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1 UNIVERSITA’ DI PAVIA Facoltà di Economia LA VALUTAZIONE D’AZIENDA Dott. Giorgio Pellati

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UNIVERSITA’ DI PAVIA

Facoltà di Economia

LA VALUTAZIONE D’AZIENDA

Dott. Giorgio Pellati

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Perché si valuta un azienda?

� Cessione a terzi (acquisto e vendita di ramo d’azienda, azienda e partecipazione)

� Trasformazione in società di capitali�art. 2500 -ter C.C.)

� Conferimento di ramo d’azienda, azienda e partecipazione:

• in S.p.a.: art. 2343 C.C. e art. 2343 - ter

• in S.r.l: art. 2465 C.C.

� Recesso del socio:

• da S.p.a: art. 2437 - ter C.C.

• da S.r.l: art. 2473 C.C.

• Aumenti di capitale sociale con esclusione del diritto di opzione:

• in S.p.a: art.2441 C.C.

• in S.r.l: art. 2481 - bis C.C.

• Fusione con concambio�art. 2501 - quinquies e 2501- sexies C.C.

• Scissione con concambio�art. 2506 - ter C.C.

• Su incarico dell’Autorità Giudiziaria

• Per affrancamento quote (ragioni fiscali)

Valutazione d’azienda

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La valutazione patrimoniale

� Premessa

� L’apprezzamento della composizione quali-quantitativa del patrimonio dell’azienda

oggetto di valutazione è un’operazione fondamentale nel processo valutativo a

prescindere dalla metodologia che da ultimo si deciderà di utilizzare per esprime il

capitale economico dell’azienda.

Gestione

���

PersonaliPatrimoniali intangibiliPatrimoniali tangibili

Condizioni produttive

Valutazione d’azienda

� L’indagine circa la composizione quali-quantitativa del patrimonio deve avvenire

preliminarmente con: la redazione da parte dall’impresa, la cui azienda è oggetto di

valutazione, di uno stato patrimoniale, riferito alla stessa data alla quale sarà

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formulata la valutazione aziendale e sulla base del quale sarà espressa la valutazione

medesima;

• l’inventariazione degli elementi patrimoniali, secondo estensione e modalità che

differiscono per tipologia dei medesimi;

• l’evidenziazione degli elementi patrimoniali a seconda che siano pertinenti oppure

non pertinenti all’attività d’impresa.

� Il fine ultimo della metodologia di valutazione analitico-patrimoniale è di esprimere il

valore corrente del patrimonio alla data di riferimento della valutazione e di quantificare il

valore di sintesi “patrimonio netto rivalutato (o rettificato)”.

� Il patrimonio netto rivalutato (PNR) può essere inteso come l’ammontare delle risorse da

investire per poter disporre di un analogo complesso di condizioni produttive

patrimoniali, nello stato e nel luogo in cui si trovano a quel tempo.

Valutazione d’azienda

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� Lo stato patrimoniale alla data di riferimento della valutazione

� Per poter procedere all’analisi, alla descrizione e alla valutazione degli elementi

patrimoniali, il valutatore deve disporre di una informazione patrimoniale completa e

articolata; essa può trovare sviluppo in uno stato patrimoniale redatto in ipotesi di

funzionamento, la cui data deve coincidere con quella a cui si farà riferimento per esprimere

il valore economico dell’azienda, e in una serie di dettagli organizzata per singola voce e

sottovoce dello stato patrimoniale.

� L’inventariazione degli elementi patrimoniali

� A titolo esemplificativo, si collegano alcune voci patrimoniali con evidenze interne ed

esterne che ne possono confermare l’esistenza e la consistenza a livello di valori nominali (a

prescindere, quindi, dalla valutazione operata su quelle voci):

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Contratto di lavoro.Pagamenti effettuati dopo la data di riferimento dello stato patrimoniale e

richieste di conferma a eventuali consulenti esterni

dettaglio nominativo del saldo contabileDebiti verso dipendenti

Richiesta di saldo ai fornitoridettaglio nominativo del saldo contabileDebiti verso fornitori

Contratto, documenti comprovanti i pagamenti ricevuti ed effettuati

Saldo contabileCrediti (debiti) di finanziamento

Verbale assemblea di aumento capitale sociale, sottoscrizioni dei soci

dettaglio nominativo del saldo contabileCrediti verso soci

Accordi e ricevute di pagamentodettaglio nominativo del saldo contabileCrediti vs dipendenti

Contratti, fatture fornitori e ricevute di pagamento

dettaglio nominativo del saldo contabileAcconti a fornitori

Saldi derivanti da liquidazioni periodiche o dichiarazioni fiscali e richieste di conferma

a eventuali consulenti esterni

dettaglio del saldo contabile per tributoCrediti fiscali

Richiesta di conferma del saldo ai clienti; richiesta ai legali per i contenziosi in

essere

dettaglio nominativo del saldo contabileCrediti verso clienti

Saldo estratto conto sul quale operare la riconciliazione con il saldo contabile

saldo contabileBanca c/c

nessunaConta fisica della moneta nazionale ed estera, assegni, bolli, ecc.

Cassa

Evidenza esternaEvidenza internaValore nominale dellavoce dello stato patrimoniale

infrannuale

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Contratti di finanziamento, leasing, affitto, ecc; titoli, documentazione operazioni

finanziarie, ecc.

Elaborazioni analitiche per singola operazione

Ratei e risconti attivi e passivi

Contratto di lavoro e richieste di conferma a eventuali consulenti esterni

Elaborazioni analitiche per singolo dipendente

Debiti verso dipendenti per 13a e ferie maturate e non godute, comprensivo di

oneri contributivi

Fatture di competenza ricevute dopo la data di riferimento dello stato patrimoniale

e richieste formulate a soggetti terzi

Prestazioni già effettuate ma di cui ancora non si dispone della fatture (consulenti; agenti, ecc) ma di cui si stima in base a

tariffe, contratti, ecc. la prestazione

Fatture da ricevere

Fatture di competenza emesse dopo la data di riferimento dello stato patrimoniale

Fatture da emettere

Richieste di conferma a eventuali consulenti esterni

Dettaglio nominativo del saldo contabileTFR

Pagamenti effettuati dopo la data di riferimento dello stato patrimoniale e

richieste di conferma a eventuali consulenti esterni

dettaglio del saldo contabile per tributoDebiti verso erario

Pagamenti effettuati dopo la data di riferimento dello stato patrimoniale e

richieste di conferma a eventuali consulenti esterni

dettaglio del saldo contabile per ente e/o tipo di contribuzione

Debiti vs enti previdenziali

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� Per quanto concerne le condizioni produttive monetarie, il valutatore, tramite evidenze

interne ed evidenze esterne deve accertare l’esistenza e quindi il valore nominale delle

singole condizioni produttive.

� Ciò dovrebbe avvenire anche per gli elementi del patrimonio che sono assoggettabili ad

una procedura di inventariazione fisica, ma, almeno per taluni di essi, ciò può accadere

soltanto per piccolissime realtà aziendali. Si pensi all’inventario di magazzino o dei beni

strumentali. Sovente si procede su base campionaria, identificando per il controllo

dell’esistenza fisica: le giacenze di magazzino di maggior valore e volume; i beni

strumentali di maggior valore e/o rilevanza al fine dello svolgimento del processo

produttivo.

� Dunque, la valutazione delle PMI non può prescindere da un minimo di “due diligence”

contabile, attività che nelle valutazioni e negoziazioni di aziende di dimensioni economiche

significative non è, di norma, svolta dal soggetto che effettua la valutazione ma è bensì

delegata a soggetti terzi (ad esempio una società di revisione contabile).

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I criteri di valutazione dei singoli elementi patrimoniali

� Il metodo patrimoniale si fonda sul principio di valutazione analitica dei singoli elementi

dell’attivo e del passivo che compongono il patrimonio, il suo risultato di sintesi è

denominato “patrimonio netto rivalutato (o rettificato)”.

� Di seguito presentiamo una breve rassegna dei principali criteri utilizzati per la valutazione

delle singole componenti del patrimonio tangibile aziendale.

� Se escludiamo le disponibilità monetarie in cassa e in banca, tutte le altre condizioni

monetarie attive sono rilevate al presumibile valore di realizzazione, cioè in funzione del

valore al quale saranno presumibilmente incassati i crediti. In particolare si segnala che:

• la valutazione dei crediti la cui scadenza eccede i normali termini di incasso aziendali e per i

quali non è prevista la maturazione di interessi deve essere effettuata attualizzando il credito

a tassi di mercato; il valore così determinato dovrebbe eguagliare il valore al quale quel

credito potrebbe essere realizzato immediatamente sul mercato, fatta salva l’ipotesi di

solvibilità del debitore.

• La valutazione dei crediti finanziari a non breve scadenza riflette l’approccio utilizzato per la

valutazione dei titoli a reddito predeteminato: nell’ipotesi di sensibili variazioni del tasso di

mercato, il valore capitale del credito subisce variazioni di segno opposto

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� La valutazione della rimanenza finale per i lavori in corso su ordinazione di durata

pluriennale rilevata nel bilancio di esercizio sulla base del corrispettivo contrattuale

ragionevolmente maturato, si dimostra una valutazione idonea anche al fine

dell’applicazione del metodo patrimoniale poiché, includendo una quota dell’utile di

“commessa” in corso di formazione, è già espressiva del “valore corrente” della rimanenza.

� I beni strumentali sono valutati sulla base del valore corrente, che può essere espresso da

un valore di mercato, dal costo di riproduzione oppure dal costo di sostituzione del bene,

tenuto conto del grado di senescenza e obsolescenza ovvero della vita utile residua rispetto

alla vita utile di un bene nuovo.

� Il valore di mercato è utilizzabile in limitate occasioni perché è difficile poter disporre della

quotazione di beni usati, a vari stadi del loro deperimento; trova impiego nella valutazione

dei terreni, degli automezzi, degli immobili civili (non strumentali e di solito locati a terzi)

e ad uso ufficio e degli immobili industriali soprattutto se fungibili a più impieghi. Ciò non

esclude che siano disponibili anche prezzi di riferimento per impianti e macchinari usati.

� Il costo di riproduzione esprime il costo che, all’epoca della valutazione dell’azienda, è

necessario sostenere per ricostruire lo stesso bene oggetto di valutazione.

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Il costo è determinato con riferimento a un bene nuovo e poi ridotto tenuto conto della vita

utile residua del bene, vita residua che risentirà anche delle passate condizioni di utilizzo

del bene (intensità di utilizzo, manutenzioni, ecc.).

� Il costo di sostituzione esprime, invece, il costo per produrre o acquistare un bene che

svolge la stessa funzione del bene utilizzato dall’impresa, ma che possiede caratteristiche

tecnologiche profondamente differenti. Tale costo sarà poi ridotto secondo le modalità

sopra descritte.

� Le migliorie apportate a beni (più frequentemente immobili in affitto o in leasing) di

proprietà di terzi la cui utilità sia pluriennale, devono essere valutate tenendo conto del

termine contrattuale, ma, nell’ipotesi che la loro vita utile sia superiore al termine

contrattuale, è necessario prevedere se tale contratto potrà essere rinnovato oppure se in

bene in leasing sarà riscatto per essere ancora utilizzato.

� Per la valutazione dei beni in leasing si procede raffrontando il valore corrente di tali beni

con il valore attuale dei canoni a scadere del contratto di leasing e del prezzo finale di

riscatto. L’attualizzazione può avvenire sulla base di un tasso medio di mercato dei

finanziamenti a medio-lungo termine.

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� A tal fine può essere ragionevole utilizzare il tasso interno di costo del finanziamento,

definibile come il tasso di attualizzazione che rende uguale, per il locatario, il valore

dell'investimento iniziale (costo di acquisto del bene) al valore attuale dei canoni periodici

anticipati (aumentato del prezzo di riscatto, se di ammontare non puramente simbolico).

� La differenza esprime, se positiva, una plusvalenza ed una minusvalenza nell’ipotesi opposta.

Per prudenza è opportuno considerare esclusivamente l’eventuale minusvalenza, recependo

in luogo del valore corrente del bene il valore attuale dei pagamenti residui previsti dal

contratto, poiché inferiore al precedente. Dipende dalla finalità della valutazione.

� La valutazione delle passività patrimoniale avviene in funzione del loro valore di estinzione.

� I debiti esprimono obbligazioni pecuniarie certe nell’esistenza, nella scadenza e

nell’ammontare e quindi non dovrebbero costituire peculiari problemi valutativi, ad

eccezione dei debiti finanziari, il cui valore, analogamente a quanto già detto per I crediti

finanziari, dipende dalle variazioni dei tassi passivi sul mercato.

� I fondi rischi ed oneri devono costituire la miglior stima della perdita, del debito che sorgerà

al verificarsi dell’evento negativo per cui è stato costituito il fondo.

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� La pertinenza dei beni all’attività di impresa

� In molte società accade che tra gli elementi patrimoniali siano annoverati beni non inerenti

all’attività d’impresa.

� Questi beni (dagli automezzi ai telefoni cellulari e satellitari, agli arredi antichi, a immobili

considerati filiali o foresterie dell’azienda, ecc.) sono beni che non concorrono alla formazione

del patrimonio operativo necessario allo svolgimento dell’attività aziendale. Al più, poiché di

proprietà dell’impresa, sono annoverabili tra i capitali accessori.

� Per coerenza, eventuali costi e ricavi rilevati nel conto economico devono essere eliminati in

fase di “normalizzazione” dei redditi o dei flussi di cassa.

� La valutazione patrimoniale e il metodo patrimoniale

� La valutazione analitica dei singoli elementi patrimoniali può essere considerata strumentale

per la corretta applicazione di impostazioni metodologiche anche notevolmente distanti dal

metodo patrimoniale, oppure può essere semplicemente effettuata per valutare un’azienda

con il “metodo patrimoniale”.

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• Sono rari i casi in cui il “metodo patrimoniale” può spiegare, da solo, il valore dell’azienda

e ciò avviene di norma per quelle valutazioni che incorporano nel valore di singoli beni le

aspettative in ordine ai flussi reddituali-monetari futuri, cioè circa i benefici economici

attesi dall’utilizzo di tali beni (immobili, beni intangibili, partecipazioni).

� L’utilizzo del metodo patrimoniale complesso (con stima autonoma dei beni immateriali)

comporta che beni intangibili quali marchi, brevetti, concessioni, licenze siano valutati

tenendo conto della loro capacità di partecipare alla produzione di reddito.

� La relazione tra la valutazione patrimoniale e le altre metodologie

valutative

� La corretta determinazione delle effettive consistenze patrimoniali e, quindi, della struttura

del patrimonio è funzionale all’applicazione di altre metodologie valutative, quali:

• il metodo reddituale, ove nella determinazione dei redditi prospettici, ad esempio, le quote

di ammortamento sono riespresse sulla base dei valori patrimoniali correnti, le quote di

ammortamento dei beni intangibili sono iscritte in funzione della loro rappresentazione

patrimoniale, gli oneri finanziari sono calcolati dopo aver ipotizzato eventuali riequilibri

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della struttura finanziaria e la sua prevedibile evoluzione. Le medesime rettifiche sono

operate in sede di normalizzazione del reddito nell’applicazione del metodo misto.

• Il metodo finanziario, ove il calcolo degli oneri finanziari è condizionato dalle medesime

considerazioni sulla struttura finanziaria sopra esposte; inoltre, il flusso monetario di periodo

è influenzato direttamente dai versamenti di capitale per riequilibrare la struttura finanziaria

o consentire l'espansione degli investimenti e la rilevazione della quota di ammortamento

sulla base del valore corrente dei beni modifica indirettamente tale flusso monetario per

l’effetto che produce, se fiscalmente deducibile, sull’entità delle imposte dirette; inoltre, alla

determinazione del “costo del capitale” contribuisce il coefficiente beta, che può essere

determinato isolando la struttura finanziaria (beta unlevered) al fine di ricalcolarlo in

funzione della struttura finanziaria “obiettivo” (beta relevered).

• Il metodo dei multipli, ove i multipli utilizzati possono subire un aggiustamento in funzione

del grado di leva finanziaria (debiti finanziari/ capitale proprio) dell’azienda oggetto di

valutazione rispetto a quelle del campione.

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L’avviamento

� L’avviamento dovrebbe rappresentare il maggior

valore di cui il complesso patrimoniale rappresentato

sia dai beni materiali che dai beni immateriali è

dotato, rispetto alla somma dei loro singoli valori, e

ciò grazie alle capacità organizzative e gestionali che

pervadono il complesso aziendale e che prescindono

dall’abilità e dalle capacità dei singoli.

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� L’avviamento può essere inteso come:

• avviamento in “senso lato”, quale differenza tra il valore di capitale economico

dell’azienda e il patrimonio netto rivalutato, che non include i beni immateriali oppure

che considera soltanto i beni immateriali già iscritti all’attivo e per il loro valore

contabile;

• avviamento in “senso stretto”, quale differenza tra il valore di capitale economico

dell’azienda e il patrimonio netto rivalutato comprensivo dei beni immateriali.

� L’avviamento (in senso lato o in senso stretto) può essere quantificato:

• in via indiretta, cioè come differenza tra valore economico e valore del patrimonio netto

rivalutato;

• in via diretta, quale attualizzazione dei sovra/sottoredditi in un certo arco temporale.

� L’avviamento (in senso lato o in senso stretto) può essere:

• derivativo, cioè rilevato in seguito all’acquisto di una azienda, un ramo aziendale oppure

ad una operazione di conferimento o di fusione; per esso deve essere stato sostenuto un

costo, cioè deve rappresentare una frazione del costo di acquisizione di un complesso

aziendale;

• originario, cioè è l’avviamento proprio dell’azienda acquirente o dell’azienda per la

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quale si redige il bilancio di funzionamento e non può essere rilevato

poichè per esso non è stato sostenuto alcun costo.

� L’avviamento (in senso lato o in senso stretto) può avere segno algebrico:

• positivo (c.d. Goodwill), qualora il capitale economico sia maggiore del

patrimonio netto rivalutato (metodo indiretto) o l’azienda si prospetta

produca sovraredditi (metodo diretto);

• negativo (c.d. Badwill), qualora il capitale economico sia inferiore al

patrimonio netto rivalutato (metodo indiretto) o l’azienda si prospetta

produca sottoredditi (metodo diretto);

� L’apprezzamento autonomo dei beni intangibili e la loro specifica

valutazione consente una miglior stima della redditività prospettica

dell’impresa.

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� Il patrimonio accessorio e necessario

� Il patrimonio aziendale può essere suddiviso in tre aree:

• patrimonio non pertinente (all’attività aziendale), come evidenziato precedentemente, che

potrebbe essere compreso nel patrimonio accessorio;

• patrimonio accessorio;

• patrimonio necessario.

Il patrimonio necessario e il capitale investito operativo

� Il patrimonio necessario è formato dagli elementi attivi e passivi patrimoniali che

costituiscono il complesso strumentale alla produzione del principale flusso reddituale e

monetario della gestione, espressivo del business nel quale opera l’impresa.

� Tale patrimonio può essere sinteticamente rappresentato da tre macroclassi di valori, a

ciascuna delle quali è associabile la relativa grandezza di sintesi del conto economico:

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Debiti finanziari

netti

Patrimonionetto

Capitaleinvestitooperativo

netto

Patrimonioaccessorio

Grandezza patrimoniale

-Capitale investito operativo netto

-Debiti finanziari netti

-Patrimonio netto

Grandezza reddituale

-Reddito caratteristico

-Oneri finanziari netti

-Reddito netto

�I debiti finanziari netti sono rappresentati dai finanziamenti passivi a titolo oneroso, al netto

degli investimenti finanziari temporanei o delle disponibilità liquide.

�Il patrimonio netto, espresso a valori contabili, assume la misura del capitale versato ed

esistente, cioè al netto non solo delle perdite ma anche degli eventuali crediti per decimi

ancora da incassare. Nell’ipotesi di identificare la misura che finanzia il solo capitale investito

operativo, si deduce anche l’ammontare degli investimenti accessori.

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� Il capitale investito operativo netto (CION) equivale al capitale complessivamente investito

nella gestione caratteristica dell’impresa e può essere scomposto nel capitale circolante

operativo netto e nel capitale fisso netto:

• il capitale circolante operativo netto (CCON) è dato dalla somma algebrica tra crediti,

rimanenze, debiti (compresi i debiti verso il personale) sorti per effetto dello svolgimento della

gestione caratteristica corrente;

• il capitale fisso netto è calcolato sottraendo agli investimenti materiali e immateriali della

gestione caratteristica i fondi ammortamento e svalutazione, i contributi in conto impianti, i

debiti verso i fornitori di immobilizzazioni e il TFR, considerato una forma interna di

finanziamento del capitale fisso.

Il patrimonio accessorio

� Il patrimonio accessorio è composto da quegli elementi patrimoniali che non sono strettamente

necessari per i futuri svolgimenti della gestione aziendale.

� Nel patrimonio accessorio devono essere ricompresi gli:

• investimenti destinati alla produzione di reddito addizionale a quello caratteristico;

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• investimenti destinati al realizzo;

• investimenti dell’area caratteristica destinati al realizzo.

� Gli investimenti accessori destinati alla produzione di reddito addizionale a quello

caratteristico sono, di norma, rappresentati dai seguenti:

• investimenti in immobili, qualificati come immobili non strumentali, poiché non impiegati

nello svolgimento dell’attività caratteristica dell’impresa, in gergo fiscale “immobili civili”;

• investimenti nel capitale di rischio delle imprese, rilevati nel bilancio come quote di

partecipazione al capitale sociale e azioni, fatto salvo quanto si dirà di seguito;

• investimenti nel capitale di prestito, rappresentati sia da crediti di finanziamento che da

titoli a reddito predeterminato;

• concessione dell’utilizzo di marchi, brevetti, know-how, nella sola ipotesi che il relativo

bene immateriale sia esclusivamente utilizzato da terzi; nell’ipotesi che il bene immateriale

concorra, in via principale, allo svolgimento della gestione caratteristica è opportuno

mantenere il relativo bene nel capitale investito operativo netto;

• rami aziendali concessi in affitto.

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Affinché si possa cogliere la relativa autonomia degli investimenti di cui sopra rispetto allo

svolgimento dei processi di gestione caratteristica, è necessario analizzare il grado di

interdipendenza previsto tra risultati caratteristici e risultati estranei all’area caratteristica

della gestione.

� Poiché il patrimonio accessorio è sommato alla valutazione dell’azienda, effettuata secondo

una prescelta metodologia, i componenti di reddito generati dagli investimenti accessori sono

esclusi dalla determinazione della nozione di reddito o di flusso monetario assunta nel

processo di valutazione principale.

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Investimenti accessori. Relazione tra elementi patr imoniali e componenti di reddito

a) Ammortamenti[1]

b) Minusvalenze/Svalutazioni a) Fitti attivi

b) PlusvalenzeRami aziendali

(beni strumentali)

a) Ammortamentib) Minusvalenze/Svalutazioni

a) Royaltiesb) Plusvalenze

Marchi, Brevetti, Know-how

b) Minusvalenze/Svalutazionia) Interessi attivib) Plusvalenze

Titoli a reddito predeterminato ecrediti finanziari

b) Minusvalenze/SvalutazioniCoperture perdite

a) Dividendib) Plusvalenze

Partecipazioni azionarie e non azionarie

a) Costi di gestioneb) Minusvalenze/Svalutazioni

a) Fitti attivib) Plusvalenze

Immobili (c.d. civili)

negativia) correnti

b) non correnti

Positivia)correnti

b)non correnti

Elementi patrimoniali

Componenti di reddito

[1] Nell’ipotesi che l’ammortamento sia effettuato dall’impresa proprietaria dei beni strumentali.

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� I capitali integrativi

� La valutazione di azienda con metodi reddituali o finanziari può fondarsi su prospettive di

sviluppo della gestione futura tali da determinare grandezze di reddito o di cash-flow

notevolmente superiori a quelle che l’attuale struttura produttiva aziendale è in grado di

concorrere a generare.

� Appare evidente che la struttura produttiva non può costituire un vincolo ad una valutazione

economica fondata su ragionevoli e razionali prospettive di sviluppo. Quindi, coerentemente

all’incremento programmato del volume di attività, del fatturato e del flusso reddituale è

necessario tenere conto dei nuovi investimenti (inserendo le relative quote nel processo di

normalizzazione del reddito) e della modalità del loro finanziamento.

� Se si prevede di finanziare lo sviluppo – i nuovi investimenti e l’incremento del circolante –

facendo esclusivo ricorso al capitale a titolo di prestito, l’incremento dell’indebitamento

finanziario sarà già stato considerato implicitamente nella determinazione del flusso

reddituale o finanziario atteso, tramite la stima degli oneri finanziari che graveranno sui

futuri esercizi.

� Se, invece, si ipotizza di far ricorso all’aumento del capitale sociale per finanziare, in tutto o in

Valutazione d’azienda

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parte, i nuovi investimenti, il nuovo apporto di capitale proprio deve essere detratto dal

valore economico dell’azienda poichè l’incremento degli investimenti, del fatturato e,

quindi, dell’utile sono condizionati dal versamento del capitale proprio.

� Nell’ipotesi che l’aumento del capitale proprio fosse, in tutto o in parte, destinato a

riequilibrare la struttura finanziaria (il rapporto tra indebitamento finanziario e patrimonio

netto) sarebbe necessario ricalcolare nei budget la determinazione di oneri finanziari, tenuto

conto della riduzione che subiranno i debiti finanziari.

� E’ sottinteso che l’ipotesi di far ricorso al capitale di prestito implica: la preventiva verifica

della compatibilità dell’aumento dell’indebitamento finanziario rispetto alla struttura

finanziaria che si presenterà dopo tale aumento; che i terzi finanziatori percepiscano la

nuova “struttura finanziaria-obiettivo” come una struttura non “squilibrata”.

� Pertanto se si ipotizza di aver scelto il metodo reddituale-sintetico quale metodo di

valutazione dell’azienda, è necessario sommare algebricamente al valore economico ottenuto

gli eventuali capitali accessori e integrativi a titolo di pieno rischio (capitale proprio):

Valutazione d’azienda

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dove:

VA (R) = Valore dell’azienda determinato con il metodo reddituale

R = Reddito medio normalizzato prospettico

I = Tasso di attualizzazione

PA = Patrimonio accessorio

CI = Capitali integrativi a titolo di pieno rischio

VA (R) = R/i + PA - CI

Valutazione d’azienda

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La normalizzazione del reddito� Premessa

� Affrontiamo una casistica abbastanza esaustiva delle problematiche che si possono

riscontrare nella determinazione di una misura di risultato atteso che sia espressione della

stabilizzata attitudine dell’azienda a produrre reddito, da cui derivare il valore economico

del capitale d’impresa.

� La teoria economico-aziendale individua tale momento della valutazione d’azienda con il

termine di normalizzazione dei redditi attesi.

� Le peculiarità che incidono sul processo di normalizzazione

I redditi attesi da sottoporre al processo di normalizzazione

� Per ciò che concerne la determinazione quantitativa dei redditi attesi da sottoporre a

normalizzazione, la teoria economico-aziendale ha elaborato diverse modalità di

previsione degli stessi, si presentano teoricamente possibili almeno quattro ipotesi di stima.

Valutazione d’azienda

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• Una prima ipotesi suppone la conservazione dei risultati storicamente ottenuti in tempi

recenti (metodo dei risultati storici).

• la seconda considera la proiezione dei risultati storici nel futuro, adeguati in funzione del

probabile comportamento di alcune variabili quali ad esempio: dimensione dell’attività

svolta in modo duraturo, livello dei prezzi di vendita, grado di produttività del lavoro,

incidenza di costi generali o degli oneri finanziari, ecc. (metodo della proiezione dei risultati

storici).

• La terza assume i risultati economici espressi nei piani aziendali per definiti periodi futuri:

ordinariamente da uno a cinque anni (metodo dei risultati programmati).

• Una quarta ipotesi, infine, valuta le possibili nuove ipotesi di sviluppo della gestione futura

e ne considera le probabili conseguenze in termini di reddito (metodo dell’innovazione).

� Per le piccole e medie imprese, il principale, se non unico, punto di riferimento risulta

essere l’analisi dei risultati reddituali realizzati nel recente passato. I redditi storici sono

assunti quale significativa espressione dei risultati che l’azienda potrà generare in futuro.

� Dopo aver normalizzato i redditi, occorre renderli omogenei dal punto di vista del metro

monetario, esprimendoli in moneta con potere d’acquisto corrente all’epoca della

valutazione

Valutazione d’azienda

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� Da ultimo si potrebbe comporre una media (semplice o ponderata) dei redditi normalizzati

consuntivi e/o preventivi e sottoposti all’adeguamento monetario, così da sostituire ai

redditi puntualmente determinati per n periodi amministrativi futuri, un’unica grandezza

che sia espressione della durevole e stabilizzata attitudine dell’impresa a produrre reddito

lungo un arco temporale indefinito. Questo modo di procedere permetterà l’utilizzazione

del ben noto metodo reddituale semplice, cui corrisponde l’algoritmo matematico del valore

attuale della rendita perpetua, posticipata, di rata costante pari al reddito medio

normalizzato atteso.

Valutazione d’azienda

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La materialità dei singoli componenti del reddito

� Occorre considerare che rettifiche di entità modesta dei componenti positivi o negativi del

reddito, sottoposto al processo di normalizzazione, determinano una variazione

percentualmente rilevante del valore economico dell’azienda (per effetto della

capitalizzazione dei redditi attesi).

� Ciò significa che nella normalizzazione del reddito si rende necessario analizzare e

considerare ogni singolo componente negativo e positivo di reddito, in quanto anche un

componente che potrebbe essere ritenuto “immateriale” in valore assoluto risulta, per

contro, rilevante e “materiale” nella valutazione dell’azienda.

La pianificazione fiscale

� Come si potrà notare, una parte rilevante del processo di normalizzazione dei redditi è

dedicata all’eliminazione – o quantomeno all’attenuazione – dell’influsso delle politiche di

bilancio finalizzate alla riduzione del reddito imponibile adottate dall’imprenditore.

� Risulterà, quindi, di primaria importanza verificare che tutti i ricavi - e i correlati costi -

siano stati contabilizzati e che i costi contabilizzati mostrino il requisito della inerenza

all’attività economica di produzione del reddito.

Valutazione d’azienda

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L’avviamento soggettivo

� I fattori che qualificano l’avviamento possono essere distinti in trasferibili e non trasferibili o

soggettivi. Un’interpretazione di tale distinzione è che i primi potrebbero circolare con

l’azienda, i secondi invece, derivando dalle particolari doti personali di colui che

amministra l’azienda, verrebbero meno in caso di trasferimento della stessa.

� In prima approssimazione, i fattori trasferibili sarebbero quelli relativi all’ubicazione

dell’impresa e ad altre favorevoli condizioni ambientali, alla notorietà dei marchi di

commercio, all’ampiezza, al grado di stabilità e alla qualità della clientela, alla competenza

del personale dipendente, alla perfezione raggiunta nei processi di lavorazione, al possesso

di diritti di concessione e di altre condizioni di monopolio giuridico o di fatto in cui

l’impresa operi ecc., che congiuntamente rendono l’azienda atta a produrre flussi di reddito

superiori a quelli ritraibili da investimenti alternativi paragonabili in quanto a grado di

rischio.

� I fattori non trasferibili sarebbero, invece, quelli strettamente legati alla eccezionale perizia

amministrativa di colui che conduce l’azienda, alla sua partecipazione operosa e assidua

alla vita dell’impresa, al suo modo di relazionare con il personale subordinato e con i terzi.

Valutazione d’azienda

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� Nella realtà delle singole imprese, fattori di avviamento trasferibili e non trasferibili

risultano tra loro combinati in vario modo. Tali rapporti però, dovrebbero essere

accuratamente vagliati, perché il “prezzo” dell’avviamento dovrebbe essere commisurato

ai soli fattori trasferibili.

� Nelle piccole/medie imprese i fattori soggettivi di avviamento possono spiegare gran parte

del reddito prodotto. Spesso la redditività dell’azienda è espressione dell’eccezionale

abilità del “capo” (che il più delle volte è anche proprietario), tanto che i terzi identificano

l’azienda stessa con la sua persona.

� Tale aspetto non può essere trascurato nella valutazione dell’azienda, ma data la difficoltà

operativa, nonché l’impossibilità logica, di individuare la quota parte di reddito imputabile

al cosiddetto avviamento soggettivo, si ritiene più agevole risolvere il problema a livello di

determinazione del tasso di capitalizzazione, aumentando la misura del premio per il

rischio specifico dell’azienda da valutare. Tale maggiorazione starebbe a fronte del rischio

di non riuscire a conseguire i redditi nella misura prefigurata a causa della cessazione delle

funzioni del precedente “capo”.

Valutazione d’azienda

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d) alla neutralizzazione delle politiche di bilancio (comprese quelle fiscali);

e) all’imputazione di componenti di reddito contabilmente non rilevate;

f) alla rideterminazione delle imposte di competenza.

a) I componenti straordinari sono qui intesi come i componenti non ripetibili del reddito di

esercizio: essi pertanto devono essere eliminati al fine di esprimere un risultato “normale”.

Ad esempio, tra i proventi/oneri non ripetibili si annoverano quelli derivanti dal realizzo

di importanti cespiti attivi. Tra gli oneri straordinari non ripetibili si citano i costi di

ristrutturazione, le perdite per danni da calamità naturali, i costi connessi al mancato buon

fine di cause di lavoro o di contenziosi con l’amministrazione finanziaria, ecc..

b) I componenti afferenti i capitali accessori sono generati dal sottosistema di operazioni

dell’area patrimoniale (o extracaratteristica) della gestione, con il quale l’impresa ricerca le

forme d’impiego più convenienti – dal punto di vista del binomio rischio-rendimento –

delle eccedenze di mezzi monetari create dalla gestione caratteristica, al fine di conseguire

redditi addizionali, relativamente autonomi, rispetto a quest’ultima.

Valutazione d’azienda

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Se i beni costituenti i capitali accessori sono oggetto di cessione nell’ambito del

trasferimento dell’azienda, gli stessi saranno autonomamente valutati al loro valore

corrente di mercato e sommati al valore dell’azienda determinato con i metodi reddituali.

c) I componenti non inerenti possono essere definiti come componenti estranei alla

produzione del reddito dell’impresa e , per questo, evitabili. Ad esempio l’imputazione di

costi al solo scopo di ridurre il reddito fiscalmente imponibile. Tali componenti sono il

logico portato delle politiche di pianificazione fiscale.

d) Il punto di massimo rilievo in tema di normalizzazione del reddito riguarda

l’eliminazione dell’influsso delle politiche di bilancio, in particolare di natura fiscale,

giudicate distorsive rispetto al fine della corretta misurazione dei risultati economici

conseguiti.

Le rettifiche potranno riguardare le politiche perseguite dall’impresa in merito alla

capitalizzazione dei costi, il calcolo delle quote di ammortamento, la valorizzazione delle

giacenze di magazzino, la costituzione di fondi di rischio e fondi costi futuri, ecc..

e) I componenti contabilmente non rilevati sono rappresentati, in particolare, dai ricavi e dai

costi volutamente non recepiti nella contabilità sistematica perché generati dalla

cosiddetta attività “sommersa” dell’impresa e dai costi per la rimunerazione dei

proprietari che prestano la loro opera nell’impresa.

Valutazione d’azienda

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f) Il ricalcolo delle imposte di competenza risulta essere una fase molto importante del

processo di normalizzazione, in quanto bisogna quantificare il costo per imposte sulla

base del nuovo reddito risultante dalla normalizzazione.

� La normalizzazione dei componenti positivi e negativi di reddito

tipici di una impresa industriale

� Di seguito vengono analizzati e normalizzati i tipici componenti positivi e negativi di

reddito di una impresa industriale, evidenziando le problematiche e le soluzioni

operative adottabili.

� La tipologia dei componenti di reddito presentata e le problematiche rilevate sono da

ritenersi rappresentative di una significativa casistica effettivamente riscontrata nella

realtà.

Valutazione d’azienda

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I componenti positivi di reddito

I ricavi di esercizio

Problema:

� Verificare che i ricavi iscritti in bilancio siano rappresentativi dell’effettivo fatturato

conseguito con lo scopo di considerare anche la redditività sommersa dell’azienda.

Soluzione operativa:

� Ai fini della normalizzazione del reddito devono essere considerati tutti i ricavi anche se

non contabilizzati.

� In determinate circostanze la considerazione dei ricavi non contabilizzati può essere un

problema non superabile agevolmente, in particolare, nelle valutazioni effettuate ai sensi

dell’art. 2343 c.c. (oppure nell’ambito di operazioni di fusione o scissione) nonché nelle

valutazioni effettuate su incarico dell’autorità giudiziaria, per le difficoltà probatorie

relative a tale componente positivo di reddito. Pertanto, nelle valutazioni con le finalità

indicate, in genere, si rende opportuno considerare tali ricavi solo se esplicitamente

richiesto dal Giudice conferente l’incarico.

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Le rimanenze finali e i lavori in corso su ordinazione di durata pluriennale

Problema:

� Verificare i criteri di valutazione adottati per la valorizzazione delle giacenze di magazzino

e dei lavori in corso su ordinazione di durata pluriennale.

Soluzione operativa:

� Si rende opportuno procedere ad un inventario fisico alla data della valutazione.

Aggiungendo alle giacenze riscontrate a tale data le quantità vendute o trasformate nel

periodo amministrativo in corso e sottraendo le quantità acquistate, si potrà controllare,

almeno con riferimento all’ultimo periodo amministrativo contemplato dalla

normalizzazione, la reale consistenza del magazzino.

� Si rammenta che le rimanenze finali si contrappongono alle rimanenze iniziali (che

compaiono tra i componenti negativi di reddito) pertanto risulta di primaria importanza

adottare per le une e per le altre i medesimi criteri di valutazione, in quanto l’effetto sul

reddito sarà la differenza tra i due valori.

� Non è possibile limitarsi a valutare la variazione (incremento o decremento) delle

rimanenze finali rispetto a quelle iniziali, in quanto il risultato scaturente potrebbe essere

inficiato dalla non corretta valorizzazione attribuita in bilancio alle giacenze “compensate”

Valutazione d’azienda

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per evidenziare la variazione delle stesse [2].

- Rimanenze finali:

• Il criterio generale del valore corrente è solitamente di agevole applicazione alle materie

prime; talvolta - in mancanza di idonee informazioni - può supplire il prezzo del più

recente acquisto.

• Per le rimanenze di prodotti destinati alla normale vendita si può considerare il minor

valore tra il costo più recente di produzione ed il prezzo medio di vendita depurato dagli

oneri ancora da sopportare per il collocamento. Per i prodotti fuori listino o obsoleti, si fa

riferimento al prezzo di possibile realizzo a stralcio o in blocco.

• Per i semilavorati si adotta come riferimento il costo attuale o recente di produzione, tenuto

conto dello stato di avanzamento del processo di trasformazione.

- Rimanenze di lavori in corso su ordinazione di durata pluriennale:

• La realizzazione di un’opera pluriennale genera valori comuni a più esercizi. Nel rispetto

del principio di competenza economica l’utile previsto sulla commessa deve essere

ripartito e imputato ai diversi periodi di esecuzione della stessa, in funzione

dell’avanzamento dei lavori determinato con il metodo più idoneo, tenuto conto delle

caratteristiche dell’opera.

Valutazione d’azienda

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� Questo obiettivo si raggiunge valutando le rimanenze finali di lavori in corso sulla base del

metodo della percentuale di completamento.

� Al termine di ciascun periodo amministrativo, alle rimanenze di lavori in corso su

ordinazione verrà attribuito il valore risultante dall’applicazione della seguente formula:

(ricavo contrattualmente pattuito x % di lavoro svolto) - ricavi liquidati in via definitiva [3]

� Ai fini della normalizzazione del reddito occorrerà, quindi, rideterminare lo stato di

avanzamento lavori su basi congrue.

[2] L’esemplificazione di seguito esposta consente di mettere in evidenza le disfunzioni che potrebbero derivare dal limitare la valorizzazione esclusivamente alla variazione delle giacenze:

• Giacenze iniziali 100 pezzi - valore corrente all’1 gennaio 1 euro a pezzo - per un totale di euro 100.• Giacenze finali 200 pezzi - valore corrente al 31 dicembre 1,1 euro a pezzo - per un totale di euro 220.• Valutazione della variazione subita dalle giacenze: 100 pezzi a euro 1,1 = euro 110.• Valutazione corretta (rimanenze finali - rimanenze iniziali); 220-100 = 120.• Come si può constatare risulta una differente valutazione dell’importo di euro 10.

[3] I principi contabili, nel rispetto del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ricomprendono, tra i ricavi da dedurre dal valore dei lavori in corso, anche gli acconti fatturati sulla base di stati di avanzamento dei lavori, quando si è ragionevolmente certi che il ricavo verrà definitivamente riconosciuto dal committente.

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� La tabella di seguito esposta evidenzia una esemplificazione su come concretamente può

essere calcolato il valore dei lavori in corso su ordinazione:

Lavori in corso di esecuzionePrezzo

contrattuale% S.A.L.

Val. S.A.L.

totale

Importi già

fatturati*

Val. S.A.L. al

31.12.

Commessa A 220.668 50% 110.334 25.000 85.334

Commessa B 21.929 10% 2.193 2.000 193

Commessa C 26.974 100% 26.974 0 26.974

Commessa D 53.700 100% 53.700 23.500 30.200

Commessa E 29.940 40% 11.976 0 11.976

Commessa F 164.650 100% 164.650 89.723 74.927

Commessa G 160.000 50% 80.000 75.000 5.000

Commessa H 19.210 65% 12.487 0 12.487

Commessa I 27.214 95% 25.853 24.621 1.232

Commessa L 77.707 99% 76.930 73.433 3.497

Commessa M 443.109 80% 354.487 225.709 128.778

Val. Tot. lav. in corso al 31.12. 380.598

* Classificati come ricavi, escludendo quindi i meri anticipi di natura finanziaria.

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Gli abbuoni attivi, i resi, gli sconti

Problema:

� Verificare l’ammontare e la ricorrenza degli stessi.

Soluzione operativa:

� In genere tale voce non è di rilevante importo pertanto non si pone il problema della

straordinarietà della stessa. Se gli abbuoni attivi sono comunque ricorrenti non devono

essere rettificati.

I ricavi diversi (accessori)

Problema:

� La tipica voce rientrante nei ricavi accessori è l’affitto attivo derivante dalla locazione di

immobili civili e gli altri proventi estranei alla gestione caratteristica.

Soluzione operativa:

� Tali componenti positivi vanno eliminati.

� Se i beni costituenti i capitali accessori sono oggetto di cessione nell’ambito del trasferimento

dell’azienda, gli stessi saranno autonomamente valutati al loro valore corrente di mercato e

sommati al valore dell’azienda determinato con i metodi reddituali.

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I contributi in conto esercizio

Problema:

� Verificare l’ammontare, la ricorrenza e le finalità per cui vengono erogati.

Soluzione operativa:

� Se tali componenti positivi di reddito sono fisiologici all’attività operativa svolta

dall’impresa non devono essere rettificati (contributi all’acquisto, alla vendita o alla

produzione); per contro, se vengono erogati per ragioni contingenti e non in modo

ricorrente devono essere rettificati, perché non ripetibili.

I contributi in conto impianti

Problema:

� Talvolta, in determinati settori di attività, può accadere che vengano rilevati dei contributi

in conto impianti.

Soluzione operativa:

� Questi devono essere imputati in conto economico e ripartiti in funzione della vita utile dei

cespiti per cui sono stati erogati, mediante la tecnica del risconto o la riduzione degli

ammortamento riferibili ai beni stessi.

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Se ritenuti però del tutto straordinari, potrebbero essere considerati non più ripetibili e quindi

rettificati eliminando l’influsso sul reddito.

Gli Interessi attivi

Problema:

� Verificare la provenienza degli interessi attivi, constatando se derivano da investimenti

accessori o da conti correnti bancari necessari per la gestione dell’attività corrente

dell’impresa.

Soluzione operativa:

� Gli interessi attivi che derivano da investimenti accessori devono essere eliminati, mentre

quelli che derivano dai conti correnti necessari per la gestione dell’attività corrente non

devono essere rettificati.

Le plusvalenze da alienazione

Problema:

� La teoria economico-aziendale e la prassi contabile hanno a lungo discusso sulla natura

ordinaria o straordinaria di tali componenti di reddito, ma come vedremo per le nostre

finalità il problema non si pone, in quanto:

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a) le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobilizzazioni non strumentali o dalla

cessione di beni che determinano una ristrutturazione aziendale sono straordinarie per

natura;

b) le plusvalenze derivanti dalla cessione delle altre immobilizzazioni si manifestano per il

non corretto processo di ammortamento. Se il valore da ammortizzare venisse determinato

considerando anche il presumibile valore di realizzazione e fosse ripartito in funzione della

vita economicamente utile dell’immobilizzazione, all’atto della cessione non dovrebbero

determinarsi né plusvalenze né minusvalenze.

� Si può quindi ragionevolmente concludere che (salvo per le cessioni di immobilizzazioni

materiali non previste, dovute a rotture o a cattivo funzionamento del bene, che possono

rendere più conveniente la cessione piuttosto che la riparazione dello stesso, le quali

determinano plusvalenze o minusvalenze straordinarie) tali componenti di reddito sono

causati dalla prassi comune di:

- applicare le aliquote di ammortamento fiscali, che molte volte determinano una

accelerazione del processo di ammortamento, in luogo di quelle economicamente corrette

sulla base della vita utile prevista delle immobilizzazioni;

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- utilizzare come valore da ammortizzare il costo storico, senza considerare il presumibile

ricavo di eliminazione.

Soluzione operativa:

� Le plusvalenze di cui al punto a) devono essere eliminate, in quanto di natura

straordinaria.

� Le plusvalenze di cui al punto b) devono anch’esse essere eliminate in quanto, grazie alla

rideterminazione degli ammortamenti[4] sulla base della vita utile prevista delle

immobilizzazioni e su un valore da ammortizzare pari al loro valore corrente, non si

dovrebbero manifestare.

I componenti negativi di reddito

Gli acquisti: materie prime - materiale di consumo - merci

Problema:

� Verificare che i costi iscritti in bilancio siano rappresentativi degli acquisti effettuati. Si

tenga presente che qualora si siano accertati ricavi non contabilizzati in genere la

conseguenza diretta è che vi siano anche costi non contabilizzati.

[4] Calcolo che vedremo nell’analisi delle quote di ammortamento imputate all’esercizio.

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Soluzione operativa:

� Ai fini della normalizzazione del reddito devono essere considerati tutti i costi inerenti, anche

se non contabilizzati[5] , per contro dovranno essere esclusi quelli non inerenti alla produzione

del reddito.

Le prestazione di terzi

Problema:

� Accertare la natura di tali prestazione per verificare l’inerenza alla produzione del reddito.

� Tale voce generica di bilancio potrebbe accorpare i costi di “intermediazione”[6]sostenuti per

ottenere determinati lavori o commesse.

[5] Ovviamente la mancata considerazione dei ricavi non contabilizzati per le circostanze evidenziate precedentemente determina, per correlazione, l’esclusione dei costi non contabilizzati riferibili ai suddetti ricavi.

[6] L’esistenza in bilancio dei costi cosiddetti di “intermediazione” presuppone che una parte dei ricavi conseguiti possano essere per il futuro non più ripetibili: a) perché determinati grazie alla particolare intraprendenza dell’imprenditore, che fa aumentare il valore dell’avviamento soggettivo comprimendo quello oggettivo e trasferibile; b) perché configurano dei ricavi ad alto rischio.In tale circostanza ci si deve chiedere se rettificare integralmente i costi ed i ricavi correlati considerandoli non piùripetibili per il futuro oppure se mantenerli iscritti. In quest’ultima ipotesi si rende necessario aumentare il tasso di capitalizzazione in quanto l’azienda oggetto di valutazione presenta dei caratteri di rischiosità maggiore.

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Soluzione operativa:

� I costi non inerenti (ad esempio: prestazioni occasionali di familiari per lavoro non prestato,

allo scopo di abbattere l’imponibile fiscale ed ottenere una aliquota media fiscale più bassa)

devono essere eliminati.

� I costi cosiddetti di “intermediazione” sono da correlare ai ricavi derivanti da tali

intermediazioni.

I costi di trasferimento “dell’avviamento soggettivo”

Problema:

� Qualora il cambiamento del soggetto economico preveda la continuità delle funzioni del

“capo”, mediante un contratto di collaborazione, di fatto si verifica il trasferimento

dell’avviamento soggettivo.

Soluzione operativa:

� Tale circostanza, non del tutto inusuale, determina l’inserimento, fra i componenti negativi

di reddito inerenti, del costo per la collaborazione del precedente soggetto economico.

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I costi legali e di consulenza (notaio, avvocato, commercialista)

Problema:

� Accertare la natura di tali prestazioni per verificarne l’inerenza alla produzione del reddito

e controllare che i costi relativi a eventuali aumenti di capitale sociale siano stati

correttamente capitalizzati.

� Per quanto riguarda i costi legali si rende opportuno verificare che non siano straordinari e

non ripetibili, ad esempio perché dovuti ad una causa particolarmente impegnativa che

non rientra nella normalità della vita aziendale.

Soluzione operativa:

� In genere tali costi non creano problemi di inerenza o di competenza economica, pertanto

non si procede ad alcuna rettifica.

� I costi dovuti ad aumenti di capitale sociale – se aventi utilità pluriennale - saranno stornati

dal conto economico e parteciperanno alla determinazione del reddito mediante il processo

di ammortamento.

� I costi legali straordinari sono da eliminare in quanto non ripetibili.

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I costi di pubblicità - trasporto - vigilanza - collaudo – i canoni di assistenza

Problema:

� Accertare la natura di tali prestazione per verificare l’inerenza alla produzione del reddito.

Per i costi di pubblicità è necessario verificare anche l’eventuale utilità futura e la

straordinarietà degli stessi.

� Per i costi di collaudo, si rende opportuno verificare la ricorrenza degli stessi.

Soluzione operativa:

� In genere tali costi non creano problemi di inerenza o di competenza economica, pertanto

non sono soggetti a rettifiche.

� I costi di pubblicità che hanno utilità futura (campagne pubblicitarie di lancio del prodotto)

saranno stornati dal conto economico e parteciperanno alla determinazione del reddito

mediante il processo di ammortamento; si tenga presente che sempre più, oggi, tali costi non

hanno utilità pluriennale.

� I costi di pubblicità straordinari (campagna indirizzate per far conoscere il marchio o la ditta)

devono essere rettificati perché non ripetibili.

� I costi di collaudo straordinari (a seguito dell’installazione di un nuovo macchinario)

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saranno stornati dal conto economico e parteciperanno alla produzione del reddito

mediante il processo di ammortamento.

Royalties

Problema:

� Per questi si deve verificare la congruità dei costi, soprattutto per quelle erogate a società

non indipendenti (infragruppo) per rettificare le eventuali pianificazioni fiscali che

vengono operate fra le società del gruppo mediante l’applicazione di remunerazioni non in

linea con il mercato.

Soluzione operativa:

� La suddetta rettifica è spesso di difficile applicazione, in quanto è sempre molto arduo

definire una royalties congrua, pertanto in genere la rettifica viene operata solo per casi di

grave sproporzione.

Il compenso dell’imprenditore o dell’amministratore - del “capo”

Problema:

� Verificare la congruità della rimunerazione a vario titolo corrisposta, in quanto accade

sovente che la stessa sia fissata in funzione dell’utile in corso di formazione dell’impresa,

con finalità di pianificazione fiscale.

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Soluzione operativa:

� Si ritiene di poter calcolare una rimunerazione congrua in funzione del lavoro effettivamente

prestato, del settore di attività, del fatturato conseguito dall’impresa e dell’organizzazione

del personale presente, in particolare l’esistenza di dirigenti.

I costi di manutenzione e riparazione

Problema:

� Verificare che i costi di manutenzione e riparazione straordinari e incrementativi del valore

d’uso dell’immobilizzazione cui si riferiscono siano stati correttamente capitalizzati e non

integralmente imputati al conto economico dell’esercizio di sostenimento al solo fine di

aumentare i costi fiscalmente deducibili.

� Viceversa, bisogna accertare che le manutenzioni e riparazioni ordinarie siano state

correttamente imputate a conto economico e non capitalizzate.

Soluzione operativa:

� I costi di manutenzione e riparazione che, nella sostanza, apportano miglioramenti e

ammodernamenti devono essere stornati dal conto economico per partecipare alla

determinazione del risultato economico tramite le quote di ammortamento.

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Mentre i costi non incrementativi od ordinari non devono essere capitalizzati ma devono

confluire integralmente nel conto economico.

I costi per affitti

Problema:

� Verificare la congruità dei costi per affitti, in particolare per quelli relativi all’utilizzo di

beni intestati a soggetti terzi non indipendenti rispetto all’azienda. Ci si riferisce in modo

specifico alla circostanza, abbastanza comune nelle piccole imprese, che l’opificio dove

viene svolta l’attività produttiva sia di proprietà personalmente del socio. Si rende

opportuno verificare che il canone di affitto sia congruo[7] rispetto al bene oggetto del

contratto anche in riferimento alle clausole del contratto stesso (ad esempio: chi si fa carico

dei costi e delle manutenzioni ordinarie e straordinarie).

Soluzione operativa:

� Il canone da considerare nella determinazione del reddito atteso normalizzato deve essere

equivalente a quello che si sarebbe dovuto corrispondere nell’ipotesi di affitto

dell’immobile da terze economie, considerando beni con analoga destinazione, ubicati nella

medesima zona e soggetti alle medesime clausole contrattuali.

[7] Si tenga presente che può accadere, anche, che tali beni siano utilizzati dall’impresa in comodato.

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I costi relativi ad investimenti accessori

Problema:

� Tipicamente costi relativi alla gestione di immobili non strumentali all’attività (ICI, costi di

manutenzione, luce, riscaldamento, costi di servizi vari ecc.).

Soluzione operativa:

� Tali componenti negativi in maniera correlata a quelli positivi (fitti attivi) vanno eliminati.

I canoni di leasing

Problema:

� Qualora i programmi di gestione futura dell’impresa locataria facciano ritenere

ragionevolmente certo il riscatto, il leasing rappresenta, nella sua sostanza economica, una vera

e propria forma di finanziamento a medio-lungo termine, cui l’impresa può ricorrere per

finanziare l'acquisizione delle immobilizzazioni tecniche.

� Per la rappresentazione del leasing finanziario nel bilancio dell’impresa locataria il nostro

legislatore fa implicito riferimento al metodo patrimoniale, sottolineando la circostanza che la

titolarità del bene non viene traslata sino alla scadenza del contratto.

� L'impresa locataria non potrà rilevare il bene acquisito in leasing tra gli elementi attivi del

capitale di funzionamento, perché non è titolare del diritto di proprietà;

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solo all'atto dell’eventuale riscatto essa potrà iscrivere il bene tra le attività dello stato

patrimoniale, per un valore pari al prezzo di riscatto, e procedere al relativo ammortamento.

Nel corso del contratto l'impresa locataria rileverà l'importo dei canoni di leasing di

competenza economica di ciascun esercizio tra i componenti negativi di reddito e indicherà

l'importo dei canoni residui dovuti alla società di leasing nel sistema sussidiario dei conti

d'ordine accesi agli impegni.

� Com’è noto, la partecipazione alla produzione di reddito di un immobilizzazione tecnica è

correttamente misurata dalle quote di ammortamento determinate, in ciascun esercizio,

tenendo conto delle residue possibilità di economica utilizzazione del fattore produttivo.

L’imputazione, al conto economico, dei canoni di leasing, soprattutto considerando che

difficilmente la durata del contratto di leasing coincide con la vita economicamente utile del

bene, non permette la corretta misurazione dei risultati d’esercizio. Inoltre, alla scadenza del

contratto, l’ammortamento calcolato sul prezzo di riscatto si rivela sistematicamente

sottostimato, perchè il prezzo di riscatto ha spesso un valore simbolico o, comunque,

notevolmente inferiore al valore d’uso del bene riscattato.

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Soluzione operativa

� E’ opportuno contabilizzare il leasing seguendo il metodo finanziario, che privilegia la sostanza

economica dell’operazione, interpretandola quale contratto con scopo di finanziamento. In

base a questa soluzione, il valore dell’immobilizzazione tecnica sarà iscritto tra le attività

dello stato patrimoniale dell'impresa locataria – che, di fatto, assume tutti i rischi e i vantaggi

tipici della proprietà - e sarà ammortizzato sulla base della sua prevedibile vita

economicamente utile; tra le passività dello stato patrimoniale del periodo n-esimo figurerà il

valore residuo del finanziamento, pari all'importo delle "quote capitale" comprese nei canoni

periodici ancora da versare. Nel conto economico del periodo n-esimo, tra i componenti

negativi del reddito di esercizio, figureranno la quota di ammortamento del bene e l'onere

finanziario costituito dalle "quote interessi" di competenza dell'esercizio comprese nei canoni

periodici.

� I valori generati dall'operazione di leasing sono dedotti da un piano di ammortamento

finanziario, con il quale si determinano la "quota interessi" e la "quota capitale" compresa in

ciascun canone periodico. A tal fine si può adottare il tasso interno di costo del

finanziamento (t.i.c.), definibile come il tasso di attualizzazione che rende uguale, per il

locatario, il valore dell'investimento iniziale (costo di acquisto del bene) al valore attuale dei

canoni periodici anticipati (+ prezzo di riscatto, se di ammontare non puramente simbolico).

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� Talvolta può accadere che la rata di rimborso non sia costante, ma variabile perché il tasso

di interesse è variabile, in tale circostanza si deve procedere in maniera approssimata.

Un esempio di normalizzazione dei componenti di reddito derivanti da un’operazione di

leasing finanziario:

Clausole del contratto del leasing finanziario:

Bene oggetto del contratto Macchinario specifico

Costo del bene 50.000

Durata del contratto 6 anni

Costo totale del leasing 64.800

Numero canoni periodici 72 mensili anticipati

Importo canone mensile 900

Prezzo di riscatto simbolico 1

- Componenti negativi di reddito imputati al conto economico secondo il metodo patrimoniale: € 10.800 per

ogni periodo amministrativo di durata del contratto.

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Calcolo dei costi da imputare ai fini della normalizzazione del reddito:

- se si ipotizza una vita utile del macchinario di 16 anni e un valore corrente pari al costo storico dello

stesso (€ 50.000), la quota di ammortamento da imputare in conto economico è pari a € 3.125;

- per il calcolo della componente finanziaria del contratto, il t.i.c. dell’operazione è il 7,69 per mille mensile

(pari al tasso che rende uguale il valore attuale dei 72 canoni mensili anticipati al costo di acquisto del

macchinario).

Piano di ammortamento del prestito:

50.00039.63930.19121.57313.7126.541Debito estinto

4391.3522.1822.9393.6294.259Quota interessi

10.3619.4488.6187.8617.1716.541Quota capitale

10.80010.80010.80010.80010.80010.800Rata/canone

010.36119.80928.42736.28843.459Debito residuo

n+2n+1nn-1n-2n-3

Periodi amministrativi

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Pertanto, se si sta procedendo alla normalizzazione del reddito dell’esercizio relativo al periodo

amministrativo n, si dovrà eliminare l’importo di euro 10.800 per i canoni di leasing, integrare gli

ammortamenti di euro 3.125 e gli oneri finanziari di euro 2.182; con un effetto positivo complessivo sul

reddito di euro 5.493.

Gli oneri relativi al personale dipendente

Problema:

� Verificare che tutti i costi relativi al personale siano inerenti alla produzione del reddito, in

particolare per accertare eventuali oneri del personale dipendente relativi ai familiari dei

soci o degli amministratori che potrebbero essere stati assunti al solo scopo di ridurre il

reddito fiscalmente imponibile ed ottenere un’aliquota media fiscale (familiare) più bassa.

� Risulta opportuno verificare, inoltre, che tutti i costi relativi alle retribuzioni vengano

imputati correttamente, in quanto può accadere che parte della retribuzione ordinaria o, più

frequentemente, quella straordinaria non transiti in busta paga.

Soluzione operativa:

� I costi relativi al personale dipendente non inerenti alla produzione del reddito debbono

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essere eliminati. Come costi si devono intendere tutti gli emolumenti annui relativi ai

dipendenti ritenuti non inerenti alla produzione del reddito. Nella tabella di seguito esposta

vengono evidenziati – relativamente ad un impiegato - quelle che sono le tipiche componenti

del costo del lavoro da rettificare:

21.178€Totale emolumenti

1.210€Premio INAIL

4.848€Contributi INPS a carico dell’azienda

1.170€Quota T.F.R.

674€Altre indennità

13.276€Retribuzione lorda (compreso 13a, 14a, ferie e permessi non retribuiti)

ImportoEmolumenti

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�I costi relativi al personale non rilevati in contabilità devono essere portati ad incremento degli

oneri per il personale dipendente. Questo discorso vale, a maggior ragione, per i soggetti che

prestano le proprie prestazioni come lavoratori subordinati, ma non risultano alle dipendenze della

società. Se dagli accertamenti effettuati risultano siffatte situazioni, ci si deve porre l’ulteriore

problema di accantonare per competenza un importo tale da consentire di valutare il rischio per

cause di lavoro che potrebbero intentare questi prestatori d’opera.

�Il problema citato può essere risolto imputando come costi relativi al personale non regolarmente

assunto, gli emolumenti che l’azienda dovrebbe erogare (costo aziendale) se il lavoratore fosse

regolarmente alle dipendenze della società. Si ritiene, quindi, non sufficiente considerare

esclusivamente gli importi effettivamente erogati dall’azienda al prestatore d’opera.

Gli ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali

Problema:

�Nell’impresa vale la censurabile prassi amministrativa di imputare al conto economico gli

ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali secondo le aliquote fiscalmente

ammesse, che normalmente non consentono una ripartizione del costo pluriennale in funzione

della vita economicamente utile delle immobilizzazioni.

�Inoltre, può accadere che vengano imputati al conto economico, oltre agli ammortamenti

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ordinari, anche gli ammortamenti anticipati, per mere ragioni di opportunità fiscale.

� La prassi amministrativa evidenziata determina due effetti:

- per talune immobilizzazioni un carico di ammortamento sovrastimato;

- per altre immobilizzazioni, un prematuro termine del processo di ammortamento e, di

conseguenza, la mancata imputazione degli ammortamenti di competenza ritenuti

economicamente congrui.

Soluzione operativa:

• Gli ammortamenti anticipati, che rilevano ai soli fini fiscali, devono essere eliminati.

• Gli ammortamenti ordinari devono essere rideterminati in funzione della vita economica

utile residua. Questo vale anche per quelle immobilizzazioni che hanno terminato il processo

di ammortamento nei periodi amministrativi precedenti, ma che contribuiscono ancora alla

produzione del reddito.

� Come valore da ammortizzare si deve prendere a riferimento il valore corrente

dell’immobilizzazione al netto dell’eventuale ricavo presunto di eliminazione [9].

� Per l’individuazione delle immobilizzazioni ammortizzabili si rende opportuno non riferirsi

[9] La necessità di ricalcolare gli ammortamenti sul valore corrente dei cespiti induce a ritenere comunque fondamentale il calcolo del cosiddetto PNR in presenza di immobilizzazioni materiali rilevanti.

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esclusivamente al registro cespiti ammortizzabili, ma anche ad un inventario fisico, per

verificare quali siano effettivamente le immobilizzazioni che contribuiscono alla

produzione del reddito.

� Per la previsione della vita utile residua delle immobilizzazioni si rende necessario

interpellare i referenti aziendali che sono gli unici in grado di definire tale parametro in

funzione dei piani e dei programmi gestionali dell’impresa.

Un esempio di rideterminazione degli ammortamenti:

Periodo amministrativo Valori di bilancio Valori stimati

Costo storicoAmm.

imputato% Vita utile

Vita utile residua

%Valore

correnteAmm.

congruo

Costi di impianto 12.500 2.500 20 5 5 20 12.500 2.500Ricerca e sviluppo 30.000 6.000 20 5 2 50 30.000 15.000Concessioni 20.000 4.000 20 5 20 5 20.000 1.000Macchinari specifici 1.600.000 29.539 1,85 54 20 5 2.343.000 117.150Automezzi 514.000 11.365 2,21 45 5 20 320.000 64.000Attrezzi specifici 650.000 15.721 2,42 41 20 5 450.000 22.500Mobili e macch. per ufficio 52.000 1.908 3,67 27 5 20 10.000 2.000Macchine/attrezzi officina 367.000 10.445 2,85 35 25 4 119.500 4.780Macchine elettroniche 10.940 1.684 15,39 6 3 33,33 5.000 1.667Impianti generici 137.000 15.000 10,95 9 15 6,667 163.000 10.867Impianti specifici 234.500 23.500 10,021 10 10 10 535.000 53.500

TOTALI 3.627.940 121.662 4.008.000 294.963

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Gli ammortamenti da noi ricalcolati sono evidenziati per gruppi di immobilizzazioni omogenei per natura e

destinazione economica, ma tale rettifica - se non eccessivamente oneroso - sarebbe da effettuare sulla

base di un ricalcolo analitico per singolo cespite.

� Gli ammortamenti relativi alle immobilizzazioni giudicate, nel corso della normalizzazione,

parzialmente o totalmente non inerenti, dovranno essere rettificati di conseguenza

(autoveicoli aziendali, terminali cellulari, moto, computer ecc.).

� L’eventuale ammortamento dell’avviamento iscritto in bilancio dovrà essere eliminato, in

quanto il mantenimento di tale componente negativo di reddito non consentirebbe una

corretta determinazione dell’avviamento in sede di valutazione.

I beni di valore inferiore a 516,46 euro [10]

Problema:

� Questa voce, in genere, individua il costo di beni ad utilità pluriennale di valore unitario

inferiore a 516,46 euro che, per ragioni esclusivamente fiscali, viene impropriamente

imputato al conto economico in un’unica soluzione.

[10] Il Testo Unico Imposte sui Redditi, all’art. 102 (Ammortamento dei beni materiali), al quinto comma recita quanto segue: “Per i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro è consentita la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute.”

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Soluzione operativa:

� Trattandosi di fattori produttivi che contribuiscono alla produzione del reddito di più

esercizi, il loro costo deve essere stornato dal conto economico, iscritto fra le attività dello

stato patrimoniale e fatto partecipare alla determinazione del risultato di esercizio tramite

le quote di ammortamento.

� Gli ammortamenti devono essere calcolati in funzione della vita economicamente utile

residua, mentre il valore da ammortizzare sarà dato dal valore corrente

dell’immobilizzazione al netto dell’eventuale ricavo presunto di eliminazione.

Le perdite presunte su crediti

Problema:

� Sovente, le piccole/medie imprese determinano l’accantonamento per perdite presunte su

crediti in funzione della loro possibile deducibilità fiscale, ex art. 106 T.U.I.R..

Soluzione operativa:

� Si rende opportuno valutare il rischio generico sui crediti in base all’esperienza storica

dell’impresa, in termini di perdite mediamente subite nei periodi amministrativi

precedenti. A titolo segnaletico si tenga presente che le società di revisione per le imprese

industriali di medio/grandi dimensioni individuano un rischio generico pari di qualche

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punto percentuale dei crediti (sino al 2-3%). Per valutare il rischio di mancato incasso dei

crediti gravante sull’imprese di piccole dimensioni caratterizzate dalla parcellizzazione

delle posizioni creditorie e, sovente, dalla mancanza di procedure di controllo del credito ai

clienti, la percentuale evidenziata non può che essere superiore.

� In effetti, un’elevata parcellizzazione (elevato numero di debitori per piccoli importi) dei

crediti può determinare la non convenienza ad adire le vie legali per escutere il debitore.

� Per quanto riguarda il rischio specifico sui crediti (riguardante specifici crediti di dubbia

esigibilità), bisogna valutare la straordinarietà delle singole posizioni a rischio, in quanto se

le posizioni specifiche sono anche di ammontare e manifestazione straordinaria, le perdite

presunte non devono essere considerate ai fini della determinazione del reddito

normalizzato.

� Talvolta però la straordinarietà della posizione a rischio non comporta l’eliminazione della

perdita su crediti in quanto se queste straordinarietà si manifestano comunque ciclicamente

in maniera pluriennale si rende necessario diluire la perdita su più periodi amministrativi

effettuando una sorta di ammortamento.

� Ogni situazione va attentamente valutata: si pensi ad una impresa monocliente la quale

non presenta alcun rischio d’incasso generico relativo ai crediti, ma presenta un rischio

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economico aziendale molto elevato, in quanto le sorti dell’attività sono fortemente

influenzate, se non dipendenti, dalle sorti dell’unico cliente (rischio da considerare nella

definizione del tasso di capitalizzazione).

Le rimanenze iniziali

Problema:

� Verificare i criteri di valutazione adottati per la valorizzazione delle giacenze di magazzino

e dei lavori in corso su ordinazione di durata pluriennale.

Soluzione operativa:

� Si rammenta che le rimanenze iniziali si contrappongono alle rimanenze finali (che

compaiono tra i componenti positivi di reddito), pertanto risulta di primaria importanza

adottare per le une e per le altre i medesimi criteri di valutazione, in quanto l’effetto sul

reddito sarà la differenza tra i due valori.

� Qualora si fosse già normalizzato il reddito del periodo amministrativo precedente rispetto

a quello oggetto di normalizzazione, come rimanenze iniziali si deve ovviamente

considerare il valore calcolato per le rimanenze finali dell’esercizio precedente.

� Non è possibile limitarsi a valutare la variazione (incremento o decremento) delle

rimanenze finali rispetto a quelle iniziali, in quanto il risultato scaturente potrebbe essere

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inficiato dalla non corretta valorizzazione attribuita in bilancio alle giacenze “compensate”

per evidenziare la variazione delle stesse.

� Per i criteri di valutazione si faccia riferimento a quelli descritti per la valorizzazione delle

giacenze finali.

I costi relativi agli autoveicoli: ammortamenti - manutenzioni e riparazioni - carburanti - bolli

e tasse - assicurazioni - pedaggi autostradali

Problema:

� Verificare, per ogni autoveicolo, l’inerenza totale o parziale dei costi alla produzione del

reddito. Tale analisi deve essere effettuata a livello di singolo autoveicolo.

� Inoltre, bisogna verificare che i costi di manutenzione e riparazione straordinari e

incrementativi del valore d’uso dell’autoveicolo siano stati correttamente capitalizzati per

partecipare alla determinazione del risultato d’esercizio tramite le quote di

ammortamento.

Soluzione operativa:

a) Dividere i costi afferenti gli automezzi da quelli relativi ad autoveicoli utilizzati dagli

amministratori, soci e dipendenti.

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b) Per gli autoveicoli utilizzati dagli amministratori, soci e dipendenti si rende necessario

valutare quanta parte del chilometraggio o per quanto tempo l’autoveicolo viene impiegato

in attività inerenti alla produzione del reddito.

Tale verifica è da effettuare in considerazione del fatto che gran parte degli autoveicoli

intestati alla società vengono utilizzati promiscuamente per fini aziendali e privati, come

fringe benfit degli amministratori o di taluni dipendenti.

Un esempio consente di rappresentare il modus operandi:

La società Alfa S.n.c. ha, fra gli altri, 5 autoveicoli intestati che vengono utilizzati dai soggetti e nei modi

di seguito esposti:

1) Amministratore A - utilizza l’autoveicolo esclusivamente per scopi aziendali;

2) Amministratore B - utilizza l’autoveicolo in modo promiscuo al 50%;

3) Amministratore C - non svolge alcuna attività di gestione all’interno della società;

4) Dipendente D - utilizza l’autoveicolo in modo promiscuo: 5 giorni alla settimana ad uso aziendale e 2

giorni alla settimana privatamente;

5) Dipendente E (familiare dell’amministratore A) - non svolge alcuna attività lavorativa (assunto

esclusivamente per ragioni di pianificazione fiscale).

Valutazione d’azienda

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Normalizzazione del reddito sulla base dei costi relativi agli autoveicoli di seguito esposti:

Si tenga presente che talvolta la voce di costo “ammortamento” potrebbe essere sostituita dal canone di

leasing afferente all’autoveicolo.

Sulla base delle ipotesi prese a riferimento i costi relativi agli autoveicoli da rettificare perchè non inerenti

alla produzione del risultato ammontano a euro 9.976.

Valutazione d’azienda

3.2161.70105.0590Costi da rettificare perchè non inerenti

0%5/7

71,43%

100%50%100%% di inerenza sulla base delle ipotesi prese a riferimenti

3.2165.9539.15610.11810.823Totale

4253251.333935975Assicurazioni

1.2592.6331.6773.3924.963Carburanti

01188403391.194Pedaggi autostradali

150150166166166Bolli e tasse

3829771.1402.2861.025Manutenzioni e riparazioni

1.0001.7504.0003.0002.500Ammortamento

Dip. EDip. DAmm. CAmm. BAmm. AVoce di costo

Autoveicolo utilizzato da:

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� Talvolta talune rimunerazioni in natura riconosciute ai dipendenti (fringe benefit),

potrebbero risultare necessarie, come integrazione alla retribuzione ordinaria; nella

fattispecie non si dovrà operare alcuna rettifica ai suddetti costi.

Valutazione d’azienda

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I costi relativi ad alberghi, ristoranti e di rappresentanza

Problema:

� In questa voce di costo potrebbero essere stati imputati componenti negativi di reddito non

inerenti alla produzione del reddito, ma dovuti a motivi di carattere personale.

Soluzione operativa:

� I costi sostenuti (in genere dagli amministratori) per motivi di carattere personale devono

essere eliminati.

Le multe

Problema:

� La voce comprende, in particolare, le sanzioni amministrative dovute a violazioni del

codice della strada di autoveicoli intestati alla società ed utilizzati da amministratori e

dipendenti.

Soluzione operativa:

� Tali costi, che dovrebbero essere riaddebitati al soggetto che ha violato le norme stradali,

devono essere eliminati in quanto non inerenti alla produzione del reddito.

Valutazione d’azienda

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I costi telefonici

Problema:

� Verificare l’eventuale esistenza di terminali cellulari intestati alla società e utilizzati da

amministratori e/o dipendenti.

� Verificare, inoltre, se tali cellulari vengano utilizzati anche al di fuori dell’orario di lavoro

per i dipendenti e per motivi che esulano dalla gestione aziendale per gli amministratori

(uso promiscuo).

Soluzione operativa:

� La parte di costo di gestione dei terminali cellulari utilizzati dagli amministratori per

motivi non inerenti alla gestione aziendale e dai dipendenti anche al di fuori dell’orario di

lavoro, deve essere stornata perché non inerente alla produzione del reddito.

� Un criterio operativo potrebbe essere quello di stornare i 2/7 o il 50% dei costi relativi a tali

cellulari, in funzione della percentuale di promiscuità d’uso degli stessi.

� Talvolta, talune rimunerazioni in natura riconosciute ai dipendenti (utilizzo del terminale

cellulare anche ad uso privato), potrebbero risultare necessarie, come integrazione alla

retribuzione ordinaria; nella fattispecie non si dovrà operare alcuna rettifica ai suddetti

costi.

Valutazione d’azienda

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I costi di assicurazione

Problema:

� Verificare che tutte le assicurazioni siano inerenti alla produzione del reddito, in quanto

potrebbe accadere che talune di esse non lo siano (assicurazione integrativa degli

amministratori o sulla vita).

Soluzione operativa:

� I costi per assicurazioni non inerenti sono da eliminare.

I costi per sanatorie e condoni

Problema:

� Molte imprese si trovano a dover versare importi anche ingenti per evitare eventuali

accertamenti che potrebbero determinare il pagamento di imposte, interessi e sanzioni. Tali

importi sono versati a titolo di condono, con il fine di chiudere definitivamente la

situazione fiscale degli anni pregressi. Normalmente, essendo costi di carattere

straordinario, dovrebbero essere stornati dal reddito in quanto non ricorrenti e non inerenti

alla produzione del reddito.

Valutazione d’azienda

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Le differenze su cambi e l’accantonamento al fondo oscillazione cambi

Problema:

� Verificare che le differenze su cambi e gli accantonamenti al fondo oscillazione cambi siano

correttamente calcolati.

� Verificare, inoltre, che l’oscillazione dei cambi non sia dovuta a cause contingenti e

straordinarie, quindi non ricorrenti.

Soluzione operativa:

� I componenti di reddito derivanti da oscillazioni dei cambi dovute a situazioni contingenti

e non ricorrenti sono da eliminare.

� Talvolta tali oscillazioni hanno carattere straordinario ma si presentano con ciclicità

pluriennale, in questo caso si rende necessario diluire il componente di reddito su più

periodi amministrativi.

Valutazione d’azienda

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Gli altri costi di gestione: postali, cancelleria, marche da bollo, energia elettrica, omaggi a

clienti, riscaldamento, altre tasse e imposte indirette deducibili dal reddito d’impresa,

indumenti da lavoro, certificati, vidimazioni, aggiornamenti e riviste

Problema

� Verificare per tutti l’inerenza alla produzione del reddito e la ricorrenza.

� Le imposte indirette ICIAP, tassa Partita Iva ed Imposta patrimoniale devono essere

considerati come costi non più ripetibili, in quanto sostituiti dall’IRAP.

Soluzione operativa:

� Generalmente, le tipologie di costi individuati non presentano particolari problemi di

normalizzazione, in quanto inerenti e ricorrenti.

� I costi relativi alle imposte indirette citate devono essere eliminati dal conto economico, in

quanto non più ripetibili.

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Gli interessi passivi e gli oneri bancari

Problema:

� I costi finanziari sono, generalmente, una componente importante del reddito in quanto le

imprese italiane risultano fisiologicamente sottocapitalizzate e con insufficiente forza

contrattuale nei confronti del sistema bancario, primo e pressoché unico referente

dell’impresa per quanto riguarda il capitale di credito. Normalizzare tale posta di bilancio

vorrebbe dire ipotizzare scenari di futura gestione dell’aspetto finanziario

(ricapitalizzazione, gestione attiva del problema finanziario, altre forma di finanziamento

difficilmente raggiungibili) differenti da quelli prefigurati dall’impresa oggetto di

valutazione. Tale pianificazione porterebbe a ipotizzare un soggetto investitore ideale,

probabilmente non riscontrabile nella realtà.

� Altro aspetto da considerare sono gli interessi passivi (il discorso vale anche specularmente

per quelli attivi) erogati sui finanziamenti intragruppo.

� Per questi si deve verificare la congruità dei tassi applicati, per rettificare le eventuali

pianificazioni fiscali che vengono operate fra le società del gruppo mediante l’applicazione

di interessi non in linea con i tassi di mercato.

Valutazione d’azienda

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Soluzione operativa:

� Per le ragioni sopra addotte, ed in considerazione del fatto che oggetto di valutazione è

l’azienda così come risulta dalla propria struttura finanziaria, si ritiene, nella maggior parte

dei casi, di non dover apportare alcuna rettifica alla posta di bilancio in oggetto.

� Il ragionamento esposto non vale per le imprese per le quali la riduzione

dell’indebitamento finanziario e la sostituzione con il capitale di rischio risulta essere una

condizione di economicità.

� Per queste ultime, determinato il fabbisogno di capitali propri (capitali integrativi)

necessari per raggiungere un congruo equilibrio economico, si dovrà operare nel modo

seguente:

- ridurre gli oneri finanziari imputati in conto economico di un importo corrispondente a

quelli calcolati sul debito sostituito con il capitale di rischio;

- detrarre dal valore dal capitale economico l’importo dei capitali integrativi necessari.

� Per gli interessi passivi sui finanziamenti intragruppo con tassi non in linea con quelli di

mercato, si rende necessario rettificare gli oneri finanziari (in aumento o in diminuzione)

sulla base dei tassi medi ottenibili dalla società sul mercato finanziario.

Valutazione d’azienda

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Gli interessi passivi sui prestiti obbligazionari

Problema:

� Verificare la congruità degli interessi passivi erogati sui prestiti obbligazionari, in

particolare che siano in linea con i tassi di mercato. Tale discordanza può verificarsi per i

prestiti accesi con terzi non indipendenti, ad esempio gli stessi soci della società.

Soluzione operativa:

� Gli interessi passivi devono essere commisurati ai tassi di mercato.

Le minusvalenze da alienazione

� Per questa voce si faccia riferimento a quanto già esposto nella trattazione del

corrispondente componente positivo di reddito: “plusvalenze da alienazione”.

Le imposte e tasse (Ire, Ilor, Ires e Irap)

� Le imposte sul reddito saranno oggetto di specifica trattazione a seguito della definizione

del reddito medio normalizzato ante imposte.

Valutazione d’azienda

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� Il reddito medio normalizzato ante imposte

� Il reddito normalizzato scaturisce dalla sommatoria dei componenti positivi e negativi di

reddito normalizzati, oppure dal reddito di bilancio opportunamente rettificato ed

integrato a seguito delle analisi precedentemente esposte.

� Effettuata la normalizzazione dei redditi opportunamente omogeneizzati si deve operare

una media semplice o ponderata degli stessi.

� Il reddito medio normalizzato netto (il calcolo delle imposte)

� Tassazione di riferimento in funzione del regime giuridico della società oggetto di

valutazione:

3,9% *-Società di capitali

3,9% *27%Per scaglioni in funzione del reddito e del n.

dei soci

Società di persone

3,9% *-Per scaglioni in funzione del reddito

Impresa individuale

IRAPIRESIRPEFRegime giuridico

*Calcolata sul valore della produzione netta.

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I metodi misti� Premessa

� I metodi misti di valutazione costituiscono una mediazione tra i metodi reddituali,

caratterizzati da una elevata razionalità, e quelli patrimoniali, contraddistinti da una

maggiore obiettività e verificabilità.

� Con i metodi misti, il valore derivato dall’attualizzazione del reddito medio normalizzato

prospettico e il valore del patrimonio netto rettificato concorrono, a diversi livelli di

ponderazione, a determinare il valore del capitale economico dell’azienda.

� Le metodologie più frequentemente utilizzate sono:

• il metodo del valor medio;

• il metodo U.E.C..

� Il metodo del valor medio

� Il “valore medio” è dato dalla media semplice e/o ponderata, secondo il peso che il

valutatore ritiene di dover riconoscere alla componente reddituale e a quella patrimoniale,

Valutazione d’azienda

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del valore attribuito all’azienda utilizzando la metodologia reddituale e la metodologia

patrimoniale.

� Esso può essere espresso tramite la seguente formula (media semplice):

W = ( + P. N. R.) ,dove:

W = valore del capitale economico;

P. N. R. = valore del patrimonio netto rettificato;

R = reddito medio normalizzato prospettico;

i = tasso di attualizzazione.

� La formula precedente può essere riscritta nel seguente modo:

W = P. N. R. + ( ) ,

con C. E. =

� In realtà, sotto il profilo sostanziale, si può notare come W venga ottenuto sommando al

patrimonio netto rivalutato metà del valore di avviamento.

� Per applicare correttamente la metodologia mista, occorre che i termini della stessa siano

2

1

i

R

2

..... RNPEC −

i

R

Valutazione d’azienda

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omogenei: ciò significa ricomprendere nel P.N.R. anche la valorizzazione dei beni

immateriali.

� Viceversa, si rischierebbe di sottovalutare l’azienda, in quanto il valore dei beni immateriali

verrebbe incluso – implicitamente - solamente nel primo termine, ovvero R/i.

� Parzialmente diversa risulta l’applicazione del metodo della media aritmetica ponderata,

per la quale si assiste all’attribuzione di un diverso peso alla stima reddituale e quella

patrimoniale, in ragione della tipologia dell’azienda oggetto di valutazione. Ognuno dei

due termini viene moltiplicato per un coefficiente c compreso tra 0 e 1, in modo tale che la

loro somma sia pari all’unità.

W = P.N.R.* c1+ * c

2

� Il metodo dell’U.E.C.

� Dove la sigla indica l’”Unione Europea degli Esperti Contabili Economici e Finanziari”.

� L’U.E.C. sostiene che nella determinazione del capitale economico occorre partire dalla

riespressione a valori correnti degli elementi patrimoniali pertinenti l’azienda da valutare.

i

R

Valutazione d’azienda

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� La valutazione analitico-patrimoniale verrà poi integrata dalla considerazione delle

capacità reddituali prospettiche dell’azienda.

� Secondo l’approccio proposto dall’U.E.C., il capitale economico è determinato quale

somma algebrica del patrimonio netto rivalutato e del valore di avviamento (positivo o

negativo), quest’ultimo configurato attualizzando, per un periodo limitato e a un tasso

appropriato, il differenziale di redditività (sovra/sottoreddito) che l’azienda si stima potrà

generare in futuro, rispetto ad un livello giudicato normale.

� Il metodo presuppone l’applicazione della seguente formula:

W = P. N. R.+(Rmnp - i1* P. N. R.)a n i

2,

dove:

W = valore del capitale economico;

P. N. R. = patrimonio netto rivalutato;

Rmnp = reddito medio normalizzato prospettico;

i1

= saggio di redditività normale di settore;

i2

= tasso di attualizzazione;

N = periodo di attualizzazione dei sovraredditi (sottoredditi);

Valutazione d’azienda

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a n i2

=coefficiente di attualizzazione della rendita posticipata, limitata a n anni, di rata

costante pari a (Rmnp - i1* P. N. R.)

� La precedente formula può essere arricchita della stima separata degli intangibles, qualora

questi ultimi assumano valore rilevante:

W = P. N. R. + BI + (R - i1* P. N. R.) a n i

2,

dove W, P. N. R., a n i2, i

1assumono il noto significato, mentre:

BI=valore dei beni immateriali;

� Risulta chiaro come, nel metodo U.E.C., l’avviamento (goodwill o badwill) sia considerato un

elemento del patrimonio dell’azienda passibile di determinazione autonoma:

Avviamento = (Rmnp – i1* P. N. R.) a n i

2

Valutazione d’azienda

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� L’avviamento, positivo o negativo, scaturisce dall’attualizzazione, rispettivamente, dei

sovraredditi o dei sottoredditi, determinabili a partire dalla seguente grandezza:

S = Rmnp – i1* P. N. R. ,

dove:

S = sovrareddito o sottoreddito;

Rmnp = reddito atteso, che l’azienda sarà in grado di produrre stabilmente negli n anni

successivi;

i1

= saggio di redditività medio-normale del settore di appartenenza dell’azienda da

valutare;

P. N. R. = Patrimonio netto rivalutato

• Qualora si avesse S > 0, saremmo in presenza di sovrareddito, cioè:

Rmnp > i1* P.N.R.,

che attualizzato porterebbe ad un avviamento positivo (goodwill).

Valutazione d’azienda

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• Nel caso in cui S < 0, ovvero Rmnp < i1* P. N. R., ci troveremmo già nell’area del badwill. Si

evidenzia, quindi, che per essere in presenza di un avviamento negativo è sufficiente che

l’azienda produca un sottoreddito: cioè che Rmnp, anche se positivo, risulti comunque

inferiore al rendimento medio-normale di settore (i1* P. N. R.). Sarebbe un errore pensare

che il badwill scaturisca solo in presenza di perdite attese (Rmnp< 0).

Determinazione di Rmnp

• Il procedimento di determinazione del reddito “medio-normalizzato-prospettico” è

analogo a quello utilizzato per il metodo sintetico-reddituale; si rinvia, pertanto, al cap. 3.

Determinazione del tasso i1

• La prevalente dottrina sostiene che il tasso i1rappresenti il saggio di remunerazione

minima del capitale, che i soggetti conferenti capitale proprio si aspettano per aver

investito in quel particolare settore.

• Secondo una diversa corrente di pensiero, il tasso i1 si identificherebbe con il saggio di

remunerazione medio-normale del settore in cui l’azienda opera; normalmente si reputa

che tale saggio sia superiore a quello di remunerazione minima del capitale, di cui si è

detto sopra.

Valutazione d’azienda

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1. Secondo una prima impostazione esso esprime:

-il rischio che il sovrareddito cessi prima dell’orizzonte temporale considerato e/o si

manifesti in misura inferiore rispetto a quella prevista. In caso di avviamento positivo si

porrà allora i2> i

1;

-il rischio che il sottoreddito possa permanere oltre l’orizzonte temporale considerato

e/o manifestarsi in misura superiore a quella prevista. In caso di avviamento nagativo

si porrà allora i2<i

1.

2. Una seconda impostazione prevede di considerare i2come un puro tasso finanziario,

volto ad omogeneizzare determinate grandezze distribuite su un periodo di n anni.

Viene visto quindi come un mezzo per poter riportare le grandezze finanziarie dal

tempo tnal momento t

0. In quest’ottica esso può essere equiparato ai tassi nominali dei

titoli privi di rischio, assumendo pertanto valori alquanto contenuti.

Occorre chiarire inoltre se i2debba considerarsi al netto o al lordo dell’inflazione. La

risposta si trova nella necessaria coerenza tra reddito e tasso: ad un reddito reale dovrà

corrispondere un tasso reale; ad un reddito nominale, un tasso nominale.

3. Una terza alternativa prevede invece che i2sia uguale ad i

1. In questo caso il rischio

legato all’aleatorietà dei sovraredditi (sottoredditi) viene direttamente considerato nella

determinazione di R.Valutazione d’azienda

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Determinazione di n

� Il parametro n rappresenta l’orizzonte temporale entro il quale dovrebbe esaurirsi il

differenziale di redditività attribuito all’azienda da valutare, ossia il numero di anni entro il

quale la redditività prospettica dell’azienda dovrebbe riallinearsi a quella medio-normale

del settore di appartenenza.

� Nelle valutazioni aziendali dell’ultimo decennio, l’orizzonte temporale è andato

aumentando (7-9 anni e anche oltre) e talvolta è stata anche utilizzata la formula della

rendita illimitata.

� La valutazione dell’azienda in perdita

� Si parla di azienda in perdita, o meglio in perdita presunta, tutte le volte in cui si ritenga di

poter invertire i risultati economici negativi della stessa, entro un certo lasso di tempo.

� Qualora invece non si potesse accertare a priori tale concreta possibilità, si potrebbero

avere casi di cessione di azienda con dote: ravvisandosi scarse capacità di mantenere

l’equilibrio economico, prevedendo notevoli perdite per gli esercizi successivi, vi potrebbe

essere la convenienza a cedere l’azienda, versando del denaro al soggetto acquirente. Tale

somma sarà necessaria a reintegrare i fabbisogni finanziari derivanti dalle perdite future.

Valutazione d’azienda

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� In questi casi l’azienda avrebbe un valore pari a zero, dato cioè da un capitale economico

(C.E.) negativo, riequilibrato però dalla dote.

� La formula algebrica utilizzata nell’ambito del metodo U.E.C., con orizzonte temporale

limitato, sarà:

C.E. = P. N. R. +BADWILL,

� Il badwill (valore con segno algebrico negativo) assume la connotazione di un generico

fondo di rettifica del valore dell’investimento, quantificato a fronte di perdite specifiche

e/o generiche (le perdite di esercizio) sulla base di un orizzonte temporale estremamente

limitato.

� La precedente può essere riscritta nel modo seguente:

C.E. = P. N. R.+(R-i1* P. N. R.) a n i

2 .

Valutazione d’azienda

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• Un primo problema sorge a questo proposito nella determinazione del tasso di

attualizzazione i2. Infatti, nel caso in cui si avesse un avviamento positivo, questo

diminuirebbe al crescere di i2; nel caso di avviamento negativo si otterrebbe invece l’effetto

opposto. Aumentando cioè i2, il badwill si ridurrebbe, determinando pertanto un aumento del

valore dell’azienda.

Occorrerà quindi prestare attenzione nel determinare il corretto valore di i2, per non correre il

rischio di sopravvalutare l’azienda rispetto alle sue reali possibilità economiche.

• La seconda problematica concerne l’enfasi che si vuole attribuire a talune ulteriori riflessioni

teoriche nel processo valutativo dell’“azienda in perdita”.

• In situazioni di normalità, le rivalutazioni dei beni strumentali possono essere effettuate entro

il limite dato dal valore d’uso, che, per i beni soggetti ad ammortamento, consiste nella

capacità di ammortamento degli esercizi successivi. Tuttavia, nel caso in cui l’azienda avesse

prospettive di perdite, rivalutando gli elementi patrimoniali ed in modo particolare i cespiti

ammortizzabili, si aumenterebbero le quote di ammortamento degli esercizi futuri, con un

corrispondente incremento del badwill.

Valutazione d’azienda

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• In una situazione in cui sia noto a priori che l’azienda è destinata a produrre in perdita,

viene a mancare il presupposto teorico per procedere ad una rivalutazione, a meno che ciò

non vada ad incidere sulle perdite future. Non avrebbe infatti molto senso procedere a

rettifiche rivalutative dei cespiti di aziende in perdita o poco redditizie, facendo emergere

elevate plusvalenze, dovendo poi correggere in diminuzione il P. N. R. a mezzo del badwill.

A questo procedimento “circolare” tenta di ovviare il “metodo della rivalutazione

controllata dei cespiti soggetti ad ammortamento” che prevede di “contenere” la

rivalutazione dei beni ammortizzabili. Ovvero, qualora si sia proceduto alla riespressione in

base ai valori correnti degli elementi del capitale, il soggetto valutatore dovrebbe verificare:

- se l’azienda sia in grado di sopportare le maggiori quote di ammortamento derivanti dalla

rivalutazione;

- se l’azienda sia in grado di remunerare convenientemente i mezzi propri.

� Solamente se entrambe le condizioni risultassero pienamente soddisfatte, la

rivalutazione troverebbe fondamento; viceversa sarebbe accolta solo parzialmente.

� Per semplificare il procedimento e, al contempo, per non ridurre la misura del

badwill si detraggono dal patrimonio netto rivalutato (PNR) le perdite attese – senza

alcuna riduzione per effetto dell’attualizzazione.

Valutazione d’azienda

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Il metodo reddituale� Premessa

� La valutazione dell’azienda orientata sulla base del flusso di risultati economici appare

l’approccio più coerente con le caratteristiche dell’investimento – l’azienda – e con la

finalità della sua valutazione: la determinazione del capitale economico.

� Il valore economico dell’azienda dipende dalla capacità della gestione, in particolare

caratteristica, di offrire una congrua remunerazione al capitale proprio, cioè la misura del

ROE atteso (return on investment) deve essere adeguata rispetto alla remunerazione e al

grado di rischio degli investimenti alternativi.

� L’applicazione della metodologia reddituale implica le seguenti scelte:

• la durata dell’orizzonte temporale;

• l’utilizzo di redditi puntuali, almeno per alcuni esercizi, piuttosto che di un reddito medio

normale;

� la definizione del saggio prospettico di remunerazione del capitale proprio di impresa, che

svolge la funzione del tasso di attualizzazione.

Valutazione d’azienda

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� La durata del’orizzonte temporale

� Salvo motivate eccezioni, il metodo reddituale estende il suo orizzonte temporale

all’infinito

W = ,

dove:

W = valore dell’azienda;

R = reddito medio prospettico;

i = tasso di capitalizzazione.

� L’orizzonte temporale limitato è, invece, utilizzato nell’ipotesi che la vita dell’impresa sia

limitata.

Ad esempio: nel caso in cui l’esercizio dell’attività sia subordinato al rilascio di una

concessione temporanea, che per effetto del cambiamento della normativa e/o della

possibilità che possa essere comunque assegnata a terzi impedisce di estendere oltre la

durata della concessione stessa la valutazione dell’azienda;

i

R

Valutazione d’azienda

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qualora l’impresa sia stata costituita per realizzare uno specifico progetto imprenditoriale

(o una serie limitata di essi).

W = R a n i ,

dove:

W = valore dell’azienda;

R = reddito medio prospettico;

a n i = coefficiente di attualizzazione della rendita posticipata, limitata a n anni, di rata

costante pari a R.

� La redditività attesa

� Lo sviluppo dei REDDITI ATTESI può fondarsi su un’unica grandezza di reddito medio

oppure su una pluralità di dati, ciascuno corrispondente al reddito producibile nello

specifico periodo amministrativo di riferimento.

Valutazione d’azienda

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� Si reputa che la seconda soluzione non possa essere alternativa alla prima perchè oltre un

certo orizzonte temporale diventa difficile – se non impossibile – utilizzare il reddito di

periodo anzichè il reddito medio. Quindi, la soluzione che appare più ragionevole è quella

di fare affidamento, per un certo numero di periodi, al reddito atteso in ciascuno di essi e

soltanto oltre l’orizzonte temporale per il quale è ragionevole costruire e formalizzare

preventivi fondati su un minimo di programmazione economico-finanziaria procedere

utilizzando una grandezza media di reddito.

� Il metodo reddituale così applicato è definito metodo reddituale a due fasi (o a due stadi).

W = +

� Questa soluzione prevede di poter elaborare un programma di gestione per alcuni periodi,

esercizio che nelle PMI può condurre a risultati poco “meditati” e sovente non attendibili, a

causa dell’inesperienza nella predisposizione dei budget. Inoltre, se l’impresa ha raggiunto

uno stadio di sufficiente equilibrio, la valutazione può avvenire sulla base dei risultati più

recenti, intesi come quei risultati a “regime” che si dimostrano ripetibili nel futuro.

� La procedura di normalizzazione del reddito, consuntivo e preventivo, ha lo

∑=

−+t

n

niR1

)1(i

R ( ) ti −+1

Valutazione d’azienda

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scopo di configurare una grandezza di reddito - correlata a una data struttura di valori

reddituali - che rappresenti la misura della consolidata capacità dell’impresa di rigenerare

le condizioni di gestione che consento ad essa di conseguire quel dato livello di reddito,

per il periodo prefissato.

� La procedura, soprattutto con riferimento alla PMI, può presentarsi anche molto laboriosa;

inoltre, mantiene la sua validità sia con l’utilizzo del metodo misto di determinazione del

capitale economico sia con l’utilizzo dei metodi finanziari, posto che il processo di

normalizzazione trasferisce, se pur indirettamente, i suoi effetti sulla determinazione dei

flussi di cassa di periodo.

� Una volta proceduto alla normalizzazione dei redditi passati e di quelli prospettici

(risultanti da eventuali budget) il valutatore deve configurare la redditività prospettica

(puntuale e/o media), con la sensibilità di capire se e quale tra le determinazioni in suo

possesso è in grado di esprimerla. Di norma, la redditività attesa scaturisce da soluzioni di

compromesso che considerano sia i risultati passati che prospettici, siano questi ultimi

formalizzati (budget) oppure configurati tramite la semplice proiezione dei risultati storici.

� Nelle PMI, l’assenza di budget e di piani conduce sovente ad utilizzare redditi normalizzati

Valutazione d’azienda

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storici, salvo che la valutazione dell’azienda non rientri in un più ampio disegno strategico

tale per cui è preceduta da interventi di consulenza volti a predisporre strumenti e

informazioni necessarie per una previsione sufficientemente attendibile. In questo caso

bisognerebbe chiedersi se tali strumenti offrono in modo più attendibile l’evoluzione della

gestione dell’impresa oppure non disegnano sviluppi di gestione che sono ben distanti da

quelli in corso e che quindi configurano scenari reddituali potenziali correlati ad un rischio

che grava solo – ad esempio - sull’acquirente dell’azienda e quindi non possono essere

incorporati nella valutazione del capitale economico dell’azienda medesima.

� Dopo aver normalizzato una successione di redditi e aver definito la modalità con la quale

apprezzare il reddito e/o i redditi attesi - a seconda dell’impostazione metodologica - che

concorreranno alla quantificazione del capitale economico, la grandezza di reddito medio

che comunque è inserita nella formula rappresentativa del metodo reddituale può essere

intesa nella tripartita, ma complementare, accezione di: reddito quantificato ricorrendo

all’algoritmo della media, semplice o ponderata; reddito espressivo della capacità durevole

dell’impresa di produrre una “grandezza-media” di reddito; reddito la cui determinazione

è fondata sui singoli redditi annui previsti, ciascuno dei quali è rappresentativo del “valor

medio” di una distribuzione di probabilità del reddito annuo.

Valutazione d’azienda

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� In conclusione, il reddito medio normalizzato atteso è il reddito producibile nei futuri

esercizi e che, per le sua modalità di quantificazione, esprime la grandezza che può essere

prelevata di esercizio in esercizio senza compromettere lo svolgimento della gestione e, in

particolare, la capacità di produrre reddito.

� Il saggio prospettico di remunerazione del capitale proprio

� Nel processo di valutazione del capitale economico fondato sui flussi di risultati economici,

al tasso di attualizzazione sono riconosciute alcune funzioni principali:

• omogeneizzare finanziariamente i risultati economici, riconducendo tutte le grandezze

reddituali alla stessa data, poichè i redditi attesi sono distribuiti su un orizzonte temporale

di lungo periodo e sovente indefinito;

• incorporare il rischio che l’impresa non consegua i redditi attesi;

• esprimere il saggio atteso di remunerazione del capitale proprio.

� Fondamentale risulta la verifica della coerenza tra “reddito medio normalizzato

prospettico“ e saggio prospettico di remunerazione del capitale di impresa, in termini di:

Valutazione d’azienda

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Aree della gestione

� Se si considera il saggio prospettico di remunerazione del capitale proprio investito

nell’attività principale (caratteristica) della gestione, espressivo anche del grado di rischio

di quella specifica attività, è necessario depurare il reddito dai risultati economici degli

investimenti accessori, eliminando costi e ricavi ad essi afferenti.

Ipotesi circa lo svolgimento della gestione futura.

� Il saggio prospettico di remunerazione del capitale proprio, premesso che dipende dal

profilo di rischio dell’impresa, aumenta nella misura in cui aumenta l’incertezza circa la

misura e la stabilità del flusso di reddito futuro.

Inflazione.

� Qualora i redditi siano espressi sulla base di una moneta con potere di acquisto costante, il

saggio di remunerazione è assunto al netto della componente inflazionistica, presumendo

che il fenomeno inflazionistico sia neutrale per l’impresa. Se così non fosse, si propende per

aumentare il “tasso reale” per la quota dell’inflazione - espressa in termini percentuali - che

si prevede di non riuscire a recuperare con lo svolgimento della gestione futura.

Valutazione d’azienda

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..ESEMPIO..

� Il saggio prospettico di remunerazione del capitale proprio può essere determinato

seguendo due vie principali.

Tasso-opportunità (o tasso equivalente)

� Il tasso di attualizzazione esprime il rendimento degli investimenti alternativi a parità di

rischio.

� La sua determinazione è largamente soggettiva e la sua componente base è costituita dal

tasso di rendimento di investimenti “privi di rischio”, nell’accezione che di seguito

specificheremo, e prontamente liquidabili (senza perdite).

� Pertanto, il tasso opportunità (i) dovrebbe essere determinato considerando tre

componenti:

• i1= il tasso di rendimento degli investimenti alternativi “privi di rischio”, cioè il tasso che

remunera la sola perdita della disponibilità del capitale;

• i2= il rischio dell’attività aziendale, che si sostanzia nel rischio di non conseguire i risultati

attesi;

Valutazione d’azienda

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• i3= la minor liquidabilità dell’investimento nel capitale di impresa rispetto agli investimenti

alternativi.

� Per quanto concerne la terza componente del tasso di attualizzazione (i3), se si ragiona in

termini comparativi con il tasso di rendimento dei titoli di stato, è indubbio che la prima

deve riflettere non solo il differente grado di rischio dell’attività d’impresa rispetto ai titoli di

stato, ma anche un differente grado di liquidità dell’investimento[11].

Il costo del capitale proprio

� Il secondo criterio utilizzabile per la definizione del tasso di attualizzazione è il criterio del

“costo dei capitali” che applicato al metodo reddituale non può che riguardare

esclusivamente il capitale proprio, trascurando la problematica del costo del capitale di

credito.

� Questo criterio, con esclusivo riferimento al capitale proprio, propone un metodo di

risoluzione del problema sopra descritto: dopo aver determinato il “premio per il rischio

azionario” – riferito all’intero mercato – si introduce un fattore di correzione (β) calcolato a

Valutazione d’azienda

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livello di settore di attività o di imprese comparabili con quella oggetto di valutazione.

� Il costo del capitale proprio (Ke), che funge da tasso di attualizzazione, è così determinato:

Ke = i1 + β(rm – i1)

con

i1 = tasso di rendimento degli investimenti “privi di rischio”,

β = beta, volatilità del rendimento delle imprese del settore o comparabili rispetto

all’intero mercato azionario;

rm = rendimento medio dell’intero mercato azionario.

� Il “premio per il rischio”, quantificato come media per l’intero mercato azionario, è

moltiplicato per un coefficiente (B) espressivo del rischio non diversificabile tramite

la gestione di un portafoglio di investimenti nel capitale di rischio (quale quello

generatore di un dato rm).

� Circa la modalità di determinazione del costo del capitale e il suo significato, si rinvia

al capitolo nel quale si procede a descrive la metodologia finanziaria.

Valutazione d’azienda

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Dalla valutazione dell’azienda alla valutazione della partecipazione

� Premessa

� Si espongono alcune osservazioni sulla valutazione della partecipazione rispetto

all’azienda, tenuto conto che, limitatamente alla variabile fiscale di cui si discorrerà,

costituiscono problematiche ulteriori rispetto alle metodologie di valutazione dell’azienda,

poiché l’approccio valutativo generale non può modificarsi a seconda della forma

giuridica con la quale avviene il trasferimento dell’azienda.

� Nei trasferimenti aziendali attuati direttamente mediante cessione o conferimento del

complesso patrimoniale - l’azienda in senso giuridico, ex art. 2555 c.c. – alla data

dell’operazione:

1. il cessionario/conferitario iscrive nel suo bilancio l’azienda acquisita, distribuendo il

prezzo pagato/valore di conferimento tra gli elementi del patrimonio trasferiti; procede

rilevando le singole condizioni produttive patrimoniali sulla base del loro valore corrente

e, in taluni casi, rilevando elementi patrimoniali precedentemente non evidenziati nel

bilancio del cedente (ad es. l’avviamento)[1];

Valutazione d’azienda

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2. il cedente/conferente è la società alla quale pertiene l’azienda oggetto di valutazione;

3. il cedente/conferente rileva la plusvalenza/minusvalenza, quale differenza tra il prezzo

di cessione/valore di conferimento dell’azienda e il valore contabile degli elementi

patrimoniali trasferiti al cessionario. L’operazione, da un punto di vista fiscale, è

imponibile in capo al cedente, nella misura della plusvalenza realizzata.

� Nei trasferimenti aziendali attuati mediante cessione/conferimento di azioni o quote

che rappresentano il capitale di una società:

1. il cessionario/conferitario rileva la partecipazione acquisita/conferita sulla base del

prezzo pagato/valore di conferimento;

2. il cedente/conferente è rappresentato dalla compagine sociale della società alla quale

pertiene l’azienda oggetto di valutazione;

3. gli elementi patrimoniali della società di cui è stata acquisita la partecipazione restano

invariati e, quindi, permangono rilevati ai valori contabili.

Valutazione d’azienda

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� A questo punto, è abbastanza agevole constatare che, per ragioni equitative, la

valutazione economica della partecipazione dovrà tenere conto delle imposte latenti che

gravano sull’economia dell’azienda acquisita, rispetto all’ipotesi alternativa di diretta

acquisizione dell’azienda oggetto di valutazione.

� La quantificazione degli oneri fiscali potenziali (imposte latenti) che gravano

sull’economia dell’azienda acquisita tramite l’acquisto della partecipazione può

avvenire tramite una stima analitica piuttosto che una stima sintetica.

� Le modalità di calcolo del fondo imposte latenti sono due: una prima tecnica determina

le plusvalenze sui singoli elementi patrimoniali e ne calcola i relativi fondi imposte

latenti, successivamente si rileveranno, ai fini della valutazione economica i valori

correnti dei cespiti al netto dei fondi imposte latenti calcolati;

� la seconda modalità (maggiormente utilizzata se si è in presenza di numerose

plusvalenze e minusvalenze latenti oppure in presenza di avviamento non iscritto in

bilancio) determina una sola plusvalenza o minusvalenza fiscale come differenza tra il

patrimonio netto contabile (sempre inteso come valore fiscalmente riconosciuto) ed il

Valutazione d’azienda

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valore del capitale economico (nel metodo patrimoniale sarà il cosiddetto PNR nelle altre

metodologie valutative sarà il valore economico comprensivo anche dell’eventuale

avviamento), sui cui verrà calcolato un solo fondo imposte latenti.

� Determinazione del fondo imposte latenti – prima modalità:

• Valore corrente dell’immobile pari a Euro 705.210.

• La plusvalenza latente è pari a Euro 388.128, che scaturisce dalla differenza tra il valore di

mercato degli immobili, pari a Euro 705.210, e il costo fiscalmente riconosciuto degli stessi

immobili, pari a Euro 317.082.

• Il plusvalore latente nel valore degli immobili deve essere depurato dell’effetto fiscale in

esso implicito.

• Si ritiene di stimare tale effetto fiscale applicando al plusvalore latente un’aliquota pari al

25%. Si determina, in tal modo, un’imposta potenziale pari a Euro 97.032.

• Quindi, il plusvalore latente rettificato per tener conto dell’effetto fiscale in esso implicito è

pari a Euro 291.096.

Valutazione d’azienda

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� Pertanto, il valore corrente degli immobili è calcolato nel seguente modo:

Valore contabile fiscalmente riconosciuto Euro 317.082

Plusvalore al netto del fondo imposte latenti Euro 291.096

Valore corrente al netto del fondo imposte latenti Euro 608.178

� Determinazione del fondo imposte latenti – seconda

modalità:

a) calcolo della plusvalenza potenziale:

Valore corrente - Valore contabile

b) calcolo delle imposte latenti:

15% x plusvalenza potenziale (calcolata al punto a)

Esempio (valori in migliaia di Euro):

- a) Valore corrente + 2.467

(Valore contabile) - 325

Plusvalenza potenziale 2.142

- b)Calcolo delle imposte potenziali:

2.142 X 15% =321

Valutazione d’azienda

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� Per quanto concerne le perdite fiscali, va ricordato che le disposizioni vigenti (art. 84

T.U.I.R.) consentono alle società di capitali di riportare le perdite di un periodo d’imposta

in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi, per alcune non oltre il quinto

per altre senza alcun limite di tempo.

� Nell’ipotesi di cessione/conferimento di azienda, le perdite fiscali permangono di titolarità

della società cedente/conferente, mentre nell’ipotesi di cessione della partecipazione le

suddette perdite possono costituire un beneficio fiscale che si riversa sul valore della

partecipazione, a condizione di poterle utilizzare negli esercizi futuri.

� Il beneficio fiscale può essere stimato, oltre che in modo analitico, anche in modo sintetico e

forfetario: per le perdite fiscali detraibili il calcolo viene spesso semplificato, applicando

all’ammontare delle perdite fiscali pregresse un’aliquota di imposta ridotta a circa la metà.

Valutazione d’azienda

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VA (R) = R/i + CA

VA (DCF) = [ +TV ] + CA

si modificano come segue:

VP (R) = R/i + CA – FIL + VaPF

VP (DCF) = [ +TV ] + CA - FIL + VaPF

Valutazione d’azienda

∑= +

n

kk

e

k

K

FCFE

1 )1(

∑= +

n

kk

e

k

K

FCFE

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