Puglia in febbraio 2012

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il gargano conquista INTERVISTa A RENZO ARBORE BARI IN FERMENTO FEBBRAIO 2012 C 2,00 BOLLYWOOD PITTI UOMO ALLA PUGLIESE TEMPO DI CARNEVALE MASSAFRA, GALLIPOLI, CORATO E PUTIGNANO

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Il magazine dell'eccellenza pugliese è tornato. Tutto nuovo, sfoglialo subito!

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il gargano conquista

INTERVISTa A

RENZO

ARBORE

BARI IN FERMENTO

FEBBRAIO 2012 C 2,00

BOLLYWOOD

PITTI UOMOALLA PUGLIESE

TEMPO DI

CARNEVALEMASSAFRA, GALLIPOLI,

CORATO E PUTIGNANO

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2 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Sommario

5 L’ editoriale

febbraio 2012 - numero 1

La Puglia vista daAntonio StornaioloUn ricordo che non vale mille lire

San Valentino non solo cioccolati-ni e regali

Puglia bruciata 31

La continua ricerca del paradosso d’arte 32 Sfogliando la Puglia 34

7

Uomini e aziende che non hanno niente intesta

Alla ricerca di una “Estate indiana” 8

Il volto orientaledi Hollywood 10

Bollywood, un altro cinema 11

Noi e gli indiani 12

Bit, la Puglia si mette in vetrina 14

Renzo Arbore, la musica per tutta la vita 16

Pitti uomo veste pugliese

La Puglia si veste bene a Firenze con Sciamat 18

Un papillon di stile conquista il mondo 19

Bari è in Fermento 20

Chef Antonio De rosa Cuochi si nasce

Il Gruppo Casillo protagonista di Identità Golose 2012 23

L’oro di Lecce si colora di rosso 24

30

storie

tyles ulturac

ustog22

8

18

inpugliail magazine dell’eccellenza pugliese

8

Sommario2 il gargano conquista

INTERVISTa ARENZO ARBORE

BARI IN FERMENTO

FEBBRAIO 2012 C 2,00

BOLLYWOOD

PITTI UOMOALLA PUGLIESE

TEMPO DI CARNEVALEMASSAFRA, GALLIPOLI,

CORATO E PUTIGNANO

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3febbraio duemiladodici inpuglia

Sommario

50

L’allegria e i corriandoli protagonisti del Carnevale

Massafra 38

Corato 40

Putignano 41

La vittoria è donna anche da queste parti

Le “gallette rosa” vogliono imparare a volare 53

Cras Taranto missione Tricolore 54

La Polis in testa al giro di boa 55

Orgagliosamente settanta

La nobiltà della musica arriva in Puglia 43 Dal web alla Tv, cresce il successo di “chiamami” 44

L’agenda di febbraio 46

Lavoro, quali opportunità48

42

36 entieris

portspettacolis

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18 23

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fabio Paparella

Più aperti, verso l’alto

L’editoriale

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Puglia in

Anno V n. 1 • febbraio 2012

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Registrato c/o Tribunale di Bari

al n. 3 dell’1 febbraio 2008

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Fabio Paparella

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In copertina:Deepika Padukone

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Ed eccoci qui, pronti per una nuova stagione. Ci eravamo lascia-ti con la promessa di iniziare un nuovo anno alla grandissima, con tante novità.Abbiamo lavorato sodo per raggiungere il nostro obbiettivo e speriamo che il prodotto finale vi piaccia.Ma partiamo con ordine. La testata, il bigliettino da visita di un magazine, è stata rivoluzionata mettendo in evidenzia la parola “in” che è lanciata verso l’alto, verso il meglio, perché il nostro vuole essere, ancora di più di quanto sia stato sino ad ora, il gior-nale delle eccellenze pugliesi. Ovviamente non trascureremo le cose che non vanno o ciò che questa regione può fare per mi-gliorare, ma vogliamo offrirvi le storie personali e aziendali, farvi conoscere i volti e le attività che hanno dato o daranno lustro alla nostra regione, anche al di fuori dei confini. Avremo un oc-chio di riguardo anche per le nuove tendenze e il loro svilup-parsi in Puglia o grazie ai pugliesi. Insomma, abbiamo fatto un grande sforzo per realizzare un giornale più arioso, aperto verso i nostri lettori, ricco di curiosità e di un nuovo aspetto grafico. Non vi sfuggirano, sfogliano questo numero, alcune novità asso-lute come la presenza di proposte di itinerari brevi per conoscere e far consocere al meglio la nostra Terra ma anche una rubrica per comprendere il mercato del lavoro reale, quello che realmen-te c’è e non quello che tutti vorrebbero, grazie alla preziosa col-laborazione del dottor Enzo Ielpo, esperto del settore. Attraverso questa rubrica speriamo di potervi offrire concretamente nuove opportunità. Vedremo...A proposito di collaborazioni preziose... non posso non ringra-ziare a nome di tutta la redazione l’amico Antonio Stornaiolo che da questo numero ci onora della sua preziosa firma. Avrà campo libero per scrivere sulla Puglia e noi siamo ansiosi di go-derci i suoi commenti.

In questo nuovo puglia in continueranno a trovare spazio la cultura e gli spettacoli con la seguitissima agenda degli

eventi e daremo maggior spazio alle letture made in pu-glia ospitando oltre ai libri anche i vostri racconti. Che

dire... Noi ce la stiamo mettendo tutta e questo è solo l’inizio di una lunga stagione. Numero dopo nume-ro cercheremo di introdurre novità con l’auspicio che questo nuovo giornale vi piaccia. Contiamo di non fermarci per ora. Seguiteci e non vi pentirete.

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antonio stornaiolo

Un ricordo che non vale mille lire

La Puglia vista da

Ah, la lira! Oggi invece c’è l’euro. Assai difficile da gestire. E per questo –dopo dieci anni- si stanno ancora organizzando seminari. Partecipano tutti. Onorevoli, governatori, sindaci, cittadini comuni. Ognuno con la certezza di diventare presto “perito” in euro. Essì, perché è questa la sorte che ci aspetta. I corsi vengono tenuti da ban-chieri senza scrupoli, insegnanti inflessibili che non perdonano. Se sbagli, loro ti fregano. Accipicchia se ti fregano! Entrano in classe e subito interrogano. Roba da buco nello stomaco. “Allora vediamo… Amati, Barbanente, Blasi, Divella, Emiliano… ecco, Emiliano”. Il banchiere sta per fare la domanda quando bussano alla porta. E’ il governatore Vendola. “Mi scusi, ma ho perso il treno e così eccomi in ritardo…”. “Vendola si vada a sedere e mi raccomando, in futu-ro non perda altri treni che già insieme a Minervini ne avete persi tanti”. “Dunque, caro Emiliano –riattacca il prof- veniamo a noi. Poniamo il caso che lei coltivi percochi. Un giorno ne coglie cin-que da un albero e va al mercato per venderli. Se ne vende ognuno a cinquanta centesimi di euro, quanto ricava in tutto?”. “Neanche un euro”. “Come neanche un euro?”. “Professore, ha fatto l’esem-pio sbagliato. Io con la fame che tengo quei percochi neanche li faccio arrivare al mercato, io me li mangio prima ancora di par-tire!”. L’intera classe scoppia a ridere. Tutti tranne il Prof che lo guarda stizzito. “Adesso voglio sentire Fitto”. L’ex ministro si alza per rispondere. “Caro Fitto, mi faccia un assegno in euro”. Il ragaz-zo di Maglie impallidisce. ”Come, un assegno? Ma scusi, il corso non è a gratis? E poi con i tagli che ci stanno facendo allo stipen-dio da parlamentare io proprio non ce la faccio…” e senza forze

crolla sulla sedia. Subito Tatarella, suo vicino di banco, prova a rianimarlo con degli schiaffetti, ma visto che non accenna a riprendersi, ne approfitta per fargli un

palliatone. Il Prof interviene: ”Tatarella la smetta! E lei, Fitto, si tranquillizzi. Le ho chiesto di farmi un assegno

solo per testare la sua preparazione, tutto qui”. Fitto ripren-de colore. Viene quindi il turno del Presidente dell’Acquedotto Pugliese. “Monteforte, quanto costerà in euro dal primo gen-naio un litro d’acqua?”. “Milioni, Professore, milioni. Dalle nostre parti non cambierà niente. L’acqua continuerà a co-starci un casino”. L’insegnante annuisce, poi nota un’alunna

all’ultimo banco. “Signora Poli Bortone ma cosa fa si trucca in classe?”. “Sì. Problemi? E com’è, io non mi posso colorare il viso

ed invece lei e quelli come lei potete truccare bilanci ed estrat-ti conto senza che nessuno dica niente? Ennò, la legge dev’essere

uguale per tutti!”. Per fortuna arriva la ricreazione. Tra una po-lacca ed un cornetto, tutti ricordano i bei tempi della lira. Quando con cinquantamila lire in tasca eri ricco per davvero. Giorni felici.

www.antoniostornaiolo.it

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Il cineturismo, ossia l’attitudine a visitare una località perché la si è vista in un film, è un fenomeno per sua natura sfuggente: alcune volte, come a Los Angeles, con i suoi tour negli studios e fra le abitazioni dei divi, è il cinema stesso ad essere og-getto di visita; altre volte, come nel caso di Kastellòrizo, o Castelrosso, ultima isola del Dodecaneso che dista poco più di un miglio dal porto turco di Kas, la località viene preservata e valorizzata soprattutto come set cinematografico: l’isola di Me-diterraneo ha come “mirabilia” attratti-vi la casa di Vassilissa proprio come Itaca ha l’ipotetica casa di Laerte. Ed anche a Cefalonia Nicholas Cage, Penelope Cruze e il mandolino del Capitato Corelli hanno lasciato più di una traccia. E tuttavia que-sti isolati esempi sono del tutto marginali rispetto, ad esempio, all’impressionante impennata di flusso turistico verificatasi nei luoghi del Codice da Vinci, dallo stesso cenacolo leonardesco di Santa Ma-ria delle Grazie (vi serve una raccoman-dazione robusta, se volete visitarlo entro

l’anno) alla tomba di Newton a Westmin-ster. I sentieri dell’immaginario sono nu-merosi e tutt’altro che scontati. Ciò che possiamo dire con buona attendibilità è che il cinema ha un ruolo significativo nel-la costruzione e nel consolidamento di un brand turistico, specialmente sui mercati remoti. In questo senso l’occasione rap-presentata da Housefull andrebbe colta. “Housefull”, gioco di parole fra “casa pie-na” e “utile e funzionale”, è una produzio-ne di Bollywood, il principale distretto produttivo cinematografico indiano, ed è una commedia musicale vagamente in-consistente. La trama, vaghissimamente imparentata con la pellicola francese Per sfortuna che ci sei, è più che altro il pretesto per cucire fra loro canzoni e bal-letti in scenografie lussuose ed esotiche (un po’ come avveniva per le grandi scalinate bianche su cui folleggiavano Fred Astai-re e Ginger Rogers). Akshay Kumar e Deepika Padukone, i due protagonisti principali del film diretto da Sajid Khan (stiamo parlando di tre astri di prima

grandezza del cinema boolywoodiano) vivono parte della loro commedia senti-mentale in Puglia, più precisamene sul Gargano, nella cornice sontuosa di Baia delle Zagare e di altre località del pro-montorio. Una location che è il risultato di diverse attività, come spiega il direttore di Apulia Film Commission Silvio Maselli nell’intervista che pubblichiamo in questo numero, e che ha avuto un esito travolgente e per certi aspetti inaspettato. Housefull è stato costruito per essere un blockbuster, e i numeri del mercato in-diano sono ciclopici rispetto all’Italia: ma che il film diventasse il secondo incasso di sempre nella storia del cinema indiano, e fosse quindi visto da oltre quattrocento mi-lioni di persone era difficile da prevedere. Il successo di questo film è tale da spalan-care al sistema turistico pugliese le porte di un mercato immenso? Certamente no; ma di sicuro apre uno spiraglio per una partita vitale. Cerchiamo di capire per-ché. Da un lustro a questa parte il borsi-no turistico della Puglia ha fatto registrare

Alla ricerca di unaL’industria dle cinema ben si collega a quella del turismo se si è sufficientemente pronti a sfruttare le occasioni. In Puglia nei prossimi mesi potrebbe aprirsi un nuvo mercato turistico, grazie anche al prezioso lavoro di Afc

Il successo di Housefull e la partita del turismo pugliese

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indici al rialzo: un fatturato complessivo più vicino ai quattro che ai tre miliardi di euro, una collocazione in graduato-ria che oscilla fra la quarta e la sesta, un primato assoluto nel Sud. Merito di un “marchio” consolidato come il Gargano, ma anche dell’impetuosa crescita del Sa-lento e della nuova strategia aeroportuale avviata con il formidabile potenziamento degli scali di Palese e di Brindisi. Per man-tenere questi risultati, però, alla luce della generale contrazione dei consumi in corso nel nostro Paese e in tutta l’Eurozona, è giocoforza rivolgersi ai mercati emergen-ti, fra i quali hanno un posto preminente quelli del cosiddetto Bric (Brasile, Russia, India e Cina). La Puglia, da questo punto di vista, partecipa della generale inettitu-dine del Mezzogiorno ad attrarre quote significative di turisti provenienti dall’e-stero: rispetto ad una quantità stabile di arrivi in Italia che si attesta intorno ai 43 milioni, la nostra regione riesce ad ac-coglierne poco più di uno; un dato che, nella sua pochezza, corrisponde tuttavia

ad oltre il venti per cento di quanti sono accolti annualmente dal Sud e dalle isole. Nel nostro immaginario collettivo, edu-cato da decenni di iniziative benefiche, emergenze sanitarie e assistenziali, l’In-dia è soprattutto un paese di poveri e di mendichi, che certamente non scarseggia-no. Ma l’economia indiana ha il secondo ritmo di crescita del pianeta, secondo solo alla Cina: è previsto che il suo Prodotto Interno Lordo superi quello italiano entro il 2018. La media borghesia indiana, cioè quella parte di popolazione che ha stili di vita, possibilità di reddito e abitudini di consumo paragonabili a quelli europei, ammonta ad oltre cento milioni di persone. Un mercato immenso, per l’appunto; ri-spetto al quale un film, sia pure melenso e poco memorabile (ma non è che con i nostri vari “Natale a…” noi si faccia una figura migliore), può rappresentare un gri-maldello significativo. Non certo per ven-dere il pacchetto della singola struttura di ricezione, e forse nemmeno per proporre “soggiorni in Puglia” tout court, ma per inse-

rire uno spicchio di Puglia in flussi turistici dall’India all’Italia e all’Europa che sono in costante crescita. È abbastanza difficile che qualcuno si faccia un viaggio di dodici ore in aereo per gli arenili di Otranto e le falesie garganiche, per quanto sublimi. Ma tra una fotografia del Partenone, una salita sulla Tour Eiffel e una passeggiata in gondola a Venezia, una settimanella di Puglia la si può incastrare (avete presente i pacchetti New York-Caraibi che trovate in vendita nelle agenzie di viaggio). Special-mente se nelle nostre strutture ricettive la capacità di parlare inglese diventa la rego-la e non l’eccezione, se si evita di proporre una costata fiorentina a un indù o un bel piatto di prosciutto e melore a un musul-mano. Perché l’immaginario è una cosa; ma poi c’è quello che non solo le donne, ma nemmeno le pellicole cinematografiche dicono: che l’industria dell’accoglienza, per essere tale, passa per la conoscenza.

Enrico CiccarelliRIPRODUZIONE RISERVATA

“Estate indiana”

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Deepika Padukone, la regina di Bollywood Deepika Padukone (5 gennaio 1986) è una delle più importanti e belle attrici di Bollywood. Nata in Danimarca (a Copenaghen), torna in India, a Bangalore, Karnataka, all’età di 11 anni. Di origine Chitrapur Saraswat Brahmin, è di lingua madre Koknani. Figlia di un giocatore di livello internazionale di Badminton e di una agente di viaggio, ha intrapreso per prima la carriera sportiva, diventando una giocatrice di livello nazionale di badminton. Le sue soddisfazioni però arrivano dal mondo della moda. Scelta come testimonial internazionale da una nota casa di cosmetica (Maybelline) sfila sulle passerelle di tutto il mondo con grande successo, guadagnandosi il titolo di “modella dell’anno” al quinto festival annuale “Kingfisher Fashion Award”. Diventa testimonial anche della Kingfisher Airlines, Levi Strauss e Tissot.La sua carriera cinematografica inizia nel 2000, con piccole una piccola parte in una produzione Tamil, ma il suo vero esordio è nel 2006 con la pellicola in Kannada “Aishwarya”. L’anno dopo debutta a Bollywood, con il celebre “Om Shanti Om”, nel ruolo della protagonista, che le vale la nomination come miglior attrice protagonista ai Filmfare Award e la vittoria nel Fimfare Best Female Debut Award. Ad oggi ha girato per Bollywood 13 film. Attualmente sta girando “Race 2” e “Rana”.

R.M.

L’industria cinematografica indiana è oggi la più vasta e fiorente al mondo. Pro-duce ogni anno un migliaio di lungome-traggi (per avere un termine di paragone, il doppio di quanti se ne producono negli Stati Uniti) e un numero ancora superiore di cortometraggi. Sostenuta da un pub-blico assiduo e fedelissimo, favorito dalla diffusione relativamente scarsa delle altre forme di intrattenimento e da un costo dei biglietti bassissimo (quello più caro è di pochi centesimi di dollaro), ha un tas-so di crescita, che è stato lasciato sostan-zialmente indenne dalla crisi, che sfiora il 17%, un livello che può essere paragonato solo al settore dell’Information and Com-munication Tecnology, ed occupa circa sei milioni di persone. Va tuttavia considera-to che è improprio considerare il cinema indiano una “cinematografia nazionale” sull’esempio di quelle europee: questo perché l’India è un subcontinente, non una nazione, e le sue differenze lingui-stiche (nel Paese sono parlati oltre cento idiomi) si riflettono in diversi centri di pro-duzione. Quando parliamo di Bollywo-od, quindi, non parliamo della totalità dell’industria cinematografica, ma solo del distretto produttivo ubicato a Mum-bai (quella che un tempo gli occidentali chiamavano Bombay), che è sicuramente il più rilevante, ma non l’unico. Vi si pro-ducono i film in lingua Hindi e Urdu (la lingua ufficiale del Pakistan). Ma hanno numeri ragguardevoli anche Tollywood, come viene chiamato il distretto cinema-tografico dell’Andhra Pradesh, collocato ad Hyderabad, che produce pellicole in lingua Telugu, e Kollywood, con sede a Kodambakkam, dove si girano film in lingua Tamil, che sono anche quelli con maggiore diffusione fuori dall’India, nel Sud-Est asiatico. A Tollywood ha fra l’altro sede lo studio cinematografico più grande del mondo, la Ramoji Film City. In-somma, il cinema indiano ha fatto molta strada da quel lontano 1896 in cui venne-ro proiettate a Mumbai le prime pellicole dei fratelli Lumière. Merito, si diceva, di un favore popolare durevole e ubiquo: in India vengono staccati ogni anno biglietti per oltre due miliardi e mezzo di dollari, e sono quasi i tre quarti di quelli venduti

Il volto orientale di Hollywood

Bollywood, Kollywood e Tollywood fanno del cinema indiano una industria solida e alternativa allo strapotere a stelle e strisce

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nell’intera Asia. Secondo le stime del Cen-tral Board Certification of India, ogni cit-tadino indiano (sono un miliardo e cento milioni) va al cinema in media una volta al trimestre; sempre per avere un paragone, in Italia la media è di una volta all’anno per un cittadino su tre. Il film caratteristi-co delle produzioni indiane era il cosiddet-to masala movie. Con questo termine, ci dice il critico Marco Restelli “si intende quel meta-genere cinematografico (mix di sentimentalismo sopra le righe, dramma, azione, danze, etc) che è stato il marchio di fabbrica del melodramma musicale di lingua hindi, chiamato con il nome della mistura di spezie (masala appunto) co-munemente usata nella cucina indiana.” Ma negli ultimi anni il cinema indiano ha acquisito maggiore spessore e mag-giore maturità di linguaggio: e se ne sta accorgendo anche il mercato europeo.

Bollywood, un altro cinemaLello Petrone, giovane lavoratore nel mondo del cinema, si è approcciato per la prima volta al cinema indiano

È il secondo maggior incasso della storia del cinema indiano, uscito in 750 sale con oltre 400 milioni di spettatori, Housefull il film girato sul Gargano con il sostegno e il contributo di Apulia Film Com-mission. Le spiagge di Vieste e Mat-tinata fanno da sfondo alla locandina e alle cartoline del film che Apulia Film Commission ha sostenuto e finanziato at-traverso sia il Film Fund che il Fondo di Ospitalità per un contributo totale pari a 120.000 euro. A raccontare l’impatto con una realtà molto diversa dalla nostra ci ha aiutati Lello Petrone, per l’occasione al casting e organizzatore di scene di massa.

Questa è sta-ta la sua prima esperienza con il mondo di Bol-lywood. È stato difficile adattar-si ad un modo di lavorare diverso da quello a cui eri abituato?«Sicuramente c’è stato bisogno di tempo per comprendere a pieno i ruoli perché loro hanno un modo di lavorare differente dal nostro, lavorano a “comparti-menti stagni”, ognuno ha un ruolo ben defi-nito e spesso non in-contri mai chi lavora in un altro reparto. In Italia può succedere che tutti fanno tutto e per que-sto motivo si finisce col conoscere l’intera troupe».

Una curiosità: gli attori del film che atteggiamento avevano con voi?«Con noi italiani erano molto cortesi e disponibili. Con la loro troupe...beh dipende da con chi aveva-no a che fare, però non credo fosse una questione di altezzosità da star, credo fosse una fatto di natura sociale. Da loro è ancora ferreo il sistema a classi e come nella loro realtà quotidiana chi fa parte di una classe superiore non ha rapporti con chi ap-partiene ad una classe inferiore; lo stesso avviene sul set. Credo che con noi avessero un atteggiamen-to tranquillo perché, forse, ci ritenevano loro pari».

Andrea DammaccoRIPRODUZIONE RISERVATA

La società di produzione india-na ha speso decine di milio-ni di dollari per Housefull, una cosa inimmaginabile da noi.«Possiamo anche dire centinaia di milioni. Ma per loro è normale, così come per paesi come Inghilter-ra o Stati Uniti. Una nostra grande produzione equivale, in termini di investimento, ad un loro film di nicchia. Ma è un modo di fare cinema di-verso, per noi è un arte e basta, per loro è un’arte in una vera e propria industria; il loro obiettivo è quello di portare il film in giro per il mondo e non solo nel proprio paese, di conseguenza vanno in contro a incassi stratosferici. Inoltre il fatto di investire tanto in un film significa avere a dispo-

sizione attrezzature per noi impensabili: per esempio in Housefull si girava con tre mac-chine da presa per la stessa scena. Noi, a volte, se ne abbiamo due significa che stia-mo facendo un film iperfinanziato. Oppure, a livello di personale, c’erano manovali pa-gati per una sola ed esclusiva mansione: ri-cordo che, per esempio, c’era una persona ad-detta solo a reggere lo specchio di un attore».

Per conclude-re, come hai reputato que-sta esperien-

za? Ti ha lasciato qualcosa a li-vello professionale e umano?«È stato meraviglioso. Da un punto di vista pro-fessionale ho capito che si può fare cinema in un altro modo rispetto a quello a cui siamo abitua-ti. Dal punto di vista umano è stata un’espe-rienza spettacolare. È stato bellissimo vedere ogni attore, operaio o chiunque altro divertir-si nel fare il proprio lavoro. La cosa incredibile è che non vedi nessuno lamentarsi, anche se ha dei ritmi frenetici. Capisci subito come tutti ab-biano la consapevolezza che stanno facendo un lavoro bello, quasi fossero dei privilegiati».

Lello Petrone

Enrico CiccarelliRIPRODUZIONE RISERVATA

In alto Sajid Khan, regista di Houfull, durante le riprese a Mattinata;A sinistra altra immagine del set cinematografico durante i lavori;In basso la bella Deepika Padukone, protagonista del film.

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Malgrado non abbia ancora trentasette anni, Silvio Maselli, il direttore dell’A-pulia Film Commission, può essere definito un punto di riferimento per que-sti organismi (normalmente regionali, ma ne ha uno anche la Provincia autonoma di Bolzano) creati per incentivare ed at-trarre le produzioni cinematografiche ed audiovisive. Non per caso è stato di recen-te nominato presidente dell’Associazio-ne Nazionale Film Commission. Dal suo ufficio al Cineporto di Bari ha gestito la complessa operazione che ha portato i bollywoodiani di Housefull sulle coste del Gargano«Avevamo già avuto rapporti con altre produzioni indiane, ma non con Bollywood, come viene chia-mato comunemente il grande distretto produttivo cinematografico che fa capo a Mumbai. Il contatto con i produttori di Housefull è avvenuto tramite la Scrix, una società di produzioni esecutive che lavora a stretto contatto con l’universo indiano».Perché avete pensato al Gargano?«In realtà la sceneggiatura originale del film pre-vedeva che si girasse a Londra e in Grecia, che è l’ambientazione ‘mediterranea’ che i registi in-diani prediligono. I panorami del Gargano, con le loro rocce a picco sul mare e il candore del loro tufo carsico, sono i più somiglianti all’area dell’Egeo. È venuto quindi naturale pensare al nostro promontorio».

Quanto è costato Housefull all’Apulia Film Commission?«Molto meno di altre produ-zioni: tra contributo di ospi-talità e quota di film fund, il film ha ricevuto in tutto cen-toventimila euro, in cambio dei quali non abbiamo avuto solo una generica visibilità, ma anche un’esplicita cita-zione nell’ambito della pelli-cola, con un personaggio che accoglie i protagonisti dicendo loro ‘Benvenuti in Puglia’. Il contributo economico, comunque, non è stato forse la voce più

importante in termini di impegno».Perché?«Perché Apulia Film Commission non è solo un finanziatore di film, ma un fornitore di servizi. Quando una produzione di un Paese che non fa parte dell’area Schengen sceglie la Puglia, noi forniamo loro assistenza logistica, burocratica, doganale. Un lavoro che è piuttosto complesso con una produzione che viene dall’In-dia».

Quali sono state le com-plessità specifiche?«Vanno dalla difficoltà di trascrivere correttamente il nome e il cognome di ogni singolo partecipante della troupe (normalmente in numero doppio rispetto a quelle europee) al lavoro necessario per sdoganare gli alimenti, perché preferiscono porta-re tutto con loro anziché abituarsi alla cucina del paese ospitante, fino all’ingresso in Italia delle attrezza-ture di produzione».

Ci si può attendere un ritorno c o n c r e t o in termini turistici da una pelli-cola di così forte im-patto popo-lare?«Sicuramente sì, ma è diffi-cile fare una stima precisa. I film normalmente concorrono con molti altri fattori a de-terminare una scelta turistica. Come Apulia Film Commis-sion abbiamo un approccio

più marcatamente di sostegno all’industria che di incentivo al turismo. Secondo uno studio della Fondazione Rosselli, per ogni euro di contributo

Noi e gli

Silvio Maselli, direttore di Apulia Film Commission, parla dell’esperienza dell’operazione “Housefull”

“Un film come Housefull è un formidabile strumento di promozione del terriotiro garganico„

Enrico CiccarelliRIPRODUZIONE RISERVATA

indiani

pubblico, le produzioni ne investono sul territorio 6,3. Ci sembra una proporzione importante e van-taggiosa. Tuttavia è indubitabile che un film come Housefull, il secondo incasso di sempre nella sto-ria del cinema indiano, rappresenti un formidabile strumento di promozione del territorio garganico e italiano più in generale».

Silvio Maselli, direttore di Apulia Film Commission

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La rassegna fieristica milanese come ogni anno offrirà agli addetti al settore occasione di contatti privilegiati con buyer internazionali. Una opportunità per sviluppare il proprio incoming che gli imprenditori pugliesi non si lasceranno sfuggire

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

‘Puglia, terra di racconti’ è lo slogan scelto quest’anno dalla Regione Puglia per pre-sentare agli operatori turistici e alla stam-pa specializzata, in occasione della Bit di Milano, la propria offerta turistica integra-ta per il 2012, dal mare all’enogastrono-mia, dalla natura alle tradizioni religiose, dallo sport agli eventi culturali, musicali e di spettacolo. La partecipazione della Puglia alla ker-messe internazionale conferma l’ottimo stato di salute del settore, uno dei più importanti per l’economia regionale, ac-creditata da un costante trend di crescita che colloca il brand ‘Puglia’ ai primi posti delle destinazioni turistiche per il mercato italiano ed estero.Avere tutto per poter essere competitivi a livello internazionale può non essere suffi-ciente per diventare un polo di attrattiva turistica.Se un film, sia pure di successo e visto da milioni di persone in tutta l’Asia (come raccontiamo nelle pagine precedenti) rap-presenta un ottimo biglietto da visita, tutto il resto deve essere costruito.La Puglia è pronta per ricevere turisti da

tutto il mondo?Sono i nostri operatori turistici in grado di parlare con tutti? Si sta lavorando per inserire l’offerta-Puglia all’interno dei pac-chetti dei grandi tour operator mondiali?Tutte domande a cui è difficile dare una risposta. Di certo possiamo sottolineare come in Puglia non si sta con le mani in mano. Ma sapere cosa fare, con chi parla-re, di cosa e come agire è una ricetta che trova sempre una sua difficile realizzazio-ne.Per essere considerati, allora, bisogna esse-re presenti. Ed anche quest’anno, in quella che è la vetrina più importante del settore (insieme alla kermesse estiva di Rimini), la Bit di Milano, la Puglia è ben presente con un proprio stand e con i propri operatori turistici ed istituzionali.Perché il primo passo per poter essere “of-ferta” è farsi conoscere. Abbiamo bellezze che non sono seconde a nessuno. Bisogna mettersi il vestito delle grandi occasioni e farsi guardare da chi, poi, deciderà dove mandare i propri clienti, e deciderà come convogliare i principali flussi turistici verso l’Italia e, speriamo, verso la Puglia.

Ecco allora il senso della partecipazione (istituzionale e non certamente a titolo gratuito) della Puglia alla Borsa Interna-zionale del Turismo di Milano, in pro-grammazione da giovedì 16 a domenica 19 febbraio alla Fieramilano di Rho.E la Puglia ci sarà, dunque. Ancora una volta con una offerta turistica d’eccellen-za, in grado di spaziare dalla gastronomia alle bellezze paesaggistiche, dall’intratteni-mento culturale al mare, dal divertimento per i più giovani ai grandi monumenti, dai siti tutelati dall’Unesco ai percorsi natura-listici, dal turismo religioso agli spettacoli.Ne abbiamo per tutti i gusti e, spesso, an-che per le tasche meno “capienti”. Dob-biamo però continuare a presentarci in Italia come all’estero. Sempre più come “brand” e “prodotto unico” e sempre meno come accozzaglia di operatori e di prodotti che puntano ad una mera soprav-vivenza. La Puglia merita certamente di più. Si tratta, semplicemente, di saperselo “conquistare”.

Bit, la Puglia si mette in mostra

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Non solo mare e sole, ma anche una offerta ampiamente differen-ziata, per fare della Pu-glia una protagonista del turismo internazionale.Continua, infatti, il per-corso di promozione del progetto Patroni di Puglia, riguardan-te le feste patronali della Regione Puglia, parallelo all’iniziativa “La Settimana Santa in Puglia”, in collabo-razione con l’Assesso-rato al Mediterraneo, Cultura e Turismo della regione Puglia. Le feste padronali, re-censite in una guida

Per il dodicesimo anno con-secutivo, ma con nuovo con-cept, una continua indagine sul campo, un trend di turisti in crescita e la volontà di an-dare oltre. Nel segno della me-moria. Ecco la ricetta dell’Agenzia Puglia Imperiale Turismo per la BIT 2012,“Il Turismo della Memoria in Puglia Imperiale”, un viaggio alla ricerca dei luoghi della Storia: sono gli antichi mestie-ri, sapori, riti religiosi, pietre, castelli e cattedrali, pagine di storia che parlano di viaggi e di ritorni, non solo con la mente. Sono questi i temi “caldi” scelti per il ricco calendario di even-ti, che vedono coinvolti insie-me al Presidente dell’Agenzia Puglia Imperiale Turismo, Luigi Simone e del Presidente della Provincia di Barletta-An-dria-Trani, Francesco Ventola,

anche i sindaci e gli Assessori al Turismo dei Comuni di An-dria, Barletta, Bisceglie, Ca-nosa, Corato, Margherita di Savoia, Minervino, San Ferdi-nando, Spinazzola, Trinitapoli e Trani.A pochi metri, nello stand pro-mozionale di Puglia Imperiale, pubblico ed operatori del set-tore troveranno ad accoglierli “gli entusiasti”: sono i fieri cu-stodi del proprio tesoro fatto di arte, di storia, di cultura e di paesaggio, con una gran voglia di raccontarlo e farlo conosce-re in tutto il mondo. Luoghi di epiche disfide, di matrimoni fra principi e principesse, di crociati in partenza, di imma-gini impressioniste che fotogra-fano la natura incontaminata, da visitare a bordo di antichi convogli che viaggiano insieme ai pensieri. E fanno il giro del mondo: a

completa (in tutto 80), sono state suddivise in 5 categorie: sagre a mare, carri trionfa-li, pellegrinaggi, cor-tei storici e i fuochi.Dopo il lancio promo-zionale dello scorso 11 novembre 2011 nella sede della Provincia di Taranto, il proget-to verrà presentato ufficialmente alla Bit.Si tratta di un progetto di promozione turistico, religioso e culturale, un excursus lungo i ricchi sentieri della tradizione popolare e della produ-zione storico-tradizio-nale della Puglia, la cui

questo proposito passato e fu-turo si intrecciano virtualmen-te, dato che la presenza della manifestazione milanese sui principali social network, com-pleta e amplia ulteriormente su scala mondiale i contatti possi-bili, rendendo protagonisti glo-bali i temi proposti. In questa edizione, infatti, è particolare l’attenzione al mondo dei nuo-vi media sensibili al tema delle vacanze e dei viaggi, per rac-contare le tendenze e le novità di più grande impatto. Dopo aver celebrato i 10 anni del marchio europeo “Puglia Imperiale”, l’Agenzia Puglia Imperiale Turismo alla Bit di Milano scopre orizzonti sem-pre più internazionali, per maggiori opportunità di busi-ness mirato. Passato e futuro, attraverso il presente.

Agenzia Puglia Imperiale, andare oltre nel segno della memoria

lettura passa dal folk-lore alla poetica della narrativa popolare, dai rituali ai culti religio-si. Questa promozio-ne integrata, partendo dagli eventi religiosi e culturali, consentirà anche di valorizzare le particolari attrattive na-turalistiche, enogastro-nomiche e produttive in generale, di scoprire territori ricchi di storia e tradizioni, favorendo un turismo sostenibile destagionalizzato, mol-tiplicando le opportuni-tà e le occasioni di svi-luppo sociale e culturale della Regione Puglia.

Patroni di Puglia presente alla Bit milanese

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

Alla Bit hanno accesso come visitatori sia gli operatori professionali che il pubblico dei viaggiatori.Quest’anno gli operatori di settore hanno a disposizione 3 intere giornate per stabilire nuovi con-tatti. Il pubblico può visitare gli stand solo sabato 18 e domenica 19 febbraio.Secondo le statistiche dell’organizzazione i visitatori della fiera sono per 40% viggiatorie e per il restante 60% operatori. Fra gli operatori poi, solo il 20% è data da agenzie di viaggio.Dal punto di vista geografico le statistiche ci dicono che la maggioranza degli operatori sono del Nord (68%), 20% del Centro e solo il 12% del Sud, dato molto basso se si considera che è la parte di territorio che dovrebbe investire maggiormente nel turismo.

MA IL SUD CREDE NEL TURISMO?

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16 il magazine dell’eccellenza pugliese

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Renzo Arbore,la musica per tutta la vitaArbore ancora una volta fa incetta di applausi a Taranto e intanto ci parla della sua sconfinata passione per il clarinetto e per il jazz e per il Sud

È stato facile riconoscere il re della musica napoletana e del clarinetto, Renzo Arbore, mentre salutava numerosi fans per le vie di Taranto.Il concerto nella bella città pugliese si era appena concluso; il profumo del sud suonato dall’Orchestra italiana e cantato dalla sua voce, vibrava ancora nell’aria.Le tre ore di musica, intervallati da barzellette, sketch, racconti personali, e momenti di riflessione, non hanno contraddetto la “premessa-promessa” dell’artista, «sarà un concerto sentimentale».Oltre alle famosissime Reginella, O’ Sarracino, Malafemmina, non sono mancate alcune delle sue canzoni, Il clarinetto e Ma la notte, intonate anche dal pubblico.Come di consueto, il re della musica italiana d’autore, ma anche del piccolo schermo da ormai 50 anni, è entrato in stretto contatto con i presenti in sala, emozionandoli e rendendoli protagonisti.Nella splendida cornice del Teatro tarantino, oltre alle note dei mandolini contaminati da sonorità blues, rock e country, ha regnato anche un’atmosfera serena e positiva.Il grande Maestro, infatti, non ha risparmiato parole confortanti rivolte all’attuale crisi del Paese «noi pugliesi abbiamo una marcia in più, siamo “operativi” e capaci di rialzarci dinanzi alle difficoltà e non smetteremo di sperare».È stato un altro successo per Renzo Abrore e l’ Orchestra italiana, quasi interamente composta da altri pugliesi, che dal 1991 portano in alto il nome della nostra regione sino a Tokyo, New York, Toronto, Parigi, Londra, San Paolo, Buenos Aires e Mosca.Per questo, abbiamo voluto chiedergli come nasce il suo rapporto con la musica, quanto è forte quello con la Puglia e la Campania, i segreti del suo successo e tanto altro ancora.

Maestro Arbore, Lei ha fatto di tutto,

anzi, tutto: cantante, musicista, attore, conduttore televisivo e radiofonico, sceneggiatore, regista, disjokey, talent scout, testimonial della Lega Filo d’oro, Presidente dell’ Umbria Jazz. Ma qual’era il suo sogno da bambino?«Io sono partito dalla mia città, Foggia, con l’idea di fare il musicista, era il mio sogno. Ho capito subito che la mia vita sarebbe stata legata alla musica».

Come è avvenuto il suo successo negli altri campi dello spettacolo? «Piano piano. Andando a Napoli, ho cominciato a lavorare nei locali, ma non pensavo di fare l’intrattenitore perchè avevo una timidezza antica, ero “uaglione”, il meno intraprendente e il più

timido del gruppo che stava lì per imparare. Con il tempo ho superato questa timidezza e mi è venuto naturale cominciare a parlare negli altri mestieri, come intrattenitore, regista, conduttore».

Come si definirebbe? «Un clarinettista, quello che volevo fare quando ho cominciato; cioè suonare il clarino, avere gli applausi diretti dal pubblico e cantare le canzoni napoletane. Ho

fatto anche le orchestre con le quali mi divertivo a suonare il jazz; diciamo che la musica è la colonna sonora di tutta la mia vita e se posso fare una confidenza, dalla musica, in particolare dal jazz, ho imparato a fare spettacolo, ho studiato il gusto di improvvisare e l’ho fatto in radio, televisione, e al cinema, con Benigni».

Con 15 artisti quasi tutti del sud, porta in giro per il mondo, la canzone n a p o l e t a n a , r i v i s i t a n d o l a ,

adattandola ai giorni d’oggi. La sua attualizzazione ha reso quella musica una lingua, un modo di essere che era stato etichettato. Perchè ha scelto di rappresentare il suo sud?«Innanzitutto perchè sono un uomo meridionale, poi perchè ritengo che la musica di tutti i paesi del sud, non soltanto italiani, sia la musica piu’ interessante; i paesi del sole sono piu’ passionali, forse drammatici in alcuni momenti, pero’ anche piu’ allegri rispetto a quelli del nord. Ritengo che il nostro sud abbia una grande solarità, abbiamo dei problemi, è vero, ma dal punto di vista artistico esiste una grandissima creatività».

Nato a Foggia e cresciuto a Napoli. Se fosse rimasto nella sua città natìa, sarebbe cambiato qualcosa, secondo Lei?«Questo si. Diciamo che oggi le capitali della comunicazione, cinema ed editoria sono Roma e Milano, mentre Firenze, Napoli, Bari sono ottimi punti di partenza. Pero’, la gavetta la si fa proprio nelle nostre città.L’unica gavetta che ho fatto è stata quella con gli amici, a Foggia, con i quali ho suonato e dai quali ho imparato. Adesso sono Presidente dell’Umbria Jazz. Insomma, diciamo che per arrivare bisogna avere le fondamenta».

Classe 1937, 74 anni all’anagrafe, molti di meno sul palco. Qual è il segreto?

“La musica è la colonna sonora di tutta la mia vita. „

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17febbraio duemiladodici

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«Il fatto di fare un lavoro artistico, ci obbliga a controllare il peso e la ginnastica che fai sul palco per tre ore e mezzo , è praticamente una palestra, come i viaggi e tutto cio’ che comporta l’ attività artistica.Devo dire la verità, sono abbastanza fortunato a fare questo tipo di lavoro e non un altro; credo che il vero segreto sia avere un po’ di positività, ecco. Noi meridionali spesso ci portiamo dietro un po’ fatalismo , “così doveva andare il mondo”, e invece dovremmo essere più positivi, a volte».

Prima di salire sul palco, si e m o z i o n a ancora?«Certo, sempre. Domenico Modugno mi diceva “guai a non emozionarsi perchè questo si comunica anche al pubblico”.Poi, ci sono alcune mete che ti emozionano particolarmente, come il tetaro Petruzzelli di Bari.Da giovane, con gli amici, consideravamo il teatro barese la “meta della terra promessa”, perchè era rservato alle grandi occasioni e quel ricordo adolescenziale rimane ancora.Poi, salire sul Petruzzelli che ha avuto quelle vicissitudini, vederlo completamente restaurato, con un pubblico esigente, accende particolarmente l’emozione.Io cerco di salire sul palco sicuro di quello che regalo al pubblico, anzi di dare più di ciò che si

aspettano.Ho piu’ una certa impazienza che emozione, ti dico la verità e l’ impazienza è un buon segno perchè vuol dire che non vedi l’ora di far vedere al pubblico l’orchestra, soprattutto all’estero, perchè lì non ci conoscono bene ed è bello dire: “adesso vi faccio vedere chi sono io” (sorride- n.d.r.)».

Che cosa hanno in comune la Puglia e la Campania per Lei , oltre il sole?«La Puglia e la Campania hanno una cultura comune, compresa la musica. La mia colonna sonora, già dall’infanzia, era la musica napoletana, ma c’è una caratteristica della pugliesità che è maggiore: l’operosità.Noi pugliesi vogliamo imporci, lavorare e ottenere

dei risultati; certe regioni del nostro meridione sono un po’ piu’ restie , un po’ piu’ “comode”, noi, invece, abbiamo delle qualità che non dobbiamo sottovalutare».

I pugliesi e i campani la contendono, ma lei dentro, si sente più napoletano o foggiano?«Bella domanda (sorride). Foggiano, perchè non dimentico le mie radici e il mio percorso, ma anche Napoli fa parte della mia vita.Sono luoghi magici, mete importanti».

Prima di diventare il Re della musica italiana, ha mai dubitato o

“Una canzone per descrivere la Puglia? Amara terra mia di Modugno. „

Le hanno mai fatto dubitare del suo talento?«No, questo no, ma c’è stata qualche invidia, quello sì, anche da parte degli artisti napoletani perchè tra di loro sono molto invidiosi, non si amano e, quindi, ho faticato, però …. (sospira)».

Scelga una canzone per descrivere la sua Puglia«Amara terra mia, di Modugno che scrisse con un mio amico foggiano, Spadaccino; una canzone sulla Puglia antica, amara, inconfondibile».

Lorenzo Giovanni Arbore, polie-drico personaggio radio-televisivo, attore,showman e musicista, nasce a Foggia il 24 giugno 1937. Nella sua lunga carriera artistica è riu-scito a coniugare radio, musica, cinema e televisione, mantenendo intatto il proprio personaggio. Dopo la maturità, si trasferisce a Napoli, dove si laurea in giurispru-denza, ma è nella sua città natia che muove i primi passi da musici-sta sino a divenire, in breve tempo, popolare.Ha lavorato con i più grandi artisti italiani e stranieri ed è tra i perso-naggi più amati dal pubblico.

Chi è Renzo Arbore

Annalisa TatarellaRIPRODUZIONE RISERVATA

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18 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Abiti come pezzi della propria personalità. Giacche come veicolo per far conoscere fin dal primo sguardo le proprie idee, per par-lare di sé anche solo attraverso una scelta apparentemente banale come quella di un capo di abbigliamento. È questa la filoso-fia di Sciamat, brand che nasce nel 2002 per volontà del suo fondatore, il giovane avvocato bitontino con la passione per la moda Valentino Ricci, e che quest’an-no, esponendo presso Pitti Uomo, porta una ventata di gusto ed eleganza pugliese anche nella più importante fiera di moda maschile d’Italia. Il nome dà già un impronta chiara al mar-chio: “Sciamat” non è altro che il nome del-la mossa che nel gioco degli scacchi indica lo scacco matto, la vittoria sì, ma anche l’azzardo, il rischio, il tentativo coraggioso di rovesciare lo status quo per arrivare in alto. E l’azienda Sciamat è partita proprio da questa idea, dalla voglia di creare abiti in cui far confluire tutta la tradizione del made in Italy ma facendo una scommessa nei confronti della sua clientela. Niente più prodotti in serie, né catene di montag-gio che offrono l’estrema spersonalizza-zione dell’abbigliamento, bensì cura per il dettagli, produzione su misura e tutta

l’eleganza dell’eccellenza. Ci dice Silvana Ricci, moglie nonché stretta collaboratrice del fondatore: «Il Pitti resta sempre l’unico grande palcoscenico in grado di rappresentare nelle sue varie prospettive l’eleganza maschile. Ed è forse l’unica location nella quale chi cerca qualcosa, verosimilmente, potrà trovarla. Certamente dipende da cosa cerca. In verità ci siamo sempre chiesti se il Pitti fosse per noi una manifestazione ideale, stante il fatto che siamo una bottega che produce artigianalmente un prodotto che oggi è senz’altro considerato un bene di lusso e quella del Pitti è sicuramente, per gli addetti ai lavori, una grande vetrina commer-ciale. In verità noi di commerciale abbiamo ben poco. Tuttavia, vi si avvicenda l’intero mondo e tra questi c’è chi trova in noi quello che ha sempre desiderato: studio, ricerca, stile, manualità, in una parola un prodotto unico e si accontenterà di averlo in limited edition. A rendere vincente un prodotto oggi più di ieri è la qualità, il rispetto di procedure che garantiscano al cliente con trasparenza quel-lo che sta comprando e quindi cosa sta pagando. Questo per noi fa la differenza. Quindi il vantag-gio di questa manifestazione è, e resta sempre, la grande visibilità data dal fatto che, in quei giorni, l’intero mondo fatto di esperti e non esperti ha l’opportunità di conoscere il tuo lavoro».Insomma, la Puglia ancora una volta di-

mostra di aver ben capito su quali elemen-ti puntare, e questa azienda sembra avere in tasca la perfetta ricetta anticrisi: «Lo stile, le forme, le linee, quelle possono piacere oppure no; ma quello che non deve mancare mai è rendere l’in-terlocutore, il committente, partecipe fino in fondo all’oggetto della sua committenza. Continua la Signora Ricci - Quindi in un mercato dove ormai si produce di tutto e di più e dove ci sono prodotti clonabili di qualunque specie, a vincere non è il prodotto da “solo” ma tutto quello che c’è dietro e dentro di lui: la passione, la ricerca, l’a-more verso il proprio lavoro, un “profumo” quasi sconosciuto alle nuove generazioni abituate a cer-care il prodotto fashion del momento».

La Puglia si veste bene a Firenze con SciamatOttimo bilancio per le aziende pugliesi che hanno esposto a Pitti immagine. La sartoria bitontina fondata da Valentino Ricci in pochi anni è diventata una delle più belle espressioni del l’abbigliamento “su misura“ made in Italy

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

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19febbraio duemiladodici inpuglia

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Un papillon di stile conquista il mondoDopo essere stato indossato anche dallo showman Fiorello, il farfallino dei tre giovani coratini ha conquistato Firenze

Nati proprio nell’edizione 2010 di Pitti Immagine, questo trio di creativi cora-tini non possono che essere grati ad una manifestazione che è stata una vetrina così importante per il loro marchio. An-tonio Patruno Randolfi, Luigi Ar-bore e Massimo Mazzilli sono le tre anime di Cor Sine Labe Doli, piccolo gioiellino dell’imprenditoria nostrana che, già a partire dal nome, dimostra di aver deciso di puntare con determinazione ad un vasto mercato internazionale senza per questo perdere di vista le sue radici: “Cor Sine Labe Doli”, infatti, che alla lettera vuol dire “Cuore Senza Macchia di Tradimento”, non è altro che il motto della città natale dei tre soci fondatori, Corato. Ed è proprio in questo gioco di commistio-ne passato-presente che emerge la natura del marchio: il prodotto simbolo di “Cor Sine Labe Doli”, cioè quello che li ha portati alla ribalta alla scorsa edizione di Pitti, al-tro non è che un papillon, espressione della moda maschile più classica e tradizionale, ma reinterpretato con materiali assoluta-mente inediti, ossia la ceramica e il metallo. «Cosa ha reso un prodotto come il nostro come un progetto vincente?” - ci dice Luigi Arbo-re, Sales & Marketing Manager di “Cor Sine Labe Doli” - Difficile saperlo, si possono fare solo delle ipotesi. Credo che il prodotto giusto, geniale e innovativo, differenziante e spesso anche di qualità, faccia l’80%. In più se un prodotto è Made in Italy 100% come il nostro, si parte ancora più avvantaggiati». Quindi la ricetta del successo, in qual-che modo, è ancora quella di coniugare l’esperienza consolidata del made in Italy con le idee, la strava-ganza e l’originalità, per

porre sul mercato dei prodotti che si distan-zino quanto più possibile dall’ordinario. E in questo il team di Cor Sine Labe Doli ha di sicuro fatto centro! In poco meno di due anni hanno conquistato una clientela vasta e trasversale, rivolgendosi sia a chi ama uno stile pulito e classico, sia a chi vuole osare e magari lasciar spuntare il papillon dal collo di una polo invece che dalla solita camicia. Inoltre sono stati ad-dirittura al collo di Fiorello nello show più seguito della stagione, Il più gran-de spettacolo dopo il weekend! Ma la loro linea cresce ancora, e in occasione di questa edizione di Pitti Uomo è sta-ta presentata Sir Winston, camicia da uomo sia bianca che nera in cui la par-ticolarità è tutta nei bottoni, chiaramente in ceramica. E per le donne, da sempre consumatrici di moda numero uno? La creatività di Cor Sine Labe Doli accon-tenta anche loro, proponendo pochette raffinate ed eleganti e chiaramente Femi-na, un papillon declinato al femminile. Unica nota stonata, ancora secondo Lu-igi Arbore? Il contesto politico. «Se dal punto di vista sociale, siamo riusciti a trovare degli appoggi, a trovare chi credesse in noi, dal punto di vista politico no! Noi siamo giovani, e rappresentiamo una giovane azienda, ma cosa fanno le nostre istituzione per noi? Nulla. Men che zero! Eppure abbiamo anche provato a sot-toporre la nostra attività ai finanziamenti regio-

nali del caso, ma la risposta è stata picche. E allora? Allora abbiamo deciso di fare tutto da soli. Mordaci e determinati». E noi non possiamo che far loro i complimenti!

Pitti, stile e il savoir vivre da oltre cinquant’anniPitti Immagine organizza fiere inter-nazionali ed eventi di comunicazione in tutti i settori della moda, con l’obiettivo di selezionarne e presentarne i prodotti di alta qualità e gli stili più innovativi, evi-denziarne la rilevanza sociale e culturale e i contenuti di ricerca. La sua origine ri-sale agli inizi degli anni Cinquanta con le prime sfilate organizzate a Firenze nella Sala Bianca di Palazzo Pitti e con la successiva costituzione (1954) del Centro di Firenze per la Moda Italiana, attual-mente holding di un vasto e ramificato gruppo di società che operano a sostegno del sistema moda italiano - e di cui Pitti Immagine fa parte. Fulcro delle manife-stazioni di Pitti Immagine è la Fortezza da Basso di Firenze che si estende su una superficie di 59.000 metri quadrati. Per l’edizione 2012 è stato realizzato un percorso articolato in 12 sezioni e con oltre 1000 marchi; inoltre hanno parteci-pato 28 aziende pugliesi tra cui Angelo Nardelli di Martina Franca, Harry & Sons di Noci e Joe Rivetto di Barletta. Pitti risulta essere un punto di riferimento sulla scena internazionale, come dimo-strano i numeri dell’ultima edizione: oltre 23.100 i compratori all’ultima edizione invernale dei quali 7.700 i buyer (33,3% del totale) dall’estero in rappresentanza di tutti i negozi e i department store più importanti del mondo. Pitti Uomo è la vetrina ideale scelta dalle migliori aziende per la presentazione delle nuove collezio-ni e di nuovi progetti speciali. Crescono, infatti, le richieste di realizzare eventi e presentazioni in Fortezza, sempre più contesto privilegiato dove intercettare i top buyer e la stampa internazionale.

Il papillon di Fiorello

Il papillon di Cor sine labe doli è stato indossato anche da uno dei colli più popolari e prestigiosi dello Star system italiano, Saro Fiorello.

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

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20 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Nel capoluogo pugliese, c’è fermento, anzi, “Fermento”, il primo ed unico beer shop pugliese che offre più di 300 birre di qualità.Nel locale, situato nella zona di Poggio Franco, si respira un’ atmosfera internazionale e ogni dettaglio riporta al mondo birraio, persi-no la carta da parati.I proprietari sono due giova-ni pugliesi, Michele Pesce e Rosario Piergiovanni che abbiamo intervistato degustan-do una birra belga alla ciliegia.Cosa vuol trasmettere al cliente, Fermento?«Movimento, evoluzione, trasforma-zione. Speriamo che la novità venga apprezzata; in Italia vi sono altri beer shop, ma in Italia e a Bari sia-mo gli unici».

Come si caratterizza il vostro negozio di birra ri-spetto a quelli esistenti al Nord?«Noi offriamo un surplus: qui la clientela può intrattenersi, degustan-do birre abbinate a prodotti tipici di qualità, ossia formaggi ricercati, d.o.p.».

Come nasce Fermento?«Dalla passione e dall’esperienza; abbiamo una birreria da dieci anni, propri qui vicino. Anche lì abbiamo sempre cercato di trasmettere al clien-te il concetto della degustazione».

In quanto tempo avete re-alizzato il progetto?«In due mesi, anche se l’idea ci frul-lava in testa da un paio d’anni».

Fermento raggiunge an-che le case dei clienti?«In un certo senso, sì; tra poco sarà possibile anche acquistare il mate-riale per fare la birra nella propria abitazione».

Le birre vengono da tutto il mondo?

«Attualmente da sette Paesi: in predominanza, dal Belgio, seguita dalla Germania,Francia, Stati Uniti e Italia».

Hanno una stagione?«Si, ci sono delle birre che si chiamano “season”, in francese vuol dire stagione, appunto, che ven-gono prodotte a maggio con una una gradazione particolare che permette un’ottima conservazione

della birra da consumarsi in ottobre».Quanti gradi con-tiene la birra più alcolica?«Dodici gradi, in realtà, ci sono molti esperimenti delle case birraie, specialmente in Belgio e in Inghilterra, dove vengono eseguiti af-finamenti particolari che elevano i gradi della birra sino a 18, 20. Sono birre più difficili da bere e co-stano parecchio, ma non sono le più richieste».

Da Fermento si possono trovare birre dal gusto par-ticolare?«Qui si può degustare una birra aromatizzata alla ci-liegia, al miele o, se si pre-ferisce, al cioccolato. Sono tantissime».

Su questi scaffali c’è anche una birra pugliese, vero?«Si, “Nova” e presto ve ne sarà almeno una per ogni regione italiana. Prima, però, le degusteremo tut-te, insomma, ci prestiamo spesso a questo sacrificio (sorride n.d.r.)».

Da Fermento ci si può recare anche attraverso il web?«Il nostro sito è in costru-zione. Presto le birre si potranno acquistare anche online, stiamo anche pen-sando di fare e-commerce».

Bari è in FermentoLa birra ha una nuova casaÈ nato a Bari il primo beer shop pugliese e si preannuncia come un posto di sicura tendenza, dove poter gustare un’ampia selezione di birre provenienti dai maggori Paesi produttori. Abbiamo intervistato per voi gli ideatori di questa attività per saperne di più

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21febbraio duemiladodici inpuglia

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Come confezionate i vostri prodotti?«In modo originale. Rosario, presto futuro produt-tore birraio, è appassionato anche di falegnameria , oltre che di consulenza, e per i clienti ha realizzato delle cassette da asporto da riempire nel modo che si preferisce, per fare e farsi un regalo, personaliz-zato».

Il negozio di birra ha gli stessi orari di un negozio di abbigliamento?«I nostri sono flessibili in quanto ci si può intratte-nere. Siamo aperti dalle 10.00 alle 15.00 e dalle 17.30 alle 22.00. Organizziamo anche serate di degustazione».

Ditemi una cosa che della birra, in pochi conoscono?«L’importanza della spillatura che, se corretta, consente di eliminare l’anidride carbonica. Inoltre, in molti, chiedono la birra senza schiuma che, in-vece, ne protegge il sapore».

C’è fermento da Fermento?«Per ora si. Chi entra da Fermento per la prima volta è un po’ confuso, ma dopo ne rimane affasci-nato ed affezionato».

DoveFERMENTO via Mauro Amoruso, 59Bari080.561.19.36

Annalisa TatarellaRIPRODUZIONE RISERVATA

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22 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

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cuochi si nasce“Mi piace pensare alla mia cucina come una cuci-na emozionale, che con il totale coinvolgimento di tutti i sensi riesca ad appagare non solo il palato”. È quanto afferma Antonio De Rosa dal 1994 Excutive Chef dell’ Hotel Mercu-re Villa Romanazzi Carducci, amba-sciatore del «made in Puglia», vincitore alla fiera del libro di Parigi per il miglior libro al mondo sulla cucina mediterranea, che per quest’ anno ripropone una raccolta di 100 ricette della migliore tradizione levan-tina.D’ altra parte il legame tra il cibo e le emo-zioni è noto fin da tempi remoti; un sapore gradevole o un profumo appetitoso pos-sono persino evocare sensazioni e ricordi inattesi .

Chef, qual è il cibo della sua infan-zia?«La cucina di mia nonna. Mi ritorna in mente l’odore del ragù che preparava la domenica nella sua cucina ed il rito che mi vedeva impegnato all’ età di cinque anni nell’ impresa di spezzare zitoni e di grattugiare il pecorino romano. Ancora oggi a casa di madre si mangia rigorosamente pasta liscia».

La cucina è sacrificio e passione.

Come mai ha intrapreso questa professione?«Credo sia una sorta di vocazione. E’ una passio-ne. Avevo 4 anni e sul letto giocavo ad impastare il pane. Dicevo già che avrei fatto il cuoco».Che cosa caratterizza la sua cucina?«Mi piace sperimentare, mettere insieme sapori ,contaminare, ma nel massimo rispetto di chi con-suma. I sapori devono essere riconoscibili. Voglio pensare che la prima considerazione che un cliente debba fare davanti ad un piatto sia che è buono, prima ancora di con cosa o com’ è preparato».

Oltre alla tradizione pugliese di quali altre influenze risentono le sue ricerche gastronomiche?«La mia formazione ha una connotazione for-temente mediterranea. Per me il Mediterraneo è un’unica grande regione. Uno spazio senza con-fini. Mi piace sentirmi pugliese, ma anche un po’ mediorientale, un po’ nordafricano. Di fatto queste terre hanno più punti di contatto di quelli che riu-sciamo a sentire. Credo che la cultura della cucina mediterranea sia un’unica grande cultura. Poi per tanti motivi si prendono strade diverse, ma ci sono elementi che accomunano, specie dal punto di vista della materia prima. Pensiamo all’ olio d’ oliva, al grano, alla frutta secca».Com’è cambiata la cucina negli ul-

timi anni?«Negli ultimi anni è cambiata la consapevolezza con cui un piatto è stato preparato. Prima si cu-cinava quasi per inerzia, più tradizione. Oggi c’è più conoscenza. La cucina non è più un fatto em-pirico, è diventata più tecnica. Certo la tecnologia aiuta, agevola, velocizza le procedure, ma biso-gna avere certa consapevolezza per usarla. E poi è cambiata la preparazione del pubblico. Prima si accostava alla tavola in maniera casuale. Oggi c’è una conoscenza dei prodotti, della materia prima e a questo hanno contribuito i mezzi di informazio-ne che hanno costruito un pubblico competente. L’ interesse alla tavola si è creato perché la disponibi-lità degli alimenti di ogni genere ed origine, fermo restando che per tante aree geografiche mangiare è ancora una necessità e troppe volte un miraggio, ha portato la gente ad essere stufa del cibo, abituata a trovare tutto sugli scaffali, così non mangia più perché ha fame, ma perché quello del ristoro è un luogo di partecipazione».

Qual é il suo piatto «d’ affetto»?«Gli spaghetti con le cozze agli ‘ 70. La pasta estratta dall ‘ acqua col forchettone ed il sugo pre-parato con pomodoro tirato in padella insieme all’ olio extra vergine d’ oliva e tanto aglio, posato sul-la pasta bianca, rigorosamente non mantecata. E poi le classiche orecchiette con le cime di rapa fatte alla vecchia maniera, con cipolle ed acciughe».

La ricetta a cui è più affezionato?«Quella che preparo per mio figlio. Cuscus o spa-ghetti di soia saltati in padella con l’olio e le ver-dure».

Il futuro della tradizione agroali-mentare sembra essere ancora pro-mettente grazie anche alle inizia-tive di outcoming promosse dalle organizzazioni territoriali e di set-tore. Ma la cucina tradizionale vera e propria subisce cambiamenti con-tinui. Hai una ricca esperienza in giro tra i fornelli di tutto il mondo. Come si riesce a coniugare il passa-to alle nuove tendenze?«Quando faccio cucina tradizionale sono dell’ idea che debba essere rigorosa. E’ una cucina che sta un po’ scomparendo perché i gusti si sono evoluti. Pen-sa al classico riso patate e cozze. Oggi preparare questa pietanza col pecorino romano, significa non farla mangiare. Ma sono dell’ idea che nel rispet-to del gusto di chi si siede a tavola la tradizione debba essere considerata anche se discorde col la sempre più ricercata estetica del piatto che in questi casi entra in secondo piano».

La ricetta

ProcedimentoPulire le cozze, raschiarle e lavarle accurata-mente. Aprire le cozze a mezza valva da crude;Riempire le cozze con la farcia di riso;Accomodare le cozze in una tegame di terra-cotta con un filo di olio extra vergine d’oliva;Condire con la cipolla rossa tagliata a spicchi, le falde di pomodoro tagliate in grossi cubetti, il sedano affettato; Aggiungere il rametto di timo ed un mestolino di brodo vegetale; Coprire il tegame di terracotta e cuocere in forno a 160°;Servire le cozze tiepide con la salsa di cottura e le verdure.

Per la farciaCuocere il riso Basmati a mezza cottura;Raffreddare il riso;Tagliare la zucchina a cubetti;Cuocere in padella con olio e aglio tritato;Condire con il sale, il pepe, il prezzemolo la menta tritati;Unire la zucchina al riso;Legare con il parmigiano, il pecorino e le uova. Completare con cubetti di pomodoro.

Cozze farcite con riso basmati e zucchineIngredientiKg.1 cozze

Per il ripieno delle cozze:Gr.200 riso basmatiGr.200 zucchineGr 40.parmigiano + gr.20 pecorinon.2 uova + gr.50 falde di pomodori rossisale q.b + pepe q.b + prezzemolo gr.10 foglie di menta q.b.

Per la salsa:olio extra vergine d’oliva gr.40gr.200 pomodori rossi scottati, pelati e privati dei semi gr.100 cipolla rossa + gr.150 sedanotimo gr.2 +

Chef Antonio De Rosa

Quando la creatività è anche in cucina

Maria Pia FerranteRIPRODUZIONE RISERVATA

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Mentre andiamo in stampa va di scena a Milano l’ottava edizione di Identità Go-lose (dal 5 al 7 febbraio). Questa edizione ruoterà intorno alle materie prime, alla riscoperta della semplicità per ridare im-portanza agli ingredienti stessi. Molto forte il segnale lanciato dal congres-so milanese, che chiede la scelta alimenta-re non basata sul risparmio ma nell’intelli-genza in cucina che porti a scegliere sapori diretti a cui poi ogni singolo chef darà le proprie sfumature.Il Gruppo Casillo, leader internaziona-le nella filiera agroalimentare del grano duro, sarà sponsor di Identità Golose 2012, con le due società Selezione Ca-sillo e Agricola del Sole.Con la sua partecipazione all’ottava edi-zione del Congresso la storica Società con sede a Corato in provincia di Bari, città vocata all’eccellenza dell’agroalimentare in Puglia, intende far conoscere e apprez-zare la bontà dell’utilizzo della semola di grano duro rimacinata in ambiti insoliti, come la pasticceria e la pizzeria. Un team di professionisti dell’arte culinaria e di chef pugliesi di primo rango (fra cui Pie-tro Zito, Peppe Zullo e Felice Sgarra) dimostreranno come la semola di grano duro rimacinata, utilizzata generalmente per la produzione di pane, possa diventare - in particolari selezioni - il valore aggiun-to anche per la preparazione di dolci, con-ferendo al prodotto non solo una maggio-re fragranza, ma anche tutta la ricchezza rappresentata dalle sue elevate e certificate

proprietà nutrizionali.All’interno dello stand si susseguiranno inedite e golose degustazioni di nuove spe-cialità dolciarie, preparate per la tre giorni milanese dal maître patissier Vincenzo Benvenuto della Caffetteria Del Via-le di Altamura. La partecipazione della società Selezione Casillo a Identità Golose 2012 mette in campo collaborazioni e partnership con attori di rilievo nel mondo agroalimentare pugliese e tra loro, in primis, il Consorzio Campo nato dall’unione di agricoltori con aziende agricole ubicate nel territorio murgiano. Associatisi con molini, panifici e pastifici della stessa zona, operano tutti in filiera corta per offrire al consumatore finale la garanzia di poter gustare un pro-dotto tradizionale di eccellenza, sano e dalle elevate proprietà organolettiche.L’Agricola del Sole mira ad affermare un nuovo concetto di qualità basato sui valori di freschezza, genuinità, stagionalità e au-tenticità. Una società giovane e dinamica che in occasione di Identità Golose 2012 intende far conoscere la ricchezza e la ge-nuinità dei prodotti più tipici del territorio pugliese. Prodotti di eccellenza nei quali è racchiuso il gusto deciso della nostra terra: tarallini, chianchette, mandorle, bruschet-te, pasta trafilata al bronzo, confetture, olio extra vergine di oliva prevalentemen-te di cultivar coratina e vini prodotti con uve autoctone.La semola utilizzata per la linea dei pro-dotti Agricola del Sole proviene prevalen-

Il Gruppo Casillo protagonista di Identità Golose 2012La società di Corato, leader mondiale dell’agroalimentare, è presente a Milano al congresso di cucina e propone nuovi sapori e usi inediti per la semola di grano duro rimacinata.

temente da grano coltivato nel tavoliere delle Puglie e nelle sue sterminate distese imbiondite dal sole: una terra antica e arida, ma viva, fatta di profumi e sapori indelebili, che continuano a solcare le vite e le aspirazioni di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere e catturare le emo-zioni della terra.La semola rimacinata di grano duro Se-lezione Casillo incontra l’arte pasticciera, in un nuovo traguardo dell’innovazione gastronomica che parte dalla Puglia.

O.N.

Con una capacità di macinazione e movimentazione di oltre 2 milio-ni di tonellate/annue di grano, il Gruppo della famiglia Casillo rap-presenta uno dei maggiori “Market Maker” del mondo nel settore del grano duro. La società Selezione Casillo è un’azienda leader nella vendita di sfarinati di altissima qua-lità, confezionati in sacco e destinati al mercato delle pizzerie, pasticcerie, panifici e pastifici. Il business si con-centra su un sistema di offerta innova-tivo, costituito da una serie di servizi in grado di soddisfare tutti gli attori che entrano a far parte della filiera.Con Agricola del Sole, azienda agricola nata nel 2010, il Gruppo propone una linea di prodotti enoga-stronomici, le cui materie prime sono prodotte o coltivate direttamente in azienda. I prodotti da forno Agricola del Sole sono realizzati esclusivamen-te con semola di grano duro anziché farina, seguendo autentiche ricette.

CuriositàA seguire l’azienda corati-na nella tre giorni ci sarà la troupe di Buon Vento, il format mediatico dedicato alla promozione e valorizza-zione della terra di Puglia, e vedranno la partecipazione della conduttrice Sabrina Merolla e del regista Mario Raele.

Il Gruppo Casillo

In foto l’impianto di molitura di Corato;in basso Pasquale Casillo, amministratore del Gruppo (Archivio fotografico del Gruppo Casillo).

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L’ oro di Lecce si colora di Rosso

Ufficialmente si chiama Solanum Lyco-persicon, ma oggi tutti lo chiamano po-modoro. Tutti o quasi. Regione che vai, nome che trovi. Celeberrima la sua per-formance in versione “pummarola” che su un fondo di aglio olio, cipolla e carne per-de la connotazione napoletana per vesti-re la tradizione pugliese del ragù. Pomo d’oro, giallo-oro in origine come ricorda il nome (sono ancora dorati certi pomo-dorini sferici d’una varietà più rustica che si appendono per l’inverno fuori delle case di campagna), è diventato rosso più che mai. Questa solanacea originaria dell’America Latina ha trovato in Italia il terreno ed il clima ideale per la sua colti-vazione. Ma il pomodoro, che per secoli ha rappresentato l’ ingrediente segreto di pozioni magiche per i suoi “poteri afrodi-siaci” è oggi un gustoso ingrediente della cucina mediterranea e soprattutto un alle-ato della buona alimentazione. Il suo se-greto? E’ da scoprire nella buccia. Il lico-pene infatti è il carotenoide responsabile della colorazione rossa dei pomodori ma-turi ed è uno dei più potenti antiossidan-ti presenti in natura. Un’ importante ed insolita caratteristica di questo principio attivo consiste nel potenziamento della sua efficacia quando è sottoposto a fonti di calore. Per semplificare: anziché distrug-gersi con la cottura, la molecola di lico-pene è meglio assorbita dall’ organismo così da concentrarsi nel sangue in mag-giore quantità. Studi condotti dall’ Ohio a Roma hanno dimostrato che nel doppio e triplo concentrato in vendita sugli scaffali dei supermercati è contenuta una quan-tità di licopene 10 volte superiore a quel-la del pomodoro maturo fresco e crudo.Alcune industrie impegnate nella lavora-zione e commercializzazione di prodotti alimentari hanno proposto sul merca-to la passata di pomodoro arricchita di licopene puntando sull’ efficacia pre-ventiva ed antiaging della molecola. Ma gli studi effettuati su questo caro-tenoide hanno dimostrato che è in grado di contrastare efficacemente l’azione dei radicali liberi ed il con-seguente danno cellulare tanto che sembra avere un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e di alcuni tipi di tumore epiteliale quali, in parti-

colare, il cancro alla prostata. In generale, perché il licopene produca il suo effetto protettivo sul cuore, il pomodoro deve es-sere portato a cottura così da aumentarne l’ assimilazione come anche avviene asso-ciandolo a cibi che contengono grassi come gli oli vegetali. Per essere efficace da solo, dovremmo assumerne la quantità conte-nuta in un chilogrammo di pomodori o, in alternativa, in 100 grammi di concentrato.Per questo è importante puntare sul mer-cato del licopene che a livello nazionale è paradossalmente importato. Come mai se l’ Italia è uno dei maggiori produtto-ri di pomodoro e spesso si ha difficoltà a smaltire i derivati della produzione indu-striale? Fino a qualche tempo fa la causa è stata rappresentata dalla difficoltà del metodo estrattivo. Già da qualche anno però una ricerca, condotta Dipartimento di Ingegneria Chimica della “Sapienza”, si è posta come obiettivi primari la com-prensione dei fenomeni responsabili delle basse rese di estrazione del licopene con le tecnologie tradizionali, eh ha sviluppato in collaborazione con la sede leccese della so-cietà BioLyco, un processo innovativo di superare tali limiti. Il processo produttivo sviluppato da BioLyco consente il riutiliz-zo integrale dello scarto della lavorazio-ne industriale del pomodoro riducendo praticamente a zero l’ impatto ambien-tale e consentendo l’ estrazione di questa importante principio attivo a bassi costi. Una grande iniziativa dell’ azienda che in Puglia si propone di commercializzare elementi nutritivi partendo dagli scarti/residui solidi della lavorazione industriale che altrimenti avrebbero un valore com-merciale nullo. L’ oro si sa, è un evergre-en, anche quando si colora di rosso.

Chiacchiere, dolci e croccanti golosità

L’occhio del goloso non può non soffer-marsi almeno per un attimo, in periodo di Carnevale, su quei dolci croccanti e sottili che fanno bella mostra di se’ in tutte le pasticcerie. Una sottile sfoglia di farina e uova fritta in abbondante olio, rigorosamente extravergine d’oliva, e spolverata generosamente di zucchero a velo.

La ricetta delle chiacchiere è la più tipica e anche la più semplice fra i dolci di Car-nevale... Possiamo trovarla in tutta Italia, anche se chiamata con nomi diversi: in Friuli si chiamano grostoli, in Emilia sfrappole, in Veneto galani, nelle Marche - frappe, in Toscana cenci, chiacchiere in Campania ed in Puglia.

La preparazione è semplicissima: basta mescolare 500 grammi di farina con 2 uova, 50 grammi di burro, 2 cucchiai di zucchero. Aggiungere nell’impasto la scorza di un limone, dell’anice (o grappa o altro liquore a volontà) ed un pizzico si sale fino ad ottenere un impasto abba-stanza elastico. L’impasto così ottenuto va steso sottile. Quindi bisogna tagliare dei rettangoli con a rotella dentellata, dando la forma voluta, tradizionalmente quella rettangolare. Friggere in olio bollente, spolverare con zucchero a velo e gustare, rigorosamente con gli amici in allegria.

La leccese BioLyco ha sviluppato un processo produttivo che tramite il riutilizzo integrale dello scarto riduce l’ impatto ambientale

Maria Pia FerranteRIPRODUZIONE RISERVATA

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Gli amici di Puglia in

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Piccoli, grandi, rotondi o triangolari, ripie-ni di carne, tonno, acciughe, ricotta forte o semplicemente mozzarella e pomodoro.Da mangiare caldissimi o anche freddi. A pranzo o a cena. Comprati in una rostic-ceria come spuntino nella pausa pranzo o davanti ad un film con gli amici.I panzerotti sono uno dei piatti forti del-la nostra tradizione culinaria. Un “rito” che il turista non può farsi sfuggire per nessuna ragione.Una volta si usava preparare i panzerotti soltanto per le feste di carnevale o per la notte di capodanno. Oggi invece si prepa-

rano in ogni occasione, si trovano in quasi tutti i buffet e si servono anche come com-ponente di un ricco antipasto o, nella for-ma mignon, con l’aperitivo.I panzerotti rappresentano senza alcun dubbio uno dei piatti forti della cucina pu-gliese. Esportati soprattutto da nostri cor-regionali in tutto il mondo, hanno trovato terreno fertile soprattutto nel nord Europa e Oltreoceano. Ma sempre più vengono apprezzati e gustati anche in Italia. Ormai non è troppo difficile scovare delle panze-rotterie pugliesi a Milano o a Roma, tra una kebabberia e un ristorante cinese.Il ripieno più classico è quello con pomo-doro e ricotta salata e/o ricotta forte o mozzarella, ma le varianti non mancano.L’unica accortezza è di farne sempre in abbondanza, perché uno tira l’altro, ed anche se dovessero avanzare, il giorno dopo sono ancora ottimi per un pranzo o uno spuntino veloce.

COME SI FANNOSetacciate la farina su una spianatoia, disponetela a fontana e versatevi sopra il sale, l’olio e il lievito sciolto in un po’ di acqua tiepida.Aggiungete un po’ alla volta il resto dell’acqua e impastate fino ad ottenere un composto consistente, quindi continuate ad impastare fino a quando la pasta sarà

liscia.A questo punto procedete al taglio della pasta per formare delle palline della gram-matura voluta.Coprite con un panno e lasciate lievitare per circa un’ora lontano da correnti d’a-ria.Stendete ogni pallina con il matterello in dischi di mezzo cm di spessore, farciteli a piacere e chiudeteli a mezzaluna. Preme-te bene i bordi con le dita e poi con una forchetta.In una padella dai bordi alti fate scaldare abbondante olio e quando è pronto tuf-fatevi 2-3 panzerotti alla volta, rigirateli appena immersi, quindi ad intervalli rego-lari fino ad ottenere una leggera doratura, quindi metteteli a sgocciolare su carta as-sorbente.

La Preparazione per 15

500gr di farina 00 1 cubetto di lievito di birra da 25 gr;1 cucchiaio raso di sale;4 cucchiai di olio evo;acqua tiepida qb (circa 700 gr).

I panzerottiprelibatezza per ogni occasione

Delizia nata per il carnevale ,il panzerotto è ormai un piattoapprezzatto non solo in Puglia e non solo nelle grandi occasioni

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27febbraio duemiladodici inpuglia

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il calore di una casa per ogni bambino

“Ciao sono La Pina, questa volta non vi parlerò di musica. Mi trovo in Vietnam, nel Villaggio SOS di Da Lat. Qui bambini orfani o abbandonati trovano una casa, una mamma SOS, dei fratelli, una scuola e assistenza medica. Ma hanno bisogno ancora di molto, dai materassi, alle coperte, ai letti, al materiale scolastico, alle cure. Cambia il destino di 1500 bambini abbandonati manda subito un SMS”.

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inserzione redazionale

Niko Allegretti quale è il suo ruolo all’interno della Società BMI?«Opero e sono socio di questa Società dal 2000. La denominazione prec-edente era Gruppo Alka nel 2005 è diventato Gruppo BMI. Sono state unificate in un unico marchio tutte le attività realizzate in pas-sato. Abbiamo dato vita alla costituzione di più servizi rivolti a soddisfare le molte-plici esigenze delle aziende divenute nostre clienti. In ognuno di questi abbiamo sempre inserito tutto il nos-tro know how e sopratutto la nostra specializzazione nel trading che con il tem-po e l’esperienza acquisita oggi ci vedono sicuramente leader sul mercato. Per saperne di più sul nos-tro passato vi consiglio di visitare il nostro sito: www.gruppoalka.it. Oggi mi oc-cupo prevalentemente della direzione del trading e curo personalmente tutti i corsi di formazione continuativa riv-olti alla preparazione delle risorse umane che si voglio-no specializzare in questa attività. Tra i frequentatori dei corsi ho anche dei lau-reandi che come tesi di laurea portano il “barter”. Per me questo è motivo di grande orgoglio e soddis-fazione. Mi occupo di curare e progettare circuiti di barter conto terzi chiavi - in mano dato che ci sono imprendi-tori e società interessate ad intraprendere l’attività di barter e si rivolgono a noi per avere assistenza e consulenza in materia». Niko Allegretti è proprio di barter che vogliamo parlare con Lei: espan-dere le vendite senza affrontare investimenti nell’area commerciale e

nella logistica azzerando ogni rischio finanziario è realizzabile con il barter?«Assolutamente si e si può tradurre con una formula matematica basata sull’e-nunciato per cui il barter è la variabile che applicata a un’azienda moltiplica all’in-finito le sue potenzialità di business. Con il barter per un’azienda acquistare si-gnifica per forza e automa-ticamente vendere quindi fare più fatturato e più pro-fitti. Più l’azienda acquista meno debiti contrae e più gode di liquidità finanzia-ria. Posso affermare con assoluta certezza che ap-plicare il barter significa: più acquisti... più vendite... più profitto... più sviluppo!»

Risulta tuttavia un po’ dif-ficile comprendere in pie-no un’idea vincente che invece è molto semplice?«Stiamo vivendo in un mo-mento storico molto favo-revole alla diffusione del barter in italia. Nei prossimi anni le aziende subiranno più cambiamenti di quanti ne abbiano visti negli ultimi cinquant’anni. Gli impren-ditori italiani sono aperti a sfide e a nuove strade che conducono a grandi vitto-rie. Il barter è sicuramente una di queste nuove stra-de. La difficoltà principale

una volta scoperto il barter sta nel comprenderne tutte le implicazioni ed entrare nell’ordine di idee di ap-plicarlo regolarmente alla propria attività poi la strada è tutta in discesa. Ma at-tenzione come dice un mio caro amico: “sapere come si fa a fare il pane non vuol dire di saperlo fare”. All’ini-zio è necessario avere una giusta impostazione di base per applicare al meglio il si-stema barter. Del resto una ventina di anni fa il leasing è arrivato in italia come un nuovo strumento finanzia-rio applicabile in aiuto alle aziende ed era visto con sospetto e diffidenza! Oggi chi non utilizza il leasing?»

Dottor Allegretti a proposito di com-prensione qual è la differenza tra il barter bila-terale e il barter triangola-re e il barter multilaterale?«Gli scambi bilaterali porta-no innegabili vantaggi im-mediati solo a due soggetti ma presentano difficoltà e limiti quali il possibile squi-librio tra le controparti e la non facile reperibilità delle opportunità. L’operazione è chiusa e fine a se stes-sa e così le triangolazioni comportano svantaggi per l’azienda nelle sue politiche di marketing e di prezzo. La

formula di barter multilate-rale invece risulta la solu-zione ottimale in quanto si applica in un mercato privi-legiato, gestito e controllato da un soggetto regista (ge-store) che con un approccio neutrale e strategico impe-disce il verificarsi di effetti negativi quali la canniba-lizzazione del mercato e sopratutto favorisce l’incon-tro di domanda e offerta».

Ma fino a che punto si può generalizzare offrendo uno strumento che riuni-sce strategie commerciali finanziarie e gestionali? Il barter sembra offrire per ogni singolo caso soluzio-ni estremamente specifi-che ed individualizzate?«Poichè si tratta di un bu-siness universale e dimen-sionalmente infinito è appli-cabile a qualsiasi contesto. Un discorso a parte va fatto per le materie prime e per diverse ragioni. Il barter è applicabile su qualsia-si tipologia di prodotto e per qualsiasi necessità».

C o n c r e t a m e n t e come avviene un’o-perazione di barter?«In un circuito di barter ben organizzato funziona così: l’azienda che ha la necessi-tà di acquistare dei prodotti manda la richiesta al gesto-re del circuito il quale gira al trader di competenza la richiesta; il trader individua all’interno del circuito azien-de possibili fornitori dei prodotti richiesti e ottenuta la disponibilità a fare un of-ferta di vendita gira l’offerta

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Come pagare gli acquisti necessari per l’attività con la vendita dei prodotti dell’attività

stessa all’azienda acquiren-te. Una volta conclusa posi-tivamente la trattativa con l’intermediazione del trader le due parti firmano per accettazione l’ordine e il venditore provvede alla consegna dei prodotti alla parte acquirente. Il gesto-re e il trader sono il punto di riferimento di tutta l’o-perazione dalla richiesta alla conclusione dell’or-dine e il gestore funge da consulente anche per gli aspetti contabili. Il ge-store risulta creditore e debitore rispettivamente del venditore e dell’ac-quirente dei totali importi delle operazioni di ac-quisti e vendite effettau-te dai partner all’interno del circuito stesso. In due parole questa è una sintesi dell’operazione».

Scusi ma, quindi, si deve alimentare costantemen-te un circuito di barter?«Il circuito di barter deve essere sempre in costante crescita in termini di inse-rimenti di nuove aziende reperite dai promotori in tutti i settori merceologici. Non si possono individua-re settori predominanti ma sicuramente devono es-sere inserite nel circuito

più aziende che operano anche nello stesso settore onde creare la più ampia scelta di prodotti differen-ziati tra di loro in termini di qualità e prezzo seppur ap-partenenti allo stesso set-tore merceologico. In fine non va dimenticato in tutto questo la logistica e cioè l’ubicazione delle aziende».

Dottor Allegretti qua-le è l’interesse eco-nomico da parte di un imprenditore o di una società che vuole dedi-carsi all’attività di barter?«Costituire un circuito di barter può diventare un grandissimo businesss in termini di profitto soprat-tutto se gli interessati pos-

sono avvalersi di fonti pri-vilegiate per il reperimento dei partner da inserire nel costituente circuito; come per esempio: associazioni di categoria - cooperative - consorzi - istituti assicurativi finanziari e bancari etc. Il ge-store può stabilire una som-ma quale quota di affiliazio-ne al circuito questa somma può anche essere una quo-

ta annuale. Oltre a questo il vero profitto continuativo sarà ricavato dall’impor-to applicato dal gestore ai partner nella misura dal-la commissione applicata in percentuale sul totale degli importi degli scambi che avverranno all’interno del circuito tra i partner».

Può darci un esem-pio con dei dati su cui ipotizzare l’eventua-le introito economico? «Certo su base triennale un conteggio molto indica-tivo e semplice potrebbe essere questo: ipotizzando che un costituente circuito di barter possa contare su un numero di mille part-ner da inserire nel circuito

il primo anno e altri mille il secondo anno e altri mille il terzo anno l’importo della quota stabilita dal gestore quale quota di affiliazione andrà moltiplicato per mille il primo anno per duemila il secondo anno per tremila il terzo anno. Se si calcola che nel primo anno di affi-liazione al circuito i partner possano compiere almeno

tre operazioni in acquisto ed obbligatoriamente an-che altre tre operazioni di vendita si genereranno in totale seimila operazioni il primo anno che sommate alle dodicimila del secon-do anno e alle diciottomila del terzo anno formeranno un totale di trentaseimila operazioni nel triennio. Se ad ogni operazione appli-chiamo un valore medio cadauna di cinquemila euro il totale del movimentato dalle transazioni sarà pari a centoottantamilioni di euro. Su questo totale im-porto il gestore avrà un ul-teriore profitto risultante dal totale dalla commissione applicata in percentuale».

Dr. Allegretti ringra-ziando per il tempo e la cortesia che ci ha concesso vuo-le aggiungere altro?«In un mondo mercato che rende sempre più difficile il vivere e so-prattutto estremamente sfiancante l’intrapren-dere una qualsiasi at-tività imprenditoriale spero di essere stato utile a tutti con questa mia piccola e semplice delucidazione sul siste-ma barter. Considero sempre che la prima fase o primo approccio rivolto a strumenti che destano interesse e cu-riosità sia quello della “cultura” per poi passa-

re alla fase del “pensiero”. Non a caso nei miei corsi di formazione inserisco degli step: “barter cultura” e “bar-ter pensiero”. Per quanto mi riguarda sono già da tempo nella fase “barter mania”. Come afferma Demostene è necessario interpretare e cavalcare i mutamenti!Grazie a voi e buon lavoro a tutti!»

Compro, pagando vendendo

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San Valentinonon solo cioccolatini e regali

San Valentino, patrono degli innamora-ti e soprattutto delle aziende produttrici di cioccolatini, gadget, articoli da regalo e quant’altro viene acquistato per la ri-correnza, ha sul Gargano una residenza privilegiata. Anzi, a dar retta alle leggen-de, sarebbe stato uno dei primi estimato-ri del promontorio, al punto da volervisi stabilire in qualità di patrono. Vico del Gargano è infatti affidato alle sue “cure” celesti dall’anno del Signore 1618, quan-do i maggiorenti vichesi decisero che San Norberto, un religioso tedesco fondatore dell’Ordine Premostratense (da Prémon-tré, la cittadina francese dove fu istituito), non svolgeva molto bene il suo compito: in particolare non andava bene il raccol-to degli agrumi, che era a quel tempo il principale asset dell’economia vichese. Fu così che una delegazione di maggiorenti della città si recò a Roma, onde ottenere dal Papa l’autorizzazione alla sostituzione di San Norberto con un altro santo a cui votarsi. La tradizione dice che, mentre i garganici passavano per le catacombe, il capofila urtò contro un braccio che spor-geva dal sepolcro del Vescovo di Terni San Valentino, martirizzato sotto Aurelia-no. Questo segno del cielo fece sì che le reliquie del Santo fossero traslate a Vico e che venisse eretta in suo onore l’omoni-ma Chiesa, con il suo caratteristico altare adorno di arance. Visto che fra le diverse e controverse tradizioni che hanno dato a San Valentino uno speciale rapporto di protezione verso gli innamorati c’è la leg-genda di un matrimonio celebrato fra due giovani amanti infelici, i fiori d’arancio e i conseguenti frutti appaiono particolar-mente appropriati. Vico condivide questo patronage con Bussolengo, Pozzoleo-ne e Quero, oltre che naturalmente con Terni, ma è probabilmente il luogo dove il giorno di venerazione del santo ha mag-gior rilievo. Da quasi quattrocento anni, il 14 febbraio, dopo la Messa solenne, viene portata in processione la statua lignea do-rata del Santo, adorna d’alloro e di agru-mi. Anche le vie del paese sono adorne del colore e della fragranza delle arance, in un tripudio di verdi, di gialli e di arancioni che

nella fredda luce dell’inverno garganico fa spicco sul grigio-marrone dell’arenaria del bellissimo centro storico di Vico. Ma la processione è solo il culmine devozionale di manifestazioni che durano per almeno una settimana, prevedendo esposizioni e rassegne d’arte, fiere, convegni. Alla metà di febbraio di ogni anno, Vico festeggia non solo un Santo patrono, ma gli inna-morati tutti. Ai quali è fra l’altro dedica-to lo stretto budello del Vicolo del Bacio, una stradina lunga trenta metri e stretta

in media meno di cinquanta centimetri, che vicino al Palazzo della Bella offre un rifugio discreto ai sospiri e alle passioni di quanti si vogliono bene. E se le complici angustie dell’architettura non sono con-siderate sufficientemente accoglienti, c’è sempre l’ombreggio del gigantesco leccio monumentale del Convento dei Cappuc-cini. Anch’esso, come il legame fra San Valentino e Vico, ha circa quattro secoli.

Da quasi quattrocento anni, il 14 febbraio, dopo la Messa solenne, viene portata in processione la statua lignea dorata del Santo, adorna d’alloro e di agrumi. Anche le vie del paese sono adorne del colore e della fragranza delle arance

Enrico CiccarelliRIPRODUZIONE RISERVATA

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31febbraio duemiladodici inpuglia

Giovedì 16 febbraio si chiude un’interes-sante esposizione fotografica all’Allian-ce Française di Bari a cura di Nicola Amato, fotografo professionista dal 1980 che collabora con case editrici nazionali ed estere producendo servizi fotografici a tema e fornendo immagini d’archivio. Promotore di iniziative culturali, si dedica anche alla pittura, sperimentando un’ide-ale fusione tra questa e l’immagine foto-grafica. Il fotografo barese ha realizzato una serie di scatti dedicati al territorio pu-

gliese, visto sotto l’aspetto del cambiamen-to imposto dalle trasformazioni delle con-dizioni ambientali del nostro territorio. La costante presenza delle nuove tecnologie e la mancanza di controlli adeguati, fa subire al nostro paesaggio abusi e violenze a vol-te irreparabili, denunciati in modo attento e puntuale da Amato. Il fotografo ritrae paesaggi deturpati a livello ambientale da copertoni, frigoriferi sparsi per le campa-gne, i resti di un incendio e la prepotente presenza delle pale eoliche. Nonostante la

tematica molto forte, Amato riesce a cat-turare la bellezza della natura, anche nel caso dello scatto post incendio, che tra-smette la denuncia sulla brutalità del gesto compiuto, ma che nello stesso tempo de-scrive in modo poetico i colori di ciò che ne resta. «Quello che resta dopo un incendio in un bosco, immagini monocromatiche e sinestetiche è spaventoso, tutto muore così velocemente e tutto si confonde, lasciando solo un odore acre di terra bru-ciata. - afferma Amato- Essendo un fotografo di case editrici, fin dall’inizio ho rappresentato le

bellezze del territorio in maniera particolare, anche se parallelamente volevo documentarne anche i disastri. Questo progetto è nato verso la fine degli anni Novanta in collaborazione con il prof. Giorgio Nebbia, con la realizza-zione di un libro che si chiamava “La società dei rifiuti” in cui si analizzava il problema dell’inquinamento e del recupero dei rifiuti. Questo progetto è andato avanti per molti anni ancora e con l’avvento del digitale ho analiz-zato e fotografato queste situazioni a partire incendi dolosi, per finire con le pale eoliche sotto sequestro oppure abbandonate. Il tema di Terre Brûlée prosegue con il fotovoltaico, in un’immagine in particolare c’è un pannello so-pra un tendone di uva. Non sono contrario al fotovoltaico, ma a volte gli eccessi sul territorio sono abbastanza evidenti, poiché il paesaggio si sta trasformando con le nuove tecnologie. Infine ho parlato di un inquinamento ormai accertato come quello di Taranto e della nave di Lesina, che dopo 20 anni si trova ancora arenata e crea problemi ambientali in quanto il mare rigetta i rifiuti, tra cui anche le balene, che vengono a morire sulle nostre coste».

Isabella BattistaRIPRODUZIONE RISERVATA

Puglia bruciataIl fotografo Nicola Amato mette in mostra la Puglia sfeggiata dalla mano dell’uomo

Alcuni scatti della mostra allestita da Nicola Amato, in alto Monopoli nel rogo del 2009, qui sotto Vieste nel 2007.

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32 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Contaminare la realtà con la finzione, in maniera tale da non poter distinguere più l’una dall’altra, dando vita ad un mondo di immagini vere e pure, allo stesso tempo, così sottilmente “cerebrali”, cariche di allusioni, input e significati che rimandano ad una realtà diversa. È forse questo il filo conduttore dell’arte di Cristiano De Gaetano.Figlio d’arte (il padre Walter è artista di indiscusso talento), nasce a Taranto nel 1975, si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Bari e, sin da fanciullo, affianca il più esperto genitore nell’impegno creativo, con una precoce capacità, però, di rendersi autonomo ed indipendente nella realizzazione delle sue idee. Pittura, scultura, fotografia, installazione, tutto e il contrario di tutto: De Gaetano non si fa scrupolo di avventurarsi in percorsi sempre diversi, quasi a certificare una onnivora fame d’arte. Impegnato con personali e collettive in Italia e all’estero, s’inserisce presto nel panorama artistico più interessante e conquista pieno consenso da parte della critica. Nelle sue opere scopriamo personaggi anonimi, ritratti in pose studiate o istintivamente svogliate, dagli sguardi assorti; abiti e acconciature d’epoca; colori sgargianti, alternati a inserti in bianco e nero. È un repertorio di tipi umani e situazioni che si offrono all’obbiettivo o al pennello (e perfino alla cera pongo) tra realtà e astrazione. Essi sembrano guardarci, ma in realtà non ci vedono, sembrano affiorare dal passato e poi si scopre essere amici o familiari dell’artista. Certamente invitano alla riflessione. A Cristiano De Gaetano piace scombinare continuamente le carte, cerca l’ambiguità là dove ci aspetteremmo una definizione chiara dell’immagine, persegue il paradosso con studiata determinazione, anche se spesso lo nasconde abilmente. È così che l’artista ci consente di entrare nel cassetto dei ricordi, di riflettere sull’implacabile cambiamento dei consumi, di ripensare alle nostre esperienze, comparandole con quelle degli altri. Volti e situazioni volutamente insignificanti, scorci distratti, racconti potenzialmente iniziati e finiti nel solo istante della loro presa pittorica: ogni personaggio ed ogni scena sono isolate nel tempo, estratti dalla normale sequenzialità e intrappolati fuori, ben oltre i rifugi dei ricordi. In questi lavori, è ogni singolo particolare a suggerire la forza di un tempo che sembra essere riuscito definitivamente a vincere la memoria, per diventare magia dell’arte.

La continua ricerca del paradosso d’arteCristiano De Gaetano e i suoi tipi umani tra realtà e astrazione. Al giovane artista tarantino piace scombinare continuamente le carte, in un viaggio nel cassetto dei ricordi dove i particolari fanno la differenza

Antonio VerardiRIPRODUZIONE RISERVATA

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33febbraio duemiladodici inpuglia

Sorto durante il ventennio fascista, l’edificio rientra nel piano di opere pubbliche varato nel 1924 per risolvere problemi di edilizia cittadina e contrastare la forte disoccupazione del primo dopoguerra. Inoltre, costruito sul lungomare sud della città, chiude, come una sorta di imponente quinta teatrale, l’edilizia retrostante, simbolo di una brutta, affrettata e disordinata crescita urbanistica. Il progetto iniziale del Palazzo fu affidato a Luigi Baffa, capo dell’Ufficio Tecnico Provinciale di Bari dal 1931. Questi, ispirandosi ad alcuni illustri esempi di palazzi civili italiani (come Palazzo Vecchio a Firenze o Palazzo Pedrocchi a Padova), costruì un edificio coerente con l’ambiente lagunare. Il prospetto, prospiciente il mare, è caratterizzato da un ampio porticato, scandito da arcate rette da colonne in granito rosso, che pausano un vasto e luminoso spazio e insistono su archi a tutto sesto. All’esterno, spicca una torre, detta dell’Orologio, alta 63 m, che, insieme al parziale svuotamento del piano terra e le diffuse bucature sulla superficie muraria, rimanda alla tradizione architettonica veneta. I quattro piani del palazzo sono serviti da uno scalone d’onore che offre spunti di riflessione interessanti: inizialmente la rampa di accesso attraversava il portico in profondità; nella versione definitiva, invece, la struttura mostra uno stile quasi “neo romanico”, estremamente singolare. Variazioni rispetto al progetto originario furono apportate anche alla Torre dell’Orologio, dedicata ai “Martiri della Grande Guerra” e della “Rivoluzione Fascista”. Pensata per elevarsi fino ad un’altezza di 48,50 m, venne, in seguito, innalzata di circa 14 m, cosa che ha prodotto un sensibile squilibrio tra le masse, ma ha conferito alla torre una realtà visiva autonoma e distinta. Per le strutture murarie del palazzo fu previsto l’uso di materiali locali, quali la pietra calcarea e il tufo carparo, mentre per i rivestimenti delle facciate si previde l’uso della pietra di Trani alternata ai

mattoni. Nel 1933, alla morte del Baffa, l’Amministrazione Provinciale lo sostituì con Vincenzo Chiaia, il quale apportò al progetto originario sostanziali modifiche, sia nelle dimensioni, che nella scelta dei materiali. Le attenzioni dell’architetto vennero spostate sugli ambienti di rappresentanza del palazzo, per i quali le ditte concorrenti nella gara d’appalto furono invitate a conformarsi ad uno stile che veniva definito “rinascimentale modernizzato”. La pavimentazione prescelta fu il marmo verde con fondi a mosaico policromo; pareti e arredamenti furono realizzati prevalentemente in legno di noce, mentre per i tendaggi fu scelto un elegante broccato. Nel periodo bellico e post bellico il Palazzo ha subito ristrutturazioni, determinate da vicende connesse alla guerra in corso. Diversi episodi ebbero, infatti, sul Palazzo conseguenze dirette: il bombardamento

degli stukas tedeschi sulla città di Bari, il 2 dicembre 1943; l’esplosione della nave “Henderson” nel porto, il 9 aprile 1945; l’occupazione della torre da parte del Comando di Difesa del Porto, in quanto postazione strategica e, nell’immediato dopoguerra, l’utilizzo dei locali del palazzo da altri Enti pubblici per la grave penuria di alloggi. Dagli anni 60 in poi la struttura del palazzo è stata completata da altre più moderne modifiche strutturali. Il Palazzo della Provincia di Bari si pone come uno dei più importanti edifici degli anni 30 e, sin dall’epoca della sua creazione, godette di un notevole favore presso la classe dirigente, forse proprio perché conteneva una sottile marcata carica eversiva, rispetto al monumentalismo pasticciato di tante altre espressioni architettoniche del regime.

Antonio VerardiRIPRODUZIONE RISERVATA

La torre di guardia del mare azzurro di Bari

Progettato dall’Architetto Baffa e terminato da Vincenzo Chiaia, il Palazzo della Porvincia di Bari è uno dei più bei esempi di architettura del ventennio fascista

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34 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Sajd Khan, il regista india-no che ha scelto il Gargano per il suo film Housefull, non è stato il primo e di sicuro non sarà l’ultimo a intuire enormi capacità “cinegeni-che” nella nostra regione.Che la Puglia sia bella (e po-trebbe essere bellissima se solo facessimo più attenzione al territorio e al lindore del-le città) lo hanno scoperto, e da un pezzo, tanti uomini e donne a 35 mm. Esistono nu-merose pubblicazioni su tale argomento, alcune delle quali potrebbero piacere anche a chi di cinema non mastica se non la pura fruizione, spapa-ranzato in una multisala o da-vanti allo schermo domestico.Oggi segnaliamo Cineasti di Puglia, un libro Adda del 2006. Scritto da Alfonso Marrese, Maria Antonietta Abenante e Vito Attolini, in 350 pagine offre un ricchissimo repertorio, con schede e filmografie, di professionisti del cinema nati in Puglia. Si parte dal cinema muto e si arriva ai giorni no-stri. Suddiviso in 204 schede, il libro annovera ben 50 registi, 107 attori, 16 sceneggiatori, 17

Ma quant’ècinegenica la Puglia

Non c’è nulla di più taroccato (e taroccabile) della cosiddetta cultura popolare. In Puglia e ovunque si spacciano per millenarie “tradi-zioni” che a stento toccano il mezzo secolo o anche meno. Un po’ come quando ti pre-sentano un menù medievale a base di patate e pomodori. Per fortuna la regione è ricca di studi seri, attendibili e alla portata di chiun-que voglia saperne un po’ di più sul buon tempo antico, sia da un punto di vista antro-pologico che puramente demologico. Segna-liamo qui due opere che vale la pena avere fra i propri scaffali.

Puglia mitica del proverbi, di Giu-seppe Interesse, edito da Schena nel 1994 e continuamente ristam-pato. Un piccolo tesoro di tradi-zioni autentiche e documentate che ricostruisce usi e costumi at-traverso quel distillato di saggez-za popolare che sono i proverbi. Si trova on line su circuiti Ibs e Amazon.

L’altro è Lunari di Puglia, scritto da Vito Maurogiovanni, Vittorio Stagnani e Nino La-vermicocca, edito da Progedit, Bari, nel 2006. Qui è il tempo a scandire fatti, detti, usanze. I lunari erano una volta, uno strumento utile per segnare attraverso le fasi lunari il ritmo delle feste e del lavoro, dei piaceri e dell’impe-gno. Un testo che presenta la Puglia che non conosciamo più: un percorso tra flora e fauna, prodotti tipici, sapori e gastronomia, ma anche una visita ai san-ti, un itinerario tra masserie, musei e cattedrali, feste, sa-gre e tradizioni, che si snoda mese per mese illustrando i mille volti e le atmosfere sempre diverse di questa re-gione.

Sfogliando la Puglia rubrica a cura dI Fortunata Dell’Orzo e Annalisa Tatarella

musicisti, 8 produttori, 5 ope-ratori, 1 scenografo e due teori-ci della settima arte. Le schede di ogni cineasta sono accom-pagnate da una ricca filmogra-fia, completa di cast. Sapevate che Regina Bianchi, l’immensa attrice edoardiana, da tutti im-maginata napoletana verace è originaria di Lecce? O che Teo Teocoli sia nato a Taranto? Nel libro ovviamente si parla di Rodolfo Valentino, nato nel 1895 a Castellaneta da padre italiano e madre francese e di Ricciotto Canuto, famoso cri-tico cinematografico, nato a Gioia del Colle nel 1877. In appendice alcune storie che sin dalla nascita hanno con-trassegnato il cinema pugliese, a cominciare dal racconto del signor Fiorini, fotografo bare-se, che nel 1894 stendeva un lenzuolo sulla porta del suo negozio e mandava immagini con un rudimentale proiettore alimentato a energia elettrica.Questo testo ha avuto un sequel (sempre per Adda e sempre con gli stessi autori), nel 2007, dedicato alle ras-segne cinematografiche pu-gliesi. Davvero imperdibile.

Cineasti di Puglia

AA.VV.

AUTORE

CASA EDITIRCE

Adda Editore

Pagine e prezzo

350 pp. 18,00 €

Puglia mistica

Giuseppe Interesse

AUTORE

CASA EDITIRCE

Schena Editore

Pagine e prezzo

350 pp. 18,00 €

Lunari di Puglia

AA.VV.

AUTORE

CASA EDITIRCE

Progedit Editore

Pagine e prezzo

224 pp. 16,00 €

Due buone letture sulle tradizioni

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35febbraio duemiladodici inpuglia

La Puglia a colori

CASA EDITIRCE

Edizioni Laterza

Pagine e prezzo

246 pp. 20,00 €

Oltre venti contributi da parte di intellettuali, uomini e donne di cinema e spettacolo, pugliesi e non. Si va da Franco Cardini ad Albano, da Lina Wertmul-ler a Franco Cassano: e tutti concordano sulla straordinaria capacità degli scenari pugliesi di essere e creare cinema. Il testo è della Laterza, ristam-pato nel 2009 anche sull’onda della nascita dell’Apulia Film Commission, l’agenzia regio-nale per il Cinema. Dieci iti-nerari filmico-geografici che hanno suscitato entusiasmo di moltissimi appassionati della settima arte e hanno creato un nuovo genere di turismo, quello che ripercorre le scene di film famosi come Lamerica o il Giovane Toscanini di Fran-co Zeffirelli. Per un Puglia che non è solo la memoria un poco kitsch di Rodolfo Valentino, ma rappresenta un pezzo vivo e importante del cinema, non solo italiano: come ben sanno i fan di Clint Eastwood e dei sui ponti di Madison County.

Effetto Puglia

La Puglia dell’accoglienza

Vito Antonio Leuzzi

a cura di

CASA EDITIRCE

Progedit

PAGINE E PREZZO

368 pp. 20,00 €

Profughi, rifugiati e rimpatriati nel NovecentoNel 2006 la Progedit di Bari dava vita ad una collana de-dicata alla ricostruzione della memoria condivisa della re-gione, con accurato apparato di documenti, spesso inediti. Questo libro esamina diversi casi ed episodi che testimonia-no questa capacità della Puglia di segnare una sua presenza operosa nello scacchiere geo-politico del Mediterraneo.All’indomani dell’8 settembre 1943la Puglia manifestò que-sto suo spirito di accoglienza a ex internati, rifugiati, sfollati di diverse nazionalità, in par-ticolare ebrei e slavi. Qui ap-prodò una umanità dolorante che aggiungeva alle ferite della guerra quelle inferte dall’esilio. Il volume è il racconto di que-sti esodi, dello sradicamento e della persecuzione, ma anche la descrizione della macchina della solidarietà: fatti spesso ignorati dalla storia ufficiale, che confermano nella Puglia una vocazione storica e geo-grafica al dialogo con i popoli.

La Puglia dell’accoglienza

La Puglia a colori

Roberto Campanelli

AUTORE

CASA EDITIRCER. Campanelli Editore

PAGINE E PREZZO

80 pp. 15,00 €

Un libro sui luoghi misteriosi della regione, una sorta di col-lezione delle stranezze, vere o presunte di cui la Puglia, come ogni altra regione Italia, è co-stellata. Itinerari non scontati, dal Gargano al Salento, rac-colti e raccontati da chi ha il viaggio nelle vene insieme al gusto del dettaglio e del parti-colare, di solito disatteso dalla maggior parte di noi. Non mancano le leggende, legate ad apparizioni sacre, di cui il nostro territorio è costellato: solo in Puglia, infatti, abbia-mo una Madonna del Pozzo (a Capurso in provincia di Bari) ed una Vergine del Vomito (a Siponto, nei pressi di Man-fredonia), la prima di sicuro frutto dell’arrivo dei monaci basiliani in fuga dagli icono-clasti, la seconda splendida e allucinata scultura in legno che sarebbe piaciuta a Picasso, nel cui sguardo carico di sacro stu-pore i moderni vedono i dram-mi legati alle migrazioni e alle guerre sparse nel pianeta.optas di ommod quis dolupta inis aut et et quo te reium ius enis aut mod qui cus aut repre delibus

Puglia insolita

Non lontano da qui

Massimo Cacciapuoti

AUTORE

CASA EDITIRCE

Garzanti libri

PAGINE E PREZZO

189 pp. 27,60 €

Non lontano da qui

Il nuovo libro di Massimo Cacciapuoti, “Non molto lontano da qui”, è stato definito un romanzo generazionale che fa meditare sulla paura di crescere e affrontare le responsabilità, attraverso le vicende di Giacomo Rossi, un trentenne che solo dopo la morte del padre, si interroga sui valori della vita e su se stesso.E’ il “noi” che lo terrorizza e Alice è l’amore che per immaturità si lascerà sfuggire una prima volta, per poi inseguirla.Ci sono anni in cui Giacomo non vive, ma si lascia vivere dagli eventi. Quando ritorna a casa,, ricostruisce i rapporti con i familiari, ma è allora che perde suo padre, il cui lutto lascerà una scia di sensi di colpa. Ciò spingerà Giacomo a trasformare la vecchia vineria di famiglia in un moderno wine bar. Per il protagonista, pero’, è solo l’inizio; si troverà a fare i conti con il concetto di amore eterno, ma la felicità è “non molto lontano da qui”, anche se a volte non riusciamo a vederla ma quel che è peggio, non vogliamo viverla.

Giuliano Esposito

Puglia insolita, Roberto Campa-nelli Editore 2007.

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36 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

L’allegria e i coriandoli protagonisti del CarnevaleDa questo numero vi proporremo dei percorsi per conoscere meglio e far consocere il “Tacco d’Italia” dandovi anche utili segnalazioni. Non potevamo non iniziare con le manifestazioni carnescailesche che contagiano la regione di allegria e gusto

La festività di Carnevale è molto famosa in Puglia per la sua storia e il programma delle manifestazioni è davvero molto ric-co. Il periodo che precede la Quaresima e ci porta alla santa Pasqua viene anche abbellito e vivacizzato dalle decorazioni carnevalesche, i dolci tipici come le bugie e le chiacchiere, oltre alle maschere tipi-che della regione.Le manifestazioni di maggiore interes-se relative a questa festa sono le sfilate di gruppi mascherati e di carri allegorici, co-struiti con la cartapesta. I personaggi, in particolar modo quelli di grandi dimen-sione, si muovevano con movimenti gene-rati delle leve mosse da uomini sostituiti attualmente attraverso il ricorso a macchi-nari che fanno muovere automaticamente i carri.

PUTIGNANOIl Carnevale di Putignano è uno dei più famosi ed antichi carnevali d’Italia. Se-condo la tradizione, ha origini antichissi-me che risalgono alla fine del Trecento, al tempo in cui i Cavalieri di Malta, che governavano la zona, trasferirono da Mo-nopoli a Putignano i resti di Santo Stefano per proteggerli dai Saraceni. Per celebrare l’arrivo delle reliquie, i contadini lasciaro-no i campi, si imbrattarono il viso di farina e recitarono versi, satire e scherzi. Questa è l’origine delle Propaggini, che caratteriz-zano il Carnevale di Putignano.La maschera caratteristica del Carneva-le di Putignano è Farinella, il cui nome deriva dall’antica pietanza locale. Oggi è un giullare di corte con vestiti colorati ma in passato, ai tempi della sua creazio-ne negli Anni ‘50, era vestito di bianco e verde e indossava un cappello a tre punte che rappresentava i colli che circondano la città. Dagli anni Trenta del Novecento il Carnevale di Putignano ha assunto le caratteristiche attuali, con riti tradiziona-li e la famosa parata dei carri allegorici. I festeggiamenti iniziano il 26 dicembre con lo scambio del cero, una cerimonia duran-te la quale si dona un cero alla chiesa, allo scopo di chiedere perdono per i peccati che verranno commessi durante il carne-vale. Segue la festa delle Propaggini, che rievo-ca l’evento del 1394, con gruppi vestiti da contadini e con utensili da lavoro che can-tano versi rimati in dialetto, che riguarda-

no l’anno trascorso e ironizzano sui poten-ti del paese. Dal 17 gennaio, i giovedì si ironizza su alcuni ceti sociali; il 2 febbraio si tiene la Festa dell’Orso, con una performance tea-trale in cui un orso, secondo la tradizione, prevede il clima per il resto dell’inverno.La vigilia del martedì grasso si tiene l’E-strema Unzione , in cui un corteo masche-rato in abiti sacerdotali impartisce una benedizione per le vie del paese.Il martedì grasso si concludono i festeg-giamenti con la sfilata di carri allegorici e il Funerale del Carnevale, rappresentato con maiale di cartapesta, simbolo degli eccessi del periodo appena trascorso, che viene bruciato nella piazza principale.Infine, la festa termina con la Campana dei Maccheroni, in cui viene issata una grande campana in cartapesta con la qua-le si scandiscono gli ultimi minuti del Car-nevale.MASSAFRA Anticamente a Massafra, come attestano alcuni documenti settecenteschi, si usava celebrare il cosiddetto “Carnevaletto”, che consisteva in un rito riparatore di tre giorni per le offese arrecate a Gesù duran-te la manifestazione.Il Carnevale di Massafra inizia per tradi-zione plurisecolare il 17 gennaio, giorno in cui ricorre la festa di Sant’Antonio abate

(chiamato a Massafra Sant’Antonio del fuoco, o Sant’Antonio del porco), da cui deriva il detto popolare: “De Sant’Antuo-ne, maschere e suòne”. In questa giornata, i contadini, i massari e le donne di casa, conducevano il loro bestiame all’annuale cerimonia della benedizione degli animali domestici e da lavoro, che veniva imparti-ta nello spiazzo antistante l’antica chiesa rupestre di Sant’Antonio abate.Dal 17 gennaio, le feste si ripetevano a ritmo serrato tutte le domeniche e i gio-vedì di carnevale, ognuno dei quali assumeva un pro-prio nome ed un particolare significato. Si avevano così: il “giovedì dei monaci”, il “giovedì dei preti”, il “giove-dì dei cornuti” (o degli spo-sati) e per ultimo il “giovedì dei pazzi” (o dei giovani). Seguiva il “giovedì della cat-tiva” (cioè della vedova), che coincideva con il primo gio-vedì di Quaresima.

CORATO Il Carnevale coratino è una delle manifestazioni storiche promosse ed organizzate dalla Pro Loco “Quadra-tum”. Il 2009 Corato ha fe-

MASSAFRA

GALLIPOLI

PUTIGNANO

CORATO

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37febbraio duemiladodici inpuglia

steggiato la trentesima edizione di questo evento che negli anni ha acquisito grande importanza e fama sino a divenire la fe-sta carnascialesca di riferimento di tutto il nord barese.Grandi feste spontanee affollavano il cen-tro cittadino nei giorni del Carnevale già verso la fine dell’Ottocento e nei primi del Novecento. A memoria di tale tradizione restano solo vecchi racconti e le due ma-schere de “U Panzone (il Panzone) e de “La Vecchiaredd” (la Vecchierella).Quella del Panzone è la maschera più antica del carnevale coratino. Gli abiti, simbolo della borghesia agraria potente e prepotente che si contrapponeva agli umili e poveri lavoratori della terra, si tra-mandano di generazione in generazione in un numero ristrettissimo di famiglie. Il Panzone è allegoria di una ricchezza prepotentemente ostentata, e di una falsa generosità che i coratini del tempo che fu scelsero come simbolo del sovvertimento sociale caratteristico già delle antiche feste pagane latine di cui è erede il Carnevale. La Vecchierella, maschera importata forse dalla tradizione carnascialesca napoleta-na, tradisce, invece, nell’aspetto, un forte legame con le “Quarantane”, le vecchie-fantoccio che si usavano bruciare prima della Quaresima, e deriverebbe, quindi, dai riti misterici della tradizione pagana. In una interpretazione più spicciola, però, la maschera rappresenterebbe la forza della vecchia generazione, che porta sulle spalle quella nuova ancora debole e indi-fesa.

GALLIPOLI Il Carnevale di Gallipoli, arrivato alla sua settantunesima edizione, è un evento che si ripete ogni anno nella città. Le strade si riempiono di maschere e di coriandoli, carri allegorici e gruppi mascherati sfilano su Corso Roma diffondendo allegria e gio-ia alle migliaia di persone che attendono il loro passaggio ai bordi della strada.Una figura del carnevale di Gallipoli che

riaffiora e rivive ogni anno è “Lu Tidoru“. Questo personaggio era un soldato che per festeggiare il car-nevale, tornò nella sua amata città, e nel periodo del suo ritorno, era usanza abbondare con il

cibo prima di iniziare il digiuno quaresi-male. Il giovane si abbuffò così tanto da morire per soffocamento. Questa scena rivive ancora oggi durante le sfilate dei gruppi mascherati, con il passaggio del carro funebre contenente la bara di “lu Tidoru”, circondato da persone che pian-gono ed urlano disperate per la perdita del caro.

Isabella BattistaRIPRODUZIONE RISERVATA

“The king of the Carnival... show must go on “

carro del team Lapenna vincitore del

Carnevale di Massafra della scorsa edizione

(foto Luigi Serio).

Nella foto a sinistra: Carnevale di Putignano 2012, uno dei carri mascherati sfila lungo le vie del Comune barese

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38 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

Il Santuario Madonna della Scala

Il Santuario della Madonna della Scala è situato all’interno della gravina omoni-ma ed è accessibile tramite una maestosa scalinata di 125 gradini, che secondo la tradizione popolare non possono essere contati, in quanto risulta un numero differente a seconda della salita o della discesa da esse. La devozione verso la Madonna della Scala trae origine dal “Miracolo delle Cerve”: secondo leggenda alcuni pastori videro questi animali soffermarsi ripetutamente presso un masso tufaceo sul quale si conservava una raffigurazione affrescata della Vergi-ne, resto di una piccola cappella crollata. L’evento, ritenuto un segno miracoloso, diede vita a pellegrinaggi devozionali e alla costruzione di una chiesa, in seguito sostituita da quella attuale.All’interno della gravina, oltre al Santuario si trovano oltre 200 nuclei abitativi dell’originario villaggio. Sono presenti molte varietà di piante, alcune molto rare, che gli antichi ritenevano essere medicamentose. All’estremità sud, detta “Gravina di Calìtro”, vi è il santuario seicentesco della Madonna di Tutte le Grazie e i resti di tre chiese rupestri: Santa Maria Maddalena, Santa Parasceve e Sant’Eustachio.

VI SEGNALIAMO...

Massafra, è un comune di 32.448 abitanti e si trova in provincia di Taranto. Il territorio massafrese va dalla Murgia tarantina fino al mar Ionio e presenta una grande varietà di paesaggi. É solcato da una serie di gravine e di lame di origine carsi-ca. L’abitato si è sviluppato intorno a due di queste, la gravina di San Marco e quella della Madonna della Scala.

La gravina di San Marco

DOVE MANGIAREFALSO PEPE - www.falsopepe.itVia II S.S. Medici, 42 Tel/Fax +39 099 880 46 87; M. +39 348 042 05 41Chiuso il Lunedì, Martedì e Mercoledì

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VISITA ANCHE ALBEROBELLO E MARTINA FRANCA

L’attual ecentro urbano di Massafra è costruito e sovrapposto all’antico nucleo ipogeo e si espande lungo la gravina San Marco.Il villaggio rupestre sembra essere stato abbandonato nel XV secolo, per ragioni sco-nosciute, per la vicina gravina della Madonna Scala in un agglomerato meno popolo-so, chiamato “Galitro”, fino al XVIII secolo. Nei villaggi sono ben evidenti i segni di una primitiva organizzazione urbana fatta di percorsi, sentieri, rampe di scale, depositi di sementi, sistemi di canalizzazione e raccolte dell’acqua piovana, strutture produttive quali frantoi e trappeti.Nella gravina di San Marco si trovano tre chiese di grande rilievo: Santa Marina, San Marco e la più nota cripta della Candelora, con soffitto articolato in fantasiose coperture; nella più scenografica gravina della Scala si ricordano, invece, il mistico santuario della Madonna della Scala, la chiesa rupestre Madonna della Buona Nuova, le misteriose grotte del Ciclope e del mago Greguro.

Massafra

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Il territorio di Corato, con una superficie di 167,73 km², si estende sulle pendici orientali delle Murge. Prevalentemente roccioso o semi-roccioso, è caratterizzato da ampi spazi aperti nei quali domina la vegetazione spontanea, interrotti da aree coltivate prevalentemente a vigneto, oliveto, mandorleto e seminativo.

Corato

Il dolmen è un sepolcro collettivo, espres-sione di clan o gruppi organizzati che, nella prima metà del II millennio, domi-navano le nostre comunità. La costruzio-ne di queste enormi strutture rientra in un vasto fenomeno diffuso, sia pur con varianti culturali, nell’area mediterranea e nell’Europa occidentale. Il dolmen, o tomba a galleria, è un monumento funerario del XIV sec. a.C. costituito da grandi lastre di pietra messe verticalmente nel terreno e ricoperte da un lastrone di copertura. Tale struttura era preceduta da una galleria, costituita anch’essa da lastre di pietra disposte in successione su due file parallele. La leg-genda racconta che il dolmen di Corato sia stato realizzato da giganti che voleva-no dare prova della propria forza.

Necropoli di San MagnoA circa 13 Km da Corato in direzione sud-sudest, è stata portata alla luce una necro-poli di sepolcri a tumulo. L’area centrale della necropoli si estende in senso nord-sud per circa 2 Km e in senso est-ovest per circa 1 Km. La struttura delle tombe presenta nel mezzo una cista prevalentemente rettangolare e abbastanza ampia contornata sia da blocchi che da lastre più o meno megalitiche tanto da sembrare, se non autentica-mente dolmenica, di tipo dolmenico e chiaramente collegabile alle ciste del richiamato sepolcro dolmenico a tumulo della tarda età del bronzo.Nelle tombe sono stati rinvenuti oggetti in bronzo e in ferro e vasellame prevalente-mente frammentario sia di impasto che acromo e dipinto in stile geometrico in argilla depurata, tra cui spicca una coppetta di tipo greco-orientale proveniente dal sepolcro numero 12 databile tra l’ultimo quarto del VII e il primo quarto del VI sec a.C.: si tratta di prodotto d’importazione o, comunque, d’imitazione locale da Metaponto o da Siris che trova numerosi riscontri nei complessi vascolari apulomaterani. Anche il repertorio vascolare, sia pure frammentario, ha offerto sufficienti elementi di identifi-cazione e di collocazione culturale e cronologica dei sepolcri esaminati.

Dolmen chianca dei paladini

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entieris

41febbraio duemiladodici inpuglia

Putignano è situata a 40 chilometri a Sud-Est di Bari, nel cuore di una zona collinare di notevole interesse paesaggistico che comprende i Trulli di Alberobello e le Grotte di Castellana.

Putignano

Il centro storico di Putignano è ricco di pa-lazzi signorili e di antichi conventi, e conserva per gran parte una struttura urbanistica tipi-camente medioevale. Questo è caratterizzato da una piazza principale, Piazza Plebiscito, sulla quale si affacciano la Chiesa Madre, il Palazzo del Balì (sede nel medioevo dei Ca-valieri di Malta) e il Sedile (sede del governo cittadino ed attualmente occupata dalla Pro Loco) con orologio e stemma della città sulla facciata. Sempre nel borgo antico è possibile visitare la chiesa Santa Maria La Greca, il monastero e la chiesa di Santa Chiara nonché alcuni altri esempi di architettura religiosa minore come le chiesette di Santo Stefano, Santa Maria di Costantinopoli, San Lorenzo, La Maddalena. Al di fuori del centro storico si possono visitare la Chiesa e il convento dei Carmelitani, oggi sede del Municipio.

Di notevole interesse storico e speleologico e’ la “Grotta del trullo” (a 500 m. dall’a-bitato sulla statale per Turi): si tratta di un bellissimo esempio di carsismo (azione chimica e meccanica delle acque piovane su rocce idrosolubili) con numerose stalat-titi e stalagmiti. Scoperta casualmente nel 1931 durante alcuni lavori di scavo,è stata la prima grotta pugliese ad essere attrez-zata per visitatori; la grotta è infatti una delle poche cavità turistiche che presenta un caratteristico accesso dall’alto. I trulli attraverso i quali si accede nel sottosuolo sono circondati da un ampio giardino, da

un parco giochi e da impianti sportivi.Preziose testimonianze di civilta’ rupestre sono due grotte, di minori dimensioni, ma importanti dal punto di vista storico-religioso: quella di S. Michele a Monte Laureto (a 3 km sulla statale per Noci) con affreschi, altari e una statua dell’Arcangelo realizzata da Stefano da Putignano (sec. XVI) e quella della Madonna delle Grazie situata ai piedi di un’antica masseria in un’ampia zona di boschi.

Piatti tipici del luogo sono: le orecchiette con melanzane e uova; i cavatelli con sugo di pomodoro fresco e cacioricotta; le fave bianche con cirri di vite; le cicorielle campestri con farinella (miscela di orzo e ceci tostati); le polpette di pane; il grano con olio e formaggio (u tredd); i vermi-celli con ragu’ di papera; il calzone di cipolla; le melanzane o zucchine ripiene; l’agnello con patate e lampascioni al forno; pane, acqua e sale (pezzetti di pane raffermo conditi con acqua, olio, sale, pomodoro e origano).Tra i dolci: tarallini bolliti (semplici o al peperoncino, all’anice, ai semi di finoc-chio ecc.), intorchiate, panzerottini ripieni di marmellata o pasta reale (cazunceddr), dolci di mandorle, sasanelli al vincotto, occhi di S. Lucia e vranvllecch (pasta per taralli tagliata a tocchetti e ricoperta di giulebbe); nel periodo natalizio si prepa-rano pettole fritte (ricoperte con zucchero e cannella o con vincotto) e “cartellate” (con miele o vincotto); tipici dolci pasqua-li sono, invece, i “ciucciarelli” (biscotti all’uovo ricoperti di giulebe). Grotta del Trullo

Il Borgo antico Gastronomia

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VISITA ANCHE CASTELLANA GROTTE, CONVERSANO E ALBEROBELLO

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42 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

pettacolis

Una stagione densa di eventi, questa, per la Camerata Musicale Barese, la qua-le proprio a cavallo tra il 2011 e il 2012 festeggia il suo 70° anniversario. Un’edi-zione definita dagli stessi organizzatori “Prestige”, soprattutto per via dei molti nomi di importanti artisti che si sono avvi-cendati sui palcoscenici dei teatri coinvolti già a partire dall’inaugurazione (tenuta-si il 25 ottobre con la Russian Academic Symphony Orchestra) e che continuano ad esibirsi. L’importanza di questo mo-mento celebrativo per Bari è immensa: nel corso di tutti questi anni di lavoro tutti i direttori artistici hanno sempre cercato di dare il massimo, dovendo spesso con-frontarsi e scontrarsi con difficoltà di ogni genere e tipo, tra le quali non va certa-mente scordato il vuoto durato ben 18 anni conseguente all’incendio doloso del Teatro Petruzzelli, storicamente il pal-coscenico di punta di tutte le manifestazio-ni legate alla Camerata Musicale Barese. Adesso, per fortuna, il Petruzzelli è tor-nato al suo antico splendore e torna ad accogliere, insieme ovviamente ad altri teatri del capoluogo pugliese, artisti pro-venienti da tutte le parti del mondo, per poter dare spazio alla “musica” in ogni sua declinazione possibile: da quella clas-sica, che ha sempre il suo posto d’onore, al jazz, un genere che la Camerata ha cercato di valorizzare e far conoscere fin dai suoi esordi, quando erano ancora in pochi a ritenerla degna di considerazio-ne ad alti livelli. E non è forse “musica”, e come tale da proteggere, quella elettro-nica e psichedelica che fa da sfondo alle esibizioni oniriche, complesse e suggestive dei Momix? E vogliamo non apprezzare le musiche folcloristiche che ci traspor-tano istantaneamente in luoghi lontani (come le danze caucasiche del Balletto Nazionale della Georgia che si è esi-bito il 13 dicembre, o la tragedia spagno-la della Compagnia Antonio Gades che sarà al Petruzzelli il 25 febbraio)? L’organizzazione della Camerata Mu-sicale Barese sa, quindi, di dover andare di pari passo anche con la danza come espressione fisica inscindibile dalla musi-ca; in fase di preparazione del calendario della “stagione Prestige” è stato conseguen-

temente dato ampio spazio a compagnie di balletto e a Febbraio, esattamente il 19, sarà possibile assistere ad un’esibizio-ne che ha raccolto consensi ovunque nel mondo. Si tratta dell’ Emiliano Pelli-sari Studio con il balletto Inferno, un suggestivo e camaleontico avvicendarsi di immagini, contorsioni, acrobazie, psiche-delici effetti di luce e suono che trascina-no in poco più di un’ora lo spettatore nel centro dei gironi danteschi, incontrando i personaggi più significativi che popo-lavano questo aldilà confuso e caotico, reso ben più vicino alla dimensione del sogno piuttosto che a quella della realtà anche e soprattutto grazie ai costumi e alle coreografie di Noemi Wolfsdorf. L’augurio è che si possa sempre continua-re a valorizzare la nostra città contando sulla Camerata e sui suoi soci, affinché Bari conquisti e mantenga un posto di pri-mo piano nel panorama dello Spettacolo su scala nazionale.

cameratamusicalebarese.it

Orgogliosamente

La Camerata musicale barese giunge al suo settantesimo annodi attività e propone un calendario di tutto “prestigio”

per approfondire

La Carmen della Compagnia Antonio Gades fotografata da Javier del Real

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

settanta

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43febbraio duemiladodici inpuglia

pettacolis

Uno degli appuntamenti indubbiamente più attesi nel palinsesto della stagione del-la Camerata Musicale Barese è quello con Paolo Conte, al punto che per soddisfa-re le numerosissime richieste del pubblico è stata fissata una data aggiuntiva oltre a quella prevista in calendario per il 17 febbraio, ossia il 18: due serate consecu-tive in cui gli affezionati baresi e non del cantautore di Asti potranno godersi l’esi-bizione nella suggestiva cornice di uno dei teatri di punta della manifestazione della Camerata, il Petruzzelli. L’affluenza mas-siccia e la corsa all’acquisto dei biglietti ha più e più ragioni: innanzitutto, Paolo Conte ha incluso Bari tra le pochissime tappe italiane della sua tournee in giro

per il mondo. Inoltre, Conte è stimato universalmente come uno dei personaggi di spicco della musica italiana “di qua-lità” fin dagli anni ’60. Oltre ai raffinati ed indimenticabili brani ai quali presta la sua voce, egli è anche autore di vere e proprie pietre miliari della canzone: chi non conosce, infatti, capolavori come Az-zurro cantata da Adriano Celentano e Messico e Nuvole di Enzo Jannacci? In occasione del concerto al Petruzzelli, Pa-olo Conte delizierà il pubblico con diver-se esibizioni tratte dal suo ultimo album, Nelson, dedicato al suo amato cane scom-parso da poco e dotato, per stessa ammis-sione dell’artista “di uno straordinario orecchio musicale”. Nelson contiene anche un’altra

dedica speciale, cioè quella a Renzo Fan-tini, storico produttore e collaboratore deceduto prima dell’uscita dell’album. Le atmosfere sonore sono pregne di jazz allo stato puro, ma con contaminazioni in più lingue (si spazia, quindi, dall’italiano allo spagnolo, dal francese al dialetto napole-tano), in perfetta sintonia con ogni brano. Concludendo, la città di Bari accoglierà con calore un artista a tutto tondo che il mondo ci invidia, e in particolar modo la Francia, che nel gennaio 2011 gli ha con-ferito la massima onorificenza per la città di Parigi, la Grande medaille de Ver-meil.

Bari capitale del jazz?? Forse capitale è un’esage-razione, ma di certo gli appassionati pugliesi di questo genere musicale così eccentrico e raffinato da un bel po’ di tempo non restano a bocca asciutta: è transitato di qui anche il “fenomeno” Raphael Gualazzi, nome d’arte di Raffaele Gualazzi, il qua-le sta girando per l’Italia con un tour sponsoriz-zato dall’Eni. L’azienda ha infatti sempre puntato molto sul giovane talento del ragazzo di Urbino, il cui brano Don’t stop era stato scelto come colonna sonora degli spot di Eni Gas & Power prima an-cora che Raphael diven-

tasse noto. Alla celebrità è poi arrivato, in seguito alla vittoria nella sezione Giovani del Festival di Sanremo, nel 2011 con il brano, accompagnato dal piano Follia d’amore, la stessa canzone che in ver-sione inglese (“Madness of love”) l’ha portato a rappre-sentare l’Italia dopo anni di assenza all’Eurovision Song Contest di Düs-seldorf, aggiudicandosi il secondo posto dopo il trionfatore Azerbaijan. La Francia è stata più ra-pida di noi ad individuare in Raphael Gualazzi colui che avrebbe riportato in auge il jazz, mescolan-done gli aspetti più clas-sici appresi negli studi in

conservatorio a sonorità rapide e pop in pieno sti-le Jamiroquai: infatti il suo vero debutto, prima ancora di quello sul palco dell’Ariston, lui l’ha avuto al Sunside Club di Pari-gi, storico tempio del jazz. Permane comunque il fat-to che, seppur con un solo album all’attivo, intitolato Reality and Fantasy, Raphael Gualazzi è già di-ventato un mito, e per mol-ti giovani artisti rappresen-ta un esempio su come la passione per la musica, lo studio e il puro talento sia-no sempre i migliori ingre-dienti per giungere al suc-cesso, sia di pubblico che di critica.

La nobiltà della musica arriva in Puglia

Il 17 e il 18 febbraio i due attesi concertoi di Paolo Conte. Il cantautore piemontese si esibirà al Petruzzelli.

Avanti così RaphaelDopo l’Eurostar Award vinto nel 2011 con oltre ventimila votii provenienti da fan di tutta Europa, continua a crescere il gradimento del giovane jazzista urbinate.

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

D.D.S.

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pettacolis

A furia di puntare in alto, qualcosa viene fuori: questo è sicuramente quello che è successo ad una produzione pugliese for-temente voluta e capitanata dal regista ruvese Michele Pinto. Stiamo parlan-do di Chiamami, una fiction comple-tamente made in Puglia, che nasce come progetto per il web (ed infatti è proprio tramite un canale su Youtube che i pri-mi episodi si sono diffusi, mentre adesso possono essere seguiti dai pugliesi sparsi in tutto il mondo, anche grazie all’ausi-lio dei sottotitoli in inglese) e che via via ha conquistato terreno, approdando su Antenna Sud, la più grande emittente locale d’Italia. Attualmente gli stessi au-tori hanno in cantiere una seconda pro-duzione, intitolata Bishonnen, dai toni più cupi e dark, fino a note addirittura “fantascientifiche” come vengono defini-te dallo stesso Pinto, che sempre si sfor-za di esplorare nuove possibilità e di non cadere in produzioni banali e scontate. “Chiamami”, al contrario, è caratteriz-zato da una verve ironi-ca e da un clima dove le risate abbondano, anche se fanno da sfondo alle esilaranti gag dei tre pro-tagonisti (uno tra tutti, il divertente Massimilia-no Tedeschi) le tante problematiche della no-stra regione: dalla ma-lasanità che costringe il quarto amico ad andare all’estero per una delicata operazione chi-

rurgica alla crisi lavorativa che fa sì che, nonostante svariati limiti fisici e una certa

mancanza di savoir faire con le donne, i tre stu-denti protagonisti deb-bano lanciarsi nell’im-probabile carriera di gigolò per dare una mano all’amico ammalato. Il salto di qualità della fiction è stato anche pos-sibile grazie al patrocinio della Regione Puglia e ad un finanziamento

di 25.000 euro che Pinto & compagnia si

Dal web alla Tv, cresce il successo di “Chiamami”La frizzante fiction del regista Michele Pinto approda su Antenna Sud dopo i consensi su YoutubeGli autori raccontano attraverso gag ironiche e scanzonate le vicessitudini della nostra regione

dal lunedì al venerdì alle 23,15 su Antenna Sud

da non perdere

sono aggiudicati partecipando al bando Bollenti Spiriti: è innegabile che al di là della storia in sé e per sé, “Chiamami” assolva anche alla funzione, di certo gra-dita agli enti locali, di promuovere le bel-lezze e le eccellenze regionali, portandole alla conoscenza di un pubblico sempre più vasto. Non è certo un caso che i tre gigolò portino le loro clienti a visitare gli scorci più suggestivi della Puglia, né tanto meno a godersi i manicaretti e le delizie tipiche della nostra terra, no?

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

Al Granteatrino Casa di Pulcinella si torna indietro nel tempo con la fiaba di Ema-nuele Battista dal titolo Iune mond’a la lune.Lo spettacolo, atto unico in vernacolo ba-rese, racconta in chiave di rivisitazione la Bari degli anni Cinquanta del secolo scor-so vista dalla strada con i personaggi che la popolavano: il calzolaio, l’arrotino, il ripa-ratore di ombrelli e venditori ambulanti, oltre ai giochi di strada e ai bambini, veri protagonisti della fiaba. Il numeroso cast

della compagnia teatrale Amici del Sipa-rio infatti è composto da 24 interpreti, di cui 12 ragazzini che si divertono a giocare sul palcoscenico con i giochi di un tempo.Lo spettacolo va in scena ogni sabato alla Casa di Pulcinella fino al 31 marzo ed eccezionalmente di domenica il giorno 1 aprile. È consigliata la prenotazione.Infotel: 3357826236; (Pagina Facebook Amici del Sipario).

O.N.

Ritornano i giochi di un tempo

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45febbraio duemiladodici inpuglia

pettacolis

Il Teatro Pubblico Pugliese fa sem-pre più parlare di sé: nato come un pro-getto di nicchia è ora diventato uno dei più grandi circuiti di teatri in Italia, com-prendendo come soci 56 comuni spar-si in tutte le sei province pugliesi: inutile dire che finalmente qualcosa si è mosso, e qualcuno si è reso conto di come spet-tacoli, cultura e una serie di proposte su vasta scala per abbracciare i gusti dei più disparati tipi di spettatori vadano a brac-cetto con il turismo e lo sviluppo della nostra meravigliosa terra. L’obiettivo è rendere lo spettacolo il fiore all’occhiello della Puglia, sfruttarlo come volano per l’economia e come calamita per i turisti. Il progetto, grande ed ambizioso, ades-so ha allargato i suoi confini ed è giunto a Roma a fine gennaio per la rassegna, patrocinata appunto dal Consorzio Te-atro Pubblico Pugliese, Puglia In Sce-na, la quale ha lo scopo di portare sul palco romano del Piccolo Eliseo (un

La rivoluzione al femminile risale agli anni 70, e questo lo sappiamo bene: ma ora, proprio adesso, nel 2012, sembra partirne un’altra, tutta tinta di rosa. Stu-fe di vedere che dal teatro più scalcinato fino ai palchi più celebri come quello del-lo Zelig di Milano, lo spazio per le attri-ci donne che vogliono ruoli divertenti è così ristretto, è spuntata l’idea di creare una rassegna che dimostri una volta per tutte che la comicità è femminile, e non solo da un punto di vista grammaticale. Stiamo parlando di ComicA. Donne da ridere una rassegna di teatro comi-co tutto al femminile che si sviluppa su scala nazionale, coinvolgendo nei teatri di tutta Italia artiste del calibro di Anna Mazzamauro e di Claudia Penoni (la “deprimente” attrice di finti film polac-chi con Leonardo Manera), avendo come madrina ufficiale la comica per eccellenza della tv italiana, Luciana Littizzetto.

palcoscenico di tutto rispetto) le miglio-ri eccellenze dello spettacolo e del te-atro made in Puglia, uno tra tutti lo spet-tacolo Il Paradosso del Poliziotto e Intervista Impossibile a Tex Willer dell’ormai celeberri-mo autore Gianrico Carofiglio. E per chi resta in Puglia? Il calendario del Teatro Pubblico Pugliese, che a gennaio ci ha deliziati portando al multisala Show-ville Elio Germano con il monologo Thom Pain, per il mese di febbraio ci offre un’altra grande star direttamente dal grande schermo. Si tratta di Stefa-no Accorsi, volto arci-noto del cinema italiano, che sarà al Multisala Showville il 12 e il 13 febbraio in un adattamento di un grande classico, l’ Orlando Furioso. Saranno anche passati secoli e secoli da quando è stato scritto, ma il tema dell’a-more in tutte le sue declinazioni e gli intra-montabili dissidi tra ragione,sentimento e passione che portano a perdere il

senno restano sempre attualissimi. Il 18 febbraio al Teatro Forma di Bari (e poi il 24 a Nardò, il 25 a Torre Santa Su-sanna e il 26 a Massafra) sarà la volta di un altro testo teatrale che ha conosciuto mille e più rifacimenti, Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespea-re, con adattamento e regia di Antonio De Nitto.

Si chiude il mese di febbraio il 23 e il 24 con Open Day, ancora presso il Multi-sala Showville, di Angela Finocchiaro e Michele di Mauro con regia di Rugge-ro Cara; uno spettacolo divertente ma ta-gliente, fatto di graffiante ironia e di spie-tata critica allo stile di vita delle famiglie moderne, sempre alle prese con brillanti piani per il futuro dei loro figlioli, ma poco orientati a guardare al presente.

Dal 4 febbraio al 10 marzo il Teatro For-ma di Bari aprirà le porte a quattro esi-laranti attrici: Rita Pelusio sarà nella serata di apertura con “Pianto tutto”, poi Cinzia Leone il 24/2 con “Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati!”. Nello spettacolo della famosa attrice romana l’e-secuzione sarà spesso interrotta dalle false telefonate dell’anziana madre invadente, come per dimostrare l’impossibilità di re-cidere il cordone ombelicale anche una volta che si è cresciute e si dovrebbe esse-re ormai autonome. La rassegna procede ancora il 3 marzo con Anna Meacci in “Caldane” (tipica espressione pugliese per indicare le vampate di calore a cui sono soggette le donne una volta entrate in me-nopausa) e si conclude il 10/3 con l’esibi-zione di Barbara Foria in “Meglio un uomo oggi che un marito domani”.

La nuova rivoluzione rosa, con ComicA, donne da ridereFino al 10 marzo l’appuntamento al Teatro Forma di Bari con quattro esilaranti attrici

Il Ttp continua a mietere successiL’obbiettivo è rendere lo spettacolo fiore all’occhiello della Puglia , volano per l’economia e attrattiva turistica

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

Daniela De SarioRIPRODUZIONE RISERVATA

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46 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

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L’agenda di febbraioBARITEATRO FORMAH. 21,00 - Ingresso da € 15 a € 25

TEORIE DI VOLOConcerto jazz info [email protected]

FEBBRAIO

10ven

erdì

CASTELLANETA (TA)TEATRO VALENTINOH. 21,00 - Ingresso € 8 e € 15

RE BORBONE E TRE BARBONIProsa info su altre date su www.teatropubblicopugliese.it

FEBBRAIO

8merco

ledì

CONVERSANO (BA)TEATRO NORBAH. 20,30 - Ingresso € 8 e € 17

MAMMA CE N’È DUE SOLE Prosa D. Caprioglio, P. Quattriniinfo su altre date su www.teatropubblicopugliese.it

FEBBRAIO

8merco

ledì

BARITEATRO FORMAH. 21,00 - Ingresso da € 15 a € 20

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATEinfo su altre date su www.teatropubblicopugliese.it

FEBBRAIO

18sab

ato

BARITEATRO PETRUZZELLIH. 21,00 Ingresso da € 25 a 100 +prev.

PAOLO CONTEin concertosi replica il 18 febbraio

FEBBRAIO

17ven

erdì

BARITEATRO DI CAGNOH. 21,00 - Ingresso a € 10 e € 15

DOTTOR CAOSprosa replica 19 febbraio alle 20,00

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18sab

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pettacolis

Segnalaci i tuoi eventi, invia una mail con oggetto “agenda” a [email protected]

BARITEATRO FORMAH. 20,00 - Ingresso € 25 e € 35

JAMES TAYLOR QUARTETin concertoinfo www.teatroforma.org

FEBBRAIO

11sab

ato

BARITEATRO PETRUZZELLIH. 20,00 Ingresso da € 20 a 70 +prev.

COMPAGNIA ANTONIO GADESin CARMENwww.cameratamusicalebarese.it

FEBBRAIO

26dom

enica

MODUGNO (BA)DEMODE’ CLUBH. 22,30 Ingresso a € 8,00 +prev.

BUGO LIVE+ Dj setinfo www.bookingshow.com

FEBBRAIO

25sab

ato

BARITEATRO FORMAH. 21,30 - Ingresso a € 25 + prev.

MAMMA SEI SEMPRE NEI MIEI PENSIERI. SPOSATIcon CINZIA LEONE

FEBBRAIO

25sab

ato

FASANO (BR)TEATRO KENNEDYH. 21,00 - Ingresso a pagamento

EUGENIO BENNATOin BALLA LA NUOVA ITALIAinfo 080.441.31.50

FEBBRAIO

16giov

edì

BARIFIERA DEL LEVANTEIngresso libero

SMAU BUSSINESrassegna dell’ICT info www.smau.it

FEBBRAIO

15merco

ledì

FEBBRAIO

25sab

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26dom

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48 il magazine dell’eccellenza puglieseinpuglia

avorol

OpportunitàA partire da questo numero, Puglia in consterà di una nuova rubrica dedicata al lavoro.La sua mission è quella di segnalare le of-ferte e le opportunità esistenti e concrete sul territorio pugliese.Non a caso, ci siamo rivolti a Enzo Ielpo, specialista in risorse umane, esperto in mate-ria di lavoro ed opportunità, spesso inno-vatore nel settore della ricerca e selezione da oltre venticinque anni a fianco degli imprenditori, specialmente del sud Italia. Crede fortemente nei giovani talenti ed è impegnato su molte iniziative di orienta-mento professionale per i giovani in cer-ca di occupazione; ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per la qualità e l’innovazione della formazione in azienda. Molte le sue docenze all’interno dei master per risorse umane per conto di Intrapre-sa, Centro studi Comunicare L’impresa, Spegea Confindustria ed altri; è, inoltre, formatore specializzato in tecniche per-suasive, leadership, riorga-nizzazione aziendale nei momenti di cirtici-tà come questa.Direttore Ielpo, spesso si so-stiene che non ci sia lavoro. Quanto è vero?«Non sempre, a volte capita che non ci sia il lavo-ro che si cerca o che si cerchi un lavoro come riempitivo della propria gior-nata. Quello che spesso non c’è, è la consapevolezza che alla fine di un lavoro vi sia un’op-portunità. Questo è un concetto che s f u g g e ,

specialmente ai giovani. Occorre che l’ occupazione venga intesa in termini “causativi”, cioè positivi».Cosa racconterà su questa rubrica a partire dal mese di marzo?«Innanzitutto, voglio segnalare le offerte concrete, il lavoro che c’è e che dal giorno dopo si può co-minciare a svolgere, le aziende a cui mandare il proprio curriculum sapendo che verrà letto, e se il profilo è spendibile verrà certamente ricontattato».La Sua attenzione sarà rivolta a chi o a cosa, specialmente?«Alle aziende. Capovolgerò il metodo che è alla base della ricerca del lavoro. Solitamente, viene detto cosa cercano i giovani, ma non cosa cercano le aziende, far capire perché continuano a licen-ziare e come esse desiderano formare il nuovo staff interno in un momento di contrazione e riorganiz-zazione come questo».Un approccio diverso, il Suo, quin-di.«Indubbiamente. Voglio parlare del lavoro che c’è e non dire quello che dovrebbero fare i giovani; sa-rei come un genitore che impone al proprio figlio

di fare un determinato lavoro, invece di indicare quello che può scegliere di fare tra le professioni disponibili facendone notare gli aspetti positivi. E’ questo il mio obiettivo».Su quali categorie lavorative in-tende, maggiormente, soffermar-si?«Tutte, a volte vengono sminuite categorie molto valide per dar spazio a quelle meno concrete sul mercato perché poco appetibili nelle aziende». Proporrò, pertanto, offerte di lavoro non solo vere, ma anche specialistiche, senza dimenticare i riferimenti e i link delle aziende che andrò, di volta in volta, ad indicare.

Lavoro, quali

La dissocupazione aumenta in tutta Europa. In Italia i “senzalavoro” sono quasi il 9%. Eppure ci sono ancora diverse opportunità lavorative che in pochi riescono a cogliere. Ne abbiamo parlato con Enzo Ielpo esperto in risorse umane che dal prossimo marzo avrà uno spazio su “Puglia in” per parlare delle possibilità che i giovani talenti pugliesi hanno per trovare una occupazione

[email protected]

scrivete a:

Enzo Ielpo risponderà alle Vostra mail

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Annalisa TatarellaRIPRODUZIONE RISERVATA

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49febbraio duemiladodici inpuglia

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Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

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Lavittoria

DONNAè

Se ne parla soltanto quando vincono. Eppure ogni anno rico-prono d’oro internazionale il nostro palmares sportivo. Ma per loro spazio nei grandi media, nelle televisioni, sui giornali, quasi non ce n’è, fagocitati come siamo dal Dio calcio, che comanda finanche i palinsesti televisivi.Ma a loro tutto questo poco importa. Sudano, lavorano sodo, sgobbano nelle palestre, in piscina, sulle piste, per strada, sulle pedane. E sono quasi sempre donne.Negli ultimi anni la tendenza italiana è che i migliori risultati sono sempre in rosa. Guai, quindi, a parlare di sesso debole. Per fortuna ci sono loro a tenere alta la nostra bandiera. Pallavolo, pallanuoto, nuoto, short track, sci alpino, tennis, scherma… e sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa.Lo sport femminile in Italia a meno di sei mesi dalle Olimpiadi di Londra promette di essere la miglior fucina per il nostro me-dagliere.E quasi come se ci fosse un’attenta regia dietro le nostre migliori atlete, a volte capita che le vittorie si radunano nell’arco di po-che ore, costringendo gli appassionati a dividersi tra i comunque rari canali satellitari che hanno tempo e possibilità di mandare in onda gare di sport “poveri”. Naturalmente tra una partita di calcio ed un moviolone…Bisogna però ricordarsi come se siamo vincenti, e se il tricolore spesso e volentieri riesce a svettare sul podio di competizioni eu-ropee ed iridate lo dobbiamo ad atlete straordinarie, che hanno fatto della regolarità e dell’abitudine alla vittoria una specie di karma. Una cosa è certa: si tratta di donne dal profilo vincente.Carolina Kostner, Arianna Fontana e le ragazze del Setterosa, da ultimo, hanno trionfato nelle rispettive discipline, portando in alto il tricolore. La Kostner, fin da piccolissima identificata troppo negativamente come la “cugina” della campionessa Isolde, ha saputo costruirsi tra lacrime e lavoro, una personalità forte e combattiva come mai in passato. Da dolce anatroccolo in lacrime ha saputo reinventar-si magnifico cigno tricolore, capace di sbaragliare la concorrenza

anche da queste parti

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portseuropea per distacco, e di importi nei campionati europei di Sheffield. E’ diventata una sicurezza, ed ha saputo trasformarsi nella patti-natrice più elegante del lotto internazionale, riducendo al limite quelli che sono i suoi difetti: la mancanza di troppa potenza nei salti e la tenuta psicologica.Ma ad iniziare la pioggia di ori del 2012 è sta-to il Setterosa agli Europei di Eindhoven, guidato dal ct Luigi Conti, che ha straccia-to la Grecia con un formidabile 13-10 in finale. Le Azzurre hanno conquistato il quinto titolo continentale, confermandosi una delle squadre da battere nelle pros-sime Olimpiadi e mettendo in acqua tanta grinta, una d e t e r m i n a -zione fuori dal comune e la solita orga-nizzazione tattica tipica delle squadre italiane.Infine, ci sono atlete che non perdono mai il vizio di primeggiare. Nello Short Track c’è da registrare, a que-sto proposito, l’ennesima im-presa di Arianna Fontana, che si è aggiudicata la vittoria nei 3000m, riuscendo così a salire sul gradino più alto del podio in 3 gare (500, 1500 e 3000 mt). E come dimenticare le tenniste? Con la brindisina Flavia Pennetta e Francesca Schiavone a cui si è agi-gunta, lieta novella delle ultime setti-mane, anche l’esplosione di Sara Er-rani, che stanno imponendo il made in Italy in tutto il mondo.Roba da campionissime, insomma.Non si può parlare più di quote rosa nei podi dello sport, giacché da anni i risultati più lusinghieri stanno arrivan-do dalle donne (vedi anche alla voce Federica Pellegrini, senza tralasciare

le ragazze della scherma, o quelle della pallavolo).Bisogna soltanto gioire, ancora una volta, la supremazia delle sorelle d’Italia, acco-

munate da un unico destino, quello di primeggiare in Europa, in un momen-

to in cui il sistema paese arranca e fatica a guadagnare credibilità.

Ma le sorelle d’Italia sono tan-tissime. Ed anche la Puglia ne

è piena. A partire dalla Pen-netta e dalla Vinci gli esem-pi si moltiplicano in tutti gli sport. Pallavolo, atletica leggera, calcio femminile, lotta libera e karate… c’è solo l’imbarazzo della scelta. Eccellenze spesso dimenticate. Storie che meritano di essere rac-contate. Ci proveremo in questo numero e nei successivi.

Roberto MastrangeloRIPRODUZIONE RISERVATA

Flavia Pennetta, nata a Brindisi il 25 febbraio 1982, è stata la prima tennista italiana nella Top Ten della Wta nel 2009. Gioca con il rovescio a due mani e il dritto di destro. Preferisce le super-fici veloci ed il suo colpo migliore è il rovescio incrociato. Ha raggiunto la finale in un torneo Wta per 21 volte (9 titoli e 12 sconfitte), mentre in doppio vanta 14 successi , tra cui l’Australian Open del 2011, e 13 finali perse (Us Open del 2005). Vanta anche tre titoli di Fed Cup vinti con la Nazionale Italiana (2006-2009-2010). Nel doppio è stata nel 2010 al numero 1 del ranking mondiale Wta.

Chi è Flavia Pennetta

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C’è una Bari che vince nel secondo campionato nazionale di calcio a undici. Non ha la fisicità di Borghese, una storia centenaria alle spalle, o i numeri del “San Nicola”. Conta centocinquanta, duecento tifosi al massimo, che arrivano al campo sportivo Sante Diomede del quartiere San Paolo alla spicciolata e senza il bisogno d’accelerare il pranzo domenicale, per evitare code al botteghino. Eppure, in quanto a seguito, organizzazione e simpatia, non ha nulla da invidiare ai ragazzi di Mr. Torrente. È la Bari calcio femminile e si chiama Pink Sport Time. Nata nell’agosto del 2001 per iniziativa di un gruppo di ex atlete, la società delle “gallette rosa” intende valorizzare e diffondere la cultura e la pratica dello sport al femminile attraverso la pallacanestro e il calcio e punta alla preparazione ed alla formazione di squadre giovanili secondo le diverse categorie previste dalla Figc e dalla Fip alle quali la società, che ha sede

a Loseto, è regolarmente affiliata. Sono ventidue le atlete della prima squadra, sessanta le tesserate totali, comprendendo la Primavera e le altre formazioni giovanili. Lo staff è di tutto rispetto e si avvale della collaborazione di tecnici, medici, addetti stampa, webmaster ecc. Una società che sogna al presente, ma pensa al futuro. Grazie allo sviluppo della “cultura sportiva”, la Pink Sport Time promuove, infatti, scopi e finalità sociali al fine di esaltare i valori educativi collegati ad attività ricreative, sforzandosi di garantire, anche nella pratica sportiva, pari opportunità e dignità al mondo femminile. È di tre anni fa, per esempio, il progetto Play Pink, che ha coinvolto un centinaio di giovani atlete in condizioni di disagio economico. Dalla stagione 2009/2010 la Pink è anche scuola calcio qualificata, una delle poche del settore al Sud. Lo scopo è quello di costruire in casa le future campionesse e, più semplicemente,

dare continuità a un movimento che, per poter vedere le stelle, ha sempre bisogno di nuove energie e fresco entusiasmo. Già l’anno scorso la squadra aveva fatto bene, ma l’arrivo di 3-4 elementi di categoria, la voglia di stupire del gruppo e la cura dei classici dettagli che fanno fare il salto di qualità, hanno permesso di sognare una bella favola: le ragazze allenate dal duo Isabella Cardone e Luigi Pappagallo competono attualmente con le squadre più forti del campionato, come quelle di Napoli e Roma e, al termine del girone d’andata, si sono assestate al sesto posto in classifica. Il girone di ritorno sarà avvincente e vivrà sulla lotta per la conquista dei play off: la speranza è che finalmente i galletti…anzi le gallette…baresi si facciano rispettare.

Le “gallette rosa” vogliono imparare a volareCaslcio femminile, le ragazze della Pink Sport Time Bari lottano per un posto nei play off di serie A2

Antonio VerardiRIPRODUZIONE RISERVATA

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È stata la prima squadra ad effettuare la “tripletta ita-liana”, vincendo nel corso della stessa stagione 2002-2003 lo Scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa ita-liana. Detiene il record di 16 vittorie consecutive iniziali (del decennio 2000-2010) in Regular Season assieme alla Phard Napoli. Il Cras Taranto negli ultimi anni ha ina-nellato risultati soddisfacenti in campo italiano, vincendo tre campionati, tre Super coppe italiane e una Coppa Italia, gli manca ancora il giusto spessore per ottenere risultati anche in Europa ma intanto anche quest’anno è in lotta per cucirsi al petto lo scudetto tricolare.Oggi si trova in un momento cruciale della stagione il Cras Trantato, squadra di basket femminile che è, al momento, in testa alla regular season. Il calendario del girone di ritorno ha riservato al Cras capolista una serie di trasferte delicate e pure passando brillantemnte in casa della diretta concorrente per il titolo, Schio, è troppo presto per festeggiare. Il campionato è lungo e i play off offrono sempre sorprese. Fino ad oggi, co-munque la squasra tarantina ha mostrato di essere una squa-dra competitiva e ben organizata. Il roster ha buone soluzioni offensive e buone rotazioni che permettono alle giocatrici di non consumarsi. Purtroppo, a nulla è servita la vittoria di Ri-vas in Europa e il cammino della compagine rossoblu si è fer-mato: «Il Cras paga certi passi falsi passati – commenta il play An-gela Gianolla – e dispiace fermarci qui in Eurolega. Ma la ragione è nella difficile costruzione del gruppo. Adesso ci concentriamo sull’Italia, dove cercheremo con entusiasmo di centrare il doppio obiettivo di Italia ed Eurolega». Questa l’analisi di, dopo la vittoria su Rivas. «Questa affermazione dice che il Cras è concentrato e punta ad arrivare lontano. Ma per farlo dovremo centrare la continuità».Non ci resta che seguire la compagine di coach Roberto Ricchini sino in fondo.

Taranto fra le stelleCon Ricchini, Sottana e Vaughn all’All Star Game

Il prosimo 14 febbraio si svolgerà a Parma, per la terza volta consecutiva, l’All Star game femminile nella ormai consueta formula italiana che vede la nazionale azzurra affron-tare una selezione delle migliori straniere presenti nel campionato di serie A1. Roberto Recchini nelle vesti di coach della Nazionale potrà contare tra le altre anche della “taran-tina” Giorgia Sottana, classe ‘88, alta 177 cm e alla sua prima stagione in rossoblu. Tra le stelle straniere la il play tarantino sfiderà il pivot americano Kia Vaughn sua compagna di squadra in campionato.

Cras Tarantomissione TricoloreDopo la cocente sconfitta in finale contro schio quest’anno la squadra tarantina ci riporva. A metà regular season è in testa alla classifica. Peccato per l’eliminazione dalla Eurolega femminile

Appena arrivato a Taranto nel 2008 ha vinto il campionato. Roberto Ricchini (in basso)è un vincente. Nella città dei due mari ha vinto due scudetti e due Supercoppe italiane.Dal 2011 è anche il coach della Nazionale femminile italiana per portarla al successo. Al suo fianco avrà Giorgia Sottana (in basso), play del Cras e della Nazionale. Nel tondo il pivot americano Kia Vaughn che all’All Star Game sarà loro rivale.

Qui di fianco Angela Gianolla,

classe ‘80, playmeker del Cras Taranto;

RICCHINI, UN COACH VINCENTE

Osvaldo NegroRIPRODUZIONE RISERVATA

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La Polis Caseificio Maldera di Corato, ha chiuso in testa il girone di an-data del girone A del campionato regiona-le di pallavolo femminile di serie C.Le ragazze di coach Filaninno sono ormai una vera squadra, un vero gruppo, anche grazie agli innesti di Tania Simionato e Lucia La Torre. La prima è un centrale e arriva direttamente dalla serie B molfet-tese, la seconda ha 24 anni, è di Manfre-donia e gioca come “universale”, ovvero può ricoprire tutti i ruoli. La Polis si sta distinguendo nel panorama pallavolistico barese, nonostante le diffi-coltà economiche che attanagliano tutti gli sport minori. Infatti, la compagine corati-na resta una delle poche società del nord barese che porta alto il nome della palla-volo locale. Tutto questo è possibile gra-zie all’impegno del presidente Giuseppe Maldera.La stagione, però, è ancora lunga e capitan Caterina e company dovranno difender-si da agguerrite avversarie come il Gioia del Colle o il Manfredonia. Sono proprio loro le dirette inseguitrici del Corato, che tenteranno di ostacolare la scalata del-la squadra guidata da Pino Filannino. Una squadra coesa, equilibrata, composta da atlete valide ma soprattutto inclini a dare sempre il meglio di sé. Le ragazze hanno acquistato la giusta con-sapevolezza, tanto che Roberta Valente, centrale nella squadra neroverde afferma: «I risultati raggiunti ci danno vincenti non soltanto per il primato in classifica ma anche e soprattutto per la determinazione e la continuità che abbiamo dimostrato nel perseguire il nostro obiettivo. La no-stra forza è proprio il gruppo e questo sta venendo

fuori partita dopo partita». Daniela Mascia-le, il libero, classe ’90 ha già la maturità di una veterana e parla di gruppo e viso aperto: «È stato proprio nel corso delle ultime partite che abbiamo dimostrato di essere un gruppo unito, coeso, determinato a portare a casa punti importanti. Essere una squadra significa aiutarsi a vicenda e noi questo lo abbiamo fatto sempre. Non

Polis in testa al giro di boaLa squadra coratina campionessa d’inverno con Gioia del Colle e Manfredonia alle calcagne il giorne di ritorno sarà una lunga battaglia per la promozione

ci sono stati alibi o sguardi timorosi, abbiamo af-frontato le partite a viso aperto. Avevamo il dovere di fare del nostro meglio e ci siamo riuscite. E così faremo nelle prossime sfide cercando di trasformare ogni vittoria in un passo verso il traguardo, possi-bilmente senza mosse false».

In alto Roberta Valente in una fase di gioco sotto rete; Qui sotto, il capitano della Polis, Caterina mentre si appresta a “schiacciare”.

Osvaldo NegroRIPRODUZIONE RISERVATA

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