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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA MORTE DI ALDO MORO RESOCONTO STENOGRAFICO 69. SEDUTA DI GIOVEDÌ 4 FEBBRAIO 2016 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI INDICE PAG. Comunicazioni del presidente: Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 2 Sulla pubblicità dei lavori: Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3 Audizione di monsignor Fabio Fabbri: Fioroni Giuseppe, presidente .......... 3, 4, 5, 6, 7 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 17, 18, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28 PAG. Bolognesi Paolo (PD) .................................. 28 Cervellini Massimo (Misto) ........................ 26 Corsini Paolo (PD) ...................................... 6, 20 Fabbri Fabio ........... 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28 Fornaro Federico (PD) .......... 10, 17, 18, 19, 20 Grassi Gero (PD) ...... 15, 19, 21, 22, 23, 24, 28 Lavagno Fabio (PD) .............................. 8, 24, 25 Lucidi Stefano (M5S) .......................... 21, 26, 27 Atti Parlamentari 1 Camera Deputati – Senato Repubblica XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI COMM. ALDO MORO SEDUTA DEL 4 FEBBRAIO 2016

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COMMISSIONE PARLAMENTAREDI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA

MORTE DI ALDO MORO

RESOCONTO STENOGRAFICO

69.

SEDUTA DI GIOVEDÌ 4 FEBBRAIO 2016PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

I N D I C E

PAG.

Comunicazioni del presidente:

Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 2

Sulla pubblicità dei lavori:

Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3

Audizione di monsignor Fabio Fabbri:

Fioroni Giuseppe, presidente .......... 3, 4, 5, 6, 78, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16

17, 18, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28

PAG.

Bolognesi Paolo (PD) .................................. 28

Cervellini Massimo (Misto) ........................ 26

Corsini Paolo (PD) ...................................... 6, 20

Fabbri Fabio ........... 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 1314, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28

Fornaro Federico (PD) .......... 10, 17, 18, 19, 20

Grassi Gero (PD) ...... 15, 19, 21, 22, 23, 24, 28

Lavagno Fabio (PD) .............................. 8, 24, 25

Lucidi Stefano (M5S) .......................... 21, 26, 27

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTEGIUSEPPE FIORONI

La seduta comincia alle 14.30.

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Nel corso dell’odiernariunione, l’Ufficio di presidenza, integratodai rappresentanti dei gruppi, ha conve-nuto:

di affidare alla dottoressa Tintisonal’incarico di svolgere un’escussione in re-lazione alla scena del crimine di via Fani;

di affidare alla dottoressa Giamma-ria, al sostituto commissario Ferrante e alsovrintendente Marratzu il compito diescutere una persona informata dei fatti;

di trasmettere alla polizia scientifica,per il tramite della dottoressa Tintisona, lerisultanze di esami biologici compiuti daiRIS a fini di comparazione;

di richiedere all’Archivio storico delSenato e, nel caso di documentazioneclassificata, al Presidente del Senato, ditrasmettere alla Commissione alcuni attigiudiziari acquisiti dalla CommissioneStragi nella X legislatura;

di incaricare il colonnello Occhipintidi acquisire documentazione di tipo pa-trimoniale e anagrafico su persone coin-volte nelle vicende oggetto dell’inchiesta.

Comunico, inoltre, che:

il 21 gennaio 2016 sono pervenute dalServizio centrale di investigazione sullacriminalità organizzata una nota e unarelazione, ambedue riservate;

in pari data il dottor Donadio hadepositato una nota, riservata, con allegatadocumentazione;

il 25 gennaio 2016 il generale Scricciaha depositato un verbale, di libera con-sultazione, di acquisizione di documenta-zione fotografica;

il 28 gennaio 2016 il dottor Donadioha depositato osservazioni, di libera con-sultazione, relative all’audizione del dottorAndreassi;

il 1o febbraio 2016 il generale Scricciaha depositato una nota, di libera consul-tazione, relativa alle materie oggetto del-l’audizione del generale Notarnicola;

il 2 febbraio 2016 sono pervenute daldirettore generale del Servizio antiterrori-smo una relazione tecnica, riservata, e unanota, riservata, relativa al personale diPolizia in servizio in alcuni quartieri diRoma durante il sequestro Moro;

il 3 febbraio 2016 è stato acquisita latrascrizione, di libera consultazione, delledichiarazioni rese da monsignor FabioFabbri alla Corte d’assise di Palermo il 19febbraio 2015;

nella stessa data la dottoressa Giam-maria, il sostituto commissario Ferrante eil sovrintendente Marratzu hanno deposi-tato una nota istruttoria, riservata;

in pari data il dottor Donadio hadepositato una nota, riservata, relativaall’acquisizione di atti di interesse;

il 4 febbraio 2016 è pervenuta unanota, riservata, del Dipartimento dell’am-ministrazione penitenziaria.

L’Ufficio di presidenza, integrato dairappresentanti dei gruppi, ha deliberato di

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svolgere, dopo l’audizione di Maria FidaMoro, prevista per la prossima seduta,alcune ulteriori audizioni, tra cui quelle diGiuseppe Mango, Renato Di Leva, NicolaRana.

Ricordo, infine, che il prossimo 24febbraio si svolgerà presso la sede diBruxelles del Parlamento europeo il con-vegno celebrativo del contributo di AldoMoro all’unificazione europea, con l’inti-tolazione a Moro di una sala e nella qualesarà collocato un bassorilievo che lo raf-figura. Invito i componenti della Commis-sione a partecipare al convegno.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavori saràassicurata anche mediante l’attivazionedell’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di monsignor Fabio Fabbri.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recal’audizione di monsignor Fabio Fabbri, cheringraziamo per la cortese disponibilitàcon cui ha accolto il nostro invito aintervenire oggi nella seduta della Com-missione.

Monsignor Fabbri è stato per moltianni stretto collaboratore di monsignorCesare Curioni, che nel 1978 era da dueanni ispettore generale dei cappellani car-cerari, dopo essere stato a lungo cappel-lano del carcere di San Vittore a Milano.

Monsignor Curioni, deceduto nel 1996,durante i 55 giorni del sequestro Moro siattivò, per incarico di Paolo VI, per cer-care contatti e avviare una trattativa perottenere il rilascio dell’ostaggio previo pa-gamento di un riscatto in denaro.

Monsignor Fabbri ha rivelato alcunidettagli di quell’attività di monsignor Cu-rioni dapprima nel 2004 a VladimiroSatta, il quale ne ha riferito in un saggionel periodico Nuova Storia Contemporaneadel 2005 e poi nel suo volume Il caso Moroe i suoi falsi misteri, pubblicato nel 2006.Monsignor Fabbri ha in seguito narrato

dell’azione svolta da monsignor Curioniall’epoca del sequestro Moro anche difronte all’autorità giudiziaria, da ultimo loscorso febbraio a Palermo, nell’ambito delprocesso sulla presunta trattativa con lamafia. Inoltre, si è espresso sull’argomentoil 18 settembre 2012 rispondendo a do-mande rivoltegli nel corso della sua audi-zione presso la Commissione parlamentared’inchiesta sul fenomeno della mafia.

La vicenda narrata da monsignor Fab-bri nelle occasioni ricordate può essereriassunta come segue.

Monsignor Pasquale Macchi, segretarioparticolare di Paolo VI, si rivolse a mon-signor Curioni chiedendogli, a nome delSanto Padre, di cercare contatti per av-viare una trattativa al fine di ottenere laliberazione di Moro.

Curioni si rivolse dapprima ad alcuniavvocati difensori dei brigatisti, tra i qualiEdoardo Di Giovanni e Giannino Guiso, eriuscì poi a entrare in contatto con unintermediario, o comunque con una per-sona che si accreditò come intermediariocon le BR, la cui identità è rimasta ignotae forse fu ignota anche allo stesso Curioni.

Il 22 aprile fu resa pubblica la letteradel Papa agli uomini delle Brigate Rosse.Nelle ore della stesura del testo, nellanotte tra il 21 e il 22 aprile, il Papa avevainterpellato telefonicamente monsignorCurioni, che si trovava allora in Lombar-dia. Fabbri, in quella circostanza, si tro-vava con Curioni e riferisce che questisuggerì qualche ritocco di dettaglio.

Secondo quanto riferito dal monsi-gnore, l’intermediario, per dimostrare lapropria attendibilità, fornì fotografie diMoro scattate durante il sequestro. Unaprima fotografia non fu ritenuta probanteda parte ecclesiastica, mentre una se-conda, che ritraeva Moro che tenevaaperto il quotidiano la Repubblica del 19aprile, fu ritenuta una prova attendibile.Tale seconda foto sembra coincidere conquella, notissima, allegata al comunicaton. 7 delle BR che smentiva la notizia dellamorte di Moro e della collocazione del suocorpo nel Lago della Duchessa.

Sempre stando alle dichiarazioni dimonsignor Fabbri, Curioni incontrò l’in-

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termediario in vari luoghi d’Italia, masoprattutto a Napoli, come risulta dall’au-dizione in Commissione antimafia del 18settembre 2012. Nei contatti tra Curioni el’intermediario si sarebbe giunti a piani-ficare la modalità del rilascio di Moro, masembra che Curioni, vedendo che il tempopassava invano, abbia iniziato a nutrirecrescenti dubbi sulla riuscita della tratta-tiva.

L’intensa attività svolta da Curioni nonriuscì ad avere esito positivo. La Commis-sione, ovviamente, è interessata ad appro-fondire alcuni aspetti di quanto preceden-temente riferito da monsignor Fabbri.

Chiedo a monsignor Fabbri, pertanto,anzitutto se conferma l’esattezza della ri-costruzione che ho testé succintamenteesposto e se ritiene di integrarla con alcuniparticolari.

Inoltre, le chiedo a quando datano isuoi rapporti con monsignor Curioni equale era esattamente il suo incarico du-rante il periodo del sequestro Moro. Vivedevate con costanza ? Quali erano glialtri collaboratori di monsignor Curioni ?

FABIO FABBRI. Confermo tutto quelloche ho ascoltato, che è tutto corretto.Durante il sequestro Moro io lavoravo conmonsignor Curioni al Ministero della giu-stizia ed ero tutti i giorni lì. Andavo viasoltanto il sabato. Rientravo il sabato aSiena e ritornavo a Roma la domenicasera.

Con riferimento ai contatti che Curioniaveva con i suoi interlocutori, soprattuttoa Napoli, devo precisare che si svolseroprevalentemente in luoghi strani, stranis-simi, per esempio – lo posso dire – nellametropolitana di Napoli, in alcune toilettedella metropolitana.

Mi chiamava e codificammo una mo-dalità da codice mentre mi parlava, perchénon mi poteva dire tutto quello che avevain cuore. Ho imparato quindi da lui alcunefrasi strane che mi mettevano al corrente;io ero un po’ in apprensione, perché lasituazione poteva avere una certa perico-losità. In fondo, era un uomo che aveva lasua età e camminava malamente. Quindi,mi dava questi ragguagli.

Tutte le settimane, lo lasciavo soltantoil sabato per poi riprenderlo la domenicasera. Anche lui rientrava molte volte adAsso.

Quanto alla faccenda della lettera delPapa, quando gliela comunicò ero presenteio nell’appartamento che Curioni aveva aSan Vittore, cui aveva diritto come cap-pellano capo di San Vittore. Lo mantennefintanto che non aprì la sua casa paternadi Asso, vicino a Erba, in Brianza. Lariaprì, gliela feci riaprire anch’io perchédissi che non era possibile rimanere a SanVittore. Ormai era l’ispettore generale. Tral’altro, c’era il nuovo cappellano di SanVittore che prendeva posto e che dovevaentrare in quell’appartamento. Pertanto,riaprì la casa di Asso. Il sabato sera anchelui andava ad Asso. Il lunedì ripartiva e,venendo giù, io prendevo lo stesso trenosuo. Curioni partiva da Milano e arrivavaa Chiusi, io da Siena arrivavo a Chiusi: luimi occupava un posto nella vettura eproseguivamo insieme per Roma. È sem-pre stato così, per tutti i trent’anni che hovissuto con lui.

PRESIDENTE. Monsignor Curioniaveva altri collaboratori ?

FABIO FABBRI. No, non aveva nes-suno. All’Ispettorato dei cappellani, al Mi-nistero della giustizia, sì, c’erano quattrosacerdoti, ma sono morti tutti. Sonol’unico rimasto vivo. Erano collaboratoridi ufficio.

PRESIDENTE. Ho capito.Ricorda quando Curioni fu chiamato

da Macchi ? Nell’intervista rilasciata a Fa-sanella, pubblicata su Panorama del 25aprile 2012, lei ha affermato che ciòavvenne la stessa mattina della strage del16 marzo del 1978. Conferma che donMacchi chiamò subito Curioni ?

FABIO FABBRI. Sì, confermo, perchéla telefonata l’ho presa io. Eravamo a Bari.

Precisiamo le cose. Avevamo comin-ciato il giro annuale che facevamo nellevarie regioni per incontrare i cappellani,che sono divisi per regione. C’era un

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convegno della Puglia a Bari. Eravamoarrivati la sera prima ed eravamo all’HotelAmbasciatori di Bari. Me lo ricordo comese fosse adesso, perché è un ricordotroppo vivo in me.

La telefonata l’ho presa io. Ho capitoche era il segretario del Papa. Logica-mente, fa sempre una certa impressione, ecredo che la farebbe a chicchessia, rice-vere la telefonata del segretario del Papa.Benché lo conoscessi molto bene, gli dissi:« Monsignore, don Cesare è in bagno, maaspetti un attimo, perché ho visto che nelbagno – scusate se sono pittorico, ma ècosì – tra la tazza e il bidet c’è un telefonoa muro, che sicuramente è una deriva-zione di quello che è sul comodino incamera. Se è lì occupato, le risponde lostesso » e così fu.

Don Cesare rispose e Macchi gli dissesubito quello che era successo. Don Cesaremi disse: « Per la prima volta ti lascio solo.Continua tu e fa’ tu il convegno deicappellani della Puglia perché io devorientrare immediatamente a Roma. IlPapa mi vuole ».

Questa è una riflessione che si è fattainsieme dopo: la prima impressione cheebbe il Papa fu quella di pensare a unamanovalanza di malavita, a chi potesseessere di mezzo in questa situazione.Venne spontaneo al Papa pensare: « Sen-tiamo don Cesare, che ha in mano laminiera di informazioni rappresentata datutte le carceri italiane (non solo SanVittore, ma tutte le carceri italiane). Se hadei contatti, meglio di lui chi può dirciqualche cosa ? » Pensò a questo e, ineffetti, forse aveva ragione.

Curioni mi lasciò subito. Partì imme-diatamente con il primo aereo che c’eraper Roma e io rimasi giù.

PRESIDENTE. Nella stessa intervista suPanorama lei ha affermato: « Avevamo uncanale aperto sia con i brigatisti in carceresia con quelli all’esterno ». Può specificarein quale modo si realizzava concretamentequesto canale e se era un unico canale oerano canali diversi ?

FABIO FABBRI. Intende durante ilsequestro ?

PRESIDENTE. Durante il sequestro, sì.

FABIO FABBRI. Il canale non l’ho maiconosciuto in maniera diretta. Molte cosele dico per interposta persona di donCesare, che mi raccontava e mi diceva lecose. Quei due avvocati che lei ha citatopoco fa erano le due personalità che avevoin mente e che erano i canali che venivanousati per questi contatti.

PRESIDENTE. All’interno delle car-ceri ?

FABIO FABBRI. No, all’esterno. Parlodel contatto con le BR. All’interno donCesare ha sempre avuto in mano tutte lecarceri italiane, ma soprattutto il carcerepiù importante d’Italia, che allora –adesso non saprei dire – era...

PRESIDENTE. San Vittore.

FABIO FABBRI. San Vittore.

PRESIDENTE. Ha idea di come Curioniarrivò all’intermediario ?

FABIO FABBRI. Questa è una rifles-sione che anch’io ho fatto e che è avva-lorata da alcune battute che don Cesaremi faceva. Sono state le BR stesse chehanno presentato il loro canale.

PRESIDENTE. Quindi, la sua idea èche si trattasse di un canale mandato dalleBR.

FABIO FABBRI. Sì, mandato dalle BR.

PRESIDENTE. Anche se non ha maisaputo se fosse un BR oppure no.

FABIO FABBRI. Peraltro, le personeche avevano toccato il carcere dal mo-mento dell’attentato a Togliatti fino algiorno prima del sequestro Moro donCesare le aveva tutte in mano, nel sensopiù positivo del termine. Conosceva tuttele situazioni. Le persone importanti, anchenel mondo delinquenziale, don Cesare...

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PRESIDENTE. Le aveva conosciute.

FABIO FABBRI. Le aveva conosciute.Non c’è niente da fare.

PRESIDENTE. L’idea che si è fatto èche l’intermediario fosse uno mandatoappositamente dalle BR.

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. In qualche modo era incontatto con loro e molto probabilmenteera anche qualcuno che era passato per lecarceri.

FABIO FABBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Poteva essere uno che viera stato e che aveva avuto modo diconoscerlo lì.

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. Come comunicava Cu-rioni con l’intermediario ? Come venivanofissati i luoghi e gli orari degli appunta-menti ?

FABIO FABBRI. Io so solo che c’eranodelle telefonate.

PRESIDENTE. Voi non avevate pauradi avere i telefoni sotto controllo ?

FABIO FABBRI. In effetti, questapaura la potevo avere io all’inizio. DonCesare era il tipo che queste paure non leaccettava, tanto che le posso ben dire chein un covo delle BR, quando c’erano lefamose carneficine che le BR facevanoprima del sequestro Moro, fu trovata laplanimetria della stanza in via Giulia, dovec’era l’Ispettorato prima che si passassea...

PRESIDENTE. ...alla sede nuova.

FABIO FABBRI. Sì. C’era l’organi-gramma, la planimetria. C’erano la miascrivania e la scrivania di don Cesare.Erano tutte e due in una grande sala. Noi

stavamo insieme. Fu trovato questo, conscritto sopra: « Don Fabio » e « Don Ce-sare ». Da qui allora scattarono subito evolevano darci le macchine blindate. DonCesare ha negato sempre tutto: « No, nonvoglio queste cose ». Queste paure non leavevamo, sinceramente.

PRESIDENTE. Quindi, i contatti fun-zionavano tramite telefono.

FABIO FABBRI. Sì, tramite telefono.

PRESIDENTE. Quanti incontri, se-condo lei, ebbe monsignor Curioni conl’intermediario ?

FABIO FABBRI. Almeno uno a setti-mana in quei 50 giorni. Era troppo l’an-dirivieni. Poi la cosa diventò frenetica.Quello che ero riuscito a capire è che leBR, o all’inizio, o a metà di questi 50giorni, si erano divise. Erano come duegruppi, uno dei quali prese il sopravvento.Questo fa supporre che l’altro non volessel’eliminazione fisica dell’onorevole Moro.La seconda parte, invece, vedendosi sfug-gire di mano determinate cose, l’ha elimi-nato di corsa.

PRESIDENTE. L’idea è che all’inizio latrattativa con monsignor Curioni fosse diun intermediario mandato dalle BR, cheinizialmente sembravano tutte d’accordonell’avviare la trattativa. Poi, da un certopunto in avanti, l’intermediario è statomeno autorevole e meno forte perché nonrappresentava più tutti.

FABIO FABBRI. La cosa si acceleròquando fu chiaro che il Papa aveva pre-parato i soldi. Qui mi meraviglio. Qui midevo fermare. Mi meravigliai moltoquando il professor Vladimiro Satta, chevolle parlare con me, perché doveva –come lei ha detto – scrivere quell’articolosulla rivista storica di cui adesso nonricordo il nome...

PAOLO CORSINI. Nuova Storia Con-temporanea.

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FABIO FABBRI. Sì. Poi c’è il libro cheè venuto fuori. Satta mi disse: « Sa, mon-signore, che sia i bianchi, sia i rossi, sia iverdi dicono che è un mito; che non èvero, è un mito la storia dei soldi, che ilPapa aveva provato il riscatto ». Risposi:« No, da buon toscano, da buon fiorentinonessuno mi deve far fesso. Li ho visti iocon i miei occhi. Lei scriva pure quello chevuole, ma io devo dire la mia. Ho visto ioa Castel Gandolfo la consolle coperta conun panno di ciniglia azzurra. Mi ricordoche lo toccai anch’io. Il Papa sollevò illembo: era una montagna di soldi, indollari, a fascette. Poi ho saputo che eranocirca 10 miliardi di lire, ma erano indollari. Li ho visti io. Nessuno si permettadi dire che non era vero, perché li ho vistiio, e sono forse l’unica persona vivente cheli abbia visti. Questa testimonianza, però,la devo pur dire ».

PRESIDENTE. Gli incontri avvennerotutti a Napoli o anche in altre città ?

FABIO FABBRI. Quasi tutti a Napoli,ma sinceramente qualche incontro fu fattoanche fuori Napoli. Furono fatti anche sual Nord.

PRESIDENTE. C’era un motivo, se-condo lei ? Questo intermediario era diNapoli, frequentava Napoli, oppure...

FABIO FABBRI. A questo non so ri-spondere, perché non lo so. Non conoscol’identità della persona. Si potevano spo-stare anche così per... Non lo so. Nel Nord,però, qualche cosa c’è stato, perché moltevolte don Cesare mi chiamava anche daAsso e mi diceva: « Per lunedì mi devospostare. Devo andare a... » Non mi ri-cordo i vari posti, ma erano movimenti sunel Nord, anche se la maggior parte degliincontri è stata fatta in Campania.

PRESIDENTE. Bene.Lei accompagnò mai Curioni nella lo-

calità dove avvenivano gli incontri e hamai visto l’intermediario ?

FABIO FABBRI. No, altrimenti l’avreigià detto.

PRESIDENTE. Curioni le ha mai de-scritto questo intermediario sommaria-mente (che aspetto aveva, l’età) ?

FABIO FABBRI. So soltanto di Guiso,come nome che è venuto fuori, ma non homai visto questo avvocato Guiso.

PRESIDENTE. L’intermediario, però,non ha idea di chi fosse ?

FABIO FABBRI. No.

PRESIDENTE. Non ha avuto mai nean-che una descrizione fisica ?

FABIO FABBRI. No, sinceramente no.

PRESIDENTE. Le due fotografie diMoro prigioniero, una col drappo delle BRalle sue spalle e una con una copia delquotidiano la Repubblica, di cui lei haparlato in varie occasioni, erano le dueimmagini Polaroid fatte pervenire dalleBR rispettivamente con i comunicati n. 1(fatto ritrovare il 18 marzo in largo diTorre Argentina) e n. 7 (fatto ritrovare il20 aprile in via dei Maroniti) e rese noteda stampa e televisione, oppure erano fotodiverse ?

FABIO FABBRI. No. Sono a cono-scenza di queste due. La prima...

PRESIDENTE. Erano le stesse ? Avetemai comparato... ?

FABIO FABBRI. Sì, erano le stesse. Anoi arrivò...

PRESIDENTE. Erano due foto Polaroided erano le stesse ?

FABIO FABBRI. Erano due Polaroid.Ci arrivò la foto. Non ci arrivò un comu-nicato. Ci arrivò la foto. La prima foto,ben contento, don Cesare la portò al Papa,ma il Papa – qui una certa furbizia vienefuori; penso l’avrebbe avuta chiunque –

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disse: « Questa fotografia non mi dice cheè vivo ». Fu questa la battuta del Papa.

Allora si ripiegò. Quale altro modoc’era ? C’era quello di mettere a Moro ungiornale fra le mani in cui si potessevedere molto bene la data del giornale. Fuquella la foto fatta con la Repubblica.C’ero anch’io quando don Cesare portò alPapa la seconda foto. Il Papa si convinse.Ebbe un momento di sollievo e disse: « Èvivo ». Cominciò poi la trattativa per isoldi.

Anche qui, non voglio iniziare niente diparticolare, ma si dice che per il SantoPadre 10 miliardi erano una bazzecola, siprelevavano dallo IOR: non era così. Isoldi avevano un’altra provenienza. Nonera roba del Vaticano. Questo intendosottolinearlo. Era messa a disposizionenon so da chi, ma non era roba delVaticano. Il Papa li aveva subito usatiperché pensava – e forse era quello cheanche le BR avrebbero voluto – che ac-cettare i soldi dal Papa per il riscatto fossegià un riconoscimento importante di que-sto gruppo, credo.

Qualcuno mi ha fatto una domanda,strana, ma legittima. Due giorni dopo –passate quarantott’ore da quando ho vistoi denari, da quando tutto era pronto –Moro muore. Qualcuno mi ha detto: « Leisa dove sono andati a finire quei 10miliardi ? » No, non so dove sono andati afinire. Chi li ha portati li avrà ripresi. Nonso.

Certamente, ripeto, non era roba delloIOR. Forse si apre un’altra parentesi. Chiaveva interesse ad avere in mano il SantoPadre a livello estero ? Quale nazionepoteva avere interesse a farsi avanti ? Sonodiscorsi che lasciano il tempo che trovano,credo, ma si può chiedere questo.

PRESIDENTE. La provenienza non eradallo IOR.

FABIO FABBRI. No. Questo glieloposso assicurare.

PRESIDENTE. Però non sa da dove. Oha un’idea ?

FABIO FABBRI. Un’idea ce l’ho, ma...

PRESIDENTE. Se vuole, possiamo pas-sare in seduta segreta e lei può esporre lasua idea, così è meglio.

Proseguiamo in seduta segreta. Di-spongo la disattivazione dell’impianto au-diovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segreta,indi riprendono in seduta pubblica)

PRESIDENTE. Nell’intervista rilasciataa Claudio Cerasa, pubblicata nel quoti-diano Il Foglio del 14 luglio 2012, lei hadichiarato: « In un primo momento cilimitammo ad attivare i nostri contatti e cispostammo a lungo nel carcere di SanVittore, dove Curioni aveva delle ottimefonti; e proprio le fonti di Curioni cidiedero la possibilità di mettere per primile mani sulle famose foto di Moro, quellacon il lenzuolo rosso con la stella a cinquepunte dietro la schiena di Moro e quellacon una copia de La Repubblica in mano ».Quali erano le fonti alle quali si riferiscenell’intervista ? Conferma che Curioni ri-cevette le due foto di Moro prima checomparissero pubblicamente ?

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, le avete avuteentrambe prima, sia quella ritenuta suffi-ciente, sia quella non ritenuta sufficiente.

FABIO FABBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Prima che uscissero, voile avevate già avute, prima della primacomunicazione e della seconda.

FABIO LAVAGNO. Chiedo solo unaprecisazione. Perché l’una era stata rite-nuta sufficiente, come dice il presidente, el’altra no ? In base a che cosa ?

PRESIDENTE. Era senza elementi checonfermassero la data. Ho ripetuto quelloche ha detto.

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Page 9: RESOCONTOSTENOGRAFICO...Fabbri alla Corte d’assise di Palermo il 19 febbraio 2015; nella stessa data la dottoressa Giam-maria, il sostituto commissario Ferrante e il sovrintendente

Monsignor Fabbri, le fonti che vi mi-sero in contatto comprendevano semprel’avvocato Guiso oppure...

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. Nell’audizione del 2012presso la Commissione antimafia lei af-fermò: « Il Papa, quando vide la foto diMoro, disse: “Questo non mi dimostra cheè vivo”. Allora ci chiedemmo con donCesare: Che cosa facciamo adesso ?”. Giàera difficoltoso per monsignor Curioniavere sempre contatti con le BR e con imandanti delle BR. Nel parlare, vennefuori, non da me, che sarebbe stato meglioavere un giornale... ». È quello che ci hagià raccontato.

Nel corso della deposizione resa a Pa-lermo il 19 febbraio 2015 lei ha confer-mato quel racconto, dichiarando inoltre:« Se la fotografia il giorno dopo fu fattacon la Repubblica tenuta con ben eviden-ziata la data, è logico che non era mica unmanichino quello che la teneva in mano.E infatti la portai io la seconda foto checi fu consegnata. La portò a monsignorCurioni in ufficio, la portai al Papa e ilPapa si convinse ». In riferimento a talisue dichiarazioni le chiedo: come e da chivi furono recapitate e consegnate le foto-grafie di Moro prigioniero ? Sempre dal-l’intermediario o da altri ?

FABIO FABBRI. No, dall’intermediario.

PRESIDENTE. Quindi, il motivo di cer-tezza per voi che l’intermediario non fosseun millantatore è che le foto, prima che leavessero gli altri, le avevate avute voi e leavevate avute da questo signore.

FABIO FABBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Questo è un passaggioimportante.

Conferma di aver portato personal-mente al Santo Padre o a monsignorMacchi le foto ?

FABIO FABBRI. Sì, insieme con mon-signor Curioni.

PRESIDENTE. Dove ritiene che pos-sano essere finite queste due foto attual-mente ?

FABIO FABBRI. Non lo so. Qualcunomi ha detto, proprio in quest’aula, chec’erano addirittura altre foto.

PRESIDENTE. Questo è stato detto inquesta aula, in una seduta di una Com-missione d’inchiesta ?

FABIO FABBRI. Sì, da una persona chestava seduta là, al muro.

PRESIDENTE. Disse che ce n’era più diuna. Ci interessano queste due, però.

FABIO FABBRI. Io sono a conoscenzadi queste due.

PRESIDENTE. Le portò lì e non sa chefine abbiano fatto e dove siano rimaste.

FABIO FABBRI. No, non lo so.

PRESIDENTE. Quando parla di « man-danti delle BR », si tratta di un modosempre per far riferimento... ? Nell’audi-zione presso la Commissione antimafia,nel passaggio che ho letto poc’anzi, lei hausato il termine « mandanti delle BR ».

FABIO FABBRI. Non sono a cono-scenza dei mandanti.

PRESIDENTE. Quindi, è una frase chenon ha...

Nella stessa deposizione lei affermò, inriferimento alla ricerca del corpo di Moronel Lago della Duchessa: « Monsignor Cu-rioni davanti a me ha chiamato Andreottie glielo ha detto: Faccia smettere, perchéle BR mi hanno detto di comunicarle... Èun aiuto per lei. La faccia smettere, perchénon c’è nulla là dentro” ». Può precisaremeglio l’episodio ? Chi avvisò Curioni ?Furono le BR a incaricarlo di avvisareAndreotti ?

FABIO FABBRI. Don Cesare fu infor-mato dall’intermediario...

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PRESIDENTE. Sempre da lui.

FABIO FABBRI. Non riesco, però, acomprendere se sia sempre una persona ose siano due persone. Se sia sempre lostesso non so, non posso garantire questo,ma l’intermediario parlò con Curioni equesto colloquio fu fatto qui a Roma, alMinistero della giustizia, tanto che, pre-sente io, chiamò l’onorevole Andreotti...

PRESIDENTE. Curioni incontrò...

FABIO FABBRI. Curioni ricevette unacomunicazione da questo interlocutore.

PRESIDENTE. Mentre eravate al Mini-stero della giustizia ?

FABIO FABBRI. Credo che fosse pertelefono, ma non sono sicuro. Sono passatitanti anni.

FEDERICO FORNARO. Telefonava aun’utenza del Ministero della giustizia ?

FABIO FABBRI. Sì, perché i telefoniquelli erano. Se ho risposto al telefono...Non è successo ieri. Mi ricordo, però, chela telefonata fu fatta ad Andreotti – c’eroio presente – e che Curioni disse: « Facciasmettere il dragaggio al Lago della Du-chessa, perché tanto lì non c’è niente ».Era un depistaggio costruito ad arte.

PRESIDENTE. In alcuni articoli (MarcoTosatti su La Stampa del 19 aprile 2004 eGiovanni Gennari su Europa del 3 maggio2008 e su Avvenire del 10 novembre 2009)si afferma che Curioni era con Macchi econ Paolo VI nell’appartamento papale lasera del 21 aprile 1978 e che partecipòmaterialmente alla stesura della lettera delPapa agli uomini delle BR. Lei, invece, hadetto che...

FABIO FABBRI. No, non è così. Non ècosì perché don Cesare aveva ancora l’ap-partamento a San Vittore e io, quandopotevo, invece di andare a casa il sabatosera, l’accompagnavo fino ad Asso e ri-manevo su. C’era la mia camera, diciamo.

Tuttora è lì l’appartamento. C’è un lungocorridoio su cui si aprono tutte le stanze.La camera di don Cesare era quasi alcentro, la mia in finale di questo corridoio.

Io sono a letto, perché si è fatto tardi.Oltre la mezzanotte mi sveglio perché hosentore che c’è qualcosa che non va. Nonsono stato svegliato da niente, ma succede.Penso che succeda anche a qualcuno di voidi svegliarsi perché c’è qualche cosa che...Vedo filtrare dalla mia camera, sotto laporta della mia camera, la luce nel cor-ridoio. Mi precipito fuori, pensando chedon Cesare non si sentisse bene. Pensavoche don Cesare si sentisse male, perchéprendeva le pillole per il cuore. Invece, lotrovo a metà corridoio, seduto al tavolinoche c’era a metà corridoio, quasi vicinoalla sua camera, con un abat-jour. Lì c’erail telefono. Lo vedo rannicchiato con lacornetta in mano. Sta parlando. Pensaiche fosse per le zie – aveva due ziemaestre novantenni a Pavia – pensai cheuna delle due stesse male. Scusate sefaccio questa descrizione così pittorica, maaltrimenti non riesco a raccontarla perbene. Mi avvicino e sento: « Sì, PadreSanto... Sì, sì, sì, Padre Santo. Guardi, ioqui metterei così, farei così... No, la parolaè troppo forte... è troppo leggera ».

« Padre Santo ? Con chi sta parlando ? »mi chiesi. Era quasi l’una di notte. Stavaparlando con il Papa, che gli ha letto tuttoil comunicato « agli uomini delle BrigateRosse ». Don Cesare, in quei cinque, sei odieci punti – adesso non lo so perché ilricordo è troppo distante – ha corretto ildiscorso. Non era a casa del Papa. Era acasa sua e il Papa l’ha chiamato perchiedergli una sorta di riscontro del testo.Due giorni dopo o il giorno dopo è uscitoil comunicato ufficiale. Non era a casa.Gianni Gennari qui si è un po’ sbagliato.

PRESIDENTE. Sempre riguardo allalettera di Paolo VI, ricorda quali furono lemodifiche proposte da Curioni e se ven-nero accolte ?

FABIO FABBRI. No.

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PRESIDENTE. Ricorda se fra i puntic’era anche l’aggiunta delle parole « senzacondizioni » ?

FABIO FABBRI. No, questo non possodirlo. Non ricordo. Avrei dovuto sentiretutto il discorso del Papa e capire dovemettesse le dita don Cesare. Ricordo soloche in tre, quattro o cinque punti hacambiato: ha messo un sinonimo, ha cam-biato una parola. Di più non posso dire.

PRESIDENTE. Sa se ci furono, comescrive Gennari nel 2009 su Avvenire, in-contri di monsignor Curioni con Curcio eFranceschini in carcere, connessi semprealla liberazione di Moro ?

FABIO FABBRI. Don Cesare, quandoentrava in carcere – dico quando entravaperché, da ispettore generale, raramenteera a contatto con i detenuti – incontravail cappellano o i cappellani e basta. Suquesto punto non posso affermarlo inmaniera assoluta, ma non era nello stile didon Cesare dover andare a parlare...

Posso ricordarmi che una volta – nonmi ricordo in quale carcere – uno deicosiddetti esecutori materiali a una cele-brazione liturgica, o a una messa celebratain un carcere, non mi ricordo quale sia,venne avanti e volle baciare la mano a donCesare, dicendogli: « Mi metta le mani sulcapo. Ho un peso sulla coscienza », o unacosa del genere, ma niente di più. Eranormale, però, che questo avvenisse. Infondo, monsignor Curioni era un mitonelle prigioni italiane.

PRESIDENTE. Sa se nella trattativaavviata da monsignor Curioni con l’inter-mediario furono prese in considerazione,oltre al riscatto in denaro, anche altrerichieste dell’intermediario, non di naturapecuniaria ?

FABIO FABBRI. No, non sono a cono-scenza di questo. Sono a conoscenza solodel denaro.

PRESIDENTE. È mai venuto a Curionio a lei, all’epoca dei fatti o negli anni

successivi, il dubbio che l’intermediariofosse un truffatore, un millantatore chevoleva approfittarsi dei soldi ?

FABIO FABBRI. No, non mi è maivenuto, anche perché, avendo visto i soldie da dove provenivano, come si fa a esseremillantatori ?

PRESIDENTE. No, chiedevo se l’inter-mediario fosse un millantatore, se vi è maivenuto il sospetto che si accreditasse comeintermediario delle BR, ma poi non lofosse.

FABIO FABBRI. No, non mi è maivenuto in mente. Peraltro, la cosa non èandata neanche in porto.

PRESIDENTE. Comunque, gli episodidelle foto vi avevano convinto.

FABIO FABBRI. Sì, quello ci ha con-vinto. Non ci è mai venuta l’idea che fosseun millantatore.

PRESIDENTE. Monsignor Curioni suquesta vicenda della trattativa era in rap-porto con altri prelati, oltre che con mon-signor Macchi e con Paolo VI ?

FABIO FABBRI. No, don Cesare è statomolto fermo su questo punto. Era unuomo riservatissimo. Era in rapporto solocon Macchi e con il Papa e basta.

PRESIDENTE. Ha mai fatto, secondolei, relazioni scritte con la Santa Sede deisuoi contatti o solo orali ?

FABIO FABBRI. Su questo problema ?Io ?

PRESIDENTE. No, monsignor Curioni.

FABIO FABBRI. No, niente. L’unicacosa che posso dire, ma forse non c’entra,è che so di un accordo con Andreotti –molto tempo dopo, però, quando cominciòtutto il movimento intorno a questa storia(giornalisti, parlamentari e via elencando)– cui don Cesare riuscì a strappare, ma è

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un termine che non è esatto, una condi-zione: « Io non voglio mai essere interro-gato. Non voglio essere chiamato in giu-dizio da nessuna parte. Non voglio rila-sciare alcuna dichiarazione, né niente. Leifaccia in maniera che non sia mai toccatoda questa storia ».

PRESIDENTE. Da questo si desumeche, oltre al Santo Padre, a Macchi e a lei,di questa trattativa sul riscatto erano in-formati magari Andreotti, Zaccagnini ealtri ?

FABIO FABBRI. Personalmente mi ver-rebbe da dire di sì, ma non ho elementiprecisi per poterlo affermare.

PRESIDENTE. Durante o dopo la vi-cenda lei e Curioni avete mai avuto rap-porti con padre Enrico Zucca ?

FABIO FABBRI. Padre Zucca ce l’ho inmente, ma è un episodio che va moltoindietro nel tempo.

PRESIDENTE. Prima del sequestro diMoro.

FABIO FABBRI. Eccome. Qui c’è qual-cosa che non torna. Padre Zucca è coluiche ha portato nelle cantine di don Cesarea San Vittore il corpo di Mussolini. Nonc’entra niente. Dopo la faccenda...

PAOLO CORSINI. Non era Padre Zap-paterreni ?

FABIO FABBRI. No. So di PadreZucca, che usò un triciclo con tanto di...

PRESIDENTE. Una specie di sidecar apedale.

FABIO FABBRI. Ecco. Di notte portò lasalma di Mussolini, alla quale mancavauna gamba. Mancava qualche cosa, perchéera stato fatto un po’... Don Cesare mi hasempre raccontato che era in grande ap-prensione per via della mamma, perchéallora aveva ancora la mamma a SanVittore. Diceva: « Se la mamma viene a

sapere che c’è il cadavere di Mussolininella cantina.... » A distanza di pochigiorni, di tre o quattro giorni, però, questopadre Zucca ritornò e riportò via la salma.Ecco perché dico che di padre Zucca hosolo questo riferimento ...

PRESIDENTE. Non le risulta che... Cisono tante fonti aperte che parlano dipadre Zucca come di uno di quelli cheavevano sollecitato il pagamento del ri-scatto alle BR.

FABIO FABBRI. No.

PRESIDENTE. Non vi risulta, voi nonl’avete frequentato, lui non sapeva e, sel’ha raccontato, è perché l’ha saputo dopo.

FABIO FABBRI. Sarà così.

PRESIDENTE. Mi pongo la domanda sesia così. Comunque voi non l’avete maiincontrato.

FABIO FABBRI. No, non credo sia unsecondo padre Zucca.

PRESIDENTE. Enrico Zucca è unosolo.

Perché Curioni non volle mai parlare evolle che, lui vivente, non se ne sapessenulla ? Voleva coprire la fonte ? Volevacoprire qualche contatto ? Lei ha ricordatoche disse: « Non voglio essere interrogato ».Perché ?

FABIO FABBRI. Può essere anche que-sto, che non voleva...

PRESIDENTE. ... che gli venisse chiestochi fosse l’intermediario.

FABIO FABBRI. Credo. L’intermedia-rio lo sapevo anch’io, però. I due avvocatili conoscevo.

PRESIDENTE. I due avvocati sì, mal’intermediario che trattava dei soldi...

FABIO FABBRI. Sì, forse aveva timore.

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PRESIDENTE. Quello dei bagni dellametropolitana di Napoli.

FABIO FABBRI. Sicuramente non erasempre lo stesso, anche se doveva essere,più o meno, lo stesso, o perlomeno eranoun paio. Don Cesare non si poteva fidaredi chiunque gli si presentasse davanti.

PRESIDENTE. Adesso le chiedo unacosa specifica. Quando lei fa riferimentoalla visione dei soldi, delle banconote indollari, il 6 maggio del 1978, dice che ilPapa vi ricevette con Curioni a CastelGandolfo. Dalle notizie da noi prese dallastampa non risulta che il Papa sia stato aCastel Gandolfo nei 55 giorni.

FABIO FABBRI. Invece, a me risulta.C’era eccome.

PRESIDENTE. Glielo chiedo. Poiché lanostra unica fonte è la stampa, le devoporre la domanda.

FABIO FABBRI. Ha ragione, ma ledevo rispondere che io c’ero.

PRESIDENTE. E il 6 maggio c’era an-che il Papa. Lo chiedo per chiarezza,perché è uno dei punti controversi.

FABIO FABBRI. Mi ricordo che in quelmomento – forse l’ho detto a VladimiroSatta, non lo so, perché la storia è fattaanche di piccole cose che avvalorano ilcontenuto principale – don Cesare era suun piccolo divano, un po’ come quello quifuori su cui mi stavo addormentando men-tre aspettavo di essere chiamato per en-trare qui. Si appisolò. Era molto comodoquel divano. Macchi arrivò e disse diandare dal Papa. Don Macchi, che eramolto intimo di don Cesare, gli disse: « Macome, si è addormentato ? ». Lui rispose:« Ho l’orologio che non funziona tantobene ». Questa battuta fu fatta al Papa,così per ridere, e il Papa gli regalò l’oro-logio.

PRESIDENTE. A don Cesare.

FABIO FABBRI. Era un orologio chedoveva venire a me, siamo sinceri, ma quidevo chiudere un discorso, perché pur-troppo...

PRESIDENTE. ...l’orologio è scom-parso.

FABIO FABBRI. È scomparso, come misono scomparse tante cose. Di don Cesarenon ho niente. Se si pensa che tutto unpaese intero, Asso, dal parroco in poi sonotutti vivi e verdi... Dopo trent’anni il rap-porto che avevo con monsignor Curioniera come tra zio e nipote, molto intimo.Tutti sapevano. Addirittura al sindaco delpaese, suo compagno di scuola, tuttoravivente, qualche tempo prima don Cesareaveva chiesto: « Mi prepari un testamento ?Questa casa di Asso è di don Fabio. Dopotrent’anni è di don Fabio, anche perchévoglio che in questa casa a mio nomefaccia una specie di fondazione, che cichiami i cappellani, almeno quelli dellaLombardia, che ci faccia dei convegni, checi faccia qualche cosa ». A me disse: « Fa-bio, al piano terra ci sono due affitti didue grandi negozi. Con quelli tu mantienila casa, ma la mantieni in questa ma-niera ». « Benissimo, don Cesare » risposi.

Poi è venuto un parente di quintogrado che mi disse: « È roba mia ». Èvenuto in ufficio una mattina in via Are-nula, perché io avevo le chiavi della casa.« Se è lei l’erede, va bene ». « Ma ci sonoanche i soldi ? » mi chiese. Io risposi: « Sì,so che don Cesare aveva dei soldi alloIOR ». « Ah, no, quelli sono soldi miei.Vado ». « Vada. Vediamo quello che suc-cede e che cosa dicono le autorità vati-cane. Io non c’entro niente ». È andato; glihanno dato il benservito e gli hanno detto:« Che cosa vuole lei ? I soldi di monsignorCurioni sono stati già tutti destinati invarie opere di beneficenza che aveva fattoin cinque o sei parti, più una parte che èdi spettanza, secondo gli accordi con ilVaticano, del Santo Padre. Pertanto, leinon ha diritto a niente ». Meno male. Se laprese poi con me, come se avessi preso ioi soldi. Invece, con tutti i soldi che potevoavere, gli ho fatto i funerali a Roma, a San

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Giovanni in Laterano. Non vi dico quantosono costati. Tutto quello che avevo è statomesso lì, oltre al ricordo di monsignorCurioni, che ho fatto stampare.

Queste, però, sono cose personali, chenon c’entrano niente. È solo per dire chenon mi è arrivata la casa, non mi èarrivato niente, ma va bene così, perchésono una persona libera e tranquilla. Nonho fatto mercimonio di niente.

Anche adesso sono qui – lo dico contutto il rispetto per voi – perché ho servitolo Stato per 32 anni al Ministero dellagiustizia e per cinque anni come consi-gliere dell’Ambasciata d’Italia presso laSanta Sede, ragion per cui posso dirmi unpiccolo servitore dello Stato. Pertanto, virispetto e sono contento di essere qui, malo faccio nella memoria di monsignorCurioni, che è una persona adesso dimen-ticata da tutti, ma che ha fatto tutto peri detenuti, per le guardie. Se non sichiamano più « secondini », lo si deve a lui.Tutto il cammino che ha fatto la Poliziapenitenziaria si deve a lui. In tutte lealternative alle pene che sono nate dal-l’ONU in poi c’è di mezzo lui e, dinascosto, ci sono di mezzo anch’io.

Tuttavia, non si parla più di niente.Non esiste più monsignor Curioni, comenon esiste più la Cappellania generaled’Italia. Conoscete voi chi è il cappellanogenerale ?

PRESIDENTE. No.Abbiamo ancora qualche domanda.

FABIO FABBRI. Scusate la mia bat-tuta.

PRESIDENTE. Secondo varie fonti, tracui Andreotti e padre Carlo Cremona, l’8maggio monsignor Macchi era in attesa diun segnale positivo per l’indomani, pro-babilmente di una telefonata, magari delmediatore, che avrebbe annunciato unasoluzione positiva del sequestro Moro.

Cremona ha poi rievocato in modi nonunivoci la vicenda della telefonata. Inalcune circostanze ha asserito che la te-lefonata attesa non giunse, in altre che latelefonata arrivò (secondo una versione a

Cremona stesso, secondo un’altra invece aMacchi), ma che il mediatore, chiamandoda Firenze aveva annunciato che le BR loavevano minacciato e che, quindi, la trat-tativa era saltata.

Lei sa qualcosa al riguardo ?

FABIO FABBRI. Sì, so quello che lei haletto, preciso preciso. So queste cose. An-che se non ho mai parlato con padreCremona, so che...

PRESIDENTE. ...che c’era un’attesa. Ilmediatore di cui si parla, che doveva farequesta telefonata, era lo stesso di monsi-gnor Curioni o era un altro ?

FABIO FABBRI. Personalmente pensoche fosse un altro, ma...

PRESIDENTE. Monsignor Curioni perl’8 maggio non aspettava alcuna telefonatada alcuno. Aveva dato già per persa latrattativa.

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. Monsignor Curioni le hamai parlato dell’intermediario dicendo seaveva o no qualcosa a che fare con Fi-renze ?

FABIO FABBRI. No. Io sono fiorentino,ragion per cui questa faccenda mi avrebbesolleticato molto. Non ho mai avuto questaimpressione. Firenze non è mai venutafuori, sinceramente.

PRESIDENTE. Quindi, è solo padreCremona che ne parla.

Passo all’ultima domanda. Nella suadeposizione del febbraio dello scorso annoa Palermo, lei ha asserito di aver saputomolti anni dopo di essere stato controllatoe pedinato durante il periodo del seque-stro Moro da un appartenente a un ser-vizio segreto da lei conosciuto con il nomedi Gino e di essersi messo in contatto conquesto Gino poco prima della sua depo-sizione, quindi circa un anno fa.

FABIO FABBRI. Sì.

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PRESIDENTE. Vorremmo sapere comeha fatto a mettersi in contatto con questapersona, se ne possiede un recapito e se lerisulta che anche monsignor Curioni fossestato seguito dai Servizi in quello stessoperiodo.

FABIO FABBRI. Sì. Monsignor Curioniè stato seguito come sono stato seguito io.Allora alloggiavamo in via della Traspon-tina 18, alla Casa del clero. A Romac’erano due case del clero, una in via dellaScrofa, qui vicino, e una in via dellaTraspontina. Stavamo lì. Molte volte ipadri della casa mi dicevano: « Don Fabio,non esca dalla strada principale. Esca didietro ». « Perché ? » chiedevo. « Perché cisono Tizio, Caio e Sempronio ». Eranogiornalisti o altri che erano riusciti acapire che monsignor Curioni c’entrava inquesta storia di Moro. Uscivo, quindi,dall’altra parte. Poi vengo a conoscere checi sono altri personaggi che mi seguono evengo a conoscenza di questo. Ho detto:« Fa parte del gioco ».

PRESIDENTE. Lei ha parlato con que-sto Gino ?

FABIO FABBRI. Sì, ma questo dopo.Un momento, ci arrivo per gradi, perché citengo a far capire per bene come la cosaè andata. A livello personale ho – sonomorti, purtroppo – degli amici in Puglia,a Montemarano. Frequento Montemaranoin Puglia...

GERO GRASSI. Monteparano; è pro-vincia di Taranto.

PRESIDENTE. Montemarano è comun-que in Puglia. Se poi è a Taranto...

GERO GRASSI. Montemarano non è inPuglia. Monteparano sì. Montemarano è inCampania.

FABIO FABBRI. Sì, forse ha ragione, èin Campania. Sì, Montemarano. Ha ra-gione: sono io che sbaglio. È Montema-rano.

PRESIDENTE. L’onorevole Grassi èriuscito a fare un’osservazione geografica-mente calzante.

FABIO FABBRI. Ha ragione.Questi amici poi mi presentano ad altre

persone. Sono stato lì diverse estati. Mipresentano il parroco e altri. A un certomomento, mi chiedono di celebrare unmatrimonio. Celebro ben contento il ma-trimonio. Conosco già la mamma dellasposa. Il papà era un dentista famoso, checredo sia ancora vivo. Fanno il matrimo-nio e il pranzo di nozze.

A distanza di anni dopo quel matri-monio viene fuori che uno dei servizi è lozio o prozio della sposa, e che era presenteal matrimonio. Addirittura abbiamo pran-zato quasi allo stesso tavolo.

PRESIDENTE. L’ha riconosciuto e leha detto: « Sa che l’ho seguita quarant’annifa ? »

FABIO FABBRI. Esatto. Presidente, leimi sta proprio leggendo nella mente. « Saiche ti ho seguito ? » Me lo disse perché poidiventammo amici. Non lo sapevo. Avevala sua copertura. Quando ho scoperto...

PRESIDENTE. Anche perché sarà ab-bondantemente in pensione questo si-gnore, ormai da tempo.

FABIO FABBRI. No, non credo. No, no.Non credo che sia in pensione. Non homai voluto sapere il nome e il cognome.L’ho sempre individuato con il nome incodice che aveva, Gino, e basta. Non hovoluto sapere di più, e meno male che èstato così.

PRESIDENTE. Non le ha detto perchéla seguiva ?

FABIO FABBRI. Sì, mi ha detto: « Tiabbiamo seguito durante il sequestro, ilfatto del telefono, via della Traspontina,chi andava lì, chi andava di là ».

Poi cominciò ad aiutarmi per determi-nate situazioni. In che maniera cominciòad aiutarmi ? Siamo diventati amici. Ci si

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telefonava ogni tanto. Veniva a Roma e miincontrava. « Sai, Gino » gli dissi « domanidevo andare da amici su a Zurigo. Mihanno invitato su. C’è la neve. Vado su ».Erano amici carissimi, come secondi pa-renti, in un certo modo.

« No, non andare domani » mi disse.« Come, non devo andare domani ? » « No,non devi andare domani perché domanic’è un problema alla frontiera ». « E chec’entro io con il problema alla frontiera ? »« Sì, perché domani c’è un monsignorecome te... ». « Eh, la miseria, come me ? Eche fa ? » « Con una macchina è aspettatoalla frontiera e noi siamo pronti a pren-derlo... Quindi per evitare storie ed equi-voci, che magari sbaglino persona, nonandare domani. Vai dopodomani, ma nondomani ». Questa storia non riuscivo acapirla.

PRESIDENTE. Quindi, è un aiutino dioggi.

FABIO FABBRI. È un aiutino di oggi.

PRESIDENTE. Noi, però, siamo inte-ressati agli aiutini di ieri, non agli aiutinidi oggi.

FABIO FABBRI. Mi diceva tutte questecose, che mi aveva seguito e basta.

Quando poi c’è stata la storia delladeposizione a Palermo, era ormai diven-tato per me un punto di riferimento perdeterminate situazioni. Mi vengono i ca-rabinieri a casa, quelli della DIGOS.L’anno scorso vengono a casa a portarmila notifica per Palermo. Candidamente –ho fatto anche un po’ il diplomatico al-l’ambasciata, d’accordo, ma quello che hoin cuore l’ho sulla bocca; non ho danascondere niente – dico loro: « Scusateun po’. Domani devo andare a Palermo.Vedete che difficoltà ho. Devo trovarmi lìalle otto. Come faccio da Siena a trovarmialle otto a Palermo ? Bisogna che sappia.Tra l’altro, sento notizie che il tizio chedeve essere interrogato a Palermo è am-malato e che, quindi, forse slitta, ma melo dovete dire, perché non posso arrivare

a Palermo e sentirmi dire che il processoè slittato di tre o quattro giorni ». Mi parelogico che facessi questa battuta.

Ho chiamato Gino e gli ho chiesto checosa dovessi fare. Mi ha detto: « Guardache c’è qualche cosa che non quadra inquesto processo, perché quello è malato.Come faranno ad ascoltarlo e non lo so ».Ho detto questa battuta: « Devo partire,però, perché me l’hanno detto i carabi-nieri ».

Come arrivo a Palermo, mi chiudono inuna stanza. Prima altri raccontano non soche cosa. Che cosa raccontano ? Raccon-tano tutta la mia discussione avuta con idue della DIGOS nella mia cucina a Siena,che, papale papale, viene riprodotta là. Perfortuna – l’ho capito dopo – mi fanno lestesse domande. Rispondendo, non hofatto altro che ricopiare quello che avevodetto a Siena nella mia cucina a questidue. Non ho sgarrato di una virgola,perché non avevo motivo di sgarrare.

Da lì è venuta fuori una storia che nonvi dico: come mai, perché, chi è questoqui... Hanno voluto indagare su questopersonaggio. Io ho detto tranquillamente:« C’è il mio collaboratore che ha il tele-fonino. Io non so nemmeno il numero. Cel’ha lui il telefonino ». Hanno preso ilragazzo che mi aveva accompagnato aPalermo, hanno sequestrato il telefonino eper una settimana l’hanno tenuto là, vo-lendo andare a sindacare perché avessi ilsuo numero. Poi ce l’hanno ridato. Ilpubblico ministero era Di Matteo, il qualepoi ebbe modo di scusarsi, dicendo: « Noidovevamo sapere ». « Dovevate sapere checosa ? È uno dei Servizi, questo, quindi èun organo dello Stato. È uno di cui io mifido e di cui voi stessi dovreste fidarvi ».

Ecco come è nata la storia di Gino, cheho sempre contattato in determinate si-tuazioni. Volevo capire come si casca. Peresempio, scusate la faziosità, ma sonoandato a Palermo una prima volta, sonoandato a Palermo la seconda volta e hospeso 800 euro la prima e 700 la seconda.Tutti mi fanno firmare carte qui e là. Nonho avuto un centesimo dallo Stato. Peramor del cielo, campo lo stesso, ma sonoandato a prendere una nave e sono andato

Atti Parlamentari — 16 — Camera Deputati – Senato Repubblica

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a Palermo. Lui mi dice: « Fabio, fai unacosa: vieni a Palermo, ti metto sul postaletutta la notte. Alle sette e mezzo delmattino arrivi a Palermo e alle otto emezzo sei arrivato in aula ».

PRESIDENTE. Quindi, questo Gino la-vora anche giù.

FABIO FABBRI. Sì. Lavora anche giù.Riguardo a questa faccenda di Moro hosaputo da lui che ero stato sorvegliatospeciale, con telefono e senza telefono, neifamosi 50 giorni.

PRESIDENTE. Quindi, è uno che avràsui 60-65 anni.

FABIO FABBRI. Sui sessant’anni, sì.Gli ho chiesto: « Perché lo facevi ? » Mi harisposto: « Perché si voleva capire se tu ciportavi verso qualcuno, se incontravi qual-cuno, se nascondevi qualche cosa. Eccoperché controllavamo il telefono. Vole-vamo capire anche dove andavi, se ciportavi dalle persone cui eravamo interes-sati, perché dovevamo cercare dove stavaMoro ».

È una persona, per conto mio, degnis-sima, anche se nei fatti di Palermo è statamessa sotto una certa pressione. Ne èuscita, però, tranquillamente, perché nonc’era niente da dire.

PRESIDENTE. Bene. Ho finito.Do la parola ai colleghi che intendano

intervenire per porre quesiti o formulareosservazioni.

FEDERICO FORNARO. La ringrazio echiedo anticipatamente scusa perché dopole risposte dovrò andare, essendoci il que-stion time con il Ministro dell’economia edelle finanze al quale devo intervenire.

Le pongo tre questioni specifiche. Laprima è se ci può aiutare sulle date, checredo siano importanti. Vorrei sapere sericorda quando avvenne il primo contattocon l’intermediario, se subito...

FABIO FABBRI. Come faccio a ricor-darlo ?

FEDERICO FORNARO. Lei ha fattoalcuni step.

FABIO FABBRI. Intende subito dopo ilsequestro ? Sì, non è intercorso moltotempo. Una settimana dopo c’erano già leprime avvisaglie dei contatti delle BR conmonsignor Curioni.

FEDERICO FORNARO. Una settimana,quindi ?

FABIO FABBRI. Non posso dirle sefossero sette, otto o nove giorni, ma quasisubito.

FEDERICO FORNARO. Passando allaseconda questione, prima ha messo inevidenza non tanto e soltanto la divisionedelle BR tra due fazioni, una più apertaalla trattativa e una invece meno, ma, a uncerto punto, ha detto che si acceleròquando il Papa stava raccogliendo i soldi.Possiamo datare questa accelerazionedopo la metà di aprile, cioè dopo lavicenda del Lago della Duchessa ?

FABIO FABBRI. Sì. Dopo il Lago dellaDuchessa, sicuramente sì.

FEDERICO FORNARO. Non prima.

FABIO FABBRI. Non prima. È avve-nuto quando le cose erano ormai chiare esi pensava che, avuti i soldi, forse l’avreb-bero liberato.

FEDERICO FORNARO. Perfetto. Gra-zie.

Se questa risposta la vuol dare insegreta, credo che il presidente non abbiaproblemi. Lei ha mai incontrato in quei 55giorni don Mennini ?

FABIO FABBRI. Chi ?

FEDERICO FORNARO. Don Mennini.

FABIO FABBRI. No, no.

FEDERICO FORNARO. In nessun mo-mento, neanche a Castel Gandolfo ?

Atti Parlamentari — 17 — Camera Deputati – Senato Repubblica

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FABIO FABBRI. No.

PRESIDENTE. Proseguiamo in sedutasegreta. Dispongo la disattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segre-ta) (*)

FABIO FABBRI. No, non ne avevomotivo, perché non era proprio un com-pagno di Accademia, ma era stato alunnodell’Accademia ecclesiastica prima di me equindi c’era una relazione, non dico ami-cale, ma di conoscenza diretta. Lo avreiincontrato volentieri ma non c’è stato maiun...

FEDERICO FORNARO. Al di là delcontatto personale, lei sapeva che donMennini era in contatto con la famigliaMoro ?

FABIO FABBRI. Con la famiglia sì, manon posso dire altro.

PRESIDENTE. Proseguiamo in sedutapubblica. Dispongo la riattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori riprendono in seduta pubblica)

FEDERICO FORNARO. C’è un altro pas-saggio. Lei ha ricordato la telefonata fattanella giornata del Lago della Duchessa, in cuidon Curioni avvisò Andreotti – lei ha dettocosì – che le BR gli avevano detto che nonc’era nulla. Successivamente, ci ha riferitoche di questa trattativa e di questi suoi rap-porti con gli intermediari erano a cono-scenza soltanto il Papa e don Macchi.

FABIO FABBRI. Da quello che so io, sì,il Papa e il suo segretario, don Macchi.

FEDERICO FORNARO. Benissimo. Aquesto punto, però, don Curioni alza iltelefono e parla col capo del Governo,dicendogli una cosa di questo genere sullabase di che cosa ?

FABIO FABBRI. Sulla base del fattoche erano non amici, ma molto vicini. DonCesare era vicino a molti parlamentari.

FEDERICO FORNARO. Quindi, leiesclude che di questa trattativa, proprioper questi rapporti, don Curioni avesseparlato con Andreotti ?

FABIO FABBRI. Non ne sono a cono-scenza, se non in questo caso, anche se ame sembra normale che lo fosse, perchédon Cesare aveva rapporti, alcuni dei qualivissuti con me, tranquillamente con unsacco di gente del Parlamento.

FEDERICO FORNARO. Non ci sarebbenulla di male, per l’amor di Dio. Era percapire. L’esistenza o meno di una tratta-tiva ai livelli che lei ha descritto non eraun particolare di secondaria importanzarispetto a tutta la vicenda.

Le volevo fare ancora tre domande epoi ho finito. La prima è velocissima: dellaparte finale e, quindi, della raccolta dei 10miliardi, che a lei risulti, fu informato ilGoverno italiano ?

FABIO FABBRI. No, non so niente diquesto.

FEDERICO FORNARO. Monsignor Ca-saroli non aveva mai avuto informazionedi tutto questo ? Non comunicò ad An-dreotti di questa trattativa e dell’esistenzadi questa...

FABIO FABBRI. Può darsi che l’abbiafatto, ma non è passato tramite la miaconoscenza.

FEDERICO FORNARO. Quindi, a leinon risulta.

FABIO FABBRI. No. Mi risulta solo cheCasaroli era intimo amico di don Cesare.Bisogna sempre spiegarle le cose. Se nonsi conoscono le persone e non vengono ben

(*) Su conforme avviso dell’Ufficio di presidenza,integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella sedutadel 2 marzo 2016 la Commissione, visti gli articoli 12e 13 del Regolamento interno, ha convenuto ladesecretazione della seguente parte segreta del re-soconto stenografico dell’audizione.

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situate, non si comprende. Casaroli, invecedi fare il cardinale, il sabato smetteva laporpora e andava a Casal del Marmo perstare con i ragazzi e aiutava i ragazzi.

È chiaro che prima o poi la conoscenzacon don Cesare arriva in maniera forte,perché tutti e due lavorano per lo stessosistema. Diventarono amici. Casaroli l’hoconosciuto anch’io, ma la ragione dell’ami-cizia tra Casaroli e don Cesare è questaqui: era Casal del Marmo.

FEDERICO FORNARO. Non ho fattoalcuna allusione di altra natura.

FABIO FABBRI. No, era per dire. Ilcardinale Casaroli un sacco di soldi litirava fuori di tasca sua e li dava airagazzi poveri a Casal del Marmo. Alcunecose che magari avrebbe dovuto essere loStato a dare a quei ragazzi, era lui che letirava fuori. È chiaro, quindi, che l’ami-cizia nasce subito tra Casaroli e donCesare.

FEDERICO FORNARO. Mi sono spie-gato male. Non è in discussione l’amicizia.Qui si tratta del ruolo istituzionale diCasaroli...

FABIO FABBRI. Come pure con An-dreotti. È logico. Se pensate che il sotto-scritto qui presente... Sono forse l’ultimo.Non so come mi potete considerare. Perquesti trent’anni, poiché mi piace e so farda mangiare, sapete quanti parlamentarici sono che hanno ancora i fogli scritti dame per le cene che si facevano in casa diquello o di quell’altro, rosso, bianco, verdee compagnia bella, a cominciare da GigliaTedesco e dall’ex sindaco di Napoli, RosaIervolino. Un bel giorno chiama don Ce-sare e gli chiede: « Don Cesare, don Fabiosa fare la ribollita ? » « Come no » harisposto don Cesare « Certo che la safare ». « Allora le mando la macchina allecinque perché a casa mia stasera ci sono12-14 parlamentari delle varie tendenze ».

Questa storia è andata avanti pertrent’anni. Tutte le settimane, o quasi tuttele settimane, ero in una casa in cui

cenavano diversi parlamentari di posizionidiverse. So che non c’entra niente, lo so,ma...

GERO GRASSI. C’entra, c’entra.

FABIO FABBRI. Non so se c’entra. Iomi divertivo. Non credo di aver rubato alloStato, ma nell’ufficio avevo i fogli con illogo del Ministero della giustizia e scrivevolì il menu. Questi se lo portavano via espesso i parlamentari lo tiravano fuoridalla tasca. Alla seduta della Camera o delSenato si dicevano: « Dov’eri ieri sera ? »« Ero a cena con... » « Ah, avete mangiatoquesto e questo ? »

FEDERICO FORNARO. Lei ha fornitoelementi per la traccia di un bel libro.Ritorniamo, però, un attimo alla vicendacon due domande.

In primo luogo, le risulta o ha ascoltato– l’altra versione della provenienza dei 10miliardi è questa – che fosse stata fattauna raccolta di industriali vicini a...

FABIO FABBRI. No, a me non risulta.

FEDERICO FORNARO. Passo all’ul-tima domanda. Lei sa che in uno deicomunicati delle Brigate Rosse si fa rife-rimento a un misterioso intermediario. Hamai ricollegato l’intermediario di monsi-gnor Curioni con il misterioso intermedia-rio di cui parlano i brigatisti ?

FABIO FABBRI. Sì, quasi forzatamentesi fa. Altrimenti, ci sono due o tre inter-mediari ? Non credo. Anch’io l’ho pensato,ma...

FEDERICO FORNARO. Nella versionebrigatista di quel comunicato, però, è intono negativo – non volevano « misteriosiintermediari » – mentre da quello che leiha descritto le Brigate Rosse in qualchemodo mettono in contatto Curioni con...

FABIO FABBRI. Se si avalla l’ipotesiche le BR, a un certo momento, si sonospaccate in due parti, è chiaro che unaparte aveva il suo interlocutore e l’altra

Atti Parlamentari — 19 — Camera Deputati – Senato Repubblica

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parte il suo. Perché è scivolata la que-stione e l’hanno ammazzato ? Parliamocichiaro. Questo non doveva essere.

FEDERICO FORNARO. Perché dice:« Non doveva essere » ?

FABIO FABBRI. Perché, stando aquello che so io – talvolta sentivo paroledi don Cesare – non doveva essere ucciso.Invece, a un certo momento, è arrivatol’ordine da fuori...

FEDERICO FORNARO. Ordine dafuori in che senso ?

FABIO FABBRI. Da fuori. Non so dachi, ma da fuori.

FEDERICO FORNARO. Da dentro ilcarcere, da fuori ?

FABIO FABBRI. No, dal carcere no. Incarcere magari c’è stato un reclutamentodi manovalanza in alcune situazioni.

FEDERICO FORNARO. Va bene, graziemille.

PAOLO CORSINI. Mi scuso, ma ho lapresentazione di un libro alle 16 e devoallontanarmi tra poco. Le pongo due pic-colissime domande.

A proposito di questo Gino, lei dice dinon conoscere il nome e il cognome, maconosce il numero di telefono.

FABIO FABBRI. Sì, che non ho io in que-sto momento. Le giuro su Dio che non ce l’ho.

PAOLO CORSINI. Saprebbe fornirciquesto numero di telefono ? È possibiletrovarlo ?

FABIO FABBRI. Sì. Ve lo posso fornire.

PAOLO CORSINI. Una volta che lei cifornisce il numero di telefono, noi siamoin grado di risalire all’identità di Gino.

FABIO FABBRI. Senz’altro.

PAOLO CORSINI. Perfetto.

Nel corso della sua esposizione, che hotrovato molto interessante, a un certopunto dice che a partire dall’attentato aTogliatti monsignor Cesare Curioni ha unafrequentazione e una conoscenza direttadelle personalità che erano in carcere, deicarcerati più eminenti. Quando, però, ilpresidente le ha sottoposto la domanda seCurioni avesse mai incontrato Curcio oFranceschini, ha risposto di no, che non èpossibile che li abbia incontrati perchénon aveva rapporti diretti. Non riesco afar combaciare queste due valutazioni.

FABIO FABBRI. Perché come dete-nuto...

PRESIDENTE. Nei 55 giorni, ha detto.Essendo diventato ispettore generale, nonera più possibile.

PAOLO CORSINI. Allora ho capitomale io.

FABIO FABBRI. Prima sì. Le rispondo.La chiarezza è tanto bella.

PAOLO CORSINI. Lei è chiarissimo.

FABIO FABBRI. Si è mai posto unnome... È morto, poverino, ma Mike Bon-giorno com’è nato ? È nato perché, quandoè arrivato dall’America, e non aveva unsoldo, il cappellano di San Vittore gli hadato il budget di tutte le settimane per fareuno spettacolino per i detenuti. Venivapagato. Ha cominciato così la carriera.

In secondo luogo... Chiedo, per piacere,la seduta segreta per questa battuta.

PRESIDENTE. Passiamo in seduta se-greta. Dispongo la disattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segreta) (*)

FABIO FABBRI. È un mostro sacro,forse giustamente. Io non entro in meritoalle idee politiche. Se è un premio Nobel,è un premio Nobel.

(*) Su conforme avviso dell’Ufficio di presidenza,integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella sedutadel 2 marzo 2016 la Commissione, visti gli articoli 12e 13 del Regolamento interno, ha convenuto ladesecretazione della seguente parte segreta del re-soconto stenografico dell’audizione.

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STEFANO LUCIDI. Dario Fo ?

FABIO FABBRI. Certamente. Ha comin-ciato con don Cesare. Quasi nessuno lo sa,non c’è da speculare però ha cominciatocosì. E se uno a Dario Fo parla di donCesare, gli dirà molte cose. Come moltecose mi raccontò in treno il manager diMike Bongiorno che mi disse: « Lei è donFabio ? Il segretario di monsignor Curioni ?Chissà Mike come sarebbe contento di in-contrarla. Quello che non ha fatto per luiquando è stato arrestato durante laguerra.... ». Ho risposto, no ?

PRESIDENTE. Ha risposto. Torniamoin seduta pubblica. Dispongo la riattiva-zione dell’impianto audiovisivo.

(I lavori riprendono in seduta pubblica)

PRESIDENTE. Prego, onorevole Grassi.

FABIO FABBRI. Onorevole Grassi, iol’ho sentita a Siena. Mi sbaglio ?

GERO GRASSI. Non lo so.

FABIO FABBRI. L’ho sentita all’HotelModerno a Siena.

GERO GRASSI. Con Alberto Monaci.

FABIO FABBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Non credo che sia ine-rente..

GERO GRASSI. Ho capito, ma l’hadetto lui.

FABIO FABBRI. Riconosco la voce. Horiconosciuto la voce.

GERO GRASSI. Lei quanti anni ha ?

FABIO FABBRI. Quanti anni ho io ?

GERO GRASSI. Sì.

FABIO FABBRI. Settantaquattro.

GERO GRASSI. Quindi, all’epoca avevaintorno ai trent’anni.

FABIO FABBRI. Intorno ai trent’anni,sì.

GERO GRASSI. Invece, don Curioni mipare fosse del 1923 o del 1924.

FABIO FABBRI. Era del 1923.

GERO GRASSI. Quindi, aveva superatoi cinquant’anni.

FABIO FABBRI. Sì.

GERO GRASSI. Le chiedo questo perfocalizzare. Lei ha fatto una battuta – tral’altro, le faccio i miei complimenti per lachiarezza e la sincerità dell’audizione dioggi – commentando che, dopo la mortedi don Cesare, gli unici sopravvissuti dellavicenda Moro eravate all’epoca lei e GiulioAndreotti. Ora è rimasto soltanto lei. Leauguro di restare altri 200 anni.

Questa vicenda fu commentata dal-l’onorevole Veltroni nel corso di una se-duta della Commissione antimafia di qual-che anno fa.

PRESIDENTE. Sulla longevità dell’ono-revole Andreotti o sulla sopravvivenza didon Fabio ? Non ho capito che cosa hacommentato Veltroni.

GERO GRASSI. Lo dico subito. Seposso completare la domanda, diventatutto chiaro.

Nella sua battuta ad Andreotti a mesembra che lei abbia aggiunto: « Siamorimasti noi due di quel periodo che sap-piamo l’intera vicenda ». Il riferimento eraa Moro. Andreotti rispose: « Teniamoduro ».

Ho inquadrato l’episodio. La domandaè la seguente: che cosa non sappiamo noie che cosa lei non ha ancora detto che cipuò essere di aiuto relativamente a quei 55giorni ?

FABIO FABBRI. Spiego. La battuta èstata fatta nell’Aula Nervi in Vaticano, a

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un concerto cui mio nipote partecipavacome violoncellista. Ha suonato davanti alPapa per il centenario dell’Università LU-MSA, che lui aveva frequentato.

A un certo momento, vedo Andreotti inprima fila. Sapevo dell’amicizia fra lui edon Cesare. Sapevo anche che conoscevame, allora, tempi addietro, perché ci sifrequentava, soltanto nelle cose pubbliche.Alle cerimonie di vario tipo don Cesare erasempre presente. Andreotti salutava donCesare e poi salutava me.

Mi sono avvicinato e gli ho fatto labattuta per presentarmi. Per non dire:« Sa, sono il segretario di monsignor Cu-rioni », ho detto: « Signor presidente, siricorda di me e di don Cesare ? Di quellacosa dicono che siamo rimasti solo noidue ». Queste sono le parole precise: « Diquella cosa siamo rimasti solo noi due ».Andreotti mi disse, battendo le mani sullaspalletta della sedia: « Teniamo duro ».

Non era riferito a niente. Per « quellacosa » intendevo tutto il dramma di Moro,tutto il dramma mio, tutto il dramma didon Cesare e i vari contatti che c’eranosicuramente stati anche con lui, oltre alLago della Duchessa, sicuramente. Eraquesto. Non nascondo qualche cosa, ancheperché, a proposito delle cose che possonascondere, ammesso che ci siano – quidevo dare una ragionevolezza a chi forsepuò pensare che nasconda qualcosa – seuna cosa non la posso dimostrare, non laconosco. Devo essere certo di quello chedico.

Le riferisco un particolare. Qui vera-mente mi lego le mani. Fate come volete,fucilatemi al muro. C’è stata un’autopsia.Quando fu decretato che si doveva farel’autopsia di Moro...

GERO GRASSI. Si riferisce all’autopsiadi Moro ?

FABIO FABBRI. Certamente. Chi haavuto le fotografie per primo ? Io. « E tuchi sei ? » mi si potrebbe chiedere. Ero ilbraccio destro di monsignor Curioni. Por-tate a me, significava date a lui. Questonon lo volevo dire. Non posso andareoltre. Purtroppo, devo chiamare in causa

don Cesare, ma don Cesare è in cielo enon lo posso chiamare in causa.

Quando don Cesare ha visto le cinque,sei o forse otto foto a colori, impressio-nanti...

GERO GRASSI. Dell’autopsia ?

FABIO FABBRI. Dell’autopsia, quandoha visto il cuore – di fronte a Dio dicoquello sto per dire – ha detto: « So chi l’haucciso ». Gli dissi: « Don Cesare, che stai adire ? » « Guarda qua ». La foto mostrava ilcuore, tirato quasi fuori dalla gabbia to-racica, in bella vista, con sei buchi intorno,con sei colpi tutti intorno, senza toccare ilmuscolo cardiaco. « So chi l’ha ucciso.Questa è la firma sua ».

Di chi ? Io non lo so. Non lo soveramente. Conosco battute che don Ce-sare tra i denti ha fatto a qualche amico,a qualcheduno. Ha detto: « Questa è unapersona che ho conosciuto quando era alBeccaria, da ragazzo. È un killer di pro-fessione, assoldato, che poi è espatriato.Ogni tanto ritorna. Ha commissioni e le fa.Questa è la firma sua ».

Giustamente, lei mi dovrebbe chiedere:« Ma lei lo sa chi è ? Dove sta ? Come mai,perché e percome ? » Qui mi fermo, perchénon lo so. Se avessi saputo chi è, glieloavrei detto ora.

GERO GRASSI. Posso interromperla ?Lei ha detto una cosa...

FABIO FABBRI. Questo non lo sa nes-suno. Questa battuta che ho detto ora nonè scritta da nessuna parte. Non l’ho maidetta.

GERO GRASSI. La ringrazio.Lei ha detto ora una cosa che inter-

preto come captatio benevolentiae. Lespiego. Lei ha detto: « È stata fatta l’au-topsia ».

FABIO FABBRI. Sì.

GERO GRASSI. Le chiedo: che cosavuol dire ? Io la capisco in un modo,perché ho letto l’autopsia. Se vuole, le dico

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brevemente: l’autopsia, rispetto alla con-fessione delle quattro persone che in variomodo si autoaccusano di aver sparato aMoro, ci dice che quelle quattro personeche si autoaccusano non dicono la verità.Questo dice l’autopsia, iniziando dallatraiettoria dai colpi, che l’autopsia diceessere stati sparati da su verso giù. Invece,chi ha dichiarato di uccidere dice il con-trario. L’autopsia indica un orario diverso.Inoltre, l’autopsia dice che il cuore – comeha detto lei – non è stato toccato e cheMoro non è morto sul colpo. L’autopsiadell’epoca parlava di trenta minuti. Gliultimi rilievi dei RIS ci hanno parlato diquaranta minuti. L’autopsia ci dice chenon è stato ucciso nel cofano, e tante altrecose che le risparmio.

Passo alla domanda. Lei ha detto che èstata fatta l’autopsia. Benissimo. Io, che holetto e studiato l’autopsia, interpretoquello che lei ha detto come conforto, ocome invito a noi a studiare in quelladirezione. È così ?

FABIO FABBRI. È così.

GERO GRASSI. La ringrazio.

FABIO FABBRI. Se poi, come a me èstato detto, come ho sentito da don Cesare,da qualche battuta tra i denti, che lapersona non vive qui da tempo, si apretutto un discorso.

Mi fermo qui. Questa persona si van-tava negli ambienti loro – « loro » nelsenso di coloro che fanno i killer diprofessione – di uccidere le persone inquesta maniera, facendo una rosa diproiettili intorno al cuore senza toccare ilmuscolo cardiaco. Se ne vantava. Era lasua firma. Ecco perché don Cesare, ap-pena vide la foto, disse: « Questa è la suafirma. Questo lo conosco. So chi è ». A me,però, non l’ha detto. Giuro su Dio che nonme l’ha detto, altrimenti l’avrei detto qui.

GERO GRASSI. Lei, però, ha menzio-nato il Beccaria.

FABIO FABBRI. Sì.

PRESIDENTE. Perché l’ha detto donCesare.

GERO GRASSI. Vuole esplicitarlo ?

FABIO FABBRI. Don Cesare mi disse:« Questo l’ho avuto ragazzo al Beccaria ».

GERO GRASSI. Il Beccaria a Milano ?

FABIO FABBRI. A Milano. Detenutoragazzo...

GERO GRASSI. « Ragazzo » significa –per contestualizzare – che, quando donCesare aveva vent’anni, siamo durante laguerra. È giusto ?

FABIO FABBRI. Sì.

GERO GRASSI. Aveva vent’anni nel1943. Quando ne aveva 23 o 24, siamo nel1946-47. Se don Cesare l’ha avuto ragazzonel 1945-46-47, significa che questa per-sona – « ragazzo » all’epoca significavasette, otto, nove, dieci anni; al Beccarianon si stava oltre una certa data...

FABIO FABBRI. Oltre i diciotto no.

GERO GRASSI. Bravo. Ci arrivo. Per-fetto. Ciò significa che questa persona ènata negli anni Trenta. È una deduzione.

FABIO FABBRI. Sì, come deduzionefunziona.

PRESIDENTE. Prima che iniziamo unaltro film, di cui non voglio fare né lascenografia, né la sceneggiatura, limitia-moci alle cose che ha detto monsignorFabbri. Quanto all’autopsia, quando nediscuteremo, ne parleremo.

Ho capito bene che cosa ha dettomonsignor Fabbri. Non ha fatto riferi-mento a nulla dell’autopsia, se non a duecose: gli sono arrivate le foto, le ha vistee monsignor Curioni ha fatto riferimentoa una tipologia di omicidio che gli ha fattoevocare alla mente un tizio che uccideva inquel modo (perché lo raccontava), cheaveva conosciuto da ragazzo al Beccaria.

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Vedremo quanti anni aveva monsignorCurioni in quel momento. Se quello avevadiciotto anni... Vediamo quando monsi-gnor Curioni è stato al Beccaria e capi-remo se esiste.

Lei, però, non ha detto altro sull’au-topsia. La cosa in relazione all’autopsia èche quella tipologia di uccisione ha evo-cato a monsignor Curioni un tizio. Punto.Ho capito bene ?

FABIO FABBRI. Così è.

GERO GRASSI. Con un’omissione.Monsignor Fabbri ha detto che è statafatta l’autopsia. Io gli ho fatto la domandasu che significato avesse quest’afferma-zione e ci ha risposto: « Lavorate sull’au-topsia perché probabilmente da lì si puòevincere qualche cosa ».

PRESIDENTE. Dal tipo di omicidio.Non ci inventiamo altre cose. MonsignorFabbri fa riferimento all’autopsia. Non glihanno mandato il referto dell’autopsia. Glihanno mandato le foto. Quando ha visto lefoto, monsignor Curioni ha detto: « Per meè questo ». Punto. Questo è il suo riferi-mento all’autopsia, non altro.

GERO GRASSI. No. Questo è il riferi-mento del presidente. Monsignor Fabbrine ha fatto un altro.

PRESIDENTE. Lei, monsignore, haavuto le foto dell’autopsia o il refertodell’autopsia ?

FABIO FABBRI. Le foto. Ce n’è unasola di queste che mostra il cuore ben inevidenza.

GERO GRASSI. Non è in discussione lafoto. Le ho chiesto se ci invita a studiarel’autopsia perché da lì si potrebbe evincerequalche cosa.

PRESIDENTE. Da questa foto.

FABIO FABBRI. Sì, da questa foto.

GERO GRASSI. No, dall’autopsia, nondalla foto. Lei ha parlato di autopsia.

PRESIDENTE. Lo sta dicendo, onore-vole Grassi. È sordo ?

GERO GRASSI. No. Ha parlato di au-topsia.

PRESIDENTE. L’onorevole Grassi so-stiene che lei ritiene che, al di là di questofatto del cuore non ferito dai proiettili,nell’autopsia, che lei non ha letto, ci siaaltro che noi dobbiamo sapere.

FABIO FABBRI. No, per me no. Nascetutto dalla foto particolare. Di queste setteod otto fotografie, una sola è quella che hafatto fare la riflessione a don Cesare e, diriflesso, a me.

PRESIDENTE. Che è quella impor-tante.

GERO GRASSI. Va bene. Lei ha dettoche sta nell’autopsia. Perfetto.

PRESIDENTE. Queste cose afferisconoa una dichiarazione privata dell’onorevoleGrassi, che mettiamo a verbale.

FABIO LAVAGNO. Conceda anche ame una dichiarazione personale, venendodietro a quella di Grassi. Don Fabio ci stadicendo che don Curioni si è riferito a unmodus operandi di un carcerato che avevaun modus operandi riconoscibile prima deidiciott’anni.

FABIO FABBRI. Non so quanti anniavesse quel ragazzo.

FABIO LAVAGNO. Se stava al Becca-ria...

PRESIDENTE. Su questo è stato chia-rissimo. Monsignor Curioni l’ha conosciutoquando era ragazzo al Beccaria, ragionper cui deve averlo conosciuto prima deidiciott’anni. Poi ci ha detto con precisioneche questo signore nella sua attività pro-fessionale illegale è diventato un killer, che

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è stato tanto all’estero e che rientrava avolte per fare questa tipologia di cose. Ame non sembra un dato di poco conto.

Di questo ora disponiamo. Dobbiamoverificare quando monsignor Curioni hafrequentato il Beccaria, in che fascia d’etàera nel periodo. Poi su questo vediamo chiha avuto segnalazioni come killer peressere stato per un periodo in Italia oall’estero.

FABIO LAVAGNO. Mi permetta di de-durre, presidente, andando dietro a questoragionamento, che, quindi, chi teneva in-carcerato Aldo Moro, dopo lo sfracello e lacarneficina fatta in via Fani si è avvalso,secondo questa ricostruzione, secondoquesta deduzione, di un killer professio-nista. Questo stiamo dicendo.

FABIO FABBRI. Sì.

FABIO LAVAGNO. Quantomeno perl’uccisione.

PRESIDENTE. Di Moro.

FABIO LAVAGNO. Sono valutazioniche faremo.

È possibile sapere da chi ha ottenuto lafoto dell’autopsia ?

FABIO FABBRI. No. Dagli organi pre-posti per fare l’autopsia. Non mi ricordo.

FABIO LAVAGNO. Ha già chiesto ilsenatore Corsini come risalire a Gino. Misembra importante.

Rispetto alla trattativa, mi pare di ca-pire che venisse ritenuta abbastanza veri-tiera, non solo per la natura dei contatti– chiamiamoli così – ma anche e soprat-tutto per la prova delle foto, l’una ritenutaattendibile e l’altra no. Non c’è mai statoil sospetto di una truffa rispetto a questatrattativa ?

FABIO FABBRI. No. Sinceramente no.

FABIO LAVAGNO. Nemmeno dopo ilcomunicato falso del Lago della Duchessa ?

FABIO FABBRI. No.

FABIO LAVAGNO. Quale fu la reazioneda parte di don Curioni e del Vaticano, perquanto è a sua conoscenza, dopo il co-municato del Lago della Duchessa ?

FABIO FABBRI. Che reazione ? Si do-veva dar retta alle BR, che dicevano: « Nonfate più il dragaggio, perché lì non c’èniente ». La reazione fu questa. Andreottifece sospendere il dragaggio ed è finita lì.

FABIO LAVAGNO. Non ci fu, quindi,un cambio di valutazione rispetto all’at-tendibilità della trattativa ? Lei ci ha dettofondamentalmente che dopo quel periodo,dopo il periodo del Lago della Duchessa, latrattativa in qualche modo andava sce-mando perché l’ala che non voleva latrattativa all’interno delle Brigate Rosseprendeva il sopravvento. Rispetto all’affi-dabilità dei contatti avuti, al credere nellatrattativa, è cambiato qualche cosa daparte vostra o meno ?

FABIO FABBRI. Per me no.

FABIO LAVAGNO. Benissimo.Per quanto ci ha detto in seduta se-

greta, mi è venuto in mente di chiederle selei...

PRESIDENTE. Se era in seduta se-greta...

FABIO LAVAGNO. No, quello chechiedo non richiede la secretazione. Se poivogliamo proseguire in seduta segreta perla risposta, va bene. La domanda assolu-tamente non è inerente a quanto ci hadetto, anche perché la parte rispetto aCastel Gandolfo e ai soldi ce l’ha riferitaassolutamente in seduta pubblica. Ha maiconosciuto o sentito nominare il deputatoisraeliano Samuel Flatto-Sharon ?

FABIO FABBRI. No. Veramente no.

FABIO LAVAGNO. Questo viene de-scritto nei diari di Andreotti come unfacoltoso deputato israeliano che si era

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offerto di pagare una cifra di 10 milioni didollari, se non ricordo male, rispetto allatrattativa.

PRESIDENTE. Passiamo in seduta se-greta. Dispongo la disattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segreta,indi riprendono in seduta pubblica)

MASSIMO CERVELLINI. Pongo due oforse tre brevi domande, perché alcunesono già state fatte da chi mi ha prece-duto.

Lei ricordava, anche con un certo pa-thos, la telefonata del Santo Padre amonsignor Curioni nella sua abitazione...

FABIO FABBRI. ...ad Asso.

MASSIMO CERVELLINI. Penso allecircostanze che ha ricostruito, con pathos.Ha descritto quello che ha sentito e ce l’hadetto qui. A caldo, o successivamente, conmonsignor Curioni è intervenuto su quellastraordinaria telefonata nel cuore dellanotte ? È intervenuto o a caldo o succes-sivamente ? Questo non l’ha detto.

FABIO FABBRI. Come, non l’ho detto ?Ho detto che lui ha corretto...

MASSIMO CERVELLINI. Le ho chiestose lei è intervenuto nei confronti di mon-signor Curioni sui termini della telefonatache aveva sentito, da cui aveva capitoqualcosa.

FABIO FABBRI. No, mi sono solo me-ravigliato che parlasse col Papa all’una dinotte. Mi sono meravigliato che parlassecon il Papa a quell’ora. Poi lui mi ha dettoche c’era il messaggio delle BR e chegliel’aveva corretto in cinque, sei o settepunti. Ha scelto dei vocaboli più appro-priati. Non sono ritornato poi sull’argo-mento.

MASSIMO CERVELLINI. A caldo, però,è entrato sull’argomento della telefonata.

FABIO FABBRI. Lì, sui due piedi, sì. Misono meravigliato e ho detto: « Stavi par-lando con il Papa ? »

MASSIMO CERVELLINI. Bene.Rispetto, invece, al signor Gino, nelle

frequentazioni successive che cosa affer-mava il signor Gino, di essere quello chefisicamente la controllava e la seguiva ?Faceva parte di un gruppo ? Coordinavaquesto gruppo ?

FABIO FABBRI. Questo non lo so. Soche sicuramente non era lui solo. Era ungruppo, perché coinvolgeva Siena, Roma,Milano. Era un gruppo. Non so nemmenose lo coordinasse. Non ne sono a cono-scenza. Mi ha detto: « Guarda che ti ab-biamo seguito, ascoltato e pedinato », maniente di più.

MASSIMO CERVELLINI. A posto così.

STEFANO LUCIDI. Vorrei puntualiz-zare alcune affermazioni. Ci ha raccontatodella prima foto dell’onorevole Moro e poidella successiva foto, che è stata datatatramite il quotidiano che Moro aveva inmano. Tanto per precisare, possiamoquindi dedurre che la seconda foto, quellacon il quotidiano la Repubblica, in realtàvenga da una richiesta specifica del Papa,per dimostrare che, in effetti, l’onorevoleMoro fosse ancora in vita ? Possiamo direche quella foto è una foto scattata surichiesta del Santo Padre ? Possiamo met-tere una certezza su questo ?

FABIO FABBRI. Sì, certo.

STEFANO LUCIDI. Chiedo un’altrapuntualizzazione, in seduta segreta.

PRESIDENTE. Procediamo in sedutasegreta. Dispongo la disattivazione dell’im-pianto audiovisivo.

(I lavori proseguono in seduta segreta,indi riprendono in seduta pubblica)

STEFANO LUCIDI. Durante quel pe-riodo è a conoscenza di rapporti tra

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monsignor Curioni ed eventuali soggettiesterni stranieri, per esempio in Paesidell’Est, quali la Polonia o...

FABIO FABBRI. No.

STEFANO LUCIDI. Durante la sua au-dizione ha parlato di un ordine di ucci-sione di Moro venuto da fuori. È una suadeduzione oppure può portarci dei riscon-tri ?

FABIO FABBRI. È una mia deduzione,ma « da fuori » significa da fuori...

PRESIDENTE. ...i carcerieri.

STEFANO LUCIDI. Da fuori gli am-bienti carcerari ?

PRESIDENTE. No, da fuori coloro chetenevano Moro prigioniero.

STEFANO LUCIDI. Va bene. Il fuori èrelativo a quello.

Passo alle ultime due domande, sempreper puntualizzare. Quella che abbiamoclassificato oggi come la cosiddetta firmadel killer in effetti nasce dopo la perma-nenza del soggetto al Beccaria, fa parte delsuo percorso criminale. Da quello che leisa questa firma non era già nota all’epocadel...

FABIO FABBRI. No.

STEFANO LUCIDI. Quindi, nasce dopo.

FABIO FABBRI. Nasce dopo perché sivede che costui se n’è vantato in qualchemaniera e don Cesare ne è venuto aconoscenza. Deve aver fatto perlomenodue o tre di queste esecuzioni in quellamaniera, altrimenti don Cesare nonavrebbe potuto dire: « So chi è. Questa èla firma sua ».

STEFANO LUCIDI. Quindi, è un sog-getto che monsignor Curioni conosce alBeccaria e di cui « segue »...

FABIO FABBRI. Sì, ma intendiamoci:conoscerlo al Beccaria che cosa vuol dire ?Beccaria e San Vittore sono due carceridistinti. Al Beccaria ci sono un cappellanoe dei ragazzi. A San Vittore ci sono duecappellani per gli adulti. È chiaro, però,che il cappellano capo – così si chiama...

PRESIDENTE. ... è capo di qua e capodi là.

FABIO FABBRI. Bravo.

PRESIDENTE. Era quello che provavoa dire all’onorevole Grassi prima.

STEFANO LUCIDI. La mia domandaverte su questa cosiddetta firma del killer.All’epoca del Beccaria possiamo già stabi-lire che questo...

FABIO FABBRI. Non credo. Era unragazzo. Non credo. Questa è una personaadulta, perlomeno oltre i vent’anni.

PRESIDENTE. A me serve una preci-sazione rispetto a prima, senza che en-triamo nelle cose trattate in segreta: leiesclude nell’approvvigionamento dei soldivicende connesse allo IOR, direttamente otramite altri passaggi ?

FABIO FABBRI. Sì, lo escludo, perchédon Cesare l’avrebbe saputo e anch’iol’avrei saputo.

PRESIDENTE. Ha sempre detto di no.Quindi, lo IOR, la banca vaticana, o di-rettamente o indirettamente, non l’hafatto. Basta. Questo è quello che mi inte-ressava.

STEFANO LUCIDI. Passo all’ultima do-manda, che riguarda quando le sono stateconsegnate le foto dell’autopsia, le ottofoto. Non le sembra strano che chi esegueun’autopsia poi prenda delle foto e le portia voi senza un tramite ? Come mai questiprofessionisti hanno individuato voi comeinterlocutori ?

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GERO GRASSI. Furono date anche aun giornale, che le pubblicò.

FABIO FABBRI. Don Cesare era l’in-terlocutore e lo sapevano tutti.

PRESIDENTE. Don Cesare, con l’atti-vità che faceva....

FABIO FABBRI. Non c’entra niente,ma faccio un salto. La foto che tutti voiavete conosciuto e che è da tutte le partiin Italia – l’hanno i preti e via elencando– di Ali Agca con il Papa, l’ho scelta io.Perché ? Perché le hanno portate a me. Lefoto della visita del Papa ad Ali Agca aRebibbia me le hanno portate la serastessa, dicendo: « Monsignore, scelgaquella che domani deve andare in tutto ilmondo ». Ho scelto quella in cui è con lasedia accanto al termosifone nell’angolosotto la finestra.

PRESIDENTE. Ognuno fa il suo lavoro.

STEFANO LUCIDI. Perfetto. Grazie.

PAOLO BOLOGNESI. Innanzitutto laringrazio anch’io dell’esposizione e dellagrande disponibilità.

Lei o monsignor Curioni nei 55 giornio dopo avete avuto rapporti con Senzani ?

FABIO FABBRI. Personalmente no.Non so dove stesse Senzani...

PAOLO BOLOGNESI. Lo chiedo perchéera a Firenze.

PRESIDENTE. Firenze e il Ministero digrazia e giustizia credo abbiano evocato ladomanda.

FABIO FABBRI. A Firenze no, perché,se don Cesare fosse stato a Firenze, l’avreisaputo e sarei stato lì con lui. Se era da

altre parti, può darsi che don Cesare si siamosso, ma non credo. No, non credo.

PAOLO BOLOGNESI. Neanche dopo,finito il caso Moro ?

STEFANO LUCIDI. Se mai il caso Morosi possa dire finito.

FABIO FABBRI. No. Io non ne sono aconoscenza.

PAOLO BOLOGNESI. Intendevo dopo i55 giorni. « Finito il caso Moro » vuol diredopo la morte di Moro, purtroppo. Inten-devo « finito il caso Moro » in quel sensolì. Poiché, tra l’altro, Senzani, vedi caso, èentrato nelle Brigate Rosse subito dopo ilcaso Moro, non prima – per carità, è uncaso – vista questa situazione, questa è ladomanda. Lei, quindi, esclude rapporti siada parte sua che di monsignor Curioni.

FABIO FABBRI. Se fosse stato a Mi-lano, avrei messo un punto interrogativo,ma a Firenze no. L’avrei saputo.

PAOLO BOLOGNESI. Va bene. La rin-grazio.

PRESIDENTE. Se non c’è altro, ringra-zio monsignor Fabbri per la gentilezza eper l’ampia deposizione. Ci aggiorniamoalla settimana prossima.

Dichiaro conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 16.40.

IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTIESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE

DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

DOTT. RENZO DICKMANN

Licenziato per la stampail 7 giugno 2016.

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

*17STC0017350**17STC0017350*

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