. 10 non risulta applicabile ai Comuni e Province, se ne ritiene opportuna la sua redazione per una migliore strutturazione degli adempimenti previsti in tema di performance. La bozza di Piano viene, quindi trasmessa all’Organismo indipendente di valutazione per l’espressione del parere. Di seguito, il documento passa all’esame della Giunta comunale per l’approvazione e l’assegnazione degli obiettivi ai Dirigenti.

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Qualora la Giunta intenda modificare/integrare il Piano delle performance concorda le variazioni con il Dirigente di riferimento e con l’assenso del Segretario generale. Naturalmente è opportuno che queste tappe coincidano, temporalmente, con il periodo di discussione e approvazione dei documenti costituenti il Bilancio preventivo.La fase successiva è rappresentata dal monitoraggio in corso d’anno. È necessario definire nel regolamento i soggetti chiamati ad adempiere a questa fase e la periodicità con cui i monitoraggi vengono effettuati; dando atto che eventuali interventi correttivi del Piano delle performance, che possono rendersi necessari solo per fatti o eventi successivi al momento della prima redazione debbono essere approvati dalla Giunta.Alla fine dell’anno interessato i Dirigenti relazionano sul grado di raggiungimento degli obiettivi loro attribuiti. Detta relazione, contenente anche un’ipotesi di valutazione del comportamento organizzativo dei collaboratori, è validata dal Segretario generale e dall’Organismo indipendente di valutazione.

Il tutto viene inserito nella Relazione sulla performance, che viene sottoposta alla Giunta. Anche in questo caso, qualora questo Organo intervenga con modifiche, le stesse necessariamente andranno discusse con il Dirigente interessato, con il Segretario generale e con l’OIV.

La Giunta, poi, provvede all’approvazione della Relazione sulla performance ed a questo proposito il Regolamento di organizzazione deve specificare i tempi entro i quali gli Attori devono esprimersi, in modo di giungere all’approvazione della Relazione entro i primi mesi dell’anno; comunque, la Relazione sulle performance dovrà essere approvata entro la data in cui la Giunta decide la bozza di Relazione al Rendiconto della Gestione passata.

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Il Decreto 150 prevede che ogni fase del ciclo di gestione della performance sia assistita dalla massima trasparenza, con la messa a disposizione sul sito internet delle relative informazioni e decisioni .

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3.1 - GLI OBIETTIVI DELL’INFORMAZIONE AZIENDALE PUBBLICA – LA FUNZIONE DEL SISTEMA DEGLI INDICATORI

Nelle Aziende di servizi pubblici (Azienda definita nelle azioni/comportamenti, di rilevanza economica, dell’Istituto pubblico) si individuano congiuntamente alcune condizioni peculiari, quali: l’importanza della valutazione dei risultati per orientare la gestione prospettica dell’azienda, la difficoltà di misurare i risultati delle prestazioni delle unità operative.

Negli Istituti pubblici il linguaggio contabile, poi, non ha grande capacità espressiva verso la valutazione dei fatti di gestione. La mancanza delle categorie del fatturato e del reddito rendono impossibile trarre dal Bilancio di Previsione e dal Rendiconto indicazioni sulla positività e sulla economicità dell’ente pubblico.

Pertanto, il processo decisionale, che si sviluppa nelle Aziende di servizi pubblici, non può avvalersi, unicamente, di informazioni analitiche di tipo economico-finanziario ma anche delle rilevazioni di carattere extra contabile.

Lo strumento di rilevazione contabile dei fatti gestionali ed amministrativi di cui l’Ente pubblico tradizionalmente dispone è il sistema della contabilità finanziaria.In effetti la contabilità finanziaria garantisce in modo completo almeno quattro funzioni fondamentali, assolutamente indispensabili per assicurare la corretta amministrazione di un ente territoriale:

1) La possibilità di consentire una predeterminata allocazione delle risorse finanziarie da parte del massimo organo dell’Ente (Consiglio) tramite lo strumento del Bilancio di Previsione annuale e pluriennale (funzione autorizzatoria);

2) La capacità di consentire, nell’esplicazione dell’attività gestionale, l’utilizzo delle risorse mediante gli atti di accertamento di Entrata e di impegno di Spesa;

3) La possibilità di verificare il rapporto tra flussi finanziari in entrata ed in spesa, consentendo al Dirigente del Servizio finanziario di attestare la “copertura” delle spese;

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4) La possibilità di correlare i risultati della contabilità pubblica mediante una uniforme classificazione dei Bilanci finanziari e la determinazione di regole uniformi per una corretta imputazione dei flussi di competenza in Entrata ed Uscita.

La contabilità finanziaria corrisponde, in sintesi, ad esigenze di autorizzazione e controllo dell’azione amministrativa e contabile degli Enti pubblici territoriali. Necessità quindi che i valori espressione della competenza finanziaria siano integrati, con rilevazioni, in particolare ascrivibili alla Contabilità Analitica ed al Sistema degli Indicatori di Efficacia, Efficienza ed Economicità.

Infatti nell’Ente pubblico, mancando l’obiettivo del profitto, vanno ricercate le condizioni di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e gestionale attraverso indicazioni quali-quantitative che, non potendosi concentrare in un’unica “misura” (utile aziendale), vanno predeterminate costituendo il “modello al quale uniformare la propria attività.

In tale contesto, il Sistema della Pianificazione, della Programmazione, del Controllo e del connesso Sistema Informativo assume, dunque, il ruolo di “valore” aziendale non solo perché in grado razionalizzare i comportamenti di chi indirizza e guida la Gestione, ma perché dalla pianificazione, prima e dalla programmazione, poi, si origina il “modello” in grado di esprimere le “condizioni di economicità” dell’attività aziendale ed in quanto dal controllo si è in grado di verificare in quale misura le dette condizioni sono state rispettate (in buona sostanza se l’economicità perseguita, attraverso il sistema delle operazioni aziendali, si è anche trasferita in un’economicità realizzata,).

Ciò rende necessaria la presenza di strumenti di sintesi, quali gli Indicatori, al fine di misurare le operazioni di gestione e poter valutare le prestazioni dei diversi Responsabili.

Pertanto gli indicatori di economicità, di efficacia e di efficienza, che verranno elaborati per integrare i dati di Bilancio e della contabilità, costituiranno essi stessi parte del sistema complessivo dell’informazione aziendale.

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L’apprezzamento quindi dell’economicità dell’azienda pubblica, che è data dalla sua capacità di soddisfare le attese della collettività di riferimento, considerate legittime e ragionevoli in rapporto alle risorse disponibili ed al loro efficiente impiego (nelle dimensioni dell’efficacia e dell’efficienza), impone l’elaborazione di un sistema informativo ad hoc, fondamentalmente basato sulla misurazione dell’output, essendo allo scopo insufficienti le sintesi contabili di tipo meramente finanziario od economico.Gli indicatori aziendali, normalmente, sono rapporti fra due numeri, a volte non espressi in rapporti ma in valori assoluti, comunque misuratori di fenomeni aziendali, allo scopo di aumentare il valore segnaletico di dati quantitativi o di valore; possono avere per oggetto ogni processo di gestione e possono impiegare dati quantitativi o economici o finanziari, dati contabili o extracontabili, dati preventivi o consuntivi.

Gli indicatori possono derivare: da una rielaborazione dei dati, contenuti nel Bilancio o Rendiconto e da un processo di indagine volto ad individuare le varabili chiave di ciascuna Unità operativa, traducendole in parametri quali-quantitativi: sintetici, misurabili e negoziati con il Responsabile.

Da parecchi anni gli studiosi e gli esperti di management suggeriscono e tentano di implementare soluzioni idonee aventi l’obiettivo di creare un “sistema bilanciato e selettivo” di indicatori adatti a ciascun Centro di Responsabilità, aventi le seguenti caratteristiche:

- deve essere un “sistema” di indicatori, di cui se ne conoscano ed evidenzino i reciproci legami;

- il sistema deve essere in grado di presidiare in “modo bilanciato” esigenze aziendali differenti, come le seguenti:

i processi produttivi – erogativi, l’output ottenuto (beni e servizi), valutato a livello aziendale, il livello di gradimento dei risultati aziendali (outcome), data la domanda

di servizi, il profilo dell’efficienza aziendale,

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la misura della produttività e del rendimento aziendale a livello fattoriale e multifattoriale,

le misurazioni della gestione economica e finanziaria;

- il sistema degli indicatori deve essere “selettivo”, nel senso che gli indicatori che lo compongono devono essere solo quelli veramente rilevanti per guidare le scelte e valutare le performance; quindi un numero limitato di misure.

Importante, pertanto, costruire un “manuale operativo” che contenga: le unità operative responsabili, gli indicatori, eventualmente suddivisi per tipologie, la loro rispettiva periodicità, la fonte dei dati ed i tempi di reperimento.Vediamo ora come il sistema degli indicatori, tramite quozienti, può evidenziare i “valori” della gestione.

Con l’intento di esaminare i vari processi di carattere produttivo ed erogativo, vengono utilizzati indicatori di processo con cui si intendono prefigurare e, poi, monitorare il tempi di realizzazione delle singole fasi che consentono il raggiungimento dell’obiettivo di gestione, sapendo che le azioni da instaurare rappresentano l’analisi progettuale dell’attività da svolgere per attuare l’obiettivo.

In particolare, con tali indicatori si vuole giungere, utilizzando ad esempio il “Diagramma di Gantt”:

- ad uno schema esemplificativo dei processi derivanti dell’obiettivo di gestione;

- alle responsabilità connesse alle diverse fasi di avanzamento del progetto gestionale;

- alla definizione dei tempi di realizzazione dell’obiettivo preso in considerazione.

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Per efficacia: intendiamo il livello di raggiungimento degli obiettivi del sistema aziendale (produzione beni e servizi) in termini quantitativi e qualitativi.

Si possono calcolare diversi livelli di efficacia, al primo livello si lega un concetto di efficacia aziendale od interna che è dato dal valore dei quozienti costituito da:

unità di servizio prodotte consente valutazionisu “output”unità di servizio programmate

Naturalmente sarà possibile calcolare un valore dell’azione svolta prendendo in considerazione un singolo servizio - ramo aziendale, oppure un insieme omogeneo di comportamenti aziendali.

Al secondo livello di valutazione dell’output si individua una efficacia sociale od esterna che tiene conto della necessità e dei bisogni espressi e che è data dal confronto tra:

quantità e qualità del servizio effettivamente prestato consente valutazioni su

“outcome”domanda di servizio

Anche in questo caso sarà possibile calcolare il valore scaturente dal quoziente per uno o più servizi di tipo omogeneo.

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L’efficienza: è l’attitudine al raggiungimento di prefigurati risultati con il minimo impiego di mezzi, ovvero al raggiungimento dei massimi risultati dati i mezzi disponibili (principio del minimo-mezzo) – “minimo” e “massimo” determinati, aziendalmente, di tempo in tempo.

L’indicatore generale è dato dal rapporto:

input (risorse finanziarie, umane e strumentali) calcolato a livello

di singoli servizioutput (beni e servizi prodotti)

L’apprezzamento dell’efficienza potrà anche essere ricercato nell’ambito dei diversi servizi attraverso i rapporti tra uno o più input ed output di ciascun servizio:

- efficienza fattoriale:fattore A (es. risorse umane)

output specifico

- efficienza multifattoriale fattore A (es. risorse umane) + fattore B (es. risorse

strumentali)+ …output specifico

Misura la produttività / i rendimenti

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Quindi, per ECONOMICITA’ dell’Azienda Pubblica si considera la sua capacità di soddisfare le attese della collettività di riferimento, in rapporto alle risorse disponibili ed al loro efficiente impiego; quindi con il contestale raggiungimento dei livelli desiderati di efficacia e di efficienza.

Inoltre, per i servizi con controprestazione, l’economicità può anche essere concepita, rispettivamente nell’ottica della competenza economica e della competenza finanziaria, quale rapporto fra:

I quozienti finanziari sono tratti dalla rielaborazione di dati offerti dalle sintesi contabili di periodo (Bilancio di Previsione, Rendiconto), essi costituiscono strumenti interpretativi che articolano e precisano la conoscenza degli aspetti finanziari delle aziende pubbliche composte.

Si identificano:- gli indicatori di struttura finanziaria che riguardano la composizione delle

entrate e delle uscite ed i loro rapporti di equilibrio.Ai fini dell’apprezzamento del livello di autonomia finanziaria dell’Ente pubblico si rapportano:

entrate proprieentrate totali

ricavi

costi

risorse finanziarie acquisite

risorse finanziare impiegate

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Con riguardo agli investimenti si elabora l’indice di autofinanziamento e poi quello di indebitamento:

entrate da autofinanziamentoentrate totali per investimenti

entrate da mutui e prestitientrate totali per investimenti

- Gli indicatori di gestione finanziaria che prendono in considerazione l’iter della gestione finanziaria nelle fasi di previsione, accertamento / impegno, riscossione / pagamento delle entrate e delle uscite.

Per evidenziare, ad esempio, il grado di realizzazione delle entrate e delle spese si utilizzano i rapporti:

entrate accertateprevisioni finali entrata

spese impegnateprevisioni finali spesa

pagamentiimpegni di spesa

riscossioniaccertamenti di entrata

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3.2 – LA RILEVAZIONE DELLA SITUAZIONE DI DEFICITARIETA’ STRUTTURALE

Numerose sono le categorie di Parametri ed Indicatori usati relativi agli enti locali.Detti parametri ed indicatori si possono distinguere in:

- parametri di decifitarietà strutturale che sono fissati, ogni triennio, con decreto del Ministero dell’Interno ai sensi dell’art. 242, comma 2 del T.U.E.L.;

- indicatori finanziari relativi all’entrata, alla spesa ed al patrimonio;

- indicatori di efficacia ed efficienza relativi ai servizi svolti dagli Enti Locali.

I parametri di deficitarietà strutturale rappresentano veri e propri requisiti minimali relativi alla gestione in equilibrio dell’ente; si tratta, in effetti, di valori al di sotto dei quali l’ente può presentare situazioni di squilibrio finanziario ed amministrativo.

Art. 242 T.U.E.L. – Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli

Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli Enti Locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deifici tari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio precedente quello di riferimento. Con Decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza Stato – Città ed Autonomie locali, da emanare entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo, i parametri obiettivi, determinati con riferimento ad un calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell’ultimo triennio disponibile, nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui al comma 1.

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Fino alla fissazione di nuovi parametri triennali si applicano quelli vigenti per il triennio precedente.

TUEL ARTICOLO 244 TUEL – DISSESTO FINANZIARIO

1. Si ha stato di dissesto finanziario se l’Ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’Ente Locale, crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193, nonché con le modalità di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste.

TUEL ARTICOLO 246 – DELIBERAZIONI DI DISSESTO

1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal Consiglio dell’Ente Locale nelle ipotesi di cui all’art. 244 e valuta le cause che hanno determinato lo stato di dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico-finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto finanziario.

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3.3 – IL PIANO DEGLI INDICATORI DI BILANCIO E DEI RISULTATI ATTESI

La normativa attuativa del Dlgs 23/06/2011 n. 118, della Riforma della Contabilità e di Bilancio, prevede che al fine di illustrare gli obiettivi della gestione, misurarne i risultati e monitorarne l’effettivo andamento in termini di servizi forniti e di interventi realizzati, gli Enti presentino un documento denominato “Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio” il quale:

a) in riferimento al contenuto di ciascun programma e agli obiettivi individuati nei documenti di programmazione dell’ente esponga informazioni sintetiche relative ai principali obiettivi da realizzare con riferimento agli stessi programmi del bilancio per il triennio della programmazione ed individui gli indicatori, utili per quantificare tali obiettivi, nonché consenta la misurazione annuale per monitorare e rendicontare i risultati conseguiti;

b) sia parte integrante dei documenti di programmazione e di bilancio di ciascuna amministrazione pubblica locale e venga divulgato anche attraverso pubblicazione sul Sito internet istituzionale dell’amministrazione stessa nella sezione "Amministrazione trasparente", accessibile dalla pagina principale;

c) sia coerente e si raccordi al sistema di obiettivi e indicatori adottati da ciascuna amministrazione ai sensi del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Il decreto esplicita che il Piano deve far riferimento “alle finalità” perseguite dai programmi del bilancio e, in particolare, al livello, alla quantità e alla qualità dei servizi erogati, ovvero all’impatto che i programmi di spesa intendono produrre sulla collettività, sul sistema economico e sul contesto di riferimento. Ciascuna finalità è caratterizzata da uno o più obiettivi significativi che concorrono alla sua realizzazione.

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Alla fine di ciascun esercizio finanziario al Rendiconto della gestione sarà allegato il Piano dei risultati con le risultanze osservate in termini di raggiungimento dei risultati attesi e le motivazioni degli eventuali scostamenti. L’analisi dei risultati conseguiti e le motivazioni degli eventuali scostamenti verranno inserite nella Relazione al rendiconto della Giunta.

Il sistema informativo aziendale pertanto potrà essere scomposto in quattro sotto - sistemi:

1) il sotto - sistema della contabilità finanziaria e di cassa;2) il sotto - sistema della contabilità economico-patrimoniale e analitica;3) il sotto - sistema degli indicatori contabili;4) il sotto - sistema degli indicatori extracontabili.

I primi due formano il «sistema della contabilità», il terzo e il quarto costituiscono il «sistema degli indicatori».Il sotto - sistema degli indicatori contabili fornisce una rappresentazione maggiormente intelligibile delle operazioni aziendali indagabili attraverso il sistema di contabilità.Il sotto - sistema degli indicatori extracontabili fornisce informazioni aggiuntive circa tutti quegli aspetti che non sono rilevati contabilmente ma che, specie nelle amministrazioni pubbliche, sono indispensabili per valutare il grado di efficienza ed efficacia.In base alle loro caratteristiche, gli indicatori contabili ed extracontabili possono essere ulteriormente suddivisi in:

i n d i c ato r i c on t ab i l i :1) finanziari:a) di composizione delle entrate; b) di composizione delle spese; c) di correlazione fra entrate e spese; d) di gestione nelle fasi del bilancio;2) patrimoniali;

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3) di equilibrio economico.i n d i c ato r i e x t r a c on t a b i l i :

1) di efficacia interna ed esterna;2) di efficienza.

Il Piano degli indicatori deve integrarsi poi e risultare coerente con il Sistema di misurazione e valutazione delle performance previsto dal D.Lgs. 150/2009.

Pertanto in accordo con le disposizioni di cui al citato Decreto Legislativo 150, l’Amministrazione dovrà adottare, in coerenza con i contenuti ed il ciclo di programmazione finanziaria e di bilancio, un Documento programmatico che individui gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e definisca, con riferimento agli obiettivi intermedi e finali ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione delle performance dell’Amministrazione.

All’interno del piano vanno inseriti, in seguito, secondo le linee d’azione che si intendono attuare, gli obiettivi di mantenimento e gli obiettivi di sviluppo – innovazione, sulla base delle risorse necessarie determinate nella parte contabile del P.E.G.

Si sottolinea infatti che uno degli aspetti più innovativi della cosiddetta riforma Brunetta del 2009 è costituito dalla previsione di un Sistema di programmazione e controllo trasparente ed efficace, idoneo a misurare e valutare la “performance organizzativa” delle Pubbliche amministrazioni, finalizzandola ad elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni esercitate e dei servizi resi.

In sintesi il Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa, prefigurato nel Decreto 150/2009, indirizza le pubbliche amministrazioni locali nel porre l’accento sui risultati conseguiti, definendo gli obiettivi in modo specifico e chiaro rispetto ai bisogni da soddisfare della collettività, associandoli ad indicatori attinenti ai valori programmati, sfidanti e non autoreferenziali, espressi in documenti accessibili e conoscibili all’esterno dell’Ente. Indica inoltre di sottoporre gli obiettivi ed i loro target ad un continuo monitoraggio, in modo da individuarli come supporto ai processi decisionali e quali segnalatori di cambiamenti organizzativi.

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Si rammenta, infine, che le Fasi del ciclo di gestione devono prevedere:

1. Definizione e comunicazione degli obiettivi e dei rispettivi indicatori e valori – target di riferimento;

2. Collegamento tra gli obiettivi e le risorse finanziarie, strumentali ed umane;

3. Monitoraggio durante l’esercizio ed attivazione di possibili interventi correttivi;

4. Misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale;

5. Utilizzo dei sistemi premiali, secondo logiche meritocratiche;

6. Rendicontazione dei risultati ai cittadini, ai soggetti comunque interessati – portatori di interesse, agli utenti dei servizi ed ai competenti organi di controllo interni ed esterni.

In effetti la creazione di “valore pubblico” in condizioni di economicità significa, per l’Ente locale, ottimizzare le performance e, in ultima analisi, affermare il proprio risultato sul piano amministrativo e gestionale ed, in tal senso legittimare, la propria ragione d’essere.

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Il Piano degli indicatori e dei risultati attesi

Contestualmente all’approvazione del Bilancio e del Consuntivo si approva il Piano

Per ciascun programma

In coerenza con piano

performance

Con indicatori per misurare gli obiettivi

Essendo parte integrante

degli strumenti

programmatoPubblicato sul sito Internet dell’Ente nella

Sezione “Amministrazione

Trasparente ”105

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Il Piano degli indicatori di bilancio: requisiti minimi

Per ciascun programma del D.U.P., il Piano fornisce: Una descrizione sintetica degli obiettivi sottostanti che consente di

individuare i potenziali destinatari o beneficiari del servizio / intervento e la sua significatività;

Il triennio di riferimento o l’eventuale arco temporale previsto per la sua realizzazione;

Uno o più indicatori che consentono di misurare l’obiettivo e monitorare la sua realizzazione.

Per ciascun indicatore, il Piano fornisce: Una definizione tecnica che consenta di specificare ciò che l’indicatore

misura e l’unità di misura di riferimento; Il metodo o la formula applicata per il calcolo dell’indicatore; Il valore “obiettivo” ossia il risultato atteso dell’indicatore con riferimento

alla tempistica di realizzazione; La fonte del dato, ossia il sistema informativo interno, la rilevazione

esterna o l’istituzione dalla quale si ricavano le informazioni necessarie al calcolo dell’indicatore e che consente di verificarne la misurazione;

L’ultimo valore effettivamente osservato dell’indicatore.

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Raccordo tra strumenti di programmazione

Atti programmatori della gestione

+ =

PIANO INDICATORI

PIANO DEGLI OBIETTIVI

PIANO PERFORMANC

E

obiettivirisorse finanziarie

risorse strumentali

risorse umane

P.E.G. -nuova struttura

-arco triennale

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4.1 - LA RENDICONTAZIONE OVVERO IL SISTEMA DELLE RILEVAZIONI CONSUNTIVE DEGLI ENTI LOCALI

Ogni azienda ed anche quella pubblica fornisce dimostrazione dei risultati riguardanti la propria gestione nel periodo amministrativo preso a riferimento, normalmente l’anno solare attraverso la rendicontazione, non unicamente circoscritta ai soli aspetti rilevabili attraverso il sistema contabile adottato.

Poiché la gestione svolta dall’Ente locale presenta contenuti di complessità che non possono essere esplicitati unicamente attraverso il ricorso a misurazioni contabili, il rendiconto, nell’insieme dei suoi atti previsti, dovrà offrire una rappresentazione articolata delle operazioni intraprese. Ne rileva che le finalità informative minimali del Rendiconto saranno quelle di rendere conto dei fatti e degli atti della gestione e quindi di fornire informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sull’andamento economico e sui flussi finanziari generati.

Scopi generali della comunicazione relativa alla gestione svolta, quindi, devono essere quelli di fornire informazioni utili per evidenziare la responsabilità dell’Ente per le risorse ad esso affidate e per adottare decisioni utili in futuro, fornendo informazioni:

sull’allocazione dei mezzi finanziari e su come l’ente ha adempiuto agli impegni ed ha fatto fronte al fabbisogno finanziario e di cassa;

sull’indicazione inerenti le risorse ottenute in conformità alle “autorizzazioni” inserite nel Bilancio di Previsione;

sulla comprensione dell’andamento gestionale in termini di costi dei servizi resi e nei profili dell’efficacia, efficienza ed economicità gestionale.

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Stabilisce l’art. 2 del D. Lgs. 23/06/2011, n. 118, coordinato con il D. Lgs. 10/08/2014, n. 126 che “le Regioni e gli enti locali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 adottano la contabilità finanziaria cui affiancano, ai fini conoscitivi, un sistema di contabilità economico patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria, sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico patrimoniale”.La contabilità a base economico – patrimoniale non sostituisce la contabilità finanziaria , in quanto la stessa resta il sistema contabile principale e fondamentale degli enti locali a fini autorizzatori e di rendicontazione della gestione.

Peraltro la riforma prevede che la contabilità finanziaria e la contabilità economico patrimoniale si integrino, costituendo un sistema di rilevazione contabile unitario attraverso il quale:

rilevare, nel corso del periodo amministrativo, in modo contestuale e simultaneo le variazioni finanziarie, economiche e patrimoniali che sono conseguenti all’effettivo manifestarsi dei fatti di gestione esterna con terze economie;

dare conto della situazione finanziaria, economica e patrimoniale al termine di ogni periodo amministrativo.

Va notato quindi che i sistemi di rilevazione e rendicontazione contabile cambiano quando mutano gli obiettivi conoscitivi e le aspettative informative che a loro volta sono legate alle modificate condizioni dell’ambiente economico e sociale di riferimento.Dovendo soddisfare le esigenze conoscitive di una comunità amministrata che progressivamente diventa loro prima finanziatrice, la legge richiede agli enti locali di adeguare i sistemi di rilevazione e rendicontazione contabile al fine di consentire una attendibile valutazione del rapporto fra risultati conseguiti e risorse impiegate.

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Da questo quadro generale di riferimento sono scaturite esigenze comportamentali quali:

ampliare l’area del “rendere conto” ed accrescere la trasparenza dei risultati economici dell’attività degli enti locali;

dare conto dell’effettivo uso delle risorse pubbliche; giungere ad una valutazione attendibile del patrimonio per

favorirne un più efficace, trasparente ed economico utilizzo; quantificare in modo appropriato e controllare il debito pubblico; rendere possibile la predisposizione del bilancio consolidato di

ciascun ente locale con le proprie società, enti ed organismi strumentali;

avere a disposizione una base informativa adeguata ed atta ad alimentare la contabilità direzionale, in particolare quella dei costi e ciò al fine di supportare il processo decisionale, i sistemi di controllo interno della gestione ed i sistemi incentivanti, misurando nel contempo i costi della produzione dei beni e servizi pubblici.

In effetti conoscere l’ammontare dei costi di produzione dei servizi costituisce il presupposto informativo per determinare ed accrescere il livello di efficienza nell’uso delle risorse disponibili e per fare fronte ad una domanda di servizi pubblici crescente e differenziata che si accompagna ad una riduzione tendenziale delle risorse pubbliche.

In sostanza il cambiamento delle regole contabili può interpretarsi come uno degli effetti delle modifiche dei concetti di risultato, responsabilità e controllo del rapporto fra collettività amministrata ed enti locali, oltre che fra questi ultimi e gli alti livelli di governo.

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Risiede in questo motivo il fatto che pur fondandosi sulla predisposizione di piani e programmi che prefigurano un insieme di bisogni da soddisfare, acquisizione di risorse, produzione e rilevazione di risultati, sia caratteristica propria dell’attività amministrativa pubblica, la costante verifica fra risultato realizzato ed obiettivo prefigurato, alla ricerca costante della migliore combinazione fra risorse impiegate e valore pubblico prodotto, in termini di capacità di soddisfare i bisogni delle comunità locali di riferimento.

Pertanto, date queste premesse, il Rendiconto che si inserisce nel complessivo Sistema di Bilancio dovrà fornire informazioni anche sui Programmi realizzati, in corso di realizzazione e tralasciati nell’esercizio finanziario concluso, e sull’andamento finanziario economico e patrimoniale dell’Ente. In questa ottica e nel profilo amministrativo il rendiconto consentirà l’esercizio del controllo da parte del Consiglio nei confronti dell’operato della Giunta, nell’esercizio delle prerogative di indirizzo e controllo attribuite per l’ordinamento a tale organo.Nel profilo poi tecnico – contabile, il Rendiconto dovrà consentire di verificare l’ambito autorizzatorio attribuito al Sistema di bilancio , la situazione economica e l’equilibrio economico a valere nel tempo ed infine la situazione patrimoniale e finanziaria dell’Ente, evidenziando i mutamenti che tale situazione subisce in relazione agli indirizzi amministrativi ed agli andamenti gestionali programmati dall’Ente.

Nel complesso il rendiconto dovrà fornire informazioni di carattere economico, finanziario e patrimoniale, dando evidenza nel contempo ai risultati socialmente rilevanti prodotti dall’Ente. Nel profilo pertanto dell’accountability, a questo riguardo, assume ruolo fondamentale la Relazione al rendiconto della gestione che oltre a fornire informazioni e valutazioni sull’andamento economico, finanziario e patrimoniale

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dell’Ente, dovrà consentire di valutare l’impatto delle politiche adottate dall’Ente e sui servizi resi in funzione dei bisogni da soddisfare e del benessere sociale.Affinchè sia possibile fornire le informazioni indicate vi sarà la necessità che nel rendiconto sia presente una informativa supplementare (Nota Integrativa) che faciliti la comprensione della struttura contabile indicata dal Legislatore; tale informativa potrà essere utilmente normata nell’ambito del Regolamento di Contabilità dell’Ente e potrà essere parte integrante della Relazione al rendiconto di gestione.In tal modo, tramite i contenuti della relazione, sarà possibile dare atto dell’osservanza dei contenuti previsti nei Principi contabili ed in particolare dell’attendibilità dell’informazione fornita, intesa quale rappresentazione fedele delle operazioni e degli eventi che si intendono rappresentare e dimostrare nel Rendiconto della gestione.Nel contempo dovrà essere attestata la congruità e l’attendibilità delle entrate e delle spese di competenza ed anche l’esigibilità dei residui attivi e la concretezza degli stanziamenti mantenuti a Residui Passivi.

Ancora dovrà essere fornita adeguata informazione sulle ragioni che hanno determinato l’esigenza di approvare le variazioni al bilancio, in corso d’esercizio.Infine dovrà essere correttamente interpretato il “principio di prudenza” che dovrà tradursi, nell’ambito del rendiconto, in comportamenti secondo i quali i proventi non certi dovranno essere conteggiati, mentre le spese dovranno essere analizzate ed evidenziate nella loro totalità.

Naturalmente nell’ambito della concretizzazione dei contenuti dell’insieme degli atti costituenti la rendicontazione sarà necessaria la partecipazione attiva dei Responsabili dei servizi concorrendo, nel

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loro ambito di responsabilizzazione alla identificazione e stesura di parametri ed indicatori relativi al caso di efficacia efficienza ed economicità raggiunto dalle singole gestioni. Ed anche dando corso alle certificazioni ed attestazioni richieste dalle leggi in vigore tra le quali in ordine di importanza rileva il rispetto dei vincoli stabiliti dal “Patto di Stabilità interno”.

Peraltro, le risultanze del Rendiconto non hanno unicamente la funzione di consentire un controllo susseguente, servendo a determinare il Risultato di amministrazione, ma anche quello di fornire informazioni indispensabili per alimentare il processo di pianificazione, programmazione e di indirizzo gestionale che si estrinseca nell’approvazione dei contenuti del Documento Unico di Programmazione, del bilancio di previsione e del Piano Esecutivo di Gestione.Il Rendiconto della Gestione si compone di tre documenti contabili:

- Conto del Bilancio ;- Stato patrimoniale ;- Conto economico ;

e della Relazione sulla Gestione, ivi comprese le informazioni scaturenti dalla nota integrativa.

Al Rendiconto della gestione sono allegati: - il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione;

- il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi del fondo pluriennale vincolato;

- il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;

- il prospetto degli accertamenti per titoli, tipologie e categorie;

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- la tabella dimostrativa degli accertamenti assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi;

- la tabella dimostrativa degli impegni assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti, imputati agli esercizi successivi;

- il prospetto rappresentativo dei costi sostenuti per missione;

- l’elenco dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori a quello di competenza, distintamente per esercizio di provenienza e per capitolo;

- l’elenco dei crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione;

- il piano degli indicatori di bilancio e dei risultati attesi , approvato con Decreto del Ministero dell’Interno del 22 dicembre 2015;

- i parametri di deficitarietà strutturale;

- la Relazione del Collegio dei revisori dei conti.

Si sottolinea infine che le amministrazioni pubbliche debbono redigere anche un Rendiconto semplificato per il cittadino, da divulgare sul proprio sito internet e recante un esposizione sintetica dei dati di bilancio con evidenziazione delle risorse finanziarie, umane e strumentali utilizzate dall’ente nel perseguimento delle finalità istituzionali, dei risultati conseguiti con riferimento al livello di copertura ed alla qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini.

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4.2 - IL CONTO DEL BILANCIO

Il Conto del Bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel Bilancio di previsione annuale e rispetto agli stanziamenti della gestione di Competenza e Residui.

Lo schema e la struttura del Conto di Bilancio è stata fissata, in modo uniforme per tutti gli Enti, al fine di rendere confrontabili le varie gestioni e di rendere aggregabili le quantità scaturenti dalle stesse.

Con il Conto del Bilancio viene data dimostrazione della gestione di entrata e di spesa analizzandoli, rispettivamente, in Accertamenti, Riscossioni, Impegni e Pagamenti.

Il Conto del Bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:

a) per l’entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;

b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare e di quella impegnata con imputazione agli esercizi successivi rappresentata dal Fondo Pluriennale Vincolato.

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In occasione della determinazione nel Conto del bilancio dei Residui attivi e passivi, l’Ente deve provvedere all’operazione di verifica degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto o in parte delle somme a suo tempo accertate ed impegnate.

Il Conto del Bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di Gestione (competenza finanziaria e cassa) e con quello contabile di Amministrazione (cassa, competenza finanziaria e residui), in termini di Avanzo, Pareggio o Disavanzo.

4.3 - LA SEZIONE ECONOMICA E PATRIMONIALE DEL RENDICONTO

Tra gli istituti introdotti dall’attuale ordinamento finanziario e contabile, sicuramente una posizione di rilievo è stata riservata alla contabilità economico-patrimoniale. Infatti, con la richiesta della determinazione dei risultati della gestione secondo competenza economica, il legislatore contabile ha inteso superare i limiti informativi della contabilità finanziaria, affiancandole la conoscenza economica dei fatti aziendali. Inoltre, i documenti da predisporre, sono l’ulteriore dimostrazione del tentativo di avvicinamento da parte del legislatore amministrativo alla normativa delle società, delle quali, infatti, ricalcano gli schemi del codice civile.L’analogia utilizzata dal legislatore nell’estendere le norme civilistiche in materia di bilancio nella definizione degli schemi del conto economico e del conto del patrimonio, quindi, nella formulazione dei criteri di valutazione per gli enti locali, consente di ritenere applicabili anche altri articoli del codice civile per colmare gli spazi lasciati aperti, dal d. lgs. n. 267/2000. Ne consegue che dovendo consentire un confronto spaziale e temporale, così come il bilancio delle società, anche i prospetti degli enti pubblici sono prefigurati nei loro schemi.

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Si sottolinea che la Contabilità a base economico patrimoniale consente la predisposizione congiunta periodica ed a fine esercizio: dello Stato Patrimoniale nel quale è fornita la rappresentazione in termini

monetari della composizione quali-quantitativa del patrimonio di funzionamento dell’ente locale, ovvero degli elementi attivi, passivi e, per differenza algebrica fra loro, del patrimonio netto;

del Conto Economico nel quale è fornita la rappresentazione in termini monetari delle “unità economiche” acquisite ed impiegate nel corso dell’esercizio, ovvero le cause positive (proventi e ricavi di esercizio) e negative (costi ed oneri di esercizio) che hanno portato alla determinazione periodica del risultato economico di esercizio (avanzo economico, disavanzo economico o perdita di esercizio), cioè, della variazione subita dal patrimonio netto.

Fra gli ulteriori scopi della Contabilità economica e patrimoniale, ci si limita a ricordare vi è pure l’elaborazione del bilancio consolidato di ciascuna amministrazione pubblica territoriale, locale, con i propri enti ed organismi strumentali, aziende e società.

4.4 - IL CONTO ECONOMICO

Il conto economico è il documento, disciplinato dall’art. 229 del testo unico, di cui si compone il rendiconto per la lettura della situazione economica dell’ente locale.Così come per il conto del patrimonio, lo schema del conto economico ricalca la struttura del modello previsto dall’art. 2425 c.c. per le società. Rispetto al documento civilistico, però, lo schema del conto economico, contiene il piano dei conti e voci con differente denominazione al fine di riflettere l’informazione economica dell’ente locale.

Il documento presenta una riclassificazione per natura delle componenti economiche del risultato di esercizio. Il conto economico è a forma scalare ed evidenzia una successione di risultati (risultato della gestione, risultato operativo e risultato economico dell’esercizio) conseguenti alla differenza tra ricavi/proventi ed i costi/oneri,

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rispettivamente conseguiti e sostenuti nell’esercizio, per area di gestione (area operativa, area finanziaria ed area straordinaria).

I risultati intermedi evidenziano le seguenti informazioni:

a) la gestione operativa è costituita dalle operazioni che si manifestano in via continuativa nel corso dei diversi esercizi e che evidenzia i proventi ed i costi che qualificano e identificano la parte peculiare e distintiva dell’attività dell’ente (gestione tipica o caratteristica); la gestione operativa è anche comprensiva della gestione immobiliare e dei proventi ed oneri della gestione delle aziende speciali e partecipate (gestione accessoria);b) la gestione finanziaria ai fini dello schema di conto economico è rappresentata da interessi attivi e passivi e da altri proventi ed oneri di natura finanziaria;c) la gestione straordinaria è costituita da proventi ed oneri che hanno natura non ricorrente (plusvalenze e minusvalenze), o di competenza economica di esercizi precedenti (sopravvenienze attive e passive), o derivanti da modifiche alla situazione patrimoniale (insussistenze attive e passive).

Il risultato economico dell’esercizio infatti, esprime la contrapposizione tra costi/oneri sostenuti (fattori consumati) per l’assolvimento dei servizi alla collettività ed i ricavi/proventi che ad essi conseguono (principio della competenza economica).

Pertanto, un avanzo di amministrazione ed un utile d’esercizio indicano, rispettivamente che l’ente finanziariamente ha incamerato più risorse di quante ne fossero necessarie per lo svolgimento della gestione, mentre economicamente il risultato positivo esprime un minor uso dei fattori produttivi rispetto alle risorse economiche disponibili e misurate dai ricavi/proventi dell’esercizio.

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Diversamente la presenza di un disavanzo di amministrazione e di una perdita di esercizio misura finanziariamente di quanto l’ente si è indebitato rispetto a ciò che gli consentiva la propria capacità finanziaria, mentre economicamente che sono stati consumati più fattori economici rispetto a quelli integrati dai ricavi/proventi conseguiti nel periodo amministrativo considerato.

Inoltre va rammentato che il principio contabile n. 3 dell’Osservatorio intende incentivare la suddivisione dei valori di costo in specifici Centri di costo per consentire l’analisi dell’efficienza ed il calcolo dei relativi indicatori gestionali da allegare al Conto del bilancio.Quindi i conti economici analitici per servizio, per prodotto, per attività, per unità organizzativa, devono essere compilati e resi indispensabili per misurare ed interpretare correttamente singole gestioni aziendali .

4.5 - LO STATO PATRIMONIALE E L’INVENTARIO

Lo Stato Patrimoniale rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine dell’esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale, per effetto della gestione.

Il patrimonio degli Enti locali è costituito dal complesso di beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun Ente, suscettibile di valutazione e attraverso la cui rappresentazione contabile e il relativo risultato finale differenziale è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.Gli enti locali includono poi, nello stato patrimoniale, i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni previste dal codice civile.

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Gli enti locali infine nello stato patrimoniale valutano i beni del patrimonio e del demanio, comprensivi delle manutenzioni straordinarie, secondo le modalità previste dal Principio applicato della contabilità economico patrimoniale, previsto dal decreto legislativo 118/2011 e successive modificazioni.

L’Inventario, invece, è un documento che racchiude e rappresenta i singoli elementi giuridici e di fatto, sia attivi che passivi, dei quali sia titolare l’Ente.Caratteristica dell’Inventario è quella di esporre in forma descrittiva e, nei casi previsti, valutativa i beni dell’Ente nel suo continuo divenire.

L’inventariazione è quel complesso di operazioni di ricerca, interpretazione, rilevazione, valutazione e scritturazione degli elementi del patrimonio di un Ente ad una certa data.

La procedura di formazione degli Inventari passa attraverso diverse fasi:

1) ricognizione che è l’operazione attraverso la quale si accerta, mediante l’indagine materiale o l’esame di scritture e documenti, l’esistenza dei vari elementi patrimoniali;

2) classificazione , consistente nel raggruppamento degli elementi patrimoniali in classi o categorie;

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3) descrizione , che consiste nell’indicazione dei singoli beni che costituiscono il patrimonio;

4) valutazione che è l’operazione con la quale si attribuisce ai singoli beni, individuati, classificati e descritti, una misura monetaria.

4.6 - LA RELAZIONE AL RENDICONTO GENERALE

L’ordinamento contabile, fissato dal D. Lgs. 118/2011, modificato ed integrato dal D. Lgs. 126/2014, prevede , unicamente , indicazioni nella redazione della Relazione da allegare al Rendiconto, sul piano della struttura.Secondo la normativa, la finalità informativa della Relazione è quella di fornire indicazioni esplicative ed integrative dei dati contabili presenti nei documenti costituenti il Rendiconto in considerazione della loro natura contabile e sintetica.

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Il contenuto del Referto, secondo il Legislatore, deve: esprimere le valutazioni in ordine all’efficacia dell’azione

condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti;

analizzare gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni finanziarie;

motivare le cause che li hanno determinati; evidenziare i criteri di valutazione del patrimonio e delle

componenti economiche.

Si sottolinea che la normativa contenuta nella riforma contabile ed anche dall’osservatorio per la finanza e la contabilità negli enti locali attribuisce alla Relazione anche la funzione tipica della Nota Integrativa, facendone conseguire che deve comprendere tutte le informazioni di natura tecnico-contabile.

In particolare la Relazione si deve soffermare:I. sui criteri di valutazione utilizzati;

II. sulle principali voci del conto del bilancio;

III. sulle principali variazioni alle previsioni finanziarie intervenute in corso d’anno;

IV. sull’elenco analitico delle quote vincolate ed accantonate del risultato di amministrazione al 31 dicembre dell’esercizio precedente;

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V. sulle ragioni della persistenza dei residui con anzianità superiore ai cinque anni, di maggiore consistenza;

VI. sull’elenco delle movimentazioni effettuate nel corso dell’esercizio sui capitoli di entrata e di spesa riguardanti l’anticipazione di cassa;

VII. sull’indicazione dei propri enti ed organismi strumentali, con l’indicazione che i relativi rendiconti ed i bilanci di esercizio sono consultabili sul proprio sito internet, dando conto delle partecipazioni dirette possedute con l’indicazione della relativa quota percentuale;

VIII. sugli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci coi propri enti strumentali e le proprie società controllate e partecipate;

IX. sugli oneri e gli impegni sostenuti, derivanti dai contratti relativi a strumenti finanziari derivati;

X. sull’elenco delle garanzie principali o sussidiarie, prestate dall’ente a favore di enti e di altri soggetti ai sensi delle leggi vigenti;

XI. sull’elenco descrittivo dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare dell’ente alla data di chiusura dell’esercizio cui il conto si riferisce, con indicazione delle destinazioni e dei proventi eventuali prodotti;

XII. sugli elementi richiesti dall’articolo 2427 (nota integrativa) e dagli altri articoli del codice civile, nonché dai principi contabili applicati;

XIII. sulle altre informazioni riguardanti i risultati della gestione, necessarie per l’interpretazione dei dati inseriti nel rendiconto.

5.1 - IL SISTEMA DEI CONTROLLI NEGLI ENTI LOCALI

Il Controllo burocratico e manageriale

La teoria generale della burocrazia nasce nella prima metà del secolo scorso, ad opera di Max Weber, con l’obiettivo di interpretare le

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organizzazioni complesse come fenomeno strutturale determinato dal processo di divisione del lavoro.

La teoria weberiana basa le sue asserzioni, fondamentalmente, su alcuni principi cardine:

- i sistemi organizzati sono variabili indipendenti di un sistema sociale, da esso completamente autonomi, non condizionabili, potendosi sviluppare secondo modelli decisionali che tengono conto solo delle variabili interne alla propria attività;

- l’organizzazione è frutto di una distribuzione del potere, tesa ad identificare coloro che possono e devono assumere decisioni e chi, per converso, è impegnato della loro materiale esecuzione;

- organizzare un Ente od una Azienda , quindi, si dovrà tradurre nel definirne le linee di autorità che ne contrassegnano l’operato;

- ne deriva un modello organizzativo rigido e verticistico in cui chi è deputato a decidere trasmette, attraverso l’organizzazione, la propria volontà.

In questo contesto concettuale e metodologico è evidente l’importanza che assume la funzione del controllo, concepita in un’ottica ispettiva, di natura esclusivamente giuridico-amministrativa, tesa alla verifica del rispetto delle regole e del sistema di trasmissione degli ordini.

Il controllo, quindi, in ultima analisi, è concepito quale elemento regolatore; lo stesso deve infatti garantire il rispetto della normativa regolamentare da parte di ogni operatore e la funzionalità continua delle procedure che, per loro natura, sono una migliore garanzia del rispetto delle decisioni adottate.Va segnalato, peraltro, che il modello burocratico è stato, fino al recente passato, adottato dalla Pubblica Amministrazione Italiana e da alcuni Paesi occidentali, come sistema di garanzia del rispetto dei

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diritti soggettivi e degli interessi legittimi di cui la volontà, espressa a livello delle Istituzioni, si faceva garante, riconoscendo, compiutamente, nel rispetto della legittimità dell’agire l’efficacia dell’azione pubblica.

Dall’adozione di questo modello, peraltro, ne sono derivate una serie di conseguenze negative, allo stesso direttamente connesse. La più rilevante può essere rinvenuta nel fatto che si arriva all’identificazione tra procedura amministrativa e risultato aziendale attraverso la concepita equivalenza tra modalità di svolgimento dell’attività amministrativa ed i conseguenti risultati.

In realtà il modello classico di Pubblica Amministrazione nasce in un’epoca in cui il ruolo dello Stato nell’economia è, in gran parte del mondo occidentale, irrilevante e le attività amministrative si traducono, quasi sempre, nella redazione di atti di certificazione oppure in procedimenti di autorizzazione.Dal secondo dopo guerra in poi, fino ai giorni nostri, si assiste, invece, alla trasformazione progressiva del Cittadino da soggetto passivo dell’attività pubblica ad utente di servizi ed a cliente degli stessi, rivendicando dalle Strutture pubbliche la soddisfazione dei propri diversificati bisogni.In questa ottica il Legislatore ha avviato un percorso di riforme finalizzato a rivedere l’impostazione organizzativa tradizionale, in questo supportato metodologicamente dalla dottrina economico-aziendale, predisponendo modelli amministrativi più attenti e vocati all’efficacia del servizio ed all’efficienza nell’agire e nell’utilizzo delle risorse.In particolare, dall’inizio degli anni ’90 si è messo in moto un articolato percorso normativo teso ad introdurre sistemi decisionali di tipo manageriale, la cui conseguente strumentazione si rifà ai momenti di pianificazione, programmazione, gestione e controllo.

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In questa concezione l’Ente pubblico, concepito quale Azienda, diventa un sistema coordinato di operazioni, decisioni ed informazioni il cui funzionamento va valutato in relazione alla sua capacità di produrre beni e servizi, oppure di destinare e ripartire ricchezza al soddisfacimento dei bisogni.

A questa visione di amministrazione è connessa una concezione partecipativa della gestione, il cui processo è distinguibile in quattro fasi fondamentali:

pianificazione, definito quale processo di definizione degli obiettivi strategici dell’organizzazione, delle risorse da utilizzare per il loro raggiungimento e delle politiche che devono informare l’acquisizione, l’uso e l’assegnazione delle risorse;

programmazione, quale insieme di azioni mirate a definire gli obiettivi della gestione operativa, gli stessi essendo connessi alle scelte di piano; la stessa sostanziantesi nella ricerca dell’efficacia, dell’efficiente ed economica combinazione nell’utilizzo delle risorse;

gestione, consta nello svolgimento di operazioni ed attività programmate nel rispetto dei parametri fissati e degli obiettivi definiti nella programmazione;

controllo, fase conclusiva del processo, costituendo il momento di sintesi dell’intero sistema, articolantesi in due momenti, monitoraggio infrannuale e rendicontazione annuale; così rendendo cicliche e continue le fasi precedentemente descritte e da cui si reperiranno le informazioni necessarie ad

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implementare i momenti precedenti attraverso una duplice azione di feed-back

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Il sistema di Pianificazione, Programmazione, Gestione, Controllo e Valutazione

Pianificazione: obiettivi di lungo

periodo

Programmazione: obiettivi di breve

periodo

Gestione: attività operativa

Misurazione dei risultati

Confronto obiettivi / risultati

Valutazione delle ricompense

Feed-back correttivo

Feed-back valutativo

= Fase di processo

= Tipo di controllo

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Dal controllo, pertanto, avremo un feed-back definibile correttivo, mirato ad evidenziare gli scostamenti dell’azione rispetto agli obiettivi di programmazione ad essa preposti, in supporto ai diretti responsabili della gestione, guidandoli nella loro attività operativa ed anche un feed-back valutativo che definirà la capacità dei gestori e delle strutture operative di raggiungere i risultati prestabiliti, connettendo ad essi il sistema delle ricompense.Dall’analisi del modello emerge la centralità che assume la funzione di controllo interno, quale elemento regolatore dell’intero sistema che permea ogni livello del sistema decisionale fornendo informazioni indispensabili per la determinazione degli obiettivi e degli elementi di giudizio sull’operato dei gestori nel loro perseguimento.In sostanza, il controllo interno di tipo manageriale costituisce l’elemento regolatore di tutte le attività decisionali sia in sede:

preventiva – contribuendo alla definizione degli obiettivi, concomitante – verificandone il perseguimento e proponendone

eventuali azioni correttive, anche riposizionando gli obiettivi stessi, consuntiva – attraverso un sistema di feed-back valutativi, mirati ad

attribuire le responsabilità sui risultati.

Il controllo manageriale o direzionale, pertanto, si esplicherà con l’analisi critica di tutti i fatti di gestione aziendale, allo scopo di verificare la corretta formulazione degli atti amministrativi, per quanto riguarda aspetti procedurali ed obiettivi da realizzare.

La modifica del sistema di controllo e l’evoluzione richiesta dalla normativa verso strumenti di controllo manageriale non possono, tuttavia, trascurare che esiste un ambito di controllo interno sostanziantesi nella verifica della legittimità dell’operare.

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In effetti il sistema di controlli interni attualmente in vigore prevede che in un Ente pubblico coesistano controlli di tipo:

- burocratico e di legittimità, in cui si focalizzano le operazioni di verifica di attuazione degli ordini gerarchicamente impartiti, del rispetto delle norme di legge e della garanzia dell’imparzialità tipicamente ascrivibile all’agire della Pubblica Amministrazione;

- manageriale , utile per la Direzione dell’Ente, concepito quale Azienda di servizi, come strumento guida e di supporto decisionale nell’ottica del perseguimento degli obiettivi dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità della gestione;

- strategico , in cui si verifica l’impatto dell’azione pubblica sui bisogni espressi dalla collettività di riferimento, essendo vocato a chi detiene il Potere Istituzionale* nel singolo Ente / Istituto / Azienda Pubblica.

Infine si evidenzia la fondamentale distinzione tra:

- Controlli interni : vengono intesi come verifiche vocate alla valutazione della funzionalità ed attività della singola Amministrazione pubblica ed alla possibile correzione e riorientamento dell’operatività nella fase di esercizio e nell’ambito della soddisfazione dei bisogni e della cura dei pubblici interessi (controlli aventi funzioni di “guida”).

- Controlli esterni : sono svolti per il soddisfacimento di una garanzia obiettiva nell’agire pubblico, tramite l’attivazione di elementi di valutazione esperiti da Organismi esterni all’Ente, sull’attività degli Organi interni dell’Amministrazione; potendosi concludere con la possibile eliminazione di irregolarità di una funzione amministrativa svolta e potendone derivare una sanzione (controlli “ispezione”).

* Il Potere Istituzionale in un Ente pubblico si connota e si esprime con l’interpretazione dei Valori del singolo Ente e l’esercizio delle Funzioni assegnate, normativamente, alla tipologia e classe a cui lo stesso Ente appartiene ed è tipico degli Organi di Governo.

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5.2 - IL SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI

L’impianto normativo dei controlli negli Enti locali, recentemente riformato, i affida prevalentemente all’affermazione del principio per il quale il miglioramento dell’azione amministrativa può avvenire attraverso il rafforzamento del sistema dei controlli interni ed esterni.Infatti l’art. 3 del Decreto Legge n. 174/2012, convertito in legge n. 213/20123 introduce sostanziali modifiche al Testo unico degli Enti locali, tese a ridisegnare il Sistema dei controlli interni, a rafforzare i controlli esterni ed anche ad introdurre ulteriori meccanismi di controllo, di salvaguardia degli equilibri di bilancio, utili per prevenire i deficit ed il dissesto negli Enti Locali.In effetti l’art. 147 (Tipologia dei controlli interni) viene sostituito dal testo seguente: 1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarita' amministrativa e contabile, la legittimita', la regolarita' e la correttezza dell'azione amministrativa. 2. Il sistema di controllo interno e' diretto a:

a) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicita' dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonche' tra risorse impiegate e risultati;

b) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;

c) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilita' interno, mediante l'attivita' di coordinamento e di vigilanza

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da parte del responsabile del servizio finanziario, nonche' l'attivita' di controllo da parte dei responsabili dei servizi;

d) verificare, attraverso l'affidamento e il controllo dello stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in riferimento all'articolo 170, comma 6, con la redazione del bilancio consolidato, l'efficacia, l'efficienza e l'economicita' degli organismi gestionali esterni dell'ente;

e) garantire il controllo della qualita' dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente.

Da un esame sommario della nuova normativa emerge un nuovo sistema dei controlli interni che si discosta sostanzialmente dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 286/1999 e nella quale non si rinviene più la tipologia di controllo interno denominata “valutazione dirigenziale”; pur permanendo la stessa quale processo finalizzato alla valorizzazione delle risorse umane.

Da quanto affermato sinteticamente emerge l’esigenza, per gli Enti locali, di riorganizzare il Sistema dei controlli interni, anche alla luce del quadro normativo vigente che comprende anche la legge 190/2012 in tema di contrasto ai fenomeni corruttivi.

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I CONTROLLI DI TIPO ISPETTIVO DI REGOLARITA’ AMMINISTRATIVA E CONTABILE

Nella nuova versione dell’art. 147, si afferma, al comma 1 che agli Enti locali, nell’ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa, si assegna il compito di individuare strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa.

Tale tipo di controllo viene assicurato sia nella fase preventiva che in quella successiva all’adozione ed al perfezionamento dell’efficacia degli atti amministrativi. In particolare nella fase preventiva, il controllo viene svolto dal Responsabile del singolo servizio dell’ente e dal Responsabile del servizio finanziario ed ha come esplicitazione il rilascio, rispettivamente, del parere di regolarità tecnica e del parere di regolarità contabile, attestante in caso di spesa anche la copertura finanziaria.

Il controllo successivo di regolarità amministrativa, per converso, viene svolto dal segretario comunale e provinciale e riguarda la determinazioni di impegno di spesa, i contratti ed anche altri atti amministrativi individuati nel prescritto regolamento, scelti secondo la selezione casuale effettuata con tecniche motivate di campionamento.

Il regolamento dovrà poi disciplinare anche i parametri e le modalità di effettuazione del controllo, il contenuto del referto, i tempi di svolgimento dell’attività di controllo, le forme di partecipazione dei Responsabili dei servizi dell’Ente, secondo i principi generali di revisione aziendale, nonché i tempi ed i modi di trasmissione delle risultanze del referto agli stessi Responsabili dei servizi, al Collegio dei Revisori dei conti, all’Organismo Indipendente di Valutazione, oppure al Nucleo di Valutazione e al Consiglio comunale e

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provinciale.

IL CONTROLLO SUGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

Nell’ambito della nuova normativa, il Responsabile del servizio finanziario diventa titolare del nuovo controllo sugli equilibri di bilancio, dovendo, tale dirigente, attivare ed organizzare un sistema di monitoraggio che coinvolga il Segretario generale, i Responsabili dei servizi dell’Ente, la Giunta, ed anche l’Organo di revisione contabile in funzione dell’attuazione di una verifica periodica sull’andamento degli equilibri di parte corrente del bilancio, della gestione dei residui e del loro grado di realizzazione e di smaltimento, sull’andamento dell’attività di accertamento e di riscossione delle entrate finalizzate a predeterminati interventi di spesa ed anche sulla situazione gestionale negli Organismi, Enti e delle Aziende, in funzione del rispetto degli indirizzi gestionali impartiti, connessi ai contratti di servizio, stipulati, con l’intento di individuare possibili situazioni che possano, anche tendenzialmente, compromettere gli equilibri di bilancio.

La norma specifica che il Responsabile del servizio finanziario, nell’esercizio delle proprie funzioni, agisce in autonomia, avendo quale unico limite quanto disposto dai Principi contabili e finanziari, dalle norme ordina mentali e dai vincoli di finanza pubblica.

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I CONTROLLI GUIDA

La natura del Controllo strategico è quella di supportare il vertice politico nella valutazione delle politiche e nello sviluppo di meccanismi e strumenti per l’attuazione delle stesse.Una “politica pubblica” è messa in opera per intervenire nell’evoluzione tendenziale ed inerziale di una realtà economica e sociale; in questo senso, essa contiene un’interpretazione dei problemi rilevati e un’ipotesi che lega attività e servizi, da un lato e gli impatti auspicati, dall’altro.

Possiamo pertanto definire una politica pubblica come: l’insieme delle azioni compiute da un Ente pubblico, volte a risolvere un problema collettivo ed a fornire una “soluzione” ad un “bisogno” o ad una “domanda” non soddisfatta.

L’attività di Controllo strategico è finalizzata quindi alla verifica dello stato di attuazione dei programmi, dei progetti e degli indirizzi strategici inseriti nelle linee programmatiche di contratto e negli altri atti di pianificazione approvati dal Consiglio comunale e provinciale.L’attività di Controllo consiste nella verifica, in funzione dell’esercizio dei poteri di indirizzo politico, dell’effettiva attuazione delle scelte contenute nei documenti di pianificazione strategica.

L’attività si concretizzerà nella rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi strategici predefiniti, dei tempi di realizzazione rispetto a quelli previsti, degli aspetti finanziari ed economici connessi ai risultati ottenuti e delle risultanze di tale attività rispetto ai parametri socio-economici del territorio di riferimento.

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Il Controllo strategico è strutturato formalmente nelle seguenti fasi: Predisposizione delle Linee programmatiche del mandato amministrativo

ed approvazione del Piano generale di sviluppo; Approvazione annuale dei contenuti della Relazione previsionale

programmatica; Rilevazione periodica dei risultati raggiunti nell’ambito della Relazione

sulla gestione; Valutazione alla fine del mandato amministrativo dei risultati raggiunti,

rapportati ai contenuti delle Linee programmatiche di mandato, del Piano generale di sviluppo, anche ai fini dell’inserimento di tali valutazioni nella Relazione di fine mandato, prevista dalla normativa vigente.

Le principali dimensioni della valutazione delle politiche pubbliche sono rinvenibili nella coerenza, nell’adeguatezza e nell’efficacia.

Nella “coerenza” l’attenzione viene posta sulla logica ex ante del modello causa-effetto: in altri termini, la valutazione viene posta nell’individuazione di un “modello di causalità” che lega le ipotesi di intervento con i risultati attesi.

Successivamente, nella fase della programmazione operativa, la valutazione ha il compito di esaminare ex ante “l’adeguatezza” delle risorse messe a disposizione delle strutture amministrative (finanziarie, organizzative, professionali, patrimoniali) e delle disposizioni regolamentari e degli indirizzi di azione, rispetto agli obiettivi ed ai risultati attesi da una politica.

Infine, la valutazione dell’ “efficacia” risponde, ex-post, all’esigenza conoscitiva primaria in merito all’utilità di una politica: cioè alla capacità dei prodotti ceduti e dei servizi erogati di dare concreta risposta ai bisogni ed alle domande sociali

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che stanno alla base dell’azione pubblica.

Come da consolidata dottrina ed esperienza aziendalistica, il Controllo di gestione è strumento di supporto direzionale finalizzato a verificare il miglior utilizzo in termini di costi/risultati delle risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi dell’azione amministrativa.La correttezza di un’azione, in questo caso, è valutata in termini di efficacia (cioè dalla sua capacità di conseguire gli obiettivi di risultato predeterminati) e dalla sua efficienza (cioè dalla sua capacità di conseguire gli obiettivi di risultato con il minimo di risorse utilizzate, ovvero dal raggiungimento dei massimi risultati date le risorse disponibili ed assegnate).Peraltro nella normativa che delinea il nuovo sistema dei controlli interni, il legislatore ha delineato, nel nuovo testo, una diversa modalità di esercizio di tale tipologia di controllo, prescrivendo che l’ambito di indagine non si limiti al solo “rapporto tra costi e risultati”, ma indaghi sul “rapporto tra obiettivi ed azioni, nonché tra risorse impegnate e risultati”.L’oggetto di cui si occupa, pertanto, sarà l’azione amministrativa, nelle sue realizzazioni in funzione del raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente.

Le attività gestionali di cui si occupa sarà indagato anche dal controllo di regolarità amministrativa ed in ambito collaterale dal controllo strategico e dal controllo di qualità dei servizi erogati, ed anche verrà preso in considerazione dal sistema di valutazione delle performance dei Dirigenti anche se quest’ultima attività non rientra nel novero dei controlli elencati dal rinnovato art. 147 del T.U.E.L.

La responsabilità gestionale quindi si può definire nel perseguimento dei livelli di efficacia, efficienza, qualità e produttività attribuibili a coloro che hanno le svariate responsabilità in ambito gestionale. Affinchè quest’ultima abbia piena evidenza, risulta necessario disporre delle informazioni che derivano dal sistema informativo in cui sono definiti gli obiettivi di gestione concordati e le conseguenti risorse attribuite.

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In questo contesto l’attività di controllo della gestione supporta le azioni e le operazioni dei Responsabili dei Settori operativi affinchè realizzino i risultati programmati.

Il controllo quindi consiste in una attività attraverso la quale i Dirigenti ed i Responsabili dei servizi ottengono informazioni quali-quantitative in corso ed alla fine della gestione sulla propria azione, affinchè ne derivi un confronto tra risultati effettivi e risultati attesi, consentendo quindi di individuare ed analizzare le cause degli scostamenti eventualmente rilevati.Il Sistema di Controllo si compone di due elementi: la Struttura ed il Processo.Con riferimento alla struttura il Sistema di controllo è efficace unicamente se vi è una chiara attribuzione di responsabilità a fronte di obiettivi economici, per il raggiungimento dei quali i responsabili dei servizi disporranno di risorse economiche; quindi affinchè la responsabilità gestionale si concili con la responsabilità organizzativa è necessario che la progettazione del sistema di controllo si fondi sulla struttura organizzativa dell’Ente, ponendo i Centri di responsabilità a fondamento dell’intero sistema.Il processo tende ad assicurare, per converso, che le azioni svolte siano in linea con i risultati voluti.Le fasi del processo individuate sono rinvenibili:- nella predisposizione di un Piano dettagliato degli obiettivi;- nella rilevazione dei dati relativi ai costi, ai proventi ed alla rilevazione dei risultati raggiunti;- nella valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi, al fine di verificare il loro stato di attuazione e di conseguenza di misurare l’efficacia, l’efficienza ed il grado di economicità dell’azione intrapresa;- nella realizzazione delle azioni eventualmente correttive;- nell’utilizzo dei dati scaturenti dal controllo, al fine di programmare gli obiettivi futuri in maniera più razionale e consapevole.Le fasi del processo di controllo descritte affermano l’interdipendenza tra il sistema di pianificazione, programmazione e l’azione di controllo potendo dette fasi essere globalmente ricondotte ad un unico “Sistema delle decisioni”.

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Il processo dunque ha natura circolare e va attuato a preventivo, durante l’esercizio ed a consuntivo.Il controllo preventivo riguarda la valutazione, a priori, della coerenza delle scelte gestionali ed organizzative e l’effetto di queste ultime sui risultati aziendali .Il controllo concomitante si riferisce alle modalità di attuazione delle scelte antecedenti. Il controllo consuntivo riguarda la valutazione, a posteriori, dei risultati ottenuti.

Si aggiunga che il controllo consuntivo permette anche la valutazione e ricompensa delle prestazioni e costituisce , certamente , la base informativa per il successivo processo di definizione degli obiettivi e delle scelte gestionali ed organizzative.

Il Controllo sulle società partecipate

Il Sistema di controllo sulle società partecipate dagli Enti locali, risulta essere espressione della governance esercitata ed è finalizzato a far si che l’intera organizzazione e le risorse delle società partecipate siano dirette al perseguimento degli obiettivi stabili dall’Ente locale in qualità di socio; rendendo per tal verso, effettivi l’attività di indirizzo e di controllo, nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, nonché di quelli di efficacia, efficienza ed economicità.Per l’attuazione di dette finalità l’Amministrazione locale definisce preventivamente, gli obiettivi gestionali assegnati alle società stesse e ne verifica il grado di raggiungimento, dando corso ad un Sistema informativo finalizzato a:

Rilevare la situazione contabile, gestionale ed organizzativa delle società partecipate;

Verificare il rispetto delle norme di legge relative ai vincoli di finanza pubblica imposti anche alle società partecipate.

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Successivamente l’Ente locale effettuerà il monitoraggio periodico sull’andamento delle società, finalizzato a rilevare:

Il grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati, il livello di utilizzo delle risorse a disposizione, con l’analisi delle motivazioni dei relativi scostamenti;

L’individuazione delle opportune azioni correttive, anche in riferimento agli eventuali squilibri di tipo economico e finanziario, rilevanti per il bilancio dell’Ente.

Le tipologie di controllo si possono articolare nel modo seguente

1) Controllo societario che si esplica:- nella formazione dello statuto e nei suoi aggiornamenti;- nella definizione del sistema di governance, anche mediante l’adozione di regolamenti e direttive;- nella verifica della situazione nella singola società, anche sulla base delle informazioni prodotte dagli organi di Controllo interni ed esterni.

2) Controllo economico e finanziario che si esercita attraverso le azioni di misurazione:

- ex ante, orientato all’analisi e all’approvazione del budget; - infrannuale, attraverso la predisposizione di periodici report finanziari ed

economici sullo stato di attuazione del budget; - in sede di rendicontazione mediante l’analisi e l’approvazione dei bilanci

consuntivi.3) Controllo di efficienza, efficacia ed economicità della gestione al fine di garantire il raggiungimento delle finalità e degli obiettivi dell’Ente, attraverso le seguenti fasi:

- ex ante in sede di analisi di approvazione dei piani industriali di durata ultrannuale e dei programmi operativi annuali;

- a livello infrannuale mediante report periodici sullo stato di attuazione degli obiettivi previsti nei piani industriali e nei programmi operativi;

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- in sede di rendicontazione attraverso la valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi gestionali assegnati e delle motivazioni dei possibili scostamenti.

4) Controllo sul rispetto dei vincoli di finanza pubblica che si esplica sulla base della normativa vigente, disciplinante gli obblighi delle società partecipate dagli Enti locali.5) Controllo sui singoli atti oppure situazioni emergenti presso la singola società, rilevanti ai fini del sistema di controllo.6) Controllo atto a rilevare periodicamente i rapporti finanziari tra l’Ente locale e le singole società, mediante la creazione di un Sistema informativo in funzione della redazione del Bilancio consolidato del Gruppo pubblico locale.

Ove il singolo Ente debba esercitare il Controllo analogo* che consiste nell’esercizio pieno da parte del socio dei poteri di indirizzo e controllo sull’attività amministrativa e gestionale delle società controllate, viene riconosciuto all’Ente locale il diritto – dovere di indirizzare le scelte, anche di tipo organizzativo e gestionale, adottate dalle società, concorrendo, sostanzialmente e concretamente alla puntuale definizione degli indirizzi strategici e dei singoli obiettivi gestionali, dando corso ad un controllo stringente e ravvicinato dei risultati di volta in volta conseguiti.

* L’Ente locale esercita sulla società pubblica un “Controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi quando:- L’Ente controllante esercita un assoluto potere di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività della società;- La società non possiede alcuna autonomia decisionale in relazione ai più importanti atti di gestione;- La società è un’entità distinta solo formalmente dall’Ente e in concreto continua a costituire parte dell’Ente stesso.

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Il Controllo sulla qualità dei servizi pubblici locali L’attività di controllo sulla qualità dei servizi pubblici erogati viene finalizzata a garantire la misurazione dell’efficacia, efficienza ed economicità degli stessi, misurazione effettuata, comparandone i valori, verso la soddisfazione dell’utenza interna e soprattutto esterna, con la finalità dichiarata del continuo miglioramento gestionale.Strumento fondamentale ed essenziale di rappresentazione dei principi e dei valori standard a cui deve essere uniformata l’erogazione dei servizi pubblici locali, in funzione del soddisfacimento dei bisogni dell’utenza, risulta essere la Carta della Qualità dei Servizi Pubblici Locali, soddisfacendo per questo verso anche l’imparzialità dell’azione amministrativa, anche assicurando la partecipazione dell’utenza al processo di produzione ed erogazione del pubblico servizio.L’attività di controllo della qualità dei servizi si esplica normalmente attraverso strumenti tesi alla valutazione delle fasi del processo di progettazione ed erogazione dei servizi ed anche all’individuazione dei requisiti dei servizi da erogare ed alla misurazione del grado di soddisfazione dell’utenza, in funzione del continuo miglioramento gestionale.I principali strumenti di controllo della qualità dei servizi, risultano essere:

Le certificazioni di processo effettuate secondo la norma internazionale UNI EN ISO 9001;

Le Carte dei servizi; Le indagini di soddisfazione dell’utenza di tipo quantitativo e qualitativo

mediante questionari oppure attivazione di focus group; La realizzazione dei progetti di miglioramento dei servizi.

Gli strumenti di monitoraggio infrannuali e di rendicontazione a fine periodo del sistema di gestione della qualità dei servizi pubblici, prevedono che si attivino le seguenti operazioni:

Misurazione del grado di soddisfazione dell’utenza nei confronti dei conosciuti bisogni e dei servizi erogati;

Controllo mediante verifiche periodiche interne dei processi certificati, delle relative procedure, degli indicatori e dei relativi standard di qualità per le prestazioni erogate a favore dell’utenza;

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Valutazione periodica effettuata mediante azioni di verifica presso i servizi, rispetto agli standard di qualità enunciati nella Carta dei servizi;

Valutazione periodica dello stato di avanzamento dei piani di miglioramento, tesi a superare possibili criticità, emergenti nel sistema di controllo.

La risultanze del monitoraggio e delle misurazioni a fine periodo vengono normalmente rappresentate nei documenti di:

Analisi e rendicontazione del grado di raggiungimento degli standard; Analisi dei risultati delle indagini di soddisfazione dell’utenza; Analisi dei reclami pervenuti all’Ente da parte dell’utenza; Rendicontazione dei progetti di miglioramento; Aggiornamento possibile nelle modalità di erogazione dei servizi pubblici.

Risulta evidente che dalle risultanze nel monitoraggio e dalle azioni di rendicontazione del sistema di gestione della qualità dei servizi possano venire prodotti documenti utili per i piani di revisione degli standard e progetti di miglioramento dei servizi erogati.

La Valutazione della Dirigenza e dei Responsabili dei servizi, a differenza delle forme di controllo trattate, non è un processo organizzativo, ma una fase determinanti dell’intero processo di gestione e sviluppo delle risorse umane.

La valutazione come parte del sistema complessivo delle politiche del personale, si può considerare, in effetti, un “input” che orienta altre fasi ed in particolare lo sviluppo organizzativo ed il sistema dei compensi ed è un tema comune a tutte le organizzazioni ed impegna, in modo crescente, la Funzione del personale ed i Responsabili di Struttura presenti in tutte le organizzazioni.

La prima Funzione del Personale è chiamata a fornire supporto, in accordo con l’Organismo Indipendente di Valutazione, nella individuazione dei sistemi, dei processi, delle metodologie e degli strumenti più appropriati per garantire, nel

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rispetto delle specificità organizzative, l’omogeneità e la confrontabilità della prassi valutativa; i secondi Responsabili di Struttura sono, ad un tempo, i destinatari ed i responsabili della valutazione stessa verso i propri collaboratori.

Infatti i Dirigenti ed i Responsabili dei servizi costituiscono le risorse fondamentali dell’organizzazione e sono, nel contempo, i principali responsabili della valorizzazione e sviluppo delle risorse professionali assegnate, in un contesto in cui il fattore umano è elemento determinante di successo dell’azione amministrativa. (Azienda di servizi pubblici)

Così operando il sistema valutativo può rispondere alle finalità che gli sono proprie, di intervento, cioè, sulla realtà organizzativa per compiutamente esplicitarla ed eventualmente riorientarla. – D. Lgs. 150/2009 – (Riforma Brunetta).

6.1 – LE FUNZIONI DI CONTROLLO DELL’ ORGANO DI REVISIONE

L’istituto della revisione economico-finanziaria al quale la legge e la dottrina hanno affidato il compito di sostenere, nell’ambito delle autonomie locali, i valori riconducibili al settore economico aziendale, si incardina nel Sistema dei controlli, definito dal Testo unico delle leggi sugli enti locali.

Il profilo dell’auditing pubblico previsto dalla normativa, si sostanzia in un insieme di funzioni, relative a tre livelli di controllo riconducibili al contenuto del Code of Audit Practice, di matrice anglosassone e precisamente:

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- fornire un’opinione sulla capacità del Bilancio e del Rendiconto dell’Ente di esprimere in modo veritiero e corretto la posizione finanziaria ed economica per l’esercizio preso in considerazione – (the opinion requirement) requisito dell’attendibilità;

- verificare la rispondenza alle leggi dell’attività dell’Ente - (the legality requirement) requisito della legalità;

- accertarsi che l’Ente locale abbia adottato adeguati provvedimenti per garantire l’efficienza, l’efficacia e l’economicità nei risultati riscontrati e nell’uso delle risorse a disposizione - (the value for money requirement) requisito dell’economicità.

Tale insieme di controlli è funzionale ai principali ambiti di attività dell’Organo di Controllo, consistente , in generale , nella collaborazione professionale con l’Organo consiliare.

L’analisi normativa dei compiti assegnati analiticamente all’Organo di Revisione evidenzia le seguenti funzioni:

- attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello Statuto e del Regolamento di contabilità.

- emissione di pareri, con le modalità stabilite dal Regolamento, in materia di:- strumenti di programmazione economico-finanziaria;- proposta di Bilancio di previsione, Verifica degli equilibri e tutte le Variazioni di bilancio, escluse quelle attribuite alla competenza della Giunta, del Responsabile finanziario e dei Dirigenti;- modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;- proposte di ricorso all’indebitamento;- proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia;- proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;

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- proposte in tema di Regolamento di Contabilità, Economato-Provveditorato, patrimonio;- proposte sulle tematiche di applicazione dei Tributi locali.

- vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all’acquisizione delle Entrate, all’effettuazione delle Spese, all’attività contrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione amministrativa, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità.

- relazione sulla proposta di Deliberazione consiliare di approvazione del Rendiconto della gestione, entro il termine previsto dal Regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni.

- relazione sulla proposta di Deliberazione consiliare di approvazione del Bilancio consolidato del Gruppo pubblico locale.

- referto all’Organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali, in particolare alla Procura della Corte dei Conti, ove si configurino ipotesi di responsabilità.

- verifiche della gestione di Cassa, degli Agenti contabili (Tesoriere comunale ed Agenti Contabili interni “a denaro” ed “a materia”).Si sottolinea che nei Pareri dovrà essere espresso un motivato giudizio di Congruità, di Coerenza e di Attendibilità contabile delle previsioni di Bilancio e dei Programmi e Progetti, anche tenuto conto delle attestazioni fornite dal Responsabile del servizio finanziario, delle Variazioni intervenute rispetto all’anno precedente, dell’applicazione dei Parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento ritenuto utile.

Nei Pareri emessi vengono normalmente suggerite, all’Organo consiliare, le misure atte ad assicurare l’attendibilità delle impostazioni strategiche, programmatiche e di bilancio.

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In sede di procedura amministrativa si sottolinea che il Consiglio è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti agli indirizzi formulati dall’Organo di controllo, oppure nel caso contrario, a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte.

Al fine di aver garantito l’adempimento delle funzioni assegnate, l’Organo di revisione ha diritto di accesso a tutti i Documenti ed Atti dell’Ente e può partecipare all’Assemblea consiliare di approvazione del Bilancio di previsione e del Rendiconto di gestione.

Infine si evidenzia che lo Statuto dell’Ente locale può prevedere, motivatamente, anche l’ampliamento delle funzioni affidate normativamente ai Revisori.

6.2 - IL CONTROLLO ESTERNO DELLA CORTE DEI CONTI

La Corte dei conti è organo di rilievo costituzionale, autonomo ed indipendente da altri poteri dello Stato.La Costituzione le affida importanti funzioni di controllo (art. 100 Costituzione) e giurisdizionali (art. 103 Costituzione) definendola “Organo ausiliario”;

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intendendo che essa coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di indirizzo politico, esecutive e di amministrazione attiva.

La legge 20/1994 ed il d.lgs. 286/1999 hanno comportato una radicale trasformazione dei controlli sull’amministrazione con il superamento del controllo successivo di legittimità, l’introduzione del controllo successivo sui risultati e la conseguente modifica dei modelli e delle tecniche di funzionamento dei controlli interni e del ruolo della Corte dei conti.

In tale ambito la sottoposizione degli Enti locali al controllo della Corte è stata in seguito confermata dall’art. 148 del T.U.E.L. che rinvia alla disciplina della legge 20 del 1994.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione, i controlli di legittimità sugli atti amministrativi degli Enti locali sono stati cancellati dall’ordinamento, confermando invece l’applicabilità dei controlli interni (art. 147 d.lgs. 18/8/2000, n. 267) e l’attività di controllo esterno sulla gestione degli Enti locali attuato dalla Corte dei conti con alcune significative innovazioni.

In questo senso la riforma del Titolo V della Costituzione ha significativamente inciso sull’attività della Corte, sulla autonomia organizzativa e sul sistema vigente dei controlli esterni successivi sulla gestione finanziaria e contabile; rafforzando altresì il controllo collaborativo (la finalità del controllo collaborativo essendo ascrivibile a quella di supporto all’attività di controllo politico-amministrativo degli Organi elettivi per ciò che riguarda le modalità di esplicazione) con nuove modalità di interazione nei confronti degli Enti locali che hanno aumentato le loro funzioni ed il connesso impiego di risorse.L’estensione del controllo a tutte le amministrazioni pubbliche, compresi gli Enti locali, deriva da una precisa volontà del legislatore di riconoscere alla Corte il ruolo di organo al servizio dello “Stato-Comunità”, di garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive, nei profili dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità, alla luce dei principi di buon andamento (art. 97 Costituzione), della responsabilità dei funzionari pubblici (art. 28 Costituzione),

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dell’equilibrio di bilancio (art. 81 Costituzione) e del coordinamento dell’autonomia finanziaria degli Enti locali con il resto della finanza pubblica (art. 119 Costituzione).In particolare l’art. 7 della legge 131/2003 attribuisce alle Sezioni regionali di controllo della Corte compiti di verifica con l’obbligo di riferire esclusivamente ai Consigli degli enti controllati ed anche un’attività di “consulenza”, richiesta dagli enti, senza alcuna forma di intervento repressivo od impeditivo, ma nell’ambito di ulteriori forme di collaboratività, in aggiunta alla funzioni consultiva in materia di contabilità pubblica.

Il carattere collaborativo del controllo esercitato dalle Sezioni regionali della Corte sulla gestione degli enti viene interpretata come funzione ausiliaria delle assemblee locali, dato che consiste in un “referto” agli organi elettivi con il fine di indurre azioni di correzione di iniziative già decise dai medesimi organi.

Il modello esaminato è riconducibile al controllo di integrazione da intendersi come attività di verifica da cui non consegue un obbligo per l’ente controllato di conformarsi alle indicazioni date dal controllore ma unicamente la segnalazione delle cause delle irregolarità con il sollecito di iniziative di correzione.

Le esigenze di coordinamento della finanza pubblica ed il controllo sulla gestione degli enti locali hanno comportato la necessità di individuare efficacia raccordi con il sistema dei controlli interni di gestione, previsti dagli artt. 196, 197, 198 del T.U.E.L.; in tal senso l’art. 198/bis prefigura, in effetti, che “la struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce la conclusione del predetto controllo, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 198, anche alla Corte dei conti”.Per la legge 20/1994 e successive modifiche, la Corte dei conti nell’esercizio del controllo sulla gestione viene chiamata a verificare “la legittimità e la regolarità delle gestioni nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla

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legge valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa”.Per svolgere tale attività la Corte potrà richiedere alle amministrazioni locali ed agli organi di controllo interno atti e notizie sulla gestione e potrà effettuare e disporre altresì, ispezioni ed accertamenti diretti.

Le aree di gestione da sottoporre ad analisi vengono individuate in un programma di lavoro che la Corte approva ogni anno, per l’anno successivo.L’ambito del controllo sulla gestione viene individuato sulla base di parametri quali la rilevanza finanziaria, i risultati di precedenti controlli, la possibile esistenza di irregolarità ed anche le richieste pervenute alla Corte da altre istituzioni pubbliche; dando atto che il programma annuale viene preventivamente comunicato alle amministrazioni controllate. A differenza del controllo di legittimità, l’esito del controllo sulla gestione non consiste nel mancato perfezionamento dell’efficacia di un atto, ma nella predisposizione di relazioni ed osservazioni destinate alle amministrazioni controllate.Scopo del controllo è ,infatti, quello di verificare se l’azione amministrativa sia stata economica , efficiente ed efficace ed abbia raggiunto gli obiettivi stabiliti.In caso di valutazione negativa le amministrazioni dovranno attenersi alle indicazioni fornite al fine di eliminare i fattori negativi della gestione e migliorare la propria azione.Le amministrazioni, a loro volta, sono tenute a comunicare alla Corte ed agli organi elettivi le misure adottate a seguito delle osservazioni formulate. Va rilevato che la legge n. 15/2009 all’articolo 11 ha previsto una misura fortemente incisiva, nell’eventualità che la Corte riscontri, nell’ambito del controllo sulle gestioni pubbliche in corso di svolgimento, gravi inefficienze od irregolarità gestionali; in tali frangenti la corte , accertate le cause della fattispecie esaminata, in contradditorio con l’amministrazione, può darne comunicazione all’organo di governo dell’ente locale, affinchè questo adotti i provvedimenti necessari ovvero comunichi alla Corte le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte medesima.Peraltro il fatto che il controllo successivo sulla gestione sia privo di una vera e propria sanzione non deve indurre a ritenere che esso non sia efficace dal

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momento che è teso a provocare dei meccanismi di correzione da parte delle amministrazioni controllate.

Infine nell’ipotesi in cui le amministrazioni locali non si attengano alle indicazioni della Corte, potrà sempre scattare la responsabilità politica dei titolari degli organi e, sussistendone i presupposti, anche giuridica, dei singoli funzionari ed amministratori,ove dalla condotta dei medesimi sia derivato un danno pubblico di natura patrimoniale.

Un’ulteriore ed importante passo in avanti verso l’attuazione, a regime, del nuovo Sistema dei controlli interni è costituito dall’obbligo di Referto semestrale che, ai sensi del nuovo art. 148 del T.U.E.L., i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e le Provincie dovranno trasmettere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, quale misura tesa a verificare “la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun Ente locale.

L’obbligo di trasmissione periodica del referto alla Corte riveste lo scopo di garantire che il nuovo sistema dei controlli interni non resti sulla carta, ma trovi puntuale attuazione nell’organizzazione amministrativa degli Enti locali, quale decisivo supporto per le scelte decisionali necessarie alla realizzazione dei processi di razionalizzazione della gestione ed in particolare della spesa, con l’obiettivo dichiarato di attivare un sostanziale mutamento dei comportamenti amministrativi e gestionali.

In effetti il nuovo sistema dei controlli interni ed anche esterni risulta fortemente orientato alla revisione dei processi di funzionamento nella Pubblica amministrazione locale, al fine di rimuovere i livelli di inefficienza riscontrati, attraverso un processo di riforma che si focalizza sull’economicità della gestione, con la connessa riduzione dei costi, senza intaccare la qualità e la quantità dei servizi erogati.

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Sostanzialmente le norme riformate vogliono fare leva sulle responsabilità delle figure cosiddette apicali presenti in ogni Ente locale di medie e grandi dimensioni (Segretario generale, Direttore generale, Responsabile del servizio finanziario, Responsabile dei servizi dell’Ente), al fine di rendere operante il nuovo sistema dei controlli, le cui finalità, secondo la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti possono così sintetizzarsi:

- La verifica dell’adeguatezza funzionale dell’effettivo funzionamento del Sistema dei controlli interni;

- La valutazione degli strumenti diretti a verificare la coerenza dei risultati gestionali rispetto agli obiettivi programmati;

- La verifica dell’osservanza dei principali vincoli normativi di carattere organizzativo, finanziario e contabile;

- La rilevazione degli eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanzia pubblica;

- Il monitoraggio in corso d’anno degli effetti prodotti, in attuazione delle misure di finanza pubblica e dei principali indirizzi programmatici dell’Ente;

- Il consolidamento dei risultati con quelli delle gestioni degli Organismi partecipati.

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