Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

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Scholz: cosa dirò a Tremonti pag. 2 Il cardinale volontario pag. 7 La guerra di Socci pag. 9 27 MEETING Q UOTIDIANO ANNO 21 Numero Sette Sabato 27 AGOSTO 2011 QUALE DESTINO PER L’EUROPA? Con Gianni Pittella, Mario Mauro, Giulio Tremonti (nella foto). Introduce Bernhard Scholz. Auditorium B7 11.15 CIÒ CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO Presentazione del libro di Luigi Giussani. Con Eugenio Borgna (nella foto), Aldo Trento. Introduce Emilia Guarnieri. Auditorium B7 15.00 La Primavera araba è una sfida per noi ra pochi giorni saremo costretti a ricordare i dieci anni che sono tra- scorsi dall’11 settembre 2001. Co- stretti perché è una di quelle date che assieme a qualche altra vor- remmo istintivamente cancellare dal calen- dario. Sappiamo tutti che in quel giorno è cambiato qualcosa nella storia recente del mondo, c’è un prima e un dopo. Il decennio che si chiude è stato segnato da guerre, di- struzioni e stragi e in un modo o nell’altro tutte riportano all’11 settembre 2001. È stato tutto molto difficile in questi anni: le relazioni tra le religioni, il dialogo tra le cul- ture, gli stessi rapporti tra gli uomini. Ma possiamo dire con certezza che anche in questo tempo oscuro il Meeting è rimasto fedele alla sua origine, continuando nell’in- cessante opera di realizzare l’incontro tra mondi e persone differenti - persino molto differenti; l’opera di un guardarsi e parlarsi a tu per tu, anche se davanti a migliaia di spettatori attenti e coinvolti, anzi proprio in virtù di queste platee attente e coinvolte. Al Meeting abbiamo resistito a chi voleva e vuole chiudere le porte, separare le diver- sità, alzare il muro del “noi e loro”. La nostra esperienza di identità chiara e cer- ta ci spalanca all’altro ed è sempre, sempre, la proposta di un cammino insieme, libero, paziente e aperto. L’esperienza del Meeting rischia tutto nell’amore alla libertà dell’al- tro. Naturalmente è esposta all’errore – e quanti se ne fanno in una vita. Ma non im- pone, non presume, non giudica ideologica- mente. Con tenacia, anno dopo anno, abbiamo ag- giunto tessuto al filo che ci lega all’altra riva del Mediterraneo: ai nostri fratelli cristiani spesso in condizioni di gravi persecuzioni, al grande mondo arabo, alla religiosità isla- mica. Anche da questo è nata quella straor- dinaria esperienza chiamata Meeting del Cairo. Alcuni mesi fa abbiamo come tutti assistito stupefatti a ciò che accadeva in Tunisia, in Egitto e che poi ha contagiato via via quasi tutto il mondo arabo. Nessun economista o presidente di banca o ministro aveva previ- sto la crisi finanziaria; analogamente nessun leader politico, analista o capo di organizza- zioni mondiali aveva prefigurato eventi che hanno cambiato per sempre il volto del Me- dio Oriente e del Mediterraneo. Eventi che sono in corso e che hanno preso strade di- verse: vediamo in questi giorni quel che ac- cade in Libia, in Siria, e le tensioni che cre- scono un po’ dovunque nella regione. Ieri, con l’incontro dedicato alla Primavera araba, al suo drammatico fiorire, un altro passo si è aggiunto al cammino del nostro Meeting. E continueremo, con la coscienza che quel che accade è una sfida, una sfida per la conoscenza, per la politica, per la ra- gione, per il cuore. Una sfida a non restare mai tranquilli. Strano ma certo Padre Aldo Trento, al centro, fra due amici sacerdoti. Nel pomeriggio sarà protagonista dell’incontro conclusivo del Meeting con lo psichiatra Eugenio Borgna. T

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Il quotidiano del Meeting

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Scholz: cosa dirò a Tremonti pag. 2 Il cardinale volontario pag. 7 La guerra di Socci pag. 9

27

MEETING

QUOTIDIANO

ANNO 21

Numero SetteSabato

27AGOSTO2011

QUALE DESTINOPER L’EUROPA?Con Gianni Pittella,

Mario Mauro, Giulio Tremonti(nella foto).Introduce Bernhard Scholz.Auditorium B7

11.15 CIÒ CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO Presentazione del libro

di Luigi Giussani. Con EugenioBorgna (nella foto), Aldo Trento.Introduce Emilia Guarnieri.Auditorium B7

15.00

La Primavera arabaè una sfida per noi

ra pochi giorni saremo costretti aricordare i dieci anni che sono tra-scorsi dall’11 settembre 2001. Co-stretti perché è una di quelle dateche assieme a qualche altra vor-

remmo istintivamente cancellare dal calen-dario. Sappiamo tutti che in quel giorno ècambiato qualcosa nella storia recente delmondo, c’è un prima e un dopo. Il decennioche si chiude è stato segnato da guerre, di-struzioni e stragi e in un modo o nell’altrotutte riportano all’11 settembre 2001.

È stato tutto molto difficile in questi anni: lerelazioni tra le religioni, il dialogo tra le cul-ture, gli stessi rapporti tra gli uomini. Mapossiamo dire con certezza che anche inquesto tempo oscuro il Meeting è rimastofedele alla sua origine, continuando nell’in-cessante opera di realizzare l’incontro tramondi e persone differenti - persino moltodifferenti; l’opera di un guardarsi e parlarsia tu per tu, anche se davanti a migliaia dispettatori attenti e coinvolti, anzi proprio invirtù di queste platee attente e coinvolte. Al Meeting abbiamo resistito a chi voleva evuole chiudere le porte, separare le diver-sità, alzare il muro del “noi e loro”. La nostra esperienza di identità chiara e cer-ta ci spalanca all’altro ed è sempre, sempre,la proposta di un cammino insieme, libero,

paziente e aperto. L’esperienza del Meetingrischia tutto nell’amore alla libertà dell’al-tro. Naturalmente è esposta all’errore – equanti se ne fanno in una vita. Ma non im-pone, non presume, non giudica ideologica-mente. Con tenacia, anno dopo anno, abbiamo ag-giunto tessuto al filo che ci lega all’altra rivadel Mediterraneo: ai nostri fratelli cristianispesso in condizioni di gravi persecuzioni,al grande mondo arabo, alla religiosità isla-mica. Anche da questo è nata quella straor-dinaria esperienza chiamata Meeting delCairo. Alcuni mesi fa abbiamo come tutti assistitostupefatti a ciò che accadeva in Tunisia, inEgitto e che poi ha contagiato via via quasitutto il mondo arabo. Nessun economista o

presidente di banca o ministro aveva previ-sto la crisi finanziaria; analogamente nessunleader politico, analista o capo di organizza-zioni mondiali aveva prefigurato eventi chehanno cambiato per sempre il volto del Me-dio Oriente e del Mediterraneo. Eventi chesono in corso e che hanno preso strade di-verse: vediamo in questi giorni quel che ac-cade in Libia, in Siria, e le tensioni che cre-scono un po’ dovunque nella regione. Ieri, con l’incontro dedicato alla Primaveraaraba, al suo drammatico fiorire, un altropasso si è aggiunto al cammino del nostroMeeting. E continueremo, con la coscienzache quel che accade è una sfida, una sfidaper la conoscenza, per la politica, per la ra-gione, per il cuore. Una sfida a non restaremai tranquilli.

Strano ma certoPadre Aldo Trento,al centro, fra due amicisacerdoti. Nel pomeriggio sarà protagonista dell’incontro conclusivodel Meeting con lo psichiatra Eugenio Borgna.

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PRIMO PIANO

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Perfino «Repubblica». A prendere in mano l’edizio-ne di ieri del quotidiano diretto da Ezio Mauro, la sen-sazione di deja-vu era fortissima. E anche la tentazio-ne di sollevare gli occhi al cielo, di fronte al titolo diprima pagina: «Dio e il capitale alla festa di Cl». Soloche stavolta l’atteggiamento del già saputo è rimastofregato.

Perché raramente sulla stampa nazionale si è lettoun reportage frutto di uno sguardo così onesto e nonpreconcetto. Siamo abituati, in un senso ma anche nel-l’altro, ad articoli a tesi: o per attaccare gli affaristidella fede, o per difendere l’esperienza del Movimen-to. Qui, no. Il testo è lungo, e non può essere riprodot-to per intero, ma qualche stralcio può aiutare a farsiun’idea: «A Rimini, a centinaia di migliaia, sono arri-vati i pellegrini dalle certezze salde. Brillano di cer-tezze, per esempio, gli occhi azzurri di Miriam. Vienedall’Umbria, è al suo primo Meeting, le hanno messoin mano una ramazza e per sette giorni pulirà la mo-quette dalle cartacce. Eppure è felice come se le aves-sero fatto un regalo. […] Curioso: da queste parti ti a-

spetteresti che la risposta alla domanda del cronista,“qual è la tua certezza?”, fosse un nome, anzi il Nome:Gesù Cristo risorto. E forse questa è la risposta impli-cita, però la prima a venir fuori è un’altra: la vera cer-tezza è l’appartenenza a una comunità, a un’identità».

Raggiunto dal Quotidiano Meeting mentre è già inviaggio, Smargiassi si schermisce: «Ho solo fatto ilmio lavoro, cerco di non avere una tesi in testa quandomi metto su una cosa...». Non è poco. Perché questosguardo non esime da un giudizio, piuttosto ne è con-dizione. Tanto che dopo una carrellata di dichiarazio-ni, mostre, racconti, l’articolo spiega: «Chi passi qual-che giorno al Meeting non può non ammettere chenulla di tutto questo esisterebbe se non poggiasse su u-na sorprendente capacità di mobilitazione di coscien-ze, di sincero coinvolgimento intimo, su una leva dimassa di entusiasmi come ormai pochi movimenti inItalia sanno suscitare, e nessuno da altrettanto tempo».Nel Meeting delle certezze, una sorpresa destabiliz-zante.

Q.M.

«Questo Meeting è stato un successo,perché siamo riusciti a comunicare a noistessi e al mondo che l’esistenza ha bi-sogno di una certezza. E questo è ungrande contributo anche per affrontarequesta crisi, che non ci determina ma èuna sfida». Bernhard Scholz, presidentedella Compagnia delle Opere, oggi alle11.15 in sala B7 introdurrà l’incontro«Quale destino per l’Europa?» seduto afianco del ministro dell’Economia, Giu-lio Tremonti, e degli europarlamentariMario Mauro e Gianni Pittella. Al Quo-tidiano Meeting concede un’intervistache riassume i lavori della settimana epresenta l’incontro di domani.

Il capo dello Stato Giorgio Napoli-tano ha aperto la settimana con unsorprendente invito a portare la «cer-tezza» nel mondo. Lei quale Meetingha visto?

«La partecipazione di tanti giovani èun dato sempre più importante, ma so-prattutto ho visto un crescente interessea imparare, confrontarsi e osservare. C’èuna nuova generazione che sa di dovercostruire il futuro e ha voglia di farlo.Con la chiara coscienza che per farequesto bisogna imparare e fare fatica.Alla faccia di chi dice che questa gene-razione è fatta di “mammoni”. Questiragazzi hanno abbandonato le ideologiee si affacciano al mondo con grande rea-lismo. E senza perdere il sorriso!».

La Cdo quest’anno ha proposto lamostra «Ante gradus» sugli affreschidel Pellegrinaio di Santa Maria dellascala di Siena. Perché?

«Abbiamo voluto che ci fosse la mo-stra perché per noi l’arte è in grado di e-sprimere in un modo molto chiaro il si-

co. Vogliamo farci spiegare da lui, daMauro e da Pittella come questo sia pos-sibile nel quadro europeo. Il mio deside-rio è che dopo questo incontro ogni par-tecipante possa andare via con maggioreconsapevolezza del problema e maggio-re conoscenza dei fattori in gioco. Se poici sarà il tempo, ci piacerebbe mostrareal ministro la mostra “Ante gradus” equella sui 150 anni di sussidiarietà, per-ché se la sussidiarietà ha fatto l’Italia fi-no adesso, può essere utile almeno peraltri 150 anni...».

Alla fine di questo Meeting, si sco-pre più certo? E di cosa?

«Sì, ci siamo accorti che abbiamo bi-sogno di una certezza che non dipendadalle condizioni in cui viviamo e che an-zi ci permetta di affrontarle. Non è un di-scorso astratto: penso alle imprese, dovenessuno investe energie o soldi se non ècerto. Quindi il tema della certezza haun’implicazione economica, sociale eculturale decisiva, oltre che personale edesistenziale».

Che altri frutti ha portato questasettimana?

«Grazie ai giovani, il Meeting acqui-sta sempre più una propria identità, ca-pace di valorizzare tutto, come abbiamovisto al Cairo. E probabilmente vedre-mo a Tokio, dove andremo a fine anno».

Da dove nasce questa capacità?«Siamo figli di don Giussani. Da lui

abbiamo imparato ad abbracciare tutto,perché prima facciamo esperienza di es-sere abbracciati noi stessi. Saremo ingrado di fare questo con la grazia di Dioe con la coscienza che la mostra su Ca-farnao ci ricorda».

Pietro Bongiolatti

gnificato insito nell’esperienza. In parti-colare abbiamo scelto di mostrare l’ope-ra di persone che si sono messe insiemeper rispondere a un’infinità di bisogni:ad esempio la carrozzeria Solo Zando-nai di Santiago del Cile, una impresa“profit” che impiega ragazzi disagiati u-sciti dal carcere minorile. Da quando cisono loro, la carrozzeria lavora meglio

di prima, perché il disagio non è un o-stacolo ma può diventare una fonte diimpegno ulteriore: una grande lezioneanche per le altre aziende. Lo stesso di-scorso vale per la Vito Rimoldi, che la-vora con la cooperativa Solidarietà e la-voro, un’altra opera presentata quest’an-no».

Che cosa si aspetta dall’incontro di

oggi col ministro Tremonti? Cosa glichiederà?

«Vogliamo parlare con il ministro del-la prospettiva europea nella quale l’Italiadeve trovare la sua crescita, perché nonsiamo di fronte al problema di un soloPaese. Tremonti ha davanti a sé una sfi-da difficilissima: conciliare crescita e ri-gore per ridimensionare il debito pubbli-

Il presidente della Compagnia delleOpere, Bernhard Scholz. Nel tondo,

il ministro dell’Economia GiulioTremonti. Entrambi saranno

protagonisti dell’incontro di oggi(ore 11.15, sala B7) assieme al capo

della delegazione dei deputati del Pdl nel gruppo Ppe, Mario

Mauro, e a Gianni Pittella (Pd), vice-presidente del Parlamento europeo.

«I ragazzi che ho vistohanno abbandonato

le ideologie, e si affacciano

al mondo con grande realismo»

SCHOLZ«Qui ci sono i giovaniche rifaranno l’Italia» Il presidente della CdO: «Altro che mammoni, ho visto una generazione che vuolecostruire il futuro con fatica e sorriso. A Tremonti chiederemo di sostenere la crescita»

E il cronista di «Repubblica»fa il pieno di stuporeMichele Smargiassi: «Impossibile non riconoscere ciò che accade qui»

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PRIMO PIANO

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«Ho realizzato il sogno della mia gio-vinezza: poter dire “ti amo, tu non mori-rai”». Il sogno di Aldo Trento è ciò cheognuno davvero desidera. Non perdereciò che si ama, cioè amare veramente, èun’urgenza ben più grande della preoc-cupazione di rattoppare tutti i buchi del-la nostra esistenza.

Nell’incontro conclusivo del Meetingche si terrà questo pomeriggio (ore 15,Auditorium B7) il sacerdote missionarioin Paraguay racconta l’«abbraccio diGiussani quel 25 marzo 1989, cioè l’in-contro con Cristo». Con lui la presidentedel Meeting, Emilia Guarnieri, ed Euge-nio Borgna, primario emerito di psichia-tria dell’Ospedale Maggiore di Novara.

«Sono stato salvato dall’abbraccio diGiussani» – dice padre Trento al Quoti-diano Meeting – «che è stato l’inizio diuna resurrezione». Oggi si parlerà diquesto: l’abbraccio di Cristo, la cosa piùcara della vita. Quell’abbraccio cosmicoche salva tutto, «dal fiorellino del campoalla donna amata».

Aldo Trento non ripete le parole dellaprefazione di don Julián Carrón ma lepersonalizza, dà loro carne. A partire daquel primo abbraccio che lo ha messo incammino, fino ad arrivare al volto degliamici di oggi, primi fra tutti Carrón,Cleuza e Marcos Zerbini, che gli «ricor-dano perché è necessario soffrire e sonola garanzia di quell’abbraccio».

«Tutto ha avuto inizio 22 anni fa» –racconta – «quando Giussani mi ha ab-bracciato. Lì ho capito che tutti viviamoda schizofrenici, siamo divisi tra ragionee sentimento, tra quel che facciamo an-

che se non lo vogliamo e quel che nonfacciamo pur desiderandolo ardente-mente. Cedere alla verità ci spaventaperché sentiamo che ci spacca il cuore eci chiede di cambiare. Siamo come Zac-cheo, che era salito sulla pianta spintodalla curiosità di vedere Gesù, ma allostesso tempo si nascondeva tra le foglieper difendersi dagli sguardi altrui».

Come passare dalla schizofrenia all’u-nità dell’io? «Con un abbraccio. L’in-contro con Cristo ti permette di guardarea te stesso senza scandalizzarti della tua

follia. Come Gesù che ha chiamato Zac-cheo e si è invitato a casa sua. Tutti sia-mo dei folli: ognuno ha un dramma den-tro, anche chi passeggia ridendo o parlasolo di politica. La verità ci affascina, maesige il sì della nostra libertà e una stra-da».

Serve un «cammino»: e lo dice un uo-mo di 64 anni che ha attraversato anni diesaurimento e malattia, e che vive «sem-pre nell’oscurità e nel dolore». Un uomoche ha lasciato casa sua per una terrasconosciuta spinto dalla promessa di

Giussani: non perderai la donna che ami.«Non sono partito per Gesù in sé – dice– ma per vedere se realmente Cristo sal-vava quella donna. Se Cristo non la sal-va, mi sono detto, allora non mi interes-sa. È una sfida corrispondente al cuore,non all’istinto».

Le parole di Aldo Trento esprimono ilparadosso di una vita assediata «24 oreal giorno dal dolore», ma che riconoscein esso «ciò che permette che quel primoabbraccio di 22 anni fa non si cristallizziin dottrina». C’è il rischio di comportar-

si come «funzionari, non come oggettidi Cristo». Se non si vuole cadere nellatentazione di interpretare o ridurre Gesù,dice, bisogna guardare chi oggi personi-fica e vive la presenza di quell’abbrac-cio, perché «se non accade oggi non ser-ve a niente, non basta. Serve un lavoro. Ènecessario soffrire».

Per questo quando è morta Lucia, unadelle “sue” bambine nel centro per ma-lati in Paraguay, padre Aldo ha presol’aereo per il Brasile ed è andato a trova-re Cleuza e Marcos: «Avevo bisogno divedere perché è necessario soffrire. Ser-ve un lavoro quotidiano che passa daldolore. Serve una domanda. Io vivo e se-guo gridando». Ed è lo stesso motivo percui oggi è qui «col cuore lieto e tritura-to» per aver lasciato a casa tanti dei suoibambini malati, senza sapere se al suo ri-torno li rivedrà. «Io vivo sempre nel do-lore» – dice – «ma la disperazione nonmi schiaccia perché ho quegli amici.Quel “più caro” di cui parla Giussaninon può resistere nel tempo se non in unabbraccio sempre nuovo. Ciò che di piùcaro ho è chi continuamente mi dice: “èCristo”, quindi ogni uomo mi è caro. Perriconoscere questo nella propria vita ser-ve pazienza, serve il tempo. Bisognapassare dentro al dolore, che non è ami-co della fretta».

Laura Bertoli

Padre Aldo Trento, 64 anni, è missionario in Paraguay.

PADRE ALDO«Siamo folli, cioè da salvare» Oggi il missionario terrà l’incontro conclusivo del Meeting: «Vivo sempre nel dolore, ma sorretto dall’abbraccio di Giussani»

«Borgna, un maestroche pretende il massimo»

I ricordi dell’allievo Campisi: così incontrò il Movimento

Il dottor Paolo Campisi è lo psichiatra tori-nese allievo del professor Eugenio Borgna(oggi di nuovo al Meeting accanto a padre Al-do Trento) che fece da tramite fra lui e donLuigi Giussani. Ecco come Campisi rievocaquell’incontro.

«Nel 1982 - dice - decisi di perfezionare ilmio percorso di studi. Terminata la Scuola dispecializzazione in neuropsichiatria infantile,mi iscrissi alla Scuola di psichiatria. A no-vembre iniziarono le lezioni di psicopatologiagenerale e feci così il mio primo incontro conil professor Eugenio Borgna. Ricordo che eratemuto dagli studenti perché, si raccontava, ilsuo esame era superato da pochi candidati».

«Alla prima lezione arrivai intimorito, maanche, confesso, decisamente curioso di co-noscerlo. Trascorsi, così, i primi dieci minutia studiare il tipo umano (la mia formazionefino a quel momento era stata di tipo rigida-mente psicoanalitico), i suoi gesti, l’intona-zione della voce. Fu proprio questa a rapirmi:parlava lentamente, era serio e capace di a-scoltare, non sembrava esporre i soliti argo-menti di didattica mnemonica. Dava l’im-pressione di parlare di questioni che interes-savano prima di tutto lui stesso. Il suo argo-mentare mi affascinava, trascorsero le due oredi lezione e io avevo perduto il senso del tem-po».

«Da quattro anni facevo lo psichiatra, ma e-

incontro con Borgna e della ricchezza che po-teva essere per noi».

Alcuni anni dopo, Borgna e don Giussani siconobbero e tra loro si sviluppò un’intensa a-micizia. In un’intervista di qualche tempo fa,Borgna parla così di quell’incontro: «Fui col-pito dalla immediatezza abbagliante del suodiscorso, che non mostrava mai quelle incri-nature freddamente teologiche che temo ren-dano difficile il dialogo con chiunque. Ciòche colpiva immediatamente di lui era una ca-pacità prodigiosa di guardare e intuire l’uma-nità di chi aveva davanti. Da un incontro conlui si usciva ogni volta cambiati: era ogni vol-ta un dialogo in cui ti riscoprivi rinnovato dal-la semplicità folgorante e dolorosa delle sueparole».

Borgna stimava molto don Giussani: «Sen-so, mistero: sono le strutture portanti dell’uo-mo, oggi nascoste dall’incrostazione dell’in-differenza e dell’opacità dei cuori. Con Gius-sani queste parole riemergevano nella lorostraordinaria intensità originaria. I valori es-senziali che don Giussani propone consento-no di allargare la conoscenza del mistero, cheè essenziale anche in psichiatria: la non dici-bilità, la non conoscibilità restano comunquelì, a volte insormontabili, e non ci sono libri,non ci sono esperienze che riescano a sfon-darne i confini».

E.T.

cente riforma psichiatrica, ma al mio stessolavoro e alla vita del cosiddetto malato psi-chico: era la decisione di non fermare il giu-dizio su una persona alla diagnosi, ma di ten-

dere sempre al cambiamento. Sentivo unaforte sintonia tra il Movimento e

ciò che comunicava Borgna. At-tesi dunque con pazienza il

termine delle lezioni, attesiancora qualche mese perpotermi preparare adegua-tamente al temuto esamedi psicopatologia (non vo-

levo assolutamente far brut-ta figura), che sostenni (cre-do) in modo brillante. Avevoscoperto che il timore deimiei colleghi studenti erafalso: il professor Borgna

pretendeva il massimo, certo, ma, come ebbemodo di dirmi “dagli amici non si può preten-dere meno del massimo”».

«Infine gli presentai il movimento Cristianiin psichiatria. Pochi giorni dopo parlai con ilmio amico di Milano Giorgio Cerati del mio

ra la prima volta che coglievo tutto lo spesso-re umano del mio lavoro. Per dieci anni, du-rante il corso di laurea e quello di specializ-zazione, avevo desiderato l’incontro con unmaestro, quelli di cui leggevo nelle bio-grafie di Moscati e dei grandi cli-nici del passato, capace di co-niugare in un unico orizzon-te di senso la sofferenza u-mana e la professione me-dica. Mi sentivo però direche era finita l’epoca deigrandi maestri di vita e diprofessione: ora c’erano ibaroni. Quell’uomo, invece,era un maestro e io, senzadirglielo, lo adottai cometale».

«È di quegli anni - conti-nua Campisi - la nascita all’interno dell’espe-rienza di Cl di un movimento di psichiatri cheprese il nome di Cristiani in psichiatria. Alcu-ni amici psichiatri di Milano mi avevanocoinvolto nella sua istituzione, con questocontribuendo a dare senso non solo alla re-

Il professor Eugenio Borgna.

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POLITICA E SOCIETÀ4 27 agosto

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La primavera arabaspiegata da Maroni Il ministro dell’Interno mette in guardia dal rischio che le rivoluzioniin Nord Africa non producano «governi stabili e non ostili all’Europa»

Nella foto grandeil ministro dell’Interno,Roberto Maroni, che ieri ha partecipato ad un incontro sul tema dell’immigrazionecon il sindaco di Bari, Michele Emiliano (nel tondo).

La certezza di cui il ministro del-l’Interno, Roberto Maroni, è alla ri-cerca sul futuro della Libia, riguardal’Europa: «L’Ue – ha detto ieri dalpalco del Meeting a un incontro suirapporti tra i paesi del “mare no-strum”, col demografo Gian CarloBlangiardo e il sindaco di Bari, Mi-chele Emiliano – deve darsi una mos-sa, non solo con la Nato e con lebombe. Vorrei che l’Europa si preoc-cupasse di creare in Libia un sistemasociale stabile che possa garantire lafornitura di materie prime, ma ancheun rapporto di amicizia. Temo chel’interesse di alcuni paesi, non certodell’Italia, sia solo per il petrolio e peril gas».

Ma Maroni è alla ricerca anche diun’altra certezza, che dalla primaveraafricana nascano «governi stabili enon ostili all’Europa». «Nei prossimisei mesi – ha rilevato il ministro –può succedere una nuova rivoluzione,una controrivoluzione, una restaura-zione in questi paesi. È il caso, per e-sempio, della Tunisia, il paese più vi-cino a noi. Qui ci sarà il primo focus,con le elezioni del 23 ottobre. Parte-

ri, ma serve stabilità istituzionale inquei paesi, per questo che sono anda-to già quattro volte in Tunisia». Quin-di un divertente scambio di battutecon Emiliano. «Ho capito che qual-cuno vuole mandarmi in Africa – hadetto, scherzando, Maroni – ma nongli darò soddisfazione perché c’è giàqualcuno del suo partito che ha dettoche sarebbe andato in Africa».

«Ho ben altri progetti per te, ma tifarei danno se ne parlassi», ha repli-cato Emiliano, riferendosi evidente-mente a una candidatura di Maronialla presidenza del consiglio. Prontarisposta: «Mi prenoto per il Meetingdel prossimo anno, per venire a parla-re degli straordinari successi contromafia e organizzazioni criminali.Questa mia previsione vi fa capireche il governo durerà fino alla sca-denza naturale della legislatura».Sempre Maroni, prima dell’incontro,aveva parlato di una sua “silenziosa”mediazione per contenere i tagli aglienti locali previsti dalla manovra, conla possibilità addirittura di un loro az-zeramento.

Adriano Moraglio

ciperanno 80 partiti, probabilmentenascerà un governo di piccola o gran-de coalizione. Chi vincerà qui e poinegli altri paesi? Prevarrà un modellodi democrazia occidentale o un siste-ma islamico? Lo slogan dei FratelliMusulmani, per esempio, dice chel’Islam è la soluzione. La mia preoc-cupazione è che vincano i partiti del-

l’Islam intransigente che vede l’Euro-pa e l’Occidente come un nemico».

Negli ultimi quattro mesi sono arri-vati in Italia 57 mila immigrati, hainformato il ministro: 13 mila sonostati rimpatriati in sei mesi e divente-ranno 30 mila entro l’anno.

Per Maroni l’Italia è «attrezzata agestire al meglio i fenomeni migrato-

Entro il 2011saranno 30 mila

gli immigratirimpatriati

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POLITICA

5 27 agosto

Un’immagine della recente partecipazione di Benedetto XVI alla Gmg di Madrid, dove è stato ascoltato da oltre due milioni di giovani.

Da sinistra: Wael Farouq, vicepresidente del Meeting Cairo;Franco Frattini, ministro degli Esteri;Tarek Ben Ammar, finanziere e produttore cinematografico.

Frattini benedice le rivoluzioniIl ministro esalta la Primavera araba: «È un’esigenza di dignità». Ben Ammar: «Decisivo il ruolo dei mass media»

È una sfida che ha come centro l’uo-mo, inteso prima come singolo e poicome collettività. «La sfida del NordAfrica: conciliare stabilità e diritti» èquesta. All’incontro hanno partecipatoil ministro degli Esteri Franco Frattini;il finanziere e imprenditore Tarek BenAmmar e Wael Farouq, vicepresidentedel Meeting Cairo. Presenti anche An-tonella Mularoni, “ministro” degli E-steri di San Marino e – con un inter-vento scritto – il presidente della LegaAraba Nabil El-Arabi.

Si può guardare la situazione del-l’Africa mediterranea come una sfidaper la conoscenza, il cuore e la ragio-ne? Nel suo contributo, El-Arabi hasottolineato la necessità di «costruzio-ne di istituzioni democratiche benchéin Libia, Yemen e Siria la transizionenon sarà affatto breve». Ciò potrà avve-nire solo, ha detto, grazie a una «part-nership euro-araba». Secondo El-Arabidue possibili vie per accelerare il pro-cesso di democratizzazione nel mondoarabo sono «il mantenimento dellanuova democrazia in Egitto e il ricono-scimento dello Stato palestinese».

Il ministro Frattini ha ricordato che«il filo comune della Primavera araba èla persona umana, la sua dignità»: in-fatti la scintilla delle rivoluzioni è stata«un gesto senza precedenti: un giovanetunisino si è ucciso dandosi fuoco perlanciare un grido di appello per i dirittie la dignità della persona». Il titolaredella Farnesina ha poi riconosciutomolti sbagli dell’Occidente nei con-fronti dei regimi arabi: «Qualcuno pen-sava che per quei popoli la democrazianon fosse possibile. In alcuni casi ilgiudizio era miope, altre volte si dicevacosì per calcolo. Spesso si è preferitoseguire partneriati di convenienza, piut-tosto che di convivenza».

Da qui, la presa di posizione più for-te: «Noi dobbiamo essere al fianco diquesti giovani delle rivoluzioni arabe,poiché in Egitto non ho mai visto ban-diere americane o israeliane bruciate,ma solo uomini che chiedevano di-

gnità». Cosa può riservare allora il fu-turo? «La chiave – ha proseguito Fratti-ni – è creare un nuovo umanesimo, chenon viene dalle élite ma dal basso, daipopoli». Per farlo c’è bisogno di mette-re l’uomo al centro, innanzitutto chie-dendo che «la libertà di professione diogni religione sia l’obiettivo priorita-rio», poi rivalutando il ruolo della don-na e infine con un «piano condiviso dicui l’Europa sia portabandiera» per losviluppo economico. Senza avere pau-ra di accogliere chi arriva in Italia: «Sevengono qui per lavorare e rispettando

le leggi, devono sentirsi a casa propria,altrimenti scherziamo quando ci defi-niamo cristiani». Affrontando i casidella Libia e della Siria, Frattini ha rin-novato l’intenzione di ripristinare erafforzare il trattato di amicizia con Tri-poli stipulato prima della caduta diGheddafi, mentre ha ammonito la Si-ria: «O si difendono i diritti umani op-pure non sarà mai un interlocutore».

Le ovazioni dell’auditorium sonostate più rumorose con l’intervento diTarek Ben Ammar, per la prima voltaal Meeting. Nel suo discorso ha parlato

stato scelto proprio perché sono musul-mano». Poi, due anni fa la fondazionein Tunisia della televisione «Nessma»,che in arabo significa brezza, precurso-re di quel vento che ha sollevato la tem-pesta della rivoluzione araba (la prima-vera in Egitto è la stagione delle tempe-ste di sabbia): «È stata la tv della rivo-luzione, siamo stati i primi che in Tuni-sia abbiamo fatto una trasmissione con-tro il regime».

Ben Ammar ha concluso pensandoal futuro dopo la rivoluzione: «La giu-stizia sociale è il nuovo lavoro che i go-verni possono fare. C’è il petrolio del-l’Iraq, della Libia, del Kuwait, del Qa-tar, dell’Arabia. È normale che ci sia lapovertà? Per niente!».

L’incontro è stato chiuso da WaelFarouq che ha sottolineato come siastato più facile vedere nella rivoluzionedi piazza Tahrir quei valori di libertà,bellezza e unità evidenti al MeetingCairo. È una doppia sfida quella dellaPrimavera araba: «morale e culturale,non politica». La sfida morale, è stata«credere nelle proprie capacità di cam-biare, dopo anni che eravamo costrettia sentire la parola “stabilità”». La sfidaculturale consiste nell’esaltazione del-l’«estro umano digitale e comunicati-vo» che, grazie ai nuovi strumenti didivulgazione, ha formato una nuovarealtà: «Il carisma si è così potuto tra-sferire dall’individuo alla collettività».Durante la rivoluzione, ha concluso, èstata evidente la frase di don Giussani:«Le forze che cambiano la storia sonole stesse che cambiano il cuore del-l’uomo». Proprio quel cuore che se-condo Wael «è capace di contenere ilmondo intero e così diventa immensacertezza».

Marco Capizzi

Da Madrid al MeetingLa certezza non finisceViaggio tra i ragazzi passati dalla Gmg a Rimini«Benedetto XVI non era la star: ha rinunciato a parlare»

«In fondo, io sono come la Giornatamondiale della Gioventù. Ci sono momen-ti più chiari e altri più scuri, ma tutto cam-bia sempre quando decido di stare a quelloche c’è», dice Giovanni, “reduce” di Ma-drid. Sono 1.200 i pellegrini universitari eliceali che seguono don Luis Miguel, mis-sionario in Portogallo che capitanava laspedizione di giovani del Movimento chehanno accompagnato il Papa.

«Dopo la visita alla Sagrada Familia hopensato che potevo anche tornare a casa –racconta Lucia, una fra i tantissimi chedalla Spagna sono arrivati direttamente inFiera, per vivere la seconda parte del Mee-ting che chiude oggi –. Era davvero bellis-sima. Ma quando mi sono svegliata duegiorni dopo, nel pavimento della scuola,non ne potevo già più. Poi quella sera c’èstata una serata organizzata dalla comu-

radio sono fuori uso. La polizia del servi-zio d’ordine sta già per smobilitare la fol-la ma è costretta a fermarsi. Nessuno simuoveva di un palmo. «La gente spingevaverso il palco – dice Mariachiara –. Vole-vano avvicinarsi sempre di più». I poli-ziotti rimangono stupiti di fronte a questainsolita tenacia: «Dovremmo essere capacidi stupirci come loro», commenta il capo-gruppo. Anche il servizio d’ordine dei ra-gazzi di Cl stupisce tutti: con gli ombrellibianchi e gialli segnalano in mezzo allafolla la presenza del gruppo. «Mi sentivo acasa quando vedevo uno di loro» dice Ele-na. Non è successo nulla di eclatante aMadrid – racconta Francesco –. Non c’èstato nessun miracolo. Ma un camminoche ha raggiunto la sua meta ai piedi delcrocifisso nella tempesta».

Davide Ori

tutto tace alla Via Crucis. «Mi ha colpitotantissimo il silenzio assoluto che c’è sta-to venerdì e durante l’adorazione eucari-stica di sabato sera – racconta Michele,appena maturato –. Era evidente come ilPapa ci mettesse di fronte a Cristo». «Be-nedetto XVI non era la star – dice Giovan-ni –. Ha rinunciato al suo discorso per in-ginocchiarsi di fronte a Lui».

La giornata prosegue: tutto il gruppo siunisce attorno alla guida che traduce conun megafono quello che il Papa dice. Le

nità di Cl di Madrid, dal titolo: “La bellez-za salverà il mondo?”. Ma quella cattedra-le non mi bastava già più – continua –, hocapito che quella bellezza finisce se nondiventa compagnia presente. Se quella fac-ciata non mi rimandasse alla bellezza diCristo, adesso svanirebbe».

La più grande obiezione del pellegrinag-gio non tarda a scoprirsi. «Dove sono fini-ta?», si è chiesta Ilaria, appena arrivata aMadrid: «Tutto era diverso dalla mia sen-sibilità. Sembrava un villaggio turistico.Ma ho capito subito che non potevo rima-nere in disparte col broncio, perché stavopeggio». Aspettando il Papa si è ballata lamacarena, il tormentone pop dell’estate«Danza kuduro» e molto altro. Miguel in-calza: «Ma lì non sono matti. Questo è ilmodo degli spagnoli di esprimere la lorogioia». Di colpo, però, il clima cambia:

da «imprenditore della cultura». Haraccontato dalla sua infanzia di musul-mano in una scuola di preti a Roma, alsuo impegno da produttore cinemato-grafico. Gran parte dei film prodotticentravano con il cristianesimo: «IlMessia» di Rossellini, «Gesù di Naza-reth» di Zeffirelli fino alla «Passione diCristo» di Mel Gibson. «Mi sono sem-pre chiesto – ha proseguito l’imprendi-tore – perché io, musulmano, sono sta-to scelto per produrre tutti questi filmreligiosi. Io credo alla strada che Dio ciprepara e quindi sono sicuro di essere

Page 6: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

Monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio consiglio per la

pastorale degli operatori sanitari, recita una preghiera alla fine del dibattito.

Accanto a lui, Marco Bregni, presidente dell’associazione

«Medicina e Persona» e Giancarlo Cesana, professore di Igiene

all’Università degli Studi Milano-Bicocca.

MEDICINA E SOCIETÀ6 27 agosto

L’uomo certo è l’uomo sanoLa salute dalla riduzione della tecnica all’idea di graziaCesana: «La previdenza ha sostituito la provvidenza»

«L’uomo è in salute quando è certo; la salu-te è l’esperienza della certezza, non l’assenzadi malattia». Così il dottor Marco Bregni, pre-sidente dell’associazione «Medicina e Perso-na», ha introdotto ieri l’incontro «La certezzadella salute» al Meeting di Rimini. Ospiti ilmonsignor Zygmunt Zimowski, presidente delPontificio consiglio della pastorale per gli ope-ratori sanitari e il professor Giancarlo Cesana,dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.Nel rispondere alla domanda: «Di cosa c’è bi-sogno perché la medicina torni ad essere unostrumento di aiuto al medico e non si riduca aduna tecnica?», Zimowski ha ricordato che ilbeato Giovanni Paolo II è stato un intrepido di-fensore della vita umana, istituendo il Pontifi-cio Consiglio della Pastorale per gli OperatoriSanitari, la Giornata dell’Ammalato e, sei me-si prima della sua morte, la Fondazione «IlBuon Samaritano».

Secondo il magistero della Chiesa, ha dettoZimowski, l’uomo è un essere insieme spiri-tuale e corporale: la salute dell’uomo intesacome salute del corpo è un’idea fortemente ri-duttiva. Pertanto la cura della persona non si li-mita all’intervento terapeutico ma investe ilbenessere di tutta la persona. L’uomo soffre inmodi diversi non sempre contemplati dalla me-dicina, quindi la sofferenza è qualcosa di piùampio della malattia. L’uomo sofferente è as-

«Gli ospedali sono nati per ospitare la genteche non si sapeva come guarire. La medicinasta producendo lo stesso fenomeno di secolifa: persone inguaribili».

Anche la stessa assistenza ha una compo-nente di dono: «Un dono non è fatto solo del-l’oggetto donato, ma anche di chi lo dona…l’ammalato ha bisogno del dono di “un minutoin più”. La malattia e la morte possiamo na-sconderle sotto lo scintillio delle apparecchia-ture, ma tutti, prima o poi, ci passiamo». Ma-lattia e morte sono il segno della radicale inca-pacità dell’uomo di salvare se stesso e, conclu-de Cesana, «l’assistenza ospedaliera è nataperché c’era la speranza della resurrezione eallora si poteva rischiare anche la vita per assi-stere gli ammalati».

Franco Belosi

nessere fisico, sociale e mentale – che non è dialcuna consolazione. «Questo completo statodi benessere assomiglia di più a una definizio-ne di felicità», ma fra felicità e salute c’è unabella differenza, come dice Freud: «Adessoche non fumo sono più sano, prima che fuma-vo ero più felice».

Con questa definizione astratta di salute si ètentato, dice Cesana, di fare della salute un di-ritto, una specie di principio normativo nel ten-tativo di rendere la salute una certezza: l’assi-curazione della salute attraverso i servizi sani-tari e la previdenza che ha sostituito il concet-to di provvidenza. Il concetto di provvidenza edi grazia sono stati così sostituiti da un princi-pio assicurativo. Cesana ha ricordato che ilprogresso attuale della medicina porta ad unnumero crescente di malati invalidi e cronici.

similato al Cristo sofferente. Per questo, diceZimowski, in Cristo si illumina l’enigma dellamorte e del dolore.

Cesana ha affrontato il tema centrale dellasalute ricordando che è proprio quando la sa-lute diventa incerta che si incomincia a pensar-ci. «C’è bisogno di riprendere il problema del-la salute come dono, non come principio assi-curativo. Intendere la salute come dono rendecerti di quello che si è e delle risorse che ab-biamo. La mancata coscienza della salute co-me dono è dovuta al fatto che non si sa più dadove viene il respiro della vita». Senza questaconsapevolezza, sostiene Cesana, ci si perdenel principio assicurativo che rappresenta l’im-postazione attuale dei sistemi sanitari derivatidalla definizione di salute dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità – completo stato di be-

Page 7: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

Volontariato. Di questi tempi nonè argomento molto di moda. Rischiadi urtare certe coscienze, meglio ri-parlarne quando le acque si sarannocalmate e gli indici della Borsa rico-minceranno a salire, se ricomince-ranno a salire. Ma non qui al Mee-ting. La ricerca di una certezza per lapropria vita non può escludere il bi-sogno del cuore dell’uomo di aiuta-re gli altri. Per questo ieri pomerig-gio il cardinale Robert Sarah è inter-venuto all’incontro «Volontariato esviluppo internazionale», introdottoda Roberto Fontolan, direttore delCentro internazionale di Comunionee Liberazione, con Alberto Piatti, se-gretario della Fondazione Avsi.

Il cardinale, presidente del Ponti-ficio Consiglio «Cor Unum», che sioccupa di coordinare l’attività carita-tiva della Chiesa e di gestire le azio-ni umanitarie della Santa Sede in ca-so di crisi o catastrofi, come la care-stia che sta colpendo in questo perio-do il Corno d’Africa, ha sottolineatocome il volontariato sia «la linfa vi-tale dei programmi di sviluppo e del-la cooperazione internazionale». Mail porporato ha voluto richiamare laradice dell’azione dei volontari.

Il punto di partenza è la coerenza:se l’origine è la fede, chi si dà al vo-lontariato deve esserne testimone,diventando esempio per chi guarda.Da qui l’esigenza della certezza: «Ildubbio lacera l’esistenza, perché nonsi può vivere senza verità definitive.Un cristiano si dona agli altri in virtùdella certezza che plasma la sua vi-ta».

Il porporato ha approfondito la na-tura dell’azione: «C’è un impulsonaturale nell’aiutare l’altro, rispon-diamo a un bisogno intorno a noi.Perché l’amore, prima di darlo, lo

abbiamo ricevuto da Cristo».Ma Sarah non ha rinunciato a dare

un giudizio sull’oggi. A lato delle as-sociazioni caritative, stanno diven-tando sempre più numerose quelleche ricevono aiuti statali. L’inevita-bile professionalizzazione del servi-zio rischia però di mettere al primoposto il profitto e il risultato inveceche la cura e l’attenzione alla perso-na, snaturando il senso della dona-zione di sé agli altri.

Come si possono conciliare questifattori? Dobbiamo forse rinunciareai fondi statali in nome di una chia-rezza di senso del gesto? No di certo.Però è necessario stare molto attentia non cadere in una sorta di torpore

che questi finanziamenti potrebberocreare. L’esempio di sussidiarietàche nasce da questa collaborazionetra pubblico (che eroga finanziamen-ti) e privato (che svolge un servizionecessario alla popolazione) non de-ve sconvolgere l’obiettivo originaledel progetto. Deve essere possibileche un’associazione mantenga la suaidentità, il senso di appartenenza allaChiesa e della testimonianza di Cri-sto senza subire le imposizioni stata-li. Solo in questo modo «la nostra te-stimonianza può continuare».

Sarah ha ricordato l’appuntamen-to di novembre con il Santo Padre, inoccasione della chiusura dell’Annodel volontariato voluto dalle Nazioni

Unite, e ha chiuso sintetizzando l’o-rigine del gesto del volontario con leparole di don Giussani, tratte da «Ilsenso della caritativa»: «È solo co-minciando a fare, a donare del tem-po libero come integrale gesto di li-bertà, che la carità cristiana diven-terà mentalità, convinzione, dimen-sione permanente. Non importa tan-to la molteplicità delle attività, laquantità del tempo libero che si de-dica. È importante invece che nellanostra vita e nella nostra coscienza siaffermi il principio del condividereattraverso almeno qualche gesto, an-che minimo, purché sia sistematica-mente messo in preventivo e realiz-zato».

Dal suo osservatorio in prima li-nea, Alberto Piatti si è chiesto: «Almondo ci sono più di un miliardo dipersone che fanno volontariato. Co-me mai?». Questa la sua risposta:«È la ricerca di certezza del cuore u-mano in questo mondo nichilista.Rifiutare il gesto significa rinuncia-re a una nostra certezza. Quale con-tributo possiamo dare? Prima che iprogetti devono crescere i soggetti.Dobbiamo rispettare la dignità e ilfondamento dell’essere umano, inogni situazione. Il modo di esserevolontari che abbiamo noi di Avsipunta al cuore dell’uomo, per cam-biare le persone».

Alberto Castagna

A sinistra, lo stand dei volontari di Avsi con le borse realizzate con gli scarti di lavorazione delle automobili Fiat. Sopra, il cardi-nale, Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio «Cor Unum».Sotto, il presidente del BancoAlimentare, Marco Lucchini.

CHIESA E SOCIETÀ7 27 agosto

«Fare i volontari,un’esigenza del cuore»Il cardinale Sarah puntualizza le ragioni degli interventi umanitarie mette in guardia dai rischi della «statalizzazione della carità»

Sos dal Banco alimentare«L’Ue ci taglia i viveri»

«L’Unione europea deve garantire la sicu-rezza alimentare per i suoi cittadini», recita ilTrattato di Roma del 1957. L’obiettivo prefis-sato, però, sta incontrando diversi ostacoli finoal rischio odierno di un blocco. È una vicendacomplessa, che si snoda attraverso le burocra-zie europee ma che tocca la vita quotidiana dimilioni di persone in tutto il continente che vi-vono grazie agli aiuti garantiti dal Banco ali-mentare e dagli enti caritativi da esso riforniti.E oggi il Banco lancia un allarme.

Nel 1986 nacque il Pead (programma euro-peo d’aiuto agli indigenti) grazie a JacquesDelors, presidente della Commissione euro-pea, che decise di ricorrere alle scorte d’inter-vento generate dalla Pac (politica agricola co-mune), per dare cibo a tutte le persone che sitrovavano in stato di bisogno all’interno del-l’Unione europea.

Il Pead offriva due vantaggi ai Paesi aderen-ti. Il primo era economico: migliorare il prezzodei prodotti agricoli e il reddito degli agricol-tori grazie alla riduzione delle scorte alimenta-

ri europee. Il secondo sociale: fornire alimentialle persone più povere. Il programma preve-deva inizialmente l’utilizzo delle scorte d’in-tervento, mentre in un secondo momento, acausa dell’insufficienza o della mancanza de-gli stock europei, si è deciso di sopperire aquest’assenza stanziando una somma in dena-ro in modo da acquistare gli alimenti diretta-mente sul mercato.

In seguito alla crisi del 2008 e all’assenza discorte, il presidente della commissione euro-pea Barroso ha deciso di aumentare in viastraordinaria, per il 2009, il budget di 200 mi-lioni di euro, salito in tal modo da 300 a 500milioni. Il sussidio, che doveva essere un uni-cum, è stato reiterato anche per il 2010 e il2011. La Germania, tuttavia, supportata dallaSvezia, ha presentato un ricorso alla Corte digiustizia europea, poiché questa misura andavacontro il regolamento che prescriveva un carat-tere temporaneo.

La Corte si è espressa, il 13 aprile 2011, afavore dei tedeschi affermando che i piani an-

malmente ragione, ma la ragione non può su-perare la ragionevolezza. Il Pead sfama 18 mi-lioni di poveri in Europa e i tagli rendono im-possibile tutto ciò. Non si può aspettare il2014, data della nuova riforma Pac, facendofinta che il problema non sussista».

L’abbandono del programma dell’86 pro-durrà milioni di affamati, di cui si dovrebbeoccupare ogni stato, con problemi sociali e diordine pubblico. «Occorre una collaborazionecon i tedeschi – conclude Lucchini – non pos-siamo fare finta che 18 milioni di poveri non e-sistano».

Davide Ori

nuali devono essere fondati sulla reale esisten-za di scorte e che il ricorso al mercato deve es-sere eccezionale. Nel frattempo, prima di talesentenza, la Commissione europea aveva pre-sentato al Consiglio dell’Unione e al Parla-mento una proposta per modificare il regola-mento sugli aiuti alimentari agli indigenti. Pro-posta mai discussa. Ma il 10 giugno scorso laCommissione europea ha tagliato il budget deltriennio 2009-2011 di un quinto.

«Contestiamo il veto dei sette Paesi europeiguidati da Germania e Svezia - dice MarcoLucchini, direttore della Fondazione Banco A-limentare Onlus -. Queste nazioni hanno for-

Page 8: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

Innovazione continua, valorizzazione del capitaleumano, tradizione imprenditoriale hanno permessoal Gruppo Trevi di diventare uno dei principaliprotagonisti mondiali nell’ingegneria del sottosuoloe nella progettazione e costruzione di impiantiavanzati per il settore geotecnico e per quellodella perforazione per ricerca idrica, geotermicae idrocarburi.

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Page 9: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

Antonio Socci autografa una copia del suo ultimo libro.

I VOLTI

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Il Caffè letterario straripa di gente. Fuori, aibordi della piscina, l’incontro è proiettato sulgrande schermo. Dentro, c’è un uomo innamo-rato di Cristo.

L’amante è Antonio Socci, che ha trovato laforza e forse la liberazione di raccontare la storiagrande e tremenda che lo ha colpito nel libro«Caterina», dedicato alla figlia costretta a lettoda un fulmine al cuore ancora inspiegabile. Ep-pure prega e ringrazia, e al Quotidiano Meetingche lo incrocia prima del suo incontro dice così:«È il Signore che ci cambia, anche strappandocila carne del cuore centimetro per centimetro, maè Lui che ci cambia. Noi possiamo solo dire disì, perché è l’unica posizione intelligente: nonpuoi vincere, per cui è bene arrendersi subitoperché comunque è un destino buono. Di questonon posso che essere certo. Perché ho conosciu-to Gesù: quella è l’unica certezza che c’è, perchéin fondo anche gli affetti più cari, anche quellodel babbo e della mamma, in fondo in fondo nonpuoi mai dire che non possano farti del male. Sipuò far male ai figli anche amandoli nel modosbagliato».

Poi via, dentro, mezz’ora ritagliata col timerin mano, gli occhi lucidi mentre parla di Cristocome chiunque parlerebbe della moglie, o del-l’amico appena abbracciato: «Ieri sera sono arri-vato al Meeting e sono rimasto commosso dallafila che, fino alle dieci, c’era davanti alla mostradi Cafarnao: una mostra che fa vedere alcune po-vere cose, la stanza della casa dove viveva Pie-tro con la suocera, quella casa dove Gesù decide

di andare a vivere dopo la morte di GiovanniBattista. E quella spiaggia sassosa dove una mat-tina Gesù dice: venitemi dietro. Sono tracce cheparlano al cuore e parlano di un Dio che c’è ve-nuto a cercare ed è con noi».

Una dopo l’altra scaraventa sul pubblico leprove storiche e archeologiche su cui si regge lastoricità dell’esistenza di Cristo: la proposta diTiberio al Senato dell’anno 35 con il quale l’im-peratore avanza la proposta di riconoscere Ge-sù, il figlio del falegname, come Dio. L’episto-lario in cui Seneca rimane sconvolto dall’incon-tro con Paolo perché ha sognato tutta la vita unsistema per cui l’uomo sia uomo, e in Paolo lovede come vita. Il Talmud e gli altri libri ebraiciche si sposano con il contenuto dei Vangeli. Pie-tro morto martire a Roma: «È la prova che Gesùè risorto: era un pescatore molto concreto, l’op-posto del fanatico. Se un uomo così accetta dipartire e andare a morire, è perché quei fatti liha visti».

La storia censurataEppure, dice Socci, sono prove ignote: una

storia cancellata, confutata nei secoli in una«Guerra contro Gesù» (così si chiama il libropresentato ieri, edito da Rizzoli), combattuta noncon la ragione ma con la manipolazione e il pre-giudizio.

Lo stesso impeto, lo stesso amore con cui

un fosso, abbia degli ospedali che funzionano,abbia delle famiglie unite. Perché solo questo èciò che fa crescere un Paese. Come nel nostrodopoguerra, quando tutto era allo sfascio, e que-ste condizioni sociali hanno permesso all’Italiadi realizzare il grande miracolo italiano, il fattopiù eclatante della storia economica del Nove-cento. Non sono stati solo i soldi americani, masoprattutto questo sostrato sociale di vitalità e difede, di artigiani, di famiglie, che ha reso possi-bile l’accadere di una impensabile ripresa».

Il problema del presenteNello sguardo di Antonio Socci questa occa-

sione non è superata, non è una cosa del passato:«Tutta la storia è fatta da questo: monaci bene-dettini, nascosti nei monasteri, hanno generatouno straordinario fiorire di civiltà. Può sembrareche il nostro sforzo non muova nulla, eppure èdal niente che il mondo cambia. In fondo, daquelle quattro pietre polverose di Cafarnao, daquella piccola sinagoga e da quel frantoio, è suc-cesso qualcosa che ha cambiato il mondo. È in-nanzitutto il tuo cambiamento che, nel tempo,secondo i Suoi tempi e i Suoi modi, cambia ilmondo. E questo, soprattutto al livello della poli-tica, del potere, delle grandi logiche che muovo-no il mondo, è semplicemente un tentativo, iro-nico e umile. Pretendere di misurarne il risultatosarebbe un’utopia».

Perché il metodo non l’ha deciso, non lo deci-de l’uomo: «Semplicemente, non è questo ilmodo che Lui ha scelto. Se avesse voluto, avreb-

be potuto scendere dalla croce, e nessuno po-trebbe avere su di Lui dubbio alcuno. Ma questosuccederà l’ultimo giorno. Ora, il cambiamentoche il cattolicesimo porta al mondo parte dalcambiamento personale. Un cambiamento delgiudizio – quello sguardo che noi abbiamo im-parato da don Giussani – per le nostre vite preseda Cristo. Questa è la salvezza del mondo. E al-lora andiamo avanti a fare quel che ci è dato,senza la pretesa di rovesciare in quattro e quat-tr’otto lo status quo».

Socci torna all’oggetto del suo amore, dalquale poi non si è mai spostato un millimetro:«Pensa se il cristianesimo fosse arrivato e avessedetto: aboliamo la schiavitù! Li avrebbero presitutti per pazzi. Anche perché a nessuno era maivenuto in mente una cosa del genere: nessunodei grandi sapienti dell’antichità si era mai leva-to a dire che la schiavitù era contro la dignitàdell’uomo. Eppure, nei secoli, in quegli uominiaffascinati da Gesù di Nazareth si è fatta stradaquell’idea. E da lì, dal cominciare a riconoscereche non era giusto che un uomo lavorasse comeun animale, è partito a un turbinìo di invenzionidi mezzi, strumenti, tecnologie alla base dellagrande rivoluzione agricola del Medioevo». So-no i secoli costruiti da innamorati di Cristo: in-namorati come quell’uomo che, ieri, la gente delMeeting non voleva mollare più.

Martina Saltamacchia

l’autore parla di Cristo non sta confinato nellepagine di un testo: è visibilmente ciò che lo so-stiene nella vita, tant’è che parte dalla stessa ori-gine sia nello stare davanti a una figlia che a 24anni cade come morta e rimane a letto in unalentissima e lunghissima riabilitazione, sia nelgiudicare la realtà.

Anche, per esempio, la crisi economica, comedice al Quotidiano Meeting: «Tutti a parlare diPil: ma chi l’ha detto che uno Stato si può misu-rare solo in termini di crescita del Pil? A me in-teressa giudicare un paese dal modo in cui si

prende cura dei malati, da come educa i figli, odal numero di famiglie unite – che fra l’altro è u-na risorsa economica. Altrimenti, nella logicadel Pil, avviene un terremoto ed è una cosa posi-tiva, perché il Pil sale quando ci sono da rico-struire le case. Pensiamo alla Cina: in cin-quant’anni ha fatto cento milioni di morti, lagente è schiava, i malati finiscono nella discari-ca, gli handicappati vengono eliminati, i cristianiperseguitati, però ha il 10% di crescita di Pil,quindi va benissimo... Invece, a me interessa cheuno stato abbia cura dei malati e non li getti in

La guerra di Socci per GesùGrande folla per la presentazione del volume sulla storicità di Cristo: «Così il mondo ha cercato di censurare la più grandestoria mai accaduta». Visita la mostra su Cafarnao e al QM parla di Caterina e della crisi. Per tornare all’unico Amore

«Con Cristo dire sì

è l’unica posizione intelligente:

non puoi vincere, per cui è bene

arrendersi subito»

«I benedettini nascosti nei monasteri hanno generato

un fiorire di civiltà. Può sembrare che il nostrosforzo non muova nulla,

eppure è dal niente che il mondo cambia»

Page 10: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

I VOLTI

10 27 agosto

La speranza di salvezzapassa (anche) dalle stradeGuidoni (Ania), Bertoli, Cattarina a convegno su sicurezza sull’asfalto e lotta alla droga: «Al dramma degli stupefacenti si aggiunge quello del silenzio dettato dagli interessi» I relatori del convegno e, qui sopra,

Silvio Cattarina.

Cambi il cd nell’autoradio,quattro drink e qualche pasticcae il gioco è fatto. Quando si è sudi giri basta poco per perdere ilcontrollo. Le conseguenze nondurano poco. Durano tutta la vi-ta. «I ragazzi pensano che l’inci-dente non dipenda dal loro com-portamento alla guida, ma da al-tre cause o eventi imprevedibi-li», commenta Umberto Guidoni,segretario generale della fonda-zione Ania per la sicurezza stra-dale. In Italia sono circa 1.000gli incidenti mortali che coinvol-gono ragazzi al di sotto dei 30anni e il 30% dei decessi è corre-lato all’uso di droga e alcol. Il62,4% dei giovani che arriva alPronto Soccorso dopo un inci-dente stradale conferisce la cau-sa a fattori esterni alla propriaguida («asfalto bagnato», «mihanno distratto», «mi vengonoaddosso»).

Dati divulgati dall’Ania duran-te l’incontro «Le strade del saba-to sera: sicurezza e stupefacen-ti». «Occorre riaffermare il prin-cipio della sacralità della vita»,continua Guidoni. Per questo A-nia ha avviato da tempo campa-gne di educazione e di informa-zione per favorire la cultura delleregole della strada. Proprio l’e-ducazione è la chiave di voltaper la risoluzione di questo feno-meno sociologico.

«È una questione di responsa-

dalle sostanze stupefacenti. «Abbiamo sperimentato un

progetto molto interessante di u-nità mobili che raggiungono di-rettamente i ragazzi nei luoghi didivertimento – spiega Braghetto–. Nei luoghi bisogna esserci.Questo è un progetto affinché sirealizzi l’ascolto, solo l’ascoltovero aiuta il cambiamento dicomportamento. Chi viene in co-munità è perché spera di cambia-re vita, anche grazie all’aiutodella compagnia».

I luoghi del divertimento ripe-tono sempre lo stesso schema,come predeterminato. Questocolpisce Silvio Cattarina. «Stia-mo parlando di un dramma neldramma. Da una parte il drammadella droga – dice Cattarina –dall’altra il fatto che ci sono mo-tivi e interessi per cui non se neparla». La ricerca della trasgres-sione, la voglia di “spaccarsi“, ilbisogno di omologarsi: tutti mo-tivi che spingono i ragazzi a lan-ciarsi in un divertimento sfrena-to e a risalire poi in auto e girarela chiave, quando sarebbe me-glio non farlo. «La vita è fatta diapertura, mentre la droga chiude– afferma Bertoli –. La droga ri-sponde a un effimero che lasciatristezza e depressione. La drogacolma un vuoto e tenta di far su-perare la disperazione, il contra-rio: vivere la speranza».

Benedetta Consonni

gi o psichiatri è di essere accom-pagnamento a una scoperta tua edell’altro».

Di esempi di educazione, perfortuna, ce ne sono tanti. Dalpalco del Meeting di Rimini par-lano Iles Braghetto, presidentedella fondazione San Gaetano, eSilvio Cattarina, presidente dellacooperativa sociale L’imprevi-sto: entrambe si occupano dipersone che hanno dipendenze

Non solo rapporto con il gio-vane, la questione educativa de-ve partire a monte. «Deve veniredalle famiglie, dove non ci devo-no essere rapporti scontati – pro-segue Bertoli –. Stessa importan-za ricopre la scuola. Quindi biso-gna educare gli educatori, far ca-pire che non si cresce automati-camente, ma che bisogna accom-pagnare la persona. Il compito discuola, famiglia e degli piscolo-

bilità – spiega Marco Bertoli,psichiatra e direttore sanitariodell’azienda per i servizi sanitariisontina di Gorizia – don Giussa-ni è stato un genio della sfida al-la libertà, che deve essere conti-nua. Non può mai mancare l’a-spetto educativo. Si tratta quindidi una provocazione responsabi-le che contiene un’indicazionepositiva: ma tu cosa vuoi vera-mente?».

E voi, da chi siete educati?Franco Nembrini presenta «Di padre in figlio»: «Occorre essere figli dei propri figli: non è un processo univoco ma un rapporto». Don Stefano Alberto: «La miglior sintesi dell’educazione? Giussani in ginocchio davanti a Wojtyla»

«Fin da quando nascono, i figli di mestiereguardano. Guardano sempre». In uno degliincontri più affollati del Meeting di ieriFranco Nembrini ha cominciato così, presen-tando con don Stefano Alberto il suo «Di pa-dre in figlio. Conversazioni sul rischio di e-ducare» (edizioni Ares, prefazione del cardi-nale Camillo Ruini).

Nembrini, preside in una scuola privata diBergamo, ha preso di mira il «grigio prag-matismo della vita quotidiana»: un pragma-tismo che inquina anche le famiglie cattoli-che, trasformando l’educazione non più in u-na testimonianza di vita che si propone, main un rincorrere obiettivi fini a se stessi. Ilsuo testo è la trascrizione di incontri con in-segnanti, genitori, studenti, avvenuti in que-sti ultimi anni, tesi a documentare la biuni-vocità del rapporto educativo: «Educare èl’esser figli dei propri figli – ha commentato– secondo la geniale definizione che Danteha dato della Madonna nel XXXIII Cantodel Paradiso. Non è un processo unidirezio-nale l’educazione, ma può accadere a chiun-que».

Secondo Nembrini, la situazione attuale ècaratterizzata da una serie strutturale di de-bolezze e di assenze: di ipotesi, di padri, direaltà, tali da generare incertezza su tutto.Ma c’è anche chi costruisce: se stesso e igiovani. Il titolo del libro ha avuto una gene-si contrastata. Nembrini infatti era convintodi altre due ipotesi: «Ho visto educare» (per-ché «educare non è insegnare qualcosa aqualcuno, deve essere qualcosa in azione,qualcosa che si vede») oppure «Lasciatelistare» (un appello alle madri, come ha iro-nizzato Nembrini).

«Educare è partecipare alla manifestazio-ne della verità», ha proseguito l’autore: «Èincontrare qualcuno e sentire il proprio io ri-sorgere, sentirsi incuriositi e attratti dall’ori-gine di quello che vedi».

Come nel caso di quella ragazza che, ve-dendo come vivono i suoi genitori, ha volutoscoprire quale fosse l’origine del loro cam-biamento. «Perché cambiano anche gli adul-ti: è un legame, l’educazione, un rapportonel quale o c’è la misericordia verso l’altro,oppure fallisce. La misericordia è amare l’al-

tro prima che esso cambi, senza imporgli lagabbia dei nostri pur buoni progetti».

Nembrini ha poi descritto i principali “er-rori” commessi, anche per malinteso affetto,dai genitori: «I figli non hanno bisogno digenitori opprimenti né di padri-amici, ma diadulti che li lascino andare e che restino a

garantire una casa in cui si può sempre tor-nare, proprio come nella parabola del figliolprodigo».

Don Stefano Alberto ha poi richiamatoun’immagine del libro di Nembrini, quelladel padre che la sera si inginocchiava e reci-tava il Padre Nostro. Che ha fatto tornare inmente al sacerdote altri due grandi inginoc-chiati: il Papa in ginocchio a Madrid e donGiussani, il 30 maggio del 1998, dolorante,inchinato come un cavaliere antico davanti aGiovanni Paolo II. «Non ci ha mai racconta-to quello che si sono detti lui e il Papa, ma sivedeva la presenza viva di Cristo. Educare èvedere qualcuno in azione, è vita che si co-munica. Come diceva don Giussani è “intro-duzione alla realtà totale”: introduzione, nonspiegazione».

L’incontro si è chiuso non con una formu-la ma con una domanda girata a insegnanti egenitori, presenti in larga maggioranza al-l’incontro: «Da chi vi lasciate generare voi,oggi, per essere capaci di educare a vostravolta?».

Q.M.

Franco Nembrini, preside.

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I VOLTI

11 27 agosto

A sinistra, lo scrittoreAlessandrod’Avenia.A destra, il direttore de «La Stampa»,Mario Calabresi.

Calabresi ai giovani«Non lamentatevi»Il direttore della «Stampa» e lo scrittore D’Avenia: «Non ci salverà

un Obama italiano ma ragazzi che sanno alzare lo sguardo»

Al Caffè Letterario, per l’incon-tro delle 15, tutto lo spazio dispo-nibile era già occupato dalle 14. Ilrichiamo è forte, Mario Calabresi,41 anni, direttore de «La Stampa»,presenta il suo nuovo libro «Cosatiene accese le stelle» insieme algiovane scrittore Alessandro D’A-venia, idolo di frotte di ragazzine.Il suo libro «Bianca come il latte,rossa come il sangue» è diventatoun bestseller.

Camillo Fornasieri (Centro Cul-turale di Milano) ha un compito fa-cile, i due si conoscono e si stima-no. Si vede subito che fra loro c’èintesa. Il libro di Calabresi raccon-ta «Storie di italiani che non hannomai smesso di credere nel futuro»,come recita l’occhiello di coperti-na e Fornasieri spiega: «L’autorecerca con ansia galoppante parten-do dai fatti, alla ricerca di una cosadi cui avverte l’esistenza, i fattoriche hanno tenuto insieme le gene-razioni dei padri e dei nonni».

Il dialogo tra D’Avenia e Cala-bresi si snoda fluido, intenso. Colpubblico attento.

D’Avenia, in punta di sedia, ri-volto al direttore: «Leggere il tuolibro mi ha fatto l’effetto come uncaffè a un iperteso. Ma ti chiedo:nella scuola faccio il professore,come precario guadagnavo 1000euro al mese, un anno fa ho avuto

La risposta di Calabresi parte dalnoto adagio che vuole una classepolitica specchio del Paese, e affer-ma: «Non è più così. Viaggiandoper l’Italia ho scoperto dei veri gia-cimenti di umanità, dei cittadiniche non si sono arresi. Il problemaè stringere con dei fili che unisca-no queste realtà e costruire unagrande rete. Non ci salverà un O-bama italiano, ma quei ragazzi chesanno alzare lo sguardo e non a-spettano il futuro su un piatto d’ar-gento».

Conclude: «Vi lascio una sugge-stione forte. Anna Lisa ha il cancroe scrive su un nostro blog de «LaStampa». Si trova in ospedale a Li-vorno, piena di metastasi. Lo sache deve morire e vive ogni minu-to sapendo che vale la pena esserefelice. La settimana scorsa si èsposata col suo fidanzato e alcuneinfermiere hanno inghirlandato lasua carrozzina, altre hanno prepa-rato la torta. Era felice. Pensateciquando tornate a casa con qualchescontentezza. Aprite il blog e leg-gete, capirete».

Fornasieri, concludendo l’incon-tro, raccoglie la provocazione e ri-lancia: «La vera sfida – dice - ini-zia nel rapporto col reale. Il dram-ma è la solitudine dell’io. Un iocosì può anche soffocare».

Ezio Tosco

tornata in Marocco per un matri-monio combinato. Voglio avere unaltro destino, voglio andare al liceoclassico, poi Medicina. Voglio fareil cardiochirurgo”, e ha notato ilmio sguardo perplesso. Allora, unpo’ risentita, riprende: “O forse sipuò sognare solo fino a un certopunto?”. Questa è la fame di Ha-mal».

Ormai il pubblico è assorto e A-lessandro D’Avenia affonda la do-manda: «Diventiamo ciò che guar-diamo, ma in quali occhi possiamoguardare? Per poter desiderare, chibisogna guardare?». E racconta, dabuon professore, la storia dei sol-dati romani che partivano per unabattaglia. Al loro ritorno c’erasempre un commilitone che facevala conta dei caduti, chiamati i “de-siderati”. La metafora apre la do-manda: «Chi sta “aspettando” i ra-gazzi d’oggi?».

no palpabili. È come parlasse a o-gnuno dei moltissimi ragazzi pre-senti. Riprende: «Il punto non è ri-durre il desiderio facendo un passoindietro, ma raddoppiare gli sforzi».

E racconta una storia che la dicelunga su come il direttore di unquotidiano nazionale riesca a non“sdraiarsi” sulle notizie, ma cercadi capire la realtà. «Hamal, maroc-china, è una mia cara amica. Ha 13anni, abita a Taggia in Liguria. Pic-colo alloggio, sovente studia in ba-gno. È la migliore della sua scuo-la, tutti 10, eccetto ginnastica, no-ve. Sono andato a trovarla e mi haraccontato della sua predilezioneper le scrittrici inglesi di fine Otto-cento, come la Radcliffe, e non sa-pevo nemmeno come si scriveva.“Perché studi?” le ho chiesto. “Ilmio destino sarebbe già scritto: ba-dante, cameriera, al massimo in-fermiera. Mia cugina a 17 anni è

un contratto a tempo indeterminatoe continuo a guadagnare gli stessisoldi. Ma come si fa a non lamen-tarsi?».

Nel frattempo Calabresi si è toltala giacca e arrotolato le manichedella camicia, rigorosamente senzacravatta. E risponde: «Mi danno delbuonista, cioè cretino, oppure otti-mista, come se avessi le fette di sa-lame sugli occhi, e sorridono. Co-mincio a offendermi. Come se nonli vedessi anch’io i superlaureatiche parlano tre lingue e sono a spas-so. Bisogna che smettano di lamen-tarsi, devono imparare a esprimerequesto malcontento. Nella mia ru-brica su «La Stampa» quotidiana-mente ricevo tante lettere, ma hocominciato ad allarmarmi quandoad “arrendersi” erano ragazzi di 17-20 anni. Nessuno vi ha rubato il fu-turo, ve lo dovete prendere!».

L’enfasi e la convinzione diventa-

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LE MOSTRE

12 27 agosto

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Il vescovo raccontal’arte terremotataMonsignor D’Ercole: «Commovente vedere che le Madonne d’Abruzzosono ambasciatrici di speranza». La mostra aperta fino a novembre

In alto una guida della mostra sulle Madonne salvate dopo il terremoto del 6 aprile all’Aquila. Sotto, monsignor Giovanni D’Ercole tra le macerie.

Oggi chiudono i battenti i padiglioni del 32° Meeting,ma la manifestazione continua grazie alla mostra «Lasapienza risplende. Madonne d’Abruzzo tra Medioevo eRinascimento». Allestita nei musei comunali di via To-nini, l’esposizione rimarrà aperta fino al 1° novembre.Oltre al valore artistico, le Madonne d’Abruzzo sono si-gnificative della speranza di un popolo, che sta risor-gendo dalla catastrofe del 6 aprile 2009.

«Come pastore della comunità aquilana vorrei invita-re a visitare questa mostra che trovo suggestiva e assairicca artisticamente – commenta monsignor GiovanniD’Ercole, vescovo coadiutore della diocesi dell’Aquilae volto noto della tv (suo il programma «Sulla via diDamasco») – perché aiuta a tenere vivo il ricordo dellanostra terra e mi auguro che come a Trento e a Roma,questa mostra possa essere vista in tante altre città».

L’esposizione comprende statue e immagini dellavergine che sono state recuperate dalle macerie del ter-remoto. «Il terremoto è una tragedia che ha distruttochiese e opere d’arte – racconta monsignor D’Ercole –grazie ai volontari e alle persone di buona volontà partedel patrimonio è stato salvato. Purtroppo non ci sonopiù i luoghi dove erano esposte, ma è commuovente pernoi vedere che le Madonne della nostra terra sono di-ventate ambasciatrici di dolore e di speranza».

Continua il vescovo: «L’Aquila dopo due anni risenteancora delle ferite del terremoto. Chi vede queste Ma-donne potrà apprezzare la storia religiosa della nostraterra e vedere come nella tenerezza, semplicità e povertàdelle forme di queste riproduzioni la Madonna manife-

sti un senso di grande maternità, qualche volta velatodalla tristezza, quasi a ricordarci che non poche di que-ste statue hanno assistito ad almeno tre o quattro terre-moti».

Monsignor D’Ercole non si trovava all’Aquila nellatragica notte in cui la terra ha inghiottito il sorriso degliaquilani. «Sono arrivato sette mesi dopo e ciò che mi hacolpito è stata la vastità dei danni e lo smarrimento del-la gente che in 23 secondi ha perduto ogni cosa». La tri-stezza cede il passo all’ammirazione per le raffigurazio-ni mariane. «Queste sono opere di grande valore artisti-co perché riproducono la tradizione cristiana legata inparte all’oriente e in parte sono espressione della sensi-bilità della gente montanara e contadina. Le più antiche,del 1200, raccontano quasi sempre la maternità regaledi Maria, espressa nel gesto più antico e nobile dell’al-lattare, motivo ricorrente e unificante di queste immagi-ni sacre della Vergine, che riproducono devozione po-polare alla Madonna come madre e regina, io direi Ma-donna delle grazie».

«Le statue più tardive risentono di influssi della spiri-tualità francese e spagnola. Diventano così più maesto-se, più solenni, ma nel fondo non perdono, sia pure se siattenua, l’originaria raffigurazione di Maria, madre e re-gina». Le statue poi ritorneranno alle loro chiese. «Quelgiorno sarà un giorno di grande gioia – conclude mon-signor Giovanni D’Ercole – perché le ferite del terre-moto saranno guarite e le nostre chiese torneranno co-me un tempo case dei santi e della gente».

Benedetta Consonni

Page 13: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

LE MOSTRE

13 27 agosto

È la mostra più vista del Meetingbenché non sia in catalogo. Ma èimpossibile non vederla. È allestitanella hall sud, di fronte all’ingresso,nella rotonda multiuso: luogo dipassaggio, di passeggio, di riposo,di ascolto, di rifugio quando non c’èpiù posto in qualche incontro. Gran-di foto verticali della Sagrada Fami-lia, la chiesa di Barcellona disegna-ta da Antoni Gaudì. Pannelli lunghie stretti che restituiscono lo slanciodelle guglie catalane. Brevi testi chedescrivono l’architettura sacra. Fra-si del Papa, di Gaudì e di don Gius-sani che ne approfondiscono il si-gnificato.

Il Tempio espiatorio della Sagra-da Familia è stato consacrato il 7novembre 2010 da Benedetto XVI.«Abbiamo allestito questa mostraper ricordare il viaggio del Papa aBarcellona e creare un collegamentosimbolico con la Gmg di Madrid»,spiega Mariella Carlotti, una dei cu-ratori.

Qual è stata l’idea di partenza?«Nel giorno in cui è stata consa-

crata la Sagrada Familia sono rima-sta molto colpita dalle parole pro-nunciate dal Papa. La cosa più inte-ressante è stato il metodo che ha uti-lizzato nei suoi discorsi. BenedettoXVI non ha mai perso tempo accu-sando i problemi che si trovano in

quel Paese ma ha sempre indicatoun fatto denso di bellezza. Gli uomi-ni cambiano se vedono cose affa-scinanti. La mostra vuole riproporrequesto metodo che non parte da mo-ralismi o ideologie ma da fatti sor-prendenti che accadono sotto i no-stri occhi».

Quali sono state le parole delPapa che più l’hanno colpita?

«Le parole sono dell’omelia diquel giorno: “Gaudì introdusse den-tro l’edificio sacro pietre, alberi evita umana, affinché tutta la creazio-ne convergesse nella lode divina,ma, allo stesso tempo, portò fuori i‘retabli’, per porre davanti agli uo-mini il mistero di Dio rivelato nella

nascita, passione, morte e resurre-zione di Gesù Cristo”. Gaudì hamesso le immagini sacre all’esternodella cattedrale. Le facciate sonotutte dedicate ai misteri dell’Incar-nazione, della Passione e della Re-surrezione di Cristo. Le torri rap-presentano Cristo e la Chiesa, le 18torri sono i simboli di Cristo, laMadonna, gli apostoli e gli evange-listi. L’interno, invece, è un am-biente dedicato alla realtà, al mon-do terreno».

Che cosa vuol dire questa scel-ta?

«Questa decisione vuol significa-re che solo attraverso Cristo si puòentrare nella realtà e nel suo signifi-cato ultimo. Solo con questo meto-do noi ritroviamo il corretto uso del-la ragione, cioè vivere la realtà se-condo la totalità dei suoi fattori».

Che cosa c’entra il titolo delMeeting con questa esposizione?

«Una vita dominata dalla certezzaè una vita dominata dalla bellezza.Questo è molto chiaro qui al Mee-ting, dove vive un popolo certo ebello. Mentre, se non si è certi, sicerca solo il piacere effimero. Chiha visto una grande bellezza non siaccontenta più dei piccoli piaceri.La bellezza, insomma, è il grandesigillo della certezza».

Emanuele RanzaniL’interno della Sagrada Familia. La basilica catalana è ancora in costruzione.

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Una basilica sotto la fieraNella rotonda della hall sud la mostra sulla Sagrada Familia di Barcellona, legame simbolico con il Papa in Spagna

«Gli uomini cambiano se vedono cose

affascinanti: abbiamoriproposto questometodo», spiega

Mariella Carlotti,una dei curatori

Page 14: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

VITA DA MEETING

14 27 agosto

Al Meeting i volontari svizzerifanno pulizia. Obiettivo: far sparirele cartacce dal pavimento del padi-glione della ristorazione per farlo di-ventare degno di una via di Zurigo oGinevra. Armati di spugna, scopa esacco nero, per una settimana sonostati tra quelli che hanno mantenutolinda la grande area dedicata ai fastfood. Luigi, nella vita tecnico dellatelevisione svizzera, è specializzatonel raccogliere i tappi delle bottigliedi plastica. Mario è ingegnere con al-le spalle anni d’esperienza in un’a-zienda americana e anche lui è quiper sgomberare i tavoli da piattisporchi e bicchieri di plastica usati.Ida, impiegata in una grande bancadi Lugano, sorridendo ci dice: «Cisiamo fatti un mazzo così».

Ma la storia più incredibile ce laracconta Eleonora, romana che hamesso su famiglia nel Canton SanGallo. «Dopo il Meeting del 2009 michiamarono dalla segreteria di Cl perfarmi conoscere Dora, una donnasvizzero-tedesca di 70 anni che,guardando un servizio sui volontaridel Meeting trasmesso dal Tg3, ave-va chiesto di partecipare anche leicome volontaria. L’idea di far qual-cosa gratuitamente la interessavamoltissimo. Dora era una personasemplice e non sapeva assolutamenteche cosa fosse il Movimento. Ma pu-lendo i pavimenti della Fiera avevatrovato un luogo dove si sentiva dav-vero a casa sua. Era stupita dai voltidi tutti questi giovani così appassio-

muore mentre sta facendo una pas-seggiata lungo la spiaggia di Rimini.Eleonora e i suoi amici ricevono lapartecipazione al funerale e solo al-lora scoprono che Dora è protestan-te. «Io sono nel Movimento da unavita – racconta Eleonora – ma erovenuta al Meeting solo una volta perpoche ore. Eppure mi avevano invi-tata decide di volte. Quest’anno hopensato a Dora e ho deciso di venireper la prima volta per fare la volonta-ria: lei mi ha dimostrato che venirequi è per un di più, perché non ri-schiare?».

Sarà un caso ma anche Eleonorafinisce a fare quello che faceva l’a-mica: «Io parlo correntemente quat-tro lingue e mi ero proposta per farela hostess. All’inizio ero delusa mapoi ho capito che in questo modo a-vrei imparato davvero la gratuità co-me aveva fatto Dora. Raccogliere lecartacce è un gesto da nulla, ma con-tribuisce a costruire la bellezza delMeeting».

Non solo Eleonora si ricorda diDora: «Un amico di Bari che lavoracon noi – racconta Ida – dorme nellostesso albergo in cui dormiva Doral’anno scorso: la gerente se la ricor-dava bene. Così siamo andati a tro-vare questa donna che non aveva di-menticato l’anziana signora svizzerache tornava in albergo raggiante do-po le ore di lavoro in Fiera. “Quelche è certo – ha detto – è che è mor-ta contenta”».

Luca Fiore

nati, un tipo di gioventù che in Sviz-zera non aveva mai vista. Così l’an-no successivo cominciò a frequentar-ci».

I sui interventi alle scuole di co-munità restano nella memoria per laloro semplicità e candore: «Comeentra Cristo nella mia vita? Le cam-pane della chiesa vicino a casa miasuonano ogni quarto d’ora e io ogni

volta apro le finestre per sentirle efar entrare Lui». Dora non aveval’auto; andare tutte le settimane aSan Gallo per la scuola di comunitàdiventa oltre che faticoso anche trop-po costoso per la sua modesta pen-sione. Così chiede se è possibile an-dare solo una volta al mese.

Nella primavera 2010 Dora si do-manda se partecipare ancora all’e-

sperienza della militanza. Ormai glianni sono quelli che sono, le energienon sono molte. Chiede a Eleonoraun consiglio: «Le dissi: fai quelloche puoi, ma se l’anno scorso sei tor-nata contenta perché non riprova-re?». La risposta: «Sì, magari saràl’ultima volta».

Dora torna al Meeting con entu-siasmo. Ma la mattina del 25 agosto

Il gruppo di volontari svizzeriche fanno le pulizienei padiglioni dei ristoranti.

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«Faccio la volontariain memoria di Dora»Svizzera di 70 anni arrivò al Meeting affascinata dai giovani visti per casoin tv. Oggi gli amici di Cl sono tornati conquistati dalla sua testimonianza

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VITA DA MEETING

15 27 agosto

Un’immensa sicurezzaViaggio tra i volontari che hanno protetto gli ospiti dall’assalto dei giornalisti. Compresi quelli del Quotidiano Meeting

Un momento della visita del capo dello Stato con i volontari schierati per formare il cordone di sicurezza.

«Ma come? Stiamo lavorando perla stessa causa, tu volontario al ser-vizio d’ordine e io volontario alQuotidiano Meeting e tu mi ostacolinel mio lavoro mentre cerco di avvi-cinare i big dell’economia e dellapolitica che vengono a parlare al“nostro” raduno?». L’ho pensatospesso in questi giorni mentre mi af-fannavo, di corsa, stretto tra colleghigiornalisti, videoperatori, fotorepor-ter, sgusciando dal gruppo e infilan-domi alcune volte direttamente afianco dell’ospite di turno del Mee-ting per captare ogni battuta, e tuttoquesto in una lotta fratricida con i 19ragazzi della “sicurezza”. Ieri, par-lando con loro, in una pausa della vi-sita del ministro Maroni, ho capito ilsenso della loro “ostilità”: raggiun-gere ciò che sta a cuore anche a me.

Mi stupisce subito la serietà di Lu-ca e Andrea, studenti di Giurispru-denza alla Statale di Milano. Mispiegano che la fisicità dello scontrotra me, i colleghi giornalisti e loro,durante tutte le loro scorte ai big invisita ha avuto la finalità di «permet-tere agli ospiti di ascoltare dalla vocedei loro accompagnatori il senso diciò che vedevano». Luca è contento,eppure non si può dire che non abbiafaticato in questa terribile settimanadi servizi; un impegno che cominciapoco prima delle dieci e finisce ver-

sentazioni di mostre direttamente afianco dei curatori, per esempio inoccasione della visita di Napolitanoa quella sui 150 anni di sussidia-rietà».

Nicola, che studia Economia allaBicocca, confessa che non si aspet-tava che fosse «così interessantequesto lavoro: insegna un’attenzionealle persone che hai intorno, ai com-pagni, a fare le cose giuste nel mo-mento giusto, a seguire le indicazio-ne di chi ti guida, cosa fondamentaleper fare le cose bene. Anche congentilezza verso i visitatori del Mee-ting e con discrezione verso i nostriospiti». Grazie ragazzi...

Adriano Moraglio

sa la pena. Ho potuto stare vicino apersonaggi che mi hanno molto col-pito, come Bhatti». «Lo rifarei – di-ce Flavio, studente di Storia alla Sta-tale di Milano –. Nel seguire certirelatori ho potuto partecipare a pre-

so le 19, con orari incerti per i pasti,con la difficoltà a godersi in pacemostre e incontri.

Ma Luca ha ben chiaro che ha da-to tempo e fatica per un’opera co-mune. Così pure Andrea: «Ne è val-

Nicola, studente di Economia alla Bicocca:

«Questo lavoro insegnaun’attenzione alle persone

che hai intorno, a seguire chi ti guida»

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VITA DA MEETING

17 27 agosto

RASSEGNASTAMPA Che il clima tra i Pdl e Lega non

sia disteso si capisce subitoquando Calderoli afferma che«un Paese non si governa con isondaggi, come qualcuno fasempre» con esplicito riferimen-to a Berlusconi. La prova arrivapoco dopo. Alemanno, che già a-veva criticato la manovra delgoverno - «fatta dentro i palaz-zi» - e aveva richiamato la Legaalla coerenza sul federalismo,chiede «qualche attenzione inpiù» per i «13 miliardi di debitoereditato dal passato». «13 mi-liardi che diventano 20» lo in-terrompe Calderoli che se laprende anche con il Lazio: «L’u-nica regione che ha accollato ildebito allo stato». E in berga-masco «Adess’basta».

Giuseppe Chiellino

Intervista a Lupi: «Chiariamosubito. Non sono e non ho alcu-na intenzione di apparire comel’anti-Formigoni. Con Robertoho un rapporto profondo e distima. Io e Mario Mauro siamocon lui in Comunione e Libera-zione da decenni. Ci ha chiama-

ti in Forza Italia. Per noi la poli-tica non ha come fine la ricercadi visibilità, ma testimoniare co-me da cristiani possiamo dareun contributo per costruire unbene comune. C’è una grande a-micizia che è cresciuta in questianni anche con Angelino».

Virginia Piccolillo

Don Jonah Lynch, vicerettore delseminario della Fraternità di mis-sionari di San Carlo parla dellamostra multimediale dedicata alprofeta Ezechiele: «Attraverso lamostra vogliamo comprenderenuovamente chi è l’uomo e dovesi radica la sua speranza. Chi èl’uomo di fronte al disfacimentoquotidiano della politica, dell’eco-nomia, della salute, dei traguardiche ogni giorno raggiungiamo eperdiamo? Possono delle ossamorte tornare a vivere?».

Silvia Guidi

Considerazione flash sulle fi-brillazioni neodemocristiane inprospettiva post berlusconiana,che increspano anche in questi

giorni le cronache politiche at-torno al Meeting di Rimini. ADel Noce stava a cuore innanzi-tutto la salvaguardia del sensoreligioso nella convivenza uma-na, la difesa di quel baluardo diciviltà da parte di ogni spirito li-bero (sperava che i comunisti indisarmo non si convertissero intoto alle armate del radicalismodi massa) e non la riconquista“clericale” del potere.

Tommaso Ricci

Intervista al cardinale Dionigi Tetta-manzi: «Sono giunto al termine delmio mandato pastorale – ha osserva-to Tettamanzi nel corso della sua ri-flessione su san Carlo Borromeo – eprovo profonda serenità e grandegioia spirituale nel trasmettere le re-liquie del santo al mio successore, ilcardinale Angelo Scola». E il nomescatena l’applauso della platea e lareazione, divertita, del cardinale.«Non so se ho capito bene il significa-to del battimani», scherza. Poi, allaseconda tornata d’applausi, sorrideancora: «Il significato l’avevo già ca-pito bene al primo applauso e lo hocapito meglio al secondo, ora non c’èbisogno del terzo…».

DirettoreStefano FilippiDirettore responsabileCesare Trevisani EditoreAssociazione Meetingper l’amicizia tra i popoliAssociazione riconosciuta con D.P.R.n.869 del 6/8/1986, sede: via Flami-nia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini.Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422.Progetto graficoG&C, MilanoImpaginazioneEdita, RiminiFotolito e stampaSigrafvia Redipuglia, 77 Treviglio (BG)RegistrazioneTribunale di Rimini n.16/91 del15/07/1991PubblicitàUfficio commerciale MeetingTel. 0541-783100FotografiRoberto Masi, Paola MarinziGiovanni ZennaroE.mail: [email protected]

MEETING

QUOTIDIANO

Top Ten assoluta

In libreria trionfa Reggiori«La ragazza che guardava il cielo» è il più venduto nella settimana del Meeting. Seguono Chesterton e padre AldoTra i cataloghi richiestissimi quelli delle mostre su Cafarnao e sulla sussidiarietà nei 150 anni dell’Unità d’Italia

La cultura non teme la crisi. Bastavisitare i 1000 mq su cui si estende lalibreria del Meeting. Le code alle cas-se sono lunghe e i sacchetti che esco-no dalla libreria sono ampi e volumi-nosi. Chi entra, difficilmente esce amani vuote.

Sarà, forse, per la varietà di temi egeneri: 5.000 i titoli in esposizione eoltre 70.000 i libri ordinati per que-st’anno. Con una gamma di scelta co-sì ampia è improbabile non trovarequalcosa che possa interessare.

All’interno della libreria, un gran-de spazio è dedicato alla narrativa. Laseguono, per estensione, le sezionidedicate all’arte e alla poesia. E nonmancano libri di scienza o religiosi.Vicino all’ingresso, in costante au-mento ogni anno, si trovano le tradu-zioni in lingua straniera: in particola-re dei testi del fondatore di Comunio-ne e Liberazione, don Luigi Giussani.

Meta dei collezionisti e di chi vuo-le spendere poco è un grande tavoloallestito nell’angolo sinistro della li-breria, dove si possono trovare nume-rosi libri usati. Complice il modicoprezzo, non si superano mai i cinqueo sei euro di spesa, e la tavolata ormaiè quasi vuota. Nello spazio centraledello stand non mancano poi cd dimusica classica e dvd di film o docu-mentari.

Ma la libreria pensa anche ai letto-ri più piccoli, concedendo loro addi-rittura due spazi. Il primo si trova alVillaggio ragazzi con l’allestimentodi un’area dedicata interamente al’in-fanzia. Il secondo spazio è interno al-la libreria centrale, dove vengonoproposte fiabe, favole e storie d’av-ventura.

Ma quali sono i libri più venduti

della settimana del Meeting? La pri-ma posizione della classifica generaleè occupata da «La Ragazza che guar-dava il cielo» (Rizzoli, € 18) di Alber-to Reggiori. Il testo racconta di unmedico italiano in missione in Ugan-da e di una ragazza, Zamu, segnatadalla violenza e dalla malattia. Se-guono sul podio la «Ballata del caval-

lo bianco» (Chesterton, Raffaelli Edi-tore, €15) e «Cristo e il lavandino»(Trento, Lindau € 12,50).

Per quato riguarda i cataloghi dellemostre, i più venduti sono «Con gliocchi degi apostoli. Una presenza chetravolge la vita», della mostra che haricostruito a Rimini la Cafarnao diGesù, e «150 anni di sussidiarietà. Le

forze che cambiano la storia sono lestesse che cambiano il cuore dell’uo-mo». Tra i film, invece, il primo po-sto è occupato da «Uomini di Dio». Ilfilm uscito nel 2010 e diretto da Xa-vier Beauvois racconta dell’omicidio,realmente avvenuto nel 1996, di settemonaci dell’ordine dei Cistercensidella Stretta Osservanza presso il mo-

nastero di Tibhirine, in Algeria.Per finire una curiosità. Quest’an-

no, all’interno della libreria del Mee-ting, era possibile acquistare la rac-colta di 10 foto autografate di ElioCiol sui primi anni del Movimento.Prezzo: 1.500 euro. Un solo misterio-so e facoltoso acquirente.

Emanuele Ranzani

Narrativa1 - Il dottor Zivago

di B. Pasternak (Feltrinelli)

2 - Quello che tiene accese le stelle di M. Calabresi (Mondadori)

3 - I racconti di Padre Brown di G.K. Chesterton (San Paolo)

4 - Il cavallo rosso di E. Corti (Ares)

5 - Perdita e guadagno di J.H. Newman (Jaca Book)

Cataloghi

1 - Con gli occhi degli apostoliUna presenza che travolgela vita(Piccola casa editrice)

2 - 150 anni di sussidiarietàLe forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo(Piccola casa editrice)

3 - Cor ad cor loquitur La certezza di Newman,coscienza e realtà(Piccola casa editrice)

4 - Mia sorella la vitaBoris Pasternak(Rc Edizioni)

5 - Ante gradusQuando la certezza diventa creativa. Gli affreschi del Pellegrinaio di Santa Maria della Scala a Siena(Società editrice fiorentina)

Curiosità

1 - Sposati e sii sottomessa di C. Miriano (Vallecchi)

2 - Destati e coinvolti foto di Elio Ciol

Dvd

Cd

1 - Uomini di Dio di Xavier Beauvois

2 - Belladi Alejandro Gomez Monteverde

3 - Dottor Zivago di David Lean

1 - È bella la strada C. Chieffo

2 - Canti della montagna Coro Cet

3 - Sketches of you R. Maniscalco

Bambini

1 - Siamo tutti scienziati (Piccolo mondo editore)

2 - Gesù è qui di Benedetto XVI (Piccola casa editrice)

1 - La ragazza che guardava il cielo di A. Reggiori (Rizzoli)

2 - La ballata del cavallo biancodi G. K. Chesterton (Raffaelli)

3 - Cristo e il lavandino di A. Trento (Lindau)

4 - Giobbe o la tortura degli amicidi F. Hadjadj (Marietti 1820)

5 - L’uomo che ride di E. Rialti (Cantagalli e Il Foglio)

6 - Il dottor Zivago di B. Pasternak (Feltrinelli)

7 - Il profumo dei limoni di J. Lynch (Lindau)

8 - Ciò che abbiamo di più caro di L. Giussani (Rizzoli)

9 - La penultima cena di P. Cevoli (Itaca)

10- Di padre in figliodi F. Nembrini (Ares)

Page 18: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

SPETTACOLI

18 27 agosto

Tutto il blueschiede l’eternitàIl musicista “finto” Riro Maniscalco canta la nostalgia«Il rock esprime il dubbio, per questo non mi interessa»

Quest’anno la musica è stata protagonistanon secondaria in Fiera e ha accompagnatoquasi tutte le serate della settimana. Un viag-gio musicale che ha portato il Meeting dall’I-talia all’Irlanda, passando per la Corea e fer-mandosi da ultimo in America con la presenta-zione di «Sketches of you», nuovo disco bluesdi Maurizio “Riro” Maniscalco. Riro è un mu-sicista finto (autodefinizione) che nel suo ulti-mo libro «Musica, parole e storie» (Società E-ditrice Fiorentina) spiega come si diventa veri«storyteller». Ne ha scritto anche un altro, dilibri, «Mi mancano solo le Hawaii», storia diun incessante pregrinare su e giù per i “suoi”Stati Uniti.

Perché Riro non è nato a Nashville né a St.Louis, ma a Pesaro; New York l’ha accolto tan-ti anni fa, rinfocolando quell’ancestrale passio-ne per il blues del Mississippi. L’autore ha ri-percorso insieme al pubblico la nascita di que-sto genere, mostrando un’inaspettata conso-nanza con il tema di quest’anno. «La prima co-sa che mi ha affascinato del blues – dice Riro– era la cadenza, quella cadenza che prende alcuore e allo stomaco».

Ma da dove nasce il blues?«Tutta la musica che ascoltiamo oggi ha una

sola radice: quella nata dagli schiavi d’Ameri-ca con gli spirituals. Solo in un certo posto e in

un certo tempo la schiavitù ha generato un’e-spressione culturale così forte. I neri erano co-stretti ad andare ai Sunday services dei prote-stanti e nei Vangeli iniziarono a scoprire e co-noscere un uomo che aveva sofferto come loro.E allora hanno iniziato a cantare di questo. Ilpassaggio dallo spiritual al blues è abbastanzasemplice. La situazione per gli schiavi noncambiava e così nasceva una tristezza e con es-sa la massima espressione della malinconia, ilblues. Entrambi questi generi sono espressionedell’identità dei neri, della loro cultura e dellaloro realtà».

Questa è la storia, ma qual è l’essenza?«Innanzitutto nella parola “blue” c’è un si-

gnificato, oltre a quello letterale, che appartie-ne allo slang: “To have the blues” significa es-sere tristi. San Tommaso dà una definizione ditristezza perfetta anche per questo caso: «Desi-derio di un bene assente». Il desiderare implicauna mossa verso un bene che si è certi esista,ma non si ha. Questa musica è un modo di e-spressione dettato da tale mancanza. In ingle-se, inoltre, si parla del blues in quanto “cry”,parola che riunisce in sé “pianto“ e “grido“. Ilgrido dunque riguarda il dove sia questo bene,non sul fatto che esista, sennò sarebbe un ge-nere morto».

Il rock’n’roll è un genere di musica che

ste, vale a dire della tristezza. È un cambia-mento in cui forma e contenuto vanno insieme.Dove il blues affermava una circostanza e den-tro a questa il persistere di una nostalgia, ilrock dubita. La parola chiave nel rock è “sem-bra”. Con questo genere si passa dal raccontodi una realtà che prima era indiscutibilmentedefinita a quello di un’apparenza. Il blues è u-na musica che non porta la certezza sulla ri-sposta ma la certezza della sua esistenza, ilrock mette in dubbio questa stessa radice delblues. Di un genere che non ha nulla di certoda dire io non so che farmene».

Camilla Binasco

nasce dall’incontro fra diversi modi espres-sivi, su tutti il blues. Tali generi erano e-spressioni forti di tradizioni culturali e po-polari; il rock, invece, nel tempo è diventatoil simbolo di una crescente incertezza gene-razionale. Come avviene questo passaggio?

«Il rock condivide questa radice negli spiri-tuals. Tecnicamente il blues ha una struttura ditre accordi che si succedono in modo definito.Il rock’n’roll prende questa struttura ma la ac-celera e la riempie di altri strumenti. Il proble-ma è che, di fondo, il rock tenta di svuotarsidell’essenza stessa del blues. Riesce a liberarsidi quel “cry” per qualcosa che non c’è ma esi-

Maurizio “Riro” Maniscalco e il grido nostalgico del suo blues.

Page 19: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

VITA DA MEETING

19 27 agosto

Quello che avreste sempre voluto vedere al Meeting ma non avete mai avuto il coraggio di guardare

Alla fine della Fiera

Alla ricerca del volto umano.

Domenicani d’agosto, che caldo fa.

I volontari di domani.

Loro ridono. Loro soffrono. Lui sceglie il titolo del Meeting 2056.

Uomini sandwich nel padiglione dei fast food.

Tavola rotonda sul tema: «E l’esistenza diventa un’immensa freschezza».

La salvezza è dietro l’angolo. Dietro. Il sonno delle giuste. La piscina di Tiberiade.

Page 20: Quotidiano Meeting 2011 - sabato 27 agosto

Ci sono grandi progetti e progettiche diventano grandi e ci sono

grandi idee che diventerannograndi realtà, o parte di

una grande realtà:il nostro Paese.

in collaborazione con

MEETING RIMINI - 21.27 AGOSTO 2011 - RIMINI FIERA PAD. D5

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