Private Equity e LBO 2012- Italia

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Il mercato del private equity e degli LBO a cura di valter conca

economia & management 6 - 2012 rubrica

I l mercato del private equity italiano nelprimo semestre 2012, dopo un inizio

anno che ha registrato livelli di minimostorico, si chiude con un totale di 34 deal(comprese le operazioni di add-on) effet-tuati da 26 operatori. Analizzando il trendstorico nel medesimo periodo si nota unsostanziale allineamento nel numero dideal a dimostrazione di un consolidamen-to del mercato su livelli pari a circa unterzo rispetto agli “anni d’oro”. Il mercatosi caratterizza non solo per le limitate op-portunità di investimento, ma anche per

una difficoltà di procedere a way-out re-munerative. In particolare, analizzando ledismissioni sia totali sia parziali, si notaun ridimensionamento del numero diuscite del 25% circa rispetto allo stesso pe-riodo dello scorso anno (15 nel 2011 e 9nel 2012). È bene notare che le difficoltàdi way-out sono riconducibili non solo alperdurare di una fase di crisi sotto il pro-filo dei margini industriali, ma soprattut-to alle difficoltà finanziarie causate dall’ec-cessivo debito preesistente. Ciò comportauna mutata filosofia di gestione dei GPverso le partecipate che punta prevalente-mente a una crescita mediante operazionidi add-on. Da una recente ricerca del La-boratorio PE&LBO sulla situazione delportafoglio di partecipazioni dei più attivioperatori del settore, effettuata applicandoil modello ICR (Interest Coverage Ratio)di Damodarand si evince che più dellametà delle partecipate risulta essere specu-lative grade e solo il 43% circa investmentgrade. Nel primo semestre 2012 si rilevauna quasi totale assenza di operatività daparte degli operatori esteri, molti dei qualihanno deciso di ridurre e talvolta abban-donare le strutture domestiche. Gli inve-stimenti sono stati in prevalenza effettua-ti da fondi italiani operanti nel segmentosmall-mid-market (sino a 150 ml di enter-prise value); il 70% delle aziende acquisite

Valter [email protected]

Osvaldo M. [email protected]

Il mercato delprivate equity:

stabilità dei nuovideal e crescita

delle partecipatesolo per add-on

figura 1 numero di operazioni per semestre

2008 2009 2010 2011 1h 2012

Num

ero

di o

pera

zioni

I semestre

120

100

80

60

40

20

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II semestre

77

35 33 38 34

107

4755 52

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π Anatomia di un deal: l’operazioneCoinCoin nasce agli inizi del 1900 in Venetoad opera di Vittorio Coin. Oggi il GruppoCoin è leader del mercato italiano nellavendita al dettaglio, presente con diversimarchi (OVS, Coin, UPIM, Iana ed Excel-sior Milano) che si collocano in differentisegmenti di mercato. Nel 2011 ha realiz-zato un fatturato di circa 1,6 mld di euro

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risulta di piccolo-medie dimensioni (fatturato inferiore ai100 milioni) con una forte concentrazione nella forbicetra i 10 e i 50 milioni. Le consuete analisi che il Laborato-rio PE&LBO elabora sul fronte dei prezzi evidenziano nel2011 una sostanziale stabilità dei valori (EV/EBITDA6,8x), dopo una decisa risalita dei multipli nel corso del2010. Nella prima metà dell’anno il multiplo si attesta su

un valore medio di 6,7x, con una punta massima di 8x. Afronte delle numerose operazioni effettuate dal FondoItaliano di Investimento, si rileva un sostanziale equili-brio tra il numero di investimenti di expansion e i buy-out, escludendo le operazioni di add-on. Le imprese chesono state oggetto di buy-out sono di piccole e medie di-mensioni, ad eccezione di Alpitour (fatturato superiore aun mld di euro). I primi dati del semestre confermanol’assenza di operazioni di grandi dimensioni, eccezionfatta per la vendita di Ducati da parte di InvestIndustriala Audi e la trattativa in fase di closing avviata da Permiraper la vendita di Valentino agli emiri del Qatar. Nella fi-gura 3 sono riportati i maggiori LBO sindacati del 2011 intermini di debito concesso ai fini dell’acquisizione. Il dealCoin, primo per dimensioni, assume particolare interes-se, non solo per l’ammontare di debito erogato nel secon-dary buy-out (circa, in valore assoluto, il 40% dei debitisindacati negli LBO dell’anno in Italia), ma anche perl’elevata leva finanziaria con la quale è stata strutturatal’operazione. A tal proposito l’operazione del GruppoCoin sarà oggetto dell’analisi della nostra rubrica.

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Osvaldo M. [email protected]

figura 3 principali lbo

Gruppo CoinSpA

BormioliRocco &

Figlio SpA

SNAI SpA

SavioMacchineTessili SpA

La GardeniaBeauty

SpA

RE LE VI SpA

MicrogameSpA

MCS ItalySpA

FinprojectSpA

Arbo Srl

Debi

to (m

ln)

1 1.200

1 1.000

1 800

1 600

1 400

1 200

1 0

tabella 1 il gruppo coin

Anno 2011

Fatturato (€ mln) 1648

N. dipendenti 9511

N. negozi in Italia 1020

N. negozi all’estero 117

figura 2 trend dei prezzi

2004

EV/ E

BITD

A

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 1h2012

6,6x6,8x

7,9x7,6x

7,0x

6,1x

6,9x6,8x 6,7x

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con un EBITDA margin del 14%; la società è presente inItalia con circa 1000 negozi e all’estero con circa 120store (tabella 1). L’azienda storicamente familiare nel 1999 apre il suocapitale ai mercati quotandosi in borsa; nel 2005 entrain contatto con il mondo del private equity cedendo lamaggioranza del pacchetto societario a un fondo chiu-so rimanendo comunque la famiglia Coin all’internodel capitale. Dopo questo primo leveraged buy-out, nel2011 il controllo del gruppo passa a un altro operatoredi private equity in un’operazione complessa che haportato l’azienda a essere anche delistata dai mercati fi-nanziari, operazione denominata public to private.Lo scorso anno i precedenti proprietari avevano dato ini-zio a un processo di vendita, coadiuvati da primari advi-sor (UBS e Mediobanca), rivolgendosi a possibili acqui-renti sia industriali sia finanziari. La strategia era di av-viare un’asta estremamente competitiva e cosi è stato.Ad acquisire il controllo del gruppo è il fondo BC Par-tners, affiancato da altri investitori e dal managementcon una negoziazione lunga e non priva di difficoltà.L’operazione tecnicamente si qualifica come un secon-dary buy-out. BC Partners, insieme a InvestIndustrial,Ontario Teachers Pension Fund e il management attra-verso un “veicolo” di diritto lussemburghese ha acqui-sito il pacchetto azionario di controllo detenuto dalfondo di private equity Pai Partners e dalla famigliaCoin (tabella 2).

Una volta acquisito il controllo, la strategia proseguefino alla completa acquisizione da parte dei nuovi pro-prietari, procedendo prima nell’acquisto di ulteriori

quote di minoranza in mano ad altri investitori e in se-guito, secondo le imposizioni di legge, a effettuareun’OPA per poter acquisire tutte le azioni presenti sulmercato borsistico per poi delistare la stessa. Dai dati resi pubblici (tabella 3), la valutazione del-l’azienda si colloca su un enterprise value di circa 1350mln di euro generando sulla base degli indicatori di bi-lancio un moltiplicatore sull’EBITDA di 6,5x e sul fat-turato di 0,75x circa; il valore attribuito all’equity valueal momento dell’ingresso dei nuovi proprietari è statoquotato circa 900 milioni. L’operazione ha visto un in-vestimento da parte di BC Partners e gli altri di 600mln circa e linee di debito coinvolte per circa 750 mlnper finanziare l’operazione (tabella 4); il debito com-plessivo nuovo e rinegoziato per il gruppo dopo la so-pracitata operazione si aggira intorno ai 950 mln. Ildeal Coin offre spunti di riflessione interessanti sia perquanto riguarda il tema dell’acquisition financing (totaldebt/EBITDA pari a 3,7x, superiore al 3,3x medio regi-strato dal mercato nell’anno) sia perché rappresenta,con l’operazione di delisting, una strategia seguita ab-bastanza frequentemente da alcuni fondi che sfruttanole opportunità offerte dalla congiuntura attuale del mer-cato borsistico. π

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tabella 2 attori e tipologia dell’operazione

Anno 2011

Tipologia Secondary buy-out

Compratori BC Partners InvestIndustrial e altri

Venditori Pai Partners Famiglia

Società target COIN

tabella 3 sintesi dati economico finanziari

Anno 2011 (2)

EV 1361 mln

Fatturato 1648mln

EBITDA 233 mln

PFN 400 mln

tabella 4 acquisition financing

Deal 2011

Equity 45%

Debt 55%

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IL PARERE DELL’ESPERTOEMANUELE CAIRO

IL SECONDARY BUY-OUT SU COINDai dati del laboratorio pe & lbo sulle operazioni di privateequity completate nel periodo gennaio 2011 - giugno 2012emergono conferme sulla tenuta di questo settore, nonostan-te la perdurante crisi che colpisce l’economia del nostro paesee in particolare il settore finanziario.Di particolare rilievo, quasi inaspettato, appare il numero delleoperazioni di buy-out, a dimostrazione che la disponibilità didebito, pur essendo diventata più selettiva e onerosa, non èvenuta meno, contrariamente a quanto temuto all’apice dellacrisi di liquidità che ha colpito il sistema bancario. Nel panorama delle operazioni del 2011 spicca il secondarybuy-out su Coin, sia per la sua dimensione sia perché èun’operazione che ha avuto un’evoluzione molto interessan-te da diversi punti di vista. Innanzitutto si evidenzia come uncaso di successo, che può essere considerato emblematico dicome un operatore di PE possa efficacemente operare nelmercato, pur nell’alternarsi di momenti congiunturali favore-voli e negativi, a vantaggio proprio e dell’azienda. Nello spe-cifico, il fondo Pai ha seguito un percorso tipico, si potrebbedire da manuale: rileva la maggioranza da una famiglia che,dopo una storia di brillanti risultati, per vari motivi non rie-sce più a far esprimere all’azienda il massimo delle sue po-tenzialità; inserisce un nuovo manager di grandi capacità alvertice e gli affianca un team forte; sviluppa il business (ilfatturato sale del 70% in sei anni) attraverso una crescita or-ganica e con acquisizioni; infine realizza il valore creato (nelperiodo l’EBITDA è più che raddoppiato) passando il testi-mone a un altro fondo di PE affinché questi possa continua-

re nel piano di sviluppo predisposto dal management.Grazie a una storia così positiva, la nuova operazione chiusal’anno scorso ha potuto usufruire di un livello di leva certa-mente eccezionale rispetto agli standard di mercato chehanno caratterizzato il periodo successivo al 2008. Il rappor-to debito/equity è infatti 55-45 ovvero un tipico livello pre-crisi.Va osservato che l’operazione si è conclusa all’inizio del 2011,in coincidenza di una finestra positiva sia del mercato di borsasia di quello del debito e quando non si erano ancora manife-state le perturbazioni che hanno poi colpito in particolare l’Ita-lia, con i noti impatti sull’offerta di credito, a livello macroeco-nomico, e sui consumi, per quanto riguarda lo specifico setto-re di attività dell’azienda, il retail.Il prezzo pagato, pari a circa venti volte gli utili e poco menodi 6,5 volte l’EBITDA, è considerato un prezzo “pieno” seconfrontato con i multipli di settore del 2011. Ricordiamoperò che l’azienda è indubbiamente il leader indiscusso nelnostro paese e il management ha dimostrato di essere eccel-lente. Inoltre, tale valorizzazione va posta in un’ottica dimedio termine quale quella che sicuramente ha guidato ilfondo acquirente BC Partners. Operatore che, tra l’altro, hamaturato una specifica esperienza in questo settore a livelloeuropeo, oltre ad essere uno dei player più prestigiosi a livel-lo internazionale. Sempre con riferimento alla valutazione data a Coin, è interes-sante osservare l’andamento del titolo in borsa nei tre anniprecedenti il delisting. Colpisce l’enorme oscillazione inter-corsa dalla fine del 2008 alla fine del 2011. Nei mesi successi-

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vi allo scoppio della crisi dei mercati, il titolo crolla da pocosotto 6 euro a addirittura 2 euro, per poi iniziare una rapidacrescita, in parallelo con le notizie di stampa che parlano ini-zialmente di una possibile volontà di cessione da parte del-l’azionista di controllo e successivamente di processi di ven-dita e di trattative con alcuni potenziali acquirenti. Nell’arcodi diciotto mesi il prezzo quadruplica e sale a quasi 8 euro afine 2010, e nei mesi seguenti scende a un livello di poco su-periore a quello che verrà pagato dal nuovo acquirente e saràdi conseguenza offerto anche ai piccoli azionisti attraversol’OPA. Pur tenendo in considerazione lo scarso flottante deltitolo Coin (meno del 20%) e il nervosismo degli operatori cheha caratterizzato il mercato di borsa in questi anni, non si puòfare a meno di rilevare come le critiche di inefficienza e le con-seguenti remore da parte degli investitori di private equity (enon solo questi) con riferimento al nostro mercato di borsa,cui si è fatto cenno sopra, trovino piena conferma dall’analisidi questo caso.Gli operatori di borsa sembrerebbero quindi più orientati a se-guire le notizie di stampa che a fare una corretta valutazionedel valore intrinseco di un titolo. Infatti, non possono certa-mente essere state le diverse aspettative sugli earnings futuri agiustificare oscillazioni di questa grandezza. Né tali differen-ze possono trovare spiegazione nell’asimmetria di informa-zioni, pur essendo probabile che vi sia stata una maggiore di-sponibilità di informazioni per valutare la società a favore del-l’operatore di private equity rispetto a quanto normalmentereso disponibile agli analisti di borsa. È naturale quindi che il private equity sfrutti queste carenzedel mercato borsistico per individuare occasioni di investi-mento. Peraltro, il ruolo da questi svolto in tali circostanze èda considerare positivamente quando, come nel caso in

esame, anche gli azionisti di minoranza possono beneficiaredelle stesse condizioni offerte all’azionista di controllo.Tipicamente, queste operazioni – chiamate public to private –sono più frequenti in coincidenza dei cicli negativi di borsa ea volte accade che gli stessi operatori di private equity chehanno portato una società alla quotazione approfittino in se-guito di un eccessivo calo dei corsi di borsa per ricomprarselae poi toglierla dal listino. Anche in Italia si sono riscontrati casianaloghi: Ferretti, Marazzi, Permasteelisa.Il private equity investe in un’ottica di medio termine e quan-do acquisisce una quota di maggioranza punta alla valoriz-zazione del suo investimento anche come asset interessantee appetibile in termini strategici per altri potenziali compra-tori, siano essi concorrenti di settore o, più in genere, com-pratori mossi da un interesse di business collegato a un pre-ciso piano. Vi è infine un ultimo aspetto dell’operazione Coin che ritenia-mo interessante osservare. Attiene alla struttura dell’opera-zione: il delisting è avvenuto solo nella seconda operazione enon nella prima. Ciò trova probabilmente spiegazione nellanecessità di effettuare l’OPA e conseguentemente nella richie-sta delle banche finanziatrici di procedere a una fusione fra lanewCo utilizzata dagli acquirenti per lanciare l’offerta e la so-cietà operativa target (Coin). Come è noto, questo avviene alloscopo di portare il debito contratto per finanziare l’acquistonella stessa società che produce il cash-flow, secondo quelloche è lo schema classico dei buy-out. Evidentemente, in occa-sione della prima operazione effettuata dal fondo Pai, potevaessere conveniente per il fondo acquirente mantenere la socie-tà quotata ed evitare l’OPA e la conseguente fusione, e taleschema era stato accettato, oltre che dalla Consob, anche dallebanche finanziatrici, all’epoca più disponibili in tal senso.

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