Pro.di.gio. n°VI dicembre 2013

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Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. progetto di giornale BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO VI - DICEMBRE 2013 - ANNO XIV - LXXXI NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT Sunitha Krishnan a Trento Che combatte lo sfruttamento sessuale in India pagina 3 Walk in progress Escursioni in montagna con l’associazione Insieme e NuoveRotte pagina 5 Il vento della libertà Fabrizio Olmi ci racconta la sua esperienza con la barca a vela pagina 9 Il cielo di dicembre e gennaio Primi passi verso le stelle del periodo invernale pagina 11 Unendo le forze si riesce a creare qualcosa di unico Una giornata da ricordare “C he Prodigio di festa!” è senza alcun dubbio il titolo più appropriato per descrivere la fantastica iniziativa svoltasi in Clarina di Trento il 27settembre grazie alla colla- borazione delle associazioni della zona. L’appuntamento era alle ore 14 del venerdì, nella piccola piaz- zetta che divide, o meglio che unisce le sedi di Associazione Prodigio, Cooperativa SAD, Anffas e Cooperativa FAI. Que- ste diverse realtà associative sono riuscite ad unire le forze per organizzare un evento che ha visto la partecipazione de- gli utenti e delle persone che abitano e vivono il quartiere. L’idea era quella ritrovarsi per far entrare in contatto e mesco- lare persone che difficilmente, nella vita di tutti i giorni, si frequentano. La condivisione era il tema centrale di questo evento, l’incontro tra persone diverse che rappresentano delle realtà le quali raramente hanno occasio- ne di entrare in contatto tra loro; le attività proposte durante il pomeriggio in compagnia miravano proprio ad avvicinare mondi apparentemen- te lontani. “Che prodigio di festa!” è la calzante quanto concisa espres- sione con cui tutti coloro i quali vi hanno partecipato descriverebbero questo evento; un’affermazione che nasce spontanea nell’assistere alla magia che si è creata quel giorno, nell’incontro, segnato dalla conoscenza reciproca e dalla voglia di partecipare che si respirava nell’aria. All’inizio della festa è intervenuto an- che Ugo Rossi, che quel giorno vestiva ancora i panni dell’Assessore, il quale ha voluto complimentarsi con tutti gli organizzatori e i par- tecipanti di questa stupenda iniziativa. Gli operatori e i vo- lontari delle associa- zioni organizzatrici si sono prodigati per allesti- re tavoli e panche, di modo che più persone possibili potes- sero prendere parte alla festa; è stata anche allestita una tavolata imbandita di cibi e bevande offerti dagli esercizi commerciali della zona, che fa capire quanto il tema della coesione sociale all’interno del quartiere sia caro a molti. Una mescolanza di voci di tutte le età, dall’anziano alla famiglia con i bambini, e per tutti c’era qualcosa da scoprire e conoscere. I meno giovani hanno potuto ap- prezzare la musica a loro più familiare, prodotta dai suonatori di fisarmonica e tromba, strumenti tipici della nostra tradizione popolare, ma non hanno disdegnato le performance degli altri musicisti, che hanno scosso gli animi con le percussioni africane. Questi strumenti di paesi lontani si sono fatti conoscere solo in tempi recenti grazie alla tendenza globalizzan- te, che esporta verso il mondo le particolarità e le ricchezze tipiche di diverse parti del mondo, attra- endo e mescolando le persone di ogni dove. La contaminazione di suoni profondamente diversi tra loro ha creato un ritmo unico che ci ha accompagnato per tutta la durata della festa. Il tema dell’incontro tra il gio- vane e l’anziano è stata la scintilla che ha dato ispirazione ai ragazzi dell’Istituto d’Arte A.Vittoria di Trento, i quali hanno creato due opere su tela per rappresentare il loro punto di vista sul tema della festa. Dove l’unione fa la forza, la differenza e lo scambio di conoscenze arricchisco- no in maniera diversa ognuno di noi, permettendoci di assaporare esperien- ze uniche e confrontarci con noi stessi e con gli altri. Giulio Thiella Il lato artistico della festa Giro con la mia videocamera accesa, c’è un clima disteso in questa giornata di fine estate, il caldo è ancora assillante nonostante alcune nuvole minacciose all’orizzonte. Tutto intorno si balla, si suona, si dipinge, c’è chi scambia due parole con il vicino di quartiere, chi si diletta con le percussioni nello spazio dedicato alla musico terapia. Era un po’ di tempo, almeno ha detta degli anziani del quartiere, che non si vedeva uno spirito di condivisione così genuino. Ci sono i ragazzi dell’Anffas, che sembrano visibilmente felici, è un chiasso gioioso e fraterno quello che sentono intorno a loro. Per una volta tutti insieme anche gli operatori e presidenti delle coo- perative e associazioni presenti. La scena più bella la catturo con il mio obbiettivo, sono nell’angolo delle percussioni, vedo bambini, madri, operatori, passanti che insieme suonano un ritmo che nasce spontaneo. Nessuna indicazione, ma ognuno inconsapevolmente contribuisce a trovare l’equilibrio giusto e funziona! Poi ci sono i duetti di tromba e fisarmonica, per infondere musiche tradizionali, ma che ben presto si mescolano con i ritmi africani dei “Black and White” e dei loro bonghi. Ne risulta un suono nuovo, a momenti balcanico e in ogni caso capace di infondere energia po- sitiva a tutti i presenti. Mi sposto un attimo dal fragore di tamburelli, bastoncini e jambe dirigendomi verso i ragazzi dell’Istituto A. Vittoria di Trento, hanno posizionato le loro grandi tele ai margini della piazza e si sono divisi in due gruppi di lavoro. Il loro messaggio vuole essere un chiaro invito all’arte come strumento culturale e d’espressione di pensiero. Quando sono stati invitati a partecipare a quest’evento gli è stato chiesto d’interpretare e rappresentare su tela il tema dello scambio intergenerazionale. Fin da subito si vede che hanno le idee chiare e iniziano a stendere la base di colore, gli stili che emergono sono interessanti e trovano fra loro equilibrio tra dinamismo e staticità. Un gruppo ripren- de il tema della vecchiaia e lo rende vivo ed esplosivo, sa di futurismo di Boccioni, colori rossa accesi e linee severe che raffigurando un vecchio incattivito dall’esistenza che riversa nel vento parole dure e di denuncia, ricavate da ri- tagli di giornale. Le ragazze invece prediligono linee morbide colori rassicuranti come il verde, l’ocra, dipingendo simboli di forza, resistenza e condivisione: come le pieghe nella corteccia di una possente quercia, simbolo di femminilità e saggezza, regala la sua ombra ad una donna dai tratti persiani intenta ad aggiustare i capelli di una anziana signora. Lorenzo Pupi Che prodigio di festa Art time laps Dipinto realizzato in occasione dell’evento “Che prodigio di festa” dai ragazzi dell’Istituto d’Arte A . Vittoria di Trento ed esposto presso la sede dell’Ass. Prodigio.

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CHI SIAMO: PRODIGIO è un'organizzazione di volontariato formata da persone disabili e non, impegnate nel campo dell'handicap e del disagio sociale. Si è costituita a Trento nell'aprile del 1999. L'associazione svolge un'attività di sensibilizzazione di queste tematiche attraverso la redazione di un bimestrale," Pro.di.gio." consultabile anche sul nostro sito.

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progetto di giornale

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAPNUMERO VI - DICEMBRE 2013 - ANNO XIV - LXXXI NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

Sunitha Krishnan a TrentoChe combatte lo sfruttamento sessuale in India

pagina 3

Walk in progressEscursioni in montagna con l’associazione Insieme e NuoveRotte

pagina 5

Il vento della libertàFabrizio Olmi ci racconta la sua esperienza con la barca a vela

pagina 9

Il cielo di dicembre e gennaioPrimi passi verso le stelle del periodo invernale

pagina 11

Unendo le forze si riesce a creare qualcosa di unico

Una giornata da ricordare

“Che Prodigio di festa!” è senza alcun dubbio il titolo più appropriato per descrivere la

fantastica iniziativa svoltasi in Clarina di Trento il 27settembre grazie alla colla-borazione delle associazioni della zona. L’appuntamento era alle ore 14 del venerdì, nella piccola piaz-zetta che divide, o meglio che unisce le sedi di Associazione Prodigio, Cooperativa SAD, Anffas e Cooperativa FAI. Que-ste diverse realtà associative sono riuscite ad unire le forze per organizzare un evento che ha visto la partecipazione de-gli utenti e delle persone che abitano e vivono il quartiere.

L’idea era quella ritrovarsi per far entrare in contatto e mesco-lare persone che difficilmente, nella vita di tutti i giorni, si frequentano. La condivisione era il tema centrale di questo evento, l’incontro tra persone diverse che rappresentano delle realtà le quali raramente hanno occasio-ne di entrare in contatto tra loro; le attività proposte durante il pomeriggio in compagnia miravano proprio ad avvicinare mondi apparentemen-te lontani.

“Che prodigio di festa!” è la calzante quanto concisa espres-sione con cui tutti coloro i quali vi hanno partecipato descriverebbero questo evento; un’affermazione che nasce spontanea nell’assistere alla magia che si è creata quel giorno, nell’incontro, segnato dalla

conoscenza reciproca e dalla voglia di partecipare che si respirava nell’aria.

All’inizio della festa è intervenuto an-che Ugo Rossi, che quel giorno vestiva ancora i panni dell’Assessore, il quale ha voluto complimentarsi con tutti gli

organizzatori e i par-tecipanti di questa stupenda iniziativa.

Gli operatori e i vo-lontari delle associa-

zioni organizzatrici si sono prodigati per allesti-

re tavoli e panche, di modo che più persone possibili potes-

sero prendere parte alla festa; è stata anche allestita una tavolata imbandita di cibi e bevande offerti dagli esercizi

commerciali della zona, che fa capire quanto il tema della coesione sociale all’interno del quartiere sia caro a molti.

Una mescolanza di voci di tutte le età, dall’anziano alla famiglia con i bambini, e per tutti c’era qualcosa da scoprire e conoscere.

I meno giovani hanno potuto ap-prezzare la musica a loro più familiare, prodotta dai suonatori di fisarmonica e tromba, strumenti tipici della nostra tradizione popolare, ma non hanno disdegnato le performance degli altri musicisti, che hanno scosso gli animi con le percussioni africane. Questi strumenti di paesi lontani si sono fatti

conoscere solo in tempi recenti grazie alla tendenza globalizzan-te, che esporta verso il mondo le particolarità e le ricchezze tipiche di diverse parti del mondo, attra-endo e mescolando le persone di ogni dove.

La contaminazione di suoni profondamente diversi tra loro ha creato un ritmo unico che ci ha accompagnato per tutta la durata della festa.

Il tema dell’incontro tra il gio-vane e l’anziano è stata la scintilla

che ha dato ispirazione ai ragazzi dell’Istituto d’Arte A.Vittoria di Trento, i quali hanno creato due opere su tela per rappresentare il loro punto di vista sul tema della festa.

Dove l’unione fa la forza, la differenza e lo scambio di conoscenze arricchisco-no in maniera diversa ognuno di noi, permettendoci di assaporare esperien-ze uniche e confrontarci con noi stessi e con gli altri.

Giulio Thiella

Il lato artistico della festaGiro con la mia videocamera accesa, c’è un clima disteso in questa

giornata di fine estate, il caldo è ancora assillante nonostante alcune nuvole minacciose all’orizzonte. Tutto intorno si balla, si suona, si dipinge, c’è chi scambia due parole con il vicino di quartiere, chi si diletta con le percussioni nello spazio dedicato alla musico terapia. Era un po’ di tempo, almeno ha detta degli anziani del quartiere, che non si vedeva uno spirito di condivisione così genuino. Ci sono i ragazzi dell’Anffas, che sembrano visibilmente felici, è un chiasso gioioso e fraterno quello che sentono intorno a loro. Per una volta tutti insieme anche gli operatori e presidenti delle coo-perative e associazioni presenti. La scena più bella la catturo con il mio obbiettivo, sono nell’angolo delle percussioni, vedo bambini, madri, operatori, passanti che insieme suonano un ritmo che nasce spontaneo. Nessuna indicazione, ma ognuno inconsapevolmente contribuisce a trovare l’equilibrio giusto e funziona!

Poi ci sono i duetti di tromba e fisarmonica, per infondere musiche tradizionali, ma che ben presto si mescolano con i ritmi africani dei “Black and White” e dei loro bonghi. Ne risulta un suono nuovo, a momenti balcanico e in ogni caso capace di infondere energia po-sitiva a tutti i presenti. Mi sposto un attimo dal fragore di tamburelli, bastoncini e jambe dirigendomi verso i ragazzi dell’Istituto A. Vittoria di Trento, hanno posizionato le loro grandi tele ai margini della piazza e si sono divisi in due gruppi di lavoro. Il loro messaggio vuole essere un chiaro invito all’arte come strumento culturale e d’espressione di pensiero. Quando sono stati invitati a partecipare a quest’evento gli è stato chiesto d’interpretare e rappresentare su tela il tema dello scambio intergenerazionale. Fin da subito si vede che hanno le idee chiare e iniziano a stendere la base di colore, gli stili che emergono sono interessanti e trovano fra loro equilibrio tra dinamismo e staticità. Un gruppo ripren-de il tema della vecchiaia e lo rende vivo ed esplosivo, sa di futurismo di Boccioni, colori rossa accesi e linee severe che raffigurando un vecchio incattivito dall’esistenza che riversa nel vento parole dure e di denuncia, ricavate da ri-tagli di giornale. Le ragazze invece prediligono linee morbide colori rassicuranti come il verde, l’ocra, dipingendo simboli di forza, resistenza e condivisione: come le pieghe nella corteccia di una possente quercia, simbolo di femminilità e saggezza, regala la sua ombra ad una donna dai tratti persiani intenta ad aggiustare i capelli di una anziana signora.

Lorenzo Pupi Che prodigio di festa

Art time laps

Dipinto realizzato in occasione dell’evento “Che prodigio di festa” dai ragazzi dell’Istituto d’Arte A . Vittoria di Trento ed esposto presso la sede dell’Ass. Prodigio.

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SOLIDARIETÀ

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GIOVANI

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% p

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i.gio

. Abbonamento annuale (6 numeri)Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “Asso-ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”.Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it.

Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Carlo Nichelatti, Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Sara Caon, Eleonora Fraulini. Hanno collaborato: Maurizio Franchi, Dorotea Maria Guida, Tommaso Moretti, Piergiorgio Gabrielli, Paola Pedergnana, Elisa Stefanati, Leonardo Bornati, Matteo Franchi.In stampa: giovedì 28 novembre 2013.Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

Il nostro manifesto per una informazione sociale partecipata

A Pro.di.gio. la redazione si rinnova

Il giornale pro.di.gio. è il frutto di un corso di 600 ore per addetti alla redazione di un giornale denominato “Progetto Iter Trento Prodigio” e svoltosi dall’aprile 1999 all’aprile 2000. Era rivolto a persone disabili,

studenti e disoccupati. Il corso fu finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Sociali con fondi sociali europei. L’idea di questo progetto e del corso, è nata dall’esigenza di alcune persone disabili di avere un mezzo per poter informare e sensibilizzare l’opinione pubblica. Rappresentativa della filosofia alla base, ne troviamo una chiara sintesi, attraverso le parole dell’attuale Presidente dell’Ass. Prodigio, Giuseppe Melchionna, che allora fu tra quelli che cominciarono questa esperienza. “È un giornale nato per volontà di un gruppo di disabili, giovani con disagio psicologico e sociale, studenti e disoccupati... Vogliamo essere soggetti attivi e protagonisti della nostra vita, per trasmettere la nostra esperienza a tutta la comunità. Daremo spazio e voce anche ad altre associazioni e cooperative, nonché a singoli cittadini, per favorire uno scambio culturale e di esperienze tra la nostra città e il resto delle comunità locali, nazionali ed estere.”

L’obiettivo era chiaro: creare un gruppo redazionale e quindi dare vita ad un giornale sperimentale che infatti è nato, cresciuto, si è sicuramente arricchito e ad oggi resiste nonostante le difficoltà. Il gruppo di collaboratori attivi e volontari si allarga e con loro, il bagaglio di idee e piccole innovazioni.

Non da molto, care lettrici e cari lettori, siamo lieti di presentarvi i due nuovi volti della redazione pro.di.gio. Qui di seguito riportiamo il loro manifesto:

-”Spesso si cammina per strada, si prende l’autobus, un cappuccino al bar sotto casa, senza mai considerare la complessità attorno a noi. L’imma-gine di testata (la scritta pro.di.gio.) che abbiamo appositamente scelto e adattato insieme per questo numero, rimanda visivamente alla profondità dell’universo e ai suoi intrecci: miliardi di stelle e pianeti che in qualche modo interagiscono tra loro, pur essendo a migliaia di anni luce di distanza. Un po’ quello che accade in senso figurato sulla terra tra gli individui. Siamo frutto di connessioni sociali, culturali, territoriali e biochimiche.

Aumenta la distanza culturale tra le persone, si sollevano barriere fisiche e mentali, le relazioni sono sacrificate e a lungo andare ci si dimentica che siamo parte di un insieme fatto d’interazioni.

Cercheremo di trovare attraverso la versatilità della carta e della penna, della macchina fotografica e dei pixel colorati della rete, le alterazioni e particolarità sociali; ci impegneremo a riscoprire le menti attente ai bisogni, dando accesso ad un’informazione che renda protagonista chi scrive, un modo di raccontare le cose che parta dal basso. Tutto questo per conser-vare un prodotto cartaceo di coinvolgimento e di approfondimento, uno strumento tangibile, interscambiabile e di qualità come sa essere pro.di.gio..

Il nostro manifesto ha il chiaro intento di chiamare le persone a scrivere, a riappropriarsi delle idee, usando l’informazione come strumento d’interven-to, teso alla qualità della denuncia, ma anche come laboratorio progettuale di analisi, con la ricerca della rete tra persone, enti associativi e istituzioni.

Il nucleo centrale degli argomenti trattati parte certamente dal concetto di disabilità, come motore di un nuovo sviluppo che tocca settori trasver-sali della nostra esistenza. Dalla disabilità, ci avvicineremo al mondo del disagio che muta continuamente forma ed espressione, divenendo spesso impalpabile, lontano dai megafoni e sempre più esteso. Per questo abbiamo attivato rubriche che sono dedicate a temi come il carcere, il gioco d’azzar-do, problematiche ambientali e filosofiche. Cercheremo di non ragionare per settori asettici, ma favoriremo connessioni e nuovi spunti. Questo è certamente possibile anche grazie ad uno staff allargato che partecipa dalla piazza virtuale e da quella reale, che ci invia materiale originale e contribuisce al buon lavoro della redazione. Chi collabora già attivamente con noi sono infatti studenti, professionisti, insegnanti, giornalisti, operatori del non-profit, utenti, educatori, medici, avvocati, esercenti commerciali, disabili e non che hanno qualcosa da dire, anzi da scrivere...

Un ringraziamento speciale lo dedichiamo infine a chi rende visibile e tangibile il nostro lavoro: Carlo Nichelatti, coofondatore di pro.di.gio., e impaginatore dello stesso, sempre disponibile a condividere la sua espe-rienza e apportare innovazioni. “- Lorenzo Pupi e Giulio Thiella

La Redazione

La creative-class di Campomarzio combatte la crisi con cultura, condivisione e innovazione

Giovani lavoratori

Essere un giovane lavoratore, cosa significa al giorno d’oggi?

È una delle domande a cui cercano di dare una o più risposte quelli del col-lettivo Campomarzio, una realtà nuova e giovane nella città di Trento che dalle dif-ficoltà di impiego ed espressione, hanno saputo tirare fuori il meglio.

La mostra fotografica da loro organiz-zata attraverso rete di contatti e auto finanziamento, ha portato su parete bianca volti di giovani trentini neolaureati, architetti, designer, ingegneri, informatici, giuristi, sociologi, informatici, agronomi, insegnanti ecc..; in definitiva quelli che, se proprio vogliamo classificarli, dovrebbero rientrare a pieno titolo nella cosìddetta creative-class: ma la realtà delle cose spes-so li confina ad un lavoro sottopagato e iper flessibile, lontano dalle loro passioni e competenze.

Hanno studiato per anni in facoltà italiane o estere, qualcuno ha avuto anche l’opportunità di viaggiare e di lavorare all’estero, di confrontarsi con un mondo in continua mutazione dove le certezze sono seguite solo da chi non ha più immaginazione.

Hanno capito, come altri, come unire le forze, come mettere in campo competenze e professionalità di-verse, legate da un sottile filo conduttore che trova vita e linfa nel saper comunicare, nel riflettere e nel analizzare una realtà mutevole e creativa; può essere la nuova strada da seguire nell’era post-industriale che stiamo vivendo, martoriata da una crisi, di cui il dato economico negativo, è solo una minima parte.

Trovare le criticità nella complessità del nostro tempo e trovare le risposte a nuove problematiche permette di aprire le porte al potere della creatività. Essa può divenire leva per nuove possibilità di impiego di ge-stione del lavoro, per una sostanziale ristrutturazione della società.

Queste e altre riflessioni sono fulcro della mostra tenutasi presso le gallerie di Piedicastello.

Il progetto Giovani Lavoratori 1974/1988 prende avvio nel maggio 2013 con una lunga serie di shoo-ting commissionati da Campomarzio-associazione, al fotografo Jacopo Salvi. Il risultato sono cento ritratti a giovani professionisti trentini: un’opera concettuale, ricercata cover della famosa lightbox Young Workers di Jeff Wall.

Quando siamo arrivati alla bocca delle ex gallerie, con la loro altezza di 6 metri e lunghezza di quasi 300, l’impatto visivo è stato notevole. L’evento è stato orga-nizzato in uno dei due trafori, quello bianco: dedicato agli incontri, a congressi ed esibizioni contemporanee. Insieme alla galleria cugina, quella nera, rappresen-tano spazi dedicati alla storia del Trentino e della sua comunità. É un contesto che accoglie con auspicio l’intento di riflessione sul mondo del lavoro che cambia, rivivendo gli spazi in veste creativa e all’insegna della cultura. Un motore nuovo per uno rinnovamento del mondo dell’impiego. Sulle pareti bianche della galle-ria si susseguono a distanza di un metro, cento scatti

fotografici che raccontano di giovani volti contemporanei alle prese con un nuovo risorgimento.

Ragazze e ragazzi del capoluogo che sicuramente vi sarà capitato di incontrare per strada a Trento. Sono studenti uni-versitari, laureati che ad un certo punto si

sono messi in discussione, hanno lanciato lo sguardo al di là dei canoni riscoprendo il valore della cultura e della professionalità, spesso creandosi o inventandosi il proprio lavoro.

Possono essere free-lance, a partita iva, giovani architetti, designer, ingegneri e artisti, come quelli del collettivo “Campomarzio” che trovano nuove formule di impiego, affiancando le multi competenze sia a progetti classici che a offerte culturali innovative. L’Associazione nasce mossa da questo spirito nel no-vembre 2012 con lo scopo di promuovere il dibattito sull’architettura e sulla città.

Fondata da sette architetti e una filosofa, propone ricerche e progetti collaborativi realizzati su libera iniziativa con una metodologia improntata alla colla-borazione con professionisti di altre discipline.

Campomarzio-associazione non riceve contributi pubblici per la realizzazione dei propri progetti, forte della convinzione che sia oggi necessario investire par-te del proprio tempo libero per contribuire alla crescita culturale e sociale della propria comunità.

Accanto all’attività principale Campomarzio-asso-ciazione realizza, in collaborazione con associazioni ed istituzioni del territorio, iniziative di animazione culturale e riflessione sul contemporaneo.

Rappresentano un piccolo spaccato delle realtà lavorative definite flessibili che si scontrano quotidia-namente con un’idea del lavoro ancorata al passato, che ad oggi trova scarso raffronto pratico. La rete di contatti, la condivisione del lavoro e lo sviluppo di un approccio creativo nell’organizzazione, gestione e ideazione sono alcune linee guida che uniscono, già adesso, molti giovani lavoratori. Stanno cambiando la società come la conosciamo, riunendosi in collettivi, associazioni, gruppi di lavoro che hanno sempre mag-gior peso sociale e professionale e potranno sempre più intervenire nei processi politico amministrativi di fase puntuale e forse dare un impulso concreto al cambiamento da tanti auspicato.

Lorenzo Pupi

www.campomarzio.name

La redazione e l'Associazione Prodigio augurano a tutti voi,

cari lettori un felice Natale

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SOLIDARIETÀ

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Il 3 ottobre mi trovavo presso la Sala della Cooperazione, molto incuriosita e molto emozionata poiché veniva per la prima

volta in Italia, e per la prima volta a Trento, l’attivista indiana di fama internazionale Suni-tha Krishnan, che da tutta una vita combatte la lotta contro la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale. Classe 1972, Sunitha si è laureata in Scienze Ambientali, ha un master in Psichiatria del Servizio Sociale e un dottora-to in Servizio Sociale. Ha aiutato centinaia di bambini che subivano abusi e sta lavorando fianco a fianco con il Governo indiano e le Ong per proteggere e salvare, togliendoli dalla tratta e riabilitandoli, donne e bambini vittime di sfruttamento sessuale. Ha fondato a questo scopo l’associazione Prajwala, organizzazione no profit che da 15 anni fornisce assistenza e supporto psicologico, medico e legale alle vittime di sfrut-tamento sessuale e organizza campagne di informazione e di sensibilizzazione sul tema. Su-nitha per tutti questi motivi ha ricevuto lo Stree Shakthi Pura-skar, importante riconoscimen-to nazionale indiano, il Perdita Huston Human Rights Award e il World Of Children Award. Fon-dazione Fontana nell’occasione ha anche presentato il progetto di solidarietà e sensibilizzazione contro la violenza sulle donne intitolato “100 borse contro la violenza sulle donne”.

Il fenomeno della violenza sulle donne ci lega in tutto il mondo, anche se tendiamo a pensare che possa accadere solo e soltanto “agli altri”. Ogni 22 minuti in India accade uno stupro, al 3° posto nel mondo per crimini organizzati, il traffico sessuale è un’industria da 858 miliardi di dollari: dati massacranti. “Quante persone devono essere vittime di tratta prima che noi ri-spondiamo a questo problema?”, così Sunitha ha provocatoriamente interrogato la platea. Già, quante? Anche se solo una persona nell’intero e vasto mondo venisse violentata, sarebbe un problema che riguarderebbe tutti, dal primo all’ultimo. Diventa perciò prioritario, se non necessario, prendere forza e coraggio dal legame di solidarietà con altri Paesi ed aprire nuove porte per rompere il silenzio. “Per ogni vittima di tratta sessuale il viaggio comincia da una famiglia che non ha più possibilità di scelta.

Si diventa molto deboli, molto vulnerabili, e per questo motivo se qualcuno ti offre un lavoro, se qualcuno ti offre l’amore, sei facilmente ingan-nabile. La maggior parte delle vittime di tratta non sa a cosa va incon-tro. Pensano veramente che le cose andranno meglio. Ho salvato più

di 8500 ragazze ed ognuna di loro cercava di scappare”, così ha continuato Sunitha, con voce chiara e forte. Ma, tutti noi del pubblico oramai l’avevamo capito, più le ragazze, i cui volti abbiamo intravisto nelle foto, provano a scappare, più provano a resistere, più vengono torturate. Terribili le testimonianze di alcune di loro, attraverso la voce dolce e le parole amare di Sunitha. La maggior parte delle vittime non sa che quando dice quel sì è un sì ad un’intera vita di sfruttamento, e per il fatto che il cliente paga, egli crede di poter fare qualsiasi cosa con il loro corpo. L’immane tragicità di tutto ciò è che solo il 7% di loro viene salvato. “Mentre noi stiamo parlando in questa bella sala, il 93% è ancora in queste condizioni”, in un torbido e perverso cir-colo vizioso che non forse non finirà mai, remunerativo, certo, per gli sfruttatori, ma certamente non per le ragazze. “Per le

ragazze si tratta solo di saldare un debito e poche di loro rimangono sane di mente facendo sesso con 40 uomini diversi ogni giorno, per questo

usano droghe”.Con un groppo

in gola, come pe-raltro il resto della sala, seguivo abba-stanza facilmente l’inglese di Sunitha, che sottolineava le atroci parole che le uscivano dalla boc-ca con ampi gesti delle mani: “I nostri cuori sono blocca-ti, i nostri tribunali sono chiusi per loro,

i nostri governi non hanno fondi sufficienti, le nostre stazioni di polizia sono chiuse per loro”. Dopo un periodo di resistenza, le

ragazze iniziano a (o devono?) normalizzare questo tipo di comportamento, e pensano sia solo il loro destino. E allora c’è il rischio che diventino perpetuatrici del crimine. A quel punto, chi avrà fatto di loro delle criminali? “Non è forse per il nostro silenzio e per il fatto che non abbiamo fatto nulla?”, ha riposto Sunitha, provocando i cuori di tutti i presenti. Fare “qualcosa” allora cosa signifi-

ca? Fare in modo che dalla pena queste donne giungano alla forza, a credere nella dignità e a rafforzare la fede nell’umanità, cosa significa? “Solo il cielo è un limite alle nostre risposte, ma il punto è che dobbiamo rispondere perché nessuna donna, nessun bambino, merita questo”. Come minimo allora possiamo raccontare quanto abbiamo scoperto. Questa la responsabilità che Sunitha ci ha dato, questa la chiamata

all’appello. Legalizzazione della prostituzione? “La mia più grande paura è che legalizzare la prostituzione significherà legalizzare lo stupro”, ha risposto lei. A nessuno dei nostri politici, qui in Italia, sta fischiando le orecchie, per caso? Ci vuole forse una piccola, semplice, ma fortissima donna dalla pelle scura per aprirci gli occhi? Siamo specialisti, sì, ma nel vittimizzare le vittime: “All’età di 15 anni ho subito uno stupro di gruppo da 8 uomini. Per un crimine che non ho mai commesso, sono stata isolata per più di due anni. Tutto il mondo mi faceva sentire come se fossi io l’accusata, come se fossi io la responsabile di ciò che mi era successo”. Sentire queste parole, pronunciate in un silenzio quasi imbarazzante, pronunciate con forza, senza paura, senza vergogna, da una donnina alta 1.50 m circa, col sorriso contagioso, è stato un colpo allo stoma-co. Un pugno nel mezzo della pancia. Ma che anziché lasciarci intontiti a leccarci le presunte ferite, ci deve dare la sveglia per capire quale deve essere la svolta: per tutte loro dobbiamo trovare un modo di rispondere. Rompendo il silenzio, in primis nelle famiglie ed in primis quello che viene da dentro di noi. Rompendo la cultura della tolleranza che ci rende abituati ed abitudinari della violenza. Ma, soprattutto, rompendo la cultura dello scoraggiamento che ci fa credere di essere troppo piccoli, di non poter fare nulla per cambiare le cose. “Il cam-biamento non viene dalle grandi cose, ma dalla risposta che ognuno di noi può dare”, ha concluso questa donna meravigliosa. Fare “qualcosa”, dunque, è semplicemente fare quel passo che ognuno di noi può fare. Quel piccolo gesto che ognuno di noi può compiere. Quella piccola goccia che, citando Madre Teresa, ognuno di noi può portare nell’oceano. “Non ho mai agito come una vittima, e le persone pensavano fossi una persona senza carattere. La loro mancanza di compassione mi ha fatto capire cosa fa la società alle vittime di violenza e mi ha fatto decidere di dedicare ogni respiro della mia vita a combattere questo crimine”. Grazie, piccola donna munita del coraggio di mille uomini. Grazie Sunitha.

Sara Caon

GIOVANI

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A sinistra Sunitha con Pierino Martinelli della fondaz. Fontana, in alto con Sara Caon

Il fil rouge della cooperativa sociale FAI

Donne. Di ieri, oggi e domani

1983, Fai della Paganella. Si è concluso da poco il corso per assistenti geriatriche gestito da Casa Serena di Roma per

l’Associazione Professionale Italiana Col-laboratori Familiari. Un percorso orientato all’assistenza domiciliare di anziani, disabili e ai servizi per l’infanzia. Lì si incontrano e si conoscono quattordici donne che si sco-prono unite da entusiasmo e passione. Con-dividono valori e mettono al primo posto il rispetto e l’attenzione per la persona. Arma-te di coraggio e determinazione riescono a trasformare la loro passione e l’esperienza appena conclusa in un’opportunità lavorati-va. Nasce la cooperativa FAI, la prima e unica cooperativa in Trentino che lavora nell’assi-stenza domiciliare grazie anche al ruolo, par-ticolarmente determinante, di due donne: Marcella Nardelli, oggi presidente onoraria e Andreina Comparsi che ci ha lasciati nel 1999. L’idea viene costruita insieme al Comune di Trento che, affida da subito parte delle ore di servizio domiciliare alla nuova realtà. La strada è in salita, le difficoltà sono tante ma l’entusiasmo, la perseveranza e le capacità di queste donne contribuiscono a rafforzare i valori e le motivazioni che, in pochissimo tempo, fanno crescere la cooperativa. Il la-voro aumenta, il patrimonio aumenta, non solo quello economico, perché la cosa più preziosa sono le idee e i progetti.

2013, Trento. Trent’anni dopo la cooperativa FAI conta 119 donne lavoratrici su 131, il 50% è di origine straniera. Una cooperativa che non ha perso le sue caratteristiche originarie, che non ha dimenticato le sue radici. L’ambiente

di lavoro è familiare, ci si occupa di servizi di cura della persona e sarebbe strano se le prime attenzioni non fossero rivolte proprio a chi vi presta servizio. Per questo la tutela della maternità e del lavoro femminile sono la lente attraverso la quale guardare prima di prendere qualsiasi decisione. La maggioran-za del personale è al contempo socio della cooperativa: perché è alto il senso di appar-tenenza ma anche perché è importante non dimenticare da dove si viene.

Una storia intensa, quella della cooperati-va FAI, dove la donna ha giocato e continua a giocare un ruolo fondamentale per pro-fessionalità e competenza, ma anche per entusiasmo e passione. Un accostamento - quella tra donne e cooperazione sociale spesso relegato solo ai servizi assistenziali e di cura dove l’elemento femminile ha le caratteristiche più adeguate e spiccate per occuparsene. Per inclinazione, per spirito di cura o per il desiderio di rispondere a bisogni concreti. Per questo la donna si impegna con slancio nelle cooperative sociali, fin dalla loro nascita, anche se la genesi della cooperazione sociale è spesso associata, nel pensiero comune, alla presenza maschile. La storia della FAI dipinge un quadro diverso: quattordici donne, forti di straordinaria consapevolezza, hanno saputo essere - in anni di stagnazione economica e crisi del welfare - imprenditrici di se stesse generan-do opportunità e lavoro per altre donne e lo hanno fatto con coraggio e determinazione e forse, a volte, un po’ nell’ombra.

Paola Pedergnana

C’è chi combatte lo sfruttamento sessuale in India

Sunitha Krishnan a Trento

Video dell’incontro

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CARCERI E MONTAGNA

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CARCERI E MONTAGNA

L’8 e il 9novembre 2013 si è svolta a Roma l’annuale Convegno Nazionale organizzato dal SEAC, associazione che

si occupa del coordinamento degli enti di volontariato penitenziario di tutta Italia. Il tema centrale di quest’anno era il costo del carcere; risorse, personale, ma soprattutto costi umani, un’occasione per ridiscutere l’attuale situazione e mettere a fuoco priorità e punti deboli di un sistema non scevro di problemi.

L’apertura dei lavori si è tenuta all’interno del carcere di Regina Coeli con l’intervento di Luisa Prodi, Presidente del SEAC, che ha analizzato le ingenti spese destinate a questo settore, criticando l’utilizzo che ne viene fatto soprattutto dal punto di vista del del detenuto, il quale oggi versa in condizioni di quasi abbandono dal punto di vista dei servizi essenziali.

Più ottimista Giovanni Tamburino, Capo del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria(DAP), che ha voluto segnala-re la lenta ma progressiva diminuzione dei detenuti e il leggero calo di suicidi all’interno delle strutture.

Un punto di vista decisamente più critico quello dell’avvocato Riccardo Arena di Radio Radicale, che si è scagliato contro la situazione attuale considerata invivibile, sostiene che la costruzione di nuovi istituti non basterebbe ad eliminare il problema del sovraffollamen-to, posticipandolo solo, mentre sarebbe necessario investire sul restauro delle carceri esistenti. La soluzione auspicata dall’avvocato Arena e condivisa da Ornella Favero, direttrice della rivista “Ristretti Orizzonti”, riguarda un maggiore ricorso alle pene alternative, un aumento dell’offerta lavorativa, che influisce positivamente sul reinserimento e un’evoluzio-ne normativa riguardante amnistia e indulto.

Con un sempre maggiore affollamento delle celle, le condizioni di chi vi risiede di-ventano sempre più insostenibili e precarie; quando le risorse, invece che aumentare

proporzionalmente con il numero di detenuti, vengono gradualmente e costantemente erose, è necessario sopperire alle mancanze con sforzi e sacrifici ecceziona-li, spesso compiuti dagli enti di volontariato penitenziario.

Nel territorio italiano sono presenti più di 200 istituti, ma molte delle strutture non sono più adatte ad ospitare i detenuti, costretti a scontare la pena in celle non solo affollate, ma anche carenti dal punto di vista dei servizi più elementari, come il riscaldamento o l’im-pianto idrico, e dove manutenzioni ordinarie e straordinarie che si sommano aggravando ulteriormente la situazione.

Uno degli aspetti forse più preoccu-panti è l’immobilismo delle istituzioni nell’affrontare questa situazione, difatti anche la Corte di Giustizia Europea ha pesantemente criticato il nostro paese non solo per il fenomeno del sovraffolla-mento, ma anche per aver introdotto la capienza tollerabile, valore nettamente superiore alla capienza legale, fissata a 47.000 posti. È come dire che una situa-zione è illegale, ma tutto sommato ancora accettabile; ma purtroppo non si parla di stipare degli oggetti in un contenitore non propriamente atto a contenerli, in quanto

ognuno di quei numeri rappresenta una per-sona, e attualmente 20.000 individui sono di troppo.

Il costo del carcere per lo Stato è superiore ai 2,5 miliardi di euro l’anno, quasi il 40% del-le spese della Giustizia, ma di queste risorse, circa l’88% è destinato ai 44.000 dipendenti, agenti e operatori, e

solo il 6% al mantenimento del detenuto, ad ogni aspetto della sua permanenza dietro le sbarre, dai vestiti all’istruzione, dal servizio sanitario al vitto, arrivando a spendere meno di 4 euro al giorno a persona per i tre pasti che spettano ad ognuno.

Solo il 4% dei fondi dell’amministrazione è dedicato alla manutenzione delle strutture, lente opere di restauro e che costringono a stipare i reclusi nelle sezioni agibili; anche nel carcere di Regina Coeli, dove si è tenuta la pri-ma parte di questo convegno e dove vengono

da anni condotti continui lavori per adeguare l’antico edificio, sono state occupate le celle del centro clinico per farci alloggiare dei detenuti, mentre dovrebbero essere usate solamente per soggetti in degenza.

Ma la mancanza di spazio non è l’unico problema, vi sono difatti strutture come la casa circondariale di Lecce che con 20 agenti e altrettanti impiegati ha le celle disabitate, perché da ristrutturare. Ormai dal 2007. Ma ci sono pure istituti di pena a pochi chilometri di distanza non possono accogliere nessuno per mancanza di agenti e personale. Anche quando le risorse sono a disposizione, si rischia quindi di investirle in modo poco oculato, negando quei benefici che potrebbero essere raggiunti con una maggiore consapevolezza dei limiti e degli obbiettivi perseguibili da ogni misura che si intende adottare.

Durante il convegno sono intervenuti diversi esperti e tecnici del settore, tra cui Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale e Ministro di Grazia e Giustizia negli anni ‘90, che ha ricordato come le de-bolezze del sistema italiano si ripercuotano direttamente sulla rieducazione del condan-nato, e quindi nuovamente sulla società. La tendenza a strumentalizzare le vittime porta a legittimare la tolleranza zero verso alcuni tipi di reato, ai quali si risponde sempre più spesso con la detenzione piuttosto che con misure alternative, rendendo così le strutture di pena affollate e criminogene. Una volta entrati in prigione si rischia così di trovarsi in circolo vizioso che porta in breve tempo dalla libertà alla recidiva, per la mancanza di alternative di vita al di fuori delle cinta murarie.

Qualcosa è chiaramente andato storto, nel sistema penitenziario, forse nel modo di punire, o forse ancora riguardo a chi punire, fatto sta che dai 25.000 detenuti dei primi anni ‘90, siamo arrivati a doverne ospitare quasi il triplo in soli 20 anni, e a questo forse nessuno era preparato.

Giulio Thiella

Sopra Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. A fianco l’interno del carcere di Regina Coeli.

Escursioni in montagna con l’associazione Insieme e NuoveRotte

Walk in progress...

Anche quest’anno si è concluso al meglio il progetto estivo di escursioni in montagna organiz-

zato dalle associazioni NuoveRotte e Insieme, che ha visto coinvolti 14 ragazzi provenienti dalle associazioni Insieme e Agsat e altrettanti volontari.

L’idea. L’idea di questo progetto è nata dalla volontà dell’associazione Insieme di ripetere l’esperienza positi-va realizzata nell’estate 2011 (“Insieme verso... la meta!”). Questa volta però con alcune migliorie, suggerite da genitori e volontari al termine dell’esperienza precedente.

Quest’anno il progetto prevedeva 9 uscite in montagna (di cui 2 dedicate ai ragazzi con più difficoltà motorie), ognuna delle quali caratte-rizzata da un tema, spesso approfondito da un esperto. Al termine dell’escursione, abbiamo inserito inoltre delle attività particolari, come pet therapy (terapia con gli animali), attività educativo-musicali, visite in musei e parchi.

L’obiettivo rimaneva sempre lo stesso: la socializzazione in un gruppo di pari e il fare comunità. Tutti insieme per affrontare la fatica di una salita o il meritato riposo al rifugio o all’ombra di un albero, condividendo la voglia di passare una bella giornata in compagnia, con serenità, divertendosi.

Le mete sono state all’altezza dei ragazzi, al punto che alcune sono state modificate in cor-so d’opera, in quanto ritenute troppo banali. Così, mossi dall’entusiasmo, ci siamo spinti fin sotto le Pale di S. Martino (Dolomiti) a godere di paesaggi mozzafiato.

I volontari. Inizialmente noi educatori era-vamo molto preoccupati a causa delle scarse disponibilità di volontari; in seguito però, attra-verso soprattutto il passaparola, la situazione è decisamente migliorata. Attenti e sensibili, i volontari di quest’anno sono stati davvero preziosi ed eccezionali! Alcuni non avevano mai preso parte ad iniziative di questo tipo, ma sono stati ben presto colti dall’entusiasmo del gruppo. Il clima infatti era ottimo ed in poco

tempo si è creato un gruppo coeso e affiatato.Davvero una bella esperienza che è termi-

nata con una serata conclusiva, dove i parteci-panti hanno potuto salutarsi, guardando foto e video e mangiando qualcosa tutti assieme.

Prima di passare al racconto dell’esperienza vissuta da Melissa (vedi box), vorrei inserire un commento di un altro volontario, che sintetizza a modo suo la nostra avventura:

“In poco tempo sono riuscito ad affezionarmi

a molte persone, dunque il progetto ha insegnato.

Condividere i problemi significa vincere. Non ne esistono di insormontabili se superati insieme.

Grazie di cuore per tutto!!”Un sentito grazie alle associazioni Nuo-

veRotte e Insieme, promotrici del progetto, ad Agsat che ha messo a disposizione i pulmini, agli educatori, ai volontari, a Monica, educatrice della Rete Trentina dell’Educazione Ambientale (APPA) e a tutte quelle persone che, in diversi modi, hanno contribuito alla riuscita del progetto.

Elisa Stefanati

Il gruppo durante le escursioni

L’ESP

ERIE

NZA

DI M

ELIS

SA “Mi presento... Mi chiamo Melissa e sono una ragazza come tante altre ragaz-ze che alla mia età cominciano a cercare una strada da percorrere per costruirsi un futuro.

Non è sempre facile perché spesso si perde il contatto con sé stessi a causa dei ritmi e dei vincoli che la società ci induce a rispettare e non si capisce più cosa si vuole realmente; succede che non ci rendiamo conto che in realtà la felicità e la serenità le possiamo trovare con un abbraccio donato ed un sorriso inaspettato.

Per questo pensiero, devo ringraziare “Walk in progress”, un progetto nato dall’unione di tanti sogni, che mi ha per-messo di condividere splendide emozioni a contatto con diverse realtà.

Mi rendo conto che sto divagando, ma sono così tante le cose da dire che non so da dove cominciare: lo scopo di “Walk in progress” era di affrontare diverse tappe in montagna con diversi gradi di difficoltà unendo le proprie energie con le energie dei ragazzi.

Alla prima uscita a cui ho partecipato ero agitata perché avevo paura di non essere adatta o di non essere accettata.

Nel momento in cui sono arrivata al punto di ritrovo qualsiasi preoccupa-zione è svanita, sostituita da un’ondata di amore!

L’emozione più forte è arrivata quando un ragazzo mi ha abbracciata! Sentivo il suo affetto attraversare il mio corpo, facendomi percepire la purezza del suo spirito.

Non abbiamo mai smesso di parlare, ridere e scherzare sfidando salite, discese, giochi e avventure. Niente ci poteva fer-mare, niente poteva separarci, niente...

Non esistevano né diversità né difficol-tà perché eravamo noi stessi ed eravamo insieme... Eravamo un gruppo!

Ora che questa esperienza è finita, mi guardo indietro e con un pizzico di nostalgia vedo abbracci donati e sorrisi inaspettati.

Grazie a tutti voi, e alla prossima av-ventura!”

Melissa

46° Convegno Nazionale SEAC

I costi del sistema penitenziario

Page 6: Pro.di.gio. n°VI dicembre 2013

Rossi: “l’autonomia è garanzia per servizi migliori ai cittadini”

Il diritto alla salute, la qualità dei servizi resi, ma anche la capacità di lavorare assieme, pubblico e mondo associativo tanto per co-

minciare, sono concetti che hanno molto a che fare con l’Autonomia. Ed è proprio seguendo questo filo che il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, è intervenu-to al convegno promosso dall’Associazione trentina malati reumatici (Atmar).

Davanti ad una platea di oltre 400 persone, che hanno gremito la sala del Grand Hotel Trento, il presidente Rossi è tornato a sottoli-neare la qualità del sistema trentino e il valore dell’Autonomia: “I risultati che in questi anni abbiamo ottenuto sono frutto di un lavoro continuo tra strutture pubbliche e un’asso-ciazione, l’Atmar, che ha saputo interpretare al meglio i bisogni dei cittadini. Noi siamo in condizione di raggiungere questi risultati - ha aggiunto Rossi - non perché disponiamo di maggiori risorse. I sacrifici che ci sono stati richiesti in questo ultimo periodo, ci allineano con le altre Regioni italiane. Il Trentino può contare su una condizione fondamentale,

l’Autonomia. Questo ci consente di decidere sul nostro territorio per cercare di migliorare la qualità delle risposte che ogni giorno garan-tiamo ai nostri cittadini. Noi continueremo ad operare affinché questa responsabilità conti-nui ad essere il valore del Trentino di oggi e di domani. E questo ci consente di affermare che abbiamo lavorato al meglio per migliorare la nostra Autonomia”.

Varata la nuova giunta della Provincia autonoma di Trento

Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, ha firmato il decreto di nomina degli assessori della Giunta

provinciale e la ripartizione degli affari fra gli assessori. Ecco dunque come è composta la Giunta provinciale della XV legislatura e quali le competenze principali.

Ugo Rossi. Presidente. Si riserva le compe-tenze in materia di personale, affari finanziari e istituzionali, istruzione.

Alessandro Olivi. Vice presidente e assesso-re allo sviluppo economico e lavoro.

Donata Borgonovo Re. Assessore alla salute e solidarietà sociale.

Michele Dalla-

piccola. Assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione, caccia e pesca.

Sara Ferrari. Assessore all’università e ricerca, politiche giovanili, pari opportunità, cooperazione allo sviluppo.

Mauro Gilmozzi. Assessore lavori pubblici, ambiente, trasporti ed energia.

Tiziano Mellarini. Assessore alla cultura, cooperazione, sport e protezione civile.

Il presidente ha incaricato quale assessore tecnico, Carlo Daldoss. Sarà assessore alla coesione territoriale, urbanistica, enti locali ed edilizia abitativa.

...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

Buon compleanno centro per l’infanzia

Da dieci anni opera nella struttura di Via Cogni Zugna a Trento e i casi trattati, ciascuno col suo carico di

delicatezza e problematicità, sono cen-tinaia. Stiamo parlando del “Centro per l ’ i n f a n z i a ”, comunità di accoglienza per bambini tra 0 e 10 anni in situazioni familiari pro-blematiche. I l decenna-le è stato festeggiato all’insegna di un forte segnale di attenzione da parte della Provin-cia, presente con il suo presidente, Ugo Rossi e l’assessora competente in materia, Donata Bor-gonovo Re. “È un buon compleanno - ha commentato il presidente Rossi - che rivolgiamo senz’altro agli operatori, ma soprattutto agli “azionisti di maggioran-za della nostra comunità: i bambini”.

Il “Centro per l’Infanzia” - ha ricordato la direttrice, Anna Berloffa - è aperto 24 ore su 24 in tutti i giorni dell’anno ed è gestito direttamente dal Servizio Poli-tiche Sociali della Provincia autonoma di Trento all’interno dell’ufficio da cui prende il nome.

Il Centro risponde alle urgenze assi-curando un intervento di tutela, pro-tezione, attraverso un supporto psico-educativo che permette di affrontare le difficoltà presenti, accompagnando e sostenendo i bambini nel periodo di accoglienza che è sempre transitorio.

All’interno di questa attività sono pre-visti spazi per i genitori, sia di visita ma anche di confronto e possibile sostegno educativo.

Il lavoro con le famiglie di origine è sentito come particolarmente impor-tante, su questo, attraverso un progetto innovativo, all’interno dell’Equipe mul-tidisciplinare per l’affidamento minori e famiglie, facente parte dello stesso settore, si sperimenteranno percorsi di sostegno alla genitorialità. Nel Centro opera personale educativo e sociale, un’équipe specialistica che vede la presenza di professionisti dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari delle Unità Operative di Psicologia e di Neu-

ropsichiatria Infantile e di Pediatria. La comunità è organizzata in tre gruppi all’interno di tre appartamenti con tre specifiche équipe educative.

Nella presa in carico di queste situazioni esiste una stretta collabora-zione con i Servizi Sociali territoriali, con l’Autorità giudiziaria, in particolare il Tribunale per i Mino-renni, la Procura presso

il Tribunale per i Minorenni, il Tribunale Or-dinario, la Pro-cura presso il Tribunale Ordi-nario, le forze dell’ordine, le agenzie edu-cative, i servizi sanitari specia-listici, il privato

sociale oltre ad altri soggetti coinvolti in specifiche situazioni.

Visitando la struttura, dove attual-mente vivono una ventina di bambini, il presidente Rossi e l’assessora Borgo-novo Re hanno fatto il punto assieme alla dirigente generale, Livia Ferrario ed al dirigente del Servizio, Luca Com-per, delle problematiche aperte e dei progetti in corso (dal rafforzamento delle collaborazioni con altri soggetti della rete, come l’Azienda sanitaria e le associazioni di volontariato, alla ricerca di metodi per misurare gli effetti delle azioni adottate).

“È chiaro - ha commentato Donata Borgonovo Re - che la complessità e la delicatezza di ogni singolo caso pongo-no l’Amministrazione di fronte alla sfida della flessibilità per poter corrispondere al meglio alle necessità poste dai singoli casi, seguendo con attenzione quei ragazzi che, al raggiungimento della maggior età, hanno ancora bisogno di sostegno e di accompagnamento”.

Ma si parte da una buona base, resa possibile dall’impegno di chi vive su questo fronte ogni giorno. A loro il gra-zie del presidente Rossi: “Siamo qui per dare il nostro sostegno al lavoro che fate, un lavoro che le parole non riescono a spiegare; lo comprendi solo se vieni qui”. E a ricordare questa vicinanza ora ci sará anche Camillo, il pinguino di peluche che l’assessora Borgonovo Re ha portato in regalo ai piccoli ospiti della comunità.

L’immigrazione in Italia, presentato il dossier Idos

Sono circa 4 milioni e 400mila i cittadini immi-grati residenti in Italia al

31.12.2012, il 7,4% della popo-lazione complessiva. È il princi-pale dato relativo alla presenza dei migranti nel Paese emerso nel corso della presentazione del Dossier statistico nazionale immigrazione “Dalle discrimi-nazioni ai diritti” del Centro stu-di e ricerche Idos, realizzato per la presidenza del Consiglio dei ministri/Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Su richiesta del ministero per l’Integrazione - che ha chiesto la collaborazione delle regioni e delle province autonome - il rapporto, illustrato in contemporanea in tutta Italia, è stato presentato anche a Trento presso il Cinformi. Il Dossier è stato illustrato dal coordinatore responsabile del Cinformi Pierluigi La Spada, dal so-ciologo Paolo Boccagni dell’Università di Trento e dalla sociologa Serena Piovesan dell’area studi Cinformi. Dal punto di vista dell’inclusione sociale il Trentino è al primo posto nella classifica stilata dal Cnel relativa all’indice di inserimento sociale dei cittadini immigrati.

L’Italia -afferma il Dossier- si è affermata come area di sbocco per i flussi migratori internazionali specialmente nel corso degli anni Duemila, ma si è determinato un aumento della presenza immigrata anche nel periodo della crisi: da 3,4 milioni di citta-dini stranieri residenti nel 2007 a 4.387.721 nel 2012, il 7,4% della popolazione totale. Nello stesso arco di tempo i soggiornanti non comunitari sono passati da 2,6 milioni a 3.764.236 e, secondo la stima del Dossier, la presenza regolare complessiva è passata da 3.982.000 persone a 5.186.000.

Le provenienze continentali dei cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia vedono prevalere l’Europa con una quota del 50,3%, seguita dall’Africa (22,2%), dall’Asia (19,4%), dall’America (8,0%) e dall’O-ceania (0,1%), secondo la stima del Dossier. Tra le aree di residenza prevalgono di gran lunga il Nord (61,8%) e il Centro (24,2%), mentre le province di Milano e di Roma detengono un sesto dei residenti (16,9%).

L’occupazione degli immigrati è aumentata, in termini assoluti e di incidenza percentuale sull’oc-cupazione complessiva, anche negli anni di crisi (2008-2012), arrivando a incidere per almeno il 10% sull’occupazione complessiva. Il loro impiego conti-nua a riguardare soprattutto i posti di lavoro a bassa qualificazione. I titolari d’impresa nati all’estero sono 477.519 (aggiungendo alle imprese individuali, le società di persone o di capitali in cui oltre la metà dei soci sia nata all’estero).

Nel 2012 uno dei principali fattori di crescita della popolazione straniera sono state le nascite avvenute direttamente in Italia da genitori di cittadinanza stra-niera (79.894; erano meno di 30mila nel 2000), alle quali si affiancano i 26.714 figli di coppie miste, che però acquisiscono di diritto la cittadinanza italiana.

Gli studenti stranieri iscritti a scuola nell’a.s. 2012/13 sono 786.650, l’8,8% del totale (il 9,8% nella scuola primaria). In 2.500 scuole (il 14,6% del totale) superano il 30% degli studenti.

Per i ricongiungimenti fa-miliari sono stati rilasciati 81.322 visti nel 2012 (quasi pari agli 83.493 dell’anno precedente). I motivi familiari incidono ormai per il 40,9%

sui soggiornanti titolari di un permesso a scadenza (i motivi di lavoro per il 48,5%) e per il 44,3% sui nuovi ingressi (e i motivi di lavoro per il 26,9%): in tempi di crisi, il ricongiungimento familiare risulta il più diffuso canale d’ingresso.

Crescono, tra i non comunitari, i lungo soggior-nanti, autorizzati a una permanenza a tempo inde-terminato: oltre due milioni di persone, il 54,3% del totale (otto punti percentuali in più rispetto al 2010).

In crescita anche i flussi di ritorno, come effetto della crisi e delle ridotte capacità occupazionali del Paese.

I flussi di persone in fuga in cerca di sicurezza e protezione, fortemente aumentati nel 2011, anno delle cosiddette “primavere arabe”, hanno avuto una loro rilevanza anche nel 2012 (17.350 le domande d’asilo presentate, alle quali si aggiungono le 10.910 del primo semestre del 2013). I soggiornanti per asilo e per motivi umanitari sono, in tutto, 77mila.

Per quanto riguarda il quadro trentino, al 31.12.2012 sono circa 49mila i residenti stranieri (dato Istat), pari a circa il 9,2% della popolazione totale. L’incremento rispetto al 2011 è del 6,2%. Nel 2012 sono stati circa 1.700 i nuovi ingressi di cittadini non comunitari in Trentino, il 18% in meno rispetto all’anno preceden-te. I soggiornanti di lungo periodo rappresentano il 60% del totale dei non comunitari regolarmente soggiornanti. Le acquisizioni di cittadinanza sono state oltre 1.200 nel 2012, 26 ogni mille stranieri re-sidenti in Trentino. I minorenni sono il 25% dei non comunitari regolarmente soggiornanti e, sempre nel 2012, i nuovi nati in Trentino di origine straniera sono stati 949 (18% del totale dei nati in Trentino nello stesso anno).

Dal punto di vista dell’inclusione sociale il Trentino - afferma il Dossier Idos - è al primo posto nella recente classifica stilata dal Cnel relativa all’indice di inseri-mento sociale dei cittadini immigrati. A decretare il primo posto in classifica del Trentino ha contribuito soprattutto il raggiungimento di determinati status giuridici che garantiscono e/o sanciscono un “solido e maturo inserimento nella società di accoglienza dei migranti”: parametri come la continuità dello stato di regolarità degli stranieri che intendono insediarsi stabilmente, l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione e la ricomposizione in loco del proprio nucleo familiare.

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SOCIETÀSOCIETÀ

L’Italia è un grande paese con grandi problemi. Ci sono problemi seri, ma non bisogna dimenticare, ci sono anche

problemi decisamente seri. L’azzardo è sem-pre stato una zona grigia, come ogni luogo in cui potere e denaro s’intrecciano, ma inol-trandosi nelle sue ombre più oscure, ci si addentra in un regno di criminalità organizzata, corruzio-ne e disperazione, un mondo di storie d’Italia. Il gioco d’azzardo è sem-pre esistito, accompagna l’uomo fin dalle origini della storia ed è presente in ogni cultura, tuttavia, mai come in questi anni, si può assistere a un’e-splosione incontrollabile del fenomeno. Il nostro paese è fondamentale per l’industria del gioco: in termine di volumi di mercato occupa il terzo posto mondiale, ma conquista il podio se consideriamo la spesa pro capite. Nessun po-polo gioca tanto quanto gli italiani. Settanta miliardi di euro spesi nei primi dieci mesi del 2012, duecentotrenta milioni al giorno, nove milioni e mezzo l’ora, centosessantamila euro ogni minuto, duemilaseicento euro al secondo. Com’è stato possibile trasformare l’Italia nella capitale dell’azzardo?

Solo dopo aver studiato a fondo i clienti, si può comprendere il fascino oscuro del gioco. Il vero giocatore d’azzardo è Wile il Coyote: il famelico coyote dei cartoni “Looney Tunes” che, fra i canyon del fiume Colorado, dà la caccia a un imprendibile uccello corridore. Wile non ha alcun bisogno di dare la caccia a Road Runner per sfamarsi, altrimenti non spenderebbe un patrimonio in razzi, esplosivi e ogni altro stram-palato prodotto ACME. Al posto del tritolo, or-dinerebbe comodamente una pizza d’asporto. L’infruttuosa caccia all’uccello è fine a se stessa.

È un gioco che impegna a fondo il coyote, ne stimola l’ingegno alla ricerca di nuovi stratagemmi, lo coinvolge nonostante una vita solitaria nel deserto. Il gioco è la distrazione dalla monotonia di un lavoro asfissiante o logorante. Il portiere di un hotel ripete ogni giorno il medesi-mo gesto senza requie. Ogni giorno è identico al precedente per il ca-sellante dell’autostrada, per il barista che serve caffè la mattina, l’operaio che monta frigoriferi, lo spazzino, l’imbianchino, il commesso. Non sono solo i lavori cosiddetti “umili”,

ma anche l’impiegato, l’insegnante, il militare, il farmacista, il commerciante, tutti ripetono le stesse azioni per tutta la vita. Tutti loro sono surrogabili. A nessuno importa chi ci dà il resto al supermercato, una cassiera vale l’altra. In tutta la mia vita non ho mai sentito nessuno in coda alle poste dire: - “Prego, vada avanti lei, io aspetto che si liberi proprio quel signore lì!”

L’insostituibilità è un privilegio di pochi scien-ziati, artisti, innovatori e (non nel caso italiano) uomini politici. La cruda verità è che tutti siamo rimpiazzabili. Lo pensano i capi in azienda, i sottoposti che vogliono farci le scarpe e perfino le persone che amiamo. Sogniamo tutti l’amore della vita, ma dando un’occhiata alle statistiche si possono abbandonare le speranze, come è buona educazione fare sull’uscio di un inferno dantesco. Nel 2011 sono stati celebrati in Italia 204.830 matrimoni e il trend è costantemente in caduta libera. Nello stesso anno le separa-zioni sono state 88.797 e i divorzi 53.806, che

sommati fanno 142.603. Ci siamo quasi, ma bisogna aggiungere chi è rimasto vedovo. Sempre nel 2011, il numero complessivo di vedovi e vedove in Italia era superiore ai 4,5 milioni di persone. La metà della popolazione non s’è mai sposata e le statistiche da pagina domenicale dei quotidiani affermano che sette coppie su dieci sono infedeli. C’è differenza fra essere solitario ed essere solo. Il solitario, per qualche mal riposto senso di superiorità, desidera restare in disparte e compiacersene. Rimanere solo invece è sempre la dolorosa condizione di una scelta altrui. Nei bassifondi dell’azzardo spesso si trovano i soli. Erronea-mente si pensa che i giocatori d’azzardo siano solo i poveri. Una buona parte dei giocatori lo è di certo, tuttavia tutte classi sociali sono proporzionalmente rappresentate. Ci sono molti poveri e pochi ricchi, perché così è fatto il paese. Molti dei giocatori più assidui sono in realtà quelli che la società definisce “freak”: mostri, baracconi da circo. Avendoci lavorato per anni, posso assicurare che i centri scommes-sa sono pieni di nani, obesi, storpi e tanti con i denti in fuori. Alcuni somigliavano ai cavalli. Un ragazzo giovane a causa di un incidente aveva la testa schiacciata, completamente piatta sul retro e composta quasi interamente da placche metalliche. Credo lo avesse investito un camion da ragazzo, o forse un pullman, non ricordo, ma le ossa del cranio erano state tutte sbriciolate nell’impatto. Non mancano i muti, i sordi, quelli con le corde vocali distrutte. Ci sono i “pirati”: gente con l’occhio di vetro, monchi o con protesi. Una piccola percentuale dei 700 mila infortuni sul lavoro l’anno finisce con un’amputazione. Spesso ci sono anche i pazzi, mentre qualcuno la testa la perde nel gioco. Dapprima incominciando a borbottare fra sé e sé rumorosamente, sempre più spesso, sempre più a lungo. Il borbottio si trasforma in chiacchiericcio, conquista spazio, mentre la lu-

cidità arretra. I monologhi diventano soliloqui folli. Alcuni parlavano con i satelliti, altri con i muri e qualcuno mimava ossessivamente i gesti appresi in un remoto passato in catena di montaggio. Un matto si portava appresso uno spruzzino di detergente con il quale puliva ogni cosa. Per “ogni cosa” intendo davvero tutto. Una bella spruzzatina nel caffè prima di berselo era la prassi. L’esistenza di questi uomini è simile a quelle di navi spiaggiate su coste desertiche, relitti inamovibili in balia della ruggine e dei capricci del tempo. Fra gli spettri alla soglia della bisca ci sono anche ragazzi e giovani. Albania, Montenegro, Bosnia, Siria, Libano, Egitto, Tunisia, Libia, Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Pakistan, sono solo i più frequenti fra i paesi di provenienza. Luoghi di guerra civile o di guerra fra bande. Molti, riusciti a scappare dal servizio militare, hanno ottenuto lo status di rifugiato, ma l’idiozia della legislazione italiana in materia è notevole: i rifugiati di guerra, per legge, non possono in alcun modo lavorare. Senza soldi, senza casa, senza nulla da perdere, per forza di cose diventano tutti spacciatori. C’è qualcosa di perverso se si concede l’asilo, ma al contempo l’unica alternativa di vita che si pro-spetta al rifugiato è la microcriminalità. Sta alla sensibilità politica di ciascuno decidere quale delle due abolire, ma nessun sano di mente può difendere la situazione attuale.

I pochi che hanno un lavoro sicuro, piacevole, ben remunerato, una casa e un partner fedele non capiranno mai i giocatori, perché essi hanno già, inconsapevolmente o meno, vinto la lotteria. Tuttavia, non si può nascondersi o chiudere gli occhi davanti a un fenomeno che sta distruggendo il nostro paese. La crisi economica ha solo accentuato la propensione al gioco, ma la causa profonda è da ricercarsi nella mancanza di opportunità economiche, sociali, di aggregazione o di evasione che il nostro paese permette. Rispolverando il saggio Platone, l’uomo buono è possibile trovarlo solo in una società sana. Il settore dei giochi frutta allo stato italiano circa otto miliardi di euro l’anno. La domanda è una sola: ne vale la pena?

Tommaso Moretti

L’occasione di incontro, confronto e solidarietà

La “Notte dei senza dimora”

Il 19 ottobre si è tenuta a Trento la “Notte dei senza dimora”, manifestazione di sensibilizzazione sul tema della povertà

e della vita in strada.L’evento si è svolto in diverse città italiane

proprio in occasione della Giornata mon-diale contro la povertà, con lo scopo di avvi-cinare chi non conosce questi problemi alla situazione che alcune persone vivono tutti i giorni, spesso nell’indifferenza di molti.

Si proponeva difatti di passare una notte sotto le stelle, assieme a chi si corica tutte le sere su una panchina o su un prato, ri-nunciando per una volta alle comodità e al caldo delle mura di casa. Non è facile mettersi nei panni di chi chiama Casa quel-lo che per i più è solo un parco pubblico, o una zona disabitata, ma può farci capire quanto sia difficoltoso vivere in questo modo, in balia degli agenti atmosferici e del gelo, che troppo spesso colpisce chi non ha un riparo. Ci possiamo rendere conto così di quanto significhi per alcuni un piccolo gesto di solidarietà, come offrire una be-vanda calda, o anche solo offrire conforto e ascolto; molte cose che diamo per scontate hanno invece un valore maggiore per chi non ha nulla.

In piazza Dante quella sera l’atmosfera era rilassa-ta, tutti parlavano tra di loro, scaldandosi con del tè caldo portato dai volontari, e ballando la musica dal vivo della Raccatum band, grup-po di ragazzi con e senza dimora che amano suo-nare assieme, e che hanno a n i m a to i l ritrovo con c h i t a r r e e tamburi.

Q u e s t o non sarebbe

stato possibile senza il lavoro delle asso-ciazioni che giornalmente si occupano di aiutare chi versa in situazioni di grave in-digenza, cercando per loro delle soluzioni lavorative e abitative con cui si possono reinserire nella società o anche portando un aiuto immediato come cibo o coperte. Associazione Nuovamente, tra gli organiz-zatori della serata, tenta di abbattere le bar-riere e i pregiudizi legati all’emarginazione sociale; anche l’ Associazione Volontarin-strada, costituitasi dopo lo scioglimento di Volontari di strada di Trento, porta il suo sostegno offrendo cibi e bevande calde a chi altrimenti, troppo spesso, non riusci-rebbe a sfamarsi. Un importante punto di riferimento è senza dubbio la Cooperativa Punto d’Incontro, che da quasi 35 anni fornisce pasti gratuiti, servizi igienici e posti letto a chi ne ha bisogno.

Queste persone si mettono giornalmen-te a disposizione degli altri, dedicandosi a portare un aiuto a chi è costretto dalle vi-cende della vita ad una situazione di estre-ma povertà e spesso di abbandono. Ascol-tando queste persone si capisce quanto poco basterebbe per rendere la loro vita meno difficile, sono molti infatti coloro

che chiedo-no dei ser-vizi igienici e maggiori controlli per fermare la microcrimi-nalità e lo spaccio; un inter vento

per offrire un parco più vivibile, sia di giorno che di notte, in modo da trasformare questa zona in un luogo più sicuro per chi si vede costretto a viverci.

Giulio Thiella

A lezione da Zygmund Bauman

Soluzioni per una crisi a portata di tutti

Il giorno 25 ottobre 2013 ha avuto luogo nell’aula Kessler della facoltà di Sociologia di Trento un incontro che ha visto come protagonista uno

dei maggiori pensatori del nostro tempo. Durante i suoi studi passati e presenti ha offerto spunti e ri-flessioni che hanno originato una nuova visione del mondo. Filosofo e sociologo, Zygmund Bauman, ha costituito e tutt’ora rappresenta una delle “figure portanti” della letteratura sociologica.

Da mente “impostata” da numerosi studi, ma an-che da rivoluzionario, la sua vita e i suoi libri rappre-sentano con vigore un’interpretazione ai fenomeni più complessi e incontrollati della società. I temi affrontati da Bauman sono stati l’emblema dello studio della complessità, intesa come complesso di eventi che non seguono un preciso ordine e che scaturiscono conseguenze inaspettate e ingestibili. Con questa premessa egli critica e propone nuovi strumenti e nuove soluzioni. Da queste premesse nasce l’incontro che si è tenuto venerdì 25 ottobre. La riflessione che intraprende il sociologo parte dalla lettura di un libro “22 ideas to fix the world: conversations whit the world’s foremost thinkers” scritto da Piotr Dutkiewicz e Richard Sakwa.

Questo lavoro è frutto delle idee condivise di ventidue pensatori che dialogano sulla diversità di culture e tradizioni intellettuali. Tutto ciò in funzione dell’analisi dell’attuale crisi economica. Proprio per questo, il libro si pone delle domande che cercano di rispondere ai dubbi sulla nascita e soluzione della crisi. Ci si chiede come questa crisi non conduca ad un cambiamento e come le idee di soluzione vengano spesso ignorate. Alla questione della crisi il sociologo Z. Bauman interviente attraverso un dibattito che sottolinea come vi è la necessità di “sistemare il mondo” in-tervenendo sull’incapacità di reagire. È opportuno cambiare le decisioni e le responsabilità che sono state intraprese in passato intervenendo sulla pro-spettiva futura. Il dialogo che sussiste tra passato e futuro viene definito da Bauman “interregno”. Esso rappresenta una situazione in cui il modo vecchio di intervento non funziona più, ma quello nuovo non è ancora stato definito. È possibile capire il significato di interregno analizzando tre concetti fondamentali.

Il primo punto esplicativo è denominato dal sociologo “l’ignoranza”. All’interno di questo concetto risiede la consapevolezza che non sarà mai possibile trasformare al cento per cento tutta la conoscenza in realtà. Ogni uomo e ogni cosa presenta dei limiti oltre i quali è difficile andare. La presunzione di poter conoscere tutto è solo una mera illusione. Il secondo punto che tocca Bauman è rappresentato dalla “mancanza di fiducia”. Nel mondo d’oggi sembra che manchi la volontà di affrontare le cose. In questo modo, però, è presente uno scoraggiamento ad intraprendere diversi obiettivi. In merito alla crisi, il sociologo sostiene che le idee ci sono, vi sono, anche, soluzioni valide per affrontarla, ma il problema è che vi è un eccesso di queste ultime che porta all’incapacità di fare una scelta su quale via intraprendere.

Il terzo tema che chiarisce la nozione di interre-gno è IL “divorzio” tra politica e potere. Innanzitutto è opportuno spiegare i due concetti. Il concetto di politica concerne la capacità di decidere su cosa debba essere fatto, mentre il concetto di potere, dipende dalla capacità di intraprendere delle azioni. Dal 1500 queste due capacità sono sempre state unite in quanto chi governava aveva il diritto di decidere. Oggi nella nostra società è presente una seconda formula, si decide in base al “principio di sovranità territoriale”. Questo impedisce a coloro che sono al di fuori del confine di entrare e influen-zare le dinamiche dentro i confini stessi. In tale principio risiede la nozione di Stato come colui che possiede gli strumenti per esercitare il potere. La critica presente in questo concetto è che nell’epoca odierna viene a mancare questa caratterizzazione; lo Stato non è più legittimato a compiere le sue funzioni poiché non possiede più la piena fiducia di coloro che dovrebbe amministrare.

Per concludere il suo intervento Z.Bauman ri-flette su quello che dovrebbe costituire il punto di partenza dell’idea di risoluzione della crisi: -”Nella nostra società risiedono profondi problemi: essi sono globali, ma la soluzione è locale”. L’incipit che proviene dal sociologo esemplifica come è necessario partire e riparare il micro per espandersi al macro sistema.

Eleonora Fraulini

Identikit di una società che si rifugia nel gioco

Il paese dell’azzardo

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SOCIETÀSOCIETÀ

L’eterna lotta per il solito fine: il denaro!

Informazione e controinformazione

Sembra che da qualche anno a questa parte, in Italia, l’informazione sia meno libera o meglio, parzialmente libera.

Ad emettere questa sentenza è un’organiz-zazione americana che ogni anno esce con una classifica mondiale sul grado di libertà di stampa. Freedom House, questo il nome dell’ente americano, si occupa, ormai da decenni di questo settore.

In tutta sincerità credo che Freedom House (1941), come del resto la sorella più giovane Reporters sans Frontieres (1985), siano per la libertà di stampa come Stan-dard & Poor’ s e simili sono per il calcolo del rating. Insomma pagati da chissà chi per stilare classifiche.

Ciononostante, per poter avere qualche dato di raffronto e quindi opportunamente rispondere, anche se in minima parte, alla domanda: com’è la situazione dell’infor-mazione libera in Italia, la classifica Freedom House può essere un buon punto di partenza.

Due parole sul modo di procedere di FH. La classifica, se si può dire così, va da uno a cento, dove uno sta per libertà massima e ovviamente cento per mancanza di libertà di stampa. Quindi da 1 a 30 una buona libertà, da 30 a 60 qualche problema c’è, ed infi-ne da 60 a 100 non ci siamo proprio!

Il rapporto annuale di Freedom House

prende in esame 195 paesi del mondo e per quanto ci riguarda, segnala che siamo scesi dalla fascia alta dei “paesi liberi” alla fascia intermedia dei paesi “parzialmente liberi”,

unico paese in Europa occidentale ad essere stato declassato. La ricerca americana segnala con preoccupa-zione i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida, come non lo sapessimo! Inoltre, stigmatizza l’aumento del ricorso ai tribunali e alle denunce per diffamazione, l’aumento

di intimidazioni fisiche ed extralegali da parte

sia del crimine organizzato, sia di gruppi di estrema destra.

Andando più nel dettaglio, tanto per vedere in che compagnia siamo, con l’Italia anche

Israele e Taiwan sono passati dallo status di “Paesi liberi” a quello di “Paesi parzialmente liberi”. Certo è che non siamo sicuri se effet-tivamente questo giudizio su Taiwan non sia un “piacerino” allo scomodo suo vicino.

Sempre secondo HF, i Paesi “maglia rosa” dell’Europa Occidentale sotto il profilo della libertà di stampa, sono: l’Islanda (primo), la Finlandia e la Norvegia (secondi), la Da-nimarca e la Svezia (quarti). Gli stessi Paesi sono anche in cima alla classifica generale. I primi Paesi non europei nella classifica mon-diale sono la Nuova Zelanda e la Repubblica di Palau, all’undicesimo posto a pari merito con il Liechtenstein. Gli Stati Uniti arrivano solo al ventiquattresimo posto, a pari merito con la Repubblica Ceca e con la Lituania, ma rientrano ampiamente tra i Paesi che

godono di una libera stampa.La nuova ricerca sottolinea che solo il 17%

della popolazione mondiale vive in Paesi dove vige la libertà di stampa. Le restrizioni più gravi sono state registrate nell’Europa Centro-Orien-tale e in Russia. Tuttavia, ci sono anche notevoli seppure rari miglioramenti, che ad esempio riguardano le Maldive, dove è stata adottata un nuova Costituzione che tutela la libertà di stampa, e la Guyana, dove sono sensibilmente

diminuiti gli attacchi contro i giornalisti. I peg-giori - secondo Freedom House - sono invece Corea del Nord (98), Turkmenistan, Birmania, Libia, Eritrea e Cuba.

Come dire che qualche dubbio esiste sulla efficacia di questa classifica. Ad ogni modo per chi volesse approfondire trovate il link in corrispondenza del Qr-code affianco.

Certo è che come dice un antico adagio, la virtù sta sempre nel mezzo. Ma se dal punto di vista dei dati, più o meno veritieri, il quadro che ne vien fuori non è drammatico, ma nemmeno brillane, è necessario ribadire alcuni concetti chiari che permettano una propria interpre-tazione a questo marasma d’informazione. L’assioma principe della comunicazione, dice che perché ci sia una comunicazione efficacie l’informazione deve andare dall’emittente al ricevente e viceversa, se non altro per capire se quello che abbiamo detto è stato recepito in maniere confacente.

Come è possibile arrivare ad un’informa-zione che prenda in considerazione tutto ciò? Difficile, anche se l’informazione on-line può essere una contro misura efficacie. Come è però noto, di fonti d’informazione l’Italia ne è piena, abbiamo media per tutti e per tutti i gusti, una valanga d’informazione, ma forse proprio per questo, poco assimilabile e soprat-tutto poco verificabile.

Piergiorgio Gabrielli(continua nel prossimo numero)

Fabrizio Olmi ci racconta la sua esperienza con la barca a vela

Il vento della libertà

Lo scafo della piccola barca sol-ca leggiadro la rima dell’onda, un alito di vento accarezza la

randa governata con l’esperienza fatta propria dall’umanità in mil-lenni di navigazione. Seduto, un uomo con le sue cime e il timone; ha le spalle larghe e le braccia robu-ste, nessun segno che possa farci intendere a una disabilità.

Eppure lui è l’atleta Paralimpico e istruttore di vela Fabrizio Olmi, milanese, nato il giorno di San Valentino di quarantatré anni fa.

Lo abbiamo incontrato in Ligu-ria, con base logistica alla nuova Marina di Loano, per l’edizione 2013 dei Campionati Italiani Classi Olimpiche, la manifestazione che riunisce i vari campionati delle barche con cui la vela è presente alle Olimpiadi. Nella tre giorni di manifestazione che ha visto oltre 200 velisti affrontare condizioni di mare dure, quanto entusiasmanti, con 30 nodi di vento, sole cocente e un me-tro e mezzo d’onda, Olmi ha portato con se i velisti del Circolo velico AVAS di Lovere sul lago d’Iseo.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci un po’ di se e mentre i suoi ragazzi scendono dalle imbarcazioni, e si recuperano vele e cime ci dice: “Nel 1988, a diciotto anni, in seguito ad un incidente stradale, ho riportato la lesione della terza e quarta vertebra dorsale con conseguente paraple-gia. Dopo la maturità ho avviato un laboratorio odontotecnico in società per una decina d’anni. Nel 2000 ho ceduto le mie quote e ho deciso di frequentare un master di specia-lizzazione per web designer. Suc-cessivamente ho iniziato a lavorare come grafico presso una cooperativa sociale di Erba dove lavoro tuttora.”

La vicinanza al Lago di Como gli ha permesso, di avvicinarsi a quell’e-lemento meraviglioso che è l’acqua; qui, infatti, ha iniziato ad andare in barca frequentando un corso di vela su imbarcazioni classe 2.4 a Dervio. Continua Fabrizio: “Qui ho trovato un “maestro, ovvero Carlo Annoni, che mi ha trasmesso le sue conoscenze veliche e mi ha portato a raggiungere importanti risultati in ambito nazio-

nale ed internazionale.”L’imbarcazionePoi Fabrizio ci spiega: Il 2.4 nasce a Stoccolma nel 1983 progettato da de-signer locali che utilizzarono la regola “R Metre” per creare un’imbarcazione singola a bulbo. La 2.4 mR. è di una vera e propria barca “purosangue” caratterizzata da una complessità e so-fisticatezza tipiche delle imbarcazioni a bulbo, ma ai costi e con la sensibilità di una più semplice deriva. Si tratta di una sorella minore, in termini di dimensioni, di barche utilizzate per la Coppa America, (la generazione di Azzurra tanto per intenderci). Poiché il timoniere si trova seduto all’interno dello scafo esattamente davanti a tutte le manovre di controllo, le rega-te sono disputate in formula “open” (escluso paralimpiadi e mondiali IFDS) cioè aperta a uomini, donne, giovani e non più giovani, abili e persone con disabilità fisiche, tutti regatano insieme senza nessuna distinzione di categoria. Dato che il peso dell’equi-paggio si trova sempre vicino al suo centro di gravità, l’imbarcazione 2.4mR non è particolarmente sensibile alle differenze di dimensioni dell’atleta. La classe 2.4 ha ottenuto ben presto una notevole popolarità per le sue qualità uniche e si è diffusa in tutto il mondo. Nel 1992 la classe ha ottenuto

lo status di “Classe Internazionale” e da allora ogni anno viene disputato il campionato del mondo con una partecipazione compresa fra le 60 e le 100 unità. Poiché il 2.4mR è adat-to a velisti diversamente abili è stato scelto come classe in singolo per le Paralimpiadi a Sydney nel 2000.

La definizione di Atleta Paralimpi-co non è casuale per Fabrizio Olmi che ha disputato ben tre delle ultimi edizioni: Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012.

Quale bagaglio d’esperienze ti hanno lasciato delle gare d’interes-se mondiale come le Paralimpiadi?

“La prima Paralimpiade è arrivata dopo soli tre anni che regatavo nel circuito nazionale ed internazionale e quindi è stata una sorpresa! Nelle altre due l’emozione della prima volta ha lasciato spazio all’aspetto agonistico. I ricordi più belli sono

rivolti a Londra, o meglio a Weymouth e alla sua baia, dove abbiamo regatato. Ma soprattutto al gruppo con cui ho condiviso quelle settimane.”

Non solo atleta e regatante, come ama definirsi ma anche istruttore aven-do conseguito il brevetto di Istruttore Federale di Vela della FIV nel 2011 e dopo Londra si è dedicato alla for-mazione di nuovi velisti con disabilità presso la scuola vela del circolo AVAS di Lovere. “Oltre ai corsi, ci dice soddi-sfatto - seguo un gruppo di “ragazzi” cercando di trasmettere quello che ho imparato in tanti anni sulla classe 2.4. Sono il presidente di un’associazione di volontariato denominata DISVELA, il cui scopo è di avvicinare persone disabili allo sport della vela sia a livello agonistico sia da diporto. (vedi www.disvela.it)Il vento e le sue sensazioniFabrizio descrive: “Adoro andare in barca a vela, anche solo uscire per qual-che ora sul lago insieme ad amici. La passione per questo sport è fortissima. Quando non esco in barca, per un po’ di tempo sento che mi manca qualcosa... è difficile a parole esprimere le molte-plici sensazioni che si provano quando si “va per mare”... Forse il termine che le riassume tutte è libertà!

Grazie a Fabrizio OlmiDorotea Maria Guida

Foto di: Leonardo Bornati

Rapporto Freedom House- Wikipedia

Un cammino di crescita, condivisione e esperienze nuove

Il mio anno con Prodigio

Non credo che i lettori di Pro.di.gio si ricordino di me, sono Maurizio Franchi, l’anno scorso, proprio su questo gior-nale, mi sono presentato ai lettori perché iniziavo la mia

esperienza di Servizio Civile con l’Associazione ed ora siamo già arrivati ai saluti.

Sono contento di aver avuto quest’opportunità di crescita che mi ha permesso di avvi-cinarmi e conoscere realtà e problematiche che purtroppo non riescono sempre a sfonda-re il muro dell’indifferenza e mi piace pensare di aver contribui-to anche se marginalmente alla formazione di una coscienza collettiva più aperta e disponibile verso le disabilità.

Sono maturato molto in quest’anno di Servizio Civile perché, ho imparato a collaborare, tollerare, operare e lavorare condivi-dendo gli obiettivi e seguendo le direttive dei responsabili con i quali ho cercato sempre di rapportarmi con onestà e rispetto.

Ho imparato a non avere paura, ad affrontare ogni nuova esperienza con serenità, decisione e voglia di fare senza lasciarmi condizionare o usare da chi crede di essere migliore, perché tutti siamo importanti e ognuno di noi deve essere rispettato per come è e per quello che sa fare o può imparare.

È stato bello e interessante gestire assieme un giornale, supportati dall’aiuto di persone competenti e disponibili come Carlo, Lorenzo, Giulio, Monica così puntuale e precisa nelle cor-rezioni degli articoli e naturalmente il grande amico di Prodigio Maurizio Mellarini.

Ho trovato sorprendente e fondamentale il lavoro di informa-zione e divulgazione che fa l’Associazione nelle scuole nell’ambi-to del grave problema “alcol e guida” con la testimonianza diretta di Giuseppe Melchionna e sono contento di averne fatto parte.

Per finire posso affermare di aver preso coscienza che, quando si ha una meta da raggiungere, il percorso e il lavoro per arrivarci non è così faticoso perché la passione guiderà il nostro percorso.

Durante il Servizio Civile a Prodigio ho maturato la decisione di continuare il mio percorso di studio e iscrivermi alla Specialistica in Informatica e sia il presidente Giuseppe Melchionna che la sua collaboratrice Luciana Bertoldi non hanno esitato a sostenere la mia scelta aiutandomi ad organizzare il mio orario con le lezioni dimostrando così concretamente la loro fiducia verso noi giovani.

Ed ecco i saluti veri e propri. Un grazie particolare a Pino che mi ha dato l’opportunità di svolgere il Servizio Civile a Prodigio, mi ha messo a disposizione mezzi e conoscenze, a Luciana che mi ha seguito passo passo in ogni pratica d’ufficio, a Monica che nonostante i nostri brutti caratteri mi ha permesso di mi-gliorare il mio modo di scrivere, a Giulio e a Lorenzo per l’aiuto incondizionato e ai lettori che si sono sorbiti i miei articoli e che dovranno sorbirseli ancora perché continuerò a collaborare come amico di Prodigio.

Maurizio Franchi

Maurizio con Piero Angela

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Pagina a cura del Comune di Trento

Sito Internet delComune di Trento:

www.comune.trento.it

Numero Verde800 017 615

NATURA

Dialogare con il Comune in via telematica

La Giunta comunale ha recentemente appro-vato le regole per le comunicazioni telematiche con gli utenti (cittadini, imprese, associazioni, professionisti,...) e le altre amministrazioni. Le direttive, coerentemente con quanto previsto dalla Provincia autonoma di Trento e dal Codice dell’Amministrazione Digitale, riguardano in particolare il sistema di protocollo informatico e l’utilizzo della posta elettronica.

Una particolare attenzione è riservata alle mo-dalità che possono essere utilizzate per avviare un procedimento amministrativo, chiedere un contributo o un’autorizzazione per via telematica, ad esempio utilizzando la posta elettronica, e ottenere una risposta attraverso gli stessi canali, evitando spostamenti e modalità di consegna o trasmissione tradizionali.

Tutti i servizi del Comune sono dotati di caselle di posta elettronica certificata a disposizione in particolare quelle categorie di utenti, come società, imprese individuali e professionisti che sono per legge obbligati a dotarsi di questo stru-mento di comunicazione. L’obiettivo è quello di velocizzare i tempi, contenere le spese e offrire un servizio di qualità.

Su www.comune.trento.it, nella sezione Co-municazione/Dialoga con noi, è disponibile una descrizione puntuale dei vari strumenti telematici a disposizione dei diversi utenti interessati.

Trento è la città più intelligenti d’Italia

Trento è la città più intelligenti - smart d’Italia. Il capoluogo, infatti, ha ottenuto il primo posto nella classifica stilata dal rapporto Icity Rate 2013 di Forum Pa, migliorando già la buona valutazione dello scorso anno che l’aveva vista posizionarsi terza.

Il rapporto, giunto quest’anno alla seconda edizione, ha riguardato 103 comuni capoluogo e circa 100 indicatori, utili a descrivere la situazione delle città in sei diverse dimensioni: economia, ambiente, mobilità, governance, qualità della vita e capitale sociale.

Trento, rispetto allo scorso anno, sale dal terzo al primo posto e, assieme alla seconda classificata Bologna, distacca nettamente tutte le altre città: Trento e Bologna, infatti, sono le uniche realtà che nel punteggio generale superano quota 500.

Con la definizione smart city si intende un ter-ritorio urbano che affronta in modo innovativo problematiche e bisogni della propria comunità, grazie ad un uso diffuso di tecnologie evolute. La dimensione di città intelligente può interessare molteplici ambiti, dalla mobilità alle politiche sociali, dalla partecipazione dei cittadini alle scelte alla sicurezza.

Autosilo Buonconsiglio, abbonamenti scontati

per i residentiUna riduzione di oltre il 50 per cento sul costo

dell’abbonamento annuale per il parcheggio all’Autosilo Buonconsiglio di via Petrarca. È questo il maggiore vantaggio, ma non l’unico, di cui possono godere i residenti nella zone di pertinenza della struttura, cioè tutta la ZTL, l’area di prima e seconda corona blu e l’area di prima corona rossa.

Sulla base dei nuovi criteri approvati dalla giun-ta comunale, Trentino Mobilità dà a questi citta-dini la possibilità, in alternativa al permesso per la sosta su strada, di acquistare l’abbonamento annuale alla cifra di 400 euro per il primo veicolo, 500 euro per l’eventuale secondo veicolo e 150 euro per l’abbonamento utilizzabile nell’orario serale/notturno 18 - 8 dei giorni dal lunedì al venerdì e per tutto il giorno nei giorni di sabato, domenica e festivi. La misura è stata introdotta per rispondere al bisogno della certezza di un posto auto per molti residenti che nelle ore di punta spesso faticano a trovare un posto auto.

Chi sceglie di attivare l’abbonamento in strut-tura, inoltre, ha tutti gli altri vantaggi in termini di custodia e sorveglianza. La scelta di attivare un qualsiasi abbonamento per la sosta in struttura per il primo veicolo non preclude la possibilità

di richiedere il bollino per la sosta su strada per l’eventuale secondo veicolo che, in tal caso, verrà considerato come primo permesso (e pertanto rilasciato al costo di 130 euro), in analogia a chi, attualmente, possiede un garage e chiede il permesso per la seconda auto.

Per i residenti in ZTL che scelgono l’abbona-mento all’Autosilo, rimane inoltre la possibilità di accedere all’interno della ZTL e sostare per brevi operazioni di carico e scarico.

Le nuove forme di abbonamento per la sosta in struttura sono già attive.

I residenti all’interno dell’area di pertinenza del parcheggio Buonconsiglio, se interessati, posso-no recarsi all’Ufficio Permessi della Polizia Locale di Via Maccani per comunicare la rinuncia al bollino e richiedere il rilascio dell’abbonamento.

In Biblioteca per il periodo natalizio

Un parco di storieAlla scoperta delle statue di piazza Dante

Mostra della Fondazione Museo storico del Trentino a cura di Elena Tonezzer e Catalogo a cura di Tommaso Baldo, Luca Caracristi, Elena Tonezzer.

Dal 22 novembre è possibile visitare una nuova mostra dedicata alla storia della città di Trento organizzata dalla Fondazione Museo storico del Trentino. Nella sala Manzoni della Biblioteca Comunale, in via Roma si incontreranno le raffi-gurazioni dei busti e si potranno scoprire le storie dei monumenti che costellano il parco della vicina Piazza Dante.

Nel 1896 fu inaugurato il grande monumento a Dante Alighieri, il primo e il più importante delle statue che impreziosiscono il parco, ma da quell’anno molti altri busti hanno arricchito le stradine di quel parco. I personaggi sono: Prati, Canestrini, Gazzoletti, Carducci, Verdi e poi - dopo la Grande guerra - Ranzi, Chini, Negrelli, Bresado-la, fino al monumento alla famiglia.

Quali storie raccontano queste statue? Perché sono stati scelti proprio quei soggetti?

La mostra, oltre ad offrire un percorso conosci-tivo di una straordinaria esposizione permanente a cielo aperto, racconta le vicende della città di Trento anche attraverso le polemiche e le feste che hanno accompagnato l’inaugurazione di ogni monumento. Un modo diverso per cono-scere la storia.

Nel periodo natalizio è previsto un ricco calendario di storie, racconti e f iabe per i bambini in tutte le sedi della Biblioteca. info: Tel. 0461 889521 - [email protected], www.bibcom.trento.it.

Aspettando il NataleStorie, racconti e fiabe per i

bambini in tutte le Biblioteche! � lunedì 9 dicembre - ore 16.30 - sede di Ravina �martedì 10 dicembre - ore 16.30 - sede di So-pramonte, e ore 17.30 sede di Clarina �mercoledì 11 dicembre - ore 16.30 - sedi di Meano e di Povo �giovedì 12 dicembre - ore 16.30 - sezione ra-gazzi, sede centrale di via Roma � venerdì 13 dicembre - 17.00 - Cortesano Sala ex Caseificio � venerdì 13 dicembre - ore 17.30 - sede di Clarina � lunedì 16 dicembre - ore 14.00 - punto di pre-stito, Romagnano �martedì 17 dicembre 16.30 - sede di Villazzano e ore 17.30 sede di Clarina e, per tutti, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale �giovedì 5 dicembre - ore 17.30 - sala degli affreschi “La leggenda del santo bevitore” let-tura scenica del racconto di Joseph Roth con Giacomo Anderle e Alessio Kogoj �giovedì 12 dicembre - ore 17.30 “Il Canzoniere di Petrarca nel madrigale rinascimentale” letture e canti con: Ensemble vocale Nicolò d’Arco �mercoledì 18 dicembre - ore 17.30 “Gloria in cielo e pace in terra. Il Natale nelle Laudi me-dievali” letture e canti di e con Alfonso Masi, e con le voci di Ester D’Amato, Mariabruna Fait, Paola Fumana, Fiorenzo Pojer, Lino Tommasini, Vito Basiliana e la partecipazione di studenti delle scuole di teatro presenti a Trento.

Notai e commercialisti in Comune

Continuano la loro attività gli sportelli informa-tivi gratuiti offerti alla cittadinanza dal Consiglio notarile di Trento e Rovereto e dall’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili per le circoscrizioni dei tribunali di Trento e Rovereto.

Tutti i martedì dalle 9 alle 11 è a disposizione un commercialista, con la possibilità di chiedere chiarimenti in materia fiscale, tributaria, finanzia-ria, economica e commerciale. Il lunedì dalle 9 alle 11 è possibile incontrare un notaio (per il mese di dicembre i posti disponibili sono già esauriti), che offre informazioni su passaggi di proprietà, stipulazione di mutui, pratiche di successione, donazioni.

Per entrambi gli sportelli è necessario preno-tare l’appuntamento presso l’Ufficio relazioni con il pubblico (tel. 0461/884453, numero verde 800/017615; orario di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16.30).

Domande per la locazione di un alloggio

pubblico e per il contributo integrativo

sul canone di locazioneLe domande per la locazione a canone soste-

nibile di un alloggio pubblico e per il contributo integrativo sul canone di locazione possono essere presentate presso gli uffici del Servizio Casa e Residenze protette (via torre d’Augusto 34) fino al giorno 31 dicembre 2013.

Al fine di evitare lunghe attese si consiglia di non presentarsi presso gli uffici negli ultimi giorni di raccolta. Per maggiori informazioni contattare gli uffici (0461/884494) oppure visitare il sito internet www.comune.trento.it.

Page 11: Pro.di.gio. n°VI dicembre 2013

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | dicembre 2013 - n. 6

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NATURA

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Il silenzio delle coscienze

+ Cigarettes +

“Una, due, tre... cinque, undici, diciasset-te... sono ovunque, sudici e maleodo-ranti mozziconi di sigarette in appena

dieci metri quadri, incredibile...” Non in città o sul ciglio di una strada trafficata, ma in un bellissimo parco fluviale, come ce ne sono tanti in Trentino e nel resto d’Italia. Mi trovavo lungo il Torrente Centa, che nasce dalle pendici dell’altopiano di Folgaria e accoglie in se svariati corsi d’acqua minori. Un luogo davvero magico che frequento da sempre, spesso per far correre i miei cani o semplicemen-te per rilassarmi sotto le fronde estive dei salici immerso in piscine naturali scavate nella roccia.

Ci vado da quando sono piccolo e col tempo mi sono reso conto di quanto la sua bellezza coincida con la sua fragilità. Messo in pericolo dai semplici atteg-giamenti quotidiani e meto-dici di persone comuni che rivendicano la loro presenza in un luogo incontaminato con un movimento di polso: gettando una sigaretta per terra.

La sigaretta, elevata a simbolo di tutti i rifiuti che spargiamo nell’ambiente, raccoglie in se il concetto del “usa e getta” espressione di una civiltà umana sempre più distante dal legame con la terra. Ma pure sinonimo di una società sempre di corsa che non sa dove andare, af-fermando incessantemente se stessa con una boccata di fumo.

Un’abitudine, che costa cara e che regala contemporaneamente ai nostri mari, fiumi, ghiacciai e boschi 4000 diverse sostanze alta-mente tossiche. Contenute in un

singolo filtro, infatti ci sono componenti chimici ad azione irritante, nociva, tossica, mutagena e cance-rogena che anche se non direttamente inalati per-ché “ filtrati” dall’acetato di cellulosa, vengono as-sorbiti dal terreno ed entrano nella scala biologica. Nelle cicche possiamo trovare: nicotina, benzene, ammoniaca, acido cianidrico, addirittura composti radioattivi come polonio-210. Una sigaretta che viene gettata per terra sa di disprezzo e ritualità. È come se quel filtro contenesse tutta l’arroganza, la stupidità, la falsa autostima e l’insoddisfazione che deve essere lasciata sull’asfalto umido, sulle rive di un lago, in cima alle montagne. Il risultato è un mondo letteralmente ricoperto dai mozziconi.

A questo punto fa riflettere il dato che nel solo Mar Mediterraneo i mozziconi rappresentano il 40% dei rifiuti. Un valore altissimo paragonato alle bottiglie di plastica che raggiungono il 9,5%, o sacchetti di pvc 8,5% e alluminio 7,6%.

Le cicche sono un rifiuto tossico “dimenticato”. È quanto sostenuto ed emerso da un recente studio del ENEA -”l’Agenzia Nazionale per le nuove tec-nologie, l’energia e lo sviluppo economico soste-nibile” - in collaborazione con l’USL di Bologna del 2012, in cui viene evidenziato il potenziale nocivo dei mozziconi.

Il lavoro valuta il carico inquinante sul territorio italiano, argomento sul quale esiste un vuoto culturale e normativo non indifferente. Sebbene il carico nocivo di ogni cicca sia basso, dell’ordine di milligrammi, il fattore che amplifica il problema è l’elevato numero di cicche prodotte. Il numero medio di fumatori in Italia è nell’ordine dei 13 mi-lioni, con un numero medio di sigarette consumate da ciascuno che si aggira sulle 15 al giorno. Il dato è impressionante e corrisponde a 72 miliardi di cicche all’anno!

Tenendo conto del potere filtrante dell’acetato di cellulosa, il cosiddetto filtro, lo studio ha rite-nuto comunque possibile affermare che il carico nocivo immesso nell’am-biente con i mozziconi di sigaretta è alquanto rilevante.

�Nicotina 324 tonnellate �Polonio-210 1872 milioni di Bq �Composti organici volatili 1800 tonnellate �Gas tossici 21,6 tonnellate �Catrame e condensato 1440 tonnellate �Acetato di cellulosa 12240 tonnellateLo studio sottolinea, inoltre, che non esistendo

normative nazionali che ne limitino la disper-sione in ambiente, ma solo singole iniziative da parte di alcuni comuni più attenti, la maggior parte delle cicche imbrattano il suolo o finisco-no nelle fogne e nelle acque superficiali, contaminandole. Da tutti questi fattori emerge la necessità di classificarle come un rifiuto tossico per l’ambiente e trattarle come tale.

Al di la del necessario e dovuto intervento legisla-tivo per arginare il danno ambientale in atto, deve seguire pari passo una presa di coscienza da parte dei fu-matori accompagnata anche da buone prassi delle ammi-nistrazioni locali. Punire si sa

non è molto efficace, soprattut-to quando mancano i controlli o peggio, non si applicano le normative. Ma un’inversione di tendenza può scaturire certa-mente dal comportamento del singolo consumatore.

Partendo per gradi si può disegnare una “for-ma mentis” che ci aiuti ad affrontare la questione anche singolarmente.

Non tutti sono al corrente ad esempio che in commercio esistono mozziconi biodegradabili e addirittura ditte che producono particolari tipi di filtro che contengono al loro interno un seme di pianta, che crescerà una volta che il mozzicone si sarà degradato.

Ottima soluzione, ma se da una parte velo-cizza la sparizione del filtro regalando un fiore, non risolve il problema delle molte sostanze che agiscono nella combustione e finiscono comunque nel terreno.

Quindi che fare? Una soluzione ci sarebbe ma essendo sarcastici, è semplice come smettere di fumare. Si dimostrerebbe un grande valore pratico ed etico non buttando le chicche per terra, usando i cestini appositi, magari raccogliendo mozziconi lasciati da altri vicino al vostro belvedere, spiaggia, ansa di fiume, pista da sci o prato preferiti.

Serve in questo cambiamento di prospettive anche un’amministrazione che guardi ad espe-rienze già in atto in altri paesi, organizzando un vero e proprio sistema di raccolta e smaltimento dei filtri su base compensativo-partecipativa, un po’ come succede già negli Stati Uniti. “Terra Cycle” ad esempio, è un’azienda americana che recupera i filtri e poi li trasforma in posa ceneri, panchine, pellet, traversine ferroviarie e molto altro. Fon-data nel 2001 TerraCycle si è evoluta in una delle maggiori compagnie verdi nel mondo e coinvolge oltre 35 milioni di persone che raccolgono i rifiuti in 22 paesi.

La filosofia è quella del “cash for trash”. Le strut-ture territoriali di TerraCycle, chiedono ai cittadini di conservare e raccogliere i loro mozziconi, per inviarli alla società di riciclaggio attraverso un sistema di spedizione prepagato, gestito da UPS, attraverso una rete di 398 “collection point” tra USA e Canada. Con la sua metodologia di riciclo ha usufruito del lavoro di più di 20 milioni di persone e creato oltre 1.500 prodotti differenti disponibili presso i principali rivenditori. La società s’impegna a riciclare i filtri per realizzare profilati per uso industriale, e oggetti per l’impiego domestico. In attesa di sistemi come questo ci rimane di essere più responsabili e consapevoli del territorio in cui si viviamo, agendo in prima persona e senza pretese. Semplicemente ripulendo ognuno il nostro piccolo angolo di mondo almeno dai mozziconi.

Lorenzo Pupi

Primi passi verso le stelle del periodo invernale

Il cielo di Dicembre e Gennaio

Da quanto tempo non osservi le stelle? Quante volte sei uscito la sera al buio con l’intenzione di guardare

la volta celeste? Sai riconosce l’Orsa Mag-giore? Sei interessato alla scoperta del cielo? In questo articolo parleremo del cielo, soffermandoci sulle costellazioni che possiamo vedere a Dicembre e a Gennaio, e guidando il lettore nell’osservazione del cielo.

Partire preparati ad una osservazione del cielo è determinante per evitare di cor-rere il rischio di scegliere luogo e abbiglia-mento errati trasformando un’escursione piacevole in un’esperienza da dimenticare. La scelta del luogo deve essere oculata, è consigliabile scegliere un luogo in una zona lontana dai centri abitati per ridurre al minimo l’inquinamento luminoso e possibilmente in quota. Se abitate a Trento ed uscite sul balcone in una serata completamente serena riuscirete a vedere tra le 50 e le 150 stelle, spostandosi alle Viote del Bondone il numero di stelle ammirabili aumenta sensibilmente arrivando a circa 5000 consentendoci di vedere anche la Via Lattea. Va ricordato che l’osservazione delle stelle è un’attività dove si rimane fermi con il naso in alto di conseguenza è necessario indossare abbigliamenti adeguatamente caldi.

Siamo pronti per osservare il cielo, al freddo - in questo periodo sul Bondone la temperatura è sotto lo zero - ben vestiti e con la nostra mappa del cielo in mano. Gli antichi esplora-tori usavano le stelle per orientarsi durante la notte, seguiremo le loro orme per iniziare la nostra osserva-zione. Come tutti sanno, nel cielo stellato il Nord è indicato dalla Stel-la Polare, purtroppo questa stella non è facile da distinguere perché non è particolarmente brillante. Per localizzare la Stella Polare il metodo più comune è quello di trovare l’Orsa Maggiore, questa costellazione è la più famosa del cielo ed è semplice da individuare grazie alla sua forma composta da sette stelle luminose e alla grande area del cielo occupata. Il grup-po di stelle che formano l’Orsa Maggiore prende nomi diversi in base alla cultura: per gli antichi egizi Carro Maggiore, per gli antichi mesopotami Mestolo, per gli antichi indiani d’America Pentola, per gli antichi cinesi Uomo e per gli antichi eschimesi Alce. Trovata l’Orsa Maggiore prolungando il segmento formato dalle due stelle anteriori della costellazione per cinque volte verso l’alto dell’Orsa si arriva alla Stella Polare. La stella più famosa ha la caratteristica di essere “fissa”, durante tutto l’arco dell’anno; tutte le altre stelle ruotano apparentemente attorno a lei, questo accade perché la Stella Polare si trova lungo il prolungamento dell’asse di rotazione terrestre. Trovata la Stella Polare, abbassando lo sguardo verso l’orizzonte

stiamo guardando verso Nord; se siete alle Viote del Bondone avete davanti a voi le luci delle antenne della Paganella. Aiu-tandovi con la mappa del cielo

potete osservare la costellazione dell’Orsa Minore; è evidente che le dimensioni di questa costellazione sono minori della ge-mella e anche le stelle che la compongono hanno una luminosità inferiore rispetto alle stelle dell’Orsa Maggiore.

Il cielo a Sud è dominato da Orione, dal Toro e dal Cane Maggiore. Orione è una delle più belle costellazioni, facilmente riconoscibile per due stelle fra le più brillanti: Betelgeuse di colore rossastro, una supergigante rossa, e Rigel una stella azzurra con temperatura superficiale di circa 20000 gradi. A metà tra queste due troviamo la cintura di Orione formata da tre stelle. Leggermente a Nord di Orione troviamo la costellazione del Toro, una costellazione zodiacale, dominata da Aldebaran di colore rosso e dalla forma a V. Un’ultima curiosità prima di lasciarvi all’osservazione; la stella più luminosa del cielo di questo periodo, è osservabile a Sud, fa parte della costellazione del Cane Maggiore e si chiama Sirio. Buona osser-vazione a tutti.

Matteo Franchi

La mappa del cielowww.green-butts.com www.terracycle.com

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