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Pagina 1 di 36 Anno VI – dicembre 2002 n° 5 «Martuscelli Duemila» notiziario culturale bimestrale dell’Associazione Martuscelli Duemila sede sociale presso Ist. Martuscelli largo Martuscelli 26 - 80127 Napoli tel. 081 643705 – 340 2589876 Sito Internet: http://web.tiscali.it/martuscelli2000 c.c.p. n. 37 95 58 04 - intestato «Associazione Martuscelli Duemila» - ----------------------------------------- direttore responsabile Fausta Dal Monte redazione Riccardo Di Bartolo capo redattore - tel. 081 207948 Santina Pirri – tel. 081 7416103 Andrea Biello – tel. 081 7671558 web master Marilù Martuscelli -------------------------------------- registraz. trib. Napoli n. 4854/97 stampa braille ed edizione informatica realizzate in proprio dall'A.M.D. 1

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Anno VI – dicembre 2002 n° 5«Martuscelli Duemila»

notiziario culturale bimestraledell’Associazione Martuscelli Duemila

sede sociale presso Ist. Martuscellilargo Martuscelli 26 - 80127 Napoli

tel. 081 643705 – 340 2589876Sito Internet:

http://web.tiscali.it/martuscelli2000c.c.p. n. 37 95 58 04 - intestato

«Associazione Martuscelli Duemila» -

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direttore responsabileFausta Dal MonteredazioneRiccardo Di Bartolo capo redattore- tel. 081 207948 Santina Pirri – tel. 081 7416103Andrea Biello – tel. 081 7671558web master Marilù Martuscelli

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registraz. trib. Napoli n. 4854/97

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AUGURI PER UN FELICE NATALEED UN SERENO ANNO NUOVO

LA REDAZIONE

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IN QUESTO NUMERO:

ASSOCIAZIONE, ADDIO? (R. DI BARTOLO)

RICORDO DI ENZO BASELICE (T. VIOLA)

PAROLE, PAROLE… (R. DI BARTOLO)

DAL MARTUSCELLI

FIABE E RACCONTI FLASH: IL PULCINO INVISIBILE (M. MASCIA)

FANTASIA IN CUCINA (M. L. MARTUSCELLI)

SPIGOLANDO:

LA SCUOLA OLTRE LO SCIOPERO (G. MONTESANO)

RIDIAMOCI SU

MISCELLANEA

LEZIONI SU WORD (C. LOIODICE)LEZ. 18 “QUANT’E’ BELLA LA TABELLA!”

LEZIONI SU WORD (C. LOIODICE)LEZ. 19: “AUTOMATISMI, CALCOLI, CORREZIONI, GLOSSARI.---------------------------------------------------------------

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ASSOCIAZIONE, ADDIO?

(R. Di Bartolo)

Sì, cari lettori, il titolo non è certo bene augurante, come tutti gli auguri che state ricevendo in questi giorni e che, fra l’altro, vi formuliamo anche noi dal profondo; ma è necessario, a questo punto, interrogarci seriamente sul futuro del nostro sodalizio e farlo con assoluta onestà. L’ultima assemblea, svoltasi il 15 settembre, ci ha detto alcune cose importanti circa la crisi operativa, economica e di idee di cui soffre l’Associazione. Pochi erano i soci presenti (e questa non è una novità), ma il dibattito si è svolto, stancamente, non tanto sulle cose realizzate (forse poco rilevanti), ma su quelle non fatte. Si è sprecato molto tempo a discutere su una commedia non rappresentata e, quel che è peggio, pur essendo emersa qualche idea sul futuro del nostro gruppo filodrammatico, non sono state prospettate soluzioni concrete né prese decisioni operative, al di là di un invito ad inserire sul giornale un quasi certamente sterile appello per proporsi come candidati attori. Poi, sul fronte delle idee, più nulla di significativo. Su quello delle cose da fare, il concerto d’autunno, unica attività culturale del 2002, a meno che non si annoveri, tra quelle ricreative, lo scopone organizzato per ogni primo sabato del mese. L’Assemblea ci ha poi offerto una serie di polemiche sulla gestione dell’attuale gruppo dirigente, accusato di non essere, nella sua maggioranza, all’altezza della situazione e di aver commesso errori sia di inesperienza che dovuti ad uno scarso attaccamento all’Associazione. Ultimi, ma non certamente ultimi i conti in rosso. A fronte di un introito, nell’ultimo anno, di circa quattro milioni delle vecchie lire, abbiamo appreso di uscite pari a nove milioni e che nelle ormai asfittiche casse sociali non ne rimangono che circa sei. Tutti potrete facilmente comprendere che, di questo passo, resterebbe al nostro sodalizio soltanto un anno di vita o poco più. E’ dunque il momento che interveniate, che facciate sentire la vostra voce tramite le colonne di questo giornale, del quale, forse, state leggendo uno degli ultimi numeri. E’ il momento in cui insieme si decida come far continuare la vita dell’Associazione o concludere un’esperienza che ci ha entusiasmato ma che ha ormai esaurito il suo ciclo. Vi aspettiamo, dunque, numerosi nella rubrica “La Posta Dei Lettori”, che troppo raramente abbiamo avuto il piacere di ospitare qui. Questa volta, però, l’assenza delle vostre lettere, dei vostri contributi alla discussione, sarà per noi un segnale inequivocabile di una chiara indifferenza, quindi del fatto che quel punto interrogativo messo in coda al nostro titolo, probabilmente si trasformerà in un punto fermo.

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RICORDO DI ENZO BASELICE

(Tevere Viola)

Cari lettori.Tocca a me tessere le lodi di un carissimo amico che recentemente ci ha lasciato in punta di piedi dopo una lunga sofferenza.Come avete appreso sul numero di giugno, Enzo Baselice Se n’è andato, lasciando i suoi tre figli: Alfonso, Danilo e Milena e un vuoto che sarà molto difficile riempire.Nato a Napoli nell'aprile del 1921, non vedente dalla nascita, fu alunno dell'istituto Martuscelli dove, sotto la guida del valentissimo maestro Manieri, si diplomò in pianoforte e composizione al conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli, ottenendo un'ottima votazione.Negli anni 50 ebbe un invito dalla rai per partecipare al festival di San Remo in qualità di compositore, invito che accolse con grande entusiasmo, tanto che la sua canzone ”Domandatelo” fu una delle prime classificate.In seguito fu ascoltato dall'allora direttore d'orchestra della RAI di Napoli Gino Campese che lo fece debuttare in concerto al teatro Politeama della città partenopea. Successivamente ebbe un contatto con l'orchestra Anepeta che gli arrangiò “Primma E Doppo”, presentata poi ad uno dei festival della canzone napoletana.Valentissimo musicista, Enzo Baselice fu una “bestia del palcoscenico”. Apprezzato dalla critica musicale in quanto possedeva un orecchio assoluto, dote che non tutti i musicisti posseggono, era famoso per le dolci armonie che sapeva profondere attraverso una sensibilità non comune. Non sbagliava una settima, sia di prima che di seconda terza o quarta specie, messe sempre al punto giusto. Con lui se ne va un pezzo della storia che tutti noi abbiamo fatto e vissuto.Noi che, oggi, fortunatamente ci siamo ancora, questa storia possiamo raccontarla ed essa, che è maestra di vita trascorsa, ci fa riflettere su tante cose come le vittorie, le sconfitte, le gioie e i dolori che qualche volta ti mettono il cuore in tumulto. Enzo, che aveva uno spirito combattivo ed un carattere molto forte, ha battagliato contro tutte le circostanze che la vita gli riservava.Chi scrive non è uno scrittore, ma è un musicista e ciò gli dà il privilegio di conoscere bene le sue doti musicali che egli esternò anche attraverso l'insegnamento presso l’istituto P. Colosimo.Concludo questa mia modesta fatica salutando il nostro caro Enzo che ci guarderà da lassù e che certamente sarà per tutti noi un esempio di vita, di storia e di cultura.Se abbiamo dei dubbi verso chi ci circonda e non siamo certi, domandatelo ad una lacrima d'amore; mi raccomando però: prima e dopo, o, come diceva lui, “primma e doppo”.

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PAROLE, PAROLE…

(R. Di Bartolo)

Oggi la società, mentre da un lato pare aver accettato l'handicap, dall'altro sembra, talvolta, volerlo esorcizzare anche attraverso un buffo sforzo per definire le persone che ne sono portatrici. Tempo fa, guardando una trasmissione televisiva, ho assistito ad una scena che deve aver prodotto qualche imbarazzo ai suoi protagonisti. Si discuteva dei problemi d'integrazione scolastica di alcuni bambini disabili. Un rappresentante del Ministero dell'Istruzione ha cominciato col definirli "portatori di Handicap", provocando in tal modo una garbata correzione del conduttore che ha detto trattarsi di persone "diversamente abili!" Io ho riso molto, ricostruendo la storia delle terminologie pseudosociologiche usate fin qui (handicappati, portatori di handicap, persone in difficoltà, disabili, diversamente abili ecc.) e cercando di immaginare quale altro eufemismo troveranno in futuro nell'immane sforzo socio-semantico di affrontare i problemi relativi ad una minorazione! Proprio sul piano semantico la locuzione “diversamente abile” è roba da matti. E grazie che uno è diversamente abile... Mettete il campione mondiale di sollevamento pesi a correre i 100 metri, e vedrete. Quello lì, pure grande atleta, è diversamente abile dal campione mondiale dei 100 metri. E grazie... Sapete, in America non si dice più bitch o prostitute... No, si dice professional sex worker, che suona meglio. Io non ci vedo. Sono cieco oppure diversamente vedente? Di fronte alla Battaglia di Paolo Uccello, o alla Nike di Samotracia, io non sono diversamente vedente, nel senso che quelle opere d'arte, con tutta la buona volontà, non le vedo e non me le godo. E il corpo di un partner sessuale... goderne la visione non possiamo; possiamo godere altro. Ma questo, proprio lo stesso, avviene per chi ci vede benissimo, e magari non sa dove mettere le mani, o... Diversamente abili, vivaddio, siamo tutti, ma proprio tutti.

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DAL MARTUSCELLI

Il comunicato che leggerete qui sotto è apparso in bacheca nella sala centralino dell’Istituto il 30 agosto. Il suo contenuto ci informa su un ulteriore passo compiuto dai responsabili della struttura, in funzione di una scelta socio-pedagogica avvenuta già alcuni anni fa.

“Il Consiglio di Amministrazione dell’istituto Domenico Martuscelli, nella seduta del 29/8/02, tra l’altro ha approvato la costituzione di un’impresa per le attività riabilitative dell’Istituto stesso con l’Istituto della Ricerca, Formazione e Riabilitazione (I.RI.FO.R. e pertanto, dalla data odierna, la gestione amministrativa del personale e i contatti con l’esterno saranno tenuti da questo nuovo organismo, denominato “Martuscelli Riabilitazione”. L’apertura e le condizioni di avvio delle attività saranno definite in via breve e concordate da tale nuovo soggetto. Alla responsabilità “Martuscelli Riabilitazione” sono stati chiamati Stefano Sportelli, Pietro Piscitelli e Giorgio Cuozzo.”

FIABE E RACCONTI FLASH

Il pulcino invisibile.

(di Mena Mascia) C’era una volta la nonna Pietronilla. Se la mettiamo così, la protagonista di questa storia assurge al rango di un fiabesco personaggio inventato che invece di inventato non ha avuto proprio niente, benché un personaggio sui generis nella mia vita di bambina lo sia stato, visto che è esistita davvero. Ma parlare a lungo di lei mi porterebbe molto lontano e per questa volta vi esimo dal leggere più di uno tra gli episodi tristi ed allegri che ne costellarono l’esistenza semplice di contadina d’altri tempi. In quell’estate travestita d’autunno, un pomeriggio sì e l’altro pure, la nonna Pietronilla aveva il suo bel da fare ad aprire e chiudere le bestioline della fattoria a seconda dei capricci che il tempo decideva di mettere in atto. Mentre c’era un sole che spaccava le pietre, improvvisamente il cielo diventava scuro come la mezzanotte, lampi squarcianti per un attimo il buio precedevano i rumorosi tuoni che rompevano il silenzio della campagna simili a rombi di cannoni sparati a salve e si scatenava uno di quei temporali da diluvio universale dai quali era difficile ripararsi, specie se ci si trovava a lavorare nei campi. Fu in uno di quei pomeriggi pieni di grandine che la disperata carabiniera, al secolo la nonna Pietronilla, chiamata così da noi bambini che ne avevamo un’indicibile soggezione per quel suo carattere ombroso e di poche parole, cercando di radunare le ultime bestie indifferenti al temporale, andava correndo come una trottola da una parte all’altra della masseria per raccoglierle tutte. Per la verità, con pochi risultati, poiché proprio quella benedetta chioccia che aveva i

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pulcini più piccoli sembrava essere sparita nel nulla, tanto il disperato richiamo della padrona, proferito con la dolcezza di chi sa inutile ogni altro tentativo, non la interessava né punto né poco. Quando finalmente un leggero pigolìo di pulcini richiamò l’attenzione della nonna oramai tanto bagnata da potersi strizzare, la veemenza del temporale si era placata e la gallina nera con la sua nidiata sortì dal buco prodottosi, non si sa come, nell’alto mucchio di fieno. La carabiniera avrebbe voluto abbracciare ad uno ad uno le bestioline urlanti ed ammazzare di botte la loro madre muta, ma gliene mancò il coraggio, data la stanchezza provocatale da tutto quel correre. Controllato che i piccoli erano completamente asciutti, lasciò le bestiole nel loro rifugio e si diresse verso la casa per cambiarsi. Mentre camminava, sbollita la rabbia e ringraziata Santa Barbara per la calma miracolosamente ristabilitasi, si sentiva accompagnata da un pio pio appena percettibile che le faceva girare intorno lo sguardo in cerca dell’animaletto sperduto. Pulcini in giro non se ne vedevano, né c’erano uccellini che cantassero, eppure la vocina inquietante s’insinuava lieve a non renderla tranquilla. Che fosse una delle anime del purgatorio in cerca di suffragio? Le suggerì un pensiero abbuiato in un angolo nascosto della memoria. Positiva e razionale com’era, tuttavia, lei che non credeva alle innumerevoli panzane di spiriti ed anime vaganti delle quali si amava favoleggiare nelle lunghe sere d’inverno presso il camino, pure mormorò una preghiera all’indirizzo delle ignote entità, per poi rifuggire dal pensiero superstizioso ed affrettare il passo verso la cascina. La nonna camminava ed il pigolìo la seguiva. Talvolta più attutita, tal’altra più forte, era come se quella vocina dispettosa fosse un tutt’uno con la sua persona. Arrivando in casa, dovette svestirsi di sana pianta, attaccare sulla spalliera della sedia presso il camino acceso la lunga gonna resa pesante dall’acqua, perché si asciugasse con il resto della biancheria e mettersi a sfaccendare per preparare la cena. Mentre mangiavano, alle orecchie di tutti giunse vicinissimo il pigolìo che per qualche tempo aveva taciuto. La nonna ricominciò a cercarsi intorno, ma ogni angolo della cucina, meticolosamente ispezionato non solo da lei, risultò vuoto. Entrambi i vecchi se ne andarono a letto rinunciando ad ogni altro tentativo sia di capire che di cercare oltre, così quella notte interminabile trascorse scandita dall’intrusa vocina che, imperterrita, riempiva l’aria del suo canto registrato sempre sulla medesima nota che suonava come un richiamo. Quando finalmente il sonno arrivò a placare negli stralunati nonni la stanchezza della giornata trascorsa, era quasi l’alba ed anche il pulcino invisibile sembrò trovare riposo. Ma venne il mattino con il sole che inondò la cucina ed insieme all’astro splendente, pure il canto misterioso salutò il nuovo giorno. Infastidita come non mai, la nonna Pietronilla scosse con rabbia l’ampia gonna che intanto si era completamente asciutta per incominciare a vestirsi. Quale fu la sua sorpresa quando, da una scucitura della piega che in quei tempi si usavano cucire profonde, uscì un minuscolo batuffolo nero tutto becco, non potete nemmeno immaginarlo.Evidentemente la bestiolina vi si era infilata allorché, accovacciata per cercare mamma chioccia e gli altri suoi fratellini creduti morti nella bufera, la nonna gliene aveva dato l’agio.

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FANTASIA IN CUCINA

(A cura di Marilù Martuscelli)

Lasagne al tonno

Ingredienti per 4 persone:

10 fogli di lasagne precotte, 300 gr. tonno sott’olio, 1 melanzana tonda tagliata a bastoncini, 500 gr. pomodori pelati, basilico, olio.

Esecuzione:

In una pirofila mettere un filo d’olio e pomodori pelati, mettere uno strato di lasagne sul quale mettere il tonno sbriciolato ed i bastoncini di melanzana fritti, pomodori pelati e foglie di basilico.Alternare gli ingredienti fino al loro esaurimento, completare con pomodoro basilico e olio.Infornare a fuoco medio per 40 minuti.Buon appetito.

Spaghetti golosi con le vongole

Ingredienti per due persone:

200 gr. di spaghetti, 50 gr. di Vongole, 50 gr. di gamberetti, una scatola da 80 gr. di tonno sott’olio, 200 gr. di pomodoro, olio extra vergine d’oliva, sale, peperoncino e aglio.

Esecuzione:

In una pentola mettere olio ed aglio, aggiungere il pomodoro e lasciare cucinare per 10 min.. Separatamente far bollire per qualche minuto le vongole ed i gamberetti. Dopo averli sgocciolati unirli alla salsa di pomodoro con il tonno già sgocciolato. Aggiustare di sale, mettere un po’ di peperoncino e lasciare insaporire il tutto a fuoco basso per qualche minuto. Lessare gli spaghetti e condirli con il sugo.Buon appetito.

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SPIGOLANDO

LA SCUOLA OLTRE LO SCIOPERO(Giuseppe Montesano)

da “IL MATTINO” di Napoli del 15/10/2002

E’ davvero adatta ad indicare le agitazioni per la scuola del 14 e 18 ottobre la parola “sciopero? Io non credo: lo sciopero è oggi solo la punta di un iceberg, il segnale di una insofferenza che non appartiene ai soli insegnanti, ma a tutta la società civile. La scuola è invocata o maledetta a seconda di umori ed interessi, ma quasi sempre se ne parla a sproposito. Da almeno 10 anni essa è diventata ora un capro espiatorio, ora la chiave per risolvere tutti i problemi, ora la madre di tutte le colpe. Un giorno si dice che deve formare tecnici e professionisti, e un altro si dice che deve essere una casa di cura per sbandati; un giorno è inutile e superata e l’altro il solo luogo dove educare i giovani; un giorno è una fabbrica ben oliata che produce in serie, e il giorno dopo un giardino dove si formano personalità sane e cittadini esemplari. Ma dov’è allora un briciolo di verità? Forse nel fatto che sulla scuola si gioca un grande equivoco: si immagina che essa debba risolvere ciò che non può risolvere. I pedofili? Ci pensi la scuola. Le violenze dei teppisti? Ci pensi la scuola. I politici e le famiglie si svegliano di colpo ad ogni fatto di cronaca e invocano la scuola come panacea di ogni male. E dove finiscono le loro responsabilità? Svanite, come per miracolo. La scuola non può rinunciare ad educare e non si rifiuta certo di stare sulla frontiera: ma in quali condizioni? Andiamo, se volete, a fare un giro per le scuole della Campania: quante sono solo orridi casermoni o edifici fatiscenti, quante mancano dell’indispensabile, quante subiscono saccheggi e violenze, quante sono davvero in regola con le più elementari norme di sicurezza, quante sono “scuole”? Eppure spesso esse sono l’ultimo baluardo prima dello sfascio: fino a quando? La scuola è lo specchio della realtà, e ogni società ha la scuola che si merita. E’ disposta la politica a investire nell’edilizia scolastica, nel recupero dei minori, nell’impedire che ci siano classi di 34 alunni? E le famiglie sono disposte a pagare le tasse in cambio di servizi? Se la risposta a queste domande elementari è no, allora restano solo chiacchiere che non servono a nessuno. Ma l’equivoco continua, si alimenta della fuga dai veri problemi e della scarsa conoscenza dell’universo-scuola. Già con la riforma Berlinguer, e ora con quella della Moratti, si parla per esempio di scuola aperta il pomeriggio perché i ragazzi abbiano un loro spazio: era superficiale allora, ed è superficiale adesso. A scuola i ragazzi vogliono imparare a capire il mondo, vogliono un luogo di comunicazione con adulti che li aiutino ad orientarsi nella complessità, vogliono quella cultura che gli permetta di affrontare la realtà: ma è fuori che hanno bisogno di luoghi per il tempo libero intelligente, di genitori che li ascoltino senza guardare a bocca aperta lo schermo, di una società che non predichi ipocritamente la legalità per infrangerla poi alla prima occasione. Perché mai i ragazzi dovrebbero rispettare le regole del gioco se l’esempio non gli viene dato da tutti gli adulti?

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In realtà fino a oggi la scuola ha nel bene e nel male supplito alle mancanze di tutte le altre isitituzioni civili di questo Paese, ma ora è sull’orlo del collasso perché le contraddizioni sono diventate soffocanti. La scuola educa attraverso la cultura, perché come sa anche l’ultimo dei pedagogisti, l’educazione stessa è un fatto culturale: le sia allora dato modo di adempiere quello che è il suo vero compito. Qui non ci sono scorciatoie, e non servono missionari o infermiere. La scuola è davvero un bene pubblico, letteralmente di tutti e per tutti, un luogo che tenta di creare opportunità e uguaglianze e cultura? Se è così, allora si ripensino a fondo molte cose, ma senza tentazioni autoritarie e senza ideologie più o meno travestite. No, davvero la parola “sciopero” non è sufficiente a spiegare quello che è in ballo: i padri della Chiesa sapevano che perseverare negli errori è diabolico, ma sbagliare oggi vuol dire condannare il futuro, e nessuno può permetterselo.

RIDIAMOCI SU

(Lory Lania)

Motivi per cui il cervello è meglio del computer.

1. Con il cervello non c'è da preoccuparsi di avere la memoria piena 2. Con il cervello non c'è il rischio che qualche bastardo te lo formatti... 3. Il cervello ce l'hai gratis 4. Il cervello non ha bisogno di un prodotto della Microsoft per funzionare 5. non devi spendere milioni per comprargli tutti gli accessori 6. Dopo sei mesi non devi buttare via il tuo cervello perchè ne è uscito un altro e quello ormai è vecchio 7. Se lo usi da quando sei piccolo non ne diventi dipendente.

Motivi per cui il computer è meglio del cervello

1. l'hard disk si ricorda tutto, sempre 2. puoi spegnerlo quando vuoi senza conseguenze 3. se non funziona più si può cambiare senza troppi problemi 4. usare il cervello non è sempre divertente 5. il cervello non masterizza i cd 6. se non ce l'hai non è un grosso problema 7. prova a piratare un cervello...

Due ragioni che rendono il cervello e il computer alla pari

1. Tutti ne hanno uno, ma molti non lo sanno usare 2. Sia nel cervello che nel computer, c'è sempre qualche rompiballe che pretende di entrare in quello degli altri...

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SAN PIETRO E IL TERRORISTA

Alle porte del paradiso bussa un terrorista dell'IRA. San Pietro si affaccia, lo guarda schifato e gli fa: "Che vuoi? Non pretenderai mica di entrare qui dopo quello che hai fatto!" E l'altro: "Entrare? Fossi matto! Siete voi che avete 5 minuti di tempo per uscire!"

Riflessioni… a tutto campo.

Ho visto un binario morto che aspettava di essere sepolto. Ho visto un contadino soffiarsi il naso nel suo fazzoletto di terra. Ho visto diabetici morire in luna di miele. Ho visto gondole cambiare canale con il telecomando. Ho visto un cartello per la strada con scritto: “Esso a 1200 m.”, ma lui non sono riuscito a vederlo. Ho visto un gallo puntare una sveglia per paura di essere licenziato. Ho visto gatti neri rincorsi da cani razzisti. Ho visto genitori molto attempati mettere al mondo dei nipoti. Ho visto firmare assegni circolari con un compasso. Ho visto astronauti al ristorante chiedere il conto alla rovescia. Ho visto un atleta mangiare 2 primi 3 secondi e 4 decimi. Ho visto un caffè fare un errore ed essere corretto con la grappa. Ho visto dei cannibali leccarsi le dita e dire: “era una persona veramente squisita”. Ho visto donne talmente affezionate al loro marito da usare quello delle loro amiche. Ho visto un uomo riportare una leggera ferita al suo legittimo proprietario. Ho visto una cicala ereditare una fortuna da una formica morta di stress. Ho visto donne conservare in frigo il terziario avanzato. Ho visto un libro con l'indice fratturato. Ho visto lenti da sole in cerca di compagnia. Ho visto una moschea piena di zanzare. Ho visto pescatori morire di fame perchè non sapevano che pesci pigliare. Ho visto un uomo con un occhio pesto e uno ragù. Ho visto un'attrice diventare porno per aver preso tutto sottogamba. Ho visto una porta chiudersi in un ostinato mutismo. Ho visto preti guariti negare di essere stati curati. Ho visto un grande regista girare l'angolo. Ho visto la Madonna di Fatima andare in vacanza a Lourdes. Ho visto sci con attacchi epilettici. Ho visto servizi segreti con la tazza nascosta dietro al bidet. Ho visto un topo d'appartamento inseguito dal gatto delle nevi. Ho visto un torero incornato dal marito di una entraineuse. Ho visto un verme battersi per farsi chiamare single e non solitario.

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Ho visto canguri aver le tasche piene dei loro figli. Ho visto animali in via di Estinzione cambiare indirizzo. Ho visto cannibali starnutire e dire: era una ragazza tutto pepe. Ho visto giardinieri innaffiare le piantine della città. Ho visto 22 giocatori di calcio dare botte ad un pallone gonfiato. Ho visto donne di servizio apparecchiare una tavola numerica. Ho visto dentisti estrarre la radice quadrata di un dente. Ho visto tossici chiedere un limone per farsi una pera... Ho visto tutto questo, ma ancora adesso non riesco a capire una cosa molto importante: ma una rosa senza spine... va a batteria?

Tre uomini in Paradiso Tre uomini sono in fila per entrare in paradiso. Il primo racconta a S. Pietro la sua storia. "Per lungo tempo ho sospettato che mia moglie mi tradisse, così oggi sono tornato a casa prima per coglierla sul fatto. Appena sono entrato nel mio appartamento al venticinquesimo piano ho subito percepito che c'era qualcosa che non andava. Ma ho cercato dappertutto e non sono riuscito a trovare il tipo. Finalmente esco sul balcone ed eccolo lì, appeso, a 25 piani dal marciapiede. A questo punto ero incazzato come una bestia, e comincio a dargli calci, ma lui niente, non cade. Così piglio un martello e comincio a martellargli le dita e così finalmente cade giù. Ma dopo una caduta di 25 piani, atterra su una siepe, è intontito ma non è morto. Non riesco a resistere,vado in cucina, prendo il frigorifero e glielo lancio addosso, uccidendolo sul colpo. Ma a causa della rabbia e dello sforzo mi sono beccato un infarto, morendo lì, sul balcone". "Sembra proprio che tu abbia avuto una morte terribile" dice San Pietro, ed ammette l'uomo in paradiso. Arriva il turno del secondo uomo che comincia: "E' stato un giorno molto strano. Vede, io abito al ventiseiesimo piano del mio palazzo, ed ogni mattina faccio ginnastica sul mio balcone. Stamattina devo essere scivolato su qualcosa, mi sono sbilanciato e sono cascato oltre la ringhiera. Per fortuna però sono riuscito ad aggrapparmi a quella del balcone dell'appartamento sotto al mio. Ad un tratto esce fuori questo tipo. Io ho pensato di essere salvo finalmente,ma questo comincia a picchiarmi ed a darmi calci. Mi sono tenuto con tutte le mie forze fino a quando il tipo non è rientrato nell'appartamento a prendere un martello con il quale ha cominciato a colpirmi le dita. A questo punto ho mollato, ma ho avuto di nuovo fortuna, cadendo in una siepe. Dopo un volo del genere ero intontito, ma per il resto tutto a posto. Quando ho cominciato a pensare che mi stava andando bene e mi sarei ripreso ecco che arriva questo frigorifero dal cielo e mi schiaccia sul posto, ed eccomi qui...". Ancora una volta San Pietro deve ammettere che si tratta di una morte parecchio terribile e lo fa entrare in Paradiso. Il terzo uomo arriva davanti a San Pietro, che gli chiede la sua storia e lui comincia così a raccontare: "...Che cavolo ne so... Sono lì..., nudo e nascosto dentro un frigorifero!..."

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MISCELLANEA

- Se vuoi far continuare a vivere la nostra associazione è assolutamente necessario il rinnovo della tua tessera per il 2003. La quota è sempre la stessa: euro 15,50.

- A causa dell’indisponibilità del teatro Cilea di Napoli, sede abituale delle nostre manifestazioni, il “concerto d’autunno”, dopo varie vicissitudini, è stato rinviato al 30 gennaio 2003, alle ore 17,30. Esso avrà luogo al teatro dei Sacri Cuori sito in Corso Europa.

- E’ purtroppo scomparsa, nel mese di ottobre, in età troppo prematura, Maria Di Lauro,, nostra socia e sorella di Domenico, anch’egli nostro socio. Tutti noi, Domenico, partecipiamo intensamente al tuo lutto. Coraggio!

- Per mandarci comunicazioni od altro via posta elettronica, scrivete a:[email protected]

- Per ricevere numeri arretrati del giornale o per altre notizie sullo stesso, telefonate al vicepresidente Pasquale Angeli, tel. 081/5490819.

LEZIONI SU WORD

(CARLO LOIODICE)

Lezione 18Quant’è bella la tabella!

La battaglia navale.Non c’è studente che non abbia giocato qualche volta a battaglia navale durante le ore di lezione. In mano si tiene una penna (e che altro se no?), davanti un foglio quadrettato (niente di strano!), in mezzo fra i due giocatori vicini di banco una pila di libri (dopo tutto siamo a scuola! Ma servono anche ad inibire la vista del foglio dell’avversario).«Ma di che stai parlando?» Mi direte. «Penne, pile di libri, fogli quadrettati! Non sono certo gli strumenti adoperati da un cieco!» Però a scuola dei compagni li avete avuti senz’altro; e mi spingo a credere che, come capitò a me, anche in voi ci sia stata un po’ d’invidia nei loro confronti. Al sottoscritto poi è toccato negli anni di dover fare i conti con la stessa situazione stando dall’altra parte della cattedra; ma questa, come si dice, è un’altra storia.

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Ancora righe e colonne.Immaginiamo un quadrato con 30 cm di lato. A partire dal lato superiore ogni 3 cm tracciamo una verticale che vada ad incontrare il lato inferiore. Poi dal lato sinistro, sempre ogni 3 cm, tracciamo delle linee orizzontali che giungano fino al lato destro.Così facendo, abbiamo diviso la superficie del quadratone in dieci quadratini aventi un lato di 3 cm. Come identificare uno a caso di questi quadratini? Il metodo è noto e collaudato e consiste nell’assegnare le lettere dell’alfabeto alla successione orizzontale e i numeri alla successione verticale. Dunque, se il quadratino in alto a sinistra è A1 e quello in alto a destra è J1, in basso a sinistra troveremo A10 e in basso a destra ci sarà J10. In altre parole, con i numeri indichiamo le righe, cioè le sequenze orizzontali, e con le lettere le colonne, ovvero le sequenze verticali. Se fate o avete già fatto una capatina in Microsoft Excel, il foglio di calcolo del pacchetto Microsoft Office, questa schematizzazione vi apparirà bella e pronta. Excel sta a Word come il quaderno a quadretti sta a quello a righe. Diciamo pure che io posso far diventare a quadretti un quaderno a righe, completando la griglia con linee verticali; e invece non mi riesce così facile trasformare in quaderno a righe un quaderno a quadretti. Questo per dire che io posso costruire una griglia in Word creando una tabella, mentre non posso eliminare la griglia da Excel trasformandolo in editor di testo.

Creare una tabella.Alle tabelle Word dedica un ricco menu che ora ci accingiamo sinteticamente e liberamente ad illustrare.Subito in alto troviamo <menu/tabella/disegna tabella>, del quale ci dimenticheremo immediatamente in quanto riservato a coloro che hanno occhi e voglia di disegnarsi manualmente la tabella con il mouse.Il comando che occorre a noi è <menu/tabella/inserisci tabella>. Nella finestra di dialogo stabiliamo le caratteristiche della tabella che vogliamo costruire. In questa prima fase, tuttavia, limitiamoci a stabilire il numero delle colonne. Per le righe teniamo conto che, quando saremo col cursore sull’ultima cella in basso a destra, basterà un colpo di <tab> perché venga aggiunta automaticamente una riga. Dato l’<invio>, ci troveremo nella situazione sopra descritta del quadrato con dentro altri quadrati; ma possono essere anche rettangoli dentro un rettangolo. Noi ora ci troviamo nella cella A1, ossia nel primo spazio in alto. Qui potremo scrivere tutto ciò che vorremo senza mai uscire dalla cella. Per spostarci di cella i comandi di Word sono, rispettivamente, <tab> in avanti e <shift+tab> all’indietro, oppure <control+frecce verticali>. Anche Jaws collabora mettendoci a disposizione tutte e quattro le frecce in associazione con <control+alt> per spostarci di cella in cella, in orizzontale e in verticale. Nel menu di prolissità di Jaws attiveremo “rileva tabelle” se vogliamo ascoltare dalla voce le informazioni che ci occorrono.

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A che serve una tabella.Prendiamo ad esempio il caso seguente. Durante il campionato di calcio vogliamo notare ogni domenica i punti in classifica di ciascuna squadra. Ovviamente noi potremo, molto semplicemente, annotare in un file di testo domenica per domenica la classifica così come viene comunicata alla fine delle partite. Può servire, ma questi dati rimangono allo stato grezzo, senza possibilità di visualizzazione sinottica o di elaborazione. Diversamente stanno le cose se organizziamo i dati in una tabella.

Caso pratico.Creiamo una tabella con 19 righe e 35 colonne. Questi valori corrispondono, rispettivamente, al numero delle squadre (18) più una riga per il titolo, e al numero delle giornate (34) più una per il titolo. Il titolo della riga sarà costituito dal nome della squadra e il titolo della colonna dalla data (o, che è lo stesso, dal numero progressivo della giornata). In A1, a mo’ di titolo, scriviamo “squadra”.In B1, appena disponiamo delle informazioni necessarie, mettiamo la data, e per farlo digitiamo <menu/inserisci/data e ora>, entrando nella finestra di dialogo e scegliendo il formato che più ci soddisfa dall’apposita casella combinata.In A2, A3, A4… A19 scriviamo i nomi delle squadre, non importa in che ordine: il motivo lo vedremo presto.In B2 riportiamo i punti della squadra in A2, in B3 quelli della squadra in A3… in B19 quelli della squadra in A19.La domenica successiva in C1 mettiamo ancora la data e occupiamo le celle da C2 a C19 con i punti della squadra il cui nome troviamo ad inizio riga. Così, di domenica in domenica, noi riporteremo diligentemente i punti guadagnati da ciascuna squadra e saremo in grado di farne anche qualche piccola elaborazione.

Ordinare i dati in una tabella.Noi però abbiamo scritto i nomi delle squadre in rigoroso ordine alfabetico, o no? Niente paura! Possiamo rimediare in un attimo.Selezioniamo la tabella. Ma questa volta non potremo farlo come facciamo di solito. Per operare selezioni in una tabella Word ci costringe ad usare comandi specifici, tutti presenti nel <menu/tabella>. Questi comandi sono: <menu/tabella/seleziona riga);<menu/tabella/seleziona colonna>;<menu/tabella/seleziona tabella>.Dopo aver selezionato l’intera tabella, andiamo in <menu/tabella/ordina>, che vi presenta una finestra di dialogo così concepita:Nel primo campo vi viene chiesto cosa ordinare e voi selezionerete la colonna 1. Nella seconda casella vi vien chiesto se procedere in base al testo, per numeri o per data. Nel nostro caso sceglieremo “testo”.Viene ora un pulsante radio che ci fa scegliere tra un ordine “crescente” o uno “decrescente.

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Attenzione, non è che ci vedete doppio! Queste tre opzioni si ripetono simmetricamente per consentirvi di aggiungere un secondo criterio di ordinamento: alcune volte è proprio necessario, ma non ora…Sorvolando per ora sulle “opzioni”, soffermiamoci sul pulsante radio “non ha una riga d’intestazione” / “ha una riga d’intestazione. Se attivassimo la prima scelta, la prima colonna verrebbe ordinata meccanicamente e quindi la parola “squadra”, che abbiamo messo in A1, andrebbe a collocarsi molto più in giù, alla lettera “S”. Attiviamo dunque la seconda scelta e il programma inizierà ad ordinare dalla seconda riga.Sono trascorsi due mesi dall’inizio del campionato e ormai una tabella così concepita, per quanto io l’aggiorni di domenica in domenica, comincia a non significare più niente: le squadre restano monotonamente in ordine alfabetico, mentre i numeri nelle colonne non hanno più logica alcuna. E allora a cosa è servito tutto questo? Calma! Ci vuole ancora molto per arrivare ad una reale disperazione! Riflettete! Se ho già ordinato la prima colonna in base al testo, perché non posso ordinare la sesta o l’ottava in base al numero? Proviamo? Ehi, ma questa è una fregatura! La classifica è venuta al contrario: in cima l’ultima e in fondo la prima! Ah già, dovevo selezionare anche l’ordine “decrescente”! Oh, adesso è perfetta! Quindi non ho bisogno di fare tanti files: mi basta tenere aggiornato questo e quando voglio posso farmi la classifica di qualunque giornata di campionato. Davvero magnifico!

Prepariamo una rubrica.Il caso più comune al quale applicare quanto abbiamo appena appreso è quello di una rubrica. Capito bene, una cosa in cui segnare nomi, indirizzi e numeri di telefono. Ne avete già una? Mi stupirei del contrario! Però per esercitarvi questo spunto non è male; anche perché non è poi detto che si abbiano subito le idee chiare sul come procedere. Comunque…Intanto, quante colonne predisporremo? Cognome, nome, indirizzo, CAP, città, provincia, telefono fisso, telefono mobile, fax… altro. Teniamo tutto, aumentiamo o stringiamo? Non saprei, ma non dovete pensare che Word vi imponga scelte ultimative. Se in seguito doveste accorgervi di un’insufficienza o di una ridondanza, potrete sempre aggiungere o eliminare righe e colonne. I comandi di menu mi sembrano in proposito piuttosto intuitivi, e poi, dopo tutte queste lezioni, sarete diventati più bravini nell’arrangiarvi da soli, no? Solo non dovete dimenticare di selezionare l’elemento su cui intendete apportare variazioni. Per inserire una nuova colonna bisognerà portarsi sulla colonna prescelta, e selezionarla: la nuova sarà inserita sulla sinistra. Analogamente, se si seleziona una riga e si digita <menu/tabella/inserisci righe>, la nuova riga sarà aggiunta sopra quella selezionata.In pratica quello che state facendo altro non è che un vero e proprio foglio di dati e come tale potrete usarlo. Eccone la prova.

Cenni sulle funzioni di database.Attivate “database” dalla visualizzazione delle barre degli strumenti: <menu/visualizza/barre degli strumenti/ sottomenu/database>. Cercate ora la barra

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come spiegato nella lezione 6 e con le frecce orizzontali cercate il pulsante “database”; <invio>. Nella finestra di dialogo per ora l’unico campo attivo è “dati”, dal quale accedete ad una ulteriore finestra che vi servirà per scegliere il nome del file in cui si trovano i dati. Fatta la scelta e confermata con <invio>, si torna nella finestra precedente. Questa volta le opzioni disponibili sono aumentate. “Opzioni query” ci consente di impostare i criteri della ricerca. Ad esempio, potrei selezionare il campo “città” e digitare poi Modena, per avere il riscontro di tutti gli abbonati di Modena che figurano nella mia rubrica.Data anche qui conferma, torniamo sempre nella solita finestra, e qui il pulsante che c’interessa ora è “inserisci dati”. Cliccando, apriamo una finestra i cui contenuti accettiamo senza discutere e diamo l’OK. Là dove lampeggia il cursore comparirà una tabella con tutti i miei amici e corrispondenti modenesi. L’argomento sarebbe da approfondire, ma non a questo livello. Ci si accontenti di sapere che la tabella che facciamo comparire in questo modo può essere trattata o formattata come qualunque altra.

Formattare le tabelle.Abbiamo capito che le tabelle servono a metterci sotto gli occhi dei dati, numerici o di testo, che c’interessa visualizzare in parallelo: città, temperatura minima, temperatura massima; alunno e voti materia per materia; giorno e soldi spesi, ecc. ecc.Prendiamo il caso di una tabella meteorologica. Guardate qui sotto.Città GradiBolzano 28Verona Villafranca 29Aosta 27Bologna Borgo Panigale 31Firenze Peretola 33

Questa tabella è costituita da due colonne: una per le città e l’altra per i gradi centigradi. Entrambe le colonne sono larghe più di 8 cm, anche se nella seconda ci sono sempre e soltanto due cifre. La tabella prende da un margine all’altro del foglio e, così formattata, è brutta e inutilmente espansa. Nel <menu/tabella/formattazione automatica>, fra tante altre scelte, troverete “adatta al testo”, marcando la quale le colonne si conformeranno al contenuto senza spreco di spazio. E già che ci siamo, aggiungiamo un’altra nozione utile per la stampa. Il primo campo della finestra “formattazione automatica” è costituito da una casella di elenco. Scendendo con le frecce ascolteremo delle definizioni che sembrano intuitive, ma fino ad un certo punto. Ora dovete sapere che una tabella si presenta comunemente come una griglia costituita da linee verticali e linee orizzontali e che i dati vengono a trovarsi nei parallelogrammi che ne risultano. Non è però detto che questa sia l’unica scelta obbligatoria. Si potrebbe infatti decidere di far stampare solo le linee verticali

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(colonne), solo quelle orizzontali (righe) o addirittura niente, come si vedrà più avanti. Ora, nella casella elenco di cui sto parlando potrò scegliere: colonne (1, 2,ecc.), riga (1, 2, ecc) oppure griglia se voglio rendere visibili i parallelogrammi.Ecco come appare ora la nostra tabella, formattata in base al testo e con la griglia completa:

Città Minima

Massima

Bolzano 19 28Verona Villafranca 24 29Aosta 17 27Bologna Borgo Panigale

22 31

Firenze Peretola 24 33

Se poi noi vorremo allineare la tabella a sinistra, al centro o a destra della pagina, non dovremo far altro che selezionarla per intero e digitare gli appositi comandi.

Convertire un testo in tabella o viceversa.Potremmo trovare comodo non procedere immediatamente alla compilazione di una tabella, immettendo inizialmente i dati in forma di testo. La cosa è possibile alla sola condizione di individuare un elemento separatore: segno di tabulazione, punto e virgola, due punti o altro segno che decideremo. Ecco come scriveremo i dati per la nostra futura tabella:Città;GradiBolzano;28Verona Villafranca;29Aosta;27Bologna Borgo Panigale;31Firenze Peretola;33

Per convertire tutto questo in tabella, procederemo prima selezionando il tutto e poi scegliendo dal menu l’apposito comando.

Usare le tabelle per organizzare testo.Un modo carino di usare le tabelle è il seguente. Supponiamo di dover scrivere il testo di una canzone in inglese con la traduzione a fronte, oppure due testi che, per le piu varie ragioni, vanno letti in parallelo.Procediamo così. Creiamo una tabella a due colonne: in A1 scriviamo il primo verso o la prima frase; in B1 la traduzione in italiano. Poi diamo l’invio e ci portiamo in A2, testo, e quindi in B2, traduzione. Così facendo noi saremo certi che nel foglio stampato testo e traduzione procederanno in parallelo, anche se dovesse verificarsi il caso, piuttosto comune quando si tratta di inglese e di italiano, di lunghezze dispari fra i due.

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Ma prima di stampare, in questo caso, non dovremo scordarci un’operazione graficamente importante. In <menu/tabella/formattazione automatica> nel primo campo selezioniamo “nessuna” e poi disattiviamo qualunque altra opzione. In tal modo verranno eliminate griglie e contrassegni di cui si compone una tabella e verrà stampato soltanto il testo.

Imagine there’s no heaven Immagina che non ci sia alcun paradisoIt’s easy if you try È facile se ci proviNo hell below us Nessun inferno sotto di noiAbove us only sky Sopra di noi soltanto il cielo

John Lennon

Lezione 19

Automatismi: calcoli, correzioni, glossari ed elenchi

Fare e riportare calcoli.Nella lezione precedente, parlando del menu “tabella”, ho volutamente tralasciato la riga “formula”. La lezione aveva già raggiunto una lunghezza quasi doppia rispetto alla lezione n. 1: 2278 parole contro 1208. Ma ho anche pensato che il discorso sui calcoli poteva essere un comodo anello di congiunzione ccon altri discorsi che ci accingiamo a fare.Se digitiamo <menu/tabella/formula> prima ancora di aver creato una tabella, la finestra di dialogo ci presenta nel primo campo un segno “=” (uguale). Il cursore lampeggia sulla sua destra, ed è esattamente qui che noi possiamo scrivere l’operazione aritmetica da eseguire: dalla più semplice, 3*4, alla più complessa espressione con parentesi tonde, quadre e graffe. Dando <invio>, vedremo comparire il risultato, si spera esatto, nel punto in cui si trovava il cursore prima che entrassimo nel menu. In una tabella le cose vengono facilitate per un verso e complicate per l’altro.Creiamo una tabella con 5 colonne e 5 righe.Da A1 a D1 scriviamo quattro numeri.In E1 digitiamo <menu/tabella/formula>. Ciò che vedremo per default sarà la riga seguente: =sum(left), il che vuol dire che Word si accinge a fare la somma (ingl. Sum) dei numeri collocati a sinistra della nostra casella.Se era questo che volevamo, diamo l’OK, altrimentidigitiamo “product” (prodotto) al posto di “sum”.Ora da A2 ad A4 scriviamo degli altri numeri in modo da quasi completare la prima colonna.

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In A5 digitiamo <menu/tabella/formula>; nella finestra, quasi identica alla precedente, troveremo “above” (sopra), per dire che l’operazione riguarderà i numeri soprastanti.Se vogliamo che l’operazione riguardi delle celle specifiche, allora le richiameremo con le loro coordinate. Esempio: =sum(a1;a3) per sommare il contenuto delle due celle;=sum(a1:a4) per sommare tutte le celle comprese fra le due;=product(b2;e2) per moltiplicare o dividere I due valori contenuti.

Voce di glossario.Fin qui tutte le lezioni hanno recato in testa la dichiarazione di licenza. Certo non l’ho sempre riscritta. Avrei potuto, ogni volta, fare un copia/incolla dalla lezione precedente; ma neppure questo ho fatto. Ho usato la funzione di “glossario”.Il <menu/inserisci> ha una riga “voce di glossario”, che porta ad un sottomenu: “voce di glossario”, “nuovo”, ecc.Vediamo subito con un esempio di che si tratta.Selezioniamo l’intera dicitura della licenza che occupa la prima pagina anche di questa lezione.Digitiamo <menu/inserisci/voce di glossario>, oppure <alt+f3>. Se non abbiamo selezionato niente, questo comando apparirà inattivo.Nel primo campo della finestra di dialogo, dove vediamo comparire un po’ del testo selezionato, facciamo finta che non ci sia scritto niente e sovrascriviamo un nome di comodo: Io ho digitato “gnu”, senza le virgolette, e poi ho dato l’OK. Adesso, tanto per provare, apriamo un nuovo documento e all’inizio proviamo ad inserire il testo della GNU Free Documentation License. I modi sono due:<menu/inserisci/voce di glossario/ sottomenu/voce di glossario>; cercare nella casella combinata la nostra voce “gnu” e premere il pulsante “inserisci”.Direttamente dalla finestra di documento, digitare “gnu” e poi premere <f3>.Quando siete andati nella finestra di dialogo avrete notato quante voci di glossario c’erano nella casella combinata. Che dire! Provatele e usate quelle che pensate possano servirvi.Ora vi faccio un esempio, più avanti vi dico che uso personale io faccio di questa funzione. Esempio pratico . Vogliamo farci una carta intestata.Scrivere il proprio nome, cognome, indirizzo, professione, recapiti e quant’altro.Formattarlo in modo graficamente corretto ed esteticamente apprezzabile (lavoro da far fare all’amico consulente vedente).Selezionare il tutto.Aprire la finestra di dialogo con il menu o con <alt+f3> e scrivere “carta intestata”.In cima alla nostra lettera basterà digitare le prime quattro lettere, ossia “cart” seguite da <f3> perché il vostro precedente capolavoro faccia bella mostra di sé.Nota bene. Le modifiche del glossario vengono registrate nel modello generale “normal.dot”, per cui al momento di chiudere la sessione Word vi chiede se intendete

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salvare le modifiche al modello oppure no. Rispondete affermativamente se intendete avvalervi delle modifiche anche in futuro.

Correzioni automatiche.Non so se vi è già capitato; ma può essere piacevole talvolta il notare che il tuo computer ti riscrive correttamente una parola che avevi clamorosamente toppato. Tu te lo abbracceresti per ringraziarlo di averti evitato una figuraccia in società, finché non scopri il trucco… Che poi già ci eravamo andati vicini parlando del correttore ortografico. Ricordate? Nella finestra di dialogo c’era un pulsante, “correzione autom.”, a proposito del quale abbiamo raccomandato di non esagerare. Ora siamo in grado di revocare quella raccomandazione poiché entriamo nel meccanismo.<menu/strumenti/correzione automatica> ci apre una finestra dove potremo digitare delle parole in entrata e, corrispondentemente, delle correzioni in uscita. Se è attivata la casella di controllo “sostituisci il testo durante la digitazione”, la parola digitata verrà sostituita dalla nuova subito dopo esser stata completata; in caso contrario l’operazione non verrà eseguita. La casella in cui immettiamo le parole da correggere è la stessa in cui possiamo leggere le parole già immesse per eventualmente eliminarle. Digitiamo una lettera dell’alfabeto e poi andiamo in giù con le frecce verticali…

Opzioni di formattazione automatica.Sia la finestra delle voci di glossario, sia quella delle correzioni automatiche sono costituite da due schede e la seconda è comune alle due. Si tratta di “formattazione automatica durante la digitazione”. Qui il discorso si fa lungo e breve al tempo stesso. Le singole opzioni sono intuitive; ciò che non è chiaro subito è quello che conviene fare. Ad esempio, ci sono persone le quali mal sopportano il fatto che dopo aver digitato un 1 ad inizio paragrafo, Word insiste per voler mettere un 2 all’inizio del successivo anche se non ci vuole. Chi si trova in questo stato d’animo finirà per disattivare l’opzione “elenchi numerati automatici”. Io ho disattivato l’opzione che trasforma in frazioni i numeri separati da barra, poiché preferisco tenere la situazione sotto controllo. Suggerirei di tenere disattivata l’opzione “definisci gli stili in base alla formattazione”, anche qui per una maggiore capacità di controllo da parte di chi non può abbracciare l’intero schermo con un colpo d’occhio.

Esempi d’uso.A questo punto non diciamo che i glossari e le correzioni automatiche sono la stessa cosa, ma diciamo pure che fanno la stessa cosa: scrivo “A” e mi viene scritto “B”. «Roba da matti!» Dirà qualcuno, ma questa volta ha proprio torto. Ed ecco qualche esempio per giustificare lo sforzo che ho fatto per spiegarvi tutto questo.Non vi capita mai di dubitare della grafia corretta di una parola? Si scrive «coscenza» o «coscienza»? «Conoscenza» o «conoscienza»? è giusto scrivere «soddisfaciente»? E «sufficente»? E vi pare giusto rovinarsi la vita? La prima volta che il correttore ortografico oppure una persona fisica vi segnalano l’errore, voi andate nel menu delle

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correzioni automatiche e provvedete una volta per tutte: d’ora in poi, comunque scriviate, il risultato sarà corretto.Voi siete un insegnante dellIstituto Tecnico Industriale Statale “Oddone Belluzzi”. Avete presente quanto ci si mette a scrivere tutta questa roba ogni qual volta dovete nominare la vostra scuola? Allora, selezionate l’intera stringa, aprite una nuova voce di glossario che chiamerete “itis” ed ogni qual volta digiterete “itis<f3> sullo schermo comparirà tutta la litania.Se siete buoni dattilografi, avrete notato che alcuni passaggi rallentano notevolmente la diteggiatura. Provate a scrivere “I.Ri.For.” e mi saprete dire. A questo punto io potrei, nelle correzioni automatiche, immettere “irifor” per farmi restituire la forma corretta. Questo vale per inps, inail, uic, ecc. In un caso come questo l’uso del glossario o della correzione automatica mi sembra indifferente.Quando scegliere il glossario e quando la correzione automatica? Qui da me, se io digito “firma<f3>”, compare il mio nome per esteso. Ma se io mettessi in correzione automatica “firma=Carlo Loiodice”, avrei un’amara sorpresa ogni qual volta io scrivessi la parola “firma” in un contesto diverso.Provateci pure: sia i glossari che le correzioni automatiche, come s’è visto, sono eliminabili dall’interno delle finestre di dialogo rispettive.

Elenchi puntati e numerati.Ne parliamo qui perché in effetti rientrano nel tema degli automatismi, cui abbiamo dedicato questa lezione. In effetti nelle lezioni passate ho scritto elenchi in qualunque forma, per la qualcosa ormai dovreste saperne abbastanza. Comunque questa potrebbe essere l’occasione per ordinare le nostre conoscenze… Dunque…Se nella finestra di dialogo “correzione automatica” nella scheda “formattaz. Autom.”, abbiamo attivato gli elenchi puntati e quelli numerati, nonché l’opzione “formatta l’elemento iniziale di un elenco come il precedente”, siamo già a posto. Se cominciamo un elenco con “1.”, Word continuerà con “2. 3. 4.…”; se cominciamo con “1)”, la serie automatica sarà “2) 3) 4)”… Idem dicasi per le serie di lettere: “A.” continuerà con “B. C. D.”… “a)” con “b) c) d)…”.Si possono anche stabilire dei livelli di elenco. Dentro 1. si può aprire a) b) c): basta aumentare il rientro con un colpo di <tab> e poi <shift+tab> per tornare al livello precedente.Analogo discorso vale per gli elenchi puntati, i quali sono esattamente come gli altri, solo che davannti hanno un segno di spunta anziché un numero progressivo. Il modo più pratico per compilare un elenco puntato automaticamente è quello di mettere un trattino “-“ davanti al primo paragrafo dell’elenco. Word metterà i trattini anche davanti ai successivi determinando il rientro del paragrafo sempre iin base al livello.Tutto questo avrà termine quando, alla fine dell’elenco, puntato o numerato che sia, noi annulleremo l’ultimo punto o l’ultimo numero con un colpo di <backspace>. La

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cosa migliore da fare è comunque richiamare lo stile che si stava usando prima dell’elenco.Efficienza e cautela.Se pensate di strutturare degli elenchi con una certa precisione e in modo da poterli tenere agevolmente sotto controllo, io vi sconsiglio le procedure interamente automatiche. Procedete così e tenete sotto controllo la formattazione degli stili (Jaws <insert+f> “modifiche dello stile” rileva):Livello 1. Stile elenco.livello 2. Stile elenco 2.Livello 2.Livello 3. Stile elenco 3.Livello 3.Livello 3.Livello 2.Livello 1.Ogni livello ha uno stile di elenco diverso (<menu/formato/stile>, casella combinata con tutti gli stili disponibili> e le numerazioni sono state comandate da <menu/formato/elenchi puntati e numerati>. Questa procedura è decisamente più sicura... al nostro livello.

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