Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

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Lejeune, il “papà” dei Down p.5 Il miracolo dell’Albania p.7 Battere Lucifero in Fiera p.14 UBALDO CASOTTO ra tocca a noi, a ciascuno di noi, al- l’uomo comune, allo scienziato, al filosofo e al teologo meravigliarsi di fronte all’enigma che siamo». Prima di dire che questa meravi- glia trova la sua più alta espressione intellet- tuale e affettiva nella mendicanza – «Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cri- sto mendicante il cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo» (don Luigi Giussani in piazza San Pietro il 30 maggio 1998) – Javier Prades ha spiegato in sessanta tesi, densi e lucidi minuti perché la natura del- l’uomo è rapporto con l’infinito. Se non avesse quel nome e quel fisico da ci- clista scalatore dei Pirenei - ha infatti parago- nato il suo intervento a un tappone del Tour de France con arrivo in salita (non credo volesse riferirsi alle Alpi, ma nella sua generosità in- tellettuale potrebbe anche darsi) - ascoltando- lo a occhi chiusi ti chiederesti da quale regio- ne italiana provenga, senza riuscire a stabilir- lo, tanto è perfetta la sua pronuncia nella no- stra lingua. Il rettore dell’Università Teologica San Da- maso di Madrid, già dottore in giurisprudenza oltre che in teologia, e componente della Commissione teologica internazionale, era vi- sibilmente teso mentre saliva sul palco. E du- rante il suo parlare, che ha subito fugato ogni titubanza, s’è capito perché. Don Prades ha deciso di misurarsi con la domanda più inelu- dibile e più tentativamente elusa dalla cultura e dal potere contemporanei: che cosa è mai l’uomo perché se ne debba avere cura? Cosa vuol dire che l’uomo è rapporto con l’infinito – come recita il titolo del Meeting -, come l’avvenimento cristiano cambia questo rapporto, e, soprattutto, la narrazione cristiana è un lecito convincimento personale e in quanto tale privato o a che fare con la verità, cioè con la natura dell’uomo. Su questo terzo punto Prades ha reso coscienti i dodicimila che lo ascoltavano del livello di confronto con la mentalità e la cultura oggi dominanti. Una cultura nella quale non mancano gli esempi di apertura all’infinito, nel giornalismo, nella musica, nell’arte – illuminante l’affermazione del grande scultore Eduardo Chillida: «L’oriz- zonte è irraggiungibile, nessuno può negarlo […]. Se tu avanzi lui si sposta […]. Forse l’o- rizzonte è la patria comune di tutti gli uomi- ni»; commovente quella dello scrittore Erne- sto Sàbato: «Il bisogno di assoluto attraversa come un alveo la mia vita, come una nostalgia di qualcosa cui mai sono arrivato […] la no- stalgia è per me uno struggimento mai soddi- sfatto […] che qualsiasi essere umano porta in sé e con la quale confrontiamo tutta la vita». Queste espressioni sono le tracce di quella che don Giussani ha chiamato l’“esperienza ele- mentare”: «Un complesso di esigenze ed evi- denze originali con cui l’uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste». Ora, mentre l’uomo moderno, che vive sen- za freni a ogni suo desiderio, sembra incapace di fare esperienza e di trasmetterla, non abbia- mo insomma nulla da dirci, al cristiano è suc- cesso un incontro ed è testimone di un fatto (la resurrezione di Cristo) che dà origine al rac- conto di una storia che cambia la vita. segue a pagina 2 «Dal Meeting voglio l’Infinito» 22 MEETING Q UOTIDIANO ANNO 22 Numero Quattro Mercoledì 22 AGOSTO 2012 O Un racconto nuovo che cambia la vita Don Julián Carrón, in visita alla Fiera, mentre saluta il monaco buddhista Habukawa EUROPA: UNA, NESSUNA, CENTOMILA Partecipano: Mario Mauro, capo delegazione Pdl al Parla- mento europeo; Luís Miguel Poiares Maduro, European University Institute; Antonio Tajani, vicepresidente Commissione Europea. Intro- duce Marco Bardazzi, La Stampa. Auditorium B7 EVOLUZIONE BIOLOGI- CA E NATURA DELL’ES- SERE UMANO Partecipano: William E. Carroll, University of Oxford; Ian Tattersall, American Museum of Natural History in New York City. Introduce Marco Bersanelli, do- cente di Astrofisica. Sala A3 PRIMO PIANO 11.15 11.15 “CHE COS’È L’UOMO PERCHÉ TE NE RICOR- DI?”. GENETICA E NATURA UMANA NELLO SGUARDO DI JÉRÔME LEJEU- NE Partecipano: Birthe Bringsted Lejeune, vicepresidente della Fondazione Jérôme Lejeune; Carlo Soave, Università degli Studi di Milano Sala A3 ALBANIA, ATHLETA CHRISTI. ALLE RADICI DELLA LIBERTÀ DI UN POPOLO Partecipano: Teodor Nasi, Ardian Ndreca, Agron Tufa. Introduce Giorgio Paolucci, Av- venire. Sala C1 Siemens PRIMO PIANO 15.00 19.00 Intervista con Julián Carrón: «Viviamo il tema di quest’anno non come slogan, ma come autocoscienza: è la cosa più concreta che ci sia» A pagina 3

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Il numero del Quotidiano Meeting di mercoledì 22 agosto 2012

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Page 1: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

Lejeune, il “papà” dei Down p.5 Il miracolo dell’Albania p.7 Battere Lucifero in Fiera p.14

UBALDO CASOTTO

ra tocca a noi, a ciascuno di noi, al-l’uomo comune, allo scienziato, alfilosofo e al teologo meravigliarsi difronte all’enigma che siamo».

Prima di dire che questa meravi-glia trova la sua più alta espressione intellet-tuale e affettiva nella mendicanza – «Il veroprotagonista della storia è il mendicante: Cri-sto mendicante il cuore dell’uomo e il cuoredell’uomo mendicante di Cristo» (don LuigiGiussani in piazza San Pietro il 30 maggio1998) – Javier Prades ha spiegato in sessanta

tesi, densi e lucidi minuti perché la natura del-l’uomo è rapporto con l’infinito.

Se non avesse quel nome e quel fisico da ci-clista scalatore dei Pirenei - ha infatti parago-nato il suo intervento a un tappone del Tour deFrance con arrivo in salita (non credo volesseriferirsi alle Alpi, ma nella sua generosità in-tellettuale potrebbe anche darsi) - ascoltando-lo a occhi chiusi ti chiederesti da quale regio-ne italiana provenga, senza riuscire a stabilir-lo, tanto è perfetta la sua pronuncia nella no-stra lingua.

Il rettore dell’Università Teologica San Da-maso di Madrid, già dottore in giurisprudenzaoltre che in teologia, e componente dellaCommissione teologica internazionale, era vi-sibilmente teso mentre saliva sul palco. E du-rante il suo parlare, che ha subito fugato ognititubanza, s’è capito perché. Don Prades hadeciso di misurarsi con la domanda più inelu-

dibile e più tentativamente elusa dalla culturae dal potere contemporanei: che cosa è mail’uomo perché se ne debba avere cura?

Cosa vuol dire che l’uomo è rapporto conl’infinito – come recita il titolo del Meeting -,come l’avvenimento cristiano cambia questorapporto, e, soprattutto, la narrazione cristianaè un lecito convincimento personale e inquanto tale privato o a che fare con la verità,cioè con la natura dell’uomo. Su questo terzopunto Prades ha reso coscienti i dodicimilache lo ascoltavano del livello di confronto conla mentalità e la cultura oggi dominanti. Unacultura nella quale non mancano gli esempi diapertura all’infinito, nel giornalismo, nellamusica, nell’arte – illuminante l’affermazionedel grande scultore Eduardo Chillida: «L’oriz-zonte è irraggiungibile, nessuno può negarlo[…]. Se tu avanzi lui si sposta […]. Forse l’o-rizzonte è la patria comune di tutti gli uomi-

ni»; commovente quella dello scrittore Erne-sto Sàbato: «Il bisogno di assoluto attraversacome un alveo la mia vita, come una nostalgiadi qualcosa cui mai sono arrivato […] la no-stalgia è per me uno struggimento mai soddi-sfatto […] che qualsiasi essere umano porta insé e con la quale confrontiamo tutta la vita».Queste espressioni sono le tracce di quella chedon Giussani ha chiamato l’“esperienza ele-mentare”: «Un complesso di esigenze ed evi-denze originali con cui l’uomo è proiettatodentro il confronto con tutto ciò che esiste».

Ora, mentre l’uomo moderno, che vive sen-za freni a ogni suo desiderio, sembra incapacedi fare esperienza e di trasmetterla, non abbia-mo insomma nulla da dirci, al cristiano è suc-cesso un incontro ed è testimone di un fatto (laresurrezione di Cristo) che dà origine al rac-conto di una storia che cambia la vita.

segue a pagina 2

«Dal Meetingvoglio l’Infinito»

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MEETING

QUOTIDIANO

ANNO 22

Numero Quattro

Mercoledì

22AGOSTO2012

O

Un racconto nuovoche cambia la vita

Don Julián Carrón, in visita alla Fiera, mentre saluta il monaco buddhista Habukawa

EUROPA: UNA, NESSUNA,CENTOMILA Partecipano:

Mario Mauro, capo delegazione Pdl al Parla-mento europeo; Luís Miguel Poiares Maduro,European University Institute; Antonio Tajani,vicepresidente Commissione Europea. Intro-duce Marco Bardazzi, La Stampa.Auditorium B7

EVOLUZIONE BIOLOGI-CA E NATURA DELL’ES-

SERE UMANO Partecipano: William E.Carroll, University of Oxford; Ian Tattersall,American Museum of Natural History in NewYork City. Introduce Marco Bersanelli, do-cente di Astrofisica.Sala A3

PRIMO PIANO

11.15

11.15 “CHE COS’È L’UOMOPERCHÉ TE NE RICOR-

DI?”. GENETICA E NATURA UMANANELLO SGUARDO DI JÉRÔME LEJEU-NE Partecipano: Birthe Bringsted Lejeune,vicepresidente della Fondazione JérômeLejeune; Carlo Soave, Università degli Studidi MilanoSala A3

ALBANIA, ATHLETACHRISTI. ALLE RADICI

DELLA LIBERTÀ DI UN POPOLO Partecipano: Teodor Nasi, Ardian Ndreca,Agron Tufa. Introduce Giorgio Paolucci, Av-venire. Sala C1 Siemens

PRIMO PIANO15.00

19.00

Intervista con JuliánCarrón: «Viviamo il tema di quest’annonon come slogan, ma comeautocoscienza: è la cosa piùconcreta che ci sia»A pagina 3

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segue dalla prima paginaCon apparente naturalezza, ma

con assoluto acume, Prades ha fat-to notare che il vangelo è «pieno dipersone molto diverse fra loro cheincontrano Gesù e corrono a rac-contarlo alle loro famiglie, agli a-mici e ai vicini». Un’inarrestabilevolontà di comunicazione di fronteall’afasia contemporanea.

Un incontro che muta la moda-lità del rapporto con l’infinito. Perspiegarlo Prades è ricorso alla«drammatica sensibilità di donGiussani», che davanti a GiovanniPaolo II, nel già citato intervento del 1998,ha testimoniato «l’immediatezza certa» concui ha aderito alla domanda con cui Cristo ri-spondeva all’interrogativo del salmo: «Checosa è l’uomo perché te ne ricordi?». «C’èstato un solo uomo al mondo che mi potevarispondere, ponendo una nuova domanda:“Quale vantaggio avrà l’uomo se guadagneràil mondo intero e poi per-derà se stesso?” […] Nes-sun uomo può sentire sestesso affermato con di-gnità di valore assoluto, aldi là di ogni sua riuscita».

Il rapporto con questouomo che mi parla così,con Cristo, permette un’e-sperienza singolare del rap-porto con l’infinito. Nonquindi una filosofia o unanuova gnosi – ha detto Pra-des – ma «fatti e parole»che portano «a un cambia-mento radicale di quell’e-sperienza dell’orizzonte irraggiungibile, pa-tria comune di tutti gli uomini». A questopunto il teologo madrileno ha sollevato gliocchi dagli appunti: «Quello che sto per leg-gere è la cosa che più mi sta a cuore di dir-vi», e ha voluto dirla con altre parole di donGiussani: «Cristo risorto è il primo e fonda-mentale avvenimento in cui il punto di fuga èdiventato esperienza dell’uomo […] Sicco-me in una realtà il punto di fuga è l’indice diun oltre, di quel che sta oltre, questo oltre èdiventato carne e ossa, perciò Cristo risorto èproprio la prima esperienza di Dio fatto car-

ne e ossa. Il contenuto del punto di fuga è di-ventato esperienza dell’uomo». C’è un cantospagnolo, “La Sevillana del adios”, che parladi una barca che si fa sempre più piccola al-l’orizzonte: don Giussani la commentava al-l’incontrario, per spiegare la novità del cri-stianesimo, un punto che spunta dall’oriz-zonte irraggiungibile e si fa sempre più visi-

bile e vicino sino alla fisi-cità di un uomo che scendedalla barca, e «l’uomo cheaspetta abbraccia l’uomoche arriva dall’altrimenti e-nigmatico e prima ignotoorizzonte». Tutto, in questorapporto diventa nuovo,cioè acquista la sua veranatura. L’alternativa? Laconfusione del «nulla pre-sente».

Invece il cristianesimo,spiega Prades, può docu-mentare le conseguenzedell’esperienza dell’incon-

tro con Cristo: una diversità umana che atti-ra, un’autocoscienza dell’uomo che arriva si-no a concepire la vita come offerta di sé, unacompagnia umana o un “popolo nuovo” cheè la grande opera di Dio nel mondo, l’espe-rienza dell’Infinito come misericordia, comeperdono anche di fronte al nostro ridursi avolte «come cani che fanno la pipì vicino al-le piante».

«Ma la storia del cristianesimo è una sto-ria universale?» riguarda cioè la natura del-l’uomo come pretende di dire il Meeting diquest’anno, o si tratta di una storia particola-

re, raccontata anche con entusiasmo, ma chenon è proponibile a tutti? Il cristianesimo«conviene realmente a tutti gli uomini?», hachiesto e si è chiesto Prades all’attacco del-l’ultima e più irta salita del suo tappone pire-naico.

Perché questo è lo spazio che ogni potereculturale (e quindi politico) - quello di oggilo teorizza apertamente - èdisposto a riservare al cri-stianesimo: le mura di casae chiesa, un po’ di associa-zionismo sociale in sup-plenza di carenze statali e,se proprio ci tenete, ancheun partito cattolico. (Que-ste note sono del redattore,che le ritiene però giustifi-cate dal passaggio in cuiPrades accusa noi cristianidi accettare «questo sguar-do ridotto su noi stessi, co-me se l’esperienza che ab-biamo incontrato non aves-se la forza di cambiare la comprensione del-l’umano»).

È la sfida della fede che diventa cultura,che ha come prima responsabilità quella di«vivere la novità di vita che ci ha raggiunto»e quindi di «approfondire una riflessione si-stematica e critica sulle sue ragioni», per ve-dere se ha «la dignità di paragonarsi con leconquiste delle scienze naturali e sociali».

Il lavoro che questo paragone mette in es-sere è enorme, ha impegnato la Chiesa perduemila anni, abbraccia ogni possibile pro-blematica. Prades ha voluto restringere il

campo a tre questioni antropologi-che fondamentali, fermandosi poisolo sulla prima di esse: l’uomocome unità di corpo e anima, comeuomo e donna, come individuo esocietà. Questi tre tratti inconfon-dibili e ineliminabili della nostra e-sperienza ci documentano che sia-mo “figli di Dio”. E sono i tre pun-ti su cui le obiezioni della culturacontemporanea si fanno radicali.

Prades ha preso in considerazio-ne solo il primo enigma, l’unitàduale di materia e spirito per con-futare l’assunto scientista e natura-

lista odierno che, dopo le tentazioni spiritua-liste, è tornato a una soluzione dell’enigmache in realtà più che risolverlo lo dissolve: difronte all’incapacità di mettere insieme ma-teria e spirito, elimina uno dei due e tenta dirisolvere le indiscutibili attività intellettualicui assiste a un “mucchio di neuroni”. Chi facosì, dice Prades supportando il suo pensiero

con l’autorità di neuro-scienziati, filosofi e conl’esperienza dell’uomo co-mune, sbaglia tre volte: nonsi accorge (e quindi non dàconto) della diversità delcorpo umano da ogni altrocorpo esistente in natura;non coglie la sorprendenteinterazione tra processi ma-teriali, corporali e atti spiri-tuali; ma soprattutto elimi-na il soggetto che pensa eteorizza di non esistere ri-ducendosi a un «oggettoche ignora se stesso». Tan-

ta fatica, tanto progresso scientifico, tanta ri-cerca - commenta amaramente Prades - pernon andare oltre Nietzsche: «L’uomo nonpuò essere ritenuto responsabile di niente».

Ma il nulla non è una via d’uscita dall’e-nigma, perché la domanda si ripropone, an-che nelle canzoni de “Los Secretos”, gruppohit della movida madrilena degli anni Ottan-ta: «Deve esistere qualcosa di diverso daquello che ho visto a ogni angolo di strada».

Gira l’angolo, potresti incontrare un pro-fessore come Prades.

Ubaldo Casotto

Javier Prades è laureato inGiurisprudenza e dottore in Teologia.Professore di Teologia Dogmaticadella facoltà di Teologia San Dámaso(Madrid), ieri ha tenuto una lezionedi poco più di un’ora sul tema delMeeting: “La natura dell’uomo èrapporto con l’Infinito”

PRIMO PIANO

2 22 agosto

LA LEZIONE

Fatti e paroleche fanno viva la vita

La comunicazione di Prades sul tema del Meeting. Partendo dal discorso di Giussani davanti a Giovanni Paolo II il teologo descrive l’incontro con Cristo, che cambia per sempre l’esperienza dell’irraggiungibile

Gesù risorto è il primo

e fondamentaleavvenimento in cui

il punto di fuga è diventato esperienza

dell’uomo

Il potere riserva al cristianesimo le mura di casa e chiesa, un po’

di associazionismo e, se proprio ci tenete, un partito cattolico

Page 3: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

Ieri non è stato solo il giorno del-l’incontro sul titolo del Meeting te-nuto da Javier Prades Lopez. È statoanche il giorno della visita a Riminidi Julián Carrón, presidente della fra-ternità di Comunione e Liberazione,che il “Quotidiano Meeting” ha inter-cettato per realizzare l’intervista chestate leggendo. Giunto in fiera almattino e accompagnato dal presi-dente della fondazione Meeting Emi-lia Guarnieri, Carrón ha fatto un giroper i padiglioni e gli stand, come ac-caduto nella scorsa edizione.

Le mostre (Koyasan, Dostoevskij,giovani rock), il pranzo con i respon-sabili del Meeting, l’incontro delle17, quello sul titolo della manifesta-zione tenuto da Javier Prades, amicodi una vita e docente (come lo eraCarrón prima di essere chiamato in I-talia da don Luigi Giussani) all’Isti-tuto teologico San Damaso. Per illeader di Cl, una giornata di Meetingcome uno delle migliaia di visitatori.Prima tappa alla mostra sul Koyasan,«la montagna sacra del BuddhismoShingon Mikkyo che don Giussaniha tanto amato». Qui ha avuto unaguida di eccezione, lo stesso ShodoHabukawa, abate del Muryoko-inTemple, che ha ricordato la fecondaamicizia con don Giussani.

Un blitz alla mostra sui giovani,“L’imprevedibile istante”, inauguratatre giorni fa dal presidente del Consi-glio Mario Monti, prima di conceder-si ai microfoni del Tg Meeting, aiquali Carrón ha detto tra l’altro di es-sere colpito, in riferimento a questigiorni, da una cosa: «che il messag-gio che il Meeting ha posto al centrodella sua preoccupazione comincia adiventare per tutti. Gli altri comincia-no ad accorgersi che questa non è u-na questione spiritualistica per gli“addetti ai lavori” o le persone pie,ma è una questione decisiva per l’uo-mo, per ogni uomo che desidera vi-vere il reale».

Alla Taberna Spagnola l’incontrocon Sua Eminenza il cardinale Anto-nio Rouco Varela, arcivescovo diMadrid, la città in cui Carrón ha in-segnato teologia e sacre scritture pertanti anni. Il “Quotidiano Meeting”lo ha incontrato prima dell’incontrodi don Prades.

Don Julián, che cosa le sta mag-giormente a cuore venga trasmes-so attraverso questo Meeting?

«Quello che voglio venga capito èil titolo, non come slogan ma dalpunto di vista esistenziale. Che cosavuole dire nello svegliarsi, nel lavo-rare, nello studiare che la natura del-l’uomo è rapporto con l’infinito. Noncome parola d’ordine, ma come auto-coscienza da avere».

Come si può evitare il rischio cheparlare dell’infinito diventi un’a-strazione, come qualcuno ha soste-nuto in questi giorni?

«Questo rischio si evita con larealtà: attraverso tutte le attività chefacciamo al Meeting viene fuori chenon è un’astrazione, ma una cosaconcretissima che riguarda il modoin cui ognuno si rapporta al reale:dalla morosa ai soldi, dal lavoro al ri-poso. Se non capiamo che il senso re-ligioso c’entra con tutto, riduciamo lareligiosità a un mondo virtuale chenon c’entra nulla con il reale, e allorapoi ci dicono che non è concreto. Maè la cosa più concreta che ci sia!».

Che cosa ha significato per lei,personalmente, la lettera autogra-fa che Benedetto XVI ha mandatoal Meeting? Che cosa ha provatoquando l’ha letta?

«Una consolazione indicibile. Per-ché è come riconoscere ancora una

volta qual è la mia natura di uomo:che io sono fatto per l’infinito e chequindi, se non c’è questa apertura inqualsiasi attività, io soffoco. Nelmessaggio che ho mandato ai volon-tari che lavorano al Meeting, imme-desimandomi in loro mi è venuto dapensare che sollievo sarebbe vivereogni aspetto con questo orizzonted’infinito. È come se uno vivessel’alternativa tra un nascondiglio, do-ve si dimena, e un panorama di mon-tagna con un’apertura totale: tuttisappiamo che cosa vuol dire questadifferenza, non è astratto».

E quali indicazioni sente per sé eper il movimento in questa lettera?

«A ciascuno di noi la lettera di Be-nedetto XVI offre ogni circostanzacome occasione per questa apertura,

e uno può pulire il Meeting come lamamma pulisce il bambino; può es-sere chiuso rispetto a quello che fa opuò essere lì con questa consapevo-lezza di apertura all’infinito. È quelloche Giussani chiamava vivere la vitacome vocazione. Attraverso ogniparticolare ciascuno di noi è chiama-to a questa apertura. Come quandosei chiamato dalla tua morosa, e que-sto ti apre a un mondo dove il tuo“io” si compie. Tu puoi vivere questachiamata come un disturbo da cui di-fenderti, oppure percepirla comel’occasione del tuo compimento, eallora pensi: “Meno male che cisei!”».

Il Meeting di quest’anno ha luo-go in un momento particolare, an-che dopo la lettera che lei ha scrit-to a “Repubblica” lo scorso 1°maggio. Una lettera che ha segna-to una svolta storica per il Movi-mento. Alla luce delle conseguenzeche ha avuto, la scriverebbe anco-ra?

«Sì. La mia lettera è una chiamataa vivere in questa prospettiva che cisiamo detti. Il Papa ha usato una suamodalità di dirci quello che intende-vo: non soccombere ai “falsi infiniti”che ci imprigionano e non ci fannorespirare. La mia lettera era un gridoa liberarci da questi “falsi infiniti”per vivere con tutto il respiro per cuisiamo stati fatti. E che nessun malepuò cancellare».

Giacomo Moccetti

Separati, l’uno dall’altro, da cinquecento anni di storia. Eppu-re, oggi legati da consonanze inaspettate. Tra il carisma di Gius-sani e quello dei padri Somaschi le identità di vedute non si con-tano. Non solo per il fatto che il Meeting ospiti la mostra di sanGirolamo Emiliani (piazza C5), iniziatore dell’ordine. In campoeducativo i due orizzonti diventano (quasi) uno. Lo si è capitoieri, durante l’incontro dal titolo “Educare ilcuore dell’uomo”, che ha chiamato in causail preposto generale dell’ordine dei padriSomaschi, Franco Moscone, e il rettore del-la fondazione Grossman di Milano, CarloWolfsgruber.

L’uno e l’altro si sono misurati con unasfida che interpella tutti: quale educazione,in tempi così drammatici, permette al cuoredi rimanere tale? «Il cuore non è in vendi-ta», esordisce Moscone parafrasando Gu-stave Flaubert. Reggere l’urto di una culturache nega simile certezza non è semplice,però. E qui si notano le sintonie con quantorichiama da sempre Giussani. C’è bisogno di una continua edu-cazione, esorta Moscone, e per farlo è necessario uno «starecon». «Qualcuno che mi faccia compagnia è indispensabile – di-ce il preposto generale – e questo miracolo è apparso evidente

anche nel preparare la mostra che è qui al Meeting». Moscone sispinge più in là: «Guardando voi capisco meglio me stesso e ilmio fondatore». Perché l’uno, san Girolamo, e l’altro, don Gius-sani, «avevano il medesimo stile. Incitavano a fare i conti con larealtà, a guardarla come dono». Carlo Wolfsgruber parte da unatestimonianza personale. Il rapporto – sorprendente – con un

professore di religione (Giussani) cambia lavita proprio a lui che, negli anni del liceo,per un inghippo burocratico non era riuscitoad ottenere l’esenzione dalla frequenza al-l’ora di religione. «Giussani non cercavaconnivenze. Invitava a misurarti con unaproposta. Questo è l’inizio dell’educazio-ne». Altro passaggio chiave, l’identificazio-ne del cuore come «funzione strategica del-la ragione». Giussani mostrò che «un cuoresenza ragione vede solo fantasmi. Il più ef-ficace fattore educativo non sono i nostripensieri ma la realtà agganciata attraversol’esperienza». Wolfsgruber traccia, infine, la

strada che la scuola di oggi è chiamata a imboccare: «Incontran-do una comunità di docenti che lavorano a una proposta comu-ne, i ragazzi imparano a dire “io”».

Cristiano Guarneri

Don Julián Carrón con Emilia Guarnieri, presidente del Meeting, durante la visita di ieri in fiera

PRIMO PIANO

3 22 agosto

PARLA CARRÓN«Dal Meeting voglio l’Infinito»Intervista al successore di don Giussani: «Viviamo il titolo di quest’anno come autocoscienza, non come slogan. Il Papa ci ha fatto capire l’alternativa tra una realtà vissuta come disturbo e una percepita come compimento della nostra vocazione»

«Dalla provocazione del di-scorso di Ratisbona e dallasua applicazione al dirittocanonico viene da ripensarealla lezione di don EugenioCorecco e questo spiega il ti-tolo di questo incontro».Così Romeo Astorri ha in-trodotto ieri l’incontro: “Lasfida del discorso di Rati-sbona e la lezione di donEugenio Corecco”. È inter-venuto a ricordare l’amici-zia con il sacerdote elveticoSua Eminenza, il CardinaleAntonio Maria Rouco Vare-la, arcivescovo di Madrid:«La mia amicizia con Euge-nio Corecco è nata ed è statanutrita nel cammino a ser-vizio della Chiesa». All’in-contro hanno partecipatoLibero Gerosa, direttoredell’Istituto di diritto cano-nico a Lugano e Gian PieroMilano (Tor Vergata).

Il ricordo di Corecco

«Riscriverei la lettera a “Repubblica”.

È una chiamata a viverenella prospettiva

che Benedetto XVI ci haindicato: non soccombere

ai falsi infiniti che ci imprigionano

e non ci fanno respirare»

Viaggio al cuore dell’educazioneWolfsgruber, Moscone e la sintonia tra “Il senso religioso” e san Girolamo

Carlo Wolfsgruber

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PRIMO PIANO

4 22 agosto

«Non l’ho più lasciato dopo averloconosciuto». Così don Francesco Ven-torino – per gli amici “don Ciccio” –,professore emerito di ontologia e di eti-ca presso lo studio teologico San Paolodi Catania, descrive il suo incontro condon Giussani.

Oggi (ore 15, Eni Caffè LetterarioD5) verrà presentato il suo nuovo libro:“Luigi Giussani. La virtù della fede”(ed. Marietti 1820), proprio in coinci-denza con l’Anno delle Fede indettodal Pontefice. «In questo libro descrivoil metodo del Gius di presentare il fattocristiano, metodo affascinante e sem-pre nuovo per ogni tempo». Un librosuccessivo a quello del 2001, “LuigiGiussani. La virtù dell’amicizia” (ed.Marietti 1820), in cui l’autore raccontala sua storia (e quella del Movimento)all’insegna di una grande amicizia. Si-curamente due contributi fondamentalialla memoria di Giussani e «alle inten-zioni che il Papa ha nel ravvivare la fe-de nel mondo…», aggiunge don Cic-cio.

Ma torniamo alle origini: «Negli an-ni ’60 una ragazza di gs di Milano -racconta don Ciccio - è venuta a studia-re a Catania, dove abitavo e abito tutto-

ra. Ha incominciato a coinvolgere inun’amicizia speciale un centinaio distudenti, miei alunni, e così l’ho cono-sciuta anch’io». Invitato ai raggi e amomenti di festa insieme, don Ciccioha conosciuto don Giussani «ed ero ungiovane prete (ordinato nel ’54) in cer-ca di un metodo per presentare la fedein un mondo in cui di fede non ce n’erapiù. E il metodo che questa ragazzapiombata da Milano mi ha fatto vedereera ciò di cui avevo bisogno». E cosìquesta misteriosa studentessa ha dato il“la” a un’affascinante storia: un’amici-zia tra don Ciccio e don Giussani, dura-ta ben 45 anni.

Ma quando esattamente si sono co-nosciuti? «Un’estate sono andato a tro-varlo sulle Dolomiti, al passo di Costa-lunga – dice Ventorino -, dove lui era invacanza con i giessini». Passando legiornate fianco a fianco, «mi ha colpitocome educava la gente attraverso i ge-sti, dal silenzio fino al raggio, dalla pas-seggiata al guardare le montagne: edu-cava i suoi ragazzi a comprendere il si-gnificato di tutto ciò che facevano equindi ad accogliere tutto come occa-sione per approfondire il rapporto colMistero». E questo lo ha subito affasci-

nato, perché aveva trovato ciò che sta-va cercando.

Dopo questo incontro, numerose so-no state le avventure vissute insieme: labufera del ’68, la costruzione del Mo-vimento («s’è fatto il Movimento», perla precisione), le battaglie in universitànella metà degli anni ’70, fino al rico-noscimento della fraternità di Comu-

nione e Liberazione da parte di papaGiovanni Paolo II, l’11 febbraio 1982.Dice Ventorino: «Dopo questa data, lavita è diventata più bella e il Movimen-to ha incominciato ad espandersi». Macom’è possibile coltivare un’amiciziacon la A maiuscola con così tanti chilo-metri di distanza? «Facevo 50 ore ditreno per Milano, 25 ad andare e 25 a

tornare, anche solo per stare mezzoret-ta scarsa col don Giuss! A volte venivaanche lui a Catania, perché da subitoabbiamo capito che era importantecontinuare la nostra amicizia. D’altron-de signorina, quando si trova una cosaimportante non si bada più a niente!».Nemmeno alle spese.

Maria Valentini

Nella foto grande don Francesco

Ventorino. Sotto, la copertinadel suo ultimo libro

“Luigi Giussani. La virtù dellafede” (Marietti 1820).

«Dio, opere e silenziLa fede di Giussani»Don Ventorino racconta il suo ultimo libro sul fondatore di Cl: la miaamicizia con lui è nata da una studentessa trasferitasi a Catania

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Jerome Lejeune era legato a papa Giovanni PaoloII da un rapporto di profonda amicizia e da un per-corso comune di difesa della vita come l’unica ri-cerca per la pace dei popoli. Entrambi erano co-scienti di quanto una società che potesse ancoradefinirsi umana avesse bisogno di essereattenta ai più deboli. Ma il tratto fon-damentale che rendeva saldo il rap-porto fra il medico francese e il pa-pa polacco era l’esperienza di fe-de, vissuta e testimoniata anchenella vocazione pubblica o profes-sionale.

Il papa polacco sottolineò piùvolte la forza di Lejeune di portarel’esperienza cattolica nel mondodella scienza moderna: in occasio-ne della morte dell’amico, scrisseun messaggio autografo all’arcive-scovo di Parigi, il cardinale Jean-Maire Lustiger, incui ricordò l’amico. Scrisse di come Lejeune si fos-se assunto pienamente «la responsabilità specificadello scienziato, pronto a diventare un “segno dicontraddizione”, senza tener conto di pressioni e-sercitate dalla società permissiva né dell’ostraci-

smo di cui era oggetto».Nel legame fra Lejeune e Giovanni Paolo II si

possono scorgere molte consonanze: entrambi furo-no sedotti dal potere – sovietico o della fama – ma

non cedettero al rischio di dedicare la propriapassione per la vita a nessun altro se non a

Cristo; tanto che Wojtyla decise di no-minare i l genetista membro della

Pontificia Accademia delle Scienze.Nel messaggio a Jean-Maire Lu-

stiger, il papa indicò la capacità didedicare la vita al bene nel «parti-colare carisma del defunto, perchéil professor Lejeune ha sempre sa-puto far uso della sua profonda co-noscenza della vita e dei suoi se-greti per il vero bene dell’uomo edell’umanità e solo per questo».

Quando il medico francese eraormai malato e prossimo alla morte, Wojtyla decisedi nominarlo Presidente della Pontificia Accademiaper la Vita: fu l’ultimo segno dell’amicizia che a-veva legato due uomini sedotti dal potere, ora incammino verso la santità.

L.M.

PRIMO PIANO

5 22 agosto

Quando nel 1958 Jerome Lejeu-ne scoprì la causa della sindrome diDown – un cromosoma soprannu-merario nella coppia numero 21 delDna – disse chiaramente di non vo-ler ignorare le “leggi dello Spirito”che muovevano la natura dell’uo-mo. E nel 1970, di fronte alla pro-posta di legge di Peyret che intro-duceva la soppressione del feto, nelcaso di un’embriopatia incurabile,Lejeune portò con forza la propriacritica davanti ai fotografi e alle te-lecamere, suscitando un aspro di-battito che si prolungò per mesi:non poteva sopportare che le suescoperte fossero lo strumento concui realizzare, sotto le mentite spo-glie della libertà di scelta, un nuo-vo progetto di “selezione della spe-cie”. Il medico francese che nel1958 portò a compimento una sco-perta sensazionale per la medicinamoderna, è ricordato oggi al Mee-ting dall’incontro alle 15 in sala A3“Che cos’è l'uomo perché te ne ri-cordi? Genetica e natura umananello sguardo di Jerome Lejeune”,che presenta l’omonima esposizio-ne curata dall’associazione Euresispresso il padiglione A1. In partico-lare, parteciperà al dibattito ancheBirthe Bringsted, vedova di JeromeLejeune e vicepresidente della fon-dazione a lui intitolata.

Il genetista transalpino portò pertutta la vita di fronte al mondo l’e-sperienza della natura umana chel’aveva portato a scoperte rivolu-zionarie: durante un’assemblea del-l’Onu sull’aborto, Lejeune prese laparola e raccontò di fronte allastampa internazionale di quel bam-bino unico e irripetibile che potreb-be non vedere la luce della vita.Poi, rivolto ai membri dell’assem-blea, descrisse il tentativo delle Na-zioni Unite di favorire la praticadell’aborto come «un’istituzioneper la salute che si trasforma in isti-tuzione di morte».

La battaglia per la vita costòmolti sacrifici al genetista transal-pino, che dopo il discorso pronun-ciato a New York di fronte all’as-semblea dell’Onu, vide sfumarel’opportunità del premio Nobel. Ilcollega Lucien Israel fu uno deiprimi a interrogare l’opinione pub-blica circa la decisione della giuriadel Nobel: «Sarebbe interessantesapere perché il Comitato del No-bel è stato sotto pressione così in-tensamente e così a lungo, per evi-tare che il premio venisse assegna-to a Lejeune […]. Per il mondoscientifico, il fatto che JeromeLejeune non abbia ricevuto il pre-mio Nobel è una grave anomalia».

Per molti anni il medico francesefu criticato da esponenti della gene-tica e della medicina, non per le suescoperte ma per la tenacia con cui,a costo della propria considerazio-ne pubblica, si batteva per difende-re il futuro dei malati che, da sem-pre, aveva studiato e imparato ad a-mare. L’impegno di Lejeune per la

vita e la fede che lo sosteneva – an-che nell’amicizia con papa Giovan-ni Paolo II – portò la Chiesa ad an-nunciare, per mezzo dell’arcivesco-vo di Parigi André Vingt-Trois, lanomina del priore dell’abbazia diSaint Wandrille a postulatore dellacausa di beatificazione, aperta du-rante la XIII Assemblea Generaledella Pontificia Accademia per laVita. L’11 aprile scorso, nella catte-drale di Notre Dame, centinaia difedeli hanno assistito alla funzionein occasione della conclusione delprocesso diocesano per la richiesta

di beatificazione del medico fran-cese.

La storia di Jerome Lejeune e isuoi studi sono tornati prepotente-mente d’attualità in questi giorni: il20 agosto, infatti, la casa farmaceu-tica “LifeCodexx” ha messo sulmercato tedesco un test prenataleche rivela – al 99,8% - se il feto siaaffetto da sindrome di Down.

Appena la notizia è stata rilancia-ta dalle agenzie di stampa, alcuni e-sponenti delle parti politiche e so-ciali hanno reagito con decisionecontro la vendita del nuovo prodot-

to. Hubert Hueppe, delegato delgoverno federale alla tutela dei di-sabili, non ha aspettato molto tem-po per fare sentire il proprio disap-punto: «Non riesco a capacitarmidel fatto che con questo test si siatrovata una nuova strada per discri-minare i disabili. Le persone affettedalla sindrome di Down vengonocosì discriminate nel loro diritto al-la vita».

La battaglia contro le analisi chepossano portare a una selezionedelle nascite ha visto anche la pre-sentazione di una petizione, lancia-

ta nel mese scorso dal sitowww.stopeugenicsnow.com e diret-ta alla Corte Europea dei Dirittidell’uomo; a sostenere il ricorso al-la corte è stata una federazione in-ternazionale di malati, composta da30 associazioni presenti in 16 pae-si. «La questione è che gli aborti inseguito alle diagnosi sono accettatisenza nessun approfondimento. Bi-sogna combattere il pregiudizio se-condo cui una persona con la sin-drome di Down è una calamità»spiega Jean-Marie Le Mené, che hasottoscritto la petizione.

Tuttavia, le proteste non hannoimpedito che altri paesi, comeSvizzera e Austria, si pronunciasse-ro a favore dell’entrata in commer-cio del farmaco, aprendo la stradaverso la nuova “libertà” di un mon-do secolarizzato, al quale Lejeuneracconterebbe, ancora una volta,l’unicità di ogni embrione che, inquanto «essere che è umano, è unessere umano», o la confessioneche gli fece un collega: «Tanti annifa, mio padre era un medico ebreoche esercitava la professione a Bre-nau, in Austria. Un giorno nacque-ro nella sua clinica due bebè. Unoera un maschio forte e di buona sa-lute, che emetteva potenti vagiti.L’altra era una femmina mongoloi-de, e i suoi genitori erano tristi. Hoseguito la vita di questi due bebèper quasi cinquant’anni. La bambi-na handicappata crebbe nella casapaterna e da adulta fu in grado diprendersi cura della madre, colpitada un attacco cardiaco, durante lasua lunga malattia. Non mi ricordoil nome di quella bambina. Invecemi ricordo bene il nome del bambi-no sano, perché da grande fecemassacrare milioni di persone emorì in un bunker a Berlino. Il suonome era Adolf Hitler».

Luca Maggi

Lejeune con la moglie e papa Wojtyla

La battaglia per la vitacomincia da una scopertaMentre la Germania commercializza un test prenatale della sindrome di Down, al Meeting la storiadel servo di Dio Jerome Lejeune, biologo che scoprì la trisomia 21 aprendo la strada alle cure

Nella foto Jerome Lejeune con due bambini affetti da sindrome di Down

C’è stata ieri la presentazionedella mostra “Ma io chi so-no???!!!” presso il villaggioragazzi da parte della dotto-ressa Paola Platania. L’incon-tro è stato diviso in due tran-che, una per gli adulti, unaper i più piccoli. La mostrapropone un viaggio alla sco-perta di quello che siamo, co-minciando da uno sguardo alproprio io e alla sua irriduci-bilità. Partendo dal corponella sua interezza ed armo-nia, il percorso continua ver-so le parti più piccole del no-stro organismo: la cellula e lesue componenti, allo scopo ditrovare il “luogo” dove sonoscritte le informazioni sul no-stro aspetto fisico: il Dna. I bambini (ma anche gli adul-ti) potranno cogliere conchiarezza l’ultimo passo fon-damentale del percorso: nontutto di me è scritto nel mioDna, il mio io non è riducibilealla materialità del mio corponé alla somma dei suoi ele-menti.Per permettere un’esperien-za e aiutare i più piccoli nellacomprensione, la mostra uti-lizza filmati, giochi, exhibit escenografia, oltre a brevi testiscritti ed una ricca grafica.

Il Dna per i piccoli

Insieme a Wojtyla contro il PotereLa forte amicizia tra il medico francese e Giovanni Paolo II:accomunati dalla passione per la realtà e dalla esperienza di fede

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LA MOSTRA

7 22 agosto

Anni ’80, un paese del nord Al-bania, Miranda Mulgeci vive in u-na famiglia di origine musulmana,ma senza possibilità di essere prati-cante visto l’imperante ateismo distato. C’è però un momento, primadi andare a dormire, in cui la nonnadi nascosto, le fa recitare una pre-ghiera. Questo atto coraggiosomantiene aperto nel suo cuore il de-siderio di potersi rivolgere a Qual-cuno più in alto di lei, di tutti, an-che se questo Dio non aveva ancoraun nome. Miranda è una bambinaquando il comunismo cade e co-mincia la ricezione delle tre retiRai. «La domanda comincia a na-scere quando senti aria di libertà»commenta oggi.

Una domenica, ha circa 11 anni,sta facendo zapping e lì, di colpo,accade. L’Infinito entra nella suavita. «Casualmente sono finita suun canale dove stavano trasmetten-do la messa in san Pietro. La musi-ca d’organo mi ha catturato, nonriuscivo a staccarmi. Poi Gesù è ve-nuto verso di me, un’immagine bel-lissima, era tutto bianco. Poi Gio-vanni Paolo II ha celebrato la Mes-sa, l’ho seguita fino in fondo, hocapito solo tre parole “Gesù, Dio,Amore”, ma erano le parole piùbelle del mondo, quelle che stavoaspettando. Da allora non c’è piùstato giorno in cui io non abbia det-to “ti amo, Gesù”».

Comincia il liceo e Miranda sitrasferisce in una piccola città,Tropja, a casa di uno zio dove ini-zia a frequentare gruppi di giovanicristiani che si ritrovano nel salonedel museo della città; molti sonostranieri, si prega e si canta insie-me. A sedici anni riesce a procurar-si la prima Bibbia tradotta in alba-nese: divora la vita di Gesù e impa-ra a memoria il Padre nostro. Mi-randa studia tantissimo, è una stu-dentessa eccellente, non vuole che ifamiliari possano preoccuparsi cheil suo incontro con la fede la distol-ga dai suoi doveri scolastici.

«La mia Bibbia, piccola, tascabi-le, non era mai distante da me piùche la lunghezza del mio braccio:di notte sul comodino, di giornonella mia borsa. La leggevo ovun-que, anche in bagno, e ho imparatovari brani a memoria, quelli che piùmi colpivano, per potermeli ripete-re in qualsiasi momento».

Prega Dio, lo porta con sé, manon entra in Chiesa, perché la suaorigine musulmana non lo permet-te e non vuole addolorare la propriafamiglia. Si iscrive all’università,facoltà di filosofia a Tirana: sonogli studi tipici di chi si proclama a-teo, perché ancora fondati sulla teo-ria marxista. Dopo la laurea trovalavoro in una ong, i “Villaggi Sos”;non ha più modo di frequentare igruppi cristiani e il suo responsabi-le è un fervente propagandista del-l’inutilità di tutte le religioni. «Ave-vo dentro un desiderio grande, manon capivo fino in fondo a chi ap-partenevo».

Poi un giorno, di colpo, per la se-

conda volta, l’Infinito giunge. Hasempre lo stesso nome. «Casual-mente sul giornale cittadino c’eral’annuncio di lavoro da parte diun’associazione italiana chiamataAvsi che ha anche una sede a Tira-na. Quando sono entrata per il col-loquio e ho visto le pareti tappezza-te dai volantoni di Pasqua e di Na-tale ho capito di aver trovato Gesùe di essere arrivata a casa». Passa-no alcuni mesi, il responsabile diAvsi, Alberto Piatti, viene a cono-scere i nuovi operatori: «Durante lacena Alberto comincia a raccontarela storia della donna samaritana e iola completo. Lui era stupitissimo e

“Albania, athleta Christi. Alle radici della li-bertà di un popolo” è la mostra nella piazza C5che verrà presentata oggi alle 19 in sala C1 Sie-mens.

La storia degli antichi illiri si dipana fra pan-nelli, gigantografie multimediali e uno spettacoloteatrale. Una domanda campeggia: esiste un’oranefasta per una nazione, un tempo nel quale lepossibilità della caduta sono più grandi? La rispo-sta appare ovvia, ma non altrettanto lo è il tempoin cui questo può accadere, perché non è detto chesia il tempo dell’oppressione, ma sovente, al con-trario, è il tempo della libertà. È una domanda cheoccupa il cuore e la mente dei curatori, giovani al-banesi in Italia.

Teodor Nasi, 32 anni, avvocato, vive inBrianza ed è tra i curatori della mostra. Da checosa nasce il vostro intento?

«Dalle domande sorte nell’esperienza persona-le. Tutti noi siamo albanesi e abbiamo conosciutoil cristianesimo in Italia o, comunque, con Cl. LaVerità che abbiamo incontrato non esaurisce maapre nuove domande. La più rilevante è quellasulla nostra identità, sul nostro essere albanesi esu come la nostra religiosità determina il nostroessere albanesi. Ismail Kadaré, il più noto scritto-re albanese contemporaneo, afferma che proprio

oggi vi sono tanti albanesi liberi come mai nellastoria e, nonostante questo, proprio oggi la nostraidentità rischia di dissolversi. Ecco perché la mo-stra cerca di documentare il dato storico sull’es-senziale presenza cattolica in Albania».

Qual è il filo conduttore, il messaggio princi-pale?

«Partendo da quelle domande la mostra dirigelo sguardo sulla storia dei cattolici albanesi e ladocumenta attraverso tre grandi icone. La prima èGiorgio Castriota Scanderbeg, l’eroe nazionaleche sconfisse per buona parte del XV secolo i tur-chi fermandone l’avanzata verso l’Europa. Forte-mente sostenuto dalla Chiesa nella sua lotta egli èl’Athleta Christi, il Campione di Cristo, chiamatocosì dai papi suoi contemporanei. I primi passidocumentati della letteratura albanese e il dirittotradizionale albanese sono alcuni dei frutti dura-turi che si sono consolidati durante l’epopea diScanderbeg. Frutti che, durante la dominazioneottomana che opprimerà l’Albania per cinque se-coli dalla morte dell’eroe, troveranno un ostinatodifensore nella seconda grande icona della mo-stra: il clero e gli ordini religiosi cattolici».

Anch’essi ebbero un ruolo cruciale? È im-pressionante notare come queste vicende sianopoco note in Europa.

«Autenticamente religiosi e autenticamente al-banesi essi accompagnano il nostro popolo finoalla ultima tragica prova della sua storia: il regimecomunista imporrà in Albania il primo stato ateoal mondo, iniziando la sua presa del potere conl’eliminazione del clero cattolico. La disumanaoppressione atea finì nei primi anni Novanta inmodo incruento, lasciando però dietro un vuoto i-dentitario, che si legge in una concezione della li-bertà intesa come violenta rottura di ogni legameed ogni appartenenza. La terza grande icona dellamostra è Madre Teresa, la grande santa albanese».

Si ha l’impressione che la mostra si chiudalasciando aperte delle domande...

«È così. Da un dato storico particolare emergeuna questione che interpella tutti: l’uomo contem-poraneo ha bisogno del suo passato o questo è uningombro? Essere liberi significa forse esseresenza radici?».

A. S.

così gli ho rivelato di conoscere laBibbia e di amare Gesù: il giornodopo mi ha regalato “Il senso reli-gioso” di Giussani in italiano. Erofelice. Dentro mi è restato il rappor-to fra la ragione e il cuore».

Nel 2006 Miranda va a Bucarestper un incontro di Avsi e lì, final-mente, può entrare in una chiesa.Piange per tutto il tempo della mes-sa e nasce profondo il desiderio dipoter ricevere l’Eucarestia. Due an-ni dopo arriva in Italia per un ma-ster in Cattolica a Milano e lì ap-profondisce il rapporto con il movi-mento di Cl. Don Pino risponde atutte le sue interminabili domande

sulla Chiesa ed ecco la richiesta dipoter essere battezzata. Decide dinon ricevere il Battesimo in Alba-nia per non turbare la famiglia chepure accetta le sue scelte.

È il suo futuro padrino, quelloche le aveva regalato “Il senso reli-gioso”, a suggerirle di chiedere alPapa. Così, durante la veglia pa-squale del 2011, Miranda ha rice-vuto il battesimo dalle mani di Be-nedetto XVI. «Quando lui è venutoda me gli ho detto: “Sono Miranda,sono albanese, sono di Comunionee Liberazione”. Finalmente ho po-tuto dire chi sono».

Aida Salanti

«Lo cercavo. Mi ha trovata»L’Albania, gli incontri, il Mistero. Storia di Miranda

Schulz non ci saràIl presidente del ParlamentoEuropeo Martin Schulz nonsarà presente oggi al Mee-ting. A causa di un lutto fami-liare grave ed improvviso,Schulz è stato infatti costrettoa cancellare il suo viaggio inItalia. Il Meeting esprime lasua vicinanza al presidenteSchulz in questo momento diprova e di dolore.

Quei cattolici alle radicidel Paese delle AquileUna mostra sorprendente fa conoscere un lato misconosciutodella storia albanese. E spiega come far rinascere un’identità

Miranda Mulgeci,di famiglia musulmana, ha 11 anni quandosente parlare di Gesùin televisione.Dopo altri venti, nel 2011, riceve il Battesimo daBenedetto XVI.«Gli ho detto: “Sono Miranda, sonoalbanese, sono di Cl”.Finalmente ho potutodire chi sono»

Scanderbeg, eroe nazionale albanese

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LA GIORNATA

8 22 agosto

Luciano Violante, ex magistrato,oggi del Partito democratico

Occorre un’idea nuova di pena per ilXXI secolo, «in modo da costringeresulla difensiva i fautori del carcere cosìcome è oggi in Italia, che è un infernoper tutti, spesso anche per gli operato-ri». Un’idea nuova che convinca quan-ti sostengono che basta «limitarsi allamanutenzione di questo orrore» che«la società è più sicura» con forme de-tentive diverse. Luciano Violante, pre-sidente del Forum riforma dello Statodel Pd – intervenuto ieri al convegno“Vigilando redimere, quale idea di pe-na per il XXI secolo” - ha trovato pro-prio al Meeting l’origine di questa pos-sibile svolta: «Sono rimasto colpito dalmessaggio del Meeting: l’uomo è crea-tura di Dio, e questo significa che non èun’entità finita e può cambiare. Del re-sto le mie stesse origini meridionali miricordano che al Sud i bambini sonochiamati “creature” e in quanto tali de-vono crescere. A me che non sono cat-tolico – ha dichiarato – il cattolicesimoha però insegnato che l’uomo puòcambiare sempre. Solo se cambia l’uo-mo potrà cambiare la società. Legarecreatura e infinito – ha aggiunto - vuoldire poter andare sempre al di là delpresente, in un’epoca in cui tutto è vi-sto nell’ottica di un presentismo». Nel-la platea del Meeting c’è anche un fol-to numero di detenuti in permesso pro-venienti dal carcere di Padova: proprioa Rimini, da diversi anni, fa riferimentouna vasta rete di iniziative e di amicizienegli istituti penitenziari d’Italia, comeha sottolineato il presidente della Libe-ra associazione forense, Paolo Tosoni.

dova, raggiunge il 90% laddove nonc’è lo strumento del lavoro «come oc-casione di senso e prospettiva alla pe-na». Col lavoro, invece (solo 901 dete-nuti su 67.000 nel 2011) la recidivascende all’un per cento. Ma i motivi disperanza non mancano, in Italia comeall’estero. Tomaz de Aquino Resende,procuratore e magistrato di sorveglian-za in Brasile nello stato del Minas Ge-rais, ha documentato l’esperienza di u-manizzazione della rieducazione av-viata in 34 istituti di pena in quel terri-torio. Ne sanno qualcosa Luigi e Um-berto, due detenuti (il primo lavora alcentro prenotazioni, il secondo fabbri-ca biciclette) tra il gruppo che ieri hafatto visita al Meeting. Luigi lavora:tornerà tra un anno in Inghilterra dallasua famiglia, ma la detenzione gli haregalato «rapporti di fiducia: è stato co-me passare dall’inferno al paradiso».

Adriano Moraglio

un cambiamento nell’idea di pena «chemetta al centro l’uomo» e ha auspicatoche «un manipolo di deputati» pro-muovano leggi che restituiscano uma-nità nelle carceri e «rafforzino l’areapenale esterna». Chi opera nelle carce-ri sa bene quanto il sistema attuale nonriesca a combattere la recidiva, che, co-me ha sottolineato Nicola Boscoletto,presidente del Consorzio Rebus a Pa-

tuzione, ha sottolineato Pavarin, non i-dentifica la pena col carcere. Il magi-strato, rigettando l’ipotesi di GherardoColombo di abolire il carcere e propo-nendo, come strategia anti-affollamen-ti l’introduzione di un numero chiusonelle carceri italiane, ha però sollecitato

Una cultura che deve, però, ancoradiffondersi nella società odierna, seGiovanni Maria Pavarin, presidente delTribunale di sorveglianza di Venezia,ha sostenuto che «nell’uomo di stradae nei politici che badano più alla panciadegli elettori rimane forte un’idea dipena che si identifica col carcere e per ilquale va bene così, rispondere cioè almale col male». La nostra stessa Costi-

Serve un uomo nuovoper alleviare la pena

Al Meeting con Violante torna il tema delle condizioni di vita dei carcerati:chi lavora non commette recidive. Ma è troppo poco l’impegno politico

Due detenuti di colore visitano lamostra sul Duomo di Milano. Con

loro, gli accompagnatori

Page 9: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

LA GIORNATA

9 22 agosto

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Giancarlo Cesana ha stupito tutti. Al-l’incontro “Neuroscienze: il mistero del-l’unità dell’io” (svoltosi ieri, con la par-tecipazione del filosofo Michele DiFrancesco e l’introduzione del linguistaAndrea Moro), avrebbe dovuto illustrarela seconda “via maestra” d’indagine del-l’io, quella clinica. Ma ha cambiato pro-gramma, “deviato” da un’affermazionedel genetista Edoardo Boncinelli secon-do cui la mancata localizzazione di unadata funzione in una certa parte del cer-vello comporta l’impossibilità di affer-mare l’esistenza della stessa. Dunquel’io, non ancora precisamente localizza-to, non dovrebbe esistere. E allora Cesa-na ha stracciato il suo intervento previ-sto: «Non posso aspettare l’esito deglistudi scientifici per poter dire “io”.

Anche i miei studi ora non bastano.Oggi voglio parlarvi della mia esperien-za». E lo ha fatto: ha parlato dell’io, cheesiste perché è un rapporto con la realtàmisteriosa. Riprendendo “Il fenomenoumano” di Teilhard de Chardin, il docen-te ha affermato che «a un certo punto l’e-voluzione della natura si è incentrata suse stessa, è diventata cosciente di sé, delsuo significato». Significato che non è unignoto, ma un mistero: un’evidenza, unaluce che c’è ma non si sa da dove venga.Questo vale per la realtà e per l’uomo: ol’io non esiste, è una semplice associa-zione arbitraria di fatti biologici, oppurec’è ed è un mistero, un’evidenza che io

non posseggo. Illuminante in propositol’esempio di Di Francesco: «La mortepotrebbe essere vista come un club chesi scioglie: l’insieme di tante agenzie chevanno ognuna per conto suo, senza unaperdita effettiva. Ma io non credo che siacosì».

Cos’è allora l’io? Cosa tiene insiemetutti i meccanismi, le funzioni, i processichimici che lo costituiscono? «Struttural-mente noi siamo solo apparenza – hacontinuato Cesana - siamo nulla. Dio hafatto sì che il nulla lo cercasse». Questacontinua ricerca è evidente, ha spiegato,se ci si interroga sulla questione della li-bertà: è fare ciò che si vuole? Quando cisentiamo davvero liberi? Noi usiamo lanostra libertà per raggiungere la felicità,ma quando arriviamo all’obiettivo pre-fissato già siamo insoddisfatti e voglia-mo di più. La libertà è volta a cercare

qualcosa che non possiede, qualcosa che,di conseguenza, «qualcun altro mi devedare, perché non dipende da me. L’io e-siste come legame. Per definire me, dun-que, devo definire ciò che mi compie. Equesto rapporto che mi compie, l’infini-to, non è qualcosa di siderale, è il rappor-to con la realtà, con ciò che mi è datosenza che l’avessi cercato». È evidenteche l’io non sussiste da solo, «non è pos-sibile autotrovarsi», ha detto Di France-sco. Noi siamo vivi perché non siamo dasoli: abbiamo bisogno di aria, acqua, ci-bo, degli altri. Il soggettivismo non è ve-ro, non esiste solo l’io con la realtà comeaccessorio. Senza comprendere questo,ha aggiunto Cesana, l’io si disintegra:senza il rapporto con la realtà l’io spari-sce: l’autismo ne è un esempio. L’io è unrapporto e il rapporto è fatto di desiderioe libertà. E solo la verità è l’unico moto-re del desiderio in grado di muovere lanostra libertà. Ma per addentrarsi in que-sto rapporto serve un lavoro. «L’infinitocammina su questa terra – ha concluso ildocente – scoprire il senso delle cose èun fatto lieto e imprevisto. L’io cominciaquando il desiderio di compimento sipuò iniziare a compiere, quando è possi-bile seguire ciò che compie il destinodella vita. È un lavoro che dura tutta lavita, riprendendo la liturgia: è meglio chela fonte soddisfi la sete piuttosto che lasete esaurisca la fonte».

Laura BertoliGiancarlo Cesana all’incontro di ieri

Viaggio alla fonte dell’ioCesana cambia programma e risponde a Boncinelli: «Non serve la scienza per dire che esisto: è un mistero, ma non è ignoto»

«Scoprire il senso delle cose è un fatto lieto e imprevisto.

L’io comincia quando il desiderio di verità

si può iniziare a compiere»

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Sono passati più di tremila anni da che l’ultimo babiloneseha camminato sulla terra. Ma da come ne parla Giorgio Buc-cellati, sembra che abbia conosciuto di persona quegli uomini,quasi fossero suoi amici: «Sarebbe veramente presuntuosoguardare a una tradizione di migliaia di anni, vissuta dauomini di grande intelligenza che hanno osservatoe descritto gli astri del cielo come nessun altroprima e per molto tempo dopo, come a cre-denze da bambini».

In effetti è facile pensare che i mitipoliteisti siano solo storielle: battaglietra dei, simboli naturali per indicare lagiustizia o l’amore. Cose da bambini.

«Questa, in fondo, è una forma di colo-nialismo intellettuale. Io invece credo cheil metodo più adeguato per capire quelleciviltà sia di desiderare di appropriarci u-manisticamente di esperienze affini allenostre. Solo così si può capire che il mododei babilonesi di descrivere la realtà era un modo per fare iconti con l’assoluto. Frammentavano la realtà in moltissimedivinità per comprenderla, la incasellavano in certe categorieper capire. Il sole non è un dio in sé, è l’icona della giustizia,ma solo e soltanto della giustizia. In fondo noi facciamo lostesso usando il pensiero scientifico».

Cioè?

«Per fare bene l’archeologo bisogna raccogliere dati e fram-menti, selezionarli, guardarli uno per uno e farlo usando cate-gorie scientifiche. È lo stesso modo di procedere e a quell’e-poca lo applicavano su tutto. Cercavano di frammentare anali-

ticamente l’assoluto, l’inframmentabile, per potere regge-re il peso di ciò che non si può controllare, come la

morte».A noi forse è andata meglio, siamo in

rapporto con l’infinito, come ci ricordail titolo del Meeting.

«È vero, ma spesso anche noi cerchia-mo di incasellare con il nostro metodoscientifico l’assoluto. È quella che chiamo“modernità omeostatica”, in cui vedo unparallelismo con la cultura babilonese. Da-vanti all’assoluto invece bisogna fermarsi.Soprattutto se è amore, occorre accettaredi esserne debitori, essere dipendenti».

Incasellare l’assoluto, invece, rende lavita un dramma insopportabile...

«Sì, perché noi pensiamo alla provvidenza come a un su-percomputer o a un capriccio, invece la volontà di Dio è la no-stra esistenza. L’accettazione della volontà di Dio sembra lanullificazione del nostro essere. Invece è l’accettazione delcontinuo atto creativo di Dio, che continua a crearci».

P. B.

LA GIORNATA

11 22 agosto

A sinistra, don IgnacioCarbajosa Perez eGiorgio Buccellatisalutanoil pubblico alla fine dell’incontro.A destra,“La torredi Babele”di Pieter Bruegel il Vecchio (1563)

Se il re Marduk insegnala strada del destinoIl popolo di Babele e quello della Bibbia a confronto. Per scoprire le radici antiche del positivismo. E per capire da dove nasce la positività della realtà

«Capisco che, a sentirmi parlaredi Marduk, il re dell’olimpo babilo-nese, e di civiltà mesopotamiche,possiate pensare che l’archeologiasia un bastione di irrilevanza. Nel’68 lo scrissero anche sul muro del-l’Oriental Institute di Chicago dovemia moglie ed io eravamo studenti.Vi chiedo solo di aspettare un mo-mento prima di andarvene. Ci terreia mostrarvi come questo mondo siasolo apparentemente lontano. È inquesto humus, prima che nell’illu-minismo, che affonda le sue radiciun modo di pensare a-biblico».Giorgio Buccellati, professore eme-rito dell’università della California,sembra mettere le mani avanti, all’i-nizio del suo dialogo con don Igna-cio Carbajosa Perez, docente di anti-co testamento all’Università SanDamaso di Madrid. Scorrendo ilcurriculum si capisce perché. Hapubblicato una grammatica struttu-rale del babilonese ed edizioni di te-sti cuneiformi, studi sulla storia e lareligione mesopotamica. Apparente-mente argomenti più adatti a un pic-colo pubblico accademico che ad u-na platea del Meeting. Eppure, gra-zie ai suoi studi, può aiutare a ri-spondere alla domanda capitale chedà il titolo all’incontro: «È vera-mente positiva la realtà? Dai popolidella Mesopotamia al popolo dellaBibbia».

«È una domanda provocatoria».Chiarisce da subito Davide Perillo,direttore di Tracce e moderatore del-l’incontro: «Come si può stare da-vanti alle circostanze più dure, se larealtà non è positiva? È un proble-ma che l’uomo si è sempre posto.Andiamo a vedere come è stato af-frontata la questione in due delle piùantiche tradizioni conosciute».

Quando a metà ottocento si è ini-ziato a studiare la Bibbia in rapportoalle culture del vicino oriente, sem-brava che le differenze fossero mi-nime, come ha spiegato don IgnacioCarbajosa: «È sorta una perplessitàtra chi guardava la Bibbia come la

della Genesi, dove questa esperien-za è attestata dalla ripetizione «Diovide che era cosa buona», che susci-ta stupore e interesse. Così, dallacreazione si indaga il creatore el’uomo scopre la sua dignità: è rap-porto diretto con Dio. Per i babilo-nesi gli uomini furono creati per ser-vire gli dei, per il loro riposo».

Ma se la realtà è positiva, da doveha origine il male? Per i popoli me-sopotamici non è di per sé un pro-blema. Spiega Buccellati: «È unadivinità che si alterna alle altre, nelcontinuo mutare di forma dellarealtà. Per essi la realtà è neutra, è u-na forma di relativismo, per cui siprende la posizione di non prendereposizione. Non siamo forse vicini aquella parte di modernità che vuoleignorare il senso e il dovere della re-sponsabilità delle proprie scelte?».

Per la tradizione ebraica, invece,il male entra nel mondo a causa del-la libertà dell’uomo: «Non è unprincipio in sé, né è stato creato daDio. È l’uomo che rifiuta la dipen-denza divina, così si apre lo spaziodella sua responsabilità e della mi-sericordia di Dio».

Diversa la concezione della realtànelle due culture, diverso il modo diapprocciarla. Per i mesopotamici larealtà è prevedibile nella sua totalità,può essere controllata grazie a uncostante progresso conoscitivo: «Sel’assoluto non è l’origine, non esisteun dio che vuole, crea e agisce, allo-ra gli dei sono le nostre categoriementali» spiega Buccellati. Il popo-lo ebraico, in questo panorama, rice-ve un grande compito: «Testimonia-re che tutto è buono - sottolinea Car-bajosa - perché Dio ha mostrato lasua misericordia nella storia, attra-verso rapporti privilegiati. Il primodei quali è stato la vocazione di A-bramo, il momento nella storia dovel’imprevedibile intervento di Diogenera un soggetto nuovo. Come lodefinisce don Giussani: “Il momen-to della storia in cui è nato l’Io”».

Pietro Bongiolatti

parola originale di Dio. Ma Dio nonha scelto un popolo venuto dal nullaper rivelare una sua volontà disin-carnata. Ha scelto un popolo semita,con tradizioni simili a quelle dellepopolazioni che lo circondavano. Èla legge dell’incarnazione che da u-na parte ci commuove fino alle la-crime e dall’altra ci scandalizza. Maguardando più da vicino si è svelatal’originalità del giudizio biblico».

Si parte allora dall’inizio: dall’o-rigine della realtà. Buccellati leggealcuni stralci dell’Enuma Elis, il

poema della creazione secondo i ba-bilonesi. Carbajosa vi interpola al-cuni brani della Genesi. «C’è uncontrasto strutturale — fa notareBuccellati —. Per i babilonesi nonsi tratta di creazione, ma di morfiz-zazione. Dal caos, senza un attocreativo, si arriva alla vita. Non esi-ste un assoluto che con un atto cirenda partecipi della sua natura, c’èsolo una matrice inerte di cui noisiamo componenti. E in fondo lamatrice siamo noi stessi. Siamocreatori di noi stessi, non esiste

quindi un agente esterno con unapropria volontà cui essere debitori».

Proprio l’opposto dell’idea dicreazione del popolo ebraico, comefa notare Carbajosa: «La parola el’azione di Dio creano tutta la realtàdove prima non c’era niente. Questaè la grande novità della Bibbia: Dioè un principio assoluto e la sua è unacreazione continua, frutto di un di-segno buono e non di una volontàcapricciosa o di un gioco crudele.Infatti l’Esodo, il libro che raccontala bontà di Dio, viene scritto prima

«Siamo tutti babilonesi. Quandovogliamo incasellare l’assoluto»Parla l’archeologo Buccellati: «Anche oggi si frammenta e seleziona.Per reggere il peso del nulla. Ma Dio continua a volerci e a crearci»

L’archeologo Giorgio Buccellati

Page 12: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

LE INTERVISTE

12 22 agosto

Al Meeting arriva per la prima voltae, non lo nasconde, con una certa aspet-tativa. L’occasione per Giovanni MariaVian, direttore dell’“Osservatore Ro-mano” dal 2007, è il XVII del centena-rio dell’Editto di Milano, quello che nel313 pose fine alle persecuzioni sui cri-stiani. Con lui, oggi alle 15 in C1, cisarà il dottore della Biblioteca Ambro-siana Francesco Braschi e due docentidella Cattolica di Milano: Giorgio Feli-ciani, che insegna diritto canonico, e Al-fredo Valvo, professore invece di storiaromana, tutti introdotti da Stefano Al-berto. Un anniversario, esordisce Vian,«molto importante. Fu una vera svolta,perché introdusse la libertà religiosa».

Un tema purtroppo di drammati-ca attualità: continuamente dobbia-mo leggere di persecuzioni ai dannidi cristiani in tutto il mondo. In que-sti giorni al Meeting si parla molto didialogo interreligioso: è possibile se-condo lei?

«La convivenza è una scelta non sol-tanto religiosa e civile, ma anche unavia obbligata. Possibile, certo, anche senon facile. Serve rispetto reciproco, chepresuppone una conoscenza dell’altro:

dietro queste circostanze c’è spesso i-gnoranza. Anche per questo il Meetingè importante, come anche l’impegno dialtre realtà cattoliche: i focolarini,Sant’Egidio, Oasis, e soprattutto l’e-sempio e l’azione della Santa Sede».

Parliamo invece della situazionedell’Italia. Nei giorni scorsi Monti ePassera, proprio qui da Rimini, si so-no dimostrati ottimisti nei confrontidella crisi. Come le sembra si stiamuovendo il governo?

«Non ho titolo particolare per com-

mentare le vicende politiche italiane.Mi sembra però che lo sforzo in atto siacondivisibile: si chiedono sacrifici, maguardando al futuro. Il quadro europeoè importante, anche se l’Unione do-vrebbe avere il coraggio delle origini,tornando al disegno ideale dei tre gran-di politici cattolici (Adenauer, De Ga-speri, Schuman) dal quale nacque dopola II guerra mondiale. Non è un casoche Monti abbia una grande esperienzaeuropea».

Per quanto riguarda il futuro poli-tico nazionale, che giudizio ha? Sitorna a parlare spesso di “cosa bian-ca” e partito dei cattolici, le sembraun’idea credibile?

«È un tema tornato attuale in questimesi. Oggi si parla molto di cattolici inpolitica, e questo deve fare riflettere.C’è nostalgia di questo impegno, ma èdifficile capire che forma questo possaprendere. L’auspicio dei vescovi italia-ni e della Santa Sede è comunque chesoprattutto le giovani generazioni torni-no a occuparsi della politica come “for-ma più alta di carità”, secondo la defini-zione di Paolo VI. Per i cattolici c’è in-somma campo aperto, con progetti che

sono in una fase ancora nascente».Per concludere una domanda sul

titolo del Meeting: che senso ha perlei questo tema? Come si esplica nelsuo mestiere di giornalista questo“rapporto con l’infinito”?

«Per il giornale che dirigo è un temaaddirittura costitutivo. L’“Osservatore

Romano” è infatti l’espressione giorna-listica di una realtà spirituale mondiale:un caso unico, a pensarci bene. Quandoassunsi questo incarico, è stato lo stessoBenedetto XVI a chiederci di contribui-re al dibattito culturale perché la societàsi apra almeno alla possibilità di Dio».

Emmanuele Michela

Giovanni Maria Vian è direttore dell’“Osservatore Romano” dal 2007. Interverràoggi nell’incontro dal titolo “Verso il XVII centenario dell’Editto di Milano”

«Partito cattolico? È ancora presto» Vian, direttore dell’«Osservatore Romano», per la prima volta al Meeting«Nostalgia di una presenza in politica, ma difficile capirne ora le forme»

«La crisi? Lo sforzo del governo

è condivisibile. Ma l’Ue deve avere

il coraggiodi tornare agli ideali

dei suoi padrifondatori»

Page 13: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

LE INTERVISTE

13 22 agosto

I M P O R TA N T I O B I E T T I V I T E R A P E U T I C I .

F A R M A C I I N N O V AT I V I .

C U R E M I G L I O R I .

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«Ho fatto tentennare la balbuzie»Da ragazzo tartagliava, ora ha un centro per aiutare chi balbetta: «Sognavo cose grandi». La storia di Giovanni Muscarà

Giovanni Muscarà scherza allo stand del suo International Stuttering Centre, in C1

Sotto l’immagine di un frutto tondocolor verde campeggia la scritta “Sequesta è una me-me-me-mela, allorachiamaci!”. Slogan a effetto, venatod’ironia. La balbuzie si batte anchecosì. La storia di Giovanni Muscarà èpiena di questi colpi a sorpresa. Non acaso, il suo stand qui al Meeting (padi-glione C1) conta un numero di visitealtissime: il gadget in regalo è di quellipiù in voga, una clava gonfiabile con lascritta “ammazza la balbuzie”.

Scavando, scopri che la storia diGiovanni è anche piena di fatica, sacri-ficio, sorrisi di pietà ogni volta che tar-taglia. Ecco il problema. «Troppospesso - racconta lui - chi ne soffre laprende alla leggera. Poi, forse tardi, cisi accorge che ti condiziona la vita».Giovanni è uno che non scappa. La suafortuna si chiama fedeltà. «Ho sempresognato di fare cose grandi - spiega - enon ho mai cambiato idea. Poi midicevo: come faccio a riuscirci se perdire il mio nome impiego un quartod’ora?». Frequenta corsi di correzione,ore e ore di allenamento, anche 5 o 6alla vigilia di qualche appuntamentoimportante. Succede appena prima ilcolloquio di lavoro in Kpmg, società dialta finanza. «Com’è andato?Benissimo, alla fine m’han chiesto:“Ma quanto parla lei?”». In pocotempo (ma con tantissimo lavoro),approda nell’ufficio top della società. È

menta su se stesso. Risultati? Ottimi.«Il primo test è stato un’intervista aun’emittente radiofonica. Avevo paura,ma alla fine ho parlato a 400 all’ora».

A questo punto, per uno comeMuscarà, fermarsi non ha senso. «Quelsogno, fare cose grandi, ce l’avevoancora addosso. Così ho fondato unasocietà e trovato una sede presso laFondazione Filarete, a Milano. È natoil centro internazionale contro la balbu-zie che adesso dirigo (International

Stuttering Centre)». Giovanni alloramolla il lavoro in Kpmg e investe tuttoin quel sogno. I primi giovani a fre-quentare il centro dimostrano che latecnica funziona e le iscrizioni cresco-no man mano. La soddisfazione piùgrande per Giovanni è questa: «Vederele facce contente di quelli alla fine delcorso - racconta -. Certo, non li puoimica mollare. Devi seguirli sempre,anche una volta usciti da scuola.Alcuni 24 ore su 24. Hanno bisogno disentire che tu ci sei, che la battaglia sipuò vincere sempre».

Il segreto di tutto? «Fedeli al propriocuore. Io non ci ho mai rinunciato atirar su qualcosa di grande. È natol’International Stuttering Centre». Dicipoco.

Cristiano Guarneri

bene sempre, non solo quando mi eser-cito. E voglio insegnare a farlo a quellicome me». Qui succede l’imprevedibi-le. Giovanni comincia a riflettere sullecause della balbuzie e abbozza nonuna, ma un mosaico di soluzioni. «Hoaffrontato il problema in ogni suoaspetto: motorio, respiratorio, logope-distico. Per ognuno dei quali, ho inter-pellato un professionista disposto alavorarci». Con un team di specialisticrea una tecnica tutta nuova che speri-

contento, ma non soddisfatto fino infondo. Vola a Londra e tenta l’accessoin una banca nel cuore della finanzainternazionale. Una telefonata delpadre lo rimette coi piedi per terra.«M’ha detto: “Giovanni, quando lasmetti di rompere coi soldi e ti metti afare quel che ti piace?”. Mi ha spiazza-to. È lì che mi sono chiesto: cosavoglio davvero?».

La domanda è un tarlo che scava. Larisposta affiora di colpo: «Voglio parlar

L’imbarazzo a dire il proprio nome, lefatiche a Londra

per lavorare in banca,poi una chiamata

dall’Italia: «Perché non fai

ciò che vuoi davvero?»

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VITA DA MEETING

14 22 agosto

Anche il caldo è infinitoEcco le oasi di frescuraIl nostro inviato sulle tracce di “Lucifero”. Con una copia del “Quotidiano” per darsi refrigerioUna mappa di sopravvivenza tra “zone rosse” e (pochi) paradisi. In attesa di “Beatrice”

“Lucifero” con-tro il Meeting.Sembra uno scher-zo ma i meteorolo-gi hanno chiamatoquest’ultima ondatadi calore africanocon il nome del redegli inferi. Cam-minando tra i padi-glioni è evidenteche il “Lucifero”meteorologico siaggira davvero inFiera. Tra ventagliagitati frenetica-mente (a volte qual-cuno usa anche il nostro Quotidiano)e aloni sospetti sulle camicie, la do-manda sorge spontanea: ma l’ariacondizionata c’è? La scelta tecnicaobbligata di alternare le aree condizio-nate è sicuramente rispettabile, maporta con sé conseguenze. Abbiamopercorso la Fiera per scoprire quantoil diabolico visitatore vi sia penetratoe dove siano le sacche (fresche) di re-sistenza. Entriamo in Fiera dopo avercamminato sotto il sole. Il contraccol-

zione di persone. C’è chi, disperato,cerca refrigerio uscendo all’aperto ebagnando i piedi nelle piscine.

Ma eccoci all’auditorium: qui l’ariacondizionata funziona, ma è ora di u-scire dalla Hall est e affrontare il soleluciferino. Non disperiamo. Da ve-nerdì arriverà un po’ di tregua: per noinovelli Dante arriverà la pioggia.Manco a dirlo, quest’ondata di frescol’hanno chiamata “Beatrice”…

Marco Capizzi

po è notevole, ma il sollievo è di brevedurata: anche qui fa un gran caldo. In-fatti, dai bocchettoni dello Sport Villa-ge esce aria “non condizionata”: i te-merari che stanno giocando a calcettoe a beach volley sudano vistosamen-te. Il nostro percorso quasi dantescoprosegue verso la Hall sud: qui si re-spira. Se volete però la vera oasi biso-gna salire in Sala Neri: la temperaturaè fissa sui 16-17 gradi (un clima delgenere potete trovarlo fuori dall’in-

gresso vip dell’auditorium). Dopo laHall sud comincia la red zone, qui“Lucifero” impera. Siamo nell’areadei fast food: la differenza con l’ester-no è impercettibile. Dopo esserci im-medesimati con l’eroe che in quelmomento sta friggendo le patatine,passiamo nella seconda zona critica.“Lucifero” ha aggredito la mostra suigiovani. L’imprevedibile istante del-l’ingresso è da colpo di calore tra fa-retti, proiettori per i video, concentra-

Esiste una rivalità più leg-gendaria nella storia dellosport italiano? Quella traBartali e Coppi è insupera-bile. Addirittura dopo ses-sant’anni si discute ancorasu una foto: chi dei due hapassato la bottiglia d’acquaall’altro durante quella tap-pa assolata del Tour? Nando Sanvito, giornalistasportivo di Mediaset, rac-conta al Meeting uno deiduelli più avvincenti di sem-pre attraverso foto e filmati:l’incontro è oggi pomeriggioalle 18 al Villaggio Ragazzi(padiglione C3). È la storiadi due rivali e di un’amici-zia umana autentica, affa-scinante nella sua dramma-ticità. Due campioni diven-tano il simbolo dello sportcavalleresco: schietto conta-dino Bartali, atleta tormen-tato Coppi. Così diversi maalla fine insieme sulla bici,necessari l’uno all’altro perdiventare se stessi. Dall’inizio del duello nel1940 fino alle polemiche alcampionato del mondo. Im-magini d’epoca e fiction ciaiutano a rivivere la storiadel loro rapporto. E su quelfamoso passaggio della bot-tiglia rispunta un video…

G. N.

Il segretodi Bartali

❄❄

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VITA DA MEETING

15 22 agosto

Dal Kazakistan al Meeting per farei volontari. Una scelta coraggiosa.Viaggio lunghissimo, sacrifici econo-mici che da noi in Occidente, nono-stante la crisi, facciamo fatica a im-maginare. E poi le difficoltà con lalingua difficile da padroneggiare.

Galina vive a Karaganda, impor-tante città del paese dell’Asia centraleun tempo inglobato nell’Unione So-vietica, e non è stato così immediatofare la volontaria al ristorante “IlChicco e il Grano”. «Quest’anno hovissuto un brutto momento di crisi,sia personale sia economica. Non a-vevo soldi e lavoro e non pensavo diriuscire a essere qui con voi.A maggio la situazione èmigliorata e ho lavoratogiorno e notte per raccoglie-re il denaro per venire alMeeting come volontaria».

Sì, ha lavorato giorno enotte in Kazakistan per ve-nire a lavorare gratis in Ita-lia. Ma un guadagno c’è sta-to. «Attraverso il serviziocome volontaria sto impa-rando la pazienza e l’atten-zione nel mio lavoro», dice.Galina, 38 anni, ha sulle spal-le vent’anni di lavoro come stuccatri-ce e imbianchina. Ha scelto questastrada perché era orfana e lavorarenell’edilizia era il modo più sempliceper avere un reddito immediato.

Per un certo periodo aveva seguitoalcuni lavori nel convitto di un’uni-versità: qui nel 2001 incrociò uno stu-dente che la invitò a un incontro conpapa Giovanni Paolo II, in visita in

aver ancora capito, ma so di aver in-contrato qualcosa che fa diventare lamia vita più interessante. Non avevomai visto così tante persone che stan-no insieme avendo cura una dell’al-tra, non solo in vacanza, ma nella vitaquotidiana».

Purtroppo Yelena vive in un paesi-no fuori Karaganda e non riesce a ve-dere sempre gli amici del movimento,ma ogni occasione è buona, anche ilMeeting. «Mi hanno invitato a lavo-rare come volontaria al Meeting e hodetto si. È da tanto che non lavorogratuitamente, perché alcune circo-

stanze mi hanno portato a fa-re sempre calcoli» concludeYelena.

Il Meeting “fa gola” a tutti,anche a Yekaterina. «Ho in-contrato il movimento perchévedevo come la mia amicaLuba viveva dopo essere tor-nata dal Meeting ed ero invi-diosa, perché lei riusciva avivere i momenti difficili congioia. Allora Luba mi ha det-to una frase di don Giussani:

il cristianesimo passa attraver-so la curiosità». Con curiosità

Yekaterina accetta l’invito a una va-canzina estiva. «Persone di diverseetà e professioni stavano insieme enon capivo cosa li legava. Qualcosache non potevo toccare, ma che desi-deravo anche per me. Incontrando ilmovimento di Cl ho iniziato a rivive-re la mia tradizione ortodossa in mo-do vero».

Benedetta Consonni

Kazakistan. Lei non accettò, ancheperché sempre aveva considerato ilPapa in modo vago: «Per me la reli-gione era astratta, io credevo in mestessa». L’amico non cedette e la in-vitò a una vacanza invernale con al-cuni amici di CL. Insomma vieni evedi, evidentemente qualcosa di buo-no. «Sono andata in vacanza e nel2003 ho chiesto il sacramento del

Battesimo. Nel 2007 sono entrata afar parte della fraternità di Comunio-ne e liberazione. Io vengo da un orfa-notrofio e ho scritto a Carro n chie-dendogli una famiglia».

Insieme a lei al “Chicco e il Grano”lavorano altre due amiche che vengo-no dal Kazakistan, Yelena e Yekateri-na, entrambe insegnanti che hanno in-contrato l’esperienza del movimento

attraverso una terza insegnante, Luba.«Ho conosciuto Cl la scorsa estate –racconta Yelena –. Ho parlato con lamia collega Luba e le ho raccontato lamia vita. Apparentemente andava tut-to bene, ma piangevo perché i rappor-ti in famiglia non mi soddisfacevano.Luba mi ha semplicemente invitato auna vacanza, senza spiegarmi di checosa si trattava. Tuttora credo di non

Le volontarie kazake alMeeting di quest’anno

Imbianchina e ortodosseI miracoli del KazakistanGalina, volontaria da Karaganda: «Ho fatto la stuccatrice giorno e notte per potere

essere qui a lavorare gratis». E Yekaterina: tra di voi vivo di più la mia fede

Page 16: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

CULTURA

16 22 agosto

Facile essere felici in Emilia Romagnaquando c’è gente che ti accoglie ridendo,quando profumi e sapori ti conquistano,

quando città d’arte, spiagge, parchi e termefanno a gara per sorprenderti…

A noi piace così:ci mettiamo l’Anima per farti vivere

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Emilia Romagna

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Mercoledì 22 agostoOre 18:30: Degustazione, su invito, di prodotti tipici DOP della Provincia di Reggio Emilia, accompagnati da vini DOC del territorio.

Giovedì 23 agostoOre 16:30: “Atlante della fauna e della fl ora nell’Adriatico” Relatore: Attilio Rinaldi

Ore 18:30: Degustazione, su invito, di prodotti tipici DOP della Provincia di Ferrara, accompagnati da vini DOC del territorio.

Venerdì 24 agostoOre 18:30: Degustazione, su invito, di prodotti tipici DOP della Provincia di Parma, accompagnati da vini DOC del territorio.

Un fotogramma del film “Theroad” (2009), diretto da JohnHillcoat e tratto dal romanzodi Cormac McCarthy, pubbli-

cato in Italia da Einaudi

Cormac McCarthyDi vita, di mortee di altre grandezzeColloquio con Davide Perillo, direttore di “Tracce”, che stasera presentauna rilettura dell’autore de “La strada” e “Non è un paese per vecchi”

Scrivere è «raccontare soloquestione che hanno a che farecon la vita e la morte». Non c’èlibro di Cormac McCarthy chenon lo evidenzi. Talvolta in con-troluce, più spesso in modo cru-do. L’autore americano – tra ipiù noti della letteratura contem-poranea mondiale – lo ha am-messo in una delle sue ultime (erarissime) interviste. Ed è que-sta, insieme allo stile capace co-me pochi di sondare il reale, laragione per cui meriterebbe l’ac-costamento dei lettori. Ne par-lerà oggi al Meeting Davide Pe-rillo, direttore del mensile“Tracce”, nell’incontro che se-guirà quello in programma alle19, presso il Caffè letterario(D5).

Come altri autori conterranei(Flannery O’Connor su tutti),anche McCarthy privilegia lanarrazione ambientata nei luoghi

dove vive, il sud degli Stati uni-ti. Lì si muovono i protagonistidella “Trilogia della frontiera”,composta dai romanzi “Cavalliselvaggi”, “Oltre il confine” e“Città della pianura”, o i banditiraccontati in “Meridiano di san-gue”. In questi e nei capolavorisuccessivi – dal più noto “Lastrada” a “Non è un paese pervecchi” – c’è comunque un ri-schio dietro l’angolo: «Talvoltasembra che il male l’abbia vinta– spiega Perillo –. Soprattuttoquando è fine a se stesso (sipensi al personaggio di AntonChigurh). Proprio lì, e non altro-ve, si fa spazio invece la presen-za del mistero, irriducibile. Ec-co, la parola giusta è questa: ir-riducibile presenza del mistero».

Lo sceriffo Ed Tom Bell, perrestare all’indimenticato “Non èun paese per vecchi”, la ricono-sce nell’abbeveratoio della sua

casa d’infanzia e in chissà qualepromessa di bene spinse l’uomoche lo costruì. Nei territori de-vastati di “The road” è intercet-tabile nel rapporto padre-figlio ein quella possibilità di non soc-combere perché «noi abbiamo ilfuoco». «Il punto di sfida perchiunque – spiega Perillo – è e-sattamente questo. Non se lastoria ha un “lieto fine”, maquale risposta diamo alla do-manda: di cosa è fatta la realtà?Anche negli ambiti più bui e re-conditi, McCarthy mostra che è

fatta di mistero e promessa». Che il male non abbia l’ultima

parola anche quando sembrereb-be, lo si legge – qui ancor più incontroluce – nelle pagine di“Sunset limited”. Il serrato dia-logo tra i personaggi del testo (ilBianco e il Nero) ha un epilogoben lontano dal lieto fine, quan-do il primo abbandona la scenaprobabilmente ancora deciso atogliersi la vita. «Vince il nulla?No – spiega Perillo – vincequalcosa che è più forte del nul-la: la libertà. McCarthy lo mo-

stra anche quando questa è usatamale».

Una raccomandazione finalechiuderà l’incontro. «Eviterei –avverte Perillo – la tentazione diadattare un autore simile a ciòche si vorrebbe e invece non è.Abbiamo per le mani un narrato-re quasi unico della realtà, capa-ce di illustrarne anche le partipiù scomode, generalmente ane-stetizzate. Mostrando, senza ap-piccicarvela, l’irriducibilità delmistero. Punto».

Cristiano Guarneri

Page 17: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

SPETTACOLO

17 22 agosto

La musica russa è l’espressionedi un popolo intero che canta. DonLuigi Giussani amava sottolinearela profonda diversità della compo-sizione russa rispetto a quella occi-dentale. E spesso si soffermava acitare il confronto fra due gigantidella musica, Beethoven e Rachma-ninov. La ricerca disperata e solita-ria di senso che traspare dalle notedel compositore tedesco è profon-damente diversa dal carattere del-l’artista russo, legato fino in fondoall’identità e alla cultura del suopopolo. La musica russa è sincera-mente attaccata all’utilizzo dellavoce, e alla coralità, come strumen-to di armonia e di unità fra le diver-se voci di cui il coro è composto.Mentre quella occidentale, pur seorchestrale, è spesso espressione diun io tormentato di fronte al mon-do.

Per permettere a questo vento dinovità che spira dall’est di conta-giare anche il popolo del Meeting,domani sera alle 21.45 presso l’A-rena D3 si esibirà dal vivo il corometropolitano ecclesiastico di SanPietroburgo.

Un programma che prevede do-dici pezzi, tra cui i Vespri di SergejVasil’evic Rachmaninov (op. 37,1915) e opere di altri autori di rilie-vo, oltre a un interessante reperto-rio di canti popolari della tradizio-ne russa, dedicati alla natura (“Vo-lano le gru”), alla vita dei soldati(“Ehi tu, mio campo”) e alla vitadei battellieri del Volga (“Su, for-za!”). Caratteristica fondamentaledi questa esecuzione è dunque l’im-portante effetto sonoro, ottenuto so-lamente con l’utilizzo della voce u-mana e senza ausilio di altri stru-menti. Un’esecuzione corale, in-somma, che ha la potenza di unavera e propria sinfonia.

Il coro, composto da ben quaran-ta monaci ortodossi, ha conosciutoper la prima volta la storia del Mee-ting in Estonia, ormai qualche annofa. Da lì è nata l’idea di partecipar-

quarant’anni e che ha mosso i suoiprimi passi dentro il dramma diun’Unione Sovietica che andavalentamente sfaldandosi ma dove lerappresentazioni a carattere religio-so erano tassativamente proibite.Oggi, invece, nei paesi dell’Est in-contrano un plauso e un successotrasversali, e sono chiamati ad esi-birsi non solo nelle chiese, ma an-che in università, in circoli di scien-ziati e in fiere e manifestazioni ca-nore. Perché sono convinti che laloro musica possa arrivare ovun-que, anche a chi è laico, agnostico,oppure ateo. Un cuore aperto, infat-ti, accoglie qualsiasi forma di bel-lezza.

Con un repertorio che va dai can-ti popolari alla musica sacra, questoimportante coro rappresenta unanovità assoluta dal vivo, anche perl’imponenza dell’esecuzione.

La natura profonda di un coroimplica la consapevolezza di essereprofondamente legati gli uni aglialtri, come un unico popolo. Unaconcezione meno diffusa nel mon-do occidentale, in cui, anche nell’e-spressione musicale, spesso preva-le l’individualismo esecutivo ecompositivo.

Qualcuno potrebbe paventare ilrischio di un’omologazione o del-l’annacquamento dell’io nell’e-spressione del gruppo. Un’obiezio-ne che i coristi russi respingono.Affermando piuttosto la consape-volezza «di portare ovunque l’e-spressione di qualcosa di bello. E ilbello viene sempre capito».

In fondo, è la grande afferma-zione di Dostoevskij: «La bellez-za salverà il mondo». Avrebbe do-vuto aggiungere l’aggettivo “occi-dentale”.

Giovanni Zaccaroni

Suoni misteriosi, melodie antiche, armonieperdute. Questa sera “Origines trio” farà rivi-vere tradizioni musicali provenienti da tutto ilmondo. Un viaggio non solo geografico maanche temporale, che coinvolge ispirazioni divarie epoche e di ogni luogo.

L’appuntamento è per le 19.45 al teatro D2Frecciarossa 1000, al prezzo di 10 euro. Adaccompagnare il pubblico in questo particola-re percorso saranno tre musicisti di primopiano: Valentina Oriani, la voce del trio, Mar-co Squicciarini, il chitarrista, e Stefano Dal-l’Ora, al contrabbasso. «È importante che lospettacolo sia presentato quest’anno - raccon-ta Valentina al “Quotidiano Meeting” -. Quel-lo che ci anima infatti è il desiderio d’infini-

to». Il titolo “Cara beltà” è legato alla capa-cità della bellezza di risvegliare questo desi-derio. Le musiche non sono riproposte nellaloro veste originale, ma riviste e arrangiateseguendo la sensibilità degli interpreti. «Nel-l’esibizione - prosegue Valentina - cantiamoprima di tutto per noi, per riscoprire attraver-so la bellezza della musica il desiderio d’infi-nito del nostro cuore». Per questo, per tra-smettere il loro messaggio, è importante chegli adattamenti seguano l’impostazione per-sonale data dal trio.

Il percorso musicale inizia con un canto incui emergono la nostalgia e la drammaticitàdel desiderio che non incontra una risposta.Prosegue con un canto sefardita, tipico della

tradizione degli ebrei emigrati nel sud dellaSpagna, in cui è evidenziato il momento del-l’attesa, del bisogno di una risposta. Succes-sivamente saranno proposti canti dedicati aGesù e a Maria, risposta proprio a quell’atte-sa. Per chiudere, canti di pellegrinaggio, asuggerire l’idea di missione dopo la rivela-zione.

Ma perché proporre musiche e canti popo-lari poco conosciuti, e non avvalersi di can-zoni moderne e più orecchiabili? Valentinaspiega: «Anche noi ascoltiamo musica con-

temporanea! La amiamo moltissimo. Io, ad e-sempio, ammiro Amy Winehouse. La doman-da di Amy e il suo bisogno sono gli stessi del-la protagonista di una canzone che proponia-mo stasera. Però noi possiamo trasmettere ilnostro desiderio solo attraverso i doni cheDio ci ha dato. E le nostre capacità ci permet-tono di esprimerci meglio attraverso le musi-che popolari». Conclude Valentina: «Voglia-mo che il concerto sia l’inizio di un percorsoper il pubblico. Non mi interessa che al ter-mine della serata uno spettatore venga a com-plimentarsi per la mia voce. Voglio che loraggiunga la stessa bellezza di cui io sonopartecipe nel canto, per spalancare il suo de-siderio d’infinito».

Alberto Castagna

Il Coro Metropolitano ecclesiasticodi san Pietroburgo si esibirà questa sera alle 21,45 all’Arena D3

Valentina Oriani, voce degli “Origines trio”. Il gruppo proporrà stasera un percorso musicale con melodie da tutto il mondo.Canti popolari e desiderio:

è “Cara beltà” in musicaVoce, chitarra e un «cuore spalancato all’infinito»: è la musica degli “Origines trio”, stasera in scena in D2

La bellezza che ci salveràI monaci ortodossi portano la musica corale russa al Meeting

Volete prepararvi al meglio per il concerto delcoro di san Pietroburgo? Un’ottima occasione èl’appuntamento in programma, sempre questasera, alle 19,00 presso la Sala Neri. Il maestroPippo Molino, compositore e per lungo tempoprofessore presso il conservatorio di Milano,proporrà una guida all’ascolto di alcuni branitratti dal cd n. 17 della collana “Spirto Gentil”,interamente dedicato al compositore russo Ser-geij Rachmaninov. In particolare, l’ascolto ver-terà sui Vespri (op. 17, 1915) un elemento cen-trale della liturgia pasquale ortodossa. L’ap-puntamento fa parte della serie di incontri or-ganizzati per riproporre, come ogni anno, la col-lana fortemente voluta da don Luigi Giussanicome strumento di aiuto e comprensione dei te-mi più profondi della musica. È interessante notare le radici umili in cui affon-da l’opera del grande maestro russo. Rachma-

ninov, infatti, non ha scritto egli stesso il testodei Vespri e nemmeno ha utilizzato una versioneparticolarmente pregevole. Ha scelto invece laversione utilizzata comunemente agli inizi delNovecento in gran parte delle celebrazioni litur-giche, limitandosi (se così si può dire) ad un’o-pera di armonizzazione. Un elemento di ulteriore pregio che caratterizzala guida all’ascolto di stasera è l’esecuzione pro-posta. La versione contenuta nel cd n. 17 è lariedizione in digitale di un lp inciso a metà deglianni ’70 dal coro dell’Accademia di Stato del-l’Urss, diretto dal grande maestro AleksandrVasil'evic Svesnikov. Si tratta di un personaggioprofondamente credente e per ciò avverso all’e-stablishment comunista, che però non era mairiuscito a emarginarlo per via della sua grandeconoscenza musicale.

G. Z.

E intanto Molino presenta Rachmaninov

vi, per portare anche in Italia, dovenon si erano mai esibiti, la loro vo-cazione artistico-religiosa. Comehanno affermato alcuni componentidel coro, che fin dalla giornata diieri si sono avventurati per i padi-

glioni della fiera: «Crediamo che laproposta della tradizione ortodossapossa essere ben compresa ed ap-prezzata anche in Italia. Molti deinostri compositori sacri o di musi-ca classica hanno avuto un’educa-

zione in Occidente ed hanno vissu-to in Italia o in Europa. La diversitàdelle tradizioni, dunque, si stempe-ra nella profonda affinità delle no-stre culture musicali e religiose».

Un coro che ha appena compiuto

Page 18: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

WORKSHOP CONAI:DAL RECUPERO DEGLI IMBALLAGGI UN’OPPORTUNITA’ DI CRESCITA SOSTENIBILEIl recupero dei rifiuti di imballaggio quale fattore di crescita sostenibile: questo il tema del workshop organizzato da CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, che si terrà oggi alle ore 16 presso il Palco Eventi Expo del Meeting di Rimini. CONAI rappresenta un sistema che crea valore per l’Italia e che, sostenendo il processo virtuoso del recupero e riciclo degli imballaggi, non ricopre solo un ruolo chiave nella tutela dell’ambiente, ma anche nella promozione di pratiche di economia sostenibile: dal 1997, anno della sua nascita, tra costi di smaltimento ed emissioni da riciclo evitati, valore delle materie prime seconde generate, costi evitati grazie alla prevenzione e indotto, ha generato benefici netti per 11,1 miliardi di euro. Un sistema che, pur in un momento di crisi economica, ha contribuito all’economia del Paese

anche dal punto di vista occupazionale: a tutto il 2011, la filiera della raccolta e del riciclo occupa 20.825 addetti. Grazie all’attività di CONAI durante gli ultimi 15 anni, sono stati recuperati circa 96,3 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro, contribuendo a una riduzione significativa dei quantitativi destinati a smaltimento in discarica, ridotti di circa il 60%. Nel corso dell’incontro odierno, Roberto De Santis e Walter Facciotto, Presidente e Direttore generale di CONAI, approfondiranno tutti questi aspetti. Intervistati da Sergio Luciano, presenteranno i risultati ottenuti dal Consorzio e gli obiettivi per il futuro, sottolineando l’importanza di un atteggiamento di impegno condiviso tra imprese, pubblica amministrazione e cittadini.

CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, è un consorzio privato

CONAI

dal 33,2% al 73,7%dal 66,6% al 26,3%

COS’È CONAI

Page 19: Quotidiano Meeting mercoledì 22 agosto 2012

I FATTI DI OGGI

19 22 agosto

IncontriEUROPA: UNA, NESSUNA, CENTOMILAOre 11.15 Auditorium B7Partecipano: Mario Mauro, capo delegazione delPdL al Parlamento Europeo; Luís Miguel PoiaresMaduro, director of the Global Governance Pro-gramme, European University Institute; AntonioTajani, vicepresidente Commissione europea. In-troduce Marco Bardazzi.

EVOLUZIONE BIOLOGICA E NATURADELL’ESSERE UMANOOre 11.15 Sala A3Partecipano: William E. Carroll, aquinas fellow inTheology and Science, Blackfriars Faculty ofTheology, University of Oxford; Ian Tattersall, cu-rator emeritus in the Division of Anthropology ofthe American Museum of Natural History in NewYork City. Introduce Marco Bersanelli, docente diastrofisica all’Università degli Studi di Milano.

EDUCAZIONE, IDENTITÀ E DIALOGOOre 11.15 Sala C1 SiemensPartecipano: Ignacio Carbajosa Pérez, docente diAntico Testamento presso la facoltà di Teologiadell’Università San Dámaso di Madrid; Alon Go-shen-Gottstein, director of the Elijah Interfaith In-stitute; Abdel-Fattah Hassan, docente di letteraturaitaliana alla Ain Shams University del Cairo. Intro-duce Roberto Fontolan.

LAVORI IN CORSO. L’ITALIA CHE ARRIVAOre 11.15 Sala Neri GEIn collaborazione con Unioncamere. Partecipano:Giovanni Castellucci, amministratore delegato diAutostrade per l’Italia e di Atlantia spa; RaffaeleCattaneo, assessore alle Infrastrutture e mobilitàdella Regione Lombardia; Mario Ciaccia, vice mi-nistro delle Infrastrutture e dei trasporti; Luigi Gril-lo, presidente della Commissione lavori pubblici ecomunicazione del Senato della Repubblica italia-na; Michele Pizzarotti, vicepresidente dell’ImpresaPizzarotti & C. spa. Introduce Lanfranco Senn, pre-sidente di Metropolitana Milanese e direttore delCERTeT.

…SOTTO LE STELLE, IL LIBRO DEL MI-STERO: LA POESIA DI GIOVANNI PASCOLIOre 11.15 Eni Caffè Letterario D5Partecipa Davide Rondoni, poeta e scrittore. Intro-duce Emilia Guarnieri.

“CHE COS’È L’UOMO PERCHÉ TE NE RI-CORDI?”. GENETICA E NATURA UMANANELLO SGUARDO DI JÉRÔME LEJEUNEOre 15.00 Sala A3Partecipano: Birthe Bringsted Lejeune, vicepresi-dente della fondazione Jérôme Lejeune; Jean-Ma-rie Le Méné, presidente della fondazione JérômeLejeune; Carlo Soave, curatore della mostra e do-

cente di fisiologia vegetale all’Università degli Stu-di di Milano. Introduce Marco Bregni, presidentedell’associazione Medicina e Persona.

VERSO IL XVII CENTENARIO DELL’EDIT-TO DI MILANOOre 15.00 Sala C1 SiemensPartecipano: Francesco Braschi, dottore incaricatodella Biblioteca Ambrosiana; Giorgio Feliciani, do-cente di diritto canonico all’Università Cattolica delSacro Cuore di Milano; Alfredo Valvo, docente distoria romana all’Università Cattolica del SacroCuore di Milano; Giovanni Maria Vian, direttorede L’Osservatore Romano. Introduce Stefano Al-berto.

IL NON PROFIT, MOTORE DELL’EUROPAOre 15.00 Sala Neri GEIn collaborazione con Commissione Europea. Par-tecipano: Giuseppe Guerini, presidente di Federso-lidarietà e membro del Comitato Economico So-ciale Europeo (Cese); Marco Morganti, ammini-stratore delegato di Banca Prossima e membro delgruppo di esperti della Commissione Europea sul-l’Imprenditoria Sociale; Antonio Tajani, vicepresi-dente della Commissione Europea, commissarioresponsabile per l’industria e l’imprenditoria. Intro-duce Monica Poletto, presidente della Compagniadelle Opere - Opere sociali.

GUARDANDO LA TERRA… DALLE STEL-LE. UN ASTRONAUTA SI RACCONTAOre 17.00 Auditorium B7Partecipa Paolo Nespoli, astronauta. IntroduceMarco Bersanelli, docente di astrofisica all’Univer-sità degli Studi di Milano.

LOMBARDIA: DISCUSSIONE SU PRESENTEE FUTUROOre 19.00 Sala A3Partecipano: Lodovico Festa, giornalista e saggista;Roberto Formigoni, presidente della Regione Lom-bardia; Oscar Giannino, giornalista e senior Fellowdell’Istituto Bruno Leoni; Pierluigi Magnaschi, di-rettore di ItaliaOggi.

ALBANIA, ATHLETA CHRISTI. ALLE RADI-CI DELLA LIBERTÀ DI UN POPOLOOre 19.00 Sala C1 SiemensPartecipano: Teodor Nasi, curatore della mostra;Ardian Ndreca, docente di filosofia e direttore del-l’Istituto per lo Studio dell’Ateismo e delle culture(I.S.A.) alla Pontificia Università Urbaniana; A-gron Tufa, direttore dell’Istituto degli Studi sui cri-mini di Tirana. Introduce Giorgio Paolucci, capo-redattore centrale di Avvenire.

FocusCERCARE IL LAVORO CON ADEGUATERAGIONI. UN CAFFÈ CON…Ore 13.45 PAD. B5Partecipano: Andrea Cammelli, docente di statisti-ca sociale all’Università degli Studi di Bologna e di-rettore di AlmaLaurea; Giovanni Rovetta, studentedi architettura al Politecnico di Milano. IntroduceMarco Lezzi, membro del Cnsu (Consiglio Nazio-nale degli Studenti Universitari).

IL LAVORO PER LE FUTURE GENERAZIO-NIOre 19.00 Sala Mimosa B6Partecipano: Stefano Colli-Lanzi, amministratoredelegato di Gi Group e vicepresidente di Assolavo-ro; Fabio Cusin, vicepresidente di Gemeaz EliorSpa; Paolo Giovanni Del Nero, assessore allo Svi-luppo economico, formazione e lavoro della Pro-vincia di Milano; Paolo Emilio Reboani, presidentee amministratore delegato di Italia Lavoro. Introdu-ce Massimo Ferlini, vicepresidente della Compa-gnia delle Opere.

Testi & ContestiINVITO ALLA LETTURA. Introduce CamilloFornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano.Ore 15.00 Eni Caffè Letterario D5DOPO IL MIRACOLO Presentazione del libro diAlessandro Zaccuri, giornalista e scrittore (ed. Mon-dadori). Partecipa l’Autore.A seguire: LUIGI GIUSSANI. LA VIRTÙ DEL-LA FEDE Presentazione del libro di FrancescoVentorino, professore emerito di ontologia e di eticapresso lo Studio Teologico San Paolo di Catania(ed. Marietti 1820). Partecipano: l’Autore; MassimoBorghesi, docente di Filosofia Morale all’Universitàdegli Studi di Perugia.

INVITO ALLA LETTURA. Introduce CamilloFornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano.Ore 19.00 Eni Caffè Letterario D5L’AMERICA NON ESISTE Presentazione del li-bro di Antonio Monda, giornalista e scrittore (ed.Mondadori). Partecipa l’Autore.A seguire: ALLA RISCOPERTA DI… COR-MAC MCCARTHY Partecipa Davide Perillo, di-rettore di Tracce.

STORIE DAL MONDO. EGGSPLOITATIONOre 21.45 Sala Neri GERassegna di reportages internazionali a cura di Ro-berto Fontolan e Gian Micalessin. Presentazione del

reportage di Jennifer Lahl e Justin Baird. Produzio-ne: The Center for Bioethics and Culture Network.Partecipa Jennifer Lahl, founder and president ofThe Center for Bioethics and Culture Network, Ca-lifornia.

SpettacoliLE AVVENTURE DI TINTINOre 14.30 Sala Cinema D7 AcecFilm di animazione di Steven Spielberg (anno2011). In collaborazione con Sentieri del Cinema.Durata 107'.

SPIRTO GENTIL. GUIDE ALL'ASCOLTOOre 19.00 Sala Neri GEI vespri di Rachmaninov. Guida all'ascolto con cd.A cura del M° Pippo Molino.

ORIGINES TRIOOre 19.45 Teatro D2 Frecciarossa 1000 La bellezza attraverso la musica di epoche e tradi-zioni diverse. Valentina Oriani, Marco Squicciarini,Stefano Dall'Ora, interpretano spirituals, brani dellecomunità sefardite, il folklore ispanico, il canto po-polare italiano e quello irlandese fino alle sonoritàsudamericane.

L'ARTE DI VINCEREOre 21.30 Sala Cinema D7 Acec Di Bennett Miller, con Brad Pitt e Robin Wright(anno 2011).

NEL CANTO L’ANIMA DI UN POPOLOOre 21.45 Arena D3 SuperflashIn concerto il Coro Sacerdotale Metropolitano diSan Pietroburgo eseguirà la suite dei Vespri di Ra-chmaninov e la musica sacra e popolare della tradi-zione russa.

STAGE DI FLAMENCOOre 22.00 Area Piscine Ovest EdisonCon gli artisti della Compagnia di flamenco di LuisOrtega.

Sport12 ORE DI CALCIO A 5Ore 11.00 Il Gioco del Lotto Sport VillageA cura del CSI - Centro Sportivo Italiano.

MERCOLEDI' DA LEONIOre 14.30 Il Gioco del Lotto Sport VillageGiochi per bambini e ragazzi delle Scuole Primariae Secondaria di I grado. A cura di Cdo Sport.

CORRI MEETING RIMINI 2012Ore 18.30 Esterno Fiera - Ingresso OvestCamminata ludico-motoria-non agonistica, aperta atutti, con premio di partecipazione. Km 2 per ragaz-zi - Km 6 per adulti.LA

GIOR

NATA

Tra Europa e libertàAlle 17 l’astronauta Nespoli, alle 19 Formigoni

RASSEGNASTAMPA «Mario Monti è a Rimini, al

Meeting di Comunione e Libe-razione. [...] Il premier procedea passo regolare, guarda di qui edi là. Ma a un certo punto si fer-ma, qualcosa ne attira l’atten-zione. È il video di una ragazza[...] Si chiama Cecilia e raccon-ta del suo arrivo a Taiwan e poiin Cina, a Shanghai. La fraseche colpisce il premie è quella incui la giovane racconta del suorapporto con il Dragone comedi un innamoramento [...]“quando ho cominciato a capireil mondo cinse, ho dovuto am-mettere che non riuscivo a farealtro se non studiare il cinese.Come quando t’innamori...”».

Marco Cremonesi

Ma come si esce da questa spi-rale di violenza?

«Costruendo un’amicizia vera.È quello che vedo anche qui alMeeting di Rimini, un’amiciziache genera un grande evento

culturale. Solo un’amicizia cheè il reciproco riconoscersi nellestesse esigenze di uomini, chediventa stima reciproca, può es-sere un baluardo contro chi se-mina odio, contro la facile ten-tazione di rispondere alla vio-lenza con la violenza».

Ignatius Kaigama intervistatoda Riccardo Cascioli

«I temi dei dibattiti sono tuttitecnici e anche i pochi politiciinvitati sono inseriti in sessionidi lavoro specialistiche. Ovverola concretezza dopo le promessenon mantenute dei politici».

Giorgio Ponziano

«La specificità di Cl - e a benvedere ciò che rende inconfon-dibile quel movimento - è avereun linguaggio appassionata-mente metafisico, a base d’infi-nito, spirito, anima e ogni pos-sibile accessorio, e una prassirobustamente governativa, si

direbbe governativa a prescin-dere».

Michele Serra

Daniele Pipitone @DPipit1Fai un check-in e incontri @e-dorimini un albergatore che col-leziona Congdon. Anche questoè #meeting Buonanotte

Irene Pasquinucci @ire_pasquiMoka ristretto frappè shakeratofreddo cappuccino espressoready to drink: tutta la ricchez-za italiana in una tazzina #mee-ting @andrea_illy

Massimo Bernardini @MaxBernardiniLa band del social media teamdel #meeting al completo. Segui-teli su @MeetingRimini sono(abbastanza) rock & roll

Alessandro Berti @profBertiAl #meeting accade anche que-sto: gente felice che ringrazia(Sangria a volontà e non solo).

DirettoreStefano FilippiDirettore responsabileCesare Trevisani EditoreAssociazione Meetingper l’amicizia tra i popoliAssociazione riconosciuta con D.P.R.n.869 del 6/8/1986, sede: via Flami-nia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini.Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422.Progetto graficoG&C, MilanoImpaginazioneÈdita, RiminiFotolito e stampaSigrafvia Redipuglia, 77 Treviglio (BG)RegistrazioneTribunale di Rimini n.16/91 del15/07/1991PubblicitàUfficio commerciale MeetingTel. 0541-783100FotografiPaola Marinzi, Giovanni Zennaro, Anna ArigossiE.mail: [email protected]

MEETING

QUOTIDIANO

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