Presidenza del Presidente BONFIGLIO...

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li Legislatura___________ CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952 Resoconti Parlamentari — 3215 Assemblea Regionale Siciliana CVIII. SEDUTA (Antimeridiana) GIOVEDÌ 6 NOVEMBRE 1952 Presidenza del Presidente BONFIGLIO GIULIO IN D ICE Pag. Disegno di legge: « Stati di previsione del- l’entrata e della spesa della Regione siciliana per l’esercizio finanziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 » (199) (Seguito della discussione): PRESIDENTE . . . . . . . . 3215 RUSSO MICHELE ........................................... 3'215 ANTOCI . 3220. MAJORANA BENEDETTO . . . . 3221 La. seduta è aperta alle ore 11. Di MARTINO, segretario jf. dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende appro- vato. Seguito della discussione del disegno di legge: « Stati di previsione dell’entrata e della spesa della Regione siciliana per l’esercizio finan- ziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 » (199). PRESIDENTE. Si proceda al seguito della Escussione del disegno di legge « Stati di pre- visione dell’entrata e della spesa della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario dal 1° lu- glio 1952 al 30 giugno 1953 » e precisamente della rubrica dello stato di previsione della sPesa (tabella B) « Assessorato dell’agricoltura e delle foreste ». E’ iscritto a parlare l’onorevole Russo Mi- c“ele- Ne ha facoltà. RUSSO MICHELE. Signor Presidente, ono- revoli colleghi, confesso di provare un certo imbarazzo, nell’accingermi a prendere la pa- rola sulla rubrica della spesa riguardante lo Assessorato per l’agricoltura. Questo imba- razzo mi viene — la cosa potrebbe apparente- mente sembrare contraddittoria — dalla stes- sa abbondanza degli argomenti, dei quali, come deputato d’opposizione, mi potrei gio- vare per criticare la politica governativa, ar- gomenti che toccano ogni settore dell’attività ordinària e straordinaria dell’Assessore alla agricoltura; che riguardano così la riforma agraria, come l’amministrazione stessa dello Assessorato, nei suoi vari aspetti (ad esempio, la prevalenza degli elementi amministrativi sui tecnici); che riguardano la democratizza- zione dei consorzi agrari, il problema del cre- dito, l’indirizzo tecnico, il problema della pic- cola proprietà, delle vendite, e così via. Perchè mi trovo imbarazzato, di fronte a questa abbondanza di argomenti in ogni set- tore della politica dell’Assessorato? La poli- tica agraria del Governo regionale è già stata discussa abbastanza e in maniera approfon- dita in ogni suo singolo problema; ed io, d’al- tronde, sebbene sarei tentato di toccare al- cuni aspetti particolari, per l’esperienza di- retta che ne ho nella mia provincia, pure ri- tengo che sia opportuno in questo momento astenermene, per toccare il problema di fondo della politica agraria del Governo regionale. Non vorrei che mi spettasse la stessa sorte toccata all’onorevole Recupero, il quale nel suo intervento — peraltro, assai pregevole per serietà dì documentazione e per la generosità con la quale molti argomenti sono stati trat- Resoconti, f. 439 (700)

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l i Legislatura___________ CVIII SEDUTA 6 Novembre 1952

Resoconti Parlamentari — 3215 — Assemblea Regionale Siciliana

CVIII. SEDUTA(Antimeridiana)

G I O V E D Ì 6 N O V E M B R E 1 9 5 2

P res idenza del P res idente B O N F IG L IO G IU L IO

I N D I C E

Pag.Disegno di legge: « Stati di previsione del­

l’entrata e della spesa della Regione siciliana per l’esercizio finanziario dal1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 » (199)(Seguito della discussione):

PRESIDENTE . . . . . . . . 3215RUSSO MICHELE ........................................... 3'215ANTOCI . 3220.MAJORANA BENEDETTO . . . . 3221

La. seduta è aperta alle ore 11.

Di MARTINO, segretario jf. dà lettura del processo verbale della seduta precedente, che, non sorgendo osservazioni, si intende appro­vato.

Seguito della discussione del disegno di legge: « Stati di previsione dell’entrata e della spesa della Regione siciliana per l’esercizio finan­ziario dal 1° luglio 1952 al 30 giugno 1953 » (199).

PRESIDENTE. Si proceda al seguito della Escussione del disegno di legge « Stati di pre­visione dell’entrata e della spesa della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario dal 1° lu­glio 1952 al 30 giugno 1953 » e precisamente della rubrica dello stato di previsione della sPesa (tabella B) « Assessorato dell’agricoltura e delle foreste ».

E’ iscritto a parlare l’onorevole Russo Mi- c“ele- Ne ha facoltà.

RUSSO MICHELE. Signor Presidente, ono­revoli colleghi, confesso di provare un certo imbarazzo, nell’accingermi a prendere la pa­rola sulla rubrica della spesa riguardante lo Assessorato per l’agricoltura. Questo imba­razzo mi viene — la cosa potrebbe apparente­mente sembrare contraddittoria — dalla stes­sa abbondanza degli argomenti, dei quali, come deputato d’opposizione, mi potrei gio­vare per criticare la politica governativa, ar­gomenti che toccano ogni settore dell’attività ordinària e straordinaria dell’Assessore alla agricoltura; che riguardano così la riforma agraria, come l’amministrazione stessa dello Assessorato, nei suoi vari aspetti (ad esempio, la prevalenza degli elementi amministrativi sui tecnici); che riguardano la democratizza­zione dei consorzi agrari, il problema del cre­dito, l’indirizzo tecnico, il problema della pic­cola proprietà, delle vendite, e così via.

Perchè mi trovo imbarazzato, di fronte a questa abbondanza di argomenti in ogni set­tore della politica dell’Assessorato? La poli­tica agraria del Governo regionale è già stata discussa abbastanza e in maniera approfon­dita in ogni suo singolo problema; ed io, d’al­tronde, sebbene sarei tentato di toccare al­cuni aspetti particolari, per l’esperienza di­retta che ne ho nella mia provincia, pure ri­tengo che sia opportuno in questo momento astenermene, per toccare il problema di fondo della politica agraria del Governo regionale. Non vorrei che mi spettasse la stessa sorte toccata all’onorevole Recupero, il quale nel suo intervento — peraltro, assai pregevole per serietà dì documentazione e per la generosità con la quale molti argomenti sono stati trat-

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Resoconti Parlamentari — 3216 - I Assemblea Regionale Siciliana

Il L egislatura C V i l i SEDUTA . 6 Novembre 1952

tati — ha mosso delle critiche, che noi pie­namente condividiamo, all’attività del Gover­no, ma si è lasciato sfuggire la questione fon­damentale.

L’onorevole Recupero, in fondo, ha fatto un po’ la figura di quei capitani del Rinascimen­to, nel momento in cui si trovarono per la prima volta a combattere contro l’esercito del Re di Francia. I capitani del Rinascimento erano famosi e lo sono ancora per la loro grande arte militare, ma erano abituati a combattere nel chiuso delle regioni italiane; quindi rispettavano certe regole per cui le loro lotte, le loro guerre erano praticamente incruente. Di fronte all’esercito francese sceso in Italia con Carlo V ili, i capitani italiani, avendo eseguito le manovre regolamentari, credevano di aver preso prigioniero il Re di Francia; il quale, naturalmente, non tenne conto delle regole e delle usanze dei capitani italiani e sfondò, con un assalto in forze, le truppe che avevano creduto di accerchiarlo occupando dei posti prestabiliti.

L ’onorevole Recupero dice: io sono libero, non ho interessi, parlo da uomo libero.

In questa Assemblea noi rappresentiamo il popolo siciliano; noi non siamo in veste pri­vata, noi rappresentiamo gli interessi della Sicilia, non possiamo anteporre la nostra li­bertà agli interessi dei nostri elettori, agli in ­teressi del popolo che noi rappresentiamo. Potremmo farlo, se, invece di essere dei de­putati di questa Assemblea, fossimo dei pri­vati cittadini o degli abitanti di Marte. Ma in questa sede noi rappresentiamo gli interessi della Sicilia, questi interessi dobbiamo difen­dere, questi interessi dobbiamo, onestamente, coraggiosamente rappresentare da questa tribuna. E noi diciamo chiaramente di essere legati ai contadini siciliani, alle forze sane dell’agricoltura siciliana. Non abbiamo vergo­gna di questo legame, di questo servaggio se si vuole, ai contadini e alle forze sane della agricoltura siciliana.

Ma da dove nasce, infine, l’imbarazzo di cui parlavo in principio? Nasce da questa consi­derazione: per quanto noi possiamo schierare in ordine regolamentare i nostri argomenti nei confronti della politica governativa, ab­biamo l’impressione di scalzare le radici di una pianta, la quale è sospesa a qualche cosa, che non può essere toccata da questi argo­

menti, che trascende i limiti di questa As­semblea.

Ricordo che l’anno scorso l’onorevole As­sessore, prima ancora che si concludesse il dibattito, aveva già praticamente pronto il suo discorso; e lo pronunziò come se gli ulti­mi interventi non avessero avuto luogo.

Questo non è un fatto occasionale, anche se non sappiamo se si ripeterà per quest’anno: non c’è dubbio che il Governo e l’Assessore all’agricoltura sfuggono al dialogo con l’op­posizione, sfuggono alla discussione, rinunzia- no alla loro funzione dirigente, alla loro fun­zione di persuasione nei confronti dell’Assem­blea, di tutti i settori dell’Assemblea, e si trin­cerano in una posizione, che, ripeto, rinunzia al dialogo con gli avversari.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Ho risposto agli argomenti, che sono stati portati dai vari ora­tori. E l’onorevole Renda lo sa.

RUSSO MICHELE. Hà risposto con un di­scorso già preparato.

Ma perchè si sfugge al dialogo, perchè si rinunzia volontariamente a questa funzione dirigente? Perchè in sostanza le questioni che ci dividono dal Governo, dall’Assessore alla agricoltura, non sono dissensi di interessi 0 di classe. C’è nella politica del Governo un elemento che sfugge preventivamente a qual­siasi critica, c’è cioè un elemento di cattiveria di partito preso, di interesse di partito, che esula dalla dialettica degli interessi delle no­stre popolazioni. In queste condizioni, di fron­te a questa presa di posizione « corazzata », che sfugge talla critica, che rinunzia a un metro comune di discussione, è impossibile stabilire un contatto per una base di dialogo.

Ci troviamo praticamente di fronte a una politica, che si muove sulla base di interessi estranei alla Sicilia, alla vita del popolo sici­liano, estranei anche a quelle classi, che noi potremmo contrastare, ma che, in un certo senso, non possiamo nemmeno considerare rappresentate da una politica che è fatta sol­tanto di ripicchi, di preoccupazioni di carat­tere politico, di cattiveria — come dicevo —•

Ecco perchè è impossibile dialogare, ecco perchè è impossibile approfondire certi temi con la speranza di un risultato concreto, di un arricchimento della linea governativa. Ed, in effetti, non è a caso che è stata respinte la proposta per la formazione di un governo

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Resoconti Parlamentari — 3217 Assemblea Regionale Siciliana

siciliano di unità, nel quale le diverse parti potevano accettare di sottomettersi a un cri­terio comune, che era il criterio degli inte­ressi della Sicilia, che poteva costituire il metro della lealtà nei confronti di questi in­teressi. Non è a caso — ripeto die la pro­posta per la . formazione di un governo sici­liano di unità è stata rigettata, e vediamo, invece, in campo nazionale prospettarsi- — ed è stata già presentata dal Governo — una legge contro la proporzionale, che prevede il premio di maggioranza, e dovrebbe mettere la maggioranza governativa al riparo del giu­dizio non soltanto del Parlamento, ma dal po­polo; dovrebbe metterla al riparo non solo di un dialogo dentro l’Assemblea ma di un dialogo col popolo italiano.

Tutto questo non avviene a caso; la verità è che si rinunzia esplicitamente, si sa di dover rinunciare esplicitamente, a convincere, a per­suadere la maggioranza reale del popolo ita­liano e si ricorre a questi mezzi, per sfuggire a questa funzione dirigente, che non può es­sere assolta, perchè non è sulla -base di inte­ressi concreti del nostro Paese, della Sicilia che si agisce, ma sulla base di interessi al nostro Paese estranei.

E’, perciò, veramente fuor di luogo l’otti­mismo, cui è improntata la politica dell’As­sessore all’agricoltura. Mi riferisco alla rela­zione sull’applicazione della riforma agraria, relazione che ci è stata distribuita in un vo­lumetto molto curato tipograficamente, ma che è la prova documentata di un ottimismo che non ha fondamento, che non ha ragion di essere. Noi potremmo accettare e comprende­re un ottimismo in campo nazionale, potrem­mo accettare e comprendere un ottimismo, che avrebbe soltanto significato di una fiducia nell’attuale struttura della società italiana, fiducia che non può mancare in coloro che nnunziano a sostenere le nostre idee di. tra­sformazione, di riforma di questa struttura; ma in Sicilia, dove l’autonomia stessa rappre­senta un fatto straordinario di fronte a neces­sita di carattere straordinario, parlare ottimi­sticamente è lo stesso che sabotare aperta­mente la esigenza di far fronte con mezzi straordinari a necessità straordinarie. Quindi, e un ottimismo assolutamente fuor di luogo.

E vorrei ricordare a questo proposito quello me diceva l’onorevole La Loggia nella sua relazione. L’onorevole La Loggia, protestava c°ntro una interpretazione delle funzioni del­

la Regione siciliana, sostenendo che essa non rappresenta quasi una gestione in appalto dei servizi dello Stato.

Ma noi qui, onorevole Assessore all’agricol­tura, non rappresentiamo neanche un appalto dei servizi dello Stato. Ella non è l’Assessore all’agricoltura siciliana, non è neanche l’ap­paltatore dei servizi dell’agricoltura siciliana. Ella è al massimo il recensore della rivista edita dalla Cassa del Mezzogiorno, di cui viene a darci il consuntivo e le cifre complessive. E non avremmo bisogno per questo di avere un Assessore alla agricoltura; basterebbe leg­gere la rivista della Cassa del Mezzogiorno.

Non vorrei fare una citazione letteraria, ma ci troviamo in una situazione degna delle pagine di Kafka. Abbiamo il legittimo dovere di domandarci: siamo in un’Assemblea real­mente? E’ questa l’Assemblea del popolo si­ciliano? Stiamo discutendo il bilancio della agricoltura siciliana? Siamo noi, qui, deputati che parliamo all’Assessore o siamo in un’anti­camera fra noi, fra amici, che parliamo non all’Assessore, ma a qualcuno che sostiene di avere visto almeno una volta nella sua vita il vero Assessore all’agricoltura siciliana?

In questa situazione Kafkiana ci troviamo nella nostra Assemblea. Ella non è l’Asses­sore dell’agricoltura siciliana, quando ci viene a riportare le cifre della Cassa del Mezzo­giorno per sentito dire.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Ma è proprio si­curo che sia così?

RUSSO MICHELE. Risulta dal bilancio, risulta dai capitoli della spesa per l’agricol­tura. Non abbiamo le cifre che si riferiscono alle bonifiche, alla riforma agraria.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Vi provvede la Cassa del Mezzogiorno, quindi queste spese non le può trovare nel nostro, bilancio.

RUSSO MICHELE. Ed io sto parlando pro­prio di questo. La sua funzione si limita a quella di essere un recensore della rivista della Cassa....

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Niente affatto, perchè i programmi vengono concordati e lei lo sa. Quindi, la pubblicazione del bollettino

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della Cassa riporta quello che si concorda con la Regione da parte della Cassa stessa.

RUSSO MICHELE. Concordare i program­mi! Questo, come lo fa il direttore dell’Ente Sila, lo potrebbe fare in Sicilia il direttore dell’E. R. A. S. (Commenti)

PRESIDENTE. Andiamo alla sostanza.

SALAMONE. Sentiamolo tutto, il discorso dell’anticamera. (Commenti a sinistra)

RUSSO MICHELE. Ma per fortuna, onore­vole Presidente, noi ci troviamo davanti ad una realtà diversa da quella, che si vuole fare apparire in questa Assemblea. E mi sia per­messo in questa sede, proprio per sottolineare la vera posizione della nostra Assemblea, di salutare da questa tribuna le occupazioni di terre che i contadini siciliani hanno compiuto in questi giorni; occupazioni di terre, onore­vole Salamone, che rappresentano una garan­zia, perchè dimostrano che l’iniziativa della riforma agraria è in buone.mani.

SALAMONE. Piuttosto che dare questi esempi ai lavoratori, noi diamo le terre ai con­tadini.

CIPOLLA. Lascia stare, Salamone, tu non dai niente, sono anni che dici che dai la terra. (Commenti)

SALAMONE. E’ anche dovere di cortesia rispondere al collega che mi rivolge la porola. Quanto a me, non possiedo un solo palmo di terra.

CIPOLLA. I contadini le terre se le sono conquistate col sangue.

SALAMONE. Queste sono chiacchiere. (Di­scussione in Aula)

RUSSO MICHELE. Le occupazioni delle terre da parte dei contadini ci danno la ga­ranzia che la riforma agraria è in buone mani, è nelle mani della forza veramente risolutiva ed attiva; di quella forza che ha determinato praticamente la promulgazione della legge di riforma agraria e adesso ne determina, attra­verso i suoi interventi, l’applicazione.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Io non riconosco- altro potere che la legge e la volontà della Assemblea. (Animati commenti)

CIPOLLA. La legge nasce dalla volontà popolare.

COLAJANNI. Le leggi non piovono dal cielo!

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Lo ripeto: la legge e la volontà dell’Assemblea! Perchè la vo­lontà dei cittadini sì espreme attraverso la Assemblea, non attraverso l ’occupazione ar­bitraria delle terre, che costituisce reato.

RUSSO MICHELE. Non costituisce reato.

CIPOLLA. Reato, per i carabinieri.

SACCA’. La Magistratura dice che non è reato. ■

RUSSO MICHELE. Per la Magistratura, non costituisce reato; e la Magistratura ci ha assolti giustamente da questo preteso delitto, anche perchè queste occupazioni di terre so­no un monito per il Governo, non nel senso della minaccia, ma nel senso che esse rappre­sentano anche il segno della capacità unita­ria dei contadini e dei braccianti siciliani.

GERMANA! GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Me la chiami ca­pacità!... (Animati commenti)

RUSSO MICHELE. Mi lasci spiegare ono­revole Assessore, la capacità unitaria, nel sen­so che queste azioni sono potute avvenire sen­za che un solo incidente le turbasse, senza che fosse necessaria la presenza dei carabi­nieri, per impedire i contrasti tra i braccianti ed i contadini attualmente possessori delle terre.

Questo è potuto avvenire, perchè il popolo mostra di essere molto più saggio di coloro, che sono chiamati a governarlo; questo di­mostra anche come è possibile la conciliazione degli interessi dei braccianti e degli attuali possessori delle terre.

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Resoconti Parlamentari — 3219 Assemblea Regionale Siciliana

Il Legislatura CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Non ve ne accor­gete che il popolo vi ha abbandonato?

RUSSO MICHELE. Questo lo vedremo.[Animati commenti)

CIPOLLA. Il popolo evidentemente è tutto per l’onorevole Germanà.

COLA JANNI. Ed è con queste affermazioni paradossali che lei crede di rispondere ad ar­gomenti che la schiacciano, che sono fondati sui fatti?!

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’Agricoltura ed alle foreste. Non sono fondati sui fatti, perchè le occupazioni le avete decan­tate sulla stampa senza che fossero effettiva­mente avvenute. (Proteste a sinistra)

COLAJANNI. E le sue affermazioni oltre che arbitrarie sono anche inopportune.

SALAMONE. Ma che modo insolente di parlare! E poi non si ammette neanche la rea­zione. (Discussione in Aula - Richiami del Presidente)

RUSSO MICHELE. Questa prova di unità è indicativa per il Governo, proprio nel senso da me dianzi prospettato; il Governo pare che non sappia trovare altra strada, nel­l’applicazione della riforma agraria, se non quella di perseguire il fine della divisione dei contadini siciliani senza rendersi conto che questa azione, dalla quale crede di trarre dei vantaggi politici, colpendo coloro che hanno difeso coraggiosamente in questi anni l’appli­cazione delle leggi dello Stato che riguardano l’agricoltura, non solo danneggia questi con­tadini coraggiosi, ma mina la stessa autorità dello Stato. Onorevole Assessore è una grave responsabilità che Ella, come membro del Go- verno, si assume.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore ài- agricoltura ed alle foreste. Questa è la mia Politica: una politica nettamente, dichiarata­mente anticomunista. L’Assemblea mi dia il v°to di sfiducia se non la condivide! (Applau­si dal centro - Rumori a sinistra)

CIPOLLA. Cerca di rifarsi!

RUSSO MICHELE. Noi abbiamo il diritto di discutere e di richiamarla alla sua respon­sabilità. (Animati commenti)

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Al riguardo ho fatto già la mia dichiarazione.

CIPOLLA. Ella praticamente ci onora; se lottare contro i contadini significa lottare con­tro i comunisti...

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. I contadini non sono comunisti. (Discussione in Aula)

TAORMINA. Allora saranno separatisti o liberali.

RUSSO MICHELE. Ho il dovere di dirle, onorevole Assessore, che una maniera come quella attuale di applicare la legge di rifor­ma agraria, estromettendo dalla terra... (In­terruzioni)

FASINO. Ma questa è la legge! L’Assessore non mette fuori nessuno! (Animati commenti)

RUSSO MICHELE. Arche gli Assessori possono prendere delle iniziative legislative, così come le ha prese l’opposizione. Ed io di­fendo proprio l ’iniziativa dell’opposizione per la modifica della legge. Nel suo discorso di Governo l’Assessore ci dirà se è d’accordo o se non è d’accordo su questo indirizzo. (In­terruzioni)

FASINO. L’Assessore applica le leggi.

FRANCO. Si dovrebbe raddoppiare la su­perficie della Sicilia!

RUSSO MICHELE. Se Ella trova che la legge presenta delle difficoltà di applicazione, ne chieda le necessarie modifiche, così come noi le chiediamo, apertamente. La legge non è un fatto assoluto; l’Assemblea può modi­ficarla. Noi chiediamo questo: la preferenza per gli attuali possessori delle terre e la con­cessione delle altre terre ai braccianti attra­verso il sorteggio.

Questa è la strada giusta della riforma agraria, mentre l ’altra è quella che mina la autorità dello Stato e ne offende il presti-

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gio. Quando, dopo aver votato una legge di ri­forma agraria, dopo aver parlato tanto ai con­tadini di riforma agraria, li scacciamo dalla terra, noi screditiamo il prestigio dello Stato. E' una responsabilità che investe non questo o quel settore politico, ma tutta l’Assemblea. Noi distacchiamo dallo Stato questi contadini, li facciamo trovare di fronte ad uno Stato che è incapace, che mostra di essere palesa- mente incapace, di fare i loro interessi. La ri­forma agraria, che dovrebbe significare pro­gresso di tutte le categorie contadine, diviene qualcosa che si rivolge « contro » i contadini travolgendo la posizione precaria di alcuni di essi, per precipitarli in una condizione ancora inferiore.

Questa è una responsabilità 1— dicevo — che sta al disopra dei contrasti di interessi 0 dei contrasti politici. Io non credo che noi qui possiamo pensare di rappresentare questa o quella parte di contadini, questa o quella parte di braccianti siciliani. Noi pensiamo che tutta l ’Assemblea si onora di rappresentare queste forze sane e attive del popolo siciliano. Ma allora come si spiega che nella applica­zione della legge si arrivi a mettere in contra­sto queste forze sane e attive, se non pensan­do — e non è un semplice sospetto, ma un giudizio preciso e quindi un’accusa — ad una speculazione politica ad una specie di « ven­detta » del Governo?

Questa è la questione di fondo che volevo richiamare. Cioè, noi in questo momento ci troviamo di fronte non ad una politica che riguardi i problemi di fondo dell’agricoltu­ra siciliana e che potremmo magari contrad­dire da un nostro punto di vista; ci troviamo di fronte a un non senso, ad un partito preso, che non possiamo non condannare da questa tribuna,, richiamandoci a quelle che sono le forze risolutrici, le forze sane dell’agricoltu­ra siciliana. (Applausi a sinistra)

PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare l’ono­revole Antoci. Ne ha facoltà.

ANTOCI. Signor Presidente, onorevoli col­leghi, io non volevo intervenire nella discus­sione sulla rubrica dell’Assessorato per la Agricoltura in quanto vi è già stato un esau­riente dibattito con la partecipazione di ora­tori appartenenti tanto al nostro quanto agli altri settori. Intervengo soltanto per dire qualche cosa sulla legge relativa alla riduzio­ne degli estagli ed ai contratti agrari.

Noi abbiamo votato le leggi per la riduzio­ne dei canoni, ma non c’è stato alcun inter­vento da parte del Governo per rafforzare per valorizzare queste leggi, in maniera che possano applicarsi veramente, superando le proteste dei proprietari, i quali fanno di tut­to per mettere in gravi difficoltà gli affit­tuari che chiedono la riduzione degli estagli. E ciò, sia per quanto riguarda i fondi colti­vati a grano che per quelli condotti con altre colture1.

Gli affittuari, che già si trovavano in tri­stissime condizioni, carichi di debiti, che neanche con la riduzione del 30 per cento de­gli estagli erano riusciti ad estinguere, vedono quest’anno maggiormente aggravata la loro situazione.

Questo è avvenuto, non soltanto perchè è stata negata da questo Governo la legge per la riduzione degli estagli per tutti i prodotti agricoli, ma anche a causa della siccità. Sia­mo arrivati all’inverno e ancora non piove (qui a Palermo in questa settimana ha pio­vuto, ma negli altri posti no) e non si può se­minare.

Questi poveri agricoltori, oltre a non avere ottenuto la riduzione del 30 per cento, hanno ricevuto quest’altro colpo fra capo e collo e i debiti sono rimasti. Così si rovina tanto il produttore che la produzione. Non solo gli affittuari vanno in miseria, ma anche tutti gli altri strati sociali, perchè, quando l’affit­tuario non ha la possibilità di coltivare, è la intera produzione che si ferma con gravissi­mo danno per tutti i lavoratori. Inutile spera­re che dopo un prolungarsi di tale situazione l ’agricoltura progredisca; anzi va indietro continuamente.

L’azione del Governo dovrebbe veramente cercare di risolvere la situazione della no­stra agricoltura e quella dei nostri agricol­tori. Sono tanti i lavori che ci sarebbero da fare, ma questa gente pur avendo la buona volontà non riesce a farli, perchè manca una efficiente azione del Governo. Non si pren­dono provvedimenti; il disegno di legge sui contratti agrari presentato mi pare due anni fa, non è ancora venuto in discussione. Eppu" re si tratta di una legge che dovrebbe garaiu tire ai contadini il lavoro ed ai proprietari 1 regolare pagamento del fitto.

Invece, ad ogni stagione succedono cose inaudite; questioni in Tribunale, in Pretur3' cause che poi vanno in appello, e dall’appe110

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Il Legislatura CVIII SEDUTA 6 N ovembre 19o2

passano alla Cassazione;,..questa non sa cosa fare e dice che le leggi siciliane non valgono niente.

Qual’è l ’azione del Governo per garantire il rispetto delle leggi regionali? Bisogna far qualche cosa per questi contadini, che non godono nemmeno della riduzione del 30 per cento, riduzione che era tutt’altro che suffi­ciente, data l ’esosità degli affitti, che si paga­no specialmente nella provincia di Ragusa; tanto è vero che anche quelli che hanno godu­to della riduzione non hanno ugualmente po­tuto estinguere i debiti che avevano con i proprietari.

Questa è la verità- Ma c’è dell’altro: i pro­prietari continuano a far causa, a far spende­re soldi ai contadini; ed anche se sanno che non riusciranno a vincere la causa cercano di far spendere quanto più denaro è possibile al povero affittuario, che infine si arrende ed abbandona la lite per risparmiare le spese legali.

L’agricoltore fallisce e, fallendo l’agricol­tore, le colture vanno in malora. Se, infatti a un agricoltore, che ha lavorato per lungo tempo su un fondo e sa come quel fondo va coltivato, subentra un altro che non conosce il terreno, che non ha certo la pratica che aveva il predecessore, la coltura e la produ­zione decadono del tutto.

E’ necessario, quindi, che si intervenga, specialmente nella provincia di Ragusa, che si trova in condizioni penosissime; è necessa­rio fare in modo che le leggi della Regione vengano applicate regolarmente e che non sia necessaria la continua lotta dei contadini per ottenere l’applicazione dì una legge, che Poi non risponde nemmeno in maniera ade­guata ai veri interessi dei contadini. I conta­dini sono ormai stanchi di questa legge del 30 per cento, che poi non viene nemmeno ap­plicata. ■

Signor Assessore, la legge per la riforma dei contratti agrari è urgentissima; è la legge

la quale l ’Assemblea dovrebbe stabilire finalmente qual’è l ’affitto equo. Devo, però, osservare che il relativo disegno di legge pre­sentato dal Governo è tutt’altro che idoneo olio scopo; bisogna rielaborarlo su altre basì. ^Periamo, comunque, che venga subito allo esame dell’Assemblea; vedremo poi di mi­gliorarlo con appropriati emendamenti. E sPer° che l’Assessore non si dichiari contra­

rio ai nostri emendamenti senza nemmeno discuterli, come è avvenuto per la proposta di riduzione del 30 per cento degli estagli.

Signor Assessore, questo non possiamo am­metterlo. Le proposte bisogna discuterle, ve­dere se hanno un fondamento, se c’è una ne­cessità oppur no. Se la necessità c’è, si può modificare, correggere, diminuire o aumenta­re; ma in ogni modo bisogna accertare se la necessità c’è. Non bisogna respingere a priori.

Se si continua come per il passato, in que­sta Assemblea andremo indietro, e non avanti come si dovrebbe e come noi vogliamo e spe­riamo, perchè, se ci sarà un regresso in agri­coltura, si avrà un regresso in tutta la vita della Regione.

Prego, quindi, l’Assessore di agire con la massima urgenza, perchè dopo il bilancio si possa discutere la legge sulla riforma dei con­tratti agrari. E’ necessario accelerare i tempi, superare tutte le remore che vengono frap­poste.

Per esempio, si fa pressione per riunire la Commissione di agricoltura, per esaminare la tabella degli equi-fitti. I proprietari si fanno forti, perchè la legge regionale che ha prorogato la legge sugli equi-fitti del ’48 non è più valida; e non intervengono, quindi, alle riunioni. Al riguardo, vorrei fare osservare che, quando si sono fatte le tabelle, la situa­zione era ben diversa da quella attuale; il bestiame da lavoro, per esempio, si vendeva il triplo di quello che si vende oggi.

Concludendo, non bisogna portare Pagri- coltura al fallimento. Questo forse ai proprie­tari non interessa; al proprietario interessa- soltanto vendere il prodotto. A noi, invece, non interessano i proprietari; quelli che con­tano per noi, sono i contadini che portano avanti l’agricoltura e la produzione agricola.(Applausi a sinistra)

PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare l’ono­revole Majorana Benedetto. Ne ha facoltà.

MAJORANA BENEDETTO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il settore del­l’agricoltura, che noi discutiamo, è indubbia­mente — e su questa costatazione credo che tutti saranno d’accordo — il più importante; costituisce la parte essenziale della vita e del­l’attività della Regione. Perciò il mio discorso non si limiterà all’esame della parte tecnico­contabile del bilancio, ma dovrà estendersi a una visione generale della situazione dell’agri­

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coltura siciliana, dell’economia agricola sici­liana; e non potrà non concludersi con un esame di quanto il Governo sta compiendo per l ’attuazione della legge di riforma agraria.

Forse nei giorni scorsi avrei potuto anche nutrire l ’intenzione di pronunciare un discor­so contenente soverchie vivaci critiche; ma debbo confessarvi che da ieri mi sento disar­mato. Questo mio stato d’animo proviene dal senso di comprensione e di amicizia che provo per l ’Assessore Germana; quindi, le cose che dirò devono essere interpretate esclusivamen­te come un mio apporto per una azione, che io giudico possa risultare, se le nostre osser­vazioni saranno ascoltate, più proficua per i vari interessi dell’agricoltura siciliana. Desi­dero dare al Governo, anche con quelle osser­vazioni che possano sembrare delle critiche, una collaborazione.

Debbo dire che io non invidio la posizione dell’onorevole Germana; mi è apparso da ieri un isolato, non solo nella realtà dell’azione che egli conduce, ma anche fisicamente iso­lato, perchè è solo a dovere ricevere tutti gli strali che sono venuti dalle due opposizioni, dall’opposizione di sinistra e ■ dall’opposizione di estrema destra. Ed allora io che, come voi sapete, sono oppositore di maggioranza, non posso lanciare altre freccie all’onorevole Ger- manà.

Egli da ieri mi sembra come un San Seba­stiano incatenato non ad una colonna, ma al suo scanno ministeriale; e non ha neppure un D’Annunzio, in questa Assemblea, che ne possa esaltare il martirio. Quindi, i miei non saranno strali; e, se qualcuno potesse consi­derarli tali, desidero dire che ho tolto ad essi la punta. Non hanno, perciò, alcuna punta av­velenata che possa ferire.

SANTAGA'TI ANTONINO. Allora sono gio­cattoli.

MAJORANA BENEDETTO. Ciò premesso, passo alla prima parte: stanziamenti di bi­lancio. E’ sfato osservato dalla minoranza, nella relazione di questo anno — ed ebbi già a farlo osservare io stesso, allorché parlai sulla rubrica dell’agricoltura lo scorso anno; ed è anche implicitamente ammesso nella stessa relazione dell’Assessore alle finanze, onore­vole La Loggia — che i dati contenuti nella rubrica dell’agricoltura non ci danno il qua­

dro completo degli investimenti destinati a questa attività, che è la principale attività nostra dell’Isola, che — dico anche di più __ è la fonte di tutte le altre attività dell Isola.

Noi, quindi, esaminiamo soltanto una par­te dei vari stanziamenti, che sono rivolti all’agricoltura, perchè ve ne sono molti al­tri che non trovano impostazione nel bilan­cio della Regione. Mi riferisco agli stanzia­menti della Cassa del Mezzogiorno, agii in­terventi statali, a quegli stanziamenti, cui ha fatto cenno l’onorevole La Loggia, quando ha detto che, in aggiunta alle somme segna­te nel bilancio regionale, sono previsti impie­ghi per 12miliardi nel settore della viabilità anche agricola, mentre ulteriori impieghi no­tevoli sono da prevedersi in Sicilia nel setto­re della lotta contro la disoccupazione, delle opere pubbliche anche di bonifica e di rim­boschimento, materie queste strettamente at­tinenti all’agricoltura. E altri stanziamenti, ancora sono previsti in base alla legge per i territori montani.

Ed, a proposito di viabilità, io penso che, fra gli stanziamenti connessi alla viabilità e che sfuggono dall’esame del bilancio regiona­le, almeno della rubrica dell’agricoltura, do­vremmo considerare anche quelli per cantieri scuola, perchè molti cantieri scuola costrui­scono strade. Praticamente, per quanto ri­guarda le strade potremmo considerare tre distinte sezioni: le strade costruite diretta- mente dalla Regione (il miliardo compreso nella rubrica dell’agricoltura); altre strade che si costruiscono con quei fondi dello Stato, ai quali ha fatto espresso riferimento l’onore­vole La Loggia; strade che si costruiscono con i fondi dei cantieri scuola; e, infine, le strade che rientrano nelle leggi per i comprensori di bonifica per la trasformazione.

Ora, ritengo che le attività di tutti questi diversi enti, ognuno dei quali prepara ed ese­gue i suoi programmi, dovrebbero essere coordinate. Evidentemente, infatti, queste strade dovrebbero corrispondere in pieno a1 bisogni di determinate zone; mentre, se le strade vengono costruite da enti diversi, può avvenire che in alcune zone si facciano due 0 anche tre strade, dove una sarebbe suffr' ciente, e che, invece, altre zone vengano tra­scurate.

Vorrei, perciò raccomandare all’onorevole Assessore, (se già a questo non avrà pensato)

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di coordinare i programmi di costruzione di strade; sia quelle di competenza diretta del suo Assessorato, sia quelle finanziate attra­verso le leggi di bonifica, o altre leggi statali, sia quelle costruite dai cantieri scuola.

Vorrei poi fare una osservazione di carat­tere generale, che riguarda tutto il bilan­cio regionale: ogni anno sono stati sot­toposti al nostro esame i bilanci preventivi, ina non conosciamo i consuntivi; per cui sap­piamo quali sono gli stanziamenti a disposi­zione del Governo, ma non sappiamo quale uso il Governo abbia fatto di questi stanzia­menti. Ne deriva che la funzione precipua, la funzione originale delle assemblee, di con­trollo sull’amministrazione del denaro pub­blico, è praticamente — almeno lo è stata finora, nei cinque anni di vita di questa As­semblea — impedita. Noi stanziamo somme, che mettiamo a disposizione del Governo per svolgere la sua attività, ma non conosciamo l’uso che di queste somme è stato fatto.

Il bilancio dell’agricoltura presenta uno stanziamento complessivo di 4miliardi 558mi- lioni 695mila, che però sono in massima parte assorbiti dalle seguenti quattro voci: riforma agraria, 891milioni 900mila; foreste 833milioni 305mila; bonifica 834milioni; strade, come ho detto, lmiliardo. Le spese generali, accresciu­te quest’anno per il passaggio alla Regione de­gli oneri relativi al pagamento degli stipendi al personale, ammontano a 471milioni. La con­clusione è che alle spese rivolte alla difesa, allo stimolo, all’incremento della produzione agricola, che dovrebbero costituire il nerbo del bilancio dell’agricoltura, sono destinati appena 557milioni.

Io sono certo che l’onorevole Germanà sen­tirà, come lo sentiamo tutti noi, il disagio per questa limitatezza dei mezzi a sua dispo­sizione. Non voglio indugiarmi nell’esame analitico delle singole voci. Lo feci già l ’anno scorso e lo fecero anche altri colleghi, ma gli stanziamenti non sono stati incrementati dal- 1 anno scorso ad oggi.

E’ inutile ripetere le singole critiche alle ''arie voci; ma, evidentemente, noi dobbiamo dire che la situazione non è mutata, che gli stanziamenti sono assolutamente insufficienti Per quella politica di incremento e di stimolo dita produzione, sulla quale io credo che tuttiI settori di questa Assemblea siano concordi e di cui l’Assessore regionale dovrebbe essereII realizzatore.

Ed io sono sicuro che questo sarebbe nei desideri dell’onorevole Germanà, se egli aves­se potuto ottenere dei fondi più cospicui e adeguati alla necessità dell’azione da svol­gere.

Cifre cospicue sono state stanziate per il rimboschimento, e non sarò certamente io a criticare l’azione di ricostituzione del patri­monio forestale della Regione che, una volta cospicuo, è stato distrutto per i dissennati disboschimenti. Ciò ha prodotto conseguenze gravissime, sia per gli effetti che i boschi pro­vocano sul clima, sia per l’influenza che i boschi e le sistemazioni boschive hanno sul regime delle acque. Le alluvioni che lo scorso anno abbiamo subito in mia forma più grave, ma che sono all’ordine del giorno, abituali in Sicilia, dipendono appunto dall’aver reso nude le nostre pendici boschive.

A questo proposito, desidero segnalare al­l ’onorevole Assessore che non basta costitui­re un patrimonio boschivo, non basta costi­tuire un demanio forestale della Regione, ma occorre pensare alla conservazione di quei boschi che in passato fortunatamente non fu­rono distrutti; occorre pensare alla argina­tura dei fiumi, allo inalveamento dei torrenti. Questo è uno aspetto del problema forestale, che ha importanti riflessi sulla agricoltura. E, in linea generale, occorre sempre conside­rare come un tutt’uno inscindibile il proble­ma forestale e il problema agricolo. Debbo, però, dire che, se cospicui sono gli stanzia­menti per la costituzione del demanio fore­stale, io non vedo che ci sia una adeguata azione per l’arginatura dei fiumi e per la si­stemazione e l ’inalveamento dei torrenti.

Mi basta ricordare la situazione del Simeto, il maggiore fiume della nostra provincia, che, partendo dalle pendici dell’Etna, attraversa una delle zone più ricche e più intensamente coltivate e poi la piana di Catania, che, se­condo i meravigliosi piani di bonifica e di trasformazione, dovrebbe essere trasformata tra breve in un paradiso terrestre. Ma, fino a quando il Simeto continuerà ad ar­recare, in misura maggiore o minore, danni all’ agricoltura, sia agli agrumi di Pa­terno che alle altre coltivazioni nella piana di Catania, io ritengo che i progetti di tra­sformazione della piana stessa incontreranno nella pratica attuazione indubbiamente dei risultati concreti, ma non sarà certo rimosso uno dei più gravi ostacoli allo sviluppo della

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zona. Quasi ogni anno quegli agricoltori che hanno trasformato dei terreni vicino le spon­de del Simeto, nella parte collinare di Cata­nia, debbono subire danni enormi, che di­struggono il frutto del loro lavoro, dei loro capitali dei sacrifici con i quali quelle zone sono state trasformate in agrumeti e in altre colture alberate intensive.

Non vorrei dire altro su questa prima parte. Ritengo che si tratta di argomenti che tutti noi conosciamo e sui quali credo che non ci siano ragioni di dissenso. Mi basta accennar­li, perchè sia presente al Governo l’impor­tanza che l’Assemblea tutta attribuisce alla politica di propulsione, di incremento, di di­fesa dell’agricoltura.

Vorrei, ora, passare subito a trattare la se­conda parte del mio intervento, quella relativa alla situazione economica dell’agricoltura sici­liana. Non rivelo nulla di nuovo, dicendo che l ’agricoltura siciliana si trova in una situazio­ne dì crisi economica; vorrei, però, aggiun­gere che tale crisi, già delineatasi in questi ultimi anni, dall’anno scorso ad ora si è an­cora aggravata; e che la situazione generale ci fa ritenere debba aggravarsi ancora. E poi­ché ogni riforma può attuarsi e può essere proficua soltanto sulla base di una realtà eco­nomica concreta, se le condizioni economiche dell’agricoltura siciliana andranno peggioran­do, è inutile, onorevole colleghi, che noi con­tendiamo sufil’ applicazione o sull’ essenza stessa delle riforme, perchè queste riforme rimarranno infruttuose anche per coloro, nei confronti dei quali alcuni settori di questa Assemblea credono di avere con esse prov­veduto.

Quali sono i principali prodotti siciliani? Cominciamo dal grano. Che il prezzo del gra­no non sia adeguato al costo della produzio­ne è un’altra verità elementare. L’aumento di 5 lire stabilito quest’anno è risultato asso­lutamente insufficiente; e le rimostranze per il basso prezzo del grano non vengono da co­loro, che alcuni chiamano ancora i grandi proprietari assenteisti, i latifondisti, i feuda­tari, che ormai — lo dissi l’anno scorso, susci­tando le proteste di molti dei miei personali amici della sinistra, e lo devo ripetere que­st’anno — sono sulla via di scomparire come categoria. Lo erano già, ma quest’anno attra­verso i decreti di scorporo, in avanzato stato di applicazione, lo sono maggiormente. (Interruzione)

Onorevole Cipolla, Ella mi interrompe ri­dendo ed io apprezzo il suo riso...

Dicevo, dunque, che le rimostranze non provengono dai proprietari « assenteisti ». C’è una moltitudine di contadini che voi avete voluto beneficare. Se a questi contadini date della terra da cui possano ricavare il grano, ma questo grano non è sufficiente a compen­sare adeguatamente il loro lavoro, ecco che si verifica uno dei casi, cui avevo accennato prima, e risultano inutili tutti i provvedimenti suscitati dalle vostre manie riformatrici.

Per il grano in particolar modo (lo dissi già lo scorso anno e l’ha ripetuto l ’onorevole Ovazza, anche se sotto un diverso aspetto, nella sua relazione; ma desidero precisarlo adesso in termini aritmetici), vorrei fare que­sta osservazione: i prezzi del grano duro 0 del grano tenero conferito all’ammasso, in rapporto ai prezzi delle due stesse varietà di grano previsti per l ’ammasso nell’anteguer­ra, hanno subito le seguenti maggiorazioni: 31,9 per cento per i grani teneri, e 29,4 per cento, per i grani duri nell'Italia settentrio­nale e centrale; invece, per i grani teneri siciliani l ’aumento proporzionale è stato del- l’8 per cento, per i grani duri del 7 per cento. Conseguentemente, se per la Sicilia il prez­zo della decorsa campagna fosse stato fissa­to, come per le regioni dell’Italia settentrio­nale a 27 volte il prezzo originario, il prezzo del grano duro sarebbe risultato di 8910 e non di 8050, compreso l’ultimo aumento. Ove si consideri che la sola produzione contingen­te del raccolto del 1952 della Sicilia ammonta a quintali 960mila, ne consegue che l’econo­mia agraria siciliana ha subito una perdita di 825milioni.

Ebbene, questi 825milioni che i produttori (cioè tutte le categorie agricole) hanno avuto in meno di quello che avrebbero dovuto ave­re, se fossero stati trattati allo stesso modo degli analoghi produttori continentali, non dovevano certamente entrare per intero nelle tasche degli agrari; nella ipotesi migliore sa­rebbero andati per il 40 per cento nelle ta­sche degli agrari e per il 60 per cento nelle tasche degli associati alla produzione, coloni e mezzadri. Nel caso, invece, di piccoli affit­ti sarebbero entrati per una percentuale an­cora maggiore nelle tasche dei lavoratori.

Quindi, queste somme sono state sottratte in minima parte alla proprietà passiva, ®a in massima parte sono state sottratte al la"

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voro siciliano; ciò costituisce una forma di sfruttamento del lavoro siciliano. Ma lo sfrut­tamento qui viene ricordato solo quando se ne vuole attribuire la responsabilità alla classe dei proprietari. Ebbene, questa volta dobbiamo ricordare pure che lo sfruttamento deve essere attribuito allo Stato, che non ha voluto ripristinare quell’equa valutazione dei grani siciliani in confronto dei grani della Italia continentale, che era in vigore nel 1943.

Ieri l’onorevole Recupero giustamente de­plorava la condizione di taluni lavoratori della provincia di Messina, che riceverebbe­ro una paga di 400 lire al giorno, paga indub­biamente inferiore a quella stabilita dai con­tratti collettivi. Io ricordo, a questo proposi­to, che, nella mia qualità di presidente della Associazione provinciale degli agricoltori di Catania, il mese scorso ho firmato un contrat­to sindacale con i rappresentanti delle varie associazioni sindacali — di tutti i colori, an­che di quelle senza colore — contratto col quale abbiamo rivalutato di 58 volte il con­tratto salariale del 1938.

Successivamente l ’onorevole Saccà, lamen­tando la situazione dei lavoratori addetti alle imprese, che eseguono i lavori di rimboschi­mento nella provincia di Messina, ha parlato di salari di 650 lire. Io, però, potrei rispon­dere all’onorevole Recupero ed anche allo onorevole Saccà che i lavoratori, i quali han­no avuto in questi giorni la terra in proprietà e quelli che stanno per averla, molto proba­bilmente, continuando l’attuale situazione economica e di depressione dei mercati, se alla fine dell’anno agrario fossero in grado di compilare il conto di gestione e di vedere che cosa hanno ricavato per una giornata di la­voro, si accorgerebbero di aver guadagnato meno di 650 lire al giorno e molto probabil­mente le stesse 400 lire, che giustamente in­dignavano l ’onorevole Recupero, ma indigna­no anche tutti noi.

Tutti noi vogliamo che i salari siano ade­guati alle condizioni economiche dell’azien­da, che sono il prodotto delle condizioni eco­nomiche del mercato, ma tutti noi auspichia- m° che i lavoratori possano avere quei salari, che ad essi consentano un elevato tenore di vita; elevato tenore di vita che non costitui­re per noi una elemosina o una concessione

come una volta diceva, rivolgendosi a me, onorevole Franchina — ma che, invece, co­

stituisce anzi la garanzia della pace, della con­servazione della proprietà privata.

Non c’è dubbio, infatti, che, quando il la­voratore trova una occupazione e quando dalla sua fatica ricava quello che è sufficien­te ai bisogni della vita, intesi non come si in­tendevano nel secolo scorso, ma come si pos­sono intendere adesso, allora il lavoratore di­venta un nostro collaboratore nell’impresa agricola; mentre, quando il lavoratore è con­dannato alla disoccupazione e alla miseria, è, invece, uno strumento di disordine sociale e vengono allora a determinarsi quelle condi­zioni, sulle quali può svilupparsi non una campagna sindacale o una campagna econo­mica, ma una campagna politica, che costitui­sce per noi il motivo dei maggiori dissensi.

CIPOLLA. Nessuno di voi fa politica!

MAJORANA BENEDETTO. L ’onorevole Cipolla continua a ridere. Evidentemente nes­suno di noi vorrebbe fare politica, ma fu proprio l ’onorevole Nenni, un uomo di parta vostra, che all’inizio della nuova era demo­cratica lanciò lo slogan: politique d’abord.

E da allora, purtroppo, tutto è stato fatto in Italia in termini politici e non in termini economici. E se l’aver costituito la nuova de­mocrazia su termini politici può tornare di utilità ad alcune correnti politiche, indubbia­mente l’aver voluto ignorare, e tentare an­cora di ignorare, questa esigenza di spoliticiz- zazione — malgrado i richiami che vengono da quelle forze nazionali che una volta si erano credute scomparse per sempre, ma che la realtà dimostra vive e vitali nel Paese —• porterà non dei benefici, ma dei danni per il popolo, che è costituito da tutte le classi, da tutte le categorie, non da una sola categoria. Anzi, le conseguenze di una politica — scu­satemi i termini — demagogica gravano a lun­go andare, più ancora che sulle altre classi, sulle classi lavoratrici, che attraverso la poli­tique d’abord si credette di potere difendere.

Passiamo adesso ad un’altro prodotto an- ch’esso essenziale: l ’olio. Il mercato deH’olio è fermo da parecchi anni. Quest’anno in Sici­lia noi abbiamo una scarsa produzione olea­ria e, ciononostante, il mercato rimane nella stessa situazione di debolezza del passato.

Pensate, onorevoli colleghi, che cosa rap­presenta per la Sicilia la mancanza del rac­colto oleario. Non debbo che ripetere quello

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Resoconti Parlamentari 3226 Assemblea Regionale Siciliani

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che ho detto per il grano. Per una parte, la mancata produzione dell’olio incide sull’eco­nomia dei proprietari, ma, in massima parte, incide sull’economia dei lavoratori di tutte le classi agricole interessate alla sua produzione.

Quali sono i motivi della depressione del mercato dell’olio? Il mercato è stato depresso da manovre commerciali eseguite dal mini­stero con le scorte già costituite e continua ad essere depresso per le importazioni di olì da seme, rivolte a proteggere, a favorire l’in­dustria della spremitura.

Orbene, nessuno di noi vuole soffocare od eliminare questa come tutte le altre indu­strie; io sono fra i pochi della mia classe che non guardo all’industria come ad un nemico. Io penso, invece, che l’industria è comple­mento indispensabile alla nostra economia agricola, perchè soltanto lo sviluppo delle in­dustrie, la prosperità delle industrie consen­te l’occupazione di migliaia di lavoratori, con­sente a queste migliaia di lavoratori di essere dei consumatori e consumatori, principalmen­te, dei nostri prodotti. L ’industria si deve svolgere e sviluppare, ma non attraverso provvedimenti che deprimano altre produzio­ni, alle quali sono ugualmente interessati al­tri lavoratori, che non sono per nulla inferio­ri, che hanno gli stessi diritti alla vita, alla prosperità e al benessere, di quanto non ne abbiano gli operai dell’industria.

L ’industria della spremitura deve essere, comunque, considerata una indùstria sussi­diaria; essa deve lavorare in Italia i semi im­portati dall’estero, per poi riesportare l’olio ricavato dai semi, oppure per saldare il de­ficit della bilancia fra la produzione olearia nazionale e il consumo. Ad ogni modo, le ri­mostranze che noi muoviamo per il basso prezzo dell’olio restano quelle che sono, per­chè sono delle rimostranze basate sulla realtà.

La produzione olearia non è, però, colpita soltanto dalla politica governativa; è colpita anche da parassiti dannosissimi che, riducen­do il prodotto, ne accrescono il costo di pro­duzione. Mi riferisco alla mosca dell’olio ed all’occhio di pavone, per citare i principali pa­rassiti che più danneggiano la produzione del­l ’olio siciliano. A questo proposito, vorrei pre­gare l’onorevole Germanà di fare studiare dai suoi organi tecnici le possibilità di esecuzione della lotta contro questi parassiti. Al riguardo, vorrei ricordare che in passato la produzione

agrumaria fu gravemente minacciata dalla cocciniglia e, malgrado gli agricoltori della epoca si fossero violentemente ribellati con­tro l ’istituzione del consorzio obbligatorio an- ticoccidico — in altre parole, contro la impo­sizione della cura attraverso le fumigazioni,, — dobbiamo pur riconoscere che il patrimo­nio agrumario siciliano, il buon nome della produzione agrumaria siciliana, sono stati salvati appunto da questo intervento coerci­tivo, dàlia lotta obbligatoria con le fumiga­zioni, lotta che realmente ha fatto riacqui­stare all’estero al nostro prodotto quell’ap­prezzamento che minacciava di perdere.

Qualche cosa di analogo io vorrei che fosse studiato per la produzione olearia, la quale, sebbene non abbia la rilevanza economica della produzione agrumicola nel campo della economia generale dell’Isola, pure in alcune zone ha la stessa importanza, che l’agrume ha per altre zone della Sicilia.

Passiamo alla produzione vinicola. Che cosa dobbiamo dire del vino? Il vino in Assem­blea è un monopolio dei nostri due colleghi Adamo e, di fronte alla loro competenza, non avrei null’altro da aggiungere. Essi continua- mente vi hanno prospettato quale è la situa­zione della produzione vinicola, ma nessun provvedimento abbiamo visto. Il vino conti­nua ad essere gravato da un regime tributa­rio esoso, che costituisce il maggiore ostacolo al suo più largo consumo; consumo che è in­dispensabile, assolutamente indispensabile,, per mantenere in piedi la nostra viticoltura.

In questi giorni si è presentata all’attenzio­ne del Governo regionale, perchè esposta dai produttori interessati, la situazione in cui sono venuti a trovarsi i cotonicultori. Devo premettere che non sono stato mai favore­vole alla cotonicoltura in Sicilia non da ora ma da moltissimi anni e personalmente ho resistito alle sollecitazioni che mi si facevano perchè coltivassi il cotone. Ma la massa degli agricoltori, purtroppo, non ha resistito; pei’ di più lo scorso anno è stata fatta una cam­pagna da parte del Governo nazionale per in­citare gli agricoltori ad estendere .le coltiva­zioni di cotone. In alcune provincie, dove que­sta coltura è classica, quale quella di Trapani per esempio, la propaganda era praticata ad­dirittura con gli altoparlanti, che venivano portati in giro per le campagne, per esortare gli agricoltori a coltivare in Sicilia il cotona

Si sono alimentate le più rosee previsioni!-

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Resoconti Parlamentari — 3227 — Assemblea Regionale Siciliana

II Legislatura CVIII SKDUTA 6 N ovembre 1952

si sono incoraggiati gli agricoltori con la for­nitura del seme, con tutte quelle azioni di sti­molo e di propaganda, che, quando sono eser­citate dal Governo attraverso gli organi da lui dipendenti, finiscono col costituire un im­pegno preciso fra il Governo: stesso e quei contadini che le sue direttive hanno seguito.

Il Governo non aveva nessun, obbligo di diventare un propagandista della coltivazione del cotone e, se allora non avesse sostenuto questa propaganda, oggi avrebbe potuto guar­dare con un diverso atteggiamento, quelle che sono le legittime richieste dei produttori. Avrebbe potuto diré:, non c ’è una pianifica­zione, nessuno vi ha obbligato. Voi avete vo­luto coltivare il cotone; potevate trarre degli enormi guadagni e siete, invece, esposti ad una perdita. (E, ciò malgrado, il Governo avrebbe sempre avuto il dovere di interveni­re, a sostegno di un importante settore della agricoltura).

Dati i precedenti, invece, il Governo ha lo obbligo preciso di non lasciare andare alla deriva questi agricoltori che, soverchiamente fiduciosi e senza avere ottenuto alcun preci­so contratto di acquisto a prezzi predetermi­nati, hanno enormemente esteso la coltura del cotone non solo della provincia di Trapa­ni, ma anche nella zona di Gela e principal­mente nella provincia nostra di Catania.

Oggi si dice: i cotonifici trovano maggiore convenienza ad acquistare il cotone egiziano. Questo sarà vero, ma gli organi di Governo, quando l ’anno scorso fecero la propaganda, avrebbero dovuto prevedere che poteva es­sere introdotto in Italia il cotone egiziano’ o quello indiano, che hanno un costo di produ­zione di gran lunga inferiore a quello nostro.

E allora, onorevoli colleghi, specialmente colleghi della sinistra, la verità è un’altra: s'e froi continuiano a lasciare importare indiscri­minatamente in Italia dei prodotti coloniali e dei prodotti che sono il risultato del lavoro della mano d’opera coloniale, tutte le vostre aspirazioni e il vostro anelito, che è anche il nostro, verso l’elevazione e il maggior benes- sere dei lavoratori, sono condannati a cadere nel nulla, perchè la realtà economica porte- ra a questo: al livellamento dei compensi del nostro lavoro, al denominatore più basso del c°nipenso del lavoro coloniale, i cui prodotti ®rrivano fino all’interno del nostro Paese, per aim la concorrenza ai nostri prodotti.Queste sono verità elementari. Ora io sono

certo che lei, onorevole Germanà, conosce queste verità, conosce e sente la nostra ansia e il nostro disagio. Io so che Ella soffre come noi; ed anzi, se penso al partito dal quale pro­viene, dovrei dire che Ella soffre più di noi.

Noi chiediamo un’azione più energica del Governo regionale verso il Governo centrale; noi desideriamo che il Governo regionale non si consideri come una sottosezione, distacca­ta in una semicoloniale Sicilia, del partito che oggi governa, praticamente da solo, la Nazione; anche per il semplice fatto che la composizione di questa Assemblea è ben di­versa ' dell’attuale composizione del Parla­mento nazionale, il che significa che non vi è rispondenza fra la situazione politica nazio­nale e la situazione politica regionale. Di que­sto Governo facciamo parte noi monarchici, fa parte l’onorevole Germanà che, per quanto sia di sinistra, è mi liberale... (interruzioni) Dico di sinistra in omaggio a voi onorevoli colleghi della sinistra: un liberale di estrema sinistra, « ultravillabruniano ».

Del resto, una volta io fui considerato un agricoltore di estrema sinistra e per molti anni, sotto il decorso regime, non ebbi appro­vata dal Ministero delle corporazioni la mia nomina a presidente della Federazione pro­vinciale fascista degli agricoltori, perchè ero considerato eccessivamente amico dei lavora­tori.

La destra e la sinistra non hanno una defi­nizione che permane nel tempo, ma muta col mutare di esso. E giorni or sono l ’onorevole Colaj anni — che io ammiro sempre nei suoi brillanti interventi ricordava i nomi di al­cuni dei vostri predecessori, di alcuni socia­listi del 1890. Questi, che erano considerati dai settori della reazione dell’epoca come de­gli estremisti pericolosi, adesso, se tornassero in vita, sarebbero considerati da voi come pe­ricolosi reazionari ed a me toglierebbero il privilegio di essere da voi continuamente portato ad esempio come il mostro della rea­zione. (Si ride)

Mentre l ’onorevole Colajanni parlava io non lo interruppi, ma avrei voluto dirgli che fra cinquanta o sessanta anni i figli dei nostri giovani colleghi, forse, pensando a tutti voi, vi giudicheranno anche dei reazionari, per­chè non avrete seguito il cammino che le vo­stre teorie sociali sono destinate a percorrere con il tempo.

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Resoconti Parlamentari —- 3228 — Assemblea Regionale Siciliana

II L egislatura CVIII SEDUTA 6 N ovembre 195

PURPURA. Figurarsi quello che penseran­no di voi.

MAJORANA BENEDETTO. Questo non è detto con cattiva intenzione o con ironia. So­no constatazioni che noi dobbiamo fare per non far dimenticare alla destra e alla sini­stra come il progressismo e la reazione sia­no un prodotto dei tempi e procedano con lo evolversi dei tempi e col progredire della civiltà.

Dicevo, dunque, onorevole Germanà, che quello che noi domandiamo al Governo regio­nale è di far sentire la sua voce ancora più forte nei suoi rapporti col Governo centrale, per scongiurare l ’eventualità — e vorrei dire anche di più, ma mi dispiacerebbe di essere frainteso — che mi giorno l ’insufficienza del­l ’azione di difesa del Governo regionale pos­sa fare rimpiangere al popolo siciliano di avere costituito un Governo su determinate formule politiche e non, invece, un Governo di unità siciliana che, bandendo o accanto­nando le. divergenze politiche, abbia di mira la difesa degli interessi economici della Si­cilia.

Ora, io sono certo che lei onorevole Ger­manà...

Voce dalla sinistra. Sarà anticomunista.

MAJORANA BENEDETTO. Lasciamo sta­re l’anticomunismo. Anzi, a questo proposito, devo dire di più — 0 meglio ripetere quello che ho già detto — , cioè che il comuniSmo si fa ponendo la Sicilia in una situazione di disa­gio economico, e che, invece, si fa dell’anti- comunismo difendendo l’economia siciliana e mantenendo alti la prosperità ed il benessere, dell’agricoltura siciliana in particolar modo.

Dovrei parlare anche dei prodotti caseari, che costituiscono la maggiore ricchezza della provincia di Ragusa, della quale è qui araldo, il collega Antoci, che anche pochi minuti or sono esprimeva lo stato di disagio dell’indu­stria zootecnica della sua provincia. Anche per i prodotti caseari siciliani il mercato è depresso a causa delle difficoltà frapposte al­l ’esportazione.

Vorrei parlare ora di quel prodotto princi­pe, il più ricco della nostra agricoltura, quel­lo che sostiene tutta la nostra economia e consente di combattere la disoccupazione si­ciliana: gli agrumi: Ma dovrei ripetere ancora

una volta quello che ho già detto per altri prodotti della nostra agricoltura.

La situazione dei nostri agrumi è tutt’altro che rosea : mentre nuovi e ben attrezzati im­pianti sorgono ogni anno, sia in Sicilia che in talune zone dell’Italia meridionale, abbia­mo perduto i nostri maggiori mercati di espor­tazione; ed in quei mercati, nei quali abbia­mo ancora accesso, la concorrenza si fa sem­pre più aspra, essendo aumentato il numero dei paesi produttori, per gli impianti che van­no sorgendo specialmente in Africa setten­trionale. Sicché, mentre prima della guerra avevamo un’unica rivale nella Spagna, ora dobbiamo subire anche la lotta di concorren­ti temibilissimi, della nascente agrumicoltu­ra dell’Africa settentrionale.

Ed è inutile che io ripeta quello che ho detto per il cotone, perchè ne siamo tutti convinti: se noi dovremo vendere in concor­renza con gli agrumi prodotti in Tunisia e in Algeria, fatalmente dovranno cadere da noi i patti di lavoro, l’imponibile di mano d’opera, i contributi unificati.

Di fronte alla concorrenza di regioni che producono gli agrumi a basso costo per le loro stesse condizioni di arretratezza, i nostri agrumi, che hanno un costo maggiore appun­to per le nostre più evolute condizioni sociali, rimarranno invenduti.

Giorni or sono ho viaggiato sulla Catania - Palermo con il presidente della Camera di commercio di Siracusa, commendatore Innoti, che veniva dal Belgio; egli mi diceva che nel Belgio non si richiedono più i limoni siciliani, in quanto hanno raggiunto un prezzo che su­pera di cento franchi belgi quello degli altri limoni concorrenti. Questa è una realtà, una realtà grave.

Onorevoli colleghi, a questo punto vorrei terminare il mio discorso. Vi sarebbe da trat­tare un’ultima parte, l ’attuazione, della rifor­ma agraria; e veramente non avrei voluto occuparmene, appunto per la convinzione che su questo argomento mi sono formata.

L’anno scorso dissi: abbiamo qui fra u01 una bara che è la riforma agraria; seppellii' mola e non parliamone più. Non vorrei, per0’ essere frainteso. Con questo non intendevo che la riforma non si dovesse attuare; volevo anzi dire: attuiamo, una volta e per sempre questa riforma; rimuoviamo questa bara od, eternamente ci divide, che eternamente c

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Resoconti Parlamentari — 3229 — Assemblea Regionale Siciliana

CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952

fa contendere uno con l ’altro e ci distoglie dal nostro lavoro comune per la difesa della agricoltura siciliana!

Ed oggi vi ripeto lo stesso concetto; è una questione della massima importanza ed io desidero che il Governo sia esplicito e chiaro al riguardo.

E’ necessario svolgere un’assidua ed effica­ce opera per la difesa dell’agricoltura sicilia­na. So bene che l ’onorevole Germanà è in­tervenuto, allorché sono state importate quel­le poche diecine di quintali di arance ameri­cane. Ma non basta intervenire, si deve inter­venire e riuscire; si deve dire al Governo centrale che, se si continua ad agire come si­nora si è agito, trascurando di assicurare al nostro popolo i mezzi indispensabili di vita, noi siamo disposti ad arrivare a qualsiasi con­seguenza di natura politica, perchè noi siamo stati mandati qui per tutelare gli interessi del popolo siciliano e la Regione è stata costituita appunto per una difesa di questi interessi.

Se noi di questo mandato non ci avvarre­mo, onorevole Germanà, creda pure che gli agricoltori e i produttori, tra il discorso te­nuto dall’onorevole Restivo il giorno che sono state iniziate le assegnazioni di terra a Con­tessa Entellina e quello che, invece, diremo al popolo della trascuratezza nella difesa dei suoi interessi economici, sapranno certamen­te scegliere; e il popolo apprezzerà molto di più noi che vogliamo difendere il suo grano, il suo olio, il suo vino, il suo cotone, i suoi agrumi, piuttosto che coloro i quali credono di addormentarlo con la divisione di alcune migliaia di ettari di terreno, sui quali i lavo- ratori dovranno tanto faticare, per vivere una vita peggiore di quella che vivevano, quando mvece lavoravano in associazione con il ca­pitale.

Altri punti vorrei toccare. E’ stato espres­so ieri il senso di delusione degli agricoltori siciliani colpiti dalle alluvioni per i mancati interventi. E’ inutile che si palleggino le re­sponsabilità fra il Governo regionale ed il Governo centrale; la verità è una sola: che e alluvioni ci sono state, che le alluvioni lanno apportato danni per diecine e diecine 1 miliardi e che gli agricoltori non hanno

avuto niente o hanno avuto delle somme così sparute che costituiscono quasi una offesa, °n certamente un balsamo per sanare le fe-

hte dell agricoltura. E non interessi singoli

sono stati colpiti, ma quelli di intere zone, perchè le alluvioni hanno portato dei danni, la cui incidenza sulla produzione e sull’assor­bimento del lavoro siciliano è notevole.

E’ passato più di un anno da queste allu­vioni, come sono passati molti mesi dal terre­moto etneo. Che cosa si è fatto? C’è la legge 2 gennaio; si sono avuti degli interventi spa­ruti, in base a disposizioni date agli ispettori agrari di estendere con opportuni accorgi­menti una legge Ordinaria, che non era stata mai concepita per soddisfare a queste neces­sità; ma di concreto non abbiamo avuto nulla.

E noi questo dobbiamo dirlo chiaramente, perchè non soltanto le cose che possono far piacere vanno dette, ma principalmente quel­le che non possono fare piacere. Noi che sia­mo a contatto diretto con gli agricoltori e col popolo, come credo siano tutti i colleghi, quando andiamo in quelle zone ci sentiamo domandare: ma che cosa state a fare a Pa­lermo? Siete i nostri rappresentanti e non avete ottenuto nulla di rilevante.

Questa situazione ci pone in condizioni di disagio e, quando ve la esponiamo non vo­gliamo fare un appunto, una critica o un rim­provero, ma vogliamo rendere anche voi par­tecipi dello stato di accorato abbandono, nel quale si sentono lasciati gli agricoltori.

Vorrei ora accennare ad un’altra questio­ne, che ha notevoli riflessi sui costi di produ­zione; costi che non sono determinati soltan­to dall’incidenza delle quote spettanti al lavo­ro 1— che noi non vogliamo affatto toccare, perchè anzi chiediamo ai lavoratori di unir­si a noi per la difesa di un comune interesse — ma da tanti altri fattori, che incidono sul costo di produzione, prima di tutti quello della scarsezza del capitale, della onerosità del ca­pitale.

C’è, al riguardo, la legge Fanfani. Nessuno di voi penserà che io possa essere un amico dell’onorevole Fanfani. Non posso esserlo stato certamente dell’onorevole Segni, però sono obiettivo e devo riconoscere che, mentre l ’onorevole Segni non ha lasciato nell’agricol­tura italiana nessuna traccia che non sia dele­teria, l ’onorevole Fanfani sente la necessità di non adeguarsi al passato rappresentato dal­l’onorevole Segni e di svolgere una politica economica dell’agricoltura.

E, sotto questo aspetto, io debbo apprezza­re alcune sue iniziative. Non c’è dubbio che la legge Fanfani per il capitale a rotazione da

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II L egislatura . C V III S E D U T A (1 Novembre iggg

investirsi nella terra, se potrà contare su mezzi ancora più ampi di quelli che ha avuto assegnati, potrà contribuire al progresso del­l’agricoltura italiana. Ma, oltre questo, gli agricoltori chiedono un’altra cosa: termini di ammortamento molto più lunghi.

Gli investimenti in agricoltura non si pos­sono ammortizzare in cinque o sei anni. Forse la legge è stata congegnata con questi termi­ni di tempo, per poter fare « rotare » più ra­pidamente il capitale. Allora devo ribadire che, mentre il principio è lodevole e merita piena approvazione, insufficiente, però, è il periodo di ammortamento.

L’agricoltura non è l ’industria. Quando si parla di ammortizzare impianti irrigui in cin­que o sei anni si è fuori della realtà. In così breve periodo di tempo che cosa si può rica­vare ai fini dell’ammortamento del capitale? Assolutamente nulla.

L ’ammortamento del capitale deve essere a lunghissimo termine. Io, per esempio, sono un sostenitore della necessità della sistemazione dei nostri fabbricati rurali, perchè, quando giro per le nostre campagne, provo un vivo disagio nel vedere lo stato di arretratezza, le condizioni antigieniche dei fabbricati, di quei fabbricati nei quali vivono i contadini che ri­siedono stabilmente nel fondo oltre quelli che sono costretti a pernottarvi. Ma, se vo­gliamo sistemare l’edilizia rurale, dobbiamo avere a disposizione, non solo i capitali, e non solo i capitali a basso tasso di interesse, ma i capitali con un lunghissimo periodo di am­mortamento.

Vi è, poi, un altro capitale, che incide più di tutti e direttamente sulla produzione, ed è il capitale di esercizio. Malgrado da parte dei colleghi di sinistra si voglia credere, per ragioni propagandistiche si dica di credere, che questi esosi agricoltori nuotano nell’oro, la verità è che in Sicilia la proprietà agraria è senza denaro, come risulta dalla situazione ipotecaria, che può essere rilevata da tutti, come risulta dall’esposizione debitoria degli agricoltori.

Devo aggiungere che la proprietà in Sicilia è senza denaro non per il semplice fatto che mai la Sicilia è stata prospera e ricca e non è stata quindi possibile la formazione del ca­pitale, ma per un altro motivo: gli agricolto­ri siciliani, in collaborazione col lavoro sici­liano, appena hanno disposto di qualche ri­sparmio, hanno immediatamente investito

questo risparmio nella terra; anzi, è tale la loro ansia, la loro aspirazione alla trasforma­zione della terra, che i risparmi che non ave­vano se li sono procurati contraendo debiti a condizioni molto onerose.

Onorevoli colleghi, molto spesso si parla di quelle zone della Sicilia che sono state tra­sformate — ed ieri insistentemente vi accen­nava l ’onorevole Renda — ; ma bisogna ricor­dare che quelle zone sono state trasformate col lavoro e con l’impiego di capitali. Non si trattava di terre che dalla natura erano state create diverse da quelle della Sicilia del cen­tro. In quelle zone è stato possibile — per molte circostanze che è inutile sceverare una per una, perchè sono presenti al nostro spiri­t o — eseguire quelle trasformazioni che sonò state compiute; ma esse hanno inghiottito mi­liardi a centinaia e a migliaia.

Il capitale di .esercizio —• dicevo — è parti­colarmente costoso. La terra dà un reddito oltremodo basso e, quindi, non è possibile at­tingere, per il capitale di esercizio, al presti­to bancario, che in atto importa un onere va­lutabile, mediamente, al 9 per cento.

Il capitale di esercizio deve essere conces­so su garanzia, perchè gli istituti devono es­sere vigili custodi dei capitali ad essi affidati, ma deve essere concesso con un tasso di in­teresse adeguato alle possibilità della terra.

Render possibile un maggiore investimento di capitale nella terra, non solo sotto il pro­filo della trasformazione, della intensificazio­ne delle culture, ma sotto il profilo degli in­vestimenti di capitali di esercizio, significa creare i fattori per un maggiore assorbimento di lavoro e per una maggiore produzione ri­cavabile.

AI riguardo bisogna sottolineare che il maggiore aggravio alla produzione agricola siciliana deriva dal costo dei trasporti, che incide sul prezzo delle materie prime neces­sarie alla nostra produzione agricola: ad esempio, concimi ed anticrittogamici. Occor­rerebbe stabilire un prezzo unico nazionale, questa sarebbe la vera manifestazione della unità nazionale, della solidarietà nazionale. 1 concimi dovrebbero giungere in Sicilia L— e> anche nella Sicilia stessa, nei punti più l°n' tani delle fabbriche in atto esistenti — ad un prezzo unico. Lo stesso dicasi per. gli sX r crittogamici e per le macchine agricole. N°n è giusto che la nostra sfortunata configura?10'

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Resoconti Parlamentari - • 3231 - Assemblea Regionale Siciliana

Il legislatura CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952

ne geografica debba tradursi in un maggiore sgravio per l ’agricoltura siciliana.

Fra le condizioni che ostacolano l’incremen­to e lo sviluppo dell’agricoltura siciliana è anche la enormità del carico fiscale; carico

'fiscale che.non deve essere guardato — come molte volte, troppo superficialmente ai fa — tenendo conto soltanto dell’imposta fondia­ria, ma deve essere considerato nel suo com­plesso, comprendendovi le imposte comunali e provinciali, quelle connesse all’imposta per­sonale, quali sarebbero le tasse di trasferi­mento, di successione e donazione, l’imposta di famiglia, l ’imposta complementare, la stes­sa imposta patrimoniale.

Nè va dimenticato che l’imposta patrimo­niale sulla terra costituisce per l’agricoltura siciliana un peso di gran lunga maggiore di quello che la stessa imposta rappresenta per l’agricoltura settentrionale.

Anche l’imposta sul patrimonio è servita a togliere dal circuito economico dell’agricol­tura siciliana una massa imponente di denaro, che, se fosse invece rimasta in possesso dei proprietari terrieri, avrebbe potuto in massi­ma parte essere investita nel miglioramento della terra stessa.

A questo proposito, potrei richiamare alcu­ne osservazioni che io stesso feci in un lavo­ro pubblicato nel 1948, allorché si determina­vano i coefficienti da applicare agli estimi ca­tastali in Sicilia, per la determinazione della patrimoniale; osservazioni che ho visto nei giorni scorsi ripetuti su un giornale di Pa­lermo.

A me basta, però, accennare che quello che in quel modesto lavoro, al quale avevo ap­portato la mia collaborazione, si prevedeva potesse avvenire in effetti è avvenuto: cioè l’imposta patrimoniale in Sicilia costituisce Per la proprietà immobiliare un aggravio maggiore che non in altre regioni; il che è ln netto contrasto con quel concetto di giusti­zia distributiva che deve uguagliare tutti i contribuenti di fronte allo Stato.

Adesso vorrei venire all’ultima parte: dirò qualcosa della riforma agraria. La riforma agraria si deve guardare sotto due aspetti: sotto l’aspetto della riforma contrattuale, del- a quale la Commissione ha iniziato lo studio, e sotto l’aspetto dell’attuazione della riforma Agraria propriamente detta, già votata da que-

Assemblea.Debbo dire che le recenti sentenze della

Corte di Cassazione — quella del 1950 e una proprio di questi giorni, che credevo di avere fra le mie carte e che mi dispiace di non tro­vare e di non potere leggere, ma che del re­sto i colleghi ormai conoscono — pongono noi in una condizione di perplessità e di scora­mento.

E non devono credere gli onorevoli colle­ghi che questo sia motivo di compiacimento per me o per quella classe che io rappresen­to; perchè non è detto che le leggi che noi ab­biamo fatto e quelle che ci accingiamo a fare debbano essere, per questi stessi interessi economici, interessi rispettabili, peggiori o migliori delle analoghe leggi statali. Quindi, io prescindo dalla valutazione di queste leggi nei confronti della difesa degli interessi par­ticolaristici, e le considero per i loro riflessi sull’attività e sulla potestà della Regione.

Noi siamo assolutamente disorientati; pen­siamo quanti anni di lavoro sono stati spesi da noi e quanti altri anni ci accingiamo a spenderne, per creare una legislazione agri­cola siciliana. Ma le ultime due sentenze del­la Cassazione, la più recente specialmente, ci pongono in una situazione di disorientamen­to e di disagio.

Noi ci accingiamo a discutere ed approvare una legge sui contratti agrari, quando sap­piamo che, in base all’ultimo insegnamento della Cassazione, la Magistratura a questa legge non darà corso. Altro che le lungaggini giudiziarie di cui si è lamentato l’onorevole Antodi Qui ci sarebbe addirittura la dene­gazione della applicabilità della nostra legge, così come è già avvenuto per altre leggi re­gionali.

Allora noi che cosa dobbiamo fare? Dobbia­mo chiedere al Governo che vengano chiari­ficati questi rapporti fra Regione e Stato; dobbiamo sapere quali sono i limiti della no­stra potestà legislativa. Perchè, onorevoli colleglli, nel diritto privato le leggi devono essere chiare, certe, semplici. Il cittadino deve conoscere quali sono i suoi diritti e i suoi do­veri. Tutti noi dobbiamo sapere qual’è la nor­ma che regola la convivenza in questa collet­tività nazionale.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Una volta Ella la pensava diversamente. Una volta era del­l’idea che questa confusione giovasse.

Resoconti, f. 441 (700)

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II L egislatura CVITI SEDUTA 6 Novembre 1952

Resoconti Parlamentari — 3232 — Assemblea Regionale Siciliana

MAJORANA BENEDETTO. No, onorevole Assessore, non l ’ho mai detto. Forse, se le hanno riferito questo, lo hanno fatto a torto. Vorrei che mi indicasse da quale mia manife­stazione scritta 0 verbale possa sorgere que­sto assurdo.

Comunque, pure ammesso che, non io, ma qualche altro abbia detto che questa confu­sione poteva essere giovevole, io e tutti noi come deputati abbiamo il dovere non solo di dire che confusione non ci deve essere, ma di operare perchè se confusione c’è, sia eli­minata e perchè, in ogni caso, i pericoli di confusione siano prevenuti in tempo.

Il cittadino — ripeto — deve conoscere le norme che regolano la sua convivenza nella collettività nazionale; si deve sapere, quando si stipula un contratto, da quale legge esso è regolato, se da una legge nazionale 0 da una legge regionale; perchè altrimenti il conflit­to fra le due competenze diventerebbe un al­tro elemento di agitazione sociale e di conflit­to fra le varie classi sociali.

Se dovesse verificarsi quell’ipotesi ■— della quale Ella, onorevole Germanà, affermava a torto che io potessi compiacermi — che, cioè, una parte o l’altra avesse la possibilità di ec­cepire la legge nazionale 0 la legge regionale, secondo la maggiore convenienza nel caso specifico, non vi sarebbe più un diritto uni­forme per tutti i cittadini, ma un prodotto di litigiosità e di scaltrezza, della maggiore 0 minore bravura degli avvocati a cui ci si ri­volge. Le leggi devono essere come le leggi di Mosè che erano semplici, chiare: delle ta­vole con poche disposizioni, su cui il popolo ebraico aveva regolato la sua vita.

Noi sappiamo che i tempi hanno cammina­to e oggi non potremmo solo sulle tavole di Mosè regolare le nostre leggi; ma vogliamo che le « tavole di Mosè », pur riportate al no­stro secolo, siano assai poche e non un’infini­tà. Noi non vogliamo che una tavola cozzi contro l’altra, perchè questo tornerebbe a danno della pacifica convivenza dei cittadini.

Ma tra la Regione e lo Stato c’è un altro conflitto, che già fu portato a questa tribuna da una interrogazione dell’onorevole Napoli e che è stato ieri ripreso dall’onorevole Re­cupero; ed è il conflitto tra la legge di ri­forma agraria siciliana, vanto di questa As­semblea, e la legge dell’Opera nazionale com­battenti.

Questo conflitto ha avuto il suo divulgatore in un uomo, che per molti aspetti è assai lon­tano dalla mia mentalità e dalle mie idee parlo dell’onorevole Enrico La Loggia, il qua. le su questo argomento ha scritto addirittura una pregevole monografia.

Penso che molti colleghi conosceranno la situazione; comunque la espongo per sommi capi. In Sicilia dal 1950, proprio in concor­renza con la riforma agraria, sii cominciò a dare attuazione ad una certa legge sull’Opera combattenti, il cui regolamento rimonta al 1926. Questa legge prevedeva che l ’Opera stes­sa potesse perseguire determinate sue finalità — tra cui quella di promuovere la piccola proprietà coltivatrice a favore degli ex com­battenti e quella di dare contributi alla tra­sformazione fondiaria —■ e che, in ultimo, po­tesse espropriare non solo le terre non rica­denti nei comprensori di bonifica, ma qual­siasi terreno suscettibile di trasformazione fondiaria.

Sicché, l’Opera nazionale combattenti ave­va il diritto di fare quello che fa oggi l’Ente per la riforma agraria in Sicilia, anzi in mi­sura maggiore, perchè l’E.R.A.S. deve agire con le cautele, le garanzie, le modalità che sono state stabilite nella nostra legge e deve rispettare una determinata quota dei patri­moni da espropriare, mentre l’Opera nazio­nale combattenti può agire anche fuori dei comprensori di bonifica, su tutti i terreni su­scettibili di trasformazione fondiaria.

In altre parole, tolti i vigneti, gli agrumeti, gli uliveti, i mandorleti specializzati, l ’Opera nazionale combattenti potrebbe estendere i suoi scorpori su tutta la Sicilia. L’unico limite a questa azione dell’Opera combattenti è dato dal regolamento stesso della citata legge, il quale prevede che l’Opera, per chiedere l’e­sproprio, l ’attribuzione dei terreni1—• che po­trebbe ottenere attraverso l ’esproprio ovvero contro pagamento di un canone enfiteutico, od anche in assegnazione per un determinato numero di anni — dovrà presentate il pian0 di trasformazione al Ministero dell’agricoltura che, esaminatolo, lo approva 0 lo respinge- Esperita questa procedura l’Opera comt>at' tenti comunica la sua intenzione di ottenere l’attribuzione del fondo al proprietario inte­ressato, il quale deve rivolgersi, se ritiene di opporsi, ad una Commissione centrai® arbitrale che siede a Roma. .

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Resoconti Parlamentari - 3233 — Assemblea Regionale Siciliana

H Legislatura :■ CVIlf SEDUTA . . 6 N ovembre 1952

Tutto ciò è in perfetto contrasto non solo con la nostra legge di riforma agraria (anche nei suoi singoli titoli; sia il terzo che, princi­palmente, il primo), ma. è altresì in contrasto nettissimo con la nostra autonomia nel campo .dell’agricoltura: e non sotto un profilo sul quale si possa sofisticare, come avviene per le due citate sentenze della Cassazione nelle quali si dichiara che la Regione può legiferare in materia di agricoltura, purché non tocchi i diritti privati e si limiti strettamente ad una legislazione diretta allo sviluppo, ed al potenziamento dell’agricoltura siciliana.

La legge sull’Opera nazionale combattenti interferisce proprio in questo campo. C’è un ente nazionale il quale predispone i progetti di trasformazione, che intende eseguire sui terreni dell’Isola, ma questi progetti non li presenta a chi è il responsabile dell’agricol­tura siciliana, cioè all’onorevole Germanà, ma al Ministro dell’agricoltura, onorevole Fan- fani. E l ’onorevole Fanfani, ignorando i saggi propositi dell’onorevole Germanà per l’appli­cazione dei piani di attuazione e delle norme di buona coltivazione, stabilisce se questo o •quel terreno debba essere trasformato, non secondo la legge siciliana, non secondo i pia­ni di trasformazione siciliani, ma secondo i piani che, nell’ignoranza di queste norme si­ciliane, sono stati predisposti al Centro e la cui attuazione il Ministro dispone in Sicilia.

Mi compiaccio del fatto che mentre dico queste cose l’onorevole Germanà si sia allon­tanato dal banco di Governo e si sia portato nel vano del balcone, forse anche per nascon - dere così le ripercussioni che questo nuovo affronto all’autonomia siciliana deve arreca­ne nel suo animo, non solo in dipendenza del suo passato politico — che, del resto, sotto l’aspetto della difesa degli interessi della Si­cilia e dell’autonomia siciliana è comune a tutti noi — , ma specialmente a causa del di­sagio che, come Assessore all’agricoltura, de- "ve provare nel vedere il suo maggior collega, onorevole Fanfani, sottrargli la terra, sulla quale egli dovrebbe applicare i piani di tra­sformazione, che i suoi uffici hanno redatto; e nel vedere invece applicare i piani redatti M ’Ufficio centrale dell’Opera combattenti, aPprovati dal Ministro Fanfani.

Si è obiettato, al riguardo, che nel trapas­so dei p0terp fra Stato e Regione fu esclusa Opera nazionale combattenti, come fu esclu-

Sa la Federazione dei consorzi agrari. Siamo

d’accordo. Ma fu escluso il controllo dell’au­torità regionale sulla gestione amministrati­va di questi due enti, che sono a carattere na­zionale.- Qui, invece, si tratta di ben altro; a me sembra che si sia ricreato il beneficio di quéi fori speciali, di quelle magistrature spe­ciali che esistevano nel medio evo.

Nel medio evo, se un sacerdote compiva un delitto, non poteva essere giudicato dal giu­dice ordinario, ma dal tribunale speciale per i sacerdoti. Così per altre categorie. Tutti questi privilegi finirono con l’essere distrut­ti dalla Rivoluzione francese e ne nacque quel nuovo ordinamento che può essere condensato nella massima democratica: la legge è ugua­le. per tutti. Invece, a quanto pare, per il caso di cui ci. occupiamo, questa massima è priva di valore: la legge non è uguale per tutti, per­chè l’Opera combattenti ha diritto di svolge­re la sua attività in Sicilia, con il privilegio di non essere sottoposta alle leggi regionali.

Su questo punto richiamo l’attenzione del­l’onorevole Germanà, ma fin dal gennaio 1951, durante la scorsa legislatura, l ’onorevole Be­neventano, con una interrogazione, richiamò su questo stesso argomento l ’attenzione del Governo. E su di esso abbiamo insistito l’ono­revole Beneventano ed io ed altri colleghi in innumerevoli colloqui, che abbiamo avu­ti anche con l’onorevole Restivo e con i suoi consiglieri tecnici e giuridici. Non compren­diamo perchè le cose siano giunte a questo puntò. :

Dobbiamo considerare la questione sotto lo aspetto sia del contrasto fra i due enti espro- priatori e scorporatori, che è stato messo in risalto dall’onorevole La Loggia, che dell’al­tro contrasto derivante dell’applicazione in Sicilia di piani di trasformazione disposti da­gli organi regionali, da una carte, e di piani di trasformazioni disposti dal Ministero della agricoltura, dall’altra.

E non si può negare il successo di queste prime iniziative dell’Opera combattenti, che investono oltre tre mila ettari di terreno. Questo, mentre voi. andate cercando con il lanternino e contendendo al proprietario un èttaro qui e uno lì, per riuscire a gonfiare il più possibile l’ammasso delle terre scorpo­rate. Intanto lasciate che tre mila ettari di terra già compresi nei piani di conferimento pubblicati nella Gazzetta Ufficiale siano tol­ti all’E.R.A.S. e passino all’Opera combatten­ti, la quale li sta distribuendo, essendone già

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II L egislatura

Assemblea Regionale Siciliana

CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952

entrata, per la massima parte, in possesso, malgrado l’E.R.A.S. sia intervenuto, attraver­so un suo legale, per tentare invano di far differire la presa di possesso.

Questi terreni vengono distribuiti non già in base alle norme contenute nella legge di riforma agraria, non già a lavoratori iscritti negli elenchi previsti dalla legge stessa, ma, più semplicemente, ai soci dell’Opera com­battenti, alcuni dei quali sono proprietari. Taluni della zona di Francofonte sono addirit­tura proprietari di agrumeti. Ce n’è uno che si dice sia proprietario di due o tre ettari di agrumeti, cioè, ha una posizione economica di parecchi milioni.

CIPOLLA. A Mussomeli ci sono casi piùgravi.

PRESIDENTE. Questo dipende dal modo come si fanno gli elenchi.

MAJORANA BENEDETTO. Sono d’accor­do: bisogna rivedere gli elenchi per eliminare coloro che vi sono stati-iscritti indebitamente ed anche per iscrivervi coloro che ne sono stati ingiustamente esclusi. Ma, nel caso in specie, gli elenchi non c’entrano. L ’opera combattenti assegna le terre ai suoi soci. Que­sti possono già essere proprietari di tre, quat­tro ettari ed arricchirsi anche di questi altri terreni; e, siccome non è previsto un limite massimo di superficie, teoricamente un socio dell’opera combattenti, che possiede tre quat­tro ettari, ne può ottenere altri dieci.

Ometto di leggere le conclusioni dell’onore­vole La Loggia padre, perchè credo che il suo scritto sia a conoscenza dell’onorevole Ger- manà e dell’onorevole Restivo. Mi preme, in­vece, soffermarmi su un fatto ancora più gra­ve: l’onorevole Restivo, di intesa naturalmen­te con l’onorevole Germanà e con tutto il Go­verno 1— il provvedimento andò diverse vol­te in Giunta —, alla fine di maggio emise un decreto che mirava al coordinamento delle due leggi. Questo decreto fu impugnato dal Commissario dello Stato. L’onorevole Resti­vo, sembra su consiglio dei suoi organi giuri­dici, si affrettò a ritirare il provvedimento. E poiché un nuovo provvedimento, non è sta­to più presentato, praticamente si è confessa­to, attraverso, appunto, il ritiro del provve­dimento e la mancata emissione di un nuovo provvedimento, che la Regione non può op­porsi.

In parole povere si è autorizzata l’opera combattenti ad entrare in gara con l’onorevo­le Germanà e col commendatore Corona a chi fa più presto ad impossessarsi della terra. E quando vi dico questo, non difendo nessun interesse particolare, perchè, come ho pre­messo, questi terreni erano già compresi nei piani di conferimento.

ICIPOLLA. Parzialmente, molto parzial­

mente.

MAJORANA BENEDETTO. Quelli di Si­racusa, per esempio, tutti; e avrebbero potu­to esservi compresi indubbiamente i 2mila settecento ettari della provincia di Caltanis- setta. Sono quelli di Palazzello, mi pare. Sono- terreni che si stanno distribuendo con criteri diversi da quelli stabiliti nella legge di rifor­ma agraria.

Torno, ancora una volta e in una maniera più esplicita di quanto non ha fatto ieri l’ono­revole Recupero, a richiamare l’attenzione del Governo su questa situazione e a chiedere che sia sanata, perchè, se lasceremo l’Opera combattenti libera di continuare in questa iniziativa, credo che l’anno venturo, quando l’onorevole Germanà ci presenterà un nuo­vo riassunto, una nuova relazione finale sui terreni scorporati, forse quelli scorporati dal­l ’Opera combattenti potranno essere assai di più di quelli che, invece, l ’onorevole Germa­nà potrà far attribuire all’E.R.A.S..

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al- Vagricoltura ed alle foreste. Me lo auguro. (Commenti)

MAJORANA BENEDETTO. Non può dire che se lo augura. Non può augurarsi che Ie­ri distribuzione della proprietà in Sicilia si faccia in base ad una legge che non sia quella regionale.

FRANCO. Tanto vale, allora, smobilitare l’E.R.A.S..

D’ANTONI. Smobilitiamo l ’E.R.A.S. allora; eliminiamo una spesa inutile! Smobilitia®0’ il Governo regionale addirittura! (Discussio­ne in Aula)

MAJORANA BENEDETTO. C’è ancora uff altro aspetto della questione da considerare-

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Resoconti Par lamentavi , 3235 — Assemblea Regionale Siciliana

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nelle zone ricadenti nell’ambito della legge stralcio, il Ministero dell’agricoltura ha proi­bito all’Opera combattenti di continuare a chiedere terreni. Questo in Sicilia non è sta- to proibito.

Mi dispiace di non avere qui con me la lettera dell’onorevole Fanfani, ma gliela farò avere, onorevole Germana. La Confederazio­ne degli agricoltori aveva segnalato al mini­stro Fanfani l ’assurdità del fatto che in Si­cilia — che può essere considerata alla stessa stregua delle altre zone d’Italia in cui si ap­plica la legge stralcio, in quanto tutta la su­perficie siciliana è sottoposta a una legge di scorporo — si attuasse la legge sull’Opera combattenti, in concorrenza con la legge di riforma agraria, quando le due leggi sono ispirate alle medesime finalità: costituzione della piccola proprietà contadina, trasforma­zione e intensificazione delle colture.

Il Ministro Fanfani ha risposto che la leg­ge dello Stato è preminente su quella della Regione siciliana; che male ha fatto la Re­gione siciliana, se nella legge di riforma agra­ria non ha tenuto presente che esisteva la leg­ge dell’Opera combattenti, la quale deve re­stare salva ed impregiudicata dalla legge della riforma agraria, e che, quindi, il Ministero continuerà, quando sia il caso, ad applicare la legge sull’Opera combattenti emanata an­teriormente alla legge di riforma agraria.

_ GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. In che data è la lettera?

MAJORANA BENEDETTO. E’ di pochi Blesi or sono.

Quanto ho esposto potrebbe portare ad al­tre considerazzioni, sulle quali forse dovrei sorvolare. Non sono qui, però, per difendere un interesse, che potrebbe essere di singoli, Ha per difendere le nostre direttive comuni di azione. Ritengo, perciò, necessario far os­servare che i proprietari che debbono ancora subire lo scorporo — e voi ancora state stu­diando il modo di raggiungerli con i relativi decreti, perchè, oltretutto, occorre del tempo Per individuarli — riusciranno, intanto, a Battersi d’accordo con delle cooperative di combattenti, facendosi espropriare le loro erre da queste cooperative ed ottenendo in- ennizzi maggiori. Infatti, l ’indennizzo corri- Posto dalla Opera combattenti è di gran lun­

ga superiore a quello previsto per lo scorporo dàlia nostra legge di riforma agraria che inol­tre viene pagato in titoli e in base a deter­minati coefficienti di valutazione. L’Opera combattenti paga, invece, in denaro e paga un indennizzo equivalente al reddito ordina­rio che il terreno è suscettibile di dare. In breve, si tratta di indennizzi che rappresen­tano il triplo o il quadruplo di quelli che l ’E.R.A.S. corrisponde.

Da tutto ciò scaturisce ima considerazione ; se, in base alla legge di riforma agraria, i terreni vengono scorporati ad un prezzo che consente di assegnarli a buon mercato, quan­do una parte di questi terreni venga sottrat­ta dall’Opera combattenti, ne risulta, per quella parte, diminuito il vantaggio che pote­va derivarne ai lavoratori siciliani

Vengo, ora, alla conclusione, soffermando­mi brevemente sui tre titoli della riforma agraria.

Lungi da me l’idea di parlare contro i piani di trasformazione o di obblighi di buona con­duzione. Ho, però, l’impressione che queste norme siano state formulate in base a criteri soverchiamente teorici e, per molti aspetti, non rispondenti alla realtà della situazione della nostra agricoltura. Io vorrei chiedere ai tecnici che hanno compilato questi piani se -ci possono fornire un altro piano: quello delle centinaia di miliardi, che si dovrebbero investire da parte dei privati in questa tra­sformazione e ad un termine brevissimo.

L ’onorevole Ovazza nella sua relazione di minoranza, ha parlato di 170miliardi soltan­to per la parte relativa ai terreni compresi nei comprensori di bonifica; ma si sostiene da parte di tecnici che il complesso dell’inve­stimento privato per la attuazione dei piani di. trasformazione ammonterebbe in Sicilia ad oltre 400, 500miliardi. Io faccio allora una altra osservazione. Si è parlato molto dei 75 miliardi che la Cassa del Mezzogiorno ha messo a disposizione per la esecuzione dei la­vori nelle zone scorporate; ma che cosa sono, che cosa rappresentano i 75miliardi di que­sto ente mastodontico, con possibilità presso a poco illimitate, difronte ai 400miliardi, che dovrebbero essere forniti dal capitale privato. Allora onorevole Germanà siamo fuori dalla realtà.

GERMANA’ GIOACCHINO, Assessore al­l’agricoltura ed alle foreste. Quattrocento mi­liardi; ma in dieci anni.

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Resoconti Parlamentari . ■ -«— 3236 — Assemblea Regionale Siciliana. —— ■ ■ • ' ' ' . ' ~ ^ ^

II Legislatura CVIII SEDUTA 6 Novembre 1952

MAJORANA BENEDETTO. Non sono die­ci anni, perchè per molti lavori sono previsti termini, che in alcuni casi non vanno oltre i tre anni.

Comunque, c’è una realtà economica, che a me pare non sia stata tenuta in debita con­siderazione, anche in rapporto alla situazio­ne contingente di crisi dell’agricoltura, sulla quale mi sono già intrattenuto. Ed allora dob­biamo dire chiararmente, onorevole Germa- nà, che l’ulteriore scorporo previsto a carico degli inadempienti, deve essere interpretato appunto come misura punitiva, nei confronti di coloro che, pur potendo fare, non vogliano fare; ma che non dobbiamo cercare di avva­lerci del primo, del secondo titolo della rifor­ma agraria, per fare un secondo scorporo do­po il primo scorporo previsto dal tito.lo terzo.

Ultima questione: il titolo terzo. La bara che dovevamo seppellire l’anno scorso è an­cora fra noi. L’onorevole Germanà si è ac­cinto a seppellirla.

Al riguardo, devo ripetere ancora una vol­ta che la nostra opposizione alla riforma agra­ria non è stata una opposizione al concetto produttivistico che, ad integrazione di un con­cetto sociale, doveva presiedere alla realizza­zione della riforma agraria; la nostra opposi­zione era, ed è, rivolta a quella riforma agra­ria, che fu congegnata nelle famose tabelle del professore Segni e che la Regione siciliana si limitò a recepire praticamente senza al­cuna modifica 0 apportandovi delle modifiche, che, a causa forse della affrettata discussione e per la contraddittorietà fra i vari articoli, in effetti oggi si rivelano in molti casi non ri­spondenti alle finalità, che i nostri colleghi della prima legislatura credettero di raggiun­gere.

Comunque — lo ripeto ancora una volta ■— è inutile indugiare in questo esame. La legge è quella che è, e noi desideriamo che la legge, come tale, sia applicata.

La legge di riforma agraria deve costituire una sistemazione definitiva della proprietà in Sicilia, ed in questo sono in contrasto con lo onorevole Cipolla; e gli sono grato anzi della chiarezza con cui altre volte ha manifestato al riguardo il suo opposto pensiero. Noi pen­siamo, invece, che per la Costituzione la pro­prietà privata è riconosciuta, garantita e ri­spettata ed anzi, in quanto piccola e media proprietà, addirittura protetta.

La grande proprietà è finita con lo scorpo­

ro, che mira appunto alla eliminazione di essa; e la proprietà residuata dallo scorporo è, quindi, la proprietà riconosciuta e protetta dalla Costituzione. Essa non può essere, per- ciò, ulteriormente soggetta ad altre leggi di riforma agraria sia totale che parziale, perchè la Costituzione prevede una sola riforma agra­ria e non ‘leggi di riforme agrarie a getto continuo; se così fosse, verrebbe a mancare il fondamento della proprietà privata, che sebbene possa essere da alcuni deprecata 0 combattuta, tuttavia, per la volontà della maggioranza, espressa attraverso coloro che il popolo elesse a suoi rappresentanti nella Assemblea costituente, è invece ammessa, ri­conosciuta, protetta dallo Stato.

Dobbiamo, pertanto, considerare quella leg­ge di riforma agraria come una legge defini­tiva, e noi desideriamo che quella legge si ap­plichi.

Se ne è iniziata l ’applicazione; sappiamo quali sono le grandi difficoltà che gli uffici hanno dovuto e devono superare. Io credo di vedere nell’onorevole Germanà, anche nel suo aspetto esteriore, un riflesso del lavoro improbo, al quale egli si è sobbarcato. Dopo le vacanze ho trovato l’Assessore Germanà molto più dimagrito e ho pensato per asso­ciazione di idee all’Aga Kan, che ogni anno si presenta ai suoi sudditi per essere pesato e riceve dai suoi sudditi un compenso in oro uguale al suo peso. Se, però, l ’onorevole Ger­manà dovesse chiedere al popolo siciliano un compenso per il suo lavoro, dovrebbe essere pagato per la differenza di peso in meno, che rappresenta il contributo fisico che egli ha dato al popolo siciliano nell’espletamento del­la sua missione.

Comunque, io non posso non constatare a quale fatica l’onorevole Germanà si sottopone; fatica indubitabile, fatica che nasce dalle dif­ficoltà, che egli deve ogni giorno sormontare. E penso allo scontro, che si deve continua- mente compiere nel suo cervello, fra quelli che potrebbero essere i suoi sentimenti l i ­berali, pur di sinistra, e il suo dovere di As­sessore, nell’applicare una legge, che *— con­sentitemi di dirlo — è la negazione dei pr®' cipi liberali che egli, come molti altri, pr°' fessa.

Ieri guardavo l’onorevole Germanà e, P01' chè egli è calvo come me >— solo perchè son calvo anch’io, mi permetto di fare questo ri­ferimento scherzoso — pensavo alle tempeste

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3237 — Assemblea Regionale SicilianaResoconti Parlamentari

Il Legislatura CVIII SEDUTA 6 Novembre 1952

che si son dovute scatenare in questo cranio calvo, alle tempeste che vi hanno turbinato nei mesi scorsi, alle tante cose che hanno sconvolto la coscienza del nostro Assessore all’agricoltura. Penso, infatti, o almeno mi auguro, molte volte, applicando taluni prov­vedimenti, egli debba provare lo stesso disa­gio che proverebbe ogni altro liberale. Non parlo di me che sono fuori della possibilità di simili paragoni.

I nostri punti di dissenso, onorevole Ger- manà, sull’applicazione che voi state dando a questa legge sono tre soli: validità delle vendite dopo il 27 dicembre; punto importan­te questo.

Secondo punto, di minore importanza, per­chè riguarda pochissimi casi, è che a parere nostro, per gli atti anteriori al 31 dicembre 1949, si debba fare riferimento alla data cer­ta, risultante dal rogito notarile, e non alla data di registrazione; e che questa debba va­lere solo per eventuali comnromessi di ven­dita stipulati prima del 31 dicembre, ma re­gistrati dopo. Perchè la registrazione non ha nessun effetto sulla validità degli atti fra le parti contraenti e nei confronti dei terzi; la registrazione è soltanto l’adempimento di un obbligo fiscale : come si pagano le imposte alle scadenze bimestrali, così l’atto di trasferimen­to deve essere sottoposto al pagamento di una tassa di registro, che va pagata nei termini stabiliti dalla legge di registro.

Terzo punto: noi vorremmo maggiore con­tatto fra l’E.R.A.S. e i proprietari. Non mi posso lagnare dello spirito di comprensione

, dell’onorevole Germanà, il quale non caccia dal suo ufficio gli scorporandi che chiedono di essere ricevuti da lui e che vogliono sotto­porre alla sua attenzione delle particolari condizioni. Evidentemente, però, noi avrem­mo desiderato — come ha detto giustamente tèri l’onorevole Santagati Antonino — che lo scorporo non fosse fatto con odio e con acri­monia, ma che fosse impostato su una colla­borazione nella difesa della legge di scorporo, spiale essa è, e della tabella Segni.

Questo manca: e noi vorremmo pregare che questo non manchi ulteriormente. Noi vorremmo che l ’onorevole Germanà dispo- nesse, o meglio, più che disporre, desse un nuovo spirito all’E.R.A.S., uno spirito di col­orazione, uno spirito di comprensione re- l'proca con i proprietari: uno spirito che por- 1 allo studio di piani di scorporo non compi­

lati sulla muta mappa catastale, ma ispirati, invece, alla realtà economica dell’azienda agricola, alle condizioni necessarie per la fun­zionalità della residua azienda agricola.

Questi tre soli sono i punti che sottoponia­mo alla sua attenzione, onorevole Assessore. Se Ella è d’accordo con noi su questi tre pun­ti, noi ci auguriamo che lo scorporo venga espletato per intero prima dell’anno venturo; ci auguriamo che l’anno venturo l’aria di que­sta Assemblea possa essere sgombra...

CIPOLLA. Su questo siamo d’accordo.MAJORANA BENEDETTO. Sul primo di

questi tre punti, quello di maggiore dissenso, vorrei aggiungere ancora soltanto una •cosa. Non tratterò la questione giuridica. Ieri l ’ha svolta ampiamente l’onorevole Santagati, nè a me essa interessa- eccessivamente. A me, come deputato, interessa il fondamento della questione e non il suo aspetto giuridico, che potrebbe anche essere considerato come un cavillo. E il fondamento della questione è questo: moralmente gli agricoltori hanno an­ticipato la riforma agraria.

Gli agricoltori non avrebbero stipulato gli atti che hanno stipulato, se non ci fosse stata la riforma agraria. Si tratta non di atti indi- scriminati, ma di atti che furono compiuti previo l’adempimento di modalità minuziose e di tutte le formalità della legge sulla costi­tuzione della piccola proprietà contadina (il fondo doveva essere adeguato alla capacità di lavoro dell’acquirente e idoneo a costituire la piccola proprietà contadina, l’acquirente do­veva essere contadino e lo doveva dimostrare, il proprietario non doveva avere venduto al­tre terre nei due anni precedenti etc.). Furono costituite addirittura delle commissioni, che preventivamente dettero il loro consenso agii atti. (Interruzioni) Questi atti venivano, uno per uno, autorizzati con apposito verbale, tan­to che il fìsco...

CIPOLLA. Chi c’era in quelle commissioni?MAJORANA BENEDETTO. C’eravate an­

che voi!Gli organi fiscali — dicevo ■—-, che voi sa­

pete quanto rigidi tutori siano di ogni norma cautelativa della legge,, specie se questa im­porta una perdita per lo Stato, hanno re­gistrato quegli atti in esenzione dalle imposte, perchè hanno riconosciuto che essi erano per­fettamente in regola con tutte le condizioni

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Resoconti Parlamentari — 3238 — Assemblea Regionale Siciliana

II L egislatura CVIII SEDUTA 6 N ovembre 1952

stabilite dalla legge.Molti contadini così già hanno avuto le

terre; ed in molti casi si tratta degli stessi contadini che già si trovavano nelle terre. E, sebbene da parte di alcuni colleghi della sini­stra, quando si tratta questo argomento, si ci­tano una infinità di atti, alcuni dei quali, non lo nego, possono essere stati onerosi, ora la verità si è che...

CIPOLLA. Facciamo una inchiesta parla­mentare.

MAJORANA BENEDETTO. Sono d’ac­cordo.

CIPOLLA. E anche l’Assessore è d’accordo? (Cedimenti)

MAJORANA BENEDETTO. Se noi potes­simo con mia inchiesta risolvere questa que­stione io sarei ben lieto di aderire all’iniziati­va. Come voi avete citato atti particolarmente onerosi io posso citarne altri di ben diverso genere : atti stipulati da agricoltori che mi sono molto vicini, col suo compagno di fede politica e di attività sindacale, professore Ma­rino, dove si parla di canoni di 95 chilogram­mi di grano per ettaro. Ve ne sono altri, sti­pulati nella zona di Siracusa, a un terraggio a salma. Sono canoni bassissimi, canoni che non credo abbiano posto i contadini in uno stato di inferiorità rispetto a quelli che po­tranno avere la terra in base alla legge di ri­forma agraria.

Bisogna poi considerare che, attraverso questi trapassi di terra, abbiamo anche dimi­nuito la necessità di investire denaro per lo acquisto, perchè moltissimi di questi trasfe­rimenti sono fatti per canoni enfiteutici.

Io non generalizzo, onorevoli colleghi della sinistra, e non dico che i trasferimenti siano stati fatti tutti a condizione onerose come non dico che tutti siano stati fatti a condizione vantaggiose. Per la mia larghezza di vedute, che mi pone in uno stato di isolamento anche nei confronti di alcuni miei amici, vi dico, però, che, se i trasferimenti fossero stati fat­ti a prezzi eccessivi, allora verrebbe a man­care la condizione essenziale dell’applicabi­lità della legge sulla costituzione della pic­cola proprietà contadina. Tale legge, infatti, voleva essere una facilitazione, un avvia­mento, un’anticipazione all’attuazione della riforma agraria e, quindi, non avrebbe potuto essere in contrasto con essa, per quanto ri­

guarda le condizioni alle quali i contadini avrebbero avute le terre.

Se noi ci troviamo di fronte a questi atti esosi — diciamola pure questa parola —, i0 non mi sentirei di difendere la validità dì que­sti atti per quanto riguarda i loro effetti nei confronti della riforma agraria. Ma, quando noi ci troviamo di fronte ad atti di trasferi­mento, che, nella loro generalità sono fonda­ti su mia equità di prezzi e di canoni, allora onorevole Germanà, se pure mi rincresca, devo dissentire dal criterio da voi eseguito; debbo dissentire non per considerazioni giu­ridiche, ma per ragioni di equità e di mora­lità.

E’ inutile, onorevole colleghi, che io parli ancora; e mi compiaccio solamente di questo: di essere riuscito a portare il mio discorso sino alla fine, senza soverchi dissensi da par­te di colleghi dei vari settori — fortuna che altra volta non ebbi — ; e ciò mi è riuscito forse perchè non c’è l’onorevole Tocco, che in un’altra circostanza fu l’araldo delle pro­poste contro di me.

Credo anche di non avere soverchiamente ferito l ’animo dell’onorevole Germanà, pur essendo convinto che egli non accetti al cento per cento quello che io ho sostenuto. L’ho, tuttavia, sostenuto egualmente, perchè nes­suno di noi porta il suo cervello all’ammas­so; ed io non ho portato il mio all’ammasso del Governo, del quale noi monarchici faccia­mo parte.

Devo dire al riguardo che, pur ritenendo di poter dare nell’insieme la mia adesione al Governo — questo, comunque, si vedrà alla fine della discussione, secondo le risposte che il Governo darà alle osservazioni da noi fatte —, io, tuttavia, penso col mio cervello, penso a modo mio e non con il cervello dei miei amici, che stanno al Governo 0 che fan­no parte del mio gruppo politico 0 di altri a noi affini 0 alleati.

Chiusa questa parentesi relativa alla rifor­ma agraria, devo concludere ritornando a a parte centrale del mio intervento, cioè a a necessità della difesa economica della nostia produzione, che è minacciata, onorevole Ger- ■manà — Ella lo sa benissimo e lo sapete tutti meglio di me —- della progettata costituzione del cosiddetto pool verde.

So che anche voi siete pensosi delle posS1 bili conseguenze di questo pool verde e non starò ad illustrarle.

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il, Legislatura CVIII SEDUTA 30 Ottobre 1952

Resoconti Parlamentari — 3239 Assemblea Regionale Siciliana

E’ questo il corollario, la conclusione di tutto il mio intervento. Sono certo che già ve ne siate preoccupato, onorevole Germana, ma

ripeto — non basta preoccuparsi; si deve agire. E sarà inutile dire più tardi al popolo siciliano che ce ne siamo occupati, che siamo stati a Roma, che siamo stati nelle anticame­re, che siamo stati anche ricevuti, quando il pool verde strangolerà la nostra economia, compromettendo gli interessi economici del nostro popolo.

Se il pool verde si deve fare, deve essere fatto in maniera tale che garantisca la con­servazione dell’economìa nostra. Non possia­mo ammettere soltanto il libero scambio del­le merci. Sarà necessario prima realizzare questo immenso e vagheggiato sogno degli Stati Uniti d’Europa, ammettendo anzitutto l’unità della moneta, lo scambio della mano d’opera. Dobbiamo chiedere un’altra cosa an­cora: che il pool verde si compia non con lo abbassamento, ma, invece, con l ’innalzamen­to'del tenore di vita e del livello sociale e sa­lariale dei nostri lavoratori. Se questo potrà essere realizzato, tutti i costi di produzione saranno equiparati ad un livello sufficiente a garantire al lavoro la giusta remunerazione. Allora e solo allora, il pool potrà attuarsi sen­za danno.

Io non parlo per la difesa di interessi per­sonali o particolari, perchè si tratta di cosa così grave e importante da soverchiare vera­mente ogni interesse singolo. Tutti noi sen­tiamo quale grave epoca stiamo vivendo e qua­le avvenire triste può presentarsi per questa nostra Isola, di cui noi sogniamo la rinascita attraverso la conseguita autonomia regionale.

Onorevole Germanà, io concludo dicendo­vi: alcuni, che forse non sono vostri amici, fra i quali io certamente non sono, ricordano talvolta la vostra attività di deputato, allora di opposizione, e ricordano che voi pensavate persino che la Sicilia per la sua difesa dovesse disporre di una flotta. Ora che siete al Gover- n° e non all’opposizione, non potete pensare ad una flotta, alla quale ricorrere per com­battere contro il pool verde. Essendo al Go­verno, avete riposto in soffitta la vostra felu- Ca di ammiraglio della flotta siciliana e vi siete calcato in testa, a quanto ho saputo, al­tro copricapo: la lucerna del carabiniere.

Almeno questo avete detto quando avete Presenziato alla cerimonia della distribuzione delle terre.

Io voglio molto bene all’onorevole Germa­nà, tanto è vero che porto in tasca questa sua fotografia; una fotografia dell’onorevole Ger­manà in atto di zappare la terra. Anche il Duce partecipava ai lavori agricoli nelle terre redente dell’agro pontino.

OCCHIPINTI. Non facciamo paragoni. (Commenti)

MAJORANA BENEDETTO. L ’onorevole Germanà, seppure in minore misura, dà an­che lui il suo apporto. Vorrei chiedere a quale dei vari sindacati si è iscritto per compiere questi lavori e se ha avuto la sua paga per le ore che vi ha impiegato.

Comunque, tralasciando queste manifesta­zioni demagogiche, che non rientrano nel mio gusto —- e vorrei che non rientrassero nei gu­sti del Governo — accetto che l’onorevole Germanà si sia considerato carabinere. Lo vorrei vedere come carabiniere, dato special­mente che per me, che sono monarchico, i carabinieri — sebbene adesso siano diventati repubblicani — sono rimasti sempre i reali carabinieri.

Ad ogni modo accetto l ’onorevole Germanà vestito da carabiniere. Però, vorrei che egli, invece di essere il carabiniere o il custode soltanto della legge di riforma agraria, fosse il carabiniere degli interessi dell’agricoltura siciliana, che a lui sono affidati. Vorrei che cessassero i contrasti e le divergenze fra i partiti (avrete sentito con quale misura ho trattato il titolo terzo della riforma agraria); vorrei che tutti si fosse uniti nella difesa della nostra economia, della nostra agricoltura.

E che voi siate il nostro principale strumen­to di difesa, onorevole Germanà. Siate il ca­rabiniere, ma siate il carabiniere della difesa dell’economia agricola siciliana. (Applausi dalla destra)

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alla prossima seduta.

La seduta è rinviata alle ore 17 di oggi con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta alle ore 13,25.

DALLA DIREZIONE DEI RESOCONTI Il Direttore

Dott. Govanni Morello

Arti Grafiche A. RENNA - Palermo

Resoconti, f. 442 (700)