Reputazione in gioco

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Nicola Cornick

REPUTAZIONE IN GIOCO

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Earl's Prize Wayward Widow

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2002 Nicola Cornick © 2003 Nicola Cornick

Traduzioni di Anna Polo

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony History febbraio 2004

aprile 2004 Seconda edizione Il Meglio di Harmony novembre 2011

Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2011

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

IL MEGLIO DI HARMONY ISSN 1126 - 263X

Periodico mensile n. 147 del 30/11/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 777 dello 06/02/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Pagina Romanzo

Sommario

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Il biglietto vincente

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Juliana degli scandali

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Pagina Romanzo

Il biglietto vincente

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Prologo

Joss - 1792 Lord e lady Tallant litigavano da quasi due ore: un vero progresso, a giudizio dei membri più cinici della servi-tù, dato che in genere non si rivolgevano la parola. La voce profonda del marchese vibrava con forza sufficiente a incrinare i preziosi vasi allineati sulla mensola del camino e gli strilli della nobildonna a-vrebbero potuto rompere lo specchio dalla cornice d'o-ro accanto alla finestra. «Non ve ne è mai importato nulla di me, eppure ora che ho l'occasione di essere davvero felice, non siete abbastanza generoso da lasciarmi andare! Ma io non rimarrò qui, mai e poi mai!» «Smettetela di gridare e ritiratevi in camera vostra fino a quando non sarete in grado di affrontare la si-tuazione in modo ragionevole. Ho tollerato per anni le vostre innumerevoli infedeltà, ma non vi cederò a Massingham in questo modo scandaloso!» Un rumore di vetri infranti confermò i timori dei domestici. «Voglio il divorzio!» «Non siate assurda, signora. E ora, vi ripeto, ritira-tevi in camera vostra.»

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«Giammai! Fuggirò, piuttosto. Sì, giuro che fuggi-rò!» «Non dite sciocchezze. Non ve lo permetterò.» «Le vostre minacce non mi spaventano: siete tutto fumo e niente arrosto. Io vado a fare i bagagli.» La marchesa si avviò decisa verso la porta in un fruscio di seta. «Fate pure» concesse il marito con aria annoiata. «Questo, almeno, vi terrà occupata per un po'.» Arrivata sulla soglia, la marchesa si volse a lanciar-gli un'ultima sfida.«Massingham mi attende al cancel-lo con una carrozza.» «Se si avvicina, lo farò scacciare a suon di frusta-te.» «Oh!» Furiosa, la marchesa si precipitò fuori e corse su per le scale. I riccioli biondi erano sfuggiti all'elabora-ta acconciatura e le spiovevano sulla fronte e sul collo; gli occhi azzurri mandavano lampi. Un bambino era seduto sul pianerottolo, sotto una finestra dai vetri colorati, e giocava tutto concentrato con alcuni soldatini. La luce proveniente dalla finestra lo avvolgeva in riflessi rossi, verdi e dorati. La mar-chesa quasi inciampò su di lui prima di accorgersi del-la sua presenza, poi si inginocchiò in un fruscio di se-ta. «Joscelyne, cosa fai qui? Dov'è il signor Grayling?» Il bimbo si strinse nelle spalle e la guardò indiffe-rente con gli occhi color ambra. «Non lo so, mamma.» La marchesa trattenne a fatica un brivido. Non era colpa del figlio se le ricordava tanto il mar-chese, ma al momento quella somiglianza la metteva a disagio. Joss e il padre avevano gli occhi color ambra, i capelli ramati e i lineamenti classici dei Tallant.

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Quando lo aveva incontrato, Bevill Tallant le era parso un dio greco venuto a liberarla da un'esistenza noiosa per innalzarla agli splendori dell'Olimpo. Tuttavia questo succedeva nove anni prima, quando non conosceva ancora bene il marito. Ora, invece, sa-peva che il marchese era un bigotto dalla mentalità ri-stretta, sempre pronto a negarle la minima soddisfa-zione. Ma le cose stavano per cambiare: Clive Mas-singham, il più grande piacere sperimentato negli ul-timi mesi, la stava aspettando al cancello della tenuta in una carrozza chiusa, pronto a portarla via dalla gri-gia, noiosa Inghilterra. Lady Tallant rabbrividì, questa volta di trepidazione. Certo, quella fuga significava perdere i figli. Abbassò lo sguardo su Joscelyne: era un bambino strano, con la sua aria sempre assorta e la predilezione per i soldatini e i giochi di guerra. Si consolò con il pensiero che il figlio non si sarebbe quasi accorto del-la sua assenza, giacché la vedeva di rado. E tra poco sarebbe partito per il collegio. Quanto alla sorellina, la piccola Juliana, non era si-cura di chi fosse figlia, ma era certa che Bevill avreb-be fatto il suo dovere ignorando ogni dubbio sulla pa-ternità della bimba. In fondo, lei aveva fatto il suo dandogli un erede di puro sangue Tallant. Guardò il figlio negli occhi. «Io me ne vado, Joss, caro, ma prima voglio darti un consiglio. È la cosa migliore che posso fare per te.» Si interruppe. Ora il bambino ricambiava il suo sguardo. Gli posò una mano sul braccio e avvertì la tensione attraverso la manica di velluto. «Non innamorarti mai. L'amore è per gli stupidi e ti renderà solo infelice. Mi hai capito?» «Sì, mamma.»

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Lady Tallant annuì e si rialzò. «Ora me ne vado, ma ci rivedremo. Nel frattempo, fai il bravo.» «Certo, mamma.» La marchesa avvertì una nota di divertimento nella sua voce, come se quel consiglio fosse superfluo, e aggrottò la fronte: quello strano bambino pareva più maturo della sua età. Lo salutò con un buffetto sulla guancia. Giunta in cima alle scale si voltò, ma vide Joss di nuovo chino sui soldatini. Sospirò piano. Bevill non gli avrebbe mai permesso di entrare nell'esercito, visto che era l'unico figlio ed erede. Comunque, ormai, la cosa non la riguardava più. Lanciò un ultimo sguardo al figlio, assorto nei suoi giochi, poi andò a fare i bagagli. Era già in ritardo per l'appuntamento con Clive Massingham. Un'ora dopo aveva trascinato da basso tre bauli, con l'aiuto della cameriera personale. I domestici parevano svaniti e la porta della sala da pranzo restava chiusa. Ferma nel mezzo del lussuoso ingresso, la marche-sa si guardò intorno esitante. Le pareva assurdo bussa-re alla porta per annunciare al marito che se ne anda-va, ma alla fine fu proprio quello che fece. «Bevill, io me ne vado.» Il marchese era ancora seduto in poltrona, dandole le spalle, e non si degnò di alzarsi. «Allora andate, signora. Massingham è al cancello? In tal caso, mandate un valletto e ditegli di venire a prendervi.» «Non mi trattenete?» chiese, stupita. «No, affatto. Al diavolo voi e tutte le donne!» rin-ghiò lui. «E ora fuori di qui!»

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Sorpresa dal voltafaccia del marito, la marchesa si ritirò in silenzio. La carrozza arrivò, i bagagli furono caricati e lei si voltò per dare un'ultima occhiata alla casa che era di-ventata una prigione. Al piano di sopra, un guizzo bianco alla finestra della nursery attirò la sua attenzio-ne: la piccola Juliana la salutava agitando la manina e lei la ricambiò. In sala da pranzo, il marchese di Tallant posò la bottiglia di brandy su un tavolino accanto alla poltro-na. Suo figlio premeva il naso contro il vetro della fine-stra e osservava la carrozza allontanarsi lungo il viale alberato. Il marchese lo aveva tenuto vicino nel timore che la moglie lo portasse via con sé, ma ora si rendeva conto che era stata una preoccupazione assurda: a lady Tal-lant un bambino di sette anni sarebbe stato soltanto d'impaccio. Non si sarebbe mai sognata di imporre un simile fastidio al suo amante. Il marchese si alzò, raggiunse la finestra e posò una mano sulla spalla del figlio. Questi voltò appena la te-sta e gli enigmatici occhi color ambra incontrarono quelli del padre, tanto simili ai suoi. Per un momento, lord Tallant notò un'espressione che non sarebbe mai dovuta apparire nello sguardo di un bimbo. Rimase sgomento per un attimo, poi, so-praffatto dall'amarezza per la fuga della moglie, scac-ciò quel pensiero inquietante e si chinò sul figlio inve-stendolo con i vapori dell'alcool. «Ascoltami, Joscely-ne» sussurrò con voce malferma. «Non fidarti mai di una donna. Sono creature perfide. Non fidarti di loro e non innamorarti. L'amore è per gli stupidi e ti renderà soltanto infelice.»

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Anni dopo Joss, conte di Tallant, avrebbe racconta-to di aver ricevuto un solo consiglio su cui i genitori si erano trovati d'accordo, e di averlo seguito fedelmen-te. Amy - 1807 Quando la carrozza venne a prenderla, Amy non rimase sorpresa. L'ultima lettera della madre, fin trop-po festosa, l'aveva insospettita: a quattordici anni ave-va ormai imparato a leggere tra le righe e a intuire come stavano davvero le cose. Era già successo varie volte e lei conosceva il co-pione: il fracasso delle ruote della carrozza sull'acciot-tolato, il brusio di voci soffocate, la luce improvvisa, la mano che la scuoteva per svegliarla. Quella notte non fu diversa dal solito: Amy aprì gli occhi e si trovò davanti il viso pallido e rassegnato della madre e quello colmo di disapprovazione della signorina Melville, la direttrice della scuola. «Se solo poteste lasciarla qui ancora un po', lady Bainbridge! Amy è un'allieva così brillante e questi continui cambiamenti non giovano certo alla sua edu-cazione...» Come al solito, le proteste furono inutili. Amy si vestì in silenzio, radunò le sue cose e si allontanò in punta di piedi senza salutare nessuno. Le altre ragazze dormivano ignare. Tutte tranne A-manda Makepeace, che aveva il letto vicino al suo. Amanda si mise a sedere, disturbata dalla luce im-provvisa e la guardò sconcertata. «Amy, che cosa suc-cede?» «Niente» rispose lei a fatica. «Devo andare. Temo che non ci rivedremo più.»

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Amanda si sporse per stringerla in un abbraccio impetuoso. Aveva due anni più di lei e si era sempre mostrata protettiva nei suoi confronti. La ricambiò soffocando un singhiozzo. «Ma certo che ci rivedremo» ribatté Amanda, sicu-ra. Si abbracciarono in silenzio, poi lei si tirò indietro. «Addio, Amanda.» Sapeva che non sarebbe tornata alla scuola della signorina Melville, e in fondo era me-glio così: l'ultima volta che i genitori l'avevano portata via, era rimasta lontana per un anno intero. Al ritorno aveva addotto come giustificazione per quella lunga assenza vaghe ragioni familiari, ma questo non l'aveva salvata dai mormorii e dalle occhiate curiose e mali-gne delle altre ragazze. Molte di loro appartenevano alla buona società e avevano ascoltato in famiglia gli infiniti pettegolezzi che circolavano su George Bainbridge e le sue eterne perdite al tavolo da gioco. Nonostante la protezione di Amanda e l'atteggiamento discreto della signorina Melville, non c'era modo di sfuggire ai commenti ma-liziosi delle compagne. Lei ostentava una facciata indifferente, ma dentro si sentiva ferita e vulnerabile. Aveva frequentato diversi istituti per signorine di buona famiglia: due anni interi in una scuola vicino a Oxford, durante un periodo di relativa stabilità dovu-to alla fortuna al gioco del padre, qualche mese pres-so la signorina Melville e brevi periodi a Bath e a Hertford. Ogni volta i genitori la mandavano in una scuola diversa, dove la storia della famiglia non era conosciu-ta. Prima o poi, però, la verità veniva fuori e lei diven-tava il bersaglio di scherzi e battute crudeli. Ciascun

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trasferimento, inoltre, le costava le poche amiche che si era fatta. Troppo assonnata e sgomenta per bersagliare la ma-dre di domande, Amy si accoccolò in un angolo della carrozza e si appisolò per svegliarsi di soprassalto ap-pena la vettura si fermò. «Dove siamo, mamma? In Mansfield Street?» «No, mia cara, a Whitechapel» rispose lady Bain-bridge dopo un breve silenzio. «Staremo qui per un po', fino a quando non potremo trasferirci in campa-gna.» «Whitechapel?» Amy spalancò la portiera e scese. La carrozza si era fermata in una viuzza fiancheggiata da alti edifici ad-dossati gli uni agli altri. Faceva freddo, ma l'aria era satura dell'odore di verdura marcia, di alcol e di qual-cos'altro, ancora più sgradevole. Un uomo dormiva per strada con una bottiglia vuota accanto alla mano e una donna era seduta sulla soglia di una casa vicina, stretta in un vestito lurido che copriva a malapena il seno florido. «Mamma!» Amy si era abituata alle mortificazioni provocate dalle alterne fortune del padre, ma questo era davvero troppo. Guardò sgomenta la madre, ma lei era occupa-ta a pagare il vetturino. La chiamò di nuovo con un sussurro soffocato. In quel momento, due uomini a-vanzarono verso di loro barcollando. Vedendo Amy, accelerarono il passo. Lady Bainbridge li notò, raccolse in fretta i bagagli e la spinse in una casa la cui insegna vantava l'offerta di alloggi per i viaggiatori. Richiuse la porta e Amy sentì i passi pesanti dei due individui passare nella via,

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le loro risate volgari e i pugni battuti sulle imposte delle finestre. Il corridoio era male illuminato, invaso da un odore sgradevole e penetrante. Lady Bainbridge aprì la porta di una camera e tra-scinò dentro Amy. Era un ambiente spoglio e sciatto, dove l'unico arredamento era costituito da un letto mal fatto e da un paio di sedie traballanti. La madre le slacciò il cappellino con mani tremanti e l'aiutò a togliersi il mantello. «È solo per un po', Amy. Papà tornerà presto e allo-ra potremo andarcene...» Amy rabbrividì, sebbene la stanza non fosse fredda, e afferrò le mani della madre. Lady Bainbridge evitò il suo sguardo. «Mamma, per quanto tempo staremo qui?» «Qualche giorno.» «Ma dov'è papà, adesso? Perché dobbiamo restare in questo posto orribile?» «Si tratta solo di poco tempo» ripeté la madre con voce spenta, lasciandosi cadere su una sedia. «Spero che tu non abbia fame, tesoro, dato che non è rimasto niente da mangiare.» Lo stomaco vuoto di Amy brontolò con prontezza, mentre una morsa di terrore lo stringeva. La casa di Mansfield Street era piccola e male arre-data, ma almeno si trovava nella parte occidentale del-la città. Lei non aveva un'idea chiara dell'ubicazione di Whitechapel, ma sapeva che non era certo un quartiere signorile. Sedette di fronte alla madre e cercò di re-spingere la fame e la paura. «Quando andremo in campagna, Richard verrà a stare con noi?» chiese, speranzosa.

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«Oh, no, cara! Tuo fratello è a Eton e non può inter-rompere la sua educazione!» rispose lady Bainbridge, scandalizzata. Amy sospirò: sapeva che Richard non si sarebbe opposto più di tanto a quell'idea, mentre lei... La porta del pensionato sbatté forte e passi pesanti risuonarono sul pavimento di legno dell'ingresso. La-dy Bainbridge si premette una mano contro la bocca. «Chissà se...» mormorò, speranzosa. La porta si aprì e un gentiluomo imponente, i capel-li biondi e un panciotto ricamato d'oro, si fece avanti. Amy balzò in piedi euforica. «Papà!» Lui la strinse in un abbraccio impetuoso, per poi sollevarla e farla volteggiare come se non pesasse nul-la. «Ecco la mia bambina! Ora andrà tutto bene, picco-la» le assicurò. Sapeva di alcol e di un calore familiare. Amy lo strinse forte. «Oh, papà, ho tanta paura! Che cosa ne è stato della casa in Mansfield Street e perché dobbiamo trasferirci in campagna?» George Bainbridge la posò a terra e batté un colpet-to sulle tasche del panciotto. «Non preoccuparti, tesoro! Che ne dici di affittare una bella casetta in Curzon Street e di comprare una carrozza? Avrai un'istitutrice o potrai andare in una scuola per signorine di tua scelta.» Lady Bainbridge trattenne il fiato, poi le guance pallide si colorarono e una scintilla si accese negli oc-chi azzurri. Si alzò e posò una mano sul braccio del marito. «Allora hai vinto, George? Hai davvero vinto?» chiese trepidante.

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Lui la sollevò tra le braccia come aveva fatto poco prima con Amy. «Naturalmente! E ti comprerò un vestito nuovo... anzi, una ventina di vestiti nuovi!» Lady Bainbridge si aggrappò al marito ridendo, piangendo e rimproverandolo allo stesso tempo. Amy la guardò, divisa tra il sollievo e lo sgomento: per il momento avevano evitato la rovina finanziaria, ma sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. Si voltò di scatto. Se mai si fosse sposata, decise, non sarebbe stato con un debole, un giocatore d'azzar-do pronto a dilapidare una fortuna a carte. Avrebbe sposato un uomo che potesse amare e rispettare o sa-rebbe rimasta zitella. E non si sarebbe mai fatta tentare dal gioco.

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1814 Poiché il marchese di Tallant non era incline ad appor-tare migliorie alla residenza di famiglia, la sala da pranzo di Ashby Tallant era uguale a com'era stata vent'anni prima. La luce del sole che entrava dalle finestre metteva in risalto il velluto liso delle tende e i tappeti ormai consunti. Joscelyne, conte di Tallant, entrò nella stanza con andatura baldanzosa per fermarsi poi interdetto: sem-brava che non ci fosse nessuno. Quindi abbozzò un sorriso cupo, notando una poltrona collocata in modo da dare le spalle alla porta, e avanzò verso il camino. «Buongiorno, signore. Volevate vedermi?» chiese rivolto all'uomo seduto in poltrona. «Non posso dire di desiderarlo, Joss, ma di certo voglio parlarti» rispose il marchese con una durezza in netto contrasto con il tono languido e leggero del fi-glio. «Siediti. Se vuoi bere qualcosa, tira il cordone del campanello.» Joss obbedì, poi sedette di fronte al padre. Il marchese ordinò al valletto subito accorso di por-tare una bottiglia di vino bianco delle Canarie.

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«State bene, signore?» chiese Joss in tono indiffe-rente. «Abbastanza» borbottò il marchese, stringendo un bastone tra le dita nodose. «Ti dispiace, ragazzo? Non vedi l'ora di spedirmi nella tomba, immagino.» «Oh, no, signore.» Joss si alzò non appena il domestico entrò con il vi-no, riempì due bicchieri e ne offrì uno al padre solle-vando poi il suo in un brindisi. «Alla vostra buona salute, signore.» Il marchese rispose con un grugnito. «Juliana vi manda i suoi saluti, signore. Sta bene.» «Ha preso dalla madre» borbottò il marchese cu-pamente. «Nessuna discrezione. Ho sentito tutte le storie scandalose che circolano su di lei, compresa quella secondo cui si è presa per amante Clive Mas-singham, proprio come sua madre. Per fortuna, My-fleet è morto e non deve assistere a questo scempio.» Joss si dimenò a disagio. «Vi prego di non deni-grarla, signore. Se Myfleet fosse ancora vivo, Juliana non gli sarebbe infedele. Era felice con lui e ora non lo è.» «Parli come uno sciocco sentimentale, Joss!» sbottò il marchese, sprezzante. «Chi di noi può dirsi felice? Tu, forse? So tutto di te, ragazzo mio, dei tuoi vizi e delle compagnie malfamate che frequenti. Una volta avevo grandi speranze su di te, prima di quel disgra-ziato episodio, quando hai quasi rovinato la famiglia con i tuoi debiti di gioco. Da allora sei andato di male in peggio: il mese scorso ho dovuto pagare una bella somma a quell'Avery, che giurava che tu gli avevi se-dotto la figlia.» «Non vi sareste dovuto prendere tanto disturbo» commentò Joss sorseggiando il vino. «Non sono certo

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il primo a essere accusato di un simile misfatto: il pa-dre di Angela Avery sta accumulando una fortuna.» Il marchese divenne paonazzo per l'indignazione. «Cameriere, vergini, vedove e mogli, per te non fa nessuna differenza, eh?» lo accusò. «State calmo, vi prego» replicò Joss con accento più strascicato che mai. «Le mie imprese non sono certo così memorabili. A volte frequento anche i rice-vimenti più noiosi e rispettabili. Temo che le vostre spie abbiano esagerato.» «Allora non ti sarà difficile adeguarti ai miei piani. Non intendo tollerare oltre questo comportamento scandaloso» annunciò il marchese. «Hai trascinato nel fango il buon nome della famiglia. Ora devi redimer-lo.» «Dovete essere davvero disperato, signore, se pote-te vedermi come il salvatore dell'onore dei Tallant» osservò Joss, ironico. «Cosa dovrei fare per realizzare un simile miracolo?» «Non c'è bisogno di essere sarcastico. È semplice: devi sposarti, Joss. Dopotutto hai ventinove anni e c'è bisogno di un erede. Se sposassi una ragazza docile e carina e ti stabilissi in campagna ad allevare una nidia-ta di figli, potrei dimenticare il passato. Che ne dici?» «Che prospettiva agghiacciante!» commentò Joss con un sorriso sardonico. «No, grazie, signore. Il vo-stro suggerimento non mi attrae.» «Non era un suggerimento, ma un ordine» lo cor-resse il padre con un'ombra dell'antica arroganza. Un lampo divertito guizzò negli occhi color ambra di Joss, che si alzò in piedi con un movimento langui-do e pieno di grazia. «Come giocatore, vi avverto che non vi conviene puntare su di me per un'impresa del genere.»

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Il marchese afferrò il bastone e si tirò in piedi con fatica. «Maledizione, ragazzo, farai quello che ti dico o ti diserederò!» ringhiò minaccioso. «Oh, non credo che lo farete» replicò Joss, tranquil-lo. «Avrai la tenuta, ma ti taglierò i fondi e lascerò tut-to il resto a tuo cugino Roger. Voglio vedere come te la caverai, allora. Sarai costretto a sposare un'ereditie-ra!» sbraitò il marchese sempre più irato. «Vi prego, non vi scaldate troppo» mormorò Joss, allungando una mano per sostenerlo. «Sapete che tan-to farò di testa mia.» Il marchese si lasciò cadere di nuovo in poltrona. «Vai al diavolo! Per quel che me ne importa, puoi sposare la prima donna che incontri.» «Potrei anche farlo» mormorò Joss con un lampo malizioso negli occhi. «Servo vostro, signore.» Si congedò con un inchino e uscì. Un valletto gli portò mantello, cappello e guanti. Non si vedevano in giro cameriere intente a lucidare la ringhiera delle sca-le, il che era una fortuna per le sue prospettive matri-moniali. Prima di salire sul calesse a due cavalli, Joss si guardò intorno. Era una fresca giornata di maggio e il viale alberato formava una galleria verde e ombrosa. La campagna, che noia! Meglio tornare subito in città. La prima donna che vide fu la padrona della locan-da dove si fermò a cambiare i cavalli e a bere una pin-ta di birra. Era già sposata, per fortuna. L'idea comunque non lo abbandonò. Erano proprio quelle trovate a rendere la vita meno monotona. «Amy, cara, spegni la seconda candela» disse lady

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Bainbridge con gentile fermezza. «Una è più che suf-ficiente perché io riesca a leggere e tu a cucire.» Amy si alzò per spegnere la candela posta sulla credenza accanto alla sua sedia. Le faceva male la te-sta per lo sforzo di aguzzare la vista nel salottino in penombra. Non avrebbe saputo dire quando la madre fosse diventata così avara, ma ormai non c'era modo di rompere quell'abitudine al risparmio. Mise via l'occorrente per cucire e il vecchio scialle cui stava aggiungendo una frangia nella speranza di ravvivarlo un po'. Non si comprava un vestito nuovo da anni ed era costretta ad abbellire il suo scarso guar-daroba con l'aggiunta di nastri e pizzi. Nonostante l'impegno, non si faceva illusioni sui risultati. Sapeva bene di essere un disastro, in confronto alle eleganti signore della buona società. D'altra parte faceva una vita così ritirata che la ne-cessità di rendersi presentabile si verificava di rado. «Credo che andrò a letto, mamma» annunciò soffo-cando uno sbadiglio. La serata si era trascinata come al solito: una cena troppo magra per due persone, per poi ritirarsi nel sa-lottino a leggere e a cucire. Dalla morte di George Bainbridge, due anni prima, non uscivano quasi più. La madre, poi, scoraggiava le visite per non trovarsi obbligata a offrire rinfreschi che non poteva permet-tersi. «Come vuoi, cara. Dovrebbe esserci una candela nell'ingresso, ma non portarla di sopra. Ormai sei in grado di trovare la tua stanza, no?» Era così, ma solo perché Amy si era abituata a gira-re per la casa al buio. «Io rimango alzata» annunciò lady Bainbridge con un sospiro. «Tuo fratello potrebbe essere troppo stan-

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co per ricordarsi di chiudere a chiave la porta prima di ritirarsi. Non vorrei che qualcuno entrasse a rubare.» Era più probabile che fosse l'alcol, e non la stan-chezza, a offuscare la memoria di Richard, rifletté Amy, amara. Quanto alla possibilità di un furto, qualsiasi ladro della città probabilmente sapeva che nella casa di Cur-zon Street non c'era niente da rubare. Prima di morire, suo padre aveva impegnato o venduto ogni oggetto di valore. Era noto che non avevano denaro. La casa, concessa per un affitto simbolico da un vecchio amico di famiglia e arredata con uno stile vecchio di tren-t'anni, era poco più di un tetto sopra la loro testa. La servitù si era ridotta a una cuoca, una cameriera e il valletto personale di Richard, l'impareggiabile Marten, e l'anno prima avevano dovuto vendere la carrozza e i due magri cavalli. Lady Bainbridge si era opposta strenuamente a quella decisione fino a quando Amy le aveva fatto notare che i cavalli erano così macilenti per la mancanza di cibo da poter crollare a terra per strada coprendole di ridicolo. A quel punto la madre, sempre timorosa delle critiche altrui, aveva ceduto. «Preferirei che non rimaneste alzata fino a quando Richard andrà a letto, mamma» replicò Amy. «Marten si prenderà cura di lui e si accerterà che sia tutto a po-sto. Inoltre, quei signori potrebbero andare avanti a giocare a carte fino alle ore piccole. Rischiate di ad-dormentarvi in poltrona e di svegliarvi con il torcicol-lo e i capelli in disordine.» Lady Bainbridge trasalì, allarmata. Possedeva anco-ra qualche traccia dell'antica bellezza e metteva ogni cura nel conservarla, ma dalla morte del marito era appassita in modo irrimediabile. I capelli avevano per-so lucentezza, nel viso pallido si vedevano le prime

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rughe e i vestiti stinti e fuori moda ricadevano cascan-ti sulla figura scarna. «Oh, è vero, cara. Non ci avevo pensato. Non posso andare a letto, però, senza il mio libro per addormen-tarmi. Questo è il libro della signora Kitty Cuthbert-son e lo uso per restare sveglia» spiegò, mostrandole il volumetto che teneva in mano. «Per dormire mi serve il libro della signora Edgeworth.» Amy si era ormai abituata ai rituali superstiziosi della madre, legati in particolare al momento di andare a letto. Ogni sera, lady Bainbridge saliva le scale sen-za voltarsi, teneva le pantofole nella stessa posizione e leggeva sempre il medesimo libro. «Dov'è adesso il volumetto della signora Edge-worth?» chiese Amy con un sospiro. «Temo di averlo lasciato in sala da pranzo, proprio dove tuo fratello sta intrattenendo i suoi amici» ammi-se la madre con un sospiro. Era una circostanza insolita e sfortunata, giacché Richard stava poco a casa preferendo passare le serate a giocare a carte da White's o da Boodle's. «Perché non mandiamo Patience a prenderlo?» sug-gerì Amy. Patience era la loro cameriera, un tipo inflessibile e severo, sempre pronto a disapprovare qualsiasi ecces-so. Si poteva bene immaginare la sua reazione davanti agli amici di Richard. «Ah, ma certo!» si illuminò la madre, per poi scuo-tere costernata la testa. «Oh, no, non è possibile! Pa-tience ha giurato di non mettere più piede in una stan-za dove siano presenti Richard e i suoi amici, dopo che uno di loro ha tentato di darle un pizzicotto sul...» Si interruppe imbarazzata e Amy nascose un sorriso all'idea della rigida cameriera oggetto delle attenzioni

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amorose di uno degli scatenati compari di suo fratello. L'uomo doveva essere senza dubbio ubriaco. «Mandiamo Marten, allora» propose. «Lui non cor-re pericoli del genere.» «Marten è andato a trovare sua sorella e credo che non sia ancora tornato» la informò la madre. «Non potete proprio leggere qualcos'altro?» scattò allora Amy, esasperata. «Oh, no, mia cara. Alcuni libri sono adatti al giorno e altri alla notte. Non si possono mescolare» sentenziò l'altra, scandalizzata. Amy si alzò sospirando e avvolse lo scialle intorno alla figura snella. «Andrò io, allora» annunciò. «Ci metterò un attimo.» «Ma no, cara, non puoi entrare in sala da pranzo! Quei signori stanno giocando a carte» protestò la ma-dre, inorridita. L'espressione di Amy si indurì. «Lo so, mamma. Saranno così presi dalla partita da non accorgersi di me. Dubito di andare incontro al destino di Patience.» «Hai ragione, cara. In effetti, nessun gentiluomo ha mai mostrato un particolare interesse nei tuoi riguar-di» ammise la madre in tono dispiaciuto. «In ogni ca-so, è sconveniente che tu entri in una stanza piena di uomini.» «Uno di loro è mio fratello» le fece notare Amy i-gnorando l'osservazione poco generosa. «Se dovesse succedere qualcosa di disdicevole, chiederò subito la protezione di Richard.» Uscì dal salottino e si avvolse più strettamente nel-l'ampio scialle. In casa faceva freddo: il riscaldamento era proporzionale alla quantità di denaro che Richard perdeva al gioco, così che lei era abituata al gelo e agli spifferi.

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Dalla sala da pranzo giungeva un suono di risate e voci maschili. Era davvero sconveniente entrare in una stanza piena di uomini, probabilmente ubriachi, ma quelli erano giocatori incalliti e lei non aveva certo un aspetto tale da infiammarli. Non l'avrebbero nemmeno notata, o al massimo l'a-vrebbero liquidata come la scialba sorella di Richard. Ricordò con una stretta al cuore la sua unica stagio-ne mondana: timida e silenziosa, si era sempre tenuta in disparte, senza attrarre l'attenzione di un possibile corteggiatore. In seguito non c'erano state altre stagio-ni e tanto meno pretendenti. Aprì la porta della sala da pranzo e si affacciò. La scena era proprio come se l'era immaginata: la stanza era calda e piena di fumo, grazie al fuoco che divam-pava nel camino e alla ventina di candele accese spar-se sul tavolo. Niente economie, lì. Suo fratello Richard era accasciato su una sedia, il viso arrossato e il bussolotto per i dadi in mano. Amy identificò con una rapida occhiata due degli ospiti del fratello, mentre gli altri due le erano scono-sciuti. Lord Humphrey Dainty era così ubriaco che stava quasi per scivolare a terra. Bertie Hallam porta-va un cappellino adorno di nastri come portafortuna. Scosse piano la testa: era abituata ai rituali supersti-ziosi della madre, ma quelli dei giocatori le sembrava-no ancora più assurdi. Bertie Hallam, poi, non pareva accorgersi che i suoi portafortuna non funzionavano mai. Il suo sguardo si posò sugli altri due ospiti: uno era un tipo biondo che non pareva troppo ubriaco, l'altro... Lui sollevò lo sguardo proprio mentre Amy lo stava osservando e la fissò diritto negli occhi. Lei trasalì, non solo perché le sue iridi erano di un intenso color

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ambra, quale non aveva mai visto, ma anche perché lo sconosciuto la fissava davvero. In genere la gente pa-reva attraversarla con lo sguardo oppure osservava qualche ragazza più bella o attraente. L'uomo, invece, sembrava davvero interessato a lei. Era più vecchio di Richard, rifletté Amy. Doveva avere circa trent'anni, era alto e snello e sedeva rilas-sato, le lunghe gambe incrociate alle caviglie e la giacca appesa alla spalliera della sedia a rivelare una camicia candida e una cravatta appena spiegazzata. Con quei lineamenti classici e la carnagione scura, era l'uomo più bello che lei avesse mai visto. Davanti a lui si vedeva una pila di ghinee molto più alta di quelle degli altri. Le sorrise e scostò un ricciolo ramato che gli rica-deva sugli occhi. Amy aggrottò la fronte: non deside-rava certo attirare l'attenzione di uno di quei giocatori incalliti. Richard spinse attraverso il tavolo la bottiglia di brandy. «Forza, Joss, forza, Seb! Su, riempitevi i bicchieri!» li incitò. La bottiglia traballò, Richard sollevò lo sguardo, vide la sorella e ridacchiò. Alla luce delle candele, i suoi capelli biondi splendevano e gli occhi azzurri pa-revano brillare. «Sei venuta a controllare quanto sto perdendo?» chiese con voce strascicata da ubriaco. «Prenditela con Joss: stasera ha una fortuna sfacciata.» Amy distolse a fatica lo sguardo dall'uomo dai ca-pelli ramati, abbozzò un sorriso tirato e si spostò lun-go la stanza. La madre le aveva detto di aver lasciato il libro sul sedile sotto una delle quattro finestre, ma le tende di

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velluto rosso erano tirate ed era impossibile capire di quale si trattasse. Ora gli ospiti di Richard cominciavano a notarla. Lord Dainty tentò di rialzarsi per ricadere poi con la testa sul tavolo. Bertie Hallam scattò in piedi e rove-sciò quasi il bicchiere che teneva in mano. Amy gli posò una mano sulla spalla e lo spinse giù decisa: si conoscevano da quando erano bambini e da anni Bertie le proponeva di sposarlo ricevendo sempre una risposta negativa. «Buonasera, signorina Bainbridge. Posso esservi di aiuto?» Il gentiluomo alto e biondo seduto alla sinistra di Richard si era alzato e ora le rivolgeva un inchino. Gli occhi azzurri la guardavano caldi e ammiccanti. Amy sentì suo malgrado uno slancio di simpatia nei suoi confronti e ricambiò il sorriso. «Vi ringrazio, signore. Mia madre è convinta di a-vere lasciato qui un libro senza il quale non può anda-re a dormire.» «C'è un romanzo sul sedile sotto la finestra alle tue spalle, Seb» dichiarò l'uomo dai capelli ramati in tono indolente. «L'ho visto quando sono entrato.» Non accennò ad aiutarli nella ricerca, ma rimase a osservarli con un sorriso lievemente ironico. Nono-stante l'ampio scialle, Amy si sentiva vulnerabile e più consapevole che mai del suo sguardo. Sospirò di sol-lievo quando il gentiluomo biondo trovò il libro e glielo porse con una riverenza. «Ecco quello che cercavate, signorina Bainbridge. I miei omaggi a vostra madre. Sebastian, duca di Fleet, al vostro servizio.» Amy si mantenne impassibile a fatica: conosceva la fama di giocatori incalliti del duca e dei suoi amici,

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sempre pronti a spennare i più sprovveduti. Non che Richard potesse considerarsi tale: seguiva l'esempio del padre da quando aveva diciotto anni, ma fino a quel momento non aveva mai frequentato giocatori come il duca di Fleet e il conte di Tallant, pronti a scommettere migliaia di ghinee in una sera. Suo fra-tello non era certo in grado di perdere somme simili. Suo malgrado, lo sguardo di Amy tornò a indugiare sull'uomo dai capelli ramati. Questi la stava ancora fissando e lei si strinse il libro al petto sentendosi più vulnerabile che mai. Se il gentiluomo biondo e impo-nente era il duca di Fleet, allora quell'altro era per for-za... «Joscelyne Tallant al vostro servizio, signorina Bainbridge» si presentò lui, quasi le avesse letto nel pensiero. Aveva una voce calda e profonda che le procurò un brivido in tutto il corpo. Come tutti, a Londra, Amy aveva sentito parlare di lui. Il gioco era solo l'ultimo dei vizi del conte di Tallant insieme al bere, alle donne e ad altri innominabili eccessi. Anni prima, il conte era stato esiliato dal padre per un enorme debito di gioco che aveva quasi rovinato la famiglia. Poi, men-tre si trovava all'estero, aveva suscitato un secondo scandalo fuggendo con la moglie dell'amico che lo o-spitava. Una volta tornato in patria, la sua fama non era certo migliorata. Il duca di Fleet veniva ancora considerato un buon partito, ma nessuna madre desi-derava che la figlia venisse notata dal conte di Tallant. Amy si rese conto che lui la squadrava da capo a piedi con un'aperta ammirazione che la fece arrossire. Non era abituata ad attrarre a quel modo l'attenzione maschile. Imbarazzata, sistemò il vestito in modo che le coprisse le caviglie: lo aveva ormai da quattro anni

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ed era un po' troppo corto, ma non poteva permettersi di comprarne un altro. Joss Tallant notò quel gesto modesto e un sorriso pigro dischiuse le sue labbra sensuali. Richard richiamò all'ordine gli amici scuotendo im-paziente il bussolotto per dadi. «Allora, chi gioca?» «Io no» borbottò lord Humphrey in tono lugubre. «Tallant mi ha prosciugato le tasche.» «Neanch'io» gli fece eco contrito Bertie Hallam. «Non mi è rimasto un solo penny.» Amy si scusò in fretta, rivolse un sorriso a Seba-stian Fleet, che le teneva aperta la porta premuroso, e scivolò fuori senza più guardare il conte di Tallant. La madre l'aspettava ai piedi delle scale. «Oh, Amy, ci hai messo tanto che cominciavo a preoccuparmi. Stai bene?» chiese trepidante. Amy respinse il ricordo di Joss Tallant. «Ma certo.» «Bertie Hallam non ti ha fatto la sua solita proposta di matrimonio?» «No. Era troppo... occupato.» «Un vero peccato» sospirò lady Bainbridge. «Quan-te candele erano accese?» «Ehm, due o tre» mentì Amy. «E il fuoco?» «In effetti... Sì, c'era un... piccolo fuoco nel cami-no.» «Che bisogno c'è di accendere il fuoco in maggio?» si lamentò lady Bainbridge. «Be', la sera fa ancora piuttosto freddo» replicò lei con un brivido. «Non preoccupatevi: sono sicura che Richard sta vincendo una grossa somma.» La madre si rianimò subito. «Lo credi davvero? Se è così, non abbiamo nulla da temere. In effetti, Ri-chard deve aver preso da suo padre: George era un

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giocatore di enorme talento e quando vinceva mi co-priva sempre di regali. Allora, hai trovato il mio li-bro?» Amy glielo porse. La madre vi diede un'occhiata e si tirò indietro delusa. «Oh, no! Questo è il libro che lady Ashworth mi ha prestato la settimana scorsa. Non posso leggerlo ades-so. Non va assolutamente bene.» Lei si maledisse per non aver controllato l'autore, poi prese la madre per un braccio con gentile fermez-za. «Non preoccupatevi, mamma. Ora vi preparo una tazza di latte caldo con chiodi di garofano e noce mo-scata: sono sicura che vi farà dormire. Per niente al mondo tornerò di nuovo in quella stanza.» Più tardi, mentre lady Bainbridge russava piano nella camera accanto, Amy rimase sveglia a letto ad ascoltare le risate sguaiate provenienti dalla sala da pranzo. Era incredibile come la madre ricordasse solo la generosità del marito e dimenticasse tutte le traversie subite per colpa sua. Lei, invece, non poteva dimenti-carle, anche perché la vita stentata che ora conduceva-no era il diretto risultato degli eccessi paterni. Meno che mai poteva dimenticare lo scandalo e le sofferenze di due anni prima, quando George Bainbridge si era tolto la vita. Spostò irrequieta la testa sul cuscino. Richard era generoso e irresponsabile come il padre e la faceva spesso infuriare. Però gli era affezionata e non riusci-va a serbargli rancore a lungo. Erano gli altri, i ric-chissimi gentiluomini come il duca di Fleet e il conte di Tallant, ad attirare il suo odio per la leggerezza e la

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mancanza di scrupoli con cui trascinavano nel gioco chi, come Richard, non poteva permettersi di perdere somme enormi. Un giorno o l'altro suo fratello si sarebbe trovato nella stessa disperata situazione del padre e lei non po-teva fare niente per impedirlo. Ricordò lo sguardo di apprezzamento di Joss Tal-lant e pregò che il fratello non prendesse l'abitudine di invitare gli amici a casa. Non aveva alcun desiderio di rivedere il conte.

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